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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MACERATA FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

PSICOLOGIA SOCIALE

Lavoro e costruzione dell’identitàBarbara Pojaghi

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Perché lavoro e costruzione dell’identità?Guido Sarchielli afferma “nella nostra società molto spesso la domanda chi sei si traduce in che lavoro fai […] in questo modo il lavoro diviene un forte indicatore per rendere la persona socialmente riconoscibile “

Il modello dell’acquisizione dell’identità individuale attraverso l’acquisizione della competenza lavorativa e professionale, cioè il modello della realizzazione esistenziale come prevalente realizzazione nel lavoro, è legato a fondamentali parametri antropologici: il lavoro, quale oggi lo intendiamo, cioè non solo come strumento per guadagnarci il pane ma anche come mezzo di realizzazione di sé e delle proprie capacità, è frutto dei tempi moderni.

è interessante fare una riflessione sulle differenze di genere che sono rilevanti dal momento che l’immagine riflessa (rimandata dagli altri) ha un ruolo importante nella costruzione del Sé e dell’identità.

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Tra i passaggi fondamentali nella transizione all’età adulta l’ingresso nel mondo del lavoro rappresenta ancora uno dei passi fondamentali.

Diventare lavoratore dovrebbe costituire per ogni individuo il momento in cui mettere alla prova se stessi e stabilizzare la propria identità sociale e personale. Ma oggi sembra che le cose siano cambiate: vivere in un contesto così fluido come quello attuale, in cui è estremamente difficile prefigurare i confini e le traiettorie dei propri percorsi di vita, porta a considerare l’imprevedibilità come un fattore costitutivo della propria identità.

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Lavoro e identitàL’instabilità lavorativa può rivelarsi deleteria per

•il livello di incertezza progettuale in cui i soggetti sostano a lungo, •la scarsità del reddito che determina, •le difficoltà ad avviare e regolare il proprio percorso di carriera e dunque rendere significativa la propria storia lavorativa, •l’individualizzazione eccessiva dei rapporti di lavoro che rischiano di restare isolati dalle garanzie collettive, •le difficoltà a mantenere un’effettiva cittadinanza sociale e le garanzie di protezione sociale-previdenziale a lungo termine,

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• la riduzione delle opportunità di definire con chiarezza una propria soddisfacente identità socio-professionale, fondata sulle competenze e le appartenenze sociali e organizzative,

• gli ostacoli crescenti nello sviluppare le forme preferite di integrazione sociale.

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La ricerca della dott.ssa Chiara Catanzaro per la tesi di dottorato

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• L’interrogativo da cui nasce la ricerca è se i cambiamenti subentrati nel mercato del lavoro possano in qualche modo influenzare non solo i significati e la rappresentazione che i giovani hanno del lavoro, ma anche il modo con cui affrontano il proprio futuro e la realizzazione della propria identità adulta.

• L’obiettivo era dunque quello di comprendere il possibile legame tra forme contrattuali (e occupazionali) ed esperienze soggettive che giovani lavoratori possono vivere nel breve e nel lungo periodo, con la specifica volontà di cercare di approfondire gli effetti esistenziali, socio-psicologici che la flessibilità lavorativa può determinare nella vita di giovani adulti.

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Le macroaree prese in considerazione ed analizzate nella ricerca sono:

• il modo in cui è vissuta la flessibilità che caratterizza la situazione lavorativa attuale,

•gli atteggiamenti e le rappresentazioni sociali della flessibilità,

• il ruolo che la famiglia ha nel contesto dell’instabilità lavorativa vissuta dal giovane,

• la descrizione del Sé ideale, ovvero dei progetti personali e professionali,

• la fiducia nelle istituzioni e la partecipazione politica e sociale.

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La percezione dell’insicurezza lavorativa(La percezione dell’insicurezza nelle città metropolitane, in Cittalia-Fondazione Anci ricerche, www.cittalia.com )

Le paure prevalenti di chi risiede nelle grandi città riguardano innanzitutto l’insicurezza derivante da problemi economici e lavorativi. L’insicurezza economica (intesa come precarietà lavorativa e timore per la perdita del proprio attuale tenore di vita) pesa per il 50% sulle paure dei cittadini.

Il dato si diversifica in relazione alla• fascia di età, in quanto in quella tra i 18 e i 34 anni la

precarietà lavorativa è la paura prevalente (49,9%) ma essa tende a diminuire nelle fasce di età successive,

• collocazione geografica, in quanto la precarietà lavorativa risulta essere la paura prevalente tra coloro che abitano nelle città del sud e tende a diminuire nelle città del nord.

