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Trib. Napoli - proc. n. 12089/2004 R.G.A.C. dott. Eduardo Campese 1 TRIBUNALE DI NAPOLI REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, XI sezione civile, in composizione monocratica ed in persona del giudice dr. Eduardo Campese, ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A riservata all'esito della scadenza (30.3.2007) dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., concessi all'udienza del 9.1.2007, nella causa iscritta al n. XXXXXX del Ruolo Generale Affari Civili Contenziosi, vertenti TRA Banca, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in XXXXXXXXXX n. 177, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via XXXXXXXXX n. 4, presso lo studio dell’Avv. XXXXXXXXXXX che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto introduttivo del giudizio. ATTORE E S. E., rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto introduttivo del giudizio, dall’Avv. XXXXXXXXXXX, presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla via XXXXXXXX. CONVENUTO E E. P., S. P. e S. G. quali eredi di V. S., originario convenuto, tutti elettivamente domiciliati in Napoli, alla via XXXXXXXX, presso lo studio

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Trib. Napoli - proc. n. 12089/2004 R.G.A.C.

dott. Eduardo Campese

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TRIBUNALE DI NAPOLI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Napoli, XI sezione civile, in composizione monocratica ed

in persona del giudice dr. Eduardo Campese, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

riservata all'esito della scadenza (30.3.2007) dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.,

concessi all'udienza del 9.1.2007, nella causa iscritta al n. XXXXXX del Ruolo

Generale Affari Civili Contenziosi, vertenti

TRA

Banca, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in

XXXXXXXXXX n. 177, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via

XXXXXXXXX n. 4, presso lo studio dell’Avv. XXXXXXXXXXX che lo

rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto introduttivo del

giudizio.

ATTORE

E

S. E., rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia notificata

dell’atto introduttivo del giudizio, dall’Avv. XXXXXXXXXXX, presso il cui

studio elettivamente domicilia in Napoli, alla via XXXXXXXX.

CONVENUTO

E

E. P., S. P. e S. G. quali eredi di V. S., originario convenuto, tutti

elettivamente domiciliati in Napoli, alla via XXXXXXXX, presso lo studio

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dell’Avv. XXXXXXXXX che li rappresenta e difende in virtù di procura a

margine della comparsa di costituzione e risposta.

CONVENUTI

E

S. E., quale erede di V. S., originario convenuto, rappresentata e difesa,

giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di integrazione del

contraddittorio, dall’Avv. XXXXXXXX, presso il cui studio elettivamente

domicilia in Napoli, alla via XXXXXXXXX.

CONVENUTA

E

S. B. e S. S., quali eredi di V. S., originario convenuto, entrambi

domiciliati in Napoli, alla via XXXXXXXX.

CONVENUTI CONTUMACI

avente ad OGGETTO: AZIONE REVOCATORIA.

sulle seguenti CONCLUSIONI: per Banca, in via preliminare, disporsi

l’acquisizione agli atti di causa di tutti i documenti in possesso delle Poste

Italiane s.p.a., Ufficio di Soccavo, relativi alla consegna della raccomandata n.

4187, effettuata in data 9.4.2007, individuandosi le generalità sia dell’addetto

postale che ne ha curato la consegna a persona diversa dal destinatario senza

annotarlo, sia di colui che ha materialmente curato, presso il detto ufficio, il

ritiro della raccomandata qualificandosi per il deceduto V. S.; quanto al merito,

poi, verificata l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c., accertarsi e

dichiararsi l’inefficacia relativa, nei suoi confronti, dell’atto per notar XXXXX

del 27.4.1999, con ogni conseguenza di legge. Con vittoria di spese, diritti ed

onorario. Per E. S., dichiararsi improcedibile l’avversa domanda o comunque

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rigettarla nel merito perché infondata. Vinte le spese. Per P. E., P. S. e G. S.,

nella indicata qualità, in via preliminare, dichiararsi la prescrizione dell’azione

intrapresa da controparte e, conseguentemente, la inammissibilità,

improponibilità ed improcedibilità della sua domanda, o comunque rigettarla nel

merito perché infondata. Vinte le spese. Per E. S., rigettarsi l’avversa pretesa

perché inammissibile, improcedibile od infondata. Vinte le spese.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 5.4.2004, Banca ha citato in giudizio, innanzi

all’intestato Tribunale, i germani E. e V. S. onde sentire accertare e dichiarare

l’inefficacia, nei propri confronti, ex art. 2901 e ss. c.c., della compravendita per

atto notar XXXXXX intervenuto tra questi ultimi il 27.4.1999.

A sostegno della sua pretesa ha esposto: di essere creditore di E. S., quale

fideiussore della M- S. s.a.s. di E. S., della somma di € 39.639,68, giusta decreto

ingiuntivo n. XXX emesso dal Tribunale di Napoli il XXXX, notificato in forma

esecutiva il 22.5.1998 e non opposto; che il suddetto convenuto, al fine di

sottrarre i propri beni alla garanzia patrimoniale che assisteva il credito

dell’istante, aveva stipulato il menzionato atto di compravendita trasferendo al

fratello V. i diritti di comproprietà pari a 12/24 di cinque immobili siti in Napoli,

alla XXXXX; che era palese il riportato intento del debitore alienante stante

l’esiguità del prezzo convenuto per la compravendita.

Instauratosi il contraddittorio, si è costituito E. S. eccependo,

pregiudizialmente, la improcedibilità dell’avversa domanda per essere stato

evocato in giudizio un soggetto, V. S., deceduto in data 8.1.2002, ben prima,

quindi, della notificazione, nei suoi confronti, della citazione introduttiva del

giudizio. Quanto al merito, poi, ha comunque contestato la pretesa della

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controparte deducendone l’infondatezza sul presupposto di aver agito in perfetta

buona fede e di possedere tuttora un patrimonio in grado di soddisfare i presunti

crediti vantati da quest’ultima.

