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FORMAZIONE PROFESSIONALE NO. 4 RIVISTA EUROPEA

CEDEFOP

Responsabile di redazione: Fernanda Oliveira Reis

Comitato di redazione:

Presidente:Jean François Germe Conservatoire National des Arts et Métiers

(CNAM), Francia

Matéo Alaluf Università libera di Bruxelles (ULB), BelgioTina Bertzeletou CEDEFOPKeith Drake Università di Manchester, Gran BretagnaJulio Sánchez Fierro Asociación de Mutuas de Trabajo, SpagnaGunnar Eliasson The Royal Institute of Technology (KTH), SveziaPaolo Garonna Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ItaliaEduardo Marçal Grilo Fundação Calouste Gulbenkian, PortogalloAlain d’Iribarne Laboratoire d’Economie et de Sociologie du

Travail (LEST-CNRS), FranciaBernd Möhlmann CEDEFOPFernanda Oliveira Reis CEDEFOPArndt Sorge Università Humboldt di Berlino, GermaniaEnrique Retuerto de la Torre CEDEFOPReinhard Zedler Institut der deutschen Wirtschaft Köln,

Germania

Rappresentante del Consiglio di amministrazione:Anne-Françoise Theunissen Confederazione dei Sindacati Cristiani del

Belgio (CSC), Belgio

CEDEFOPCentro europeoper lo sviluppo

della formazioneprofessionale

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Sede del CEDEFOP dallo01.09.1994: Salonicco (GR)

Responsabili:Johan van Rens, DirettoreEnrique Retuerto de la Torre, Direttore aggiuntoStavros Stavrou, Direttore aggiunto

Redazione tecnica, coordinamento:Bernd Möhlmann, Barbara de Souza

Responsabile della traduzione:Giancarlo Caronello

Layout: Zühlke Scholz & PartnerWerbeagentur GmbH, Berlino

Produzione tecnica DTP: Axel Hunstock, Berlino

I contributi sono pervenutientro il 16.02.1995

Riproduzione autorizzata, salvo a finicommerciali, con citazione della fonte.

N. di catalogo:HX-AA-95-001-IT-C

Printed inthe Federal Republic of Germany, 1995

La pubblicazione esce tre volte all’anno indanese, greco, tedesco, inglese, spagnolo,francese, italiano, olandese e portoghese

Invito a contribuireIl comitato di redazione incoraggia l’inviospontaneo di ar t icol i . Le proposteverranno esaminate dal comitato che siriserva il diritto di decidere in meritoall’eventuale pubblicazione e che infor-merà gli autori sulla decisione presa. Le

proposte (da cinque a dieci pagine, trentalinee per pagina, sessanta caratteri perr iga) devono essere trasmesse al laredazione della rivista. I manoscritti nonverranno restituiti agli autori.

I pareri espressi dagli autori non riflettono necessariamente la posizione del CEDEFOP. La Rivistaeuropea della formazione professionale dà la parola agli attori per presentare analisi e punti divista diversi - e talvolta contraddittori -, sperando così di contribuire al dibattito critico, essenzialeper il futuro della formazione professionale a livello europeo.

Il CEDEFOP è un organismo comu-nitario istituito con decisione delConsiglio dei Ministri dell’Unioneeuropea (Regolamento CEE n. 337/75 del Consiglio del 10 febbraio1975). É gestito da un Consigliod’Amministrazione quadripartito,nel quale sono rappresentati le as-sociazioni dei datori di lavoro, leorganizzazioni dei lavoratori, igoverni nazionali e la Commissio-ne europea.

In base all’art. 2 del suddetto re-golamento, il CEDEFOP “ha il com-pito di fornire il suo contributoalla Commissione per favorire, alivello comunitario, la promozio-ne e lo sviluppo della formazioneprofessionale e della formazionecontinua.”

Attraverso la sua attività scientifi-ca e tecnica, il CEDEFOP è chiama-to a produrre elementi di cono-scenza pertinenti, rigorosi finaliz-zati alla prospettiva comunitariaper trattare le tematiche previstedal programma di lavoro fissatodal Consiglio d’Amministrazione.

Il programma, approvato dal Con-siglio di Amministrazione d’accor-do con la Commissione, verte at-tualmente su due grandi assi:

❏ evoluzione delle qualifiche❏ evoluzione dei sistemi di for-mazione.

Allo scopo di realizzare tale pro-gramma, il CEDEFOP si avvale didiversi strumenti d’azione:

❏ studi ed analisi❏ diffusione d’informazioni (condiverse forme e mezzi)❏ creazione di opportunità discambi e trasferimenti.

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EditorialeIl presente numero celebra l’adesione al-l’Unione europea di tre nuovi Stati mem-bri. Dei paesi scandinavi, la Danimarca èda sempre membro dell’Ue, la Finlandiae la Svezia sono nuovi membri, la Norve-gia e l’Islanda rimangono fuori dell’Unio-ne. L’Austria ha aderito, mentre la Sviz-zera rimane fuori dell’Ue. La sezione sta-tistica presenta la situazione dei nuoviStati membri, illustrandone il profilodemografico, occupazionale ed educativo.E’ evidente l’assenza di dati comparativisulla formazione - opposta all’istruzioneprimaria, secondaria e terziaria finanziatacon fondi pubblici. Sono disponibili datinazionali sulla formazione per i tre nuoviStati membri, ma il “Tableau de bord oncontinuing vocational training” del pro-gramma FORCE1 ha dimostrato la non-comparabilità di gran parte dei dati esi-stenti negli Stati membri. Quando nonesistono dati comparabili affidabili, è piùprobabile che i tentativi di confezionarlirisultino fuorvianti invece che informati-vi. Il calore del benvenuto è giustificatodall’impegno formulato da Austria, Fin-landia e Svezia di attenersi ai valori dellademocrazia e della solidarietà sociale edi esprimere tali valori nei loro sistemi diformazione professionale.

Finlandia e Svezia hanno molte caratteri-stiche in comune con gli altri paesi scan-dinavi. Lundborg riflette su 40 anni diesperienza del loro mercato integrato dellavoro, comprendente 5 paesi. Questaesperienza suggerisce che un avvicina-mento del reddito all’interno degli Statimembri dell’Ue ridurrà i flussi migratori -come avvenuto negli anni ’80 tra Finlan-dia a Svezia. Lundborg afferma pure chele migrazioni che rispondono ad un au-mento della domanda di forza lavoro inalcuni Stati membri più ricchi richiedonodei mutamenti politici per far sì che leindennità di disoccupazione non distol-gano dal ricercare un posto di lavoro.Lundborg sviluppa in una nuova direzio-ne i problemi dei mercati scandinavi dellavoro, tema già affrontato in un numeroprecedente (2/94) da Eliasson (una scar-sa rispondenza del mercato del lavororende inefficaci anche i migliori sistemid’istruzione e formazione) e Skedinger (ivantaggi delle politiche attive di mercato

della Svezia probabilmente sono stati esa-gerati).

Le caratteristiche e i valori dei sistemipolitici incidono non solo sul rendimen-to economico, ma anche sulla struttura eil rendimento dei sistemi di formazione.Pari al 58% nel 1992, il tasso di partecipa-zione della forza lavoro femminile in Au-stria è quasi uguale a quello della Ger-mania Occidentale. Invece la Svezia (71%)e la Svezia (79%) presentano valori ana-loghi a Danimarca (79% nel 1991) e allaNorvegia (71%) nell’utilizzare la forma-zione (e l’occupazione nel settore pub-blico) per raggiungere determinate cate-gorie. In tal caso, l’ampliamento della fles-sibilità consente a un maggior numero didonne di conciliare famiglia e lavoro.Lunghi periodi di stabilità politica in nu-merosi paesi scandinavi hanno favoritol’alleanza tra le parti sociali e il governocentrale per creare delle iniziative estre-mamente estese per gli abitanti delle areerurali più remote e per gli abitanti dellecittà, per uomini e donne, per lavoratorianziani a rischio e per giovani che entra-no a far parte della forza lavoro. L’Au-stria, come la Svezia, presenta un approc-cio molto corporativistico all’elaborazio-ne e all’attuazione delle politiche di for-mazione. Ma il corporativismo austriacoè diverso, in quanto abbina una forte com-ponente socialdemocratica all’adesione almodello sociale di mercato della gestio-ne economica.

Reimer sottolinea che, per l’Austria, l’ade-sione corrisponde ad un nuovo impetoverso un’analisi realistica e autocritica, adun’apertura a nuove soluzioni e ad unavisione d’integrazione che va al di là deitemi economici, giungendo fino allo svi-luppo di “un’Europa dei cittadini”. Comequello tedesco e quello svizzero, anche ilsistema austriaco di formazione si basasull’apprendistato: ogni anno il 41% deigiovani completa il sistema duale. Unadelle preoccupazioni più urgenti non è laformazione iniziale, ma la modesta dimen-sione della formazione continua. Ribaden-do l’appello lanciato da Eliasson (2/94) afavore di una riforma istituzionale chestimoli e faciliti l’aumento dell’autoinvesti-mento da parte dei singoli individui,

1) Commissione europea FORCE(1994), Tableau de bord on continu-ing vocational training, Lussemburgo,Ufficio delle pubblicazioni ufficialidelle Comunità europee.

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Reimer caldeggia il varo d’incentiviottimizzati per gli investimenti nella for-mazione continua, sia da parte dei singo-li che delle aziende.

Finlandia e Svezia condividono la propen-sione scandinava per un fortissimo livel-lo di sindacalizzazione e priorità conces-se alla formazione nella negoziazionecollettiva a livello centrale. Naturalmentele circostanze economiche differiscono daun paese all’altro. Il petrolio della Norve-gia ha protetto la sua economia dagli ef-fetti della concorrenza internazionale, di-versamente da quanto accaduto in Fin-landia. Anche le soluzioni istituzionalivariano. Mentre nei paesi scandinavi ilruolo dell’apprendistato è solitamentemarginale, la Danimarca rappresentaun’eccezione. Questo paese è riuscito consuccesso a far fronte al declino dell’ap-prendistato tradizionale negli anni ’70grazie all’EFG (formazione professionalebase) integrato con il percorso dell’ap-prendistato. In Finlandia invece siesperimenta il trapasso del controllo alleamministrazioni municipali e si registraun aumento dell’attività dei nuovi poli-tecnici multisettoriali, con una ristruttu-razione del modello professionale scola-stico (cfr. Kämäräinen).

Naturalmente gli autori scandinavi usanogli altri paesi nordici come pietre di para-gone. Il fatto di appartenere ad un diver-so gruppo culturale fa parte del modo diessere di Finlandia e Svezia. La cultura ètanto importante quanto la struttura. Ifondatori dell’Ue ne erano ben consape-voli. Non a caso il grande filosofo daneseGrundtvig disse “prima sento, poi pen-so”. I legami culturali che legano Finlan-dia e Svezia ai loro vicini scandinavi al difuori dell’Unione non devono essere sciol-ti in seguito all’adesione ad un’Ue cheguarda all’esterno, alcuni dei cui membripiù vecchi -come Francia, Spagna o ilRegno Unito - mantengono stretti legamiculturali con altri paesi al di fuori del-l’Unione.

Per tutti e tre i paesi, l’adesione all’Uecostituisce parte della loro risposta all’in-tensa pressione globale per migliorare laloro competitività. Ad esempio, agli inizidi questo decennio, la Svezia aveva più omeno accettato il fatto che per una rifor-ma contestuale dell’istruzione e del mer-cato del lavoro fosse ormai troppo tardi

(cfr. Ottersten). Il modello svedese avevagenerato non solo un tasso di disoccupa-zione estremamente basso, ma aveva an-che stabilito un premio salariale per laformazione molto ridotto rispetto aglistandard internazionali, creato un’indu-stria del neon sovradimensionata, unamassiccia spinta salariale a livello opera-io e una crescente mancanza di compe-titività dell’industria nazionale. La rifor-ma del sistema intende aumentare la fles-sibilità e la competitività del mercato dellavoro mediante maggiori incentivi per isingoli individui e per i datori di lavoroaffinché investano nelle competenze ne-cessarie per l’economia svedese. Comeevidenziato da Ottersten, quest’opera in-compiuta sarà attuata in un’Unione chenon è affatto scevra da barriere istituzio-nali e pratiche di mercato del lavoro chein Svezia costituiscono fonte di preoccu-pazione.

In Finlandia, un’espressione della spintaverso la competitività è data dal tentativodi rivitalizzare il percorso dell’apprendi-stato verso le competenze, per giovani eadulti, con una maggiore copertura oc-cupazionale ed esami basati sulle com-petenze ed indipendenti dal modo diacquisizione delle competenze (cfr.Vartiainen). Tuttavia, poiché ciò riguardasolo poco più del 5% dell’istruzione eformazione professionale, il successo deldecentramento dei bilanci a favore degliistituti professionali, sempre più orientativerso il mercato, risulta molto più diffici-le se si deve aumentare la rispondenzadella formazione alle esigenze dell’indu-stria e dell’economia (cfr. Kyrö). Kämä-räinen afferma che i ripetuti tentativi deipaesi scandinavi di superare il gap trapercorsi accademici e professionali e dimigliorare il collegamento tra offerta diformazione professionale scolastica emondo del lavoro non sono stati coronatida successo - ad eccezione della Dani-marca.

Finlandia e Svezia stanno rivedendo lefunzioni d’informazione ed incentivazionedei mercati del lavoro. La loro strutturadella formazione, altamente centralizzatae corporativa, si è dimostrata troppo in-sensibile ai deficit di competenze e allenuove esigenze dell’industria. Ora cerca-no di instaurare un nuovo rapporto tra lamano visibile del governo e quella invisi-bile del mercato. La riforma del sistema è

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stata provocata dal fallimento di quest’ul-timo (cfr. Ottersten, Kyrö, Kämäräinen eGoetschy).

Per 40 anni, i paesi scandinavi hanno se-guito analoghe linee di sviluppo, con unforte settore pubblico e un notevole ruo-lo dello stato in collaborazione con le partisociali. La formazione, quale elementochiave di una politica attiva del mercatodel lavoro, doveva assicurare uno dei ri-sultati più importanti che univa tutti, cioèla piena occupazione. Quando l’accordotra sindacati, datori di lavoro e governosi è rotto (Svezia), si è aperta la stradaverso il ri-orientamento della formazioneverso gli obiett ivi di una maggiorecompetitività, lontana dalla ridistribuzionee prossima alla produzione. Ma non sitratta di una scelta del tipo “o l’uno o l’al-tro”. Le situazioni di Austria, Finlandia eSvezia non differiscono da quelle degli

2) Crescita, competitività e occupazio-ne (1993), Bruxelles, Commissioneeuropea, pag. 57.

altri Stati membri: “per migliorare il livel-lo dell’occupazione nella Comunità,laaziende devono raggiungere una compe-titività globale su mercati aperti e com-petitivi, dentro e fuori l’Europa”.

Goetschy illustra che l’integrazione conl’Ue rappresenta una sfida che, per Fin-landia e Svezia, si aggiunge alla lotta con-tro la crisi in atto del loro modello diwelfare state. L’internazionalizzazionedel le loro economie e la cr is i deifinanziamenti pubblici lancia una sfida alleistituzioni, ma non mette in dubbio i lorovalori democratici e sociali. Il ri-orienta-mento e la riconfigurazione dei sistemi diformazione possono essere consideratisolo come parte del processo, molto piùampio, di rivalutazione e riforma dei nuoviStati membri.

Keith Drake

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I nuovi Stati membri:Austria, Finlandia, Svezia

Evoluzione dei “modelli sociali nordici”

La difficile trasformazione dei “modelli” sociali nordici ................................ 7 Janine GoetschyL’autore analizza gli elementi fondamentali dei sistemi sociali nordici e le lorodinamiche interne negli ultimi quindici anni.

I sistemi d’istruzione-formazione

Il sistema svedese della formazione.Future aspettative dell’integrazione.................................................................... 17Eugenia Kazamaki Ottersten“L’articolo esamina il sistema svedese di formazione, la sua integrazione con quellidell’Unione europea e le attese per il futuro.”

Caratteristiche della formazione professionale in Finlandia ........................ 23Matti Kyrö“Il principio fondamentale alla base dell’attuale riforma amministrativa inFinlandia consiste nello snellire la normativa e nel delegare i poteridecisionali.”

Boom dell’apprendistato in Finlandia ................................................................ 29Henry Vartiainen“L’apprendimento sul lavoro deve essere considerato un modo di acquisire lecompetenze e superare gli esami altrettanto valido dell’apprendimento nellestrutture professionali pubbliche.”

La formazione professionale in Austria ............................................................. 36Gerhard RiemerStruttura del sistema austriaco e attese nei confronti della politica comunitariain materia d’istruzione-formazione

Riforme nei sistemi d’istruzione e formazione professionalenei paesi nordici .................................................................................................... 40Pekka Kämäräinen“La recente evoluzione indica che i paesi nordici stanno attraversando una fasedi transizione verso un nuovo tipo di costellazione tra processo decisionale,gestione dell’istruzione e sviluppo del curricolo.”

Paesi nordici, un mercato interno del lavoro

Esperienze del mercato nordico integrato del lavoro ..................................... 50Per Lundborg“Oggigiorno (…) nella maggior parte degli Stati membri la mobilità della forzalavoro è molto ridotta; da questo punto di vista, le esperienze del mercatonordico del lavoro possono risultare molto interessanti.”

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I paesi dell’allargamento: alcuni dati...

Dati statistici ........................................................................................................... 56

Bibliografia ............................................................................................................. 59

Indirizzi utili .......................................................................................................... 61

Da leggere

Letture scelte .......................................................................................................... 65

Giunti in redazione ............................................................................................... 83

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JanineGoetschyricercatrice presso ilCNRS - Lavoro e Mo-bilità - Università diNanterre

Ora che Svezia e Finlandia sono membridell’Ue e con l’entrata in vigore del Trat-tato sullo spazio economico europeo (1/1/1994), appare particolarmente oppor-tuno compiere una valutazione compara-tiva dei “modelli” sociali nordici (Svezia,Norvegia, Finlandia, Islanda). Anche seal centro di regimi socialdemocratici chehanno consentito la loro nascita, questimodelli hanno resistito anche durante lecoalizioni governative liberali. Tra le con-dizioni favorevoli alla loro attuazione, anostro parere i fattori politici e istituzio-nali predominano su quelli economici.Tuttavia, gli strumenti e gli obiettivi deisistemi sociali nordici e, in particolare, delsistema di relazioni professionali sonoprevalentemente economici. Le istituzio-ni del sistema sociale hanno infatti gene-rato nuovissime sinergie tra settore eco-nomico e sociale, in quanto sono riuscitea conciliare gli interessi di gruppi parti-colari e l’interesse generale nell’ambito diuna “economia negoziata”. Allo stessotempo, queste istituzioni hanno permes-so di fare da contrappeso agli effetti so-cialmente nefasti dell’economia di mer-cato.

Tuttavia, negli anni ’80, i sistemi socialidei paesi scandinavi sono stati messi adura prova, a seguito della crescenteinternazionalizzazione delle loro econo-mie, della spinta del liberalismo, di unatrasformazione interna della socialdemo-crazia, della diversificazione del movimen-to sindacale e dell’aumento della disoc-cupazione. Di recente, la prospettiva del-l’integrazione europea ha costituito un’ul-teriore sfida.

Di fronte a questa nuova situazione, cer-cheremo di rispondere alle due doman-de: quali sono i tratti caratteristici dei si-

La difficile trasforma-zione dei “modelli”sociali nordici(Svezia, Norvegia,Finlandia, Islanda)

I sistemi sociali scandinavi(Svezia, Norvegia, Finlan-dia, Islanda), cioè le istitu-zioni dello stato assistenzia-le e le relazioni professio-nali, sono entrati in unafase di trasformazione cru-ciale. In una prospettivacomparativa vengono illu-strati i tratti caratteristicidei modelli sociali e le nuo-ve sfide alle quali devonofar fronte da una quindici-na d’anni. Nell’ambito del-le iniziative tese a garantirela piena occupazione purmodernizzando l’economia,hanno svolto un ruolo chia-ve politiche attive del lavo-ro (in particolare, di forma-zione) e politiche macro-economiche (espansionedel settore pubblico e suc-cessive svalutazioni). L’Uein parte rimette in causaquesti meccanismi econo-mici tradizionali e la gestio-ne dello stato assistenzialesi trova in difficoltà. Ma imodelli nordici sono, a no-stro giudizio, soprattuttocolpiti dalla crisi finanzia-ria del loro welfare state emolto meno da una crisi deivalori o delle istituzioni(cfr. parti sociali rappresen-tative, potenti, disciplinatedi fronte a stati preoccupa-ti di creare compromessinazionali), che restano de-gli atout fondamentali perla loro integrazione, pre-sente o futura, nell’Ue.

stemi sociali scandinavi e le dinamicheinterne che hanno loro valso l’appellati-vo di “modelli sociali dell’Europa setten-trionale”? quali sono le evoluzioni chenegli ultimi 15 anni hanno interessatoquesti sistemi, di cui si dice che sono incrisi?1

I. Origini e caratteristichedei modelli nordici

1. Storicamente i modelli nordici con leloro varianti nazionali, e di conseguenzai sistemi di relazioni industriali, sono sta-ti fondati in primo luogo sull’esistenza dicompromessi di classe tra datori di lavoroe sindacati, che si concretizzarono nellastipula di accordi base negli anni 1930 inSvezia, Norvegia e Islanda e, dopo laseconda guerra mondiale, in Finlandia.Tali compromessi erano per lo più nego-ziati a caldo e miravano a porre terminead accesi conflitti industriali con scioperie serrate. Essi hanno istituzionalizzato inmaniera duratura il riconoscimento del-l’esercizio delle prerogative padronali con,in contropartita, il riconoscimento di al-cuni diritti sindacali e della negoziazionecollettiva.

2. Questi compromessi storici tra capita-le e lavoro furono resi possibili e diven-nero duraturi grazie all’esistenza di con-dizioni politiche favorevoli, ossia la pre-senza in questi paesi di coalizioni politi-che in cui i socialdemocratici hanno oc-cupato per un lungo periodo a partiredagli anni ’30 un posto di primo pianosulla scena politica. In Svezia come inNorvegia, i socialdemocratici esercitaro-no il potere in maniera egemonica. Incambio, in Finlandia e in Islanda la si-

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tuazione politica fu leggermente diversaa causa della divisione della sinistra. Lapresenza socialdemocratica fu meno mas-siccia, anche se continua.

Aggiungiamo però che la divisione degliinteressi politici opera tradizionalmentenon solo tra la destra e la sinistra, maanche tra interessi di aree rurali, di regio-ni di pesca costiera, di zone isolate dauna parte e di città dall’altra. Con l’attua-le dibattito sull’internazionalizzazione el’europeizzazione dei sistemi economicinordici, questa dicotomia d’interessi cit-tà-campagna ricompare con evidenza.

L’avvento di un’egemonia socialdemocra-tica duratura nella prima metà del seco-lo risulta anch’essa dalla congiunzione diquattro fattori politici; in primo luogo sinota l’assenza storica di un’alternativapolitica di destra, forte e unita, sulla qua-le avrebbe potuto appoggiarsi la corren-te capitalista. In Norvegia, ad eccezionedegli armatori, manca persino una classecapitalista nazionale di un qualche peso;all’inizio del secolo l’economia era domi-nata da investitori stranieri, soprattutto delsettore primario. Se in Svezia nella fasedell’industrializzazione si osserva un nu-mero impressionante di datori di lavorosvedesi a capo d’industrie manifatturiereconcentrate ed esportatrici di prodotti fi-niti, costoro mirano a sviluppare un’or-ganizzazione padronale potente, centra-lizzata e autonoma più che a creare uncontatto politico diretto. Per quanto ri-guarda la Finlandia, essa si distingueanche sotto questo aspetto dagli altri pa-esi nordici, visto che fino alla secondaguerra mondiale gli imprenditori eranostrettamente legati ai partiti di destra: inun’economia dominata fino al 1950 dal-l’industria boschiva è stata soprattutto l’or-ganizzazione padronale della pasta dacarta a dettar legge negli anni ’30, allean-dosi con il governo di destra allo scopodi reprimere i sindacati.

In secondo luogo, per riuscire a imporsinel XX secolo, nei quattro paesi nordici ilmovimento socialdemocratico è riuscitoa dar vita delle alleanze utili con i cosid-detti partiti agrari, che rappresentavanoagricoltori, pescatori e lavoratori del set-tore forestale.

In terzo luogo, l’esistenza di un movimen-to sindacale ben presto unificato, con dei

legami stretti e privilegiati con il partitosocial-democratico, ha ampiamente con-tribuito a consolidare il potere della so-cialdemocrazia, almeno in Svezia e inNorvegia. Tuttavia, in Finlandia e inIslanda fino agli anni ’70 i legami tra sin-dacato e socialdemocrazia sono stati com-promessi dalle divisioni politiche che han-no interessato la principale confederazio-ne operaia. A partire dagli anni ’70 si èassistito in questi due paesi alla riunifi-cazione del movimento sindacale e ad unamaggiore cooperazione delle forze poli-tiche, che darà luogo ad una più ampiaconvergenza con la situazione in Norve-gia e in Svezia.

In quarto luogo, la forza essenziale dellasocialdemocrazia dei paesi nordici risie-deva nel suo carattere e nella sua capaci-tà riformatrice che ha dato vita al model-lo scandinavo con le sue varianti nazio-nali. In cambio dell’accettazione dello svi-luppo tecnologico, della razionalizza-zione aziendale, della mobilità sul mer-cato del lavoro e della moderazione sala-riale, che dovevano contribuire ad unacrescita attiva e alla stabilità dei prezzi,il progetto riformatore della socialdemo-crazia, frutto di un compromesso socialetra sindacati, datori di lavoro e Stato, pro-poneva la piena occupazione, la solida-rietà salariale e i vantaggi dello Stato as-sistenziale.

3. Oltre alla dimensione politica, i mo-delli nordici e il contratto sociale alla lorobase devono la loro origine all’esistenzasin dall’inizio del secolo di sindacati eassociazioni padronali centralizzati epotenti. Il primo sindacato è nato in Sve-zia nel 1898 (LO), in Norvegia nel 1899(LO), in Finlandia nel 1907 (SAK) e inIslanda nel 1916 (FTI). La minaccia di sin-dacati forti spinse i datori di lavoro adorganizzarsi ben presto in maniera cen-tralizzata, analogamente ai sindacati, inSvezia nel 1902 (SAF), in Norvegia nel1900 (NAF), in Finlandia nel 1907 (STK)e in Islanda nel 1934 (FEI). In Finlandiala vera centralizzazione del padronatoavvenne soltanto negli anni ’50.

❏ La scelta delle confederazioni sinda-cali e padronali a favore della centraliz-zazione permetteva di esercitare un gra-do di disciplina interna relativamenteelevato sugli associati. Si trattava di unacondizione organizzativa necessaria per

“(...) negli anni ’80, isistemi sociali dei paesi

scandinavi sono statimessi a dura prova, (...)

Di recente, la prospettivadell’integrazione europeaha costituito un’ulteriore

sfida.”

“Storicamente i modellinordici con le loro varian-

ti nazionali, e di conse-guenza i sistemi di rela-

zioni industriali, sonostati fondati in primo

luogo sull’esistenza dicompromessi di classe tradatori di lavoro e sindaca-

ti (...)”

“Aggiungiamo (...) che ladivisione degli interessi

politici opera (...) anchetra interessi di aree

rurali, di regioni di pescacostiera, di zone isolate

da una parte e di cittàdall’altra. Con l’attuale

dibattito sull’internazio-nalizzazione e l’euro-

peizzazione dei sistemieconomici nordici, questa

dicotomia d’interessi città-campagna ricompare con

evidenza.”

1) L’articolo si basa sulle conclusionidi una ricerca comparativa più arti-colata sui paesi nordici, finanziatadalla Commissione europea e pubbli-ca ta con i l t i to lo “Les modèlesnordiques à l’épreuve de l’Europe.” LaDocumentation Française, Parigi,1994, 147 pagg.

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il funzionamento del celebre modellonordico che si voleva sviluppare. Orga-nizzazione centralizzata non significavaaffatto assenza di democrazia interna, anziuna delle caratteristiche spesso dimenti-cate nell’analisi dei sindacati nordici è datadalla loro capacità di coniugare, con unsuccesso relat ivo, accentramento edecentramento nel processo decisionaleinterno. La democrazia interna dei sin-dacati si attua in maniera distinta a se-conda dei paesi. Dovendo classificare imovimenti sindacali in base al grado dicentralizzazione, esaminando ad esempiola procedura d’approvazione interna del-le negoziazioni collettive, al primo postoverrebbe la Svezia, seguita da Norvegia,Finlandia e Islanda. Alcuni autori riten-gono che questo funzionamento sindaca-le interno più democratico in Norvegia,Finlandia, Islanda, in cui si esprime ladiversità dei punti di vista, spieghi lamaggiore necessità da parte dello Statodi intervenire nelle negoziazioni colletti-ve per portare a termine i compromessicentrali e riconciliare i diversi interessiattraverso la mediazione o l’arbitrato.

Complessivamente la centralizzazione sin-dacale è molto elevata in rapporto allarinegoziazione degli “accordi di base”, chefissano le regole su un gran numero diproblemi, in relazione al potere esercita-to sul governo in materia di politica eco-nomica e legislativa e negli enti pubblicio parastatali di natura tripartita o bipartita.

❏ Le confederazioni sindacali nordichesono potenti vista la loro grande rappre-sentatività che ha continuato ad aumen-tare. I tassi di sindacalizzazione sonounici al mondo: attualmente più dell’85%in Islanda, l’85% in Finlandia, l’81% inSvezia e il 57% in Norvegia. Al contrariodi altri paesi europei, in Scandinavia nonsi può parlare di crisi degli iscritti negliultimi 15 anni. Ecco alcuni fattori che spie-gano l’elevata sindacalizzazione: l’impor-tanza della sindacalizzazione femminile,il fatto che all’epoca del relativo calo del-l’industria a vantaggio dei servizi sia av-venuta una profonda sindacalizzazione diquest’ultimo settore e, infine, la qualitàdei risultati dell’azione sindacale sul pia-no sociale e aziendale.

4. In considerazione di associazioni sin-dacali e padronali centralizzate da un latoe di un progetto politico socialdemocra-

t ico dal l ’a l t ro , che mirava ad unanormativa dinamica ed interattiva tra po-litiche macroeconomiche e sociali, nelsistema nordico la negoziazione colletti-va si è articolata in maniera più centra-lizzata che altrove. Per una buona riusci-ta, il mantenimento dei grandi equilibrieconomici e le politiche di solidarietà sa-lariale esigevano la centralizzazione del-la negoziazione.

Quali erano gli obiettivi specificatamentenordici della politica di solidarietà sala-riale? Quattro tipi di ragioni la motiva-vano: a) si trattava di sviluppare unastruttura salariale basata non sul rendi-mento economico dei vari settori o azien-de, ma sulla natura ed esigenze del la-voro effettuato allo scopo di ridurre ledifferenze salariali tra settori industrialicon alto e basso tasso di profitto, traaziende redditizie e meno redditizie, traimpieghi qualificati e non qualificati(quest’ultimo obiettivo verrà un po’ piùtardi con le politiche a favore dei salaribassi); b) per la fissazione di norme cen-trali medie, la politica di solidarietà do-veva essere un fattore di moderazionesalariale che permettesse di “contene-re” le rivendicazioni dei settori redditizie dinamici, orientati verso l’esportazio-ne, soggetti ai rischi della concorrenzainternazionale; questi settori incidevanospesso in misura consistente sull’econo-mia dei paesi in esame; c) la norma me-dia collegata al piano interprofessionaledoveva contribuire ad eliminare le azien-de obsolete, incapaci di assumersi il co-sto della ristrutturazione, incoraggiandocosì le imprese a razionalizzare moltopresto produzione e gestione; d) dove-va facilitare la mobilità del lavoro: infat-ti in un sistema salariale con scarse di-sparità settoriali ed aziendali, la perditadei vantaggi acquisiti è minore per undipendente che cambia impresa; la mo-bilità geografica e settoriale era una del-le chiavi di volta della piena occupazio-ne.

Non va certo fornita un’immagine sem-plicistica della negoziazione collettiva neipaesi nordici; essa si svolge a 4 livelli:aziendale, settoriale, interprofessionale -che raggruppa più settori (ad esempiosettore privato, settore pubblico) - edinterprofessionale nazionale. La specifi-cità dei modelli nordici è data dalla vo-lontà di inquadrare la negoziazione sala-

“In cambio dell’accettazio-ne dello sviluppo tecnolo-gico, della razionalizza-zione aziendale, dellamobilità sul mercato dellavoro e della moderazio-ne salariale, (...), il pro-getto riformatore dellasocialdemocrazia (...)proponeva la pienaoccupazione, la solidarie-tà salariale e i vantaggidello Stato assistenziale.”

“Oltre alla dimensionepolitica, i modelli nordicie il contratto sociale allaloro base devono la loroorigine all’esistenza sindall’inizio del secolo disindacati e associazionipadronali centralizzati epotenti.”

“(...) una delle caratteri-stiche spesso dimenticatenell’analisi dei sindacatinordici è data dalla lorocapacità di coniugare, conun successo relativo,accentramento e decentra-mento nel processo deci-sionale interno.”

“I tassi di sindacalizza-zione sono unici al mondo:attualmente più dell’85%in Islanda, l’85% in Finlan-dia, l’81% in Svezia e il57% in Norvegia.”

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riale suscettibile di svolgersi ai piani in-feriori con una negoziazione centraleinterprofessionale che definisce su basestabile il quadro degli aumenti.

Se il sistema centralizzato di negoziazionecollettiva ha funzionato relativamentebene negli anni ’60 e ’70, esso ha regi-strato numerosi problemi nei due decen-ni successivi a seguito di pressionidecentralizzanti di varia natura.

5. Le relazioni professionali dei paesinordici sono paradossalmente oggetto diuna forte autonomia delle parti sociali edi un intervento molto marcato dello Sta-to.

Gli attori sociali si sono strutturati auto-nomamente proprio per evitare l’ingeren-za dello Stato, che però si è dimostratarelativamente importante nei 4 paesi nelsistema di negoziazione salariale, in quan-to il suo scopo era generalmente quellodi rendere accettabili delle politiche diausterità salariale nell’ambito di uno scam-bio politico più ampio che solo lo Statopoteva manovrare (ristorni sociali, corre-zioni alla politica fiscale, miglioramentodella politica abitativa, garanzia delcontenimento dei prezzi, politiche a fa-vore dell’occupazione, ecc.). Tali politi-che d’austerità avevano quale base poli-tica ed economica il duplice scopo di sal-vaguardare la piena occupazione e di as-sicurare la competitività dell’economia.

Di conseguenza l’intervento dello Stato èstato più frequente nei paesi con i movi-menti sindacali meno unitari, come laNorvegia - dove i sindacati dei collettibianchi sono più frammentati e la densitàsindacale è inferiore - o la Finlandia doveil movimento sindacale era più diviso inbase a criteri politici. Inoltre in Norvegial’importanza assunta nella fase di indu-strializzazione dagli investimenti stranie-ri, soprattutto nei settori dell’esportazio-ne (armatori, settore forestale, prodottisemilavorati, chimica), spiega il ruolo ini-zialmente più interventista dello Stato inmateria economica, industriale e sociale.E’ in questi due Stati che sono state ap-plicate più spesso autentiche politiche deiredditi. In Svezia, dove la capacità diautonomia delle parti sociali nella gestio-ne economica era più forte, l’ingerenzagovernativa si è manifestata soprattuttonegli anni ’80 in seguito ad una fram-

mentazione degli interessi dei lavoratoridipendenti e per controbilanciare le cre-scenti pressioni dei datori di lavoro a fa-vore del decentramento della negozia-zione. Il padronato svedese aveva ritenu-to che l’ondata legalista degli anni ’70dovuta all’eccessivo potere esercitato daisindacati sul governo socialdemocraticoavesse segnato la fine dell’autonomia delleparti sociali, giustificando una modifica-zione della propria strategia.

6. Che ruolo hanno svolto i fattori eco-nomici nell’attuazione dei modelli nordi-ci? Si nota che le condizioni economicheiniziali e i ritmi di sviluppo industrialesono stati molto diversi. Mentre la Sveziasi è contraddistinta ben presto per un’eco-nomia aperta, orientata verso l’esporta-zione, che per restare competitiva ha cre-ato un modello basato sulla moderazionesalariale, la mobilità del lavoro e l’accet-tazione del mutamento tecnologico, ne-gli altri tre paesi si è avuto un contestodifferente. In Norvegia, Finlandia eIslanda sono stati soprattutto i settoridell’economia nazionale protetta che han-no facilitato l’attuazione di compromessinazionali.

7. Una lettura storica della creazione edel funzionamento del sistema di relazio-ni professionali di ciascuno dei 4 paesifino agli anni ’70 porta ad avvicinare ilcaso svedese e quello norvegese da unlato e a trattare la Finlandia e l’Islandacome casi a parte. Ma nel corso degli annile convergenze tra i 4 paesi sono divenu-te sempre più numerose.

La Finlandia rappresenta un caso speci-fico in considerazione di una industria-lizzazione più tardiva, di un contesto dilotta di classe fino al dopoguerra, di sin-dacati più divisi, di una situazione politi-ca più complessa, di un partito socialde-mocratico disunito, di un padronato strut-turatosi più tardi e dell’instaurazione ri-tardata di pratiche di negoziazione col-lettiva. La specificità iniziale della Finlan-dia viene spiegata soprattutto da fattorilegati alla lotta di classe ed al contestopolitico. Tuttavia, dopo la seconda guer-ra mondiale, la Finlandia si è progressi-vamente allineata sul sistema svedese enorvegese grazie al cambiamento delcomportamento padronale a favore di unsistema centralizzato di negoziazione, allariunificazione sindacale del 1969 e al cal-marsi delle tensioni nella sinistra.

“La specificità dei modellinordici è data dalla

volontà di inquadrare lanegoziazione salariale

suscettibile di svolgersi aipiani inferiori con unanegoziazione centrale

interprofessionale chedefinisce su base stabile il

quadro degli aumenti.”

“Se il sistema centralizza-to di negoziazione colletti-va ha funzionato relativa-mente bene negli anni ’60 e’70, ha registrato numero-si problemi nei due decen-ni successivi a seguito di

pressioni decentralizzantidi varia natura.”

“Le relazioni professionalidei paesi nordici sono

paradossalmente oggettodi una forte autonomia

delle parti sociali e di unintervento molto marcato

dello Stato.”

“(...) l’intervento delloStato è stato più frequente

nei paesi con i movimentisindacali meno unitari,

come la Norvegia (...) o laFinlandia (...)”

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Quanto all’Islanda, il suo sistema di re-lazioni sociali è stato anch’esso caratte-rizzato inizialmente da una minor social-democrazia e da un minor sviluppo delwelfare state, ma soprattutto da relazionipiù informali dovute alle dimensioni ri-dotte delle aziende. Tuttavia anche l’Islan-da si è allineata sempre più con gli altripaesi nordici, portando ai famosi pattisociali nazionali del 1989 e 1990 che perla prima volta sono riusciti a stabilizzareun’economia intrinsecamente instabiledata la natura stessa del settore della pe-sca.

La crescente convergenza tra sistemi nor-dici di relazioni professionali risulta cer-tamente da una relativa omogeneità difattori istituzionali, culturali, politici, ca-ratteristici del mercato del lavoro, dall’in-tensa cooperazione tra governi e attoripolitici e sociali nei paesi, ma anche da-gli effetti di mimetismo in vasta misuralegati all’esperienza della cooperazione trai paesi nordici, istituzionalizzata nell’am-bito del Consiglio nordico dal 1952.

II Modelli in crisi?

1. L’impatto dell’internazionalizza-zione delle economie

Comparati con gli altri paesi dell’OCSE, itratti comuni alle economie dei 4 paesinordici sono: innanzitutto una situazionedi grande contrasto tra, da un lato, settorilegati all’esportazione competitivi e sog-getti alla concorrenza internazionale e,dall’altro, un enorme settore pubblico esettori economici protetti (agricoltura,edilizia, trasporti, servizi privati e alcunisettori industriali), i quali beneficiano dinotevolissimi vantaggi sociali e salariali.In effetti, i paesi nordici si caratterizzanoper economie aperte orientate versol’esportazione in cui le materie prime (pe-trolio e gas in Norvegia), il settoreforestale (Finlandia), la pesca (Islanda)svolgono ancora un ruolo essenziale,mentre la Svezia si differenzia per la mag-gior importanza dell’industria di prodottilavorati. In Finlandia la fine degli accordidi clearing con l’ex URSS nel 1990 haportato un grave colpo alle tradizionaliindustrie esportatrici dei settori metallur-gico e tessile. Norvegia, Finlandia e Islan-

da sono particolarmente vulnerabili al-l’evoluzione del prezzo delle materie pri-me o all’aleatorietà della pesca. Dalla metàdegli anni ’60 il settore pubblico è au-mentato incessantemente nei 4 paesi, so-prattutto in Svezia e in Norvegia, e menoin Islanda e in Finlandia.

