UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche...

151
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche Corso di Laurea in Economia e Gestione Aziendale APPUNTI DI TECNOLOGIA DEI CICLI PRODUTTIVI A cura di Lorenzo Spanedda ANNO ACCADEMICO 2016 – 2017

Transcript of UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche...

Page 1: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

Facoltà di Scienze Economiche,

Giuridiche e Politiche

Corso di Laurea in Economia e Gestione Aziendale

APPUNTI DI TECNOLOGIA DEI CICLI PRODUTTIVI

A cura di Lorenzo Spanedda

ANNO ACCADEMICO 2016 – 2017

Page 2: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

1

INTRODUZIONE

La tecnologia può essere definita come lo studio dei procedimenti e delle attrezzature necessarie per la trasformazione di una materia prima in un prodotto industriale.

Il ciclo produttivo può essere rappresentato come l’insieme del processo di lavorazione e dei fattori della produzione (capitale, energia, lavoro e materie prime) che consentono di ottenere un dato prodotto.

L’energia e le materie prime sono ricavate, direttamente o indirettamente, dall’ambiente, al quale poi tornano sotto forma di scarti di lavorazione, reflui e rifiuti.

Il ruolo e l’influenza della tecnologia nel mondo della produzione sono rilevanti,

anche considerando la stretta correlazione tra scienza e tecnologia, cioè tra ricerca scientifica e innovazione tecnologica.

Il numero delle tecnologie disponibili cresce continuamente ed aumenta di pari passo la possibilità di realizzare nuovi e migliori prodotti e fornire un maggior numero di servizi. Una sempre maggiore attenzione viene dedicata alla qualità di questi, ma occorre sempre considerare anche i possibili effetti negativi delle attività umane sull’ambiente.

In una società sempre più globalizzata non può essere trascurato il ruolo dell’attività di normazione, che accompagna e completa le disposizioni obbligatorie emanate da parte degli Stati o delle loro unioni con documenti che, seppure di applicazione volontaria, disciplinano numerosi aspetti della vita di ogni giorno.

Gli argomenti del corso di Tecnologia dei cicli produttivi sono riconducibili a quattro grandi aree, innovazione tecnologica, energia, qualità e ambiente, che non rappresentano mondi a sé stanti ma settori che interagiscono e si influenzano reciprocamente.

Page 3: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

2

L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Con il termine innovazione si intende qualunque idea, comportamento o strumento nuovo, cioè diverso dal punto di vista qualitativo da tutti i precedenti.

Con il termine innovazione tecnologica si intende, invece, il processo che consente l'introduzione sul mercato di nuove tecnologie e di invenzioni sotto forma di prodotti, processi, servizi o metodi di produzione o di commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia.

Quindi, l'innovazione tecnologica può essere definita come la trasformazione di un'invenzione tecnologica in un prodotto o in un processo produttivo nuovo o migliorato e commerciabile.

Esistono diversi tipi di innovazione:

• innovazione di prodotto; • innovazione di processo; • innovazione di organizzazione.

L'innovazione di prodotto comporta cambiamenti in un prodotto già esistente, ovvero l'ottenimento di un prodotto nuovo.

L'innovazione di processo può consistere in una modificazione di processi produttivi già esistenti o nell'introduzione di nuovi sistemi produttivi.

L'innovazione di organizzazione riguarda una diversa e nuova organizzazione del lavoro, dell'impresa in generale.

Questa classificazione non è poi così rigida come appare, cioè non sempre è possibile distinguere se una innovazione è di processo o di prodotto, perché quella che per un settore costituisce una innovazione di prodotto può rappresentare in un altro settore una innovazione di processo; inoltre, spesso l'innovazione di processo è collegata anche alla innovazione di prodotto e di organizzazione.

L'innovazione tecnologica può essere distinta in:

• innovazione radicale; • innovazione incrementale.

L'innovazione radicale è relativa all'introduzione di nuovi prodotti, nuovi

processi o nuove forme di organizzazione, particolarmente rilevanti per una singola azienda o per un intero settore produttivo.

L'innovazione incrementale, o evolutiva, deriva, invece, da miglioramenti o da nuovi impieghi, nuove applicazioni di un prodotto o di un processo produttivo già esistente.

Le innovazioni radicali sono eventi discontinui. Soprattutto al giorno d'oggi derivano dalle attività di ricerca svolta presso centri governativi o laboratori industriali. Si tratta di eventi distribuiti diversamente tra i vari settori nel tempo

Page 4: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

3

e molto importanti per lo sviluppo di nuovi mercati, la riduzione dei costi di produzione ed il miglioramento di prodotti già esistenti. Spesso implicano una combinazione dei diversi tipi di innovazione (di processo, di prodotto e di organizzazione).

Le innovazioni incrementali, diversamente da quelle radicali, si manifestano in modo abbastanza continuo in tutte le industrie ed in tutte le attività di servizio, anche se con ritmi diversi nei diversi settori, e sono spesso il risultato di invenzioni sviluppate all'interno delle aziende stesse; possono derivare da suggerimenti provenienti da ingegneri o da tecnici che operano all'interno dell'impresa piuttosto che da attività di ricerca finalizzate, oltre che da proposte formulate dagli utilizzatori finali. Sono molto importanti per migliorare l'efficienza di utilizzo dei fattori della produzione e, di conseguenza, la produttività e la competitività delle imprese.

A livello industriale l'innovazione riguarda sia i processi che i prodotti e può consistere nell'introduzione di nuovi processi produttivi basati su una tecnologia fondamentalmente nuova, oppure nel miglioramento o nello sviluppo di processi produttivi già esistenti. Ancora, può consistere nell'introduzione di nuovi prodotti basati su nuove tecnologie o nel miglioramento e nello sviluppo di prodotti già esistenti.

Gli stadi dell'innovazione sono:

• l'invenzione, quindi il fattore principale da cui deriva poi l'innovazione; • la diffusione; • l'adozione.

La diffusione implica sempre un certo intervallo di tempo tra le imprese che accettano subito le innovazioni e quelle che lo fanno soltanto in seguito. Dunque vi sono imprenditori che adottano subito l'innovazione e altri che lo fanno soltanto in un secondo tempo. Questo perché i fattori che influenzano la velocità di adozione delle innovazione sono diversi:

• le caratteristiche tecniche; • le caratteristiche economiche; • il prestigio; • le caratteristiche dell'imprenditore.

È chiaro che se una tecnologia è particolarmente complessa, complicata o poco compatibile con le tecnologie precedentemente applicate, sarà più difficile la sua adozione da parte dell'imprenditore.

Le caratteristiche economiche riguardano i costi iniziali, i costi d'esercizio e il rendimento del capitale. È ovvio che elevati costi iniziali d'esercizio o un rendimento del capitale non particolarmente elevato sono fattori che influenzano negativamente la velocità di adozione dell'innovazione.

Page 5: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

4

Per quanto riguarda il terzo fattore, ci sono innovazioni che possono dare prestigio alle imprese e quindi questo può costituire una spinta ad accettare queste innovazioni.

Le caratteristiche dell'imprenditore che debbono essere considerate sono la propensione verso l'introduzione di innovazioni, il reddito, il grado di istruzione e anche lo status socio-economico; anche le dimensioni aziendali sono importanti.

Le innovazioni possono ancora essere classificate in base ai cambiamenti che la loro adozione può comportare. L'introduzione di un'innovazione può lasciare immodificato il prodotto finale ma consentire una riduzione del costo unitario di produzione, che ovviamente rappresenta un vantaggio per l'impresa, ovvero può anche determinare la realizzazione di nuovi prodotti o di nuovi servizi.

In tutti i casi, comunque, le innovazioni vengono introdotte per ottenere diversi vantaggi: risparmio di energia (energia necessaria per alimentare un certo processo produttivo), ovvero un risparmio di materia prima (per unità di prodotto), ovvero ancora il miglioramento della qualità dei prodotti finiti (che significa poi avere prodotti di maggior valore sul mercato) o, nella migliore delle ipotesi, l'insieme di questi vantaggi (risparmio energetico; risparmio di materie prime; miglioramento della qualità dei prodotti finiti).

Le innovazioni rientrano tra le condizioni necessarie, anzi indispensabili, per lo sviluppo. Questo perché il sistema economico attuale è caratterizzato da una grande competitività, da una velocità del progresso tecnologico talmente elevata da portare a rapide modifiche degli equilibri. È indispensabile per le imprese disporre di tecnologie innovative. Anzi, questo è essenziale per le imprese che vogliano mantenere il proprio livello di competitività sul mercato e anche per le imprese che vogliano crescere e quindi espandersi in nuovi mercati.

Quindi, l'innovazione tecnologica è una reale necessità per tutte le imprese, non deve limitarsi alle tecnologie di punta, le tecnologie ad elevato contenuto tecnologico, ma deve estendersi anche alle tecnologie più convenzionali.

In passato l'innovazione tecnologica è stata frutto soprattutto di grandi investimenti, dell'impiego di grandi quantità di lavoro, per lo più entro le frontiere nazionali. Oggi non è più così. Negli ultimi decenni questa attività è stata caratterizzata dalla raccolta, dall'analisi e dall'utilizzo delle informazioni.

La competizione è diventata globale, riguarda tutti i Paesi del Mondo e ha portato a grandi cambiamenti in tempi brevi. I protagonisti di questi cambiamenti, di questa competizione, sono sempre meno imprese nazionali e sempre più imprese multinazionali o associazioni nate da accordi internazionali tra imprese e quindi appartenenti a diversi Paesi.

Se i cambiamenti della tecnologia hanno effetti importanti su uno o più settori economici, o danno origine a settori completamente nuovi, si parla di cambiamento del sistema tecnologico. Esempi si sono avuti con introduzione delle materie plastiche e delle fibre sintetiche, o nella petrolchimica, cioè l'industria che lavora i derivati del petrolio.

Si parla invece di rivoluzione tecnologica quando i cambiamenti apportati dall'innovazione hanno effetti profondi ed esercitano grande influenza sull'intera

Page 6: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

5

economia di un Paese. Questo si è verificato in passato e si possono trovare alcuni esempi che riconducono poi alle rivoluzioni industriali: la diffusione della macchina a vapore, dell'energia elettrica, dell'elaboratore elettronico.

Questi eventi, che rientrano nella teoria dei cicli lunghi dell'economia, sono normalmente basati su innovazioni radicali di prodotto, di processo e di organizzazione e si verificano piuttosto raramente, due o tre volte in un secolo: si tratta delle grandi innovazioni che poi rappresentano il punto di partenza per una lunga serie di piccole innovazioni successive.

Come già accennato il processo di innovazione tecnologica riguarda, seppure in

misura e con modalità differenti, tutte le imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni e dal settore di appartenenza.

Esistono imprese che sviluppano in proprio le innovazioni tecnologiche, definite imprese trainanti, e imprese invece che acquistano le tecnologie da imprese fornitrici. Ci sono naturalmente legami tra questi diversi tipi di imprese e quindi ci sono flussi di informazioni tra le imprese stesse che consentono che le innovazioni tecnologiche circolino tra questi diversi tipi di impresa:

• imprese basate sulla scienza (come per esempio le imprese elettroniche o chimiche);

• imprese a scala intensiva (come le imprese automobilistiche, metallurgiche o alimentari);

• fornitori specializzati (come le imprese meccaniche, quelle che producono strumentazione o macchine utensili);

• imprese dominate da fornitori (come le imprese agricole e le imprese tessili).

Le imprese dominate potranno soltanto ricevere tecnologia o dalle imprese

basate sulla scienza o dalle imprese a scala intensiva. Le imprese basate sulla scienza e le imprese a scala intensiva possono invece avere un flusso di informazioni, un flusso di tecnologie nei due sensi con i fornitori specializzati. Mentre le imprese a scala intensiva possono ricevere un flusso di informazioni da parte delle imprese basate sulla scienza.

Page 7: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

6

IL TRASFERIMENTO DELLE TECNOLOGIE

La tecnologia deve essere considerata come un prodotto dell’industria e della conoscenza, realizzata con l’impiego di risorse finanziarie, quindi con l’impiego di capitale e lavoro; capitale e lavoro impiegati per la ricerca scientifica che costituisce appunto la base per la tecnologia. Il capitale e il lavoro sono quindi gli input di questo ciclo produttivo che porta alla tecnologia; gli output sono rappresentati dai risultati della ricerca.

Non tutte le aziende, però, sono in grado di portare avanti progetti di ricerca e sviluppo, perché non dispongono delle attrezzature e dei mezzi finanziari necessari per questo tipo di attività, oltre che per i rischi economici che l’attività di ricerca comporta. Proprio per questo l’attività di ricerca si svolge essenzialmente nei centri delle grandi industrie.

Il fatto che la ricerca sia concentrata in pochi centri pubblici e privati, in poche industrie, implica il ricorso al trasferimento delle innovazioni tecnologiche messe a punto in questi centri di ricerca. Si fa ricorso attraverso vari mezzi al trasferimento dell’innovazione, processo che consente che le innovazioni realizzate presso un centro di ricerca in un dato Paese si possano diffondere nel sistema produttivo dello stesso Paese o anche di Paesi diversi. Dalla rapidità con cui si verifica la diffusione delle innovazioni tecnologiche disponibili sul mercato, cioè dalla rapidità con cui si diffondono le conoscenze tecnologiche e le innovazioni all’interno del sistema delle imprese, dipende il livello tecnologico del Paese stesso.

Il sistema di diffusione e di trasferimento dei risultati della ricerca, o meglio l’efficienza di tale sistema, influenza profondamente le potenzialità delle innovazioni. Questo processo di diffusione avviene in tre stadi successivi: 1) il primo, che comporta una diffusione su base gerarchica e viene definito

origine, è quello che comporta la diffusione dai centri di ricerca del processo tecnologico ed economico;

2) il secondo, indicato con il termine diffusione, è quello che corrisponde alla massima pervasività dell’innovazione;

3) il terzo, indicato con il termine saturazione, si ha quando le tecnologie sono ormai consolidate ed avviene per diffusione casuale. Il trasferimento di tecnologie è il risultato di quelle azioni che consentono di

acquisire capacità teoriche e pratiche per creare nuove opportunità produttive che siano sviluppabili dal punto di vista economico. Tutte le imprese sono interessate a questo processo a prescindere dalle dimensioni. Per rispondere alle nuove sfide dell’innovazione tecnologica le aziende possono agire aumentando i propri sforzi, quando ciò è possibile in funzione delle dimensioni dell’impresa, aumentando le risorse destinate alla ricerca e allo sviluppo, così come il personale impiegato nell’attività di ricerca e le apparecchiature necessarie. Naturalmente queste azioni possono essere affrontate solo da imprese strutturalmente adeguate, sia dal punto di vista organizzativo che economico, al rischio e alla complessità di queste attività.

Page 8: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

7

Con il passare del tempo si sono fatti sempre più stretti i rapporti tra centri universitari e industrie e i confini tra l’attività scientifica e l’azione tecnologica sono sempre meno individuabili; inoltre, il ciclo di vita dei prodotti e dei processi è sempre più breve a causa della spinta delle continue innovazioni, mentre aumentano i costi ed i tempi necessari per sviluppare nuovi prodotti e nuovi processi.

Le imprese devono, in un contesto come quello attuale, trarre il massimo dalle tecnologie a loro disposizione, riducendo l’intervallo di tempo che intercorre tra l’invenzione e la sua applicazione, cioè l’innovazione: inoltre, le imprese devono agire nella maniera migliore possibile per recuperare i costi della ricerca, migliorare le tecnologie utilizzate e realizzare nuovi progetti di ricerca. Infine, esse devono massimizzare l’utilizzo delle proprie tecnologie sui mercati mondiali, spesso ricorrendo al trasferimento tecnologico.

La realizzazione di questo processo è sempre meno possibile da parte di una singola impresa, anche se di grandi dimensioni, e richiede spesso l’attivazione di molteplici rapporti e collegamenti con altre imprese. Questo fenomeno comporta l’adozione di opportune strategie che possono essere ricondotte a due possibilità: - intensificare la ricerca interna, indicata con il termine inglese MAKE; - acquistare tecnologie dall’esterno, indicata con il termine inglese BUY.

Queste opzioni non sono necessariamente alternative, anzi spesso sono complementari, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese. Per queste è conveniente trovare un punto intermedio tra autoproduzione e acquisto, scegliendo di volta in volta l’opzione migliore in funzione delle proprie esigenze di diversificazione e delle proprie capacità di svolgere l’attività di ricerca tenendo conto delle risorse disponibili. Entrambe queste due possibilità presentano vantaggi e svantaggi.

I vantaggi della ricerca condotta direttamente all’interno dell’azienda sono rappresentati: - dalla più facile e più rapida diffusione dei risultati all’interno dell’azienda

stessa; - dall’arricchimento professionale e tecnologico che rappresenta poi la base per

future innovazioni; - dall’assenza di vincoli di gestione e di commercializzazione.

Il ricorso a strategie di tipo MAKE presenta anche svantaggi, quali i costi dell’attività non esattamente preventivabili e l'incertezza sul raggiungimento dell'obiettivo; inoltre, grava su questa scelta anche l'incognita del tempo necessario per condurre a termine l'attività di ricerca e farla sfociare in un’innovazione tecnologica applicabile al processo produttivo nei tempi previsti e utili per lo sviluppo dell'impresa.

Quando si ricorre all’acquisto di tecnologie dall’esterno naturalmente ci sono minori investimenti, mancano tutti i costi legati all’attività di ricerca in proprio; i tempi e i costi sono prevedibili in modo attendibile perché definiti in modo certo da un acquisto all'esterno dell'impresa e anche i rischi sono valutabili più facilmente perché riferiti a qualcosa che è già disponibile. Fra gli svantaggi riconducibili al ricorso a strategie di tipo BUY bisogna considerare l'incertezza di

Page 9: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

8

riuscire a trovare sul mercato la tecnologia di cui l’impresa necessita e la possibilità di instaurare una certa dipendenza da chi fornisce la tecnologia, dipendenza che può essere di vari livelli secondo i rapporti che regolano il trasferimento tecnologico. Per quanto riguarda i costi naturalmente devono essere sostenuti quelli necessari per l’acquisto della tecnologia.

I problemi connessi al trasferimento della tecnologia possono essere non esclusivamente economici ma anche tecnici: commercio e adattamento della nuova tecnologia possono essere diversi secondo le forme utilizzate per il trasferimento tecnologico.

Il trasferimento di tecnologie è un rapporto speciale tra fornitore e acquirente. L’acquirente è sempre rappresentato da un’impresa che intende acquisire la tecnologia oggetto del trasferimento, mentre il fornitore può essere rappresentato da soggetti diversi: - un’impresa che utilizza o ha utilizzato precedentemente in proprio questa

tecnologia ed è interessata a cederne la licenza d’uso, in tutto o in parte, con o senza limitazioni;

- un’impresa che ha come attività quella di fornire beni d’investimento utili per chi vuole adottare una determinata tecnologia;

- un istituto di ricerca, pubblico o privato, che svolge istituzionalmente una attività di ricerca (può essere in Italia il CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche - o l’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) dalla quale ricavare un utile economico che può essere essenziale o marginale per la propria esistenza o sopravvivenza;

- un ente che abbia acquisito la proprietà dei diritti di licenza a seguito di ricerche effettuate con finanziamenti pubblici. Comunque sia, il trasferimento tecnologico, sotto forma di acquisizioni, di

cessioni o di scambi di tecnologia, consente di valorizzare al massimo le tecnologie disponibili, accelera il processo di internazionalizzazione ed è uno strumento utile per le imprese che vogliono diversificare la propria produzione verso beni con un maggiore valore aggiunto, in tempi brevi e a costi inferiori in funzione delle proprie capacità di ricerca e sviluppo.

Il trasferimento tecnologico non è un’attività limitata alle tecnologie di punta, vale a dire alle high tech, ma interessa anche i settori produttivi convenzionali che riguardano i prodotti ad alta standardizzazione definiti con il nome di commodity. Il trasferimento tecnologico riguarda sia le grandi imprese multinazionali sia le piccole e medie imprese, sia i Paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo.

Le conoscenze riguardanti la tecnologia oggetto di trasferimento sono in genere note a pochi soggetti, sono conoscenze esclusive, spesso oggetto di un monopolio che può essere di diritto o di fatto. Il monopolio è di diritto se la tecnologia è protetta da un brevetto, mentre è di fatto se l’esclusività dipende dalla segretezza delle informazioni che riguardano la tecnologia; le conoscenze segrete

Page 10: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

9

che consentono l’utilizzazione di una tecnologia vengono comunemente indicate con il termine know how.

Il trasferimento tecnologico può essere effettuato utilizzando diverse

modalità: - licenza - joint venture - accordi partecipativi - investimento diretto - produzione su commissione - venture capital (capitale di rischio).

Con la licenza un’organizzazione, titolare di diritto o di fatto di una proprietà industriale, brevetto o know how, definita licenziante (può essere un’impresa o anche un centro di ricerca, pubblico o privato) che ha sviluppato, ed eventualmente utilizzato, una determinata tecnologia, consente ad un’impresa, definita licenziataria, l’utilizzo di tale tecnologia per la realizzazione di un bene entro limiti stabiliti dal punto di vista produttivo, commerciale o territoriale. Le licenze possono essere di diverso tipo: - licenze di brevetto (quando le informazioni relative alla tecnologia sono

tutelate legalmente) - licenze di tecnologia (o di know how, quando le informazioni connesse sono

riservate) - licenze miste (quando il brevetto copre parte della tecnologia, mentre alcune

informazioni sono riservate). La licenza rappresenta la forma più semplice e più flessibile di trasferimento

tecnologico e presenta vantaggi e svantaggi diversi, sia per chi cede la tecnologia sia per chi la acquisisce.

Per l’impresa licenziante, vale a dire l’impresa che cede la tecnologia, c’è la possibilità di diffondere questa tecnologia in tempi rapidi e senza impegnare ulteriori capitali; anzi, la cessione offre ad essa la possibilità di recuperare una parte degli investimenti impiegati nell’attività di ricerca. Questo consente, quindi, di poter disporre di capitali da investire in altri progetti e rappresenta un incentivo al continuo aggiornamento tecnologico. Poiché la tecnologia trasferita può essere migliorata anche da parte dell’impresa che la acquisisce, normalmente nel contratto di licenza viene inserita una clausola che obbliga il licenziatario a comunicare al licenziante le modifiche migliorative eventualmente apportate.

Lo svantaggio principale per il licenziante è rappresentato dalla possibilità di trasformare i licenziatari in potenziali concorrenti, che attraverso la tecnologia oggetto del trasferimento possono ampliare le proprie aree di mercato. Inoltre, un altro svantaggio può essere rappresentato, in alcuni casi, dalla impossibilità di controllare direttamente la tecnologia trasferita: in particolare, se il contratto di trasferimento prevede limitazioni alla durata dell’obbligo alla segretezza, caso che si verifica nel trasferimento non coperto da brevetto, alla scadenza di questo

Page 11: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

10

termine esiste la possibilità che le informazioni siano diffuse e, di conseguenza, che l’impresa licenziante ne perda il controllo esclusivo.

Il licenziatario normalmente ha il vantaggio di acquisire dal licenziante tutta la documentazione necessaria all'applicazione della tecnologia al processo produttivo ed è messo in grado di impiegare in breve tempo la tecnologia trasferita. Inoltre, spesso vengono inclusi nel contratto anche l’assistenza tecnica iniziale e l’obbligo per il licenziante di trasferire eventuali versioni aggiornate della documentazione che riguarda la tecnologia.

Gli svantaggi per il licenziatario sono legati alla rinuncia a realizzare una propria cultura tecnologica. Innanzitutto, in caso di abbandono da parte del licenziante della tecnologia trasferita, il licenziatario avrà la necessità di recuperare la capacità autonoma di operare su un prodotto (oggetto del trasferimento) che il licenziante considera obsoleto e che quindi ha abbandonato. Inoltre, il licenziatario sarà portato per eventuali ulteriori acquisizioni di tecnologia a privilegiare il primo licenziante, soprattutto per semplicità e per compatibilità della documentazione con quella già a sua disposizione, così limitando la possibilità di muoversi liberamente sul mercato delle tecnologie disponibili.

La joint venture (letteralmente rischio congiunto) è, in generale, un accordo di collaborazione con cui due o più imprese (mantenendo la propria indipendenza giuridica) collaborano per la realizzazione di un progetto di natura industriale o commerciale che vede l'utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti, ma anche un’equa suddivisione dei rischi legati all’investimento. Nel caso del trasferimento tecnologico, la joint venture nasce dalla cooperazione tra un’impresa che ha sviluppato una tecnologia e un’altra che partecipa alla costituzione di una vera e propria nuova società, destinataria del trasferimento tecnologico, apportando capitali, personale o esperienza. Questo permette sinergie e complementarietà reciproche per sfruttare al meglio la tecnologia trasferita. Il ricorso alla joint venture può essere motivato dalla impossibilità, per l’impresa che detiene una tecnologia, di affrontare in proprio gli investimenti necessari per il suo sfruttamento, ovvero dalla opportunità di essere affiancata da un partner per avviare iniziative in settori innovativi e ad alto rischio. In alcuni casi la formazione di una joint venture è l’unico modo per superare le barriere protezionistiche imposte dai Paesi che non intendono consentire ad altri il controllo dello sviluppo industriale interno. La joint venture è una forma di trasferimento più complessa della licenza e offre a chi mette a disposizione la tecnologia l’occasione di incrementare i propri profitti e contemporaneamente di condividere i rischi legati agli investimenti necessari. Per l’impresa partner, che partecipa a questa forma di trasferimento, c’è, rispetto alla licenza, una maggiore garanzia riguardo alla validità della tecnologia, considerato che l’impresa che la detiene entra a fare parte della stessa società condividendo rischi e utili.

Page 12: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

11

Un caso particolare di joint venture, limitata alla gestione e allo sfruttamento successivo delle innovazioni, è rappresentato dagli accordi partecipativi che intervengono tra imprese di diverse dimensioni e con diverse competenze tecnologiche. Si tratta di consorzi tra: - imprese di grandi dimensioni; - piccole e medie imprese; - eventualmente amministrazioni o enti pubblici.

Sono consorzi che nascono appunto allo scopo di sviluppare particolari sinergie, in particolare la propensione a realizzare processi innovativi e la capacità di sfruttare commercialmente le innovazioni.

L'investimento diretto è una modalità di trasferimento che può verificarsi sia in senso orizzontale, tra imprese, che in senso geografico, tra diversi Paesi. L'investimento diretto in senso geografico consente, come nel caso delle joint venture, di superare possibili barriere di ingresso in un altro Paese o altri impedimenti di carattere politico-economico che renderebbero difficili o poco convenienti altre forme di penetrazione. Per realizzare l’investimento diretto le imprese hanno due differenti possibilità: - aprire una filiale; - acquisire il controllo di una società preesistente.

Aprire una filiale permette il massimo controllo della tecnologia trasferita, mentre acquisire il controllo di una società può consentire di entrare in possesso delle tecnologie a disposizione dell’impresa controllata o salvaguardare la tecnologia in precedenza trasferita mediante l’uso della licenza.

Con la produzione su commissione un’impresa che detiene una tecnologia (committente) la trasferisce ad un’altra impresa, detta terzista, perché la utilizzi per realizzare per suo conto un determinato prodotto. Questa forma di trasferimento tecnologico può essere originata da diversi motivi, che possono essere contingenti, come l'esigenza di disporre di una maggiore capacità produttiva (ad esempio per far fronte ad una aumento della domanda che si prevede limitato nel tempo e che l’impresa committente non è in grado di soddisfare con le proprie risorse), o economico-finanziari, come la necessità di ridurre i rischi conseguenti alla realizzazione di un'innovazione tecnologica. Nel primo caso l'impresa che possiede la tecnologia può trasferirla all’impresa terzista, cui viene commissionata la produzione temporanea di un determinato bene. Nel secondo caso l'impresa che possiede una tecnologia interessante ma non dispone degli impianti necessari, soprattutto quando sono richiesti importanti investimenti in termini di tempo, risorse, capacità tecniche e finanziamenti, può trovare più conveniente trasferire la tecnologia ed affidare la produzione ad un'altra impresa che disponga di opportuni apparati produttivi.

I vantaggi per l’impresa committente, in particolare nel secondo caso, sono: - la riduzione dei rischi; - l’abbreviazione dei tempi di sviluppo.

Page 13: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

12

Per l’impresa terzista i vantaggi sono: - l'accesso a nuove conoscenze - l'aumento delle proprie potenzialità operative.

Il venture capital (capitale di rischio) è il finanziamento, con capitale di rischio, per avviare progetti e ricerche relativi a prodotti e processi innovativi per i quali è previsto un graduale sviluppo. Questa forma di finanziamento è effettuata dalle imprese che intendono distinguere la propria attività in settori tecnologicamente avanzati. L’investitore può seguire da vicino i nuovi settori e in caso di successo può acquistare nuove tecnologie mediante le forme già viste, quali joint venture, licenze e nuove acquisizioni.

Gli investimenti in venture capital si realizzano in due forme: - partecipazioni a fondi gestiti da investitori professionisti; - investimento diretto in una società sussidiaria o affiliata.

Questa forma di investimento è utile per investire in settori tecnologicamente avanzati ma ad alto rischio.

I servizi che accompagnano i trasferimenti di tecnologie Generalmente i trasferimenti di tecnologia sono accompagnati dalla fornitura di

servizi diversi riguardo alle esigenze del cliente: - prestazioni di ingegneria e di assistenza tecnica; - trasferimenti di “risorse umane” (è il trasferimento di personale esterno

nell’impresa acquirente in modo che essa possa usare la tecnologia acquistata nel modo migliore e più appropriato; normalmente tutto ciò è accompagnato dalla riqualificazione e riconversione del personale interno). Nel caso di prestazioni di ingegneria e assistenza tecnica per la costruzione o

l’adattamento di impianti già esistenti, possono essere richiesti servizi diversi, distinti in: - prestazioni di natura strettamente ingegneristica, come progettazione di un

impianto, acquisto delle attrezzature, montaggio; - assistenza tecnica e commerciale, che non richiede nessun intervento

sull’impianto. Nel caso della vendita di un impianto con tecnologia incorporata, la tecnologia si

trasferisce con l’impianto e il suo valore è compreso nel prezzo del bene stesso. Si distinguono due tipi di contratto: - contratto “chiavi in mano” - contratto “mercato in mano”.

Con il contatto “chiavi in mano” l’impianto è fornito completo di tutte le

strutture e apparecchiature principali e ausiliarie e di tutto ciò che occorre per produrre quanto previsto nel contratto per il trasferimento tecnologico; può essere completo di clausole integrative che concernono il personale, l’avviamento dell’impianto e l’assistenza tecnica.

Page 14: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

13

Nel caso di contratto “mercato in mano” l’impresa che trasferisce la tecnologia

si impegna a garantire la collocazione nel mercato di parte o di tutta la produzione realizzata con l’impianto venduto.

Forme di pagamento

Il pagamento della tecnologia oggetto del trasferimento può avvenire in diverse forme: - in valuta; - in merce; - in tecnologia.

Il pagamento in valuta può avvenire tramite il versamento della somma pattuita

in un’unica soluzione o a rate, oppure mediante royalty. In questo caso il pagamento viene differito nel tempo e corrisposto sotto forma di percentuale sul fatturato che si stima possa essere realizzato usando la tecnologia trasferita. Normalmente, l’impresa che ha ceduto la tecnologia stabilisce, per garantire il proprio guadagno, una somma che deve essere comunque corrisposta dall’acquirente nel caso in cui non si raggiunga il fatturato previsto.

Per quanto riguarda il pagamento in merci (counter trade) le modalità più diffuse di pagamento sono: - accordo di compensazione (buy back): il pagamento viene effettuato

parzialmente o totalmente con il prodotto della tecnologia trasferita; - commercio parallelo (counter purchase): il pagamento viene effettuato

parzialmente o totalmente con prodotti ottenuti con tecnologie differenti da quella oggetto di trasferimento;

- switch trading: attività di intermediazione da parte di organizzazioni specializzate che si occupano della commercializzazione dei prodotti realizzati con la tecnologia trasferita (ricevuti dall’impresa che ha acquisito la tecnologia) e corrispondono il ricavato dell’operazione, al netto della loro percentuale, all’impresa che ha ceduto la tecnologia. Il pagamento in merci rappresenta per i Paesi in via di sviluppo l’unica possibilità

di acquistare tecnologia. Il pagamento in tecnologia comporta uno scambio di tecnologie tra imprese

(tecnologie innovative o strategiche per aumentare il livello di competitività delle imprese coinvolte in questo trasferimento).

Page 15: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

14

L’ENERGIA

Quando si considerano i diversi cicli di produzione non si può prescindere dal prendere in esame anche la quantità e la qualità dell’energia necessaria per effettuare queste produzioni.

L’energia deve essere considerata a tutti gli effetti come un fondamentale fattore della produzione. L’energia è disponibile in diverse forme e a costi differenti; la sua disponibilità e capacità di trasformazione da una forma all’altra con elevati rendimenti, caratterizzano la ricchezza effettiva di un Paese.

L’intera storia dell’energia è influenzata dai vari passaggi da diverse forme di produzione e sfruttamento dell’energia stessa. Ognuno di questi passaggi ha rappresentato per il genere umano stadi di sviluppo diversi e crescenti, in quanto in ogni nuovo stadio la forza disponibile era superiore non solo rispetto a quella degli stadi precedenti, ma differente.

L'energia può essere definita come la capacità di un sistema di compiere un lavoro; quindi tutte le forme di energia possono essere misurate in base al lavoro che forniscono. L’unità di lavoro è quella corrispondente allo spostamento unitario per un metro della forza unitaria:

LAVORO = FORZA x SPOSTAMENTO

La forza può essere definita come il prodotto di una massa (m) per l’accelerazione (a):

FORZA = MASSA x ACCELERAZIONE

Nel sistema internazionale (SI) l’unità di misura della forza è il newton (N), che è quella forza che imprime alla massa unitaria una accelerazione unitaria, quindi:

1N = 1kgm x 1m / s x s

Un newton è uguale a un chilogrammo massa per un metro al secondo al secondo. L’unità di lavoro è il joule (J), che è uguale ad un newton per un metro:

1J = 1N x 1m

Nella misura del lavoro normalmente non si tiene conto del tempo necessario per eseguirlo. Per esempio il sollevamento di un peso P per un’altezza h, cioè il lavoro P x h è sempre lo stesso qualunque sia il tempo impiegato. In pratica è importante considerare il tempo impiegato per compiere un dato lavoro. Si dice che è più potente un motore che compie nell’unità di tempo un lavoro maggiore. Si indica come potenza il lavoro effettuato nell’unità di tempo.

Page 16: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

15

POTENZA = LAVORO / TEMPO

L’unità di potenza del sistema SI è il watt (W), cioè il lavoro di un joule in un secondo. Normalmente si usano i multipli di queste unità di misura, ad esempio il chilowatt (kW) pari a 1000 joule al secondo. Se la potenza è uguale al lavoro diviso il tempo il lavoro sarà uguale a:

LAVORO = POTENZA x TEMPO

Ciò significa che il lavoro e quindi anche l’energia possono essere misurati dal prodotto della potenza per il tempo (joule = watt x secondo). Per misurare l’energia in qualsiasi forma si trovi si può impiegare il wattora (Wh) che rappresenta un lavoro, cioè una potenza espressa in watt moltiplicata per il tempo e corrisponde a 3.600 J; più comunemente si usa il multiplo del Wh che è il chilowattora (kWh) pari a 3.600.000 J.