Alla prima udienza dell’8.7.2004, quindi, è stata disposta la integrazione

del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi di V. S.

Si sono costituiti, pertanto, P. E., P. S. e G. S., rispettivamente moglie e

figli del menzionato originario convenuto, eccependo, preliminarmente, la

intervenuta prescrizione quinquennale dell’azione proposta da Banca, nonché la

nullità dell’avversa domanda per asserita mancanza dei requisiti di cui all’art.

163, n. 4, c.p.c.. Quanto al merito, poi, hanno comunque concluso per il rigetto

di detta domanda perché infondata.

Si è altresì costituita E. S., altra figlia del defunto V. S., formulando

eccezioni ed articolando difese del tutto analoghe a quelle esposte dalla madre e

dagli altri suoi fratelli in precedenza costituitisi, mentre sono rimasti contumaci i

germani B. e S. S., anch’essi figli di V. S..

Successivamente, ritenuti superflui i mezzi di prova richiesti, lo

scrivente, all’udienza del 9.1.2007, precisate dalle parti le conclusioni di cui

all’epigrafe, ha assegnato i termini di cui all'art. 190 c.p.c., all'esito dei quali la

causa è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di estinzione del giudizio

formulata da P. E., P. S. e G. S. solo nella comparsa conclusionale dell’8.3.2007

(cfr. in atti) sul presupposto che parte attrice non avrebbe notificato l’atto di

integrazione del contraddittorio a tutti gli eredi di V. S. per l’udienza del

7.12.2004 all’uopo fissata.

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Detta eccezione, infatti, deve considerarsi innanzitutto tardiva non

essendo stata proposta dai medesimi convenuti prima di ogni altra loro difesa

come prescritto, invece, dall’art. 307, ultimo comma, c.p.c.: essi, invero,

costituendosi all’udienza del 7.12.2004, nulla hanno dedotto in proposito (cfr. la

loro comparsa di costituzione, nonché il relativo verbale di causa), né tanto

hanno fatto successivamente (cfr. memorie ex artt. 183 e 184 c.p.c. depositate,

rispettivamente, il 6.12.2005 ed il 10.4.2006, e gli ulteriori verbali di causa), ma

l’hanno sollevata solo con il menzionato scritto conclusionale dimenticando,

però, che, come ripetutamente statuito dalla Suprema Corte, le comparse

conclusionali hanno soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di

diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte e pertanto

non possono contenere domande od eccezioni nuove che comportino

l'ampliamento del thema decidendum (cfr., ex multis, Cass. 14.3.2006, n. 5478;

Cass. 3.1.1998, n. 11).

La stessa, peraltro, è anche infondata non avendo i predetti convenuti

indicato quali sarebbero gli ulteriori eredi di V. S. (oltre a quelli ritualmente

citati in giudizio dalla banca istante) nei cui confronti avrebbe dovuto essere

integrato il contraddittorio, evidenziandosi, in proposito che, in conformità ad

una giurisprudenza più che consolidata della Corte regolatrice, in tema di

litisconsorzio necessario, la parte che eccepisca la non integrità del

contraddittorio, a causa della mancata partecipazione al giudizio di una (o di

alcune) delle parti necessarie, non può limitarsi ad assumere genericamente

l'esistenza di litisconsorti pretermessi, ma ha l'onere di indicare le persone degli

altri eredi, oltre quelli che, in tale qualità, già siano state evocate in giudizio e di

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specificare le ragioni di fatto e di diritto della necessità di integrazione (cfr., ex

aliis, Cass. 25.8.2006, n. 18507; Cass. 15.7.2005, n. 15086).

Sempre in via pregiudiziale, va rigettata l’eccezione di nullità della

citazione introduttiva del giudizio, per asserita carenza del requisito di cui all’art.

163, n. 4 c.p.c., sollevata da P. E., P. S. e G. S. (cfr. la loro comparsa di

costituzione), atteso che dall’esame del menzionato atto si ricavano chiaramente

i fatti e le ragioni di diritto posti dalla banca attrice a fondamento della sua

domanda, per cui alcuna lesione del diritto di difesa dei primi può essere

ragionevolmente ipotizzato, come del resto, può facilmente evincersi dalle

compiute difese di merito da essi formulate.

Infine, va ritenuta tardiva (ancor prima che abbandonata perché non più

coltivata successivamente) l’istanza di E. S., proposta unicamente con la

memoria ex art. 184 c.p.c. depositata il 6.4.2004 (cfr. in atti), diretta ad ottenere

la verifica della “… legittimazione processuale della banca attrice che dichiara

di agire in persona dell’Avv. XXXXXX nella qualità di responsabile del presidio

di Napoli..”, atteso che, come chiaramente emerge dalla lettura di Cass. SS.UU.

7.3.2005 n. 4814, la produzione di documentazione idonea a provare il potere di

rappresentanza del soggetto indicato come rappresentante della persona giuridica

è necessaria solo se l'altra parte, conosciuto quel nome, metta in discussione, nel

termine di cui all’art. 157, secondo comma, c.p.c. (diversamente, quindi, da

quanto è avvenuto nella specie dove tale istanza è stata formulata ben oltre il

suddetto termine) detta qualità o tali poteri.

In via preliminare, poi, va esaminata l’eccezione di prescrizione

quinquennale dell’odierna azione tempestivamente sollevata da P. E., P. S. e G.

S., nonché da E. S., nelle rispettive comparse di costituzione.

