ita · stia lottando con un nemico più grande di lui non è affatto infondata, se anche i...

16
G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O V ita n. Anno 112 DOMENICA 4 OTTOBRE 2009 1,10 Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/25149 sito internet: www.settimanalelavita.it e_mail: [email protected] Abb. annuo 42,00 (Sostenitore 65,00) c/c p.n. 11044518 Pistoia La 34 34 Intendiamo dire non delle idee dei filosofi, ma semplicemente delle idee comunicateci dalla rivela- zione cristiana e coltivate all’interno della chiesa per mezzo della teologia e del magistero. C’è una tentazione sottile che, per mille strade, tende a evi- tare il confronto con questo mondo, con il pericolo di approdare, anche senza volerlo, a veri e propri corto- circuiti sia sul piano del pensiero che della spiritua- lità. Queste due realtà camminarono per molti secoli insieme, portando in tal modo la riflessione cristiana alle sue vette più alte. Ma poi, nei secoli passati, con la colpa di ambedue le parti, avvenne una vera e propria scissione con conseguenze particolarmente deleterie sul versante della vita spirituale. Diciamo subito che se la teologia non si apre alla spirituali- tà, è soltanto un gioco di parole vuote e di formule senza significato. Ma senza la teologia, cioè senza il mondo delle idee maturate alla luce della fede e della tradizione della chiesa, la spiritualità rimane espo- sta ai pericoli immediati del sentimentalismo, del soggettivismo, del devozionalismo. Experentia docet. Il nostro tempo a questi stati d’animo, a queste autentiche tentazioni, fornisce un terreno propizio, alieno com’è dal pensiero, dalle idee, dai ragiona- menti e da tutto ciò che ha rapporto con la ragione. Il nostro è il tempo del pensiero debole, addirittura del declino e del rifiuto della ragione. Per la verità, la provvidenza, proprio in questo tempo, ha dota- to la chiesa di un Papa teologo, che ha fatto della difesa della ragione uno dei punti fondamentali e più coraggiosi dell’intero suo ministero pastora- le. E’ facile notare come nelle sue affermazioni, nelle sue iniziative, ci sia sempre un richiamo alla verità e alla ragione. Si pensi soltanto alla sua ultima en- ciclica Caritas in veritate. Ma l’impressione che egli stia lottando con un nemico più grande di lui non è affatto infondata, se anche i cristiani non sono capa- ci di ascoltarlo. Il cristiano “normale”, cioè non specializzato, non è tenuto a sapere quanto è successo in questo campo nel nostro passato. Ma il cristiano specializ- zato è tenuto in coscienza a richiamare l’attenzione su un pericolo che incombe sulla parte sprovveduta della comunità cristiana. Perché si ha proprio l’im- pressione che qualcosa del genere stia di nuovo acca- dendo. I due più grandi teologi del nostro tempo, Von Balthasar e Rahner, si sono dati da fare per sanare la frattura prima lamentata e, nell’occasione, hanno pronunciato parole così forti da rimbombare ancora ai nostri orecchi. Il primo ha affermato che la scis- sione fra teologia e spiritualità ha suscitato danni addirittura maggiori di quelli causati dalla divisio- ne delle chiese d’Oriente e d’Occidente; il secondo ha parlato di sciagurata, di “mostruosa scissione”. Non c’è male. Sarà forse il caso di prestare loro maggiore ascolto di quanto si sta facendo ai nostri giorni, spe- cialmente da parte di coloro che detengono il mini- stero della presidenza? Oggi la teologia appare profondamente rinnovata e ha come suo primo desiderio di servire la pastorale e la vita spirituale dei cristiani. C’è alle nostre spalle quel grande avvenimento che risponde al nome del concilio Vaticano II, che ha trovato punti di conver- genza, sintesi nuove, prospettive innovatrici, solu- zioni a lungo ricercate nel nostro passato, bellissime e suggestive idee maturate da una rinnovata lettura della Parola di Dio, che “non è solo la Bibbia, ma la Bibbia letta nell’attualità dello Spirito Santo in seno alla chiesa e alla luce di tutta la tradizione”. Forse mai come oggi, la comunità cristiana ha avuto a disposizione un armamentario di idee e di pensieri così bello, così fresco e così completo come quello di cui si trova in possesso oggi. Tenersene lontani è un atteggiamento incomprensibile quanto deleterio. L’organizzazione è certamente necessaria, però quando si sono chiarite le idee che la devono soste- nere e illuminare. Altrimenti si rischia di perdere tempo o di combinare qualche danno ancora maggio- re. Si rifletta sull’intero patrimonio della rivelazione aggiornato all’oggi della chiesa, sulla natura di Dio, compresa la sua esistenza messa nuovamente in discussione dai risultati di certa scienza, su Gesù Cristo e la redenzione da lui operata, sulla chiesa stessa, che nel concilio Vaticano II ha ricevuto un impulso vitale e rivoluzionario che nessuno può più ignorare, sulla sorte ultima dell’uomo, con tutte le innovazioni che questa particolare articolazione del- la fede ha ricevuto negli ultimi anni. E’ su queste idee che la chiesa potrà ritrovare quello slancio e quell’entusiasmo che oggi sembrano mancarle. Giordano Frosini All ’interno 15 4 Chi ha paura delle idee? CAMPANELLO D’ALLARME PER L’OCCUPAZIONE Secondo i dati dell’Istat, il numero degli occupati cala di 378mila unità, il tasso di disoccupazione arriva al 7,4%. Soprattutto sono in crisi le piccole imprese e, naturalmente, i primi a soffrire della situazione sono i giovani 14 LO SCANDALO DELLE NOSTRE CARCERI Sovraffollate, invisibili, disumane. Un problema che batte fortemente alla coscienza del popolo italiano. Pare si stia pensando ad un nuovo piano edilizio, ma sarebbe più giusto pensare a misure alternative alla detenzione MASSARI A PAGINA 2 CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI “Pensare in grande” è il programma che il Consiglio Permanente della Cei ha fatto proprio nell’ultima sua riunione. In questo senso si è pensato alla missione del sacerdote, alla crisi italiana, soprattutto a quella del sud e alla incapacità di rapportarsi che mina la società attuale SERVIZIO A PAGINA MINACCE E SILENZI AVVOLGONO TEHERAN Nuova durezza contro l’opposizione interna e rinnovata rigidità verso il mondo occidentale CARUSONE A PAGINA CASAVECCHIA A PAGINA

Transcript of ita · stia lottando con un nemico più grande di lui non è affatto infondata, se anche i...

G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O

V ita n.

Anno 112

DOMENICA4 OTTOBRE 2009

€ 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/25149sito internet: www.settimanalelavita.ite_mail: [email protected]. annuo € 42,00(Sostenitore € 65,00)c/c p.n. 11044518 Pistoia

La 3434

Intendiamo dire non delle idee dei filosofi, ma semplicemente delle idee comunicateci dalla rivela-zione cristiana e coltivate all’interno della chiesa per mezzo della teologia e del magistero. C’è una tentazione sottile che, per mille strade, tende a evi-tare il confronto con questo mondo, con il pericolo di approdare, anche senza volerlo, a veri e propri corto-circuiti sia sul piano del pensiero che della spiritua-lità. Queste due realtà camminarono per molti secoli insieme, portando in tal modo la riflessione cristiana alle sue vette più alte. Ma poi, nei secoli passati, con la colpa di ambedue le parti, avvenne una vera e propria scissione con conseguenze particolarmente deleterie sul versante della vita spirituale. Diciamo subito che se la teologia non si apre alla spirituali-tà, è soltanto un gioco di parole vuote e di formule senza significato. Ma senza la teologia, cioè senza il mondo delle idee maturate alla luce della fede e della tradizione della chiesa, la spiritualità rimane espo-sta ai pericoli immediati del sentimentalismo, del soggettivismo, del devozionalismo. Experentia docet.

Il nostro tempo a questi stati d’animo, a queste autentiche tentazioni, fornisce un terreno propizio, alieno com’è dal pensiero, dalle idee, dai ragiona-menti e da tutto ciò che ha rapporto con la ragione. Il nostro è il tempo del pensiero debole, addirittura del declino e del rifiuto della ragione. Per la verità, la provvidenza, proprio in questo tempo, ha dota-to la chiesa di un Papa teologo, che ha fatto della difesa della ragione uno dei punti fondamentali e più coraggiosi dell’intero suo ministero pastora-le.

E’ facile notare come nelle sue affermazioni, nelle sue iniziative, ci sia sempre un richiamo alla verità e alla ragione. Si pensi soltanto alla sua ultima en-ciclica Caritas in veritate. Ma l’impressione che egli stia lottando con un nemico più grande di lui non è affatto infondata, se anche i cristiani non sono capa-ci di ascoltarlo.

Il cristiano “normale”, cioè non specializzato, non è tenuto a sapere quanto è successo in questo campo nel nostro passato. Ma il cristiano specializ-zato è tenuto in coscienza a richiamare l’attenzione su un pericolo che incombe sulla parte sprovveduta della comunità cristiana. Perché si ha proprio l’im-pressione che qualcosa del genere stia di nuovo acca-dendo.

I due più grandi teologi del nostro tempo, Von Balthasar e Rahner, si sono dati da fare per sanare la frattura prima lamentata e, nell’occasione, hanno pronunciato parole così forti da rimbombare ancora ai nostri orecchi. Il primo ha affermato che la scis-sione fra teologia e spiritualità ha suscitato danni addirittura maggiori di quelli causati dalla divisio-ne delle chiese d’Oriente e d’Occidente; il secondo ha parlato di sciagurata, di “mostruosa scissione”. Non c’è male. Sarà forse il caso di prestare loro maggiore ascolto di quanto si sta facendo ai nostri giorni, spe-cialmente da parte di coloro che detengono il mini-stero della presidenza?

Oggi la teologia appare profondamente rinnovata e ha come suo primo desiderio di servire la pastorale e la vita spirituale dei cristiani. C’è alle nostre spalle quel grande avvenimento che risponde al nome del concilio Vaticano II, che ha trovato punti di conver-genza, sintesi nuove, prospettive innovatrici, solu-zioni a lungo ricercate nel nostro passato, bellissime e suggestive idee maturate da una rinnovata lettura della Parola di Dio, che “non è solo la Bibbia, ma la Bibbia letta nell’attualità dello Spirito Santo in seno alla chiesa e alla luce di tutta la tradizione”. Forse mai come oggi, la comunità cristiana ha avuto a disposizione un armamentario di idee e di pensieri così bello, così fresco e così completo come quello di cui si trova in possesso oggi. Tenersene lontani è un atteggiamento incomprensibile quanto deleterio.

L’organizzazione è certamente necessaria, però quando si sono chiarite le idee che la devono soste-nere e illuminare. Altrimenti si rischia di perdere tempo o di combinare qualche danno ancora maggio-re. Si rifletta sull’intero patrimonio della rivelazione aggiornato all’oggi della chiesa, sulla natura di Dio, compresa la sua esistenza messa nuovamente in discussione dai risultati di certa scienza, su Gesù Cristo e la redenzione da lui operata, sulla chiesa stessa, che nel concilio Vaticano II ha ricevuto un impulso vitale e rivoluzionario che nessuno può più ignorare, sulla sorte ultima dell’uomo, con tutte le innovazioni che questa particolare articolazione del-la fede ha ricevuto negli ultimi anni.

E’ su queste idee che la chiesa potrà ritrovare quello slancio e quell’entusiasmo che oggi sembrano mancarle.

Giordano Frosini

All ’interno

15

4

Chi ha pauradelle idee?

CAMPANELLO D’ALLARME PER L’OCCUPAZIONESecondo i dati dell’Istat, il numero deglioccupati cala di 378mila unità, il tassodi disoccupazione arriva al 7,4%. Soprattutto sono in crisi le piccole imprese e,naturalmente, i primi a soffriredella situazione sono i giovani

14

LO SCANDALO DELLENOSTRE CARCERISovraffollate, invisibili, disumane. Un problema che batte fortemente allacoscienza del popolo italiano.Pare si stia pensando ad un nuovo pianoedilizio, ma sarebbe più giusto pensarea misure alternative alla detenzioneMASSARI A PAGINA 2

CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI“Pensare in grande” è il programma che il Consiglio Permanente della Cei ha fatto proprio nell’ultima sua riunione. In questo senso si èpensato alla missione del sacerdote, alla crisi italiana,soprattutto a quella del sud e alla incapacità di rapportarsi che mina la società attualeSERVIZIO A PAGINA

MINACCE E SILENZIAVVOLGONO TEHERANNuova durezza contro l’opposizione interna e rinnovata rigidità verso il mondo occidentale

CARUSONE A PAGINA

CASAVECCHIA A PAGINA

2 n. 34 4 Ottobre 2009LaVitain primo piano

UN PROBLEMA CHE CI RIGUARDA

Nuove prigioni? Svecchiamo le pene

Tre anni dopo l’indulto (31 luglio 2006), le carceri italiane sono messe peggio di prima. E di sempre. Nelle patrie galere a giugno erano presenti 63.217 detenuti, men-tre la capienza è di 43 mila posti; inoltre, si procedeva con un trend di 800 detenuti in più ogni mese. L’anniversario del-l’indulto, misura che avrebbe dovuto risolvere la questione del sovraffollamento, si è ce-lebrato all’insegna di numeri spaventosi. E previsioni sco-raggianti.

Le carceri dell’Italia re-pubblicana non sono mai state tanto sovraffollate (ec-cezion fatta per l’immediato dopoguerra, ma la situazione storica era ben diversa) e al-l’orizzonte non si profi lano soluzioni. Il sovraffollamento pone una serie di problemi, reali e simbolici, che sarebbe sbagliato sottovalutare.

Sul piano concreto, si se-gnalano disagi relativi a biso-gni fondamentali (materiali e non): celle con più “ospiti” dei posti letto disponibili, o approntate in fretta e furia in locali destinati alla socia-lità, o senza servizi igienici; limitazione, in molte carceri, dell’accesso all’acqua; limiti alla possibilità di movimento; impossibilità di svolgere le attività rieducative e di reinse-rimento previste dall’articolo 27 della Costituzione.

Il sovraffollamento, in sin-tesi, si traduce nella sospensio-ne dei diritti dei detenuti. Sul piano simbolico, tutto ciò ge-nera l’illegalità di un’istituzio-ne congegnata per combattere l’illegalità (il bisticcio non è solo di parole) e l’impossibilità per i detenuti (ma anche per i famigliari) di riconoscersi in un sistema di regole al quale si chiede loro di uniformarsi.

Non va sottovalutato, pe-raltro, che il sovraffollamento delle carceri, in ogni parte del mondo, è spesso un fattore scatenante di rivolte. Inoltre, va ricordato che ad esso cor-risponde sempre l’aumento degli atti di autolesionismo e suicidio. Le prigioni strapie-ne, dunque, non solo ledono i diritti di chi le abita e la credibilità delle norme da cui dipendono, ma incrina-no anche l’ordine pubblico e mettono a repentaglio salute e sopravvivenza delle persone custodite. E, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che a luglio ha riconosciuto a un detenuto bo-sniaco il diritto al risarcimento dallo stato per il “trattamento inumano” subito causa sovraf-follamento nel carcere romano di Rebibbia, rischiano di fatto di aprire una catena di ricorsi, assai onerosa per le casse dello stato.

“INDULTATI” CRIMINALI? NON RISULTA

L’aumento del numero dei detenuti è un fenomeno di sistema che, dal dopoguerra,

Sovraffollate, invivibili. Inumane.A tre anni dall’indulto, le carceri italianesono piene di detenuti come non mai.

L’amministrazione penitenziariapensa a un piano edilizio.

Ma bisogna passare attraverso la “porta stretta”: misure alternative alla detenzione

di Luca Massari

è stato affrontato con periodici interventi di condono (indulti e amnistie), in media uno ogni due anni. Tali provvedimenti hanno svolto la funzione di una valvola, che ha lasciato defl uire l’eccessiva pressione. Ma, come è noto, contro questi interventi di sfogo si è ormai aperta una polemica cavalcata da politici di ogni parte, con il risultato che tali condoni sono fortemente limitati, e conside-rati dalla pubblica opinione in modo solo negativo. Negli ultimi anni hanno continuato a essere praticati, e per certi aspetti apprezzati, i condoni per le evasioni fi scali e gli abu-si edilizi (di solito compiuti da soggetti sociali forti): il dibatti-to sulla legalità, anche da que-sto punto di vista, sembra es-sersi concentrato sull’illegalità dei soggetti poveri (ancorché colpevoli), in un certo senso a tutela di quella dei ricchi. E

la sola alternativa, sulla scena politica, è fornita da chi chie-de inclemenza verso tutte le illegalità, sia dei ricchi sia dei poveri, proponendo soluzioni estreme (carcere sempre più lungo) per ogni tipo di irrego-larità.

Così impostata, la questio-ne sfugge però a un criterio di razionalità. È stato ampiamen-te dimostrato, per esempio, che i liberati grazie all’ultimo indulto sono tornati a compie-re reati in numero molto infe-riore rispetto a quanto accade, normalmente, a chi la pena la sconta tutta. I dati presentati dai ricercatori dell’Universi-tà di Torino, aggiornati al 30 giugno 2009, sono lampanti: gli indultati recidivi sono stati il 30,31% di quelli usciti dal carcere e il 21,78% di chi aveva scontato la pena prevalente-mente in misura alternativa. Signifi cativo il confronto con il

tasso di recidiva “ordinario”: 68% fra la popolazione dete-nuta, 30% fra quelli in misura alternativa. L’affermazione, tante volte ripetuta da politici, giornalisti e opinion maker, secondo cui l’indulto del 2006 ha inasprito il tasso di crimi-nalità e incrementato l’insicu-rezza sociale, è ormai smentita dai fatti.

NECESSARIA LA RIFORMA DELLE SANZIONI

Il dipartimento dell’ammi-nistrazione penitenziaria, de-terminato a non concedere più provvedimenti di clemenza, ha di recente emanato un pia-no per costruire nuove carceri e ampliare le attuali. Si preve-de una spesa di 1,59 miliardi di euro per ottenere un au-mento della capienza di 17.129 posti. La spesa è riferita ai soli lavori, senza contare gli arredi e la gestione. La provenienza dei soldi è incerta: l’unica si-curezza è che verranno usati 150 milioni di euro che erano destinati al reinserimento dei detenuti e alle vittime (la cassa delle ammende). E anche se venisse rispettato, il piano non sarebbe in grado di dare rispo-ste tempestive, considerando il trend di crescita e numero dei detenuti.

Moltiplicare prigioni e celle, però, è una strada che provocherà l’aumento costan-te del numero dei detenuti. La

storia recente di tutti i paesi occidentali dimostra l’ineso-rabilità di una curiosa correla-zione: anche in assenza di un incremento di reati e denunce, all’aumento dei posti in car-cere corrisponde sempre un maggior ricorso all’uso della detenzione. In altre parole: i posti vuoti “incoraggiano” l’uso della risorsa-carcere. Ma il carcere fa più male che bene, se consideriamo quanto costa alla collettività, le sofferenze che infl igge a detenuti e fami-liari e il fatto che - in partico-lare in Italia - non è in grado di assolvere alla sua funzione rieducativa, dal momento che il 70% delle persone che vi sono passate tornano a com-piere reati.

Nel piano dell’amministra-zione penitenziaria vi è anche l’intenzione di rimandare all’estero i detenuti stranieri. Ciò, però, richiederebbe un cambiamento della Costitu-zione, perché la Corte costitu-zionale si è già espressa su un punto legato alla questione, affermando che il ruolo riedu-cativo verso i condannati va esercitato anche nei confronti degli stranieri. Anche a questo proposito, dunque, si profi -lano tempi lunghi, ed esiti incerti.

Per allentare una situazio-ne che si va facendo esplosiva, bisogna dunque passare attra-verso la “porta stretta”: non aumentare reati e carceri, ma riformare le pene e rinnovare le sanzioni, facendo sì che il carcere sia l’estremo rimedio, da praticare quando gli altri non abbiano dato esito.

