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Università degli Studi di Firenze
FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria
IL SIGNIFICATO DELLA “MISURA” NELLE SCIENZE
SPERIMENTALI: UN PROGETTO DIDATTICO PER LA
SCUOLA PRIMARIA
Relatore:
Dott. Samuele Straulino
Studentessa:
Virginia Tognaccini
Anno Accademico 2011/2012
Ai miei genitori
che hanno reso possibile questo cammino
A mia sorella Elena
per avermi trasmesso la voglia d’insegnare
A Luca
che mi è stato vicino lungo il percorso
A tutti coloro che
come me amano questa professione
Grazie al prof. Samuele Straulino
per la serietà e la disponibilità dimostrata,
e alla Scuola Primaria di Reggello
per l’importante esperienza vissuta
1
INDICE
INTRODUZIONE .................................................................................................... 4
1. LE SCIENZE SPERIMENTALI NELLA SCUOLA PRIMARIA.................. 8
1.1 IL VALORE DELLA SCIENZA OGGI..................................................................................... 8
1.2 IL RUOLO DELLA MATEMATICA ALL’ INTERNO DELLE SCIENZE
SPERIMETALI .................................................................................................................................. 11
1.2.1 La costruzione delle competenze matematiche nella scuola primaria ........ 13
1.3 METODOLOGIE PER L’APPROCCIO AI CONCETTI FISICI .................................... 15
1.3.1 L’approccio al concetto di misura.................................................................................. 17
1.4 APPRENDERE LA CONOSCENZA SCIENTIFICA ....................................................... 18
1.4.1 La conoscenza a scuola ..................................................................................................... 19
1.5 L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA NEI PROGRAMMI DEL 1985 .............................. 23
1.6 CONOSCENZA SCIENTIFICA E CONOSCENZA DI SENSO COMUNE ................ 25
1.7 LO SVILUPPO DELLE QUANTITA’ FISICHE NEL BAMBINO .............................. 28
1.7.1 Genesi delle nozioni di conservazione .......................................................................... 30
1.7.2 Come spiegano i bambini le differenze di densità ................................................... 32
2. LA MISURA ....................................................................................................... 35
2.1 IL CONCETTO DI MISURA NELLA STORIA ................................................................. 35
2
2.1.1 La misura e gli Egizi ............................................................................................................ 36
2.1.2 La misura presso i Greci ..................................................................................................... 39
2.1.3 Le unità di misura romane................................................................................................ 40
2.1.4 La misura del tempo in antichità ................................................................................... 42
2.2 IL SISTEMA DI MISURA ANGLOSASSONE .................................................................. 44
2.3 L’ ESIGENZA DI UN SISTEMA UNIVERSALE .............................................................. 46
2.4 GRANDEZZE FISICHE E UNITA’ DI MISURA .............................................................. 50
2.5 MISURA DI LUNGHEZZA, AREA E VOLUME ............................................................... 52
2.6 LA MISURA DEL TEMPO ..................................................................................................... 53
2.6.1 Il pendolo .................................................................................................................................. 55
2.7 LA MISURA DI MASSA E DI PESO ................................................................................... 57
2.8 LA MISURA DELLA DENSITA’ ........................................................................................... 59
2.9 GLI STRUMENTI DI MISURA ............................................................................................. 60
2.10 ERRORE DI MISURA ........................................................................................................... 62
3. LA MISURA: IL PROGETTO DIDATTICO ............................................... 66
3.1 INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 66
3.2 LA PROGETTAZIONE ............................................................................................................ 68
3.3 GLI INCONTRI E LA DIDATTICA IN CLASSE ............................................................. 72
3.3.1 Iniziamo dalle preconoscenze: il questionario iniziale......................................... 72
3.3.2 Dall’osservazione alla misura: la misura della lunghezza .................................. 79
3.3.3 La misura del tempo ............................................................................................................ 87
3
3.3.4 La misura di massa e la densità ...................................................................................... 94
3.4 IL QUESTIONARIO DI VERIFICA INIZIALE ............................................................... 106
3.4.1 La stesura del questionario ........................................................................................... 106
3.4.2 I risultati del questionario ............................................................................................. 107
3.5 CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 113
ALLEGATI ........................................................................................................... 115
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................. 123
4
INTRODUZIONE
“Pesi e misure possono essere annoverati fra gli strumenti
indispensabili della vita per ogni componente della
società. Essi trovano spazio nelle decisioni economiche e
nelle faccende quotidiane di ogni famiglia. Sono necessari
ad ogni aspetto della vita umana. [….] La loro
conoscenza, secondo l’uso stabilito, rientra fra i rudimenti
dell’istruzione”.
John Quincy Adams1
Ogni adulto ha avuto nel corso della sua vita esperienza pratica del
procedimento di misura, e lo stesso si può affermare per quanto riguarda i
bambini.
I bambini fin da piccoli usano termini di confronto quali “è più grande di”, “è
più piccolo di”, “è più lontano” ecc.… e operano confronti diretti per
verificare il loro pensiero e le loro affermazioni.
Gli alunni già prima dell’ingresso a scuola hanno già qualche tipo di
conoscenza in merito alla misura, dovuta all’osservazione o alla
partecipazione ad alcune attività o all’ascolto o all’uso del linguaggio. Questa
realtà non può essere ignorata, anzi è stata assunta come punto di partenza
favorendo situazioni in cui i bambini hanno potuto mettere in atto questa
loro prima capacità, che stimola ed esercita abilità quali il saper valutare ad
occhio e saper eseguire un controllo delle supposizioni.
Dopo aver sottolineato l’importanza che l’attività di misurazione ricopre
nella vita di tutti i giorni e nei processi di conoscenza in generale, la
1 Relazione al congresso degli Stati uniti, 1821
5
complessità di tale attività e la vastità dei campi di applicazione, si tratta
adesso di vedere quali e quanti problemi devono esser tenuti presenti nel
progettare o nel condurre esperienze con i bambini.
In questa tesi vorrei dare un esempio di come si può progettare
un’esperienza guidata in tal senso.
Il procedimento di misura è uno dei procedimenti principali sia della
conoscenza scientifica sia della conoscenza comune. La differenza dell’uso di
questo procedimento nella scienza e nella vita comune dipende dal fine che
si vuol raggiungere: nel primo caso si misura per scopi conoscitivi, nel
secondo caso si misura per fini pratici.
Il progetto svolto ha inizio dalla conoscenza comune dei bambini sulla
misurazione, per poi giungere ad un uso “scientifico” del procedimento di
misura.
L’idea da cui parte la mia ricerca riguarda il rapporto tra esperienza e
educazione. Come sosteneva il filosofo e pedagogista John Dewey “c’è
un’intima e necessaria relazione fra il processo dell’esperienza effettiva e
l’educazione”. Secondo questo principio l’educazione deve sempre essere
legata all’esperienza pratica.
Il progetto di questa tesi è stato ideato tenendo conto di queste teorie,
lasciando che l’allievo non impari dal maestro, ma dalla natura stessa, e
quindi dall’esperienza, com’è dichiarato nell’Emilio di Rousseau.
L’apprendere attraverso il fare esperienza diventa fondamentale soprattutto
nelle attività proposte nella Scuola Primaria, poiché a quest’età i bambini
non hanno ancora sviluppato un tipo di pensiero astratto al pari di quello
adulto. Inoltre le discipline scientifiche richiedono ancor più questo tipo di
approccio.
A conclusione degli incontri svolti in classe, gli stessi bambini hanno
sostenuto che a scuola si impara meglio con gli esperimenti che con i libri.
6
Questa tesi descrive sia le attività sperimentali svolte in classe, sia la teoria
(pedagogica e scientifica) che supporta l’intero progetto. Il lavoro è
suddiviso in tre capitoli.
Il primo capitolo dà spazio ad alcune riflessioni sul valore della scienza e
sull’importanza dell’insegnamento scientifico nella scuola primaria con
riferimento agli obiettivi designati nelle Indicazioni per il Curricolo del 2007.
Viene poi descritto il ruolo della matematica all’interno delle scienze
sperimentali, sottolineando lo stretto rapporto che esiste con le altre
discipline scientifiche. Infine si fa riferimento alla costruzione delle
competenze matematiche nella scuola primaria
Inoltre viene illustrato lo sviluppo della conoscenza delle quantità fisiche nel
bambino, secondo gli studi effettuati da Piaget. In particolare viene
ripercorsa l’acquisizione all’interno della mente dei bambini di concetti fisici
come massa, peso, volume e densità che costituiscono l’oggetto di una parte
degli esperimenti svolti in classe con i bambini.
Il secondo capitolo è dedicato alla metrologia, intesa come scienza della
misurazione e ha lo scopo di introdurre il concetto di misura e di spiegarne
il significato, ripercorrendo il processo storico che ha portato alla metrologia
attuale.
In tempi antichi le misure venivano effettuate in base ad elementi del corpo
umano. Le prime unità di misura provengono dall’Oriente, passando poi in
Egitto, Grecia e Roma, dove subirono alcune trasformazioni. Infine viene
data particolare attenzione alla nascita del sistema metrico decimale e
all’attuale Sistema Internazionale.
Il terzo capitolo è il fondamento di questa tesi: contiene la descrizione del
progetto da me ideato e realizzato in classe.
7
L’obiettivo del progetto è stato quello di far capire ai bambini il significato
della misura nelle scienze sperimentali attraverso molteplici attività
laboratoriali sulle principali grandezze fisiche.
Questa proposta didattica nasce dall’esigenza di una costruzione più
consapevole del concetto di misura: la misura come valore di una grandezza
fisica in un dato sistema di unità e la misura come numero soggetto a
un’inevitabile incertezza, dovuta sia allo strumento utilizzato che
all’esecutore della misurazione.
L’itinerario didattico proposto ha avuto un notevole successo, testimoniato
sia dall’entusiasmo e dalla partecipazione dei bambini nello svolgere le
attività, sia dai risultati dei questionari di verifica finale descritti nell’ultimo
capitolo.
8
Capitolo I
LE SCIENZE SPERIMENTALI NELLA SCUOLA
PRIMARIA
La parola “scienza” fu impiegata nel pensiero greco antico per indicare il
sapere certo, la conoscenza esatta delle cose, in contrapposizione al termine
“opinione” che rappresentava il sapere volgare, incerto e vago. Secondo i
Greci, in particolare per Aristotele, la conoscenza scientifica si esprimeva
attraverso leggi collegate tra loro in maniera logicamente rigorosa così da
formare un sistema coerente.
A partire dal ‘600 la scienza viene caratterizzata da un importante
rinnovamento grazie all’approccio matematico e sperimentale che le viene
dato.
Oggi possiamo definire la scienza come il complesso delle conoscenze che
l’uomo possiede intorno a se stesso e al mondo che lo circonda; queste
conoscenze sono organizzate in un sistema che permette di controllarne la
validità. Quest’ultimo aspetto è ciò che caratterizza la scienza rispetto ad
altre attività dello spirito umano, come il senso comune, la filosofia e tutte le
altre forme in cui si manifesta il pensiero dell’uomo.
1.1 IL VALORE DELLA SCIENZA OGGI Oggi il valore inestimabile della scienza e della ricerca scientifica è
ampiamente riconosciuto all’interno della società. E’ ormai diffusa la
consapevolezza che senza ricerca scientifica il mondo non può compiere
progressi.
9
“Alla scienza va riconosciuto di essere un valore. Essa può dare ordine e senso
al mondo in cui abitiamo e all’uomo stesso che deve abitarlo secondo libertà,
sottoponendolo anche e sempre più al suo controllo.” 2
Il valore della scienza possiede molteplici sfaccettature, essa è valore
cognitivo, sociale, culturale e formativo insieme.
Il valore cognitivo della scienza risiede nel fatto che essa è in grado di
sottoporre il pensiero a una serie di regole e lo sottrae al relativismo. Grazie
alla scienza il pensiero si vincola ad un modello di verità che si fonda sulla
ricerca, la quale si vincola a sua volta al rigore procedurale che si basa sul
metodo. Così la scienza, grazie alla formazione di una nuova forma di
pensiero, elimina il pregiudizio ed ogni forma di dogmatismo.
Il valore sociale che essa possiede è connesso all’uso che viene fatto della
scienza nella società. La scienza ha sviluppato nuove forme di
organizzazione della vita umana, ha liberato l’uomo da vincoli reali oltre che
ideali.
La scienza possiede inoltre un alto valore culturale specialmente nella
cultura contemporanea.
Non meno significativo è il valore formativo della scienza, capace di creare
un pensiero libero, una mentalità razionale aperta e antidogmatica.
Grazie a questo riconoscimento del valore formativo della scienza,
all’educazione scientifica viene riservato un posto speciale all’interno del
percorso scolastico, già a partire dalla scuola di base.
L’educazione scientifica deve contribuire alla formazione culturale del
cittadino, consentendogli così di partecipare alla vita sociale con
consapevolezza e capacità critica.
La direzione in cui si sono mossi i curricoli scolastici è stata quella di porre
l’educazione scientifica-tecnologica come indispensabile per la formazione
intellettuale di ogni futuro cittadino. 2 F. Cambi, Introduzione al libro “Leggere il mondo oltre le apparenze. Per una didattica dei concetti fondamentali della chimica” di AA.VV, Armando Editore, Roma, 2007
10
“Infatti, la conoscenza dei linguaggi scientifici….. si rivela sempre più
essenziale per l’acquisizione di una corretta capacità di giudizio.”3
Come si sottolinea anche nelle Indicazioni per il curricolo del 2007 elaborate
dal Ministro Fioroni, le conoscenze proposte dalle discipline matematiche,
scientifiche e tecnologiche sviluppano modi di pensare, esperienze,
linguaggi, modi di agire che incidono su ogni dimensione della vita
quotidiana propria e degli altri. Tali conoscenze contribuiscono in modo
importante e determinante alla formazione culturale della persona,
“sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il pensare e il fare”.4
Le discipline scientifiche fanno parte dell’area matematico-scientifico-
tecnologica. Questa area è articolata in tre discipline: matematica, scienze
naturali e sperimentali, tecnologia, che devono essere concepite in
collegamento tra loro ma anche con le altre aree.
Elemento di fondamentale importanza per queste discipline è il laboratorio,
“inteso sia come luogo fisico sia come momento in cui l’alunno è attivo,
formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta e
sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e
a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati
interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture per la
costruzione delle conoscenze personali e collettive.”5
L’insegnamento delle discipline scientifiche dovrebbe utilizzare l’esperienza
di laboratorio non come attività straordinaria, ma come prassi usuale per
permettere l’acquisizione di una mentalità scientifica attraverso
l’applicazione diretta del metodo scientifico.
Rispetto alla lezione tradizionale, l’attività di laboratorio, intesa non solo
come spazio ma anche come metodologia didattica, è certamente più
3 Atti del XXII Convegno UMI-CIIM, Ischia 15-17 novembre 2001
4 M.P.I. Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione 2007 5 Ibidem
11
affascinante e coinvolgente e sviluppa nel bambino un atteggiamento di
disponibilità ed entusiasmo stimolando la curiosità.
Infatti, durante una lezione di stampo tradizionale, il bambino è relegato al
compito di ascoltare ma, come ben sappiamo, ascoltare con attenzione è
faticoso anche per molti adulti: c’è il rischio di farsi sfuggire qualche parola o
concetto o peggio ancora di dimenticare successivamente.
Al contrario, apprendere “facendo” significa fissare le idee nella mente
attraverso non le parole, ma i fatti, le immagini e i ragionamenti.
“Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco” è un antico
proverbio cinese che vorrei proporre come efficace slogan che racchiude in
sé un’ importante teoria pedagogico-didattica.
1.2 IL RUOLO DELLA MATEMATICA ALL’ INTERNO DELLE SCIENZE
SPERIMETALI
“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io
dico universo), ma non si può intendere se prima
non s’impara a intendere la lingua, e conoscer i
caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua
matematica […]”
Galileo Galilei
Il saggiatore
Secondo gli antichi la matematica non doveva essere impiegata nello studio
della natura. La scienza della natura doveva perciò impiegare il linguaggio
qualitativo; la matematica poteva servire come strumento utile per calcolare
dati necessari alla vita pratica, ma le formule matematiche impiegate non
venivano considerate come delle spiegazioni dei fenomeni fisici.
12
Anche l’astronomia antica impiegò la matematica, ma venne considerata
solo uno strumento di calcolo per la costruzione del calendario più che una
spiegazione di com’è fatto il cosmo.
Solo nel XVII secolo, grazie all’opera di Galileo, Cartesio, Newton e molte
altre personalità di rilievo, la matematica non fu più considerata un semplice
strumento di calcolo, ma un solido fondamento su cui costruire la
descrizione della realtà fisica.
Il linguaggio usato dal ricercatore per la formulazione delle leggi fisiche è il
linguaggio matematico, che in modo naturale si presta a descrivere le
relazioni tra i dati numerici che individuano i fenomeni, le loro variazioni ed
i loro rapporti reciproci; il procedimento usato per giungere a tale
formulazione è il metodo scientifico , la cui introduzione si fa storicamente
risalire a Galileo Galilei. Esso può essere descritto distinguendone alcune fasi
successive:
•Una fase preliminare in cui, basandosi sul bagaglio delle conoscenze
precedentemente acquisite, si determinano sia le grandezze rilevanti per la
descrizione del fenomeno che quelle che presumibilmente influenzano le
modalità con cui esso si presenterà.
•Una fase sperimentale in cui si compiono osservazioni accurate del
fenomeno, controllando e misurando sia le grandezze che possono
influenzarlo, sia le caratteristiche quantitative che lo individuano e lo
descrivono. Il fenomeno, infatti, viene studiato in maniera controllata, per
metterne in evidenza gli aspetti che interessano allo sperimentatore. In
questo consiste specificamente il lavoro dei fisici sperimentali.
•Una fase di sintesi o congettura in cui, partendo dai dati numerici raccolti
nella fase precedente, si introducono delle relazioni matematiche tra le
grandezze misurate che siano in grado di render conto delle osservazioni
stesse; si formulano cioè delle leggi fisiche ipotetiche, controllando se esse
sono in grado di spiegare il fenomeno.
13
•Una fase deduttiva, in cui dalle ipotesi formulate si traggono tutte le
immaginabili conseguenze: particolarmente la previsione di fenomeni non
ancora osservati (almeno non con la necessaria precisione); e questo è
specificamente il compito dei fisici teorici.
•Infine una fase di verifica delle ipotesi prima congetturate e poi sviluppate
nei due passi precedenti, in cui si compiono ulteriori osservazioni sulle
nuove speculazioni della teoria per accertarne l’esattezza.
1.2.1 La costruzione delle competenze matematiche nella scuola
primaria
La scuola ha il compito di promuovere e diffondere una “cultura
matematica”, che spesso viene trascurata a vantaggio delle tecniche di
calcolo, presentando questa disciplina in modo comprensivo e interessante.
La matematica è uno strumento potente e insostituibile per indagare,
interpretare e gestire la realtà. Matematica e fisica sono due discipline in
stretto rapporto. Come aveva già intuito Galileo, solo la matematica può
essere considerata uno strumento sufficientemente potente e preciso per
interpretare le leggi dell’universo. Emerge da queste considerazioni l’idea
della matematica come strumento di pensiero.
E’ necessario quindi che i giovani acquisiscano la metodologia e le regole
proprie di questa disciplina per potersi muovere in modo autonomo e
consapevole in ogni ambito e circostanza.
Al fine di costruire le competenze matematiche dell’allievo sono stati
individuati6 quattro nuclei tematici che fanno parte dell’educazione
matematica nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado. Essi
sono il numero, lo spazio e le figure, le relazioni, i dati e le previsioni.
6 Si fa riferimento agli atti del XXII Convegno UMI-CIIM Ischia 15-17 novembre 2001 e alle Indicazioni per il Curricolo del 2007
14
Vi sono poi tre nuclei trasversali, basati invece sui processi: misurare,
argomentare e congetturare, risolvere e porsi problemi.
In particolare il primo di essi offre l’occasione di un approccio corporeo ed
esperienziale alle grandezze, per poi ricavare relazioni tra di esse e costruire
modelli sui fenomeni studiati.
All’interno delle competenze matematiche, presenti nei vari nuclei, ho
ritenuto opportuno soffermarmi sulla descrizione del processo del
“misurare”.
A livello generale, le competenze su tale processo riguardano diversi aspetti:
misurare grandezze e rappresentare le misure, stimare misure, risolvere
problemi e creare modelli di fatti e fenomeni a partire dai dati di misura.
Le competenze specifiche individuate per il primo biennio di scuola primaria
sono:
Osservare oggetti e fenomeni individuando in essi alcune grandezze
misurabili; compiere confronti diretti e indiretti in relazione alle
grandezze individuate; ordinare grandezze;
Effettuare misure per conteggio di grandezze discrete;
Effettuare misure di grandezze continue con oggetti e strumenti;
Esprimere le misure effettuate utilizzando le unità di misura scelte e
rappresentarle adeguatamente.
Per quanto riguarda il 3°-4°-5° anno di scuola primaria, invece, le
competenze specifiche sulla misura riguardano:
Analizzare oggetti e fenomeni individuando in essi grandezze
misurabili;
Effettuare misure dirette e indirette di grandezze ed esprimerle
secondo unità di misura convenzionali;
Passare da una misura espressa in una data unità ad una stessa
misura espressa in un suo multiplo o sottomultiplo; riconoscere e
usare espressioni equivalenti delle misure di una stessa grandezza;
15
Stimare misure in casi semplici anche attraverso strategie di calcolo
mentale e di calcolo approssimato;
Rappresentare graficamente misure di grandezze;
Risolvere problemi di calcolo con le misure;
Mettere in relazione misure di due grandezze.