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Tale eccezione è sostanzialmente argomentata con il rilievo che la

notificazione dell’atto introduttivo del giudizio a V. S., loro dante causa, doveva

considerarsi inesistente perché avvenuta allorquando quest’ultimo era già

deceduto da circa due anni, per cui, in assenza di specifici atti interruttivi della

prescrizione ad essi recapitati anteriormente alla integrazione del contraddittorio

disposta dal Tribunale, avvenuta per i primi in data 27.9.2004 e per la seconda il

29.12.2004 (cfr. le relative relate di notifica), alle date da ultimo indicate doveva

considerarsi ormai decorso nei loro confronti il termine di cui all’art. 2903 c.c..

Tale assunto non può, ad avviso di questo Tribunale, essere condiviso.

Va premesso, in proposito, che, dalla documentazione in atti (cfr.

certificato di morte rilasciato dal Comune di Napoli il 5.7.2004), emerge che V.

S. è deceduto l’8.1.2002, per cui non può dubitarsi del fatto che la notificazione

nei suoi confronti della citazione introduttiva di questo giudizio, solo

formalmente perfezionatasi, ex art. 140 c.p.c., il 5.7.2004 (data di spedizione

della cartolina prevista dalla citata norma), sarebbe comunque inesistente (pur

volendosi prescindere da qualsivoglia valutazione circa la ritualità del ritiro del

plico non recapitato, avvenuta il 9.4.2000 da parte di un soggetto qualificatosi

titolare, dopo aver ivi apposto una sottoscrizione illeggibile. Cfr. in atti), atteso

che, come sancito dalla Suprema Corte, “la notificazione della citazione

introduttiva del giudizio di primo grado effettuata ad una persona già deceduta

deve considerarsi giuridicamente inesistente, e rispetto ad essa non può trovare

applicazione il principio per cui invece si considera validamente effettuata la

notificazione alla parte deceduta dopo la pubblicazione della sentenza, qualora

la controparte abbia ignorato senza sua colpa il decesso, poiché esso trova

giustificazione solo in ambito endoprocessuale, essendo ispirato al fine di

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contemperare e coordinare - nella fase successiva all'emanazione della sentenza

che conclude la fase processuale per cui la costituzione spiega effetto - il sistema

dell'automatica operatività degli eventi interruttivi, concernenti la parte

costituita a mezzo di difensore, con la garanzia costituzionale del diritto di

difesa di detta controparte, la quale esclude che quegli eventi possano

pregiudicare la parte incolpevolmente ignara” (cfr. Cass. 18.9.2001, n. 11688).

Ciò posto, lo scrivente, pur consapevole dell’orientamento

giurisprudenziale secondo cui “la domanda giudiziale, proposta dal creditore

nei confronti del debitore in precedenza deceduto, e, quindi, di un soggetto

inesistente, non può integrare un atto interruttivo della prescrizione, stante la

natura tipicamente recettizia di questo ultimo, nè, pertanto, può spiegare effetti

riflessi di interruzione della prescrizione stessa nei confronti di altro soggetto,

ancorché erede o coobbligato solidale del de cuius, pure se abbia avuto

conoscenza della domanda medesima” (cfr. Cass. 2.7.1981, n. 4246), ritiene che

lo stesso non possa trovare applicazione nella fattispecie in esame.

Invero, “nel giudizio - come quello odierno - in cui sia stata esercitata

l'azione revocatoria (art. 2901 c.civ.), il debitore alienante è litisconsorte

necessario del convenuto terzo acquirente poiché l'accoglimento della domanda

comporta, per effetto dell'assoggettamento del terzo alle azioni esecutive sul

bene oggetto dell'atto di disposizione impugnato, l'acquisto da parte di costui di

ragioni di credito verso l'alienante (cfr. art. 2902, secondo comma, c.c.), nonché,

oltre ad altri effetti immediati e diretti (quali l'obbligo della restituzione del

prezzo a seguito della evizione della cosa), postula nei confronti del debitore

l'accertamento della sua frode e dell'esistenza del credito. Ne consegue che

dell'intero giudizio debbono necessariamente essere parti il terzo acquirente ed

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il debitore alienante e, nel caso di morte di costoro, i loro eredi” (cfr. Cass.

5.7.2000, n. 8952).

In altri termini, il giudizio instaurato nei confronti del debitore (E. S.) e

del terzo acquirente (V. S.) dei beni la cui alienazione il creditore assuma essere

stata lesiva delle proprie ragioni, comporta una situazione di litisconsorzio

necessario con conseguente inscindibilità della causa, cosicché nella fattispecie

non può distinguersi tra l'azione proposta originariamente nei confronti di V. S. e

quella intrapresa verso E. S.: conseguentemente, l'unica causa deve considerarsi

iniziata il 5.4.2004 (data della notifica della citazione introduttiva ad E. S.), sia

pure in situazione di difettosa integrità del contraddittorio (attesa l’inesistenza

della notificazione della medesima citazione a V. S. perché deceduto l’8.1.2002),

e quindi in piena osservanza del termine quinquennale previsto dall'art. 2903 c.c.

(rispetto alla data - 27.4.1999 - dell’atto oggetto di questo procedimento) mentre

l'accertamento della inesistenza della notifica della citazione a V. S. per le

ragioni in precedenza esposte ha semplicemente comportato la necessità della

integrazione del contraddittorio così come, ai sensi dell'art. 102 c.p.c., in ipotesi

di omessa o irrituale notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti di

tutte le parti in causa inscindibile, il giudice ordina l'integrazione del

contraddittorio dando disposizioni per la notifica.