Il sovraffollamento (e i mali che trascina con sé) va affrontato facilitando le misu-re alternative alla detenzione (coinvolgendo il sistema di welfare e i comuni), ricor-rendo alle sanzioni penali il meno possibile, introducendo nuove sanzioni non detentive e promuovendo seri percorsi di reinserimento sociale. Nella precedente legislatura, una apposita commissione tecnica e bipartisan aveva impostato una riforma per diversifi ca-re l’apparato sanzionatorio (come avvenuto in altri paesi: in Germania più dei tre quarti delle sanzioni penali infl itte in sentenza non sono detentive; in Francia vi sono ogni anno più di 40 mila mediazioni pe-nali, pratiche della cosiddetta “giustizia riparativa”), ma la caduta del governo Prodi ha reso lettera morta quell’inte-ressante testo di proposta, che andrebbe ripreso. Negli scorsi mesi il ministro della giustizia, Angelino Alfano, aveva avan-zato analoghe proposte serie e importanti: l’introduzione di pene pecuniarie, commi-surate al reddito, e la messa alla prova per i reati sotto i quattro anni. Il governo le ha però frettolosamente stoppate. Ragionevolezza vorrebbe - e il senso di umanità pure - che ci si ritornasse sopra.La casa circondariale di Pistoia anch’essa sovraffollata ai limiti della sopportabilità

34 Ottobre 2009 n. 34LaVita cultura

Poeti ContemporaneiINCUBO E SOGNO DI UN PARROCO A FERRAGOSTOHo gridatoe invocato “Silenzio”,su quella piazzache è diventata un incubo,nelle lunghe notti insonni,trascorse nella perpiessità,per quelle vitedonate da Dioanche a quei fi gli nostri,ora su la piazzanella nottedimentichi di tale donoma ugualmente fi gliamati e attesi di nuovonei tempi di Diooltre la parentesi della lontananzai sospetti i dispettie le sconsiderate provocazioni.

No! non può essere svanito nel nullaun fantastico sognoe la sua realizzazione.Ma certo che anche la piazzadovrà essere recuperataalla sua dignità e bellezzanon più profanata da volgaritàe vissuta anche nelle piccole attenzionicome il guardarsi benedal gettare per terra una lattina vuotae i resti della merendina...

Così ritorneranno verdi le aiolenon più calpestate;e gli alberi,anche essi,giovani ancoracresceranno;mentre le panchine e il murettoinviteranno a sostare e a giocare,di sera, ancora. fi nché il tuttoovattato fi nalmente di silenziola notte avvolgerà gelosamentecome un donoda riconsegnareall’alba del nuovo giorno.

Da una piazza, Ferragosto.Anno 2009 don Petrelli

Ciò che prende immedia-tamente, leggendo il romanzo “Noi”, è il titolo, che vuole coinvolgere pure i nostri destini, narrando di quattro adolescenti - Giovanni, Andrea, Luca e Nina - che interpretano fatti dram-matici di tempi indimenticabili: gli ultimi ‘giorni del fascismo e la deportazione degli ebrei, l’Italia del boom economico così tenacemente presente nella “trilogia” di Calvino, l’anno pauroso del terremoto in Irpinia, del terrorismo, dell’assassinio di John Lennon, in una proiezione storica che ci porta, d’un balzo, al 2025, nel tentativo di costruire un destino esistenziale che valorizzi il passato, che spesso “ritorna”.

Di fronte a riflessioni così impostate, avverti che non può -mancare la tua adesione e non sola emotiva: “Io penso allora che Dio, durante Auschwitz, pregasse. Me lo immagino in-ginocchiato, davanti alla foto di un bambino impiccato, mentre prega. Ma noi preghiamo Dio. Lui pregava gli uomini. Che non lo hanno ascoltato. Onnipotenti, nell’orrore, sono stati gli uomini. Lui soffriva e non gli restava che pregare”; segue il commento dell’interlocutore: “Sì, è una bella immagine. In fondo il fatto che Auschwitz ci abbia mostrato la fragilità di Dio ci fa capire che solo se gli uomini si faranno davvero a somiglianza della

sua bontà eviteranno la fi ne del genere umano”.

Creature ancora fragili che si interrogano su problemi tanto complessi, con la tenacia di arrivare ad una verità... nien-te lascia indifferenti, mentre avvertiamo la preoccupazione dell’autore di coinvolgere, nel-l’interpretazione della storia, tra rovine e minacce, i più indifesi, coloro che - do mani - saranno i protagonisti dei comuni destini. Certe immagini, descritte con tanta dignità, nella loro tragica realtà, sono particolari di una storia dell’umano che ti colpisce

nel profondo, soprattutto nelle sequenze fi nali di ogni capitolo: “Avevano una valigia in mano e l’aria smarrita. C’erano anziani che facevano fatica a cammina-re, bambini buttati giù dal letto. Qualcuno tentava di fuggire ma veniva ripreso e colpito sulla testa con il calcio del fucile. Una donna aveva un bambino al seno e implorava un soldato tedesco di lasciarla andare. Lui la prese di peso e la caricò sul camion. Chi usciva dai palazzi, aveva un foglietto giallo in mano e dei fagotti. Si sentivano le urla di un padre che diceva: ‘No, lui no, è

un bambino, lasciatelo andare’, la voce di una donna anziana che chiamava qualcuno, forse nasco-sto, perché il padre o il nonno era caduto dalle scale... Il (e siamo al dramma degli ebrei...). Poi, quell’indimenticabile 1963, i tempi della rinascita, con la strana convinzione che benesse-re economico fosse sinonimo di felicità ‘(“La primavera”, nella scansione dei capitoli stessi... In quei giorni si era diffusa la no-tizia di un grave peggioramento della salute di Giovanni XXIII, il papa che Giovanni amava enormemente. Erano stati per caso a Roma con i bambini nei giorni in cui si apriva il Conci-lio Vaticano II e il capofamiglia aveva convinto tutti ad andare quella sera in piazza San Pietro. Andrea ricordava l’emozione di tante persone con le fi accole che illuminavano la piazza. Poi si era aperta una fi nestra lonta-na e da quel piccolo punto di luce avevano sentito un uomo buono pronunciare parole che nessuno di loro avrebbe mai dimenticato...”.

Poi, “L’autunno”, caratteriz-zato da un tempo inquietante, -appunto il 1980- con al centro il “terrorismo”, che tanta paura getterà negli uomini di quella generazione: “Sparano a ca-saccio, ormai. Pochi giorni fa hanno ucciso un altro dirigente aziendale. E ancora prima il

Generazioni a confronto con i drammi della storia

Il “noi” di Walter Veltroni

Il viaggiatore che si lascia alle spalle le sponde europee e, per la prima volta, s’inoltra in terra d’Africa, nutre nell’animo il desiderio grande di toccare con mano un mondo nuovo, affascinante, singolare o comunque… diverso. Se supera le regioni del nord e arriva al centro, nella zona del lago Tanganica, mette piede in uno stato tra i più piccoli dell’Africa, ma così signifi cativo nella storia, nella com-posizione, nelle lotte, nelle speranze: il Burundi. Poco più grande della nostra Sicilia, conta quasi 8 milioni di abitanti e si trova circoscritto fra il Congo, il Ruanda e la Tanzania.

Arrivo all’aeroporto di Bujumbura, la capitale, in un caldo pomeriggio di giugno, nella stagione estiva, quando i raggi del sole ti inseguono dalla matti-na alla sera in maniera spietata.

Bujumbura! Qui la storia non ha tracce architettoniche millenarie come in città familiari alla nostra conoscenza, ma la si ritrova di recente datazione e composizione: strade larghe, grandi, diritte, anche se dissestate. Le principali dividono la città e poi si diramano poco a poco nella periferia. Sembra quasi una composizione ad albero: il tronco centrale e i rami laterali. Qui, a Bujum-bura il centro storico non ha quei vicoli, vicoletti dal fascino caratteristico, ma tutto è aperto, solare, grande, spazioso a cominciare da viale Lumumba fi no al lunghissimo viale 28 aprile che si perde nelle campagne. Bujumbura! Il nome non ha un signifi cato simbolico particolare, ma la si potrebbe chiamare

Viaggio a Bujumbura

Terra d’Africala città liberata, salvata! Liberata dalle lotte interne e civili che fi no a qualche anno fa hanno insanguinato le strade della capitale e non solo; liberata dalle lotte tra hutu e tutzi; liberata da una certa diffusa paura; liberata da diffusi sospetti che arrivavano a tragiche con-seguenze; liberata e proiettata verso timide speranze. Di giorno in giorno il numero dei suoi abitanti aumenta perché tanta gente lascia le campagne e viene in città, attirata da sogni che non sempre si materializzano in realtà. Qui il nord della capitale è povero e il sud è ricco (o comunque del medio ceto). Suonano perciò familiari al mio orecchio -qualche giorno dopo il mio arrivo- i nomi di zone come Kamenge, Kinama, Cibitoke, oppure Kiriri… Ma per conoscere meglio la città bi-sogna parlare, dialogare, ascoltare… ecco allora i miei incontri e colloqui con monsignor Evaristo Ngoyagoye, arcivescovo della capitale, con p. Guillaume, gesuita burundese, con gli amici Ignazio, Willy, Mario, Claudio, Languide, Landine, con i missionari saveriani italiani che sono qui da molti anni, con la gente comune che incontro per le strade sempre affollate.

La storia della città, nelle sue espressioni religiose, letterarie, sociali, che non hanno lunghissime tradizioni,

ma che comunque hanno già le loro radici! Come non ricordare -in mezzo a tante contraddizioni, diffi coltà e lotte- l’opera dei padri bianchi agli inizi del secolo XX: l’opera religiosa, sociale, let-teraria, linguistica, di aggregazione, di sintesi culturale; uno di loro, p. Zuure, già nel 1933 scriveva il volume “L’Ame du Murundi”, osservando come “la lingua è l’anima di un popolo”, e poi altri padri bianchi tradussero la bib-bia, pubblicarono raccolte di racconti popolari; e padri Domenicani, Gesuiti studiarono a fondo il cuore del popolo nelle sue espressioni religiose, sociali, tradizionali, cercando di spiegarsi usi e costumi che in Europa non erano abituali; Le Dieu de nos pères, uno stu-dio del padre domenicano Bernardin Muzungu, del 1975. E non sembrino cose secondarie e marginali tali iniziati-ve culturali ed editoriali, perché adesso diversi giovani universitari, sensibili ai problemi locali, cercano di andare alle radici della loro vita, di quella dei loro padri. È quel che ho potuto notare in un incontro con giovani universitari della parrocchia di S. Giuseppe: il desiderio di sapere… di leggere… di conoscere la loro letteratura così giovane, ma così stimolante. In tale stato di cose attuali, ci si apre a una certa speranza. Lo afferma l’arcivescovo di Bujumbura

giornalista Walter Tobagi, un nostro collega... I ragazzi hanno, nitido, il senso della giustizia. Capiscono chi è il potente e chi l’indifeso. E oggi gli indifesi han-no addosso una divisa, tengono nelle mani una borsa, hanno in uffi cio una macchina da scrivere che li aspetta. I potenti hanno in tasca una pistola e l’arbitrio di decidere chi vive e chi muore. Come il pollice alzato o abbas-sato dei nazisti che facevano la selezione dei deportati ad Auschwitz... Una cosa è battersi per cambiare il mondo, una cosa è uccidere gli innocenti...”.

Alla fi ne, quella proiezione nella prima generazione del Duernila, con la preoccupazione di non dimenticare nulla della Storia di ieri: “In principio la Terra era tutta sbagliata, ren-derla più abitabile fu una bella fatica... C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si poté rimediare. Da correggere, però, ne restano ancora tanti: rimboc-catevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti”. Il “Noi”. diventa -così- una ragione di impegno e di speranza.

Rizzoli pubblica un nuovo romanzo del politico più attento alla pagina scritta

di Angelo Rescaglio

in un’analisi della situazione politica di oggi che va compresa tenendo conto degli anni di guerra dal 1993 al 2006. Ricostruzione! Sembra essere questa la parola più appropriata, “Molti rifugia-ti ritornano dagli stati vicini, dall’este-ro, dalla vita militare, dalle campagne con tanti problemi di inserimento e di lavoro. Le istituzioni politiche devono essere rafforzate perché tante strutture sono state distrutte dalla guerra e in questo senso siamo tornati indietro. Rifare la strada -costituzionale, orga-nizzativa- è diffi cile, ma necessario. Alla Chiesa viene chiesto giustamente il lavoro di ricostruzione morale; quel che cerchiamo di fare. In certi casi non riusciamo a seguire l’aumento demografi co della gente ma, grazie a Dio, la chiesa cattolica ha una sua presenza capillare in tutto il paese, con diocesi, parrocchie, associazioni, con diversi sacerdoti locali o missionari, con parrocchie che hanno una loro vivacità: giovani, ragazzi, corali di canto, attività sportive… tutto questo ci fa ben sperare per il futuro; tanti giovani vanno prendendo coscienza della propria responsabilità sociale, politica, comunitaria…” Mi torna-vano alla mente, mentre chiudevo il mio incontro con l’arcivescovo, le parole di un canto-poesia di qui, di Bujumbura: “Guarda intorno a te un mondo migliore/ un mondo formato da trentamila cuori/ un mondo di fi ducia, d’amore, d’amicizia/ unione di fratelli e sorelle senza etnia…”.

Vincenzo Arnone

4 n. 34 4 Ottobre 2009LaVitaattualità ecclesiale

“Pensare in grande, senza lasciarsi rinchiudere in visioni anguste”: questa la “prospettiva condivisa” da tutti i vescovi italiani. È quanto si legge nel comu-nicato fi nale del Consiglio permanente (Cep) della Cei, diffuso il 29 settembre, e nel quale i vescovi lanciano un “appello alla comunità ecclesiale e civile”, a partire dalla consapevolezza che “solo quando il Vangelo di-venta cultura, cioè si declina in comportamenti concreti, assolve al suo compito di offrire una speranza fon-data a una società scettica e disorientata”. Al centro dei lavori, la prima traccia degli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, con al centro la “questione educativa” come “perno di una rinnovata stagione di evangelizzazione”. “Non un semplice prontuario peda-gogico – precisano i vescovi – ma uno strumento che pro-pizi una presa di coscienza plausibile e praticabile per reagire al diffuso nichilismo che pervade la vita di tanti, specie dei più giovani”. Il Cep ha approvato l’ordine del giorno dell’Assemblea Generale, che si terrà ad Assisi dal 9 al 12 novembre. In preparazione, inoltre, un “vademecum” che “aiuti i parroci e le parrocchie

CEI: CONSIGLIO PERMANENTE

Una rinnovatastagione

a rispondere in maniera giuridicamente corretta ed ecumenicamente rispettosa alle richieste circa l’ammi-nistrazione di sacramenti e la catechesi, che con sempre maggiore frequenza pro-vengono da fedeli giunti da Paesi dell’Est europeo e ap-partenenti all’ortodossia”.

NO ALLA“PROFESSIONALIZZAZIONE”

Il sacerdote rischia oggi “una preoccupante scissione tra la sfera personale e l’atti-vità ministeriale, separando l’essere dall’agire”. A partire da questa constatazione, i vescovi – in questo Anno Sacerdotale – intendono “approfondire il senso della fi gura del sacerdote, il cui profi lo non cessa di attrarre e di creare aspettative pro-prio in una società anonima e segnata dal rarefarsi della prossimità e della gratuità”, uno dei temi dei lavori. Per la Cei, “occorre dunque af-frontare la possibile deriva di una professionalizza-zione riduttiva”, partendo dalla consapevolezza che “il sacerdote deve attrarre con la propria persona, ancor prima che con le sue attività”. Il prete, cioè, “rie-sce a educare effi cacemente soltanto se dietro al suo fare si colgono le tracce di un’esistenza di fede, e dun-

a generare nuovi creden-ti attraverso l’esperienza dell’educare”: questo il tema a cui è stata dedicata “un’ampia rifl essione” nel contesto della presenta-zione della prima traccia degli Orientamenti pasto-rali 2010-2020. I vescovi auspicano “un documen-to unitario ed essenziale, che abbia la capacità di «trafiggere i cuori» per raccogliere l’emergenza dell’educazione nel nostro contesto liquido e plurale”. Di qui la necessità di foca-lizzare alcune “dimensioni fondamentali” dell’espe-rienza umana, quali la li-bertà, la volontà, la ragione, l’amore e la fede. In questa “trasmissione” (“traditio”) dell’“arte di vivere”, per la Chiesa, la famiglia “gioca un ruolo decisivo, a condi-zione che sappia superare la tentazione iperprotettiva a risparmiare ai fi gli qual-siasi esperienza del limite e del sacrifi cio”. “Perché sia effi cace, l’intervento edu-cativo richiede l’apporto di tutti gli adulti e delle diverse agenzie sociali”, e la “domanda di educazio-ne” deve “penetrare in tutti gli ambiti di vita”, come auspicato dal recentissimo volume “La sfi da educati-va”, del Comitato Cei per il progetto culturale.

coscienza di appartenere a un’unica nazione”. Il Cep ha deciso di “riconsiderare i temi affrontati dai vescovi 20 anni fa” nel documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzo-giorno”: il testo, che sarà esaminato nella versione defi nitiva dall’Assemblea Generale di Assisi, “non si limiterà a denunciare i problemi con taglio socio-logico, ma offrirà chiavi di lettura animate dalla speranza cristiana, virtù che non tace il peccato, ma sa far leva sulla responsabi-lità, sulla solidarietà e sulla sobrietà”.

LA “MALATTIAMORTALE”

“La malattia mortale che rende tanto diffi cile il rapporto educativo è l’in-capacità di rapportarsi con il reale, avendo smarrito il senso dell’oggettività”, am-moniscono i vescovi. “La Chiesa intera è chiamata

Il breve ed intenso viag-gio del Papa nella Repubblica Ceca, a vent’anni dalla caduta del muro e dei regimi comu-nisti, è stato anche un viaggio alla ricerca e per la costruzio-ne dell’Europa. Un’Europa che non è espressione geogra-fi ca o politica, ma una “casa”, una “patria spirituale”, in cui il cristianesimo ha giocato e continua a giocare un ruolo fondamentale “per la forma-zione della coscienza di ogni generazione e per la promo-zione di un consenso etico di fondo”. Queste sono le “radici cristiane”, di cui tanto si è parlato e su cui Benedetto XVI rilancia.

Il totalitarismo comunista ha lasciato macerie, con “la riduttiva ideologia del mate-rialismo, la repressione della religione e l’oppressione dello spirito umano. Nel 1989, tutta-via, il mondo è stato testimone in maniera drammatica del ro-vesciamento di una ideologia totalitaria fallita e del trionfo dello spirito umano”, ha detto incontrandogli intellettuali.

Non mancano gli interro-gativi sul futuro, per cui “pas-sato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, di frequente oggi nel mondo l’esercizio della ragio-

BENEDETTO XVI

Il dialogodelle intelligenze

questo senso la Chiesa catto-lica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva ed attuale”.

Ne conseguono, per la Chiesa e i cattolici, tre compi-ti: il dialogo intellettuale, “il grande dialogo intellettuale, etico ed umano”, l’impegno educativo, la carità.

Benedetto XVI suggerisce così di approfondire il dialogo, partendo da una constatazio-ne radicale, la separazione artifi ciale del Vangelo dalla vita intellettuale e pubblica, e nello stesso tempo la doman-da sulla natura della libertà conquistata. “Di qui – osserva il Papa parlando ai rappresen-tanti delle altre confessioni e facendo eco all’enciclica Spe salvi - dovrebbe scaturire una reciproca “autocritica del-l’età moderna” e “autocritica del cristianesimo moderno”, particolarmente riguardo alla “speranza che essi possono offrire all’umanità”. In effetti, “sia la fede che la speranza, nell’epoca moderna, hanno subito come uno “spostamen-to”, perché sono state relegate sul piano privato e ultraterre-no, mentre nella vita concreta e pubblica si è affermata la fi ducia nel progresso scienti-fi co ed economico”. Ritorna il tema chiave del pontifi cato, allargare gli orizzonti, per un autentico sviluppo di civiltà.

ne e la ricerca accademica sono costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utili-

taristici a breve termine o solo pragmatici”. Per questa via però “le nostre società non di-venteranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno

inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconosce-re quello che è vero, nobile e buono”.

Si apre uno spazio di con-fronto, di competizione: “in

Il viaggio nellaRepubblica Cecadi Francesco Bonini

Il comunicato fi naledi M. Michela Nicolais

que lieta, anche quando è segnata da fatiche e prove”. “Tutti abbiamo bisogno di testimoni credibili per su-perare la rassegnazione e il fatalismo”, ammoniscono i vescovi, secondo i quali “la crisi odierna pervade i costumi e non può esse-re affrontata limitandosi a enunciare principi e valori”. Una “inedita condizione”, questa, che può consentire al prete di diventare “una sfi da agli occhi di tutti, se vive all’altezza della propria vo-cazione”. Di qui la “sincera gratitudine” del Cep “per la testimonianza di tantissimi preti che rendono presente la Chiesa nel Paese”.