Page 17: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

16

LE FONTI ENERGETICHE

Il progresso tecnico in generale e, in particolare, l’incremento della produzione delle merci dipendono dall’incremento del numero delle macchine e degli impianti di produzione, dai loro perfezionamenti tecnici e dal grado di organizzazione nell’ambito aziendale. Per il funzionamento delle macchine è necessario disporre di energia; pertanto, un Paese industrializzato dovrà avere a disposizione le fonti necessarie per produrre l’energia indispensabile per permettere la produzione nelle fabbriche, per il funzionamento dei mezzi di trasporto, di comunicazione e così via.

Prima della rivoluzione industriale le uniche fonti energetiche disponibili erano costituite dalla forza muscolare dell’uomo e degli animali addomesticati, dal vento o dal sole. Attualmente sono a disposizione macchine ed impianti il cui progressivo aumento di rendimento ha rappresentato il maggiore contributo al risparmio energetico. Parallelamente la ricerca e lo sfruttamento delle fonti di energia rappresentano settori in cui vengono effettuati grandi investimenti, sia in senso tecnico-scientifico che in senso economico-produttivo.

Una fonte di energia è un sistema in grado di rendere disponibile energia in quantità e con caratteristiche adatte all’utilizzazione da parte dell’uomo. Le fonti energetiche possono essere classificate secondo diversi criteri. Una prima distinzione può essere fatta tra fonti primarie e fonti secondarie. Si definiscono fonti primarie quelle presenti in natura prima di avere subito una qualunque trasformazione (il petrolio grezzo, il gas naturale, il carbone e i materiali fissili; l'energia solare, eolica, idrica, da biomasse, geotermica). Si definiscono invece fonti secondarie quelle che derivano da una trasformazione di quelle primarie, quali l'energia elettrica.

Nell’ambito delle fonti primarie è importante anche la distinzione tra forme di energia potenziali e forme di energia attuali: le forme potenziali sono quelle che possono essere accumulate anche per lunghi periodi e possono essere trasportate a distanza, come i combustibili fossili o i materiali fissili; le forme attuali sono quelle che devono essere consumate o utilizzate quando sono disponibili, come l’energia solare o quella eolica, oppure devono essere convertite in altre forme di energia per poter essere conservate.

Un’altra distinzione, valida sulla base delle attuali conoscenze sulle risorse e sui consumi è quella tra fonti rinnovabili e fonti non rinnovabili. Sono definite fonti rinnovabili quelle che non vengono consumate dall’uso (energia solare, energia eolica) o che si rigenerano ad una velocità superiore a quella con cui vengono utilizzate (biomasse). Sono definite fonti non rinnovabili quelle che vengono consumate a velocità superiore rispetto a quella con cui vengono prodotte (combustibili fossili), ovvero sono presenti in quantità finite e non incrementabili (Uranio).

La disponibilità di energia è tra le condizioni principali per lo sviluppo di una società. In effetti la grande crescita di benessere che ha coinvolto, soprattutto

Page 18: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

17

negli ultimi due secoli, il mondo occidentale deve essere messa in relazione con lo sviluppo della tecnologia reso possibile dalla disponibilità, quasi illimitata, di lavoro meccanico e dal largo impiego di macchine che utilizzavano essenzialmente fonti primarie di energia fossile.

Il sistema energetico del mondo industrializzato è un sistema di infrastrutture molto complesso, che attinge da fonti energetiche primarie di natura fossile, che vengono trasformate in modo da poter essere rese disponibili sotto forma di fonti energetiche secondarie, quindi pronte ad essere convenientemente utilizzate.

Esistono diverse fonti energetiche. La possibilità di trasformare una forma di energia in un’altra dipende sia dalle caratteristiche delle fonti stesse, sia dai mezzi (macchine) impiegati per ottenere questo processo di conversione.

La convenienza ad effettuare questa trasformazione dipende dal rendimento della trasformazione stessa, cioè:

RENDIMENTO = ENERGIA OTTTENUTA / ENERGIA CONSUMATA

Il rendimento delle trasformazioni energetiche ha un’enorme importanza dal punto di vista della convenienza economica di una fonte energetica. L’uomo, da quando ha avuto la possibilità di trasformare l’energia disponibile da una forma all’altra, ha sempre cercato di aumentare il rendimento di questa trasformazione.

La macchina a vapore di Watt del 1769 aveva un rendimento dell’1%; la turbina a vapore più moderna ha un rendimento del 45%. Con le attuali tecnologie, i rendimenti ottenibili variano in un campo abbastanza ampio: si va dal 5% della lampadina ad incandescenza al 98% dei generatori elettrici.

Non tutte le forme di energia sono equivalenti, cioè non tutte hanno lo stesso valore e rendimento. Il rendimento delle trasformazione non è lo stesso nei due sensi: nel caso di una stufa ad incandescenza la quasi totalità dell’energia elettrica viene trasformata in calore, lo stesso non si può fare quando si vuole ottenere energia elettrica dal calore.

I consumi energetici mondiali sono ancora oggi soddisfatti essenzialmente dai combustibili fossili. Questi combustibili vengono consumati con una velocità che è milioni di volte superiore a quella con cui si sono originati, processi che hanno richiesto milioni di anni. Questa differente velocità porta a considerare questi combustibili fossili in via di esaurimento.

Oltre al fatto che i combustibili fossili sono destinati ad un esaurimento più o meno vicino nel tempo, c’è anche da considerare il fatto che i giacimenti non sono equamente distribuiti su tutta la superficie terrestre, ma sono localizzati in aree geografiche ben precise, in particolare il petrolio e il gas naturale, non tutte ugualmente stabili dal punto di vista politico. Inoltre, c’è da considerare l’aspetto ambientale, perché, soprattutto in passato, i combustibili fossili sono stati utilizzati senza tenere conto degli effetti negativi del loro impiego sull’ambiente. Effetti negativi legati sia all'uso normale che di questi combustibili fossili viene fatto, sia ad eventi straordinari che però si sono ripetuti con una frequenza preoccupante anche in tempi recenti. Fin dalla metà degli anni ’80 è stata messa in

Page 19: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

18

evidenza la correlazione esistente tra crescita della popolazione mondiale, consumo di idrocarburi e contenuto di Anidride Carbonica (CO2) nell’atmosfera. L’Anidride Carbonica è uno dei gas responsabili del cosiddetto effetto serra, effetto per il quale si sta verificando un certo riscaldamento del Pianeta. La Terra riceve energia dal Sole sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, tra cui quelle infrarosse, cioè calore; c’è poi il calore prodotto dalle attività umane e quello generato dallo stesso Pianeta. Parte di questo calore deve essere restituito nello spazio, sotto forma di radiazioni infrarosse, per permettere alla Terra di mantenere l'equilibrio termico. L’Anidride Carbonica, insieme con altri composti (Metano, Clorofluorocarburi) ostacola il passaggio delle radiazioni infrarosse, per cui non tutto il calore che dovrebbe essere dissipato supera questa barriera, dando luogo ad un aumento della temperatura media del Pianeta.

Per il momento le conseguenze sono ancora limitate, però questo è un fatto che deve essere tenuto in considerazione e preoccupa, sul quale ci sono posizioni molto diverse: ci sono Paesi industrializzati, soprattutto gli USA, i quali pongono grande resistenza alla riduzione delle emissioni di Anidride Carbonica, la quale, oltre che da fenomeni naturali, deriva da attività umane, essenzialmente processi di combustione che impiegano combustibili fossili.

L'Anidride Carbonica ha una tossicità modesta nei confronti degli esseri viventi ma ha conseguenze gravi e pericolose per l’ambiente. Quindi, la necessità di ridurre le emissioni di CO2 è generalmente riconosciuta ma non tutti i Paesi sono ugualmente impegnati per ridurre le proprie. L’impiego di combustibili fossili è legato ancora oggi allo sviluppo economico e tecnologico. Ci sono Paesi che non sono disposti a rinunciare al proprio sviluppo e non vogliono imporsi limitazioni, anche se questo è necessario per evitare di giungere alle conseguenze catastrofiche che vengono ipotizzate.

La conseguenza peggiore a cui si fa riferimento, quella che in parte si è già verificata, è la fusione dei ghiacci polari, con il conseguente aumento del livello degli oceani e dei mari e la sommersione delle zone costiere.

Si definiscono fonti rinnovabili di energia quelle che, a differenza dei

combustibili fossili e nucleari destinati ad esaurirsi in tempi più o meno brevi, possono essere considerate virtualmente inesauribili perché non vengono consumate o perché il loro ciclo di produzione o riproduzione ha tempi che sono comparabili con quelli del loro consumo da parte degli utenti.

Tra le fonti rinnovabili sono da annoverare l’energia solare, l’energia idraulica, quella eolica, quella da biomasse e quella ottenibile dalle maree, dalle onde, dalle correnti marine e dal gradiente termico dei mari; è considerata, inoltre, tra le fonti rinnovabili anche l’energia geotermica.

Il flusso dell’energia rinnovabile sulla Terra è dovuto essenzialmente alla radiazione solare. L’entità della radiazione solare è annualmente pari a circa 15.000 volte l’attuale consumo energetico mondiale e circa la metà di questa energia viene trasformata in calore sulla superficie terrestre e dei mari, degli oceani e restituita nello spazio sotto forma di radiazioni infrarosse. Gran parte

Page 20: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

19

del restante flusso di energia alimenta il ciclo idrologico, cioè il ciclo dell’acqua; ci sono poi i venti, la cui energia corrisponde a circa 40 volte il fabbisogno energetico mondiale totale; una percentuale più piccola è assorbita dai processi di fotosintesi clorofilliana e corrisponde a circa 9 volte il consumo energetico mondiale.

Quindi, dal Sole arriva una quantità di energia enorme che, purtroppo, non può attualmente essere sfruttata totalmente. In ogni caso, l’energia solare è la sorgente primaria da cui hanno origine direttamente o indirettamente quasi tutte le altre forme energetiche; solo l’energia geotermica, l’energia gravitazionale e l’energia nucleare possono essere considerate indipendenti dall’energia solare.

Ogni fonte energetica è caratterizzata dal tempo che impiega a rinnovare la propria disponibilità. Per le fonti non rinnovabili questo tempo è calcolabile in milioni di anni, mentre per le fonti rinnovabili questa disponibilità può essere immediata, come nel caso dell’uso diretto della radiazione solare, o limitata ad alcuni anni, come nel caso delle biomasse.

C’è da considerare ancora che dalle fonti energetiche rinnovabili è possibile ottenere, tramite opportune tecnologie di trasformazione, altre forme di energie secondarie più utilizzate, come l’energia meccanica, l’energia elettrica, quella termica e quella chimica. Un altro aspetto importante delle fonti rinnovabili è il fatto di presentare un impatto ambientale trascurabile o nullo, in particolare per quanto riguarda l’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti.

Fino ad oggi il sistema energetico del mondo industrializzato si è potuto sviluppare praticamente senza limiti perché lo sviluppo tecnologico ha consentito di avere a disposizione le fonti primarie necessarie nelle quantità volute. I limiti di questo sistema riguardano fattori quali: - la limitatezza delle risorse fossili; - l’impatto ambientale legato all’uso dei combustibili fossili; - i problemi geo-politici legati alla ubicazione della gran parte dei giacimenti,

delle riserve di questi combustibili fossili; - l'aumento della popolazione.

Quindi, considerando tutti questi problemi, emerge l'esigenza di cambiare il sistema energetico mondiale dalla struttura attuale, basata essenzialmente sull’impiego dei combustibili fossili, verso una struttura che consenta di superare questi problemi. Le linee di attacco a questo problema sono soprattutto:

• la riduzione della domanda energetica, sviluppando una coscienza diffusa verso l'utilità del risparmio energetico, cercando anche di limitare la quantità di energia richiesta per ottenere un certo prodotto o un certo servizio;

• l'introduzione di fonti di energia primaria rinnovabili e quindi non inquinanti e non soggette a vincoli geo-politici come quelle non rinnovabili.

È importante sviluppare le fonti di energia rinnovabile non guardando al futuro immediato ma valutandole in un quadro più ampio di riferimento rivolto ad un futuro un po’ più lontano. È importante, oggi che le fonti non rinnovabili sono ancora disponibili in quantità tale da contribuire per la maggior parte al

Page 21: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

20

soddisfacimento del fabbisogno energetico mondiale, sviluppare le tecnologie che saranno sempre più necessarie e diventeranno indispensabili per sostituire le fonti non rinnovabili.

L’importanza che le fonti rinnovabili avranno nel corso del tempo varierà proprio in relazione alla diminuzione della disponibilità delle fonti non rinnovabili e sarà legata a diversi fattori quali costi, disponibilità di fonti fossili, gravità dell’impatto ambientale, domanda di energia da parte dei Paesi emergenti e sviluppo delle tecnologie energetiche.

Per quanto riguarda l’aumento della domanda dei Paesi emergenti bisogna tenere presente una probabile tendenza verso un aumento crescente della popolazione che, verosimilmente, andrà ad aggiungersi all’incremento del livello di sviluppo e del livello tecnologico che richiederanno quantità di energia sempre maggiori.

L’utilizzo delle fonti energetiche, sia rinnovabili che non rinnovabili, è finalizzato in gran parte alla produzione di energia elettrica. Oggi soltanto l’energia idraulica viene convertita in energia elettrica in quantità significativa. Per le altre fonti rinnovabili, che forniscono oggi un contributo limitato, si possono fare due previsioni: nel lungo termine si pensa che potranno ridurre drasticamente il consumo dei combustibili fossili; per quanto riguarda il breve e medio termine si può ipotizzare che il loro contributo sarà marginale in quanto l’apporto che attualmente forniscono non è molto rilevante, per vari motivi fra i quali spicca quello della convenienza economica. I fattori che influiscono su tale divergenza sono indicati qui di seguito.

• La natura estremamente diffusa di queste fonti di energia. “Natura

diffusa” significa bassa densità di energia per unità di superficie; per poter produrre una adeguata quantità di energia è necessario impegnare una superficie non trascurabile, utilizzare impianti di dimensione abbastanza significative e con costi ancora, almeno per alcuni tipi di energia, piuttosto elevati.

• La discontinuità della generazione. Questa caratteristica è legata all’alternarsi delle stagioni, all’alternarsi del giorno e della notte e alle condizioni meteorologiche.

• La disponibilità è un altro fattore che limita l’importanza attuale di queste fonti energetiche. Un sistema di conversione dell’energia solare attualmente nel nostro Paese può operare per un tempo equivalente a 1.500 ore annue di funzionamento a tempo pieno, mentre un sistema che sfrutta l’energia eolica può operare per l’equivalente di 2.000 ore. Un impianto tradizionale può operare per un tempo pari o addirittura superiore a 6.000 ore. In considerazione di questo fatto un impianto solare o eolico per fornire lo stesso servizio di un impianto tradizionale deve avere una potenza pari a 3 o 4 volte quella di in impianto tradizionale, con costi e occupazione del territorio molto elevati.

• Il diverso stadio di sviluppo tecnologico per lo sfruttamento delle diverse fonti energetiche. Per ciascuna delle fonti rinnovabili è necessario adottare

Page 22: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

21

diversi sistemi di sfruttamento. Per alcune fonti le tecnologie sono mature o presentano un grado piuttosto elevato di maturità, caso che si verifica per lo sfruttamento dell’energia eolica o dell’energia solare; per altre, invece, lo sfruttamento in termini competitivi dal punto di vista economico è ancora molto lontano.

Per alcune delle fonti energetiche rinnovabili la diffusione è stata molto veloce, per altre l’utilizzo è per il momento soltanto teorico o esistono pochi esempi di applicazione. In tutti i casi, a prescindere dalla fonte energetica considerata e dalle tecnologie proposte per il suo sfruttamento, l’introduzione delle fonti rinnovabili punta a limitare o eliminare l’utilizzo dei combustibili fossili mantenendo inalterato il servizio oggi da essi reso.

A livello mondiale le fonti rinnovabili rappresentano attualmente circa il 14% dell’energia utilizzata, con netta prevalenza delle biomasse (circa l’11%); il sistema energetico del Pianeta, come già accennato, è ancora basato prevalentemente sui combustibili fossili, in gran parte utilizzati per produrre energia elettrica in impianti chiamati centrali termoelettriche. Prima di affrontare il tema delle diverse fonti energetiche, con particolare attenzione per le nuove fonti rinnovabili, occorre fare un cenno al funzionamento di una centrale termoelettrica, in cui si verificano varie trasformazioni energetiche. Senza analizzare in dettaglio le differenti tipologie di centrale, ci si può limitare a considerare il caso più semplice, quello di un impianto con turbine a vapore, in cui si susseguono le seguenti fasi:

• l’energia chimica contenuta nel combustibile viene utilizzata per produrre calore;

• l’energia termica prodotta trasforma in vapore l’acqua contenuta in una caldaia;

• l’energia cinetica del vapore fa muovere una turbina; • l’energia meccanica generata dalla turbina viene trasformata, grazie ad

un alternatore, in energia elettrica.

Page 23: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

22

Schema di funzionamento di una centrale termoelettrica con turbina a vapore

Page 24: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

23

L’ENERGIA NUCLEARE

Ogni atomo è formato da un nucleo, comprendente protoni e neutroni, e da una nube di elettroni che ruotano attorno a tale nucleo. La massa del protone è di 1.67252· 10-27 kg e quella del neutrone, leggermente maggiore, è di 1.67482· 10-27 kg. Gli elettroni invece sono molto più leggeri e la loro massa è 1.836 volte inferiore rispetto a quella del protone. Nell’atomo il nucleo occupa un volume piccolissimo: esso ha un raggio dell’ordine di 10-15 m, mentre l’atomo ha un raggio dell’ordine i 10-10 m; l’atomo quindi è costituito in buona parte da vuoto. I protoni possiedono una carica elettrica positiva e gli elettroni una carica elettrica negativa; i neutroni invece sono privi di carica.

Rappresentazione schematica di un atomo

Il numero di protoni rappresenta il numero atomico Z di un atomo e individua

l’elemento; poiché gli atomi sono neutri le cariche elettriche si devono bilanciare, il numero degli elettroni è uguale a quello dei protoni. Il numero di neutroni viene indicato con N, mentre il numero totale di protoni e neutroni, A = Z +N, è chiamato numero di massa dell’atomo. Due o più nuclei aventi lo stesso numero atomico (Z), ma numero di massa (A) diverso e che dunque differiscono soltanto nel numero di neutroni, vengono detti isotopi (dal greco: “iso” = uguale e “topos” = luogo, cioè atomi che occupano lo stesso posto nella tavola periodica degli elementi). Gli isotopi hanno esattamente le stesse proprietà chimiche, mentre differiscono per le proprietà nucleari. Il numero in basso a sinistra del simbolo dell’elemento indica il numero atomico; il numero alla destra rappresenta invece il numero di massa (es: 92U235).

L’energia nucleare può attualmente essere utilizzata, per scopi civili, soltanto attraverso il processo di fissione; per analoghi impieghi del processo di fusione occorreranno ancora alcuni decenni.

Page 25: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

24

La fissione nucleare

Nel 1938 i chimici tedeschi Hahn e Strassmann scoprirono che bombardando il nucleo di 92U235 con neutroni lenti, cioè con basso contenuto energetico, questo si divideva in 2 nuclei di medie dimensioni, liberando altri neutroni (2 o 3) ed energia termica. L’assorbimento di un neutrone, infatti, trasforma 92U235 nell’isotopo 92U236 che, avendo un contenuto energetico molto elevato, è molto instabile per cui si spacca sprigionando una grande quantità di calore. Tale processo è chiamato fissione nucleare. Occorre notare che le reazioni di fissione possibili per questo nuclide sono moltissime con produzione di 2 oppure 3 neutroni (2,4 è il numero medio di neutroni) e con generazione di diversi nuclei radioattivi, come Bario e Cripto, Selenio e Cesio, Bromo e Lantanio, ecc.

I neutroni, non avendo carica elettrica, sono particolarmente idonei per la fissione perché non vengono respinti dalle cariche positive del nucleo. Inoltre, per provocare la fissione il neutrone deve essere lento perché, rimanendo più a lungo nelle vicinanze del nucleo, può essere catturato con maggiore probabilità.

L'elemento più usato nei processi di fissione è quindi l'Uranio. Di questo elemento, in natura, esistono tre isotopi: l'Uranio 234 (92U234), l'Uranio 235 (92U235) e l'Uranio 238 (92U238). Tra questi isotopi solo l'Uranio 238 è presente in abbondanza (relativa): infatti, in natura su 100.000 atomi di Uranio solo 6 sono di Uranio 234, 720 di Uranio 235 ed i rimanenti di Uranio 238. Trascurando l'Uranio 234, in natura è diffuso soprattutto l’Uranio 238, con una piccola percentuale (0,7%) di Uranio 235. Ora, l'Uranio utile per il processo di fissione è l’isotopo 235, che è fissile, mentre l'Uranio 238 è fertile. Un particolare elemento risulta fissile (può cioè dar luogo a fissione) se può essere diviso da neutroni di qualunque energia, cioè sia da neutroni lenti che da neutroni veloci e particolarmente da questi ultimi, dotati di velocità maggiori di 1,7 x 107 m/s. Si chiamano invece fertili quegli elementi che non sono fissili ma lo possono diventare a seguito della cattura, da parte dei loro nuclei, di neutroni.

L’unico elemento naturale che presenta caratteristiche idonee per essere utilizzato come combustibile nucleare nei processi di fissione è l’isotopo 235 dell’Uranio. Dato che esso costituisce, come già accennato, solo lo 0,7% del totale di questo elemento, è necessario utilizzare opportune tecniche di “arricchimento” per elevare questa percentuale. Essendo i due elementi (235 e 238) specie isotopiche, non è possibile separarle per via chimica: si adottano quindi tecniche complesse di separazione, per diffusione o per centrifugazione, che sfruttano la piccola differenza di massa dei due isotopi; ciò che resta dopo questo trattamento è detto Uranio depleto o impoverito. Affinché le reazioni di fissione si possano autosostenere occorre che i neutroni originati colpiscano altri nuclei, scindendoli e producendo così una reazione a catena. La quantità minima occorrente per iniziare una reazione a catena spontanea viene chiamata “massa critica”; per l’Uranio 235 puro essa è di 50 kg.

Page 26: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

25

Le centrali nucleari L’energia liberata durante il processo di fissione deriva da una corrispondente

perdita di massa degli elementi partecipanti alla reazione (scompare circa 1 g di massa per ogni kg di nuclide fissionato). Secondo la legge di Einstein la massa m e l’energia E sono infatti concetti equivalenti, legati dalla relazione: E = mc2, dove c è a velocità della luce nel vuoto.

Nei reattori nucleari avviene proprio la trasformazione della massa in energia. Infatti, a seguito della scissione di un nucleo in due nuclei più leggeri, in questi e nelle particelle liberate è immagazzinata meno massa di quanta era presente originariamente nel nucleo di partenza: si ha così un guadagno netto di energia.

Il fatto che per ogni fissione si liberino neutroni energetici rende teoricamente possibile un fenomeno di “autosostentamento” della reazione, nel senso che tali neutroni potrebbero a loro volta innescare altre fissioni di nuclei di Uranio. Il risultato di questa sequenza è una tipica reazione a catena; per innescare questo processo a catena si sfrutta il fattore di moltiplicazione dei neutroni, il quale non è sempre pari al valore ideale (2,4) ma è in generale inferiore.

Se la quantità di materiale fissile è sufficiente, si riesce ad ottenere un fattore efficace di moltiplicazione superiore ad 1, innescando così una reazione di fissione a catena che porta alla liberazione di una quantità enorme di energia in un breve intervallo di tempo. Questo fenomeno viene sfruttato per scopi militari: in una bomba nucleare (detta anche, impropriamente, atomica) viene posta una quantità di materiale fissile (massa critica) tale da avere una moltiplicazione di neutroni elevata ed una reazione a catena rapidissima che produce, in tempi brevissimi, una quantità enorme di energia. Se, invece, durante la fissione si abbassa il guadagno di neutroni accentuandone l'assorbimento e anche controllandolo, è possibile far avvenire la reazione in maniera controllata. Questo ha portato allo sviluppo di reattori a fissione nucleare per la produzione di energia elettrica.

Per ottenere una reazione a catena controllata, ossia costante e regolabile, si deve fare in modo che solo una parte dei neutroni emessi produca successive fissioni, mentre gli altri vengono assorbiti. Per una regolazione esatta si utilizzano le barre di controllo, realizzate in materiali altamente assorbenti come leghe di Boro, Indio, Argento e Cadmio. I neutroni generati, essendo veloci (quindi non utili per la fissione), devono venire “moderati”, cioè sufficientemente rallentati. I materiali moderatori devono essere capaci di ridurre la velocità dei neutroni senza catturarli. Solitamente si usa come moderatore l’acqua in quanto può svolgere anche la funzione di refrigerante; cioè, essa assorbe il calore prodotto dalla fissione e lo trasferisce all’esterno del nocciolo.

Senza analizzare in dettaglio le differenti tipologie di impianti, si può

affermare che una centrale nucleare è sostanzialmente una centrale termoelettrica in cui l’energia termica non è prodotta dalla combustione di un combustibile fossile ma dalla fissione controllata del cosiddetto combustibile

Page 27: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

26

nucleare. La maggior parte delle centrali nucleari attualmente in funzione utilizza reattori ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor, PWR) o reattori ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR).

Nei reattori ad acqua pressurizzata l’acqua di raffreddamento circola nel

circuito primario chiuso ed è mantenuta allo stato liquido dalla pressione, notevolmente superiore a quella atmosferica. Un reattore ad acqua pressurizzata consiste schematicamente in: • un "nocciolo", in cui viene fatta avvenire la reazione di fissione controllata da appositi assorbitori (barre di controllo), • un mezzo refrigerante, per assorbire il calore generato dalla fissione; • uno scambiatore di calore, che consente di trasferire il calore dal circuito primario ad un circuito secondario (a pressione atmosferica) in cui circola acqua che, passando allo stato di vapore, aziona una turbina collegata ad un generatore di elettricità).

Il nocciolo contiene quattro elementi fondamentali:

• il combustibile nucleare; • le barre di controllo, per regolare il numero dei neutroni; • il moderatore, per regolare la velocità dei neutroni; • il refrigerante, per trasferire all’esterno del nocciolo il calore generato dal

processo di fissione.

Refrigerante e moderatore possono essere costituiti da diversi elementi e composti; in molti dei reattori moderni questi ruoli sono ricoperti entrambi dall’acqua.

Schema di reattore nucleare ad acqua pressurizzata

Page 28: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

27

Negli impianti ad acqua bollente l’acqua immessa nel nocciolo (dove svolge anche il ruolo di moderatore) assorbe il calore generato dalla fissione e si trasforma in vapore, che aziona una turbina collegata ad un generatore di elettricità; in tal modo si verifica quindi il trasferimento di radioattività all’esterno del nocciolo stesso.

Schema di reattore nucleare ad acqua bollente La fusione nucleare

Anche la fusione di nuclei atomici libera energia. A differenza della fissione nucleare, però, la fusione è possibile solo con nuclei leggeri, come ad esempio gli isotopi dell’Idrogeno (Deuterio e Trizio). La fusione nucleare costituisce la fonte energetica del sole (due nuclei di Idrogeno si fondono formando un nucleo di Elio) e si ripete da miliardi di anni all'interno delle stelle.

Le difficoltà tecniche per l'applicazione industriale sono enormi, a cominciare

dal fatto che per far avvenire la reazione i due nuclei reagenti debbono avvicinarsi vincendo la repulsione coulombiana. Ciò richiede una energia "di attivazione" elevatissima; nelle stelle invece esistono le condizioni ideali per consentire la

Page 29: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

28

fusione dei nuclei. La tecnica più studiata fino ad oggi è quella che impiega un forte campo magnetico per confinare un plasma (il plasma è un gas ionizzato, costituito da un insieme di elettroni e ioni e globalmente neutro) formato da nuclei di Deuterio e Trizio ad alta temperatura, in modo che questo non venga in contatto col materiale con cui viene realizzato il reattore. Per innescare la reazione la temperatura dovrebbe essere di circa 108 °C, però a tutt'oggi non si è ancora riusciti a stabilizzare il plasma con una temperatura così alta per tempi sufficientemente lunghi per avere un autosostentamento costante della reazione.

L'elettricità ottenuta attraverso la fusione nucleare potrebbe comportare notevoli vantaggi in termini di resa (100 GWh/kg contro 23 GWh/kg della fissione). La produzione di energia da fusione nucleare potrebbe risultare più sicura di quella da fissione per due ragioni: • non si producono scorie radioattive, anche se durante il funzionamento della reazione si ha una alta emissione di neutroni; • la reazione non procede a catena, come nella reazione di fissione, per cui la si può arrestare quando si vuole senza alcun pericolo che essa sfugga al controllo.

Inoltre, le materie prime, Deuterio e Trizio, sono disponibili in grandi quantità: il primo si può ricavare dall’acqua degli oceani ed il secondo può essere ottenuto dal Litio, con opportuni trattamenti. L'orizzonte di tempo per realizzare un reattore industriale sembra ancora molto lungo; nel 1975 si prevedeva una applicazione commerciale per i primi anni del 2000, ma sicuramente occorreranno ancora diversi decenni prima di giungere alla realizzazione di impianti per uso civile.

Page 30: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

29

L’ENERGIA GEOTERMICA

Per energia geotermica si intende l'energia contenuta sotto forma di calore nell'interno della Terra. Il termine geotermia deriva dal greco gê (terra) e thermòs (calore) ed il significato letterale è calore della Terra. Il 99% della Terra ha temperature superiori ai 1000 °C, mentre solo lo 0,1% ha temperature inferiori ai 100 °C. L'origine di questo calore è in relazione con la natura del Pianeta e con i processi fisici che in esso hanno luogo. Tale calore, anche se in quantità enorme e praticamente inesauribile, risulta assai disperso e solo raramente concentrato. Il calore interno si dissipa con regolarità verso la superficie della terra; la sua esistenza è percepibile dall'aumento progressivo della temperatura delle rocce con la profondità; il gradiente geotermico è in media di 3 °C ogni 100 m di profondità, ossia 30 °C a km. Quando tale gradiente è più marcato ci si trova in presenza di aree di anomalia termica ove si ha accumulo di energia, ovvero di sistemi geotermici. Le aree termicamente anomale sono molto più estese di quelle attualmente coltivate ad usi energetici (campi geotermici). I sistemi geotermici possono essere così classificati:

• sistemi idrotermali • sistemi geopressurizzati • rocce calde secche • sistemi magmatici.

I sistemi idrotermali costituiscono il caso più frequente. Si possono manifestare in diverse forme a seconda della temperatura del fluido e delle sue caratteristiche chimiche (concentrazione di sali, acidità, presenza di gas). I sistemi idrotermali, i più utilizzati sia nella produzione di energia elettrica che negli impieghi diretti, si distinguono in due gruppi:

• sistemi ad acqua dominante • sistemi a vapore dominante. I sistemi ad acqua dominante producono fluidi costituiti da acqua in fase liquida

oppure miscele di acqua e vapore; nel serbatoio è presente acqua a temperatura e pressione elevate. Essi possono essere suddivisi in due tipi: sistemi ad acqua calda e sistemi a vapore umido. I primi sono quelli a temperatura più bassa, l’acqua che raggiunge la superficie ha temperature tra i 30 ed i 100 °C, mentre in profondità si hanno temperature più elevate, comunque sempre inferiori a quella di ebollizione alla pressione alla quale l’acqua viene a trovarsi. Nei secondi il serbatoio presenta una copertura con rocce impermeabili che ostacolano il flusso verso la superficie e mettono il sistema in pressione. L’acqua sale verso la superficie incontrando pressioni sempre più basse, alla rapida caduta di pressione non ne corrisponde una di temperatura, sino a quando la tensione di vapore del liquido raggiunge il valore della pressione sovrastante producendo l’ebollizione (flash); in superficie arriva

Page 31: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

30

una miscela di acqua e vapore: sorgenti bollenti e geyser ne sono manifestazioni tipiche.

I sistemi a vapore dominante (anche chiamati a vapore secco o surriscaldato)

sono simili ai precedenti e hanno una copertura del serbatoio con rocce impermeabili. Acqua e vapore coesistono, ma il vapore è la fase continua e prevalente (arrivando a superare il 98% della massa totale del fluido) e genera la pressione a livello del serbatoio che, pertanto, si mantiene costante con la profondità. Il vapore saturo umido, mescolato ad Anidride Carbonica e Idrogeno Solforato a temperature di circa 200-400 °C nel serbatoio, salendo in superficie attraverso le rocce diviene vapore surriscaldato ed esce con elevate pressioni e alte temperature (oltre 250 °C). Essendo il vapore la fase con valore energetico più elevato e non richiedendo l’eliminazione del liquido, questi sistemi rappresentano la risorsa più ricercata per la produzione di energia elettrica.

I sistemi geopressurizzati si trovano in bacini sedimentari dove la

sedimentazione è stata relativamente rapida e senza espulsione dei fluidi interstiziali (che si possono trovare sino a profondità di 4-6 km). La pressione del sistema può arrivare a valori superiori a 100 MPa (1.000 atm). Le aree interessate da questo tipo di fenomeno possono essere anche molto estese. la necessità di spingersi sempre più in profondità per la ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi ha portato alla scoperta di serbatoi geopressurizzati in tutto il Mondo. L’elemento che ne limita lo sfruttamento per la produzione di energia elettrica va ricercato nella scarsa capacità di mantenere costanti le portate di fluido se non regolandole su valori troppo bassi per essere economicamente convenienti.

I sistemi geotermici a secco (hot dry rocks) le rocce calde secche (200-400 °C) possono trovarsi in sistemi a bassa permeabilità, nei quali si è intruso un corpo magmatico o nel corpo magmatico stesso, in fase di raffreddamento avanzato. Le rocce possono essere “coltivate” immettendo acqua dopo aver creato idonei serbatoi artificiali nel sottosuolo o dopo averli “stimolati” fessurando le rocce pompando acqua a pressione molto elevata.

I sistemi magmatici sono rocce fuse di origine magmatica, con temperature da 600 °C a 1.400 °C, che presentano difficilissimi problemi tecnici per il loro utilizzo e se ne prevede uno sfruttamento in tempi ben più lunghi. Centrali geotermoelettriche

Generalmente nelle attuali centrali geotermoelettriche si sfrutta la pressione esercitata dal vapore contenuto negli acquiferi geotermici per muovere una turbina accoppiata ad un generatore elettrico. Il tipo di impianto varia in funzione del sistema idrotermale disponibile: si hanno quindi gli impianti a vapore secco, a singolo o doppio flash, a ciclo binario. Nei campi a vapore dominante, questo può essere inviato direttamente alla turbina dell'impianto. In questo caso si parla di

Page 32: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

31

centrali a vapore secco in quanto il fluido geotermico è solamente, o prevalentemente, vapore. Se il vapore è presente ad alta temperatura (150-250 °C), viene portato in superficie per mezzo di trivellazioni più o meno profonde, poi viene convogliato in tubazioni, chiamate vapordotti, ed infine inviato alla turbina, dove la sua energia cinetica viene trasformata in energia meccanica di rotazione. L'asse della turbina è collegato al rotore dell'alternatore che, ruotando, trasforma l'energia meccanica ricevuta in corrente elettrica alternata. Il vapore uscente dalla turbina viene riportato alla stato liquido in un condensatore, mentre i gas incondensabili, contenuti nel vapore, vengono dispersi nell'atmosfera. Una torre di raffreddamento consente di raffreddare l'acqua prodotta dalla condensazione del vapore e di fornire acqua fredda al condensatore. L'acqua condensata viene reiniettata nelle rocce profonde da cui il vapore è stato estratto.