Tutti e 4 i paesi hanno attraversato ungrave periodo di recessione tra la fine de-gli anni ’80 e i primi anni ’90. Il fattorepiù allarmante in questa fase di internazio-nalizzazione delle economie nordiche èdato dall’aumento senza precedenti deltasso di disoccupazione: 19,9% in Finlan-dia, 10,4% in Svezia, 5,6% in Norvegia(1994: statistiche del Consiglio nordico).In Islanda tale tasso è pari al 3,1%, matende ad aumentare ed è importante ri-cordare che le fluttuazioni dell’occupazio-ne sono molto forti in inverno in due set-tori chiave, la pesca e l’edilizia. In consi-derazione dei fattori climatici, della su-perficie dei territori e dell’isolamentogeografico,i paesi nordici presentano di-sparità regionali molto nette in terminidi disoccupazione, con tassi record nelleregioni decentrate.

Di fronte a tale situazione sono state adot-tate politiche d’austerità senza preceden-ti e politiche dei redditi basate su com-promessi nazionali spettacolari. I compro-messi facevano ricorso con nuova inten-sità alla solidarietà nazionale, come giàsperimentato in passato. Allo stesso tem-po il governo ha varato una serie di mi-sure d’urgenza per incoraggiare l’occu-pazione,in particolare dei disoccupati dilunga durata e dei giovani.

Già negli anni ’80, ma soprattutto nei pri-mi anni ’90, i quattro paesi hanno intro-dotto una politica di liberalizzazione deimercati e delle istituzioni finanziarie e,ad eccezione dell’Islanda, hanno allinea-to le proprie monete all’ECU. La loro au-tonomia finanziaria è diminuita, renden-do superate le successive pratiche di sva-lutazione, valvole di sicurezza a cui i go-verni dei paesi nordici avevano tradizio-nalmente fatto ricorso. Tuttavia, le crisifinanziarie della fine del 1992 hanno spin-to tre paesi (Norvegia, Svezia e Finlan-dia) a svalutare o lasciar oscillare libera-mente le loro monete. In linea generale igoverni di destra, ma anche quelli social-democratici, hanno adottato nell’ultimodecennio politiche economiche nettamen-

“Una lettura storica dellacreazione e del funziona-mento del sistema direlazioni professionali dei4 paesi fino agli anni ’70porta ad avvicinare ilcaso svedese e quellonorvegese da un lato e atrattare la Finlandia el’Islanda come casi aparte. Ma nel corso deglianni le convergenze tra i 4paesi sono divenutesempre più numerose.”

“La convergenza (...)risulta certamente da unarelativa omogeneità difattori istituzionali,culturali, politici, caratte-ristici del mercato dellavoro, dell’intensa coope-razione tra governi eattori politici e sociali neipaesi, ma anche daglieffetti di mimetismo invasta misura legatiall’esperienza dellacooperazione (...) istitu-zionalizzata (...) dal1952.”

“Dalla metà degli anni ’60il settore pubblico èaumentato incessantemen-te nei 4 paesi, soprattuttoin Svezia e in Norvegia, emeno in Islanda e inFinlandia.”

“Tutti e 4 i paesi hannoattraversato un graveperiodo di recessione trala fine degli anni ’80 e iprimi anni ’90.”

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te più liberali, allo scopo di riattivare leforze di mercato e di accelerare l’inseri-mento di queste economie nell’economiainternazionale e, in particolare, europea.

Nei quattro paesi il costo dello stato assi-stenziale è stato tenuto sotto controllo enumerose misure sono state varate per“destatalizzare” parte dei servizi sociali,per migliorare la competitività del settorepubblico (Stato e comuni), diminuire ilpersonale e ridurre l’importo delle pre-stazioni e delle indennità sociali (riduzio-ne delle prestazioni sanitarie, del nume-ro di giorni di ferie, delle indennità didisoccupazione, innalzamento dell’etàpensionabile, ecc.). Riforme in tal sensosono state adottate nei confronti del-l’Agenzia per l’occupazione in Svezia ein Finlandia. Dall’inizio degli anni ’90 sonoin atto importanti riduzioni di bilancio,principalmente in questi due ultimi pae-si.

Oltre alla perdita d’autonomia monetariee all’esigenza di una migliore compe-titività, l’internazionalizzazione delle eco-nomie nordiche ha posto un altro pro-blema: l’allargamento degli investimentiinternazionali dei grandi gruppi svedesi,ma anche norvegesi e finlandesi, rappre-senta una minaccia per la coesione deisistemi di produzione nazionali, in quan-to gli investimenti si effettuavano a lorodetrimento. In Svezia, ad esempio, la pro-duzione di imprese svedesi all’estero su-pera la produzione che esse stesse espor-tano.

2. Fine dell’egemonia socialdemocra-tica, alternanza politica e coalizionipolitiche a geometria variabile

Negli anni ’80 e ’90 la posizione domi-nante dei socialdemocratici nel sistemapolitico è nettamente diminuita soprattuttoin Svezia e in Norvegia e in misura mino-re in Islanda e in Finlandia. Dappertuttosono emersi partiti di destra e di centro esi sono successi governi di coalizione ageometria variabile. Norvegia e Sveziahanno un governo socialdemocratico diminoranza, rispettivamente dalla fine del1990 e dalla fine del 1994. Dal 1991 unacoalizione tra socialdemocratici e destraè al potere in Islanda e una coalizione dicentro-destra in Finlandia. I partiti social-democratici sono cambiati sotto la pres-sione di correnti di pensiero liberale. Va

ricordato che di fronte alla tradizionaledicotomia destra-sinistra, si è assistito allacomparsa di nuove tendenze politiche(verdi): la scena politica è più varia e piùsfumata.

3. Quali sono le possibilità di soprav-vivenza della negoziazione centraliz-zata?

Negli anni ’80 e’90 la negoziazione col-lettiva fu contraddistinta da una crescen-te ingerenza dello Stato, che già interve-niva considerevolmente in Finlandia e inNorvegia. Ma la fine dell’autonomia delleparti sociali a favore dell’ingerenza go-vernativa fu particolarmente marcata inSvezia.

Quali sono state le ragioni comuni delcrescente intervento governativo in ma-teria salariale? La maggiore concorrenzatra sindacati dei colletti bianchi, del set-tore pubblico e degli operai (LO), le fortitensioni tra settori soggetti ad un’aspraconcorrenza economica e settori menoesposti hanno portato ad un’inflazionedegli aumenti salariali, a una frammen-tazione della negoziazione centralizzata,allo scivolamento dei salari e ad un ac-centuarsi della conflittualità. Di fronte aduna crescente internazionalizzazione, ilgoverno, allo scopo di trasferire maggio-ri risorse salariali verso i profitti e di per-venire ad un equilibrio economico, cercòdi porre argine alla dissoluzione dellanegoziazione centralizzata a favore dipolitiche dei redditi di vario tipo, in par-ticolare “politiche dei redditi negoziati” eintervento frequente di mediatori o arbi-tri.

Stretta nella morsa di forze centralizzatricida un lato e decentralizzanti dall’altro, checosa sarà della negoziazione centralizza-ta tipica dei quattro paesi nordici? Pattisociali d’emergenza e di salvaguardia na-zionale (come quelli della fine degli anni’80 - primi anni ’90) per far fronte a situa-zioni di acuta crisi economica funziona-no solo se costituiscono un’eccezione;l’esperienza dimostra che non è possibileinvocare ripetutamente la gravità dellarecessione. Nella misura in cui lo Stato èsempre meno in grado di offrire contro-partite sociali all’austerità, in cui i datoridi lavoro non trovano più i vantaggi diun tempo nella negoziazione centralizza-ta (vista l’impossibilità di evitare lo

“In considerazione deifattori climatici, della

superficie dei territori edell’isolamento geogra-fico,i paesi nordici pre-

sentano disparità regiona-li molto nette in termini didisoccupazione, con tassi

record nelle regionidecentrate.”

“Nei quattro paesi il costodello stato assistenziale èstato tenuto sotto control-

lo durante il medesimoperiodo (inizi degli anni

’90) e numerose misuresono state varate (...)” per

ridurlo.

“Negli anni ’80 e ’90 laposizione dominante dei

socialdemocratici nelsistema politico è netta-mente diminuita soprat-

tutto in Svezia e in Norve-gia e in misura minore in

Islanda e in Finlandia.”

“Negli anni ’80 e’90 lanegoziazione collettiva fu

contraddistinta da unacrescente ingerenza dello

Stato.”

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slittamento dei salari e dato il desideriodi diversificare e flessibilizzare le politi-che salariali), in cui gli interessi dei lavo-ratori dipendenti sono sempre più fram-mentati, la sopravvivenza duratura deicompromessi nazionali sotto l’egida del-lo Stato appare messa in pericolo. I go-verni si rendono conto di tali difficoltà ein Finlandia e Svezia si nota il loro desi-derio di dissociare sempre più la sferadelle relazioni professionali - e quindi lanegoziazione collettiva - da quella dellagestione dello Stato assistenziale. In Sve-zia, dove il rischio di collasso del model-lo nordico è più elevato, i socialdemo-cratici continuano a difendere un sistemacentralizzato di negoziazione che peròlasci più spazio alle forze di mercato eponga freno ad alcune mancanze dellasolidarietà salariale.

Il rimodellamento del sistema di negozia-zione mira a stabilire nuovi equilibri tragrado di coordinamento auspicabile traaccordi settoriali e articolazione tra ac-cordi settoriali ed aziendali per ciascuncomparto (che tolleranza in materia dislittamento salariale?).

In tale ambito le evoluzioni e le tenden-ze di cartellizzazione (il fenomeno inbase al quale più federazioni sindacali siraggruppano in cartelli per condurre lenegoziazioni in un dato settore, come, adesempio, quello pubblico), che a volteimplicano il raggruppamento e la centra-l izzazione di vari attori , a volte laframmentazione della negoziazione tenutoconto della moltiplicazione dei cartelli,svolgeranno un ruolo strategico chiave.

La negoziazione collettiva nei paesi nor-dici affronta attualmente il seguente di-lemma: da un lato, l’importanza dei livel-li di negoziazione dipenderà sempre piùdal modo in cui gli attori sindacali epadronali si riorganizzeranno per forma-re nuove unità di negoziazione (cartelli)che giudicheranno più pertinenti e con-formi ai loro interessi, dall’altro le modi-fiche, che mirano a correggere alcuni deidifetti dei modelli nordici (schiacciamentodella gerarchia salariale che retribuisce inmaniera insufficiente la qualificazione,operai qualificati poco retribuiti rispettoad impiegati non qualificati, ...) e cheannunciano un maggiore decentramento,devono essere attuati in modo da nonmettere in pericolo gli equilibri economi-ci globali.

4. Sindacati e padronati: trasformazio-ne di strutture, programmi e strategie

Gli anni ’80 e ’90 sono stati caratterizzatida ristrutturazioni interne sia dei sinda-cati sia delle associazioni dei datori dilavoro. Dal lato sindacale, esse sonodivenute necessarie a causa delle esigen-ze di trasformazione del sistema dinegoziazione collettiva e delle crescentitensioni tra confederazioni operaie tradi-zionali e confederazioni dei colletti bian-chi. Ricordiamo che la topografia sinda-cale è piuttosto semplice e simile nei varipaesi nordici; di norma vi sono tre tipid’attori: una confederazione di operai, unadi impiegati-tecnici, una di lavoratori di-pendenti in possesso di un diploma ac-cademico o equipollente. Ognuna delleconfederazioni copre sia il settore pub-blico sia il settore privato.

In conseguenza della crescita degli iscrit-ti negli ultimi 20 anni, le confederazionidei colletti bianchi (le ultime due sopracitate) hanno mostrato la tendenza a rag-giungere e superare le confederazionioperaie tradizionali, diminuendone il ruo-lo un tempo preponderante. Inoltre nelleconfederazioni operaie il settore pubbli-co è divenuto dominante, il che ha pro-vocato importanti divisioni interne. La LOnorvegese ha formulato le riflessioni piùspinte in materia di ristrutturazione in vi-sta del congresso del 1993. Si tratta discegliere se nel rimodellamento si vuoleprivilegiare la dimensione del settore d’at-tività, quella del posto di lavoro occupa-to, quella del comparto (privato/pubbli-co). Già nel 1988 era avvenuta una fusio-ne tra 5 federazioni industriali del priva-to per controbilanciare il peso delle fe-derazioni del settore pubblico e dei ser-vizi. Proposte di fusione sono anche sta-te avanzate durante il congresso della LOsvedese nel 1991.

Malgrado queste tensioni la LO (collettiblu) e la TCO in Svezia hanno moltiplica-to, in maniera esemplare per gli altri pa-esi nordici, gli scambi e le alleanze nel-l’ambito di una cooperazione conflittua-le.

Dal lato dei datori di lavoro, negli anni’80 e ’90 vi sono state ristrutturazioniinterne, soprattutto nel settore privato.Sono stati realizzati dei raggruppamenti

“Di fronte ad una crescen-te internazionalizzazione,il governo, (...) cercò diporre argine alla dissolu-zione della negoziazionecentralizzata (...)”

“(...) in Finlandia e Sveziasi nota il loro desiderio didissociare sempre più lasfera delle relazioniprofessionali - e quindi lanegoziazione collettiva -da quella della gestionedello Stato assistenziale.”

“(...) le evoluzioni e letendenze di cartellizza-zione (...) che a volteimplicano il raggruppa-mento e la centralizza-zione di vari attori, avolte la frammentazionedella negoziazione tenutoconto della moltiplicazio-ne dei cartelli, svolgeran-no un ruolo strategicochiave.”

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tra associazioni a vocazione sociale equelle di tipo economico, in particolarein Finlandia e Svezia a livello nazionalee in Norvegia in alcuni settori. L’obietti-vo è quello di rendere più efficace e menocostosa l’attività e di giungere ad una di-fesa comune degli interessi sul piano eu-ropeo. Inoltre, a somiglianza dei sinda-cati, sono in corso fusioni tra piccole con-federazioni dei datori di lavoro. Le gran-di federazioni, come quella metallurgica,ristrutturano internamente i ruoli per ade-guarsi al progressivo decentramento del-la negoziazione collettiva: di fronte ai suoiiscritti, la federazione svolgerà sempre piùun ruolo di consulente piuttosto che didiretto negoziatore.

Nei 4 paesi, le tensioni nei rapporti sin-dacati-datori di lavoro negli anni ’80 enei primi anni ’90 hanno comportato im-portanti mutamenti delle strategie padro-nali riguardanti il decentramento dellanegoziazione, la flessibilizzazione dei rap-porti di lavoro - soprattutto dei dipendentie dell’organizzazione del lavoro -, unalegislazione sociale meno rigida e la par-ziale messa in discussione dello stato as-sistenziale. L’offensiva liberale è stata piùevidente e più politica in Svezia. Iniziatada oltre 10 anni, essa ha raggiunto il suoculmine con il ritiro della SAF dagli orga-ni tripartiti nel 1992.

Alcune caratteristiche dei conflitti mani-festatisi nell’ultimo decennio nei 4 paesi:la general izzazione del s is tema dinegoziazione centralizzata a tutte le con-federazioni sindacali ha dato luogo a unfenomeno di confronto tra gruppi e car-telli, che si è tradotto in una moltiplica-zione dei conflitti; è aumentata la pro-pensione agli scioperi da parte degli im-piegati del settore pubblico, soprattuttodelle donne, ed è aumentata la loro mili-tanza; i motivi alla base degli scioperi ri-mangono principalmente di carattere sa-lariale; nei paesi nordici si nota un nu-mero elevato di brevi scioperi a livelloaziendale, per lo più in seguito a misuredi riorganizzazione.

Rispetto agli anni ’70, negli anni ’80 i pro-grammi sindacali non hanno mostrato négrandi novità né originalità. Ricordiamoche le proposte sindacali avevano permes-so negli anni ’70 di compiere dei progressienormi sul piano della legislazione socia-le, principalmente per quanto riguarda:

sicurezza e condizioni di lavoro, prote-zione dell’occupazione, democrazia indu-striale, pari opportunità e non discrimi-nazione uomo-donna. Da 10 anni i pro-gressi giuridici (o degli accordi di base)sono stati più modesti.

Rispetto agli altri movimenti sindacali, ciòche colpisce nei programmi dei sindacatinordici è la grande importanza attribuitaa questioni sociali quali la politica am-bientale e la protezione dei consumatorio le proposte concrete di riforma dellostato assistenziale. Viene posta maggioreenfasi anche all’aspetto internazionale:oltre ad esprimere i timori legati alle con-seguenze dell’integrazione europea, siafferma la volontà di una crescenteeuropeizzazione ed internazionalizza-zione dei movimenti sindacali. La coope-razione nordica tra confederazioni haconosciuto un aumento dell’interesse perl’informazione-consultazione dei lavora-tori dipendenti che ha portato all’istitu-zione di comitati di gruppi scandinavi.

Va sottolineata la preoccupazione perma-nente dei sindacati nordici di sostenerepolitiche economiche che garantiscano lapiena occupazione. Con l’incremento deitassi di disoccupazione, divenuti inquie-tanti dai primi anni ’90, la questionedell’occupazione è di nuovo al centrodelle priorità sindacali. Se è chiaro che isindacati comprendono la necessità di unamaggiore flessibilità dell’organizzazionedell’orario di lavoro nelle aziende, essinon sono affatto convinti che la riduzio-ne dell’orario di lavoro (o la divisione dellavoro) costituisca una soluzione controla disoccupazione. Seppure tale riduzio-ne appare loro legittima in quanto miglio-ra la qualità della vita sul posto di lavoroe al di fuori di esso, essi non vi indivi-duano una panacea per i problemi occu-pazionali, come avviene nella maggiorparte degli altri sindacati dell’Ue. Essi ri-tengono che una politica attiva del mer-cato del lavoro contribuisca a mantenerela qualità della manodopera e a loro giu-dizio sono soprattutto le politiche econo-miche che devono garantire un alto livel-lo di occupazione.

La formazione ha costituito sin dalle ori-gini del movimento sindacale un puntofermo delle sue rivendicazioni. Il famosomodello svedese degli anni ’50, uno deicui pilastri mirava ad incoraggiare il pro-

“Dal lato sindacale (...)” leristrutturazioni interne”sono divenute necessariea causa delle esigenze ditrasformazione del siste-

ma di negoziazionecollettiva e delle crescentitensioni tra confederazio-

ni operaie tradizionali econfederazioni dei colletti

bianchi.”

“(...) già nel 1988 eraavvenuta una fusione tra5 federazioni industrialidel privato per controbi-

lanciare il peso dellefederazioni del settorepubblico e dei servizi.”

“Sono stati realizzati deiraggruppamenti tra

associazioni a vocazionesociale e quelle di tipo

economico (...) in alcunisettori. L’obiettivo è quello

di rendere più efficace emeno costosa l’attività e di

giungere ad una difesacomune degli interessi sul

piano europeo.”

“(...) importanti mutamen-ti delle strategie padro-

nali” riguardavano “ildecentramento della

negoziazione, la flessi-bilizzazione dei rapporti

di lavoro - soprattutto deidipendenti e dell’organiz-zazione del lavoro -, una

legislazione sociale menorigida e la parziale messain discussione dello stato

assistenziale.”

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cesso di ristrutturazione dell’apparato pro-duttivo, si basava su una politica attivatesa ad attenuare le conseguenze negati-ve della razionalizzazione sull’occupazio-ne; pertanto è stato sviluppato un siste-ma molto denso di formazione-ricon-versione rivolto ai disoccupati, ma anchein favore dei lavoratori a rischio. L’obiet-tivo era di aumentare il ruolo strategicodella formazione-riconversione, più bene-fico sul piano economico individuale, alloscopo di diminuire quello delle spese“passive” (indennità di disoccupazione,...) o compensative (lavori di pubblica uti-lità). Queste politiche di formazione sonoil frutto della stretta cooperazione tra sin-dacati e partito socialdemocratico. I sin-dacati, che sono alla base di tale elabora-zione e sviluppo, assumono maggiori re-sponsabilità sul piano nazionale, regio-nale e locale nella loro messa in pratica egestione attraverso l’Ufficio del mercatodel lavoro.

5. Legami meno stretti tra partiti poli-tici e sindacati

Come si sono evoluti negli ultimi anni irapporti tra sindacati e partiti socialde-mocratici? Sono un po’ più distesi nelsenso di una ricerca di crescente autono-mia da entrambe le parti. Di norma, ipartiti socialdemocratici hanno cercato distaccarsi dalla loro costola sindacale (LOin Svezia e Norvegia, SAK in Finlandia eFTI in Islanda) per vari motivi: poter svi-luppare più liberamente alleanze con par-titi centristi e altre organizzazioni sinda-cali; sotto la spinta di una corrente libe-rale interna, la socialdemocrazia intende-va condurre politiche che atribuivano unanuova priorità alle forze di mercato; ilpartito doveva rappresentare interessi benpiù ampi di quelli del loro partner sinda-cale tradizionale.

Dal punto di vista sindacale, numeroseinchieste hanno rivelato che una quotacrescente dell’elettorato di LO e SAK (Sve-zia, Norvegia, Finlandia) votava per par-titi non-socialisti e che la base desidera-va che il sindacato prendesse maggior-mente le distanze dal suo alleato natura-le. Ciò è simbolizzato dall’abbandono uf-ficiale del principio dell’”affiliazione col-lettiva” (del sindacato al partito) in Sve-zia e dal suo declino in Norvegia. Delresto, nella misura in cui la socialdemo-crazia al potere è meno in grado di offri-

re contropartite sul tavolo della politicaeconomica, fiscale e sociale, diminuiscel’interesse sindacale per uno stretto lega-me. Con la liberalizzazione e l’internazio-nalizzazione delle politiche economicheche riducono il margine di manovra del-lo stato e con l’aumento della disoccupa-zione i sindacati puntano ad acquistareuna maggiore autonomia.

6. Fine delle politiche di piena occu-pazione?

Sebbene nei paesi nordici la disoccupa-zione sia ancora - ad eccezione del casofinlandese - inferiore rispetto alla mediadell’Ue (11% nel 1994), il suo aumentorapidissimo è ritenuto allarmante, tantopiù che le iniziative di riconversione, for-mazione e creazione di posti di lavorooccupano circa il 3-4% della popolazioneattiva che costituisce la cosiddetta occu-pazione “nascosta”.

Il basso tasso di disoccupazione tipico deisistemi nordici fino alla fine degli anni’80 era legato a numerosi fattori. Lacentralizzazione della negoziazione col-lettiva ha permesso di coordinare gli au-menti salariali, di evitare - a favore di unavisione globale - di concedere aumentisuperiori alle possibilità economiche e disfuggire alla spirale inflazionistica nega-tiva per l’occupazione. A differenza di altripaesi europei, una “politica attiva dell’oc-cupazione” ben congegnata, sia che si trat-ti di corsi di formazione (riconversioneprofessionale) sia di impieghi di pubbli-ca utilità, ha contribuito a prevenire ladisoccupazione o ad assicurare una rapi-da transizione dalla disoccupazione all’oc-cupazione. L’obiettivo dei governi nordi-ci era di investire più in misure attive diriconversione che in misure passive di in-dennizzo della disoccupazione. Tuttavia,mentre tradizionalmente le politiche atti-ve erano in grado di coinvolgere l’80%dei disoccupati, nel 1992 esse riguarda-vano soltanto il 50% dei disoccupati (inSvezia e in Norvegia), quota mai raggiuntadal 1950.

Fino al termine degli anni ’80 le politichemacroeconomiche hanno permesso piùche altrove di assorbire la disoccupazio-ne, da un lato attraverso l’espansione delsettore pubblico che compensava parzial-mente le perdite di posti di lavoro dovu-te alle ristrutturazioni industriali e dall’al-

“Rispetto agli altri movi-menti sindacali, ciò checolpisce nei programmidei sindacati nordici è lagrande importanzaattribuita a questionisociali quali la politicaambientale e la protezionedei consumatori o leproposte concrete diriforma dello stato assi-stenziale.”

“Va sottolineata la preoc-cupazione permanente deisindacati nordici disostenere politiche econo-miche che garantiscano lapiena occupazione.”

“La formazione ha costitu-ito sin dalle origini delmovimento sindacale unpunto fermo delle suerivendicazioni (...) L’obiet-tivo era di aumentare ilruolo strategico dellaformazione-riconversione,più benefico sul pianoeconomico individuale,allo scopo di diminuirequello delle spese “passi-ve” (indennità di disoccu-pazione, ...) o compen-sative (lavori di pubblicautilità).”

“(...) mentre tradizional-mente le politiche attiveerano in grado di coinvol-gere l’80% dei disoccupati,nel 1992 esse riguardava-no soltanto il 50% deidisoccupati (in Svezia e inNorvegia), quota mairaggiunta dal 1950.”

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tro attraverso il miglioramento dei termi-ni di scambio delle aziende grazie ad unapolitica di svalutazioni successive. Que-sti meccanismi economici tradizionali ven-gono attualmente posti in discussione daigoverni e dai datori di lavoro che non liritengono più validi nella nuova fased’internazionalizzazione economica edintegrazione nell’Ue. Ad esempio, in Sve-zia i sindacati LO e TCO nel 1992 hanno

accusato il governo di utilizzare delibe-ratamente la disoccupazione per soffoca-re l’aumento dei prezzi ed hanno chiestoun programma nazionale per la creazio-ne di posti di lavoro. E’ principalmentenella misura in cui la piena occupazionenon rappresenta più l’obiettivo principa-le delle politiche economiche e sociali chesi ha il diritto di interrogarsi sulla soprav-vivenza dei “modelli” nordici.

“(...) fino al termine deglianni ’80 le politiche

macroeconomiche hannopermesso più che altrove

di assorbire la disoccupa-zione (...)” i “(...) meccani-smi economici tradizionalivengono attualmente postiin discussione dai governie dai datori di lavoro chenon li ritengono più validi

nella nuova fase d’inter-nazionalizzazione econo-

mica ed integrazionenell’Ue.”

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EugeniaKazamakiOtterstenRicercatrice pressol’IUI (Istituto indu-striale di ricerca eco-nomica e sociale),Stoccolma

Il problema di aumentare le competenzedella forza lavoro è comune alla maggiorparte delle economie industriali maturee, paradossalmente, si è presentato men-tre un numero crescente di giovani rima-ne più a lungo nel mondo della scuola.L’istruzione supera persino l’incrementodei contenuti professionali in numerosiposti di lavoro.

Tuttavia il problema delle risorse umaneva al di là dell’innalzamento del livelloeducativo e delle competenze. La nuovasituazione del mercato del lavoro in Sve-zia comporta mutamenti nell’intero siste-ma della formazione. A scuola i singoliindividui devono imparare ad apprende-re sul posto di lavoro (Kazamaki Otter-sten, 1994). Pertanto la formazione secon-daria diviene sempre più importante. Gliindividui devono inoltre adeguarsi a fre-quenti cambiamenti sul posto di lavoro.Pertanto l’istruzione, la formazione e lariqualificazione diventeranno un investi-mento e un’esperienza permanente cheabbracciano un’intera carriera professio-nale. Un siffatto investimento continuonecessita di considerevoli incentivi pervenir realizzato efficacemente. Una pri-ma esigenza è costituita da una retribu-zione molto più alta alle persone formatebene. Anche le aziende sono divenutemolto più selettive rispetto al passato alivello delle assunzioni, cercando di indi-viduare le persone in grado di apprende-re e di riqualificarsi costantemente sottol’aspetto intellettuale sul posto di lavoro.Nella ricerca della “capacità di apprende-re” un primo segnale di qualità nel mer-cato del lavoro sarà rappresentato da unlivello superiore di formazione.

Riuscirà la Svezia a far fronte a questi mu-tamenti collegati ai problemi associati al-l’integrazione nell’Unione europea? La

Svezia è nota per le numerose istituzionioperanti sul mercato del lavoro e nellanuova situazione europea tali istituzionipossono sia facilitare sia ostacolare i ne-cessari adeguamenti del sistema d’istru-zione e formazione al mercato del lavo-ro. L’integrazione nell’Ue imprimerà un’ul-teriore pressione sul sistema svedese diformazione. Il problema è il seguente: ilsistema svedese è dotato degli strumentiadatti ed è abbastanza flessibile per con-sentire gli indispensabili mutamenti? Que-sto articolo esamina il sistema svedese diformazione, la sua integrazione con quellidell’Ue e affronta le aspettative per il fu-turo.

Background

Il sistema scolastico svedese prevede 9anni di scuola dell’obbligo e, successiva-mente, ulteriori anni d’istruzione superio-re facoltativa in cui viene fornita sia l’istru-zione generale tradizionale sia la forma-zione professionale. Nella maggior partedelle nazioni industrializzate è richiestoun minimo di istruzione formale, di nor-ma 9 anni. Alcuni paesi europei prevedo-no più anni di scuola dell’obbligo, adesempio 10 anni in Belgio, Finlandia,Francia e Germania, 11 anni nei PaesiBassi e 12 anni per alcuni indirizzi inBelgio e in Germania. A livello interna-zionale si registra una tendenza ad anti-cipare l’inizio gli studi e a proseguirli piùa lungo.

In Svezia, circa il 90% di coloro che ter-minano la scuola elementare accede allascuola secondaria. Dagli anni ’80 negliistituti secondari il numero delle personeche scelgono indirizzi orientati verso unosbocco universitario è diminuito rispettoa quello di coloro che scelgono indirizzi

Il sistema svedese dellaformazioneFuture aspettative dell’integra-zione“Una istruzione valida si premia da sé” (Ministero statunitense del lavoro 1991).

Per lungo tempo, da moltialtri paesi europei, la Sveziaè stata considerata come unmodello per: sistemi delmercato del lavoro, forzalavoro competitiva e forma-zione professionale. Il bas-sissimo tasso di disoccupa-zione è stato interpretatocome un successo della po-litica svedese in materia dimercato del lavoro. Tuttaviadi recente l’economia sve-dese ha registrato problemianaloghi a quelli di altri sta-ti europei, quali un’elevatadisoccupazione e un dete-rioramento della base dicompetenza della forza la-voro. Per essere più speci-fici le competenze forniteattraverso il sistemaeducativo e i programmi diformazione professionalenon sono stati sufficientiper soddisfare le esigenzedei datori di lavoro. Ciò è inparte dovuto al fatto chenello scorso decennio laproduzione industriale e ilmercato del lavoro sonomutati, mentre il sistemaeducativo non si è adegua-to a tali trasformazioni.Questo provoca problemi alivello di risorse umane nel-la transizione tecnologicadell’industria svedese. Ameno che non sia disponi-bile una forza lavoro quali-ficata, la transizione tecno-logica sarà lenta e difficileper la manodopera. In futu-ro, per essere “assumibili”sarà necessaria un’istruzio-ne e la formazione diverràun’esperienza permanente.

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professionali. Questo sviluppo corrispon-de a quello verificatosi in molti altri paesiad eccezione degli Stati Uniti e del Giap-pone. Inoltre la formazione viene fornitaa livello aziendale, attraverso politiche dimercato del lavoro nonché attraverso entipubblici e privati.

Ad un raffronto internazionale, rispettoalla media dell’OCSE la Svezia destinamediamente più risorse statali all’istruzio-ne (OCSE, 1992). La Svezia spende piùdella Francia, della Germania e del Re-gno Unito, ma meno della Danimarca,della Norvegia e della Finlandia. La mag-gior parte dell’istruzione formale è finan-ziata con fondi pubblici. La formazionesul posto di lavoro è ovviamente privata,ma molte aziende ricevono notevolifinanziamenti statali per avviare e incen-tivare la formazione on-the-job e le mi-sure volte a migliorare la competenza. Ilcosiddetto Fondo per la vita attiva ha for-nito alle imprese cospicui stanziamenti perrealizzare la formazione; da una valuta-zione in corso emergerà se tale sostegnoha avuto un effetto positivo (Lindh,Mellander, Kazamaki Ottersten, 1994).

Inoltre alcuni studi evidenziano che ne-gli anni ’80 la Svezia aveva un sistemad’istruzione elementare pubblica alquan-to costoso. Ad un raffronto internaziona-le, è stato dimostrato che il costo totaleper studente era del 23-28% superiore aquello dei vicini scandinavi.

Ma ciò garantisce anche una buona qua-lità? Poiché le scuole svedesi impieganoun maggior numero di insegnanti, ossiapresentano un maggior numero di docentiper numero di allievi rispetto ad altri pa-esi, ci si aspetterebbe un maggior rendi-mento. Non esiste alcuno studio che mo-stri se un maggior numero di docenti pernumero di studenti assicuri migliori risul-tati da parte degli allievi. Le comparazio-ni internazionali evidenziano che gli stu-denti svedesi presentano una buona ca-pacità di lettura e di conoscenza delle lin-gue straniere, ma risultano insufficientiper quanto riguarda lo scritto e scarsi inmatematica (Fägerlind, 1993). Gli studentisvedesi non presentano risultati d’elité.Non si tratta di una situazione ideale perun’economia sulla soglia di un’importan-te trasformazione tecnologica. Si rilevaperò che le giovani generazioni sonomeglio formate delle vecchie, come av-

viene nell’intera Ue. I paesi nordici, laGermania, l’Austria, l’Inghilterra e la Sviz-zera registrano nella forza lavoro unaquota molto elevata di persone in pos-sesso di un diploma secondario.

La formazione,esperienza permanente

La precedente organizzazione tayloristicadella produzione viene gradualmente so-stituita da modelli di lavoro ad alte pre-stazioni. Tale sviluppo è indotto da nuo-ve aziende ed industrie. Pertanto il muta-mento del mercato del lavoro e del lavo-ro stesso “implica che le prestazioni ine-renti all’istruzione e al mercato del lavo-ro dovranno venir curate in un unicocontesto” (Eliasson, 1994). Inoltre le scuo-le devono preparare le persone al merca-to del lavoro, un compito che viene pri-ma di ogni altro (Eliasson, 1992).

L’ulteriore formazione sul lavoro sta di-venendo tipica dei moderni posti di lavo-ro e soltanto i lavoratori con una baseformativa sufficiente vengono presi inconsiderazione per impieghi che richie-dono tale formazione. Le aziende diven-gono sempre più selettive a livello diassunzioni e gradualmente prendono pie-de nuovi criteri più severi. Alcuni risulta-ti empirici basati su interviste con impre-se evidenziano che le aziende avanzatecercano operai che siano almeno in pos-sesso di un diploma superiore (KazamakiOttersten, 1994). Inoltre spesso vengonoconsiderati requisiti minimi la capacità dicomunicare in svedese, in altre lingue ele conoscenze matematiche. Nell’elencodelle priorità dei datori di lavoro, i di-pendenti con “capacità di apprendi-mento”, con una considerevole capacitàdi risolvere problemi e in grado di lavo-rare in gruppo (competenza sociale) oc-cupano un posto di assoluto rilievo. Que-sto sviluppo significa anche che per es-sere preso in considerazione per un po-sto di lavoro persino a livello di operaioè richiesto almeno un diploma seconda-rio. In futuro per essere “assumibili” sarànecessario un certo grado d’istruzione.

In breve la formazione sta divenendo unaesperienza permanente. La formazione ela riqualificazione avvengono in diversefasi e luoghi durante la vita. L’integrazio-ne europea (a questo riguardo) aggiungeuna nuova dimensione alla formazione

“La nuova situazione delmercato del lavoro in

Svezia comporta muta-menti nell’intero sistema

della formazione.”

“In Svezia, circa il 90% dicoloro che terminano la

scuola elementare accedealla scuola secondaria.”

“Ad un raffronto interna-zionale, rispetto alla

media dell’OCSE la Sveziadestina mediamente più

risorse statali all’istruzio-ne (...)”

“(...) studi evidenzianoche negli anni ’80 la Svezia

aveva un sistema d’istru-zione elementare pubblica

alquanto costoso.”

“L’ulteriore formazionesul lavoro sta divenendo

tipica dei moderni posti dilavoro e soltanto i lavora-

tori con una baseformativa sufficiente

vengono presi in conside-razione per impieghi cherichiedono tale formazio-

ne.”

“(...) le aziende avanzatecercano operai che sianoalmeno in possesso di un

diploma superiore (...)”

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scolastica richiedendo maggiori conoscen-ze linguistiche e la capacità di collabora-re nelle aziende in gruppi di lavoro cul-turalmente misti e ampliando le conce-zioni e le prospettive sia dei singoli siadel sistema educativo. I lavoratori prove-nienti da paesi con un maggiore livelloeducativo e di competenze saranno piùrichiesti della restante forza lavoro. Tut-tavia la competenza (Eliasson, 1994) èqualcosa con cui il mercato del lavoroincontra delle difficoltà. I lavoratori alta-mente qualificati sono di norma sotto-remunerati rispetto al valore del contri-buto da loro fornito al datore di lavoro; ildiscorso contrario vale per i lavoratori nonqualificati (Eliasson, 1992). Ciò incidenegativamente sull’incentivazione ad ap-prendere sia a scuola sia sul posto di la-voro. Poiché lo sviluppo delle competen-ze è un processo cumulativo e visto chela scuola fornisce la base per continuaread imparare sul posto di lavoro, le aspet-tative di un modesto ritorno a lungo ter-mine sul posto di lavoro possono provo-care una cattiva partenza anticipata nellavita attiva. In un’Europa integrata ciò siripercuoterà negativamente sugli indivi-dui anche quando si tratterà della lorocapacità di inserimento e della flessibilitàall’adeguamento in un contesto interna-zionale.

Ma l’istruzione merita tut-to ciò?

La saggezza popolare suggerisce che lostudio vada premiato (Kazamaki Otter-sten, Mellander, Meyerson, Nilsson, 1994).Tuttavia in Svezia la ricompensa per lostudio è stata finora modesta rispetto aglistandard internazionali.

Sin dai primi lavori di Becker (1962),Mincer (1958, 1962, 1974) e Schultz (1960,1961) sono state esaminate attentamentesia le funzioni salariali sia le stime dellerisorse umane. Le equazioni salariali sonodivenute un classico dell’economia e sonostate spesso affrontate empiricamente.Numerose indagini sono state realizzateper valutare le carenze delle prime equa-zioni salarial i (Kazamaki Ottersten,Mellander, Meyerson, Nilsson, 1994).

In Svezia il premio salariale misurato qua-le aumento relativo conseguente ad unanno supplementare di formazione è pari

a circa il 3-4%. Tale premio è stato piut-tosto costante su questi livelli nel perio-do 1984-1991. Detto premio andrebbecomparato con la media OCSE, pari a cir-ca il 10-12%. Va tuttavia aggiunto che,malgrado il livello relativamente bassorispetto alla media internazionale, alcunilavoratori, fra cui gli ingegneri, hannousufruito di aumenti nei premi salariali.Tuttavia questi incrementi implicano sol-tanto che questa categoria sta finalmenteraggiungendo il livello medio dei premisvedesi (Mellander, 1994)!

Il basso premio salariale solleva il proble-ma di un’eventuale fuga di cervelli oriallocazione delle competenze nel conte-sto di un mercato più ampio offerto daun’Europa integrata. Probabilmente partedi questa fuga di cervelli è già avvenuta.Naturalmente le prime a fuggire sono lepersone con un elevato livello educativoe anche una perdita ridotta può provoca-re gravi effetti negativi sulla competitivitàdell’economia svedese (Braunerhjelm edEliasson, 1994). Con lo sviluppo dei mer-cati avanzati del lavoro si registrerà unaumento della domanda di migrazione daparte di persone altamente qualificate. Peraffrontare il tema della fuga di cervelli,tuttavia va rilevato quanto l’istruzione e lamigrazione siano sensibili alla variazionedei redditi (Lundborg, 1991). In questocaso vi potrebbero anche essere differen-ze specifiche per paese. In futuro il muta-mento nella sensibilità sarà parzialmentedovuto all’integrazione? Quali fattori inci-dono sulla migrazione delle persone piùqualificate? E’ necessario approfondirequesti temi.

Barriere istituzionali

La flessibilità del mercato del lavoro di-pende in larga misura dal livello d’istru-zione dei singoli e dagli enti in esso ope-ranti, molti dei quali, in particolare quellicollegati alla monopolizzazione sindaca-le dei mercati, ne hanno ridotto la flessi-bilità. Inoltre in Svezia le leggi e la prassisindacale inerenti al mercato del lavoropossono rallentare i processi di colloca-mento. Interviste con le aziende sottoli-neano che l’età media della manodoperanelle imprese manifatturiere svedesi èmolto elevata; tale situazione può in par-te essere dovuta alle leggi in materia dimercato del lavoro in vigore in Svezia. E’

“(...) in Svezia la ricom-pensa per lo studio è statafinora modesta rispettoagli standard internazio-nali.”

“Il basso premio salarialesolleva il problema diun’eventuale fuga dicervelli o riallocazionedelle competenze nelcontesto di un mercato piùampio offerto da un’Euro-pa integrata.”

“(...) molti (di questi entioperanti sul mercato dellavoro), in particolarequelli collegati alla mono-polizzazione sindacale deimercati, ne hanno ridottola flessibilità.”

“(...) l’età media dellamanodopera nelle impresemanifatturiere svedesi èmolto elevata; (...). E’evidente che l’istruzione èsuperiore tra la genera-zione più giovane, mentrela generazione più vec-chia trae vantaggio dalfatto di poter contare suuna maggiore esperienzanel mercato del lavoro.”