Per quanto riguarda la didattica delle discipline scientifiche e più in
particolare la didattica della matematica, D’Amore7 ha messo in evidenza
come gli allievi siano condizionati negativamente nell’apprendimento a
causa del semplice fatto di trovarsi davanti a queste discipline.
La teoria del contratto didattico8 sottolinea che in contesti scolastici è
sempre presente un implicito e tacito “accordo” tra studenti ed insegnanti:
per contratto didattico si intende infatti l’insieme delle abitudini attese
dall’allievo da parte del docente e l’insieme dei comportamenti attesi dal
docente da parte degli allievi.
Queste “attese” non sono quindi dovute ad accordi espliciti ma alla
concezione della scuola e delle discipline scientifiche che gli allievi
possiedono a causa del comportamento ripetitivo e delle abitudini didattiche
dell’insegnante.
Questo concetto, elaborato inizialmente per la didattica della matematica, è
stato poi esteso a tutte le discipline scientifiche, in particolare alla didattica
della fisica e delle scienze.
1.3 METODOLOGIE PER L’APPROCCIO AI CONCETTI FISICI Una precoce introduzione dell’educazione scientifica nella scuola primaria è
importante perché promuove lo sviluppo della logica, del linguaggio e delle
capacità di risolvere problemi, e stimola il bambino ad agire e pensare in
7 B. D’Amore, S. Sbaragli, Principi di base di didattica della matematica, Pitagora, Bologna, 2011 8 D’Amore riprende questo concetto già elaborato dalla teoria di Brousseau
16
modo indipendente. Infatti lo studio delle scienze sperimentali è
fondamentale non solo per le conoscenze trasmesse, ma soprattutto per lo
sviluppo di senso critico e di capacità di fare ipotesi e previsioni.
Attuare un processo di insegnamento-apprendimento attraverso modalità di
problem solving, che insegnino a ragionare e che aiutino a utilizzare la più
vasta gamma possibile delle interconnessioni neuronali e sinaptiche, agevola
lo sviluppo del pensiero creativo e divergente a discapito di un pensiero
standardizzato legato ad un sapere contenutistico, appreso in modo
meccanico e non attraverso il ragionamento.9
Le scienze sperimentali, a differenza di altre discipline, stimolano la
conoscenza a livello sensoriale10 ed è proprio attraverso il canale senso-
motorio che si giunge ad una prima forma conoscitiva percettiva, fino al
raggiungimento del pensiero astratto, secondo la teoria piagetiana degli
stadi di sviluppo.
Tenendo conto dei suggerimenti forniti dalla recente ricerca didattica, per
sviluppare un’educazione scientifica nella scuola primaria è consigliabile
costituire un adeguato ambiente d’apprendimento al fine di facilitare il
processo di trasformazione, lo sviluppo e l’arricchimento di conoscenze,
competenze e concetti.
Tra le metodologie didattiche suggerite, sono ritenute più adeguate la
narrazione, il brainstorming, il gioco di ruolo e la drammatizzazione.
E’ stato dimostrato che la narrazione è efficace per introdurre un nuovo
argomento, in particolare con i bambini della scuola dell’infanzia e primaria.
Infatti, i personaggi della storia coinvolgono i bambini nelle loro avventure
stimolando la loro curiosità e immaginazione ed evocando le loro emozioni.
9 Cfr. L. Collacchioni, Insegnare emozionando, emozionare insegnando. Il ruolo delle emozioni nella dimensione conoscitiva, ECIG, Genova, 2009 10 Ibidem. Orefice delinea la teoria dei domini conoscitivi e individua i tre domini: dominio sensoriale, dominio cognitivo e dominio emozionale.
17
Il brainstorming invece, può essere utilizzato per stimolare le idee e le
conoscenze dei bambini. Questo metodo aiuta a concentrarsi sul tema in
discussione, stimola il flusso dei pensieri e delle connessioni spontanee con
esperienze precedenti, è “democratico” e costruisce la fiducia e il pensiero
creativo.
Proporre attività sperimentali nella scuola primaria fornisce ai bambini
l’opportunità di fare ipotesi, porsi domande e cercare le risposte, fare
indagini ed imparare ad applicare capacità di problem solving.
In tali contesti d’apprendimento risulta utile proporre attività di complessità
crescente, in modo da incoraggiare lo sviluppo del ragionamento. Inoltre è
consigliabile e utilizzare diverse strategie, quali l’apprendimento
cooperativo, il tutoraggio o peer education, e incoraggiare la discussione tra
bambini; infatti la discussione aiuta gli studenti ad organizzare le idee, mette
in evidenza il processo di acquisizione della conoscenza e migliora anche le
competenze sociali.
Il gioco di ruolo e la drammatizzazione sono considerati buoni metodi per
creare interesse per la scienza, sia in età prescolare che nella scuola
primaria: il gioco infatti ha un ruolo importante nella comunicazione e
nell’educazione al rispetto delle regole. Il disegno di fenomeni scientifici,
proposto all’inizio dell’attività, ha lo scopo di indagare i modelli mentali dei
bambini; proposto invece al termine di un’attività può essere considerato un
buon metodo di verifica.
Utilizzando le opportune metodologie didattiche è quindi possibile
presentare agli alunni alcuni concetti della Fisica anche ad una giovane età,
come è quella degli allievi della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.
1.3.1 L’approccio al concetto di misura L’approccio alla misura della lunghezza è un argomento piuttosto comune in
età prescolare e nella scuola primaria. Di solito i bambini a quell’età sono in
18
grado di dire se un oggetto è più lungo di un altro o se un bambino è più alto
di un altro; essi sono cioè in grado di confrontare e classificare due o più
“oggetti”. I risultati delle sperimentazioni11 hanno mostrato che bambini di
5 anni sono già in grado di utilizzare un’unità di misura arbitraria per
misurare un oggetto, sebbene abbiano poi difficoltà nel descrivere la
procedura di misurazione ed esprimere il risultato.
A livello di scuola primaria si possono introdurre attività connesse alla
presentazione del Sistema Internazionale di unità di misura: partendo da un
approccio storico basato sulle unità di misura antiche, e quindi con
riferimenti anche alle unità connesse alle varie parti del corpo umano, può
essere possibile creare con i bambini un sistema di misura arbitrario, per
mostrare poi la necessità di adottare un sistema di misura convenzionale e
universale.
1.4 APPRENDERE LA CONOSCENZA SCIENTIFICA12
I programmi del 1985 per la scuola elementare, oggi scuola primaria,
costituiscono un grande passo in avanti per le scienze, poiché vi compaiono
a pieno titolo, alla pari con la matematica e la lingua.
La conoscenza scientifica può essere definita come quella conoscenza che è
rivolta alla natura oggettiva e fisica delle cose.
Nella nostra società troviamo diverse concezioni relative alla conoscenza.
Di tutti gli oggetti e i fenomeni che ci circondano e che sono conoscibili
scientificamente, solo una parte entra nella nostra esperienza personale e
soltanto una parte ancora più piccola di essi cattura la nostra attenzione.
11 Si fa riferimento ai risultati di alcune sperimentazioni fisiche condotte alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria da studenti di Scienze della Formazione di Torino, durante la preparazione di tesi sperimentali, descritti nell’articolo di E. Durisi, Approach to physical concepts in preschool and primary school, in Il Nuovo Cimento, 2012 12
Rielaborazione del saggio di M. Bandiera del libro di G. Torosantucci, M. Vicentini Missoni, L’insegnamento delle scienze nella scuola elementare, La Nuova Italia, Firenze, 1987
19
Più spesso di quanto possiamo immaginare, noi stessi arriviamo a conoscere
“scientificamente”: poiché quando ci troviamo davanti ad un fatto che ci
incuriosisce ci chiediamo perché accada una certa cosa ed iniziamo così a
cercare delle risposte ricorrendo al bagaglio di informazioni ed esperienze
che disponiamo. Selezioniamo quelle che riteniamo più utili e cominciamo a
fare prove, confronti e analogie mettendo quindi alla prova la nostra
capacità di conoscere in modo approfondito.
Quando ci troviamo davanti ad un qualsiasi oggetto che fa parte della realtà
che ci circonda, possediamo un certo bagaglio di conoscenze relative a
quello stesso oggetto che possono variare da persona a persona; questo
accade perché esistono più livelli e forme di conoscenza che corrispondono
ad una differenziazione dei ruoli sociali e degli interessi individuali.
Questa prospettiva di differenziazione dovrebbe essere rispettata anche
quando viene definito un progetto educativo, cioè risulta importante
conciliare la pluralità dei modi di conoscere di cui dispone il bambino e la
visione che ha del mondo, con un’ educazione scientifica, o meglio con una
educazione alla conoscenza scientifica.
1.4.1 La conoscenza a scuola
“Rendete il vostro allievo attento ai fenomeni della
natura, ben presto lo renderete curioso; ma per
nutrire la sua curiosità, non affrettatevi mai a
soddisfarla”13.
Rousseau nella sua opera si dimostra polemico nei confronti della tradizione
educativa e scolastica, proponendo un’educazione “naturale”.
Il principio che sorregge il suo pensiero è che l’uomo nasce buono, ma il
male scaturisce dalla corruzione della società e da un’educazione non
13 J. J. Rousseau, Emilio, a cura di A. Visalberghi, Laterza, Bari, 1985
20
corretta, che non asseconda lo sviluppo armonioso delle potenzialità
naturali.
Secondo Rousseau l’allievo deve ricevere solo pochi stimoli da parte del
maestro, in modo da essere libero di sviluppare le proprie facoltà; compito
del maestro non è quello di dare risposte ma quello di porre domande e
problemi alla portata degli alunni, lasciando a loro la risoluzione;
permettere quindi che ciascun fanciullo “ non impari la scienza, ma la
inventi.”14
L’importanza di questi scritti risiede nel fatto che duecentocinquanta anni fa
sia stato illustrato un progetto di educazione scientifica che sembra
assomigliare a quei ruoli e quelle interazioni che sono stati enfatizzati
soprattutto a partire dai programmi del 1985.
Si prefigura così il triangolo alunno-realtà-maestro; ma questo modello non
si è sviluppato nella tradizione scolastica italiana se non negli ultimi
cinquant’anni, grazie alla ricerca pedagogico-didattica.
L’insegnamento quindi non consiste in una semplice trasmissione di
informazioni da docente a discente, ma quest’ultimo deve assumere un ruolo
fortemente attivo nel rapporto educativo, a differenza di quanto avviene
nella pedagogia tradizionale.
Questo modello educativo privilegia quindi l’apprendimento attraverso il
gioco e l’attività spontanea. Tale impostazione centrata sul bambino verrà
ripresa poi oltre cento anni più tardi dall’attivismo, in polemica con le
metodologie didattiche tradizionali e autoritarie.
Insegnare le scienze a scuola ha significato per molto tempo trasmettere
saperi e conoscenze ai bambini, concentrandosi esclusivamente sui
contenuti. Con questo approccio, come afferma il filosofo Morin,15 gli
insegnanti contribuiscono a creare “teste piene” e non “teste ben fatte”.
14 Ibidem 15 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e del pensiero, R. Cortina, Milano, 2000
21
Le discipline scientifiche, infatti, non solo soddisfano curiosità e spiegano la
realtà in cui viviamo, ma contribuiscono alla formazione della persona e allo
sviluppo di capacità critiche.
Pur riconoscendo l’importanza di nozioni e informazioni contenutistiche
nelle discipline, si rende però necessario attuare anche il processo di
insegnamento-apprendimento attraverso modalità di problem solving che,
come ho sottolineato precedentemente, insegnino a ragionare. Al contrario,
la schematicità “non agevola lo sviluppo del pensiero creativo e divergente, ma
produce un pensiero standardizzato, omologato e non riflessivo, legato ad un
sapere contenutistico, appreso in modo meccanico e non attraverso il
ragionamento.”16
Inoltre, conoscere una disciplina non significa soltanto conoscere le sue idee
fondamentali ed i suoi contenuti, ma anche il suo metodo. Questo principio è
ancor più determinante per quanto riguarda l’educazione alle scienze
sperimentali, poiché apprenderle significa fare proprie le strutture e le
metodologie che caratterizzano le discipline scientifiche.
Infatti mentre un processo entra a far parte delle nostre competenze e
capacità, con possibilità di applicazione anche in contesti diversi, le nozioni
possono venir dimenticate.
L’apprendimento dell’allievo sarà quindi davvero significativo se
l’insegnante proporrà modelli più che leggi e definizioni, e sarà in grado di
coinvolgere e condurre alle scoperte piuttosto che dare risposte.
Al bambino dovrebbe essere riconosciuto il diritto di essere “bambino”
prima ancora che futuro adulto, poiché le diverse età dell’uomo
corrispondono anche a modi diversi di rapportarsi alla realtà.
Questa immagine del bambino condiziona il ruolo dell’insegnante, al quale
non viene richiesto solo di essere un qualificato operatore, ma un promotore
del processo di crescita dei suoi allievi.
16 L. Collacchioni, Insegnare emozionando, emozionare insegnando, ECIG, Genova, 2009
22
Tutti noi incontriamo difficoltà quando ci troviamo davanti ad esperienze
che non abbiamo mai fatto e che ci risultano nuove e sconosciute; così è
difficile per il bambino vedere, capire, dare significato ad attività scolastiche
diverse dalle attività a lui familiari.
Per questo motivo sarebbe importante proporre oggetti, fenomeni, forme di
interazione che il bambino è in grado di connettere con le esperienze
precedenti che per lui sono “naturali”.
“Ogni esperienza possibile è in qualche modo la prosecuzione (continuità) di
quelle precedenti: il campo d’azione del bambino gradatamente si allarga ed
integra ciò che via via arriva alla portata della sua percezione e curiosità”.17
Per proporre e sviluppare abilità e nuovi strumenti è opportuna quindi
un’introduzione graduale, avvalendosi della funzione di raccordo e di
rassicurazione dei concetti vecchi.
E’ quindi possibile e consigliabile arricchire le conoscenze utilizzando quelle
già acquisite dal bambino, sfruttando i modi consolidati di conoscere, per
consentirgli di vedere oggetti nuovi e l’esigenza di potenziare strumenti
vecchi. Nelle materie scientifiche si deve però porre attenzione a non
procedere per analogia, perché rischiamo di avvicinare tra loro concetti che
possono essere accostati solo apparentemente e che scaturiscono invece da
cause fisiche molto diverse.
Quando si tratta di pensare alle attività scolastiche il vero problema
dell’insegnante è quello di individuare situazioni che abbiano caratteristiche
adatte. Per quanto abituato al rapporto con i bambini ed esperto di
psicologia infantile e di pedagogia, l’insegnante è infatti un adulto e, in
quanto tale, non può pensare di vedere il mondo come lo vede un bambino.
Però può provarci, lasciando il bambino libero di agire e parlare dopo
avergli fornito spunti differenti, idonei a stimolare conoscenze e abilità.
17 G. Torosantucci, M. Vicentini Missoni, L’insegnamento delle scienze nella scuola elementare, La Nuova Italia, Firenze 1987
23
La proposta di una situazione stimolante rende il bambino così curioso da
portarlo a stabilire un contatto vero con il fenomeno fisico; probabilmente
cercherà di difendere ciò che sa, ma si porrà anche delle domande e cercherà
le risposte nei fatti, “riaggiustando” in seguito le sue precedenti convinzioni.
Il bambino affronta così quello che gli esperti chiamano “conflitto cognitivo” ,
che si verifica nell’individuo pronto ad arricchire le sue conoscenze. Ed è
proprio tramite l’educazione scientifica che si può arricchire il bagaglio di
informazioni sulla realtà di cui il bambino dispone e nello stesso tempo
sollecitarlo a ricercare un’organizzazione delle idee più ordinata e
interconnessa.
1.5 L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA NEI PROGRAMMI DEL 1985 Negli anni precedenti ai programmi del 1985, che hanno dato una svolta
all’educazione scientifica, era diffusa la concezione che la scuola elementare,
oggi scuola primaria, dovesse sviluppare negli allievi quelle che erano
ritenute le abilità di base come il leggere, lo scrivere e il far di conto.
Non era ancora condivisa la concezione secondo la quale si può insegnare
tutto a qualsiasi età, e così si riteneva che i bambini dovessero raggiungere
la maturità prima di dedicarsi all’apprendimento della scienza.
Successivamente ci si è resi conto che la stimolazione dell’intelligenza è di
fondamentale importanza durante gli anni formativi.
Esempi di situazioni stimolanti riportati nei programmi del 1985 possono
essere questi:
formulazione di ipotesi e spiegazioni; l'abitudine a identificare entro
situazioni complesse singoli elementi ed eventi facendo attenzione
alle loro relazioni; l'esigenza di trovare criteri unitari per descrivere e
interpretare fenomeni anche assai diversi; l'autonomia del giudizio,
accompagnato da disponibilità a considerare le opinioni altrui ed a
24
confrontare queste e le proprie con i fatti; il rispetto consapevole per
l'ambiente;
l'acquisizione di abilità cognitive generali quali, per esempio, la
capacità di analisi delle situazioni e dei loro elementi costitutivi, la
capacità di collegare i dati dell'esperienza in sequenze e schemi che
consentano di prospettare soluzioni ed interpretazioni e, in certi casi,
di effettuare previsioni, la capacità di distinguere ciò che è certo da ciò
che è probabile, la capacità di formulare semplici ragionamenti
ipotetico-deduttivi;
la crescente padronanza di tecniche di indagine, da quelle di tipo
osservativo, sino all'impiego in situazioni pratiche del procedimento
sperimentale;
lo sviluppo di un rapporto sempre più stretto e articolato tra il "fare"
ed il "pensare". Il fare, inteso come attività concreta manuale e
osservativa, è riferimento insostituibile di conoscenze sia per le
scienze della natura, sia per lo sviluppo di competenze tecnologiche.
Tutti questi obiettivi, in parte comuni ad altre aree disciplinari, vanno
perseguiti attraverso lo svolgimento di attività e l'acquisizione di
conoscenze riguardanti aspetti fondamentali sia del mondo fisico sia del
mondo biologico, considerati nelle loro reciproche relazioni e nel loro
rapporto con l'uomo. Il possesso di tali conoscenze può essere considerato
come un ulteriore obiettivo collegato ai precedenti da uno stretto rapporto
di interdipendenza.
Una delle principali novità di questi programmi è non solo la presenza di
un’area disciplinare dedicata alle scienze naturali, ma il passaggio da un
atteggiamento osservativo-contemplativo ad un atteggiamento attivo-
costruttivo verso la comprensione dei fenomeni naturali.
Come è stato detto nei programmi, una delle principali caratteristiche delle
scienze è il rapporto fare-pensare, cioè il rapporto esperienza-teoria. Per
25
giungere alla conoscenza sono allora necessarie sia abilità pratiche sia
abilità teoriche.
Le moderne teorie costruttiviste dell’apprendimento ritengono che la
conoscenza individuale sia costruita attivamente dalla persona. In questo
processo è presente un’interazione tra le abilità cognitive dell’individuo e gli
stimoli dell’ambiente; così vengono affinate tali abilità e costruiti schemi
interpretativi della realtà.
“ La conoscenza scientifica, come corpo di conoscenze elaborate dagli uomini
nel corso dei secoli riguardo alla realtà naturale, ha stabilito alcuni schemi
interpretativi esplicitamente condivisi dalla realtà scientifica.”18
Il compito dell’educazione scientifica è far conoscere alle persone gli schemi
stabiliti. Tali schemi sono spesso diversi da quelli intuitivi, elaborati
dall’individuo attraverso l’interazione con una piccola realtà quotidiana.
La diversità nasce dall’esperienza scientifica e dalla necessità di elaborare
schemi generali e non parziali, capaci di descrivere e prevedere una più
vasta gamma di fenomeni.
Possono quindi sorgere conflitti tra conoscenza individuale, che è costruita
spontaneamente, e conoscenza scientifica.
1.6 CONOSCENZA SCIENTIFICA E CONOSCENZA DI SENSO COMUNE Molti pedagogisti e psicologi sono concordi nell’individuare la “conoscenza”
come prodotto culturale che subisce processi di adattamento e
riorganizzazione del sapere attraverso gli schemi mentali dell’individuo.
Ogni bambino, quindi, è attivo nel proprio processo di costruzione del
sapere e il compito dell’insegnante è guidare questo processo e costruire
situazioni di stimolo.
Quando il bambino giunge a scuola, possiede già alcune conoscenze che egli
acquisisce attraverso l’interazione con l’ambiente.
18 Ibidem
26
Nel processo d’apprendimento del bambino, davanti ad una disciplina
scientifica, possiamo allora distinguere tra conoscenza di senso comune e
conoscenza scientifica.
Tuttavia ogni essere umano costruisce rappresentazioni del mondo
circostante avvalendosi di strumenti conoscitivi dati dal senso comune.
La conoscenza di senso comune può variare da soggetto a soggetto poiché
dipende dalle esperienze vissute, dalla società e dalla cultura in cui siamo
stati immersi.