E' opportuno rilevare, quindi, che il principio per il quale la rinnovazione

della notificazione dell'atto di citazione ha effetto interruttivo del decorso della

prescrizione dal giorno in cui viene eseguita la rinnovazione medesima e non

retroagisce al momento della prima notificazione ritenuta nulla si basa su di una

promessa in fatto estranea alla odierna fattispecie, riguardando l'ipotesi in cui la

nullità o l’inesistenza dell'originario atto di citazione si siano verificate in un

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processo nel quale il contraddittorio debba essere realizzato nei confronti di un

solo soggetto (o comunque nei confronti di una pluralità di soggetti tra i quali

non sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario).

Come invece esposto in precedenza, nel caso di specie ricorre un vincolo

di litisconsorzio necessario tra i due soggetti originariamente convenuti in

giudizio (E. S. e V. S.), cosicché il problema posto dalla rilevata inesistenza

della notificazione dell'atto di citazione notificato a V. S. attiene all'efficacia

dell'interruzione del termine di prescrizione previsto dall'art. 2903 c.c. a seguito

della valida notifica dell'atto di citazione nei confronti di E. S. una volta che,

disposta la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di

V. S., il processo non si è estinto.

In proposito, questo Tribunale ritiene che proprio la sussistenza di una

ipotesi di litisconsorzio necessario tra terzo acquirente (V. S.) e debitore (E. S.)

quali soggetti convenuti dalla banca creditrice che ha promosso l'azione

revocatoria ex art. 2901 c.c., e dunque di inscindibilità della causa così

instaurata, comporta che la notifica dell'atto di citazione effettuata dalla parte

attrice il 5.4.1999 nei confronti di E. S., allorché il termine prescrizionale di cui

all'art. 2903 c.c. non era ancora decorso, ha prodotto un valido effetto

interruttivo della prescrizione anche nei riguardi degli eredi di V. S. - nei cui

confronti è ritualmente e tempestivamente avvenuta l’integrazione del

contraddittorio - non potendosi distinguere, a tal fine, tra l'azione proposta nei

confronti del terzo acquirente (tale era V. S.) del bene oggetto dell'azione

revocatoria e l'azione proposta nei confronti del debitore E. S.

Tale argomentazione si fonda sul fatto che la necessaria integrazione del

contraddittorio disposta, ex art. 102 c.p.c., nei confronti dei suddetti eredi non ha

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dato luogo ad un nuovo giudizio, ma ha prodotto l'effetto di far continuare

l'originario processo, per cui la valida notifica del primo atto introduttivo ad

almeno uno dei litisconsorzi necessari deve ritenersi idonea ad interrompere la

prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in

giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso (cfr. Cass. 26.7.2002, n.

11005).

L’esposto convincimento, peraltro, è sostanzialmente conforme

all'orientamento ripetutamente espresso dalla Suprema Corte per il quale, qualora

il giudizio di primo grado si sia svolto nei confronti di alcuni soltanto dei

litisconsorti necessari e dunque a contraddittorio non integro, ed a seguito di

pronuncia del giudice di appello che abbia rimesso le parti in primo grado ai

sensi dell'art. 354 c.p.c. il contraddittorio sia stato ritualmente integrato nei

confronti dei litisconsorti pretermessi in modo da evitare l'estinzione del

processo, l'originario atto di citazione ha l'effetto di sospendere la prescrizione

del diritto azionato sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza

che definisce il processo ex art. 2945 secondo comma c.c. (cfr. Cass. 19.8.1974

n. 2397; Cass. 30.5.1978 n. 2726; Cass. 20.5.1989 n. 2437; Cass. 26.7.2002, n.

11005), osservandosi che il principio ora richiamato, è stato affermato sia in

ipotesi in cui la notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo

grado era stata pretermessa (situazioni a cui va evidentemente parificata, ad

avviso di chi scrive, la notificazione ritenuta inesistente) nei confronti di alcuni

litisconsorti (cfr. Cass. 19.8.1974 n. 2397; Cass. 30.5.1978 n. 2726; Cass.

20.5.1989 n. 2437), sia laddove la notifica dell'atto di citazione nei confronti del

litisconsorte, ancorché ritenuta nulla, era pur sempre stata eseguita (cfr. Cass.

26.7.2002, n. 11005, proprio in tema di revocazione).

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Tanto premesso, e venendo al merito, rileva il giudicante che Banca,

documentando di essere creditore, tra gli altri, di E. S., quale fideiussore della M.

S di E. S. s.a.s., per la somma di € 39.639,68 (€ 25.587,32 per sorta capitale,

oltre interessi convenzionali al 15% dall’1.1.1998 al soddisfo, nonché spese

diritti ed onorari), giusta decreto ingiuntivo n. 522/98 emesso dal Tribunale di

Napoli il XXXX (cfr. in atti), notificato in forma esecutiva il 22.5.1998 (cfr. in

atti) e non opposto, assumendo che il suddetto convenuto, al fine di sottrarre i

propri beni alla garanzia patrimoniale che assisteva detto credito, aveva trasferito

al fratello V. S., con atto notar XXXXX del 27.4.1999, i diritti di comproprietà

pari a 12/24 di cinque immobili siti in Napoli, al XXXXXXX, e sostenendo che

era palese l’intento del debitore alienante di sottrarre tali beni alla garanzia

patrimoniale del creditore stante l’esiguità del prezzo convenuto per la

compravendita, ha chiesto dichiararsi inefficace, ex art. 2901 c.c., l’indicato

rogito.

Orbene, è opportuno premettere che l'azione revocatoria è uno strumento

per la tutela (indiretta) del diritto del creditore, poichè svolge la funzione di

ricostituire la garanzia generica assicurata a quest’ultimo dal patrimonio del suo

debitore, al fine di permettergli il soddisfacimento coattivo del suo credito (cfr.

