L’Europa e l’Islam “nemici storici”? Una leggenda infondata · asceso i gradini delle torri...

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2017 settembre-ottobre 8 L’intervento libertàcivili L’Europa e l’Islam “nemici storici”? Una leggenda infondata Un ricco e profondo continuum fatto di positivi e stretti rapporti economici, commerciali, culturali, diplomatici. Dimenticato dalla pubblicistica che preferisce enfatizzare la storia delle guerre o addirittura di singole battaglie di Franco Cardini Storico Che sull’Islam e sui musulmani corra nei media e nell’opinione pubblica ogni sorta di pregiudizio, è noto. Gente che d’altronde non ha alcuna remora a dichiarare la sua ferma intenzione di non leggere mai il Corano è poi disposta ad affermare con sicurezza ch’esso è un libro di guerra e di violenza. Mesi fa, una Dama in Carriera sostenne in televisione che il Profeta Muhammad era un “pedofilo”, avendo sposato una bambina di tredici anni: e ciò non solo senza verificare le fonti sulle basi delle quali parlava (senza evidentemente conoscerle), ma passando olimpicamente sopra qualunque considerazione di tipo antropologico e giuridico riguardo alla realtà sociale della penisola arabica del VII secolo d.C. Fra tali diffusi pregiudizi il primo di tutti, per quanto forse non il più grave, è quello secondo il quale Europa (e/o “Occidente”) e Islam sarebbero dei “nemici storici” geopoliticamente se non addirittura metastoricamente destinati a scontrarsi. Si tratta del frutto di una visione storica distorta, superficiale e retorica, che privilegia la storia delle guerre (se non addirittura delle battaglie: Poitiers, Lepanto e così via) dimenticando di conte- stualizzare gli episodi bellici in un ricco e profondo continuum fatto di positivi e stretti rapporti economici, commerciali, culturali, diplomatici. Altro pregiudizio è che l’Islam si sia sempre e comunque imposto solo con la forza guerriera: qui siamo per la verità dinanzi non tanto a un pregiudizio quanto a una vera Una catena di pregiudizi da sfatare, primo fra tutti l’idea che Occidente e Islam siano destinati ad essere nemici e a scontrarsi. Rileggere la storia (e capirla) per ristabilire un minimo di verità

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Un ricco e profondo continuum fatto di positivi e stretti rapporti economici, commerciali, culturali,diplomatici. Dimenticato dalla pubblicistica che preferisce enfatizzare la storia delle guerre o addirittura di singole battaglie

di Franco CardiniStorico

Che sull’Islam e sui musulmani corra nei media e nell’opinionepubblica ogni sorta di pregiudizio, è noto. Gente che d’altrondenon ha alcuna remora a dichiarare la sua ferma intenzione di

non leggere mai il Corano è poi disposta adaffermare con sicurezza ch’esso è un libro diguerra e di violenza. Mesi fa, una Dama inCarriera sostenne in televisione che il ProfetaMuhammad era un “pedofilo”, avendo sposatouna bambina di tredici anni: e ciò non solosenza verificare le fonti sulle basi delle qualiparlava (senza evidentemente conoscerle),ma passando olimpicamente sopra qualunqueconsiderazione di tipo antropologico e giuridicoriguardo alla realtà sociale della penisola

arabica del VII secolo d.C.Fra tali diffusi pregiudizi il primo di tutti, per quanto forse non il

più grave, è quello secondo il quale Europa (e/o “Occidente”)e Islam sarebbero dei “nemici storici” geopoliticamente se nonaddirittura metastoricamente destinati a scontrarsi. Si tratta delfrutto di una visione storica distorta, superficiale e retorica,che privilegia la storia delle guerre (se non addirittura dellebattaglie: Poitiers, Lepanto e così via) dimenticando di conte-stualizzare gli episodi bellici in un ricco e profondo continuumfatto di positivi e stretti rapporti economici, commerciali, culturali,diplomatici. Altro pregiudizio è che l’Islam si sia sempre ecomunque imposto solo con la forza guerriera: qui siamo perla verità dinanzi non tanto a un pregiudizio quanto a una vera

Una catena di pregiudizi da sfatare, primo fra tutti l’ideache Occidente e Islam sianodestinati ad essere nemici e ascontrarsi. Rileggere la storia(e capirla) per ristabilireun minimo di verità

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e propria menzogna alla quale alcuni pubblicisti o pseudostoricihanno aggiunto l’altra, ridicola, secondo la quale il cristianesimo(o addirittura l’Occidente, cristiano o postcristiano che fosse eche sia) si sarebbe al contrario dilatato sempre e soltanto attra-verso la pacifica proposta dei propri positivi modelli (la pace,la tolleranza, i diritti dell’uomo, la democrazia rappresentativa,il progresso tecnologico). Per ristabilire un minimo di verità, unbreve excursus storico può essere utile.