I serbatoi ad acqua dominante con temperatura superiore a 150-170 °C sono impiegati per alimentare centrali a singolo o doppio flash. L'acqua, la cui temperatura varia da circa 180 a 370 °C, arriva in superficie tramite i pozzi e poiché passa rapidamente dalla pressione di serbatoio a quella dell'atmosfera, si separa (flash) in una parte di vapore, che è mandato in centrale, e una parte di liquido che è reiniettato in serbatoio. Se il fluido geotermico arriva in superficie con temperature particolarmente elevate, allora può essere sottoposto per due volte ad un processo di flash (cioè di separazione).

Quando la temperatura del vapore è bassa ed il suo utilizzo in turbina è difficile, il calore dello stesso viene utilizzato per portare all'evaporazione, in un apposito scambiatore di calore, un altro liquido che a sua volta trasformato in vapore verrà convogliato nella turbina innescando il procedimento sopra descritto (ciclo binario). Questo stesso procedimento è utilizzabile anche per lo sfruttamento dell’acqua calda, la cui energia termica può essere trasmessa ad un fluido secondario e utilizzata sia per riscaldamento che per produzione di energia elettrica. Centrali a "ciclo combinato”

È un tipo di impianto geotermico in cui vengono accoppiati un ciclo binario ed uno a singolo flash. Si cerca così di massimizzare il rendimento del sistema, in quanto il ciclo binario utilizza come fluido primario il liquido che si ottiene dopo aver separato il vapore dal fluido geotermico iniziale. Ricapitolando: dal fluido geotermico iniziale si ottiene una parte di vapore (che va in turbina) ed una parte liquida; la parte liquida a sua volta serve per vaporizzare il fluido secondario (es. Isopentano) del ciclo binario (anche questo vapore aziona successivamente una turbina).

Gli impianti geotermici ibridi sono quelli in cui l’energia geotermica è abbinata

a quella ottenuta da altre fonti rinnovabili.

Page 33: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

32

Schema di centrale geotermoelettrica

Page 34: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

33

L’ENERGIA IDROELETTRICA

L'energia idroelettrica è basata sullo sfruttamento dell'energia cinetica dell'acqua disponibile ad una certa quota rispetto alla posizione degli impianti idroelettrici.

Gli impianti possono essere: - ad acqua fluente: posizionati nel corso di un fiume o in un canale da esso

derivato;

- a bacino: viene realizzato un lago artificiale grazie a un'opera di sbarramento o diga;

Page 35: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

34

- a doppio bacino (di pompaggio).

La potenza di un impianto idroelettrico dipende da due fattori: - la portata, cioè il volume della massa d'acqua (m3) che passa in una sezione

del fiume nell’unità di tempo (generalmente 1 secondo); - il salto, ovvero il dislivello (m) tra la quota dove è presente la risorsa idrica e

quella alla quale si trova la centrale elettrica. La portata è il fattore prevalente negli impianti ad acqua fluente, mentre il

salto è il parametro predominante negli impianti a bacino: nelle centrali ad acqua fluente si sfruttano grandi masse di acqua di fiumi con portata considerevole e regime costante; in quelle a bacino si sfruttano grandi altezze di caduta, come quelle disponibili nelle regioni montane.

In base alla potenza gli impianti si dividono in: - micro - impianti: P < 100 kW - mini - impianti: 100 kW < P < 1.000 kW - piccoli - impianti: 1.000 kW < P < 10.000 kW - grandi - impianti: P > 10.000 kW. Nel caso degli impianti ad acqua fluente l’acqua, prelevata dal fiume, viene

avviata alla centrale idroelettrica (dove l’energia cinetica viene trasformata in

Page 36: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

35

energia meccanica e questa in energia elettrica) e successivamente restituita allo stesso corpo idrico.

Nel caso delle centrali a bacino l'acqua viene convogliata a valle attraverso

condotte forzate, trasformando così la sua energia potenziale in energia cinetica; questa viene poi trasformata in energia meccanica da una turbina accoppiata ad un generatore che produce energia elettrica.

Per ovviare al fatto che l’energia elettrica non può essere conservata, ma, una

volta prodotta, deve essere consumata, vengono realizzati impianti a doppio bacino, il secondo dei quali situato a valle della centrale idroelettrica. In questo caso l’acqua proveniente dal bacino situato alla quota superiore viene accumulata, dopo che è stata impiegata per produrre energia elettrica, nel bacino inferiore. Successivamente l'acqua viene pompata nel serbatoio a monte sfruttando l'energia elettrica prodotta (da altre fonti energetiche) e non richiesta dalla rete (per esempio durante la notte), cosicché di giorno, quando i consumi energetici sono più elevati, essa può essere nuovamente utilizzata per produrre energia elettrica.

Page 37: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

36

LE NUOVE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI Vengono così denominate le fonti energetiche non tradizionali o utilizzate in

modo diverso rispetto al passato, come l’energia solare e quella eolica, dalle quali si attende nel prossimo futuro il maggiore contributo al soddisfacimento del fabbisogno energetico. Esse sono caratterizzate da differenti gradi di sviluppo tecnologico e da diversi livelli di competitività. Oltre al sole ed al vento occorre considerare, tra le nuove fonti energetiche rinnovabili, le biomasse e l’acqua contenuta nei mari e negli oceani.

Page 38: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

37

L’ENERGIA SOLARE

L’energia solare può essere considerata "la madre" di tutte le energie o quasi. Naturalmente deriva dal Sole, in cui le reazioni termonucleari di fusione producono una enorme quantità di energia. Ogni secondo nel Sole 564 milioni di tonnellate di Idrogeno si trasformano in 560 milioni di tonnellate di Elio; la massa che manca, cioè 4 milioni di tonnellate, si trasforma in energia.

Una quantità enorme di energia emessa dal Sole viene dispersa nello spazio (99,99999956%); la Terra ne riceve annualmente un miliardesimo, circa 1018 kWh, che corrispondono a 15.000 volte il fabbisogno energetico dell’intero Pianeta. Se noi potessimo sfruttare anche solo in parte questa energia solare non avremmo nessun problema energetico; purtroppo non è così. Le radiazioni che arrivano sul pianeta hanno lunghezza d’onda diversa, compresa tra 0,2 e 3 µm e coprono tutto lo spettro della luce che va dall’ultravioletto al visibile e all’infrarosso.

L’energia solare ha il vantaggio di non essere monopolizzabile, di non essere inquinante, di essere continuamente rinnovabile e, praticamente, infinita e gratuita. Può essere sfruttata solo in minima parte perché ci sono fattori che ne rendono difficile l’utilizzo. Intanto la presenza sotto forma diluita su tutta la superficie terrestre: il suo flusso non è né continuo né uniforme; c’è l’alternanza delle stagioni, del giorno e della notte e la variabilità delle condizioni meteorologiche. Il flusso non è distribuito uniformemente su tutta la superficie, ma varia in funzione della latitudine: la quantità di energia che arriva all’equatore è superiore a quella che arriva ai poli.

Per l’utilizzo dell’energia solare bisogna tenere conto di diversi fattori: - l’irraggiamento, cioè la potenza istantanea della radiazione che colpisce una superficie piana perpendicolare ai raggi solari e si misura in kW/m2; - l’insolazione, cioè l’energia media giornaliera resa disponibile dalla radiazione solare, che si misura in kWh/m2 al giorno e il cui valore è influenzato dalla latitudine.

Per l’utilizzazione dell’energia solare le tecnologie sono diverse, si può fare ricorso a sistemi passivi e sistemi attivi.

Per quanto riguarda i sistemi passivi bisogna fare riferimento all’architettura climatica, cioè agli elementi strutturali per la costruzione degli edifici, alle proprietà di alcuni materiali per il rivestimento degli edifici (vetro e altri materiali polimerici con caratteristiche simili a quelle del vetro), alla forma ed all’esposizione dell’edificio. Nei sistemi passivi c’è un trasferimento spontaneo di energia senza dispositivi specifici.

Nei sistemi attivi, invece, bisogna fare ricorso a opportuni dispositivi per utilizzare l'energia solare. Si possono impiegare diversi processi: 1) termici (a bassa, media e alta temperatura); 2) fotoelettrici o fotovoltaici; 3) fotochimici.

I processi termici a bassa temperatura sono quelli che vengono utilizzati per produrre calore, quelli a media ed alta temperatura vengono utilizzati per

Page 39: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

38

produrre energia meccanica che può essere impiegata come tale oppure essere trasformata in energia elettrica. Ci sono poi i processi fotoelettrici, che consentono di trasformare, mediante opportuni materiali, l'energia solare (energia luminosa) in energia elettrica senza passare attraverso altre forme di energia come quella meccanica.

I sistemi solari termici a bassa temperatura (< 100 °C) sono i collettori solari

a superficie piana, comunemente noti come pannelli solari. I pannelli solari sono costituiti da un contenitore, in genere di materiale

plastico, in cui si trova il pannello vero e proprio, che è una lastra metallica (o in materia plastica) verniciata di nero in modo da assorbire la maggiore quantità possibile di energia solare. Nella parte posteriore del pannello c’è un tubo a serpentina che contiene il fluido termovettore.

Il contenitore normalmente è chiuso da una lastra di vetro o di altro materiale che serve per ridurre la dispersione del calore, per creare una sorta di effetto serra e impedire che l’energia assorbita dal pannello possa essere restituita all’ambiente sotto forma di radiazione infrarossa. Naturalmente deve essere di materiale isolante, in modo che il calore rimanga nel pannello e non venga disperso all’esterno. Nella serpentina del pannello circola normalmente acqua, che viene scaldata dai raggi solari e trasferita mediante una pompa in un serbatoio dove viene accumulata e conservata fino al suo utilizzo. Se l'escursione termica è alta e la temperatura scende al di sotto dello zero si può far ricorso ad un altro liquido termovettore (che non congela o congela a temperature più basse). Questo liquido assorbe il calore che, tramite uno scambiatore di calore, viene poi trasferito all’acqua che sarà utilizzata. E’ un sistema abbastanza semplice, in uso da molto tempo, ed è sicuramente l’applicazione più diffusa per lo sfruttamento dell’energia solare, anche perché i costi non sono elevati in quanto le tecnologie sono ormai consolidate.

Rappresentazione schematica di un pannello solare

Page 40: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

39

Sistemi termici a media e alta temperatura (o Sistemi termodinamici)

La produzione di energia elettrica da solare termodinamico è stata sperimentata e dimostrata utilizzando diverse tecnologie di raccolta e concentrazione della radiazione solare. Per la produzione di energia da immettere in rete vengono utilizzati sistemi a collettori parabolici lineari o sistemi a torre, mentre per la produzione destinata a piccole comunità isolate sono utilizzati i sistemi a concentrazione puntiforme (specchi parabolici).

Sistemi a collettori parabolici lineari

Denominati con il termine SEGS (Solar Electric Generating System), essi sono costituiti da specchi cilindro-paraboloidi, disposti in serie, che concentrano i raggi solari su un tubo ricevente posizionato lungo la linea focale dei collettori.

Schema funzionale di un collettore parabolico di un impianto solare termico

Dentro il tubo scorre un fluido (detto fluido termovettore perché adatto ad immagazzinare e trasportare calore), costituito negli impianti più moderni da una miscela di sali fusi (Nitrato di Sodio e Nitrato di Potassio), che assorbe l'energia e la trasporta in un serbatoio di accumulo, necessario se si vuole supplire ai momenti di scarsa o nulla insolazione (come la notte). Il calore solare è utilizzato per produrre vapor d’acqua allo scopo di far funzionare un turbo-generatore elettrico. Il fluido viene quindi trasferito ad un altro serbatoio e quindi rimesso in circolo. Le temperature sviluppate vanno da 400 a 600 °C in funzione del fluido termovettore utilizzato. Tali impianti oggi hanno dimensioni tipiche tra 30 a 80 MW; possono anche essere ibridi, cioè abbinati ad una caldaia alimentata a combustibili fossili (gas naturale nel miglior caso) per regolare il carico e le temperature in mancanza di sole.

Page 41: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

40

Schema di un impianto solare a collettori parabolici

I concentratori lineari parabolici rappresentano la tecnologia a concentrazione solare più collaudata, con costi al kWh di 0,08 €; in prospettiva il costo dell'energia ottenibile è nell'ordine dei 4 centesimi di euro per kWh in abbinamento con il 25% di sistemi a metano e/o con sistemi di accumulo di energia termica. Negli USA da circa 20 anni sono in esercizio a Kramer Juction, in California, nel deserto del Mojave, nove grandi impianti termoelettrici solari di questo tipo, per una potenza elettrica complessiva di oltre 350 MW. Anche in Israele sono previsti sviluppi importanti, la società che ha realizzato la centrale di Kramer Junction ha in programma la realizzazione di una centrale da 500 MW nel deserto del Negev. Altro Paese all'avanguardia nei sistemi solari termodinamici è la Spagna, con un programma di sviluppo che prevede la realizzazione di 700 MW in Almeria nei prossimi anni. In Italia è stata inaugurata il 15 luglio 2010 a Priolo Gargallo (SR) la centrale solare termodinamica Archimede. Si tratta di un impianto di piccole dimensioni (5 MW di potenza), il primo al mondo ad usare sali fusi come fluido termovettore.

Sistemi a torre

Negli impianti a torre, il campo solare è costituito da specchi piani (eliostati) che inseguono il moto apparente del sole su doppio asse e riflettono l’energia solare su un ricevitore, montato in cima ad una torre localizzata al centro del campo stesso, che contiene il fluido termovettore, che anche in questo caso può essere una miscela di sali fusi, ed è collegato ad un serbatoio di accumulo, analogamente a quanto avviene negli impianti a collettori distribuiti. Con il calore si produce vapore, allo scopo di azionare un turbo-generatore elettrico.

Page 42: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

41

Schema di un impianto solare a torre

La prima centrale solare a torre (da 1 MW), ora dismessa, fu costruita in Italia, precisamente ad Adrano, in Sicilia. Attualmente esistono impianti da 20 MW, mentre alcuni in costruzione raggiungeranno potenze tra 110 e 392 MW.

Impianti fotovoltaici La conversione fotovoltaica consiste nella trasformazione diretta dell’energia

luminosa in energia elettrica. La scoperta del fenomeno fotovoltaico risale al 1839, ma il suo sfruttamento è stato possibile oltre un secolo dopo; le prime applicazioni si sono avute intorno al 1950. I materiali che si utilizzano per sfruttare questo fenomeno sono i cosiddetti semiconduttori, il più utilizzato dei quali è il Silicio che, tra l’altro, è un elemento molto abbondante in natura, secondo soltanto all’Ossigeno, presente sotto forma dei suoi composti, cioè ossidi e silicati.

Per comprendere meglio il fenomeno fotovoltaico bisogna considerare la struttura di un atomo, costituito, secondo un modello semplificato, da un nucleo, che contiene protoni (con carica elettrica positiva, convenzionalmente +1) e neutroni (privi di carica), intorno al quale ruotano gli elettroni (con carica negativa, convenzionalmente -1) secondo orbite che qui sono semplificate in forma circolare.

Il numero degli elettroni che può essere contenuto in un'orbita è definito e prescinde dall'elemento chimico: nella prima orbita possono stare al massimo 2 elettroni, nella seconda 8 e così via.

Page 43: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

42

I vari elementi hanno un numero diverso di elettroni, in totale e nell’ultima orbita. Comunque, tutti gli elementi tendono alla stabilità, cioè tendono ad avere un assetto stabile completando l’orbita più esterna; per questo motivo si hanno

legami chimici anche tra elementi della stessa specie o tra elementi chimici diversi.

Per esempio l’Ossigeno, con numero atomico 8, ha 8 elettroni: 2 nella prima orbita e 6 nella seconda; ad esso mancano, quindi, 2 elettroni per completare l’ottetto e raggiungere la stabilità. Per questo l’Ossigeno si lega facilmente a molti elementi; è un elemento estremamente reattivo e si lega, per esempio, con l’Idrogeno che ha una sola orbita con un solo elettrone e quindi ha necessità di un altro elettrone per completarla e raggiungere la stabilità. Se due atomi di Idrogeno si legano con un atomo di Ossigeno lo scopo viene raggiunto da entrambe le specie: infatti, l’Ossigeno completa il suo ottetto con i due elettroni che sono condivisi con l’Idrogeno e i due atomi di Idrogeno raggiungono la stabilità ciascuno con un elettrone condiviso con l’Ossigeno. Così si ottiene l’acqua (H2O), il composto più diffuso in natura, formato appunto da due atomi di Idrogeno e uno di Ossigeno.

Alcuni elementi, come i metalli, che non hanno la possibilità di completare l’orbita più esterna perché hanno pochi elettroni nella stessa, formano un legame particolare detto legame metallico. Per esempio il Litio, che ha un solo elettrone nell’ultima orbita, si lega con altri atomi della stessa specie; in questo caso non c’è un completamento dell’ultima orbita ma si verifica la creazione di una nube elettronica; praticamente gli elettroni sono condivisi dai vari atomi della stessa specie. In questo caso gli elettroni sono legati debolmente ai propri atomi, sono liberi di muoversi e il loro movimento è alla base della conducibilità elettrica. Questi elementi sono definiti conduttori perché consentono il passaggio dell'energia elettrica.

Altri elementi, viceversa, hanno strutture che vengono definite cristalline; i vari atomi sono legati fortemente tra loro e formano figure geometriche di tipo diverso, dando luogo a legami molto forti, molto stabili. Questo è, per esempio, il caso del Carbonio, in cui ciascun atomo è legato ad altri 4 atomi: in questo modo ciascun atomo di Carbonio ha nell’orbita più esterna 8 elettroni, producendo un legame estremamente stabile. Questo succede nel Carbonio nella forma di diamante. Questo legame è estremamente forte e non può essere rotto se non utilizzando elevate quantità di energia. Gli elementi di questo tipo sono definiti isolanti perché non consentono il passaggio dell’energia elettrica, in quanto gli elettroni sono legati così fortemente agli atomi da non avere la possibilità di muoversi. Ci sono poi elementi che hanno caratteristiche intermedie tra quelle appena definite: sono gli elementi definiti appunto semiconduttori perché a seconda delle condizioni ambientali si possono comportare da isolanti o da conduttori. Questo è il caso del Silicio, che è l'elemento maggiormente utilizzato per sfruttare il fenomeno fotovoltaico.

Il Silicio è appunto un semiconduttore, con quattro elettroni nell’ultima orbita. Come nel caso del Carbonio, ciascun atomo si lega con altri 4 atomi di Silicio in modo tale che ogni atomo completi l’ottetto, ma l’energia di questo legame non è

Page 44: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

43

paragonabile a quella del Carbonio in forma di diamante. Questo legame può essere spezzato somministrando energia; oltre una certa temperatura un elettrone può staccarsi da un atomo di Silicio e creare una lacuna. Questo significa che se c’è la mancanza di un elettrone in un punto di questa struttura, questa lacuna, o buca, richiamerà un altro elettrone vicino che si sposterà per colmare questa lacuna, creando a sua volta un’altra lacuna e così via. Questo significa che in particolari condizioni ci può essere nel Silicio il movimento di elettroni e quindi la possibilità di consentire il passaggio dell’energia elettrica.

Questa caratteristica degli elementi come il Silicio può essere sfruttata per produrre direttamente energia elettrica dall’energia luminosa. La caratteristica del Silicio può essere esaltata introducendo atomi di specie diversa con una operazione che si chiama drogaggio (o doping). Il drogaggio può avvenire inserendo atomi come l’Arsenico o il Fosforo, che hanno nell’orbita esterna 5 elettroni, quindi uno in più rispetto al Silicio: in questo modo per ogni atomo che viene inserito in questa struttura c’è un elettrone in più e il Silicio drogato in questo modo, che quindi ha un eccesso di elettroni, è chiamato Silicio di tipo N perché è negativo. Se invece si introducono elementi come il Gallio o il Boro, che hanno solo 3 elettroni nello strato più esterno, quindi uno in meno rispetto al Silicio, si ha che per ogni atomo inserito c’è un elettrone in meno rispetto alla struttura costituita dal solo Silicio; in questo modo si produce il Silicio detto di tipo P (cioè positivo) perché presenta una carenza di elettroni e quindi di cariche negative rispetto al Silicio normale. Si sfrutta l’impiego del Silicio di tipo N e di tipo P per realizzare le celle fotovoltaiche, che consentono appunto il movimento degli elettroni e quindi la generazione di corrente elettrica quando la luce stimola questo processo. Nella cella fotovoltaica ci sono due strati di spessore diverso: lo strato N, più sottile ed esposto alla radiazione luminosa, e lo strato P che è quello sottostante.

Rappresentazione schematica di una cella fotovoltaica

Le celle fotovoltaiche sono costituite essenzialmente da Silicio, che deve avere un grado di purezza estremamente elevato, non inferiore a 99,99%. Per realizzare le celle fotovoltaiche si utilizza Silicio di grado elettronico, in parte ottenuto dagli scarti delle industrie elettroniche, anche se questi non sono ormai più sufficienti a soddisfare il mercato del fotovoltaico.

Il processo per ottenere Silicio di purezza così elevata è piuttosto lungo, complesso e costoso. Le celle commerciali hanno in genere uno spessore di 0,3 mm

Page 45: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

44

e una superficie di circa 100 cm2. L’efficienza delle celle è molto variabile: per quelle commerciali l’efficienza di trasformazione dell'energia luminosa in energia elettrica può variare dall’1,1% al 16%; in applicazioni di laboratorio si sono raggiunti anche valori più elevati, superiori al 20%. La potenza massima erogabile, che viene indicata come potenza di picco (watt di picco), dipende dall’irraggiamento e dall’insolazione. L’efficienza della cella viene ricavata dalla potenza massima divisa l’irraggiamento moltiplicato per la superficie della cella.

ηηηη = P max / 1000 ×××× A cella

Le singole celle sono di superficie limitata, quindi consentono una produzione di energia elettrica limitata; per poter sfruttare questo fenomeno è necessario unire insieme diverse celle per costituire i moduli, che poi vengono messi insieme nei pannelli, i pannelli nelle stringhe; le varie stringhe costituiscono il generatore fotovoltaico. Normalmente i moduli sono costituiti da 36 celle disposte su 4 file; in condizioni di insolazione normale, (1.000 W per metro quadro), la potenza che può essere erogata è intorno a 40-50 W a 17 V (volt).

Il problema più grande, che limita la diffusione di questa forma di utilizzo di energia solare, è appunto il costo del materiale impiegato, cioè il Silicio, per cui da tempo si effettuano in tutto il mondo studi per trovare una soluzione a questo problema. Le vie che si seguono sono diverse, a partire dalla possibilità di utilizzare Silicio con un grado di purezza inferiore, detto di grado solare, con una efficienza minore ma costi di produzione notevolmente inferiori. Sono stati anche sperimentati altri materiali come il Telluriuro di Cadmio, il Diseleniuro di Rame e Indio o l’Arseniuro di Gallio.

La quantità di energia che un impianto fotovoltaico può produrre dipende essenzialmente dalle condizioni climatiche della località in cui si trova l’impianto. I fattori più importanti sono l’Irraggiamento e la Temperatura. Si deve prendere in considerazione la potenzialità energetica, differente da località a località, che viene espressa tramite la cosiddetta Insolazione Media Annua, che equivale al numero di ore annue di insolazione in condizioni medie di irraggiamento (1.000 W/m2). L’insolazione si misura in kWh per m2 al giorno, quindi esprime la quantità di energia resa in rapporto ad una superficie.

Il numero di ore annue di insolazione equivalente è molto comodo perché rende possibile, nota la potenza nominale dell’impianto, il calcolo immediato della quantità di energia che l'impianto è in grado di produrre. Per esempio, nell’Italia meridionale si misurano circa 1.800 ore equivalenti di insolazione annua; questo vuol dire che un impianto fotovoltaico è in grado di produrre per ogni kW di potenza installato 1.800 kWh di energia elettrica all’anno. Naturalmente si tratta di un valore teorico: bisogna calcolare, per esempio, le dispersioni dovute al surriscaldamento dei contatti tra i componenti dell’impianto fotovoltaico; in effetti l'impianto non avrà una produzione pari al 100% della sua potenzialità ma, in linea di massima, non dovrebbe scendere a livelli inferiori all’80-85% di questo

Page 46: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

45

valore. Questo vuol dire che la produzione effettiva di un impianto fotovoltaico è di 1.500 kWh all’anno per ogni kW di potenza installata.

Bisogna, inoltre, tener presente la vita media dell’impianto, valutata di norma in 25 anni, e l’energy pay back time, cioè il tempo necessario perché venga ammortizzato il costo iniziale, in pratica l'energia che l'impianto deve produrre per coprire i costi della sua realizzazione: tale tempo viene stimato in circa 5 anni. Ciò significa che la vita media efficace dell’impianto fotovoltaico è pari a 20 anni; di conseguenza possiamo considerare che per ogni kW di potenza l'impianto fotovoltaico produce 1.500 kWh all’anno per la durata della sua vita efficace di 20 anni. Per ogni kW di potenza installati possono essere prodotti 30.000 kWh di energia elettrica; per produrre un kWh elettrico negli impianti convenzionali occorre bruciare 0,25 kg di combustibile fossile: la quantità di combustibile fossile che può essere risparmiata può essere calcolata facilmente: 30.000 kWh x 0,25 = 7.500 kg di combustibile, ovvero 7,5 tep (tonnellate equivalenti di petrolio).

Page 47: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

46

L’ENERGIA EOLICA

L’energia eolica tra le fonti energetiche rinnovabili è quella attualmente più competitiva o vicina alla competitività economica rispetto alle fonti tradizionali non rinnovabili. L’uomo ha utilizzato il vento fin dai tempi lontani, inizialmente soprattutto per la navigazione (3500 a.C., Egitto), e successivamente nei mulini a vento (XVII sec. a.C., Babilonia). La forza del vento era utilizzata per sostituire la forza muscolare degli uomini e degli animali; accoppiando il mulino a vento con un generatore di corrente, una dinamo, in Danimarca tra il 1891 e il 1908 si è ottenuto il primo caso di energia elettrica prodotta sfruttando il vento.

Il settore eolico è tecnologicamente molto avanzato; le macchine utilizzate si basano su principi diversi e sono diverse anche nell’aspetto. Le più utilizzate per la produzione di energia elettrica sono quelle a configurazione ad asse orizzontale. Ma l’aspetto da prendere in considerazione è quello della produzione di energia elettrica mediante macchine che vengono chiamate aerogeneratori che, secondo le esigenze, possono essere di dimensioni e quindi di potenza diversa.

L'energia eolica è prodotta dai venti che si sviluppano nei primi 100 m. d’aria sopra la superficie terrestre; venti che si generano per le differenze di temperatura e di pressione delle diverse zone del pianeta. La quantità di energia che si potrebbe teoricamente ottenere dal vento, così come in genere si può affermare per tutte le fonti rinnovabili, è enormemente superiore ai fabbisogni energetici del pianeta ma non è possibile sfruttare completamente questa fonte di energia.

L’utilizzo più attuale ed interessante dell’energia eolica è la produzione di energia elettrica, attraverso macchine particolari, gli aerogeneratori, costituiti da un sostegno, che può essere a pilone o a traliccio, sul quale è appoggiata una struttura chiusa, detta gondola (o navicella), in cui è contenuto il generatore elettrico, oltre a tutti i sistemi di controllo e di orientamento. Dalla gondola fuoriesce un asse su cui è imperniato il rotore, che può essere monopala, bipala e tripala (il più utilizzato). I rotori monopala sono meno efficienti rispetto al bipala e al tripala, però sono più leggeri e di costruzione più semplice. Per la costruzione dei rotori è utilizzata la tecnologia dell’industria aeronautica, in particolare del settore elicotteristico. Le tecnologie sono ormai consolidate, quindi si può scegliere tra semplicità costruttiva e costi inferiori oppure un maggiore rendimento della trasformazione energetica. Si tratta essenzialmente di sfruttare l’energia cinetica del vento tramite il movimento dell’aria, che viene trasformata in energia meccanica dal rotore; il movimento lento del rotore è amplificato da un moltiplicatore di giri e la sua energia viene trasferita ad un generatore elettrico, alternatore o dinamo, che la trasforma in energia elettrica. Si utilizza un alternatore (che produce corrente elettrica alternata) se l’energia elettrica prodotta deve essere immessa nella rete di distribuzione, mentre viene impiegata una dinamo (che produce corrente continua) quando l’energia elettrica prodotta deve essere accumulata in apposite batterie. In ogni caso è sempre

Page 48: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

47

possibile trasformare la corrente continua in alternata (tramite un inverter) e viceversa (mediante un raddrizzatore).

Gli aerogeneratori cominciano a produrre energia eolica a partire da una certa velocità del vento; la velocità iniziale è tanto maggiore quanto maggiori sono le dimensioni dell’aerogeneratore.

C’è poi un valore della velocità del vento ottimale in cui c’è la produzione massima di energia; c’è poi, però, anche un limite superiore, un limite della velocità del vento, superato il quale l’aerogeneratore viene disinserito, perché anche il vento può rappresentare un pericolo per l’aerogeneratore stesso.

Gli aerogeneratori commerciali, quelli più diffusi, sono gli aerogeneratori a portanza ad asse orizzontale.

Rappresentazione schematica di un aerogeneratore

Gli aerogeneratori sono di diversa dimensione e di diversa potenza in funzione

dell’uso al quale sono destinati e anche alla velocità del vento che deve essere sfruttato; in presenza di venti con velocità elevate si possono utilizzare aerogeneratori di taglia maggiore. Questi vengono convenzionalmente divisi in tre classi: piccola, media e grande potenza. Quelli di piccola taglia hanno una potenza inferiore a 100 kW e hanno un rotore con un diametro massimo di 20 m; quelli medi hanno una potenza tra i 100 e i 1.000 kW e un diametro del rotore che può arrivare a 50 m. Poi ci sono quelli di grande taglia, con potenze superiori a 1.000 kW e con un rotore di diametro superiore a 50 m e che può arrivare anche a circa 100 m di diametro per le potenze maggiori. Le dimensioni dell'aerogeneratore sono in funzione dell'utilizzo al quale è destinato: se si vuole sfruttare l’energia eolica per produrre energia meccanica o se si vuole ottenere energia elettrica e, in questo caso, se l’energia elettrica deve soddisfare i bisogni di un’utenza isolata o se deve essere inserita nella rete pubblica.

Page 49: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

48

Naturalmente anche per l’energia eolica, pur se la produzione non è vincolata all’alternarsi delle stagioni o del giorno e della notte, non c’è garanzia di continuità di produzione; per cui, anche in questo caso, così come nel caso dell'energia solare, è necessario disporre di sistemi di accumulo. L’energia eolica è tra le fonti rinnovabili che sono state inserite nel Piano Energetico Nazionale, quelle per cui erano previsti sviluppi e agevolazioni in considerazione della situazione deficitaria dell’Italia riguardo alle fonti energetiche non rinnovabili.

Vantaggi e svantaggi dell'energia eolica

I vantaggi principali dell'energia eolica sono la rinnovabilità, il fatto che non è

inquinante nel senso che non genera scorie di nessun tipo, è molto diffusa, liberamente disponibile, integrabile con i sistemi esistenti. Per quanto riguarda gli inconvenienti, alcuni hanno ormai effetti abbastanza trascurabili, meno importanti di quanto potesse essere in passato.

L’occupazione del territorio, che dipende dalle dimensioni degli aerogeneratori usati, è un inconveniente abbastanza diffuso soprattutto se gli aerogeneratori sono molti e di piccola taglia: la superficie necessaria sarà considerevole in quanto gli aerogeneratori devono essere posti a distanza tale da non disturbarsi vicendevolmente. In effetti, però, una centrale eolica utilizza solo l’1% della superficie totale interessata. Gli aerogeneratori occupano circa lo 0,2% del terreno mentre il restante 0,8% è occupato dalle strade di collegamento e dalle aree di servizio. Quindi, anche se la superficie interessata è grande, quella effettivamente utilizzata dagli aerogeneratori è molto ridotta e questo non limita l’utilizzo del territorio per altri scopi.

Le modificazioni del paesaggio, l’inquinamento visivo. È chiaro che gli aerogeneratori non possono passare inosservati, specie se di grandi dimensioni, ma è necessario collocarli dove c’è vento, anche se esiste la possibilità di "inquinare" il paesaggio.

Le interferenze con le comunicazioni: riguarda il modo con cui sono costruiti e sistemati gli impianti elettrici, ma questo inconveniente, in genere, non si presenta spesso.

Il rumore: un aerogeneratore non è sicuramente silenzioso ma anche questo è un problema che deve essere considerato superabile; in sostanza è un problema abbastanza relativo. Nei primi 150 m, il rumore è pari a 47 decibel e, via via, decresce: a 400 m il rumore è pari a 37 decibel. Questi rumori, se messi a confronto con alcuni rumori che sopportiamo tutti i giorni, non sono così insopportabili: per arrivare a 37 decibel, cioè il rumore percepito a 400 m di distanza dall’aerogeneratore basta poco, rumori casalinghi, rumori d’ufficio, o all’interno della vettura dove si arriva a 80 decibel; un martello pneumatico arriva a 120-130 decibel; un aereo in fase di decollo arriva a 140-180 decibel. Il rumore è sicuramente fastidioso nelle immediate vicinanze dell’aerogeneratore, ma non è un problema tanto grave.

Page 50: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

49

Le interferenze con la navigazione ci sono soltanto per gli aerogeneratori off-shore, cioè in mare o nelle vicinanze delle coste.

La perturbazione del regime dei venti con effetti sul microclima è un inconveniente difficile da verificarsi, anche se esiste una piccola possibilità di manifestazione.

Si può tranquillamente affermare che gli inconvenienti derivanti dallo sfruttamento dell'energia eolica sono abbastanza trascurabili rispetto ai vantaggi che possono derivare dall’utilizzo di questa fonte rinnovabile e pulita. L’unico reale limite è costituito dalla discontinuità della fonte.

Per calcolare il costo del kWh prodotto da fonte eolica bisogna tener conto degli oneri annui d’impianto, di esercizio e di manutenzione e rapportarli all’energia prodotta annualmente. Per quanto riguarda il costo del capitale, questo è dato da: - costo degli aerogeneratori e delle strutture di sostegno; - costo delle infrastrutture e loro installazione.

I costi di installazione variano notevolmente in funzione dell’accessibilità del sito in cui l’impianto è ubicato; spesso i siti ventosi sono anche quelli meno accessibili, quindi per poter sfruttare questa fonte di energia in alcuni casi i costi d’impianto sono elevati. L’incidenza sul capitale complessivo è abbastanza elevata, tra il 25% e il 50% del costo totale, mentre i costi di esercizio e di manutenzione, sulla base di esperienze maturate a livello internazionale, possono essere valutati in una percentuale variabile dall’1% al 3% del costo capitale.

La quantità dell’energia producibile da un impianto eolico può essere calcolata considerando la curva di potenza di un aerogeneratore, col vento calcolato in condizioni standard. Deve essere inserito in questo calcolo un coefficiente per tener conto dei fermi e dei guasti tecnici che possono verificarsi nel corso dell’anno, per calcolare così la disponibilità dell’impianto. Come nel caso degli impianti fotovoltaici, la producibilità teorica non corrisponde a quella effettiva. Nel caso degli impianti eolici, la disponibilità è dell’ordine del 90-95%, quindi il coefficiente è compreso tra 0,90 e 0,95.