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Lo strumento della ricercaL’intervista semi-strutturata

L’intervista è costituita da una guida composta dai seguenti nuclei tematici da approfondire:

La situazione lavorativa attuale Le rappresentazioni e gli atteggiamenti verso il lavoro

flessibile L’influenza del lavoro nella gestione della propria quotidianità Il ruolo della famiglia Descrizione del Sé ideale: quali progetti per il futuro Atteggiamenti verso le istituzioni Partecipazione politica

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Costruzione degli ideal tipiVariabili alla base della definizione degli ideal tipi:

Sesso (2 livelli: M e F)

Età (25-35)

Titolo di studi (2 livelli: diplomati e laureati – anche con formazione post-laurea e post-diploma)

Tipologie di contratto di lavoro (5 livelli: • contratto di lavoro dipendente a tempo determinato; • contratto di collaborazione coordinata e continuativa • contratto a progetto; • contratto di prestazione d’opera occasionale; • contratto tramite Agenzia per il lavoro.

Residenza (1 livello: Lecce e provincia)

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Se lei perdesse l’attuale lavoro, pensa che ne troverebbe un altro in zona?(%)

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro Sud Isole Totale

Sì, abbastanza facilmente

40,9 52,8 37,9 24,2 17,4 37,4

Sì, con qualche difficoltà

46,6 38,3 43,9 43,8 46,5 43,7

E’ molto difficile 12,5 8,9 18,3 32,0 36,1 18,9

N 455 337 301 306 144 1.543

Fonte: Quinto rapporto IARD, p. 142

La scelta del contesto• Il lavoro atipico appare attualmente un fenomeno diffuso in Italia.

•Emergono alcune differenze per ciò che riguarda la diversa dinamicità delle realtà lavorative del Nord e del Sud, come si evince dalla percezione che hanno i giovani a riguardo:

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I PARTECIPANTI

I partecipanti alla ricerca sono stati 20:

Età:

-Dai 25 ai 35 anni

Sesso:

-10 uomini e 10 donne

Titolo di studi

- 12 laureati e 8 diplomati

Tipologia contrattuale• 4p contratto a tempo determinato• 8p contratto a progetto• 2p collaborazioni coordinate e continuative• 2p contratto di prestazione d’opera occasionale• 4p contratto tramite agenzia per il lavoro

Residenza•Lecce e provincia

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ConclusioniSono emerse differenze significative in relazione alle

seguenti variabili:• Genere• Titolo di studi • Status

Nessuna differenza di rilievo per ciò che riguarda la tipologia contrattuale.

I giovani lavoratori flessibili si percepiscono tendenzialmente in una macrocategoria, quella dei

lavoratori precari.L’idea del “mal comune mezzo gaudio” suggerisce che si

sentono parte di una categoria (quella degli sfortunati accomunati da un destino comune) che ben si

distingue da quella dei lavoratori a tempo indeterminato (che hanno maggiori tutele di loro)Sentimento di deprivazione relativa

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Conclusioni

• Problematiche psicologiche del transitorio (Ferrari, 2008) La flessibilità, essendosi affermata in tempi rapidi e parzialmente, ha imposto tempi di adattamento troppo stretti per le giovani generazioni

• Mantenimento della propria autostima grazie al confronto con gli altri (Ricorre la convinzione che “siamo tutti nella stessa barca” e che, dunque, il lavoro flessibile non è un problema personale, bensì rappresenta una condizione più generale che accomuna una grande quantità di persone nella stessa fascia di età).

• Rappresentazioni sociali del lavoro: permanenza del mito del posto fisso

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Conclusioni

• Ripercussioni nella dimensione temporale dell’identità:

o Difficoltà di proiettarsi nel futuro e di fare progetti (la continuità e la stabilità lavorativa rappresentano ancora la premessa per quella esistenziale)

o Rallentamento nella definizione dell’identità adulta

• Individualismo e presentismo

• Sfiducia nelle istituzioni e nella classe politica

• Distacco nei confronti della partecipazione politica

• Atteggiamento positivo nei confronti della partecipazione sociale

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Mal comune mezzo gaudio• so per certo anche confrontandomi con amici, con colleghi, con

ex compagni dell’università che la mia non è una situazione isolata, non è una … una … cioè, non sono un out-sider [si mette a ridere] in questo senso, ecco! (partecipante 3);

• ti rendi conto che è una cosa che … è una cosa che ti fa sorridere per il classico proverbio “mal comune mezzo gaudio”, per cui, si dice, almeno, siamo tutti nella stessa condizione [risata amara] … non ci sono persone che stanno meglio … (partecipante 5);

• da una parte mi tranquillizza [sorride] perché comunque nono sono l’unico idiota che sta in quella situazione, questa cosa qua mi tranquillizza da una parte. Dall’altra mi allarmo un attimo perché quando guardo un attimo all’esterno penso che, per l’età che abbiamo, forse non siamo cresciuti abbastanza (partecipante 6);

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Lavoro, vita quotidiana e legami familiari