“CLAMOROSOSILENZIO”

“La questione meridio-nale – sottolineano i vesco-

vi nel comunicato finale – rischia di essere oggi avvolta in un clamoroso silenzio, pur in presenza di preoccupanti segnali di crisi”. “Non tutto il Sud è povero – è stato sottoli-neato durante l’assise dei vescovi – ma patisce un impoverimento progressi-vo in alcune macroaree”. Tale situazione, per la Cei, “richiede non assoluzio-ni preventive né indebite colpevolizzazioni, ma una parola di responsabilità indirizzata alla gente del Sud e alla Chiesa che colà vive, capace nel contempo di rivolgersi al Paese intero, come voce di tutta la Chiesa che è in Italia”. Di qui la necessità di “fare appello a tutte le forze positive, declinando l’attenzione alle problematiche locali nella

54 Ottobre 2009 n. 34LaVita attualità ecclesiale

XXVII Domenica del tempo ordinario - Anno B

Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16

La Paro la e le paro le

“L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”

Nel libro della Genesi caratteristica costitutiva dell’essere umano è quella di essere immagine di Dio e tale umanità si articola nelle presenze diverse di maschio e femmina: “Dio creò l’umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Il dono di essere immagine di Dio comporta una relazio-ne fondamentale all’altro: essere immagine è qualcosa di ricevuto, ma è anche promessa di un cammino da compiere, di un percorso da attuare nel divenire immagine. Il divenire immagine si compie, secondo il messaggio di Genesi, in una relazione e nell’incontro con l’altro: ‘Maschio e femmina li creò’. L’immagine della ‘costola’ nella cultura semitica porta il riferimento alla vita e nel racconto di Genesi la donna sarà chiamata Eva, la ‘vivente’. Dall’opera creatrice di Dio, il vivente per eccellenza trae fonte l’incontro dell‘uomo e della donna, e tutto ciò è promessa di vita. La relazione si attua nell’apertura e nell’incontro di diversi: la chiamata a divenire immagine passa attraverso l’altro, in particolare nel rapporto tra uomo e donna. Contro ogni rifi uto della differenza che per la Bibbia si connota come idolatria, questi testi presentano la chiamata profonda dell’essere umano all’incontro e alla relazione riconoscendo differenze chiamate a comunicare e a riconciliarsi.

“L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto”

Nel capitolo 10 del suo vangelo Marco approfondisce cosa signifi ca ‘seguire’ Gesù sulla strada che lui sta percorrendo verso Gerusa-lemme. La sua strada sempre più si manifesta come orientata alla croce e su questa ‘via’ Gesù istruisce i suoi. Marco concentra nel ca-pitolo 10 tre ambiti che costituiscono situazioni di vita della comunità cristiana: il matrimonio, l’uso dei beni, e l’autorità. Il primo ambito è quello del matrimonio, presentato in una domanda da parte dei fari-sei: “E’ lecito a un marito ripudiare la propria moglie?” Nella versione di Matteo possiamo trovare l’aggiunta “per un motivo qualsiasi” (Mt. 19,3). Nei dibattiti tra diversi orientamenti al tempo di Gesù era permesso il divorzio sulla base di un testo di Deuteronomio (24,1): il marito può ripudiare la moglie allorché essa ha commesso qualcosa di immorale ai suoi occhi. La scuola che offriva un’interpretazione più restrittiva a questo testo era quella di rabbi Shammai che ammetteva il divorzio solo in caso di adulterio. Un altro grande rabbi del tempo, Hillel dava un’intepretazione molto ampia ed apriva la possibilità del divorzio anche per ogni altra cosa che potesse dispiacere al marito, addirittura per motivi banali e insignifi canti. All’uomo stava l’obbligo di sostenere la donna ripudiata con la somma pattuita al matrimo-nio, ma tale tipo di interpretazione rendeva possibile il divorzio per ogni motivo, anche il più futile. La donna poi non aveva alcun diritto in questa situazione, il divorzio era solo diritto del marito. Una condizione di fondamentale diseguaglianza e discriminazione era presente pur nella codifi cazione di una regola riconosciuta. Quindi il farsieismo ammetteva il divorzio. Si può cogliere come la questione posta dai farisei si allargava ad una considerazione più generale dei rapporti tra uomo e donna e dell’amore vissuto nel matrimonio. Tuttavia la domanda a Gesù è se è lecito come dicono alcuni il ripudio o meno, come dicono altri. Ora noi sappiamo che mentre nell’ambito farisaico il ripudio era ammesso, a Qumran la posizione era di rifi uto del ripudio ed era anche presente il divieto delle seconde nozze come attestato nel Rotolo del Tempio (57,15-19). In questo contesto Gesù è interrogato al fi ne di metterlo alla prova vedendo da che parte stava riguardo a posizioni che erano presenti nei giudaismi a lui contemporanei. Gesù nella sua risposta non pren-de in considerazione il problema specifi co e non entra nella casistica né offre una soluzione inedita e originale. Richiama la Scrittura ma attua una interpretazione alla luce di un criterio di fondo, guardando al progetto del Padre. Richiama l’intenzione profonda di Dio nella creazione quella di una umanità immagine ‘plurale’ della sua stessa vita. Al centro è richiamato il tema dell’alleanza, il gratuito comuni-carsi di Dio al suo popolo e all’umanità nella fedeltà: il rapporto tra uomo e donna è luogo in cui il regno di Dio si compie e, all’interno di quest’esperienza, con tutte le sue valenze e dinamiche umane si attua il seguire Gesù. Questa stessa esperienza è un luogo profetico, di annuncio che Dio è fedele. In tale orizzonte l’amore dell’uomo e della donna è chiamato nella sua fragilità e concretezza ad essere traccia dell’amore fedele di Dio.

“colui che santifi ca e coloro che sono santifi cati provengono tutti da una stessa origine: per questo non si vergogna di chiamarli fratelli”

La lettera agli Ebrei annuncia il volto di Gesù nel suo abbassamento e nella glorifi cazione: “di poco inferiore agli angeli, ma coronato di gloria e onore a causa della morte che ha sofferto”. Il suo passare attraverso le sofferenze è letto come atto di profonda obbedienza al Padre. In tal modo Gesù ha attuato un dono di salvezza donando la partecipazione alla vita di Dio, la santità. Egli stesso che santifi ca e coloro che per mezzo di lui sono trasformati dal suo amore proven-gono dall’amore del Padre. La parola che sigilla il rapporto tra Gesù e l’umanità è ‘fratelli’. La comunità credente è invitata a scoprire sempre più il senso profondo di questa fraternità in Cristo.

Alessandro Cortesi op

A parte la comunità di San Pio X, ancora alcuni insinuano ri-serve sul Concilio Vaticano II.

Monsignor Capovilla, in suo recente scritto sul 50° dell’an-nuncio del Concilio, cita François Mauriac, nel suo diario in data 15 giugno 1963: «Ieri sera, nel corso di una trasmissione dedicata a Giovanni XXIII abbiamo visto ap-parire sul piccolo schermo l’avver-sario: colui che agisce in segreto nella Chiesa. Nei giorni scorsi na-scose la sua faccia, perché egli sa che una corrente così impetuosa, come questa che si è manifestata a Pentecoste del 1963, non torna indietro. A lui preme scrutare a monte il posto della sponda dove agire sulla corrente, regolarla, ar-ginarla e, alla fi ne, deviarla. Tutte le vecchie canalizzazioni sono là ancora pronte a servire di nuovo. Questo avversario, subito sma-scherato, aveva preso i lineamenti di un deputato italiano (di cui non ho afferrato il nome). Egli non ha saputo trattenersi dal proclamare in faccia al mondo ciò che molti uomini, in questo momento, per-sino in seno alla Chiesa e al sacro Collegio, attendono e sperano dal prossimo pontifi cato: che esso reagisca con prudenza ma con forza, contro quello appena inter-rotto; che su un punto essenziale, l’apertura all’Est, il nuovo Papa si sbarazzi, prima che sia troppo tardi, di ciò che Giovanni XXIII aveva avviato. […] in Italia, come in tutte le democrazie d’Occiden-te, qualche migliaio di voti perduti alle elezioni, di cui il partito co-munista ha benefi cato, agli occhi dei professionisti della politica, pesa assai più dell’immensa vit-toria riportata dalla Chiesa su un campo invisibile dove si gioca la salvezza del mondo» (F. Mauriac, Le Nouveau bloc-notes, 1961-1964, 1968, p. 296).

Tutti Papi successi a Papa Ron-calli hanno approvato e lodato la grazia del Concilio. Possiamo qui citare solo l’autorevole testimo-nianza del suo successore. Paolo VI, nel discorso introduttivo della seconda sessione del Concilio, il 29 settembre 1963, troncava incer-tezze e timidezze serpeggianti qua è là.

«Siano rese grazie, siano rese lodi a te, che per divina ispira-zione, è da credere, hai voluto e hai convocato questo concilio,

aprendo alla Chiesa nuovi sentie-ri, e facendo scaturire sulla terra onde nuove di acque sepolte e freschissime della dottrina e della grazia di Cristo Signore. Tu, non sollecitato da alcun terreno stimo-lo, da alcuna particolare cogente circostanza, ma quasi divinando i consigli celesti e penetrando negli oscuri e tormentati bisogni dell’età moderna, hai raccolto il fi lo spez-zato del Concilio Vaticano I, e hai così disingannato spontaneamente la diffi denza, a torto da anni alcuni derivata da quello, quasi bastas-sero oramai i supremi poteri rico-nosciuti come conferiti da Cristo al romano pontefi ce per governare la Chiesa senza l’aiuto dei concili ecumenici.

Tu, inoltre, hai chiamato i fra-telli, successori degli apostoli, non solo a continuare lo studio inter-rotto e la legislazione spospesa, ma a sentirsi col Papa uniti in un corpo unitario per essere da lui confortati e da lui diretti “affi nché il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnalo in forma più effi cace”. Ma tu, in-dicando cosi il più alto scopo del Concilio, gli hai anteposto un altro scopo più urgente e ora più saluta-re, lo scopo pastorale, affermando che “il fi ne principale di questo concilio non è la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa ... “, ma piuttosto “che esso sia esplorato ed esposto in forma adeguata al nostro tempo”. Hai ravvivato nella coscienza del magistero ecclesia-stico la persuasione dovere essere la dottrina cristiana non soltanto verità da investigare con la ragio-

ne illuminata dalla fede, ma parola generatrice di vita e di azione, e non soltanto doversi limitare l’au-torità della Chiesa a condannare gli errori cha la offendono, ma do-versi estendere a proclamare gli in-segnamenti positivi e vitali, onde essa è feconda. Né solo teorico, né solo negativo, l’uffi cio del magi-stero ecclesiastico deve in questo Concilio vieppiù manifestare la virtù vivifi cante del messaggio di Cristo, che disse: “Le parole che vi ho detto sono spirito e vita” (Gv 6,63). Non saranno dimenticate perciò da noi le norme che Tu, pri-mo padre di questo Concilio, hai per esso sapientemente tracciato e che qui giova ripetere: “Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell’antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera che la nostra età esige, proseguendo così il cammino che la Chiesa compie da venti secoli”. Perciò si dovranno ricercare quelle forme di esposizione che più con-vengono a”un magistero a caratte-re prevalentemente pastorale”.

Né sarà da noi trascurata la grande questione dell’unifi cazione in un solo ovile di quanti credono in Cristo e ambiscono essere mem-bri della sua Chiesa, che tu, Gio-vanni, hai additato come la casa del padre aperta a tutti, in modo che lo svolgimento di questa ses-sione del Concilio, da te promosso e inaugurato proceda con fedele coerenza sui sentieri da te segnati, e possa con l’aiuto di Dio giungere alle mete da te tanto ardentemente desiderate e sperate».

GIOVANNI XXIII

Luci nell’annuncio del concilio Vaticano II

A

Il concilio, per la suagrande carica di novità nel

seno della chiesa e della società, non poteva non suscitare detrattori, oltreai numerosi ammiratori

Francesco Valsasnini

6 n. 34 4 Ottobre 2009LaVita

Nel quadro delle celebra-zioni del cinquantesimo an-niversario della scomparsa di don Luigi Sturzo (1871-1959), fondatore del Partito popolare italiano nel 1919, oppositore del fascismo, involontario esi-lio prima a Londra poi a Parigi e infi ne negli Usa, abbiamo ritenuto opportuno riproporre all’attenzione dei nostri lettori alcuni tratti salienti della sua personalità intervistando il dottor Ivo Butini, ex segretario provinciale della Dc di Firenze e della Regione; ex senatore della Repubblica per tre legi-slature (IX;X;XI) ed ex sottose-gretario al Ministero industria, commercio, artigianato e agli affari esteri e Fondatore dell’Istituto “Renato Branzi” Centro di studi e formazione di Firenze.

Don Sturzo occupa infatti un posto nella storia dello Stato italiano e in quello della Chiesa Cattolica.

Qual è stato l’insegnamen-to più eloquente di don Luigi Sturzo?

Don Sturzo ne scrisse quando era in esilio a Londra. Prima di tutto l’ottimismo, cioè la fi ducia nella bontà di fondo del genere umano. Poi la tolleranza, che si basa sul ri-spetto della personalità altrui e non signifi ca approvazione del male.

Il dubbio sulla effi cacia del solo ragionamento. La logica tende ad allontanare, il senti-mento aiuta la comprensione. Non basta la conoscenza, sono necessari gli affetti.

Non tutti sanno fare politi-ca. Anche in politica ci sono i grandi artefi ci e gli artigiani e, naturalmente, i mestieranti. Il pubblico sceglie i suoi benia-mini anche fra i mestieranti.

Don Sturzo fu fi losofo, so-ciologo, politico e sacerdote: uno scenario intellettuale di contrasti tra la visione ideale e l’esperienza sul campo. De-nunciò i vizi sociali: invidia,odio,ira,disprezzo, superbia. Scrisse ai consiglieri nazionali della Dc: “C’è qualcosa che dipende da voi e qualcosa che dipende dagli eventi. Da voi dipende la fermezza nei principi e la fedeltà allo spirito della democrazia cristiana che deve vivifi care tutta l’azione politica e sociale”. Era il 20 settembre 1946.

A CINQUANT’ANNI DALLA SCOMPARSA

Sturzo, una fi gura da non dimenticare

Oggi sembra che la vittoria appartenga agli eventi.

In sintesi, qual era la pa-noramica visione politica di don Sturzo?

Il primo elemento è la fun-zione dei partiti e la contesta-zione della loro degenerazione partitocratrica. Il secondo è quello dello Stato, che non è la nazione, ma ne rappresenta l’organizzazione; e non è il popolo, ma la sua espressione politica. Per avere uno Stato forte occorre che lo Stato sia basato sulla legge uguale per tutti, alla quale sia soggetta la stessa autorità. In questo qua-dro si inserisce la critica dello statalismo, dell’accentramento burocratico, dell’istituzione delle regioni e la garanzia del-le autonomie locali.

Don Sturzo riteneva lesivi della libertà il comunismo,il fascismo e il nazismo. Egli sostenne la libertà in politica e in economia perché non può

reggere un sistema che intac-chi la libertà in un settore e lo rispetti in un altro. Avvertiva che il liberismo puro è una concezione irrealistica come tutto ciò che l’uomo idealizza al di fuori della realtà concreta. Molta attenzione dedicò don Sturzo alla moralità del com-portamento politico e nella attività economica ricordando che non c’è una morale privata e una morale pubblica, perché la morale è una. Un punto critico della sua rifl essione fu il rapporto tra il cittadino e lo Stato, ispirato a una reciproca fi ducia. Sosteneva che il pro-blema della educazione è fon-damentale per la democrazia e propugnava la scuola libera e la cultura libera.

La Chiesa poteva evitare l’esilio politico di don Stur-zo?

Don Sturzo si dimise dalla segreteria politica del Partito popolare nel luglio 1923. Le

elezioni politiche dell’aprile 1924 garantirono, grazie alla legge elettorale, un’ampia maggioranza alle liste del “fa-scio littorio”. Nel giugno av-venne il rapimento (e l’assassi-nio poi) di Giacomo Matteotti, deputato socialista.

Tre giorni dopo i gruppi dell’opposizione parlamentare decisero di non partecipare ai lavori della Camera dei depu-tati. Questa secessione fu chia-mata Aventino, in ricordo del colle romano dove nel 494 a.c, si sarebbe ritirata la plebe che protestava contro i patrizi.

Il deputato del “fascio lit-torio” Roberto Farinacci defi nì don Luigi Sturzo “l’immondo prete di Caltagirone”. Era in corso un lavorio per chiudere la questione romana. Il cardi-nal Pietro Gasparri scrisse, nel settembre 1924, una lettera a monsignor Mario Sturzo, fra-tello di don Luigi, che “l’iscri-zione di sacerdoti a un partito politico era in contrasto con la loro missione universale e poteva rappresentare un grave pericolo per la Chiesa”.

Insomma, si suggerì a don Luigi di fare un viaggio di stu-dio all’estero. Don Luigi partì per Londra il 24 ottobre 1924 e vi rimase fi no al 1940. Poi andò a New York.

Vediamo la controdoman-da: che poteva accadere se don Luigi non fosse partito? In po-litica siamo chiamati a “fare” e a “impedire”. Non è semplice.

Come defi nisce l’atteg-giamento di don Sturzo in merito al Concordato tra Stato e Chiesa?

Nel febbraio 1929, don Sturzo scrisse che la fi ne della questione romana, come tale, era un guadagno per l’Italia e che era un guadagno per la Chiesa la rinuncia a qualsiasi dominio territoriale e la par-tecipazione a titolo sovrano ai contrasti tra gli Stati. La que-stione era politica: c’era un’in-tesa della Chiesa col fascismo? Secondo don Sturzo, “no”, nel-lo spirito della Chiesa. E “si”, all’apparenza e in molti aspetti pratici.

Don Sturzo si poneva il problema di come impedire che la Chiesa venisse avvolta nelle spire politiche del fasci-smo. E riteneva che per rea-lizzare questo obiettivo fosse ancora utile il popolarismo. Ci furono critiche, certo. A un amico critico don Sturzo osservò che il Concordato era un fatto contingente e storico-umano; mentre la Chiesa era, per don Sturzo, una istituzione divina. Anche allora si discus-se se potesse esistere, o no, un cristianesimo non-istituziona-le. E don Sturzo rimproverò all’amico di confondere le

decisioni personali d’un Papa con il papato e con la Chiesa cattolica.

Quale fu l’oggetto di cri-tica del clero nei confronti di don Sturzo?

Ai nostri occhi sono fonda-te le critiche di don Sturzo al clero del suo tempo. Alla fi ne del XIX secolo la società sicilia-na era dominata dalla masso-neria. I cattolici erano esclusi dalla partecipazione politica a causa della questione romana. Si parlava del “Papa prigio-niero” per scuotere la rasse-gnazione dei cattolici. Il clero esercitava l’usura, riscuoteva le tasse, giocava nei circoli. Nei primi anni del secolo XX la Santa Sede fu molto preoccu-pata per il “modernismo”.

I sacerdoti che proveniva-no dalla prima democrazia cristiana furono allontanati da posti di responsabilità. C’era un clero diviso e spesso succu-be delle famiglie ricche. La de-vozione popolare era primitiva e confusa. Che cosa si poteva pensare d’un prete che diven-tava Sindaco, che si batteva per sollecitare nei contadini uno spirito di riscossa? Quelli erano i tempi di don Luigi Sturzo. E don Luigi Sturzo rompeva i muri del tempo.

Lei, in particolar modo, che cosa ha apprezzato del suo grande disegno politico?

Un sociologo importante dell’età democristiana, mor-to da poco, ritenne che don Sturzo e De Gasperi si fossero fermati alle soglie della società industriale.

Don Sturzo affrontò una società del sud arretrata, retta da istituzioni pubbliche poco affi dabili, dominata da poteri proprietari. Si batté per miglio-rare le condizioni dei contadi-ni e per restituire prestigio ai Comuni e alle Provincie.