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evidente che l’istruzione è superiore trala generazione più giovane, mentre lagenerazione più vecchia trae vantaggiodal fatto di poter contare su una maggio-re esperienza nel mercato del lavoro.

La legge sull’occupazione con il suo prin-cipio “first-in last-out” per licenziare i di-pendenti inciderà negativamente sullaproduttività a lungo termine delle vecchieaziende, vale a dire le imprese che noncrescono operanti in un mercato in decli-no (Kazamaki Ottersten, 1993). Poiché peri dipendenti gli incentivi all’apprendi-mento muovendosi sia all’interno delleaziende sia tra aziende vengono ridotti,l’effetto negativo sulla produttività vieneulteriormente potenziato. Di conseguen-za le aziende possono investire menonelle risorse umane perchè hanno unaforza lavoro più anziana con una minoremotivazione a riqualificarsi. Sebbene lenuove generazioni siano meglio informa-te e meglio formate nelle nuove compe-tenze, i giovani incontreranno delle diffi-coltà nell’accedere al mercato del lavoro.Ancora una volta, questo effetto indirettonegativo sull’occupazione giovanile è ul-teriormente rafforzato se nei contrattinegoziati con i sindacati vengono fissatidei salari iniziali troppo elevati.

In un mondo integrato, molte di questebarriere istituzionali dovranno essere ri-mosse. Alcune possono scomparire gra-zie ad un controllo più efficace del mer-cato del lavoro. In una certa misura, unmercato del lavoro migl iore e piùderegolamentato (Eliasson, 1994) puòsvilupparsi in un’Europa integrata; in talcaso ne potrebbe derivare una miglioreistruzione secondaria e migliori incentiviad imparare. Tuttavia nell’Ue vi sono at-tualmente problemi a livello di barriereistituzionali e realtà del mercato del lavo-ro. E’ auspicabile perciò che in futuro siprofi l i una tendenza alla deregola-mentazione dei mercati europei del lavo-ro in modo da rendere l’Europa compe-titiva sul piano delle nuove sfide prove-nienti dall’Oriente e dall’Occidente.

Il sistema svedese di for-mazione nella prospettivaeuropea

Come organizzare la formazione? Chi devepagarla? Sono questioni che devono venir

prese in considerazione in un Sistema Eu-ropeo di Formazione. Cosa sarà permessoe quali saranno i limiti? Come si garantiràun valido sistema di formazione? Chi sene assumerà la responsabilità? Quanta istru-zione è richiesta? Abbiamo bisogno tuttidi un diploma superiore per poter esserepresi in considerazione per un posto dilavoro? Ci sarà un mercato del lavoro divi-so così come un’Europa divisa tra personecon un bassissimo ed altre con un altissi-mo livello di formazione che accedono adiversi mercati del lavoro?

I rapidi mutamenti che si registrano nelletecnologie industriali stanno lanciandouna sfida sia ai sistemi d’istruzione sia aimercati del lavoro dell’Europa (Eliassone Kazamaki Ottersten, 1994). L’integrazio-ne svedese è già iniziata. Probabilmenteè il mercato in cui l’integrazione svedesesta progredendo attraverso il programmaErasmus e l’interazione d’istruzione supe-riore e ricerca. Il sistema svedese di for-mazione ha la capacità di riuscire nell’in-tegrazione europea in quanto gli studentisvedesi dimostrano un grande interesseper gli studi all’estero. L’integrazioneamplia gli orizzonti e apre nuovi contestidi formazione.

Vanno ricordati alcuni ulteriori problemi:

❏ sembra che le aziende attribuiscanoparticolare valore alle capacità comuni-cative, verbali e matematiche. La mate-matica sta assumendo crescente importan-za a tutti i livelli, non da ultimo a quellodi operaio. Tuttavia, rispetto al passato,un numero minore di studenti studia ma-tematica e scienze naturali all’università.Sebbene si tratti di una tendenza interna-zionale diffusa tra le nazioni industrializ-zate mature, preconizza gravi problemiper il futuro. Le nuove modalità diassunzione spingeranno i l s is temaeducativo, se intende garantire agli stu-denti posti di lavoro futuri ben retribuiti,ad una riforma allo scopo di soddisfarequesta esigenza.

❏ un altro tema, che va approfondito edha già richiamato l’attenzione, è se l’inte-grazione porterà in alcuni paesi ad una fugadi cervelli mentre in altri assicurerà le ne-cessarie risorse umane. Le nazioni con unaforte politica ugualitaria saranno testimonidi un riesame politico. Questo problemaviene in parte affrontato nell’articolo di PerLundborg edito in questo numero.

“(...) le aziende possonoinvestire meno nelle

risorse umane perchèhanno una forza lavoro

più anziana con unaminore motivazione a

riqualificarsi.”

“Sebbene le nuove genera-zioni siano meglio infor-

mate e meglio formatenelle nuove competenze, i

giovani incontrerannodelle difficoltà nell’accede-

re al mercato del lavoro.”

“(...) nell’Ue vi sonoattualmente problemi a

livello di barriere istitu-zionali e realtà del merca-

to del lavoro.”

“La matematica sta assu-mendo crescente impor-

tanza a tutti i livelli, nonda ultimo a quello di

operaio. Tuttavia, rispettoal passato, un numero

minore di studenti studiamatematica e scienze

naturali all’università.”

“(...) non sempre gliaccordi multilaterali sono

facili da attuare, inparticolare se sono

stipulati a livello troppoelevato.”

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Il sistema di formazione professionale in Svezia

Qualificazione universitariadi base superiore

Studi universitari aggiuntivi

Titolo universitario

Qualificazione universitariadi base inferiore

Diploma preliminaredi qualificazione semiaccademica

Formazione continuapostsecondaria

Corsi di qualificazione o scuole/istituti serali

Istru

zion

e de

ll’obb

ligo

Livello elementare

Livello terziario

Livello primario

Livello secondario

1817

1615

1413

1211

109

87

65

43

❏ Nell’istruzione prescolastica vi sono diversi enti che si occupano della fascia di età compresa tra gli 0 e i 6/7 anni d’età: asili nido,asili, gruppi part-time e formazione prescolastica aperta.

❏ Dal 1991 i bambini hanno la possibilità, se i genitori lo desiderano e se il comune ha la capacità di fornire tale opportunità, diiniziare la scuola a 6 anni di età. Questa facoltà dovrebbe essere garantita in tutti i comuni dall’a.s. 1997/98.

❏ La scuola dell’obbligo viene frequentata a partire dai 6/7 anni d’età fino ai 16. Si tratta di una scuola di tipo generale in grado diaccogliere tutti gli appartenenti alla nuova generazione. Dall’introduzione, nel 1992, dei 9 anni di scuola, l’istruzione obbligatoriaè stata suddivisa in 3 livelli: inferiore, medio e superiore. Dall’a.s. 1995/96 verrà introdotto un nuovo curricolo nazionale valido dal1° al 7° anno di scuola, nell’a.s. 1996/97 un curricolo per l’8° anno e nell’a.s. 1997/98 un curricolo per il 9° anno.

❏ Nel nuovo sistema scolastico secondario superiore, che è stato introdotto nel 1992 e verrà realizzato integralmente all’iniziodell’anno accademico 1995/96, tutta la formazione è organizzata in programmi di studio della durata di tre anni. Si tratta di 16programmi determinati a livello nazionale, di cui 14 rivolti principalmente alla formazione professionale e 2 di preparazione aglistudi universitari. Tutti i programmi hanno comunque in comune le seguenti otto discipline: svedese, inglese, educazione civica,religione, matematica, scienze naturali, sport e salute, attività artistiche. In aggiunta gli studenti hanno alcune materie specifichenel loro programma.

❏ I diplomi professionali universitari vengono conferiti al termine di programmi di varia durata (2-2,5 anni). Tali diplomi si riferisco-no ad una professione specifica (ad es. diploma in medicina, in pedagogia per la scuola secondaria superiore, ecc.).

Grafico: Rudolf J. Schmitt, Berlino; produzione tecnica: Axel Hunstock, Berlino; consulenza su incarico del CEDEFOP: Pekka Kämäräinen

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❏ dobbiamo tener conto del fatto chenon sempre gli accordi multilaterali sonofacili da attuare, in particolare se sono sti-pulati a livello troppo elevato. Non è op-portuno aggiungere ulteriore burocraziaall’economia svedese. E’ necessaria, ai finidi una più facile integrazione, flessibilitànella implementazione pratica e nel modoin cui sono strutturati gli accordi multi-laterali. Appare auspicabile demandareparte delle decisioni ad un livello piùbasso.

In considerazione di questi problemi - checosa ci si può aspettare dall’integrazione?In una situazione ideale

1) ci si attende un più rapido adegua-mento del mercato della formazione airequisiti e agli obiettivi comuni, nonchéuna più ampia gamma di scelta. Inoltre siauspica la creazione di un fertile humusper la ricerca.

2) Con una maggiore concorrenza einterazione del mercato del lavoro sul pia-no europeo è previsto un innalzamentodello standard educativo, che dovrebbecontribuire ad aumentare il livello dellaformazione sia scolastica sia sul posto dilavoro. Questo effetto sarà condiviso datutta l’Europa. Probabilmente si registre-rà un incremento dei premi per l’istruzio-ne superiore.

3) La maggiore concorrenza accresceràinoltre la pressione sui prezzi, implican-do un innalzamento della qualità - ciò po-trebbe risultare importante soprattutto nelcaso svedese, caratterizzato da un costodell’istruzione relativamente elevato.

L’effetto globale sul sistema di formazionesvedese dovrebbe essere positivo, anchetenuto conto di quanto sopra descritto.

Conclusioni

L’integrazione europea renderà il sistemaeducativo più attivo, aprendo la strada aduna maggiore cooperazione nella ricercae ad interessanti aree di sviluppo. Per unavalida integrazione, il mercato nazionaledel lavoro e della formazione dovrà esse-re funzionale e flessibile. L’integrazioneinizia sempre a livello nazionale. Il pro-blema del successo del mercato del lavo-ro e della formazione non è esclusivo del-la Svezia. Tuttavia si ritiene che una per-fetta integrazione con l’Europa avrà molteripercussioni positive sul livello educativosvedese, ad esempio innalzandone sia lostandard sia il premio ricevuto in contro-partita. Va però rilevato che vi possonoessere alcune implicazioni negative quali,ad esempio, quella per cui l’integrazionepuò accrescere i problemi inerenti ad ac-cordi multilaterali ad alto livello.

“Per una valida integra-zione, il mercato naziona-

le del lavoro e dellaformazione dovrà essere

funzionale e flessibile.L’integrazione inizia

sempre a livello naziona-le.”

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Breve storia della forma-zione professionale

In Finlandia la formazione iniziale si èsviluppata sotto il controllo pubblico e èfornita principalmente in istituti statali; inaltre parole è soprattutto finanziata me-diante fondi pubblici e spetta alle pub-bliche autorità il compito di assicurarsiche i suoi obiettivi generali vengano at-tuati in tutto il paese. Nel sistema finnicobasato sulla scuola la formazione praticaè stata prevalentemente confinata negliistituti scolastici.

L’obiettivo consiste nel garantire pari op-portunità di istruzione a tutti a prescin-dere dalla loro residenza, condizione eco-nomica o lingua. In conformità ai princi-pi nordici di democrazia le pari opportu-nità educative per tutti hanno rappresen-tato un obiettivo primario già alla finedegli anni ’60. L’istruzione viene consi-derata la chiave per la competitività in-ternazionale e la prosperità nazionale.

La programmazione nazionale centraliz-zata della fine degli anni ’70 e degli anni’80 ha provocato un aumento dei postinella formazione iniziale. Nel periodo1970-1994 il numero dei posti di studio èraddoppiato, mentre, nello stesso lasso ditempo, la fascia dei giovani di età com-presa tra i 16 e i 18 anni è diminuita pas-sando da 85.000 a 65.000 unità. In Fin-landia le differenze tra le fasce d’età sonopiuttosto considerevoli per quanto riguar-da le qualifiche formali. Delle persone dietà compresa tra i 25 e i 29 anni, circal’80% ha ottenuto una qualifica professio-nale o un diploma universitario, mentrela corrispondente percentuale tra le per-sone di età compresa tra i 45 e i 49 anni èinferiore al 50%.

Vista in un contesto internazionale, la di-visione tra l’istruzione generale e profes-sionale a livello secondario superiore si

colloca nella media, analogamente a quel-la francese.

Verso la fine degli anni ’80 si è molto di-scusso sulla necessità di ridefinire gliobiettivi dell’istruzione; grande enfasivenne posta sull’esigenza di elementi in-dividuali e facoltativi come strumento pergarantire il successo in una situazione diaspra concorrenza economica. Tali puntiassursero a esigenze prioritarie accantoagli obiettivi chiave del decennio prece-dente, vale a dire l’uguaglianza, una va-sta istruzione generale e l’assimilazionedegli ideali umanistici.

La principale finalità di questa concezioneconsiste nel creare una scuola per tutti, incui i giovani possono abbinare studi di tipogenerale e professionale o scegliere unodei due tipi. Il livello della formazioneprofessionale post-secondaria sarà eleva-to attraverso un sistema di istituti di istru-zione professionale superiore sul modellodella “Fachhochschule” tedesca, in cui unaparte essenziale dell’attività è rappresen-tata dalla ricerca scientifica per approfon-dire la conoscenza del lavoro. I giovani siassicureranno l’accesso all’università attra-verso l’istruzione generale o un istitutod’istruzione professionale superiore. Ciò haproiettato la struttura educativa in uno statodi continua evoluzione. Tutti gli esperimen-ti ispirati a tale concezione si baserannosull’attuale curricolo.

Recenti mutamenti

Nell’Europa in trasformazione della finedegli anni ’80, la Finlandia ha risentito diforti pressioni concorrenziali dall’esterno.Nel campo dell’istruzione, l’esigenza diinnalzare il livello educativo generale del-l’intera nazione era divenuta più urgenteche mai. Ciò era dovuto soprattutto al pro-cesso d’integrazione europea e ai muta-menti nell’economia, al rapido sviluppotecnologico, nonché a fattori demografici.

Caratteristiche dellaformazione professio-nale in Finlandia

Matti KyröResponsabile del-l’unità Informazionee Coordinamentodelle ricerche e deidati quantitativi sul-l’istruzione del Co-

mitato centrale per lo svilup-po e la valutazione dell’istru-zione in Finlandia.

“La Finlandia si trova in unasituazione in cui l’istruzio-ne generale e la formazio-ne professionale vengonosviluppate separatamentein base ai principi della“scuola edificante” da unlato e della scuola per ilmercato del lavoro dall’al-tro, ma uno dei principi dibase è costituito da unascuola orientata verso ilmercato e i servizi. L’offer-ta di formazione per il mer-cato del lavoro destinataagli adulti si basa esclusiva-mente sulla domanda e sulmarketing (...).Di recente si sono profilatidue trend, l’espansione del-la formazione in apprendi-stato e l’introduzione di esa-mi professionali basati sul-le competenze sul modellodelle NVQ del Regno Unito.”

“(...) la divisione tral’istruzione generale eprofessionale a livellosecondario superiore sicolloca nella media,analogamente a quellafrancese.”

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In tale contesto vennero dibattuti con gran-de intensità sia i principi della formazionecontinua sia la riforma del sistemaeducativo in base a tali principi.

In Finlandia la formazione professionalebase si rivolge ai giovani. La formazioneper adulti, diversa dalla formazione delpersonale orientata verso il mercato dellavoro, ha iniziato a diffondersi soltantoverso la fine degli anni ’80. Per quanto ri-guarda la formazione dei giovani, si muo-ve dal presupposto che tutti partano più omeno dallo stesso livello. Per tale ragionesi è organizzata la formazione lungo co-siddette “linee di studio”, in cui le diffe-renze individuali vengono curate soltantoquando appaiono difficoltà di appren-dimento. A livello delle singole linee sonopressoché inesistenti le possibilità di scel-ta per quanto riguarda le materie.

Si prevede che l’offerta di lavoro diminui-sca ulteriormente. La manodopera esce dalmercato del lavoro optando per l’istruzio-ne o il prepensionamento. L’attuale crisiha stimolato la domanda d’istruzione; nelcampo della formazione dei giovani di età

compresa tra i 16 e i 19 anni, alcuni settoriche in precedenza incontravano difficoltàdi reclutamento hanno iniziato ad attirareun numero crescente di allievi.

Alla fine degli anni ’80 le fasce d’età cheaccedevano all’istruzione postobbligatoriaavevano raggiunto il minimo storico. L’at-tuale crescita moderata subirà un caloverso la metà degli anni ’90, quando pro-babilmente dovremo nuovamente far fron-te alla mancanza di manodopera qualifi-cata in alcune importanti industrie mani-fatturiere e di servizi. Le fluttuazioni chesi registrano nella fascia dei giovani inci-dono considerevolmente sulla program-mazione perchè le autorità statali hannol’obbligo di offrire un posto di studio atutti coloro che lasciano la scuola.

Obiettivi attuali

La politica educativa finlandese persegueun duplice obiettivo: da un lato mira arisolvere gli odierni problemi nell’econo-mia e nel mondo del lavoro e dall’altrointende creare un sistema educativo cheproduca forza lavoro qualificata e com-petente non solo oggi, ma anche alla finedi questo decennio.

La situazione nella politica educativa èulteriormente complicata dal fatto che ivalori dominanti nella società sono varie, in una certa misura, non chiari. I valorifissati nella legislazione finlandese inmateria d’istruzione sono stati definitinegli anni ’70 quando venne attribuitapriorità all’uguaglianza e, soprattutto, aldesiderio di aiutare i più deboli. Da allo-ra l’attenzione si è sempre più spostatasui singoli individui, in particolare suquelli di talento. E’ essenziale sollevareun dibattito su tali valori in considerazio-ne dei curricoli da elaborare per l’istru-zione primaria e secondaria.

La riforma scolastica attuata negli anni ’70era il risultato di compromessi e la for-mazione professionale e generale conti-nuavano a venir sviluppate separata-mente. La quantificazione e gli stanzia-menti per la formazione professionale sibasavano sul calcolo dell’esigenza di for-za lavoro qualificata.

Quale risultato dei tipi paralleli di scuola,il numero dei giovani che sceglievano

Tabella 1. Percentuale degli studenti dell’istru-zione secondaria superiore iscritti all’istruzionegenerale professionale negli Stati membridell’Ue (tranne Grecia e Lussemburgo) nel 1991.

Germania

Austria

Svezia

Italia

Paesi Bassi

Danimarca

Belgio

Finlandia

Francia

Spagna

Irlanda

Regno Unito

Portogallo

Professionale

Generale

100%90%80%70%60%50%40%30%20%10%0%

Fonte: Education at a Glance, OCSE

“Il livello della formazioneprofessionale post-secon-daria sarà elevato attra-

verso un sistema diistituti di istruzione

professionale superioresul modello della “Fach-hochschule” tedesca, in

cui una parte essenzialedell’attività è rappresenta-ta dalla ricerca scientifica

per approfondire laconoscenza del lavoro.”

“La formazione per adultidiversa dalla formazione

del personale orientataverso il mercato dellavoro ha iniziato a

diffondersi soltanto versola fine degli anni ’80.”

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Tabella 2. Raffronto delle retribuzioni annue suddivise per livello di formazio-ne nell’istruzione terziaria non universitaria (x100) secondo fasce d’età e sessoin alcuni Stati membri dell’Ue

Danimarca Finlandia Paesi Bassi Portogallo SveziaBelgio0

20

40

60

80

100

120

140

160

Donne, 25-34 Uomini, 25-34 Donne, 45-64 Uomini, 45-64

Fonte: Education at a Glance, OCSE

l’istruzione secondaria superiore genera-le superava di gran lunga quello dei po-sti disponibili, per cui parte di essi dove-va esser dirottata verso la formazione pro-fessionale secondaria. Ciò generava dellespinte affinché la formazione professio-nale e generale venissero avvicinate al-l’interno della struttura educativa.

La Finlandia, paese con risorse naturalirelativamente modeste, ha sempre dovu-to enfatizzare le risorse umane. Il livellodell’istruzione formale è sempre stato - econtinua ad essere - un criterio essenzia-le nelle decisioni inerenti alle assunzionie alle retribuzioni, come emerge da unraffronto internazionale dei salari suddi-visi per livello di formazione. Le retribu-zioni in Finlandia sono relativamente ele-vate rispetto ad altri paesi dell’Ue. Tutta-via la differenza è minore nelle fasce d’etàpiù giovani in seguito all’evidente aumen-to del livello generale d’istruzione.

Negli anni ’70 si decise di basare laquantificazione dell’offerta educativa sul-l’esigenza di manodopera qualificata. Ciòaccentuò il ruolo della pianificazione

quantitativa che era parzialmente separa-ta dai contenuti. Così definita, l’offertaeducativa comporta un considerevole con-trollo centralizzato. Di conseguenza gliaccessi ai diversi campi e la loro distribu-zione regionale vennero fissati in manie-ra dettagliata attraverso un processo dipianificazione a più livelli. I programmidi quantificazione vennero definitiva-mente approvati dal governo.

Attualmente si chiede alla formazione pro-fessionale finlandese di intensificarel’interazione tra il mondo della scuola equello imprenditoriale ed industriale, non-ché di divenire più interessante. Tali esi-genze sono più marcate specialmente du-rante un periodo di crescita economica incui la domanda di forza lavoro è superioreall’offerta. Nel sistema finlandese, il mon-do del lavoro non svolge necessariamenteun ruolo fondamentale nell’istruzione e for-mazione iniziale. Il fatto che lo stato ha l’ob-bligo di assicurare un posto nell’istruzionecontinua a tutti coloro che lasciano la scuolaallarga le opportunità educative offerte aigiovani e crea differenze di popolarità alivello dei diversi settori.

“(...) negli anni ’70 (...)venne attribuita prioritàall’uguaglianza e, soprat-tutto, al desiderio diaiutare i più deboli. Daallora l’attenzione si èsempre più spostata suisingoli individui, inparticolare su quelli ditalento.

“La riforma scolasticaattuata negli anni ’70 erail risultato di compromes-si e la formazione profes-sionale e generale conti-nuavano a venir sviluppa-te separatamente. Laquantificazione e glistanziamenti per laformazione professionalesi basavano sul calcolodell’esigenza di forzalavoro qualificata.”

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Rappresentanti del mondo del lavoro par-tecipano agli sviluppi educativi in diversicomitati consultivi. Essi sono ampiamen-te rappresentati nel Consiglio Consultivoper la Pianificazione Educativa, che trattasoprattutto il tema della quantificazionedell’offerta. Inoltre vi sono comitati na-zionali settoriali e comitati locali e istitu-zionali nei quali sono rappresentate siale associazioni dei datori di lavoro sia leorganizzazioni dei lavoratori.

L’attuale rapida evoluzione tecnologicaimplica grandi sfide per l’istruzione e laformazione istituzionalizzate, soprattutto inFinlandia dove la rete scolastica è moltoestesa. Esistono circa 500 istituti profes-sionali che assorbono annualmente fino a200.000 studenti. Per un ente professiona-le non è possibile rinnovare le propriestrutture didattiche al ritmo in cui i datoridi lavoro più avanzati acquistano nuoveattrezzature e macchinari. Ciò rende indi-spensabile trasferire parti essenziali dellaformazione pratica in aziende avanzate.

In particolare negli anni ’90 si è avvertitauna forte tendenza verso l’istruzione comeun servizio al cliente, il quale decide tipoe qualità della formazione desiderata; diconseguenza la domanda d’istruzioneguida lo sviluppo e l’offerta educativa. InFinlandia il governo ha già definito ciòcome uno dei criteri da utilizzare ai finidella quantificazione.

La Finlandia si trova in una situazione incui l’istruzione generale e la formazioneprofessionale vengono sviluppate separa-tamente in base ai principi della “scuolaedificante” da un lato e della scuola peril mercato del lavoro dall’altro, ma unodei principi di base è costituito da unascuola orientata verso il mercato e i ser-vizi. L’offerta di formazione per il merca-to del lavoro destinata agli adulti si basaesclusivamente sulla domanda e sulmarketing.

Scuola e vita attiva

Il problema della formazione professiona-le a base scolastica è collegato ai contatticon il mondo del lavoro e con il muta-mento delle sue esigenze. La politicaeducativa pone grande enfasi sull’avvici-namento dell’istruzione al lavoro pratico.Negli ultimi anni la percentuale della pra-

tica lavorativa nella formazione teorica hafatto registrare un considerevole aumen-to. Attualmente il problema cruciale è datodal trovare un bilanciamento e un’integra-zione ottimali tra istruzione e lavoro.

Il cambiamento nella politica educativache tende verso una maggiore individua-lità, flessibilità, opzionalità e responsabi-lità locale ha prodotto un incremento dellealternative di formazione. Di recente sisono profilati due trend, l’espansione dellaformazione in apprendistato e l’introdu-zione di esami professionali basati sullecompetenze sul modello delle NVQ delRegno Unito.

Negli ultimi anni sia le associazioni deidatori di lavoro sia le organizzazioni deilavoratori hanno promosso attivamente laformazione in apprendistato. Negli anni’90 il numero dei posti in apprendistato èaumentato di quasi il 40%, passando da7.200 a 10.000. Ciò rappresenta tuttorasoltanto il 5% di tutta la formazione pro-fessionale. A causa della grande tradizio-ne dell’istruzione scolastica non è facilecreare opportunità di apprendistato innuovi campi. In molti settori è evidentela mancanza di curricoli di apprendistatoe di formatori aziendali formati.

La nuova legge sugli esami basati sullacompetenza è entrata in vigore quest’an-no; pertanto finora sono stati effettuatipochissimi esami. Le prime esperienzeraccolte dimostrano che pochissime per-sone sono in grado di superare i nuoviesami senza aver seguito una formazioneformale. Le competenze apprese sul po-sto di lavoro sono troppo ristrette perpoter soddisfare ai requisiti degli esami.

Una caratteristica dell’istruzione finlan-dese è data dal fatto che l’istruzione pro-fessionale per i giovani e l’istruzione pergli adulti si sono sviluppate lungo lineediverse. La differenziazione tra formazio-ne e istruzione sta aumentando; allo stes-so tempo è sempre più difficile raggiun-gere pari risultati in diverse scuole e indiverse parti del paese.

Riforme amministrative

Recenti sviluppi hanno provocato pres-sioni affinché venga smantellata l’attualeamministrazione centralizzata. Ciò è do-

“Il livello dell’istruzioneformale è sempre stato - e

continua ad essere - uncriterio essenziale nelle

decisioni inerenti alleassunzioni e alle retribu-

zioni.”

“Attualmente si chiede allaformazione professionalefinlandese di intensificarel’interazione tra il mondo

della scuola e quelloimprenditoriale ed indu-

striale, nonché di divenirepiù interessante.”

“In particolare negli anni’90 si è avvertita una fortetendenza verso l’istruzio-

ne come un servizio alcliente, il quale decide tipoe qualità della formazionedesiderata; di conseguen-za la domanda d’istruzio-

ne guida lo sviluppo el’offerta educativa.”

“Negli anni ’90 il numerodei posti in apprendistato

è aumentato di quasi il40%, passando da 7.200 a

10.000. Ciò rappresentatuttora soltanto il 5% di

tutta la formazioneprofessionale.”

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vuto in particolare a due fattori: il pen-siero sociale neoliberale che sottolinea laresponsabilità del fornitore dei servizi el’evoluzione economica. In seguito al caloregistrato nella produzione industriale,aumenterà la percentuale relativa del set-tore pubblico sul PIL.

I principi base su cui si fonda l’odiernariforma amministrativa in Finlandia pre-vedono di abolire le disposizioni norma-tive e di delegare il potere decisionale.In seguito al peggioramento della situa-zione economica è necessario ridurre ilpersonale e le decisioni in merito sonogià state adottate, anche per quanto ri-guarda l’amministrazione nel campo del-l’educazione.

Nell’amministrazione finnica vi sono trediversi livelli di autorità per guidare leiniziative locali. Quasi tutti i ministerihanno degli uffici nazionali centrali eun’amministrazione regionale (provincia-

le) ad essi sottoposta. Questa struttura apiù livelli si è dimostrata estremamentemacchinosa nell’adozione di decisioni enella pianificazione. Le decisioni e le re-sponsabilità sul piano della programma-zione verranno demandate al livello lo-cale. Per quanto concerne l’istruzione simira a creare strutture nazionali nelle qualigli enti educativi sono abbastanza liberidi assicurare la formazione a secondadelle esigenze locali.

La crescita dell’autonomia locale rappre-senta un momento fondamentale dellariforma dell’amministrazione. I curricoliincludono elementi discrezionali sui qualidecidere a livello locale all’interno di cor-nici di obiettivi. Ciò crea le condizioni perun’offerta educativa flessibile. Si auspicainoltre che la crescente autonomia localeaumenterà l’efficienza e l’efficacia del-l’istruzione. Diversi gruppi di interesseseguiranno le attività degli enti più davicino che in passato.

Livello elementare

Livello primario

Livello secondario I

Livello secondario II

Istru

zion

e de

ll’obb

ligo

Esami di ammissioneall’università

Livello secondario superiore

Università ed istituti universitari

Istituti commercialiScuolecommerciali avanzate

Scuole commerciali

Apprendistato

Scuole/istituti seralipercorsi formativi di 2°-3° grado ad esempio contratti di apprendistatoQualificazione accademica

Ingegnere diplomatoDiploma in pedagogia

Laurea

Scuole tecniche

1817

1615

1413

1211

109

87

65

43

Grafico: Rudolf J. Schmitt, Berlino; produzione tecnica: Axel Hunstock, Berlino; consulenza su incarico del CEDEFOP: Pekka Kämäräinen

Il sistema d’istruzione in Finlandia

“La nuova legge sugliesami basati sulla compe-tenza è entrata in vigorequest’anno; pertantofinora sono stati effettua-ti pochissimi esami. Leprime esperienze raccoltedimostrano che pochissi-me persone sono in gradodi superare i nuovi esamisenza aver seguito unaformazione formale. Lecompetenze apprese sulposto di lavoro sonotroppo ristrette per potersoddisfare i requisitidegli esami.”

“Recenti sviluppi hannoprovocato pressioniaffinché venga smantella-ta l’attuale amministra-zione centralizzata.”

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In termini amministrativi, l’attuale fase disviluppo è piuttosto vaga. In alcuni mo-menti si teme che il delegare al livellolocale i poteri governativi e la regola-mentazione trasferirà l’effettivo poteredecisionale alle parti sociali. Vi è il rischioche le cornici dello sviluppo venganodefinite dal sindacato dei docenti, cheinfluenzerà la divisione nazionale dell’ora-rio scolastico, e dalle organizzazioni deidatori di lavoro, che incideranno sugliesami nazionali di fine corso.

Vi è anche la possibilità che il decentra-mento significhi soltanto una localizzazio-ne della burocrazia. L’infrastruttura delsistema educativo non è tanto flessibilequanto dovrebbe essere in un sistemaeffettivamente guidato dal cliente. La retedi enti educativi è costruita in modo dasupportare la politica regionale in un pa-ese che è il quinto per estensione in Eu-ropa e conta una popolazione pari a5.000.000 di abitanti.

Tendenze nelfinanziamento

In Finlandia il compito di assicurare laformazione professionale verrà gradual-mente trasferito ai comuni. Attualmenteil 50% degli istituti professionali sonogestiti dai comuni e ricevono stanziamentistatali basati sulle erogazioni e sulla si-tuazione finanziaria della municipalità.

Nel prossimo futuro, in seguito all’ado-zione della gestione per obiettivi nell’in-tera amministrazione statale e all’attualerazionalizzazione e decentramento, glistanziamenti statali verranno assegnati in

“Per quanto concernel’istruzione si mira a

creare strutture nazionalinelle quali gli enti educati-

vi sono abbastanza liberidi assicurare la formazio-ne a seconda delle esigen-

ze locali.”

“In Finlandia il compito diassicurare la formazione

professionale verràgradualmente trasferito ai

comuni. (...) ricevonostanziamenti statali basati

sulle erogazioni e sullasituazione finanziaria

della municipalità.”

“(...) il Parlamento hasottolineato che nelle fasidi recessione non devono

essere apportati tagliall’istruzione ma, al

contrario, è indispensabi-le incentivarla.”

conformità ad un nuovo sistema. Un isti-tuto riceverà una quota calcolata sullabase di tre fattori - numero di ore, nume-ro di studenti e dimensioni. L’istituto po-trà utilizzare tale somma a sua discrezio-ne. Le spese non verranno più suddivisein costi che danno diritto a percepire sov-venzioni statali e costi che non vi dannodiritto.

Si auspica che il nuovo sistema innalzi illivello dei servizi educativi e consenta agliistituti di rispondere a particolari esigen-ze locali meglio che nell’ambito dell’at-tuale sistema. Nello stesso tempo i comu-ni vengono incoraggiati ad assicurar ser-vizi validi sul piano dei costi e a sfrondarel’amministrazione.

Nella comunicazione sul rapporto gover-nativo inerente alla politica educativa, ilParlamento ha rilevato che la riforma de-gli stanziamenti statali non deve modifi-care la distribuzione delle spese per l’istru-zione tra stato e comuni. Se nuovi com-piti e responsabilità vengono trasferiti aicomuni, questi devono anche ricevere ifondi necessari. Inoltre il Parlamento hasottolineato che nelle fasi di recessionenon devono essere apportati tagli all’istru-zione ma, al contrario, è indispensabileincentivarla.

L’istruzione e la formazione sono statisempre considerati un privilegio dellasocietà civile. Per questa ragione il lorofinanziamento si è sempre basato in lar-ghissima misura sui fondi pubblici. Per ilprossimo futuro non si prevedono muta-menti nella competenza finanziaria inconsiderazione di questo atteggiamentoconsolidato.

Ekola, Jorma (ed.): Ammatillisen keskiasteenkoulunuudistus. Arviointeja koulunuudistuksentoimeenpanon toteutuksesta. (Riforma della forma-zione professionale post-secondaria. Valutazionedella attuazione della riforma educativa) Istituto perla ricerca educativa, Jyväskylä, pubblicazione serieB, teoria e pratica, 56/1991.

Ekola, Jorma & Kämäräinen, Pekka & Vourinen,Pentti: Ammatillisen koulutuksen uudistaminen1980-luvulla (Riforma della formazione professio-nale negli anni ’80) Consiglio nazionale per la for-mazione professionale, rapporti 30/1991.

Helakorpi, Seppo & Aarnio, Helena & Kuisma,Raimo & Mäkkinen, Armas & Torttila, Pekka:Työ ja ammattitaito (Lavoro e competenze profes-sionali) Collegio dei docenti di formazione profes-sionale in Hämeenlinna, rapporti di ricerca 5/1988.

Kivinen, Osmo: Koulutuksen järjestelmäkehitys -Peruskoulutus ja val t iol l inen kouludoctr i iniSuomessa 1800- ja 1900-luvuilla (Sviluppo del si-stema educativo - istruzione base e dottrina gover-nativa dell’istruzione in Finlandia nel XIX e nel XXsecolo) Università di Turku, pubblicazioni C67,1988.

Kivinen, Osmo & Rinne, Risto & Ahola, Sakari:Koulutuksen rajat ja rakenteet (Limiti e strutturadell’istruzione) Hanki ja jää, Helsinki, 1989.

Kyrö, Matti & Vasiljeff, Miliza & Virtanen, Kirsi:Ammatillisen koulutuksen kehitys vuosina 1960-1987 (Sviluppo della formazione professionale nelperiodo 1960-1987) Consiglio nazionale della for-mazione professionale, Dipartimento programma-zione e sviluppo, rapporti 16/1988.

OCSE: Education at a Glance. OECD Indicators.Parigi, 1993.

Volanen, Matti Vesa: Open social structures andthe school/labour network. In Kyrö, Matti (ed.):Kvalifikationsforskning - som bas för utbildning?Research in qualifications as a basis for education?Stoccolma, 1989.

Volanen, Matti Vesa & Jalkanen, Hannu (ed.):Koulutuksen kuninkaat ja kulkurit (The kings andramps of education) Istituto per la ricerca educativa,Jyväskylä, pubblicazione serie B, teoria e pratica,24/1988.

Bibliografia:

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Henry J.Vartiainenopera presso l’Uni-versità di Helsinki.In precedenza avevalavorato presso l’Isti-tuto per la ricerca

economica della Banca diFinlandia, la Segreteria del-l’OCSE a Parigi e ilConference Board di Bruxel-les, l’Associazione degli im-prenditori e dell’industriafinlandesi e l’Istitutofinlandese per il manage-ment (LIFIM)

Dall’inizio dell’industrializ-zazione, nella seconda metàdel XIX secolo, l’istruzionepubblica ha dominato il set-tore della formazione pro-fessionale.

A partire dagli anni ’80, èstata posta nuova enfasi suirisultati dei singoli e sul-l’importanza delle possibi-lità di scelta. La nuova leg-ge in vigore dal 1993 ha al-largato la portata della for-mazione professionale, cheora abbraccia tutte le pro-fessioni e anche la forma-zione complementare. Gliistituti scolastici godono dimaggiore libertà e hannomaggiori responsabilità nelpredisporre corsi e modu-li. Gli esami sono basati sul-le competenze e non tengo-no conto del modo in cuitali competenze sono stateacquisite (scuola, apprendi-stato, esperienza pratica).La responsabilità per gliesami spetta ai Consigli pergli esami, in cui cooperanole parti del mercato del la-voro, le scuole e le autoritàlocali. La sfida più impor-tante è costituita dalla capa-cità di interessamento ecoinvolgimento degli im-prenditori.

Riscoperto il percorso ver-so la vita attiva

A prescindere dal tasso di disoccupazio-ne e dalla portata del mutamento struttu-rale, permane l’esigenza di manodoperaformata e qualificata. Senza eccezione, iprecedenti sviluppi e le previsioni formu-late nelle nazioni industrializzate preco-nizzano un incremento della forza lavoroaltamente qualificata e una diminuzionedi quella non qualificata. Diversi lavoriroutinari verranno sostituiti da processiautomatizzati. Con la scomparsa di sin-gole mansioni, professioni artigiane, lineedi produzione e interi settori industriali,le competenze chiave per il singolo e pergli istituti scolastici comprenderanno an-che flessibilità, apertura alla formazionee alla riqualificazione, disponibilità a cam-biare carriera, orientamento verso il clien-te. Le mansioni tipiche mutano così in fret-ta che è virtualmente impossibile antici-pare le future esigenze attraverso la pia-nificazione della manodopera.

Una forza lavoro qualificata, ben formatae in grado di pensare ed agire in manieraautonoma e innovativa, rappresenta unfattore essenziale per assicurare lacompetitività su mercati liberi e semprepiù ampi. E’ una sfida alla società quelladi trovare un valido equilibrio tra la do-manda e l’offerta di competenze, in con-siderazione dei limiti alla spesa pubblicae alle elevate aspettative dei singoli ri-guardo ai vantaggi dell’istruzione.

In presenza di un’elevata o di una cre-scente disoccupazione, l’interesse per laformazione è aumentato. Pertanto, rispettoal passato, le politiche del mercato dellavoro contengono più iniziative legateall’istruzione e alla formazione. Con mer-cati del lavoro più diversificati e orientativerso i servizi, non possiamo più garanti-re un alto tasso di occupazione incremen-tando direttamente la domanda attraver-so la spesa pubblica. In una nazione incui gli accordi relativi alla politica sala-riale svolgono tradizionalmente un ruolo

importante, è difficile sotto il profilo po-litico far sì che i meccanismi di mercatoriducano la disoccupazione abbassando ilivelli retributivi; un approccio più sofi-sticato deve aggiornare le competenzedella forza lavoro, cercando di conciliaremeglio aziende ed istituti formativi, alloscopo di far acquisire agli studenti le com-petenze necessarie.

In Finlandia, ciò significa comprendere inritardo un fatto ovvio, ma fondamentale:sono le aziende, ossia i fornitori di mercie servizi, a costituire per eccellenza unarisorsa di formazione non inferiore adalcun’altra e che finora è stata sottosfrut-tata. Un’impresa, per poter avere succes-so, deve stare al passo con gli sviluppitecnologici e organizzativi, con i mercatie con le esigenze della clientela. In talecontesto, la formazione sul posto di lavo-ro significa un metodo di apprendimentoefficace e un inserimento veloce nellacultura aziendale e nella vita attiva. Si trat-ta di una sede adatta per l’apprendimentoda parte di coloro che necessitano di for-mazione professionale base, di formazio-ne continua o di riqualificazione.