“Con senso comune si intende di solito un complesso di atteggiamenti
conoscitivi e di relativi contenuti che un certo gruppo sociale o una
determinata epoca storica condividono.”19
Esso costituisce quindi una sorta di patrimonio conoscitivo comune. Molto
spesso il senso comune incorre in errori che poi la scienza progressivamente
corregge, creando una vera e propria opposizione tra “mondo del senso
comune” e “mondo della scienza”, tra conoscenza di senso comune e
conoscenza scientifica.
Il senso comune è per i bambini il loro abituale rapporto con il mondo, anzi è
il loro mondo. E’ la conoscenza delle cose che li circonda così come appaiono
loro in prima istanza.
Come scrive M. Mayer,20 alcune ricerche mostrano che non solo per i
bambini ma anche per gli adulti il rapporto tra un’esperienza vissuta e una
nozione scientifica non è chiaro. Il passaggio da una concezione di senso
comune ad una scientifica ha comportato più di duemila anni di storia, di
intuizioni, di osservazioni, di esperimenti; anni che devono essere ripercorsi
in un iter individuale di conoscenza. Spesso alcuni concetti scientifici,
tutt’altro che evidenti, rimangono affermazioni dogmatiche se non si dà la
possibilità agli studenti di verificare e sperimentare.
19
E. Agazzi (a cura di), Valori e limiti del senso comune, Franco Angeli, Milano, 2004 20 Saggio di M. Mayer, La Terra e il suo posto nell’universo. G. Torosantucci, M. Vicentini Missoni, L’insegnamento delle scienze nella scuola elementare, La Nuova Italia, Firenze 1987
27
La storia della scienza è stata caratterizzata da questa opposizione, basta
pensare alla fisica aristotelica o all’astronomia tolemaica. Sradicare queste
teorie è stata per gli scienziati dell’epoca una vera e propria impresa, poiché
esse poggiavano il loro largo consenso su una conoscenza di senso comune
largamente diffusa.
Il senso comune può infatti contenere teorie ingenue, incomplete, erronei
contenuti ai quali si oppongono le teorie scientifiche.
La conoscenza di senso comune potrebbe per esempio portarci a sostenere
che un oggetto leggero cade più lentamente di un oggetto pesante. In realtà il
peso non influisce sulla velocità di caduta, che dipende invece dalla
resistenza dell’aria.
Per capire questo principio fisico occorre andare oltre l’apparenza, occorre
uno studio scientifico.
Questa opposizione non implica però che la scienza si sostituisca
radicalmente al senso comune. Anzi, la scienza si è sviluppata proprio a
partire dal senso comune. Di fatto, in questa prospettiva “ la scienza non
sconfessa il senso comune , ma piuttosto lo presuppone.”21
L’ambiente ideale di incontro tra i due saperi è senza dubbio l’ambito
educativo scolastico, nel quale le conoscenze di senso comune sono
considerate il punto di partenza per la successiva acquisizione scientifica.
Talvolta tali conoscenze risultano essere talmente radicate che possono
costituire un ostacolo per la conoscenza scientifica.
Il rapporto tra senso comune e conoscenza scientifica è stato un tema
centrale anche nella storia del pensiero filosofico; secondo il filosofo Popper,
tutti i tipi di conoscenza razionale, ordinaria o scientifica, procedono
secondo il metodo dei tentativi e dell’eliminazione degli errori.
Per acquisire una nuova conoscenza è necessario un processo ipotetico-
deduttivo, che consiste nel formulare un’ipotesi e verificarla. Questo metodo
21 Ibidem
28
implica una mentalità critica e razionale, consapevole che niente può
condurci alla certezza, e che le ipotesi verificate sono vere fin quando non ci
imbattiamo in un controesempio. Definire la conoscenza di senso comune
ingenua e banale non sarebbe corretto; essa ha invece molto in comune con
quella scientifica. Entrambe utilizzano come risorse l’esperienza e il
ragionamento, ma questi due elementi sono utilizzati con scopi e modalità
diversi nella conoscenza ordinaria e nella scienza empirica.
In conclusione la conoscenza scientifica spesso rifiuta il modo di ragionare
quotidiano del “senso comune”. Tuttavia scienza e senso comune spesso si
intrecciano e si occupano degli stessi argomenti; guardano agli stessi
“oggetti” ma da punti di vista assai diversi.
1.7 LO SVILUPPO DELLE QUANTITA’ FISICHE NEL BAMBINO
“La qualità sostanza è il carattere di ciò che può
essere afferrato e ritrovato; il peso è il carattere di
ciò che può essere sollevato e il volume di ciò che
può essere circondato o aggirato.
In che modo il bambino, partendo da queste qualità,
che sono dapprima fenomenistiche ed egocentriche,
ne farà delle quantità estensive e persino
misurabili?”22
A partire dalla metà del secolo scorso, all’interno della pedagogia si sono
sviluppate alcune ricerche sulla psicologia dello sviluppo, che iniziarono ad
indagare la mente umana soffermandosi sulle strutture del pensiero e della
22 J. Piaget, B. Inhelder, Lo sviluppo delle quantità fisiche nel bambino. Conservazione e atomismo, La nuova Italia, Firenze, 1971
29
formazione di concetti, contribuendo alla comprensione di alcuni aspetti
dell’apprendimento e dello sviluppo cognitivo.
Jean Piaget, psicologo svizzero, è tra i nomi più importanti del periodo; egli
si è occupato di studiare lo sviluppo psichico del bambino elaborando una
teoria dello sviluppo per stadi:
- lo stadio senso-motorio (dalla nascita fino ai due anni), in cui il
bambino non distingue il sé dal mondo circostante, ma attraverso il
corpo inizia ad interagire con esso; sposta gli oggetti, li manipola, li
smonta e li rimonta;
- lo stadio preoperatorio (dai due ai sette anni) è ancora caratterizzato
da un pensiero egocentrico; il bambino si percepisce come distinto
dalla realtà ma non riesce ancora ad avere punti di vista diversi dal
proprio. A questo stadio ha inizio lo sviluppo del pensiero, inteso
come “sequenza di processi mentali”; grazie allo sviluppo della
funzione simbolica e del linguaggio il bambino diviene capace di
raccontare azioni passate o fare ipotesi future (strutture fondamentali
che verranno messe in atto nell’apprendimento delle conoscenze
scientifiche);
- lo stadio operatorio concreto (dai sette agli undici anni) si
caratterizza per la perdita di rigidità del pensiero a favore della
componibilità e della reversibilità; il bambino sa compiere operazioni
mentali sugli oggetti, usando i concetti di numero, peso ecc., sempre
però riferiti ad enti concreti, persone o cose. Fondamentale in questo
stadio è l’acquisizione del concetto di conservazione. In questo stadio
il bambino riconosce che la quantità di un certo materiale è
conservata indipendentemente dalla forma assunta dal recipiente che
lo contiene;
- lo stadio operatorio astratto (dagli undici ai quindici anni),
rappresenta il livello in cui il pensiero diviene adulto, raggiungendo il
30
massimo sviluppo strutturale, operando in astratto su semplici
ipotesi; riesce ad affrontare la risoluzione di problemi scientifici
tramite il metodo ipotetico-deduttivo.
Allo stesso modo, Piaget ha elaborato una teoria stadiale più specifica, che
si lega alla precedente, sul processo di acquisizione delle quantità fisiche nel
bambino.
Ritengo opportuno soffermarmi sullo studio del processo di acquisizione di
quei concetti, che fanno parte dei contenuti del progetto didattico illustrato
nell’ultimo capitolo di questa tesi.
Nel lavoro di Piaget e Inhelder23 viene analizzato in che modo il bambino,
una volta in possesso delle nozioni elementari della quantità logica e
numerica, le generalizzi e le applichi ai principali dati materiali dei quali può
fare esperienza, come la quantità di materia, il peso e il volume.
Avviene quindi nel bambino un processo di “quantificazione” delle qualità,
che successivamente porterà alla loro misurazione.
Ricorrere agli strumenti di misura significa ricorrere all’esperienza e
organizzare l’induzione sperimentale.
Il bambino scopre quindi induttivamente le leggi sperimentali, che sono
però suggerite dai suoi contatti con i dati materiali del mondo circostante.
1.7.1 Genesi delle nozioni di conservazione
Nel pensiero dei bambini dai 4 ai 12 anni compaiono i tre principi di
conservazione: quello della materia come tale, o sostanza, quello del peso e
quello del volume.
Stadio 1: età 7- 8 anni
23 Ibidem
31
Questo stadio è caratterizzato dall’assenza di conservazione. Il
bambino non ammette la conservazione della sostanza, né quella del
peso, né quella del volume.
I bambini non riescono ad intuire l’invarianza della quantità di
materia, quando ne viene alterata la forma, attribuendo aumenti o
diminuzioni di sostanza ad ogni trasformazione.
Ecco un esempio24 a proposito di una pallottola di creta trasformata in
salamino:
<<Sono ancora pesanti lo stesso?>>
Fra ( 7anni) : <<No. Quella (la pallottola) è più pesante.>>
<<Perché?>>
<<Perché è più grossa, è più pesante.>>
Stadio 2: età 8-10 anni
E’ lo stadio della scoperta della conservazione della sostanza, ma non
quella del peso né quella del volume.
Ecco un esempio25 a proposito della pallottola di creta trasformata in
disco:
Lip.(9 anni): <<Non pesa lo stesso perché è più sottile (disco). Eppure è
la stessa cosa perché è larga, mentre prima era una palla.>>
Stadio 3: età 10-11 anni
Ammette la conversazione della sostanza e del peso ma non ancora
quella volume.
In questo stadio il bambino riesce a capire che il peso della somma
delle parti di un “oggetto” è uguale al peso totale dell’oggetto stesso.
Scopre una relazione tra sostanza e peso.
“Il raggruppamento che dà la certezza della conservazione della
sostanza si estenderà di conseguenza anche a quella del peso, poiché
24 ibidem 25 ibidem
32
ogni unità di materia sarà dotata di un peso invariante e il peso totale
risulterà dall’addizione di questi elementi.”26
Stadio 4: dall’età di 11-12 anni
Il bambino ammette le tre forme di conservazione.
1.7.2 Come spiegano i bambini le differenze di densità
Nelle sue ricerche Piaget ha utilizzato anche metodi sperimentali dove
l’osservazione si lega con la sperimentazione. Dalle ricerche effettuate27
emerge che il bambino arriva a spiegare le diverse densità della materia
attraverso quattro stadi:
Stadio 1: Il bambino non dissocia il peso né dal volume né dalla
quantità di sostanza.
Questo primo stadio è caratterizzato quindi dalla catena di
relazioni: peso ↔ volume ↔ quantità di materia
In conseguenza di ciò il bambino prevede che un corpo sarà pesante
in proporzione a quanto è “grosso”.
Stadio 2: Qui il bambino dissocia il peso dalla quantità apparente di
materia e dal volume, ma le differenze di densità vengono ancora
spiegate per mezzo delle differenze intuitive, senza riferimento al
peso o al volume.
In questo stadio il bambino scopre che il peso non dipende soltanto
dal volume esteriore dell’oggetto, ma anche da “ciò che c’è dentro”.
Stadio 3: il bambino spiega la densità mediante il contenuto più o
meno “pieno” della materia.
26 Ibidem 27 Si fa riferimento a dati statistici ottenuti da B. Inhelder e da Vinh-Bang su 25 soggetti di età compresa dai 5 agli 11 anni. Le prove operative sono state poi riproposte da K. Lovell all’ Università di Leeds su 322 e su 364 bambini dai 7 agli 11 anni, confermando i risultati ottenuti da Piaget presso l’Istituto J.-J. Rousseau a Ginevra. I risultati delle ricerche sono esposti nel lavoro di J. Piaget, B. Inhelder, Lo sviluppo delle quantità fisiche nel bambino. Conservazione e atomismo , La nuova Italia, Firenze, 1971.
33
Ecco un esempio28 relativo al confronto tra due pietre: un sasso e una
pietra pomice:
Olt. (10 anni): <<Una è un po’ vuota dentro (pomice) forse ha dei
buchini, l’altra (sasso) è tutta piena.>>
Le differenze di peso, a parità di volume, sono ridotte alle quantità e al
peso degli elementi che compongono i corpi.
Tuttavia se il bambino solleva due oggetti, riconosce le differenze di
peso e cerca una spiegazione ma senza riuscire a mettere il peso in
relazione quantitativa con il volume.
Stadio 4: in questo stadio il bambino giunge al concetto che il peso di
un corpo è proporzionale alla quantità di materia di cui è composto e
al concetto che i corpuscoli che costituiscono un corpo possono essere
più o meno ravvicinati.
Le differenze di densità vengono quindi spiegate attraverso il
concetto di compressione o decompressione degli elementi, cioè a dei
modi di distribuzione puramente spaziali.
Ecco un esempio29 in cui viene presentato ai soggetti un pezzo di
turacciolo e un sasso, più piccolo ma più pesante. Viene chiesto ai
bambini quale dei due è più pesante e perché.
Ric.(10 anni): <<Il sasso è più pesante del turacciolo. – Perché?- Perché,
se lo mettiamo nell’acqua va a fondo e il turacciolo no.- Come mai?- Il
sasso è più compatto.- Che cosa significa?- E’ più uno contro l’altro.- Che
cosa?- Le cosine che ci sono nella pietra.”
In conclusione, lo studio delle nozioni infantili riguardanti la densità indica
che, dopo un primo stadio nel quale il bambino pensa che il peso di un corpo
28 L’esempio si trova nel testo di J. Piaget, B. Inhelder, Lo sviluppo delle quantità fisiche nel bambino. Conservazione e atomismo, La nuova Italia, Firenze, 1971 29 Ibidem
34
sia sempre proporzionale al suo volume, indipendentemente dalla natura
dell’oggetto, i bambini arrivano, nel corso del secondo stadio, a dissociare il
peso dal volume e dalla quantità di materia. Nel corso del terzo stadio il peso
viene di nuovo associato alla quantità di materia, ma quest’ultima viene
adesso immaginata come corpuscolare e indipendente dal volume
percettivo. Infine nel corso del quarto stadio, attraverso lo schema di
compressione e decompressione, i bambini attribuiscono una disposizione
nello spazio alla quantità di materia.
Il peso, la sostanza e il volume sono quindi inizialmente “confusi in un tutto
percettivo”, per poi essere dissociati e riuniti in un sistema di relazioni.
35
Capitolo II
LA MISURA
2.1 IL CONCETTO DI MISURA NELLA STORIA
Riflettendo sulla nostra vita quotidiana possiamo notare che stime e
valutazioni riferite alla quantità fanno parte della vita di tutti i giorni. Molto
spesso nel linguaggio comune vengono usate parole che richiamano il
concetto di quantità e di misura come “di più”, “di meno”, “tanto - quanto”,
“più (o meno) lungo, corto, alto, basso, caldo, freddo”, “abbastanza”, “poco”…
Anche molte attività quotidiane possono richiedere di usare misure, come
cucinare, eseguire lavori artigianali come quello del falegname, del fabbro,
del vetraio, del contadino o le attività di scambio commerciale.
Il concetto di “misura” ha caratterizzato la società sin dalle origini della
civiltà umana. La necessità di misurare lunghezza, area, volume, peso,
tempo, angolo è nata dall’esigenza di definire territori, coltivare, costruire,
commerciare….si può dire che da sempre nella storia dell’uomo la misura è
stato uno dei procedimenti della vita quotidiana necessari alla
sopravvivenza e alla vita di relazione.30
Come testimoniano i reperti archeologici, l’uomo conosce strumenti per
misurare già da 8.000 anni prima di Cristo.31
Nell’antichità, in mancanza di strumenti adeguati, le misure per gli scambi
commerciali erano basate su confronti di grandezze unitarie utilizzando le
dimensioni del corpo umano come il piede e il cubito (misura
30
Cfr. R. Andrew, La storia della misurazione. Dall’abaco al satellite, Touring Club Italiano, Milano, 2007 31 Secondo quanto affermato nell’articolo di R. Sandri “Misurare, progettare e costruire nell’antica Roma. Sacralità e rigore tecnico-scientifico” nel sito www.ingegneri-ca.net
36
dell’avanbraccio) per le lunghezze o utilizzando oggetti della vita comune
come l’anfora per le misure di volume e la libbra per le misure di peso.
Molte sono le testimonianze che provano l’uso del procedimento di misura e
dei suoi strumenti che troviamo presso le civiltà antiche.
Le origini dei sistemi di misurazione vanno ricercate in Egitto, in Grecia e
infine a Roma.
2.1.1 La misura e gli Egizi La civiltà egizia, con i suoi monumenti, i suoi papiri e i suoi strumenti,
dimostra come la misurazione fosse ben presente nella vita di questo
popolo.32
Le unità di misura nel Vicino Oriente antico sono variate a seconda dei
luoghi e dei periodi. E’ possibile però riconoscere dei sistemi standardizzati
di misura. La conversione delle antiche unità di misura con le corrispondenti
nostre misure può essere solo approssimativa.33
Gli antichi Egizi utilizzavano un sistema di unità di misura per grandezze
fisiche quali la lunghezza, la superficie, il volume e il peso.
Le loro conoscenze astronomiche erano tali che riuscivano a misurare
correttamente il tempo.
Ciascuna unità di misura possedeva i rispettivi multipli e sottomultipli.
Si ritiene che le misure di lunghezza siano state le prime ad essere codificate.
L’unità di misura di base per la lunghezza era il cubito (fig.1), che era la
misura dell’avambraccio, dal gomito alla punta del dito medio.
Il cubito egizio rappresentò un elemento fondante nei sistemi generali di
misura di tutto il Mediterraneo.
In Egitto esistevano due diversi tipi di cubito: il cubito piccolo, usato per la
vita quotidiana, e il cubito reale, usato per le costruzioni architettoniche.
32
Come si può dedurre dalla lettura del testo di A. Cartocci, La matematica degli Egizi: i papiri matematici del Medio Regno, Firenze University press, Firenze, 2007 33 Cfr. www.treccani.it
37
Figura 2 Le piramidi di Giza
Gli strumenti di misura egizi erano frutto di una lenta evoluzione che ha
origine con l’uomo stesso.
Tabella 1 Unità di misure dell’Antico Egitto e loro equivalenze34
Misure di lunghezza
1 cubito piccolo= 45 cm= 6 palmi=24
dita
1 cubito reale= 55 cm circa= 7 palmi=
28 dita
1 canna= 100 cubiti
1 fiume=20.000 cubiti reali= 10.5 km
Misure di superficie 1 canna quadrata= 2735 mq
Misure di capacità 1 barile=0.5 l circa
Misure di peso 1 deben= 91 g
Figura 1 Cubito egizio
Le piramidi mostrano come gli Egizi
fossero dei “grandi matematici” ed una
civiltà molto avanzata, in grado di
costruire edifici con misure di una
precisione millimetrica impressionante
per l’epoca.
La piramide è probabilmente la figura
34 www.treccani.it
38
geometrica meglio nota agli Egizi; oltre al calcolo del volume, che è il punto
più alto raggiunto dalla geometria egizia, sono giunti a noi anche problemi
legati alla pendenza delle facce della piramide, che in egizio era detta seked.
Il seked era espresso come il rapporto tra l’unità di misura orizzontale e
quella verticale, e corrisponde all’attuale cotangente.
All’interno delle piramidi di Giza sono state trovate grandi casse o scatole di
pietra che secondo alcuni archeologi, erano contenitori per l’insieme dei
campioni dei pesi e dei volumi, così come delle barre di misurazione per la
lunghezza.
La stessa nascita della geometria, che significa “misurazione della terra”,
viene fatta risalire da storici greci (tra cui anche Erodoto, nel capitolo II delle
Historiae) a questa civiltà, spiegandone l’origine con l’esigenza di misurare
le variazioni di estensione della proprietà terriera dovute all’erosione del
Nilo. Grazie ai libri dei morti ritrovati in varie tombe, si può notare che gli
Egizi conoscevano bene il processo di misurazione ed il concetto di
campione.
La figura 3, che riproduce il rito della “pesatura del cuore” del defunto,
attesta l’utilizzo della bilancia a braccia uguali.
Figura 3 La bilancia a braccia uguali viene utilizzata per confrontare il cuore del defunto con una piuma
39
2.1.2 La misura presso i Greci
La civiltà dell’antica Grecia offrì enormi contributi alla nostra cultura
moderna, tra cui anche quelli relativi alla tecnologia della misura.
L’insegnamento della matematica rappresentava uno degli aspetti più
importanti dell’istruzione. Paolo Agnoli35 afferma che la prima “teoria” della
misura fu elaborata da Euclide, quando scrisse nei suoi Elementi che “due
segmenti hanno uguale lunghezza se, sovrapponendoli, le loro estremità
coincidono; che si deve assumere come unitaria la lunghezza di un segmento
campione; che la somma della lunghezza di due segmenti è uguale a quella di
un terzo segmento ottenuto ponendo i due segmenti sulla stessa linea retta
con due estremi coincidenti.”
L’Agorà di Atene era il centro commerciale delle città e proprio all’interno di
essa sono stati ritrovati i pesi e le misure di ispettori ufficiali (metronomoi).
La soggettività nella determinazione delle misure comporta una certa
variabilità di queste e rende quindi necessaria la creazione di un sistema che
non dipenda più da rappresentazioni concrete (il "mio" dito o il "tuo" piede),
ma che si fondi su misure oggettive, astratte e quindi fisse. L'ufficialità delle
misure era garantita dallo Stato, attraverso l'opera di magistrati preposti al
loro controllo nell'ambito del campo commerciale che consisteva nel
misurare e stabilire i confini dei terreni, gestire gli affitti, sovrintendere alla
consegna dei cereali.