Page 51: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

50

L’ENERGIA DA BIOMASSE

Con il termine biomasse vengono indicate diverse sostanze di origine biologica e non fossile di natura diversa; appartengono a questa categoria: - materiali e residui di origine agricola e forestale; - prodotti secondari e scarti dell’industria agroalimentare; - reflui zootecnici; - frazione organica dei rifiuti solidi urbani; - specie vegetali coltivate a scopi energetici.

Le modalità di impiego delle biomasse sono diverse:

- la combustione diretta; - l'utilizzo per ottenere combustibili o carburanti liquidi; - l'utilizzo per la produzione di combustibili gassosi; - la gassificazione per ottenere, anche in questo caso, un gas combustibile.

Attualmente, le biomasse, coprono circa il 14% del fabbisogno energetico

mondiale, mentre a livello europeo ci si trova di fronte a valori del 3-4%. Nei Paesi in via di sviluppo, inoltre, le biomasse sono sfruttate in modo poco corretto dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda l'Italia, le principali risorse di biomasse utilizzate sono: - i rifiuti organici; - i reflui zootecnici; - le colture energetiche dedicate.

I rifiuti organici corrispondono, in Italia, a circa 67 milioni di tonnellate, dalle

quali si potrebbero ottenere, con uno sfruttamento adeguato, 27 Gigatep (miliardi di tonnellate equivalenti in petrolio) di energia, e si potrebbero produrre 325 TWh (T = tera = 1012) di energia. In Italia, visto anche lo scarso utilizzo delle biomasse, solo il 2% dei consumi energetici nazionali viene soddisfatto da questa fonte. Per quanto riguarda le colture energetiche dedicate, cioè le specie vegetali coltivate appositamente per ricavare da esse energia in varie forme, non esiste ancora una grande diffusione perché manca un vero e proprio mercato. In considerazione della possibilità, per il sistema agricolo italiano, di utilizzare molti ettari per colture non alimentari, la quasi totale assenza di colture dedicate è da valutare ancor più negativamente in quanto esse potrebbero rappresentare una via alternativa alla produzione agricola per uso alimentare.

Le colture energetiche dedicate possono essere classificate in:

- colture oleaginose ed alcoligene; - colture da fibra; - colture arboree a breve rotazione.

Page 52: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

51

Alcune specie di colture erbacee, per esempio il sorgo, hanno dato in sperimentazioni eseguite in pieno campo produzioni dell’ordine di 30 tonnellate di sostanza secca per ettaro all’anno (30 t ss/ha/anno).

Le colture arboree a breve rotazione, come la robinia e la ginestra, sono particolarmente adatte per operazioni di riforestazione di zone marginali e svolgono una funzione importante anche dal punto di vista ambientale, garantendo una copertura dei terreni e limitando i fenomeni erosivi; per queste specie la produzione è dell’ordine di 10 t ss/ha/anno.

Il contenuto energetico delle biomasse può essere sfruttato attraverso diversi sistemi, il più semplice e il più antico di questi è la combustione diretta, ma esse possono essere convertite in cosiddetti vettori energetici, utilizzando tecnologie ormai sperimentate per ottenere prodotti solidi come la carbonella; liquidi, come l’Etanolo e il biodiesel; gassosi come il biogas. Il biodiesel, l’Etanolo, e il suo derivato ETBE sono prodotti molto interessanti sia in considerazione del limitato impatto ambientale che del rendimento energetico.

I BIOCARBURANTI

I combustibili fossili utilizzati per la produzione dei carburanti hanno un

impatto ambientale piuttosto pesante, soprattutto se si considera il contributo del traffico degli autoveicoli all’inquinamento nei centri urbani. Nel caso dalle emissioni di particelle totali sospese, il settore dei trasporti contribuisce per oltre il 56% a questa forma di inquinamento; per quanto riguarda il Monossido di Carbonio, uno degli inquinanti ambientali più nocivi, i trasporti sono responsabili per oltre il 90% delle emissioni nell'atmosfera. Nel caso degli Ossidi di Zolfo, il maggiore responsabile non è il settore dei trasporti ma il settore termoelettrico; il settore dei trasporti, in questo caso, è responsabile solo per il 4%. Per quanto riguarda le emissioni di Ossidi di Azoto il settore dei trasporti è il maggiore responsabile con una percentuale di circa il 51%.

L’utilizzo dei biocarburanti, in sostituzione parziale o totale dei carburanti tradizionali, può contribuire alla riduzione dell’inquinamento e alla diminuzione delle emissioni nell’atmosfera degli inquinanti citati.

I biocarburanti sono di origine vegetale, quindi non contribuiscono all’aumento della concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica; inoltre, non contengono né Piombo, né Zolfo, consentono una significativa riduzione delle emissioni di Monossido di Carbonio e di composti incombusti, sono completamente biodegradabili essendo di origine vegetale, hanno buone proprietà chimico-fisiche, come potere calorifico, come potere antidetonante e come punto di volatilizzazione;

Il bioetanolo può essere ottenuto mediante un processo di fermentazione,

seguito dalla distillazione, da materiali diversi; materiali che contengono zuccheri semplici, come i residui della lavorazione della barbabietola da zucchero, materiali

Page 53: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

52

amilacei o materiali ligno-cellulosici. Si tratta di prodotti che hanno alla loro base la molecola di glucosio: l’amido è un polimero del glucosio così come la cellulosa.

Nel caso di materiali zuccherini il processo di fermentazione è più semplice, perché il materiale è già nello stato di zuccheri semplici, o di disaccaridi, quindi facilmente idrolizzabili. Nel caso di prodotti amilacei o ligno-cellulosici, la fermentazione deve essere preceduta da una fase di idrolisi che consenta di ottenere, a partire da composti più complessi, gli zuccheri semplici che poi possono subire la fermentazione. Si ottiene in questo caso Etanolo, che può essere utilizzato come Etanolo anidro, cioè privo di acqua, impiegato come additivo per aumentare il potere antidetonante della benzina o come carburante, da solo o in miscela con la benzina. Dall’Etanolo si può ottenere l'ETBE (Etil-terbutil-etere), che può essere utilizzato come additivo antidetonante.

Tra i biocarburanti è molto importante il biodiesel, ottenuto da una reazione di

esterificazione di oli ricavati da diverse specie vegetali coltivate appositamente. Sono specie coltivate anche per uso alimentare e che possono essere convenientemente impiegate per l’ottenimento del biodiesel, biocarburante con caratteristiche simili a quelle del gasolio. Le specie maggiormente utilizzate per questo scopo sono: il girasole, la colza e la soia, dai cui semi si può ottenere un olio che viene fatto reagire con alcol metilico o alcol etilico per ottenere, appunto, il biodiesel.

Il biodiesel ha caratteristiche simili a quelle del gasolio, quindi può essere impiegato nei motori a ciclo diesel ed è disponibile in diversi Paesi europei, anche se il suo impiego non è molto diffuso, soprattutto perché ha un costo di produzione abbastanza elevato, circa 3 volte quello del gasolio. È impiegato per il trasporto urbano e pubblico e in tutte le situazioni nelle quali il maggior costo è bilanciato dai benefici ambientali che si possono ottenere.

Il problema che limita la produzione del biodiesel è, quindi, il costo di produzione. In Italia, tra l’altro, la produzione potenziale è limitata dal fatto che il biodiesel, tranne una certa aliquota molto bassa, viene equiparato agli altri carburanti e, di conseguenza, tassato con le normali accise; ciò non lo rende competitivo, mentre agevolazioni fiscali più elevate potrebbero compensare i maggiori costi di produzione e rendere più conveniente l’impiego di questo carburante che presenta un impatto ambientale notevolmente inferiore al gasolio tradizionale.

I biocarburanti sono accusati di ridurre la disponibilità di derrate alimentari e

di aumentare la fame nel Mondo. I dati sull'effettiva resa energetica e sull'eventuale riduzione delle emissioni di Anidride Carbonica sono contrastanti. La coltivazione delle materie prime necessarie a produrli, in generale, è accusata di essere inquinante. La produzione di biodiesel è molto dispendiosa anche dal punto di vista idrico. Per produrre un litro di biodiesel servono 4.000 litri di acqua per l'irrigazione delle colture e durante il processo chimico di trasformazione. Sono

Page 54: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

53

pertanto allo studio biocarburanti che consentano di evitare, o quantomeno attenuare, l'insorgenza dei problemi citati.

I biocarburanti di seconda generazione mostrano caratteristiche e prestazioni migliori rispetto a quelle dei biocarburanti tradizionali, ma, allo stesso tempo, necessitano di tecnologie e di processi produttivi più complessi. Le materie prime maggiormente impiegate sono i residui agroforestali e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Ciò consente una riduzione significativa sull’incidenza del costo di reperimento ed un minor impatto sulla filiera alimentare, oltre ad un vantaggio ambientale in termini di minore emissione dei gas serra rispetto ai carburanti tradizionali di origine fossile. Si possono utilizzare anche colture dedicate a elevata produttività come la canna comune, il sorgo da fibra e il panico, specie vegetali non utili per l’alimentazione.

I biocarburanti di terza generazione, che dovrebbero integrare quelli di prima e di seconda per poter gradualmente sostituire quelli fossili, hanno come obiettivo la produzione e il miglioramento di alcune colture speciali che non sono in competizione con l'industria alimentare. Per la produzione di queste colture non si utilizzano terreni agricoli né risorse forestali, ma terreni marginali come quelli desertici o addirittura il mare. Infatti, con processi di ingegneria genetica non solo si è tentato di aumentare la resa di colture arboricole dedicate, come il pioppo, o di colture erbacee come il sorgo, ma sono state poste allo studio anche colture di microalghe ad alto tenore lipidico e zuccherino da cui ottenere biocarburanti.

Ma si parla già di biocarburanti di quarta generazione, ottenuti da microrganismi geneticamente modificati.

IL BIOGAS

Un’altra possibilità legata all’impiego delle biomasse è la produzione del biogas, che si ottiene in apparecchi detti “digestori”. Gli impianti di digestione utilizzano materie prime molto diverse tra loro: come reflui zootecnici, residui delle industrie agroalimentari, scarti di lavorazione come le acque di vegetazione dell’industria olearia o il siero e la scotta del settore caseario. Il siero è ciò che rimane dall’ottenimento del formaggio, la scotta è ciò che rimane dalla lavorazione per la produzione di ricotta. Si possono utilizzare anche reflui urbani e la componente organica dei rifiuti.

Questi materiali organici vengono sottoposti a un processo di digestione anaerobica, cioè un processo sostenuto da microrganismi in condizioni di carenza di Ossigeno. Si ottiene così il biogas costituito essenzialmente da Metano (50-67%), Biossido di Carbonio (31-40%), Ossigeno (1-5%), Idrogeno (1-5%) e altri gas (0,5-1%).

L’ottenimento del biogas avviene attraverso diverse fasi:

Page 55: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

54

- fase idrolitica in cui le molecole dei composti più grandi vengono idrolizzate, cioè demolite per ottenere molecole di dimensioni inferiori; - fase acidogena e fase metanogena, processi fra microrganismi che portano allo sviluppo di biogas.

È un processo che avviene a una temperatura compresa tra 30 e 37 °C; questo è l’intervallo ottimale di temperatura, la quale deve, comunque, essere superiore ai 15 °C perché questo processo possa avvenire. Il pH è compreso tra 6,5 e 8,5. Questo è un processo che viene utilizzato presso allevamenti zootecnici, come le porcilaie, di una certa dimensione perché consente un doppio vantaggio: riduce il problema dell’eliminazione dei reflui zootecnici che gli allevamenti devono considerare e favorisce la riduzione dell’inquinamento perché questi reflui sono utilizzati per ottenere energia elettrica e calore.

Schema di un impianto per la produzione di biogas (digestore)

La biomassa viene mescolata con un minimo d'acqua in un serbatoio aperto (1). La miscela entra per gravità nell’impianto quando si apre la valvola (2). Il miscelatore (3) ha lo scopo di impedire la formazione di schiume e di sedimenti. Il recipiente digestore (4) è ermeticamente chiuso e coibentato. Ogni aggiunta di biomassa comporta uno scarico di biomassa digerita in un recipiente esterno (6). Il gas prodotto gorgoglia attraverso la biomassa fino alla parte superiore del digestore (5) e tramite una condotta (7) viene portato fino al serbatoio di stoccaggio (8).

LA GASSIFICAZIONE

Le biomasse possono essere impiegate a fini energetici anche utilizzando la

gassificazione, processo mediante il quale un solido o un fluido viene decomposto usando una quantità di aria o di Ossigeno limitata in modo da non arrivare alla combustione, ma solo alla decomposizione termica per ottenere un combustibile gassoso.

Page 56: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

55

Si utilizza una temperatura intorno a 800-1000 °C se si utilizza l’aria, mentre si opera a temperature comprese tra i 1000-1400 °C se si impiega l’Ossigeno. L’aria è l’ingrediente più semplice da usare e permette una maggiore efficienza di conversione; l’Ossigeno, che deve essere separato dall’aria tramite diversi sistemi, evita i problemi legati alla presenza dell’Azoto (usando l’Ossigeno il gas ottenuto ha un potere calorifico maggiore, circa 2,5 volte del gas che si ottiene usando l’aria). Il processo di gassificazione avviene all’interno del reattore che può funzionare in diversi modi.

Nella prima fase le biomasse perdono l’umidità che contengono, nella seconda fase avviene la vera e propria gassificazione. Si ha inizialmente una degradazione chimica del materiale, con formazione di composti volatili, e poi la fase vera e propria di gassificazione. Ci sono diversi tipi di gassificatori: quello più impiegato è quello a letto fluido, il cui gas è di qualità migliore rispetto agli altri, presenta una maggiore flessibilità per quanto riguarda i materiali che si possono impiegare.

Il processo di gassificazione si può distinguere in due blocchi: il primo è il processo di gassificazione vero e proprio e il secondo comporta l’utilizzo del gas per ottenere energia elettrica e calore.

La tecnologia della gassificazione consente di ridurre i problemi legati all’utilizzo di ciò che viene gassificato: biomasse, carbone o residui pesanti del petrolio. Il gas che si ottiene può essere liberato dalle impurità. Lo Zolfo che si separa non è un problema ma rappresenta una risorsa che può essere venduta.

È importante usare questo sistema per la possibilità di ottenere un gas che può essere bruciato con minori problemi dal punto di vista ambientale. A vantaggio di questi sistemi di gassificazione è lo sviluppo che stanno avendo le turbine a gas impiegate, che possono portare ad un aumento del rendimento del processo, soprattutto se viene utilizzato un impianto di cogenerazione che produce contestualmente energia elettrica e calore. Un altro vantaggio è rappresentato dalla versatilità del processo rispetto alla combustione, sia per l’alimentazione, cioè la materia prima da utilizzare, sia per gli usi a cui può essere destinato il gas che si ottiene il quale può essere utilizzato nello stesso impianto, oppure trasportato mediante gasdotto ad altri utilizzatori.

Page 57: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

56

L’ENERGIA DAI MARI E DAGLI OCEANI

In teoria è possibile convertire almeno 4 tipi di energia presenti nei mari e

negli oceani: • delle maree, • delle onde, • delle correnti, • del gradiente termico tra superficie e fondali. Il nostro pianeta possiede una superficie totale di circa 510 milioni di km2, dei

quali 149 occupati da terre emerse (29,2%) ed i rimanenti dal mare. Utilizzare l'energia posseduta dalle onde del mare significa impiegare quella

del vento che produce le onde e indirettamente quella della radiazione solare che produce il vento, beneficiando della concentrazione di tali flussi energetici effettuata dalla massa liquida del mare. Il mare ha dunque una disponibilità di energia ben più cospicua di quella della terra, anche se prelevabile con maggiore difficoltà.

Attualmente esiste solo un impianto per lo sfruttamento delle maree in Francia, mentre sono in corso esperimenti per lo sfruttamento del potenziale energetico delle onde nel Regno Unito, in Norvegia e in Giappone e del gradiente termico negli Stati Uniti.

L'Unione Europea ha di recente concluso uno studio che identifica circa 100 siti suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dalle correnti marine. In Italia è lo stretto di Messina ad essere stato identificato tra i siti più promettenti.

Maree

È noto che la Luna esercita una forte attrazione sull’acqua della Terra. Dall’innalzamento e dall’abbassamento regolare delle masse d’acqua si può ricavare energia. Per costruire una centrale mareomotrice si deve disporre di un’insenatura profonda e stretta (come un fiordo) o di un estuario e deve essere realizzata, in direzione del mare, una diga artificiale.

La tecnica energetica sfrutta il dislivello tra l’alta marea e la bassa marea, la cosiddetta ampiezza di marea, che deve essere notevole. L'energia accumulata dalle maree è enorme e si aggira sui 3.000 GW, corrispondente ad un'energia annua di circa 16 milioni di GWh. Ma solo il 2% di tale immensa potenza può ritenersi tecnicamente utilizzabile e, tenuto conto del rendimento degli impianti di trasformazione, si potrebbe contare al massimo su una potenza utile di circa 16 GW, dell'ordine di grandezza di quella idroelettrica installata in Italia.

Nei mari che circondano l’Italia, e più in generale nel Mediterraneo, le maree hanno un'ampiezza praticamente irrilevante, ma in altre zone del Pianeta esse raggiungono ampiezze non di rado superiori ai 10 m ed in qualche caso (baia di Fundy, Nord America) sfiorano i 20 m. Ad oggi sono stati individuati, a livello

Page 58: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

57

globale, 21 siti in cui le caratteristiche delle maree sono adatte alla installazione di centrali mareomotrici. Dal 1996 è in funzione in Francia, alla foce del fiume Rance sul Canale della Manica, un impianto della potenza di 240 MW che sfrutta l'energia prodotta dal dislivello (12-13 metri) che si forma tra l'alta e la bassa marea. Altri impianti sono stati realizzati in Canada e Russia e, recentemente in Corea del Sud, dove è stata inaugurata la centrale più potente del Mondo (254 MW).

L’impianto francese è stato realizzato sbarrando lo sbocco a mare del fiume Rance con una diga, all’interno della quale sono collocate, in condotte che possono essere chiuse o aperte in funzione delle condizioni di marea, le turbine che trasformano l’energia cinetica dell’acqua in energia meccanica utile per produrre energia elettrica. Le turbine sono reversibili, perciò possono funzionare sia al crescere sia al calare della marea.

Quando il livello del mare cresce le paratie vengono tenute chiuse fino a

quando la marea raggiunge il culmine; a questo punto esse vengono aperte e si fa fluire nel bacino l'acqua del mare che aziona le turbine.

Page 59: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

58

L’afflusso dell’acqua prosegue fino a che il livello non è uguale da entrambi i lati della diga. Quindi le paratie vengono chiuse e si aspetta la bassa marea; quando questa raggiunge il livello inferiore le paratie vengono aperte e l’acqua fluisce dal bacino al mare aperto mettendo in funzione le turbine.

Le centrali di marea costiere hanno il limite nell'erosione che esercitano nelle coste e nella abbondante sedimentazione all'interno del bacino, per questi motivi si sta pensando a impianti offshore, che avrebbero il vantaggio di poter modulare la produzione di energia elettrica dividendo la struttura in più bacini. Con le opportune griglie di sbarramento e data la non elevata velocità delle turbine di questi sistemi può essere salvaguardata anche la flora e la fauna all'esterno dei sistemi. Correnti

L’energia delle correnti è una delle fonti più interessanti ed inesplorate tra le fonti di energie rinnovabili. Le correnti intermittenti sono periodiche e reversibili e si producono in aree circoscritte attraverso canali che uniscono regioni di mare a diverso regime (es. stretto di Messina, stretto di Gibilterra). In tali canali la velocità dell'acqua, variabile con la quota, può raggiungere anche alcuni metri al secondo. Nella sola Europa la disponibilità di questo tipo di energia è pari a circa 75 GW. Le forti correnti marine che attraversano lo Stretto di Messina hanno una potenzialità energetica pari a quella della grande centrale idroelettrica costruita in Cina sul Fiume Azzurro: circa 15 GW.

Le turbine per lo sfruttamento delle correnti marine possono essere, come per le tecnologie eoliche, ad asse orizzontale o ad asse verticale. Le turbine ad asse orizzontale sono più adatte alle correnti marine costanti, come quelle presenti nel Mediterraneo, le turbine ad asse verticale sono più adatte alle correnti di marea per il fatto che queste cambiano direzione di circa 180 ° più volte nell'arco della

Page 60: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

59

giornata. Per raggiungere potenze ragguardevoli occorre utilizzare turbine ad elica di grande diametro per trattare enormi portate volumetriche d'acqua.

Moto ondoso

La possibilità di sfruttare il moto delle onde del mare per ottenere energia elettrica non smette di solleticare la fantasia degli ingegneri. Il problema principale da affrontare è la trasformazione di un movimento discontinuo e irregolare in uno continuo ed uniforme. Possono essere utilizzati diversi sistemi.

Principio della colonna d'acqua oscillante

Il sistema sfrutta la variazione di pressione dell’ aria, causata dalle onde, in una apposita camera. Le onde causano una variazione ciclica del livello dell’acqua nella camera, quindi della pressione dell’aria intrappolata nella sua parte superiore dove se si creano dei fori questa esce. Si può sfruttare la corrente d’aria tramite particolari turbogeneratori, dove le turbine ricevono la spinta sia nella fase di compressione che in quella di decompressione.

Page 61: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

60

Sistemi con apparati galleggianti Il progetto Pelamis è un sistema con galleggianti ed utilizza l'ampiezza

dell'onda, è basato da una struttura semisommersa che grazie al movimento dettato dalle onde agisce su dei pistoni idraulici accoppiati a dei generatori.

In genere la singola struttura è composta da 5 elementi congiunti , ha un diametro di 3,5 m ed è lungo 150 metri, la potenza è di 750 kW

Sistemi con impianti sommersi Anche il principio di Archimede si presta allo sfruttamento del moto ondoso;

sono più di uno i sistemi che si basano sui principi idrostatici, tra i quali l'AWS (Archimedes Wave Swing). Questo progetto consiste in una struttura ancorata al fondo marino nella quale una camera d'aria è compressa al momento del passaggio dell'onda sopra il sistema e risale quando l'onda è passata; un impianto commerciale dovrebbe avere una potenza di 2 MW, con una struttura (completamente sommersa) alta 30 metri e con diametro di 10 metri; la massima efficienza si ha con onde che abbiano una ampiezza di 5 metri.

Page 62: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

61

Gradiente termico La prima centrale per la conversione dell'energia termica degli oceani (OTEC,

Ocean Thermal Energy Conversion) è nata nel 1996 al largo delle isole Hawaii e produce energia sfruttando la differenza di temperatura tra i diversi strati dell'oceano. L'energia solare assorbita dalla superficie del mare la riscalda, creando una differenza di temperatura fra le acque superficiali, che possono raggiungere i 25 – 28 °C, e quelle situate per esempio ad una profondità di 600 m, che non superano i 6-7 °C. Le acque superficiali, più calde, consentono di far evaporare composti come Ammoniaca o Propano; i vapori ad alta pressione mettono in moto una turbina collegata ad un generatore di elettricità, passano in un condensatore e tornano allo stato liquido raffreddati dall'acqua aspirata dal fondo. Una differenza di 20 °C basta a garantire la produzione di una quantità di energia economicamente sfruttabile.

Schema di un impianto OTEC a ciclo chiuso

Page 63: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

62

L’IDROGENO

Tra le fonti non rinnovabili il petrolio, il carbone ed il gas naturale, oltre ad essere causa di gravi fenomeni di inquinamento ambientale per il modo in cui vengono in massima parte impiegate, appaiono destinate ad un più o meno rapido esaurimento, mentre il nucleare da fissione continua ad essere penalizzato dal fatto che al suo utilizzo segue inevitabilmente la produzione di scorie radioattive la cui pericolosità è ben nota ed il cui smaltimento è un problema ambientalmente rilevante e complesso. D’altro canto, l’utilizzo energetico del nucleare da fusione per applicazioni civili sembra ancora lontano, mentre le nuove fonti rinnovabili (solare fotovoltaica, eolica e da biomasse soprattutto) non possono fornire attualmente un contributo significativo al soddisfacimento del crescente fabbisogno energetico mondiale. Un ruolo importante in questo senso potrebbe essere svolto dall’Idrogeno.

L'Idrogeno è l'elemento basilare e più diffuso dell'universo. È la materia di cui sono fatte le stelle e il nostro Sole: se propriamente utilizzato, è un "combustibile eterno". Non finisce mai e quando brucia non produce dannose emissioni di CO2; i suoi unici sottoprodotti sono il calore e l'acqua.

L'Idrogeno si trova ovunque sulla Terra, nell'acqua, nei combustibili fossili e in tutti gli esseri viventi. Tuttavia, in natura, raramente esiste come elemento libero e mobile, ma deve essere estratto da sorgenti naturali. Oggi, circa la metà dell'Idrogeno prodotto nel mondo viene ottenuto da gas naturale attraverso un procedimento di trattamento del Metano con vapor d’acqua, comunemente indicato come steam reforming. Anche il carbone può essere riconvertito per produrre Idrogeno, attraverso un procedimento di gassificazione, ma è più costoso che usare il gas naturale. L'Idrogeno può anche essere prodotto dal petrolio. Nonostante sia stato dimostrato che l'utilizzo del vapore per convertire il gas naturale è il metodo più economico per produrre Idrogeno commerciale, il gas naturale rimane un idrocarburo che emette CO2 nel processo di conversione. Inoltre, è molto probabile che la produzione globale di gas naturale raggiunga il massimo livello fra il 2020 e il 2030, creando una seconda crisi energetica sulla scia di quella del petrolio.

Esiste comunque un altro modo per produrre Idrogeno senza utilizzare combustibili fossili durante il procedimento. Le fonti di energia rinnovabili possono essere utilizzate per produrre elettricità che, a sua volta, può essere utilizzata in un procedimento, chiamato elettrolisi, tramite il quale si divide l'acqua in Idrogeno ed Ossigeno. L'Idrogeno può essere quindi immagazzinato ed utilizzato, laddove necessario, in una cella a combustibile per generare energia utile per la corrente elettrica, il calore e l'illuminazione. Ma perché generare elettricità due volte, prima per produrre elettricità per il processo di elettrolisi e poi ancora per produrre corrente, calore e luce attraverso una cella combustibile? La ragione è che l'elettricità non può essere immagazzinata. Con l'Idrogeno si

Page 64: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

63

possono immagazzinare fonti di energia rinnovabili e si può assicurare alla società una fornitura crescente e continua di corrente elettrica.

Ma il vero problema è quello dei costi. L'energia eolica, quella idrica e la biomassa sono già competitive dal punto di vista economico in molte parti del mondo e possono essere utilizzate per generare elettricità per il procedimento di elettrolisi. I costi dell'energia fotovoltaica e geotermica però sono ancora alti e dovranno abbassarsi considerevolmente per rendere competitivo il procedimento di riconversione del vapore nella produzione di Idrogeno.

L'Idrogeno può far terminare la dipendenza del mondo intero dalle importazioni di petrolio che diffondono e incentivano il pericoloso gioco di geopolitica cui partecipano militanti musulmani e Paesi occidentali. L'Idrogeno potrà contribuire a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 ed a mitigare gli effetti del surriscaldamento globale. E poiché l'Idrogeno è così abbondante ed esiste ovunque sulla Terra, ogni essere umano potrebbe "averne facoltà di produzione ed utilizzo". Ciò renderebbe il sistema energetico a Idrogeno il primo vero regime energetico democratico della storia. La rete mondiale di energia a Idrogeno è la prossima grande rivoluzione tecnologica, commerciale e sociale.

L’Idrogeno viene proposto al momento attuale principalmente come una soluzione per l’inquinamento ambientale dei centri urbani. In realtà il problema di fondo è ben più grave e complesso e coinvolge il progressivo esaurimento delle fonti energetiche fossili a livello mondiale, di cui l’inquinamento locale è solo una manifestazione.

Non è difficile produrre energia elettrica da fonti rinnovabili: eoliche, fotovoltaiche, idroelettriche o altro. In effetti, l'energia solare è abbondante ovunque, il problema è immagazzinarla in una forma utilizzabile quando ce n'è bisogno. Esistono parecchi metodi per immagazzinare l'energia, ma la maggior parte sono costosi e complessi, specialmente quelli basati su batterie. Al momento attuale nessuno è neanche lontanamente paragonabile all’Idrogeno in termini di efficienza, sicurezza, versatilità, basso costo e compatibilità ambientale. Partendo da energia elettrica si può scomporre l’acqua in Idrogeno e Ossigeno. Ricomponendo l’Idrogeno con l’Ossigeno dell’aria si ottiene di nuovo acqua ed energia in forma di calore o energia elettrica. Questi sono processi molto efficienti che generano un ciclo totalmente sostenibile e ambientalmente pulito.

Come si ottiene l’Idrogeno?. Attualmente l’Idrogeno viene prodotto quasi totalmente dal reforming degli idrocarburi. Questo non è, ovviamente, un processo sostenibile, ma è tuttavia abbastanza pulito ed è spesso meno inquinante del bruciare direttamente gli stessi idrocarburi nei motori o nelle centrali elettriche. Comunque, l’idea dell’economia basata sull’Idrogeno è di utilizzare solo Idrogeno ottenuto per scomposizione dell’acqua. Il processo elettrolitico di produzione di Idrogeno è ben noto e ha efficienze molto elevate, dell’ordine dell’80-90%. Per il momento, l’Idrogeno elettrolitico costa ancora troppo per essere concorrenziale con l'Idrogeno prodotto dagli idrocarburi, ma questo potrebbe cambiare a breve scadenza, come risultato per esempio di economie di scala.

Page 65: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

64

Idrogeno nucleare o solare? Alcuni dei proponenti dell’economia basata sull’Idrogeno hanno sostenuto la necessità di ritornare all’energia nucleare per produrlo. In effetti i costi dell’energia elettrica prodotta in impianti nucleari sono piuttosto bassi e questo rende interessante da un punto di vista economico l’idea di basare sul nucleare l’economia all’Idrogeno. Si tratta di vedere però come i costi vengono calcolati: se includiamo i costi della sicurezza, dello smaltimento delle scorie e tutto il resto, le centrali nucleari non sono poi così convenienti. In ogni caso non sarebbe molto sensato fare una gran fatica per sostituire il petrolio con un’altra fonte non rinnovabile: dopo un po’ ci ritroveremmo al punto di prima. Comunque, è possibile che l'energia nucleare e quella solare si trovino alleate piuttosto che in concorrenza: una volta prodotto, l'Idrogeno non si "ricorda" più quale fonte di energia è stata usata e sia il nucleare come il solare possono contribuire a generare l'infrastruttura necessaria per l'uso pratico dell'Idrogeno.

Come si usa l’Idrogeno. Il modo più efficace per sfruttare l’energia dell’Idrogeno è di farlo ricombinare con l’Ossigeno a bassa temperatura nelle pile a combustibile ottenendo direttamente energia elettrica. L’Idrogeno è anche un combustibile gassoso, che si può usare al posto dei combustibili attuali in quasi tutti gli usi comuni. Se è vero che le pile a combustibile sono efficienti è anche vero che sono pesanti e costose, per cui in certi casi potrà essere necessario o utile mantenere i vecchi motori termici. Per esempio, gli aerei dovranno continuare a usare motori alternativi, o turbine, che però potranno essere alimentati a Idrogeno. È stato anche dimostrato che l’Idrogeno può essere utilizzato come gas domestico per il riscaldamento e per la cucina. L’Idrogeno può essere utilizzato anche in molti processi non correlati alla produzione di energia, per esempio per produrre acciaio; inoltre, serve anche come base per ottenere un gran numero di prodotti indispensabili: medicinali, insetticidi e fertilizzanti.

Immagazzinamento e trasporto. Sono problemi tecnologici sostanzialmente risolti, ma su cui si sta ancora lavorando. Il modo più semplice per immagazzinare l’Idrogeno è sotto forma di gas compresso. A parità di energia immagazzinata, i serbatoi di Idrogeno compresso sono più leggeri di quelli per i combustibili attuali, ma anche più voluminosi. In un’automobile a Idrogeno dovremmo avere molto spazio occupato dal serbatoio, oppure accontentarci di un autonomia di 100-200 km invece degli attuali 400-600 con benzina o gasolio. Lo stesso vale per gli aerei alimentati a Idrogeno, che dovrebbero avere una fusoliera più “panciuta” per far posto ai serbatoi. Si sta lavorando a nuovi sistemi per immagazzinare l’Idrogeno, per esempio sotto forma di Idruri. I risultati sono molto promettenti, ma ancora in via di sviluppo. Infine, non ci sono problemi fondamentali per trasportare l’Idrogeno su lunghe distanze attraverso gasdotti simili a quelli attuali per il metano. Tuttavia, gli “Idrogenodotti” dovranno essere diversi e separati per la necessità di usare materiali e metodi specifici.

Page 66: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

65

Sicurezza. Nonostante l’impressione diffusa basata su certi casi particolari, l’Idrogeno è decisamente un combustibile sicuro, sotto molti aspetti più sicuro dei combustibili attuali. Ovviamente, essendo infiammabile va maneggiato con le precauzioni del caso. Se mescolato con l’Ossigeno in un ambiente chiuso genera una miscela esplosiva, ma in questo non è molto differente dagli attuali gas naturali. In pratica, essendo leggero, l’Idrogeno tende a diffondere rapidamente in alto e a non accumularsi, per cui i problemi in questo senso sono molto ridotti. In incidenti con veicoli alimentati a Idrogeno si è visto come anche nel caso di una rottura dei serbatoi l’Idrogeno tende semplicemente a sfuggire verso l’alto. Se si incendia, genera una fiammata localizzata che si esaurisce rapidamente. Se ci pensiamo, tutti noi siamo abituati ad andare in giro con veicoli che sono vere e proprie bombe vaganti: un centinaio di litri di benzina o di gasolio nel serbatoio sono estremamente pericolosi. Un veicolo a Idrogeno sarebbe certamente più sicuro.

La strada per l’Idrogeno. Se l’Idrogeno è una cosa così bella ed efficiente, perché non lo abbiamo già? È un problema di costi e di inerzia tecnologica e soprattutto finanziaria. La sostituzione di una tecnologia con un altra richiede tempi lunghi, soprattutto se è lasciata unicamente alle cosiddette “forze del mercato”; i tempi naturali di sostituzione del petrolio con l’Idrogeno potrebbero essere dell’ordine dei 50-100 anni perché, nonostante le crisi energetiche degli anni ’70 del XX secolo, non si è fatto quasi nulla a questo proposito. È una questione di costi e di volontà politica combinate.

Le pile a combustibile. L'elemento fondamentale di queste pile è la cella a combustibile, un generatore elettrochimico in cui entrano un combustibile (tipicamente Idrogeno) e un ossidante (Ossigeno o aria) e da cui si ricavano corrente elettrica continua, acqua e calore. Il processo che si svolge in una cella a combustibile è inverso di quello dell’elettrolisi: nel processo dell’elettrolisi l’acqua, con l’impiego di energia elettrica, viene decomposta nei suoi componenti gassosi Idrogeno e Ossigeno; nella cella a combustibile questo processo si inverte e i due elementi si uniscono producendo acqua.