Rapida transizione nellasocietà industriale

La trasformazione della Finlandia daun’autarchia prevalentemente agricola adun’economia aperta di mercato con un’in-dustria fiorente ha avuto inizio e ha pre-so piede nella seconda metà del XIX se-colo. Le risorse boschive, fino ad allorautilizzate piuttosto passivamente per l’eco-nomia domestica, cominciarono ad afflu-ire sui mercati internazionali grazie allosviluppo della tecnologia di trasformazio-ne del legno e dei trasporti. Una legisla-zione liberale sostituì le precedenti restri-zioni al commercio e alla produzione (lecorporazioni vennero soppresse nel 1897).Sbocchi sempre più ampi sui mercati del-la Russia imperiale si aprirono ai produt-tori finlandesi. Imprenditori qualificati ericchi d’ingegno giunsero in Finlandiadall’Occidente per lanciare importanti ini-

Boom dell’apprendista-to in Finlandia

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Iscritti alla formazione in apprendistatoin Finlandia 1970-1994

totale (1994: 10.000)nuovi contratti (1993: 8.830)

1 L’afflusso d’immigranti stranieri erastato frenato molto tempo prima daNapoleone che aveva proibito ai pa-esi del continente europeo di com-merciare con la Gran Bretagna e lesue colonie. Mentre era possibile im-pedire la circolazione delle merci, nonera possibile impedire quella dellepersone. Pertanto le ripercussionidell’internazionalizzazione della Fin-landia incisero positivamente sul pa-ese.

ziative nell’industria della carta, della pa-sta di legno, tessile e meccanica1.

Partendo dalla produzione di pasta di le-gno e carta, ben presto sorse un circolo“virtuoso” di crescita: simbiosi di produ-zione, ricerca e fabbricazione dei macchi-nari richiesti. In tutto il mondo, un appa-recchio su sette destinato alla produzio-ne di carta è di origine finlandese.

Negli anni ’30 l’industria meccanica svol-geva un ruolo modesto. Nel secondo do-poguerra, il pagamento coatto degli in-dennizzi all’Unione Sovietica costituì,malgrado le difficoltà, una benedizione,dando vita ad una moderna industria,dedita tra l’altro alla produzione di mac-chinari per la fabbricazione di carta epasta di legno, motori, imbarcazioni, ecc.

Nello stesso dopoguerra si sono ancheverificati importanti mutamenti strutturalinella società. La percentuale di personeoccupate nel settore primario (agricoltu-ra e foreste) è sceso dal 36% del 1960 al5% del 1994. La struttura anagrafica dellapopolazione sta cambiando: la quota deigiovani di età inferiore ai 15 anni è pas-sata dal 30% del 1960 al 19% del 1994 ela quota di persone di età compresa tra i15 e i 64 anni è aumentata dal 62% al67%. I mutamenti demografici sottolinea-no pertanto l’importanza dell’istruzionedegli adulti.

Predominio della scuolapubblica

La formazione professionale richiesta èstata dapprima fornita dalle aziende. Mamolto presto il governo si è assunto laresponsabilità dell’istruzione. Attorno al1840 esso istituì nelle principali città scuo-le domenicali per gli apprendisti artigianie collegi tecnici, che offrivano corsiquadriennali destinati ad allievi che ave-vano almeno compiuto i 12 anni d’età,con materie generali e formazione tecni-ca nelle discipline ritenute importanti perl’industria manifatturiera e l’artigianato.L’opinione, condivisa in tutta la Scandi-navia, che la formazione professionale èdi dominio pubblico non è mai stata mes-sa in discussione. Dall’indipendenza, laformazione professionale è stata soprat-tutto sviluppata negli istituti pubblici esotto l’egida statale.

Volume della formazioneaziendale

Per vari decenni, la percentuale dell’ap-prendistato è stata piuttosto modesta. Ne-gli anni ’70 vi erano solo circa 4.000tirocinanti all’anno. Nel decennio succes-sivo il loro numero è raddoppiato, pas-sando a circa 8.000 unità, e nel 1993 hasuperato la soglia delle 10.000 unità. Intale anno il numero di nuovi contratti ètriplicato, tanto da raggiungere le 8.830unità, in quanto i contratti potevano ve-nir stipulati per le stesse discipline inse-gnate in altri tipi d’istituti scolastici.L’obiettivo previsto per il 1995 è di 17.000posti, la metà dei quali è destinata allaformazione complementare e degli adulti.

Questi dati rappresentano soltanto unafrazione delle circa 200.000 iscrizioni ne-gli istituti professionali. La formazioneaziendale è presente soprattutto nei pro-fili (tecnico delle arti grafiche, parrucchie-re, panettiere, sarto, ecc.) in cui la tradi-zione e la validità dell’apprendimento ri-chiedono questo tipo di formazione. Trai settori preferiti vi sono il commercio el’amministrazione, ma anche l’elettronicae i servizi sociali.

Molti fattori hanno contribuito a conte-nere le cifre: non solo il fatto che l’ap-prendistato non è molto quotato nella

Fonte: Vartiainen Henry J., La formazione in apprendistato (in finlandese), in: Taloustieto, agosto 1994

“(...) sono le aziende,ossia i fornitori di merci e

servizi, a costituire pereccellenza una risorsa diformazione non inferiore

ad alcun’altra e che finoraè stata sottosfruttata.”

“(...) la formazione pro-fessionale è stata soprat-

tutto sviluppata negliistituti pubblici e sotto

l’egida statale.”

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scala sociale, ma anche che i sindacatiguardavano con sospetto alla formazionesul posto di lavoro. I contratti di appren-distato erano concepiti soprattutto comecontratti di lavoro, con una rigorosa ap-plicazione di tutta la relativa legislazio-ne, compresi i salari minimi. La burocra-zia soffocava ogni entusiasmo degli im-prenditori. Diverse sartorie sono sparitesemplicemente per questo motivo.

Nuove concezioni

Negli anni ’80 sono state sollevate moltediscussioni sugli obiettivi dell’istruzione.Le esigenze dei singoli e l’esistenza diopzioni vennero enfatizzate come reazio-ne a precedenti tendenze che esaltavanol’uguaglianza, l’uniformità e le norme stan-dardizzate stimate in base ai fabbisognidella società. Le necessità dell’economiaerano riconosciute, ma piuttosto a livelloteorico. L’apprendere sul posto di lavorova considerato un modo altrettanto vali-do dell’apprendimento in istituti profes-sionali pubblici per acquisire le compe-tenze e superare gli esami.

Flessibilità è la parola chiave. Le autoritàpubbliche mirano a migliorare la compa-tibilità di esperienza di lavoro ed esamiformali. La distinzione tra lavoro teoricoe pratico diviene sempre meno netta. D’al-tro canto, il progresso statistico aiuta: di-versi gruppi bersaglio che necessitavanodi formazione sono ora stati individuatigrazie ad una migliore base statistica ela-borata dal Ministero del Lavoro. Le cate-gorie con esigenze di riqualificazionesono costituite da persone che hannoabbandonato prematuramente gli studi enon possiedono alcuna formazione pro-fessionale, i prepensionati e i giovani di-soccupati.

L’industria è un forte sostenitore dellaformazione in apprendistato, in quanto laritiene la moderna risposta al mercato dellavoro diversificato. Essa infatti presentamolti vantaggi: le professioni in cui si vie-ne formati sono reali, la situazione occu-pazionale viene presa in considerazione,la formazione può avere inizio in qualsi-asi momento, è più avanzata per quantoriguarda la tecnologia (tuttavia, come cri-terio generale, per gli esami saranno suf-ficienti standard medi ragionevoli e nonla tecnologia di vertice). In aree scarsa-

mente abitate, ciò può rappresentare l’uni-ca maniera di organizzare la formazione.

Riforma organizzativa

Le nuove concezioni si sono riflesse inuna nuova normativa. Fino a pochi annifa, la responsabilità per la formazionespettava esclusivamente agli istituti pro-fessionali. Ciò costituiva e costituisce tut-tora la maggior differenza rispetto allaformazione di tipo tedesco. Gli istituticoncordavano l’esperienza pratica deglistudenti nelle aziende o durante le ore discuola o quale formazione extracurri-colare guidata. I datori di lavoro veniva-no ricompensati per la formazione confondi pubblici. Il contratto era un accor-do stipulato tra un istituto professionalee un datore di lavoro in merito all’espe-rienza pratica di un allievo. I curricoliseguivano rigidamente gli orientamentidefiniti dal Consiglio nazionale dell’istru-zione.

Una nuova legge sulla formazione in ap-prendistato è entrata in vigore nel 1993,al fine di migliorare la competitività diquesto tipo di formazione rispetto agli altrimodelli. La possibilità di usufruire di unaformazione con contratto venne estesa atutte le discipline ed esami disponibilinegli istituti formativi. Gli istituti profes-sionali acquisirono un’ampia libertà, in-troducendo nuovi corsi all’interno di que-sti orientamenti e assumendosi la respon-sabilità per i singoli curricoli. Nella nuo-va situazione si promuove la cooperazio-ne tra amministrazione locale e scuole.Secondo la nuova legge, un contratto diformazione in apprendistato è un accor-do particolare tra un datore di lavoro di-sposto a fornire la formazione definita nelcontratto ed un allievo pronto a offrire ilproprio lavoro in cambio della formazio-ne. Il chiamarlo contratto di formazionesottolinea il carattere educativo dell’ac-cordo.

Le riforme non sono state tanto radicali daincidere sulle principali responsabilità.Tuttavia, si è registrato un certo decen-tramento. Alle scuole verrà attribuita mag-giore autonomia nel determinare i pro-grammi di studio. La valutazione continuaad essere di competenza delle autorità;però queste la effettuano sulla base delgiudizio espresso dai datori di lavoro.

“Molti fattori hannocontribuito a contenere lecifre: non solo il fatto chel’apprendistato non èmolto quotato nella scalasociale, ma anche che isindacati guardavano consospetto alla formazionesul posto di lavoro.”

“Le autorità pubblichemirano a migliorare lacompatibilità di esperien-za di lavoro ed esamiformali.”

“Una nuova legge sullaformazione in apprendi-stato è entrata in vigorenel 1993, al fine di miglio-rare la competitività diquesto tipo di formazionerispetto agli altri modelli.”

“Le riforme non sono statetanto radicali da incideresulle principali responsa-bilità. Tuttavia, si è regi-strato un certodecentramento.”

“Gli istituti professionalihanno adesso cartabianca per quanto riguar-da la creazione di corsi emoduli.”

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La responsabilità degli esami e dell’attri-buzione dei diplomi spetta al Consiglioper gli esami locale o nazionale, compo-sto da rappresentanti del mercato del la-voro, degli istituti scolastici e dell’ammi-nistrazione locale. L’organizzazione degliesami, all’interno dell’ampia struttura fis-sata dal Consiglio Nazionale dell’istruzio-ne, è di solito affidata alle scuole e alleaziende del luogo.

La programmazione dei curricoli e la re-sponsabilità per le spese spettano ora allostesso ente. Per organizzare i corsi teori-ci, l’amministratore locale acquista i ser-vizi necessari da un istituto professiona-le, da un altro centro studi o da un’im-presa. La scelta dei corsi possibili si ènotevolmente allargata. Gli istituti profes-sionali hanno adesso carta bianca perquanto riguarda la creazione di corsi emoduli. Dato il sistema piuttosto centra-lizzato finora in vigore, si tratta di unagrossa sfida per le scuole. Gli innovatoripiù attivi lottano per vincerla.

Maggiori campi d’applica-zione

Dal 1993, è possibile accedere all’appren-distato se: non si è in possesso di unaprecedente formazione professionale; sidesidera sviluppare le proprie capacità esi necessita di un diploma; il lavoro si èampliato, abbracciando nuovi campi; siassumono nuove mansioni; vengono ri-chieste qualifiche formali; si riqualifica ilpersonale di un’azienda, preparandolo percompiti nuovi o più specifici; sul merca-to del lavoro non è disponibile una per-sona in possesso delle qualifiche richie-ste.

La nuova legge sugli esami basati sullecompetenze è entrata in vigore nel mag-gio del 1994. Gli esami, che consistonoin una gamma di moduli chiaramenteindividuabili, dipendono ora dal modo incui sono state acquisite le competenzeteoriche e pratiche richieste. Per mante-nere uniforme il livello degli esami, i prin-cipali criteri sono rappresentati da quali-tà, reputazione ed efficienza. Inoltre ver-ranno studiati quali utili indicatori sia ilcollocamento sia la posizione rivestita nelmercato del lavoro.

Anche per adulti

Dal 1993, la formazione in apprendistatopuò essere seguita o come formazionefull-time per 1-4 anni o a titolo comple-mentare per 4-12 mesi. Essa non significaaffatto un vicolo cieco, ma un passo nel-la sequenza logica della formazione.

La formazione professionale base era ini-zialmente destinata ai giovani. La forma-zione degli adulti ha iniziato ad espan-dersi verso la fine degli anni ’80. Si cal-cola che ogni anno circa 35.000 adultinecessitano di ulteriore formazione o diriqualificazione. Pertanto essa può esse-re utilizzata per soddisfare le esigenzeindividuali dei formandi o come strumen-to per formare i dipendenti di un’azien-da. Più della metà dei nuovi contratti in-teressano persone che hanno già alle lorospalle una formazione professionale base.In tal modo è anche possibile sostenereesami parziali.

A lungo termine, l’abbinamento di forma-zione degli adulti e formazione in appren-distato significherà economia di scala emigliori possibilità di promozione, co-struendo su moduli di formazione. Saràanche richiesta maggiore flessibilità aiformandi: essi dovranno prendere l’inizia-tiva ed essere disposti a trasferirsi dopoaver ricevuto la formazione auspicata.

Costi

Il governo decide in merito alla retribu-zione degli allievi impegnati nella forma-zione professionale e complementare, chesono classificati in base alle graduatorieutilizzate per gli aiuti statali ai governilocali.

I nuovi metodi di finanziamento implica-no uno spostamento del controllo dall’am-ministrazione centrale a quella locale.Diverse norme centrali applicate in pre-cedenza saranno semplicemente ignora-te. L’amministrazione locale è autorizzataad assegnare i fondi del governo centralein base alle proprie necessità.

Non vi sono mutamenti nei principi ge-nerali di finanziamento della formazionein apprendistato: a prescindere da alcu-

“La nuova legge sugliesami basati sulle compe-

tenze è entrata in vigorenel maggio del 1994. Gli

esami, che consistono inuna gamma di moduli

chiaramente individuabili,dipendono ora dal modo

in cui sono state acquisitele competenze teoriche e

pratiche richieste.”

“Dal 1993, la formazionein apprendistato può

essere seguita o comeformazione full-time per

1-4 anni o a titolo comple-mentare per 4-12 mesi.”

“A lungo termine, l’abbina-mento di formazione degli

adulti e formazione inapprendistato significhe-

rà economia di scala emigliori possibilità di

promozione, costruendosu moduli di formazione.”

“I nuovi metodi di finan-ziamento implicano uno

spostamento del controllodall’amministrazione

centrale a quella locale.”

“(...) non si preveded’introdurre un’imposta

per tutte le aziende comein Danimarca, (...). Il

metodo francese d’impor-re alle aziende l’obbligo difornire la formazione non

ha trovato sostegno inFinlandia.”

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ne esenzioni limitate e temporanee, leretribuzioni degli apprendisti sono deter-minate nel quadro di accordi nazionali esoddisfano alla legislazione sul lavoro. Allivello salariale dominante, il costo dellaformazione è troppo elevato, per cui leaziende ricevono degli indennizzi dalgoverno. Attualmente, detti indennizziammontano a 1.400-2.100 marchi finlan-desi per il primo anno e a circa la metà ditale importo per gli anni successivi o perla formazione complementare. Il sostegnogovernativo viene erogato su base procapite e non è previsto alcun incentivoper il rendimento. I governi locali posso-no versare degli incentivi alle imprese cheoffrono nuove formazioni, così come av-viene, ad esempio, nel comune diHelsinki.

Lo svantaggio è dato dal fatto che i vin-coli di bilancio possono porre dei limitialla portata dei finanziamenti disponibili;inoltre la parsimonia pubblica nel fissarei tassi di rimborso può diminuire la moti-vazione dei datori di lavoro a renderedisponibili posti di formazione.

Finora non si prevede d’introdurre un’im-posta per tutte le aziende come in Dani-marca, distribuendo il costo della forma-zione sulle imprese, dotate o meno diformatori. Il metodo francese d’imporrealle aziende l’obbligo di fornire la forma-zione non ha trovato sostegno in Finlan-dia.

Formazione dei formatori

Nella legislazione finlandese vi era un gap,in quanto non vi era alcuna normativaspecifica sulle qualifiche dei formatori.Tuttavia le cose hanno sempre funziona-to. Attualmente si dibatte sulla necessitàdi un programma di formazione per iformatori, ai quali le aziende potrebberofar ricorso se la loro capacità di forma-zione risultasse insufficiente.

Politiche relative al merca-to del lavoro

Una crisi senza precedenti e i mutamentistrutturali legati alla rapida evoluzionetecnologica hanno portato ad un tassosorprendentemente elevato di disoccupa-

zione: in 3 anni, dal 1990 al 1993, la pro-duzione globale ha registrato un calo del15%, gli investimenti lordi sono dimezza-ti e la disoccupazione ha colpito quasi500.000 persone, pari al 20% della forzalavoro. La formazione ha acquisito impor-tanza quale misura connessa al mercatodel lavoro. Inoltre, i disoccupati hannoavuto il tempo per dedicarsi alla forma-zione continua.

Consigli ben intenzionati sulle possibilitàdi creazione di posti di lavoro non man-cano. La disoccupazione giovanile, che èpiuttosto elevata nei paesi in cui l’appren-distato non svolge un ruolo di rilievo,rappresenta un problema che preoccupavivamente le autorità. Pertanto, nell’am-bito delle misure destinate al mercato dellavoro, il Ministero del Lavoro sostienegli imprenditori disposti a stipulare uncontratto. Viene criticato il fatto che talesupporto non è troppo generoso se com-parato al rimborso fornito per le spese diformazione.

Una ragionevole pari opportunità vienedibattuta tra giovani in cerca di formazio-ne e adulti ai quali viene offerta lariqualificazione da parte del Ministero delLavoro, dato che entrambe vengono daifondi pubblici. In generale, i responsabi-li del mercato del lavoro e quelli del mon-do della scuola cooperano abbastanzaproficuamente in materia di formazionein apprendistato. Le prime conoscono leaziende, le seconde sanno ciò che pos-sono offrire gli istituti professionali.

Pareri degli ispettori ed al-tre opinioni

Il corpo degli ispettori, con una posizio-ne piuttosto centrale, è costituito da unacinquantina di funzionari, che partecipa-no ai lavori dei consigli consultivi locali,assicurano che le decisioni vengano at-tuate, stilano i contratti e si occupano delletrattative tra formando e formatore. Essidecidono circa l’assegnazione dei fondi:indennizzi agli imprenditori, acquisto dicorsi teorici, rimborso agli allievi di alcu-ne spese legate al vitto e costi ammini-strativi.

In una recente indagine (Lapiolahti 1992),è stato chiesto agli ispettori di valutare

“La disoccupazionegiovanile (...) è piuttostoelevata nei paesi in cuil’apprendistato non svolgeun ruolo di rilievo (...)”

“(...) i responsabili delmercato del lavoro e quellidel mondo della scuolacooperano abbastanzaproficuamente in materiadi formazione in appren-distato.”

Gli ispettori hannoevidenziato “(...) strozza-ture nella disponibilità diposti di formazione (...)”

“In molti istituti vieneprivilegiata l’istruzione ascuola, a detrimento deigiovani apprendisti.”

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gli accordi predominanti e di fornire unparere sul l ’evoluzione. Ess i hannoevidenziato strozzature nella disponibili-tà di posti di formazione, in particolarenel settore socio-sanitario e in alcunimestieri più rari, come quello di orafo.Altri problemi sono stati individuati nel-l’urgenza richiesta di produrre modelli,che lascia poco tempo per le istruzioni,nel non rendersi conto dell’importanzadella formazione e nella mancanza diesperienza dei docenti. Sono state espres-se critiche ad entrambe le parti: insuffi-ciente apprezzamento ed eccessive assen-ze da parte degli allievi. In molti istitutiviene privilegiata l’istruzione a scuola, adetrimento dei giovani apprendisti.

Alcuni ostacoli sono legati a problemi fi-nanziari che limitano le possibilità di of-frire i corsi richiesti. Non erano disponi-bili risposte chiare circa l’esigenza di ga-rantire l’esistenza dei corsi normali o diattribuire fondi a corsi nuovi più rischio-si. Nello sviluppare la formazione in ap-prendistato, gli ispettori hanno mirato amutare atteggiamenti di primaria impor-tanza, per portare questo tipo di forma-zione allo stesso livello degli altri.

Vi è inoltre un circolo vizioso d’informa-zione: meno formazione si ha, meno in-formazioni si ricevono. Le persone inpossesso di una formazione scarsa, o deltutto prive di formazione, sono meno in-teressate alla formazione stessa. In alcunisettori la formazione in apprendistato nonappare adeguata: i piccoli imprenditorinon hanno tempo per fornire una forma-zione e neanche per provvedere alla do-cumentazione necessaria. Anche il lavo-ro part-time può porre problemi. Le le-zioni teoriche potrebbero venir seguite neltempo libero, ma spesso ciò è difficile daottenere.

Le persone intervistate consideravano ilprimo anno di formazione decisivo per irisultati finali, convenendo che in casisporadici la mancanza di formazioneaziendale può essere compensata attra-verso l’insegnamento in classe o visite adimprese, come avviene in Danimarca e inNorvegia; in altri termini, la formazionein apprendistato dovrebbe essere la com-ponente flessibile.

Da un’al t ra indagine (Järvenpää &Nuppola 1992) emerge che l’atteggiamen-

to degli imprenditori è determinante aifini del successo o del fallimento. Le prin-cipali difficoltà da superare sono stateindividuate nella priorità data alla produ-zione, mell’insufficiente apprezzamento,nell’indifferenza e nella mancanza di chia-rezza a livello di responsabilità. D’altrocanto, i datori di lavoro ritenevano im-portante allargare gli orizzonti professio-nali dei formandi.

Una ricerca condotta tra i presidi degliistituti professionali (1994) ha evidenziatoche la maggior parte di loro non vedevaalcun problema nella cooperazione, men-tre gli ispettori la consideravano un osta-colo. Sono stati citati alcuni problemi-so-glia: programmi non coordinati, mancan-za di locali, scarsa disponibilità di risorseper la formazione, tradizione, invidia pro-fessionale, isolamento dalla vita attiva,insegnamento a comparti per materie.

Alle piccole aziende piacerebbe che ve-nisse incoraggiata la creazione di circolidi formazione; esse deplorano la pocadisponibilità degli istituti professionali acoordinare i loro corsi con le esigenzedei datori di lavoro. Inoltre esse sottoli-neano che la formazione in apprendista-to può risultare non competitiva rispettoad altre misure collegate al mercato dellavoro: un imprenditore riceve maggioresostegno per creare un posto di lavoroche per offrire un posto di formazione.Vi sono forti pressioni politiche affinchégli imprenditori vengano esonerati dalversamento degli oneri sociali, ma nessu-na decisione sarà presa prima dell’autun-no del 1995, dato che in primavera si ter-ranno le elezioni politiche.

Sono state introdotte delle riforme legi-slative e pertanto si porrà grande enfasisulla loro attuazione ed evoluzione. Leriforme non sono molto radicali, dato chele principali caratteristiche a livello diorganizzazione e finanziamento sono ri-maste inalterate, ma si muovono verso uncerto decentramento dei poteri e delleresponsabilità. In particolare, si apriran-no delle possibilità di:

❏ aumentare la portata della forma-zione in apprendistato,

❏ porre questo percorso della strut-tura educativa sullo stesso piano de-gli altri. Un passo in questa direzione èrappresentato dall’autonomia degli esami

“(...) l’atteggiamento degliimprenditori è determi-

nante ai fini del successoo del fallimento. Le princi-

pali difficoltà da superaresono state individuate

nella priorità data allaproduzione,

mell’insufficiente apprez-zamento, nell’indifferenza

e nella mancanza dichiarezza a livello di

responsabilità.”

“Alle piccole aziendepiacerebbe che venisse

incoraggiata la creazionedi circoli di formazione;

esse deplorano la pocadisponibilità degli istitutiprofessionali a coordina-

re i loro corsi con leesigenze dei datori di

lavoro.”

“Un compito urgenteconsiste nell’interessare e

coinvolgere i datori dilavoro.”

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relativi al modo in cui sono state acquisi-te le competenze;

❏ far comprendere agli istituti scola-stici il loro nuovo ruolo quali elementidi un sistema attivo e continuo d’istru-zione, con contatti con il settore im-prenditoriale. Ciò andrà a beneficio discuole e docenti con idee innovatrici epronti a cooperare con istituti d’altre par-ti d’Europa.

Un compito urgente consiste nell’interes-sare e coinvolgere i datori di lavoro. Inquesto settore ci sono molte capacitàsottosfruttate. E’ quanto intendeva VilhoHirvi, direttore generale del Consiglionazionale dell’istruzione, quando di re-cente ha affermato che: “una campagnaefficace per promuovere la formazioneimplica lo sforzo dell’intera nazione”.

Juhani Lapiolahti, La formazione in apprendista-to nella pratica (in finlandese), Consiglio Naziona-le dell’Istruzione, 1992.

Järvenpää & Nuppola, Metodi di formazione nelsettore delle apparecchiature fr igorifere (in

finlandese), Università di Tampere, Istituto dell’Istru-zione, 1992.

Henri J. Vartiainen, L’apprendistato in alcuni pa-esi (in finlandese), Consiglio Nazionale dell’Istru-zione, 1994.

Bibliografia

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GerhardRiemer

Responsabile dellasezione politica

formativa e socialedell’Associazione de-

gli industriali,Vienna Un chiaro sì all’Europa

Quando, nel maggio del 1987, il Consi-glio direttivo dell’I.V. (associazione au-striaca degli industriali) - la maggiore or-ganizzazione volontaria dei datori di la-voro - decise che “l’Austria doveva dive-nire membro della CE”, non era sicuro nése, né quando questa visione sarebbe di-venuta realtà, ma con ciò venne compiu-to il primo passo politico sulla strada ver-so l’Europa. Al centro delle argomenta-zioni vi erano non solo questioni econo-miche (2/3 delle esportazioni e importa-zioni provengono e sono dirette nella CE),ma anche la realizzazione di “un’Europadei cittadini”.

Sin dall’inizio fu chiaro che uno spazioeconomico comune e funzionante nonpuò venir creato attraverso disposizioni,leggi e direttive, bensì - e soprattutto -deve essere configurato e attuato dallepersone. Il pensiero di Jean Monnet haindotto l’I.V. ad affrontare in maniera ap-profondita le ripercussioni dell’adesioneall’Ue su formazione, qualifiche, scienzaed insegnamento. Negli ultimi decenninessuna prospettiva, nessun’occasionecome l’integrazione europea hanno su-scitato nel mondo austriaco della forma-zione un’analoga sete di discussione e ri-forme.

Il 12 giugno 1994, una data storica, conuna schiacciante - e sorprendente per di-mensioni (66,6%) - maggioranza di SI’ al-l’Europa, gli elettori austriaci hannoespresso in maniera atipicamente chiarala loro volontà di proseguire la stradaverso un certo futuro; ciò ha sottolineatoun’evidente sconfitta degli slogan imper-niati sulla paura - dinanzi agli stranieri,alla rinuncia alla neutralità - e soprattuttola fiducia nella politica tracciata dal pae-se. D’altro canto si è anche trattato di unadecisione d’importanza europea, in quan-to mai fino ad allora un paese europeoaveva votato in modo così compatto afavore dell’Ue dopo Maastricht.

La formazione professio-nale scolastica in Austria

La vasta gamma di opportunità aperte altermine della scuola dell’obbligo (9 anni)è senza dubbio uno dei punti forti delsistema; il fatto che, dei quattro “percorsiformativi”, ben tre sfociano in una for-mazione professionale sottolinea l’eleva-to valore attribuito in Austria a questo tipodi formazione, considerato l’elemento fon-damentale del successo economico degliultimi decenni.

Dopo la scuola dell’obbligo possono ve-nir imboccati i seguenti percorsi formati-vi:

❏ i quattro anni degli istituti superioridi formazione generale (ginnasio) cheprevedono l’accesso all’università,

❏ i cinque anni degli istituti superiori diformazione professionale a tempo pienoche, oltre alla formazione professionale,permettono anche l’accesso all’università(ad esempio istituti tecnici e commercia-li),

❏ i tre-quattro anni degli istituti medi diformazione professionale a tempo pieno(ad esempio istituti tecnici e commercia-li), che però non consentono di accedereall’università,

❏ i tre-tre anni e mezzo di formazionein aziende e istituti professionali part-timenell’ambito del sistema di formazioneduale.

Il 16% (percentuale rispetto alla popola-zione di età comparabile; cfr. tabella 1)dei giovani conclude la formazione delprimo tipo, il 13% quella del secondo tipo,l’8% quella del terzo tipo, il 41% quelladel quarto tipo.

Sebbene - e ciò viene considerato unpunto forte del panorama formativo au-striaco - solo circa il 2% dei giovani non

L’autore illustra il sistemadella formazione in Austria,ponendo particolare enfasisul fatto che tre dei quattropossibili percorsi formativida imboccare al terminedella scuola dell’obbligo siaprono su una formazioneprofessionale. Inoltre egliformula le principali aspet-tative nutrite dall’industriaaustriaca nei confronti del-l’integrazione europea, sot-tolineando che “(...) negliultimi decenni nessuna pro-spettiva, nessun’occasionecome l’integrazione euro-pea hanno suscitato nelmondo austriaco della for-mazione un’analoga sete didiscussione e riforme.”

La formazione profes-sionale in Austria

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intraprenda un percorso formativo al ter-mine della scuola dell’obbligo, il 21% deigiovani non ottiene almeno un diplomatriennale: si tratta di un problema ancorairrisolto.

Il percorso più sicuro per garantire ilturnover della forza lavoro qualificatapassa attraverso la formazione duale eviene imboccato dal 46% dei giovani del-la stessa fascia d’età.

Alla fine del 1993, in Austria 131.359 ap-prendisti seguivano una formazione (cfr.tabella 2). Il calo registrato va ricondottosoprattutto all’andamento demografico,sebbene vada anche ascritto alla crescen-te concorrenza tra la formazione praticanelle aziende e gli altri istituti d’istruzio-ne, nonché ad un ripensamento, sia purecauto, dell’industria.

Aspettative della politicadi formazione professio-nale dell’Ue

Secondo l’I.V., tre osservazioni vanno pre-messe alla formulazione delle aspettativenutrite dall’Austria rispetto ad una politi-ca della formazione professionale euro-pea:

1. Dall’1.1.1995, data dell’adesione, lamaggior attenzione non s’incentra piùsull’opera d’informazione e di motivazio-ne a favore dell’Ue, bensì di codeter-minazione, codecisione e corresponsa-bilità. Le odierne esperienze evidenzie-ranno le possibilità e i limiti dell’attua-zione degli obiettivi politici.

2. Quanto più ampio e compatto è il con-senso nazionale a livello politico, tantomaggiori sono le opportunità di realizza-re tali finalità.

La politica austriaca è ancora alle presecon il problema di determinare la priori-tà comuni sul piano dei contenuti; l’indu-stria ha già chiarito le proprie intenzioni;importanti approcci vengono attualmen-te formulati in un “Libro bianco per l’Au-stria”.

3. In un “insieme più grande”, come l’Ue,gli obiettivi dei singoli Stati membri han-no maggiori possibilità di essere coronati

da successo se corrispondono agli inte-ressi di altri paesi. Pertanto sarà impor-tante, per la politica austriaca in materiadi formazione professionale, cercare erealizzare nuove strade assieme ai colle-ghi e agli amici di altri Stati membri.

Quanto importanti sono le competenzeformali dell’Ue per le questioni inerentialla formazione nell’ambito del Trattatodi Maastricht, tanto rilevante è l’autono-mia dei vari stati nella politica di forma-zione e cultura.

Secondo l’I.V., nel quadro di una politicaeuropea della formazione professionalesi delineano i seguenti obiettivi:

1. Varietà significa ricchezza d’espe-rienze; pertanto si attribuisce particolareimportanza allo scambio d’informazio-ni e d’esperienza degli stati europei nelcampo della formazione professionale.Intendiamo conoscere più a fondo e di-battere le idee, le misure e le metodologiein atto negli altri paesi, allo scopo di po-ter meglio valutare i nostri problemi, esal-tando i punti forti ed eliminando i puntideboli.

Noi dobbiamo conoscere meglio gli altrie gli altri ci devono conoscere meglio.

Ciò significa: rafforzamento degli scam-bi d’esperienze tra operatori della forma-zione, esperti, formatori aziendali, ancheal fine di verificare sulla base di altrimodelli le peculiarità del sistema scola-stico di formazione professionale, dellacombinazione, per noi valida, di forma-

“Sebbene (..) solo circa il2% dei giovani non intra-prenda un percorsoformativo al termine dellascuola dell’obbligo, il 21%dei giovani non ottienealmeno un diplomatriennale (...)”

“Il percorso più sicuroper garantire il turnoverdella forza lavoro qualifi-cata passa attraverso laformazione duale e vieneimboccato dal 46% deigiovani della stessa fasciad’età.”

“Varietà significa ricchez-za d’esperienze; pertantosi attribuisce particolareimportanza allo scambiod’informazioni e d’espe-rienza degli stati europeinel campo della formazio-ne professionale.”

Tabella 1: Formazione conseguita nel 1991 da giova-ni in raffronto percentuale all’età della popolazione*

Istituti professionali superiori della durata di 5 anni 16Scuole superiori di formazione generale della durata di 4 anni 13Istituti professionali medi della durata di 3-4 anni1) 8Formazione professionale duale1) 41Scuola dell’obbligo2) 21

Totale 99

* Media dei giovani di età tra 17 e 19 anni (n= 104 920)1) compresi allievi di istituti agrari e forestali2) o scuola professionale di durata inferiore a 3 anni

Fonte: BMUK; ÖSTAT; ibw-Berechnungen

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zione generale, professionale e praticadestinata ai giovani di età compresa tra i14 e i 19 anni.

2. Se nel 2000 circa l’80% delle tecnolo-gie sarà obsoleto e dovrà essere sostitui-to da nuove tecnologie e l’80% delle per-sone allora attive è già occupato oggi, lapolitica europea di formazione professio-nale deve rivolgersi soprattutto alla for-mazione per la formazione continua.Nella nostra società, il 50% dell’apprendi-mento avrà luogo al termine della scuolao dell’università.

Ciò significa: obiettivo formazione con-tinua nella politica europea della forma-zione, che richiede un’ampia analisi del-le corrispondenti attività nei singoli paesi(in scuole, università, aziende,...) e unacomparazione a livello europeo per po-ter costruire su ciò misure politiche; adesempio, una maggiore deducibilità fiscaledegli investimenti aziendali a favore del-la formazione.

3. Se nei moderni profili professionali le“competenze intellettuali” acquistano sem-pre più rilievo a detrimento delle “com-petenze manuali”, i formatori dovrannoadeguarsi con sempre maggiore rapiditàalle nuove esigenze e la politica della for-mazione professionale dovrà aumentarela propria capacità d’adeguamento. Per-tanto una politica europea della forma-zione professionale dovrà rivolgersi sem-pre più - anche dal punto di vista austria-

“(...) la politica europeadi formazione professio-

nale deve rivolgersisoprattutto alla formazio-

ne per la formazionecontinua.”

“Per quanto riguarda laformazione professionale

nel sistema duale (...), anostro giudizio, non vi

sono alternative.”

“In considerazione (...)dei notevoli investimenti

erogati da parte dell’eco-nomia austriaca a favore

della formazione (...), leaziende non sono assolu-

tamente in grado disostenere un ulteriore

aggravio fiscale.” Pertan-to si dovrebbe tra l’altro

migliorare la deducibilitàfiscale delle erogazionilegate alla formazione

(sia per i singoli che perle imprese).

co - alla ricerca sulla formazione e sul-le qualifiche transnazionali. Particolareimportanza assumono una promozione eun sostegno mirati a misure d’innova-zione dell’istruzione e della formazio-ne professionale, soprattutto in coope-razione con le aziende.

4. La “nuova dimensione europea” delsistema formativo deve anche incideremaggiormente nella formazione professio-nale. Ciò significa non soltanto il miglio-ramento della conoscenza delle linguestraniere da parte dei giovani inseriti nelsistema duale con la promozione miratadella loro mobilità internazionale (pro-grammi di scambi transnazionali per gio-vani impegnati nella formazione profes-sionale e non più riservati esclusivamen-te o principalmente agli studenti degli isti-tuti superiori o universitari), ma anche unallargamento delle loro conoscenze sullealtre culture europee.

5. Per quanto riguarda la formazioneprofessionale nel sistema duale - pre-sente in Austria come in Germania e inSvizzera -, a nostro giudizio, non vi sonoalternative. Questo percorso potrà otte-nere la giusta importanza solo se verran-no migliorate la sua attrattività e traspa-renza ai livelli di formazione superiore.Tuttavia quet’opinione va verificata nel-l’ambito del dialogo con gli altri Statimembri.

6. Non da ultimo ci attendiamo una di-scussione realistica delle chimere dellaformazione, come ad esempio l’incentiva-zione del congedo formativo.

In considerazione del mutamento strut-turale, della pressione internazionale suicosti e dei notevoli investimenti erogatida parte dell’economia austriaca a favoredella formazione (1% del PIL), le aziendenon sono assolutamente in grado di so-stenere un ulteriore aggravio fiscale. D’al-tro canto, una forza lavoro meglio quali-ficata rappresenta uno dei principali pre-supposti per garantire la competitivitàdelle imprese. Si tratta di un problemache può essere risolto soltanto medianteuna politica dei piccoli passi e che devetener conto delle diverse situazioni in attonei vari paesi.

Ciò significa: tra l’altro, motivare i lavo-ratori a curare la formazione continua e a

Tabella 2:Situazione dell’apprendistato per settore economicoe potenziale demografico di formazione

Settore 1980 1993ass. % ass. % diff. %

Artigianato 102.051 53 72.449 55 + 2Industria 28.668 15 18.076 14 - 1Commercio 40.536 21 22.251 17 - 4Turismo e tempo libero 16.232 8 11.562 9 + 1Trasporti 3.001 2 2.565 2 0Banche e assicurazioni 524 0 728 1 + 1Altro 3.077 2 3.728 3 + 1

Totale 194.089 101 131.359 101

Fonte: Wirtschaftskammer Österreich

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NARDO. L’Austria è ben preparata; l’uffi-cio austriaco ha già iniziato la propria at-tività e, in stretta cooperazione con leassociazioni industriali e le aziende, av-vierà, sosterrà e accompagnerà i diversiprogrammi.

Una codeterminazione della politica del-la formazione professionale nell’ambitodell’Ue richiede tre cose all’Austria e aisuoi esperti:

un’analisi realistica ed autocritica dellasituazione e dei problemi, un’aperturascevra da pregiudizi in sede di soluzioniforse nuove e il coraggio e la capacità, senecessario, di percorrere anche nuove viein un’Europa comune.

sfruttare il tempo libero per seguire corsidi formazione, spingere le aziende ad in-vestire di più nella formazione, migliora-re la deducibilità fiscale delle erogazionilegate alla formazione (sia per i singoliche per le imprese).

Conclusioni

In considerazione degli obiettivi relativialla politica comune della formazioneprofessionale formulati nel Trattato sul-l’Unione europea, l’Austria s’attende no-tevole sostegno e aiuto per la propriapolitica. Un ruolo centrale spetterà allepossibilità offerte dal programma LEO-

“Una codeterminazionedella politica della forma-zione professionalenell’ambito dell’Ue richie-de (...) un’analisirealistica ed autocriticadella situazione e deiproblemi, un’aperturascevra da pregiudizi insede di soluzioni forsenuove e il coraggio e lacapacità, se necessario, dipercorrere anche nuovevie in un’Europa comune.”

Struttura del sistema di formazione austriaco

Fonte: ibw, Institut für Bildungsforschung der Wirtschaft, Das berufliche Bildungswesen in der Republik Österreich, Rapporto per il Centro Europeo per loSviluppo della Formazione Professionale (CEDEFOP), Vienna, dicembre 1991; Grafica: Rudolf J. Schmitt, Berlino; produzione tecnica: Axel Hunstock,Berlino

AHS

kurz

AHS

lang

SS

settore elementare

settore primario

BHS* BMS PTL

apprendistatosettore secondario II

settore terziario

settore secondario I

università, politecnici

corsi superiori di tipo breve

accademie professionali

collegecorsi speciali

corsi di perfezionamento

istituti per capomastri

Istru

zion

e de

ll’obb

ligo

1817

1615

1413

1211

109

87

65

43

Legenda:AHS-lang: scuola superiore di formazio-

ne generale, tipo lungoAHS-kurz: scuola superiore di formazio-

ne generale, tipo breveBHS: istituti professionali superio-

ri *) inclusi istituti superioridi apprendistatoI. istituti pedagogici per ope-ratori di scuola materna, ecc.

BMS: istituti professionali mediPTL: corsi politecniciSS: istituti speciali

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PekkaKämäräinen

ha effettuato ricerchepresso l’Università diTampere (Centro di

ricerca sul lavoro) inFinlandia. Nel giu-gno 1994 è entrato con un

contratto temporaneo nelCEDEFOP quale esperto (su

nomina del governo finnico).