Le misure di lunghezza greche erano anch’esse basate sulle parti del corpo,
come il piede o la falange di un dito, e sui loro rapporti.
Il sistema principale nell’antica Grecia è quello attico, che sarà poi adottato
anche dalla civiltà romana.
35 P. Agnoli, Il senso della misura: La codifica della realtà tra filosofia, scienza ed esistenza umana,
Armando Editore, Roma, 2004
40
Tabella 2 Unità di misura di lunghezza nell’antica Grecia36
Unità Equivalente
Dito -
Condilo 2 dita
Palmo 4 dita
Spanna 12 dita
Piede 16 dita
Pigone 20 dita
Cubito 24 dita (2 spanne)
Cubito reale 27 dita
Orgìa 6 piedi
Pletro 100 piedi
Stadio 600 piedi
Parasanga 30 stadi
Nell'antica Grecia le misure di capacità variavano a seconda che fossero
destinate ai liquidi o ai solidi, ossia alle sostanze "secche", ed erano utilizzate
per misurare rispettivamente il vino e il grano. In entrambi i casi l'unità di
misura era la stessa, il cotile, che corrispondeva approssimativamente ad
una coppa.
In molti casi, i termini utilizzati per indicare i valori ponderali sono gli stessi
usati per le unità monetarie, poiché la moneta corrispondeva a una quantità
ben precisa di un determinato metallo.
Obolo, Dracma, Mina e Talento costituiscono il sistema monetario greco ma
anche le unità di misura di peso.
2.1.3 Le unità di misura romane
I sistemi di misura creati dai Greci furono ripresi in seguito dai Romani che a
loro volta li esportarono in tutta Europa.
36 www. treccani.it
41
Tracce di questi sistemi sono ancora riscontrabili nelle culture occidentali
moderne.
La libbra e il miglio di oggi derivano infatti rispettivamente dai termini latini
libra (che significa bilancia) e mille passum (milliare), cioè “mille passi”.
Il passum romano corrispondeva al passo di un legionario durante la marcia.
A Roma, proprio come in Grecia la più piccola unità di misura per la
lunghezza, era il digitus, che equivaleva alla larghezza di un dito.
Tabella 3 Unità di misura di lunghezza romane37
Unità Equivalente
Digitus (dito) Larghezza di un dito
Uncia (oncia) 12 in un piede
Palmus (palmo) 4 dita
Pes (piede) 4 palmi
palimpes 1 piede + 1 palmo
Cubitus (cubito) ½ piede
Passus (passo) 5 piedi
Pertica (pertica) 625 piedi
Stadium (stadio) 625 piedi
Milliare (miglio) 1000 passi o 5000 piedi
Lega 1500 passi o 7500 piedi
Le misure di capacità degli “aridi” e dei liquidi erano analoghe a quelle
greche e l’amphora, la più grande, pesava ottanta libbre d’acqua. Il congius,
l’unità di misura di base, poteva essere un qualsiasi vaso contenente il peso
di dieci libbre di vino.
Nel mondo romano, la pesatura avveniva con due tipi di bilance, restituite in
gran numero dall'indagine archeologica: la bilancia a due piatti (trutina o
libra) e la stadera, in genere a più portate (statera, trutina campana). La
37 www.wikipedia.org
42
prima era usata da tempo nel bacino del Mediterraneo; la seconda, che con
ogni probabilità era già nota in ambiente campano in età ellenistica, è il tipo
più comune in età romana; ancora oggi è molto diffusa.
Bilance, stadere e pesi venivano controllati alla fabbricazione per mezzo di
campioni conservati presso i templi o edifici pubblici.
Per quanto riguarda il sistema ponderale, a Roma come in Grecia, vi era
identità di nomi tra unità di peso e monete.
Figura 4 Figura 5 Figura 6
Peso da bilancia Esempio di unità di misura di capacità per i liquidi Moggio, unità per gli aridi
2.1.4 La misura del tempo in antichità
Un discorso a parte merita il tempo per il quale fin dall’antichità l’uomo
aveva a disposizione l’alternarsi del giorno e della notte o la durata delle
stagioni.
Nelle civiltà antiche la misura del tempo era in stretta connessione con lo
sviluppo delle conoscenze astronomiche, che erano possedute dalla casta dei
sacerdoti prima di divenire patrimonio degli scienziati.
Dunque la prima forma di misurazione del tempo consisteva nel suddividere
il tempo che intercorre tra i periodi di plenilunio in trenta giorni. Così l’anno
fu diviso in dodici lune, o mesi, di trenta giorni ciascuno per un totale di 360
giorni nell’arco dell’anno.
43
Per i piccoli intervalli di tempo, non misurabili tramite fenomeni
astronomici, sono stati inventati vari oggetti. (Fig. 8 e 9)
Il tempo ha due accezioni: la data, cioè quando si è verificato un evento, e la
durata, cioè quanto è durato un evento.
Sono nate quindi fin dall’antichità “due necessità” legate allo stesso
problema di misurazione, che hanno richiesto in ogni cultura, l’adozione di
una serie di convenzioni. Per risolvere la prima necessità, l’uomo ha
inventato i calendari, per la seconda gli orologi.
Il calendario romano cambiò forma diverse volte fra la fondazione di Roma e
la caduta dell’Impero romano. In origine era un calendario lunare diviso in
10 mesi (calendario di Romolo). In totale, quindi il calendario durava 304
giorni e c’erano 61 giorni d’inverno che non venivano assegnati ad alcun
mese: in pratica, dopo dicembre, si smetteva di contare i giorni per
riprendere nuovamente il conteggio al marzo successivo.38 Il calendario
regolava anche la vita degli agricoltori e stabiliva i giorni giusti per gli affari.
Numa Pompilio, il secondo dei sette re di Roma, modificò il calendario
aggiungendo due mesi ai dieci precedenti. Successivamente venne adottato
38 Cfr. www.wikipedia.org
Figura 8 Clessidra ad acqua egizia
Figura 7 Ricostruzione dello gnomone (meridiana egizia). Il più antico strumento per la misurazione del tempo con il sole.
44
il calendario giuliano che portò la durata dell’anno a 365 giorni e introdusse
l’anno bisestile.
Dopo varie riforme si giunse al calendario gregoriano che è ancora in vigore.
Fu istituito nel 1582 grazie alla riforma di Papa Gregorio XIII.
2.2 IL SISTEMA DI MISURA ANGLOSASSONE
Nel sistema di misura anglosassone si possono riscontrare tracce storiche di
unità di misura utilizzate dai Romani, come la libbra, il piede, il pollice e il
miglio.
Un’antica unità di origine sassone è la iarda, tratta anch’essa dal corpo
umano, ma fatta derivare come campione naturale non dalla lunghezza degli
arti ma dal girovita o dalla circonferenza del petto.39
La iarda dei Sassoni appartiene a un sistema primitivo di misure diverso da
quello dei Greci e dei Romani, in cui il modello era il piede, e diverso da
quello egizio dove l’unità di riferimento era il cubito.
Può tuttavia essere considerata un’altra dimostrazione di come l’uomo si sia
rivolto inizialmente al corpo umano e alle sue proporzioni per individuare
campioni delle misure lineari.
Si dice, comunque, che la iarda, col tempo, perse il suo carattere di girth,
“giro vita”, e che il suo modello sia stato adeguato alla lunghezza del braccio
di re Enrico I. Secondo la leggenda, il re d’Inghilterra Enrico I stabilì che i
suoi sudditi dovessero usare tutti la stessa unità di misura: la distanza che
passava tra la punta del suo naso e la punta della sua mano quando teneva il
braccio teso in fuori. Questa curiosa unità di misura fu chiamata appunto
iarda.
Si dice inoltre che sia stato scoperto che era pari a un multiplo del piede o
che sia stata resa tale, adattandola in tal modo al resto del sistema: questa
39 Sull’origine della iarda esistono varie ipotesi.
45
potrebbe essere la causa della differenza tra l’attuale piede inglese e quello
dei Romani, da cui era stato introdotto come misura.40
Nei paesi di lingua inglese sono ancora usate unità di misura che non fanno
parte del sistema metrico decimale. I metodi di calcolo sono abbastanza
complessi essendo un sistema di multipli e sottomultipli costruiti in modo
non decimale o comunque regolare.
L’unità di misura della lunghezza è il pollice, l’inch, dal latino “uncia”, cioè
dodicesima parte.
Come si può notare dalla tabella 4, il sistema anglosassone rappresenta
un’evoluzione delle misure anticamente utilizzate e riconducibili ai Romani.
Tabella 4 Principali unità di misura di lunghezza anglosassoni41
Unità di misura Nome inglese Equivalenza SI
miglio mile 1.609,344 m
braccio fathom 1,8288 m
iarda yard 0,9144 m
gomito cubit 457,2 mm
piede foot 304,8 mm
spanna span 228,6 mm
palmo hand 101,6 mm
pollice inch 25,39 mm
40 Altre tre famose unità di origine sassone che si sono tramandate sino ad oggi nel sistema tradizionale britannico ed in quello americano sono la libbra avoirdupois (letteralmente avere peso) per i pesi, il gallone per la capacità dei liquidi, e il bushel (tradotto talvolta in staio) per la capacità degli aridi. 41 www.mathubi.com
46
2.3 L’ ESIGENZA DI UN SISTEMA UNIVERSALE
Una certa uniformità caratterizzò l’Europa fino all’inizio dell’era cristiana,
epoca in cui le misure romane erano ancora ampiamente diffuse.
Con la caduta dell’impero romano d’occidente venne a crearsi molta
confusione tra i diversi sistemi di misura anche per la formazione della
società feudale e dei feudi, nei quali venivano adottati sistemi diversi tra
loro.
Si deve a Carlo Magno una fondamentale riforma del sistema metrico; nel
789 egli cercò infatti di ovviare al disordine formatosi promulgando un
decreto per unificare i campioni di misura in tutto l’impero carolingio; dopo
la caduta dello stesso però le misure ufficiali si sovrapposero a quelle locali
che erano sopravvissute.
E’ evidente che questo sistema presentava alcuni problemi, poiché ogni
paese, regione e professione possedeva un proprio sistema di misura; ad
esempio per la misura della lunghezza c’erano tre sistemi di unità per le
stoffe, uno per le distanze, uno per il cordame.
Alla vigilia della Rivoluzione Francese solo sul territorio francese erano
ancora presenti ben più di ottocento unità di misura.
Una tale eterogeneità favoriva equivoci, frodi e truffe specialmente nelle
occasioni di scambi commerciali e pagamenti di imposte.
“Un re, una legge, un peso, una misura”42 era la frase che circolava fra il
popolo.
Già dall’inizio del ‘600, Galileo Galilei con l’invenzione del metodo
sperimentale aveva posto le basi del metodo scientifico moderno. Da Galileo
in poi, si susseguono con ritmo crescente le scoperte delle leggi
fondamentali della natura e, parallelamente, si costruiscono macchine
sempre più evolute. Si fa strada l’idea che i risultati scientifici non possono
42 J.-P. Uzan ,B. Leclercq, L’importanza di essere costante. I pilastri della fisica sono davvero solidi?, Dedalo, Bari, 2008
47
essere apprezzati e condivisi fino a che non vengono comunicati e verificati
in base alle misure effettuate. Ciò è alla base della nascita dello stesso
concetto di comunità scientifica. In questo clima di fermento scientifico,
diventa sempre più forte l’esigenza di un sistema di unità di misura
universale. La comunità scientifica, infatti, per prima avanzò proposte di
sistemi di unità di misura oggettivi e possibilmente basati su costanti della
natura.
E’ con il pieno affermarsi del metodo sperimentale da una parte e la spinta
alla collaborazione internazionale dall’altra (si pensi alle esigenze maturate
dall’accrescersi degli scambi commerciali e culturali) che, nel XVIII secolo,
venne per la prima volta fortemente sottolineata la necessità di disporre di
unità di misura unificate in sostituzione dell'enorme numero di unità in uso
nei diversi paesi, situazione che rendeva impossibile anche il confronto dei
risultati ottenuti da ricercatori di diversa nazionalità nell'osservazione dello
stesso fenomeno fisico.
I disagi di questa situazione vennero sottolineati in maniera efficace anche
dal geografo Charles de La Condamine nel 1774: “E’ del tutto evidente che la
diversità dei pesi e delle misure utilizzati nei vari paesi e, spesso, anche
all’interno di una stessa provincia, è causa di imbarazzo nel commercio, nello
studio della fisica, nella storia e perfino nella politica; i nomi delle misure
straniere che ci appaiono ignoti, la pigrizia e la difficoltà nel convertire i loro
valori nei nostri sono motivo di confusione e ci impediscono di conoscere fatti
che potrebbero esserci utili.”
Tutte queste motivazioni spinsero diversi studiosi e scienziati a ricercare
unità che non fossero arbitrarie come le parti del corpo umano.
Campioni presi dalla natura furono visti come la sola possibilità di
raggiungere una riforma accettabile da tutte le nazioni.
In Francia per la prima volta si affermò un sistema di misura universale, il
sistema metrico decimale, vero antenato dell’attuale sistema internazionale.
48
Alla Rivoluzione Francese si deve anche l’unificazione dei Pesi e delle
Misure. Nel 1790 l’Assemblea francese incaricò una commissione
dell’Accademia delle Scienze di Parigi di elaborare un sistema di unità di
misura da adottare su tutto il territorio nazionale. Già agli inizi del ‘700
prevaleva l’idea di legare la misura di lunghezza alle dimensioni della Terra,
prendendo come campione un sottomultiplo adeguato alle dimensioni
umane. La commissione decise così di adottare il metro come unità di
misura della lunghezza, definendolo come la quarantamilionesima parte del
meridiano terrestre.
Il 7 aprile 1795 fu promulgato il sistema metrico decimale di unità di misura.
Con esso nascevano: il metro, il kilogrammo, il litro, il metro quadrato ed il
metro cubo. Il sistema metrico veniva così a fondarsi su tre unità di misura
indipendenti: il metro per le lunghezze, il secondo per il tempo ed il
kilogrammo per la massa.
La diffusione del sistema metrico decimale è stata molto lenta. Napoleone ne
sospese l’obbligatorietà, ristabilendo le vecchie unità di misura, mentre il
mondo anglosassone diffondeva e difendeva il sistema imperiale. Solo nel
1837 il sistema metrico decimale tornò ad essere obbligatorio in Francia.
Il 20 maggio 1875 i rappresentanti di 17 paesi firmarono la "Convenzione
del metro". Si decise di fondare un Ufficio internazionale di Pesi e Misure a
Sèvres (presso Parigi) ed istituire una commissione internazionale di pesi e
misure con lo scopo di migliorare, diffondere ed unificare i sistemi esistenti
di unità di misura e infine di indire conferenze generali periodiche.
Venne allora creato il metro campione definito come la distanza tra due
tacche su una sbarra di platino-iridio.
Nel 1899 si riunì a Parigi la prima Conferenza Generale dei Pesi e Misure
(CGPM), durante la quale vennero ufficialmente riconosciuti i campioni di
lunghezza (il metro) e di massa (il kilogrammo), conservati nel padiglione di
Breteuil a Sèvres.
49
Dopo la XI Conferenza di Pesi e Misure svoltasi a Parigi nell’ottobre 1960 è
stato introdotto un sistema, quasi universalmente riconosciuto, che gode
delle proprietà di essere omogeneo, coerente, assoluto, decimale e
razionalizzato. Attraverso successive modifiche si è giunti all’attuale Sistema
Internazionale che fu adottato dalla XIV Conferenza Generale dei Pesi e
Misure del 1971 e poi modificato nel 1983.
Il Sistema Internazionale designa l’insieme delle unità di misura, multipli e
sottomultipli decimali di sette grandezze fondamentali, come riportato nella
tabella 5.
Tabella 5 Unità fondamentali del Sistema Internazionale (SI)
GRANDEZZA SIMBOLO UNITA’ SIMBOLO UNITA’
Lunghezza l metro m
Massa m kilogrammo kg
Intervallo di tempo t secondo s
Intensità di corrente
elettrica I, i ampere A
Temperatura T kelvin K
Quantità di sostanza n mole mol
Intensità luminosa Iv candela cd
La tendenza attuale è quella di svincolare le unità di misura fondamentali da
qualsiasi campione materiale, per basarle sulle costanti universali e sul
secondo. Questa metodologia presenta due grandi vantaggi: le unità non
dipendono più da campioni che si possono alterare nel tempo e possono
venire misurate con errori sempre più piccoli, in quanto le costanti
universali sono conosciute con errori piccolissimi.
Tale sistema è quindi suscettibile di miglioramenti poiché il progresso
scientifico e tecnologico può offrire campioni più stabili e consentire misure
più precise.
50
Queste unità sono state scelte in modo tale e in numero tale da poter
rappresentare qualunque grandezza fisica che si voglia misurare.
2.4 GRANDEZZE FISICHE E UNITA’ DI MISURA
Scopo della Fisica è lo studio dei fenomeni naturali, dei quali essa cerca di
dare una descrizione quantitativa. Questo richiede di individuare, all’interno
del fenomeno, le grandezze fisiche in grado di caratterizzarlo.
Come è stato affermato in precedenza, fissare un sistema di misura significa
fissare le grandezze fondamentali e i loro campioni unitari.
Il Sistema Internazionale ha scelto alcune grandezze fondamentali ed è
possibile esprimere tutte le altre grandezze in funzione di esse mediante una
relazione analitica. Partendo dalle sette unità di misura fondamentali è
possibile ricavare le unità di misura di tutte le altre grandezze fisiche, che
sono dette perciò unità derivate. In alcuni casi le unità di misura
fondamentali e derivate sono troppo piccole o troppo grandi per l’uso
pratico. Si introducono perciò, dei multipli o dei sottomultipli di esse,
caratterizzati da prefissi (vedi tabella 6).
Tabella 6 Prefissi decimali più usati
PREFISSI DEI MULTIPLI VALORE PREFISSI DEI SOTTOMULTIPLI
VALORE
kilo (k) 103 milli (m) 10-3
mega (M) 106 micro () 10-6
giga (G) 109 nano (n) 10-9
Come è già stato accennato, le grandezze fondamentali e quelle derivate
sono grandezze fisiche, poiché si possono misurare.
51
Misurare significa confrontare l’unità di misura scelta con la grandezza da
misurare contando quante volte l’unità di misura è contenuta nella
grandezza.
Il campione da utilizzare deve essere scelto secondo alcuni criteri di
praticità:
deve essere confrontabile con la grandezza che si vuole misurare (non
deve essere né troppo grande né troppo piccolo)
deve essere facilmente riproducibile
non deve cambiare nel tempo
deve essere identico per tutti in modo che sia possibile comunicare e
capire il risultato delle misure.
Tra grandezze fisiche è possibile compiere alcune operazioni: due
grandezze omogenee, cioè dello stesso tipo, possono essere confrontate per
stabilire se sono uguali o se una è maggiore dell’altra (relazione di ordine).
Inoltre possiamo sommare o sottrarre le due grandezze tra loro, ottenendo
una terza grandezza omogenea alle prime due.
Non ha invece senso confrontare due grandezze non omogenee: non è
possibile sommarle o sottrarle tra loro, ma possiamo moltiplicarle o
dividerle ottenendo una nuova grandezza non omogenea a nessuna di quelle
di partenza.
Una misura può essere effettuata in modo diretto o indiretto.
La misura si dice diretta quando si confronta direttamente la grandezza
misurata con l’unità di misura (campione) o con i suoi multipli e
sottomultipli; per esempio, la misura di una lunghezza mediante un regolo
graduato è una misura diretta.
Misure indirette sono invece quelle in cui non si può misurare subito la
grandezza che ci interessa, ma dobbiamo prima misurarne altre che
risultino ad essa legate da una qualche relazione funzionale (ad esempio la
determinazione di un volume).
52
2.5 MISURA DI LUNGHEZZA, AREA E VOLUME
Per le lunghezze, il metro è un’unità di misura che si adatta alla maggior
parte degli oggetti che ci circondano. Tuttavia, per misurare distanze molto
grandi o molto piccole è preferibile ricorrere ai suoi multipli e sottomultipli.
L’area di una superficie si ottiene come prodotto di due lunghezze, perciò
l’unità di misura delle aree nel Sistema Internazionale è il metro quadrato
(simbolo m2), che rappresenta l’area di un quadrato di lato uguale a 1 metro.
L’unità di misura del volume è invece il metro cubo (simbolo m3), cioè un
cubo che ha lo spigolo lungo 1 metro.
Tabella 7 multipli e sottomultipli del metro
Nome Simbolo Valore
kilometro km 103 m
ettometro hm 102 m
decametro dam 101 m
metro m 100 m
decimetro dm 10-1 m
centimetro cm 10-2 m
millimetro mm 10-3 m
micrometro m 10-6 m
nanometro nm 10-9 m
53
2.6 LA MISURA DEL TEMPO
“Che cos’ è il tempo? Se nessuno mi interroga, lo so;
se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so”.
Sant’Agostino
Confessioni
Il concetto di tempo è stato variamente interpretato da filosofi e scienziati di
varie epoche, ma lo scorrere del tempo è un’esperienza che tutti facciamo
quotidianamente. In ogni attimo della nostra vita ci troviamo infatti,
consapevolmente o inconsapevolmente, a percepire il passaggio del tempo.
“Il concetto fisico di durata (o intervallo di tempo) deriva dall’idea intuitiva di
tempo, quale ci è suggerita dal susseguirsi dei nostri stati mentali (tempo
psicologico)”43.