Cass. 23.9.2004, n. 19131).

In particolare, non si tratta di un'azione di nullità, bensì d'inefficacia

relativa dell'atto impugnato, la cui validità, quindi, non è posta in discussione:

con essa si domanda solamente che l'atto impugnato, ancorché valido in se

stesso, sia dichiarato inefficace nei confronti del creditore agente. Sicché il bene

non ritorna nel patrimonio dell'alienante ma resta soggetto all'aggressione del

creditore istante nella misura necessaria a soddisfare le sue ragioni, e l'azione

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giova unicamente al creditore che l'ha esercitata (cfr. ex multis, Cass. Civ. nn.

5455/2003, 7127/2001, 1804/2000).

L'art. 2901 c.c., infatti, dispone che il creditore può domandare che siano

dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con

i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragioni (nel concorso dei requisiti

previsti).

La citata norma, peraltro, come costantemente chiarito dalla Suprema

Corte, non distingue tra le varie categorie di crediti e le relative fonti, ed accoglie

una nozione molto ampia di credito, comprensiva della ragione od aspettativa,

con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, di liquidità e di

esigibilità: ciò, in linea con la specifica funzione della revocatoria, che, come si è

già detto, non ha intenti restauratori nei confronti del debitore ovvero del

creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica assicurata

a tutti i creditori e, quindi, anche a quelli meramente eventuali (cfr.

sostanzialmente in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ. nn. 3981/2003, 14166/2001,

12672/2001, 12144/99).

Vale la pena di precisare, poi, che, esprimendosi in termini di

pregiudizio, il legislatore ha voluto alludere ad un significato dell'eventus damni

che va oltre il concetto di danno per comprendere anche quello di semplice

pericolo di danno (cfr., ex plurimis, Cass. 2.4.2004, n. 6511; Cass. 15.6.1995, n.

6777). Ciò perchè al creditore non interessa soltanto la conservazione della

garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore, ma anche il mantenimento

di uno stato di maggiore fruttuosità ed agevolezza dell'azione esecutiva

susseguente all'utile esperimento dell'azione.

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Si ritiene, pertanto, che il pregiudizio (eventus damni) può essere

costituito da una variazione sia quantitativa che qualitativa del patrimonio del

debitore, purchè comporti una maggiore difficoltà od incertezza nella esazione

coattiva del credito oppure ne comprometta la fruttuosità (cfr. Cass. 4.7.2006, n.

15265, in motivazione; Cass. 29.10.1999, n. 12144; Cass. 8.7.1998, n. 6676,

Cass. 6.5.1998, n. 4578).

In buona sostanza, affinchè possa richiamarsi l'esistenza del pregiudizio,

non occorre alcuna valutazione sul danno, essendo sufficiente la dimostrazione

da parte del creditore istante della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di

una possibile quanto eventuale infruttuosità della futura esecuzione sui beni del

debitore.

In questa prospettiva, l'onere probatorio del creditore che agisce in

revocatoria si restringe alla dimostrazione della variazione quantitativa o

qualitativa del patrimonio del debitore senza estendersi a quella dell'entità e

natura del patrimonio stesso dopo l'atto di disposizione, non trovandosi il

creditore nelle condizioni di valutarne compiutamente le caratteristiche.

La prova è libera nel senso che può essere fornita con ogni mezzo, non

escluse le presunzioni.

E', invece, onere del debitore che voglia sottrarsi agli effetti dell'azione

revocatoria provare che, nonostante l'atto di disposizione, il suo patrimonio ha

conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle

ragioni del creditore senza difficoltà (cfr. Cass. 6.5.1998, n. 4578).

Va altresì osservato che, in tema di azione revocatoria, gli atti con i quali

il debitore dispone del suo patrimonio, arrecando pregiudizio alle ragioni

Trib. Napoli - proc. n. 12089/2004 R.G.A.C.

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creditorie, si distinguono a seconda che siano anteriori o posteriori alla nascita

del credito e che siano a titolo gratuito od oneroso.

In questa sede interessano, in particolare, gli atti di disposizione

posteriori al sorgere del credito compiuti dal debitore a titolo oneroso.

Per questi atti, quanto al debitore, è sufficiente ai fini dell'esperibilità

dell'azione la semplice conoscenza del pregiudizio che l'atto medesimo è

destinato ad arrecare alle ragioni creditorie.

Occorre una conoscenza effettiva, non bastando la semplice prevedibilità.

E’ necessaria, in altri termini, la coscienza di ledere la garanzia dei creditori,

oltrechè la previsione del danno derivante ai creditori dall'atto.

Per quanto concerne il terzo acquirente, invece, posto che deve

considerarsi tale chiunque si avvantaggi o può avvantaggiarsi dall'atto di

disposizione compiuto dal debitore, la sua posizione è sostanzialmente analoga a

quella del debitore, nonostante l'apparente diversità di locuzioni di cui all'art.

2901 c.c., nn. 1 e 2.

Occorre, quindi, che il terzo abbia conosciuto il pregiudizio arrecato alle

ragioni creditorie dall'atto del debitore suo dante causa (cfr. Cass. 5.6.2000, n.

7452; Cass. 19.7.2004, n. 13330; Cass. 6.8.2004, n. 15257).

Con specifico riferimento agli atti dispositivi del fideiussore (tale qualità

rivestendo E. S. nel decreto ingiuntivo costituente la prova dell’odierno credito

della banca attrice), infine, la Suprema Corte, premettendo che gli stessi sono

assoggettati, al pari di quelli del debitore principale, al rimedio dell'azione

revocatoria ricorrendone le condizioni (cfr. Cass. 27.2.1991 n. 2115; Cass.