Due osservazioni prelimi-nari

Concetti scandinavi d’istruzione e for-mazione professionale

Nella maggiore parte dei paesi nordici lanascita e l’espansione dei sistemi d’istru-zione e formazione professionale è lega-ta al tardivo processo d’industrializzazio-ne. L’offerta pubblica (ossia istituti pro-fessionali e tecnici) è sorta e ampliata perfar fronte allo sviluppo iniziale delle in-dustrie. Il ruolo della formazione in ap-prendistato è rimasto marginale o com-plementare. La principale eccezione aquesta norma è rappresentata dalla Dani-marca, in cui l’apprendistato tradizionalee un modello specifico di “formazione inalternanza” hanno costituito gli strumentibase per fornire la formazione iniziale.

I primi istituti ad offrire la formazione ini-ziale sono state le scuole a tempo pieno(per l’istruzione professionale base) e icollege (per le qualifiche professionali dilivello superiore). Questi istituti sono par-te integrante del sistema d’istruzione pub-blico (di competenza del Ministero del-l’Istruzione). Nella terminologia naziona-le, i concetti generali fanno chiaro riferi-mento ad un contesto di politica dell’istru-zione (S: yrkesutbildning; N: yrkesut-danning; DK: erhvervsuddannelse; SF:ammatillinen koulutus) e ai predetti isti-tuti.

L’offerta di formazione continua è statasviluppata o sulla base di mercato o qua-le parte della politica dell’occupazione.

Un’infrastruttura per l’offerta di formazio-ne occupazionale pubblica è stata messaa punto nella maggior parte dei paesiscandinavi negli anni ‘60-’70. Gradualmen-te i sistemi di formazione occupazionalee i relativi centri si sono consolidati qualicentri pubblici per tutti i tipi di formazio-ne continua. I concetti di questi corsi sot-tolineano la promozione occupazionalequale funzione principale (S: arbetsmark-nadsutbildning; N: arbeidsmarkeds-opplaering; DK: arbeidsmarkedsuddan-nelse; SF: työllisyyskoulutus).

Scenari di riforma collegati ai sistemidi formazione iniziale e continua

Nelle sezioni successive la nozione di“scenario della riforma” viene usato queletermine misto per caratterizzare la conti-nuità concettuale delle idee iniziali o imutamenti e i riorientamenti intervenutiall’interno dei processi di riforma. I prin-cipali criteri per distinguere tra i vari tipidi scenari sono:

1) Contesto sistemico:

viene fatta una distinzione traa) riforme nei sistemi educativi cheridefiniscono il ruolo dell’offerta d’istru-zione e formazione professionale eb) riforme specifiche della formazionecontinua che ridefiniscono il ruolo dellasua offerta all’interno di misure occupa-zionali o quale corollario della politica inmateria di mercato del lavoro.

2) Implicazioni istituzionali e concettuali:

viene fatta una distinzione traa) riforme tese all’unificazione struttura-

Riforme nei sistemid’istruzione e formazio-ne professionale neipaesi nordiciSviluppo degli scenari e modi-fiche alle idee di riforma

L’articolo esamina un’epocadi processi di riforma neisistemi d’istruzione e for-mazione professionale neipaesi scandinavi (dal 1970ai giorni nostri). Vengonoindividuati due tipi princi-pali di tentativi:

1) superare il gap tra per-corsi “accademici” e “pro-fessionali” nei sistemi edu-cativi e2) rivitalizzare la coopera-zione tra formazione (sco-lastica) pubblica e mondodel lavoro.

L’articolo analizza l’impattoche tali approcci hannoavuto sui concetti nazionalid’istruzione professionale(e la misura in cui sono sta-ti realizzati). In tale conte-sto, l’articolo descrive le dif-ferenze nazionali nelle stra-tegie di sviluppo del curri-colo. Il fulcro è rappresen-tato dai sistemi di formazio-ne iniziale, ma una sezioneesamina le tendenze di ri-forma nei sistemi di forma-zione continua.

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le, che integrano l’offerta di formazioneiniziale negli istituti d’istruzione seconda-ria superiore di tipo generale (o struttureper lo sviluppo)b) riforme volte alla convergenza sub-strutturale tra diversi tipi di offerte di for-mazione professionale.

3) Ruolo dello sviluppo del curricolo:

viene fatta una distinzione traa) “spostamenti paradigmatic i” delcurricolo che richiedono un approfondi-to riorientamento nella messa a punto deicontesti d’insegnamento/apprendimentob) revisione limitata del curricolo o tran-sizioni pragmatiche in nuovi modellicurricolari.

Nella dinamica dei processi nazionali diriforma si può distinguere tra 1) fasi diprogrammazione o introduttive e 2) fasidi revisione o modificazione. In base allasituazione nazionale possono anche ve-nir individuate fasi intermedie nei pro-cessi di riforma, caratterizzate da contrad-dizioni tra promesse politiche e stadio diattuazione.

Modelli originali di rifor-ma e sviluppo degli scena-ri negli anni ‘70

La seguente sezione illustra i modelli ori-ginali di riforma elaborati per la forma-zione iniziale e parzialmente realizzatinegli anni ’70 (o, al più tardi, negli anni’80). L’ordine degli esempi nazionali cor-risponde a quello cronologico in cui sisono tenuti i rispettivi dibattiti sulla rifor-ma. Vale la pena notare che alcune rifor-me nazionali sono servite da esperienzepilota per i paesi limitrofi. Ciò ha portatosia a “somiglianze” sia a variazioni tra idiversi modelli nazionali di riforma.

Svezia: unificazione dell’istruzionesecondaria (superiore) quale model-lo base

Il modello originale di riforma (attuato nel1970) per l’istruzione secondaria superio-re in Svezia ha rappresentato il precursoredelle riforme tese all’unificazione struttu-rale nei paesi scandinavi. La riforma riuni-va il precedente percorso scolastico acca-demico (gymnasium), la scuola ad indiriz-

zo professionale a tempo pieno (yrkes-skola) e gli istituti tecnici (fackskola) inun tipo integrato di scuola per l’intera istru-zione secondaria superiore (gymnasie-skola). La riforma era accompagnata da unanuova terminologia che sottolineava lestrutture integrate e la parità delle opzionicurricolari (uso dell’aggettivo “gymnasial”per tutti gli indirizzi). Nello stesso tempovennero evitate o utilizzate quanto menopossibile espressioni che facessero riferi-mento al carattere specificatamente “pro-fessionale” dell’offerta di formazione pro-fessionale (“yrkes-”).

L’idea base era che il sistema educativodovesse venir sviluppato in un sistemaunificato costituito da istituti di caratteregenerale ad ogni livello educativo (scuo-la primaria, scuola secondaria unificata,scuola superiore). Pertanto la riformamirava a ridurre il numero di livelli diqualificazione e a trasformare le distin-zioni di status in differenze orizzontali trapari opzioni (allo stesso livello).

Nella prima fase il principale compitodella riforma non è stato quello di intro-durre un’integrazione radicale dei curricoliaccademici, professionali e tecnici. Per-tanto il mutamento curricolare ha rappre-sentato soltanto una transizione pragma-tica verso una struttura lineare che con-vertiva precedenti offerte distinte in op-zioni lineari all’interno di una struttura co-mune.

Verso la fine degli anni ’70 venne effet-tuato un tentativo di sviluppare un mo-dello di riforma completa del curricoloper compiere ulteriori passi verso ilsuperamento del gap tra apprendimento“accademico” e “professionale” e permettere a punto un’ampia strutturamacrosettoriale per il primo anno degliindirizzi professionali. Tuttavia quando ilcomitato completò la fase preliminare pertale riforma curricolare, il contesto politi-co ed economico era cambiato e non viera né la disponibilità politica nè la pos-sibilità economica per realizzare detta ri-forma.

Finlandia: modello a doppio binariocon strutture unificate per il sistemadi formazione iniziale

In Finlandia un modello analogo di unifi-cazione istituzionale è stato predisposto

“Il ruolo della formazionein apprendistato è rima-sto marginale o comple-mentare. La principaleeccezione a questa normaè rappresentata dallaDanimarca (...)”

“I primi istituti ad offrirela formazione inizialesono state le scuole atempo pieno (per l’istru-zione professionale base)e i college (per le qualifi-che professionali di livellosuperiore).”

“Il modello originale diriforma (attuato nel 1970)per l’istruzione seconda-ria superiore in Svezia harappresentato il precurso-re delle riforme teseall’unificazione struttura-le nei paesi scandinavi.”

“L’idea base (...) era che ilsistema educativo dovessevenir sviluppato in unsistema unificato costitui-to da istituti di caratteregenerale ad ogni livelloeducativo (...)”

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nei primi anni ’70. Il modello originalecomprendeva anche un progetto di rifor-ma curricolare per un ampio periodo base(fondato sui settori professionali) e perla successiva specializzazione. In seguitoa controversie politiche ed educative ilmodello venne rivisto, fino a giungere adun compromesso basato su un sistema adoppio binario (decisione governativa del1974, normativa del 1978). Il principaleobiettivo della riforma consisteva nell’in-tegrare l’offerta di formazione tecnica eprofessionale in un sottosistema coeren-te in grado di concorrere con il percorsoaccademico e fornire itinerari alternatividi accesso all’istruzione superiore.

Il modello di riforma del curricolo si ba-sava su tre presupposti:

1) aggregazione - in 25 linee base - dicurricoli professionali e tecnici fino adallora separati;2) introduzione di una fase preparatoriacomune, cui dovevano far seguito succes-sive differenziazioni a diversi livelli diqualificazione (operaio qualificato/tecni-co/ingegnere) e rispettive specializza-zioni;3) riduzione degli indirizzi di specializza-zione, portandoli ad un numero limitatodi ampi profili occupazionali.

Il modello di riforma venne attuato versola fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80,ma con diverse modifiche graduali. L’an-no propedeutico comune non è stato in-trodotto nelle aree in cui gli istituti tecni-ci e le scuole professionali operavanoquali strutture separate. Inoltre, l’idea diuna differenziazione o specializzazioneposposta al termine dell’anno preparato-rio è stata ben presto abbandonata (dopoun breve periodo sperimentale).

Il modello di riforma curricolare ha com-portato tre grandi conseguenze: l’aggrega-zione dell’offerta di formazione professio-nale in un numero ristretto di linee base hareso più trasparente la scelta a favore dellaformazione professionale; molte disciplinedi carattere generale sono state introdottenell’anno propedeutico al fine di prepararepercorsi di sviluppo professionale versoqualifiche superiori (o l’istruzione superio-re). La principale ripercussione è data dalfatto che i profili occupazionali dopo la fasepropedeutica sono stati trasformati in am-pie specializzazioni composite.

Norvegia: unificazione dell’istruzionesecondaria superiore e riforma dellaformazione in apprendistato

In Norvegia un modello di riforma voltoall’unificazione dell’istruzione secondariasuperiore è stato predisposto verso lametà degli anni ’60. La relativa legislazio-ne venne approvata nel 1974 e attuataverso la fine degli anni ’70. In linea dimassima, il modello era simile a quellosvedese. Pertanto, il sistema scolastico adindirizzo accademico e la scuola a tempopieno ad indirizzo professionale vennerointegrati nel modello unificato d’istruzio-ne secondaria superiore (videregåendeskole).

In considerazione della lunga fase prope-deutica accompagnata da una certasperimentazione, l’integrazione si è tra-dotta più in una riorganizzazione che inun’importante misura politica. Questa in-tegrazione non era collegata ad unaridefinizione culturale del rapporto traindirizzo accademico (almenn utdanning)e professionale (yrkesutdanning). La ri-forma norvegese non era neppure abbi-nata ad una tendenza parallela tesa a ren-dere più organica l’istruzione postsecon-daria (come avvenuto in Svezia) o ad in-tegrare l’istruzione tecnica e professiona-le (come nel caso finlandese).

Il modello curricolare realizzato in Nor-vegia differiva notevolmente da quelloapplicato nei paesi vicini. Mentre la rifor-ma svedese e quella finlandese sono sta-te attuate mediante approcci “all’interocurricolo”, la riforma norvegese è statacaratterizzata dall’introduzione di unastruttura che si articola in tre cicli: quellopropedeutico (grunnkurs) e i due succes-sivi (videregående kurs I, II). Pertanto, lesingole scuole potevano limitare la loroofferta al primo ciclo (o ai primi due).Inoltre, gli studenti o i formandi poteva-no modificare la loro scelta d’indirizzo distudi al termine di ogni ciclo.

In sede di preparazione del modello di ri-forma norvegese, si è ritenuto che la for-mazione in apprendistato sarebbe statagradualmente sostituita dall’istruzione pro-fessionale scolastica. Tuttavia, nelle areerurali ed in alcuni settori la formazione inapprendistato svolgeva una funzione com-plementare necessaria. Un ulteriore argo-mento a favore del mantenimento e della

“In Finlandia (...) il princi-pale obiettivo della rifor-

ma consisteva nell’integra-re l’offerta di formazionetecnica e professionale inun sottosistema coerente

in grado di concorrerecon il percorso accademi-

co e fornire itinerarialternativi di accesso

all’istruzione superiore.”

“In Norvegia un modellodi riforma volto all’unifi-

cazione dell’istruzionesecondaria superiore è

stato predisposto verso lametà degli anni ’60.”

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rivitalizzazione di questo tipo di formazio-ne era rappresentato dalla tradizionale se-parazione degli esami finali (svennepröv,fagpröv) riconosciuti dal mercato del la-voro. La formazione in apprendistato si èdimostrata il sistema più valido per garan-tire l’acquisizione dell’esperienza lavorati-va postscolastica richiesta.

La nuova legge sulla formazione in ap-prendistato del 1980 (lov om fagopplae-ring) ha assicurato l’armonizzazionecurricolare tra istruzione professionalescolastica e formazione in apprendistato.Inoltre ha favorito una transizione flessi-bile dall’istruzione professionale scolasti-ca alla formazione in apprendistato. Per-tanto, l’armonizzazione di questi due si-stemi ha costituito una caratteristicasistemica della riforma norvegese.

Danimarca: ricerca di una scelta poli-tica tra riforma della formazione inapprendistato e unificazione

In Danimarca la lunga tradizione dellaformazione in apprendistato (mesterlaere)è prevalsa quale mezzo per fornire la for-mazione iniziale. I due principi fondamen-tali sono stati quelli dell’autogestione deisettori (faglige selvstyre - ruolo dicogestione delle parti sociali) e quellodella formazione in alternanza (veksels-uddannelse - rotazione tra sequenze sco-lastiche e sul posto di lavoro). Tuttavia,l’offerta di opportunità di formazione inapprendistato era ben più limitata di quel-la dei posti di studio nei paesi vicini. Inol-tre i curricoli si basavano su profili occu-pazionali molto tradizionali e piuttostoristretti. Dopo la riforma della scuola viera un elevato rischio di emarginazione.

In presenza di tale scenario venne messoa punto un curricolo sperimentale di ci-clo propedeutico professionale (erhvervs-faglige grunduddannelse - EFG). Talemodello venne lanciato come sistema pi-lota e formalizzato con una legge speri-mentale del 1972. Al contrario della pre-cedente formazione in apprendistato, essointroduceva raggruppamenti occupaziona-li più ampi e incoraggiava la sperimenta-zione nella parte scolastica con un’offer-ta integrata di insegnamento/apprendi-mento. Il modello è stato utilizzato siaquale fase d’accesso all’interno della for-mazione in apprendistato sia quale pro-gramma d’accesso all’istruzione tecnica (o

semi-professionale) a tempo pieno (HTX,HHX).

In considerazione della natura ampia epolivalente dell’EFG, nel 1978 il governodanese propose una riforma della forma-zione iniziale, basata soprattutto sul pre-detto modello. Tale riforma venne appog-giata dalle parti sociali (anche rappre-sentats nella commissione preposta alcontrol lo degli esperimenti relat iviall’EFG). Tuttavia la proposta venne re-spinta dal parlamento danese, mentrel’EFG venne mantenuto quale esperimentoda prorogare. Tale decisione ha portatoad una pluriennale stagnazione della ri-forma che doveva interessare l’intera for-mazione iniziale.

Parallelamente all’introduzione del model-lo EFG venne sollevato un dibattito sullapolitica a lungo termine, volto a stabilirese la Danimarca dovesse seguire un per-corso analogo a quello degli altri paesinordici, incamminandosi verso l’unifica-zione dell’istruzione secondaria superio-re. Il documento più importante venneelaborato da una commissione governa-tiva (U90), incaricata di individuare gliorientamenti per la politica educativa na-zionale per i prossimi 15 anni.

La relazione dell’U90, stilata nel 1978, il-lustra la politica a livello d’istruzione gio-vanile che doveva essere attuata da di-versi centri mediante la cooperazione traofferta complementare e curricoli. A taleriguardo la commissione ha presentatol’ulteriore sviluppo dell’EFG come unadelle possibilità per superare la fratturatra diverse culture d’insegnamento/apprendimento.

A causa del rigetto della proposta da par-te del Parlamento, la riforma generalevenne duramente colpita, ancor più dellariforma legata alla formazione iniziale.Mentre si continuavano a sviluppare i si-stemi di EFG, la programmazione politi-ca a lungo termine perse un elementochiave ed entrò in una fase di stagnazione.

Islanda: alla ricerca di un modello diriforma nazionale attraverso esperi-menti su piccola scala

Negli anni ’70 in Islanda non si registravaun gran movimento a favore di una rifor-

“(...) l’armonizzazione diquesti due sistemi hacostituito una caratteristi-ca sistemica della riformanorvegese.”

“In Danimarca la lungatradizione della formazio-ne in apprendistato(mesterlaere) è prevalsaquale mezzo per fornirela formazione iniziale.”

“(...) nel 1978 il governodanese propose unariforma della formazioneiniziale, basata soprattut-to sul modello EFG (...) laproposta venne respintadal parlamento danese,mentre l’EFG venne mante-nuto quale esperimento daprorogare.”

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ma nazionale della formazione iniziale.In considerazione della scarsità di risorsenazionali, l’interesse s’incentrava sull’os-servazione di alcuni modelli pilota in al-tri paesi scandinavi e sul loro adegua-mento al contesto nazionale. La modestadimensione dell’offerta nazionale di for-mazione professionale e dei mercati na-zionali del lavoro implicavano che l’esi-genza di una soluzione caratterizzata dauna struttura sistemica o da opzioni poli-tiche nazionali non fosse tanto evidentequanto in altri paesi nordici.

In seguito a contatti diretti, gli istituti pro-fessionali tentarono di attuare il modellodi EFG danese attraverso lo sviluppo diuno specifico curricolo scolastico. Nel-l’area di Rejkjavik, la politica educativalocale comportò una ristrutturazioneorganizzativa volta verso l’istruzione se-condaria superiore unificata.

Mutamenti dello scenarioiniziale di riforma

La sezione seguente affronta il tema dellarevisione e delle modifiche apportate aimodelli iniziali di riforma, con dei tenta-tivi d’introdurre nuovi modelli di riformadopo un periodo di stagnazione del rela-tivo dibattito.

Svezia: nuova enfasi sull’appren-dimento sul posto di lavoro all’inter-no della formazione iniziale

Il modello svedese consisteva essenzial-mente nella riforma delle strutture scola-stiche e il ruolo della vita professionalerimaneva marginale. Ciò era in parte do-vuto al fatto che l’istruzione professiona-le scolastica doveva venir seguita da unafase di completamento (Färdigutbildning)dopo la transizione nella vita attiva. I re-sponsabili della politica attiva prevede-vano che le parti sociali assicurassero lestrutture per quest’ultima fase di forma-zione attraverso accordi generali.

In considerazione di queste premesse edei fattori legati ai costi, la durata degliindirizzi professionali venne limitata a dueanni, mentre quella degli indirizzi acca-demici era di tre (e quella degli indirizzitecnici di quattro). Tuttavia le parti socia-li non stipularono accordi generali, magli istituti secondari superiori iniziarono

a sviluppare sistemi individuali per la fasedi completamento (Påbyggnadskurser).Questi corsi vennero messi a punto so-prattutto per fini locali o regionali, magradualmente fornirono la maggior partedei settori di una struttura non trasparen-te di offerta.

Verso la metà degli anni ’80 una commis-sione governativa analizzò gli indirizziprofessionali all’interno del livello secon-dario superiore unificato (Översyn övergymnasial yrkesutbildning - ÖGY). Il rap-porto si concludeva con due principaliproposte:

a) un’aggregazione dei curricoli profes-sionali basata sui settori del mercato dellavoro eb) una ristrutturazione dei profili profes-sionali in programmi triennali compren-denti una fase di completamento integra-ta sul posto di lavoro.

Le proposte dell’ÖGY vennero sviluppa-te in due processi paralleli: nel 1988-1992venne posto in essere un programma spe-rimentale nazionale di istruzione profes-sionale triennale con un anno di com-pletamento sul posto di lavoro; parallela-mente vennero predisposte una riformadella legislazione quadro ed una nuovastruttura curricolare.

La nuova legislazione venne varata nel1991 e sfociò in una nuova revisione delcurricolo. La filosofia di base consistenella realizzazione di programmi fondatisul modello nazionale (basati sull’approc-cio settoriale del rapporto ÖGY) e preve-de una maggior autonomia per le modifi-che a livello regionale, locale o indivi-duale. Inoltre la nuova struttura introdu-ce un nucleo di discipline generali (laprincipale premessa per l’accesso all’edu-cazione superiore). La fase di comple-tamento basata sul posto di lavoro vienedefinita come parte integrale del curricoloprofessionale. Inoltre sono stati introdot-ti sistemi di completamento scolastici (perpreparare i formandi dell’istruzione pro-fessionale all’istruzione superiore).

Finlandia: dissoluzione del modello diriforma base e nascita di nuovi campidi sperimentazione

In Finlandia l’unificazione parziale di istru-zione tecnica e professionale non hanno

In Islanda “(...) In seguitoa contatti diretti, gli

istituti professionalitentarono di attuare ilmodello di EFG danese

attraverso lo sviluppo diuno specifico curricolo

scolastico.”

“Il modello svedese consi-steva essenzialmente nella

riforma delle strutturescolastiche e il ruolo dellavita professionale rimane-

va marginale.”

“Verso la metà degli anni’80 una commissione

governativa analizzò gliindirizzi professionali

all’interno del livellosecondario superiore

unificato (...). Il rapportosi concludeva con due

principali proposte:a) un’aggregazione deicurricoli professionali

basata sui settori delmercato del lavoro e

b) una ristrutturazionedei profili professionali in

programmi triennalicomprendenti una fase dicompletamento integrata

sul posto di lavoro.”

“In Finlandia l’unificazio-ne parziale di istruzione

tecnica e professionalenon hanno portato ad un

equilibrio tra percorsoaccademico e professiona-le. Il percorso accademico

ha continuato ad espan-dersi e la richiesta di

istruzione superiore haregistrato un continuo

aumento.”

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portato ad un equilibrio tra percorso ac-cademico e professionale. Il percorso ac-cademico ha continuato ad espandersi ela richiesta di istruzione superiore ha re-gistrato un continuo aumento. A causadella “sovrapproduzione” di diplomatiaccademici (con una qualifica che con-sente di accedere all’istruzione superio-re), alcune parti dell’istruzione professio-nale e tecnica hanno iniziato a fornireindirizzi curricolari per questa utenza (conil diploma di maturità quale requisito perl’accesso). Pertanto parti dell’istruzioneprofessionale e tecnica sono state trasfor-mate in corsi postsecondari, mentre altreparti sono state utilizzate quale ulterioreintroduzione all’istruzione superiore.

Nel 1990 il Ministero finlandese per l’Istru-zione ha lanciato un dibattito pubblicosui risultati delle riforme precedenti esull’esigenza di rivedere il quadro strut-tura le e curr icolare del l ’ i s t ruzionepostobbligatoria. Il dibattito si è incen-trato sul progetto di un nuovo modellodi riforma (il documento di “visione”).

Le implicazioni strutturali e curricolari diquesta proposta sono costituite dalladissoluzione del quadro “base” del pre-cedente modello di riforma. Vennero for-mulate delle proposte per innalzare il li-vello degli istituti o dei curricoli di “istru-zione tecnica” portandoli al livello nonuniversitario d’istruzione superiore. I per-corsi accademici e professionali del livel-lo secondario superiore dovevano essereintegrati in strutture unitarie sul piano isti-tuzionale o curricolare (analogamente alle“Gymnasieskola” svedesi o alle “Videre-gående skole” norvegesi).

Dopo un breve periodo di discussione edulteriore preparazione, venne lanciato unnuovo ciclo di riforme basato su una leg-ge sperimentale, secondo la qualel’innalzamento degli istituti di istruzionetecnica era abbinato a 22 progetti pilotalocali che portavano alla creazione di“Polytechnics”, alcuni dei quali prevedo-no di ricevere uno statuto ufficiale nel1995.

La riforma della formazione secondariasuperiore si è trasformata in cooperazio-ne (e scambio reciproco) tra curricoli ac-cademici e professionali. Agli studenti eai formandi viene fornito nelle rispettivescuole un pacchetto coordinato di modu-

li locali che coprono il curricolo dei ri-spettivi indirizzi. Lo scopo è quello di fa-cilitare profili di studi combinati che in-tegrano una qualifica di accesso all’istru-zione superiore (o a “politecnici”) con laformazione professionale iniziale. Taleesperimento continuerà sotto forma dicooperazione locale fino al termine del1996.

Norvegia: nascita della versione nor-vegese del “modello duale” quale im-portante scenario di riforma

In Norvegia il modello di riforma per l’uni-ficazione si è concluso con la riforma dellaformazione in apprendistato. Grazie a unanormativa flessibile per la transizione, siprevedeva che questi due tipi di forma-zione iniziale fornissero sufficienti oppor-tunità di formazione e continuità dei pro-cessi di apprendimento professionale, manegli anni ’80 è emerso che vi era unacarenza permanente di opportunità diformazione in apprendistato, non com-pensata dall’offerta scolastica.

Il gap tra i due sottosistemi di formazio-ne iniziale è stato esaminato da una com-missione governativa (Blegen-utvalg) nel1989-91. Il lavoro della commissione èstato accompagnato da studi empirici sullatransizione dei giovani dalla formazioneiniziale (e sull’uso di scelte d’indirizzi al-l’interno del livello secondario superioreunificato).

La commissione ha discusso la possibilitàdi introdurre una nuova normativa pertutta la formazione professionale. Invecedi proporre una radicale revisione delquadro giuridico, la commissione si èespressa a favore di misure che promuo-vessero la formazione iniziale completa.Pertanto la commissione ha proposto chealle autorità regionali venisse data la re-sponsabilità di garantire almeno tre annidi formazione iniziale, attraverso un’of-ferta scolastica o una combinazione diofferta scolastica ed apprendistato. Ilmodello privilegiato nel dibattito politicoè stata una combinazione di due anni diformazione professionale scolastica e dueanni di apprendistato (la versione norve-gese del sistema duale).

In fase di formulazione, l’attuazione diqueste proposte è stata abbinata ad unariforma curricolare (Reform 94) della scuo-

“La riforma della forma-zione secondaria superio-re si è trasformata incooperazione (e scambioreciproco) tra curricoliaccademici e professiona-li. Agli studenti e aiformandi viene fornitonelle rispettive scuole unpacchetto coordinato dimoduli locali che copronoil curricolo dei rispettiviindirizzi. Lo scopo èquello di facilitare profilidi studi combinati cheintegrano una qualifica diaccesso all’istruzionesuperiore (o a “politecni-ci”) con la formazioneprofessionale iniziale.Tale esperimento continue-rà sotto forma di coopera-zione locale fino al termi-ne del 1996.”

In Norvegia “(...) neglianni ’80 è emerso che viera una carenza perma-nente di opportunità diformazione in apprendi-stato, non compensatadall’offerta scolastica.”

“Il gap tra i duesottosistemi di formazio-ne iniziale è stato esami-nato da una commissionegovernativa (...) nel 1989-91. (...) la commissione siè espressa a favore dimisure che promuovesse-ro la formazione inizialecompleta (...) attraversoun’offerta scolastica ouna combinazione diofferta scolastica edapprendistato.”

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la secondaria superiore unificata, previ-sta per il 1994-96. In tale periodo verràintrodotta la nuova struttura curricolare(che consiste in programmi analoghi aquelli svedesi). Parallelamente alla revi-sione del curricolo scolastico si assiste allamobilitazione del potenziale di formazio-ne allo scopo di garantire l’offerta di for-mazione iniziale completa.

Nel processo di attuazione le parti socialisi stanno trasformando in partner attividella cooperazione per il sistema d’istru-zione pubblica. Inoltre esse hanno sotto-lineato che l’attuale offerta di formazioneprofessionale dovrebbe essere accompa-gnata da misure volte a schiudere un per-corso progressivo collegato al lavoro perl’apprendimento professionale.

Danimarca: nascita di una nuova rifor-ma per la formazione iniziale

In Danimarca il dibattito sulla riforma èricominciato, dopo una pausa, verso lafine degli anni ’80. Una commissione go-vernativa (Nielsen-Nordskov udvalg) haelaborato un nuovo modello per integra-re le offerte parallele nella formazioneiniziale (mesterlaere; EFG). Le propostedella commissione hanno fornito la baseper la normativa approvata nel 1989 edentrata in vigore nel 1991.

Il nuovo modello di riforma (Erhverv-suddannelsereform - EUR) combinava idue modelli esistenti in due capitoli diuna struttura curricolare integrata. Ilcurricolo del primo anno dell’EFG vennediviso in due periodi scolastici (il primodei quali non era obbligatorio per gli al-lievi in possesso di un contratto di ap-prendistato). Al termine del primo perio-do scolastico gli studenti e i formandiseguivano curricoli analoghi (senza tenerconto del fatto che erano entrati quali stu-denti di un istituto professionale o qualiapprendisti). Nei periodi di formazionesul posto di lavoro gli apprendisti ritor-navano nelle aziende con le quali aveva-no stipulato un contratto, mentre gli isti-tuti professionali erano responsabili direperire un’opportunità di formazione pergli allievi privi di contratto.

Importanti cambiamenti vennero appor-tati al la gestione dell ’ istruzione: lanormativa riguardante le aree di recluta-mento venne abolita e gli istituti profes-

sionali divennero concorrenti sul merca-to nazionale della formazione. Il finanzia-mento degli istituti venne reso dipenden-te dal successo da loro registrato nell’at-tirare allievi (transizione verso il cosid-detto “principio del tassametro”).

Nella fase di attuazione emerse che laquota di contratti di apprendistato nonaumentava e che gli istituti professionaliincontravano delle difficoltà nel fornirele necessarie opportunità di formazionepratica sul posto di lavoro. Ciò portò allanascita di offerte di formazione praticabasate sulla simulazione, che sono stategradualmente accettate quali mezzi alter-nativi per organizzare i periodi di espe-rienza pratica.

Un altro problema è stato quello dell’avan-zamento professionale. Mentre l’EFG con-sentiva anche l’accesso a curricoli d’istru-zione “tecnica”, la fase iniziale del nuovomodello non aveva un’analoga funzione“polivalente”.

Islanda: transizione verso una strut-tura unificata con curricoli modulari

In Islanda le nuove strutture del’istruzionesecondaria superiore vennero gradual-mente sviluppate sulla base di decisionilocali prese nella zona di Reykjavik. Nel1988 venne approvata una nuova leggeper l’unificazione dell’istruzione seconda-ria superiore (framhaldsskola). La rifor-ma islandese prevedeva la completamodularizzazione dei curricoli, che con-sentiva un impiego ottimale delle scarserisorse a livello di docenti nelle aree ru-rali (concentrazione sui moduli base ne-gli indirizzi professionali e cooperazionetra enti accademici e professionali).

Parallelamente all’unificazione curricolarevennero standardizzati gli orientamentiper gli esami finali per l’ottenimento del-le qualifiche professionali (in manieraanaloga al “svennepröv” norvegese).

Le tendenze più recenti indicano la vo-lontà di individuare nuovi modelli di for-mazione settoriali (formalmente all’inter-no delle strutture integrate, ma pratica-mente come “spin-offs” dal modello ge-nerale). Le due principali iniziative sonocostituite dal tentativo di introdurre unmodello duale di formazione in appren-distato come modello di riferimento per

In Danimarca “il nuovomodello di riforma (Erh-vervsuddannelsereform -

EUR) combinava i duemodelli esistenti in due

capitoli di una strutturacurricolare integrata.”

“Importanti cambiamentivennero apportati alla

gestione dell’istruzione: lanormativa riguardante le

aree di reclutamentovenne abolita e gli istituti

professionali divenneroconcorrenti sul mercato

nazionale della formazio-ne.”

In Islanda “nel 1988 venneapprovata una nuova

legge per l’unificazionedell’istruzione secondaria

superiore (framhalds-skola). La riforma islan-

dese prevedeva la comple-ta modularizzazione dei

curricoli.”

Nei paesi nordici “(...) imodelli di riforma vengo-no trasformati in struttu-

re generali per lo sviluppodi curricoli o per la

certificazione di iniziativedi formazione continua.”

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l’industria grafica e da quello teso a crea-re un centro di formazione separato peril settore dei trasporti.

Sulla riforma nei sistemidi formazione continua

I processi di riforma sopra illustrati han-no contribuito a mettere a fuoco nuovedefinizioni del ruolo della formazioneiniziale nei sistemi educativi. Le riformedei sistemi di formazione occupazionalesono state avviate quali misure specifi-che all’interno di politiche per la promo-zione dell’occupazione. Gradualmente talisistemi hanno acquisito crescente impor-tanza quali misure di formazione conti-nua. Di conseguenza, i relativi modelli diriforma vengono trasformati in strutturegenerali per lo sviluppo di curricoli o perla certificazione di iniziative di formazio-ne continua.

Inoltre in alcuni paesi detti sistemi sonoserviti da sistemi pilota per l’innovazionedei curricoli o per esperimenti di coope-razione. Infatti in vari stati gli esperimen-ti pilota hanno riguardato l’abbinamentodi formazione pubblica, aziendale, misu-re di sviluppo o curricoli scolastici e mi-sure di formazione degli adulti o l’abbina-mento di sistemi di formazione e valuta-zione basata sulle competenze.

In Danimarca la formazione occupazio-nale (AMU) gode di uno statuto specialequale misura di formazione specifica del-la categoria tradizionale della manodoperasemiqualificata (Specialarbeider). Inoltreessa svolge anche la funzione di rompi-ghiaccio nello sviluppare accordi di coo-perazione pedagogica che combinanomisure pubbliche (con una prospettiva piùgenerica) e specifiche esigenze aziendalidi una formazione specializzata. Tali ini-ziative sono anche servite da sistemi pi-lota per sviluppare adeguate strategie diformazione per discenti adulti non abi-tuati a forme accademiche di insegnamen-to e di apprendimento (EFG rovesciato).

In Svezia le funzioni dell’AMU sono statesvolte da un approccio integrativo teso asviluppare forme modulari di insegnamen-to generale e professionale destinate agliadulti. Nella recente riforma curricolaredell’istruzione secondaria superiore uni-ficata particolare enfasi è stata posta sul-

l’esigenza di sviluppare un’armonizza-zione ottimale tra formazione iniziale ecorrispondenti iniziative di formazione pergli adulti (KomVux e AMU).

In Norvegia la legislazione sulla forma-zione in apprendistato ha anche fornitola struttura per la riconversione profes-sionale degli adulti. Tuttavia, di recentel’AMO norvegese ha svolto ben più di unruolo ausiliario quale fornitore alternati-vo di formazione iniziale.

In Finlandia i sistemi di formazione oc-cupazionale sono stati ridefiniti comemisure di formazione continua disponi-bili anche per l’apprendimento autogestitoe per quello sotto contratto. Inoltre essisono serviti da settore pilota per l’intro-duzione della versione finlandese dellavalutazione basata sulle competenze.

Osservazioni conclusive

Gli scenari sopra citati dei sistemi di for-mazione professionale scandinava sonostati ricostruiti sottolineando i modelli ela gestione delle riforme nazionali. Recentisviluppi indicano che i paesi nordici stan-no attraversando una fase di transizioneverso un nuovo modello di politica, am-ministrazione e sviluppo dei curricoli.

Un ulteriore mutamento è dato dal mag-giore coinvolgimento dei paesi scandina-vi nella cooperazione europea. Questoaspetto si manifesta nell’interesse per lacomparabilità e il controllo della qualità(o gestione della qualità) dei sistemi na-zionali di formazione professionale.

Tenuto conto di ciò, le seguenti conclu-sioni (che si riferiscono ad un’epoca diriforme nazionali) vanno considerateprovvisorie. Tuttavia nell’ambito del piùampio dibattito europeo possono veniralmeno ritenute insegnamento da trarredalle riforme dei paesi nordici:

1. tutti i paesi nordici continuano a svi-luppare i loro sistemi nazionali di forma-zione quali parte integrante del sistemaeducativo. Tuttavia il ruolo della pianifi-cazione a livello nazionale sta cambian-do in seguito al decentramento della ge-stione dell’istruzione. Pertanto le istituzio-ni locali svolgono un ruolo essenzialenelle decisioni sull’adeguamento dei

“Tutti i paesi nordicicontinuano a sviluppare iloro sistemi nazionali diformazione quali parteintegrante del sistemaeducativo.”

I modelli di riforma voltiall’unificazione “(...) nonhanno portato ad un’inte-grazione concettuale o auna convergenza culturaletra indirizzo “accademi-co” e “professionale”.”

“Modelli di riformaparziale (fondati su unacombinazione di istruzio-ne scolastica e formazionesul posto di lavoro) (...)hanno incontrato probleminel garantire un numerosufficiente di opportunitàdi formazione sul posto dilavoro o una continuitàflessibile dei processi (...)”

“Di recente i curricolisono stati trasformati instrutture di programmiche consentono unadeguamento flessibile ouna cooperazione tradiversi enti educativi.”

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curricoli-modello (e sulla cooperazionecon altri enti educativi o professionali).

2. I modelli di riforma volti all’unificazio-ne hanno incontrato resistenza o sono statiridotti a semplici riforme organizzative.Pertanto non hanno portato ad un’inte-grazione concettuale o a una convergenzaculturale tra indirizzo “accademico” e“professionale”. Inoltre si è reso necessa-rio completare (o modificare) tali model-li con sottostrutture curricolari basate sullacooperazione con il mondo del lavoro.

3. Modelli di riforma parziale (fondati suuna combinazione di istruzione scolasti-ca e formazione sul posto di lavoro) han-no comportato altri problemi a livello diattuazione, in quanto non riuscivano agarantire un numero sufficiente di oppor-tunità di formazione sul posto di lavoroo una continuità flessibile dei processi(anche nella pratica). Tali modelli sonostati accompagnati dall’esigenza di aprirepercorsi di accesso dalla formazione pro-fessionale all’istruzione superiore (o a unlivello equivalente).

4. Il ruolo dello sviluppo dei curricoli nellediverse fasi della riforma è cambiato. Neimodelli originali le strutture curricolarifornivano un percorso standard (lineare,ciclico o semimodulare). Di recente icurricoli sono stati trasformati in struttu-re di programmi che consentono unadeguamento flessibile o una cooperazio-ne tra diversi enti educativi.

5. La formazione continua pubblica (ba-sata sui sistemi di formazione occupazio-nale) si è trasformata da una misura spo-radica in un importante sottosistema del-la formazione professionale, che è servi-to da settore pilota per la cooperazionetra iniziative statali e progetti di sviluppospecifici alle aziende. Inoltre esso ha rap-presentato il principale luogo di sperimen-tazione della modularizzazione e delleversioni scandinave della valutazione ba-sata sulle competenze. Tuttavia nella mag-gior parte dei casi si avverte la necessitàdi migliorare la corrispondenza curricolaretra sistemi di formazione iniziale e conti-nua.

“La formazione continuapubblica (basata sui

sistemi di formazioneoccupazionale) si ètrasformata da una

misura sporadica in unimportante sottosistemadella formazione profes-

sionale.”

(La seguente bibliografia è strutturata in sezionispecifiche per nazione, con alcuni riferimenti a raf-fronti tra i paesi scandinavi)

Svezia

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Bibliografia

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Islanda

Gudmundsson, Gestur 1993: The changing roleof vocational and technical education and trainingin Iceland. Un rapporto per l’OCSE (non pubblica-to) Reykjavik.

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Danimarca

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Introduzione

La mobilità della forza lavoro nell’Ue starichiamando sempre più l’attenzione, an-che in considerazione della proposta unio-ne monetaria. Affiché quest’ultima possacreare un valido sistema di tassi di cam-bio, è essenziale un’elevata mobilità del-la manodopera e una notevole flessibilitàdei salari e dei prezzi. Tuttavia, attualmen-te la mobilità tra la maggior parte dei paesiè molto limitata e in tale prospettival’esperienza del mercato scandinavo dellavoro può rivestire grande interesse. Ilpresente articolo mira a sintetizzare leprincipali esperienze e a presentare alcu-ni fatti fondamentali relativi al mercatonordico del lavoro.

I paesi nordici vantano una lunga espe-rienza nel campo dell’integrazione delmercato del lavoro fin dal 1954, allorchéSvezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia eIslanda sottoscrissero un accordo che eli-minava le barriere che si frapponevanoalla migrazione transfrontaliera dei lavo-ratori dei paesi scandinavi. Pertanto nes-sun cittadino scandinavo necessitava diun permesso per lavorare e soggiornarein un altro paese nordico. Inoltre le auto-rità locali di tutti gli stati s’impegnaronoa informare la agenzie di collocamentodegli altri paesi in merito alle possibilitàoccupazionali e alle condizioni di lavoro.Vennero pure stipulati degli accordi perassicurare le pari opportunità dei lavora-tori locali e immigrati.