Secondo il filosofo inglese Broad il concetto di tempo è legato alla variabilità
delle nostre percezioni al variare della realtà, nella relazione di un “prima” e
di un “dopo” tra gli eventi. Infatti il tempo può essere inteso come la
dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi.
I fisici, oggi, non si preoccupano di rispondere alla domanda “che cos’è il
tempo?”, ma piuttosto di misurarlo. Si interessano infatti alla misura della
durata di un fenomeno, confrontandola con quella di un altro fenomeno
assunta come unità di misura.
La durata di un fenomeno può essere operativamente definita come la
differenza tra due istanti di tempo letti sullo strumento di misura.
Per misurare l’intervallo di tempo tra due istanti è necessario utilizzare
come termine di raffronto un fenomeno periodico, cioè che si ripeta sempre
uguale a se stesso.
43 M. Ageno, Elementi di fisica, Bollati Boringhieri, Torino 1976
54
Sono esempi di fenomeni periodici il battito del cuore, l’alternarsi del giorno
e della notte, il movimento oscillatorio di un pendolo.
Sono moti periodici per esempio quei movimenti nei quali un punto mobile
assume tante volte la stessa serie di posizioni, nello stesso ordine, e ogni
ciclo di movimento risulta uguale a tutti gli altri.
Nel caso di un pendolo semplice, non considerando la resistenza offerta
dall’aria, la pallina appesa al filo assume successivamente una serie di
posizioni e ritorna sempre alla posizione iniziale, ripercorrendo
nuovamente tutte le fasi del moto nello stesso ordine in cui le ha percorse la
prima volta. Ogni oscillazione risulta quindi sotto ogni aspetto
indistinguibile dalle precedenti.
L’intervallo di tempo che intercorre tra due posizioni uguali della pallina
assunte in due cicli successivi con le stesse condizioni di moto è detto
periodo. Il termine “periodico” indica infatti il ripetersi di un fenomeno ad
intervalli costanti di tempo.
Dello stesso tipo è anche il moto della Terra attorno al Sole. Un giorno solare
è il tempo che intercorre tra due passaggi successivi del Sole sullo stesso
meridiano.
In passato l’unità di misura del tempo veniva riferita al moto apparente del
Sole attorno alla Terra. Per esempio il giorno solare medio è la media
aritmetica della durata dei giorni solari presenti in un anno.
Oggi è noto che la durata del giorno non è rigorosamente costante nel
tempo, ma aumenta di qualche millesimo di secondo ogni secolo. Perciò si è
deciso di prendere come campione di tempo il periodo di oscillazione delle
onde luminose emesse da un atomo di cesio.
55
Tabella 8 Multipli e sottomultipli del secondo
Nome Simbolo Valore in secondi
anno a circa 3.15 x 107 s
giorno solare medio d 864 x 102 s
ora h 3.6 x 103 s
minuto min 6x101 s
secondo s 100 s
millisecondo ms 1 x 10-3 s
microsecondo s 1 x 10-6 s
nanosecondo ns 1 x 10-9 s
2.6.1 Il pendolo
Spesso il pendolo può venir considerato soltanto una specie di accessorio
dell’orologio, e non come vero orologio quale è nella realtà. Infatti, in un
orologio a pendolo tutte le rotelle, le catene, le leve e le lancette servono solo
a contare le oscillazioni e a indicare quello che il pendolo fa in intervalli
temporali esatti. Il pendolo semplice è costituito da un filo alla cui estremità
inferiore è attaccato un peso che oscilla, tuttavia il pendolo è stato uno
strumento molto utile, che ha reso possibili osservazioni astronomiche più
precise, prove del movimento della terra attorno a sé stessa, conclusioni
sulla sua forma, sulla sua massa e sull’azione della sua forza attrattiva.
Il pendolo e la sua principale proprietà, l’isocronismo, richiamano
immediatamente alla mente il loro scopritore: Galileo Galilei.
Galilei era entrato non ancora ventenne all’Università di Pisa nel 1581, per
studiarvi filosofia e medicina. Durante gli studi si era appassionato alla fisica
ed in tale scienza aveva compiuto diverse importanti scoperte.
Galileo era da sempre interessato a dare un approccio matematico alla
questione del moto e fin da giovane analizzò criticamente la fisica
56
aristotelica sempre attraverso uno studio pratico, quindi con la
sperimentazione diretta.
La leggenda44 racconta come un giorno Galileo, entrato nel duomo di Pisa
vide una lampada appesa al soffitto con una catena che al momento
dell’accensione, aveva ricevuto un forte colpo che la fece dondolare; questo
fenomeno attrasse l’attenzione dello studente. Notò che le oscillazioni
diventavano sempre più brevi, la lampada descriveva archi sempre più
piccoli ma, ciò nonostante, il periodo delle oscillazioni restava sempre lo
stesso. Galileo scoprì che il tempo impiegato da un pendolo semplice per
compiere un’oscillazione rimane sempre lo stesso, e dipende solo dalla
lunghezza del pendolo e non dall’ampiezza dell’arco che il pendolo descrive
o dalla massa appesa all’estremità. La scoperta di questa “legge del pendolo”
ha avuto un’enorme importanza per il progresso delle scienze naturali.
Questa si è rivelata molto fruttuosa per la scienza e per la vita pratica.
Nel “Dialogo sui massimi sistemi”, Galileo per bocca di Salviati, enuncia le
proprietà dell’isocronismo: “L’altro particolare, veramente maraviglioso, è
che il medesimo pendolo fa le sue vibrazioni con l’istessa frequenza o
pochissimo e quasi insensibilmente differente, sien elleno fatte per archi
grandissimi o per piccolissimi dell’istessa circonferenza”.
In realtà, un pendolo è strettamente isocrono soltanto se le sue oscillazioni
sono di piccola ampiezza, come fu scoperto dal fisico Christiaan Huygens
pochi decenni più tardi.
Subito dopo il pendolo trovò applicazione per esempio in medicina, come
misuratore delle pulsazioni cardiache. Molti anni più tardi, Galileo propose
l'utilizzo del pendolo come meccanismo regolatore degli orologi, ne abbozzò
un progetto, ma ormai vecchio e cieco, non riuscì a realizzarlo, e l'orologio a
pendolo venne costruito solo nel 1657, ancora da Huygens.
44 Non esistono documenti attendibili del fatto. Le lettere in cui Galileo si occupa della legge dell’isocronismo sono infatti posteriori al periodo pisano.
57
Un pendolo semplice di lunghezza l, sottoposto all’accelerazione di gravità g,
oscilla in un tempo T descritto da questa equazione:
√
Dalla precedente formula, si nota come il periodo del pendolo aumenti con
l’aumentare della lunghezza del filo del pendolo, ma non in maniera lineare:
le due grandezze non sono direttamente proporzionali tra loro.
Infatti dalla relazione che esprime il periodo del pendolo seguono alcune
proprietà fondamentali: il periodo è indipendente dalla massa del pendolo e
dall’ampiezza dell’oscillazione, è direttamente proporzionale alla radice
quadrata della lunghezza e inversamente proporzionale alla radice quadrata
dell’accelerazione di gravità.
2.7 LA MISURA DI MASSA E DI PESO
La massa è la quantità di materia che compone un corpo. Secondo il fisico
inglese Isaac Newton, che introdusse il concetto di massa alla fine del XVII
secolo, la massa di un corpo è strettamente legata alla sua inerzia, cioè alla
sua tendenza di rimanere nello stato di quiete o di moto in cui si trova.
La massa è una proprietà intrinseca dei corpi, non dipende cioè dalla
condizione particolare in cui il corpo può trovarsi.
Nel Sistema Internazionale la massa è misurata in kilogrammi. Il
kilogrammo è definito come la massa di un cilindro di platino-iridio di
altezza e diametro pari a 39 mm.
58
Figura 9 Il Kilogrammo campione conservato a Parigi
Tabella 9 Multipli e sottomultipli del kilogrammo
Nome Simbolo Valore in kg
tonnellata t 103 kg
kilogrammo kg 100 kg
ettogrammo hg 10-1 kg
decagrammo dag 10-2 kg
grammo g 10-3 kg
milligrammo mg 10-6 kg
L’utilizzo del quintale, che equivale a 100 kg, è stato abolito nel 1979.
Lo strumento che permette di misurare le masse è la bilancia a bracci uguali.
Essa è costituita da un’asta rigida che può oscillare attorno al suo punto
centrale. Agli estremi dell’asta ci sono due piatti. Questo strumento permette
di misurare la massa di un oggetto per confronto con una più masse
campione. Quando i piatti della bilancia sono scarichi, il sistema è in
equilibrio.
59
I due corpi posti sui rispettivi piatti hanno la stessa massa quando
l’equilibrio del sistema è ristabilito.
Nella vita quotidiana spesso si confonde la massa con il peso; nel linguaggio
comune sono spesso utilizzati come sinonimi. Il peso a differenza della
massa non è una caratteristica propria del corpo e quindi non è costante, ma
può variare a seconda del luogo in cui si trova il corpo. Infatti il peso è la
forza con cui ogni corpo viene attratto verso il centro della Terra. La sua
unità di misura è quindi il newton ( simbolo N). Il newton è un’unità di
misura derivata e viene definita come la quantità di forza necessaria per
imprimere a un chilogrammo di massa un’accelerazione di un metro al
secondo quadrato:
1 N = 1
2.8 LA MISURA DELLA DENSITA’
La densità d di una sostanza è il rapporto tra la massa m e il volume V che
essa occupa:
La densità è una grandezza derivata. Nel SI la sua unità di misura si ottiene
facendo il rapporto fra l’unità di massa (kg) e l’unità di volume (m3). La
densità si misura quindi in kg/m3.
Per misurare la densità si possono utilizzare varie tipologie di procementi
per determinare il volume a seconda delle caratteristiche della sostanza:
Sostanza solida. Se il solido è regolare:
si misurano le dimensioni e si determina il volume V con una formula
geometrica;
si misura la massa m;
60
si calcola la densità con la formula
.
Se invece il solido è irregolare:
si può immergere il solido nell’acqua contenuta in un contenitore
graduato e misurare così l’aumento di volume dell’acqua che è pari al
volume del solido.
Sostanza liquida.
il volume di un liquido viene misurato con un contenitore graduato.
Sostanza gassosa. Per misurare la densità di un gas si può:
mettere il gas in un recipiente rigido di volume noto;
misurare la massa m1 del recipiente pieno di gas;
collegare il recipiente a una pompa aspirante e togliere il gas per poi
misurare la massa m2 del recipiente vuoto;
Calcolare la massa del gas per differenza: m1 - m2
Calcolare la desnità con la formula
2.9 GLI STRUMENTI DI MISURA
Ad ogni grandezza fisica si deve, almeno in linea di principio, poter associare
un valore numerico in modo univoco ed oggettivo, cioè riproducibile nelle
stesse condizioni da qualsiasi osservatore; valore pari al rapporto fra la
grandezza stessa e l’unità di misura per essa prescelta. Per eseguire tale
associazione dobbiamo disporre di strumenti e che ci permettano di mettere
in relazione da una parte la grandezza da misurare, e dall’altra l’unità di
misura (oppure suoi multipli o sottomultipli); e ci dicano se esse sono uguali
o, altrimenti, quale delle due è maggiore.
Lo strumento di misura è un apparato che permette il confronto tra la
grandezza misurata e l’unità prescelta.
Nella scelta di uno strumento è importante tenere presenti alcune proprietà.
Le caratteristiche più importanti di uno strumento sono le seguenti:
61
La portata: è il valore massimo che lo strumento può misurare (in
una sola volta);
La prontezza: è determinata dal tempo necessario perché lo
strumento risponda in modo completo ad una variazione della
sollecitazione; ad esempio, per avere una risposta corretta da un
termometro si deve attendere che si raggiunga l’equilibrio termico tra
il mercurio e ciò di cui si misura la temperatura.
La sensibilità : è il numero di divisioni di cui si sposta l’indice dello
strumento per una variazione unitaria della grandezza da misurare.
La precisione dello strumento è legata alla riproducibilità del risultato
della misura di una stessa grandezza. Uno strumento è tanto più
preciso quanto minore è lo scarto tra le misure trovate con una serie
di misurazioni ripetute della stessa grandezza. In altre parole è la
capacità di fornire valori corrispondenti a quello ritenuto “vero” e
posseduto realmente dalla grandezza in esame. Il risultato della
misura può variare da una parte per difetti dello strumento dovuti
alla costruzione, che non può mai essere perfetta, e per il logoramento
in conseguenza dell’uso prolungato o improprio, o
dell’invecchiamento; inoltre, per la presenza di varie cause di
disturbo ineliminabili anche in condizioni normali d’uso dello
strumento stesso. Tutto questo fa sì che misure ripetute di una stessa
grandezza fisica si distribuiscano in un intervallo più o meno ampio
intorno al valore vero; questa caratteristica degli strumenti è legata
alla presenza di errori sistematici.
62
2.10 ERRORE DI MISURA
Nella scienza la parola errore non implica il solito significato di sbaglio o
svista. Errore in una misura scientifica significa l’inevitabile incertezza che è
presente in tutte le misure. Nessuna misura, per quanto fatta con cura, può
essere completamente libera da incertezze. Il meglio che si possa fare è
assicurarsi che gli errori siano il più ragionevolmente piccoli possibile, e
avere una stima realistica di quanto essi sono grandi.45
In ogni misura ci possono essere due tipi di errori: errori casuali e errori
sistematici. Gli errori casuali sono quelli che capitano per caso, e in quanto
tali non sono prevedibili. Gli errori sistematici invece si ripetono sempre allo
stesso modo.
Si possono quindi definire casuali quegli errori regolati dalla “legge del caso”
la cui origine è attribuibile ad una somma di fattori non sempre ben
identificabili e che sono solo in parte prodotti dalla limitata precisione degli
strumenti.
Tali errori hanno le seguenti caratteristiche:
- sono perfettamente casuali, cioè si distribuiscono in ugual modo sia in
eccesso che in difetto rispetto al valore “vero” della misura
- non possono essere eliminati, in quanto connaturali ad ogni esperimento
di laboratorio.
- possono e devono, però, essere correttamente analizzati con uno studio di
tipo statistico in cui si prenda in considerazione un numero molto elevato di
misure eseguite con la stessa strumentazione e nelle stesse condizioni
ambientali.
45 Cfr. J. Taylor, Introduzione all’analisi degli errori, Zanichelli, Bologna ,2000
63
Esempi di errori casuali possono essere dovuti all’osservatore, alle
variazioni casuali delle condizioni ambientali, all’impossibilità di ripetere un
esperimento più volte con modalità veramente identiche.
Si definiscono errori sistematici tutti quegli errori dovuti alla errata taratura
di uno strumento oppure al suo uso improprio.
Riporterò di seguito alcuni errori di questo tipo che caratterizzano le
tipologie di attività svolte in classe dai bambini e descritte nel successivo
capitolo di questa tesi.
Un esempio tipico di uso improprio é l’imprecisione che accompagna il
cronometraggio manuale di intervalli di tempo estremamente brevi.
L’inevitabile ritardo dovuto ai riflessi dello sperimentatore introduce un
errore.
Un altro esempio di uso improprio si ha quando lo strumento é difettoso o
tarato male. Una bilancia con l’indicatore di peso non perfettamente
azzerato risulterà alterare sempre nello stesso senso (cioè sempre in
eccesso o sempre in difetto) ogni misura effettuata.
Anche il cosiddetto errore di parallasse, errore dovuto ad un cattivo
allineamento tra l’occhio dell’osservatore e la scala graduata dello
strumento utilizzato, è causa di errori sistematici.
In conclusione, possiamo affermare che gli errori sistematici:
- su misure ripetute della stessa grandezza fisica alterano sempre della
stessa quantità e sempre nello stesso verso il risultato finale (quindi in modo
non casuale)
- a differenza dagli errori casuali e di sensibilità quelli sistematici sono errori
veri, nel senso che introducono nel processo di misura uno “sbaglio”.
Possono (e devono) essere eliminati migliorando lo strumento utilizzato,
correggendone i difetti e le modalità d’impiego, controllandone con
attenzione il funzionamento e la taratura.
64
Quando l’errore è espresso nelle stesse unità di misura del valore
sperimentale, si parla di errore assoluto.
Per poter confrontare misure eseguite su oggetti diversi con errori assoluti
differenti è necessario considerare l’errore relativo, definito come il
rapporto tra l’errore assoluto e il valore della misura.
Le incertezze fanno sì che la misura di una grandezza non sia espressa da un
numero, ma da un intervallo all’interno del quale riteniamo
ragionevolmente che si trovi la “misura vera” della grandezza considerata. In
altre parole, il risultato di una misura non è un valore, ma è un insieme di
valori di ampiezza variabile.
La misura dal punto di vista delle scienze sperimentali assume quindi un
significato completamente diverso rispetto ad un punto di vista matematico:
mentre la misura matematica è sempre un numero reale e esatto, la misura
sperimentale è un numero sempre affetto da una qualche incertezza.
Per tutto quanto detto in precedenza, affinché il nostro processo di misura
sia scientificamente corretto, dovremo sempre comunicare il risultato con
l’errore ad esso associato:
risultato = misura ± errore
Se di una grandezza fisica abbiamo a disposizione una sola misurazione, non
abbiamo molte possibilità di scelta: l’errore assoluto da associare a tale
valore deve necessariamente essere l’errore di sensibilità dello strumento
usato.
Nel caso in cui sia possibile ripetere più volte l’esperimento può accadere di
ottenere misure tutte leggermente diverse tra loro a causa della presenza
degli errori casuali. Si può allora dimostrare matematicamente che la
“migliore stima” della grandezza studiata è semplicemente fornita dal valore
medio delle misure ottenute, e che tale valore è tanto più attendibile quanto
più è elevato il numero di misure effettuate.
65
In altre parole, gli errori in una misura non possono essere eliminati ma
possono essere stimati e ridotti ripetendo la stessa misura molte volte e
calcolando la media aritmetica dei valori ottenuti.
La stima degli errori di ogni misura può essere fatta con metodi statistici più
o meno sofisticati che danno un’indicazione della “dispersione” di valori
attorno al valore medio. La deviazione standard è uno dei parametri più
utilizzati.
Nel calcolare la media è possibile ottenere un valore numerico composto da
infinite cifre decimali, frutto di un procedimento aritmetico e non di un reale
processo di misurazione. In questo caso il risultato deve essere riscritto
considerando solo le cifre significative, il cui numero corrisponde al numero
di cifre dei valori misurati (l’ultima cifra deve essere opportunamente
arrotondata).
Perché il risultato di una misura abbia un significato scientifico, è quindi
fondamentale applicare le considerazioni appena descritte. Inoltre possiamo
dire che l’incertezza di una misura è anche collegata alla qualità del risultato
ottenuto.
66
Capitolo III
LA MISURA: IL PROGETTO DIDATTICO
3.1 INTRODUZIONE
Il lavoro da me progettato e realizzato si è svolto presso la Scuola Primaria
Alfredo Oriani, che fa parte dell’Istituto Comprensivo Statale di Reggello
(Firenze).
Le esperienze sono state svolte in una classe V, con cui avevo effettuato
anche il tirocinio degli anni passati. Questo aspetto si è dimostrato un
vantaggio per entrambe le parti, perché io conoscevo già la classe e il suo
andamento generale e gli alunni erano già abituati a lavorare con me: infatti
mi hanno accolto con molto entusiasmo.
La classe si compone di 21 alunni e all’interno non sono presenti né alunni
stranieri né alunni con certificazione.
Per venire incontro alle esigenze della maestra dell’area logico-matematica,
gli incontri si sono svolti un po’ dilazionati nel tempo, cioè un incontro ogni
due settimane. La maggior parte degli incontri hanno avuto la durata di due
ore circa.
L’ideazione del progetto didattico e delle sue attività è iniziata subito dopo la
scelta dell’argomento della tesi: la misura nelle scienze sperimentali.
Nella prima fase è stato per me necessario documentarmi su testi di fisica,
riflettendo sui concetti che avrei voluto presentare e pensando a come
67
proporli attraverso semplici esperienze. Una volta scelti i concetti principali
da trattare ho iniziato a pensare a come progettare il lavoro.
Ho riflettuto sul fatto che i bambini quando arrivano a scuola portano con sé
un certo bagaglio di esperienze e di conoscenze che si sommano a tutte
quelle vissute e studiate a scuola. In particolare, avendo scelto di lavorare
con una classe V, sapevo che alcuni dei concetti che avrei trattato erano già
stati presentati in passato all’interno del programma di matematica.
L’obiettivo principale del mio progetto è stato quello di insegnare ai bambini
il concetto di misura o meglio che cosa significa misurare.
Questa tematica è certamente presente nel vissuto dei bambini fin da molto
piccoli. L’idea della misura non è sicuramente risultata nuova; il concetto era
infatti molto familiare ai bambini, ma il vero scopo del progetto era proprio
proporre la misura secondo un altro tipo di approccio, un approccio
scientifico. I bambini hanno potuto riflettere su concetti già acquisiti ed
iniziare a vederli sotto altre prospettive.
Al di là dei concetti trasmessi, il progetto ha avuto anche l’obiettivo di
approcciarsi al mondo della fisica e al metodo sperimentale.
Mi sono infatti resa conto che per questi bambini la parola “esperimento”
significava chissà quale intruglio, qualcosa di inusuale che deve stupire.