22.1.1999 n. 591; Cass. 19.10.2006, n. 22465, in motivazione), ha chiarito che:

a) l'acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale all'atto

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della nascita stessa del credito, cosicché è a tale momento che occorre fare

riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo

al sorgere del credito (cfr. Cass. 22.1.1999 n. 591), con la conseguente

affermazione che, laddove l’atto dispositivo sia stato posto in essere in epoca

successiva alla sussistenza del credito in relazione al quale è stata prestata la

garanzia fideiussoria, ai fini dell'accoglimento dell'azione è necessario soltanto il

requisito della scientia damni da parte dello stesso fideiussore, ossia la

consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori; b) che le

argomentazioni tendenti a prospettare una situazione economica del debitore

principale soddisfacente all'epoca dell’atto dispositivo del fideiussore sono

irrilevanti, posto che ai fini della sussistenza dell'eventus damni conseguente a

tale atto si deve prescindere da ogni valutazione circa la consistenza patrimoniale

del soggetto garantito e la sua eventuale solvibilità (cfr. Cass. 22.10.2006, n.

22465; Cass. 22.3.1990 n. 2400) occorrendo invece orientare tale indagine

soltanto nei confronti del fideiussore stesso.

Tali essendo allora i principi applicabili per la decisione dell’odierna

controversia, va subito evidenziato che, come si è detto in precedenza, risulta

documentalmente dimostrato che Banca è creditrice, tra gli altri, di E. S., quale

fideiussore della M. S. di E. S. s.a.s., per la somma (rimasta in questa sede

assolutamente incontestata) di € 39.639,68 (€ 25.587,32 per sorta capitale, oltre

interessi convenzionali al 15% dall’1.1.1998 al soddisfo, nonché spese diritti ed

onorari), giusta decreto ingiuntivo n. xxxx emesso dal Tribunale di Napoli il

xxxx (cfr. in atti), notificato in forma esecutiva il 22.5.1998 (cfr. in atti) e non

opposto.

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E incontroverso, poi, oltre che dimostrato per tabulas, che E. S, con atto

notar XXXXXX del 27.4.1999, successivamente quindi alla notifica del

menzionato decreto, aveva trasferito al fratello V. S. i diritti di comproprietà pari

a 12/24 di cinque immobili, siti in Napoli, al XXXXXX, - così individuati: a)

appartamento ubicato al piano terra, avente accesso dall’ultima porta a destra

per chi entra nel cortile comune del fabbricato, composto da due vani, cucina e

bagno; b) appartamento ubicato al piano terra, avente accesso dalla porta a

sinistra per chi entra nel cortile comune del fabbricato, composto da una

camera, cucina soggiorno e bagno; c) appartamento ubicato al primo piano,

avente accesso dalla prima porta a destra sul ballatoio a cui si arriva salendo la

scala estrena, ubicata nel cortile comune del fabbricato, composto da due

camere, cucina e bagno; d) appartamento ubicato al primo piano, avente

accesso dalla seconda porta a destra sul ballatoio a cui si arriva salendo la

scala esterna, ubicata nel cortile comune del fabbricato, composto da una

camera e bagno; e) appartamento ubicato al primo piano nobile, avente ingresso

dalla scala sinistra del cortile, composto da otto vani ed accessori - per il prezzo

complessivo di £. 141.225.000, indicato come “… già pagate dalla parte

acquirente alla parte venditrice che ne rilascia liberatoria quietanza di saldo

con rinunzia all’ipoteca legale…” (cfr. art. 9 del citato rogito).

Richiamandosi, allora, quanto si è già detto circa la natura e gli effetti

dell’azione revocatoria, occorre verificare se, nella specie, ricorrono i requisiti di

cui all’art. 2901 c.c..

In proposito, va immediatamente evidenziato che, come statuito, ancora

di recente, dalla Corte di Cassazione, “in tema di azione revocatoria ordinaria,

non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della

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consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che

renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare

l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali,

incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione,

che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell'eventus damni” (cfr. Cass.

Civ. nn. 15257/2004, 11471/2003).

Ai fini della scientia damni, inoltre, per gli atti di disposizione compiuti

dal debitore successivamente al sorgere del credito (come nella fattispecie de

qua), non è necessaria l'intenzione di nuocere ai creditori, ma è sufficiente la

consapevolezza, anche nel terzo acquirente, che, mediante l'atto di disposizione,

il debitore diminuisca il proprio patrimonio e, quindi, la garanzia spettante ai

creditori, ai sensi dell'art. 2740 c.c., in modo tale da recare pregiudizio alle

ragioni di costoro.

Ulteriori decisioni della Suprema Corte, infine, hanno ripetutamente

affermato che, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante

vendita contestuale di una pluralità di beni, l'esistenza e la consapevolezza sua e

dei terzi acquirenti del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni

del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di quest'ultimo dell'azione pauliana,

sono in re ipsa (cfr., ex multis, Cass. 18.5.2005, n. 10430; Cass. 6.4.2005, n.

7104; Cass. 21.6.1999, n. 6248; Cass. 8.7.1998, n. 6676; Cass. 10.4.1997, n.

3113).