La migrazione nei paesinordici

Quando venne istituito il mercato scandi-navo del lavoro, la Svezia era il paese conil massimo reddito pro capite. Inoltre lasituazione sul mercato svedese del lavo-ro era molto favorevole e, essendo la Sve-zia circondata geograficamente da altri

paesi scandinavi, non c’è da meravigliar-si che essa divenisse il principale centrod’immigrazione. Dato che dal 1954 la Sve-zia ha accolto immigranti provenienti datutti gli altri paesi nordici, è ovvio con-centrarsi soprattutto sull’immigrazionediretta in Svezia.

Quando l’accordo entrò in vigore, nonprovocò un aumento del flusso di forzalavoro in Svezia, perché già dal 1954 inquesto paese veniva applicata una politi-ca liberale nei confronti dell’immigrazio-ne che in parte era la prosecuzione del-l’impegno svedese ad accogliere i profu-ghi di guerra degli altri paesi nordici. Lemaggiori ondate d’immigrazione si verifi-carono negli anni ’60. Gradualmente inSvezia si venne a creare una colonia diimmigrati finlandesi; a causa della note-vole differenza salariale tra Svezia e Fin-landia e alla crescita dei posti di lavoroin Svezia, sempre più frequentemente icittadini finnici lavorarono in Svezia. Ne-gli anni del boom economico (1969-1970),l’immigrazione massiva di finlandesi inSvezia raggiunse livelli record di circa40.000 persone all’anno. Da allora, l’im-migrazione ha registrato un calo e i datirelativi agli anni ’80 sono stati considere-volmente più bassi. La Svezia è la princi-pale meta dei cittadini finlandesi, mentrepochissimi di loro hanno scelto di viveree risiedere in Danimarca o in Norvegia.

E’ difficile estrapolare le migrazioni dellaforza lavoro da quelle dovute ad altrimotivi, quali lo studio, motivi di famiglia,ecc. La Tabella 1 illustra i flussi d’immi-grazione in Svezia provenienti da Finlan-dia, Norvegia e Danimarca, esclusi i gio-vani di età inferiore ai 16 anni e agli adultidi età superiore ai 65 anni. Ciò porta aduna sottovalutazione dei dati inerenti allamigrazione lorda, ma, rispetto alla migra-zione massiva generale, consente di for-marsi un quadro più corretto della migra-zione della forza lavoro dei cittadini deipredetti tre paesi.

-----Tabella 1:------

Esperienze del mercatonordico integrato dellavoro

Per LundborgResearch fellow pres-

so l’IUI (IndustrialInstitute por

Economic and SocialResearch); professore

associato di Econo-mia, ricerca teorica ed

empirica su temi collegatialle migrazioni internazio-

nali, in particolare nel mer-cato scandinavo del lavoro.

L’esperienza raccolta nelmercato scandinavo del la-voro viene presentata allaluce dell’integrazione delmercato europeo del lavo-ro. Un aumento del flusso dilavoratori transfrontalierisi verifica solo quando sihanno consistenti differen-ze del reddito reale e neipaesi a più alto reddito sonodisponibili posti di lavoro.La parificazione del redditonei paesi nordici e la recen-te mancanza di sbocchi pro-fessionali nel mercato sve-dese del lavoro hanno pro-vocato un notevole calo del-la mobilità tra i paesi nor-dici. Vista la misura in cuile differenze salariali trapaesi dell’Europa meridio-nale e altri Stati membridell’Ue si stanno riducendo,è prevedibile che pure il tas-so di migrazione europeadiminuisca.

“Il mercato del lavoro deipaesi nordici fu stabilito

formalmente nel 1954,allorché Svezia, Danimar-ca, Norvegia, Finlandia e

Islanda sottoscrissero unaccordo che eliminava le

barriere che si frappo-nevano alla migrazione

transfrontaliera deilavoratori dei paesi

scandinavi.”

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Tabella 1: Immigrazione in Svezia da: Norvegia, Danimarca e Finlandia. Com-prende solo cittadini dei predetti paesi. Fascia d’età: 16-65. Periodo: 1968-1993.

Num

ero

d’im

mig

rati

Finlandia

Danimarca

Norvegia

L’immigrazione in Svezia dagli altri paesiscandinavi è stata di norma di gran lungainferiore rispetto a quella dalla Finlandia.Ad eccezione del 1974-1975 e degli ulti-mi anni ’80, periodi in cui in Danimarcala disoccupazione registrò una notevolecrescita, l’immigrazione dalla Danimarcain Svezia è sempre stata modesta, (circa1.000 persone all’anno).

L’immigrazione di norvegesi in Svezia èstata alquanto stabile e allo stesso livellodi quella danese; tuttavia, nel 1989-1990,con l’aumento della disoccupazione inNorvegia, si è avuto un forte incrementodell’immigrazione in Svezia, dove all’epo-ca la domanda di forza lavoro era eleva-ta. Pertanto l’accesso al mercato svedesedel lavoro ridusse il problema della di-soccupazione per i lavoratori danesi (ver-so la metà degli anni ’70) e per quellinorvegesi (alla fine degli anni ’80).

L’economia finnica è entrata in un perio-do di disoccupazione di massa nei primianni ’90. Ad esempio, nel 1993, il tasso didisoccupazione ha raggiunto il 17,7%. Non

si è però verificato un aumento dell’emi-grazione verso la Svezia, il che riflette inprimo luogo la mancanza di sbocchi pro-fessionali nel mercato svedese. In effetti,il tasso d’immigrazione in Svezia è bassoe l’immigrazione dalla Finlandia ha rag-giunto livelli analoghi di quella dalla Da-nimarca e dalla Norvegia.

Determinanti della migra-zione nordica

Molti fattori incidono sui flussi di migra-zione. Nell’illustrare la migrazione finnico-svedese non si può trascurare il fatto chei differenziali del reddito pro capite neidue paesi erano molto elevati (Lundborg1991). Un potenziale lavoratore migrantecompara il suo salario con quello previ-sto nel paese d’immigrazione. Ma i diffe-renziali del reddito non sono importantisolo per quanto riguarda il salario, maanche le indennità di disoccupazione. Sei disoccupati percepiscono degli incenti-vi per assumere un nuovo lavoro, è evi-

1968 1973 1978 1983 1988 1993

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

“Dato che dal 1954 laSvezia ha accolto immi-granti provenienti da tuttigli altri paesi nordici, èovvio concentrarsi soprat-tutto sull’immigrazionediretta in Svezia.”

“Negli anni ’60 (...) semprepiù frequentemente icittadini finnici lavoraro-no in Svezia.”

“(...) l’accesso al mercatosvedese del lavoro ridusseil problema della disoccu-pazione per i lavoratoridanesi (verso la metàdegli anni ’70) e per quellinorvegesi (alla fine deglianni ’80).”

Anno

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dente che il potenziale disoccupato mi-grante paragona il salario previsto nelpaese di destinazione con l’indennità didisoccupazione nel paese di provenien-za.

Un’altra serie di variabili determinanti puòessere desunta dal mercato del lavoro. E’ovvio che paesi di piena occupazione si-ano più attraenti per i migranti rispetto astati con un’elevata disoccupazione. Ciòè dovuto in larga misura al fatto che ingenerale i paesi con un basso tasso didisoccupazione offrono un maggior nu-mero di posti di lavoro rispetto agli staticon un alto tasso di disoccupazione. Ri-cerche empiriche hanno dimostrato che iposti di lavoro o il turnover (reclutamen-to e licenziamento) sul mercato del lavo-ro hanno un valore esplicativo superiorerispetto al tasso di disoccupazione. I pa-esi scandinavi che hanno registrato unaumento dei posti di lavoro sono pertan-to riusciti ad attirare lavoratori provenientida altri paesi. Per molti anni, i posti va-canti hanno attratto i finlandesi, ma neglianni ’80 molti di loro hanno fatto ritornoin patria, malgrado l’elevato tasso di di-soccupazione esistente nel loro paese: ciòera dovuto al rapido aumento dei postivacanti registrato in Finlandia.

L’emigrazione avviene più spesso da areead alto tasso di disoccupazione che daaree a basso tasso di disoccupazione. Ciònon significa però che a trasferirsi sianosoltanto i disoccupati. Anche gli occupatisono più propensi a migrare in una situa-zione di crescente o elevata disoccupa-zione, dato che il rischio di restare senzalavoro è alto. A prescindere dello statutooccupazionale, l’emigrazione riduce ilproblema della disoccupazione nel pae-se d’origine. Tuttavia le ricerche non han-no rivolto molta attenzione alla misura incui il mercato scandinavo del lavoro hadiminuito la disoccupazione in generale.

Un’altra serie di spiegazioni è legata alladistanza e sottolinea i diversi costi con-nessi ad un trasloco. E’ ovvio che gli im-migrati danesi in Svezia siano concentratinel sud del paese. La distanza geograficaimplica non solo costi di trasporto, maanche il costo psicologico di vivere lon-tano da amici e parenti. Quanto più lon-tano ci si trasferisce, tanto più elevati sonoi costi del reimpatrio. E’ inoltre impor-

tante che l’incertezza sulle condizionidella meta aumenta in proporzione alladistanza. Come già rilevato, le autoritàscandinave sono molto attive nel diffon-dere negli altri paesi scandinavi le infor-mazioni sulle condizioni locali.

Gli effetti inibitori della distanza vengo-no spesso controbilanciati dall’esistenzadi precedenti immigrati della terra d’ori-gine. E’ noto che gli immigrati tendono aconcentrarsi in un determinato paese oin una determinata località. Tale compor-tamento può essere spiegato in vari modi.Il più logico è che la concentrazione ri-duce alcuni costi dell’emigrazione, in par-ticolare quelli psicologici dovuti al fattodi vivere lontano da casa. Inoltre la pre-senza di altri immigrati favorisce l’assimi-lazione e aiuta il nuovo immigrato neicontatti con le autorità locali. I vecchiimmigrati svolgono un ruolo molto rile-vante nel mercato scandinavo del lavoro.Lundborg (1991) ha dimostrato che i vec-chi immigrati danesi, norvegesi e finlan-desi in Svezia costituiscono un importan-te determinante ai fini dei flussi di forzalavoro dai predetti paesi.

Altri fattori che incidono sulla migrazio-ne sono le affinità culturali e linguistiche.Da questo punto di vista ci si aspettereb-be una maggiore immigrazione in Sveziadalla Norvegia e Danimarca piuttosto chedalla Finlandia. Anche fattori specifici le-gati alla persona, come età, sesso e istru-zione, svolgono un certo ruolo. Comenella maggior parte dei casi, anche inScandinavia il tasso di migrazione è piùelevato tra i giovani che tra gli anziani.Di norma gli uomini sono più propensiad emigrare che le donne, visto il loromaggior tasso di partecipazione al mer-cato del lavoro. Infine, le persone piùistruite tendono a migrare più delle per-sone in possesso di una scarsa istruzio-ne. Spesso tale fenomeno viene spiegatocon il fatto che le persone più istruite rap-presentano una categoria più omogeneaanche al di là dei confini e pertanto siinseriscono con maggiore facilità nel nuo-vo ambiente.

La questione della migrazione delle per-sone istruite comporta implicazioni diver-se rispetto a quelle dei non-istruiti; inparticolare, spesso è il governo a finan-ziare gran parte dell’istruzione superioree con la migrazione è un altro paese a

Oggigiorno come conse-guenza della mancanza disbocchi professionali nelmercato svedese, “(...) iltasso d’immigrazione inSvezia è basso e l’immi-

grazione dalla Finlandiaha raggiunto livelli analo-

ghi di quella dalla Dani-marca e dalla Norvegia.”

“(...) i differenziali delreddito non sono impor-

tanti solo per quantoriguarda il salario, ma

anche le indennità didisoccupazione.”

“Ricerche empirichehanno dimostrato che i

posti di lavoro o ilturnover (reclutamento e

licenziamento) sul merca-to del lavoro hanno un

valore esplicativo supe-riore rispetto al tasso di

disoccupazione.”

“Altri fattori che incidonosulla migrazione sono le

affinità culturali e lingui-stiche. (...) Anche fattori

specifici legati alla perso-na, come età, sesso e

istruzione, svolgono uncerto ruolo. (...) le perso-ne più istruite tendono a

migrare più delle personein possesso di una scarsa

istruzione.”

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trarre i benefici di questi investimenti (lacosiddetta “fuga di cervelli”). Pedersen(1994) analizza la migrazione nel merca-to scandinavo del lavoro da parte dellepersone con un’istruzione superiore. Ladisponibilità alla migrazione nel mercatonordico del lavoro è superiore nelle per-sone meno istruite rispetto a quelle istru-ite, che, invece, sono più propense a mi-grare al di fuori della Scandinavia rispet-to ai meno istruiti. Tali risultati sono inlinea con molti altri studi che evidenzianoche la distanza esercita un minor effettodeterrente per le persone più istruite.

Conseguenze del benesse-re sul mercato scandinavodel lavoro

Un argomento standard dei libri di testoè quello che un libero mercato del lavoroaumenta la produzione totale nell’areaintegrata, il che costituisce un importantepunto a favore della liberalizzazione. Seb-

bene nessuno studio abbia analizzatodettagliatamente questo problema, non visono validi spunti per mettere in dubbioquesta tesi. Tuttavia ciò non implica chesia i paesi d’emigrazione sia quelli d’im-migrazione ne traggano beneficio e tantomeno che ne traggano vantaggio tutti itipi di lavoratori.

Il libero mercato scandinavo del lavoroha fornito alla Svezia una forza lavoro digran lunga maggiore rispetto a quella cheavrebbe avuto in altro caso. Se la massadegli immigranti nordici fosse costituitada colletti blu, un possibile effetto del-l’aumento dell’offerta di lavoratori nonqualificati sarebbe quello che i loro salarisarebbero leggermente inferiori a quantoavverrebbe in un altro caso. Allo stessomodo, è prevedibile che l’emigrazione dilavoratori dalla Finlandia produca nel loropaese un aumento del livello salariale equindi il mercato integrato del lavoro con-tribuirebbe a parificare i salari tra i paesiinteressati. Tali temi non sono però statiesaminati empiricamente. E’però noto che

Tabella 2: Emigrazione finlandese e posti vacanti in Svezia1965-1990. Indice 1965 = 100

19901965 1970 1975 1980 1985

0

20

Año

40

60

80

100

120

140

160

180

200

Emigrazione finlandese

Posti vacanti

“La disponibilità allamigrazione nel mercatonordico del lavoro èsuperiore nelle personemeno istruite rispetto aquelle istruite.”

“Se la massa degli immi-granti nordici fossecostituita da colletti blu,un possibile effetto del-l’aumento dell’offerta dilavoratori non qualificatisarebbe quello che i lorosalari sarebbero legger-mente inferiori a quantoavverrebbe in un altrocaso.”

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nel periodo di vita del libero mercatoscandinavo del lavoro, abbiamo registra-to una parificazione dei salari reali tra ipaesi nordici, in particolare, Svezia e Fin-landia. I mutamenti salariali sono pertan-to in linea con quanto previsto da unmodello teorico delle conseguenze dellamigrazione.

Posti vacanti nel paese d’immigrazione edifferenziali del reddito reale nei due pa-esi sono le principali forze che spingonole migrazioni internazionali. Ciò emergedalla Tabella 2, che illustra l’emigrazionedalla Finlandia in Svezia dal 1965 al 1990.La linea indica i posti vacanti nel mercatosvedese del lavoro riflette il ciclo econo-mico svedese.

Vediamo che per lungo tempo, fino aiprimi anni ’80, l’emigrazione dalla Finlan-dia in Svezia copre in larga misura i postidi lavoro vacanti. Tuttavia, la correlazionetra immigrazione e posti vacanti si rompenei primi anni ’80; ciò è dovuto princi-palmente al fatto che le differenze delreddito reale tra Svezia e Finlandia sonodiminuite al punto che non conviene piùtrasferirsi in Svezia per ricoprire posti li-beri.

Tuttavia, fino al 1982 la correlazione diimmigrazione di forza lavoro e posti dilavoro rivestiva considerevole importan-za nell’economia svedese. Nel 1969-1970,giunsero 80.000 immigranti per occuparegran parte dei posti vacanti. Qualora nonfosse stato consentito a questi lavoratoridi accedere al mercato svedese del lavo-ro, l’esubero della domanda di forza la-voro avrebbe certamente portato ad unaumento salariale e, pertanto, ad un in-cremento dell’inflazione. All’apice del ci-clo economico, al termine degli anni ’80,non si verificò un’analoga immigrazionee la domanda in eccesso di forza lavorocontribuì ad accelerare l’inflazione. Per-tanto, un libero mercato del lavoro nonsolo migliora l’efficacia dell’economia deipaesi interessati, ma anche comporta im-portanti effetti macroeconomici e puòcontribuire a diminuire l’inflazione nelpaese d’immigrazione e la disoccupazio-ne nel paese d’emigrazione.

Tuttavia le differenze di reddito tra i di-versi paesi rivestono grande importanza.Nel mercato scandinavo del lavoro, i sa-lari reali sono stati parificati in modo che

nessuno stato in cui si registra un aumentodei posti vacanti può prevedere che sia-no gli immigrati a ricoprirli. Se un altropaese è afflitto dalla disoccupazione, èprobabile che giungano immigranti, maciò, a sua volta, richiede che le indennitàdi disoccupazione nel paese di emigra-zione non siano sufficienti per impedireai disoccupati di emigrare.

Un aspetto essenziale dell’integrazione delmercato del lavoro è quello di indirizzarei disoccupati di un paese verso i postivacanti di un altro stato. In alcuni paesiscandinavi e dell’Ue il livello delle inden-nità è tanto alto da inibire la mobilità nelpaese e ancor più all’estero1. Affinché l’in-tegrazione del mercato del lavoro sia unostrumento efficace per ridurre la disoccu-pazione e il numero di posti vacanti, èindispensabile prendere in considerazio-ne il livello delle indennità.

Un altro effetto dell’immigrazione riguar-da il pagamento delle tasse e i ristorni.Dal punto di vista del paese ospitante,l’immigrato ideale è uno che paga moltetasse, ma riceve pochiristorni, quali i giovani capaci. Il tasso dipartecipazione del mercato del lavoro tragli immigranti determina in larga misural’effettuazione di ristorni netti ai cittadinidel paese ospitante. Uno studio di Ekberg(1983) ha illustrato che nel 1970 la Sveziaha ottenuto un surplus netto dall’immi-grazione. All’epoca la partecipazione tragli immigranti, compresi quelli nordici, eraelevata rispetto a quella degli svedesi.Oggigiorno un calcolo analogo può darerisultato negativo anche per gli immigrantiscandinavi, in quanto il tasso di parteci-pazione al mercato del lavoro degli sve-desi è superiore rispetto a quello degliimmigranti.

Alcuni insegnamenti datrarre dagli Stati membridell’UE

Le differenze tra reddito reale tra gli statimeridionali dell’UE e i paesi ricchi sonostati ridotti in maniera impressionante.Man mano che si registra una parificazionedei salari reali, diminuisce la migrazione,come avvenuto nel caso dell’emigrazionefinlandese in Svezia. Con l’avvicinarsinell’Ue di un reddito sostenibile, la mi-

“(...) nel periodo di vitadel libero mercato scandi-navo del lavoro, abbiamo

registrato unaparificazione dei salari

reali tra i paesi nordici, inparticolare, Svezia e

Finlandia.”

“(...) nei primi anni ’80(...) le differenze del

reddito reale tra Svezia eFinlandia sono diminuite

al punto che non convienepiù trasferirsi in Svezia

per ricoprire posti liberi.”

“Nel mercato scandinavodel lavoro, i salari reali

sono stati parificati inmodo che nessuno stato incui si registra un aumento

dei posti vacanti puòprevedere che siano gliimmigrati a ricoprirli.”

“Con l’avvicinarsi nell’Uedi un reddito sostenibile,la migrazione diminuirà

certamente in futuro.”

1) Per gli effetti delle indennità di di-soccupazione sulla migrazione scan-dinava, cfr. Lundborg (1991).

2) Nota della redazione: cfr. il regola-mento CE sulla libera circolazione deilavoratori nella Comunità.

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grazione diminuirà certamente in futuro.Le barriere linguistiche, culturali e reli-giose rappresentano ostacoli chiave, an-che se la ricerca ha ampiamente trascura-to questi problemi. Queste barriere ver-ranno eliminate soltanto con il tempo.

Tuttavia, anche la domanda di forza la-voro svolge un ruolo: se essa aumenteràin alcuni degli Stati membri più ricchi, iltasso di migrazione salirà. Ciò richiedeuna politica più attiva per stimolare l’oc-cupazione rispetto a quella attuata dagliStati membri dell’Ue, facendo sì che leindennità di disoccupazione non distol-gano dal ricercare un posto di lavoro. Ilprogramma per il 19922 comprendevamisure per la deregolamentazione tese a

incentivare la migrazione. Tuttavia gliaspetti cruciali per determinare le prospet-tive della migrazione, nell’Ue o altrove,sono l’avvicinamento del reddito e l’esi-stenza di posti vacanti. E’ difficile preve-dere un aumento del tasso di migrazionenell’Ue senza un incremento del numerodei posti vacanti.

Di per sé un elevato tasso di migrazionenon è un indicatore di un’economia effi-ciente. Soltanto dove il tasso di disoccu-pati e quello di sbocchi transnazionaliadeguati è assai basso vi è un problemaeconomico. Tassi ridotti di migrazionepossono semplicemente riflettere il fattoche le economie si sviluppano a velocitàanaloga.

Bibliografia

Ekberg, J. (1983), Inkomsteffekter av invandring,Acta Wexionensia, serie 2.

Lundborg, P. (1991), Determinants of Migration inthe Nordic Labor Market, Scandinavian Journal ofEconomics, Vol. 93, n° 3, pagg. 363-375.

Pedersen, P. (ed.) (1994), Scandinavian SkillMigration in Perspective of the European Integrationprocess, North-Holland Elsevier (di prossima pub-blicazione).

“Se la domanda di forzalavoro aumenterà inalcuni degli Stati membripiù ricchi, il tasso dimigrazione salirà. Ciòrichiede una politica piùattiva per stimolarel’occupazione rispetto aquella attuata dagli Statimembri dell’Ue, facendo sìche le indennità di disoc-cupazione non distoganodal ricercare un posto dilavoro.”

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Dati statistici

Dati estrapolati da OECD in Figures, suppl. a OECD Observer n° 188, giugno/luglio 1994

I paesi dell’allargamento: alcuni dati...

PopolazioneStruttura anagrafica della popolazione;

% della popolazione complessiva

Tassodi crescita (%)

perkmq

19921992 1982 1992 1960 1992 1960 1992 19601992/91 1975/74

Super-ficie

totalein

migliaiadi kmq

in migliaia < di 15 anni 15-64 > di 65

Austria 83,9 7,884 7,571 94,0 0,8 -0,3 17,5 22,0 67,3 65,8 15,2 12,2 Austria

Belgio 30,5 10,045 9,856 329,3 0,4 0,3 18,2e 23,5 66,5 64,5 15,3 12,0 Belgio

Danimarca 43,1 5,170 5,119 120,0 0,3 0,3 17,0e 25,2 67,5e 64,2 15,5 10,6 Danimarca

Finlandia 338,0 5,042 4,827 14,9 0,3 0,4 19,2 30,4 67,1 62,3 13,7 7,3 Finlandia

Francia 549,0 57,372 54,480 104,5 0,6 0,5 20,0 26,4 65,6 62,0 14,4 11,6 Francia

Germania 248,6a 64,846b 61,638 260,8 1,2 -0,4 15,5 21,3 69,2 67,8 15,3 10,9 Germania

Grecia 132,0 10,300 9,790 78,0 0,3 0,9 19,4f 26,1 66,8f 65,8 13,8f 8,1 Grecia

Irlanda 70,3 3,547 3,480 50,5 0,7 1,7 26,8e 30,5 61,8e 58,6 11,4e 10,9 Irlanda

Italia 301,2 56,859 56,639 188,8 0,2 0,6 15,7 23,4 68,9 67,6 15,4 9,0 Italia

Lussemburgo 2,6 390 366 150,0 2,1c 1,1 17,7e 21,4 68,8e 67,8 13,5e 10,8 Lussemburgo

Paesi Bassi 40,8 15,184 14,313 372,2 0,8 0,9 18,3 30,0 68,7 61,0 13,0 9,0 Paesi Bassi

Portogallo 92,4 9,858 9,877 106,7 0,0 1,0d 19,1 29,0 66,9 62,9 14,0 8,1 Portogallo

Spagna 504,8 39,085 37,961 77,4 0,2 1,0 18,4 27,3 67,6 64,5 14,0 8,2 Spagna

Svezia 450,0 8,674 8,327 19,3 0,7 0,4 19,0 22,4 62,9 65,9 18,1 11,7 Svezia

Regno Unito 244,8 57,848 56,335 236,3 0,3 0,0 19,2e 23,3 65,1e 65,0 15,7e 11,7 Regno Unito

Note: a. 356,9 per la Germania riunificatab. 80,569 per la Germania riunificatac. 1991/90

Fonte: Labour Force Statistics: 1972-1992, OCSE,Parigi, 1994; Employment Outlook, OCSE, Parigi,settembre 1992.

d. 1976/75e. 1991f. 1989

Demografia

Occupazione I

Austria 3,679 11,4 58,0 50,2 3,546 11,2 7,1 35,6 57,4 Austria

Belgio 4,237 2,8 54,1 48,3 3,724 5,3 2,6 27,7 69,7 Belgio

Danimarca 2,912a 8,9b 78,9a 72,6 2,612a 10,3b 5,7a 27,7a 66,6a Danimarca

Finlandia 2,527 -0,6 70,7 72,4 2,163 -8,6 8,6 27,9 63,5 Finlandia

Francia 25,109 5,8 58,7 54,7 22,032 3,7 5,2 28,9 65,9 Francia

Germania 30,949 8,4 58,6 52,9 28,708 9,6 3,1 38,3 58,6 Germania

Grecia 3,934a 6,9b 40,8a 36,4 3,634 2,9b 22,2a 27,5a 50,3a Grecia

Irlanda 1,384a 4,9 39,9a 37,6 1,113a -1,6b 13,8a 28,9a 57,3a Irlanda

Italia 24,612 8,0 45,8a 39,8 21,271 7,0 8,2 32,2 59,6 Italia

Lussemburgo 165a 3,1b 44,7a 41,3 162a 2,5b 3,3c 30,5c 66,2c Lussemburgo

Paesi Bassi 7,133 .. 55,5 39,0 6,576 .. 4,0 24,6 71,4 Paesi Bassi

Portogallo 4,764 10,0 61,9 54,4 4,498 .. 11,6 33,2 55,2 Portogallo

Spagna 15,432 12,8 42,0 32,5 12,359 11,4 10,1 32,4 57,5 Spagna

Svezia 4,429 1,7 79,1 75,9 4,195 -0,6 3,3 26,5 70,2 Svezia

Regno Unito 28,149 5,5 65,0a 57,1 25,181 6,8 2,2 26,5 71,3 Regno Unito

1992 1982

Popolazione attiva totale Occupazione civile totale

Tasso di partecipazionefemminile1

(%)in migliaia1992

Tasso divariazionerispetto al1982 (%)

in migliaia1992

Tasso divariazionerispetto al1982 (%)

Industria 2

%Servizi 2

%

Note: .. non disponibile;1. Definita come popolazione attiva femminile di

tutte le età divisa per popolazione femminiledi età compresa tra i 15 e i 64 anni

2. cfr. anche pagg. 26-27a. 1991b. 1991/81c. 1990

Fonte: Labour Force Statistics: 1972-1992, OCSE,Parigi, 1994.

Agricoltura,silvicoltura e

pesca2

(%)

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Austria 9,1 8,0 20,5 18,9 1,6 1,5 89,1 87,8 10,2 16,0 Austria

Belgio 11,8a 6,4b 27,4a 16,3b 2,1a 1,3b 89,3a 86,2b 14,1a 13,7 Belgio

Danimarca 23,1a 23,7b 37,8a 46,5b 10,5a 5,6b 75,5a 86,9b 9,1a 11,8b Danimarca

Finlandia 7,9 7,7 10,4 11,6 5,5 4,1 64,3 72,0 14,2 12,7 Finlandia

Francia 12,7 9,2 24,5 18,9 3,6 2,5 83,7 83,9 12,6 16,4 Francia

Germania 15,5a 12,0b 34,3a 28,9b 2,7a 1,6b 89,6a 91,9b 9,0 8,7 Germania

Grecia 3,9a 3,3b 7,2a 6,6b 2,2a 1,8b 62,9a 62,4b 34,8f 38,9 Grecia

Irlanda 8,4a 6,6c 17,8a 15,5c 3,6a 2,7c 71,6a 71,6c 21,7a 20,8 Irlanda

Italia 5,4 5,1b 10,5 10,1b 2,7 2,9b 67,9 61,4b 24,4a 23,6 Italia

Lussemburgo 7,5a 6,3c 17,9a 17,0c 1,9a 1,0c 83,3a 88,9c 10,6a 12,4 Lussemburgo

Paesi Bassi 1 32,8 18,7b 62,9 44,6b 13,4 6,9b 75,0 74,6b 9,6a 12,4 Paesi Bassi 1

Portogallo 7,2 7,3d 11,0 14,7d 4,2 2,6d 67,4 77,9d 24,5 30,4 Portogallo

Spagna 5,9 5,8e 13,7 13,9e 2,0 2,4e 76,8 71,5e 21,4 22,1 Spagna

Svezia 2 24,3 25,0 41,3 46,5 8,4 6,4 82,3 86,4 9,5 7,7 Svezia 2

Regno Unito 23,2 17,9b 44,6 40,0b 6,1 3,1b 85,4 89,6b 12,2 9,2 Regno Unito

Lavoro femminilepart-time

(% del lavoropart-time totale)Entrambi i sessi Donne Uomini

19821992

Occupazione part-time(% dell’occupazione complessiva)

Autoccupazione(% del

lavoro totale)

19821992 19821992 19821992 19821992

Note: .. non disponibile1. Interruzione della serie nel 19852. Interruzione della serie nel 1986a. 1991b. 1981

c. 1983d. 1980e. 1987f. 1990

Fonte: Employment Outlook, OCSE, Parigi, luglio1993; Economic Outlook, OCSE, Parigi, dicembre1993; Labour Force Statistics: 1972-1992, OCSE,Parigi, 1994

Occupazione II

Tasso di disoccupazione1 Disoccupazione giovanile(< 25 anni di età -

% della forza lavoro giovanile)

Disoccupazione dilunga durata

(12 mesi e più -% della disoccu-pazione totale)

Disoccupazione perentrambi i sessi

(% della popolazioneattiva complessiva)

Disoccupate(% rispetto alla

popolazione attivafemminile totale)

Disoccupate(% rispetto alla

popolazione attivamaschile totale)

Occupazione III

UominiDonne

19821992 19821992 19821992 19821992 19821992 19821992

Austria 3,6 3,5 3,8 4,8 3,5 2,8 .. .. .. .. .. .. Austria

Belgio 9,3a 11,9 13,2a 17,0 6,5a 8,7 61,6a 66,3c .. .. .. .. Belgio

Danimarca 9,1a 11,0 10,0a 11,2 8,3a 10,7 31,2a 33,0c .. .. .. .. Danimarca

Finlandia 13,0 5,3 10,5 5,2 15,1 5,4 9,1a 22,3c 21,4 10,2 25,1 9,6 Finlandia

Francia 10,2 8,1 12,7 11,2 8,2 6,0 36,1a 42,1 26,1 25,3 16,6 13,8 Francia

Germania 5,8 6,4 6,4 7,3 5,4 5,9 45,5a 39,3c 6,0b 9,6 5,4b 9,0 Germania

Grecia 7,0b 5,8 11,7b 8,0 4,3b 4,7 47,0a 35,0c .. .. .. .. Grecia

Irlanda 15,7a 11,4 12,1a 9,7 17,3a 12,1 60,3a 36,9c 21,1a 16,6 25,0a 22,9 Irlanda

Italia 11,4 8,4 17,2 13,9 7,9 5,6 67,1a 57,7c 38,1 33,3 28,1 23,8 Italia

Lussemburgo 1,2a 1,2 2,0a 1,7 1,1a 1,0 .. .. .. .. .. .. Lussemburgo

Paesi Bassi 7,0a 11,3 9,5a 11,3 5,3a 11,4 43,0a 50,5 9,5 17,0 10,8 20,2 Paesi Bassi

Portogallo 4,1 7,3 4,9 12,1 3,5 4,0 38,3a 56,0d 11,5 23,8 7,8 8,0 Portogallo

Spagna 18,1 15,6 25,3 18,5 14,0 14,4 47,4 48,5 40,5 39,5 29,6 31,8 Spagna

Svezia 5,3 3,1 4,1 3,4 6,3 2,9 8,1a 8,4 9,2 7,8 13,7 7,4 Svezia

Regno Unito 9,5 10,4 5,1 7,0 12,9 12,6 28,1a 47,0 9,9 19,7 19,7 25,9 Regno Unito

Note: .. non disponibile1. Definizioni nazionalia. 1991

b. 1990c. 1983d. 1986

Fonte: Labour Force Statistics: 1971-1991, OCSE,Parigi, 1993; Employment Outlook, OCSE, Parigi,luglio 1993

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Istruzione I1

Pre-scolasticaTotale2 Primaria Secondaria Terziaria Totale3 Primaria Secondaria Terziaria

Spesa pubblica a favore dell’istruzione(% del PIL)

Allievi complessivi per 1000 abitanti

Austria 5,4 0,3 1,0 2,6 1,1 198 25 47 95 31 Austria

Belgio 5,4 0,5 0,9 2,4 0,9 217 38 75 80 25 Belgio

Danimarca 6,1 .. .. .. 1,3 195 10 66 90 29 Danimarca

Finlandia 6,7 .. .. .. .. 209 7 78 89 35 Finlandia

Francia 5,4 .. .. .. .. 252 45 72 101 30 Francia

Germania 4,0 0,2 0,5 1,8 0,9 189 28 40 93 28 Germania

Grecia .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. Grecia

Irlanda 5,5 0,5 1,6 2,2 1,2 278 36 119 101 20 Irlanda

Italia .. .. .. .. .. 200 27 54 94 25 Italia

Lussemburgo .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. Lussemburgo

Paesi Bassi 5,6 0,3 1,3 2,2 1,7 208 24a 77 82 25 Paesi Bassi

Portogallo 5,5 0,1 2,2 2,0 0,9 215 17 104 75 18 Portogallo

Spagna 4,5 0,3 1,0 2,4 0,8 247 25 72 117 31 Spagna

Svezia 6,5 0,2 2,3 2,8 1,2 170 11 68 69 22 Svezia

Regno Unito 5,3 0,2 1,4 2,3 1,0 182 14b 79 76 13 Regno Unito

Note: .. non disponibile;1. 1990-1991;2. Il totale comprende la spesa non distribuita tra livelli scolastici3. Il totale comprende allievi part-time d’istituti prescolasticia. Tutti gli allievi d’istituti prescolastici sono iscritti part-timeb. Parte degli allievi d’istituti prescolastici è iscritta part-time

Fonte: Education at a Glance, OCSE, Parigi, 1993.

Austria 17,2 1,2 4,1 10,1 1,9 .. .. .. 866 277 Austria

Belgio 21,3 x 7,7a 10,7 1,9 .. 81,6 21,8 .. 484 Belgio

Danimarca 16,1 0,7 5,9 8,4 1,0 23,7 77,0 29,0 1.004 380 Danimarca

Finlandia 14,2 .. .. .. .. 14,9 .. .. 1.235 649 Finlandia

Francia .. 1,6 3,1 7,2 .. 100,5 83,7 23,6 758 444 Francia

Germania 11,4 1,2 2,0 5,7 2,6 75,4 82,9 27,8 1.173 445 Germania

Grecia .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. Grecia

Irlanda 13,4 1,3 4,5 5,9 1,6 65,0 67,9 .. 783 338 Irlanda

Italia .. .. 4,8 10,1 0,8 .. .. .. 507 .. Italia

Lussemburgo .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. Lussemburgo

Paesi Bassi 12,9 1,1 3,9 5,8 2,0 73,8 75,2 23,9 822 357 Paesi Bassi

Portogallo 17,7 0,8 7,8 7,5 1,5 58,0 53,8 13,2 506 352 Portogallo

Spagna 12,8 1,0 3,3 7,0 1,3 82,6 64,2 25,5 637 .. Spagna

Svezia .. .. 6,5 6,5 .. 23,1 68,5 14,0 802 492 Svezia

Regno Unito 11,9 0,5 3,7 6,1 1,3 81,9b 48,6 8,4 .. 277 Regno Unito

Note: .. non disponibile;x compreso in un’altra categoria1. 1990-1991;2. A livello secondario si possono ottenere 2 o più qualifichea. Comprende gli allievi d’istituti prescolasticib. Alcuni allievi di 3-6 anni d’età sono iscritti part-time

Fonte: Education at a Glance, OCSE, Parigi, 1993

ottiene unaqualifica

d’istruzionesecondaria

Numero di docenti equivalenti a tempo pienoper 1000 abitanti

Tasso d’iscrizionea tempo pieno

(% della fascia d’età)

Numero di persone ogni1000 appartenenti a una

determinata fascia d’età che

accedeall’istruzione

superioreTotale Primaria Secondaria Terziaria 3-6 15-19 20-24Pre-

scolastica

Istruzione II1

Pre-scolastica

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Bibliografia

Austria

Unemployment and Labour marketflexibility: AustriaWalterskirchen E.UIL (Ufficio Internazionale del Lavoro)Ginevra, UIL, 1991, 134 pagg.ISBN 92-2-107290-8

Das berufliche Bildungswesen in derRepublik ÖsterreichCEDEFOP (Centro europeo per lo svilup-po della formazione professionale)Berlino, 1994 (in corso di edizione)

The School Psychology-EducationalCounselling Service informs aboutEducation in AustriaVienna, Ministero per l’Istruzione e l’Ar-te, foglio informativo, 1994DE, EN, FR

Berufliche Bildung in ÖsterreichsUnternehmenVienna, Bundeswirtschaftskammer, 31pagg., 1988

Betriebliche Weiterbildung in Öster-reich. Strukturen und Entwicklungendes überbetrieblichen Weiterbildungs-marktes (Vol. II)Kailer N.Vienna, IBW (Institut für Bildungs-forschung der Wirtschaft), 1989, 240 pagg.

Higher education and employment:the changing relationship. Recentdevelopments in continuing profes-sional education. Country report -AustriaOCSE (Organizzazione per la cooperazio-ne e lo sviluppo economico)Parigi, OCSE, 1991, 20 pagg.

Finlandia

Developments in education 1992-1994. FinlandMinistero dell’EducazioneHelsinki, 1994, 98 pagg.

Vocational Education in FinlandConsiglio nazionale dell’EducazioneHelsinki, 1991, 45 pagg.

Education in FinlandMinistero degli Affari EsteriHelsinki, opuscolo, 5 pagg., 1991

Educational strategies in Finland inthe 1990sKivinen O.; Rinne R.Turku, Università di Turku,1992, 134 pagg.

The Changing role of vocational andtechnical education and training inFinlandKyrö M. (ed.)National Board of Educationnon pubblicato (progetto OCSE: Thechanging role of vocational and technicaleducation and training),1993, 76 pagg. + allegati

Further education and training of theLabour Force. Country report - FinlandOCSE (Organizzazione per la cooperazio-ne e lo sviluppo economico)Parigi, OCSE, 1990, 40 pagg.

Continuing vocational education andtraining in FinlandMinistero dell’EducazioneHelsinki, 1990, 27 pagg.

Weiterbildung in Finnland. WenigerStaat mehr MarktWolbeck M.in: Grundlagen der Weiterbildung, 3(2),1992, Neuwied, pagg. 96-99ISSN: 0937-2172

Higher Education Policy in FinlandMinistero dell’EducazioneHelsinki, 1994, 161 pagg.ISBN 951-47-8305-0

Higher education and employment:The changing relationship. Recentdevelopments in continuing profes-sional education: Country reportFinlandParjanen M.OCSE (Organizzazione per la cooperazio-ne e lo sviluppo economico)Parigi, OCSE, 1991, 20 pagg.

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An Introduction to Higher Educationin Finland. A Brief Guide for ForeignStudentsMinistero dell’Educazione, Dipartimentoper l’Istruzione Superiore e la RicercaHelsinki, Ministero dell’Educazione, 1990,52 pagg.ISBN 951-47-33-64-9

Study in Finland. International Pro-grammes in Finnish Universities 1992-1993Centro finlandese per la Mobilità interna-zionale e Programmi di scambioHelsinki, Ministero dell’Educazione, 1992,148 pagg.ISSN 0788-5695

Higher Education and Research inFinlandMinistero dell’EducazioneHelsinki, Ministero dell’Educazione, 1988,89 pagg.ISBN 951-47-2071-7

Unemployment and labour marketflexibility: FinlandLilja R., Santamäki-Vuori T., Standing G.UIL (Ufficio Internazionale del Lavoro)Ginevra, UIL, 1990, 222 pagg.ISBN 92-2-107273-8

Finnish Polytechnics.An Experimental ReformMinistero dell’EducazioneHelsinki, 1993, 16 pagg.