La cella a combustibile è formata essenzialmente da due elettrodi, catodo ed anodo, e da un elettrolita che permette la migrazione degli ioni. Quando l’idrogeno fluisce sul lato anodico della cella, un catalizzatore di Platino facilita la scissione dell’Idrogeno in elettroni e protoni (ioni Idrogeno):

• i protoni passano attraverso la membrana (il centro della cella), si combinano con l’Ossigeno e gli elettroni sul lato catodico, producendo acqua;

• gli elettroni, che non possono attraversare la membrana, passano dall’anodo al catodo attraverso un circuito esterno che collega i due elettrodi, generando quindi energia elettrica. Questo processo si svolge senza interruzione fino a che permane una sufficiente quantità di Idrogeno e di Ossigeno. Un aspetto di

Page 67: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

66

importanza fondamentale per le applicazioni delle celle a combustibile è rappresentato dal fatto che gli effluenti (acqua e gas esausti), che vanno continuamente rimossi dalla cella, non contengono sostanze inquinanti.

La cella ha struttura piatta a tre strati, di cui quello centrale, compreso fra il catodo e l'anodo, costituisce o contiene l'elettrolita. Alcuni tipi di celle funzionano in orizzontale, altre in verticale, come avviene in particolare per le celle a membrana polimerica (celle PEM). In pratica, le superfici affacciate devono avere un'area sufficiente per ottenere intensità di corrente adeguate alle esigenze applicative. Si può così arrivare, in funzione dell'applicazione e della filiera di celle, a superfici dell'ordine del metro quadrato. Le singole celle (caratterizzate da tensioni comprese tra 0,5 volt e 1 volt, secondo la tecnologia adottata e il carico elettrico ad essa collegato) vengono sovrapposte una all'altra, collegandole in serie in modo da ricavare una tensione complessiva del valore desiderato. L'impilamento di celle che così si ottiene, forma il cosiddetto stack (o "pila"), che rappresenta la base della sezione elettrochimica.

Generalmente un impianto a celle a combustibile è composto, oltre che dal modulo di potenza (contenente la sezione elettrochimica) anche da un convertitore di corrente (inverter) e di un trasformatore che convertono la corrente continua generata dalla pila in corrente alternata alla tensione e alla frequenza desiderate.

Lo stato attuale delle celle a combustibile

Lo sviluppo storico delle celle a combustibile ha occupato un arco di tempo molto ampio (oltre un secolo e mezzo) ed è stato fortemente condizionato, sotto l'effetto di forti spinte innovative e di notevoli difficoltà tecniche ed economiche che, soprattutto in passato, ne hanno ostacolato il cammino verso la piena maturità

Page 68: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

67

industriale e la diffusione commerciale. Fra queste ultime occorre considerare in particolare:

o i problemi tecnologici e i costi di produzione ancora elevati delle pile a combustibile; o il successo delle soluzioni alternative elettromeccaniche tuttora più economiche e tecnologicamente meno impegnative.

Fra le motivazioni che spingono a intensificare gli sforzi verso lo sviluppo commerciale delle pile a combustibile, si possono citare:

o la necessità di disporre di generatori di energia con ridotto impatto ambientale e basse emissioni di Anidride Carbonica (CO2 ); o la ricerca di rendimenti elevati anche a livello di generatori di taglia medio-piccola; o la ricerca di un'alternativa, seppur parziale, al nucleare; o la concreta prospettiva di una significativa riduzione dei costi nel breve-medio termine.

Nonostante gli ostacoli sopra citati, sono oggi disponibili, a differenti stadi di sviluppo, diversi tipi di celle a combustibile FC (Fuel cell), che si distinguono una dall'altra per il tipo di elettrolita e che funzionano a diverse temperature medie e con differenti rendimenti. In generale la materia attiva è costituita da aria (o Ossigeno) e da Idrogeno oppure da idrocarburi (nel caso delle celle ad alta temperatura)

Principali tipi e parametri delle celle a combustibile

Celle/Parametri

Temperatura media di esercizio (°C)

Rendimento elettrico dell'impianto (%)1

Temperatura media del calore residuo (°C)2

FC alcaline (AFC) 60 - 100 50 <60

FC a membrana polimerica (PEM, SPFC)

60 - 120 40 40 - 60

FC ad acido fosforico (PAFC)

180 - 200 40 70 - 80

FC a carbonati fusi (MCFC)

600 - 700 50 - 55 600 - 700

FC a ossidi solidi (SOFC)

800 - 1000 50 - 55 700 -1000

(1) La valutazione dei rendimenti di impianto non è omogenea. In alcuni casi (MCFC, PAFC, SOFC) si include il processo di reforming, mentre in altri (PEM, AFC) si fa riferimento all'alimentazione diretta ad Idrogeno. (2) La temperatura del calore residuo ha notevole importanza per le applicazioni e in particolare per l'integrazione delle pile a combustibile in cicli di tipo combinato.

Page 69: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

68

Prospettive di applicazione

La riscoperta e il rilancio delle pile a combustibile, oltre un secolo dopo la loro invenzione da parte di W. Grove (1839), risale agli anni Sessanta del secolo scorso, per le applicazioni in campo spaziale, dove le esigenze di affidabilità, leggerezza e densità di potenza prevalgono sui costi. Negli anni Ottanta e Novanta, una maggiore attenzione alla salvaguardia ambientale e un'accresciuta disponibilità di materiali e tecnologie adatti alla realizzazione delle pile a combustibile hanno permesso di passare dalle esperienze di laboratorio a realizzazioni a livello preindustriale e, nel caso delle celle PAFC, alla produzione commerciale.

Oggi si ritiene che le pile a combustibile possano svolgere un ruolo di crescente importanza nell'ambito della generazione stazionaria di potenza, dove sta crescendo la richiesta di generazione distribuita che è stata finora soddisfatta prevalentemente con piccole turbine a gas e motori a combustione interna (nell'ambito delle tecniche tradizionali) o con generatori fotovoltaici ed eolici (nell'ambito delle fonti rinnovabili). In particolare le pile a combustibile a temperatura media o alta rivestono particolare interesse per la cogenerazione (produzione associata di energia elettrica e calore).

Page 70: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

69

LA NORMAZIONE

Nel senso più ampio del termine l’attività di normazione comprende l’elaborazione di documenti la cui applicazione può essere volontaria (norme tecniche) o obbligatoria (regole tecniche). Le prime nascono perlopiù dalle esigenze dell’industria e del mercato, mentre le seconde devono rispondere alla necessità di salvaguardare la sicurezza e la salute delle persone e dell’ambiente e derivano da provvedimenti legislativi di carattere nazionale (decreti legislativi) o comunitario (direttive e regolamenti). L’attività di normazione in senso stretto consiste nell’elaborare - attraverso la partecipazione volontaria, la consensualità e procedure di trasparenza - documenti tecnici che, pur essendo di applicazione volontaria, forniscano riferimenti certi agli operatori e possano pertanto avere una chiara rilevanza contrattuale.

A volte l’argomento trattato dalle norme ha un impatto così determinante sulla sicurezza delle persone o dell’ambiente che esse vengono inserite in provvedimenti legislativi, trasformandosi quindi in documenti cogenti. In ogni caso, a mano a mano che si diffonde l’uso delle norme come strumenti contrattuali e che, di conseguenza, diventa sempre più vasto il riconoscimento della loro indispensabilità, la loro osservanza diventa quasi "imposta" dal mercato.

La progressiva trasformazione dei mercati da locali e nazionali ad europei e internazionali ha portato ad una parallela evoluzione della normativa da nazionale a sopranazionale, con importanti riconoscimenti anche dalla Organizzazione Mondiale del Commercio, o WTO (World Trade Organization). Da qui la partecipazione di un numero crescente di Paesi alle attività dell’ISO (International Organization for Standardization) e l’importanza che le sue norme, pur di libero recepimento da parte degli enti di normazione suoi membri, rivestono sui mercati mondiali.

Il mondo europeo delle normazione è strettamente interrelato con un corpo sempre più completo di direttive dell’Unione Europea e ha dovuto, quindi, darsi regole interne più rigide: gli enti di normazione membri dell’omologo europeo dell’ISO, il CEN (Comité Européen de Normalisation) sono infatti obbligati a recepire le norme europee e a ritirare le proprie, se contrastanti. In tale contesto è evidente che l’attività normativa nazionale si sta via via limitando a temi più specificatamente locali o non ancora prioritari per studi sopranazionali e sta sempre più organizzando le proprie risorse per contribuire alle attività europee ed internazionali.

Dal principio del 20° secolo ad oggi l’evoluzione della normazione non si è solo concretizzata in un allargamento di orizzonti geografici: la normazione ha infatti subito anche una sensibile evoluzione concettuale, che la ha portata ad abbracciare significati sempre più ampi. Oggi l’attività di normazione ha per oggetto anche la definizione dei processi, dei servizi e dei livelli di prestazione, intervenendo così in tutte le fasi di vita del prodotto e nelle attività di servizio.

Page 71: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

70

Non solo: oggi la normazione si occupa anche di definire gli aspetti di sicurezza, di organizzazione aziendale e di protezione ambientale, così da tutelare le persone, le imprese e l’ambiente.

LA NORMAZIONE: UN PO' DI STORIA La normazione ha origini antichissime: sin dai primordi della civiltà l’uomo ha

sentito la necessità di “consuetudini codificate”, di regole a cui attenersi nella sua attività. Possiamo trovare episodi di razionalizzazione, che hanno un vero e proprio carattere normativo, già verso il 1600 a. C., in Egitto, dove vennero stabilite delle precise dimensioni per i mattoni. Nell’antica Roma, i monumenti realizzati vedono l’impiego di due tipi di mattoni, il

bipedalis (59,2 cm. x 59,2 cm. x 4 cm.) ed il sesquipedalis (44,4 cm. x 44,4 cm. x 4 cm.) opportunamente combinati, il che costituisce una delle più antiche applicazioni del concetto di intercambiabilità di elementi costruttivi. Anche le famose strade dell’Impero Romano erano normate: l’ampiezza era di metri 2,75. Ma la normazione, pur ancora priva di basi scientifiche, cominciò ad avere ampie applicazioni con l’avvento della rivoluzione industriale, nel XVIII secolo: a partire da allora, infatti, il diffondersi della realizzazione e dell’applicazione di macchine, impose da un lato l’intercambiabilità dei pezzi, dall’altro veri e propri elementi normalizzati quali, ad esempio le filettature, il cono Morse e gli attacchi per le pompe antincendio. L’unificazione di dimensioni, tipi di produzione, ecc… tende a ridurre i costi

industriali: ben lo capì Henry Ford quando, nel 1909 dichiarò che in futuro avrebbe prodotto un solo tipo di automobile, il modello T, con un unico tipo di telaio e che “il cliente avrebbe potuto scegliere il colore che voleva, purché fosse nero”. La normazione, legata ormai indissolubilmente all’industria, compì progressi talmente rapidi da evidenziare la necessità di norme valide, non più solo nell’ambito di alcuni costruttori, ma nell’intero ambito nazionale. Nel 1901 infatti venne fondato in Gran Bretagna il primo Ente istituzionalmente preposto all’emanazione di norme l’Engineering Standards Committee che, dopo una serie di evoluzioni, diede origine nel 1919 alla British Standards Institution (BSI). All’Ente di Normazione inglese ne seguirono altri, tra cui nel 1921 l’UNI. GLI ENTI DI NORMAZIONE

Gli Enti di Normazione offrono un vero e proprio servizio, organizzando ed ufficializzando le occasioni di incontro e dialogo tra tutte le categorie economiche e sociali. Fare normazione significa infatti recepire le esigenze, vuoi dei produttori, vuoi degli utilizzatori di un determinato prodotto o servizio; significa ricercare e mettere in contatto gli esperti che rappresentano i diversi interessi in causa; significa costituire e gestire commissioni tecniche, sottocommissioni e gruppi di lavoro in cui si riuniscono gli esperti per studiare ed elaborare norme che rispondano alle specifiche esigenze.

Page 72: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

71

Attraverso il confronto e la discussione, secondo procedure codificate ed ufficiali, nascono le norme tecniche, documenti di natura puramente volontaria, elaborati con il consenso delle parti (produttori, consumatori, esponenti del mondo accademico e scientifico, Pubblica Amministrazione...).

Le norme tecniche definiscono le caratteristiche e le prestazioni di prodotti, processi e servizi sotto diversi aspetti: terminologici, qualitativi, dimensionali, tecnologici e di sicurezza, rappresentando la migliore soluzione in base allo stato dell’arte, cioè al livello delle conoscenze scientifiche e tecnologiche del momento e in base a considerazioni economiche.

In Italia questa essenziale funzione è affidata per legge all'UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione - e al CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano - quest'ultimo competente solo per il settore elettrico ed elettrotecnico. L'UNI ed il CEI rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello europeo (CEN e CENELEC) ed internazionale (ISO e IEC), assicurando la partecipazione agli organi politici e tecnici.

ENTI DI NORMAZIONE

Livello mondiale ISO - International Organization for Standardization, IEC - International

Electrotechnical Commission, ITU - International Telecommunication Union Livello europeo CEN (Comité Européen de Normalisation), CENELEC (Comité Européen de

Normalisation Electrotechnique), ETSI - European Telecommunications Standards Institute Livello nazionale (ITALIA) UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione, CEI - Comitato Elettrotecnico

Italiano, CONCIT – Comitato Nazionale di Coordinamento per l’Informatica e le Telecomunicazioni)

CHE COSA È UNA NORMA

Secondo il Regolamento (UE) N. 1025/2012 del 25 Ottobre 2012:

• "norma" è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non sia obbligatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie:

Page 73: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

72

o norma internazionale (emanata da un Ente di Normazione internazionale)

o norma europea (emanata da un Ente di Normazione europeo) o norma armonizzata (emanata da un Ente di Normazione europeo su

mandato della Commissione Europea) o norma nazionale (emanata da un Ente di Normazione nazionale).

Le norme, quindi, sono documenti che definiscono le caratteristiche (dimensionali, prestazionali, ambientali, di sicurezza, di organizzazione ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato dell'arte e sono il risultato del lavoro di decine di migliaia di esperti in Italia e nel mondo.

LE NORME TECNICHE: CARATTERISTICHE

• CONSENSUALITÀ: devono essere approvate con il consenso di coloro che hanno partecipato ai lavori.

• DEMOCRATICITÀ: tutte le parti economico/sociali interessate possono partecipare ai lavori e, soprattutto, chiunque è messo in grado di formulare osservazioni nell'iter che precede l'approvazione finale.

• TRASPARENZA: vengono segnalate le tappe fondamentali dell'iter di approvazione di un progetto di norma, tenendo il progetto stesso a disposizione degli interessati.

• VOLONTARIETÀ: le norme sono un riferimento che le parti interessate si impongono spontaneamente.

Come nasce una norma tecnica

Semplificando numerosi passaggi, l'iter che porta alla nascita di una norma si articola in diverse fasi: la messa allo studio, la stesura del documento, l'inchiesta pubblica, l'approvazione da parte dell’Ente di Normazione e la pubblicazione. Le parti economico/sociali interessate possono prendere parte all'iter di elaborazione di una norma, partecipando ai lavori di Commissione o inviando all'ente di normazione i propri commenti.

La messa allo studio

Gli organi preposti dell'ente di normazione elaborano uno studio di fattibilità che mette in relazione la situazione del mercato con le necessità normative, valutano le risorse e le competenze da coinvolgere, nonché i benefici. Se il risultato dell'analisi è positivo si procede alla stesura del progetto di norma.

La stesura del documento

Avviene nell'ambito dell'organo tecnico competente sull'argomento, strutturato in gruppi di lavoro costituiti da esperti che rappresentano le parti economiche e sociali interessate (produttori, utilizzatori, commercianti, centri di ricerca, consumatori, pubblica amministrazione...). L'Ente di Normazione svolge una

Page 74: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

73

funzione di coordinamento dei lavori, mettendo a disposizione la propria struttura organizzativa, mentre i contenuti delle norme vengono definiti dagli esperti esterni che, in ambito europeo ed internazionale, vengono nominati dai singoli Paesi. La discussione della bozza di norma, messa a punto tramite il lavoro a distanza su Internet (ad esempio, in Italia il sistema UNIONE) e per mezzo di apposite riunioni, ha come obiettivo l'approvazione consensuale della struttura e dei contenuti tecnici del progetto di norma.

L'inchiesta pubblica

Il progetto di norma approvato viene reso disponibile al mercato, mediante comunicazione sui canali d'informazione degli enti di normazione (per una durata variabile in funzione del tipo di documento) al fine di raccogliere commenti ed ottenere il più ampio consenso: tutte le parti economico/sociali interessate, in particolare coloro che non hanno potuto partecipare alla prima fase della discussione, possono così contribuire al processo normativo. Negli ambiti europei ed internazionali, tali commenti possono essere inoltrati al CEN e all'ISO soltanto tramite gli enti di normazione nazionali, che svolgono quindi attività di interfacciamento a tali lavori con i propri Organi Tecnici.

La pubblicazione

La versione definitivamente concordata tiene conto delle osservazioni raccolte durante l'inchiesta pubblica. Nel caso di norme nazionali, in Italia il progetto finale viene esaminato dalla Commissione Centrale Tecnica dell’UNI per l’approvazione, mentre a livello europeo ed internazionale esso viene sottoposto al voto degli enti di normazione nazionali al fine di essere ratificato e pubblicato come norma.

L'UNI E IL SUO RUOLO

L'UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione è un'associazione privata senza scopo di lucro, i cui soci, oltre 7000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione. Svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario ad esclusione di quello elettrico ed elettrotecnico di competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano.

Il ruolo dell'UNI, quale Ente nazionale italiano di normazione, è stato riconosciuto dalla Direttiva Europea 83/189/CEE del marzo 1983, recepita dal Governo Italiano con la Legge n. 317 del 21 giugno 1986. L'UNI partecipa, in rappresentanza dell'Italia, all'attività normativa degli enti sopranazionali di normazione: ISO e CEN.

L'UNI è stato costituito nel 1921, con la sigla "UNIM", a fronte dell'esigenza dell'industria meccanica di unificare le tipologie produttive, facilitare l'intercambiabilità dei pezzi, ecc. Da allora, l'attività di normazione ha assunto sempre più importanza nel contesto economico del paese: già nel 1928 la

Page 75: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

74

Confindustria ne riconobbe il ruolo fondamentale per l'economia e ne promosse l'estensione a tutti i settori industriali: l'UNIM si trasformò così anche formalmente e la sigla che lo contraddistingueva perse la "emme" finale, diventando l'attuale UNI.

I campi di attività

L'UNI, nel suo ruolo istituzionale, ha come compiti principali:

• ELABORARE norme che vengono sviluppate da Organi tecnici ai cui lavori partecipano tutte le parti interessate assicurando, in tal modo, il carattere di trasparenza e condivisione;

• RAPPRESENTARE l'Italia nelle attività di normazione a livello mondiale (ISO) ed europeo (CEN) per promuovere l'armonizzazione delle norme ed agevolare gli scambi di prodotti e servizi;

• PUBBLICARE e diffondere le norme tecniche ed i prodotti editoriali ad esse correlati, sia direttamente, sia attraverso i centri di informazione e documentazione presenti su tutto il territorio nazionale (Punti UNI), sia tramite Internet.

L'UNI, oltre a rappresentare un importante punto focale fra realtà nazionale ed internazionale, è altresì punto di incontro fra mondi diversi, come imprese, professionisti, università, Pubblica Amministrazione, consumatori, ecc… Da tale posizione, si consolida una serie di interrelazioni e si acquisiscono valori culturali ed informativi che sono particolarmente importanti per la società. Diventa pertanto ruolo dell'UNI anche quello di:

• COLLABORARE con gli Enti di Normazione degli altri Paesi per favorire gli interessi delle imprese italiane nei loro rapporti commerciali;

• DIFFONDERE la cultura normativa mediante corsi di formazione, organizzazione e partecipazione a convegni, fiere, pubblicazione di documenti tecnico - informativi e attraverso i propri mezzi di comunicazione.

Gli Enti Federati Nel sistema UNI la competenza in ogni specifico settore è assicurata dagli

esperti che rappresentano gli interessi di tutte le tipologie di operatori del mercato (sia economici che sociali) che partecipano ai lavori di normazione nell’ambito degli organi tecnici, cioè le commissioni, le sottocommissioni e i gruppi di lavoro.

Gli organi tecnici sono di regola gestiti direttamente dall’UNI, ma in alcuni casi fanno riferimento a organizzazioni indipendenti che agiscono come partner integrati, alle quali sono delegate specifiche attività di normazione: gli Enti Federati. Gli Enti Federati sono nati in prevalenza alla fine degli anni ’40, per assicurare la più ampia copertura dei settori industriali nazionali nel momento

Page 76: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

75

della ripresa dell’attività di normazione, dopo il secondo conflitto mondiale. Arrivati ad un numero massimo di 14, all’inizio del 2010 - alla luce di uno studio per la riorganizzazione del sistema di normazione nazionale, il rafforzamento della struttura tecnica dell’Ente, il miglioramento delle funzionalità in risposta alle aspettative istituzionali – ne è stata concordata la riduzione a 7, con il trasferimento delle relative attività tecniche all’UNI. Gli Enti Federati attualmente operanti sono:

CIG (Comitato Italiano Gas) CTI (Comitato Termotecnico Italiano) CUNA (Commissione Tecnica di Unificazione nell'Autoveicolo) UNICHIM (Associazione per l'Unificazione nel settore dell'Industria Chimica) UNINFO (Tecnologie Informatiche e loro applicazioni) UNIPLAST (Ente Italiano di Unificazione nelle Materie Plastiche) UNSIDER (Ente Italiano di Unificazione Siderurgica). Le UNI e le altre... Le norme, oltre che da numeri, sono identificate da sigle. Dalla sigla si può capire

da chi è stata elaborata la norma e qual è il livello di validità. Le principali sigle che caratterizzano le norme UNI sono:

• UNI: contraddistingue tutte le norme nazionali italiane e nel caso sia l'unica sigla presente significa che la norma è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI o dagli Enti Federati;

• EN: identifica le norme elaborate a livello comunitario. Le norme EN devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi membri CEN e la loro sigla di riferimento diventa, nel caso dell'Italia, UNI EN. Queste norme servono ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, quindi non è consentita l'esistenza a livello nazionale di norme che non siano in armonia con il loro contenuto;

• ISO: individua le norme elaborate dall'ISO. Queste norme sono un riferimento applicabile in tutto il mondo. Ogni Paese può decidere se rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come proprie norme nazionali, nel qual caso in Italia la sigla diventa UNI ISO (o UNI EN ISO se la norma è stata precedentemente adottata a livello europeo).

Page 77: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

76

IL SISTEMA DI CERTIFICAZIONE E ACCREDITAMENTO

Accanto all’attività di normazione sono da considerare quelle di certificazione e di accreditamento. La certificazione è l’atto mediante il quale un organismo terzo e indipendente attesta la conformità (di un prodotto/servizio, sistema) ad una norma o ad altro documento normativo; il certificato di conformità è il documento relativo. Per costituire un sistema di certificazione occorrono, oltre ai riferimenti normativi, i procedimenti operativi e le strutture di certificazione:

• i riferimenti normativi stabiliscono i requisiti applicabili alle attività ed all’oggetto della certificazione e possono essere in forma di normativa quadro di tipo generale, norme specifiche di prodotto/servizio, norme generiche relative ai metodi di prova e misura o altra documentazione equivalente;

• i procedimenti di certificazione definiscono le modalità di verifica e attestazione della conformità e devono essere adeguati alle caratteristiche dell’oggetto della certificazione ed alle esigenze del “mercato” in genere;

• le strutture operative vengono utilizzate per le attività di certificazione, devono essere dotate delle necessarie caratteristiche organizzative e gestionali e delle opportune risorse umane e strumentali; tali strutture sono gli Organismi di Certificazione (OdC).

Gli Organismi di Certificazione sono enti terzi ed indipendenti, a carattere privato, che svolgono attività di certificazione. Per l'efficace gestione delle attività di certificazione l'OdC deve soddisfare una serie di requisiti di carattere istituzionale, organizzativo, tecnico e morale che trovano solo parziale riscontro nelle norme di riferimento e che sono esaminati e discussi nel seguito. Requisiti di competenza tecnica Rivestono importanza fondamentale per un'attività essenzialmente tecnica quale

la certificazione di prodotto. L’OdC deve possedere adeguata conoscenza dei prodotti valutati e relativi processi di fabbricazione, nonché delle problematiche connesse con la loro messa in opera e/o impiego. Tale conoscenza deve essere documentata, fra l'altro, nei termini seguenti:

• esistenza di opportuni collegamenti con i settori industriali interessati, inclusa la presenza di rappresentanti di detti settori nel comitato di certificazione (o organo equivalente) dell'OdC;

• disponibilità di personale qualificato (vedi seguito); • partecipazione alle attività di ricerca e normazione concernenti i prodotti

valutati; • possesso di adeguate referenze professionali, quali pubblicazioni,

riconoscimenti, numero di certificati emessi, anni di attività, ecc..

Page 78: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

77

Qualificazione del personale

Il personale dell'OdC deve essere competente e preparato. Fra gli altri, dovrebbero essere soddisfatti i seguenti requisiti:

• esperienza almeno triennale sui prodotti oggetto di valutazione, relativi processi di fabbricazione e problematiche connesse con la loro messa in opera ed impiego, concretamente maturata presso industrie, centri di ricerca o istituti universitari;

• buona conoscenza delle tecniche di prova e misura (per il personale addetto alla valutazione e utilizzo ai fini certificativi dei risultati di prova);

• adeguata preparazione scolastica (diploma universitario o di lavoro tecnica superiore);

• libertà da condizionamenti di carattere commerciale o finanziario che possano costituire fonte di potenziali conflitti di interesse

L'impegno a rispettare le regole dell'Organismo di Certificazione e, in particolare, l'impegno alla riservatezza devono formare oggetto di un apposito "contratto" tra il personale e l'Organismo stesso. L'Organismo deve fornire le necessarie istruzioni descrittive di compiti e responsabilità; la documentazione attestante la qualificazione del personale deve essere aggiornata e conservata a cura dell'OdC.

Requisiti di etica professionale

Sono intesi a generare la necessaria fiducia nell'operato dell'OdC in relazione a fattori quali l'indipendenza, l'imparzialità, la trasparenza e la correttezza professionale in senso lato. Si applicano, sia agli OdC che operano nel settore della certificazione volontaria, sia, soprattutto, a quelli che svolgono funzioni di pubblico servizio nell'ambito della certificazione obbligatoria (es. Organismi Notificati per la Marcatura CE).

Indipendenza e imparzialità

Sono correlate allo stato giuridico dell'OdC ed al mantenimento delle necessarie condizioni operative ed implicano, comunque, l'assenza di influenze esterne ed onestà intellettuale. Un Organismo di certificazione di parte terza non deve appartenere o essere controllato da produttori, né direttamente né indirettamente. Codice deontologico

Un buon OdC deve dotarsi di un codice comportamentale che deve rispettare e secondo il quale si deve, fra l'altro, impegnare a:

• svolgere gli incarichi assunti con cura e diligenza, previa verifica dell'insussistenza di condizioni di incompatibilità;

• non accettare incarichi per i quali non disponga di adeguate competenze, risorse o potenzialità;

Page 79: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

78

• astenersi dal ricorrere a mezzi scorretti per l'acquisizione di incarichi (es. offerta di consulenza "mascherata" o di garanzie a priori di "buon esito");

• evitare l'applicazione di tariffe palesemente incongrue o tali da svilire l'attività svolta;

• rendere pubbliche tali tariffe ed applicarle in modo non discriminatorio; • usare la massima correttezza nella promozione delle proprie attività,

evitando la diffusione di notizie inesatte o fuorvianti; • mantenere il segreto professionale sulle attività svolte, salvo che nei casi

previsti dalla legge; • evitare l'assunzione di incarichi che siano incompatibili con la funzione

svolta e comunque tali da compromettere l'imparzialità e indipendenza di giudizio;

• improntare i rapporti con gli altri Organismi alla massima correttezza; • limitare il subappalto di attività a terzi e mantenere comunque un rigoroso

controllo sulle attività subappaltate

Incompatibilità tra certificazione e consulenza

Rappresenta un punto critico del comportamento etico dell'Organismo di Certificazione e come tale viene esaminata più in dettaglio; al riguardo valgono le seguenti considerazioni:

• l'OdC non deve essere coinvolto nella progettazione, fabbricazione, installazione e commercializzazione di prodotti oggetto di certificazione, né nello sviluppo di sistemi qualità di richiedenti la certificazione (qualora questa comprenda la valutazione e sorveglianza di detti sistemi); tale regola si applica anche a tutto il personale dell'OdC per un periodo di tempo la cui durata è funzione del ciclo di vita dei prodotti valutati;

• l'OdC non deve fornire "consigli" specifici per la soluzione di problemi sorti nel corso dell'iter certificativo ma può fornire al cliente informazioni tecniche di carattere generale;

• l'OdC ed il suo personale (dipendente o collaboratore) si devono astenere dal pubblicizzare servizi di assistenza e consulenza come tali da facilitare il conseguimento della certificazione.

L’attività degli Organismi di Certificazione è subordinata ad una delega formale, ad essi conferita dalle Autorità Pubbliche, nel campo della certificazione obbligatoria o regolamentata, mentre, nel settore della certificazione volontaria, essa, salvo alcuni casi, è libera ed è basata sul riconoscimento di fatto da parte del mercato. Per accreditamento si intende il procedimento con cui un ente riconosciuto

attesta formalmente la competenza di un organismo o di una persona a svolgere funzioni specifiche. Nel caso degli Organismi di Certificazione/ispezione, dei Laboratori di prova e dei Laboratori di taratura, l'accreditamento è una scelta

Page 80: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

79

volontaria che essi adottano per evidenziare la correttezza, la trasparenza e la professionalità della loro attività. Per quanto riguarda gli OdC, l’aspetto più importante dell’accreditamento è però rappresentato dal fatto che esso consente di estendere il valore della certificazione oltre l’ambito nazionale perché i certificati rilasciati, in un determinato Paese, da OdC accreditati da un Ente di accreditamento che faccia parte dell’associazione europea EA (European cooperation for Accreditation), o dell’associazione internazionale IAF (International Accreditation Forum), sono riconosciuti in tutti i Paesi con cui esistono accordi di mutuo riconoscimento. L’EA è nata dalla fusione dell’EAC (European Accreditation of Certification) e dell’EAL (European Accreditation of Laboratory). L’attività di accreditamento è svolta, in Italia, da Accredia, in osservanza al

Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 765, del 9 Luglio 2008, che prevedeva dal 1° Gennaio 2010 la presenza in tutti i Paesi UE di un unico organismo di accreditamento. Enti di accreditamento operanti in Italia (fino al 14 Luglio 2009)

SINCERT, Sistema Nazionale per l'Accreditamento degli Organismi di Certificazione, nato nel 1991 per iniziativa di UNI e CEI, con la partecipazione del Ministero dell'Industria, del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e dell'ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente) con il compito di accreditare Organismi di certificazione di sistemi qualità, prodotti, personale e sistemi di gestione ambientale e Organismi di ispezione.

SINAL, Sistema Italiano Nazionale di Accreditamento dei Laboratori, costituito nel 1988 per iniziativa di UNI e CEI, sotto il patrocinio del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, del CNR, dell'ENEA e delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura, per l'accreditamento, a livello nazionale, di laboratori di prova italiani ed esteri.

Il SIT, Servizio di Taratura in Italia, costituito dagli istituti metrologici primari (Istituto di Metrologia "Gustavo Colonnetti" del CNR, Istituto Elettrotecnico Nazionale "Galileo Ferraris" ed ENEA), per l’accreditamento dei laboratori di taratura.

Modifiche al settore dell’accreditamento

In vista dell'adeguamento del sistema di accreditamento nazionale al

Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 765, del 9 Luglio 2008, che prevedeva dal 1° Gennaio 2010 la presenza in tutti i Paesi UE di un unico organismo di accreditamento, il 15 Luglio 2009 nacque, dalla fusione di SINAL e SINCERT, ACCREDIA, associazione senza scopo di lucro destinata a diventare Ente Unico Nazionale di accreditamento riconosciuto dallo Stato italiano. Nel

Page 81: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

80

mese di Dicembre del 2009 furono firmati da tutti i Ministeri interessati i due decreti applicativi della Legge 99/2009 e del Reg. CE 765/2008. I decreti individuavano le prescrizioni che l'Ente Unico italiano di accreditamento doveva soddisfare e designavano ACCREDIA a svolgere questo compito, riconoscendogli un ruolo di pubblica autorità, nell'interesse generale. Il 18 Giugno 2010 fu sottoscritta tra ACCREDIA e INRIM la convenzione che dava pieno valore contrattuale alle intese per l'operatività del Dipartimento di ACCREDIA per i Laboratori di taratura.

Attualmente le attività dell'Ente si articolano in quattro Dipartimenti:

- per i Laboratori di Prova, con sede a Roma; - per i Laboratori di Prova per la Sicurezza degli Alimenti, con sede a

Roma; - per gli Organismi di certificazione e ispezione, con sede a Milano; - per i Laboratori di taratura, con sede a Torino.

In sintesi si può dire che in Italia il Sistema di certificazione e accreditamento,

indicato anche come “Sistema Qualità Italia”, sia articolato in più livelli: gli Enti di Normazione, unitamente all’Ente di Accreditamento, rappresentano il LIVELLO DI RIFERIMENTO; i soggetti accreditabili (Organismi di certificazione/ispezione, Laboratori di Prova e Laboratori di taratura) costituiscono il LIVELLO OPERATIVO; le attività di produzione, sia di beni (le industrie) sia di servizi (il settore terziario) rappresentano il LIVELLO PRODUTTIVO.

Page 82: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

81

LA QUALITÀ

Il termine qualità assume significati anche notevolmente diversi in funzione del contesto nel quale viene usato. A volte il termine qualità è attribuito ad una o più proprietà caratteristiche di una cosa, senza che ad esso corrisponda alcun giudizio di valore. Altre volte al termine qualità si attribuisce il significato di caratteristica positiva.

Alcune definizioni di qualità • La qualità è idoneità all'uso (Juran) • La qualità è conformità ai requisiti (Crosby) • Q = Fr/Fa, ovvero la qualità è il quoziente fra le funzioni realizzate da un

prodotto o servizio e le funzioni attese dall'utente (Colonna) • La qualità è l'insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o

servizio che permettono di soddisfare esigenze espresse o implicite del consumatore (Norma UNI 8402).

La qualità può essere vista come una bilancia con due piatti: uno contiene la

prestazione del prodotto o servizio in esame, l'altro le necessità che l'utente vuole soddisfare per mezzo di tale prodotto o servizio. La qualità è il giusto equilibrio tra le prestazioni e le esigenze che un prodotto o servizio deve soddisfare; essa sarà tanto più elevata quanto più le prime corrisponderanno alle seconde. La qualità si raggiunge solo se la totalità della struttura dell'impresa è modellata con lo scopo di assicurare il raggiungimento di un livello qualitativo elevato.

Il problema della qualità ha assunto una caratterizzazione globale, cioè influente sul miglioramento costante e concomitante di tutti i fattori che determinano il funzionamento dell'impresa, comprese le sue relazioni con l'esterno. È proprio in questo senso che si parla di qualità totale. Il risultato finale non è effetto solo di fattori tecnici (impianti, materiali), ma anche di fattori umani e organizzativi.

Il concetto di qualità non comprende solo gli aspetti tecnici, ma anche gli aspetti emozionali, la quantità di servizi inerenti al prodotto prima e dopo l'acquisto, nonché l'incidenza della produzione, dell'uso e dello smaltimento del prodotto nell'ambiente.