Pertanto, avendo la banca attrice documentato che E. S., con l’atto di

disposizione in precedenza indicato, si era privato dei suoi diritti di comproprietà

di ben cinque immobili facenti parte della garanzia patrimoniale generica

assicurata alla creditrice, ex art. 2740 c.c., dal patrimonio del suo debitore,

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rendendo così innegabilmente più incerta o difficile la soddisfazione del credito

della prima, sarebbe stato onere del secondo - che costituendosi in giudizio ha

specificamente affermato “.. che possedeva e possiede un patrimonio

perfettamente in grado di soddisfare i presunti crediti vantati dalla società

attrice ..” (cfr. pag. 2 della comparsa di costituzione depositata all’udienza

dell’8.7.2004) - dimostrare l’effettiva esistenza di altre residualità patrimoniali

idonee a consentire il soddisfacimento delle pretese dell’istante.

Alcunché, in tal senso, ha però dimostrato l’indicato convenuto, il quale

nulla ha minimamente e specificamente dedotto, né documentato, circa la reale

consistenza del proprio patrimonio.

E’ chiaro, allora, che non può dubitarsi dell’esistenza, nella specie, del

requisito dell’eventus damni, dovendo quest’ultimo evidentemente ricercarsi nel

fatto che, con l’alienazione di cui all’atto per Notar XXXX del 27.4.1999, E. S.

si è sostanzialmente privato degli immobili di cui era comproprietario,

compromettendo così, gravemente e consapevolmente, in danno della banca

attrice, verso la quale aveva prestato fideiussione in favore della M. S. s.a.s. di E.

S., la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., all’uopo ribadendosi che “in tema

di azione revocatoria ordinaria, ai fini dell'integrazione del profilo oggettivo

dell'eventus damni, non è necessario che l'atto di disposizione del debitore abbia

reso impossibile la realizzazione del credito, ma è sufficiente che tale atto abbia

determinato maggiore difficoltà od incertezza nell'esazione coattiva del credito

medesimo” (cfr. Cass. Civ. n. 12678/2001): in altri termini, “per il pregiudizio

alle ragioni del creditore, non è necessario che sussista un danno concreto ed

effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall'atto di

disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione

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patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del

debito o da comprometterne la fruttuosità” (cfr. Cass. Civ. n. 2971/99, nonché,

in senso sostanzialmente conforme, Cass. Civ. n. 15257/2004).

Va poi osservato che “allorché l'atto dispositivo pregiudizievole delle

ragioni del creditore sia successivo al sorgere del credito (come accaduto

nell’ipotesi in esame, ribadendosi all’uopo che il requisito dell’anteriorità del

credito rispetto all’atto impugnato in revocatoria deve essere riscontrato in base

al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento

giudiziale, - cfr. Cass. Civ. n. 8013/96 - nella specie, peraltro, comunque

avvenuto con il menzionato decreto ingiuntivo del Tribunale di Napoli n. XXX,

notificato il xxxx e non opposto, anteriore al suddetto atto di disposizione),

l’azione pauliana richiede solo che il debitore conoscesse il pregiudizio e,

trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo” (cfr.

Cass. Civ. n. 7452/2000, 8581/96), chiarendosi altresì che “la prova

dell'atteggiamento soggettivo del debitore e del terzo - nella specie: scientia

damni - ben può essere fornita tramite presunzioni” (cfr. ex multis, Cass. Civ.

nn. 7452/2000, 1054/99, 6272/97, nonché, in senso sostanzialmente conforme,

Cass. Civ. nn. 15257/2004, 13330/2004).

Tali essendo, allora, i principi applicabili alla fattispecie in esame, e

ribadendosi quanto si è già detto circa la evidente consapevolezza di E. S. di

arrecare pregiudizio alla banca attrice vendendo le sue quote di comproprietà

degli immobili meglio descritti nel suddetto rogito XXX, deve rilevarsi che

anche nell’atteggiamento soggettivo dell’acquirente di tali cespiti, il defunto V.

S. - fratello dell’alienante - può agevolmente individuarsi il suddetto requisito

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della scientia damni, in particolare desumendolo da gravi, precisi e concordanti

elementi presuntivi costituiti:

a) dallo stretto legame di parentela esistente tra le parti, circostanza che

induce ragionevolmente a ritenere che l'uno fosse a conoscenza delle traversie

dell'altro;

b) dal fatto che il prezzo complessivamente pattuito, pari a £.

141.225.000, è stato indicato nel menzionato rogito come già pagato dalla parte

acquirente alla parte venditrice che ne rilascia liberatoria quietanza di saldo

con rinunzia all’ipoteca legale…” (cfr. art. 9), senza però alcuna indicazione e/o

documentazione delle concrete modalità con cui tale pagamento era avvenuto;

c) dal già riportato principio, pienamente da condividere, secondo cui, in

tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo

patrimonio mediante vendita contestuale di una pluralità di beni, l'esistenza e la

consapevolezza sua e dei terzi acquirenti del pregiudizio patrimoniale che tali

atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di quest'ultimo

dell'azione pauliana, sono in re ipsa (cfr. Cass. 18.5.2005, n. 10430; Cass.

6.4.2005, n. 7104; Cass. 21.6.1999, n. 6248; Cass. 8.7.1998, n. 6676; Cass.