Svezia

Education in Sweden 1994Statistics SwedenÖrebro, 1994, 80 pagg.

The Swedish schoolsystemSkolverketStoccolma, 1994, fogli informativi

Berufliche Bildung in Deutschlandund Sweden im VergleichPaland M.CDG (Carl Duisberg Gesellschaft)Colonia, 1992

La formation en Suède: de l’éducationpopulaire à la formation en entrepriseCentre InffoParis-la-Défense, in: Inffo Flash (LeDossier), n° 402, 23.02.1994. 4 pagg.

Coherence between compulsory edu-cation, initial and continuing trainingand adult education in SwedenHjorth S.Ministero svedese dell’Educazione e del-le ScienzeDocumento preparato per il CEDEFOP(Centro europeo per lo sviluppo dellaformazione professionale)Stoccolma, 1994, 48 pagg.Disponibile presso il CEDEFOP

Adult education in the 1990’s:considerations and proposalsConsiglio Nazionale svedeseper l’IstruzioneStoccolma, 1991, 50 pagg.

Industry training in Australia, Swedenand the United StatesOCSE (Organizzazione per la cooperazio-ne e lo sviluppo economico)Parigi, OCSE, 1993, 104 pagg.ISBN 92-64-13905-2

The effectiveness of training boards inSwedenGranander S.UIL (Ufficio Internazionale del Lavoro)Ginevra, UIL, documenti per la discussio-ne, n° 108, 1993

The expanding learning enterprise inSwedenAbrahamsson K.; Hultinger E.S.;Svenningson L. (eds.)Ministero dell’Educazione e degli AffariCulturali; Consiglio Nazionale per l’Istru-zioneStoccolma, NBE-report-planning. Followup and Evaluation 90/10, 1990, 101 pagg.;bibl. pagg. 98-101

The Swedish Way. Towards a LearningSocietyMinistero svedese dell’Educazionee delle ScienzeStoccolma, 1993, 169 pagg.ISBN 91-38-1375-0

Higher education and employment:the changing relationship. Recentdevelopments in Continuing Profes-sional Education. Country study:SwedenOCSE (Organizzazione per la cooperazio-ne e lo sviluppo economico)Parigi, OCSE, 1991, 25 pagg.

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Unemployment and labour marketflexibility: SwedenStanding G.UIL (Ufficio Internazionale del Lavoro)Ginevra, UIL, 1988, 150 pagg.ISBN 92-2-106265-1

Indirizzi utili

Austria

❏ Strutture pubbliche

Bundesministerium für Unterrichtund Kunst (BMUK)Abt. II/7z.H. Herrn Ministerialrat Mag. Peter Kreimlz.H. Herrn Rat Mag. SchlickMinoritenplatz 5A-1014 ViennaTel. 431+53120/4339Tel. 431+53120/4491Fax 431+53120/4130

Bundesministerium fürwirtschaftliche AngelegenheitenStubenring 1A-1010 ViennaTel. 431+71100/5223 (Mag.Jost)Fax 431+7142718Fax 431+7137995

Bundesministerium für Wissenschaftund ForschungRosengasse 2-6A-1014 ViennaTel. 431+53120/5920Fax 431+53120/6205

Bundeskammer der gewerblichenWirtschaftz.H. Herrn Dr. Georg PiskatyWiedner Hauptstrasse 63A-1045 ViennaTel. 431+50105/4072Tel. 431+50105/4073Fax 431+50206/261

Vereinigung österreichischerIndustriellerz.H. Frau Mag. Gerlinde PammerSchwarzenbergplatz 4A-1030 ViennaTel. 431+71135/2365Fax 431+71135/2922

Kammer für Arbeiter und Angestelltez.H. Herrn Mag. Ernst LöwePrinz-Eugen-Strasse 20-22A-1040 ViennaTel. 431+50165/2473Fax 431+50165/2230

Kammer für Arbeiter und Angestelltez.H. Frau Mag. Brigitte StierlPrinz-Eugen-Strasse 20-22A-1040 ViennaTel. 431+50165/3132Fax 431+50165/2230;Fax 431+50165/3186

Österreichischer Gewerkschaftsbundz.H. Herrn Sekretär Gerhard PragerHohenstaufengasse 10-12A-1010 ViennaTel. 431+53444/466Fax 431+53444204

❏ Organismi di ricerca

Bundesministerium für Wissenschaftund Forschungz.H. Herrn Ministerialrat Dr. HeinzKasparovskyRosengasse 2-6A-1014 ViennaTel. 431+53120/5920Fax 431+53120/6205

Institut für Berufs- und Erwachsenen-bildungsforschung an der UniversitätLinz (IBE)z.H. Univ. Doz. Mag. Dr. W. BlumbergerRaimundstrasse 17A-4020 LinzTel. 4370+6511083Fax 4370+609313/12

Institut für Bildungsforschung derWirtschaft (IBW)z.H. Herrn Dr. Klaus SchedlerRainergasse 38A-1050 ViennaTel. 431+5451671/27Fax. 431+5451671/22

Österreichisches Institut fürBerufsbildungsforschung (ÖIBF)z.H. Frau Maria HofstätterKolingasse 15A-1090 ViennaTel. 431+31033340Tel. 431+3197772Fax 431+3197772

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Institut für höhere Studienz.H. Herrn Dr. Lorenz LassnigStumpergasse 56A-1060 ViennaTel. 431+599910

Industriewissenschaftliches Institutz.H. Mag. Alexander KohlerReisnerstrasse 40A-1030 ViennaTel. 431+7153790

❏ Parti sociali

Organizzazione dei datori di lavoro

Vereinigung ÖsterreichischerIndustrieller (VÖI)Haus der Industrie Scharzenbergplatz, 4A-1031 Vienna IIITel. 431+711350Fax 431+711352507

Organizzazioni sindacali

ÖGBHohenstaufengasse 10-12Postfach 155A-1011 ViennaTel. 431+2253444Fax 431+225344/4204

Finlandia

❏ Strutture pubbliche

Ministero del LavoroEteläesplanadi 4Box 524FIN-00101 HelsinkiTel. 3580+18561Fax 3580+1856427

National Board of EducationHakaniemenkatu 2FIN-00530 HelsinkiTel. 3580+7061Fax 3580+7062865

Further education centre for thevocational institutes and admini-strationLapinniemenranta 12FIN-33180 TampereTel. 35831+534400Fax 35831+534434

National Board of Education(Opetushallitus):Areas of expertise: evaluation,EURYDICE, CEDEFOP, INES, compari-son of certifications, lines of educa-tional policy, general administration ofeducationP.O. Box 380FIN-00531 HelsinkiTel. 3580+774775

Ministry of Education/Planning UnitSecretariat (Opetusministeriö/suunnittelusihteeristö)Areas of expertise: strategies for futureplanning of educationP.O. Box 293FIN-00171 HelsinkiTel. 3580+134171

❏ Organismi di ricerca

The Research Institute (FISS)Swedish School of Social SciencePB 16 (Topeliusgatan 16)FIN-00014 Università di Helsinki

University of TampereWork Research Centre(Tampereen yliopisto:Työelämän tutkimuskeskus)The links between work and education,specialized research concerning workand chances in workP.O Box 607FIN-33101 TampereTel. 35831+156111Fax 35831+157265

University of LapplandFaculty of Social ScienceUnit for Social WorkP.B. 122FIN-96101 RovaniemiTel. 35860+3241Fax 35860+32420

University of Jyväskylä: Institute forEducational Research (Jyväskylänyliopisto: kasvatustieteidentutkimuslaitos)Areas of expertise: learning resultsIEAE, Votec, specialized research foreducationP.O. Box 35FIN-40351 JyväskyläTel. 35841+601211

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University of Turku: Research Unit forthe Sociology of Education (Turunyliopisto, koulutussosiologian tutki-muskeskus)Sociologically oriented research of educationHämeenkatu 1FIN-20500 TurkuTel. 35821+6335878

Government Institute for EconomicResearch (Valtion taloudellinentutkimuskeskus)Economic research of educationHämeentie 3FIN-00530 HelsinkiTel. 3580+70371

The Research Institute of the FinnishEconomy (ETLA) (ElinkeinoelämänTutkimuslaitos)Lönnrothinkatu 4 BFIN-00120 HelsinkiTel. 3580+609900Fax 3580+601753

National Research and DevelopmentCentre for Welfare and Health (STAKES)Sosiaali- ja terveysalan tutkimus- jakehittämiskeskusP.O. Box 220FIN-00531 HelsinkiTel. 3580+39671Fax 3580+761307

❏ Parti sociali

Organizzazioni dei lavoratori

Central Organisation of Finnish TradeUnions (SAK)Siltasaarenkatu 3 AFIN-00530 HelsinkiTel. 3580+77211Fax 3580+7721447

Finnish Confederation of SalariedEmployees (STTK)Ponjoisranta 4 AP.B. 248FIN-00171 HelsinkiTel. 3580+131521Fax 3580+652367

Confederation of Unions for AcademicProfessionnals in Finland (AKAVA)Rautatieläisenkatu 6FIN-00520 HelsinkiTel. 3580+141822Fax 3580+142595

Organizzazioni dei datori di lavoro

Confederation of Finnish Industry andEmployers (TT)Eteläranta 10; P.B. 30FIN-00131 HelsinkiTel. 3580+68681Fax 3580+68682316

Employers’Confederation of ServiceIndustries in Finland (LTK)Eteläranta 10FIN-00130 HelsinkiTel. 3580+179831Fax 3580+655588

Commission for Local AuthorityEmployers (KT)2 linja 14, KuntataloFIN-00530 HelsinkiTel. 3580+7711Fax 3580-7012239

Svezia

❏ Strutture pubbliche

National Employment-Training Board(AMU-Gruppen)Box 1264S-11119 StoccolmaTel. 468+7016500

UtbildningsdepartementetMinistry of Education and ScienceDrottninggatan 16S-10333 StoccolmaTel. 468+7631000Fax 468+7231734

Skolverket-National Agencyfor educationKungsgatan 53S-10620 StoccolmaTel. 468+7233200Fax 468+244420

ArbetsdepartementetMinistry of LabourDrottninggatan 21S-10333 StoccolmaTel. 468+7631000Fax. 468+210842

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ArbetsmarknadsstyrelsenSwedish National Labour MarketBoardS-17199 SolnaTel. 468+7306000Fax 468+278368

Statistics SwedenDepartment of Labour and EducationalStatisticsS-70189 ÖrebroTel. 4619+176000

❏ Organisi di ricerca

The Industrial Institute for Economicand Social Research (Industring utred-nings institut)Box 5501S-11485 StoccolmaTel. 468+7838000Fax 468+6617969

Stockholm Institute of EducationLärarhögskolan i StockholmBox 34103S-10026 Stoccolma

The Council for Research into Univer-sities and University CollegesRädet för forskning oni universitetoch högskolorBox 45501S-10430 StoccolmaTel. 468+7283802

Stockholms Universitet/Institutionerför internationell pedagogikStockholm University/Institute ofInternational EducationS-10691 StoccolmaTel. 468+162000Fax. 468+153133

❏ Parti sociali

Organizzazioni dei datori di lavoro

Svenska Arbetsgivareföreningen (SAF)Swedish Employers’Confederation (SAF)S-10330 StoccolmaTel. 468+7626000Fax 468+7626290

Swedish engineering employers’ asso-ciation (VF)Box 5510Storgatan 5S-11485 StoccolmaTel. 468+7820800

Organizzazioni dei lavoratori

The Swedish Trade Union Confede-ration (LO)Bainhusgatan 1S-10553 StoccolmaTel. 468+7962500Fax 468+7962800

The Swedish Confederation of Profes-sional Employees (TCO)S-11494 StoccolmaTel. 468+7829100Fax 468+7829108

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Da leggere

Europa - Internazionale

Lett

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scel

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Informazioni, studi e ri-cerche comparative

Il sistema di formazioneprofessionale:❏ in Belgio (FR, IT, NL)❏ in Danimarca (DA, EN, ES, FR)❏ in Germania (DE, EN, ES, FR, GR,NL, PT)❏ in Spagna (ES)❏ in Francia (DA, DE, EN, ES, FR, IT,PT)❏ in Grecia (DE, EN, GR)❏ in Italia (DE, FR, IT)❏ in Irlanda (EN, ES)❏ in Lussemburgo (EN, ES, FR, PT)❏ nei Paesi Bassi (DE, EN, FR, NL)❏ in Portogallo (PT)❏ nel Regno Unito (DE, EN, ES, IT, PT)Centro Europeo per lo Sviluppo della For-mazione Professionale (CEDEFOP)Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee, 1993,1994

Dopo una presentazione del contesto am-ministrativo, demografico, economico edun breve excursus storico sui sistemi diformazione, queste monografie nazionalistudiano il funzionamento della formazio-ne iniziale e continua, le istituzioni re-sponsabili, il ruolo delle parti sociali e ifinanziamenti. Sono poi indicati le ten-denze e gli sviluppi attuali.

Structures des systèmes d’enseigne-ment et de formation initiale dansl’Union européenne et les pays del’AELE/EEEPreparato in cooperazione da La Rete d’In-formazione sull’Istruzione nella Comuni-tà Europea (EURYDICE) e Centro Euro-peo per lo Sviluppo della FormazioneProfessionale (CEDEFOP)Commissione europea, Direzione generaleXXII - Risorse umane, Istruzione, Forma-zione, GioventùLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europeein corso di stampaDE, EN, FR

Questa seconda edizione è stata redattasulla base delle informazioni fornite al-l’Unità europea EURYDICE dalle Unitànazionali EURYDICE con la convalidadalle competenti autorità nazionali. Tuttii paesi sono stati esaminati in maniera ana-loga per facilitare, se desiderata, la lorocomparazione. I capitoli riguardano: re-sponsabilità ed amministrazione del siste-ma educativo nel suo complesso, più unadescrizione dell’offerta nella fase presco-lastica, della scuola primaria e di quellasecondaria fino al termine della scuoladell’obbligo, tenendo conto sia del setto-re pubblico che di quello privato.

The determinants of transitions inyouth. Papers from the conferenceorganized by the ESF network onTransitions in Youth, CEDEFOP andGRET (Universitat Autónoma de Barce-lona). Barcellona 20-21 settembre1993Centro Europeo per lo Sviluppo dellaFormazione Professionale (CEDEFOP)Berlino, CEDEFOP Panorama, n° 43, 1994,338 pagg.ENDisponibile gratuitamente pr esso i lCEDEFOP

Si è trattato del primo incontro interna-zionale della “European Science Foun-dation Network on Transitions in Youth”,che si prefigge come obiettivo a lungascadenza di promuovere la comprensio-ne teorica del cambiamento dei giovanie, in particolare, delle relazioni tra istru-zione/formazione e mercato del lavoroattraverso l’analisi comparativa d’indagi-ni globali e longitudinali sui mutamenti.La conferenza si è articolata in cinqueworkshops: panoramica su sistemi, istitu-zioni e cambiamenti; percorsi nel merca-to del lavoro per coloro che lasciano lascuola secondaria; dimensione sociale efamiliare della transizione giovanile; pro-cesso e conseguenze delle differenziazionieducative; itinerari nel mercato del lavo-ro per i diplomati delle scuole superiori.Gli atti consentono di confrontare approc-ci e preoccupazioni dei vari paesi e sot-tol ineano i l carat tere complesso e

CE

DE

FOP

CE

DE

FOP panorama

The Determinants of Transitions in Youth

Papers from the conference organized by the ESF Network on Transitions in Youth, CEDEFOP and GRET (Universitat Autònoma de Barcelona)

Barcelona20-21 September 1993

Conference papers

Sezione a cura di

Maryse Peschele del Servizio di Documen-tazione con il sostegno deimembri nazionali dellarete di documentazione(cfr. l’ultima pagina dellasezione)

La sezione “Letture scelte”presenta le pubblicazioni piùsignificative e recenti relativeagli sviluppi nel campo dellaformazione e delle qualifichea livello sia europeo sia inter-nazionale. Privilegiando leopere comparative, riportastudi nazionali condotti nel-l’ambito di programmi euro-pei e internazionali, analisisull’impatto dell’azione co-munitaria negli Stati membried indagini su un determi-nato paese visto dall’esterno.La sezione “Stati membri”riunisce una selezione d’im-portanti pubblicazioni na-zionali.

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multidimensionale del processo d’integra-zione che coinvolge numerosi fattori eco-nomici, sociali e personali.

Le professioni del settore turistico.Un’analisi comparata in nove Statidella Comunità.Guerra, D.; Peroni, G.Centro Europeo per lo Sviluppo dellaFormazione Professionale (CEDEFOP)Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee, 1994,576 pagg.ISBN 92-826-8368-0 (fr)EN, FR, IT

Il presente studio sulle professioni delsettore turistico-alberghiero si colloca nelquadro del progetto “Repertorio comuni-tario dei profili professionali”, avviato nel1990, che mira a sperimentare unametodologia che permetta un raffrontointernazionale delle professioni nel set-tore turistico-alberghiero, elettronico eaudiovisivo. Basato sui lavori di novepaesi (Belgio, Danimarca, Germania, Spa-gna, Grecia, Francia, Italia, Portogallo,Regno Unito), il rapporto illustra l’approc-cio metodologico, presenta un’analisi delsettore turistico nei vari paesi e riportaun raccolta di schede descrittive di 27profili professionali selezionati. La raccoltaè composta, per ciascun profilo, da unascheda comparativa seguita da nove sche-de nazionali comprendenti: descrizionedelle funzioni, mansionario, competenzerichieste, percorso, durata e diplomi diformazione tipo.I l primo rapporto, pubblicato dalCEDEFOP nel 1992, è in vendita pressol’Ufficio delle Pubblicazioni ufficiali del-le Comunità europee: “Répertoirecommunautaire des profils profe-ssionnels.Les professions du secteurtoùrisme-hôtellerie dans la Commu-nauté. Une analyse comparée” - ISBN92-826-8369-9 (it)-.

Evolution de la structure des qualifi-cations pour les emplois liés aux ré-seauxHaji, C.Centro Europeo per lo Sviluppo dellaFormazione Professionale (CEDEFOP)Berlino, CEDEFOP Panorama, n° 47, 1994,38 pagg.EN, FR

Disponibile gratuitamente pr esso i lCEDEFOP

Il rapporto costituisce un primo studiocomparativo delle strutture di qualifica-zione nei differenti contesti nazionali.Condotto in Germania, Francia, Italia,Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito,questo studio raffronta l’evoluzione dellequalificazioni per le professioni concer-nenti la creazione, la gestione e la manu-tenzione delle reti locali o di grande di-stanza. I lavori legati alle reti richiedononuove qualificazioni molto specifiche chesono in relazione con le seguenti funzio-ni: lo studio e la pianificazione, l’installa-zione, la gestione, l’assistenza agli utenti(help desk), il controllo e la manutenzio-ne. Dalle conclusioni dei vari paesi emer-ge che le imprese ricercano persone congrandi capacità di adattamento e idoneea stabilire relazioni interpersonali di qua-lità per svolgere al meglio le funzioni so-pra descritte.Una sintesi di questo studio è edita nellaserie CEDEFOP Flash, 3/94 (DE, EN, FR).

L’enseignement supérieur dansl’Union européenne. Faits et chiffres:une décennieCommissione europeaLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee, 1994,116 pagg.ISBN 92-826-6831-2 (fr)EN, FR

Il rapporto, dopo aver presentato gliaspetti metodologici dello studio, propo-ne un’analisi statistica dell’insegnamentosuperiore nell’Unione europea dal 1980al 1990. Per ciascuna nazione sono statiesaminati: sistema educativo superiore,frequenza, diplomi, personale insegnan-te, durata degli studi, disoccupazione deidiplomati e finanziamenti. Un’analisi com-parativa completa il rapporto.

L’occupazione in Europa 1994Commissione europeaCOM (94) 381 finali, 14.09.1994, 190 pagg.Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europeeISBN 92-826-8986-7 (it)ISSN 0254-1491 (fr)DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT

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Questo è il sesto rapporto di una serieannuale che mira a fornire a imprendito-ri, organizzazioni sindacali, governi egruppi d’interesse una visione aggiornatadi vari aspetti dell’occupazione nell’Ue.Le informazioni sono suddivise in duecapitoli principali: Parte 1 - prospettiveoccupazionali -, che esamina gli orienta-menti nella Comunità in materia di occu-pazione; Parte 2, che analizza i progressiconseguiti negli Stati membri per quantoriguarda le azioni previste dal Libro Bian-co su occupazione, sviluppo, com-petitività. Una serie di grafici completa ilrapporto.

The European report on science andtechnology indicators 1994Commissione europeaLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee,1994, 338 pagg. + allegati (Studi 1)ISBN 92-826-9004-0ISSN 1018-5593EN

Il primo “Rapporto europeo sugli indica-tori scientifici e tecnologici” s’incentrasull’attività scientifica e tecnologica dei 12Stati membri dell’Ue, ma include ancheinformazioni dettagliate sui paesi aderentiall’EFTA e sulle economie di alcuni statidell’Europa centrale ed orientale; riportainoltre i raffronti internazionali con gli altripaesi a maggiore sviluppo scientifico etecnologico. Gli indicatori sono suddivisiin sei categorie riguardanti rispettivamen-te: livello e andamento delle risorse glo-bali dedicate alla scienza ed alla tecnolo-gia; R&S industriale e competitività; lespecificità dei vari sistemi nazionali inEuropa nel campo della scienza e dellatecnologia; cooperazione intereuropea intale ambito; accordi di cooperazione traUe e altre nazioni/regioni del mondo; di-verso atteggiamento dei paesi europei neiconfronti di scienza e tecnologia.

❏ Eurocounsel synthesis final report,phase 2. Counselling - a tool for theprevention and solution of unemploy-ment. Case study portfolio. Examplesof innovative practice in labour mar-ket counsellingFondazione europea per il miglioramen-to delle condizioni di vita e di lavoroLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni

ufficiali delle Comunità europee,1994, 116 pagg.ISBN 92-826-7868-7 (en)ISBN 92-826-6906-8 (en, case study)DE, EN, FR

Mentre la disoccupazione aumenta nellamaggior parte dell’Europa, viene rivoltasempre maggior attenzione al ruolo che iservizi di orientamento, consulenza e in-formazione possono svolgere quali stru-menti per prevenire e porre rimedio aquesto fenomeno. Il rapporto sintetizza irisultati della seconda fase del program-ma Euroconsel, varato dalla Fondazione,che tende a migliorare la qualità e l’effi-cacia dei servizi di orientamento rivolti aidisoccupati e alle categorie a rischio. Laseconda fase mirava a espandere l’attivi-tà transnazionale attraverso un progettopilota di visite di scambio degli operato-ri. Inoltre è stata stilata una raccolta distudi di casi di esperienze interessanti edinnovatrici condotte nei sette paesi par-tecipanti al programma. I risultati dellaseconda fase sottolineano i problemi col-legati all’incremento della disoccupazio-ne, compresa la pressione che ciò ponesulle risorse, e le difficoltà incontrate da-gli operatori nelle aree con una scarsadomanda di forza lavoro. Il rapporto siconclude con delle raccomandazioni sulmodo in cui migliorare i servizi di orien-tamento.

❏ A guide to good practice in labourmarket counsellingFondazione europea per il miglioramen-to delle condizioni di vita e di lavoroLussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee,1994, 20 pagg.ISBN 92-826-8851-8EN

L’opuscolo illustra elementi chiave dellabuona prassi nel campo dell’orientamen-to professionale emersi dall’attività svol-ta nel quadro del programma Euro-counsel, lanciato dalla Fondazione, non-ché dalle conoscenze ed esperienza diricercatori, responsabili politici e opera-tori del settore. L’opera mira a fornire unasintesi della buona prassi, desunta dal-l’esperienza europea, che possa servireda promemoria per coloro che s’impegna-no per migliorare i servizi d’orientamen-to in relazione alla prevenzione e alla

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soluzione della disoccupazione di lungadurata.

Mutamenti nel ruolo dell’istruzione eformazione professionale e tecnica:

❏ Vocational Education and trainingfor youth: towards coherent policyand practiceOrganizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1994, 180 pagg.ISBN 92-64-14285-1EN, FR

L’opera analizza quattro temi allo scopod’individuare e spiegare il nesso neces-sario per assicurare una valida istruzionee formazione professionale e tecnica. Itemi esaminati sono: percorsi formativi,strategie d’apprendimento che integranoteoria e prassi, ruolo delle parti sociali ecoordinamento delle politiche.

❏ Vocational training in Germany:modernisation and responsivenessOrganizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1994, 134 pagg.ISBN 92-64-14301-7EN, FR

La pubblicazione esamina il contesto sto-rico del sistema duale tedesco di forma-zione professionale e le sfide cui ha do-vuto far fronte dal varo della relativa leg-ge, avvenuto nel 1969. L’opera analizzala capacità di due settori - industria me-tallurgica ed edilizia - di rispondere almutamento socio-economico e alla con-seguente richiesta di qualifiche nuove epiù elevate. Lo studio sottolinea l’impor-tanza della negoziazione e della coope-razione tra governo (a livello federale eregionale), parti sociali e istituti di ricer-ca in tutti gli aspetti del processo deci-sionale, dall’elaborazione della politica diformazione professionale alla regola-mentazione della capacità e qualità dellaformazione. Questo complesso metodo dicooperazione, basato su una tradizionestorica di codeterminazione, ha consenti-to alla formazione professionale dimodernizzare strutture e processi per farfronte alle sfide degli anni ’70 e ’80. Ilfuturo del sistema duale dipenderà dalla

sua capacità di esercitare una forza d’at-trazione per giovani svegli e ambiziosi,nonché di adeguarsi al mutare delle con-dizioni sul posto di lavoro.

Vocational training in the Nether-lands: Reform and innovationOrganizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1994, 220 pagg.ISBN 92-64-14298-3EN, FR

Di recente nei Paesi Bassi si è rivolta cre-scente attenzione al modo di superare ilgap tra istruzione generale e professio-nale: l’elemento professionale nei pro-grammi universitari è stato rafforzato esempre più spesso si riconosce che il set-tore professionale fornisce programmi equalifiche equipollenti a quelli universi-tari. Dopo una panoramica generale del-le riforme e innovazioni nel campo dellaformazione, l’opera s’incentra sugli svi-luppi in quattro aree economiche chehanno inciso sulle esigenze e sulla richie-sta di conoscenze teoriche e pratiche: tu-rismo, industria tipografica, impiantistica,produzione automatizzata flessibile eCNC. Gli studi di casi sottolineano che imutamenti nella formazione professiona-le si snodano parallelamente rispetto alletrasformazioni nelle strutture industriali.La struttura delle qualifiche nazionali esettoriali attualmente in fase di elabora-zione rafforzerà l’integrazione di percor-si scolastici e aziendali, consentendo unamigliore armonizzazione di formazione edesigenze dell’industria.

The OECD jobs study - Evidence andexplanations. Part I: Labour markettrends and underlying forces ofchange. Part II: The adjustment poten-tial of the labour marketOrganizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico (OCSE)Parigi, OCSE, 1994, 170 pagg. (Parte I),300 pagg. (Parte II)ISBN 92-64-14241-X (en)EN, FR

Questa pubblicazione fa seguito ad unrapporto di sintesi The OECD Jobs Study:Facts, Analysis, Strategies, che espone glielementi che caratterizzano l’attuale di-soccupazione, analizza i fattori fondamen-

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tali che l’hanno causata e raccomandadelle strategie per far fronte alla creazio-ne di posti di lavoro e preparare i lavora-tori a ricoprirli. L’opera fornisce una det-tagliata base empirica ed analitica allostudio, esaminando i mercati del lavoro eanalizzando come la disoccupazione ab-bia risentito di fattori quali la gestionemacroeconomica, la concorrenza da par-te di paesi con bassi livelli salariali, unpiù rapido mutamento tecnologico ed unpiù lento adattamento ai nuovi posti dilavoro e alle qualifiche richieste. TheOECD Jobs Study: Evidence and Expla-nation (vol. I) sottolinea che gran partedella disoccupazione è il risultato dellamancata capacità di adeguamento da partedella società ad un mondo in rapido cam-biamento e all’inasprirsi della concorren-za globale. E’ emerso che norme, dispo-sizioni, prassi, politiche ed istituzioni,pensati per un’epoca precedente, nonsono sufficientemente flessibili per farfronte al mondo moderno. L’opera ana-lizza i seguenti problemi: in che modo lapolitica può meglio affrontare il tema dellaformazione del salario; approcci attivi, enon passivi, per reinserire i disoccupati;miglioramento delle qualifiche e compe-tenze; elaborazione e gestione di sistemidelle indennità di disoccupazione; tassa-zione. Evidence and Explanation (vol. II)descrive i vari percorsi e le esigenze po-litiche di diversi paesi dell’OCSE. I pros-simi volumi di questa collana esamine-ranno le esperienze di singoli paesi.

Nouvelles orientations des politiquesdu marché du travail: une demarcheterritoriale dans les pays nordiquesParigi, OCSE, 1994, 12 pagg. (Innovation& Emploi, n° 16)EN, FROCSE - Programma Leed, Paul Paradis,2, Rue André Pascal,F-75775 Parigi CEDEX 16

Il modello scandinavo simbolizza una stra-tegia attiva dei pubblici poteri destinata asviluppare l’occupazione ed a evitare ladisoccupazione e la povertà. Man manoche le società evolvono, il contenuto e ilsignificato del modello “nordico” cambia-no. La pubblicazione analizza alcune delleprincipali modifiche delle politiche nor-diche del mercato del lavoro e i loro le-gami con lo sviluppo territoriale locale eregionale, mettendo in luce la nascita di

cooperazioni tra diversi attori del settorepubblico e privato. La parola chiave “mi-sura attiva” riflette ancora un obiettivoessenziale dei poteri pubblici, ma ha as-sunto una nuova dimensione con il mu-tare delle sfide. Si ricerca un nuovo mo-dello di partecipazione più diretto chelasci una maggiore responsabilità al sin-golo individuo. Questo nuovo orienta-mento suppone anche l’adeguamento deiservizi assicurati a livello locale, che de-vono far spazio ai contratti e fungere dacatalizzatori per lo sviluppo individualee locale.

Financement et régulation de laformation professionnelle: une ana-lyse comparéeStudio realizzato nell’ambito del pro-gramma di ricerche e studi dell’IIPE(Institut international de planification del’éducation): Sviluppo delle risorse uma-ne - Nuove tendenze dell’insegnamentotecnico e professionaleAtchoarena D.Parigi, UNESCO: IIPE, 1994, 105 pagg.FRIIPE, 7-9 Rue Eugéne-Delacroix,F-75116 Parigi

Il finanziamento della formazione profes-sionale, iniziale o continua, s’iscrive in uncontesto globale di crisi economica del-l’istruzione. Di fronte a questa situazio-ne, l’attuale tendenza consiste nel pro-muovere una ridistribuzione, in cui le re-sponsabilità e gli oneri sono suddivisi trai vari attori della formazione (stato, azien-de, famiglie, salariati). L’opera analizza inprimo luogo i principi e i meccanismi chepresiedono al finanziamento della forma-zione professionale. Una seconda dimen-sione cerca d’individuare in che modo lepolitiche di finanziamento cerchino, al dilà della semplice raccolta di fondi, dimobilitare gli attori, sotto forma di costri-zione o di incitamento, affinché migliori-no il funzionamento dei sistemi di forma-zione professionale. L’approccio compa-rativo consente, oltre che di mettere afuoco le divergenze, anche di scoprire letendenze convergenti significative. L’ope-ra termina con una riflessione sui legamitra finanziamento e qualità della forma-zione. In definitiva, la questione delfinanziamento ritorna inevitabilmente alruolo dello stato nella pianificazione eregolamentazione e sottolinea la portata

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e la diversi tà del le forme di coin-volgimento degli altri attori dello svilup-po, in particolare le parti sociali.

Unevoc INFOOrganizzazione delle Nazioni Unite perl’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNE-SCO)Parigi, UNESCO, settembre 1994, 8 pagg.(Unevoc Info N° 1)ISSN 120-2544 (fr)FR, EN

L’UNESCO pubblica questo primo nume-ro del suo bollettino trimestrale nell’am-bito del progetto internazionale per l’in-segnamento tecnico e professionale(UNEVOC), che mira a sviluppare e amigliorare l’istruzione tecnica e professio-nale negli stati membri dell’UNESCO. Ilprogetto si basa sullo scambio d’informa-zioni, la creazione di reti ed altri program-mi di cooperazione internazionale. Que-sto numero contiene informazioni sulleattività dell’UNEVOIC (riunioni tecnichedi gruppi di lavoro, seminari di formazio-ne, studi di casi, studi comparativi e pro-getti di cooperazione), ma anche infor-mazioni provenienti da altra fonte sulleinnovazioni in materia d’insegnamentotecnico e professionale. L’opera compren-de una presentazione delle linee d’orien-tamento della fase iniziale di UNEVOC,di cui vengono illustrati storia, meccani-smi, struttura e settori interessati, nonchéattività svolte nel 1992-93 e programmifuturi.

Des politiques publiques d’incitationà la formation professionnelle conti-nue. Propositions pour une démarched’analyseZygmunt C.; Rose J.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL)Servizio di elaborazione della politica edei programmi di formazioneGinevra, UIL, 1994, 55 pagg. (Formazio-ne: Studi di politica, 14)ISBN 92-2-209307-0FR

La prima parte dello studio delimita especifica le politiche pubbliche d’incen-tivazione della formazione continua neipaesi dell’OCSE. Perché vengono create?Che cosa giustifica teoricamente la loroesistenza? La seconda parte contiene la

descrizione delle politiche allo scopo diindividuare delle tipologie partendo da-gli elementi che le compongono. Com’ècostruita una politica d’incentivazione? Ache cosa mira? In che modo? La terza par-te s’incentra sulle modalità di valutazio-ne, tema fondamentale della pratica, datoche la loro applicazione comporta unavalutazione, tenuto conto degli importiinvestiti e delle sfide politiche di svilup-po. Il rapporto comprende inoltre unabibliografia, delle tabelle sinottiche e de-gli esempi di schede di presentazionedelle misure di stimolo.

Decentralization of vocational train-ing in ItalyBulgarelli A.; Giovine M.Ufficio Internationale del Lavoro (UIL):Dipartimento della politica formativa edello sviluppo di programmiGinevra, UIL, 1994, 16 pagg. (Studi dipolitica formativa, 10)ISBN 92-2-109347-6EN

Dopo una breve introduzione sull’orga-nizzazione e sulla funzione della forma-zione professionale in Italia, il rapportoanalizza come le regioni hanno rispostoalle esigenze di formazione, ruolo loroassegnato dalla costituzione italiana. Leconclusioni sottolineano che è necessa-rio riformare l’organizzazione e le istitu-zioni, perché ogni regione ha creato unproprio sistema. Sebbene ciò rappresentiun segno positivo, è indispensabile met-tere a punto una politica di coordinamen-to allo scopo di aumentare l’efficacia del-le azioni di formazione professionale.

Formazione per gli adulti:

❏ Retraining adults in GermanyJohanson, R.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL):Dipartimento della politica formativa edello sviluppo di programmiGinevra, UIL, 1994, 29 pagg. (Studi dipolitica formativa, 4)ISBN 92-2-109310-7EN

❏ Ireland: adult training and retrain-ingJohanson, R.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL):

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Dipartimento della politica formativa edello sviluppo di programmiGinevra, UIL, 1994, 33 pagg. (Studi dipolitica formativa, 2)ISBN 92-2-109317-4EN

❏ Retraining adult workers inSwedenAlfthan, T.; Jonzon, B.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL):Dipartimento della politica formativa edello sviluppo di programmiGinevra, UIL, 1994, 25 pagg. (Studi dipolitica formativa, 3)ISBN 92-2-109308-5EN

Questi rapporti forniscono una panora-mica dei sistemi di formazione e riquali-ficazione degli adulti in Irlanda, Svezia eGermania con particolare enfasi sullariconversione professionale legata alla ri-forma delle economie nazionali. Lo sco-po è quello di trarre conclusioni e inse-gnamenti utili per altri paesi che devonofar fronte ad analoghi problemi diristrutturazione e introdurre nuovi siste-mi di formazione e riqualificazione degliadulti. Ogni rapporto comprende una bre-ve bibliografia e delle statistiche.

Introduction to public employmentservicesRicca, S.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL)Ginevra, UIL, 1994, 150 pagg.ISBN 92-2-107106-5 (en)EN, FR

Tratta i seguenti temi: le diverse fasi del-lo sviluppo dei servizi occupazionali inrelazione alle convenzioni internazionalistipulate a partire dal 1919; le numerosefunzioni tradizionali o nuove svolte daipredetti servizi; lo statuto e la strutturadei servizi; il ruolo delle organizzazionidei lavoratori e i problemi legati alla loropartecipazione; la loro gestione interna.

La politique économique et l’emploidans les économies en transitiond’Europe centrale et orientale: pre-miers enseignementsJackman, R.Ufficio Internazionale del Lavoro (UIL)

Ginevra, in: Revue Internationale duTravail, 3(133), 1994, pagg. 361-382ISSN 0378-5599 (fr)EN, FR

Esaminando l’evoluzione macroecono-mica e la ristrutturazione dell’economia edel mercato del lavoro dopo diversi annidi transizione, l’autore sostiene che il calodella produzione si spiega con la ridu-zione dell’offerta e non con la politicaantinflazionistica o la ristrutturazione. Invari paesi la disoccupazione - soprattuttoquella di lunga durata - è aumentata inmisura considerevole e le aziende priva-te non reclutano il personale tra la massadei disoccupati, ma attingono direttamen-te al settore statale. L’importanza dellaristrutturazione va pertanto misurata nonin base al livello di occupazione, ma aquello dei mutamenti nella composizio-ne settoriale della produzione. Dopo averillustrato le diverse soluzioni possibili inmateria di determinazione dei salari, l’au-tore raccomanda di razionalizzare gradata-mente le aziende statali con esuberi, diincoraggiare il reclutamento da parte deiprivati e il lancio di nuove imprese e diadottare una politica che favorisca lamobilità allo scopo di sostenere una ri-presa dell’occupazione.

Europahandbuch Weiterbildung/Euro-pean Manual of Continuing Edu-cation/Manual Européen de la For-mation ContinueKaiser, A.; Feuchthofen, J. E.; Güttler, R.Neuwied; Kriftel; Berlino, Luchterhand,1994, diversa paginaturaISBN 3-472-00569-6DE

L’idea del manuale consiste nel facilitarelo sviluppo di contatti e cooperazionenella formazione continua, che si snodi-no parallelamente al processo d’integra-zione europea. La presentazione in foglisciolti permette all’opera di venir rego-larmente aggiornata. La pubblicazionefornisce informazioni sulla situazione del-la formazione continua e sugli ultimi svi-luppi in tutti i paesi europei. Presentaorganizzazioni già operanti in questo set-tore in un contesto transnazionale e ser-ve da fonte di indirizzi per gli interessatia collaborare con organizzazioni del set-tore.

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Vers l’harmonisation ou le maintiendes spécificités. Enseignement supé-rieur hors université en Belgique etformations équivalentes en EuropeFédération Nationale de l’EnseignementSupérieur Catholique (FNESUC); ComitéEuropéen pour l’Enseignement Catholique(CEEC)Bruxelles, FNESUC, 1993,145 pagg. + allegatiFRFNESUC, rue Guimard 1,B-1040 Bruxelles

In questi atti del convegno dedicato alladimensione europea dell’istruzione supe-riore i contributi principali mirano adesumere dalla diversità delle situazioniun contenuto europeo per questo tipod’insegnamento in relazione alle attese ealle esigenze delle aziende, nonché aicriteri di qualità. In allegato viene pre-sentata una descrizione delle strutturedell’istruzione superiore in Europa e del-le priorità d’azione.

Training for work, funding pilotstudy: International comparisonsGreen, A.; Mace, J.; Steedman, H.Londra, National Institute of Economicand Social Research (NIESR), 1994, s.n.p.ENNIESR, 2 Dean Trench Street,Smith Square,UK-London SW1P 3HE

Il rapporto esamina cinque paesi: USA,Regno Unito, Francia, Germania preunifi-cazione e Svezia. I settori analizzati sonol’organizzazione e il finanziamento dellaformazione statale, dell’esperienza lavo-rativa e dell’attività di ricerca d’impiego;la misura e i metodi di contrattazione delloStato con i fornitori delle predette attivi-tà; come il finanziamento sia collegato airisultati; la struttura dei diversi sistemi difinanziamento; risultati positivi e diversofinanziamento per raggiungere gli obiet-tivi.