• forse lui [il padre] essendo ancora con la testa ai suoi tempi, forse ancora non ha capito precisamente quale è la situazione attuale dei giovani, quindi peccato che abbiamo rapporti negativi perché se ce li avessimo positivi magari potrei spiegargli fino in fondo quale è la situazione attuale (partecipante 14);

• … io sono sempre un po’ in conflitto con mio padre, mia mamma mi sostiene di più. Mio padre perché … boh, siamo generazioni troppo differente [sorride] lui è molto più … forse ottimista:“credi molto in te stesso, se tu vuoi ce la fai, puoi crescere” … questa generazione che ha avuto, che si è fatta così, però noi viviamo un momento completamente diverso (partecipante 8)

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Lavoro, vita quotidiana e legami familiari• è un mio senso proprio di indipendenza, spesso … poi figuriamoci, figlia

unica … “hai bisogno, eh?”, “no grazie!”. Va beh, io mi sto pagando la rata, insomma la mia macchina a rate e allora ogni tanto mio padre “ma dai, questo mese …” e magari mi pagano l’assicurazione della macchina, il bollo insomma, però diciamo cerco proprio io di … non mi va insomma, mi scoccia! (partecipante 11).

• va beh, gestisco le mie uscite da sola, però se loro non venissero ogni domenica a caricarci di cassette di acqua, di latte, di mangiare, cioè non so come potremmo fare, ovviamente, cioè, non sarebbe proprio proponibile! (partecipante 10);

• Comunque se non mi sostengono economicamente, magari vado a prendere cose, è tutta una rete familiare che ti aiuta, che ne so, nelle cose alimentari, cioè l’olio non lo compri perché da noi c’è quello che te lo dà, allora le mele, il vino, se te lo porta quello non se lo devono, te lo danno a te … una serie di cose che ti alleggeriscono, però, insomma, non è … non è normale … (partecipante 8);

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La dimensione progettuale

• sarei felicissima di crearmi una famiglia, cioè, io praticamente mi sento mamma da quando sono nata! Però se devo relazionarmi al momento in cui torno nella vita reale, il mio atteggiamento è un po’ di stizza anche, cioè, quando se ne parla, è come se dici “ma che ne sto parlando a fare?”, cioè, di che cosa devo parlare? Niente! Cioè, se non hai quella solidità economica, ma non perché ti serve chissà che cosa, ma veramente non puoi vivere di amore, come fai! (partecipante 10); • abbiamo un mutuo ma ce l’hanno dato solo perché la casa è intestata a lui [il compagno ha un contratto a tempo indeterminato] io non posso risultare da nessuna parte perché io non porto niente con me di garanzia sul futuro. E questa cosa è un handicap per me (partecipante 9); • io veramente vivo la preoccupazione di non avere un lavoro! Forte proprio, cioè, è fortissima per me perché è la prima cosa che uno vuole fare appena di laurea. Se non ho quello non posso fare niente! (partecipante 10).

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La fiducia nelle istituzioni e la partecipazione • il sindacato italiano? Non sono sindacati, sono lobby di potere

normalissime, sono strutture di partito ausiliare, non sono sindacati, non li vedo, non ci sono. Sono strumentalizzazioni pure. Basta. (partecipante 6);

• sicuramente inizi a capire il sindacato quando hai un contratto a tempo pieno, indeterminato per cui loro ti tutelano, si avvicinano penso loro a te, non lo so nemmeno. Però con i contratti a progetto, con i contratti a termine delle agenzie interinali, non hai, non ho rapporti con il sindacato (partecipante 10);

• cioè attualmente io con il tipo di contratto che ho non ho delle garanzie, non ho nessuna forma di tutela, a parte l’assicurazione obbligatoria … se avessi dei problemi, l’unica tutela che avrei sarebbe il mio avvocato, quindi a pagamento … non penso di averne, cioè, almeno non ne percepisco (partecipante 1);

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La fiducia nelle istituzioni e la partecipazione

• ti senti tradita dalle persone e dalle istituzioni appunto, ti senti tradito da persone in cui avevi riposto la tua fiducia, e non c’è niente di più brutto e allora automaticamente ti allontani, per forza di cose (partecipante 3);

• guai a non avere fiducia nelle istituzioni, dobbiamo sempre sperare che qualcosa cambi, viviamo in una nazione vecchia, una nazione che ha bisogno di molte riforme, istituzionali (partecipante 18). );

• quest’anno non sono andata a votare perché mi sono rotta dello schifo, non mi è mai successo, però quest’anno veramente un senso proprio di “non me ne frega niente, né della destra né della sinistra, non me ne frega niente”. No, veramente , il mio senso di appartenenza è proprio scemato fortemente perché tu ti affidi a loro ma loro non sanno più come fare per litigare meglio … forse questa Italia non si può veramente più aggiustare, non sanno loro come fare (partecipante 10);