La marea musulmana dilagò tumultuosa tra VII e X secolodall’Arabia all’Africa nordoccidentale e alla Spagna a ovest,all’India e all’Asia centrale fino al sudest asiatico ad est,all’Anatolia a nord, ai confini dell’Etiopia a sud: sommerse e

cancellò a nord-est l’impero persiano, giun-gendo fino all’Indo e al Syr-Darya; occupò laSiria e la Cilicia bizantine mentre, con unarapida campagna tra 640 e 647, invadevaEgitto e Libia e da lì si portava con un ulteriorebalzo sino al Marocco. Ai primi dell’Vlll secolola costa settentrionale dell’Africa era intera-mente musulmana e le fiere popolazioni ber-bere, già restie ad accettare il cristianesimo,islamizzate: quello sarebbe stato per gli arabiil “Maghreb”, l’Occidente. Sappiamo bene

però che, tanto nel caso dell’impero bizantino cristiano quanto inquello dell’impero persiano mazdaico, l’Islam giunse a risolvereuna serie di conflitti interni: le popolazioni, stanche della tiranniao della decadenza dei vecchi sistemi, accolsero i musulmanicome liberatori e spesso si convertirono.

Mentre l’Islam si espandeva dal Maghreb anche verso sud,oltre l’Atlante, sino a sfiorare la grande curva del Niger, unaspedizione arabo-berbera passava nel 711 (l’anno medesimo incui, dall’altra parte dell'emisfero, si toccava l’Indo) le Colonned’Ercole e s’impadroniva della Spagna visigotica da cui erafacile, almeno con rapidi raid, varcare i Pirenei e puntare versoil santuario della gente franca, Tours. La tradizione franca, cheattraverso l’esperienza carolingia si è imposta quale appan-naggio dell’intera Europa romano-germanica, ha sostenuto chei saraceni vennero fermati dal nonno del futuro imperatore CarloMagno, cioè da Carlo Martello, nella battaglia di Poitiers del 732(o, probabilmente, 733). E in effetti è narrando quell’episodioche un anonimo cronista chiama per la prima volta i combattenticristiani Europeenses. Nel XVIII secolo, Edward Gibbon avrebbefondato, per il mondo europeo in quel momento ancor preoccu-

Il “successo politico” dell’Islamfra il VII e il X secolo è legatoall’adesione di popolazioni stanche della tirannia o della decadenza dei vecchi sistemi: l’impero bizantino cristiano e l'impero persiano

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pato dai residui del potenziale aggressivo ottomano, il mito diPoitiers: senza quella fortunata giornata, il muezzin avrebbeasceso i gradini delle torri di Oxford per diffondervi l’appello allapreghiera e proclamarvi il nome di Allah clemente e misericordioso.

In realtà i musulmani avevano messo stabile piede a norddei Pirenei fin dal 714, e almeno dal 720 tenevano stabilmentela città di Narbona che fu tolta loro dai franchi solo nel 751 (o,secondo altri, nel 759). Le incursioni saracene dalla Spagnacontinuarono a lungo; ancora nel corso del X secolo minac-ciavano Provenza e Delfinato mentre già dall’890 – forse dallaSpagna, forse dall’Africa, forse dalla Sicilia – era approdatasulla costa provenzale, a Fraxinetum presso Saint-Tropez, quellaflottiglia di musulmani che dette origine alla base d’incursoriche per lunghi anni minacciarono l’entroterra provenzale finoad Aix e a Marsiglia e i passi alpini dal Delfinato alla Savoiaal Piemonte fino ad Aqui e a Genova.