L’Europe de l’emploi ou comment fontles autresBernhard Brunhes ConsultantsParigi, Les Editions d’Organisation, 1994,296 pagg.ISBN 2-7081-1681-9FR

L’opera è il risultato di una vasta indagi-ne condotta in 6 Stati membri dell’Ue pres-so una sessantina d’imprese, di sindacatie di organizzazioni sindacali, di enti distudio. Quali sono le prospettive dellegrandi aziende? Continuano a reclutare?Come? Quali sono le loro scelte di loca-lizzazione delle attività? Come vengonogestite le competenze e le carriere? Difronte ai cambiamenti della concorrenzainternazionale, alle trasformazioni tecno-logiche, alle variazioni nei consumi, al-cune imprese e alcuni paesi cercano nuo-ve soluzioni: flessibilità, polivalenza deidipendenti, nuovi ritmi di lavoro, unacerta divisione dell’occupazione. L’attua-le crisi modifica il modo di gestire l’occu-pazione: emergono nuovi modelli, emer-ge una nuova dimensione del lavoro edell’occupazione in Germania o in Italia,in Francia e in Gran Bretagna, in Spagnae nei Paesi Bassi. L’opera propone unanuova analisi del lavoro in Europa; alcu-ni capitoli illustrano la situazione e il di-battito collettivo in ciascuno dei paesiinteressati; da ultimo vengono presentati12 studi di casi.

Productivité, qualité et compétences,une comparaison européenneMason, G.; Ark, B.V.; Wagner, K.Centre d’Etudes et de Recherches sur lesQualifications (CEREQ)Parigi, in: Formation emploi, 47,La Documentation française,1994, pagg. 3-21ISSN 0759-6340FR

L’articolo presenta uno studio comparatodei risultati nei biscottifici di quattro pae-si europei; esso presenta forti disparitàinternazionali, che non sembrano dovutealla modernità o al grado di utilizzo delleattrezzature, ma, a livello delle compe-tenze della manodopera, legato alle scel-te strategiche dei prodotti. Gli autori sot-tolineano la necessità di un maggiore svi-luppo delle competenze intermedie inGran Bretagna.

Europe’s next step: Organisationalinnovation, competition and employ-mentAndreasen, L.E.; Coriat, B.; Den Hertog,F.; et al.Essex, Frank Cass and Company Limited,

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1995, 332 pagg.ISBN 0-7146-4151-0 (tascabile)ISBN 0-7146-4630-X (rilegato)EN

L’economia europea attraversa una crisidi competitività; da un lato, le pressionidelle concorrenza sono intense: l’Europaè schiacciata tra le economie asiatiche abasso salario, l’elevato tasso di produtti-vità e d’innovazione del Giappone e de-gli USA e il crescente potere delle econo-mie di recente industrializzazione del-l’Asia; dall’altro, la crescente disoccupa-zione e le esigenze non soddisfatte pon-gono dei problemi interni importanti perl’aumento della produttività. Sebbene lenuove tecnologie dell’informazione e del-la comunicazione svolgano un ruolo dirilievo nel promuovere la competitività,l ’esperienza internazionale dimostrache,per essere utilizzate in maniera effi-cace, tali tecnologie richiedono nuoveforme d’organizzazione. Ciò comportaimportanti implicazioni a livello d’orga-nizzazione della produzione, di R&S e disviluppo delle risorse umane, non solonell’industria, ma anche nei servizi. Inol-tre ciò incide sul rapporti tra aziende etra il settore produttivo e i sistemi scien-tifici, tecnologici ed educativi. Dappertuttol’enfasi è posta sull’integrazione. L’operaesamina le esperienze di 13 imprese-lea-der europee dei settori dell’industria, deiservizi e della sanità, illustrando come l’or-ganizzazione abbia rappresentato la chia-ve per la crescita della loro produttività ecome, sebbene l’Europa abbia molto daimparare dal Giappone e dagli USA, inEuropa vi sia un diverso approccio all’or-ganizzazione. Ciò comporta delle impor-tanti ripercussioni per la politica strategi-ca in questi enti, ma anche nei governi alivello locale e nazionale. Uno studio dicasi evidenzia che l’Europa vanta unaconsiderevole esperienza su cui basare lapropria crescita.

La formazione professionale in Sviz-zeraWettstein, E.Deutschschweizerische Berufsbildungs-ämter-Konferenz (DBK)Lucerna, DBK, 1994, 53 pagg.ISBN 3-905406-08-X (it)DE, EN, FR, ES, IT

L’opuscolo informativo fornisce una de-scrizione dei sistemi educativi e di for-

mazione professionale, compresa la for-mazione continua, in Svizzera. L’operacontiene anche un elenco d’indirizzi uti-li.

Unione europea: politiche,programmi, attori

Proposta di decisione del Parlamentoeuropeo e del Consiglio che istituisceun anno europeo dell’istruzione e del-la formazione lungo tutto l’arco dellavita (1996)Commissione europeaLussemburgo, in: Gazzetta ufficiale delleComunità europee, C287, 7.09.1994, pagg. 18-20ISSN 0378-6986 (en)DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT

La proposta rappresenta il seguito del Li-bro bianco sulla crescita, la competitivitàe l’occupazione e prevede azioni tese a:a) aumentare la consapevolezza della for-mazione per tutto l’arco della vita comeun fattore chiave della crescita dell’occu-pazione; b) migliorare la cooperazione trastrutture d’istruzione e formazione eaziende, in particolare le PMI; c) intro-durre una dimensione europea nell’istru-zione e formazione; d) confermare l’im-portanza dell’istruzione e formazione aifini delle pari opportunità uomo-donna.

Comunicazione della Commissione alConsiglio e al Parlamento europeorelativa al coordinamento tra la Comu-nità e gli Stati membri nel settore del-le azioni di istruzione e di formazio-ne nei PVSCommissione europeaCOM (94) 399 def., 26.09.1994, 25 pagg.Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europeeISBN 92-77-80686-9 (it)ISSN 0254-1505 (it)DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT

Questa comunicazione fornisce una pa-noramica qualitativa dei sistemi d’istruzio-ne e formazione nei paesi in via sviluppoed evidenzia il ruolo dell’istruzione nellosviluppo umano. Inoltre sottolinea la prio-rità principale attribuita all’istruzione base,il valore del supporto a lungo termine per

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la formazione nei paesi interessati e l’esi-genza di sostenere pianificazione, ammi-nistrazione e riforme educative. La pub-blicazione pone anche particolare enfasisu: scambi internazionali d’informazioni;riunioni periodiche d’esperti; un rappor-to annuale sui progressi registrati; mag-giore consultazione con altri fornitorid’istruzione e formazione.

Competitiveness, growth and jobcreation - what contribution caneducation and training make? Reportsfrom the 1993 Cumberland LodgeConferenceCommissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Bruxelles, Commissione europea: DGXXII, 1994, 89 pagg.EN/FR (versione mista)Commissione europea, DG XXII,200, rue de la Loi, B-1049 Bruxelles

Il convegno è divenuto un incontro an-nuale nell’ambito del progetto europeosul monitoraggio del fabbisogno di com-petenze lanciato nel 1990 in risposta allarichiesta del Parlamento europeo di unoscambio europeo delle informazioni suldeficit di competenze e sulle future esi-genze di competenze. I contributi tratta-no: la sfida di fornire le risorse umaneper gli anni ’90; la creazione di compe-tenze; le esigenze dell’Ue; la politica diformazione e riqualificazione e i suoi ef-fetti sull’acquisizione della competenze;il fabbisogno di competenze legato allaristrutturazione industriale; le competen-ze e le qualifiche per combattere la di-soccupazione e l’emarginazione socio-economica; la trasparenza nelle previsio-ni relative al mercato del lavoro per faci-litare le decisioni inerenti alla formazio-ne. Il convegno del 1993 ha sottolineatol’esigenza della prevenzione in un mon-do in rapido mutamento e ha indicato al-cune vie per conseguirla. Il convegno del1994 ha esaminato il ruolo delle risorseumane in un modello europeo di svilup-po, che potrebbe essere adatto alla cultu-ra, alla tradizione e ai principi vigenti inEuropa e che nello stesso tempo potreb-be contribuire ad assicurare il benesseredei cittadini europei e la coesione socio-economica.

La coopération en éducation dansl’Union européenne. 1976 - 1994Commissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Lussemburgo, Studio n° 5, Ufficio dellepubblicazioni ufficiali delle Comunitàeuropee, 1994, 84 pagg.ISBN 92-826-6006-0 (fr)EN, FRCommissione europea, DG XXII,200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

Il rapporto mira a presentare un bilanciodi quasi due decenni di cooperazionenella formazione tra gli Stati membri e leistituzioni comunitarie; offre un excursusstorico e fa il punto sull’odierna coopera-zione dopo diversi anni d’azione e d’in-tenso lavoro. L’allegato contiene i princi-pali testi legislativi e i documenti che dal1976 sono alla base delle azioni e dei pro-grammi comunitari nel settore dell’istru-zione, della formazione e della gioventù.

How to improve the possibilities ofinvolving all young people in workingand social life.EU Conference 17 - 19 November 1993,Snekkersten, DenmarkCopenhagen, Ministero danese dell’Edu-cazione, 1994, Volume 1: ConferenceReport, 54 pagg., Volume 2: CountryPapers, 51 pagg.ISBN 87-603-0440-5 (Volume 1)ISBN 87-603-0442-1 (Volume 2)EN

Il 17-19 novembre 1993 si è svolto inDanimarca il convegno Ue “Come miglio-rare le possibilità di coinvolgimento deigiovani nella vita lavorativa e sociale”. Allabase del convegno vi era la constatazio-ne che un terzo dei 20 milioni di disoc-cupati registrati nell’Ue è costituito dagiovani di età inferiore ai 25 anni. L’obiet-tivo perseguito consisteva - oltre che nel-lo scambio di esperienze tra Stati membri- nell’elaborare proposte specifiche sucome il mondo dell’istruzione, da solo oin interazione con altri settori, potrebbeconvogliare tutti i giovani nella vita lavo-rativa e sociale. Al convegno hanno pre-so parte esperti di Stati membri, OCSE,Consiglio d’Europa e Commissione euro-pea. Un secondo volume contiene brevirelazioni (rapporti nazionali) sulla situa-

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zione dei giovani, redatte da esperti deivari Stati membri.

Towards a European curriculumEmployment DepartmentSheffield, Employment Department, 1994,s.n.p.ENDisponibile presso:Accrington and Rosendale College,Sandy Lane,UK-Accrington BB5 2AW

L’opera affronta i temi collegati allo svi-luppo di un curricolo più europeo sullabase del fatto che il mercato del lavorodeve essere sempre più mobile e pertan-to richiede una conoscenza delle altreculture.

A curriculum for EuropeFurther Education Unit (FEU)Londra, FEU, 1994, s.n.p.ISBN 1-85338-355-4EN

Il rapporto analizza in che modo gli at-tuali e i previsti mutamenti nell’Ue do-vrebbero incidere sul contenuto deicurricoli; esamina alcuni temi chiave con-cernenti le qualifiche, l’orientamento, gliscambi e gli studi internazionali, l’appren-dimento delle lingue e le pari opportuni-tà. Il principale risultato del rapporto è didefinire le necessità di un allievo euro-peo, fornendo una risposta alla doman-da: “Che cosa cerca esattamente undiscente europeo in un curricolo e comegli deve essere impartito?”

The UK approach. Competitivenessand employmentEmployment Department GroupSheff ie ld, Employment DepartmentGroup, 1994, 16 pagg.EN, FREmployment Department,Moorfoot,UK-Sheffield S1 4PQ

Nel 1993, durante il vertice dei G7 diTokyo, i capi di governo hanno auspicatoche un convegno “Occupazione” sondi idiversi modi di far fronte ad un elevatotasso di disoccupazione. L’opera presen-ta l’opinione del Regno Unito in vista della

conferenza e i lavori di follow-up al Li-bro bianco sulla crescita, la competitivitàe l’occupazione della Commissione euro-pea.

Decisione del Consiglio del 6 dicem-bre 1994 che istituisce un programmad’azione per l’attuazione di una poli-tica di formazione professionale del-la Comunità europeaLussemburgo, in: Gazzetta ufficiale delleComunità europee, L 340, 29.12.1994,Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delleComunità europee, pagg. 8-24ISSN 0378-7060 (fr)DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT

Propositions 1995 - 1999. Socrates,Leonardo, Jeunesse pour l’Europe IIICommissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Bruxelles, Commissione europea,DG XXII, 1994, 13 pagg.DE, EN, FRCommissione europea, DG XXII,200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

La guida presenta una breve descrizionedei tre programmi comunitari che la Com-missione propone per il 1995-1999:“Socrates”, “Gioventù per l’Europa III” e“Leonardo”. Il primo s’iscrive nella conti-nuità dei programmi ERASMUS e LINGUA,ma per la prima volta tutti i livelli dell’in-segnamento sono oggetto di azioni co-munitarie. Il secondo integra in un soloprogramma tutte le azioni finora condot-te a favore dei giovani: Gioventù per l’Eu-ropa I, i Progetti d’iniziativa Gioventùsostenuti fino ad oggi nell’ambito del pro-gramma PETRA, le attività Giovani delprogramma TEMPUS e le varie azioniprioritarie del programma Gioventù. Ilterzo mira a razionalizzare e a svilupparel’impatto dell’azione comunitaria nel set-tore della formazione professionale, assi-curando il seguito dell’azione comunita-ria attualmente basata sui quattro pro-grammi PETRA, FORCE, EUROTECNET eCOMETT.

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• Occupazione-YOUTHSTART intendepromuovere l’integrazione nel mercato dellavoro dei giovani di età inferiore a 20anni, in particolare dei giovani privi diqualificazione o formazione base.

❏ Initiative communautaire ADAPT.Guide pratique du candidat à l’usagedes chefs de projectsCommissione europea: Direzione generaledel Lavoro, le Relazioni industriali e gliAffari sociali (DG V)Bruxelles, Commissione europea: DG V,1994, 16 pagg.DE, EN, ES, FR, PTCommissione europea, DG V,Unità V/B/4 del Fondo sociale europeo,Iniziative comunitarie,200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

❏ Initiative communautaire EMPLOI.Guide pratique du candidat à l’usagedes chefs de projectsCommissione europea: Direzione generaledel Lavoro, le Relazioni industriali e gliAffari sociali (DG V)Bruxelles, Commissione europea: DG V,1994, 16 pagg.DE, EN, ES, FR, PTCommissione europea, DG V,Unità V/B/4 del Fondo sociale europeo,Iniziative comunitarie,200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

Quality in educational trainingVan den Berghe, W.Ministero della comunità fiamminga, Di-partimento dell’EducazioneWetteren, Tilkon, 1994, 50 pagg.ENTilkon Consultancy, Kerkwegel 12a,B-9230 Wetteren

L’obiettivo dell’autore è di fornire un qua-dro delle esperienze internazionali relati-ve all’adeguamento dei concetti di quali-tà nel settore dell’istruzione e della for-mazione, che copra la formazione inizia-le e continua. L’opera descrive le infra-strutture e le norme di qualità per i diver-si sistemi di formazione. Inoltre il rapportoserve da sfondo per le attività svolte nel-l’ambito del programma d’azione europeoCOMETT.

Nuove iniziative comunitarie

❏ Adapt et Emploi - deux initiativescommunautaires pour le dévelop-pement des ressources humainesCommissione europea: Direzione generaledel Lavoro, le Relazioni industriali e gliAffari sociali (DG V)Bruxelles, Commissione europea: DG V,1994, 15 pagg. (Iniziativa n° 1)DE, EN, FRCommissione europea, DG V,Unità V/B/4 del Fondo sociale europeo,Iniziative comunitarie,200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

La guida presenta le due nuove iniziativeadottate dalla Commissione nell’ambitodei Fondi strutturali.

• ADAPT è una nuova iniziativa comu-nitaria, concepita allo scopo di aiutare lamanodopera ad adeguarsi al mutamentodelle esigenze del mercato del lavoro. Iquattro obiettivi interdipendenti sono: 1)accelerare l’adattamento della forza lavo-ro al cambiamento industriale; 2) accre-scere la competitività dell’industria, deiservizi e del commercio; 3) prevenire ladisoccupazione migliorando le qualifichee aumentando la flessibilità e la mobilitàdella manodopera; 4) anticipare e acce-lerare la creazione di nuovi posti di lavo-ro e di nuove attività, in particolare nellePMI.

• EMPLOI (Occupazione e sviluppodelle risorse umane) è una nuova inizia-tiva comunitaria rivolta alle categorie cheincontrano difficoltà specifiche sul mer-cato del lavoro. L’iniziativa comporta tresezioni interdipendenti: Occupazione-NOW e Occupazione-HORIZON, che co-stituivano due iniziative separate nel pe-riodo di precedente programmazione deiFondi strutturali (1991-1994), e Occupa-zione-YOUTHSTART:• Occupazione-NOW mira a promuove-re le pari opportunità in materia di occu-pazione attraverso azioni pilota innovatricie t ransnazional i , i l cui model lo ètrasferibile;• Occupazione-HORIZON, che prorogaun’iniziativa lanciata nel precedente pe-riodo di programmazione, mira ad aumen-tare le prospettive di impieghi stabili peri disabili e altri gruppi svantaggiati chepresentano una capacità di lavoro;

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Jahresbericht 1993 - Deutsche Koordi-nierungstelle EUROTECNETNationale Koordinierungsstelle (NADU)EUROTECNET in Bundesinsti tut fürBerufsbildung (BIBB)Bonn; Berlino, BIBB, 1994, 202 pagg.DEBIBB, Fehrbelliner Platz 3,D-10707 Berlino

L’obiettivo del programma EUROTECNETè di promuovere le innovazioni nella for-mazione professionale e continua, alloscopo di far fronte al mutamento tecno-logico e alle sue ripercussioni sull’occu-pazione, sul lavoro, nonché di tener con-to delle innovazioni necessarie. Il rappor-to annuale illustra in che misura la Ger-mania partecipi a tale programma e pre-senta i 34 programmi ufficiali. Inoltre ilrapporto fornisce informazioni su altreattività svolte in Germania nel periodo1993-1994 con il coinvolgimento dell’unitàdi coordinamento nazionale.

Relazione provvisoria sul programmaFORCE - Programma d’azione per losviluppo della formazione professio-nale continua nella Comunità europeaCommissione europeaCOM (94) 418 finali, 13.12.1994, 23 pagg.Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europeeISBN 92-77-80868-3 (it)ISSN 0254-1505 (it)DA, DE, EN, ES, FR, GR, IT, NL, PT

Il rapporto si articola in due parti: 1) pro-gressi registrati nell’attuazione delle atti-vità previste dalla decisione che istituisceil programma FORCE; b) principali con-clusioni e raccomandazioni della valuta-zione esterna provvisoria del programma.Va rilevato che i termini di riferimentodella valutazione hanno escluso la terzarichiesta di proposte FORCE e l’attuazionedell’Indagine statistica. Inoltre il rappor-to fornisce informazioni circa la realizza-zione degli orientamenti comuni.

FORCE. Catalogue des produits/Catalog of products/Produktkatalog. 1991 - 1994Commissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni

ufficiali delle Comunità europee, 1994,s.n.p.ISBN 92-826-8051-7versione multilingue: DE/EN/FR

Il catalogo contiene i risultati dei progettipilota e di quelli di qualificazione appaltatinel 1991 e attuati nell’ambito delle coo-perazioni transnazionali del programmaFORCE. I prodotti sono presentati comeschede e riguardano strumenti e corsi diformazione, rapporti di progetti e sussididi studio e ricerca.

FORCE. Tableau de bord de la forma-tion professionnelle continueCommissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee, 1994,176 pagg.ISBN 92-826-8713-9FR

Quest’opera, analisi di sintesi realizzatanell’ambito del programma FORCE, è ilrisultato della raccolta dei dati disponibi-li effettuata, sul piano comunitario, neiprimi anni ’90 nel settore della formazio-ne continua dei dipendenti aziendali. Ilrapporto evidenzia la necessità di miglio-rare le banche dati esistenti, di definireuno spazio omogeneo di lettura dei di-versi dati nazionali, d’introdurre una mi-gliore complementarietà tra i sistemi d’in-formazione nazionali e di creare un’ar-chitettura comune di raccolta ed analisidei dati per meglio promuovere la coo-perazione tra Stati membri.

The role of the social partners incontinuing vocational training ofworkers. Brussels, 29th - 30th No-vember 1993Governo fiammingo, Amministrazionedelle relazioni esterne della comunitàfiamminga; Ministero della comunità fiam-minga, Amministrazione del lavoro; Ser-vizio fiammingo del lavoro e della for-mazione professionale, FORCE NCUBruxelles, VDAB, 1994, 53 pagg.DE, EN, FR, NLVDAB, Keizerslaan 11, B-100 Bruxelles

Questo rapporto s’incentra sul ruolo del-le parti sociali nella formazione continua

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dei lavoratori sul piano nazionale e co-munitario nel quadro del programmaFORCE. Detto ruolo viene illustrato attra-verso la valutazione di un certo numerodi progetti legati alla formazione profes-sionale ai quali hanno partecipato le par-ti sociali e attraverso la descrizione dellasituazione in diversi Stati membri.

FORCE: De voortgezette heropsop-leiding in Belgiëvan de Poele, L.; Oosterlinck, L.Vlaamse Dienst voor Arbeidsbemiddelingen Beroepsopleiding (VDAB); Force-agentschap; Rijks Universiteit Gent (RUG)Bruxelles, VDAB, 1993, 151 pagg.NLVDAB, Keizerslaan 11, B-100 Bruxelles

Il rapporto sulla formazione continua nel-le Fiandre, redatto su commissione dellaCE, si suddivide in due parti: la primacontiene una descrizione globale dellaformazione continua nelle Fiandre con ilquadro giurico-finanziario; la secondaesamina le misure da adottare nelleFiandre secondo gli obiettivi prioritari delprogramma d’azione europeo FORCE.

Berufliche Weiterbildung in Deutsch-land. Strukturen und EntwicklungenAlt, C.; Sauter, E.; Tillmann, H.Bundesinstitut für Berufsbildung (BIBB)Berlino; Bon, BIBB, 1994, 222 pagg.ISBN 3-7639-0513-8DE

In base alla decisione del Consiglio sulprogramma FORCE viene presentato perla prima volta un rapporto europeo sullasituazione e sulle prospettive dei sistemidi formazione continua. Accanto ai rap-porti nazionali, redatti seguendo una strut-tura comune, è previsto un rapporto eu-ropeo di sintesi. Il volume costituisce ilcontributo tedesco ai prossimi rapportiperiodici sulla formazione continua inEuropa. La Germania fa tesoro dei 16 annidi esperienza di rapporti nazionali sullaformazione professionale, che ormai sirappresentano come valida base per lapianificazione comune di enti statali eparti sociali.

Berufliche Weiterbildung in Unter-nehmenBechthold, S.; Grünewald, U.Bonn; Berlino, Bundesinstitut für Berufs-bildung (BIBB), 1994, 8 pagg.DEBIBB, Fehrbelliner Platz 3,D-10707 Berlino

La Commissione intende sostenere con ilprogramma FORCE (formazione continuain Europa) gli sforzi delle aziende tesi adespandere e a migliorare il lavoro di for-mazione continua. Per predisporre dellemisure d’incentivazione efficienti sononecessarie informazioni affidabili circa ilcomportamento delle aziende. Poiché talidati mancano, nei 12 Stati membri sonoin atto delle inchieste che, nel caso tede-sco, sono condotte dallo StatistischesBundesamt in cooperazione con il BIBB.L’opuscolo fornisce indicazioni sui risul-tati dell’indagine preliminare scritta, ef-fettuata alla fine del 1993. Lo scopo eraquello di ottenere dei primi riscontri sultipo e sulla portata delle attività di for-mazione continua attuate dalle aziendetedesche. I risultati si riferiscono a circa9.300 imprese con almeno 10 dipendentidei settori alberghiero, bancario, assicu-rativo, dell’industria e del commercio.

HORIZON. Eine Gemeinschaftsini-tiative zur beruflichen Integration vonBehinderten, Benachteiligten undMigrantenNationale Koordinierungsstelle HORIZONBonn, 1994, s.n.p.versione multilingue: DE/EN/FRNationale Koordinierungsstelle HORIZONin Europabüro des paritätischen Wohl-fahrtsverbandes,Endenicher Str. 125,D-53115 Bonn

L’opera riassume i contributi dei parteci-panti alla riunione Horizon - iniziativacomunitaria per l’inserimento professio-nale dei disabili, delle persone svantag-giate e dei migranti. I dibattiti si sono in-centrati sulla cooperazione transnazionalee sulle politiche d’inserimento professio-nale e sociale.

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IRIS annual report 1993Commissione europeaBruxelles, CREW, 1994, 32 pagg.EN, FRIRIS Unit, CREW, 21 Rue de la Tourelle,B-1040 Bruxelles

Il rapporto analizza gli sviluppi del 1993,che hanno caratterizzato la fine della pri-ma fase e la preparazione della secondafase di IRIS - rete europea di progetti diformazione per le donne (1994-1998). Leprincipali attività sono state: adozione daparte del Parlamento europeo di una ri-soluzione su IRIS; seminario per le partisociali; un dibattito per i massimi funzio-nari europei per sensibilizzarli sui pro-blemi della formazione femminile; unconvegno di cooperazione; visite di scam-bio tra membri della rete.

PETRA. Ausbildung für Europa 2002Tagungsreader, Biehler-Baudisch (Hrsg.)Bundesinstitut für Berufsbildung (BIBB)Berlino, BIBB, 1994, 86 pagg.ISBN 3-88555-569-7 (de)DE, EN

Nell’ambito del programma PETRA coo-perano progetti danesi, tedeschi, britan-nici e lussemburghesi concernenti la for-mazione professionale ambientale. Nelmarzo 1994 i partecipanti si sono riuniti aBorken, presso l’Accademia europea del-l’Ambiente, per esaminare aspetti e pro-spettive della formazione ambientale.L’opuscolo riporta le esperienze dei pro-getti all’epoca della transizione dalla fasedi sviluppo a quella di divulgazione, illu-strando i singoli progetti, i contributi pre-sentati durante il convegno e i ricordan-do i risultati delle discussioni all’internodei gruppi di lavoro. In allegato vienedescritto dettagliatamente il modulo“elettrotecnici e ambiente”.

Manual européen des conseillersd’orientationCommissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII) - PETRALussemburgo, Ufficio delle pubblicazioniufficiali delle Comunità europee, 1994,409 pagg.ISBN 92-826-7990-X (en)EN (in corso di edizione nelle altre lin-gue dell’Ue)

Il manuale si rivolge ai consulenti giova-nili e presenta una breve descrizione deisistemi di formazione iniziale (istruzionee formazione professionale) e del mondodel lavoro in ciascuno Stato membro. Inol-tre elenca le fonti d’informazione, le ban-che dati a livello comunitario, le istitu-zioni e i servizi di consulenza e le princi-pali guide che riportano le diverse filieredi formazione.

Catalogue des centres nationaux deressources d’orientationCommissione europea: Direzione generaleXXII - Educazione, Istruzione e Gioventù(DG XXII)Bruxelles, Commissione delle Comunitàeuropee: DG XXII, 1994, 101 pagg.DE, EN, FRCommissione delle Comunità europee,DG XXII, 200, rue de la Loi,B-1049 Bruxelles

Il rapporto fa il punto sull’attuazione deiCentri nazionali delle risorse nell’ambitodell’azione III del programma PETRA,azione specificatamente rivolta alla for-mazione professionale. I Centri, elencatiper paese, sono oggetto di una schedacontenente: struttura; temi d’informazio-ne del Centro e mezzi di diffusione; coo-perazione transnazionale esistente; pro-grammi d’attività 1993/94.

Durchführung von EC-Bildungspro-grammen in DeutschlandBundesministerium für Bildung undWissenschaft (BMBW)Bad Honnef, K.H. Bock Verlag, 1994, 166pagg. + allegati (Studi Formazione Scien-za, Volume 120)ISBN 3-87066-731-1DE

Lo studio esamina la vasta gamma di pro-grammi e di forme d’organizzazionesupportata dall’Ue. La Germania disponedi una struttura efficiente per realizzare iprogrammi in materia d’istruzione gene-rale e di formazione professionale. Statoe regioni cercano di assicurare la parteci-pazione degli enti tedeschi alle misurecomunitarie e di trarne il massimo bene-ficio. Grazie alla cooperazione quotidia-na a livello di attuazione e preparazionedi misure dell’Ue si sviluppano nuovecollaborazioni non solo tra regioni, stato

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EUROCOPTER, una holding internaziona-le, forma in alternanza eurotecnici chepotranno esercitare la professione in Ger-mania, Francia e Portogallo. Dopo la pre-sentazione dell’azienda e della sua stra-tegia industriale, l’opera ne descrive lapolitica e il piano di formazione e analiz-za il progetto Eurotecnici, la sua dimen-sione di mobilità europea, l’organizzazio-ne pedagogica, gli strumenti d’accompa-gnamento, la certificazione della forma-zione. Vengono inoltre esaminati il soste-gno ai programmi europei e l’aspetto dellacooperazione transnazionale. I risultatisono presentati come l’attuazione disinergie.

Rencontres européennes de l’éduca-tion en entreprises.Charleville Mézières, 5-6 May 1994Stages Européens en Alternance dans lesMétiers (SESAM)Parigi, SESAM, 1994, 18 pagg. + allegatiDE, EN, FRSESAM, 6, rue de Braque, F-75003 Parigi

Il convegno europeo è stato organizzatoda SESAM (stages europei in alternanzanei mestieri), azione lanciata dal Ministe-ro francese del Commercio e dell’Artigia-nato nel 1989, allo scopo di promuoverel’inserimento professionale degli artigia-ni, preparandoli ai mutamenti collegati alcompletamento del mercato interno. Que-sto resoconto presenta una sintesi deiprincipali dibattiti sulla promozione del-l’apprendistato e sulla mobilità professio-nale nell’artigianato e nelle PMI europee,nonché sullo scambio tra i partner di si-stemi educativi e dei settori professionalinell’Ue.

e Ue, ma anche tra enti formatori e orga-ni esecutivi a livello nazionale ed euro-peo.

Evaluation of the EuroqualificationProgrammeHoms, O.Centre d’Iniciatives i Recerques Europeesa la Meditarrania (CIREM)Barcellona, CIREM, 1993, 31 pagg.ENCIREM, c/Bruc, 114, Ir, 2a,E-08009 Barcellona

Il rapporto esamina la gestione e la coe-sione esterna del programma EURO-QUALIFICATION, un’iniziativa comune di13 organizzazioni nazionali per la forma-zione professionale e la qualificazionedegli adulti negli Stati membri dell’Ue.Esso fornisce una valutazione approfon-dita dei progressi registrati nelle attività edello sviluppo del programma in Spagnae Portogallo. Il rapporto si basa sull’ana-lisi della documentazione prodotta e suinterviste condotte con esperti responsa-bili del programma e altre organizzazionicollegate.

Les entreprises face à l’Europe. Euro-techniciensDupeyron, A.Réseau d’Appui et de Capitalisation desInnovations Européennes (RACINE)Parigi, Racine éditions, La documentationfrançaise, 1994, 124 pagg.FRRACINE,18, rue Friant,F-75014 Parigi

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na, di sviluppare nuove strutture di coo-perazione e l’esigenza di modificare l’or-ganizzazione pedagogica dei corsi inmodo da soddisfare le richieste specifi-che dell’insegnamento supportato dallemoderne tecnologie.

Regional policy and innovation:A French-style dual system?

Bertrand, O.; Durand Drouhin,M.; Romani, C.Centre d’Etudes et de Recherches surl’Emploi et les Qualifications (CEREQ)Marsiglia,in: Training and Employment, 17,1994, pagg. 1-4ISSN 1156-2366EN

Per qualcuno il sistema duale è un mo-dello, per altri una struttura tipica dellasocietà tedesca, ma, ad ogni modo, il suoesempio ha portato la formazione in al-ternanza scuola-impresa tra i temi di spic-co del dibattito francese sul rapporto for-mazione-lavoro. Nel 1988, nell’ambito deldecentramento, la regione Rodano-Alpi hascelto di promuovere una propria politi-ca per sviluppare la formazione in alter-nanza basata su una stretta cooperazionetra settori professionali e sistema edu-cativo nazionale. Sebbene il suo impattoquantitativo rimanga limitato, questo “ap-prendistato cooperativo” dimostra lafattibilità di approcci innovatori alla rela-zione formazione-lavoro. Tuttavia la man-canza di chiare regole per i diversi part-ner permane un ostacolo per la sua espan-sione.

New directions for vocational edu-cation in France?Centre d’Etudes et de Recherches surl’Emploi et les Qualifications (CEREQ)Marsiglia,in: Training and Employment, 15,1994, pagg. 1-4ISSN 1156-2366EN

Institutionen-HandbuchArbeitsmarkt und Beruf

Gaworek-Behringer, M.Institut für Arbeitsmarkt- und Berufs-forschung der Bundesanstalt für Arbeit(InstDokAB)Norimberga, InstDokAB,1994, pagg. varieDEInstitut für Arbeitsmarkt- und Berufs-forschung der Bundesanstalt für Arbeit(IAB),Regensburger Strasse 104,D-90327 Norimberga

Tutti gli enti tedeschi compresi in questomanuale si occupano del mercato del la-voro o di ricerche sulle professioni. Si trat-ta di enti politici, scientifici, amministra-tivi, professionali, di ricerca, di governi,sindacati, ecc. Ogni voce contiene infor-mazioni su: tipo d’organizzazione, attivi-tà, cooperazioni, organigramma, anno difondazione, nome del direttore, indiriz-zo, numero di telefono e di fax.

Technology-supportedLearning (Distance

Learning). Report N° 1252Copenhagen, Ministero danese dell’Edu-cazione, 1994, 156 pagg.ISBN 87-603-0415-4ENUndervisningsministeries forlag,Frederiksholms Kanal 25F,DK-1220 Copenhagen K

Nel 1992 il Ministero danese dell’Istruzio-ne ha istituito un comitato di esperti alloscopo di studiare l’impatto delle nuovetecnologie sul sistema educativo e sull’or-ganizzazione dei corsi. Il rapporto del Li-bro bianco del luglio 1993 è stato tradot-to in inglese. Il Libro bianco descrive al-cuni modelli di pianificazione e offertadell’istruzione con l’apporto della tecno-logia; esamina i problemi economici del-l’attuale offerta d’istruzione tradizionalecontrapposta a quella con i moderni sus-sidi tecnologici; illustra le previsioni peril prossimo decennio; sottolinea l’impor-tanza di adeguare l’organizzazione inter-

Stati membri

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FORMAZIONE PROFESSIONALE NO. 4 RIVISTA EUROPEA

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Visto dagli stranieri, il sistema francese diformazione professionale solleva una se-rie di interrogativi, in particolare sull’usoincoerente dei termini “tecnico”, “tecno-logico” e “professionale”, sull’importan-za attribuita ai diplomi anche se non por-tano ad un riconoscimento nel settore oc-cupazionale interessato e, in considera-zione della crisi dell’occupazione giova-nile, sulla proliferazione di enti coinvoltie di misure proposte. Questi diversi pro-blemi emergono quale parte dello stessosistema se esaminati nel contesto dellescelte di politica educativa degli ultimi de-cenni.

Les métiers de la formation, contri-bution de la recherche, état despratiques et étude bibliographiqueCentre pou le développement de l’Infor-mation sur la Formation permanente(Centre INFFO); Conservatoire Nationaldes Arts et Métiers (CNAM); Università diLilla III Charles de GaulleParigi, La Documentation française, 1994,319 pagg.ISBN 2-11-003096-8FR

Quest’opera stila un bilancio sulla teoriae la prassi delle professioni concernentila formazione a partire dal 1971 e propo-ne una lettura commentata dei principaliriferimenti bibliografici. I numerosi con-tributi sono suddivisi in 5 parti: la primasitua il contesto della nascita dei mestierilegati alla formazione; la seconda analiz-za il loro sviluppo ed evoluzione; la terzaillustra approcci, metodi e strumenti alservizio dei formatori; la quarta proponeun approccio istituzionale e di categoria;la quinta fornisce alcuni dati sui formatorinell’ambito europeo.

De la compétence: essai sur un attrac-teur étrangeLe Boterf, G.Parigi, Editions d’Organisation,1994, 176 pagg.ISBN 2-7081-1753-XFR

Il concetto di competenza è anomalo: ladifficoltà di definirlo cresce parallelamentealla necessità di utilizzarlo. L’opera si pre-senta come un saggio sulla nozione dicompetenza, concetto in via di fabbri-cazione che diviene onnipresente nelleaziende. La riflessione dell’autore riguar-da diversi aspetti: che cos’è la competen-za? ha un saper agire diverso dal saperfare che la compone? esiste una dinamicacognitiva specifica della competenza? qualè il ruolo delle rappresentazioni nellacostruzione della competenza? che cos’èla competenza collettiva? esiste un’ergo-nomia della realizzazione delle compe-tenze? da chi e come può essere ricono-sciuta?

Vocational qualificationin England, Wales and

Northern IrelandNational Council for VocationalQualifications (NCVQ)Londra, NCVQ, 1994, 13 pagg.DE, EN, FRNCVQ Communications Division,222 Euston Road, UK-Londra NW1 2BZ

Il NCVQ (consiglio nazionale per le qua-lifiche professionali) pubblica questo fa-scicolo sulla riforma del sistema di quali-ficazione in Inghilterra, nel Galles e inIrlanda del Nord. Le recenti riforme ri-guardano le NVQ (qualifiche professio-nali nazionali) e le GNVQ (qualifiche pro-fessionali generali nazionali).

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Développer et intégrer la formationen entrepriseSonntag, M.Rueil-Malmaison, Editions Liaisons (EL),1994, 224 pagg.ISBN 2-87880-106-7ISSN 1158-470XFR

L’enseignement professionnel. Quelavenir pour les jeunes?Agulhon, C.Parigi, Les Editions de l ’Atelier/LesEditions Ouvriéres, 1994, 272 pagg.ISBN 2-7082-3113-8FR

Bilan de Competences: efficacitépersonnelle. 20 tests d’auto-évaluationet conseils personnalisésCouchaere, M.-J.Editions Liaisons (EL),Collection EXOTHEQUERueil-Malmaison, Editions Liaisons (EL),Collection EXOTHEQUE, 1994, 176 pagg.ISBN 2-87880-107-5ISSN 1159-6910FR

Strategic alliances and processredesign. Effective management andrestructuring of cooperative projectsand networksGerybadze, A.Berlino; New York, Walter de Gruyter,1995, 314 pagg.ISBN 3-11-013989-8EN

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FCentre INFFO (Centre pour le dévelop-pement de l’information sur laformation permanente)Christine MerlliéTour Europe Cedex 07F-92049 Paris la DéfenseTel. 331+41252222Fax 331+47737420

GROEEK (Organization for VocationalEducation and TrainingCatherine Georgopoulou1, Ilioupoleos Street17236 YmittosGR-AthensTel. 301+925 05 93Fax 301+925 44 84

IISFOL (Istituto per lo sviluppo dellaformazione professionale dei lavoratori)Alfredo TamborliniColombo ContiVia Morgagni 33, I-00161 RomaTel. 396+445901Fax 396+8845883

IRLFAS - The Training and EmploymentAuthorityMargaret CareyP.O. Box 45627-33, Upper Baggot StreetIRL-Dublin 4Tel. 3531+6685777; Fax 3531+6609093

C E N T R E I N F F OBVDAB (Vlaamse Dienst voor Arbeids-bemiddeling en BeroepsopleidingICODOC (Intercommunautair Documen-tatiecentrum voor BeroepsopleidingFrédéric GeersFOREM (Office communautaire etrégional de la formation professionnelleet de l’emploi)CIDOC (Centre intercommunautaire dedocumentation pour la formationprofessionnelle)Jean-Pierre GrandjeanBd. de l’Empereur 11, B-1000 BruxellesTel. 322+502 50 01; Fax 322+502 54 74

DBIBB (Bundesinstitut für Berufsbildung)Referat K4Bernd ChristopherKlaus-Detlef R. BreuerFehrbelliner Platz 3, D-10702 BerlinTel. 4930+864 32 230 (B. Christopher)

4930+864 32 445 (K.-D. Breuer)Fax 4930+864 32 607

DKSEL (Statens ErhvervspædagogiskeLæreruddannelse)Søren NielsenMerete HeinsRigensgade 13, DK-1316 København KTel. 4533+144114 ext. 317/301Fax 4533+144214

EINEM (Instituto Nacional de Empleo)Ministerio de Trabajo y Seguridad SocialIsaías LargoMaría Luz de las CuevasCondesa de Venadito, 9E-28027 MadridTel. 341+585 95 80; Fax 341+377 58 87

LChambre des Métiers du G.-D. deLuxembourg2, Circuit de la Foire internationaleTed MathgenB.P. 1604 (Kirchberg)L-1016 LuxembourgTel. 352+4267671Fax 352+426787

NLC.I.B.B. (Centrum Innovatie Beroeps-onderwijs Bedrijfsleven)Gerry SpronkPostbus 1585NL-5200 BP ‘s-HertogenboschTel. 3173+124011Fax 3173+123425

PSICT (Servico de Informação Cientifica eTécnica)Maria Odete Lopes dos SantosFatima HoraPraça de Londres, 2-1° AndarP-1091 Lisboa CodexTel. 3511+8496628,Fax 3511+806171

UKIPD (Institute of Personnel andDevelopment)Simon RexIPD House, Camp RoadUK-London SW19 4UXTel. 44181+946 91 00Fax 44181+947 25 70

SS

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