Così dopo la prima esperienza una bambina ha obiettato: “Maestra, ma
questi non sono proprio degli esperimenti!!”. Questa frase mi ha sorpreso ed
ha reso necessaria una piccola spiegazione sul metodo scientifico e
sull’esperimento. Questo fatto dimostra come una progettazione non può
essere fatta a priori e in modo stabile, ma necessita di continui
aggiustamenti ed approfondimenti che sono dettati dalle esigenze che
l’insegnante riscontra.
Nel progetto ho deciso di trattare la misura delle grandezze fisiche
fondamentali: lunghezza, tempo e massa.
68
Le esperienze su queste grandezze mi hanno permesso di introdurre il
concetto di errore della misura e di far riflettere i bambini sugli strumenti
utilizzati e sulle loro caratteristiche.
Oltre a progettare le attività, ho ritenuto di fondamentale importanza
proporre un questionario iniziale per valutare le preconoscenze dei
bambini, che è servito poi anche come spunto per l’inizio delle attività.
Una volta terminati gli incontri ho verificato l’apprendimento degli alunni
attraverso una verifica scritta, che mi ha permesso di valutare il successo e i
limiti del progetto da me presentato.
In realtà è stata effettuata una sorta di verifica dell’apprendimento anche in
itinere, attraverso le risposte che ricevevo dai bambini; infatti ogni incontro
è stato caratterizzato da discussioni collettive che hanno consentito ai
bambini di esprimersi e di formulare ipotesi e osservazioni.
3.2 LA PROGETTAZIONE La progettazione costituisce una parte di vitale importanza per il progetto,
poiché con essa si definisce la struttura degli incontri ed è quindi da
realizzarsi con molta cura.
In letteratura esistono vari modelli di progettazione:
a) progettazione per obiettivi;
b) progettazione per concetti;
c) progettazione per ricerca-azione.
a) La progettazione per obiettivi definisce innanzitutto gli obiettivi a breve,
medio e lungo termine, considerando la relazione insegnamento-
apprendimento come un processo dinamico e intenzionale teso al
conseguimento degli obiettivi programmati. La progettazione ha lo scopo di
rendere più scientifica e rigorosa l’attività di insegnamento per di
verificarne costantemente l’efficacia.
69
b) La progettazione per concetti risente dell’influenza di Piaget, in quanto
viene fatto un parallelismo tra processi cognitivi ed epistemologia dei saperi.
E’ una forma di progettazione non lineare, ma con collegamenti tra i vari
concetti. Infatti lo strumento principale è la mappa concettuale, che
presuppone interdisciplinarità e riassume il lavoro svolto.
c) Il principio su cui si fonda invece la progettazione per ricerca-azione è che
la cultura d’appartenenza e l’interazione sociale influenzano
l’apprendimento. Sono due variabili non conoscibili in fase di progettazione:
quindi i risultati non sono esattamente prevedibili poiché i contesti nei quali
il progetto si applica sono differenti. Questo modello dà enfasi al sapere
extra-scolastico e alle preconoscenze. L’insegnante formula delle ipotesi e le
verifica poi sul campo dell’esperienza; questo modello si definisce quindi
ricerca-azione poiché ogni volta il risultato può essere qualcosa di
innovativo.
Per progettare l’itinerario didattico, basandomi sulle conoscenze acquisite
nei corsi universitari e nelle esperienze di tirocinio già svolte mi sono
avvalsa del seguente schema di progettazione:
Analisi della situazione di partenza;
Definizione degli obiettivi generali e specifici;
Scelta di contenuti, attività, strumenti e materiali;
Valutazione delle strategie e metodologie più appropriate;
Definizione di tempi e spazi adeguati ai contenuti e agli esperimenti
da proporre;
Criteri di verifica e valutazione.
Per quanto riguarda il clima relazionale ed i livelli d’apprendimento della
classe, avevo già un’idea maturata attraverso lo svolgimento del tirocinio,
quindi per valutare la situazione di partenza ho ritenuto sufficiente
sottoporre agli alunni un questionario iniziale.
70
La struttura del mio progetto si articola nella definizione di un obiettivo
generale e di successivi obiettivi specifici. Dopo aver determinato tutti gli
obiettivi che mi ero imposta di far raggiungere agli allievi, ho pensato a quali
fossero le attività più adeguate da realizzare.
Una volta decise le esperienze e dopo aver elaborato una bozza di
progettazione, mi sono impegnata per reperire il materiale necessario e
costruire il questionario iniziale. Prima di svolgere le attività in classe, ho
dovuto provare a casa tutti gli esperimenti, per allenarmi e per verificare che
tutto procedesse secondo quanto previsto. Questa fase di preparazione e
verifica è fondamentale per la riuscita dell’esperimento che desideriamo
proporre.
Una copia del progetto è stata consegnata anche al dirigente scolastico, che
lo ha accolto con entusiasmo essendo un’ex insegnante di matematica e
fisica.
Infine ho concordato con l’insegnante dell’area logico-matematica un
calendario delle attività, in modo da fissare tutte le date per gli incontri.
Per avere una visione globale del progetto, riporto una tabella che sintetizza
i contenuti affrontati in ciascun incontro.
L’impianto progettuale può essere così schematizzato:
71
Obiettivo generale: comprendere il significato della misura nell’ambito della
fisica, con particolare riferimento alla misura di lunghezza, di tempo, di massa e di
densità.
Obiettivi specifici Attività
Tempi
e
spazi
Materiali e
strumenti
Strategie e
metodologie
Indagare le preconoscenze degli alunni
Primo incontro questionario; presentazione del progetto
- 40 minuti - aula
Questionario, lavagna
-Questionario - Lezione frontale
Conoscere il concetto di misura di una lunghezza, unità di misura ed errore; riflettere sulla necessità di utilizzare unità di misura universali; riflettere sugli strumenti di misura
Secondo incontro: la misura di lunghezza Costruzione del metro utilizzando regoli di legno; misurazione del banco e dell’aula attraverso unità di misura non convenzionali (spanne e passi) e successivamente con unità di misura convenzionali (metro)
2 ore
aula
Regoli di legno; lavagna
-Lezione frontale -Cooperative learning -Discussione Collettiva -metodo scientifico
Conoscere alcuni strumenti per misurare il tempo; misurare la durata di un fenomeno; riflettere sul concetto di errore
Terzo incontro: la misura di tempo Misurare più volte il tempo impiegato dal pendolo a compiere 10 oscillazioni e calcolare il tempo impiegato a compiere una singola oscillazione
2 ore
aula
Clessidra; cronometro; pendolo; filo e palline diverse tra loro
-Discussione collettiva -Metodo scientifico
Capire la differenza tra massa e peso; misurare la massa di oggetti; determinare il volume di oggetti irregolari; saper calcolare la densità
Quarto incontro: la misura di massa e la densità Confrontare alcuni e oggetti e misurarne la massa; determinare il volume degli stessi oggetti e calcolare la densità
2 ore
aula
Bilancia a piatti; pietre; barretta di ferro; sassolini di vetro; cilindro graduato; vaso di “troppo pieno”
-Discussione collettiva -Metodo scientifico
Valutare e verificare gli apprendimenti e il successo del progetto
Compilazione del questionario; impressioni sul progetto e su ciò che è stato appreso
1 ora
aula
Questionario -Valutazione e verifica attraverso un questionario a domande chiuse e aperte
72
3.3 GLI INCONTRI E LA DIDATTICA IN CLASSE
3.3.1 Iniziamo dalle preconoscenze: il questionario iniziale
“ Se dovessi condensare in un unico principio l’intera
psicologia dell’educazione direi che il singolo fattore
più importante che influenza l’apprendimento sono
le conoscenze che lo studente già possiede.
Accertatele e comportatevi in conformità con il
vostro insegnamento”
David Ausubel
Primo incontro: 30 ottobre 2012
Prima di svolgere le attività progettate, ho ritenuto opportuno
somministrare un questionario contenente alcune domande sugli argomenti
che avrei trattato successivamente.
Questa prima fase ha lo scopo di indagare le preconoscenze dei bambini
apprese sia a scuola sia nella vita quotidiana. Questo mi ha permesso di
avere un’idea sulla loro preparazione e sul loro pensiero riguardo al lavoro
che avrei poi svolto.
Conoscere le preconoscenze dei bambini è fondamentale perché rende
l’insegnante più consapevole del bagaglio di esperienze e conoscenze che i
bambini portano con sé.
Un’attività di indagine preliminare serve quindi per:
- Rendersi conto di quali siano i punti di partenza da cui ogni bambino
prende l’avvio per capire;
- Mettere in evidenza ciò che sanno i bambini;
73
- Capire lo scarto esistente tra quello che i bambini sanno e quello che
l’insegnante ritiene che debbano sapere;
- Individuare le difficoltà che si dovranno affrontare nel successivo
apprendimento.
Sull’importanza di indagare le preconoscenze vorrei ricordare la teoria
dell’ “organizzatore propedeutico” di Ausubel. Questa teoria è basata
sull’idea che l’apprendimento sia facilitato qualora all’allievo venga
consentito di correlare le nuove informazioni con le vecchie conoscenze.
L’organizzatore propedeutico è un ponte che connette per analogia le cose
note con quelle ignote ed aiuta a strutturare la nuova informazione.
La pratica didattica di partire dalle preconoscenze risponde all’esigenza di
conoscere la situazione cognitiva di partenza di ciascun bambino e
dell’intera classe.
Il termine “preconoscenze” può avere varie sfumature di significato:
preconoscenze come conoscenze “extra fonti”, preconoscenze come pre-
requisiti46 e preconoscenze come conoscenze spontanee.
Ormai molto diffusa, la rilevazione delle preconoscenze è considerata una
pratica irrinunciabile soprattutto per la scuola primaria.
“Si tratta, dunque, non tanto di verificare quanto i bambini sanno o sanno
operare in rapporto con le conoscenze e i requisiti presupposti o necessari, ma
piuttosto scandagliare le idee, le immagini, le parole che si sono istallate nella
loro mente e i loro modi di farle emergere e organizzarle poiché lo scopo è
quello di creare un ponte affettivo e cognitivo verso l’acquisizione di nuovo
sapere…” 47
Grazie al questionario ho potuto anche riflettere sul mio progetto e valutare
se fosse stato adeguato. Inoltre, dai risultati ho ricavato validi suggerimenti
46 Faccio riferimento alla definizione di Gagnè: “La classe di condizioni più importante per distinguere una forma di apprendimento dall’altra è lo stato iniziale dell’apprendimento: in altre parole, i suoi prerequisiti. ” (R. M. Gagnè , Le condizioni dell’apprendimento, Armando ,Roma, 1996) 47 L. Coltri, Il bambino, “un alieno cognitivo” ricco di preconoscenze, in Quaderno di didattica a cura di E. Felisatti, Cleup, Padova, 2002
74
su quali fossero i concetti che più necessitavano di attenzione da parte mia e
che riscontravano maggiori difficoltà tra gli alunni.
I risultati di questa prima, ma importante indagine hanno mostrato come la
classe fosse “spaccata” in due sul significato della parola misurare.
Riporto qui di seguito i grafici di alcune risposte chiuse e gli esempi più
significativi e rappresentativi di alcune risposte aperte.
Figura 10 domanda n. 1
Figura 11 domanda n.2
0
10
2010
0
11
0
Secondo te misurare significa
0
5
10
15
20
0
18
0
8
0
19 19
Indica con una X ciò che si può misurare in modo "scientifico"
75
Come si nota dal grafico della figura 11 , l’alternativa “ la durata di un film” è
stata la risposta corretta meno individuata rispetto alle altre.
Nella domanda seguente infatti è possibile capirne il motivo.
Quasi tutti i bambini hanno associato l’idea del “poter misurare con quella di
astratto e concreto. Molti hanno risposto che si può misurare solo ciò che si
può “toccare” e questo ha portato alcuni bambini ad escludere quella
risposta perché più “astratta” rispetto alle altre.
Ecco alcuni esempi:
Esempio 1
Esempio 2
Esempio 3
Ci sono poi stati bambini che, pur esprimendo lo stesso concetto, hanno
però individuato “la durata del film” come qualcosa di misurabile.
76
Esempio 4
Esempio 5
Esempio 6
Negli esempi 5 e 6 emerge anche l’idea che si può misurare tutto ciò per cui
esiste uno strumento per farlo.
77
Figura 12 domanda n. 4
1° affermazione: la misura del tempo si basa sull’anno solare. 2° affermazione: l’unità di misura del tempo è il secondo. 3°affermazione: le misure non sono mai completamente esatte perché dipendono dagli strumenti utilizzati e da chi misura. 4° affermazione: a seconda dell’unità di misura scelta si possono avere misure diverse. Per questo occorre un sistema di misura universale.
5° affermazione: il passo è un’unità di misura per lunghezze.
Figura 13 domanda n. 7
Sopra ad uno dei due piatti di una bilancia c’è una certa quantità di ferro mentre sopra l’altro piatto c’è del legno. Quale dei due piatti peserà di più? Quello con il ferro
Quello con il legno
Occorre sapere la quantità di ciascuno dei due materiali
0
5
10
15 13
5
11
15
7 6
14
10
5
14
2 2 1
Corretta
Errata
Nessuna risposta
Vero o Falso
0
10
20
Ferro Legno Occorresapere la
quantità deidue materiali
7
0
14
Concetto di densità
78
L’ ultima domanda invece era utile per capire la loro idea di misura e del
procedimento necessario per eseguire una misurazione: nella maggior parte
delle risposte l’idea di misura richiama essenzialmente la misura della
lunghezza.
Esempio 7
Esempio 8
Esempio 9
Una sola bambina si è avvicinata al significato di “misura”.
Esempio 10
79
In questo primo incontro sono stati presentati anche il progetto e gli incontri
successivi.
I bambini erano curiosi di sapere il perché di questo progetto, così ho
spiegato loro quale era il mio obiettivo ed in che cosa consista una tesi di
laurea.
3.3.2 Dall’osservazione alla misura: la misura della lunghezza
Secondo incontro: 6 novembre 2012
Obiettivi specifici:
Comprendere la necessità di utilizzare un sistema di misura
universale
Comprendere cosa significa misurare
Conoscere le caratteristiche dello strumento di misura
Descrizione dell’attività
Il questionario iniziale mi è servito come spunto per iniziare a parlare del
percorso da svolgere partendo da quello che già sapevano i bambini.
Nel corso della discussione, della spiegazione e delle attività, ho spesso fatto
riferimento alle risposte date nell’indagine svolta.
Dopo la correzione dei questionari, ho ritenuto opportuno non mostrare ai
bambini gli errori commessi, perché ho pensato che fosse più educativo
lasciare che li scoprissero da soli durante il percorso.
Ho introdotto l’argomento del progetto leggendo una breve fiaba: “Una gara
di corsa.”
Un Cinghiale presuntuoso si vantava di saper correre veloce come il vento. II
Camaleonte volle punirlo e lo sfidò ad una gara di corsa. La Rana faceva da
arbitro. Il traguardo era una macchia di sterpi. Appena la Rana diede il via, il
80
Cinghiale prese a galoppare più forte che poteva, senza accorgersi che il
Camaleonte gli era saltato sul dorso, ove stava aggrappato al pelo tenendosi
ben forte per non essere sbalzato via. Quando raggiunse il traguardo, il
Cinghiale frenò di colpo, felice di aver vinto. Ma la brusca frenata sbalzò il
Camaleonte qualche passo più avanti del Cinghiale. Tranquillamente seduto
sul musco, fregandosi le zampe, il Camaleonte si rivolse al Cinghiale dicendo: “
Ebbene, mi pare che tu sia arrivato dopo di me. Guarda:
sono più avanti di te almeno dieci volte la lunghezza della mia coda.
Riconosciti sconfitto”.
(fiaba africana)
Per dare un'idea della distanza che lo separava dal Cinghiale, il Camaleonte
ha contato quante code come la propria ci stavano: ha confrontato la
lunghezza della propria coda con la distanza tra sé e il Cinghiale. Il
Camaleonte ha dunque misurato quella distanza usando la propria coda
come unità di misura. Anche gli uomini dell'antichità che, come noi, avevano
la necessità di misurare i terreni di loro proprietà o gli edifici che
costruivano, usarono parti del proprio corpo come unità di misura.
Ho proposto ai bambini un’attività che ripercorresse un po’ la storia della
misura, cominciando a fare delle misurazioni partendo dall’utilizzo di unità
di misura che riguardano il corpo umano fino ad arrivare ad utilizzare unità
di misura convenzionali come il metro.
I bambini hanno iniziato col misurare il proprio banco utilizzando come
unità di misura la spanna. La spanna è un’unità di misura, usata soprattutto
anticamente, che si basa sulla distanza tra le punte del pollice e del mignolo
in una mano aperta.
Successivamente sono state misurate le dimensioni dell’aula utilizzando
come unità il passo.
Abbiamo poi raccolto tutte le misure in una tabella:
81
Una volta raccolti tutti i risultati, abbiamo iniziato una riflessione sui dati.
I bambini hanno subito notato che le misure erano diverse tra loro.
Ho chiesto loro quale fosse il motivo.
Alunno Lunghezza banco Lunghezza aula Larghezza aula
n. 1 4 + ½ spanne 7 passi 6 passi
n. 2 4 + ½ spanne 7 + ½ passi 6 passi
n. 3 4 spanne 7 passi 6 passi
n. 4 4 spanne 7 passi 6 passi
n. 5 4 spanne 6 passi 5 passi
n. 6 4 +½ spanne 7 + ½ passi 7 passi
n. 7 4 spanne 7 + ½ passi 6 + ½ passi
n. 8 4 spanne 7 passi 6 passi
n. 9 4 spanne 7 + ¼ passi 6 passi
n. 10 4 spanne 7 passi 6 passi
n. 11 4 + ¼ spanne 7 + ½ passi 6 passi
n. 12 5 + ½ spanne 7 + ½ passi 6 + ½ passi
n. 13 4 spanne 7 passi 6 passi
n. 14 4 spanne 6 + ½ passi 5 + ½ passi
n. 15 4 + ¼ spanne 7 passi 6 passi
n. 16 4 + ½ spanne 7 + ¼ passi 6 passi
n. 17 4 + ½ spanne 7 + ½ passi 6 +½ passi
n. 18 4+ ½ spanne 7 + ½ passi 6 +½ passi
n. 19 4 + ¼ spanne 7 + ½ passi 6 + ¼ passi
n. 20 4 + ¼ spanne 7 + ½ passi 6 + ¼ passi
n. 21 4 spanne 7 + ½ passi 6 passi
82
V.48 : Chi di voi è in grado di spiegare perché abbiamo misurato tutti le
stesse cose ma abbiamo ottenuto misure diverse?
Samuele: Perché ognuno è diverso. Tommaso è più alto di tutti e il suo
passo è più grande.
Giulia: Sì ,perché non sono misure precise. Sono tutte diverse perché non
sono precise.
Matteo: Sì ,però non di tanto…
V. : Come potremmo fare allora per ottenere delle misure più “precise”?
Leonardo ed altri: Bisogna misurare con il metro!
V. : Molto bene! Ma perché avete pensato proprio al metro?
Bambini: Perché per vedere quanto è lunga una cosa di preciso si usa il
metro.
Leonardo: Perché è l’unità di misura della lunghezza.
V. : E’ giusto! Il metro è un’unità di misura universale, cioè uguale per tutti!
Mentre le unità di misura che abbiamo utilizzato noi non sono universali,
perché come avete detto prima possono cambiare da persona a persona.
Adesso costruiremo alcuni “metri” e riproveremo a misurare il banco e
l’aula.
Il dialogo mette in evidenza che i bambini hanno riconosciuto l'importanza
di utilizzare una unità di misura comune.
L’attività si è svolta dividendo la classe in sei gruppi (tre gruppi da quattro
alunni e tre gruppi da tre alunni). Ho consegnato ad ogni gruppo un regolo di
legno ed una striscia di cartoncino lunga un decimetro, graduata fino al
mezzo centimetro, che è servita come “campione” per la costruzione del
metro.
Ho poi fornito tre diverse consegne:
-GRUPPI 1 e 5: costruire un metro graduato fino al decimetro
-GRUPPI 2 e 6: costruire un metro graduato fino al centimetro
48 Con questo simbolo verranno indicati tutti gli interventi fatti da me nelle discussioni della classe.
83
-GRUPPI 3 e 4: costruire un metro graduato fino al mezzo centimetro
L’occasione è stata utile per parlare anche della storia del metro e del “metro
campione”.
Prima di effettuare le misurazioni però ho chiesto ai bambini di fornirmi
alcune previsioni, cioè ho chiesto loro di stimare ad occhio la lunghezza del
banco e lunghezza e larghezza dell’aula. Questo esercizio ha richiesto un
grande sforzo ai bambini, ma ho ritenuto opportuno farli provare a
formulare alcune stime perché ritengo sia un’abilità importante. E’ utile
nella vita quotidiana saper stimare ad occhio alcune misure.
L’abilità di stimare ad occhio è legata alla conoscenza e all’uso del campione
di misura e si perfeziona con l’esercizio di stima-misura-controllo.
Solo successivamente ho chiesto loro di misurare il proprio banco
utilizzando il metro del proprio gruppo.
Una volta raccolte le misure, ho chiesto ai bambini di scambiare il proprio
metro con quello di un altro gruppo.
Dopo che ciascun gruppo aveva provato ad utilizzare tutti i righelli, ho
chiesto ai bambini di riflettere sulle misure ottenute e sulla differenza e
uguaglianza dei vari strumenti.