10.4.1997, n. 3113). Detto principio, infatti, postula, nella sua ratio, l'esistenza di

una pluralità di beni eterogenei, senza alcuna connessione tra loro (proprio come

avvenuto nella fattispecie de qua dove le quote degli immobili oggetto di

trasferimento da E. S. a V. S. riguardavano appartamenti distinti tra loro, benchè

ubicati nel medesimo fabbricato) sì che la loro contestuale alienazione si risolva

in una sorta di liquidazione del patrimonio, rivelando, ictu oculi, l'intento di

sottrarlo alla garanzia dei creditori;

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d) dalla circostanza che il debitore non ha dimostrato di essere

proprietario di altri beni immobili;

e) dall’assenza di qualsivoglia tempestiva giustificazione circa eventuali

ragioni (diverse da quella presunta) per le quali E. S. si era determinato alla

conclusione del suddetto contratto di vendita in favore del fratello, tardivo

dovendosi considerare - attese le preclusioni maturatesi dopo la scadenza dei

termini concessi il 6.10.2005 alle parti ex art. 183, quinto comma, c.p.c., nel

testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifiche ad esso apportate

dalle leggi n. 80/2005 e 263/2005 - l’assunto, prospettato per la prima volta nella

comparsa conclusionale depositata dal menzionato convenuto l’8.3.2007,

secondo cui “…V. S., al fine di ottenere un mutuo fondiario dal Credito Italiano

s.p.a., ebbe a concedere, unitamente all’odierno comparente [E. S.], nella sola

qualità di terzo datore di ipoteca, a garanzia i detti cespiti. Successivamente,

all’inizio dell’anno 1999, l’odierno convenuto [E. S.], aderendo alle pressanti

richieste del fratello V., gli ha alienato la propria quota dei detti immobili, a

fronte del pagamento del prezzo di £. 141.225.000, interamente corrisposto, con

i valori del mutuo su richiamato..”.

Ne consegue, allora, che, essendo stato impugnato, come si è chiarito in

precedenza, un atto dispositivo successivo al sorgere del credito della banca

attrice, è necessario e sufficiente accertare la sola consapevolezza di arrecare

pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), essendo l'elemento

soggettivo integrato dalla semplice conoscenza, cui va equiparata la agevole

conoscibilità (cfr. Cass. Civ. n. 1469/79), nel debitore e nel terzo di tale

pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela

viene esperita l'azione e senza che assuma rilevanza l'intenzione del debitore di

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ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) e la

partecipazione o la conoscenza del terzo in ordine all'intenzione fraudolenta del

debitore (partecipatio o scientia fraudis): pertanto, potendosi agevolmente

ritenere sussistente il menzionato requisito (così come l’eventus damni di cui si è

già detto) per effetto delle considerazioni appena esposte, deve concludersi nel

senso che, in accoglimento della domanda di Banca, va dichiarata, ex art. 2901

c.c., la inefficacia, nei suoi confronti, della compravendita con cui E. S. ha

alienato, giusta rogito per Notar XXXXX del 27.4.1999, trascritto il XXXX, ai

numeri XXXX, presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli 1, in

favore del fratello V. S., i suoi diritti di comproprietà (pari a 12/24) dei cinque

immobili compiutamente descritti nell’art. 1 dell’indicato rogito, sinteticamente

richiamati nella premessa della citazione introduttiva di questo giudizio, per il

prezzo complessivo di £. 141.225.000.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, di ufficio

ed in mancanza di specifica, come in dispositivo, all’uopo evidenziandosi che: a)

il calcolo degli onorari viene effettuato (giusta la previsione dell’art. 2 del D.L.

4.7.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4.8.2006, n. 248)

secondo quanto previsto dal D.M. 8.4.2004 n. 127 (in vigore dal 2.6.2004), ed

altrettanto dicasi per i diritti, con la sola esclusioni di quelli afferenti le poche

attività difensive espletate prima del 2.6.2004, per le quali viene utilizzato il

precedente D.M. 5.10.1994, n. 585 atteso che, per consolidata giurisprudenza

della Suprema Corte, gli onorari vanno determinati al tempo della definizione

della causa, laddove i diritti si intendono riferiti al momento in cui sono stati

compiuti i relativi atti giudiziali (cfr. Cass. Civ. nn. 8160/2001, 2891/99); b)

viene utilizzato lo scaglione delle controversie ricomprese tra 25.900,01 e

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51.700,00 euro (avendo la Suprema Corte chiarito che il giudizio ex art. 2901

c.c. è relativo a diritti di obbligazione, per cui il valore della causa viene

determinato non sulla base dell’atto impugnato, ma con riferimento al credito per

cui si agisce in revocatoria: cfr. Cass. Civ. nn. 5402/2004, 2307/88, 7250/86,

3076/81), conteggiandosi, avuto riguardo alla natura delle questioni trattate, gli

onorari medi, atteso che “la loro determinazione costituisce un potere

discrezionale del giudice di merito, che, se contenuta tra il minimo ed il massimo

della tariffa non richiede specifica motivazione” (cfr., ex multis, Cass. Civ. nn.

7527/2002, 3267/99, 11994/98); c) le spese generali, infine, vanno quantificate

in ragione del 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibili dal

soccombente (cfr. art. 14 del D.M. 8.4.2004, n. 127).

PER QUESTI MOTIVI

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande come

proposte, così provvede:

a) dichiara, ex art. 2901 c.c., la inefficacia, nei confronti di Banca,

dell’atto con cui E. S. ha alienato, giusta rogito per Notar XXXXXX del

27.4.1999, trascritto il XXXXXXX, ai numeri XXXXXXX, presso la

Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli 1, in favore del fratello V. S., i

suoi diritti di comproprietà (pari a 12/24) dei cinque immobili siti in Napoli, al

XXXXX, compiutamente descritti nell’art. 1 dell’indicato rogito e sinteticamente

richiamati nella premessa della citazione introduttiva di questo giudizio, per il

prezzo complessivo di £. 141.225.000;

b) condanna tutti i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle spese

processuali, liquidate, di ufficio ed in mancanza di specifica, in complessivi €

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5.290,00, di cui € 460,00 per spese, € 1.430,00 per diritti ed € 3.400,00 per

onorario, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Napoli, 2 maggio 2007. Il Giudice dr. Eduardo Campese