Il Parlamento, in Italia, ha sempre goduto contestazioni e impopolarità. Per i cattolici vigeva il “non-expedit”, in pratica il divieto di partecipare alla lotta per il Parlamento. Le associazioni non potevano supplire alla mancanza di un partito. Inevitabilmente il “lo-calismo” diventò la cultura dei cattolici.

Don Sturzo fondò un par-tito di cattolici, nazionale e a-confessionale. Un partito con un programma sociale, isti-tuzionale, politico. Ci voleva visione, sensibilità, coraggio. Questo è ciò che di don Sturzo resta ai giorni nostri.

Oggi i cattolici italiani cor-rono il rischio di ritrovarsi nel clima e nei limiti dell’età che precedette il partito popolare di don Sturzo.

Carlo Pellegrini

Intervista con IvoButini, fondatore

dell’Istituto Renato Branzi di Firenzedi Carlo Pellegrini

Oggi sembra che la vittoria reggere un sistema che intac-

Luigi Sturzo, una delle fi gure più eminentidel mondo politico italiano dell’ultimo secolo.

Il suo pensiero è ancora vivo e attuale e potrebbe ispirare idee fresche e nuove ai politici cattolici che in questi ultimi tempi hanno perduto la loro forza

propulsiva e le loro capacità di rinnovamento

PistoiaSetteN. 34 4 Ottobre 2009

Dal 15 al 18 settembre 2009, si è svolto ad Oleggio in provincia di Novarà, il 6° convegno nazionale dei diret-tori e collaboratori dei Centri missionari diocesani, avente per tema: “Nelle nostre lingue dicono le grandi opere di Dio” (At. 2,11).

Sono stati quattro giorni di serio impegno, scandito da relazioni, laboratori di ap-profondimento, celebrazioni liturgiche: un mix quindi di contemplazione, di ascolto attento, dibattito partecipato e proposte concrete sul tema della missio ad gentes che (come precisa il documento programmatico della Cei: “Comunicare il Vangelo in, un mondo che cambia”, al n. 32) “non è soltanto il pun-to conclusivo dell’impegno pastorale, ma il suo costante orizzonte ed il suo paradigma per eccellenza”. In altre paro-le: La Chiesa (e la sua azione pastorale) o è missionaria o non è Chiesa.

Qui non si vuole però fare, un resoconto del convegno, quanto, piuttosto, proporre all’attenzione della Chiesa di Pistoia, un documento, appro-vato all’unanimità, con con-vinzione e partecipazione da tutta l’assemblea:

Riuniti al 6° Convegno Na-zionale, noi, la grande famiglia dei Centri Missionari Diocesani, preoccupati per una crescente mentalità xenofoba e coscienti delle sofferenze e del dolore dei migranti, che hanno visto anche tanti italiani uscire dal proprio paese, denunciamo le ingiun-zioni di una legge che esigono i respingimenti di singoli o grup-pi di migranti, senza prima aver dato loro la possibilità di esporre la loro situazione e, quando è il caso, di chiedere asilo, in quanto provenienti da paesi realmente in guerra o soggetti a regimi contrari alle libertà fondamen-tali o in condizioni di estrema miseria.

Chiediamo dunque alle no-

stre comunità parrocchiali e alle nostre istituzioni locali e nazio-nali, che accanto all’ospitalità sostengano sempre il rispetto del diritto all’accoglienza dell’altro, respingendo così una legge del tutto antistorica e profondamen-te antievangelica.

Come cristiani non possiamo dimenticare che Gesù, Maria e Giuseppe furono esuli accolti in terra straniera perché in fuga da un re persecutore e che il Vangelo assicura il premio a chi accoglie lo straniero e condanna chi lo rifiuta:

“Ero straniero e non mi avete accolto “. “Quando mai Signo-re?” “Tutto quello che non avete fatto ad uno solo di questi più piccoli, non lo avete fatto a me “ (Mt 25, 43.45).

Di fronte ai testi evangelici non possiamo invocare presunti valori cristiani per respingere chi cerca dignità e futuro!

Noi crediamo nell’unità della famiglia umana e ci impegniamo a costruire il Regno di Dio che è fraternità e comunione.

CENTRI MISSIONARI DIOCESANI

Convegno nazionaleCattedrale

Vespro d’organocon Anna Picchiarini

Anna Picchiarini è l’interprete del vespro d’organo in pro-gramma domenica 4 ottobre (ore 17) in Cattedrale (organo Co-stamagna, 1969). Picchiarini, attiva in campo concertistico come solista e in duo con strumenti e cantanti, sia in qualità di organista sia di pianista, ha seguito corsi di perfezionamento con importanti maestri, quali Klemens Schnorr, Hans Davidsson e Peter Wester-brink. Nel settembre 2001 ha tenuto una serie di otto concerti in Giappone (Tokyo, Yokohama, Fukui, Nagoya, Shirakawa, Gifu, Osaka e Kyoto) nel programma «Italia in Giappone 2001» su invito dell’Istituto italiano per la cultura. È organista titolare della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e assistente or-ganista della Cattedrale di Pistoia. Nel 2002 ha vinto il secondo premio (primo non assegnato) al concorso organistico nazionale «Premio Bat-tipaglia». Insegna cul-tura musicale generale alla scuola comunale di Musica «Mabellini» di Pistoia, dove è anche pianista accompagna-trice. Pa.Ce.

Giovanni Paolo II, in oc-casione del Giubileo delle fami-glie, il 4 ottobre del 2000, ebbe ad esprimersi, nei confronti delle famiglie che vivono il dramma della separazione e della ricostituzione di una nuova relazione familiare, con queste precise parole:

“I credenti che hanno di-vorziato e si sono risposati non sono esclusi dalla comunità: sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammi-no di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche”.

Queste espressioni fanno eco a quelle già espresse nella Esortazione Apostolica “Fa-miliaris consortio” del 1981, in cui si richiamavano vescovi e presbiteri a prendere sul serio questa pastorale per accompa-gnare le persone -separati, di-vorziati, risposati, sposati solo civilmente, conviventi- in un cammino di fede. Se Dio è Padre di ogni uomo, anche la Chiesa deve essere pur con i necessari “distinguo” madre di tutti.

Dobbiamo sottolineare che, in questo settore dell’attività pa-storale, nonostante la chiarezza del direttorio di pastorale fami-liare, già edito dalla Conferenza episcopale italiana nel 1984, che riprende le indicazioni di Gio-

vanni Paolo II, c’è non poca con-fusione nella comunità cristiana come negli stessi pastori.

Per evitare sofferenze inu-tili e per accompagnare queste persone in difficoltà, già dal 2000, un gruppetto di cristiani, costituito da quattro equipes, si è preparato prima e, di poi, si è impegnato in diversi incontri annuali -almeno sei- per espri-mere l’attenzione della Chiesa alle sofferenze di coppia e per sostenere un cammino di fede per chi porta le ferite della di-visione e la scelta di una nuova relazione familiare.

Proprio per dare continuità a questo impegno, mai come oggi così necessario, si è costi-tuita, anche legalmente, un’as-sociazione con questo preciso programma: farsi prossimo per chi si ritiene escluso dalla vita della Chiesa. L’esperienza ci ha insegnato che tanti si sentono messi ai margini dalle varie comunità cristiane, guardati, quando non con disprezzo, certamente sempre con sospetto

o con indifferenza, facendo sof-frire e allontanando dalla vita ecclesiale.

La comunità cristiana non è costituita solo dai “perfetti” ma da chiunque crede nel suo Bat-tesimo e vi rimane legato. È vero che in certi casi la comunione non è perfetta ma ciò non toglie che il credente rimanga innesta-to in Cristo. Va annotato che la separazione e la ricostituzione di un nuovo focolare è visibile a tutti, ma di situazioni simili, sul fronte della morale, ve ne sono tante altre!

L’associazione “Tutti figli dello stesso Padre-onlus”, si rivolge a coloro che vivono l’esperienza dolorosa della se-parazione, ma si mette anche a disposizione delle comunità e dei gruppi che intendono chiari-re le proprie idee e, direttamente o indirettamente, sono disposti a collaborare a questa pastorale.

L’associazione non ha scopi rivendicativi ma “nella totale adesione alla dottrina e alle direttive della Chiesa Cattolica

circa il matrimonio e la famiglia, vuole farsi prossimo per ricer-care umilmente la verità senza giudizi o pregiudizi circa le per-sone, aiutare la coppia ricostitui-ta a vivere nell’amore autentico, mantenere viva la responsabilità verso i figli, ricordando che la genitorialità non viene meno con la separazione e che genitori si rimane per sempre nella vita.L’associazione, che intende ri-proporre un cammino triennale di conoscenza e di crescita, è a disposizione per serate d’incon-tro nelle parrocchie e nei gruppi e per approfondire determinati argomenti. Nello stesso tempo intende usare i mezzi di comu-nicazione sociale per riproporre e discutere tematiche di base e riflessioni su fatti di cronaca.

Nell’esperienza vissuta in questi nove anni, dal 2000 ad oggi, il clima che si è creato, nella verità e nella carità, senza falsi compromessi, ha dato a noi operatori, e a coloro che hanno partecipato, la gioia della fraternità, della comprensione,

ed una percezione sempre più viva nella centralità di Cristo Signore e nella sua Misericordia, a tutti necessaria. Quest’anno desideriamo, come equipes, fare una “ritornata”, invitando tutti coloro che hanno partecipato a questi incontri, per una serata di amicizia a Villa Rospigliosi. L’incontro per questa serata fra-terna è fissato per il 10 ottobre, sabato, dalle 17 alle 22 circa. Si prega di prenotarsi presso la coppia Guido e Franca Sardi (tel.0573/400216: meglio chia-mare dalle 21 alle 22,30). Gli altri incontri (12 novembre 2009-30 gennaio, 6 marzo, 8 maggio 2010, si svolgeranno sempre dalle 17 alle 22 circa, alla Villa del Palco a Prato.

Chi desidera conoscere più a fondo l’iniziativa e lo statuto dell’associazione può consultare il sito: www.tuttifiglidellostes-sopadre.com.

Con l’augurio di incontrarci ancora e di una vita serena.

Il gruppo operativofondatore dell’associazione

Pastorale per le famiglie separate

Tutti figli dello stesso Padre

8 n. 34 4 Ottobre 2009LaVita

Testimonianze docu-mentate degli anni Mille, narrano che esisteva una piccola cappella situata sui monti di Prunetta. Quel tem-pio era l’oratorio dedicato alla Beata Vergine fatto edi-fi care dai Cavalieri Templari che nel luogo possedevano una magione. Quell’altare è diventato nel corso dei secoli, il patrono del paese. Grandi sono stati i festeggia-menti: sabato 12 settembre si è svolta una solenne proces-sione per le vie di Prunetta, la strada provinciale; il tea-tro del corteo religioso era addobbata di fiori e lumi. Uno spettacolo commoven-te e suggestivo,veramente

Suor Maria Regina Pischedda non desidera parlare troppo dell’inizio della sua vocazione. Sap-piamo che era nell’Azio-ne cattolica, molto fedele e osservante. All’età di 25 anni cominciò a pen-sare seriamente a quale poteva essere la sua vita. Ogni giorno chiedeva in-sistentemente al Signore: Cosa vuoi che io faccia? Finalmente la volontà di Dio si manifestò e suor Maria Regina entrò al monastero di Pistoia dove già era presente una sua parente. Parlando del carisma dell’ordine afferma: “è caratterizzato da una profonda umiltà verso Dio e una grande dolcezza verso il prossi-mo, semplicità, cordia-

Prunetta

Festa della Madonna delle Grazie

lità, abbandono, fi ducia nella divina provviden-za”. Suor Maria Regina all’interno dell’ordine si è occupata dell’infermeria e ha cura di tutte le so-relle inferme, particolar-mente impotenti. Alla do-manda “è importante la testimonianza della vita religiosa oggi?” risponde così: “La testimonianza che la vita religiosa dà, è il primato di Dio. In questo povero mondo materialista, corrotto, che ignora Dio e vive come se non ci fosse, praticando barbarie, idolatrie, c’è

bisogno di gridare con la preghiera sorretta ancor più dall’esempio della vita, che Dio unico esiste, è con noi, partecipa alle nostre gioie e alle nostre sofferenze; vede le nostre cadute, ma vede anche e premia gli sforzi della nostra buona volontà per aderire a lui. Non è questo un pio desiderio, ma una urgente necessità perché il mondo cambi, i fedeli tutti, sacerdoti e anime consacrate con l’aiuto di Dio si offrano a lui per dare questa testi-monianza..

Ordine della Visitazione

Anno giubilare della fondazione

Questa estate, du-rante la settimana di pre-parazione alla festa della Madonna del Carmine, don Vincenzo Venturi parroco di Maresca ha in-vitato la Fraternità Apo-stolica di Gerusalemme a tenere dei momenti di rifl essione e testimo-nianza durante la Messa quotidiana e a guidare la recita del Santo Rosario davanti al SS. Sacramento con la benedizione Euca-ristica fi nale. Il carattere di questa settimana è stato quella di una piccola Missione alla luce delle esperienze già fatte dalla fraternità. Questo cammi-no ha messo in evidenza la bellezza di aprirsi alla realtà di altre parrocchie

favorendo rapporti di co-noscenza ed esprimendo l’importanza di essere inseriti in comunione tra parrocchie nella pastorale diocesana. Il tema gene-rale del percorso è stato: “essere adulti nella fede”; e ogni giorno si è svilup-pato un argomento di rifl essione per stimolare a crescere nella fede, ap-profondendo la fi gura di Maria in rapporto al suo sì dato a Dio. Il percorso ha avuto anche un appun-tamento con i bambini della 1° comunione e con i ragazzi che hanno fatto la cresima, in continuità con gli incontri di prepa-razione ai sacramenti che hanno fatto proprio con la fraternità apostolica nella

parrocchia di S. Paolo. La settimana si è conclusa con la processione serale della Madonna del saba-to per le vie del paese, paese che era gremito di persone per l’appunta-mento di Extradarte. Le fraternità apostoliche di Gerusalemme svolgono un servizio di animazione eucaristica nelle parroc-chie laddove vengono chiamate e ha svolto in questa occasione questo percorso in comunione con il parroco e i respon-sabili della parrocchia con i quali si è realizzato un buon clima di collabo-razione.

Un grazie a don Vin-cenzo per la sua fortezza, la sua lezione di vita e

perseveranza nella fede. La sua umiltà e disponi-bilità lasciano un segno indelebile nel nostro cuo-re; e lo ringraziamo per questa possibilità che ci ha dato di avvicinarci a lui tramite questi giorni di preparazione alla festa. Mi ha soprattutto colpito la pazienza con cui af-frontava la situazione di debolezza dovuta alla malattia. La Madonna del Carmine con le sue grazie dà una vera espressione all’immagine della don-na con l’anfora, presente nella piazza di Maresca e che distribuisce acqua. Attraverso l’intercessio-ne di Maria possiamo giungere dal Signore con cuore desto.

Maresca

L’ultimo invito di don Venturi

Associazione “Oltre l’Orizzonte”

“Vivere - Vivereindipendenti”

Venerdì 9 ottobre alle ore 16 a Palazzo de’Vescovi l’associazione Oltre l’Orizzonte e la cooperativa sociale Il Baobab presenteranno il volume “Vivere – Vivere In-dipendenti” a documentazione della sperimentazione di percorsi per famiglie con disagio psichico, un progetto da loro attivato con il contributo delle Fondazioni Cassa di Risparmio e Un Raggio di Luce e in collaborazione con il dipartimento di salute mentale dell’ASL 3.

Nel 1978 la legge 180 ha determinato un cambiamento culturale epocale nel campo della cura delle persone affette da malattia mentale. Si è gradualmente passati da una logica custodialistica fi nalizzata all’ordine pubblico a quella della cura - della presa in carico globale della persona.

I servizi psichiatrici hanno cominciato lentamente a trasformarsi in servizi di comunità, che, oltre al reparto ospedaliero per i ricoveri durante le crisi acute, ha visto la costituzione di un centro di salute mentale con ambu-latori medici, due centri diurni nel distretto di Pistoia e due in Valdinievole, una comunità terapeutica e alcuni appartamenti supportati da operatori. Inoltre, è previsto dalla normativa regionale, anche se solo parzialmente attivato, un servizio domiciliare. Quindi, il cittadino pistoiese affetto da patologie psichiche, ha la possibilità di accedere ad un servizio articolato, se lo desidera.

Ma cosa accade a quelle persone che non riconosco-no la propria malattia e rifi utano le cure? Non possono essere obbligati a curarsi ma il disagio c’è e le famiglie sono sole ad affrontarlo. L’associazione Oltre l’Orizzonte ha proposto una sperimentazione con tutta la famiglia, con l’apporto continuativo di una psicologa e di un educatore, mantenendo lo psichiatra dell’Usl, che ha sempre fatto parte dell’equipe curante. L’andamento del progetto è stato sistematicamente monitorato e i risultati sono stati incoraggianti- tutti hanno accettato di curarsi dopo un periodo di avvicinamento più o meno breve, arrivando ad una maggiore autonomia. La presa in carico continuativa del nucleo familiare determina il miglioramento della qualità della vita anche delle persone considerate croniche e, di conseguenza, delle loro famiglie. Nell’incontro a Palazzo de’ Vescovi verrà presentato il progetto sperimentale dalla dott. Francesca Vannini e dall’educatore Donisi Fulvio. La dott. Enza Quattrocchi illustrerà l’esperienza di Empoli e i dott. D’Anza e De Luca, responsabili del dipartimento di salute mentale, e Rosalia Billero, assessore alle politiche sociali del comune di Pistoia, illustreranno il presente e il futuro dei servizi per i sofferenti psichici a Pistoia. Ai partecipanti verrà distribuita una copia del libro, fi no ad esaurimento delle scorte.

Festeggiata in paese, condevozione e partecipazione

di Giorgio Ducceschi

l’esempio dei nostri avi, prima di incamminarsi verso l’incerto destino, mettevano il loro futuro nelle mani della creatura più grande: la Madonna delle Grazie.

in ogni angolo di paese è passata la preghiera, ogni partecipante aveva una can-dela accesa, dando alla serata misticità e mistero. Domeni-ca è stata celebrata la messa, ha fatto servizio il coro “Sul Cuore”, corale voluta dall’in-dimenticabile don Siro Pez-zoli. Nel pomeriggio,presso i giardini pubblici sono stati riscoperti giochi di sapore an-tico: il tiro della fune, la corsa nei sacchi ed offerto pane e nutella a tutti. Molti anni

fa, la messa della Madonna delle Grazie veniva ascoltata con devozione dai boscaioli prossimi alla partenza per la Maremma. Affidavano pene e speranze prima della partenza, alla loro patrona. Il luogo di lavoro era sem-pre molto lontano dai paesi abitati, ascoltare la messa era impossibile, la Maremma era quasi sempre amara,fatiche disumane e miseri guadagni. Oggi per fortuna queste cose non esistono più, rimane

Incontro con Suor Maria Pischedda per il suo 50° di professione religiosa

di Daniela Raspollini

Una morte annunciata da tempo, quella di monsignor Orfeo Melani. Colpito diversi anni fa da una malattia che non perdona, egli si era adattato alla situazione che peggiorava sempre con grande spirito di fortezza e con la volontà di non lasciare il posto di parroco di Ba-dia a Pacciana. Per lungo tempo ha celebrato la messa e le sacre funzioni anche quando aa cecità l’aveva colpito completamente. Un esempio di rassegnazione cristiana e di volontà di non abbandonare il campo fi no ai limiti delle possibilità umane. Questo momento era arrivato, a giudizio del vescovo, alcuni anni fa e don Orfeo aveva ac-cettato umilmente la rimozio-ne, ritirandosi nella casa dei familiari a San Niccolò Agliana. Ancora anni di solitudine e di

La morte di monsignor Orfeo Melani

sofferenza crescente fi no al mo-mento, si direbbe umanamente parlando, della sua liberazione con la morte. I parrocchiani, gli amici, i compagni di sacerdozio lo ricordano con affetto e lo rac-comandano con le loro preghiere al Signore.

Nato il 25 gennaio 1922 a S. Niccolò Agliana, fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1948. Laureatosi a Roma all’Ateneo Lateranense in Diritto canonico, insegnò sociologia presso il Seminario di Pistoia. Trasferitosi a Roma nel 1954, entra nella diplomazia vaticana e nel 1955 viene inviato a Giacarta come segretario e nel 1959 è trasferito a Nairobi, nel 1965 a Lima. Nel 1975 rientra in diocesi ed il 1° settembre è nominato parroco a Badia a Pacciana dove si adoprò per la vita della comu-

nità parrocchiale e per i restauri dell’antica pieve e locali annessi. Il 2 gennaio 1980 è nominato vicario giudiziale. È deceduto il 26 settembre 2009. Le esequie si sono tenute presso la parrocchia di San Niccolò Agliana lunedì 28 settembre.