Intanto, tra 827 e 902, per iniziativa dell'emiro aghlabita di

Reliquiario del Braccio di Carlo Magno, nella Domschatzkammer di Aquisgrana (Germania)

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Qairawan, i musulmani conquistavano la Sicilia dove si sarebberomantenuti per quasi due secoli ma dove avrebbero fondato unaciviltà destinata a sopravvivere, per molti versi, ben oltre quelladata. Altri raid corsari musulmani, verso la metà del IX secolo,avevano sfiorato la stessa Roma e creato ulteriori basi di scor-reria, come quella del Garigliano; e tra gli anni Quaranta e glianni Ottanta del medesimo secolo la costa pugliese avevaassistito al sorgere, a Bari e a Taranto, di due emirati il primodei quali aveva chiesto la legittimazione della sua esistenzanon già agli emiri di Sicilia o a quelli d’Ifriqiya loro diretti sovrani,bensì al califfo abbaside di Baghdad. Ancora ai primi delsecolo XI Mujahid, signore di Denia e delle Baleari, minacciavala Sardegna e il litorale tirrenico.

Mentre verso Occidente e nel bacino del Mediterraneoaccadevano queste cose, l’asse islamico si andava spostandocome abbiamo visto verso est e all’interno della compaginedell’umma, la comunità dei credenti, l’elemento arabo andavaperdendo progressivamente e irreversibilmente terreno. Ciò con-sentì per tempo ai non-arabi, soprattutto ai persiani, d’insediarsi

profondamente nell’umma; e nel rapporto tramondo arabo e mondo iranico accadde quelch’era accaduto, nel II-I secolo a.C., in quellotra mondo romano e mondo greco: Persia captaferum victorem cepít. Non v’è dubbio che laconquista dell’impero sasanide coincise conun’arabizzazione della Persia; alla quale cor-rispose però, complementarmente, un’iraniz-zazione dell’Islam orientale e del califfatoabbaside stesso, dove l’elemento persianofu dominante fra i secoli VIII e X circa. Tanto

Bisanzio quanto la Persia erano d’altronde eredi della culturaellenistico-romana che, da Alessandro Magno all’impero deiCesari, aveva creato una forte e originale koynè eurasiafrome-diterranea.

La sintesi bizantino-arabo-iranica dette luogo alla grandetradizione culturale musulmana, quella di al-Biruni, di Avicenna,di ar-Razi che fece tesoro delle filosofie platonica e aristotelicanon meno che della medicina indiana e addirittura cinese,dell’astrologia-astronomia persiana, della matematica indiana.A tale ricchezza si associarono, tra i secoli X e XV, anche lenuove genti turco-tartare provenienti dall’Asia profonda.

Non c’è dubbio che, sul Mediterraneo percorso prima dai

Con l’estendersi della conquista musulmana, l’elemento arabo perse terrenoprogresssivamente; ciò consentì anche ai non-arabi,in particolare ai persiani, di insediarsi nella umma

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marinai siriani, egiziani e nordafricani che battevano con le loroincursioni corsare sulle nostre coste, poi dalle navi delle cittàmarinare italiane, provenzali e catalane che egemonizzaronoquello specchio d’acque tra XI e XIV secoli, quindi ancora daicorsari turchi ottomani e maghrebini (“barbareschi”), vi fu pra-ticamente una guerra continua. Così come intanto tra Sicilia,Asia Minore, Vicino Oriente e penisola iberica potenze cristianee potenze musulmane si fronteggiavano in quelle spedizioni chefurono dette “crociate” – che non furono mai “guerre di religione”– gli epigoni delle quali si spinsero fino ai primi dell’Ottocento,

ma che non furono mai né lunghe né tropposanguinose. Ma non c’è dubbio nemmeno chequegli episodi guerrieri (non certo peraltromaggiori né più accaniti di quanto non fossero,in quegli stessi secoli, i conflitti interni siaall’Europa cristiana, sia al mondo musulmano)furono accompagnati da un ricco e profondocontesto di rapporti diplomatici e di scambieconomici, commerciali, culturali. Dall’Islaml’Europa apprese nuove tecniche nautiche,mercantili, monetarie; le Universitates studio-

rum si svilupparono sì dai vecchi studia episcopali, ma sullabase della Bait al-Hikma di Baghdad nella quale la cultura sicomprava e si vendeva come qualunque altra scienza; fu daimusulmani che gli europei appresero un nuovo modo di ragionare,basato sulla “ragione naturale” e sulla dialettica, e poteronopassare dalla cultura patristica a quella scolastica; anche lapoesia e la musica dell’”età cortese” furono frutto dell’incontrocon l’Islam.