Q TOT = f (q raz + q emoz + q serv + q amb)

Questo significa che la qualità è funzione degli aspetti razionali, degli aspetti emozionali, della qualità dei servizi che accompagnano la vendita e l'uso del

Page 83: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

82

prodotto, dell'incidenza sull'ambiente in termini di risorse non rinnovabili, distribuzione, uso e smaltimento del prodotto.

Immediatamente dopo la seconda guerra mondiale la qualità era considerata un lusso. Negli anni dal '60 al '70 la qualità viene considerata un costo; viene realizzata dal controllo di qualità ed ha come obiettivo la conformità. Il controllo di qualità è l'operazione di controllo della rispondenza delle caratteristiche effettivamente presenti in un prodotto ai parametri progettuali; non indica però solo un'azione di verifica, ma anche gli interventi che la verifica mostra essere necessari per raggiungere e mantenere gli obiettivi di qualità prefissati. Il controllo di qualità deve assicurare la qualità prestabilita (collaudo, collaudo percentuale, controllo statistico nel corso della produzione). Negli anni '70-'80 la qualità comincia ad apparire come un'esigenza sempre più irrinunciabile e quindi assicurarla diviene un valido strumento di vendita; viene realizzata dalla assicurazione di qualità ed ha come obiettivo la soddisfazione del cliente.

Dal controllo della qualità alla gestione della qualità

Il controllo della qualità

L’applicazione del Controllo Qualità consiste nell’assicurarsi che il prodotto sia conforme ai requisiti espressi dal cliente effettuando, prima della consegna, tutti i controlli, le prove e le misurazioni necessarie per eliminare quei prodotti che non corrispondono ai requisiti espressi nelle specifiche. Questa metodologia può essere considerata come il primo stadio dell’applicazione della qualità ed è molto utile, soprattutto, in quelle realtà in cui un errore può costare moltissimo, come, ad esempio, nelle industrie farmaceutiche, in ambito aerospaziale, ecc.

Storicamente il controllo qualità iniziò a diffondersi intorno agli anni ’30 del secolo XX, quando si iniziò a capire che i costi di scarti e rilavorazioni incidono pesantemente sulle finanze delle aziende. Con l’avvento della produzione di massa il controllo divenne ancora più stringente grazie al controllo statistico di processo.

Il Controllo della Qualità può essere eseguito, a seconda delle necessità, in tre momenti particolari della vita di un’organizzazione:

1) all’ingresso delle materie prime, per non immettere in produzione materiali non conformi

2) durante i processi produttivi: sui semilavorati 3) all’atto del collaudo: sui prodotti finiti.

I costi di una Qualità gestita in questo modo sono molto alti perché ci si accorge del problema solo una volta che questo si è già verificato. Il tutto si concretizza in un numero di scarti molto alto, in costi aggiuntivi dovuti

Page 84: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

83

all’approvvigionamento di nuovi materiali e in un probabile ritardo nella consegna del prodotto al cliente.

I controlli a tappeto su tutti i prodotti erano però troppo costosi e per questo motivo furono introdotti i primi metodi statistici per il controllo della qualità, allo scopo di garantire la conformità del prodotto, verificando i punti critici della produzione; esaminando pochi prodotti finiti si riusciva a stabilire, mentre si produceva, se il processo presentava irregolarità o meno.

I controlli basati su criteri statistici ebbero la massima applicazione durante la seconda guerra mondiale, quando per l’industria bellica diventò necessario utilizzare in modo massiccio manodopera femminile non specializzata e soggetta, quindi, ad un margine di errore maggiore.

Alla fine della seconda guerra mondiale si iniziò a parlare di qualità in maniera sistematica grazie al Giappone, che dovette trovare uno strumento che permettesse la ripresa dalla profonda crisi economica nella quale si stava dibattendo dopo la sconfitta e che rappresentasse una nuova variabile competitiva. La qualità per i giapponesi divenne uno strumento di rivalsa davanti al Mondo. Non si trattava, però, della qualità di prodotti ottenuta secondo i canoni della cultura industriale del tempo, ma di una qualità dei processi e della produzione in grado di generare prodotti migliori a costi inferiori.

È proprio in quegli anni che iniziò a maturare il “modello giapponese”, antitetico rispetto al modello occidentale, che aveva i suoi limiti nella divisione del lavoro e nell’incapacità di soddisfare la variabilità della domanda. Secondo i giapponesi il rispetto delle specifiche tecniche non bastava più, occorreva pensare anche a specifiche organizzative. Iniziò a farsi strada l’idea che le organizzazioni ben strutturate, che attuavano strategie corrette e che applicavano correttamente le procedure fossero in grado di offrire ai propri clienti un’adeguata confidenza del rispetto di determinate specifiche di prodotto. Cambia l’approccio al problema che passa dall’essere passivo all’essere proattivo e basato non solo sulla rimozione della non qualità ma anche sulla prevenzione degli incidenti attraverso la progettazione e l’applicazione di un Sistema Qualità formale capace di ridurre la possibilità di generare errori. L'assicurazione della qualità

Negli anni ’50 del XX secolo in alcuni settori (aerospaziale, nucleare, petrolchimico, ecc) si cominciò a chiedersi come si potesse fare per applicare il concetto di controllo di prodotto, considerando il fatto che per i prodotti di questi settori esso doveva essere effettuato in tempo reale. La risposta fu quella di affiancare alla specifica tecnica una specifica organizzativa che illustrasse, ad esempio, come qualificare i fornitori, chi dovesse fare cosa, ecc. Era nata così l'Assicurazione della Qualità. Per la prima volta si riconosceva che la qualità era il

Page 85: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

84

risultato di sforzi congiunti di tutte le funzioni e che ciò che contava era la qualità dei processi aziendali e non più solo quella dei prodotti.

L’applicazione della metodologia dell’Assicurazione della Qualità mira ad aumentare la fiducia del cliente, assicurandogli che i suoi requisiti verranno rispettati (insieme ai requisiti cogenti e ai requisiti volontari adottati dall’organizzazione).

La novità introdotta da questo tipo di approccio consiste in un sistema integrato che poggia su una fase di pianificazione e di progettazione del sistema di controllo e su responsabilità ben definite per quanto riguarda l’implementazione del sistema e la sua documentazione. L’affidabilità del prodotto/servizio si evolve, dato che non si basa più solo sulla conformità al momento della consegna ma si estende alla conformità durante il tempo di utilizzo.

Applicando l’Assicurazione della Qualità, si passa da una qualità vista come mero raggiungimento dei requisiti prefissati e statici ad una qualità dinamica. La conformità, infatti, rappresenta solo il primo passo per migliorarsi continuamente. Non ci si limita più, quindi, alla semplice correzione dell’errore una volta individuato, come avviene con l’applicazione del Controllo Qualità, ma si cerca di impedire che l’errore si verifichi, pianificando, applicando procedure documentate, estendendo le attività di controllo, ecc. L’Assicurazione Qualità interpreta un’importante esigenza, quella di potersi fidare. La fiducia diventa strategia per competere.

I costi I costi legati a questa metodologia sono dovuti alla redazione delle procedure,

alla conduzione delle verifiche ispettive e al mantenimento delle registrazioni che evidenzino l’aderenza alla conformità.

I vantaggi I vantaggi sono tangibili perché l'azione diventa pianificata e sistematica e si

rivolge al sistema nella sua interezza. I vantaggi acquisiti si vedono, soprattutto, nella diminuzione degli scarti, perché fare le cose bene fin dalla prima volta costa meno. È sicuramente vantaggioso anche passare da un orientamento temporale volto al passato (controllare la qualità a posteriori) ad un orientamento temporale volto al futuro (costruire la qualità).

I difetti

Tra i difetti ricordiamo la mancanza di controllo dei costi (per l’assicurazione qualità è importante l’efficacia non l’efficienza), una certa burocrazia e formalismo nell'approccio e l’assenza di elementi che si riferiscono al miglioramento (staticità del sistema).

Page 86: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

85

La gestione della qualità

La metodologia

L’applicazione della Gestione della Qualità consiste nel rendere operativo un sistema formalizzato che permetta di ottenere il massimo dei risultati (efficacia) con il minimo dei costi (efficienza).

Con la Gestione della Qualità si passa, per la prima volta, dal controllo del prodotto (controllo ex-post) e dall’assicurazione che i processi necessari alla sua realizzazione siano monitorati, al governo dei processi (cultura della qualità). Per governare davvero i processi e per soddisfare sempre i nostri clienti lo strumento giusto è l’applicazione del miglioramento continuo che sta alla base della Gestione della Qualità.

Gestire la qualità, infatti, significa avere le competenze necessarie per padroneggiare le metodologie necessarie alla sua pianificazione, alla definizione della sua politica e dei suoi obiettivi, all’implementazione e al controllo delle attività necessarie per raggiungerli; significa utilizzare gli strumenti giusti che ci permettano di prevedere come si comporteranno i processi che costituiscono il sistema ed utilizzare strategicamente ed in modo oggettivo queste informazioni per aumentare continuamente l’efficacia dell’organizzazione nel raggiungere i propri obiettivi e l’efficienza nell’espletamento degli stessi.

I costi I costi della Gestione della Qualità sono legati alla formazione,

all’impostazione delle misurazioni e dei monitoraggi dei processi, alle analisi, al miglioramento continuo, alla creazione e al mantenimento di un ambiente in cui le persone siano motivate a compiere spontaneamente le azioni giuste.

I vantaggi I vantaggi sono moltissimi perché, per la prima volta, si lavora in base a

feedback oggettivi che derivano dai dati ottenuti dalle misurazioni dei processi, dalle informazioni che ci arrivano dai clienti (reclami, segnalazioni contenute nei questionari), dal benchmarking, ecc. Per la prima volta la qualità diventa strategia.

Page 87: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

86

LA CERTIFICAZIONE DELLA QUALITÀ Nell’accezione più completa del termine, per qualità si intende l’insieme delle

caratteristiche e degli attributi di un’entità materiale o immateriale (prodotto o servizio) che le conferiscono la capacità di soddisfare le esigenze espresse o implicite associate ai processi di produzione, fornitura e utilizzo o fruizione dell’entità medesima. Tali esigenze rappresentano i requisiti (o obiettivi) della qualità che sono tanto

più completi ed efficaci quanto più ampio è il grado di soddisfazione da essi sotteso e maggiore è il numero di stakeholder le cui aspettative vengono prese in considerazione e soddisfatte tramite la conformità ai requisiti stessi. La realizzazione della qualità – come capacità di soddisfazione di bisogni –

presuppone la identificazione dei bisogni stessi e l’impegno, forte e condiviso, a porre in atto tutti gli elementi (processi e risorse) necessari per il loro soddisfacimento. La qualità deve essere quindi assicurata al “mercato” (inteso, nella sua accezione

più ampia come l’intero contesto socioeconomico a cui è destinata) mediante dimostrazione della effettiva capacità di soddisfare le esigenze considerate (requisiti e obiettivi della qualità). Le esigenze che la qualità è chiamata a soddisfare possono essere di carattere

“primario”, connesse cioè con la tutela della salute e della sicurezza delle persone, o di natura “accessoria”, relative allo sviluppo del sistema economico ed al benessere della società (adeguata gestione dei processi produttivi – qualità di sistema; adeguate prestazioni, affidabilità e durata dei prodotti – qualità di prodotto), e, come tali, sono caratterizzate diversi gradi di priorità e livelli di tutela. I bisogni primari sono tutelati dalla legislazione dello Stato attraverso le

cosiddette Regole Tecniche (obbligatorie) che prescrivono i requisiti essenziali per la protezione di interessi pubblici generali, quali la sicurezza e la salute, nonché, in molti casi, le procedure per la dimostrazione della conformità a tali requisiti. Le esigenze accessorie sono coperte dalle cosiddette Norme Tecniche

(volontarie e consensuali) (o documenti equivalenti), prodotte dagli Enti di Normazione e affini attraverso il consenso di tutte le Parti interessate ed adottate spontaneamente dagli operatori socio-economici, che stabiliscono i requisiti costruttivi, prestazionali e funzionali dell’oggetto della normazione in relazione alle più avanzate conoscenze disponibili (“stato dell’arte”). La Conformità alle Regole Tecniche (certificazione obbligatoria o cogente)

garantisce solo il rispetto dei requisiti essenziali e, come tale, rappresenta un livello basico, ma non necessariamente esaustivo, della qualità.

Page 88: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

87

La Conformità alle Norme Tecniche (certificazione volontaria) fornisce garanzie più ampie in merito alla capacità di soddisfacimento dei bisogni associati, rappresentando, quindi, un livello di qualità “superiore”.

La certificazione è l’atto mediante il quale un organismo terzo e indipendente attesta che un determinato processo, servizio, prodotto o sistema aziendale è conforme alle norme che possono essere ad esso applicate.

Esistono infatti diversi tipi di certificazione: � certificazione di prodotto; � certificazione di personale; � certificazione di sistema.

LA CERTIFICAZIONE DI PRODOTTO

La certificazione di prodotto è l'operazione intesa ad assicurare, con un adeguato livello di affidabilità, la conformità dei prodotti (e servizi) ai requisiti stabiliti da Regole Tecniche (certificazione obbligatoria) e/o Norme Tecniche (certificazione volontaria), tramite procedimenti tecnici (Schemi di Certificazione) che consistono in opportune combinazioni di procedure elementari ("Moduli") selezionate in funzione delle caratteristiche dell'oggetto della certificazione stessa. Come tale, essa è un'operazione essenzialmente tecnica, che richiede personale fortemente specializzato ed adeguate dotazioni strumentali. Le attività sperimentali (prove, misure, analisi) costituiscono una componente primaria dell'iter certificativo, congiuntamente alla conoscenza tecnologica dei prodotti valutati e dei relativi processi di fabbricazione, nonché delle problematiche connesse con la loro messa in opera ed impiego.

Nel moderno sistema socio-economico le attività di certificazione di prodotto sono svolte, in misura crescente, da operatori specializzati di parte terza (Organismi di Certificazione), la cui qualificazione è il presupposto fondamentale per l'efficace espletamento delle attività stesse. Nel quadro del cosiddetto Sistema per la qualità, la Certificazione di Prodotto ha rappresentato storicamente, e rappresenta tuttora, un pilastro dell'assicurazione della qualità al "mercato" nel senso più ampio del termine.

Anche se nell'ambito dei rapporti tra imprese (business-to-business) essa è stata affiancata, con successo, dalla Certificazione di Sistema Qualità (come elemento complementare e non alternativo), la certificazione di prodotto costituisce, oggi più che mai, una forma primaria di garanzia dell'utente/consumatore, sia per ciò che concerne la tutela dei bisogni fondamentali di salute e sicurezza della collettività secondo le prescrizioni delle Regole Tecniche, sia per quanto attiene al soddisfacimento dei requisiti prestazionali stabiliti dalla Normativa Tecnica.

In prospettiva, la Certificazione di Prodotto è destinata a comprendere, al suo interno, la certificazione di sistema (secondo una tendenza già in atto in numerosi settori), con la creazione di un binomio integrato "certificazione di prodotto -

Page 89: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

88

certificazione di sistema/processo" che è destinata a rappresentare la forma più completa ed efficace di assicurazione della qualità in entrambi i settori, volontario e cogente.

La Certificazione di Prodotto può essere di diversi tipi: • obbligatoria • volontaria • regolamentata. La certificazione obbligatoria è intesa ad attestare la conformità dei prodotti

a determinate Regole Tecniche, aventi valore giuridico cogente, che stabiliscono i requisiti essenziali a tutela di interessi pubblici collettivi, quali la sicurezza e la salute nella vita sociale e nelle attività economiche (es. Marcatura CE). Le Regole Tecniche fanno riferimento a provvedimenti legislativi emessi, a livello nazionale, dai singoli Stati o, a livello europeo, dalle istituzioni comunitarie (Parlamento e Consiglio). In quest’ultimo caso si tratta di direttive o regolamenti: le direttive devono essere recepite dai singoli Stati membri mediante l’emanazione di provvedimenti legislativi nazionali; i regolamenti, invece, sono immediatamente efficaci.

La certificazione volontaria è intesa ad assicurare la conformità dei prodotti ai

requisiti stabiliti da Norme Tecniche volontarie o da altri documenti tecnici equivalenti (es. Keymark). Le Norme Tecniche (volontarie o consensuali) sono documenti tecnici, adottati spontaneamente dagli operatori economici, che forniscono prescrizioni in ordine ad una determinata attività (processo) od ai suoi risultati (prodotto o servizio), finalizzati al miglior ordinamento di un determinato contesto. Sono prodotte attraverso il consenso di tutte le parti interessate ed emesse dai competenti Enti di Normazione nazionali (in Italia UNI e CEI), regionali (in Europa CEN e CENELEC) ed internazionali (ISO e IEC) o da altri Enti tecnici e scientifici di riconosciuta competenza e prestigio.

La certificazione cosiddetta “regolamentata” costituisce una via di mezzo tra

le due precedenti: l’accesso al sistema di certificazione è una libera scelta delle organizzazioni interessate, ma i documenti di riferimento non provengono dagli Enti di Normazione ma dalle Autorità competenti (in ambito comunitario il Parlamento Europeo o la Commissione Europea (es. Ecolabel UE e Marchi DOP, IGP e STG).

Come già indicato precedentemente, gli Organismi di Certificazione operano

sulla base di una delega formale, ad essi conferita dalle Autorità competenti per conto della collettività, nel campo della certificazione obbligatoria o regolamentata, e di un riconoscimento di fatto, da parte del mercato, nel settore della certificazione volontaria.

Page 90: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

89

LA CERTIFICAZIONE DI PERSONALE

La Certificazione di Personale è l'operazione intesa ad assicurare con un adeguato livello di affidabilità che una persona abbia acquisito conoscenza, esperienza e capacità per effettuare una determinata operazione. Alcune attività non hanno la possibilità di essere controllate durante la loro esecuzione; risulta pertanto di primaria importanza la fiducia sulle capacità dell'operatore che esegue l'operazione stessa. Tipiche figure professionali sottoposte a certificazione sono:

• i valutatori dei sistemi di gestione aziendale; • gli addetti alle prove non distruttive; • gli addetti alle attività di saldatura; • gli addetti alla protezione catodica. Anche per la Certificazione di Personale, analogamente alla certificazione di

prodotto, è necessario disporre di una norma tecnica di riferimento e di un appropriato sistema di certificazione.

LA CERTIFICAZIONE DI SISTEMA

In generale la Certificazione di Sistema comporta il riconoscimento della conformità dell’intero sistema aziendale ad una determinata norma. In tutti i casi è necessario che un organismo di certificazione controlli prima l’esistenza e poi la permanenza nel sistema aziendale delle caratteristiche previste dalle norme ad esso applicabili, utilizzando uno schema di certificazione che deve essere adatto al sistema aziendale considerato.

La certificazione del Sistema di gestione per la Qualità, anche definito più

semplicemente Sistema Qualità, è basata sulla rispondenza ai requisiti della norma specifica (vedi più avanti).

Per Sistema di gestione per la Qualità di un'organizzazione si intende l'insieme delle strutture organizzative, delle responsabilità, delle procedure, dei processi e delle risorse (umane e strumentali) poste in atto al fine di realizzare e gestire la qualità.

Per certificazione del Sistema di gestione per la Qualità si intende la verifica e l'attestazione, da parte di enti terzi indipendenti e qualificati (Organismi di Certificazione), della conformità di detto sistema ai requisiti previsti dalla norma di riferimento.

Page 91: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

90

LE NORME ISO 9000

Le norme per i sistemi di gestione per la qualità sono le norme ISO della serie

9000, che costituiscono la base per gestire bene l’attività di impresa. Le norme della serie ISO, nate nel 1987, sono state successivamente aggiornate nel 1994 e, in modo più profondo, nel 2000. Nel rispetto del principio che le norme debbono essere rispettose dello stato dell’arte e del fatto che è necessario tenere conto dell’esperienza accumulata durante la loro applicazione, altri aggiornamenti sono stati apportati successivamente, tra il 2005 ed il 2009.

Le Norme UNI EN ISO 9000:2000 accorpavano e sostituivano le varie serie di

norme ISO 9000-1/2/3/4, le ISO 9001, 9002, 9003 e le ISO 9004-1/2/3/4. Non più 20 norme ma tre soltanto, per regolare l'approccio imprenditoriale al Sistema Qualità.

Le caratteristiche principali della nuova serie ISO 9000:2000: • compatibilità con la norma ISO 14001 (Sistemi di Gestione Ambientale); • comune struttura tra ISO 9001 e ISO 9004, entrambe basate sui processi; • esclusione dei requisiti non applicabili alla azienda; • continuo miglioramento e prevenzione delle non conformità; • 9001 orientata al cliente e all'efficacia; • 9004 orientata al cliente, alle altre parti interessate e all'efficacia ed

efficienza; • semplificazione nell'utilizzazione e facilità nell'autovalutazione; • obbligo di dimostrare la non applicabilità del requisito della progettazione; • universalità per tutti i settori e dimensioni dell'azienda.

Norma Definizione

UNI EN ISO 9000:2000* Sistemi di gestione per la Qualità - Fondamenti e vocabolario

UNI EN ISO 9001:2000** Sistemi di gestione per la Qualità - Requisiti UNI EN ISO 9004:2000*** Sistemi di gestione per la Qualità - Linee Guida

UNI EN ISO 19011:2003° Sistemi di gestione per la Qualità - Standard di verifica

* Successivamente sostituita dalla norma ISO 9000:2005

** Successivamente sostituita dalla norma ISO 9001:2008 *** Successivamente sostituita dalla norma UNI EN ISO 9004:2009 ° Successivamente sostituita dalle norme UNI EN ISO 19011:2012 e UNI EN ISO 17021:2011.

Page 92: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

91

La revisione attuata con le Norme ISO 9001:2000 e ISO 9004:2000 si basava su otto principi della Gestione della Qualità che riflettono le migliori pratiche manageriali.

• Organizzazione orientata al cliente • Leadership • Coinvolgimento del personale • Approccio ai processi • Approccio sistemico della gestione • Miglioramento continuo • Approccio a dati reali nel prendere le decisioni • Rapporti di mutuo beneficio con i fornitori.

Panoramica sulla revisione attuata dalle “ISO 9000:2000”

La nuova revisione metteva in relazione le esperienze precedenti col Sistema di Gestione della Qualità, facendo emergere le intuizioni del sistema di gestione generico. È stato, alla lunga, riconosciuto che l'investimento nel Sistema di Gestione per la Qualità, in aggiunta alla risposta delle aspettative dei clienti, avrà un riscontro in benefici nell'efficienza dell'organizzazione, nelle sue operazioni e nelle sue performance economiche, così come per la qualità dei suoi prodotti o servizi. Specificamente, la revisione degli standard ISO 9000 ha rappresentato un grande aiuto per le organizzazioni per andare oltre la semplice conformità ai requisiti del Sistema di Gestione della Qualità per scopi certificativi. Gli standard ISO 9000 sono applicabili alle piccole, medie e grandi imprese sia nel settore pubblico che privato, ed ugualmente applicabili in campi quali la fabbricazione, i servizi, lo sviluppo del software. Cambiamenti essenziali

Gli standard di Gestione della Qualità ISO 9000:2000 consistono in tre norme principali: ISO 9000:2000 - Sistema di gestione per la qualità, Fondamenti e Vocabolario; ISO 9001:2000 - Sistema di gestione per la qualità, Requisiti. Il nuovo standard ha lo scopo di stabilire i requisiti del sistema di gestione per la qualità che devono essere soddisfatti quando un'azienda/organizzazione (di qualsiasi tipo e dimensione) deve dimostrare (al cliente o all'organismo di certificazione) la propria capacità di fornire prodotti e/o servizi conformi. Essa può essere utilizzata per scopi contrattuali e di certificazione dei sistemi di gestione per la qualità delle stesse organizzazioni/aziende. ISO 9004:2000 - Sistema di gestione per la qualità, Linee Guida. Ha lo scopo di fornire una guida per il miglioramento del sistema di gestione per il miglioramento delle prestazioni e il raggiungimento dell'eccellenza dell'organizzazione/azienda. Essa riporta tutti i requisiti della ISO 9001:2000 e diversi altri, in quanto orientata sia alla soddisfazione dei clienti, sia delle altri

Page 93: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

92

parti interessate (titolari/soci, personale dell'organizzazione, fornitori e/o partner, società/collettività interessata al comportamento dell'organizzazione verso l'ambiente, la sicurezza, la salute, il risparmio energetico). Non può però essere utilizzata per scopi contrattuali o di certificazione.

I principi che hanno guidato il processo di revisione sono: • applicabilità a tutti i settori di produzione e servizio e a tutte le grandezze

aziendali; • semplicità d'uso e chiarezza di linguaggio; • possibilità di connettere il Sistema di Gestione della Qualità col processo

organizzativo; • preparazione di un gradino naturale verso lo sviluppo dell'esecuzione; • più alto orientamento verso l'implementazione continua e la soddisfazione

del cliente; • compatibilità con gli altri sistemi di gestione, come per esempio la Gestione

Ambientale secondo la norma ISO 14001; • necessità di provvedere a costituire una base consistente e un indirizzo per

le necessità primarie di organizzazioni di settori specifici come: industria aerospaziale, autotrasporti, dispositivi medici, telecomunicazioni e altri.

Le norme ISO 9000:2000 sono quindi strumenti con cui organizzare l'attività di

tutte le aziende e organizzazioni, private o pubbliche, piccole o grandi, produttrici di beni, di servizi o software, in modo da ottenere benefici interni ed esterni. Cambiamenti introdotti

I nuovi standard ISO 9000 sono stati ristrutturati per facilitare un'introduzione più amichevole per un'organizzazione che voglia utilizzare il Sistema di Gestione della Qualità. La struttura comune ai due standard (ISO 9001 e ISO 9004) segue il formato tipico dei principali processi di una organizzazione e allinea il Sistema di Gestione della Qualità a questi. ISO 9004 - questo standard è stato ripensato per ospitare le moderne pratiche gestionali e in più includere una Linea Guida sull'autovalutazione. Modello di processo - La Norma ISO 9001:2000 rende ancor più vistosa l'importanza della Gestione per la Qualità rispetto alla sola Assicurazione di Qualità. La differenza risulta evidente anche nella certificazione che da "certificazione di conformità" diventa "certificazione di efficacia".

La Norma ISO 9001:2000 è chiaramente ispirata da consolidati principi di Gestione per la Qualità e in modo particolare dalla visione per processi aziendali in una ottica di analisi dei bisogni dei clienti. Miglioramento continuo - un requisito avanzato per il "miglioramento continuo" è stato introdotto nella ISO 9001 come requisito addizionale.

Page 94: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

93

Soddisfazione del Cliente - un altro nuovo articolo è stato indirizzato verso i requisiti di misurazione per valutare la soddisfazione del cliente, provvedendo così chiavi di informazione per uno sviluppo continuo. Risorse - è stata posta attenzione alla necessità di provvedere a rendere disponibili le risorse necessarie, che adesso includono elementi come informazione, comunicazione, infrastrutture e protezione dell'ambiente di lavoro. Terminologia - si possono notare i cambiamenti occorsi alla terminologia. La modifica più rilevante consiste nell'uso del termine "organizzazione" invece di "fornitore", ancora usato nello standard corrente, e per l'uso di "prodotto e servizio", dove i due termini adesso riflettono il loro originale significato (evitando l'innaturale uso di "prodotto" per indicare anche "servizio"). Quest'ultimo cambiamento risponde alla necessità di essere più concreti e amichevoli col normale uso e significato delle parole. Compatibilità con la ISO 14001 - un allineamento addizionale con la ISO 14001 è stato raggiunto. Sono stati introdotti nuovi annessi sulla corrispondenza tra gli articoli degli standard. Altri cambiamenti - altri cambiamenti dettagliati di natura meno strategica sono stati studiati, dove possibile, con l'intenzione di semplificare o chiarire i requisiti di standard esistenti, e di renderli più "amichevoli".

Modifiche al pacchetto ISO 9000:2000 e norme collegate Alla fine del 2005 è stata pubblicata la nuova versione della norma UNI EN

ISO 9000:2000, la UNI EN ISO 9000:2005 "Sistemi di gestione per la qualità - Fondamenti e vocabolario", che descrive i principi e i concetti fondamentali dei sistemi di gestione per la qualità ed aggiorna la terminologia per renderla coerente con i termini delle norme uscite dopo il 2000. L’occasione della revisione è stata colta dall’UNI per aggiornare anche la terminologia della traduzione italiana, sostituendo ad esempio l’espressione "verifica ispettiva" con il termine "audit" (con pronuncia latina) e valutatore con auditor, termini già introdotti dalla norma ISO 19011.

La struttura della nuova EN UNI ISO 9000:2005, i numeri e i titoli dei vari punti sono sostanzialmente gli stessi della precedente norma (in particolare per i primi due punti "Scopo e Campo di applicazione" "Fondamenti dei sistemi di gestione"), ma è arricchito il vocabolario ("Termini e definizioni" il numero complessivo dei termini, suddiviso ancora negli stessi dieci raggruppamenti tematici, è passato da ottanta ad ottantaquattro) per l'aggiunta di: competence (competenza: "dimostrata capacità i applicare conoscenze ed abilità") che già presente nel raggruppamento relativo all'audit ("dimostrate caratteristiche personali e dimostrata capacità di applicare conoscenze ed abilità") è stato ora

Page 95: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

94

introdotto, con significato diverso, anche in quello relativo alla qualità; contract (contratto); audit plan (piano dell'audit); audit scope (campo dell'audit) ed alcuni approfondimenti (note esplicative).

Il 26 novembre 2008 è stata pubblicata la nuova edizione della norma UNI EN ISO 9001, che presenta un testo migliorato, ma non rivoluzionato, che sebbene non introduca nuovi requisiti, né cambi quelli già esistenti, incide in modo significativo sulla "vecchia" norma. Si contano infatti numerose modifiche al testo, soprattutto per la necessità di chiarire il significato di alcuni requisiti, di difficile o difforme applicazione. In estrema sintesi, il nuovo testo denota maggiore attenzione per il mercato in cui operano le organizzazioni, per i processi intermedi e per quelli che vengono sempre più frequentemente esternalizzati, per le risorse umane e per il corretto inquadramento delle attività di verifica, di riesame e di validazione del sistema. La nuova norma fornisce l’occasione per rivedere criticamente l’interpretazione applicativa data alla "vecchia" ISO 9001 e per valutare le eventuali modifiche da applicare, senza l’ansia di dover "cambiare tutto".

I principali obiettivi della ISO 9001:2008 sono:

• maggiore chiarezza e facilità d’uso; • miglioramenti a fronte delle interpretazioni e chiarimenti richiesti dagli

utilizzatori; • maggiore compatibilità con la norma ISO 14001:2004 (Sistema di Gestione

Ambientale).

Con la pubblicazione della nuova edizione della UNI EN ISO 9001:2008 si è completata la fase di evoluzione dei sistemi di gestione per la qualità, partita nel 2000. Essa risponde sia alla necessità di chiarire alcuni aspetti applicativi della norma, sia alla volontà di migliorarne la compatibilità con la UNI EN ISO 14001, in modo che elementi comuni possano essere realizzati senza inutili duplicazioni.

Il 26 Novembre 2009 è stata pubblicata la norma UNI EN ISO 9004:2009 (Gestire un'organizzazione per il successo durevole - L'approccio della gestione per la qualità), che sostituisce la precedente versione del 2000. La norma fornisce alle organizzazioni una guida per aiutare a raggiungere il successo durevole attraverso l'approccio della gestione per la qualità. Essa è applicabile a qualsiasi organizzazione, indipendentemente da dimensione, tipo ed attività e non è intesa per la certificazione, né per fini regolamentari o contrattuali. La norma promuove l'autovalutazione come uno strumento importante per il riesame del livello di maturità dell'organizzazione, comprendente la sua leadership, la sua strategia, il suo sistema di gestione, le sue risorse ed i suoi processi, per identificare aree di forza e di debolezza ed opportunità di miglioramenti e/o innovazioni. La norma fornisce una prospettiva di gestione per la qualità più ampia rispetto alla UNI EN ISO 9001; essa si rivolge alle esigenze ed aspettative di tutte le pertinenti parti

Page 96: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

95

interessate e fornisce una guida per il miglioramento sistematico e continuo delle prestazioni complessive dell'organizzazione.

Il pacchetto delle norme ISO 9000:2000 era stato integrato dalla norma UNI

EN ISO 19011:2003 “Linee guida per gli audit dei sistemi di gestione per la qualità e/o di gestione ambientale”, che forniva una guida sulla gestione e sulla conduzione delle verifiche ispettive di tali sistemi, compresi i requisiti per la qualificazione dei valutatori o auditor.

La norma UNI EN ISO 19011:2003 è stata successivamente sostituita da altre due norme, la UNI EN ISO 19011:2012 e la UNI EN ISO 17021:2011.

La norma UNI EN ISO 19011:2012 , "Linee guida per audit di sistemi di gestione" fornisce una guida rivolta a tutti gli utenti, comprese le piccole e medie imprese, per lo svolgimento di quelli che vengono comunemente definiti "audit interni" (o verifiche di prima parte) e degli audit effettuati dai clienti sui loro fornitori (audit di seconda parte).

Gli audit di terza parte - invece - che sono quelli eseguiti per portare a certificazione un sistema di gestione riconosciuto come conforme a certi requisiti, sono regolati da un altro documento: la UNI EN ISO 17021:2011 - "Valutazione della conformità - Requisiti per gli organismi che forniscono audit e certificazione di sistemi di gestione".

Ulteriori aggiornamenti

Alla fine del mese di Settembre 2015 sono state pubblicate le versioni aggiornate delle norme 9000 e 9001.

La norma UNI EN ISO 9000:2015 descrive i concetti fondamentali e i principi della gestione per la qualità che sono universalmente applicabili a:

- organizzazioni che cercano il successo durevole mediante l’attuazione di un sistema di gestione per la qualità;

- clienti che cercano fiducia nella capacità di un’organizzazione di fornire con regolarità prodotti e servizi conformi ai loro requisiti;

- organizzazioni che cercano fiducia nella loro catena di fornitura affinché i requisiti dei prodotti e servizi siano soddisfatti;

- organizzazioni e parti interessate che cercano di migliorare la comunicazione mediante una comune comprensione del vocabolario utilizzato nella gestione per la qualità;

Page 97: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

96

- organizzazioni che eseguono valutazioni della conformità a fronte dei requisiti della ISO 9001;

- coloro che forniscono formazione, valutazione e consigli circa la gestione per la qualità;

- coloro che predispongono le relative norme.

Per quanto riguarda la norma UNI EN ISO 9001:2015, si tratta della revisione più rilevante sin dal 2000 ed è stata definita tenendo in considerazione il panorama economico commerciale moderno, adattandosi ad ogni tipo di organizzazione senza distinzione di settore o dimensione. I cambiamenti dello standard lo rendono abbastanza flessibile da offrire numerosi benefici alle organizzazioni, definendo non solo uno strumento per la gestione della qualità ma anche una struttura comune per l’efficienza dei processi e la soddisfazione dei clienti. I principali cambiamenti sono appresso descritti.

• Maggiore enfasi sulla realizzazione di sistemi di gestione basati sulle singole necessità delle organizzazioni.

• Coinvolgimento e reperibilità del top management diventano requisiti per allineare il sistema di gestione qualità alla strategia di business.

• Approccio basato sulla gestione del rischio, che rende lo standard un importante strumento di prevenzione e incoraggia il miglioramento continuo.