I bambini hanno osservato che tutti gli strumenti erano “uguali perché tutti
metri” ma “diversi perché alcuni erano più precisi”.
Usando il metro tarato in decimetri, infatti i bambini erano incerti sulla
misura finale.
In figura 14 sono riportate le misure del banco fatte dai vari gruppi
utilizzando i regoli costruiti.
84
Figura 14 Misure del banco effettuate con i vari regoli
Osservando tutte le misure fatte , i bambini hanno concluso che le misure
più “precise” erano quelle fatte con gli strumenti più “precisi”.
A questo punto ho ritenuto opportuno fare chiarezza su alcuni termini e
concetti, cercando di spiegare le caratteristiche degli strumenti di misura
pur semplificando il più possibile.
Ho fatto scrivere sul quaderno dei bambini che cosa significa misurare ed ho
poi spiegato anche alcune caratteristiche degli strumenti di misura dando
prima alcune definizioni e poi fornendo alcuni esempi.
Dopo aver fatto chiarezza su questi termini, i bambini sono arrivati a
concludere che i tre tipi di metro costruiti erano strumenti per misurare la
lunghezza che avevano la stessa portata (di 1 metro) ma diversa sensibilità
(di 1 dm, 1 cm, 0,5 cm).
Questa esperienza ha portato i bambini a riflettere sulle differenze che si
riscontrano utilizzando due strumenti con sensibilità diversa (quindi con
due scale graduate suddivise in modo diverso).
Il metro era per i bambini uno strumento conosciuto e familiare, così come il
sistema di misura metrico, ma non avevano mai riflettuto su di essi
85
soffermandosi sul significato che questi concetti assumono nelle scienze
sperimentali.
Figura 15 Pagina di quaderno di un alunno
86
Figura 16 I tre tipi di metro
costruiti
Figura 17 I sei regoli costruiti dai bambini
Figura 18 Esempio di decimetro usato come campione
87
3.3.3 La misura del tempo
Terzo incontro: 20 novembre 2012
Obiettivi specifici:
Conoscere alcuni strumenti di misura del tempo
Comprendere il fenomeno dell’oscillazione del pendolo
Comprendere il concetto di errore della misura
Descrizione attività
La lezione è iniziata riassumendo l’attività e i concetti trovati nella lezione
precedente.
Per introdurre la lezione ho raccontato ai bambini l’aneddoto di Galileo nel
Duomo di Pisa, descritto nel Capitolo II.
I bambini non avevano mai visto un pendolo, così ho spiegato loro come si
costruisce un pendolo semplice e qual è la sua funzione.
Figura 19 Pendolo utilizzato
88
All’inizio abbiamo determinato quante oscillazioni del pendolo si potevano
contare in un minuto, utilizzando per la misura una clessidra di quella
portata.
Eseguite diverse misurazioni con la clessidra, siamo passati a misurare le
dieci oscillazioni con lo strumento del cronometro.
Dopo aver spiegato ai bambini le caratteristiche dello strumento e come
leggere la misura ottenuta, ho chiesto loro di riflettere sulla differenza fra i
due strumenti utilizzati ed i bambini hanno concluso che il cronometro
rispetto alla clessidra è più “preciso” e più “sensibile”.
Scopo di questa indagine è verificare da quali grandezze dipende il periodo,
cioè la durata di un’oscillazione completa, di un pendolo semplice.
Per eseguire questa esperienza mi sono munita di diversi pesetti (sfere con
ganci) e di alcuni fili sottili ed inestensibili di varie lunghezze.
Le grandezze che ragionevolmente potrebbero influire sul periodo
d’oscillazione del pendolo sono la natura e le dimensioni della massa
oscillante, la lunghezza del filo, l’ampiezza dell’oscillazione.
Ho progettato tre prove distinte, in ciascuna delle quali controllare il
comportamento del periodo al variare di una sola delle grandezze.
Il periodo è, per definizione, la durata di un’oscillazione completa; per
ridurre l’incertezza sulla misura è opportuno misurare ogni volta la durata
di almeno dieci oscillazioni consecutive e calcolare poi la durata di una sola
oscillazione.
L’attività si è quindi svolta in tre fasi:
a) Misura del periodo di pendoli di massa diversa
Alcuni allievi hanno misurato il tempo corrispondente a dieci oscillazioni di
pendoli con uguale lunghezza del filo ma diversa massa oscillante.
Sono state utilizzate due sfere di piombo e due sfere di legno con le
dimensioni relative mostrate in figura 20.
89
Figura 20 I vari tipi di sfere utilizzate
b) Misura del periodo di un pendolo che oscilla con diverse ampiezze
Alcuni allievi hanno misurato il periodo di oscillazione di un pendolo con
lunghezza e massa fissate, variando soltanto l’ampiezza iniziale
dell’oscillazione.
c) Misura del periodo del pendolo con diversa lunghezza
Alcuni allievi hanno misurato il periodo di oscillazione di un pendolo con un
filo di lunghezza diversa rispetto ai precedenti.
Prima di passare da una fase all’altra ho chiesto ai bambini di formulare
alcune ipotesi. All’inizio ho chiesto:
V. : Da cosa dipende secondo voi il tempo d’oscillazione di un pendolo?
Bambini (tutti in coro) : Dalla pallina!!!
Secondo le ipotesi formulate dai bambini le “palline” di dimensioni maggiori
o più pesanti avrebbero dovuto imprimere all’oscillazione una durata
maggiore.
Oltre ad effettuare tutte le misure, gli alunni hanno voluto provare a far
partire contemporaneamente due pendoli con massa oscillante diversa.
90
Dopo che i bambini avevano effettuato varie prove, con sfere di diverso
materiale e dimensioni, abbiamo riflettuto sui risultati ottenuti.
I bambini hanno osservato che i tempi erano tutti più o meno uguali; ho
riproposto allora la domanda.
V. : Se il tempo d’oscillazione non dipende dalla “pallina”, come avete detto
voi, da cosa potrebbe dipendere?
Leonardo: Dalla forza che si dà alla pallina!!”
Questa affermazione ha introdotto la verifica della seconda fase: misurare
l’oscillazione di un pendolo variando soltanto l’ampiezza iniziale
dell’oscillazione.
Il risultato di questa esperienza ha lasciato tutta la classe molto sorpresa e
quasi incredula. I risultati empirici erano in contrasto con il loro intuito.
Così ho spiegato che cambiando l’angolo d’oscillazione, per esempio facendo
partire l’oscillazione da un punto più alto, la sferetta certamente acquista
una velocità maggiore ma è più grande anche lo spazio che deve percorrere.
A questo punto pongo altre domande alla classe e interviene un bambino:
V. : Se la durata di un’oscillazione non dipende né dalla sferetta appesa al filo
né dall’ampiezza dell’angolo da cui parte l’oscillazione, da che cosa può
dipendere?
Leonardo: Dal filo!
V. : Sì, o meglio…….
Tommaso: Dalla lunghezza del filo!!!
A questo punto i bambini hanno verificato empiricamente l’ipotesi
formulata, misurando le dieci oscillazioni del pendolo con una sferetta di
piombo uguale alla precedente ma con una lunghezza del filo maggiore.
Dopo aver eseguito le misurazioni, i bambini hanno osservato che il tempo
del periodo del pendolo adesso era aumentato.
Una volta capito che la durata dell’oscillazione dipende unicamente dalla
lunghezza del filo, ho chiesto alla classe:
91
V. : Se raddoppio la lunghezza del filo che cosa succede al tempo
d’oscillazione?
Tutti: Raddoppia!
Abbiamo allora provato a misurare il tempo d’oscillazione di un pendolo con
un filo lungo il doppio di quello usato precedentemente. Una volta raccolti
tutti i dati i bambini hanno notato che il periodo era aumentato ma non
raddoppiato.
Quindi ho spiegato ai bambini il funzionamento dell’orologio a pendolo.
Prima di iniziare l’esperienza i bambini non conoscevano il funzionamento
di un pendolo e non riuscivano a capire come questo strumento potesse
servire a misurare il tempo.
Così ho spiegato che l’orologio a pendolo è costruito in modo che
un’oscillazione abbia la durata di un secondo.
Ho quindi costruito un pendolo semplice con una lunghezza tale da battere il
secondo, ed ho mostrato ai bambini come sia facile costruire un “orologio a
pendolo semplice”. E’ stato doveroso precisare che l’orologio a pendolo è
costruito in modo che il pendolo mantenga la sua oscillazione molto a lungo,
grazie ad un meccanismo che gli fornisce una piccola spinta, mentre il
pendolo semplice finisce col fermarsi presto a causa dell’attrito dell’aria.
Prima di iniziare a raccogliere le misure in una tabella, è stato necessario far
eseguire ai bambini un po’ di prove, visto che le misure risultavano molto
diverse tra loro, anche di qualche secondo.
Non tutti i bambini hanno subito capito come eseguire una misurazione
corretta, ovvero come si contano dieci oscillazioni complete.
In particolare ho dovuto spiegare più volte la procedura soprattutto per i
primi alunni che si accingevano a misurare; una volta ripetuto il
procedimento varie volte non è stato più necessario rispiegarlo.
Ho chiesto loro di concentrarsi e impegnarsi il più possibile e alla fine
abbiamo ottenuto dei risultati abbastanza soddisfacenti.
92
Figura 21 Un’alunna durante la misurazione
Per raccogliere e confrontare i dati ottenuti è stata costruita una tabella con
tutte le misure effettuate dai bambini per ciascun tipo di pendolo. La tabella
10 permette di confrontare il valore medio della singola oscillazione dei
pendoli con il filo più corto e quello del pendolo con il filo più lungo.
Come si può notare il valore medio di una singola oscillazione dei primi
quattro pendoli risulta uguale, dimostrando che l’esperimento sulla legge
dell’isocronismo è riuscito.49
Osservando la tabella con le misure, i bambini hanno notato che i tempi
misurati per uno stesso pendolo erano più o meno uguali nelle cifre che
esprimevano i secondi ma non per quanto riguardava i decimi e i centesimi
di secondo. Ogni misura differiva non solo da bambino a bambino ma anche
all’interno delle quattro misure effettuate da ciascun allievo.
I bambini hanno inoltre constatato che, nonostante il filo del pendolo 5 fosse
molto più lungo del filo del pendolo 1, la differenza dei tempi si riduceva a
pochi secondi di scarto. 49 Se assumiamo che l’incertezza delle singole misure (corrispondente al tempo di reazione umano) sia dell’ordine di 0,1 secondi, i valori del periodo (ottenuti dividendo per 10 i tempi misurati) sono affetti da un’incertezza dell’ordine di 0,01 s. Per questo li ho scritti con due cifre dopo la virgola. Entro questo margine di errore, le medie dei primi quattro periodi risultano uguali.
93
Tabella 10 Raccolta delle misure ottenute
Pendolo 1 Filo corto Sfera di piombo
Pendolo 2 Filo corto
Sfera di legno
Pendolo 3 Filo corto Sfera di
piombo piccola
Pendolo 4 Filo corto
Sfera di legno grande
Pendolo 5 Filo lungo Sfera di piombo
16.00 s 15.92 s 15.90 s 16.00 s 19.06 s
15.98 s 16.03 s 16.03 s 16.03 s 19.03 s
16.03 s 16.00 s 15.97 s 15.98 s 19.03 s 16.03 s 15.88 s 16.00 s 15.95 s 19.00 s
15.79 s 15.67 s 15.85 s 15.66 s 18.97 s
15.68 s 15.74 s 15.73 s 15.72 s 18.95 s
15.74 s 15.88 s 15.80 s 15.88 s 19.00 s 15.83 s 15.70 s 15.68 s 15.77 s 19.03 s
15.60 s 15.78 s 15.81 s 15.77 s 18.90 s
15.79 s 15.65 s 15.87 s 15.80 s 19.00 s 15.80 s 15.65 s 15.87 s 15.91 s 18.92 s
15. 72 s 15.70 s 15.78 s 15.78 s 18.82 s
15.75 s 15.90 s 15.74 s 15.73 s 19.00 s 15.64 s 15.82 s 15.85 s 15.79 s 19.03 s
15.70 s 15.81 s 15.79 s 15.82 s 18.88 s
15.82 s 15.82 s 15.74 s 15.80 s 18.85 s
15.63 s 15.78 s 15.79 s 15.78 s 18.88 s
15.75 s 15.80 s 15.88 s 15.82 s 19.00 s
15.82 s 15.74 s 15.82 s 15.90 s 18.89 s
15.70 s 15.92 s 15. 85 s 15.82 s 18.78 s
15.68 s 15.75 s 15.69 s 15.80 s 18.86 s
15.70 s 15.78 s 15.78 s 15.79 s 18.92 s
15.82 s 15.78 s 15.77 s 15.77 s 18.88 s
15.74 s 15.80 s 15.67 s 15.82 s 19.00 s
15.75 s 15.79 s 15.80 s 15.75 s 19.03 s
15.83 s 15.79 s 15.82 s 15.80 s 18.93 s
15.74 s 15.80 s 15.74 s 15.78 s 18.85 s
15.69 s 15.87 s 15.80 s 15.69 s 18.90 s
15.80 s 15.82 s 15.75 s 15.80 s 18.89 s
15.78 s 15.80 s 15.80 s 15.79 s 19.00 s
15.72 s 15.89 s 15.80 s 15.74 s 18.88 s
15.82 s 15.78 s 15.76 s 15.69 s 18.80 s
15.85 s 15.79 s 15.74 s 15.71 s 19.02 s
15.80 s 15.69 s 15.80 s 15.83 s 18.79 s
15.74 s 15.81 s 15.78 s 15.83 s 18.88 s
15.80 s 15.70 s 15.83 s 15.75 s 18.89 s
15.75 s 15.82 s 15.80 s 15.69 s 19.00 s
15.81 s 15.76 s 15.80 s 15.75 s 18.87 s
15.68 s 15.75 s 15.79 s 15.80 s 18.90 s
15.70 s 15.79 s 15.73 s 15.78 s 19.01 s
Valore medio 15.78 s 15.80 s 15.81 s 15.80 s 18.93 s
Valore medio di una singola
oscillazione 1.58 s 1.58 s 1.58 s 1.58 s 1.89 s
94
Utilizzando uno strumento abbastanza sensibile come il cronometro ho
quindi potuto introdurre il concetto di errore di misura.
Da quanto è emerso dai questionari iniziali, per la maggior parte dei bambini
la misura era un qualcosa di certo e determinato che non contiene al suo
interno nessun errore possibile.
Osservando i dati raccolti, però, i bambini hanno osservato subito che non
era possibile dare una “misura precisa e perfettamente esatta”.
Infatti, nonostante l’impegno e la concentrazione impiegata nel misurare,
nessuno riusciva ad ottenere una serie di misure perfettamente identiche.
Questo fatto dimostra che quando misuriamo commettiamo sempre “un
errore” che può dipendere dallo strumento usato e dall’osservatore.
I bambini hanno intuito che misurare con il cronometro richiede una certa
capacità di riflessi, che può variare da persona a persona, ma anche dalla
propria concentrazione.
3.3.4 La misura di massa e la densità
IV incontro: 4 dicembre 2012
Obiettivi specifici:
Comprendere la differenza tra massa e peso
Misurare la massa di alcuni oggetti con unità di misura non
convenzionali e convenzionali
Comprendere il concetto di densità di una sostanza
Calcolare il volume di oggetti non regolari
Determinare la densità di alcuni oggetti
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Descrizione attività:
Il quarto incontro è iniziato con la spiegazione dei concetti di massa e di
peso che, come è emerso dai questionari, erano due concetti di cui i bambini
non conoscevano quasi niente.
Ho iniziato la lezione spiegando che le parole massa e peso sono spesso
utilizzate nel linguaggio comune in modo sbagliato, come sinonimi. In realtà
si tratta di due diversi concetti. La massa indica la quantità di materia che
compone un corpo indipendentemente dal luogo in cui si trova. Ho portato
come esempio il fatto che se potessimo andare sulla Luna, avremmo lì la
stessa massa che abbiamo sulla Terra. Per far capire meglio questo concetto
ai bambini ho spiegato che, andando sulla Luna, avremmo anche lì una testa,
due braccia, due gambe. Ho introdotto poi il concetto di peso, spiegando che
esso invece misura la forza con cui un corpo viene attratto dalla Terra. Ho
spiegato che, a differenza della massa, il peso può variare a seconda del
luogo in cui si trova il corpo. Ho portato come primo esempio il fatto che il
nostro peso sulla Terra è diverso da quello che avremmo sulla Luna a causa
della gravità terrestre. Per far riflettere i bambini ho cercato un altro
esempio più vicino al loro mondo e alla loro esperienza. Li ho fatti riflettere
sul fatto che quando siamo in acqua abbiamo una situazione simile: la nostra
massa rimane la stessa, noi rimaniamo gli stessi ma siamo più leggeri, a
causa della spinta che riceviamo dall’acqua. Quindi la massa non cambia mai,
ma il peso sì perché dipende da dove ci troviamo. Per mostrare ai bambini
l’esistenza dell’attrazione terrestre ho lasciato cadere un libro ed ho
spiegato che esso cade perché è attratto verso il centro della Terra.
Infine ho chiarito che i due concetti vengono spesso confusi perché sono
molto legati tra loro, infatti sulla Terra il peso dipende dalla gravità, alla
quale un corpo è soggetto, ma anche dalla massa dell’oggetto.
Successivamente ho mostrato ai bambini la bilancia ed ho spiegato che serve
per misurare la massa di un corpo. La bilancia a piatti è uno strumento che ci
96
permette di mettere a confronto due oggetti e di stabilire quali dei due sia
più pesante. A questo punto ho chiesto ai bambini se utilizzando la
bilancia a piatti è possibile dire di quanto un oggetto è più pesante di un
altro.
Figura 22 Bilancia a piatti con una pietra e i bottoncini di vetro usati come contrappeso
Dal silenzio della classe, ho capito che non erano abituati ad usare questo
tipo di bilancia, mentre avevano più familiarità con la bilancia da cucina. Ho
quindi proposto di provare a misurare la massa di alcune pietre, utilizzando
come contrappeso alcuni bottoncini di vetro tutti uguali.
Dopo la mia proposta i bambini hanno capito subito che questa soluzione
consentiva di vedere di quanti bottoncini, o meglio unità, un oggetto
differiva dagli altri. Ho ricordato ai bambini che misurare significa
confrontare, e la bilancia a piatti è adattissima a mostrare questo concetto,
in quanto richiede di confrontare i due piatti.
Ho spiegato alla classe che la misurazione della massa di un oggetto consiste
nel mettere in un piatto l’oggetto da misurare e nell’altro tante unità quante
sono necessarie affinché i due piatti siano in equilibrio.
97
Durante le misurazioni i bambini si sono accorti che utilizzando questa unità
di misura è possibile stabilire quanto un oggetto è più pesante di un altro ma
ciò comporta alcuni problemi.
In qualche caso infatti, i bambini hanno notato che non era possibile
ottenere l’equilibrio perfetto dei piatti, perché un bottoncino in più risultava
troppo ed uno in meno poco.
Le misure ottenute quindi non erano misure precise.
Questo “sistema di misura” non è stato ritenuto né valido né universale.
A questo punto sono stati i bambini stessi ad esprimere la necessità di
utilizzare un’ unità di misura convenzionale.
Così abbiamo ripetuto tutte le pesate utilizzando i campioni di massa.
I campioni di massa utilizzati erano così suddivisi: 500 g, 200 g, 100g, 50 g,
20 g, 10 g, 5g, 1 g.
Durante l’uso della bilancia, osservando che alcuni bambini non si
posizionavano correttamente, ho approfittato dell’occasione per far notare
loro che anche in questo caso l’osservatore che compie la misura può
commettere un errore, come quello di posizionarsi non perfettamente
davanti all’ago della bilancia ma un po’ di lato.
Figura 23 Misurazione di una pietra con i “campioni di massa”
98
Una volta misurate tutte le masse degli oggetti, e raccolti tutti i dati in una
tabella, siamo passati allo svolgimento della seconda fase dell’incontro.
Ho iniziato ricordando ai bambini la domanda del questionario iniziale: “in
una bilancia a bracci in un piatto c’è una certa quantità di legno e nell’altro c’è
del ferro. Quale peserà di più?”
Ho informato la classe che alcuni di loro avevano risposto che pesava di più
“quello con il ferro”. Ho allora chiarito che il ferro a parità di volume col
legno pesa più del legno ma la domanda non riportava la quantità dei
materiali.
Abbiamo poi riflettuto insieme sul fatto che se pensiamo al ferro, lo
pensiamo come un qualcosa di più pesante rispetto al legno, poiché una
pallina di ferro e una pallina di legno, che hanno le stesse dimensioni hanno
un peso molto diverso. Se le palline sono uguali ma con peso diverso
significa che deve esserci qualcosa che le differenzia. Senza dubbio quella
più pesante è di ferro. Questo dipende da una caratteristica specifica della
sostanza che non dipende dalla sua quantità ed è chiamata densità.
I bambini non avevano ancora affrontato il volume dei solidi regolari a
geometria, così ho chiarito che il volume è quella proprietà che misura la
porzione di spazio occupato da un corpo.
Ho chiesto ai bambini di calcolare la densità
di alcuni oggetti, attraverso il rapporto tra
massa e volume di quest’ultimi.