Ai funerali hanno partecipa-to diversi sacerdoti e numerosi fedeli. Il vescovo che guidava la celebrazione nell’omelia ha parlato della sua dedizione alla Chiesa, prima a Roma, e poi nella sua amata parrocchia di Badia a Pacciana, dove si era prodigato soprattutto per gli ingenti lavori di restauro del complesso parrocchiale. Ha concluso ricordando la sua forza spirituale nell’accettazione del dolore, sopportato con dignità e ferrea volontà di servire la Chiesa fi no in fondo.

94 Ottobre 2009 n. 34LaVita

Le serate di convento sono un appun-tamento mensile per pregare insieme, condividere la mensa ed approfondire la fede in rapporto con il nostro tempo. L’orario delle serate è: ore 19: preghiera dei vespri; ore 20: cena condivisa; ore 21; incontro con un relatore. Ingresso da via delle Logge n.6 (con possibilità di par-cheggio nell’orto del convento)mercoledì 14 ottobre - Giancarlo Bruni, teologo – Le Stinche - Tracce per una spiri-tualità nel tempo attualemercoledì 18 novembre - Giovanna N. Cambiaso, sorella pellegrina - Assisi - Sen-tieri inesplorati del dialogo e dell’invisibilemercoledì 16 dicembre - Eliana Princi, storica dell’arte - Università di Venezia - Verso il Natale guardando alcune opere d’artemercoledì 20 gennaio - Mariangela Ma-raviglia, storica - Un profi lo di don Primo Mazzolari (1890-1959)

Una chiesa risalente intorno all’anno Mille, che ospiterà una sala poliva-lente ed un piccolo mu-seo sulla storia del paese: si trova nella frazione di Santomato, nelle vicinan-ze dell’attuale parrocchia, in un’area che in epoca medioevale fu il primo luogo sacro del posto. Le trattative per acquistar-ne la proprietà sono state condotte da responsabili della parrocchia locale. A sorpresa, la famiglia Be-retta ha deciso di cedere senza contropartita uno dei diversi beni posseduti a Santomato.

Ospitava la prima par-rocchia della zona. L’edi-ficio è stato donato nel mese di febbraio scorso dai fratelli, ferventi cattolici, Giorgio, Luigi e Mario (re-

Associazione Medici cattolici

Programmadelle iniziativeÈ settembre, ed è tempo di ricominciare con i nostri tentativi di crescere in cultura e fede e di rinvigorire lo spirito solidaristico che da qualche anno stiamo perseguendo. In collaborazione con la Cappellania dell’Ospedale, e in onore di San Luca nostro patrono, cominceremo giovedì 15 ottobre, alle 21, nella Chiesa della Madonna del Letto in Piazza San Lorenzo, con monsignor vescovo che celebrerà la Messa, e rivolgerà un “discorso ai medici”. Proseguiremo poi venerdì 16 sempre alle 21, stessa sede, con una conferenza del dottor Paolo Biagioni dell’Ospedale di Prato sul tema “Alimentazione del malato di cancro”, a cui seguirà l’intervento del dottor Luca Lavacchi, dell’Ospedale di Pistoia, su “Stato dell’arte della terapia del dolore”. Concluderemo poi il triduo in onore di San Luca domenica 18 ottobre, a Firenze con l’evento regionale di cui diamo il programma.Convegno dei Medici Cattolici della ToscanaIn San Salvatore al Monte alle Croci, sede dei Frati Francescani Riunione dei medici cattolici della ToscanaOre 9-9,30: Arrivo dei partecipanti e registrazione; ore 10-10,30 Saluti (monsignor Betori vescovo di Firenze; padre R. Ghilardi, presidente pastorale sanitaria, dottor Mino Fierabracci, presidente Amci regio-nale, prof. A.M. Pala, presidente sezione fi orentina Amci); Ore 10,30–12,30 Tavola Rotonda: Le cure palliative“Le cure palliative” dottor P. Morino, “Legislazione e cure pallia-tive” dottor A. Zuppiroli, “Spiritualità e cure palliative” dottor G. Miccinesi, padre V. Mauro. Ore 15-16: Visita a San Salvatore alle Croci; Ore 16: Meditazione tenuta da monsignor Maniago, vescovo ausiliare di Firenze; Ore 17: Messa celebrata da monsignor Maniago; ore 18: Conclusione PS. Per il pranzo, 20 euro, è necessario inviare la propria adesione, prenotandosi presso il prof. A.M. Pala tel. 0554378038 (cell. 3473844825) o presso il segretario prof. Romanelli tel cell:3356789564.In novembre, con un calendario ancora da defi nire, monsignor Tognelli ci illustrerà l’Enciclica Papale “Caritas in Veritate”.Venerdì 4 dicembre, infi ne, con inizio alle 18 presso la Casa del-l’Anziano, avremo la serata degli auguri, con Messa celebrata da monsignor vescovo, e cena successiva.Ricordo poi che c’è da effettuare il rinnovo dell’iscrizione per il 2009 (andrebbe completata entro il mese di maggio). Quanto al progetto “Un euro al giorno”, a conclusione del progetto triennale per il Brasile, mi è sembrato di cogliere la disponibilità a continuare con questo impegno. Abbiamo deciso di confermare l’adesione al Progetto Gemma, portato avanti dal Movimento per la Vita dal 1994, che consiste nell’aiutare donne in stato di gravidanza in diffi coltà tali che senza aiuto an-drebbero incontro all’aborto. L’aiuto consiste in un contributo di 160 euro mensili per donna, per 18 mesi (da 6 mesi prima della nascita a un anno dopo la nascita). La donna da aiutare viene selezionata a livello centrale, e a noi viene poi comunicato il nome del neonato. È, in sostanza, una adozione prenatale a distanza di madri e fi gli - in diffi coltà, che abitano in Italia, “tentate” di non accogliere il proprio bambino, col fi ne di aiutare a portare a termine con serenità il periodo di gestazione ed a condurre il bambino al compimento del primo anno di vita. Fino ad oggi il progetto ha aiutato a nascere circa 16.000 bambini; ma, di fronte al bisogno, c’è ancora molto da fare. Si può dire che è come aver sotterrato un seme -una gemma, appunto- da cui aspettiamo che venga fuori un albero (qualche mese fa le richieste di aiuto erano 142 a fronte di un solo adottante). La segreteria nazionale di Progetto Gemma, in via Tonezza 3 a Milano, raccoglie le richieste di aiuto selezionate ed inviate dai Cav locali e le offerte dei donatori–adottanti; fa una graduatoria ed abbina gli adot-tanti all’adottato, a cui va interamente la donazione. L’abbinamento viene comunicato al Centro di Aiuto alla Vita locale e quindi alla ma-dre e all’adottante-donatore. È garantito il massimo di riservatezza sia alla madre che all’adottante, per cui, durante il periodo di adozione saranno comunicate solo le notizie più importanti: in particolare, la data di nascita e il nome del bambino “salvato” e, se possibile, una sua fotografi a. Terminati i diciotto mesi, se la madre acconsente, si potrà conoscerla e continuare il rapporto anche indipendentemente dalla mediazione del Centro.Tutti possono partecipare al Progetto Gemma, anche singolarmente. Noi riteniamo di partecipare come associazione, continuando con l’impegno di 1 euro al giorno. Appena raggiunta la quota necessa-ria per almeno una adozione, prenderemo contatto col Centro per perfezionare la pratica.Versamento/accredito sul c/c n. 651/00 presso Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia intestato a: Associazione medici cattolici italiani – sezione di Pistoia - Causale “Progetto Gemma”. Codice Iban della Filiale: IT18T0626013809000000651C00.L’AMCI nazionale ha deliberato di fare un pellegrinaggio a Lourdes nei giorni 6-9 maggio 2010. Chi fosse interessato è pregato di comu-nicare l’adesione al più presto per ovvie ragioni organizzative.

Marco Tamburini

Terrazza sul cielo

L’ex Chiesa di Santomatoalla sua comunitàcentemente scomparso) alla comunità religiosa di don Paolo Tofani. «L’immobile –ha dichiarato Paolo Cag-giano, parrocchiano che ha seguito in prima persona le trattative e curato il pro-getto di recupero assieme al collega architettto Alessan-dro Baldi- misura circa 100 metri quadrati e si estende su due piani. Non riporta più simboli cristiani; soltan-to i resti dell’abside e pochi altri indizi confermano trattarsi di una chiesa. L’in-tenzione è quella di ricavare uno spazio polivalente con sala audiovisivi al piano

terra e un percorso museale su quello superiore». Una giovane del luogo, lavoran-do alla tesi di laurea, tempo fa rinvenne in un archivio fi orentino dei disegni con cui Ignazio Fabroni aveva ritratto momenti di vita quotidiana del paese. «Si tratta di una trentina di piccoli acquerelli risalenti al ‘600 che raffigurano le colline della zona, edifici rurali o scene come l’ucci-sione del maiale –spiega l’architeto Caggiano. Li abbiamo riprodotti in foto e li sistemeremo al primo piano e presto chiunque

potrà ammirarli».È attesa la visita della

Sovrintendenza dei Beni Culturali. «Ma è già tutto pronto –prosegue Cag-giano. Saranno finanziati dal circolo Romero della parrocchia e, forse almeno in parte, dal Ministero. Avremmo voluto chiedere fondi anche alla Fondazio-ne Caripipit ma purtroppo i termini del bando sono già scaduti. Ad ogni modo –conclude- credo riusci-remo a portare a termine l’opera entro il Natale del 2010».

Leonardo Soldati

Una chiesa gremita di fedeli e di appassiona-ti di opere d’arte, quella che sabato 25 settembre era riunita a Popiglio per festeggiare ed inau-gurare parte del museo di arte sacra ristrutturato dalla Sovrintendenza ai monumenti e belle arti, con il contributo della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

La cerimonia di apertura è stata fatta dal parroco di Popiglio, don Adamo, che ha ripercor-so tutta la fase dei lavori e ringraziato tutti coloro che vi hanno lavorato. Don Adamo inoltre ha fatto appello alle auto-rità presenti affi nché si possa continuare ad aiutare la parrocchia di Popiglio perché necessi-ta di urgenti lavori.

Popiglio

Nuova veste al museo di arte sacraSabato 25 settembre alle 11 nella chiesa parrocchiale di Popiglio alla presenza di

autorità cittadine e religiose.Il sindaco Gaggini: “Riappropriarci delle

nostre radici culturali e religiose.Il direttore del Museo diocesano

don Carlesi in rappresentanza del vescovo

Ha preso quindi la parola la dottoressa Mantea, dicendo che questo museo ristrut-turato è punto di rife-rimento del percorso museale e ha ringraziato tutti coloro che vi hanno lavorato non dimentican-do l’impegno dell’Opifi -cio delle pietre dure per l’importante lavoro di restauro su tantissime opere.

Chiara Innocenti, as-

sessore provinciale alla cultura ha ribadito l’im-portanza del recupero e della precisa volontà dei restauratori e della So-vrintendenza di rendere fruibile la Cappella dei Vannini utilizzandola appunto nel percorso museale.

Claudio Gaggini, nuovo sindaco di Pi-teglio ha sottolineato l’importanza di riappro-priarci delle nostre radici

culturali e religiose.Il professor Gabriele

Zollo, presidente della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, ha sot-tolineato la bellezza e la straordinarietà di questa pieve.

Il vescovo di Pistoia essendo impegnato altrove, ha inviato il direttore del museo dio-cesano don Luca Carlesi, che ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo nuovo restauro.

Era palpabile nei presenti l’emozione e la gioia per aver raggiunto questo nuovo restauro che rappresenta per Po-piglio e per la montagna un punto di eccellenza per la storia e la cultura del nostro paese.

Roberto Fini

Convento San Domenico

Serate di convento 2009-2010mercoledì 24 febbraio - Aldo Tarquini, Daniele Ancone, domenicani - Mediterra-neo, crocevia di popoli e religioni. Presenta-zione del libro a cura del Centro Espaces G.La Pira, ed. Nerbini 2008mercoledì 17 marzo - M. Teresa Abignen-te, psicologa Fraternità di Romena - Il rischio di amaremercoledì 14 aprile - Carlo Molari, teo-logo – Roma (da confermare) - Vivere da cristiani l’esperienza del moriremercoledì 19 maggio - Sebastiano Ne-rozzi, storico dell’economia - Percorsi per un’economia solidale a partire dal quotidianomercoledì 9 giugno - Celebrazione euca-ristica e serata conclusivaINFO: convento S. Dome-nico, p. S. Domenico 1 - tel. 0573.307770 fax 0573.307739 e-mail: [email protected]. http://www.domenicanipistoia.it

10 n. 34 4 Ottobre 2009LaVitacomunità e territorio

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

Prosegue il pro-gramma del Meeting 2009 sul fl orovivaismo, promosso dall’Asso-ciazione produttori del verde «Moreno Vannuc-ci». Dopo il successo del forum su «Energia futura», che si è svolto a Casalguidi, presenti, tra gli altri, il vicepresidente

Via Francigena

Pistoia esclusa dal circuito regionale

Il gruppo dei Verdi polemizza conl’amministrazione comunale, che

risponde «abbiamo avviato tutte leprocedure e azioni necessarie ad essere

ricompresi nel progetto»Ha fatto discutere il fatto che Pistoia sia esclusa dal circuito re-

gionale della via Francigena, con tutto ciò che questo comporta anche dal punto di vista dell’indotto turistico. Una decisione inspiegabile secondo Andrea Fusari, Fabrizio Geri e Lorenzo Lombardi - tutti consiglieri del gruppo Verdi-Arcobaleno in Consiglio comunale a Pistoia –, che nel corso di una conferenza stampa, insieme al capo-gruppo regionale dei Verdi, Mario Lupi, hanno attribuito gran parte delle responsabilità all’amministrazione comunale, che non sarebbe stata abbastanza determinata nel far valere il fatto che il Comune è membro dell’Associazione europea via Francigena, ma anche che qui a Pistoia, all’interno della Cattedrale, è conservata una reliquia di San Giacomo. Secondo i Verdi verrebbe in questo modo vanifi cata l’opera importante, ultradecennale, di tanti volontari che hanno valorizzato con varie iniziative la via Baiana, che conduceva alla Badia a Taona e la via Francesca della Sambuca, in parte recentemente ripristinata, entrambe diramazioni di quella che nell’antichità era la più impor-tante via di comunicazione europea. Oltretutto, sempre secondo i Verdi, c’è un indotto turistico pistoiese che faceva affi damento su queste risorse per rilanciare un settore, vista la crisi generale, non proprio fi orente.

Non tutto, però, secondo Lupi, che rappresenta la Regione To-scana all’interno dell’Associazione europea via Francigena, sarebbe perduto.

«Il Comune di Pistoia – ha detto il consigliere regionale – adesso deve essere determinato nel porre questa sua proposta, perché esiste ancora la possibilità di fare una variante».

Pronta la replica dell’assessore alla cultura Rosanna Moroni.«Davvero non capisco – dice l’assessore - questa polemica gratui-

ta e pretestuosa. I consiglieri comunali dei Verdi, prima di fare sparate su giornali e tv, avrebbero potuto chiederci informazioni in merito all’iniziativa e noi gliele avremmo fornite volentieri ed in modo dettagliato ed esaustivo. Avrebbero così saputo che i nostri uffi ci stanno lavorando per riuscire ad ottenere i fi nanziamenti fi n dallo scorso anno e hanno avviato tutte le procedure e azioni necessarie ad essere ricompresi nel progetto sulla Via Francigena».

Pa.Ce.

PRODUTTORI DEL VERDE

Festa dell’alberodella Regione Toscana Federico Gelli e gli as-sessori all’ambiente di Provincia, Rino Fragai, e Comune di Serravalle, Gianni Catalano, nel cor-so del quale si è parlato di fonti energetiche pu-lite e rinnovabili per gli usi civili e produttivi, e l’incontro che si è svolto a Cutigliano su «Verde e turismo», nel corso del quale si è discusso delle possibili sinergie tra il vivaismo pistoiese e il turismo montano, questo fi ne settimana il Meeting

si sposta in Puglia.L’iniziativa, che ri-

guarda la donazione di piante per il rinverdi-mento di alcune aree de-vastate dall’incendio del 24 luglio 2007 a Peschici, nel Foggiano, è promos-sa con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato, dell’Istituto pari-tario Suore Mantellate e dell’Istituto d’arte «Pe-trocchi» di Pistoia.

La messa a dimora delle piante provenienti da Pistoia comincerà sabato mattina (3 otto-

Ultimamente purtroppo si è letto sui giornali di troppi infortuni sul lavoro, spesso mortali. Queste tragedie fanno male, soprattutto rendendosi conto che spesso potrebbero essere evitate.

In seguito a questi accadi-menti si leggono messaggi di cordoglio e di condoglianze per le famiglie delle vittime. Messaggi doverosi, è vero; ma non bastano. Non basta dire che tutti devono fare “qual-cosa” così genericamente affi nché ciò non accada più: e’ chiaro che ciò non deve acca-dere più.

Negli ultimi anni i termini lavoro e sicurezza sembrano non trovare un punto di incon-tro. Le morti bianche sono più di 1000 ogni anno e i sindacati, il governo e i cittadini sembra-no non riuscire a modifi care sostanzialmente questo dato.

Non manca certamente una normativa a questo pro-posito né gli organi preposti a tale compito:

- Il contratto di lavoro in cui le parti dichiarano e defi niscono gli accordi presi specifi cando diritti e doveri del datore di lavoro e del lavo-ratore e le relative norme.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Morti bianche e sicurezza sul lavoro- La Costituzione, in cui

sono esplicate tali norme agli art. dal 35 al 40, che non descri-vo per brevità e che comunque sono ampiamente conosciuti.

- Lo Statuto dei Lavoratori che ha lo scopo di tutelare i diritti fondamentali dei la-voratori dipendenti e delle rappresentanze sindacali di fabbrica garantendo un cor-retto rapporto tra questi e la direzione aziendale, fi sico e morale, garantendogli la digni-tà e la salute.

Il Governo ha poi costituito degli organi di tutela del lavo-ro, quali:

-Il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali che con-trolla e interviene come media-tore nelle vertenze tra datori e lavoratori;

-l’Ispettorato del Lavoro, che è l’organo di vigilanza per il rispetto delle norme sul lavoro,

-l’Uffi cio del Lavoro, Agenzie per il lavoro e Centri per l’impiego istituiti per il collocamento dei lavoratori e l’assistenza agli emigrati.

I compiti dell’ispettorato del lavoro sono la protezione della salute fi sica e psichica dei lavoratori sul posto di lavoro,

la verifi ca del rispetto delle disposizioni sulla durata del lavoro e del riposo, la protezio-ne speciali dei giovani, delle donne incinte o madri che allattano e la prevenzione degli infortuni Allora mi chiedo: come mai succedono così tanti infortuni e addirittura morti sul lavoro a dispetto di tutta questa normativa?

Come mai non vengono fatte rispettare le norme che esistono? Dove sono gli organi preposti alla tutela del lavora-tore? Dove sono i Sindacati?

Il lavoratore ha il sacro-santo diritto alla sicurezza sul lavoro e il Governo, infatti, ha inserito il tema salute e sicurez-za sul lavoro tra le priorità del piano fi nanziario 2007-2011, insieme agli interventi in tema di lavoro nero e occupazione.

Bisogna intervenire in modo da garantire la legalità ed il rispetto delle regole in tutti gli ambiti lavorativi. Quindi bisogna controllare che le regole siano rispettate e per questo abbiamo visto, ci sono gli organi preposti; ma non solo, manca la cultura su que-sto tema, bisogna predisporre degli strumenti di educazione, di formazione, di conoscenza

in materia di sicurezza e la-voro. E’ vero che i rischi non si possono eliminare e che se un lavoro è pericoloso, rimane pericoloso. Ma proprio per questo ci vuole un’alta profes-sionalità su tutti i fronti.

Se nei bandi pubblici poi, l’unico criterio per la scelta è quello del massimo ribasso, e non quello dell’analisi dei partecipanti alla gara, è chiaro che i rischi sono maggiori e di conseguenza le responsabilità.