• Requisiti documentali meno prescrittivi, lasciando all’organizzazione la scelta del formato e della tipologia delle informazioni documentali necessarie.

Come per tutti gli standard internazionali, la ISO 9001 è soggetta a periodiche revisioni. L’ISO ha studiato un sistema per dare un’identica struttura, un testo unico, termini e definizioni comuni per tutti gli standard per i sistemi di gestione. Questo, oltre a semplificare l’integrazione tra più sistemi di gestione, renderà lo standard più facile e comprensibile per gli utilizzatori.

Il comitato responsabile ha ritenuto necessario che nella versione 2015 venissero apportati diversi cambiamenti per:

• rispondere alle esigenze del mercato

• aumentare l’abilità di un’organizzazione a soddisfare i suoi consumatori

• fornire maggiore focalizzazione verso i consumatori

• riflettere l’ambiente complesso in cui le organizzazioni operano

Page 98: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

97

• fornire un impianto per l’integrazione con gli altri sistemi di gestione

• introdurre un approccio basato sul rischio

• allineare la politica del sistema di gestione e gli obiettivi con la strategia di un’organizzazione

• fornire maggiore flessibilità nella documentazione.

Page 99: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

98

ITER PER L’IMPLEMENTAZIONE E LA CERTIFICAZIONE DEL SISTEMA DI GESTIONE PER LA QUALITÀ

La costruzione di un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ), così come quella degli altri sistemi di gestione che verranno successivamente presi in considerazione, segue il cosiddetto Ciclo di Deming, o Ciclo PDCA dalle iniziali delle parole che contraddistinguono le fasi in cui esso si articola: Plan (Pianificazione), Do (Attuazione), Check (Verifica) e Act (Correzione).

L'iter che porta un'Azienda a dotarsi di un SGQ comprende i seguenti passi: • analisi dell'organizzazione aziendale; • definizione della politica aziendale per la qualità; • formulazione di un piano per l’introduzione di un SGQ (attività, tempi e costi); • formazione del Responsabile della Qualità; • addestramento del personale sulle procedure del SGQ; • redazione del Manuale della Qualità; • definizione e redazione delle procedure di controllo dei processi aziendali; • definizione del sistema di registrazione e analisi dei dati; • introduzione, avviamento e ottimizzazione del SGQ; • valutazione finale del SGQ mediante una verifica ispettiva interna completa; • eventuali azioni correttive per l'eliminazione delle non conformità rilevate.

Quando i responsabili di un’organizzazione decidono di costruire un SGQ debbono prima di tutto effettuare una valutazione generale per individuare le aree e le attività sulle quali è necessario intervenire. Normalmente, nella maggior parte dei casi, soprattutto perché in Italia il tessuto produttivo è costituito da piccole e medie imprese che non hanno al loro interno le professionalità necessarie per svolgere questo compito, è necessario rivolgersi a consulenti esterni. L’attività di consulenza si concretizza, tra l’altro, nella predisposizione del Manuale della Qualità (il manuale aziendale), specifico per ogni singola organizzazione. Il Manuale della Qualità

Il Manuale della Qualità contiene la descrizione del SGQ, del modo di operare dell’azienda per la garanzia della qualità, e definisce gli impegni della direzione per il mantenimento del Sistema ed il suo miglioramento nel corso del tempo. Esso descrive in modo preciso responsabilità e funzioni a tutti i livelli aziendali (“chi fa cosa”). Questo conferma la necessità di coinvolgere in questa operazione tutto il personale.

Altri documenti sono le procedure operative, che contengono la descrizione logica del flusso di operazioni necessarie a svolgere una attività aziendale, stabilendo chi le deve compiere, e le istruzioni di lavoro, che descrivono più dettagliatamente le operazioni più complesse.

Page 100: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

99

Avvio dell'iter di certificazione Una volta che l'organizzazione ha realizzato il proprio sistema di qualità e ne ha

verificato il corretto funzionamento può rivolgersi a un OdC presentando una domanda informale di certificazione.

L'OdC interpellato, dopo aver verificato la propria competenza nel settore in cui opera l’organizzazione richiedente e l’assenza di situazioni di incompatibilità, invita l'impresa a presentare una richiesta formale corredata da tutti i documenti necessari. Domanda formale di certificazione

L'impresa trasmette all'OdC la domanda formale unitamente ai seguenti documenti:

1. certificato dal quale risulti la sua iscrizione alla Camera di Commercio competente;

2. elenco documenti inviati dall'OdC, controfirmato per accettazione; 3. Manuale della Qualità, in copia controllata; 4. elenco delle procedure e della modulistica, se non inseriti nel Manuale; 5. tabella di correlazione con i punti della norma di riferimento

(preferibilmente dovrebbe costituire parte integrante del Manuale). Fase istruttoria

Al ricevimento del suddetto materiale, l'OdC procede valutando la completezza della documentazione inviata dall'impresa richiedente; in particolare, tale documentazione deve risultare idonea ed attestante l'esistenza degli elementi minimi per l'attuazione della Visita Ispettiva iniziale (VI). Qualora vi sia inadeguatezza e/o incompletezza, l'OdC notifica ufficialmente all'impresa tutte le carenze riscontrate, richiedendo la rimozione delle stesse. L'OdC attua tutte le procedure necessarie ad assicurare la massima riservatezza nel trattamento delle informazioni e della documentazione di cui viene in possesso. Superata tale fase ha luogo la designazione del personale ispettivo incaricato della conduzione della VI, che prende in carico ed analizza la documentazione dell'impresa. Visita ispettiva iniziale

A conclusione della Fase Istruttoria viene pianificata la Visita Ispettiva e fissata una data per l'esecuzione di tale ispezione; quindi, la data viene comunicata all'impresa in modo da stabilirne la disponibilità. Allo stesso modo, vengono resi noti i nominativi dei valutatori; l'impresa ha il diritto di chiedere la sostituzione di uno o più valutatori, tra quelli designati, qualora esistano motivati conflitti di interesse.

Il personale ispettivo si reca presso l'impresa richiedente; nel corso della VI accerta la conformità del Sistema Qualità definito nel Manuale e la corretta applicazione delle procedure, evidenziando le eventuali osservazioni. Queste sono opportunamente documentate e portate a conoscenza dell'impresa al fine di permettere alla stessa di chiarire la propria posizione sulle risultanze ottenute e

Page 101: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

100

di proporre le azioni correttive e la scadenza per l'attuazione delle stesse. L'impresa deve dimostrare, mediante evidenza documentata, la chiusura delle azioni correttive nei termini stabiliti.

Il documento redatto dal personale ispettivo al fine di evidenziare raccomandazioni e non conformità rilevate viene denominato "Rapporto della Visita Ispettiva". Questo viene trasmesso all'OdC successivamente alla visita stessa. Rilascio della certificazione

Sulla base della documentazione ricevuta e del rapporto della VI l’OdC delibera sul rilascio della certificazione. Se la certificazione viene concessa, viene inviato all'impresa il certificato di conformità e la iscrive nel proprio elenco delle imprese certificate. Sul certificato vengono riportati:

1. il numero del certificato; 2. il nome e la ragione sociale dell'impresa; 3. il luogo ove ha sede l'impresa certificata; 4. la norma di riferimento; 5. il campo e gli eventuali limiti di applicazione del Sistema Qualità per il quale

viene rilasciata la certificazione; 6. la data di emissione e quella di scadenza. La certificazione ha normalmente una durata di 3 anni. Essa non può tuttavia

superare il limite di validità della norma, come avviene ogni volta che una norma viene sostituita da una successiva versione e si verifica quindi un periodo transitorio. Tale principio è valido per qualunque certificazione.

Se la certificazione non viene concessa, l'OdC comunica all'impresa per iscritto le ragioni di tale decisione e le azioni che devono essere intraprese dall'impresa per poter ripresentare la domanda. La domanda non può essere ripresentata comunque prima di sei mesi dalla notifica della non concessione. L'impresa che non accetti la decisione presa dall'OdC può presentare ricorso, esponendo le ragioni del proprio dissenso, in accordo a quanto previsto dal Regolamento per la certificazione. Visite di sorveglianza

Per il mantenimento della certificazione vengono programmate visite di sorveglianza finalizzate a:

1. valutare il permanere della conformità del SGQ; 2. accertare l'attuazione delle eventuali azioni correttive stabilite

precedentemente; 3. valutare il corretto utilizzo, da parte dell'impresa, del logo dell’OdC; Se nel corso di una delle visite ispettive periodiche, o di un'ispezione non

programmata, viene riscontrata da parte dell'OdC qualche inadempienza o non conformità, la certificazione può essere sospesa o revocata a seconda della gravità dell'irregolarità evidenziata.

Page 102: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

101

Rinnovo della certificazione La procedura di rinnovo è automatica salvo nel caso in cui, alla scadenza del

certificato, l'impresa presenti formale disdetta con un preavviso di tre mesi. L'iter per il rinnovo è lo stesso seguito per la certificazione, salvo eventuali modifiche connesse con mutate condizioni. Tariffe per la certificazione

La certificazione del SGQ ed il mantenimento della stessa sono subordinati al pagamento:

1. dell'importo per la domanda di certificazione; 2. dell'importo per la fase istruttoria; 3. dell'importo per le visite di valutazione e di sorveglianza; 4. dell'importo per il rilascio della certificazione. Tali importi sono specificati sull'apposito Tariffario e sono correlati alle

dimensioni dell'impresa. Le tariffe nel loro complesso, riferite alla singola Unità Produttiva, sono relative alle fasi che comprendono l'invio di documenti e moduli (tra cui regolamenti e questionari), la presa in consegna e l'esame dei moduli compilati dal richiedente e del Manuale della Qualità, l'affidamento dell'incarico al Gruppo di Verifica (Fase Istruttoria), nonché l'esecuzione delle Visite di valutazione e sorveglianza (una visita iniziale e due visite di sorveglianza per i tre anni di certificazione dell'impresa).

Necessità e scopi della certificazione

C’è un ricorso sempre più massiccio alla certificazione di qualità, basta pensare che nel 1991 in Italia c’erano poco più di 200 aziende certificate e oggi sono circa 122.000.

È il mercato che lo richiede: le aziende italiane si trovano a competere con aziende di tutto il mondo con cui doversi confrontare e in molti casi la certificazione è un biglietto da visita importante, soprattutto se si hanno contatti con imprenditori di altri Paesi; la certificazione è una sorta di garanzia offerta da un’impresa.

Vi sono vantaggi conseguenti all’introduzione di un SGQ e vantaggi legati alla sua certificazione. I vantaggi portati dall’introduzione di un SGQ sono: � il controllo e progressiva riduzione dei costi derivanti dalle inefficienze

interne; � il coinvolgimento del personale in un processo di crescita e miglioramento della

produttività; � il miglioramento del clima aziendale interno.

I vantaggi legati alla certificazione del SGQ sono conseguenti alla possibilità di far valere nei rapporti con le parti interessate il possesso di tale requisito, requisito che è in alcuni casi essenziale (per esempio per poter partecipare ad

Page 103: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

102

alcune gare d’appalto). Alcuni dei vantaggi tradizionalmente indicati hanno visto diminuire la loro importanza anche in conseguenza dell’aumento del numero di organizzazioni con SGQ certificato. La certificazione non può pertanto essere considerata come elemento distintivo e in grado, da sola, di incrementare la fiducia dei consumatori e/o dei clienti, ma mantiene la sua importanza in un mercato sempre più globalizzato e in cui sono sempre più frequenti i rapporti tra organizzazioni appartenenti a Paesi diversi.

In sostanza, la certificazione del SGQ non rende un’organizzazione migliore rispetto a quelle che non sono certificate, ma dimostra che essa è potenzialmente in grado di garantire la qualità dei prodotti fabbricati e/o dei servizi erogati.

Page 104: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

103

IL KEYMARK

Il mutuo riconoscimento dei marchi volontari di certificazione di prodotto, nonostante gli sforzi compiuti dal CEN in questi ultimi 10 anni, è un traguardo ancora lontano da raggiungere. Mentre per quanto riguarda la certificazione di natura obbligatoria la marcatura CE ha di fatto annullato i marchi nazionali di sicurezza, e la certificazione dei sistemi di gestione aziendale sia per la qualità che per l’ambiente viene riconosciuta a livello mondiale, indipendentemente dal Paese in cui viene emesso il certificato, le aziende italiane che commercializzano i propri prodotti in Paesi europei, come ad esempio la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, sono ad oggi obbligate a ripetere prove e certificazioni sui propri prodotti nonostante le norme di riferimento siano europee e quindi identiche in tutti i Paesi dell’Unione. Ciò comporta un aggravio di costi assolutamente ingiustificato e costituisce una vera e propria barriera tecnica al commercio. Le dichiarazioni di indirizzo dell’Unione Europea fanno però chiaramente capire che nel prossimo futuro, unitamente alla marcatura CE, che attesta la conformità dei prodotti ai requisiti essenziali di sicurezza, potranno essere apposti marchi di conformità volontari, che attestano la conformità dei prodotti ai requisiti qualitativi/prestazionali, solamente se europei. Per questo motivo il CEN e il CENELEC hanno proseguito nei loro tentativi di definizione di un marchio europeo che ha portato infine alla creazione del "Keymark".

Il Keymark è il marchio di conformità europeo di proprietà del CEN e del CENELEC. Esso è un marchio volontario che fornisce l’assicurazione che un prodotto è conforme ai requisiti indicati nelle norme europee emesse dal CEN e dal CENELEC. Il marchio può essere utilizzato in combinazione con i marchi nazionali. Ciò è stato fatto per vincere la resistenza dei vari Paesi che non vedono di buon occhio la sostituzione dei propri marchi, ma il fine ultimo è quello di arrivare ad avere un unico marchio di qualità europeo.

L'accesso al diritto d’uso del Keymark è aperto a tutti i richiedenti che rientrano in una delle seguenti categorie:

c produttori che commercializzano il prodotto con il proprio marchio di fabbrica; c produttori che commercializzano, con il proprio marchio, un prodotto realizzato con parti fornite da altri; c assemblatori di parti integralmente prodotte da altri che commercializzano il prodotto con il proprio marchio; c commercianti che vendono, con il proprio marchio, un prodotto realizzato da altri (rientrano in questa categoria gli importatori).

Organismi autorizzati alla gestione del Keymark Per poter gestire il Keymark gli OdC devono essere autorizzati dal CEN

Certification Board (CCB) sentito il parere del membro nazionale del CEN (per l’Italia l’UNI). Essi devono:

Page 105: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

104

c gestire schemi di certificazione di prodotto in conformità alle norme europee; c essere accreditati da un organismo membro dell’EA (European Cooperation for Accreditation); c accettare le regole del Keymark; c pagare una royalty al CEN; c utilizzare eventualmente laboratori e/o organismi di ispezione accreditati da organismi membri dell’EA o, in casi particolari, qualificati sulla base delle norme europee applicabili.

Attualmente sono 29 gli OdC, appartenenti a 16 Paesi europei, autorizzati a rilasciare la licenza d'uso del Keymark sulla base di circa 160 Norme Europee per 29 gruppi di prodotti. Nei settori di competenza del CENELEC, invece, sono 18 gli OdC, di 18 Paesi europei (per l’Italia l’IMQ), autorizzati al rilascio del marchio su 24 prodotti del settore degli elettrodomestici.

Il CEN Certification Board ha il compito di supervisionare le attività di certificazione del CEN che comprendono l’amministrazione del Keymark per la parte di competenza del CEN. Il CCB ha la responsabilità di:

c sviluppare e controllare gli schemi di certificazione CEN ed il finanziamento del sistema; c gestire e promuovere il Keymark e proteggerlo da utilizzi scorretti/abusi; c assicurare che il registro dei prodotti certificati sia mantenuto aggiornato e che siano predisposte le opportune statistiche; cooperare con il Technical Board del CEN nella preparazione delle norme che soddisfino le richieste del mercato per quanto riguarda la valutazione della conformità; c esaminare eventuali ricorsi in accordo con le regole della certificazione; c mantenere i collegamenti con le organizzazione intergovernative e le organizzazioni internazionali ed europee professionali e del commercio in merito alla valutazione della conformità fornendo, su richiesta, consigli e pareri.

Come richiedere il Keymark Il fabbricante sottopone la domanda di utilizzo del marchio all'OdC

autorizzato con riferimento alle regole particolari per il prodotto interessato. La documentazione necessaria riguardante il prodotto può variare da Paese a Paese.

Il processo di certificazione per l’ottenimento del Keymark richiede: • approvazione del fabbricante: gli stabilimenti sono attentamente esaminati dagli ispettori che devono assicurare che il personale e le apparecchiature siano idonee a garantire il controllo della qualità del prodotto; • approvazione di uno specifico modello: su ogni prodotto per il quale il fabbricante richiede il Keymark, l’OdC provvede a eseguire le prove di laboratorio necessarie. Il fabbricante è autorizzato all’uso del marchio solo sui prodotti che superano le prove;

Page 106: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

105

• controllo della produzione: il fabbricante deve garantire, secondo un piano di controlli prestabilito, che prevede anche prove di laboratorio, che la produzione sia sempre conforme alle norme di riferimento. L’OdC verifica che le prove ed i controlli sui campioni prelevati a caso in azienda o sul mercato siano stati correttamente eseguiti e ripete, per maggiore garanzia, tutte o parte delle prove previste presso propri laboratori.

Quali vantaggi offre il Keymark

• Accesso al mercato internazionale: perché il Keymark è riconosciuto in 18 Paesi europei. • Trasparenza: perché i prodotti che riportano il Keymark sono controllati da organismi indipendenti. • Fiducia per il consumatore che ha la possibilità di differenziare tra i prodotti con la certezza di scegliere prodotti di qualità sui quali viene garantita una sorveglianza sul mercato.

Page 107: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

106

LA MARCATURA CE

La Marcatura CE, più comunemente conosciuta ed indicata come Marchio CE, stabilisce la conformità del prodotto alle leggi vigenti. Deve essere apposto su una serie di prodotti, indicati dalle Direttive Comunitarie di riferimento, destinati ad essere immessi sul mercato europeo. Il marchio CE contribuisce a segnalare al consumatore la sicurezza di un prodotto e, pur non essendo un marchio di qualità, indica un elemento della qualità.

Due sono, infatti, i principali obiettivi del marchio obbligatorio CE. In primo luogo garantire che un prodotto sia stato fabbricato conformemente alle Direttive Comunitarie e perciò soddisfi i requisiti di sicurezza; in secondo luogo assicurare che esso rispetti le leggi comunitarie e soddisfi tutti i requisiti previsti, che possono riguardare e superare i limiti minimi per salute, sicurezza, protezione dei consumatori.

La Marcatura CE può essere rilasciata in due modi. Per buona parte dei prodotti è il fabbricante che può attestarne, sotto la propria responsabilità, la conformità senza verifiche da parte di organismi esterni. Solo per i prodotti che presentano rischi elevati per il consumatore (come apparecchi a gas o dispositivi medici) scatta l'obbligo di ottenere la convalida da parte di Organismi di Certificazione designati a tale scopo dalle Autorità Governative Nazionali. Tali organismi, detti Organismi Notificati, vengono inseriti in un elenco, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della UE ed aggiornato dalla Commissione Europea, la quale attribuisce a ciascuno di essi un numero di identificazione che potrà figurare a fianco della Marcatura CE.

Il termine "notificato" deriva dal fatto che ogni Stato membro deve “rendere noto” alla Commissione e agli altri Stati membri quali siano gli OdC ritenuti idonei a rilasciare la Marcatura CE. L'idoneità viene valutata generalmente dai Ministeri responsabili dell'attuazione delle varie direttive. Ciascuna Autorità Nazionale può notificare solo OdC aventi sede nel proprio territorio. I requisiti che devono possedere gli OdC per diventare "notificati" sono quelli relativi alla competenza e all'indipendenza. Ogni Organismo Notificato in genere è competente solo per alcuni prodotti. Il produttore si può rivolgere per ottenere la Marcatura CE anche ad un Organismo Notificato che ha sede in uno Stato membro diverso da quello in cui egli svolge la propria attività.

La Marcatura CE è quindi una sigla con cui il fabbricante attesta, o l’Organismo Notificato certifica, che un prodotto è conforme ai requisiti indicati nella Direttiva Comunitaria ad esso applicabile. Tale marchio è obbligatorio e deve essere apposto in modo visibile e indelebile. Nel caso in cui le caratteristiche del prodotto non permettano di stampigliare il marchio direttamente su di esso o su una targhetta applicata sul prodotto stesso, esso può essere apposto sull'imballaggio o sui documenti che accompagnano il prodotto, ammesso che la Direttiva di riferimento lo preveda. Un prodotto può recare marchi differenti oltre al Marchio CE, purché tali simboli non creino confusione con esso.

Page 108: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

107

I prodotti che devono riportare la Marcatura CE sono quelli contemplati nelle Direttive Comunitarie del Nuovo Approccio (tra gli altri: giocattoli, prodotti da costruzione, dispositivi di protezione individuale, strumenti per pesare a funzionamento non automatico, recipienti semplici a pressione, apparecchi a gas, esplosivi per uso civile, dispositivi medici, imbarcazioni da diporto, ascensori, impianti di trasporto pubblico a fune.

IL NUOVO APPROCCIO

La procedura per la stesura delle disposizioni legislative europee in vigore fino al Maggio 1985 rifletteva il concetto di "approccio per prodotto": ciascuna direttiva doveva coprire tutti gli aspetti legati ad un singolo prodotto. Questo portava, in caso di modifica delle caratteristiche tecniche di un prodotto per cui esisteva l’obbligo della marcatura CE, alla necessità di emanare una nuova direttiva, con le lungaggini e le complicazioni che questo passo comporta. A partire dal 1985, appunto, la procedura è stata semplificata: le direttive europee devono fissare solo i requisiti essenziali di sicurezza, mentre la definizione delle specifiche tecniche di produzione è demandata agli enti di normazione europei, CEN, CENELEC e ETSI, attraverso l’emanazione delle Norme Armonizzate, la cui applicazione comunque, come per tutte le norme tecniche, è volontaria. Pertanto, da un lato vi è obbligo da parte delle Autorità Nazionali di riconoscere come conformi alle direttive i prodotti realizzati in accordo alle Norme Armonizzate, mentre, dall’altro, il produttore che non si attiene ad esse ha l'obbligo di dimostrare la rispondenza dei prodotti ai requisiti essenziali indicati nella direttiva di riferimento.

LE NORME ARMONIZZATE

Mentre le Direttive Comunitarie stabiliscono i requisiti essenziali e gli obiettivi

relativi alla sicurezza dei prodotti, le Norme Armonizzate stabiliscono le specifiche tecniche per la progettazione e la fabbricazione dei prodotti stessi. Le Norme Armonizzate devono essere adottate dagli Enti di Normazione di ciascuno Stato membro.

LA DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ

La Dichiarazione di Conformità è un documento redatto dal fabbricante in cui

egli attesta i requisiti di conformità del prodotto. A seconda dei casi, la conformità può essere riferita solamente ai requisiti delle normative applicabili (direttive, norme armonizzate, norme nazionali), oppure deve essere riferita ad un campione del prodotto, denominato "Tipo", che è stato precedentemente valutato da un ente esterno (Organismo Notificato).

Page 109: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

108

LA CERTIFICAZIONE DI CONFORMITÀ

La certificazione di conformità viene rilasciata da un Ente terzo (Organismo Notificato) che attesta che il prodotto stesso (denominato Tipo) è conforme ai requisiti espressi nelle normative applicabili. In alcuni casi è richiesto che l’OdC verifichi che l’impresa che fabbrica il prodotto oggetto della certificazione sia dotata di un sistema di gestione per la qualità conforme ai requisiti della norma di ISO 9001.

LE PROCEDURE

Il fabbricante, per poter apporre la Marcatura CE, deve rispettare le

procedure relative ai controlli da effettuare sul prodotto. A seconda del grado di pericolosità del prodotto la legislazione comunitaria ha previsto differenti procedure (o moduli). I moduli, in numero di otto, prevedono diversi livelli di controllo, a seconda dei pericoli associati al prodotto. A seconda del prodotto, le Direttive indicano specificamente quali fra gli otto moduli debbono essere utilizzati dal produttore. Data la grande molteplicità dei prodotti e dei rischi associati, gli adempimenti a cui il fabbricante deve ottemperare rientrano in una casistica alquanto differenziata.

IL PERIODO TRANSITORIO

La maggior parte delle direttive "Nuovo Approccio" contiene, tra le clausole finali, una disposizione che prevede un periodo di transizione, generalmente formulata come segue: "Gli Stati membri consentono l'immissione sul mercato e/o la messa in servizio dei prodotti conformi alle regolamentazioni nazionali in vigore sul loro territorio alla data del ... per il periodo che va fino al ..."

Il periodo transitorio è l'arco di tempo compreso tra la data di applicazione di una direttiva ed una data successiva, stabilita dalla direttiva stessa, durante il quale le disposizioni nazionali che recepiscono la direttiva comunitaria coesistono con le regolamentazioni nazionali preesistenti. Durante tale periodo il fabbricante (o il suo mandatario stabilito nella Comunità) può decidere se immettere sul mercato un prodotto conforme alla direttiva o un prodotto conforme alla legislazione nazionale preesistente. Al termine di detto periodo tale facoltà di scelta viene meno e si applica esclusivamente la direttiva comunitaria.

Il periodo transitorio è stato previsto: - per garantire una fase di adeguamento e transizione graduale da un regime esclusivamente nazionale ad uno completamente comunitario; - per consentire ai fabbricanti di smaltire le scorte di prodotti fabbricati conformemente alla regolamentazione nazionale in vigore prima della data di applicazione della direttiva;

Page 110: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

109

- per riservare agli Enti Europei di Normazione un periodo supplementare per l'adozione di norme armonizzate.

Le clausole che introducono i periodi transitori nelle direttive hanno l'effetto di stabilizzare i regimi nazionali vigenti alla data fissata dalla direttiva. Gli Stati membri hanno pertanto l'obbligo di mantenere in vigore le loro regolamentazioni nazionali, ossia non solo le disposizioni imperative dello Stato, ma anche le specifiche tecniche applicate volontariamente dai fabbricanti. Se a livello nazionale non esiste alcuna regolamentazione lo Stato deve astenersi dal regolamentare.

Al termine del periodo transitorio gli Stati membri hanno l'obbligo di sospendere i regimi nazionali fino a quel momento mantenuti in vigore, dando piena ed esclusiva applicazione alle direttive UE. Le misure nazionali di trasposizione della direttiva saranno le uniche regolamentazioni vincolanti in vigore per i prodotti ed i requisiti che esse coprono. Una volta scaduto il periodo transitorio possono essere immessi sul mercato e circolare soltanto i prodotti cui sia stata apposta la Marcatura CE.

LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA

La "clausola di salvaguardia è una procedura "in extremis" cui le autorità nazionali possono ricorrere per bloccare sul proprio territorio la circolazione di un prodotto ritenuto pericoloso. Essa può essere invocata per ogni prodotto industriale disciplinato da una direttiva del "Nuovo Approccio" che:

o sia munito della Marcatura CE o sia utilizzato conformemente alla sua destinazione quale prevista

nella direttiva ma rischi di pregiudicare la salute e/o la sicurezza delle persone, degli animali o dei beni.

Le autorità nazionali addette alla sorveglianza del mercato possono adottare misure amministrative per limitare o vietare l'immissione sul mercato o il commercio di prodotti ritenuti pericolosi. Questa facoltà non è soggetta ad un'autorizzazione preliminare, essendo dettata dall'urgenza. Tuttavia, lo Stato che ha dato origine all'intervento deve tempestivamente informare il Segretariato generale della Commissione Europea, illustrando e motivando le ragioni del proprio intervento.

Gli Stati membri possono contestare la conformità di un prodotto, ossia il mancato rispetto dei requisiti essenziali, la validità di una procedura di valutazione della conformità o, infine, la qualità di una norma. Il ricorso alla clausola di salvaguardia dà luogo ad una serie di consultazioni tra la Commissione Europea, le autorità nazionali, il produttore, gli Organismi Notificati che sono intervenuti nella procedura di valutazione della conformità e tutte le parti interessate. Al termine delle consultazioni spetta alla Commissione Europea decidere sulla fondatezza

Page 111: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

110

delle misure unilaterali di salvaguardia, ripristinando un uguale livello di protezione all'interno della UE.

Nel caso in cui l'intervento di salvaguardia sia reputato giustificato la Commissione informa gli Stati affinché prendano sul loro territorio le misure necessarie per assicurare un livello equivalente di protezione. Se invece le misure restrittive non appaiono giustificate, la Commissione invita lo Stato che è intervenuto ad abrogare le misure di salvaguardia e a ripristinare immediatamente sul suo territorio la libera circolazione del prodotto in causa. Se lo Stato si rifiuta, la Commissione può ricorrere alla Corte di Giustizia contro lo Stato per inadempimento degli obblighi imposti dal Trattato.

Se il prodotto è risultato non conforme per mancato rispetto dei requisiti essenziali stabiliti nella direttiva, o a motivo di una errata applicazione delle norme, dovranno essere adottate le previste sanzioni nei confronti del fabbricante, o del mandatario, o dell'importatore, o del responsabile dell'immissione sul mercato, in base al diritto nazionale. Se la mancata conformità del prodotto è dovuta a lacune esistenti nelle norme, la Commissione notifica agli Stati se le norme debbano essere ritirate o meno. La Commissione informa l'Ente Europeo di Normazione interessato ed eventualmente concede un nuovo mandato di normazione.

Page 112: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

111

LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Il concetto di sviluppo sostenibile, inteso come quel modello di sviluppo che consente la soddisfazione dei bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri, cominciò ad essere elaborato dalla conferenza di Stoccolma, organizzata dalle Nazioni Unite nel 1972, alla quale parteciparono 133 Paesi.

A seguito di tale conferenza, furono creati l'UNEP (United Nations Environment Programme), con lo scopo di favorire la diffusione a livello mondiale di sensibilità e responsabilità nei confronti dell'ambiente, e la Commissione Mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo (Commissione Bruntland). Nel 1987 la Commissione Bruntland produsse un rapporto (Our Common Future), in cui per la prima volta compariva il termine "sviluppo sostenibile".

Nel 1992 le Nazioni Unite indissero una Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo (UNCED - United Nations Conference on Environment and Development) a Rio de Janeiro, che portò alla formulazione di 27 principi, formanti la "Dichiarazione di Rio sull'Ambiente e lo Sviluppo", e di un documento guida (Agenda 21) sulla politica dello sviluppo sostenibile.

In concomitanza con la preparazione della Conferenza di Rio, nel 1991 l'ISO (International Organization for Standardization) formò un gruppo di studio (SAGE - Strategic Advisory Group on the Environment), con l'incarico di valutare la possibilità di elaborare norme tecniche per lo sviluppo di sistemi di gestione ambientale, la misurazione ed il miglioramento delle prestazioni ambientali, l'agevolazione degli scambi e la rimozione delle barriere al commercio. A seguito del lavoro del SAGE, nel 1993 l'ISO creò il Technical Committee 207 "Environmental Management", con il compito di sviluppare e mantenere la famiglia delle norme ISO 14000.

IL SISTEMA DI GESTIONE AMBIENTALE

In tutto il mondo industrializzato molte imprese stanno introducendo il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) per affrontare con maggiore efficienza e sistematicità i problemi e le opportunità in campo ambientale. L'integrazione della gestione ambientale nella gestione complessiva dell'azienda è diventata un punto fondamentale. L'SGA sta assumendo quindi un ruolo centrale nella loro organizzazione, non solo come strumento gestionale di complessità ambientali e di sicurezza interne ed esterne all'attività dell'impresa, ma anche come mezzo per trasformare i vincoli ambientali in opportunità di business, per ridurre i costi e risparmiare risorse, e per affrontare la concorrenza sui mercati con sistematicità.

L'interesse per l’implementazione di un SGA è crescente a livello di mercati sovranazionali. Questo si traduce per l'impresa in una riduzione del rischio ambientale, migliorando la conformità con le regolamentazioni e migliorando sostanzialmente la “prestazione ambientale”, sia in termini finanziari, sia in

Page 113: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

112

termini operativi. In altre parole questa è la strada maestra per l'ecoefficienza, cioè per l'eccellenza del business collegato ad una gestione appropriata dell'ambiente e alle preoccupazioni per il degrado ambientale e i bisogni delle future generazioni (sviluppo sostenibile).

L'ecoefficenza può diventare anche la molla della competitività perché: • i clienti chiederanno prodotti più sicuri ed ecocompatibili; • le istituzioni finanziarie saranno più disponibili con le organizzazioni che

prevengono l'inquinamento; • le compagnie di assicurazione saranno più flessibili con le imprese a minore

rischio ambientale; • nuovi strumenti di incentivazione saranno previsti per le aziende più "pulite".

Nella gestione delle attività produttive, ecoefficienza significa anche passare

dal puro rispetto delle leggi ad una impostazione più legata ad operare sui problemi. Diventa quindi sempre più importante per le imprese dare visibilità alla propria strategia ambientale e ai livelli di prestazione ambientale conseguiti. LE MOTIVAZIONI PER L'SGA

Le normative nazionali e comunitarie già indicano chiaramente che il Sistema di Gestione Ambientale è lo strumento anche regolamentare che verrà sempre più spesso richiesto alle aziende. Il crescente corpo legislativo nazionale e comunitario, sempre più complesso e stringente, è ormai pervaso da tutti gli aspetti della gestione delle imprese, con prescrizioni che attengono non solo alla operatività degli impianti, ma anche all'organizzazione aziendale, all’informazione del pubblico, alla responsabilizzazione e alla esposizione dei più alti livelli dell'impresa. La legislazione, infatti, non si limita più, come nel passato, al controllo delle singole fonti di inquinamento, ma richiede anche: - politiche scritte per ambiente e sicurezza; - sistemi organizzativi di gestione dell'ambiente/sicurezza; - controllo delle prestazioni ambientali; - comunicazione "esterna" dei risultati conseguiti.

Ma le norme non sono il solo fattore a spingere nella direzione dell'SGA. Ci

sono altri tre fattori altrettanto fondamentali a cui si è già accennato: - la concorrenza; - la valutazione dell'impegno ambientale da parte di azionisti ed investitori; - i costi.

La politica ambientale delle imprese, specie quelle che operano sui mercati internazionali, è divenuta un fattore di concorrenzialità (si pensi ai prodotti ecocompatibili, ai marchi ecologici, ecc.). La valutazione dell'impegno ambientale dell'impresa è uno degli elementi importanti che vengono presi in considerazione da istituti bancari e società assicuratrici, negli scambi proprietari, nelle joint venture, ecc. I costi dei contenziosi ecologici risultanti dalle dispute legali sono in alcuni casi elevatissimi ed incidono sui bilanci delle imprese.

Page 114: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

113

Cos'è un Sistema di Gestione Ambientale L'obiettivo di un SGA è definire volontariamente i traguardi per migliorare

continuamente e prevenire gli effetti ambientali negativi dell’attività di una organizzazione. Individuare gli impatti ambientali e valutare i principali punti di forza e di debolezza di una impresa, dal punto di vista legislativo, tecnico e organizzativo, sono il primo e fondamentale passo per costruire un sistema efficace ed efficiente.

Questa prima fase di analisi degli aspetti ambientali, degli impatti, delle prestazioni ambientali e delle attività di controllo connesse, comunemente chiamata Analisi Ambientale Iniziale, consiste quindi in un autocontrollo, a cui farà seguito da parte della Direzione Aziendale la decisione sulla Politica Ambientale che dovrà fungere da guida alla pianificazione dei provvedimenti di intervento.