Ho mostrato agli alunni alcune pietre e ho
spiegato che, poiché hanno una forma
irregolare, non si riesce a stabilire quale tra
le pietre abbia un volume maggiore. Per
determinare il volume di oggetti irregolari, si
ricorre alla misura del liquido che l’oggetto Figura 24 Disegno del vaso del “troppo pieno”
99
sposta immergendolo in un recipiente. A questo scopo ho mostrato ai
bambini il vaso del “troppo pieno”(fig. 24) che avremmo utilizzato. Questo
particolare recipiente ha un’apertura che consente la fuoriuscita del liquido
una volta superato il limite. Per misurare il volume di un oggetto basta
quindi riempire il vaso d’acqua fino al limite, immergere l’oggetto e misurare
con un cilindro graduato in ml il volume d’acqua fuoriuscito. La misura
ottenuta è il volume dell’oggetto in questione.
Ho ritenuto opportuno precisare che questo è solo uno dei modi utilizzati
per determinare il volume. Ho chiarito che 1 ml è la millesima parte del litro,
unità di misura nel Sistema Internazionale e che utilizzeremo il ml come
unità di misura del volume nei nostri calcoli.
Per l’occasione ho scelto alcune pietre di tipo diverso tra cui alcune con
massa uguale e una barretta di ferro.
Figura 25 Il ferro e le pietre utilizzate
100
Prima di iniziare ho chiesto ai bambini quale degli oggetti proposti avesse
secondo loro una densità maggiore. Tutti sono stati concordi nel rispondere
“quello che ha una massa maggiore”.
Una volta terminate le misurazioni del volume, abbiamo completato la
tabella (tabella 12) ed abbiamo calcolato la densità, utilizzando la formula:
Dopo aver compilato la tabella, ho chiesto ai bambini di osservare i risultati
ottenuti.
I bambini hanno osservato che il sasso con massa minore rispetto a tutti gli
altri non ha la densità più bassa.
Hanno riflettuto poi sul fatto che oggetti di uguale massa non hanno uguale
densità e che “il sasso bianco con massa di 180 g ha una densità più piccola di
quelli con massa 100 g”.
Chiedo allora agli alunni di riflettere anche sui volumi. Viene osservato che il
ferro ha una massa maggiore rispetto a tutti gli altri oggetti, così come la
maggiore è la densità, ma ciò non vale per il volume.
A questo punto chiedo alla classe cosa accadrebbe se tagliassi uno dei sassi o
la barretta di ferro a metà.
I bambini rispondono che la massa dimezzerebbe. “ E la densità?” domando,
molti bambini rispondono in coro : “dimezza!”.
Ricordo allora alla classe che la densità è una
caratteristica specifica della sostanza che non
dipende dalla quantità. Gli alunni hanno riflettuto
allora sul fatto che un piccolo pezzetto di ferro ha
la stessa densità di un pezzetto di ferro più grande,
perché è comunque sempre ferro. Per dare una
prova empirica a queste riflessioni, hanno provato a misurare la
densità di pezzetto più piccolo di ferro (Figura 26).
Figura 26 Pezzo di ferro più piccolo
101
A questo punto ho ritenuto utile verificare la comprensione di questo
concetto provando anche a calcolare la densità dimezzando sia la massa che
il volume. Eseguendo queste prove i bambini hanno capito che la densità
rimane la stessa, perché si tratta di un rapporto e quindi dividendo o
moltiplicando per uno stesso numero sia la massa che il volume il risultato
non cambia.
Osservando l’unità di misura, i bambini hanno chiesto il motivo per cui la
densità “non possieda una unità di misura sua” ma il rapporto dell’unità di
misura della massa e del volume.
Si è reso necessario spiegare quindi che la lunghezza, il tempo e la massa
sono grandezze dette “fondamentali” e che su di esse si possono eseguire
misure dirette.
La densità invece è una grandezza “derivata”, si ottiene cioè attraverso altre
grandezze e non si misura direttamente.
Per concludere l’esperienza sulla densità, ho mostrato ai bambini due
bottigliette da 500 ml, una riempita d’ olio e l’altra d’acqua.
Ho chiesto quale pesasse di più, e quasi tutti hanno risposto “pesano uguale”,
mentre solo alcuni “pesa di più l’acqua perché l’olio pesa meno”.
Dopo aver eseguito questa dimostrazione sulla bilancia a due piatti, dove si
vedeva molto bene che l’olio era più leggero, ho versato alcune gocce d’olio
in un contenitore pieno d’acqua.
Osservandolo i bambini hanno affermato che l’olio galleggia perché è più
leggero dell’acqua, ed allora io ho spiegato che l’olio ha una densità minore
rispetto all’acqua: per questo motivo galleggia e per questo motivo a parità
di volume, come nel caso delle bottigliette, quella piena d’olio è più leggera.
Terminate tutte le esperienze i bambini hanno concluso che la massa degli
oggetti non dipende unicamente dalle loro dimensioni, e la densità non
dipende dalla quantità.
102
Al termine della lezione, in vista dell’incontro successivo e della verifica
finale, ho ritenuto utile riassumere i principali concetti trattati in ogni
incontro.
In particolare ho posto ai bambini alcune domande e ho chiesto loro di
rispiegare i concetti trattati precedentemente .
Figura 27 Bambini mentre misurano la massa di un sasso utilizzando i bottoncini di vetro
103
Figura 28 Alcuni alunni mentre misurano la massa degli oggetti utilizzando i “campioni di massa”
Riporto qui di seguito le tabelle con tutte le misurazioni fatte dai bambini.
Nella Tabella 11 sono riportate le misure dei vari sassi utilizzando come
unità di misura i bottoncini di vetro.
Tabella 11
OGGETTO NUMERO BOTTONCINI DI VETRO
Sasso piatto 21
Sasso bianco e rosa 21
Sasso bianco fra 37 e 38
Lava vulcanica 21
Sasso piccolo fra 14 e 15
Ferro fra 31 e 32
104
Nella Tabella 12, invece, sono riportate la misura della massa, ottenuta
utilizzando la bilancia con i “campioni di massa”, il volume misurato con il
vaso del “troppo pieno” e la densità, risultato del rapporto tra massa e
volume.
OGGETTO MASSA VOLUME DENSITA’
Sasso piatto 100 g 42 ml 2.38 g/ml
Sasso bianco e
rosa 100 g 45 ml 2.22 g/ml
Sasso bianco 180 g 76 ml 2.37 g/ml
Lava vulcanica 100 g 51 ml 1.96 g/ml
Sasso piccolo 70 g 23 ml 3.04 g/ml
Ferro 150 g 18 ml 8.33 g/ml
Ferro grande 550 g 66 ml 8.33 g/ml
Tabella 12
Figura 29 Alunno durante la misura del volume Figura 30 Un’altra alunna compie la stessa operazione
105
Figura 32 Recipiente con acqua ed olio
Figura 31 Confronto tra la bottiglietta d’acqua e quella d’olio
106
3.4 IL QUESTIONARIO DI VERIFICA
3.4.1 La stesura del questionario
Una volta effettuati gli incontri in classe previsti dal progetto, ho ritenuto
utile sia per loro, sia per me, elaborare un questionario finale che
riassumesse tutte le conoscenze fondamentali che i bambini avrebbero
dovuto acquisire durante il percorso svolto.
La valutazione finale è la parte più importante di qualsiasi progetto, poiché
permette di verificarne il successo o l’insuccesso.
Ho quindi proposto alcuni quesiti inerenti alle esperienze fatte in classe,
alcuni volutamente simili a quelli del questionario iniziale.
Ho ritenuto importante inserire anche una domanda che chiedesse ai
bambini di esprimere la loro opinione sulle esperienze svolte, per sapere in
che modo avevano affrontato gli incontri, se erano stati apprezzati e se
erano stati utili.
Per rendere la verifica più interessante e attraente per i bambini, ho pensato
di elaborare un cruciverba, inserendo tutte le parole-chiave incontrate nel
percorso.
Per realizzarlo ho scelto le parole da inserire ed ho iniziato a fare alcune
prove per incrociarle. Scelta la soluzione migliore, ho ideato le
corrispondenti definizioni.
Il cruciverba può divenire un importante sussidio didattico per la
valutazione e l’apprendimento di molte discipline, compresa la fisica.
Questa tecnica, che può essere definita “dell’imparare giocando”, consiste
nel proporre un gioco enigmistico, che stimola gli allievi a trovare parole e
concetti ricercandoli nel bagaglio di conoscenze possedute.
Perciò gli allievi vengono chiamati a fare uno sforzo di memoria, un’attenta
riflessione sulle conoscenze e competenze riguardanti il tema scelto.
107
L’insegnante, a sua volta, avrà a disposizione un utile strumento per la
valutazione.
3.4.2 I risultati del questionario Il questionario finale ha rilevato che tutta classe ha seguito con attenzione
più o meno costante il lavoro svolto. Attraverso i dieci quesiti sono state
messe in evidenza le conoscenze di ognuno (il questionario è riportato fra gli
allegati posti in fondo al volume, pag.119).
In particolare dalla prima domanda è emerso che tutti all’interno della
classe, sulla base delle esperienze svolte, sono riusciti a superare la
concezione per cui misurare significhi calcolare qualcosa. Al di là della
completezza della definizione che ciascuno ha fornito, tutti gli alunni hanno
comunque riconosciuto che il procedimento della misurazione consista nel
fare un confronto.
A tale proposito ritengo interessante mostrare una risposta di un alunno,
che è stata certamente la più precisa e completa rispetto al lavoro svolto.
Esempio 11
Alla seconda e alla terza domanda, riportate di seguito, hanno risposto
correttamente quasi tutti i bambini salvo qualche errore.
2) Portata, sensibilità, prontezza e precisione sono caratteristiche degli………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………………
108
3)
Anche la quarta domanda ha avuto la quasi totalità di risposte corrette, fatta
eccezione di due alunni, tra l’altro assenti all’incontro precedente in cui è
stato svolto il ripasso dei concetti principali.
4) L’orologio a pendolo è costruito in modo che una oscillazione abbia la durata
di........................................................................................................................... .............
La quinta domanda ha avuto anch’essa quasi la totalità di risposte corrette
eccetto quelle date da quattro alunni.
5) Il tempo di durata di un’oscillazione del pendolo dipende soltanto
dalla……………………………………………………………………………………………………………………………
Per i risultati della sesta domanda invece ho elaborato invece un grafico
delle risposte.
Grandezza Unità di misura
Lunghezza
Tempo
Massa
109
Figura 33
Affermazione 1: La densità è una caratteristica specifica della sostanza e non dipende dalla sua quantità.
Affermazione 2: Se due oggetti hanno la stessa massa, allora hanno anche le stesse dimensioni.
Affermazione 3: Le misure non sono mai completamente esatte perché dipendono dagli strumenti utilizzati e da
chi misura.
Affermazione 4: A seconda dell’unità di misura scelta si possono avere misure diverse. Per questo occorre un
sistema di misura universale.
Affermazione 5: La massa di un oggetto non varia mai.
La domanda n. 7 si è rivelata utile, per comprendere se i bambini avevano
capito come è fatto un pendolo e se erano in grado di riprodurlo.
In alcuni casi questo disegno ha fatto trapelare anche qualche informazione
in più, come nella figura 34.
110
Figura 34
L’ottava domanda, riportata di seguito, è stata intuita da 16 bambini su 20.
8) Alcuni bambini hanno misurato la parete di una stanza a spanne. Le misure riportate
sono le seguenti:
MISURA 1: 35 spanne
MISURA 2: 37 spanne
MISURA 3: 90 spanne
MISURA 4: 36 spanne
MISURA 5: 34 spanne
MISURA 6: 35 spanne
MISURA 7: 20 spanne
Elimina quelle che ritieni sbagliate motivando la tua scelta.
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
Infine l’opinione sugli esperimenti svolti è stata in generale molto positiva.
111
I bambini hanno apprezzato molto le attività fatte in classe, che sono state
definite da molti “divertenti e non noiose come sono invece le lezioni di solito a
scuola”.
Gli esperimenti sono stati valutati dai bambini utili e di facile comprensione.
Qualche alunno ha espresso anche la volontà di voler proseguire con questo
tipo di attività, come riporto negli esempi seguenti:
Esempio 12
Esempio 13
L’ultimo quesito prevedeva la risoluzione del cruciverba da me elaborato.
Il cruciverba è stato completato totalmente da 17 alunni su 20 (era infatti
assente 1 alunno), i restanti 3 hanno completato il cruciverba parzialmente
lasciando in bianco dalle 2 alle 3 definizioni. Questa modalità di quesito ha
riscontrato un grande successo tra i bambini.
Attribuendo ad ogni domanda un certo punteggio, ho poi assegnato ad ogni
verifica una valutazione su scala decimale, in modo da far capire ai bambini
abituati a questo tipo di valutazione, quali fossero i risultati ottenuti.
Elaborare una scala di valutazione mi ha permesso poi di capire il successo
del progetto.
112
Nel grafico seguente ho riportato la votazione in decimi conseguita dagli
alunni:
Figura 35
Nessun alunno ha ottenuto un voto inferiore al 7 e la maggioranza dei
bambini ha ottenuto il massimo. La media aritmetica è quasi 9, quindi molto
vicina alla votazione massima.
Da questi risultati possiamo quindi concludere che gli obiettivi prefissati
sono stati raggiunti da tutti gli alunni, con molte punte d’eccellenza.
In conclusione i risultati di questo progetto sono stati molto positivi ed al di
sopra delle mie iniziali prospettive e posso perciò ritenermi soddisfatta di
come ho lavorato con la classe.
La constatazione del successo del progetto passa anche attraverso la
valutazione della distribuzione delle risposte: corrette, errate o incomplete.
Nel conteggio è stata esclusa la domanda n.9 perché richiedeva di esprimere
un giudizio, e non era quindi destinata alla valutazione.
I bambini hanno risposto bene a quasi tutti i quesiti e non ci sono state
particolari difficoltà nel rispondere alle domande.
15%
25%
25%
35%
n. alunni per voto in %
7
8
9
10
Voti
113
Nel seguente grafico sono riportati in percentuale il numero delle risposte
corrette, delle risposte errate e delle risposte incomplete o parzialmente
corrette.
Figura 36
3.5 CONCLUSIONI La proposta didattica è stata stilata, considerando non solo la componente
dell’insegnamento, ma anche quella dell’interesse e del divertimento da
parte dei bambini.
Le esperienze sono state ben accolte dagli studenti, soprattutto perché
uscivano da quella routine quotidiana che a volte caratterizza la scuola.
Le esperienze che hanno suscitato più interesse sono state quelle sulla
misura del tempo e sulla densità.
Il lavoro è stato soddisfacente poiché alla fine del percorso la maggioranza
della classe possiede una buona comprensione dei concetti chiave: gli alunni
hanno quindi raggiunto gli obiettivi che mi ero proposta nell’ambito dei
contenuti.
Lavorare con i bambini è un’esperienza unica e imprevedibile, apre la nostra
mente e ci costringe ad uscire da quegli schemi rigidi che talvolta limitano la
nostra immaginazione.
92,7%
2,7% 4,7%
Totale delle risposte in %
Risposte corrette
Risposte parzialmentecorrette
Risposte errate
114
La parte che ha richiesto più impegno da parte mia è stata certamente la
progettazione dei modi con cui presentare questi argomenti in classe, vista
anche la mia poca esperienza nel lavorare insieme ai bambini.
Ho ritenuto giusto coinvolgere il più possibile tutti gli alunni e lasciare che
fossero loro a fare le previsioni e a verificare le loro ipotesi.
Ho cercato di creare un ambiente adatto all’apprendimento attraverso la
formulazione di domande e commenti; ho cercato il più possibile di
incoraggiare gli alunni a porre domande e condividere con la classe dubbi e
riflessioni.
Lavorando con i bambini mi sono convinta sempre più che non esistono
contenuti che non possono essere loro proposti: bisogna soltanto scegliere
la forma e i modi giusti.
Il punto di forza che caratterizza questa proposta didattica è l’aver fatto
svolgere ai bambini delle semplici attività che racchiudevano in sé concetti
molto complessi, come quello di errore di misura, di densità ed anche di
massa e peso. Il progetto ha chiamato in causa concetti complessi, non
sempre di facile intuizione, ma gli esperimenti proposti sono stati di
semplice comprensione e attuazione, permettendo così l’apprendimento dei
concetti più difficili.
Inoltre i bambini, essendo poco abituati all’approccio sperimentale nelle
discipline scientifiche, hanno accolto con entusiasmo questo metodo
d’insegnamento.
Ho potuto osservare che gli alunni, dopo ogni incontro, aspettavano con
ansia quello successivo, vivendo queste esperienze come qualcosa di nuovo
o come se si trattasse di momenti di svago e di gioco e non di lezioni
didattiche. Questo aspetto ha contribuito alla riuscita del progetto e ad
accrescere la mia soddisfazione personale.
Al di là del successo riscontrato dal progetto, questa esperienza è stata un
importante contributo alla mia formazione personale e professionale.
115
Allegati
116
QUESTIONARIO 1) Secondo te misurare significa:
Confrontare
Avvicinare
Calcolare
Scegliere
2) Indica con una X ciò che si può misurare in modo “scientifico”:
Tutto
Una stanza
Un sentimento
La durata di un film
L’amicizia
L’altezza di una persona
La temperatura del corpo
Sapresti spiegare perché le risposte che hai scelto sono quantità misurabili e le altre
no?
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………..
3) Conosci una unità di misura della lunghezza? Quale?
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
4) Indica con una X se le seguenti affermazioni sono vere oppure false
V F
La misura del tempo si basa sull’anno solare.
L’unità di misura del tempo è il secondo.
Le misure non sono mai completamente esatte perché dipendono dagli strumenti utilizzati e da chi misura.
A seconda dell’unità di misura scelta si possono avere misure diverse. Per questo occorre un sistema di misura universale.
Il passo è un’unità di misura per lunghezze.
117
5) Hai mai sentito parlare di massa? Sai che cos è? Prova a spiegarlo.
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………..
6) Sapresti dire che cos è invece il peso?
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………..
7) Sopra ad uno dei due piatti di una bilancia c’è una certa quantità di ferro mentre
sopra l’altro piatto c’è del legno. Quale dei due piatti peserà di più?
Quello con il ferro
Quello con il legno
Occorre sapere la quantità di ciascuno dei due materiali
118
8) Un righello è stato appoggiato su un piccolo disco bianco (vedi figura). Qual è la
dimensione del disco?
Il disco misura……………………………………………………………………………………………………………
9) Unisci con una freccia gli strumenti alle rispettive grandezze.
Pendolo
Cronometro
TEMPO
Metro
Bilancia
LUNGHEZZA
Dinamometro
Clessidra
MASSA
Contakilometri
10) Secondo te, che cosa significa misurare?
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………..
119
VERIFICA
Completa
1) Misurare significa................................................................................. ..........................
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
2) Portata, sensibilità, prontezza e precisione sono caratteristiche degli………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………………
3)
4) L’orologio a pendolo è costruito in modo che una oscillazione abbia la durata
di........................................................................................................................... .............
5) Il tempo di durata di un’oscillazione del pendolo dipende soltanto
dalla……………………………………………………………………………………………………………………………
6) Indica con una X se le seguenti affermazioni sono vere oppure false.
V F
La densità è una caratteristica specifica della sostanza e non dipende dalla sua quantità
Se due oggetti hanno la stessa massa, allora hanno anche le stesse dimensioni
Le misure non sono mai completamente esatte perché dipendono dagli strumenti utilizzati e da chi misura.
A seconda dell’unità di misura scelta si possono avere misure diverse. Per questo occorre un sistema di misura universale.
La massa di un oggetto non varia mai
Grandezza Unità di misura
Lunghezza
Tempo
Massa
120
7) Disegna un pendolo
8) Alcuni bambini hanno misurato la parete di una stanza a spanne. Le misure riportate
sono le seguenti:
MISURA 1: 35 spanne
MISURA 2: 37 spanne
MISURA 3: 90 spanne
MISURA 4: 36 spanne
MISURA 5: 34 spanne
MISURA 6: 35 spanne
MISURA 7: 20 spanne
Elimina quelle che ritieni sbagliate motivando la tua scelta.
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………..
9) Esprimi la tua opinione sulle esperienze fatte in classe
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………
121
10) Completa il cruciverba ORIZZONTALI
1 E’ l’unità di misura del tempo 3 E’ il risultato del procedimento di misurazione 5 Può essere espressa in km ,hm, dam, m, dm, cm ,mm 7 Esprime il valore della misura e precede il simbolo dell’unità di misura 8 Serve per misurare il tempo. Molti di noi lo portano al polso
9 Può essere misurato con il cronometro
11 Si può costruire legando un peso in fondo ad un filo
12 Lo commettiamo misurando e può dipendere sia dallo strumento che dall’osservatore
13 E’ l’unità di misura della massa
15 E’ l’unità di misura della lunghezza
16 Misura il tempo ed è formata da 60 minuti
VERTICALI
2 Misurare significa……
3 E’ formato da 60 secondi
4 E’ la parte del corpo che si utilizza per misurare a spanne
6 E’ una caratteristica dello strumento di misura
10 Indica il valore massimo che lo strumento può dare
11 Nel linguaggio comune viene spesso confuso con il concetto di massa
14 E’ la quantità di materia che compone un corpo
1
S 2
C
3
M 4
M 5
L
6
S 7
N
8
O
9
T 10
P
11
P
12
E
13
K 14
M
15
M
16
O
122
Cruciverba risolto da un alunno
123
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