Non deve essere il solo aggiudicatario a rispondere e a doversi giustifi care, ma anche il committente specialmente se è pubblico. Ecco che la forma-zione, non solo dei lavoratori, ma anche di chi deve controlla-re che di solito è un burocrate, può essere uno strumento im-portante per i lavoratori stessi sia per la loro stessa tutela, sia per verifi care la responsabilità sociale delle imprese.

Lavoro e Sicurezza non devono più essere due concetti a sé stanti, al contrario è neces-sario che lo Stato, le imprese e anche ogni singolo cittadino – lavoratore promuova e tuteli la sicurezza sul lavoro, propria e altrui.

Daniela Simionato

Una serie di proposte per combattere la crisi. E’ questo l’obiettivo che si pon-gono comune e provincia di Pistoia per far ripartire la nostra economia. Nei giorni scorsi, infatti, hanno emesso un comunicato congiunto denominato “Piano Pistoia” in cui l’unità di crisi costi-tuitasi alcuni mesi fa e coor-dinata dalla Provincia deve farsi carico di una serie di iniziative per la costruzione di un nuovo rapporto fra le forze in campo (lavoratori, imprese e banche), ognu-na impegnata nel proprio ruolo.

“Dal mondo del credito devono arrivare segnali im-portanti – ha detto la Presi-dente della Provincia Fratoni – dato che soprattutto quel-le locali possono investire maggiormente sul nostro territorio e far riacquistare fi ducia agli imprenditori e di conseguenza ai lavoratori. Naturalmente proseguirà il confronto con i sindacati le varie associazioni di catego-ria per aggiornare la situa-zione oltre che ad integrare le

varie proposte e esigenze.Per l’assessore provincia-

le allo sviluppo economico Paolo Magnanensi è neces-sario attivare vari interventi come quelli di sostegno al reddito di natura fi scale “in modo che le famiglie possa-no rilanciare i consumi senza però lasciare da parte ogni iniziativa capace di rilanciare gli investimenti e porre mag-giore attenzione alla disoccu-pazione femminile.”

Per il sindaco Berti la

Propostecontro la crisi

situazione che si è venuta a creare obbliga a dare una nuova impostazione all’unità di crisi tenendo conto che la situazione occupazionale potrebbe anche aggravarsi nei prossimi mesi.

A questo proposito i rap-presentanti delle associazio-ni di categoria e sindacati hanno svolto vari interventi destinati proprio alla neces-sità di unire strumenti di so-stegno e politiche attive per l’occupazione e capaci di at-trarre nuovi investimenti sia per i collegamenti viari sia per una sburocratizzazione degli obblighi di impresa.

Edoardo Baroncelli

Le piante di Pistoia rinverdiranno i

boschi di Peschici (Fg) che due anni fa furono distrutti

da un incendiodi Patrizio Ceccarelli

bre) nelle aree limitrofe al Santuario della Ma-donna di Loreto, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose, nonché degli studenti di varie scuole. Domenica, al Comune di Peschici, si tiene la cerimonia uffi -ciale della donazione di piante e alberi.

La manifestazione avrebbe dovuto svol-gersi lo scorso anno, ma il Comune di Peschici propose di rinviarla a causa di imprevisti, oggi superati.

114 Ottobre 2009 n. 34LaVita

Inaugurato la scorsa settimana, alla presenza di molte autorità, l’ampliamen-to della scuola elementare e materna di Spedalino Aglia-na intitolata proprio a don Lorenzo Milani. Gli scolari frequentano già la nuova struttura dalla riapertura del-l’anno scolastico dello scorso 14 settembre. Il progetto, eseguito dalla ditta Idea La Novara di Agrigento, è stato realizzato dall’architetto del Comune, Andrea Mati che ha diretto anche i lavori. Il costo fi nale ammonta a circa 1.250.000 euro. “Si tratta di un’opera di ottima qualità sotto tutti i punti di vista – evidenza il sindaco Agliana,

Spedalino Agliana

Ampliata la scuolaEleanna Ciampolini – che risponde adeguatamente alle esigenze del territorio. Ringraziamo la Provincia che ci ha concesso l’utilizzo di alcune stanze del piano terra dell’istituto Capitini durante lo svolgimento dei lavori di ampliamento della scuola di Spedalino, iniziati nel giugno 2007 e terminati da poche set-timane”. L’assessore Alberto Ciampi ricorda che la strut-tura ha “impianti tecnologici di rilievo dai pannelli solari al riscaldamento del pavimento (parquet per la scuola mater-

na), passando per la centrale termica telecontrollata per fi nire con il tetto “verde” che garantisce un significativo isolamento termico. In totale l’ampliamento è stato di 1.400 metri quadrati lordi ripartiti su 2 piani. Si tratta di una struttura di cui siamo molto orgogliosi”.

Le nuove aule realizzate sono 3 per la scuola materna, 4 per le elementari oltre a 3 per il sostegno, una per l’informatica e una per gli insegnanti.

“Non è comune – spiega

Un centinaio di studenti della scuola media Martin Lu-ther King di Bottegone hanno preso parte, l’altro sabato, all’ini-ziativa di Legambiente «Puliamo il mondo», raccogliendo rifi uti abbandonati in varie zone della città, tra cui l’ex campo di volo, dove a breve sarà realizzato il nuovo ospedale. L’iniziativa ha visto la collaborazione anche di Coldiretti Pistoia, che ha offerto agli studenti una colazione a «km. zero», con i prodotti messi a disposizione da Agrimercato Pistoia, che ogni sabato, in via dell’Annona, organizza il mer-cato di «Campagna amica».

«Siamo stati ben felici dice il presidente di Agrimercato Pi-stoia, Fabio Pellegrini - quando il direttore di Coldiretti, Francesco Sossi, ha chiesto a noi di fornire i prodotti che contemporanea-mente vengono posti in vendita al Mercato di Campagna Ami-ca. Ritengo sia fondamentale, soprattutto con i bambini e i ragazzi, trasferire i corretti sapo-ri dei prodotti agricoli legandoli alla stagionalità».

I ragazzi della M.L. King, che hanno trovato e raccolto una gran quantità di rifiuti abbandonati, si sono imbattuti anche in una discarica abusiva di amianto.

OPERAZIONE CITTÀ PULITA

Studenti e volontari in azioneal campo di volo

«Abbiamo già informato il Nucleo operativo ambientale dei carabinieri di Firenze – dice il coordinatore provinciale di Legambiente, Antonio Sessa –, ma una raccomandazione la fac-ciamo anche all’amministrazio-

ne comunale, affi nché provveda subito a far rimuovere questi rifi uti pericolosissimi dall’area del campo di volo».

Alla manifestazione ha pre-so parte anche il vicesindaco e assessore all’ambiente del

TERRAZZA SULLA CITTÀ

Firma mondialeper Jonathan Calugi

di Leonardo Soldati

Ha lavorato con nomi noti del design e della grafi ca, espone in tutto il mondo. Dichiara di avercela fatta «semplicemente provando a fare le cose che amo di più e rischiando un po’» Jonathan Calugi, giovane creativo pistoiese di soli 27 anni. Adesso è stato ingaggiato dalla Nike per realizzare gadgets e kit per le squadre di calcio par-tecipanti alla World Cup 2010. Un anno fa invece venne incaricato dalla De Longhi Usa per promuovere un progetto internazionale di lancio pubblicitario di macchinette espresso, in serie limitata e cu-stomizzate da vari artisti di tutto il mondo. Gli esemplari, tra i quali quelli realizzati da Calugi, sono stati venduti all’asta. «Ho sempre avuto –afferma- grande interesse per il disegno, la grafi ca, il design. Fino a quattro anni fa mi occupavo solamente di web design, poi prese corpo, con altri colleghi, “A smile for Timbuctu”, che si traduce in italiano in “divertirsi e spargere amore”: un progetto a 360 gradi relativo a comunicazione, musica, arte, installazioni». Personalmente Jonathan ha preso parte ad importanti esposizioni internazionali, come quella londinese a favore del Tibet ed intitolata “Design against Tibet abuse”, o quella della Fubon Art Gallery di Taiwan. Attualmente –dichiara- sono impegnato con il brand emergente pratese “Noodle Park”, oltre che come free lance: non ho mai cercato nessuno, ho sempre avuto la fortuna di essere contattato, soprattutto dall’estero, e devo dire che è incredibile anche per me essere selezionato da realtà così grandi. Il mio è stato un percorso intrapreso per la voglia ed il bisogno di farlo e mi sento molto fortunato per il fatto che sia divenuto un mestiere: in pratica vengo pagato per fare ciò che più mi piace e per divertirmi. Divertente è stato, ad esempio, vedere i miei lavori inseriti in tesi di grafi ca all’estero. In futuro, semmai, mi piacerebbe riuscire a fare qualcosa a Pistoia o nei dintorni, anche se purtroppo qui c’è una mentalità più chiusa che all’estero ed il settore della grafi ca è spesso molto ristretto: tanto per fare un esempio, è quasi paradossale che l’italiana De Longhi mi abbia contattato attraverso un’agenzia di Philadelphia».

Lei è pistoiese ed ha la creatività nel sangue, ereditata dallo zio Giovanni Michelucci. Lui è fi orentino ed ha fi uto per fi ere e mercati commerciali: entrambi ex dirigenti di Lineapiù, Pamela Vettori ed Enrico Chiaramoni 5 anni fa hanno messo in piedi assieme un’azienda di passamaneria, a Prato: la “18 Store”, che ha rapporti con case di moda come Prada o Blumarine. A luglio scorso hanno ricevuto un ordine da Dolce & Gabbana per alcune campionature di pezzi sulla collezione autunno-inverno 2010-2011. Afferma Chiaramoni: «La concorrenza è forte negli ambienti della moda. Per questo quando realizziamo un articolo a campione, aspettiamo sei mesi prima di metterlo in produzione». Il loro uffi cio è all’angolo tra via Ferrucci e viale Montegrappa, il laboratorio di produzione con tre dipendenti a San Paolo. Gli accessori sono personalizzabili in base alle esigenze delle collezioni: nastri in seta, bordatori di perle o inserti in pelle. «Siamo abituati a trattare questi oggetti come se fossero dei piccoli capi di moda. In realtà –dichiarano i due soci- dietro ogni articolo si nasconde una ricerca maniacale dei prodotti, come le fi bre di seta e cachemire. Tutto materiale rigorosamente made in Italy, per il quale ci riforniamo dal lanifi cio Biagioli di Prato e Cariaggi nel marchi-giano. In questo modo ci siamo ritagliati una nicchia di mercato ben selezionata».

Il celebre tecnico, che ave-va progettato e manutenuto per decenni larga parte degli impianti abetonesi per conto del Ministero dei Trasporti, si è spento 86enne a Firenze dove, pur tornando sovente all’Abe-tone, risiedeva da quando era stato collocato in pensione.

Comune di Pistoia, Mario Tuci, che ha lodato l’iniziativa di Legambiente, per il suo valore educativo.

«L’abbandono di rifi uti in-gombranti e pericolosi nelle aree pubbliche – ha aggiunto Tuci - è un gesto di grande inciviltà, per giunta non se ne capisce il mo-tivo, dato che esiste un numero verde di Publiambiente (800 980 800) a disposizione dei cittadini, al quale si può chiedere il ritiro gratuito degli ingombranti diret-tamente al proprio domicilio».

Abetone

La morte di Andrea Bafi leOltre che per le sue straordinarie competenze, lo scomparso era noto in tutta Europa come uno dei massimi esperti di mon-tagna. Originario dell’Aquila –dove ancora aveva numerosi parenti nonché due abitazioni e dove si lamentava di non potersi recare, per motivi di salute, dopo il terremoto che ha devastato la città e larga parte del territorio abruzzese- l’ingegnere era legatissimo alla Regione che gli aveva dato i natali come all’Abetone: basti dire che ha

trascorso larga parte della sua vita sul passo appenninico ma comunque, accompagnandosi con la chitarra che suonava mi-rabilmente, addirittura cantava in dialetto abruzzese brani della Divina Commedia che egli stes-so aveva musicato. Le esequie funebri di Andrea Bafi le sono state celebrate nella chiesa dei Santi fi orentini del capoluogo toscano, dove il suo corpo sarà sepolto. Sindaco, impiantisti e larga parte degli abetonesi ave-vano raggiunto nell’occasione

Firenze, per rivolgere l’ultimo saluto all’amico Andrea. Il quale, come ci piace pensare, in questo momento si trova certamente alla Casina che certa-mente l’indimenticabile ‘grande vecchio’ della cultura abetonese, Saverio Zanni, ha aperto anche in Paradiso. Accogliendo ‘a veglia’ l’Ingegnere assieme a Marcello Vannucci, Vittorio Vettori, Fosco Maraini e altri massimi esponenti della cultura fiorentina che furono sinceri amici suoi e dell’Abetone.

al campo di volo

Abbiamo già informato il ne comunale, affi nché provveda

Successo per l’iniziativa diLegambiente. I ragazzi della M.L. King

ospiti di Coldiretti per la colazionea “chilometri zero”di Patrizio Ceccarelli

I

AbetoneL’ingegnereè stato il padre

nobiledell’impiantistica

di risalitadi Alessandro Tonarelli

la dirigente scolastica Angela Desideri – trovare una scuo-la con caratteristiche come quella di Spedalino, tutto è stato pensato per favorire una buona didattica. Anche i locali per la mensa sono spaziosi e accoglienti, gli am-bienti della scuola primaria e della scuola dell’infanzia posso, all’occorrenza, anche divenire un’unica grande sala grazie alle porte scorrevoli che li dividono. La capienza dell’intero istituto è ora di 160 bambini per la scuola prima-ria e di circa 100 per quella dell’infanzia ma i numeri sono destinati a crescere nei prossimi anni”.

Marco Benesperi

12 n. 34 4 Ottobre 2009LaVita

INCONTRI

A Bottegone un no fermoal doping nello sport

Tutti insieme contro il doping. Davanti a un bel pubblico, composto da tanti amanti dello sport pulito dirigenti ed ex praticanti, alla Festa di San Michele Ar-cangelo a Bottegone si è tenuto l’incontro-dibattito ““I valori dello sport etico”, che ha preso spunto dal recente e richiestissimo libro del giornalista scrittore/docente a contratto di Etica e Sport all’Università di Firenze Renzo Bardelli, “Mondo doping – Angeli, demoni e furbetti nello sport” (Bradipolibri Editore, Torino; nella foto la copertina). Il vice presidente della Provincia, nonché assessore allo sport, Roberto Fabio Cappellini, che ha portato il saluto dell’ente locale e promesso l’impegno delle istituzioni per guarire questa piaga, i giornalisti Luca Pacini dell’Agenzia Football Data e Lorenzo Ber-tolucci di Noi Tv, il parroco di San Michele Arcangelo e presidente della Valentina’s Basket Don Piergiorgio Baronti, l’autore del volume Renzo Bardelli e l’ospite d’onore, l’ex cestista di Bologna, Pistoia e Montecatini Eugenio Capone si sono interrogati sul futuro dello sport, partendo dal recupero dei valori fondanti e autentici e dall’addio categorico a disvalori quali, in primis, il doping, la “scorciatoia” per il successo. Cappellini ha evidenziato le storture dell’attuale società, ove impera il Dio Denaro, Don Baronti, eccellente padrone di casa (alla fi ne ha consegnato una targa-ricordo a Bardelli), si è detto poco speranzoso in un regresso dell’utilizzo delle sostanze dopanti, vista la società in cui viviamo che “costringe” a cercare la performance e quindi il successo a ogni costo; Capone ha rammentato gli anni felici da atleta fortunato, perché lontano dal doping, ma pure sottolineato l’esperienza di colleghi di altre discipline, meno favoriti dalla sorte; i giornalisti hanno lodato l’opera di Bardelli, meticolosa e puntuale, capace di dare il là a una nuova auspicata mentalità sportiva, costituita da veri valori come quelli dell’impegno, della costanza e della lealtà nel tentativo di raggiungere la vittoria, e denunciato i comportamenti di organizzazioni quali Fifa e Uefa che fanno lodevoli enunciazioni di principio, ma poi nella sostanza sfuggono a una decisa attività antidoping. Bardelli, infi ne, oltre a rivelare nuovi episodi e nomi di ex corridori ciclistici e medici coinvolti, ha fatto capire che questa battaglia, pur rischiosa e dall’esito incerto, merita di essere combattuta per far sì che, prima o poi, la verità venga a galla e sia dato il là al ritorno allo sport, con l’abbandono dello spettacolo-business.

Gianluca Barni

di Enzo Cabella

contropiede

La Pistoiese sembra aver imboc-cato la strada giusta per la scalata alla vetta della classifi ca. La squadra ha ancora ampi margini di miglioramen-to, deve affi nare l’intesa tra uomini e reparti, dev’essere più concreta sotto porta, ma qualcosa di buono si sta già vedendo. L’obiettivo di tutti — socie-tà, squadra, tifosi — è la promozione, ma non è detto che sia così facile cen-trarlo. Ci sono avversari agguerriti e anche bene attrezzati, che non hanno lesinato spese per tentare il successo fi nale. Ci riferiamo, in particolare, a Sinalunghese, Pianese, Sansovino e Chiusi che formano con la Pistoiese il quintetto che punta al traguardo mas-simo. La squadra conta 23 giocatori, non tutti bene assortiti per un campio-nato diffi cile nonostante faccia parte del pianeta Dilettanti. E’ probabile, quindi, che il 17 novembre, quando si riaprirà il mercato, la società qual-cosa farà per migliorare l’organico. A quella data saranno nati anche i nuovi organismi societari, della Hol-ding arancione e dell’Unione Sportiva Pistoiese 1921, si passerà quindi dal periodo transitorio a quello defi nitivo, con tutte le conseguenze che è facile immaginare.

Parte anche il campionato di basket di Lega2. La Carmatic è impe-gnata in trasferta, a Sassari, con una squadra che deve ancora conoscere la sua vera identità. Philips, infatti, si

è allenato raramente con il gruppo e non sempre ha potuto utilizzare anche Slay che ha subìto qualche in-toppo. Il più presente è stato Skinn Al dunque: tra acciacchi di varia natura che hanno interessato un po’ tutti e riposi precauzionali, il coach Moretti non sa il reale valore della squadra, che arriva alla partenza del campio-nato con sole tre partite sulle nove giocate in precampionato con tutti e tre gli stranieri. Proprio in considera-zione di questo fatto, Moretti non ha nascosto le insidie e le diffi coltà che la Carmatic incontrerà a Sassari. Un avversario che il coach avrebbe prefe-rito fare a meno di incontrare. E’ una squadra talentuosa con un’accentuata tendenza offennsiva, che gli osser-vatori giudicano una delle più forti del girone e un’autorevole candidata al successo fi nale. E la Carmatic che tipo di campionato farà? Al momen-to, è diffi cile fare una previsione, soprattutto perché la squadra è stata largamente rinnovata e, come abbia-mo detto all’inizio, non ha quasi mai giocato con tutti gli stranieri, quindi il suo potenziale è un’incognita. Il sogno è di accedere ai playoff da posizioni alte. Moretti e i giocatori, supportati dallo staff dirigenziale, faranno di tutto per raggiungere que-sto obiettivo, anche per ringraziare i fratelli Marco e Maurizio Carrara che lasciano da sponsor.

economia e lavoro

s p o r t p i s t o i e s e

In provincia di Pistoia la crisi economica persiste e anzi manifesta adesso i suoi peg-giori effetti sul versante occu-pazionale, con l’aumento della disoccupazione e della mobili-tà, l’interruzione dei contratti a termine, la riduzione degli avviamenti anche da parte delle agenzie di lavoro interi-nale, la crescita esponenziale della cassa integrazione in tutte le sue forme, la riduzione di orario e di salario. Restano pendenti vertenze impor-tanti come Recoplast, Radici, Mas, SerIn, K2 e Answers. Da gennaio ad oggi si stima che siano circa 12mila i lavoratori di tutti i settori (compresi 200 precari della scuola) coinvolti in processi di crisi e riorganiz-zazioni aziendali. Cgil, Cisl e Uil a tale proposito hanno redatto un documento, da presentare alla Regione e alle istituzioni locali, che contiene

SINDACATI

«Aumentare la duratadella cassa integrazione»

proposte e richieste per far ripartire l’economia e l’occu-pazione sul nostro territorio. Il documento è stato presentato in anteprima alla stampa dai tre segretari sindacali provin-ciali: Daniele Quiriconi (Cgil), Patrizia Pellegatti (Cisl) e Giuseppe Macrì (Uil). I sinda-cati chiedono per prima cosa di aumentare la durata della cassa integrazione, per far fronte all’emergenza, in vista della scadenza del periodo massimo già raggiunto da cen-tinaia di lavoratori, ma anche di realizzare subito le opere cantierabili, a cominciare dal nuovo ospedale, il raddoppio della ferrovia Pistoia-Monte-catini-Lucca e la terza corsia autostradale, compresi i nuovi caselli. Tutto questo per far ripartire l’occupazione. Cgil, Cisl e Uil, chiedono anche una sorta di moratoria sui licenziamenti, «che – dicono - non sono l’unica strada per-corribile, ma esistono anche i contratti di solidarietà o altri ammortizzatori sociali, come

ed economica del territorio, purtroppo in parte già avve-nuta, con la cancellazione di numerose imprese che costi-tuivano in qualche caso gli insediamenti industriale di maggiore dimensione – dico-no i sindacati –, va contrastato su più versanti per garantire quella possibile ripresa e qua-lità della vita oggi fortemente a rischio».

gli accordi di programma con le amministrazioni locali».