L’avvento e l’affermazione drammatica dei turchi ottomanisulla scena eurasiatica e mediterranea, maturato nel 1453 conla conquista di Costantinopoli, segnò un’ulteriore svolta neirapporti fra cristianità europea e mondo musulmano. Da allorain poi per quattro secoli – a parte il caso degli inglesi, che nelcorso dell’Ottocento entrarono per note vicissitudini coloniali incontatto con quello di tradizione moghul vivo nel subcontinenteindiano – l’Islam fu, nella sensibilità europea, qualcosa di fonda-mentalmente turco, con lievi appendici arabe, berbere (i celebri“corsari” barbareschi, terrore delle coste mediterranee tra Cinquee Settecento...) e tartaro-persiane.

Anche la questione crociata divenne, tra la presa diCostantinopoli del 1453 e l’assedio di Vienna di duecento-trent’anni dopo, essenzialmente il “problema turco”. D’altronde,

Dalle incursioni corsare alleCrociate, un conflitto continuoma accompagnato da un riccocontesto di scambi: dall’Islaml’Europa apprese nuove tecniche in diversi campi e nuovi modi di ragionare

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se è vero che le relazioni turco-cristiane nella prima età modernarisuonano del fragor delle armi, è non meno vero che i rapportidiplomatici e commerciali erano intensi e frequenti, mentre ilMediterraneo – “continente liquido”, come l’ha definito FernandBraudel – pullulava di personaggi ambigui e affascinanti cheda avventurieri o da schiavi passavano con disinvoltura da unaparte all’altra, mutando credo (e diventano così “convertiti” pergli uni, “rinnegati” per gli altri) e giocando pertanto un ruolomediatore tra le due culture del quale, fino a tempi recenti, si èsottovalutato l’importanza. Ma dei pescatori calabresi e deipastori albanesi divenuti reis, agha, pascià, bey o addiritturavizir, come dei bambini cristiani catturati nelle razzie ottomanee allevati nella rigorosa disciplina dei giannizzeri, già molto sisapeva: pur considerando tutto ciò più una serie di curiosità“minori” della storia che non un dato strutturale delle vicendemediterranee.

E, a proposito di Europa e mondo ottomano, bisogna guardarsidall’interpretare la lotta fra turchi da una parte e austrotedeschi,veneziani e spagnoli dall’altra come una contesa di cristianicontro musulmani o, peggio, come una “guerra di religione”.

Fra Cinque e Settecento, la principale alleatadella Sublime Porta d’Istanbul fu la Francia deiRe Cristianissimi; mentre l’impero asburgicostrinse legami d’alleanza con gli shah di Persia,avversari dei padishah ottomani in quanto sciiticontro sunniti, oltre che per ragioni geopolitichelegate all’egemonia sull’area caucasica e sullaMesopotamia.

L’impero ottomano si avviò alla rapida deca-denza nel corso del Settecento e non fu capacedi riprendersi neppure nel secolo successivo,

nonostante i vari tentativi di modernizzazione. La Persia deglishah safawidi prima, qajari dopo, dovette progressivamentecedere alla pressione congiunta delle rivali Inghilterra e Russia,che intanto avevano avviato nell’Ottocento il Great Game, il“Grande Gioco” della corsa alla conquista dell’Asia centrale edell’area himalayana, che si concluse con l’ampliamento fino aimargini dell’Afghanistan dell’impero zarista e con la fondazionedell’impero coloniale britannico in India che fagocitò quellomoghul edificato fra Quattro e Cinquecento dai successori diTamerlano.

Con l’Ottocento, il maturo colonialismo europeo si dette aspartirsi quello che ormai era “l’uomo ammalato”, l’imperoturco-ottomano: e per questo francesi, inglesi e russi sparsero

Mediatori fra cristianità e Islamfurono anche gli avventurieriche popolavano il Mediterraneo,passando da una religione all’altra. Pescatori calabresi e pastori albanesi diventati reis,pascià o addirittura vizir

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a piene mani nel mondo musulmano non-turco i semi di qualcosache mai l’Islam aveva mai conosciuto: l’ideale del watan (un neo-logismo nella lingua araba), cioè della “patria”, della “nazione”. Intal modo, dal Marocco al Vicino Oriente, si sviluppò nelle élitesarabe un forte movimento di modernizzazione e di europeizza-zione: del resto, nello stesso sultanato ottomano si affermò unforte movimento di riforme sociali che ebbe effetto anche sullapratiche religiose.