Proposta anche l’istituzione di un fondo di garanzia ali-mentato da Provincia, Camera di commercio e Fila, che con-senta, in accordo con il sistema bancario, un’anticipazione della cassa integrazione in deroga, per i lavoratori delle piccole imprese che rimango-no senza salario, aspettando

spesso mesi, tra la presenta-zione della domanda e l’eroga-zione materiale dei contributi. Viene chiesto, infi ne, all’am-ministrazione provinciale un intervento straordinario, al fi ne di concordare con le parti sociali un piano di sostegno all’occupazione e al reimpiego femminile.

«Il rischio di una vera e propria trasfi gurazione sociale

Raccolte in undocumento le proposte

e le richieste dapresentare a Regione e

enti locali per farripartire l’economia

del territorio di Patrizio Ceccarelli

134 Ottobre 2009 n. 34LaVita dall’ItaliaDa Pittsburgh, dove si è

tenuto il meeting dei Paesi del G20, i leader mondiali lancia-no il solenne impegno a far di tutto perché non si ripeta più quanto l’economia ha vissuto negli ultimi due anni. Mes-saggi di questo genere sono di facile preparazione dal punto di vista politico. Basta trovare l’untore di manzoniana me-moria e dargli addosso con tutti i mezzi. L’untore in que-sto caso è stato individuato nel top management delle grandi banche, reo di imbellettare i conti, cioè di mentire, pur di ottenere quei bonus milionari che sono legati agli utili iscritti in bilancio, evidentemente quantomeno aleatori.

Lungi da noi l’idea di voler difendere la categoria, che co-munque ha delle responsabi-lità enormi nell’innesco della più grande crisi fi nanziaria degli ultimi 70 anni, ci viene comunque un sospetto: che questa caccia all’untore na-sconda piuttosto il tentativo di focalizzare l’attenzione su un aspetto delle cause, quello po-liticamente meno costoso, di-menticando tutti gli altri, che sono politicamente ben più costosi ma forse anche molto più importanti per eliminare quegli squilibri di fondo, che sono all’origine della crisi.

Il sospetto ci viene proprio guardando al documento fi -nale che esce da Pittsburgh. Siamo stati molto contenti di leggervi il solenne impegno dei Paesi ricchi a lottare contro il protezionismo commerciale, quello che renderebbe cronica la crisi e la trasformerebbe in grande depressione a causa

del crollo del commercio mon-diale, come avvenne negli anni Trenta del secolo scorso. Pec-cato che nelle ultime settimane alcuni grandi Paesi abbiano dato prova dell’esatto contra-rio, mettendo in campo perico-losissime politiche protezioni-stiche. I due casi più eclatanti sono avvenuti in Germania e negli USA.

In Germania, il Governo si è affrettato a chiudere la vicen-da OPEL, costringendo la Ge-neral Motors a vendere la casa automobilistica tedesca ad un consorzio creato dal gruppo austriaco di componentistica Magna e dalla banca russa Sberbank. Perché la Merkel voleva assolutamente favorire questo consorzio a danno di altre proposte, industrialmen-

te più valide, come quella di FIAT? La risposta è semplice: perché questo consorzio ga-rantiva che la ristrutturazione necessaria per la sopravvi-venza dell’azienda e il conse-guente taglio di posti di lavoro avverrà a danno degli stabili-menti di Belgio, Inghilterra e Spagna, mentre quelli tedeschi (alcuni dei quali hanno dati di produttività bassissima) ver-ranno preservati. Ovviamente questa promessa è stata lau-tamente pagata con i soldi dei contribuenti tedeschi. Non è questa una delle tante possibili forme di protezionismo com-merciale che anche la Merkel a Pittsburgh si è impegnata a evitare?

Il secondo caso viene dagli USA ed è molto più classico. Il

presidente Obama nei giorni scorsi ha ceduto alle pressioni del Congresso decidendo un aumento del 35% delle tarif-fe commerciali imposte sui pneumatici importati dalla Cina. Oltre che nel contraddire clamorosamente quanto solo alcuni giorni dopo lo stesso Obama si sarebbe impegnato solennemente a combattere, la gravità di questa scelta sta an-che nel fatto che essa può cau-sare una reazione a catena, con altre lobby economiche pronte a chiedere al Presidente di proteggere con le stesse misure altri settori dalla concorrenza straniera. Sarebbe una cata-strofe economica per il mondo intero.

Quindi, come si vede, an-che questo vertice si è risolto

ECONOMIA

La retorica non servein un puro esercizio retori-co. Il mondo ha bisogno di leadership e non di retorica. Solo con una vera capacità di leadership si riuscirà ad inquadrare quelle che sono le cause profonde del terremoto a cui abbiamo assistito: cioè gli insostenibili squilibri tra Paesi con enormi defi cit esteri, cioè che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, consumando più di quanto guadagnassero, e Paesi con enormi surplus, che hanno eccessivamente risparmiato e hanno fi nanziato con il loro risparmio i consumi dei primi. Il rapporto USA-Cina è emble-matico. Ma anche in Europa ci sono casi simili: da un lato la Germania che ha accumulato avanzi commerciali record, te-nendo bassi i consumi interni e favorendo l’export; dall’altro la Spagna che ha accumulato defi cit commerciali altrettanto da record, spingendo i consu-mi interni e gli investimenti (soprattutto in costruzioni). Di esempi come questi se ne potrebbero fare tanti. Il punto è che per i politici spiegare ai propri cittadini cosa implica rimettere a posto queste cose potrebbe essere molto costoso, perché signifi cherebbe dire che sono indispensabili grandi sacrifi ci e grandi cambiamenti. Dove sono i leader capaci di lanciare messaggi così diffi cili da accettare? Molto più sem-plice dare addosso all’untore!

Dal G20 il segnale di una politica debole

di Nico Curci

La crisi economica che attanglia il mon-do ha compiuto nei giorni scorsi il primo compleanno: celebrato in America da Obama stesso e, in casa nostra da bilanci, annunci, pre-visioni…

Da quando la prima banca americana è stata costretta al fallimento, mettendo sul lastrico imprese e, soprattutto, risparmiatori, è stato un susseguirsi di proclami, a volte decisamente apocalittici, altre volte tendenti a rassicurare le popolazioni. Da uomo della strada, quindi in-competente, provo a dire la mia.

1. Negli Usa Oba-ma ha sottolineato che le grandi banche, che hanno causato il grande guaio, non hanno impa-rato la lezione, ma han-no usato e usano gli aiuti statali con i metodi di sempre, che sono stati la causa del crack, attenle

agli interessi propri e dei propri manager e non a quelli dei risparmiatori. E, in Italia, cos’è cambia-

to? Il risparmiatore non resta forse ancora un pol-lo da spennare?

2. Tutti sono

d’accordo su un fatto: la grande crisi è stata causata anzitutto dall’as-senza di riferimenti etici,

Primo compleanno della crisi

Rifl essioni riassuntiveda una deregulation che ha messo al di sopra di tutto il guadagno im-mediato senza rispetto per i diritti delle perso-ne. In questo anno di dibattiti, si sono create regole nuove, rispettose dell’uomo, in vista di un suo benessere reale fon-dato non solo sul guada-gno, ma, anzitutto sulla giustizia?

3. Gli esperti in-dicano nei primi mesi del 2010 l’inizio di una ripresa del Pil, prodotto interno lordo: speriamo. . Ma, intanto, nei quasi quattro mesi di attesa, si prevede che per l’Italia la caduta del Pil rag-giunga il 5%. Nel frat-tempo chi dovrà conti-nuare a tirare la cinghia? Solo i soliti ignoti che, in realtà, sono notissimi?

4. Si prevede che, nonostante la ripresa del Pil, crescerà la disoccu-

di Vincenzo Rini pazione. Da incompe-tente, domando: si può parlare di superamento della crisi, quando tanta gente resta senza lavoro? Basta la crescita del Pil per ritenere che la crisi sia passata? Il benessere di una società sta solo nel Pil o anche nella di-gnità umana e nel diritto di ogni persona al lavo-ro? E i lavoratori quaran-ta/cintantenni che non saranno riassorbiti nel mercato di lavoro, che faranno?

5. Dicono che è necessaria una ripresa dei consumi. Ma questo signifi ca necessariamen-te rilanciare il consumi-smo? Per un’etica attenta ai veri valori, occorrerà portare le persone e le famiglie a scoprire l’im-portanza del consumo equilibrato e orientato costruttivamente e la ne-gatività del consumismo eretto a sistema di vita. In fi n dei conti, insom-ma, si tratta soprattutto di pensare a nuovi stili di vita. Anzi, a un nuovo modo di concepire la convivenza.

14 n. 34 4 Ottobre 2009LaVitadall’Italia

Il 27 settembre si è celebra-ta la XXX Giornata mondiale del turismo che quest’anno ha avuto come tema “Il turismo celebrazione della diversità”. Nell’ambito del turismo riveste un ruolo centrale il viaggio, realtà carica di signifi cati con-creti e simbolici e forse uno dei temi più frequentati dalla letteratura mondiale di ogni epoca, a partire dal viaggio per eccellenza, quello di Ulisse. Di questa esperienza come ricerca e scoperta dell’animaabbiamo parlato con un grande viaggia-tore: lo scrittore, poeta e giorna-lista Davide Rondoni.

Perché la dimensione del viaggio continua a mantenere intatto il suo fascino?

“Perché il viaggio porta sempre con sé una componente di rischio. I vocaboli latini espe-rienza e pericolo hanno la stessa radice: non si può fare veramen-te esperienza senza correre un rischio e questo vale anche per il viaggio che comporta la pos-sibilità di smarrire più volte la meta, inseguirla invano e maga-ri perdersi senza raggiungerla. Il viaggio non è solo turismo «da tempo libero», ma ha in sé il senso dell’avventura; è un sentiero di ricerca, scoperta e incontro e, come tale, è anche palestra di vita perché richiede capacità di distacco da ciò che ci è familiare, sfi da a confron-

GIORNATA TURISMO

Mettersi in viaggio

festival, sia lontana dal sentire e dalla vita delle persone”.

Viaggio come metafora del-la vita?

“Uno rischia per qualche motivo: il premio dell’aldilà, ma anche qualcosa di grande per cui spendersi nel quotidiano. In una vita in cui non c’è niente da conquistare, nulla per cui valga la pena impegnarsi fi no in fondo il senso del rischio si perde. Al di là dell’aspetto più stretta-mente catechistico, il grande dilemma rappresentato da in-ferno, purgatorio e paradiso è paradigmatico di questo non sapere dove il viaggio andrà a fi nire e, al tempo stesso, di ciò che urge nella natura umana: il mettersi in viaggio per qualcosa che valga la pena”.

Durante il viaggio si incon-trano la diversità, la bellezza

ma anche la sofferenza…“Si viene portati anche dove

non si vorrebbe andare e dove si possono trovare cose che uno non si aspetta. Per diversi mo-tivi ho viaggiato moltissimo e continuo a farlo: mi sono trovato in posti dove la miseria ti urla violentemente in faccia il suo scandalo. Il viaggio obbliga a guardare anche ciò che non si vorrebbe, ad ampliare l’oriz-zonte e la visione del mondo, a far comprendere che la scena è unica e comune è il destino di ogni uomo. Ciò che accade in una città italiana ha a che fare con quello che succede nelle favelas sudamericane o negli slums africani. La bellezza che si ammira passeggiando sotto i portici di Firenze è la stessa bellezza in qualche modo ur-lata e supplicata dai bambini che fanno decine di chilometri per andare a scuola o per pro-

tarsi con il nuovo e il diverso, impone sofferenza e capacità di adattarsi alle situazioni più imprevedibili”.

Oggi questa “sfi da” viene sempre compresa e accolta?

“Rispetto a 30 o 40 anni fa mi accorgo che l’uomo dei nostri giorni sa andare al di là della dimensione del tempo libero e sempre più tenta di rimettersi in cammino, di farsi in qualche modo viandante. Bisognerebbe chiedersi quale sia la ragione di questo cambiamento. Non so se il turismo inteso in questo senso più «alto» rappresenti una sorta di supplenza a quella dose di avventura e sorpresa che nella vita quotidiana molte persone non provano più: se è così non si tratta di un dato positivo perché rivela la perdita del «cuore avventuroso» che secondo Chesterton ognuno dovrebbe avere per affrontare la vita. Vissuta pienamente la vita è un rischio. Oggi, tanto più essa viene presentata a livello di pensiero dominante come una realtà pianifi cata, fondamental-mente senza sorprese e inserita in un binario dal quale non è possibile uscire - una mosca dentro una bottiglia, per citare una frase di Gustavo Zagrebel-sky (ex presidente della Corte costituzionale, ndr) - tanto più aumenta nella gente comune la sete di viaggio. Questo dimostra quanto molta cultura cosiddetta accademica, divulgata sulle pagine dei giornali o tramite i

curarsi un po’ d’acqua. Se non si è distratti, lo scandalo della sofferenza fa comprendere con parole di fuoco che il mondo è una scena unica e provoca alla rifl essione sul proprio stile di vita e pensiero sul mondo. E dopo il giudizio occorre passare all’azione pratica. Il problema riconduce sempre al signifi cato che vogliamo dare alla vita, al perché del nostro camminare, sia in mezzo alla melma, sia su un pavimento d’oro. C’è gente che vive nel fango ed è più serena di altri che sguazzano nell’oro. È il riconoscimento del senso, o almeno l’ipotesi di risposta a questo che è l’inter-rogativo più profondo, a fare la differenza e a cambiare la prospettiva della vita, di cui il viaggio è la metafora più pro-fonda”.

In un tempo di disincanto come l’attuale ha ancora senso parlare di stupore?

“Certamente sì: lo stupore è ciò che muove l’animo dell’uo-mo e lo dispone all’avventura della vita; è il migliore antidoto allo scetticismo ed è la chiave per la vera conoscenza. Solo mantenendo la capacità di farsi stupire dalle cose che si hanno di fronte si può entrare in rapporto con se stessi e con il mondo”.

In conclusione, a lei il viag-giare che cosa ha dato?

“Mi ha confermato l’af-fermazione di San Paolo, un altro che viaggiava parecchio, cioè che il mondo è una scena splendida e drammatica e che l’immagine che lo definisce meglio è quella delle doglie del parto, qualcosa di doloroso ma al tempo stesso di magnifi co”.

L’uomo di fronte alla diversità, alla bellezza,

alla sofferenzadi Giovanna Pasqualin

Traversa

Le indicazioni offerte dalle consuete rilevazioni trimestrali dell’Istat sull’andamento del mercato del lavoro fanno suonare un cam-panello di allarme. Si osserva, infatti, che il numero degli occupati cala di 378 mila unità. Si aggiunge, inoltre, la cre-scita del tasso di disoc-cupazione che arriva al 7,4% e quella del tasso di inattività, che indica sin-teticamente il numero di persone in età lavorativa che rinuncia a cercare lavoro. Con tale pessima combinazione diventa evidente come in Italia ora stia calando in modo grave l’offerta di lavo-ro. L’Istituto di ricerca spiega che il risultato sintetizza la continua caduta dell’occupazione autonoma delle piccole imprese, la crescita del calo dei dipendenti a termine e la costante diminuzione del numero dei collaboratori.

Così ai giovani e alle donne, le consuete cate-gorie sociali emarginate dal mercato del lavoro,

si aggiungono i maschi adulti, che scendono dal 74,9% al 73,8%, ovvero 180 mila uomini hanno perso il lavoro. Un fe-nomeno estremamente grave per il nostro siste-ma-Paese. La disoccu-pazione maschile fi nisce per diventare una nuova via di esclusione e di crescita della povertà so-prattutto per le famiglie, dato che il percettore di reddito più importante nei nuclei familiari è generalmente il maschio adulto.

A queste indicazioni dell’Istat è importante porre immediatamente rimedio in quanto la per-dita del lavoro, innanzi-tutto perché la mancan-za di lavoro indica una carenza di prospettiva per il futuro, l’incapacità di individuare strade di investimento innovative percorribili per uscire dalla crisi economica.

Inoltre la mancata

Generazioni traditeLa disoccupazione come via di esclusione

e povertàdi Andrea Casavecchia

benessere.Infi ne il lavoro è

oggi il punto di accesso al sistema di welfare e la garanzia per vedere tutelati i diritti di citta-dinanza. ’introduzione di un mercato di lavoro fl essibile aggrava in que-

sto la condizione preca-ria dei giovani. Come spiegavano chiaramente due economisti Tito Boe-ri e Vincenzo Galassi in un agile volume “Contro i giovani. Come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni”: “In Italia perdere il lavoro è social-mente più costoso che non riuscire a trovare un primo impiego. Quando si cerca il primo impiego si è ancora in famiglia. Quando lo si perde, spesso non si è più in famiglia, cioè manca quell’ammortizzatore sociale che è la cena e il posto letto dalla mam-ma. A meno di non voler tornar a vivere con i genitori. Né ci sono altri ammortizzatori social-mente condivisi. Data la loro bassa anzianità contributiva o l’assenza di un rapporto di lavoro formalmente dipendente (nel caso dei parasu-bordinati), chi perde il lavoro non ha diritto a ricevere sussidi di di-soccupazione oppure li riceve solo per periodi molto brevi”.

creazione di posti di la-voro rileva l’immagine di un Paese stanco e di

corto respiro che non rie-sce a coinvolgere i propri cittadini alla creazione di

154 Ottobre 2009 n. 34LaVita dall’estero

LEONARDO, GENIO UNIVERSALEIl castello visconteo di Vigevano accoglie dal 13 settembre al 5 aprile 2010 la mostra sui codici di Leonardo da Vinci, il ge-nio universale del quale questa rassegna riper-corre la ‘Tase lombarda”. Gli appassionati possono sfogliare tutti i codici del mirabile toscano, genio i cui lavori scientifi ci e ar-tistici vengono ricostruiti con tecniche d’avan-guardia, come la “virtual codex” che permette di sfogliare virtualmente il codice Atlantico, il codi-ce del Volo ed il mano-scritto B; insieme, sono ricostruite in digitale con animazioni in 3D anche strumentazioni leonar-desche come la macchina volante ed il leone mec-canico.

ARMONIA E SALUTEEsperti statunitensi in-terpellati dal settimanale “Time” affermano che la pratica di discipline sportive non corrispon-de, sempre e per forza, al dimagrire. Dal momento che il movimento stimola l’appetito, proprio chi fa tanto moto può credere di “meritarsi” quella fetta di torta di troppo che poi annulla ogni sacrifi cio: perciò, fatti salvi gli effetti positivi che l’esercizio fi sico ha sull’organismo, la die-ta- equilibrata e l’auto-controllo sono i migliori alleati della linea; per mantenersi in forma, non è indispensabile sfi nirsi sulla cyclette, poiché sono suffi cienti sane e regolari passeggiate con-dotte con buon ritmo di marcia.