Durante la prima guerra mondiale, francesi e soprattuttoinglesi fecero leva su questi nuovi diffusi indirizzi per indurre ilmondo arabo ad abbandonare la fedeltà all’impero sultaniale: ene nacque la “rivolta araba” del deserto narrata da Thomas E.Lawrence. Ma, appunto durante e immediatamente dopo taleconflitto, il fatto che le potenze liberali avessero disatteso lepromesse di sostegno a un progetto arabo di unità e d’indipen-denza (sostituito, con il trattato segreto franco-inglese detto“Sykes-Picot”, con il sistema postcoloniale di egemonia detto“dei mandati”) e avessero addirittura consentito la fondazionedi una homeland sionista in Palestina, alienarono le simpatìe degli

Peter O’Toole nel film “Lawrence d’Arabia”, sulla figura di Thomas E. Lawrence

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arabi nei loro confronti, mentre la Turchia di Mustafa Kemal el’Iran di Reza Shah intraprendevano per loro conto un complessoma deciso itinerario di occidentalizzazione e di modernizzazione.Fu nell’immediato primo dopoguerra che, dall’Egitto all’India,nacquero le prime organizzazioni destinate a diffondere un’ideo-logia fondata sul principio del ritorno alle autentiche e profondeorigini dell’Islam come garanzia di un’originale ricerca dellalibertà e dell’indipendenza.

Negli Anni Ottanta del secolo scorso – sostanzialmente fallital’esperienza “laico-progressista” del socialismo arabo – questodiffuso malessere trovò nuovi catalizzatori: da una parte l’originalee inatteso sviluppo in Iran di un movimento sciita sostenitoredell’islamizzazione della Modernità, che sotto la guida dell’imam

Rukhullah Khomeini dette luogo alla fondazionedella repubblica islamica; dall’altra il jihadcontro l’Afghanistan socialista e la sua alleata,l’Armata Rossa, durante il quale gli Stati Uniti– per impedire che la liberazione di quelPaese si verificasse appunto grazie al deter-minante aiuto dello “stato-canaglia” iraniano– incoraggiarono l’afflusso in territorio afgha-no di forti nuclei di guerriglieri-missionarisunniti provenienti da Arabia saudita e daYemen e adepti di una setta musulmana radi-

cale nata nel XVIII secolo, quella wahhabita. All’Islam wahhabita, dal carattere fortemente proselitistico,

si deve non solo la “ridefinizione” dei costumi musulmani inAfghanistan attuata dagli “studenti coranici” (talibani), maaltresì in massima parte la responsabilità del movimento didestabilizzazione terroristico avviato con gli attentati dell’11settembre 2001 e che ha condotto all’esperimento “califfale”del Daesh (Dawla Islamyya al-Iraq wa al-Shamm, nella sua siglaanglofona detto Isis, Islamic State of Iraq and Syria) e al fenomenoche a tutt’oggi caratterizza fortemente l’Islam vicino-orientale ein parte anche quello della diaspora: la fitna (“guerra intestina”)che caratterizza i rapporti fra mondo sunnita e mondo sciita e chevede coinvolte anche potenze arabe per altri versi fedeli alleatedegli Stati Uniti, a cominciare dall’Arabia saudita.

Il petrolio, il metano, le contese geopolitiche fortissime nel-l’area tra Libano e Alto Eufrate e attorno al Golfo Persico, le irri-solte questioni sirolibanese, curda e israelo-palestinese, la “svolta”erdoganiana nella Turchia kemalista, il problema delle “migrazioni”dal vicino Oriente e dal continente africano, hanno dato luogo

La dinamica destabilizzatriceche potrebbe svilupparsidal conflitto tra il fronte sciitae i sauditi è molto pericolosaper la sicurezza europea ma non ha niente a che fare con lo “scontro di civiltà”

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a un apparente riproporsi delle guerre “nel nome di Dio”: spessoformalmente indirizzate “contro l’Occidente”, in realtà costante-mente volte piuttosto a modificare gli equilibri interni al mondomusulmano e incentrate, negli ultimi anni, sul ruolo politico,economico e strategico dell’Iran sciita, contro il diritto delquale a vivere e a svilupparsi è sembrato coalizzarsi – con lapresidenza Trump che ha rovesciato in tale settore (e non soloin quello) le proposte del suo predecessore Obama – un decisoancorché per certi versi paradossale fronte saudita-israeliano-statunitense.

La dinamica destabilizzatrice che da ciò potrebbe svilupparsiè molto pericolosa anche per la sicurezza interna dell’Europa:ma dev’essere ben chiaro a tutti che in tutto ciò il suppostocontrasto fra “Occidente” e Islam e l’ancor oggi qua e là evocatofantasma dello “scontro di civiltà” non c’entrano per nulla.

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Bibliografia

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