ECOPROFUGHII profughi costretti a lasciare le proprie terre per causa di guerre o per cambiamenti climatici sono sei milioni; stime dell’agenzia Onu per i ri-fugiati, l’Acnur, indicano per il 2050 ben 250 mi-lioni di persone in esodo forzato. Privi di stato giuridico riconosciuto, i migranti fuggono da desertifi cazione, inon-dazioni, carestie provo-cate da riscaldamento globale. Anche l’Italia è soggetta alle ripercus-sioni dell’effetto serra; nei prossimi decenni po-trebbero essere sommersi 4.500 chilometri quadrati di territorio, soprattutto al sud, mentre in Sarde-gna il 52% delle terre va incontro al rischio della desertifi cazione.

mondoMinacce e silenziavvolgono Teheran

Erano anni che un presi-dente degli Stati Uniti non veniva applaudito in questo modo alle Nazioni Unite. In una settimana delicata per l’intero sistema di governance mondiale Obama ha giocato la sua carta principale con il discorso nella sessione di apertura della 64ª assemblea generale delle Nazioni Unite, raccogliendo un consenso dif-fuso e convinto. In pochi giorni ci sono state quattro occasioni di confronto particolarmente importanti. Oltre cento capi di stato e di governo si sono riuniti a New York per partecipare al summit sul clima convocato in preparazione della conferenza internazionale sul cambiamento climatico di dicembre a Copena-ghen. Nella stessa giornata Oba-ma, Netanyahu e Abu Mazen si sono incontrati per la prima volta insieme. Il giorno successivo è stata inaugurata la 64ª sessione dell’assemblea generale. Quindi riunione del consiglio di sicu-rezza, con Obama e Gheddafi presenti per la prima volta, e nei due giorni seguenti, a Pittsburg la terza riunione del G20 e del G8 in meno di dodici mesi. Se il primo passaggio era facile, con un consenso sempre più diffuso intorno alle tematiche ambientali, molto più complicato appariva l’incontro a tre sulla Terra Santa. L’incontro non ha

offerto elementi nuovi e non è stato un successo.

Il parziale insuccesso po-teva indebolire un Obama già nel mirino dei repubblicani in casa e di chi, fuori, critica le sue aperture. All’interno i repubbli-cani stanno tentando in tutti i modi di far fallire una riforma sanitaria che tende a dare a tutti il diritto alle cure in ragione del loro essere persone umane prima che sottoscrittori di un’assicu-razione. Questo principio, non solo normale, ma costitutivo di ogni democrazia europea, suscita sentimenti impressio-nanti nella destra americana, che sta sfoderando attacchi ogni giorno più duri all’indirizzo del presidente e delle organizzazioni di solidarietà che si occupano di assistenza con i più poveri, senza risparmio di pregiudizi razziali e squallore. All’estero le aperture di credito di Obama verso l’Iran e l’iniziativa con Israele e Palestina, nel momento in cui si scontrano con la dege-nerazione autoritaria iraniana e le contraddizioni della politica israeliana, rischiano di dargli

l’immagine del giovane pieno di speranze, ma troppo ingenuo per la politica internazionale.

Un Obama debole al Palazzo di vetro avrebbe indebolito le già asfi ttiche Nazioni Unite. Il pre-sidente Usa non ha nascosto le diffi coltà. In un ampio discorso pronunciato apparentemen-te a braccio ha toccato tutti i temi sensibili affermando senza mezzi termini la necessità del dialogo e del multilateralismo. Ha parlato della pace e della crisi economica dal punto di vista dei più bambini e dei più deboli, ma senza scadere in una retorica nauseante. Ha citato gli imbarazzi suscitati dall’Iran e la corresponsabilità internazionale sulla Terra Santa. Il passaggio migliore è stato quello in cui ha ribadito che la via della democra-zia e dello sviluppo è originale per ogni Paese e ogni Paese ha il diritto-dovere di sceglierla e percorrerla secondo le proprie scelte e priorità. Non era solo una presa di distanza dal suo predecessore che sognava di “portare la democrazia” con le armi. È l’affermazione di una

cultura ampiamente presente in chi si occupa di rapporti Nord-Sud, ma normalmente assente nei poteri forti occidentali.

L’Assemblea ha reagito in-terrompendo il discorso con numerosi applausi e citando più volte, negli interventi successivi, il presidente americano. Lo stesso Ahmadinejad è sembrato rendersi conto del consenso e ha fatto un discorso di basso profi lo ben diverso da quello tenuto qualche mese fa a Ginevra. Forse ha ritenuto controproducente una performance come quella di Gheddafi che ha inscenato una pagliacciata durata un’ora e quaranta minuti (quando ogni leader parla al massimo mez-z’ora) in cui, mentre la gente ab-bandonava la sala, ha chiamato Consiglio del terrore il Consiglio di sicurezza di cui egli stesso fa parte. È strano. Nessuno si illu-de, ma molti commenti “off re-cord” sembrano coinvolti da un entusiasmo scomparso da anni che pare di buon auspicio per il futuro. È un entusiasmo che non coinvolge tutti in realtà.

Riccardo Moro

ASSEMBLEA ONU

Buon auspicio per il futuro? La 64ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

DalIl maglio della repres-sione è calato pesantemente sulla protesta iraniana che ha seguito la contestata rielezione, lo scorso 12 giugno, di Mohamoud Ah-madinejad alla presidenza del Paese.

Prigioni e ospedali si sono riempiti di manife-stanti, i morti sono stati sottratti al tributo di quanti erano scesi con loro in piaz-za, una cappa di silenzio sembra essere piombata su quella parte di gioventù che chiede libertà e demo-crazia.

Ahmadinejad, invece, va avanti, ha formato il suo governo e continua a gioca-re al rialzo con la comunità internazionale, forte del petrolio e con la minaccia dell’opzione nucleare.

Una certa sorpresa ha accompagnato la nomina a ministro della Salute di Marzieh Dastejerdi, prima donna titolare di un dica-

Parlamento, Fateneh Ajour-lou, indicata per gli Affari Sociali, era nota per le sue battaglie di retroguardia, come l’aver proposto l’im-posizione di un codice di abbigliamento femminile più severo, e una limitazio-ne all’accesso delle ragazze all’università.

L’involuzione della po-litica iraniana è poi confer-mata dall’atteggiamento di Ahmadinejad, che ha preso posizione a favore della linea dura contro i leader dell’opposizione, mentre in passato aveva racco-mandato clemenza per i manifestanti arrestati.

Alla nuova durezza sul fronte interno, fa da con-traltare la rinnovata rigidità su quello internazionale, rinnovata e rafforzata an-che a causa del sostegno estero alla protesta dell’op-posizione. Che ancora oggi, sporadicamente e proprio all’estero, torna a far sentire la propria voce.

Il regime di Teheran si confronta infatti con il mon-do occidentale riproponen-do la propria scelta atomica (anche se, insiste, fi nalizzata al nucleare per uso civile) e forte della propria ricchez-za petrolifera. L’Iran è tra

stero dai tempi della rivolu-zione khomeinista. Medico e deputata dal 1992, in real-tà la Dastejerdi è espressio-ne della componente più conservatrice del Paese, ed è nota per aver contribuito alla stesura di un rapporto sulla segregazione sessuale negli ospedali e nelle isti-tuzioni sanitarie, un piano che prevede gli ospeda-li per le donne composti esclusivamente da donne,

che riprendesse il modello dell’ospedale londinese Elisabeth Garrett Anderson, che ha portato alla fonda-zione della London School of medicine, istituita per sole donne: il piano venne rigettato a causa degli enor-mi costi e per le proteste del personale sanitario.

D’altro canto anche una delle altre due candidate ministro proposte da Ah-madinejad ma bocciate dal

i principali esportatori di oro nero, il quinto a livello mondiale, disponendo del 10 per cento delle riserve mondiali conosciute; ha inoltre ingenti disponibilità di gas naturale.

“Il quadro complessivo del suo sistema economico, fortemente dipendente da queste due risorse – spie-gano gli analisti – mostra negli ultimi anni degli in-dici in positivo, che però non si sono tradotti in una maggiore ricchezza relati-va”. Se, infatti, i dati degli ultimi tre anni mostrano un incremento nella pro-duzione, non sensibile ma comunque costante, per quanto riguarda i consumi iraniani le fonti indicano un aumento continuo a partire dal 2003.

Il settore petrolifero iraniano è organizzato secondo il modello della nazionalizzazione: il mini-stero del Petrolio possiede l’industria di Stato, la Na-tional Iranian Oil Company, e controlla l’intera linea di estrazione, lavorazione ed esportazione del greggio, stabilendone politiche e strategie, ed è quindi di vitale importanza per l’eco-nomia nazionale. La parte-cipazione delle compagnie straniere è strettamente vietata da una norma co-stituzionale che sancisce che tutte le risorse del Paese sono in possesso dello Sta-to. Le compagnia petrolife-re straniere possono quindi condurre attività di esplo-razione ed estrazione esclu-sivamente in partenariato con un’impresa iraniana, e con la formula contrattuale che lascia la proprietà del greggio estratto alla società nazionale iraniana, al quale corrisponderà una somma preventivamente pattuita ai partner.

L’aumento dei consumi nazionali, arrivati a 1,67 milioni di barili al giorno, è legato all’incremento de-mografi co che ha interessa-to l’Iran negli ultimi anni, con un picco massimo negli ultimi dieci: “tra il 1976 e il 1991 la popolazione è pas-sata da 33,7 a 55,8 milioni – osservano gli studiosi – ma oggi la popolazione censita ha raggiunto i 72 milioni di individui”.

Tutto ciò ha portato al paradosso che, per limita-re lo spreco e contenere i costi, il regime di Teheran nel 2007 ha imposto un pacchetto di misure volte a rafforzare la capacità di trasformazione, limitare il consumo di combustibili e migliorare i collegamenti pubblici: il razionamento concede 100 litri di ben-zina al mese a un prezzo popolare, mentre il di più viene pagato a un prezzo maggiorato.

Nuova durezza contro l’opposizioneinterna e rinnovata rigidità verso

il mondo occidentaledi Angela Carusone

Manifestazioni contro la vittoria di Ahmadinejad alle recenti elezioni

16 musica e spettacolo n. 34 4 Ottobre 2009LaVita

LaV ita

Sede centraleVia IV Novembre, 108 Vignole di Quarrata (Pistoia)

Tel. 0573 70701 - Fax 0573 717591Indirizzo internet: www.bccvignole.it

Le nostre agenzie:Vignole, Quarrata, Santonuovo (Quarrata), Agliana,

Spedalino (Agliana), San Giusto (Prato) San Paolo (Prato), Lamporecchio, Sovigliana (Vinci), Ponte a Elsa (Empoli)

I nostri ATM:La Querce (Prato)

San Baronto (Lamporecchio)

Banca di Credito Cooperativo di VignoleInsieme per scelta, dal 1904.

Settimanale cattolico toscanoDirettore amministrativo e responsabile giuridico:

Giordano FrosiniSTAMPA: Tipografi a Artigiana PistoiaIMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia

FOTOCOMPOSIZIONE: Grafi camente Pistoia tel. 0573.308372

e-mail: [email protected] [email protected]@tiscali.it

Registrazione Tribunale di Pistoia N. 8 del 15 Novembre 1949

V itaLaAbbonamento 2009 Euro 42,00Sostenitore Euro 65,00Amico Euro 110,00

c/c postale 11044518.I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero 0573.21293 (c/c n. 11044518) intestato a Settima-nale Cattolico Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia.Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Gra-fi camente in via Puccini 46 Pistoia in orario di uffi cio.

Sostieni

Dispiace dirlo, ma nelle due ore e quaranta minuti di “Baaria”, il nuovo fi lm di Pep-puccio Tornatore, la sensazione ricorrente è quella del deja-vù: in quasi ogni fotogramma, in quasi ogni battuta -spesso pronunciate in uno stretto dialetto siciliano- si riscontra-no echi di fi lm già visti. Del resto la Sicilia, soprattutto quella della memoria, quella polverosa e passionale, non quella da cartolina, è sempre stata protagonista dei lavori del regista di Bagheria (Baarìa per l’appunto), da “Nuovo Cinema Paradiso” a “Male-na”, passando per “L’uomo delle stelle”, fi lm che riscosse un certo successo e anche un’esagerata nomination al premio Oscar. Ma, si sa, agli americani piace tanto quel bozzettismo populista che Tornatore sa sempre delineare con buon mestiere. Un certo gusto per la macchietta, un’in-clinazione piuttosto marcata per lo schizzo comico, per lo sketch da avanspettacolo, per

“È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’infor-mazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della per-sonalità altrui, ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della ve-rità sostanziale dei fatti, osserva-ti sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede”. Parla chiaro l’articolo 2 della Legge n.69 del 3 febbraio 1963, che regola l’attività dei giornalisti secondo i principi della libertà d’informazione e di opinione sanciti dalla Costituzione ita-liana. Le parole hanno un peso: libertà di informazione, verità sostanziale dei fatti, doveri di lealtà e buona fede.

Altrettanto chiaro è l’obiet-tivo che dovrebbe caratterizzare l’offerta informativa del servizio pubblico: garantire un prodotto di qualità, imparziale e corretto, capace di rappresentare la realtà in tutti i suoi aspetti e dar conto delle sue varie interpretazioni. Secondo le linee guida editoriali interne, i giornalisti che lavora-no per la Rai sono chiamati ad agire professionalmente “con il massimo di correttezza, compiu-tezza e obiettività, svolgendo il loro compito senza interferenze di parte oltre che con il doveroso rispetto delle condizioni psico-logiche e delle esigenze morali degli utenti, perché soltanto in questo modo crescerà nel Paese una opinione pubblica informa-ta e democratica”.

Le riflessioni sul “caso Santoro” e sulla funzione del giornalismo si devono collocare all’interno di questi capisaldi, al-trimenti si esce dal seminato per degenerare verso la demagogia e la vana polemica (anti)politica. La prima puntata di “Annozero”

il 24 settembre ha scatenato vibranti reazioni da parte della maggioranza e dell’opposizio-ne parlamentare. Il tema era proprio la libertà di stampa, gli ospiti erano politici dell’una e dell’altra parte insieme a diret-tori di testate facenti più o meno direttamente riferimento al centrodestra e al centrosinistra. Il “parterre”, quindi, teorica-mente garantiva quella “par condicio” che dovrebbe essere sempre richiesta in trasmissioni del genere. E che dovrebbe in realtà caratterizzare qualunque messaggio giornalistico, attra-verso la tv, la carta stampata, la radio, internet, proprio perché l’informazione in quanto tale è un’attività di servizio.

Preceduta da avvertimenti, veti incrociati, dissidi pubblici fra il conduttore Michele Santo-ro e il direttore di RaiDue Mas-simo Liofredi, la trasmissione ha avuto accesi seguiti polemici. Al centro del contendere gli argomenti trattati, ancora una volta relativi in buona parte alle inchieste sulla presenza di escort e ragazze disinvolte a Palazzo Grazioli e, in generale, alle frequentazioni poco racco-mandabili del presidente del Consiglio e di altri esponenti politici di spicco, dell’una e dell’altra parte politica.

A qualcuno le incursioni giornalistiche e l’impostazione dell’intera puntata non sono piaciute, e così il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha ritenuto di dover convocare i vertici Rai “per verifi care se trasmissioni come Annozero rispettino l’impe-gno a garantire un’informa-zione completa e imparziale”. Il viceministro allo Sviluppo

MASS MEDIA E DINTORNI

Non è tutto Santoro quello che luccica

CINEMA

Baarìa

economico, Paolo Romani, ha addirittura aperto un’istruttoria sulla trasmissione, in riferimento all’articolo 39 del contratto di servizio, con la convocazione del presidente della Rai, Paolo Galimberti, e del direttore gene-rale, Mauro Masi.

Gli altri media non sono stati a guardare. Molte testate hanno fatto da chiassoso contorno alla vicenda, sia sollecitando alla vigilia le tifoserie pro e contro Santoro; i giornali di partito han-no come al solito gettato benzina sul fuoco per sostenere a priori le tesi dei lori editori (politici) di riferimento. Risultato: la solita “bagarre” con la gara a chi grida più forte e un tasso di qualità informativa vicino allo zero.

Proprio i toni del confronto sono ciò che stona di più. Se il presidente del Consiglio o altri esponenti da noi eletti in Parla-mento adottano comportamenti non conformi alla morale e al rispetto della loro stessa fun-zione, questo è certamente un

argomento di interesse generale, che non può essere glissato al di là degli eventuali risvolti giu-diziari. Chi ci governa e ci rap-presenta deve avere un profi lo etico al di sopra di ogni sospetto, in ogni situazione pubblica e privata. Un potere democratico non può avere nulla da temere dall’informazione. Non devono però essere esasperati i modi: la polemica non aiuta a capire e la funzione dell’informazione è quella di spiegare, prima ancora che di criticare.

Il ministro Scajola chiede di “fi nirla con l’ennesima puntata di una campagna mediatica ba-sata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull’infamia, sulle porcherie”. Siamo d’accor-do con lui e non potrebbe essere altrimenti. Ma il monito vale se riguarda tutti i mezzi di comuni-cazione, tutti i giornalisti e tutte le testate informative, sia quelle di proprietà pubblica sia quelle di proprietà privata.

Marco Deriu

narrativa e scenografica di Sergio Leone, dall’altra non ha la forza protestataria dei fratelli Taviani o di Rosi (regista omag-giato in più parti e verso la fi ne, quando si nota distintamente sullo sfondo la locandina di “Tre fratelli”). Accade allora che il film risulta enfatico e retorico quando spinge sul pedale dell’epos, si risolve in un pamphlet ridicolo quando sposa il ritratto sociale, diventa talvolta inconcludente nella satira all’ideologia comunista che qua e là si percepisce nel

racconto.L’esercizio più interessante

dello spettatore è attribuire i nomi giusti alle decine di volti conosciuti, presenti in camei o in parti collaterali: si notano, fra gli altro, (ma l’elenco ri-chiederebbe un intero articolo) Aldo Baglio, Ficarra e Picone, Beppe Fiorello, Vincenzo Sa-lemme, Leo Gullotta, Monica Bellucci, Nicole Grimaudo. Bravi i meno conosciuti Fran-cesco Scianna e la molto bella Margareth Madè.

Francesco Sgarano

la verità il regista l’aveva pale-sato anche in “Nuovo Cinema Paradiso”, abbinandoli però a un lirismo toccante, che aveva collocato quella storia in una sorta di equilibrio miracoloso. Infatti, prima Cannes e poi Hollywood si inchinarono a quel capolavoro, tributandogli il Gran Premio Speciale della Giuria e l’Oscar per il miglior film straniero. Dal catino di quell’opera seconda (l’esordio è stato col non tmscurabile “Il camorrista”) Tornatore sembra continuare ad attingere ogni volta che la sua attenzione si sposta nella terra natale: non può fare a meno di rispolverare in maniera un poco superfi cia-le il tempo della guerra e la fascinazione per il cinema, per dire i primi due spunti che mi vengono in mente. A volte ha dimostrato di sapersi muovere anche su altri terreni -discreto

è stato il risultato del dramma tinto di fosco de “La scono-sciuta”, elefantiaco ma talvol-ta incisivo “La legenda del pianista sull’oceano”, invece sbandato il polanskiano “Una pura formalità”: Tornatore è regista di ottime doti tecniche, su questo non si discute, anche se dispone di mezzi produttivi faraonici (“Baarìa” è stata la più costosa produzione del cinema italiano). Come diceva Orson Welles, la cui mole e il cui genio non erano inferiori alla sua intelligenza, la tecnica cinema-tografi ca s’impara in due setti-mane, il problema è renderla arte. Quindi, persomalmente, non sono rimasto sbalordito -come forse intenzione del regista- di fronte ai frequenti dolly, alle numerose carrellate, alle innumerevoli dissolvenze in nero. La mobilità della cine-presa, spinta non di rado dalla

sempre più invadente musica di Morricone, non si sposa alla materia narrativa, trita e ritrita, come già detto: la storia di un ragazzino poverissimo che, una volta cresciuto, si impegna nella politica per il Pci e che, alla fine, si rende, conto del fallimento delle illusioni, con-sapevole però di aver vissuto una vita accanto a una moglie fedele e a cinque fi gli. Il tempo va dal periodo bellico ai giorni nostri: nel mezzo troviamo eventi più e meno conosciuti, tra cui la strage di Piano della Ginestra, le famose elezioni del ‘48 che portarono al governo la Dc, il set del fi lm di Lattuada “Il mafioso”, interpretato da Sordi. Ma purtroppo, l’affl a-to epico e l’impegno civile, intersecandosi con troppa fre-quenza, non danno i risultati sperati da Tornatore, che da un lato non possiede l’abilità