Bisogna sempre tenere presente che il Sistema di Gestione Ambientale è uno strumento volontario, ossia non imposto da disposizioni legislative, sebbene esistano norme che indicano quali requisiti esso debba avere. Il rispetto di tali requisiti diventa un'esigenza imprescindibile nel momento in cui i responsabili di un’organizzazione decidano di richiedere un riconoscimento esterno di tale sistema.

Il Sistema di Gestione Ambientale è parte del sistema complessivo di gestione dell'impresa; un SGA isolato e non integrato dal resto della organizzazione non svolgerebbe un ruolo con efficacia.

L’SGA può essere descritto come il complesso di: • azioni gestionali programmate e coordinate, • procedure operative, • sistemi di documentazione e di registrazione,

implementato da: • una specifica struttura organizzativa, dotata di risorse e credibilità, e con

responsabilità definite, ed indirizzato:

• alla prevenzione degli effetti negativi (rischi di incidenti per i lavoratori, per le comunità e per l'ambiente circostante, perdite di produzione, rifiuti, ecc.);

• alla promozione di attività che mantengano e/o migliorino la qualità ambientale.

In particolare l’SGA ha lo scopo di aiutare l'impresa a: • identificare e valutare probabilità e dimensione dei rischi posti all'impresa

dai problemi ambientali; • valutare come le attività dell'impresa impattano sull'ambiente e come

queste possono creare problemi per i propri business; • definire i principi di base che dovranno guidare l'approccio dell'impresa alle

sue responsabilità ambientali;

Page 115: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

114

• stabilire a corto, medio e lungo termine obiettivi di prestazione ambientale, bilanciando costi e benefici;

• valutare le risorse necessarie per conseguire questi obiettivi, assegnando per essi le relative responsabilità e stabilendo le risorse conseguenti;

• elaborare specifiche procedure per assicurare che ogni addetto operi nella sua attività in modo da contribuire a minimizzare o eliminare l'eventuale impatto negativo sull'ambiente dell'impresa;

• comunicare responsabilità e istruzioni ai vari livelli dell'organizzazione e formare gli addetti per una maggiore efficienza;

• misurare le prestazioni, con riferimento agli standard prefissati e agli obiettivi, e apportare le modifiche necessarie;

• effettuare la comunicazione interna ed esterna dei risultati conseguiti con lo scopo di motivare tutte le persone coinvolte verso migliori risultati.

I Possibili Benefici per l'Impresa

È spontaneo pensare subito che la tutela dell'ambiente non possa non comportare costi per l'impresa, ma in realtà considerare la realizzazione di un SGA solo come un fattore di costo è un modo errato di affrontare la questione. A parte i vantaggi di tipo "ambientale", sono numerosi i benefici che possono derivare alle aziende dall’adozione di un SGA; tentare di fare un elenco sarebbe riduttivo, se non inappropriato, dal momento che questi sono in stretta dipendenza con le caratteristiche dell'impresa. Detto questo, a semplice titolo esemplificativo, si può cercare di riassumere i possibili benefici per l'impresa conseguenti all'adozione di un SGA:

• rafforzato e documentato controllo del rispetto della legge; • ritorno economico dall'aumento di efficienza nell'utilizzo delle risorse; • maggiori capacità contrattuali (protezione o aumento di quote di mercato); • facilitazione nelle transazioni di proprietà (dove è rilevante il fattore

ambientale); • migliori rapporti con gli investitori, le società assicuratrici, ecc.; • migliori rapporti interni (lavoratori, ecc.) ed esterni (comunità locali, ecc.)

all'impresa. Senza ombra di dubbio si può affermare che il vantaggio diretto più importante,

conseguente all'implementazione di un SGA, è rappresentato dalla riduzione dei costi collegata all’aumento di efficienza nell'utilizzo dei fattori produttivi, punto fondamentale nell'implementazione di tale sistema. L’organizzazione che decide di implementare un SGA può scegliere di seguire il modello disciplinato dalle norme ISO 14001 e 14004, o quello previsto dal Regolamento EMAS (Eco-Management and Audit Scheme). Questi due strumenti prevedono gli stessi obiettivi di fondo, pur se permangono alcune differenze tra essi. Pertanto, un’organizzazione potrà scegliere se seguire l’iter che porta alla certificazione ISO 14001 o quello che conduce alla registrazione EMAS. Queste due strade possono anche essere percorse entrambe, contestualmente o in tempi successivi.

Page 116: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

115

LA NORMA ISO 14001

La norma ISO 14001:2004 (in Italia UNI EN ISO 14001:2004) ha lo scopo di fornire a tutte le organizzazioni (di qualsiasi tipo e dimensione) i "fondamenti di un sistema efficace di gestione ambientale che, integrati con le altre esigenze di gestione, aiutino le organizzazioni a raggiungere i loro obiettivi ambientali ed economici". Essa non richiede particolari tecnologie e non obbliga l'azienda a rispettare particolari restrizioni. Il sistema di gestione ISO 14001 è piuttosto un quadro organizzativo, che deve essere periodicamente monitorato e rivisto perché possa fornire una efficace direzione alle attività ambientali di una organizzazione rispondendo a fattori interni ed esterni.

Il percorso della norma ISO 14001 e le sue specifiche prevedono che l'organizzazione:

• anzitutto conduca una analisi o verifica del rapporto tra azienda ed ambiente, cioè valuti l'impatto ambientale delle sue attività (es.: qualità e quantità degli scarichi, emissioni, rifiuti, ecc.), dei prodotti e dei servizi;

• poi elabori una politica e stabilisca un piano che affronti i vari punti critici evidenziati;

• successivamente tenga sotto controllo le prestazioni ambientali e cerchi di migliorare il sistema.

La Politica Ambientale

La politica ambientale è la dichiarazione scritta, chiara e documentata dell'impegno che deriva dal top management. Essa stabilisce gli intenti generali dell’SGA dell'organizzazione e contiene l'impegno alla prevenzione dell'inquinamento e al miglioramento continuo. È unica per ciascuna organizzazione ed è comunicata a tutti i dipendenti.

La politica ambientale deve: • essere appropriata alla natura e alla dimensione dell'organizzazione, agli

impatti sull'ambiente delle sue attività; • includere un impegno al continuo miglioramento e alla prevenzione

dell'inquinamento; • includere un impegno a rispettare leggi e regolamentazioni; • fornire un quadro per stabilire e riesaminare gli obiettivi e i traguardi

ambientali.

La Pianificazione Costituisce la fase in cui si determinano i requisiti che l'organizzazione deve

soddisfare, si stabiliscono gli obiettivi e i traguardi che essa vuol conseguire e, infine, si predispone un programma per raggiungerli.

Page 117: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

116

Gli Aspetti ambientali In particolare la norma ISO 14001:2004 prevede che "l'organizzazione deve

stabilire e mantenere attiva una procedura (o procedure) per individuare gli aspetti ambientali delle proprie attività, prodotti o servizi che può tenere sotto controllo e su cui ci si può attendere che abbia una influenza, al fine di determinare quelli che hanno o possono avere impatti significativi sull'ambiente". Prescrizioni Legali

L'organizzazione deve identificare ed avere accesso alle prescrizioni di legge e alle altre regolamentazioni e norme che si applicano agli aspetti ambientali della stessa.

Obiettivi e Traguardi

Gli obiettivi e i traguardi ambientali debbono essere fissati, documentati e comunicati a tutta l'organizzazione. Gli obiettivi sono a lungo termine (ad es. "ridurremo i rifiuti destinati a discarica”), mentre i traguardi sono a breve termine (ad es. "ridurremo entro quest'anno i rifiuti tossici del 30%"). Programma di Gestione Ambientale

Possono essere necessari uno o più programmi per raggiungere gli obiettivi e i traguardi stabiliti. Questi programmi assegnano le responsabilità nelle varie funzioni dell'organizzazione e specificano risorse, mezzi e tempi per conseguirli. Iter di certificazione

L'iter di certificazione per un SGA è analogo a quello per la certificazione di un Sistema di Gestione per la Qualità.

Come nel caso delle norme per l’SGQ, ad integrazione della norma UNI ISO

14001:2004 è stata pubblicata la norma UNI EN ISO 14004:2005, “Sistemi di Gestione Ambientale - Linee guida generali su principi, sistemi e tecniche di supporto”, che fornisce una guida, con esempi teorici e pratici, per stabilire, attuare, mantenere attivo e migliorare un SGA e coordinarlo con altri sistemi di gestione eventualmente implementati dall’organizzazione.

Aggiornamento

È stata pubblicata in Italia nel mese di Settembre 2015 la versione aggiornata

della norma ISO 14001. Grazie al contributo di esperti provenienti da 70 Paesi diversi, questa revisione rafforza l’importanza della gestione ambientale, ponendola al cuore dell’organizzazione più di quanto non lo sia mai stata. Il nuovo standard continua ad aiutare le organizzazioni, permettendo loro di mantenersi aggiornate nel campo della gestione ambientale, aiutandole a ridurre gli sprechi, risparmiare energia e proteggere la loro reputazione. La norma UNI EN ISO

Page 118: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

117

14001:2015 semplifica l'integrazione con altri sistemi di gestione, aiutando le organizzazioni a migliorare l'efficienza e risparmiare tempo.

Principali cambiamenti: •maggiore attenzione a temi quali la trasparenza e la responsabilità in materia

di gestione ambientale e prestazioni; •allineamento tra prestazioni ambientali e direzione strategica

dell’organizzazione; •maggiore livello di dettaglio sugli obiettivi ambientali; •integrazione del sistema di gestione ambientale nei processi organizzativi; •maggiore importanza data alla leadership e alla comunicazione.

Il 24 Marzo 2016 è stata pubblicata anche la nuova versione della UNI EN ISO

14004 che integra la 14001 aiutando le imprese a ottenere il massimo dal proprio sistema di gestione ambientale.

Al giorno d’oggi le imprese sono tenute sotto costante pressione affinché

continuino a migliorare l'impatto che le rispettive attività producono sull’ambiente. Per fare ciò hanno bisogno di un approccio sistematico che le aiuti a realizzare e a migliorare nel tempo il loro sistema di gestione ambientale. Un efficace sistema di gestione ambientale aiuta a misurare e gestire i fattori ambientali, rendendoli positivi non solo per le imprese ma anche per la società nel suo insieme.

La UNI EN ISO 14004:2016 fornisce quindi le linee guida per stabilire,

attuare, mantenere attivo nel tempo e migliorare un sistema di gestione ambientale coordinandolo con altri sistemi di gestione. Le linee guida della norma sono applicabili a qualunque organizzazione indipendentemente dalle sue dimensioni, dalla tipologia e dalla localizzazione sul territorio.

La UNI EN ISO 14004:2016 contiene esempi, descrizioni e scelte che permettono sia di attuare un sistema di gestione ambientale, sia di consolidare le sue interrelazioni con la gestione globale dell'organizzazione.

Page 119: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

118

IL REGOLAMENTO EMAS

Il sistema europeo EMAS (Eco-Management and Audit Scheme - Schema di gestione e verifica ambientale), attualmente disciplinato dal Regolamento (CE) 1221/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio, era stato istituito nel 1993 con il Regolamento 1836, successivamente modificato dal Regolamento (CE) 761/2001. L’EMAS, in quanto strumento importante del piano d’azione «Produzione e consumo sostenibili» e «Politica industriale sostenibile», è inteso a promuovere il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali delle organizzazioni mediante l’istituzione e l’applicazione di sistemi di gestione ambientale, la valutazione sistematica, obiettiva e periodica delle prestazioni di tali sistemi, l’offerta di informazioni sulle prestazioni ambientali, un dialogo aperto con il pubblico e le altre parti interessate e infine con il coinvolgimento attivo e un’adeguata formazione del personale da parte delle organizzazioni interessate. Esso rappresenta l'espressione più evidente di un nuovo indirizzo di politica ambientale assunto dall'Unione Europea, che si affianca a quello tuttora in vigore e che si basa su disposizioni imposte dalle autorità pubbliche per il rispetto dell'ambiente e su pene severe da comminare a coloro che risultassero inadempienti a seguito di specifici controlli.

La nuova politica ambientale focalizza l'attenzione sulla capacità delle imprese di sviluppare su base volontaria una propria "responsabilità" nei confronti della tutela dell'ambiente. Le imprese che aderiscono all’EMAS debbono infatti dotarsi di una politica ambientale rivolta non solo al rispetto dei limiti e dei vincoli che sono imposti dalle numerose leggi di settore (rispetto che resta, comunque, dovuto) ma anche diretta alla creazione di un nuovo rapporto tra impresa, Pubblica Amministrazione e cittadini. Con l’EMAS le imprese s'impegnano a realizzare un progetto di miglioramento continuo delle prestazioni ambientali ed una trasparenza dei loro comportamenti nei confronti del pubblico.

La sollecitazione verso una nuova strategia di gestione ambientale dell'impresa, risponde del resto ad una crescente e sempre più presente domanda di mercato. I consumatori richiedono, infatti, alle imprese non solo di fornire buoni prodotti a basso costo, ma anche produzioni compatibili con la salvaguardia delle risorse naturali. Il sistema EMAS, dunque, si pone come una delle possibili risposte a questo nuovo modo di sentire e di consumare ed è per questo che rappresenta uno dei massimi stimoli verso un nuovo modo di vivere e di affrontare la competitività ed il mercato. Elementi questi che ora inducono le imprese a includere l'impiego delle risorse naturali (con i loro costi) nel bilancio economico delle imprese stesse, le quali devono operare per ridurne il peso al fine di preservare, potenziandolo, il dato competitivo ed esaltare quello di mercato.

Le organizzazioni che implementano un sistema di gestione ambientale in conformità al Regolamento EMAS possono ottenere l’iscrizione in un apposito registro comunitario. Gli Stati membri designano gli Organismi Competenti (OC) incaricati della registrazione delle organizzazioni. Gli Organismi Competenti

Page 120: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

119

istituiscono un Forum degli OC di tutti gli Stati membri, che si riunisce almeno una volta all’anno in presenza di un rappresentante della Commissione.

Il Regolamento EMAS incorpora al suo interno i requisiti del sistema di gestione ambientale indicati nella norma EN ISO 14001:2004, con alcune integrazioni. Attualmente, quindi, i due sistemi coincidono per quanto riguarda la parte a carico delle imprese che si dotano di un programma di miglioramento ambientale e del relativo sistema di gestione interna (procedure, organizzazione, prassi e sistemi di controllo interni). Rimangono invece le differenze rappresentate dall'impegno pubblico che l'impresa assume nei confronti dell'esterno attraverso la dichiarazione ambientale e dal sistema di verifica che nell'EMAS è garantito da un sistema di accreditamento pubblico a livello europeo.

Il Regolamento pone a carico delle organizzazioni l'obbligo di considerare non solo gli effetti ambientali diretti associati alla loro attività, ma anche gli effetti ambientali indiretti (quelli cioè associati all'utilizzo, da parte di soggetti esterni all'impresa, dei prodotti, attività e servizi offerti dall'organizzazione e che quindi si svolgono fuori della sua responsabilità diretta). Si tratta in sostanza di invitare le organizzazioni che intendono aderire ad EMAS a valutare quale possa essere l'impatto ambientale nell'utilizzo da parte dei consumatori dei loro prodotti o degli utenti dei loro servizi e ad adottare, già nella fase della loro progettazione o allestimento, tutti i provvedimenti atti a preservare la tutela ambientale anche nella fase successiva di utilizzo degli stessi.

Cosa fare per ottenere la registrazione EMAS

Per seguire il nuovo regolamento europeo le imprese devono assolvere i seguenti specifici compiti:

• effettuare un'analisi ambientale iniziale: si tratta dello strumento mediante il quale un sito produttivo individua la sua posizione iniziale rispetto alle condizioni ambientali connesse alla sua attività; • definire ed attuare un programma ambientale: discende direttamente dalla "politica ambientale aziendale" dove è individuata la strategia complessiva dell'impresa in ordine all'ambiente. Esso contiene gli obiettivi generali ed i principi di azione che l'impresa si dà sul miglioramento delle prestazioni ambientali relative al sito produttivo interessato; • definire ed attuare un sistema di gestione ambientale: consiste nella parte del sistema complessivo della gestione dell'impresa finalizzata ad ottenere gli obiettivi individuati dal "programma ambientale". Il sistema deve includere la struttura organizzativa dell'impresa, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per attuale il "programma ambientale". Questo perché il Regolamento EMAS non prevede solo l'ottimizzazione ambientale del ciclo tecnologico, ma richiede che il parametro ambientale sia incorporato nel sistema organizzativo-gestionale dell'impresa affinché diventi patrimonio di tutto il personale aziendale, a prescindere dal livello gerarchico;

Page 121: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

120

• effettuare attività di auditing: si tratta dell'attività espletata dall'impresa mediante un auditor (revisore) di sua fiducia al fine di verificare che il "sistema di gestione ambientale" sia correttamente funzionante; • elaborare una Dichiarazione Ambientale, che rappresenta la parte più impegnativa posta a carico dell'impresa e comprende: - la descrizione delle attività produttive dell'impresa; - i riflessi che tali attività hanno sull'ambiente; - i risultati ottenuti dall'impresa per un minore impatto ambientale; - l’individuazione degli obiettivi di miglioramento da conseguire in prospettiva

futura. La Dichiarazione Ambientale deve essere sottoposta a convalida da parte di un

Verificatore Ambientale accreditato (dall’ente unico di accreditamento, in Italia il Comitato Ecolabel-Ecoaudit, Sezione EMAS) o abilitato (da strutture proprie dello Stato, come Ministeri, Agenzie o Istituti) ai sensi dell’art. 20 del Regolamento (CE) 1221/2009. La Dichiarazione Ambientale convalidata viene inviata all'Organismo Competente (in Italia il Comitato Ecolabel-Ecoaudit, Sezione EMAS) che, dopo un’opportuna istruttoria (in Italia svolta dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), se sussistono i requisiti necessari, provvede all'iscrizione dell’organizzazione nel Registro Europeo e autorizza l'utilizzo del Logo EMAS.

Almeno ogni tre anni un’organizzazione registrata: a) fa verificare l’intero sistema di gestione ambientale e il programma di audit,

nonché la sua attuazione; b) predispone una dichiarazione ambientale e la fa convalidare da un

Verificatore Ambientale; c) trasmette la Dichiarazione Ambientale convalidata all’Organismo

Competente. Fatti salvi questi adempimenti, successivamente alla registrazione

l’organizzazione deve predisporre annualmente una Dichiarazione Ambientale aggiornata, che deve essere convalidata da un Verificatore Ambientale e quindi trasmessa all’Organismo Competente. Le organizzazioni registrate debbono mettere a disposizione del pubblico la Dichiarazione Ambientale e la Dichiarazione Ambientale aggiornata entro un mese dalla registrazione ed entro un mese dall’avvenuto rinnovo della registrazione.

Il logo EMAS

Page 122: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

121

LA VALUTAZIONE DEL CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO (Life Cycle Assessment, LCA)

Ogni prodotto e/o servizio porta con sé una "storia", sia a monte sia a valle della

fase di utilizzo. Tale percorso inizia con l'estrazione e la lavorazione delle materie prime. Mediante successive trasformazioni si ottengono semilavorati, sino ad arrivare alla fase vera e propria di produzione e di assemblaggio del prodotto nell'azienda che lo immette sul mercato. L'insieme di queste macro-fasi si chiama in gergo "dalla culla al cancello" (in inglese: "from cradle to gate"). Una volta uscito dalla fabbrica, il prodotto è distribuito sul mercato e pronto

per il suo uso. Tale fase del ciclo di vita dura per il tempo utile del prodotto, che è ovviamente estremamente variabile a seconda del prodotto medesimo (si confronti per esempio la durata di vita di un foglio di carta - prodotto di immediato consumo, con quella di un frigorifero - prodotto durevole). Per alcuni prodotti, il tempo di vita utile può essere esteso mediante opportuna manutenzione. Giunto al proprio fine vita, il prodotto può prendere molteplici strade:

• esso può essere riutilizzato nei processi produttivi (totalmente o in parte);

• i materiali componenti possono essere riciclati per la produzione dello stesso tipo o di altri prodotti;

• il prodotto può essere utilizzato a fini di recupero energetico (incenerimento);

• il prodotto può essere smaltito in discarica.

Ovviamente, il ciclo di vita comprende anche tutti i trasporti tra le singole fasi sopra descritte. In gergo si fa riferimento all'insieme del ciclo di vita, ovvero dall'estrazione delle materie prime dalla terra sino al ritorno alla terra sotto forma di rifiuti o rilasci con il termine "dalla culla alla tomba" ("from cradle to grave"). Più recentemente si sta diffondendo anche il termine "dalla culla alla culla", che vuole enfatizzare la rivalorizzazione del prodotto a fine vita sotto forma di rientro in circolo dei materiali riciclati.

Esistono tanti metodi per diminuire gli impatti ambientali associati a processi industriali ed ad una singola fase del ciclo di vita (Cleaner Production). Tuttavia ciò non tiene conto del rischio di trasferire semplicemente l'inquinamento da una fase all'altra del ciclo di vita anziché diminuire gli effetti globali. Solo tenendo conto dell'intero ciclo di vita del prodotto si evita che, nel migliorare alcuni processi industriali in un certo luogo, per esempio nella fase di produzione, non si generino altri problemi ambientali in un altro, per esempio nella fase di smaltimento finale.

LCA è l'acronimo in inglese di Life Cycle Assessment, la cui traduzione in Italiano è Valutazione del Ciclo di Vita. Un altro termine sinonimo utilizzato di frequente è Ecobilancio di Prodotto (dal termine tedesco Produktökobilanz, molto

Page 123: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

122

utilizzato sin dai primi anni '90 del XX secolo in Germania e negli altri Paesi di lingua tedesca). Come da definizione ISO, la LCA è uno strumento per la "compilazione e valutazione attraverso tutto il ciclo di vita dei flussi di energia e materie prime in entrata (input) ed uscita (output), nonché i potenziali impatti ambientali, di un sistema di prodotto". "La LCA consente di evidenziare gli aspetti ambientali e gli impatti potenziali lungo tutta la vita di un prodotto (cioè dalla culla alla tomba) dalla acquisizione delle materie prime, attraverso la fabbricazione e l'utilizzazione, fino allo smaltimento".

La LCA è regolamentata dalle norme UNI EN ISO 14040:2006 - "Gestione ambientale - Valutazione del ciclo di vita - Principi e quadro di riferimento" e UNI EN ISO 14044:2006 – "Gestione ambientale - Valutazione del ciclo di vita - Requisiti e linee guida". La UNI EN ISO 14040:2006 fornisce in un quadro generale le pratiche, le

applicazioni e le limitazioni dell'LCA, ed è destinata ad una vasta gamma di potenziali utenti e parti interessate, anche con una conoscenza limitata della valutazione del ciclo di vita. La UNI EN ISO 14044:2006 è stata elaborata per la preparazione, la gestione

e la revisione critica del ciclo di vita. Fornisce le linee guida per la fase di valutazione dell'impatto dell'LCA, la fase di interpretazione dei risultati, la valutazione relativa alla natura e alla qualità dei dati raccolti.

Uno studio LCA si articola essenzialmente in quattro fasi:

1. definizione degli obiettivi dello studio e dei confini del sistema; 2. analisi di Inventario (o Eco-inventario, in inglese Life Cycle Inventory

- LCI): in questa fase si quantificano i flussi di materia e di energia in ingresso ed in uscita dalle vari fasi del ciclo di vita;

3. valutazione dell'Impatto: stima dei potenziali impatti ambientali associati ai flussi determinati nella fase precedente di inventario;

4. interpretazione dei risultati: si esegue una valutazione dei risultati delle due fasi precedenti e se ne verifica la corrispondenza con gli obiettivi dello studio definiti nella prima fase.

È importante far notare che tutte le fasi della LCA, e quindi anche i risultati, dipendono totalmente dagli obiettivi preposti allo studio e dalla individuazione dei confini del sistema. Infatti, anche se nella sua accezione più ampia la LCA riguarda la vita di un prodotto dalla culla alla tomba, non tutti gli studi comprendono tutte le fasi della vita di un prodotto, ma possono riguardare soltanto quelle su cui si può avere un effettivo controllo. Un altro parametro fondamentale di una LCA è l'unità funzionale, definita come "Prestazione quantificata di un sistema di prodotto da utilizzare come riferimento in uno studio di LCA". Tale entità può essere sia un prodotto (ad esempio una sedia), sia un servizio (trasporto di 100

Page 124: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

123

persone per 1.000 km). A tale parametro si riferiscono tutti i dati in entrata ed uscita nonché i risultati della LCA. La LCA fornisce un profilo ambientale completo del prodotto o servizio preso in

esame. In particolare, essa permette di quantificare le emissioni associate ad ogni singola fase del ciclo di vita. L'identificazione dei contributi delle singole fasi del ciclo di vita si può effettuare sia a livello di singole emissioni (fase di analisi di inventario) sia a livello di potenziali impatti ambientali (fase di valutazione di impatto). Le principali categorie di impatto ambientale da tenere in considerazione

riguardano l'utilizzo di risorse, la salute dell'uomo e l'ecotossicità dell'ambiente. In termini quantitativi, tali categorie sono espresse mediante indicatori aggregati di impatto potenziale. Tali indicatori servono a quantificare i potenziali impatti sull'ambiente del ciclo di vita del prodotto in esame, derivanti dalle emissioni e dai consumi contabilizzati nella precedente fase di ecoinventario. Più sostanze emesse possono contribuire ad un singolo impatto. Esempi di indicatori aggregati di impatto potenziale sono l'Effetto serra, la Diminuzione dello strato di ozono, l'Acidificazione, il consumo di Energia Primaria, la produzione di Rifiuti Solidi, ecc. L'utilizzazione di tali indicatori permette la valutazione completa del profilo ambientale di un prodotto.

La LCA può essere utilizzata in tanti modi in azienda. La prima e principale distinzione è quella tra gli usi interni e quelli esterni. Inoltre, si possono classificare gli usi della LCA secondo la logica della catena di sviluppo di prodotto. La LCA può essere utilizzata per:

1. definizione della strategia aziendale 2. ricerca, sviluppo e design 3. produzione e approvvigionamento 4. marketing 5. informazione e formazione

Infine, si distingue un uso retrospettivo della LCA, che fornisce una semplice fotografia della situazione esistente, da un uso prospettivo e sistematico per l'innovazione di prodotto.

Attualmente le principali applicazioni della LCA in 4 Paesi Europei (Germania, Italia, Svizzera e Svezia) sono ad uso interno; in particolare, gli utilizzi più diffusi della LCA oggi risultano essere:

• identificazione di criticità ambientali (in gergo: "bottleneck" - "colli di bottiglia") e conseguente ottimizzazione dei processi e dell'uso delle risorse;

• informazione e formazione dei consumatori e portatori di interesse;

Page 125: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

124

• confronto tra prodotti esistenti e prodotti alternativi in progetto; • ricerca, sviluppo e design.

Oggi, probabilmente il principale valore aggiunto fornito dalla LCA è di apprendimento. Sono state osservate molteplici importanti conseguenze di questo processo dentro un'azienda, quali ad esempio:

• cambiamenti nella organizzazione interna, • spostamento dalle aspettative di un uso esterno alle applicazioni interne, • spin - off (risparmi di energia e materiali, identificazione dei colli di bottiglia),

• sviluppo di metodologie di semplificazione od alternative (es. linee guida per l'eco-design, Design for Environment - DfE),

• sviluppo di una maggiore attitudine di collaborazione con università, centri di ricerca, altri portatori di interesse, etc.

La LCA è utilizzata preferibilmente come strumento di supporto al decision - making non esclusivo e complementare ad altri strumenti. In particolare, i dati riferiti ai processi produttivi possono essere integrati a quelli dell'analisi ambientale preliminare prevista per l'ottenimento della registrazione EMAS e/o della certificazione ISO 14001. L'integrazione con EMAS sarà sempre più evidente alla luce della recente nuova direttiva Europea in proposito, che fa esplicitamente riferimento ad un approccio di ciclo di vita nella gestione ambientale delle aziende.

In conclusione:

• la LCA è una metodologia e strumento di valutazione ambientale in forte sviluppo ed espansione a livello nazionale ed internazionale;

• si tratta di uno strumento complesso, di non immediata applicazione, che però fornisce una visione globale e dettagliata allo stesso tempo, oltre che una visione strategica, che copre molti aspetti talvolta trascurati;

• la LCA deve essere considerata uno strumento di supporto al decision - making, complementare ad altri strumenti;

• oggi la LCA dà principalmente grande valore aggiunto per applicazioni interne come: innovazione di prodotto e servizi, ricerca, sviluppo e design;

• la LCA è di supporto ad altri strumenti di gestione ambientale (SGA); • in una prospettiva di immediato futuro, la LCA è appropriata per applicazioni

esterne (comunicazione e marketing); • la LCA si inserisce nell'approccio multi - stakeholder delle politiche

integrate di prodotto (Integrated Product Policy) IPP.

Page 126: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

125

LE ETICHETTE AMBIENTALI

Oltre ai modelli di sistema di gestione ambientale precedentemente

considerati, sono state sviluppate e proposte nel corso degli anni numerose etichette ambientali, valevoli in ambito nazionale, europeo o internazionale. In generale, le etichette ambientali sono suddivise in tre categorie disciplinate dalle norme ISO della serie 14020 che prevedono il ricorso alla metodologia LCA per misurare l’impatto ambientale dei prodotti. In particolare, la norma ISO 14024 disciplina le etichette ecologiche di tipo I che comportano il rispetto di specifici criteri, sia ambientali che prestazionali, diversi per ogni categoria di prodotti, e la certificazione rilasciata da un organismo terzo e indipendente.

La norma ISO 14021 riguarda le etichette ambientali di tipo II, che fanno riferimento a autodichiarazioni del fabbricante, riguardanti ad esempio la riciclabilità o la biodegradabilità dei prodotti, o la percentuale di materiali riciclabili presenti nei prodotti, e che non devono essere sottoposte ad alcuna verifica.

La norma ISO 14025 si occupa delle etichette ambientali di tipo III, che fanno riferimento a dichiarazioni del fabbricante, che riportano informazioni sulle caratteristiche tecniche e sull’impatto ambientale del prodotto oggetto della dichiarazione e che devono essere sottoposte a convalida da parte di un organismo terzo e indipendente.

Etichette ambientali Norma Caratteristiche Esempio

ISO 14024 Tipo I

Impongono il rispetto di limiti ambientali e prestazionali

ISO 14021 Tipo II

Autodichiarazioni del fabbricante

ISO 14025

Tipo III Quantificazione degli impatti ambientali associati ad un

prodotto

Page 127: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

126

L’ECOLABEL UE

Il 30 Gennaio 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento CE 66/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio “relativo al marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea (Ecolabel UE)”. Il marchio, istituito nel 1992 con il Regolamento 880, sostituito nel 2000 dal Regolamento 1980, era nato principalmente per le seguenti motivazioni:

• la volontà di tradurre in un progetto concreto i principi esposti nel V Piano d'azione comunitario in campo ambientale: superare la tradizionale politica di tipo "Command and Control" (ovvero l'imposizione di una norma e il successivo controllo del suo rispetto) per una di tipo volontario al fine di meglio incentivare il naturale diffondersi sul mercato di prodotti a ridotto impatto ambientale;

• l'esigenza di fornire maggiori informazioni sull'impatto ambientale dei prodotti ad un consumatore sempre più interessato alle problematiche ambientali e al consumo sostenibile;

• il diffondersi sul mercato internazionale di varie etichette ecologiche nazionali.

L’Ecolabel UE è un’etichetta ambientale di primo tipo, che prevede il rispetto di

requisiti (criteri) sia ecologici che prestazionali. I criteri per i diversi gruppi di prodotti sono quindi il complemento essenziale al Regolamento; nessun prodotto, per quanto ecocompatibile, può essere preso in considerazione ai fini dell’assegnazione del marchio Ecolabel UE in assenza dei relativi criteri.

I criteri ecologici sono definiti secondo la metodologia LCA, che rileva gli impatti dei prodotti sull’ambiente durante tutte le fasi del loro ciclo di vita, iniziando dall’ottenimento delle materie prime fino allo smaltimento dei prodotti a fine vita, e prendendo in considerazione quelli su cui è ragionevolmente possibile effettuare miglioramenti. Gli studi LCA alla base dei criteri si focalizzano su aspetti quali il consumo di energia, l’inquinamento delle acque e dell’aria, la produzione di rifiuti, il risparmio di risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione dei suoli. Ai parametri ambientali si aggiungono poi criteri di idoneità all’uso, utili a qualificare il prodotto anche dal punto di vista della prestazione, per superare il luogo comune che considera i prodotti ecologici come prodotti di scarsa qualità.

Il sistema del marchio Ecolabel UE si inserisce nella politica comunitaria

relativa al consumo e alla produzione sostenibili, il cui obiettivo è ridurre gli impatti negativi del consumo e della produzione sull’ambiente, sulla salute, sul clima e sulle risorse naturali. Al fine di contrastare il moltiplicarsi di marchi di qualità ecologica e per incoraggiare prestazioni ambientali più elevate in tutti i settori nei quali l’impatto sull’ambiente influisce sulla scelta dei consumatori, nel Regolamento 66/2010 si sottolinea l’opportunità di estendere la possibilità di

Page 128: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

127

utilizzare il marchio Ecolabel UE anche a gruppi di prodotti precedentemente non ammessi, come i prodotti alimentari ed i mangimi, per i quali, tuttavia, nel Regolamento viene indicata la necessità di realizzare uno studio accurato e l’opportunità di concedere il marchio soltanto ai prodotti biologici.

Altre affermazioni rilevanti contenute nel preambolo del Regolamento evidenziano tra l’altro che:

• il marchio Ecolabel UE dovrebbe mirare alla sostituzione delle sostanze pericolose con sostanze più sicure, ogni qual volta ciò sia tecnicamente possibile;

• al fine di promuovere l’uso del marchio e per incoraggiare gli operatori i cui prodotti rispondono ai criteri stabiliti, i costi relativi all’uso del marchio Ecolabel UE dovrebbero essere ridotti;

• occorre informare e sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al marchio Ecolabel UE tramite azioni promozionali e campagne di informazione ed educazione, a livello locale, nazionale e comunitario, volte a far conoscere ai consumatori il significato del marchio e consentire loro di scegliere in modo consapevole;

• in sede di definizione dei propri piani d’azione nazionali sugli appalti pubblici “verdi”, gli Stati membri dovrebbero tenere in considerazione le linee guida e potrebbero considerare la possibilità di stabilire obiettivi per l’acquisto, nell’ambito degli acquisti pubblici, di prodotti ecocompatibili.

Occorre precisare che, secondo il Regolamento 66/2010, si intende: per “gruppo

di prodotti” un insieme di prodotti destinati a scopi analoghi e che sono simili nell’uso, o presentano analoghe proprietà funzionali, e simili in termini di percezione da parte del consumatore; per “operatore” qualsiasi produttore, fabbricante, importatore, fornitore di servizi, grossista o dettagliante; per “impatto ambientale” qualsiasi modifica all’ambiente derivante in tutto o in parte da un prodotto durante il suo ciclo di vita; per “prestazione ambientale” i risultati della gestione, da parte del fabbricante, delle caratteristiche di un prodotto che hanno un impatto ambientale.

Il Regolamento 66/2010 si applica a tutti i beni e i servizi destinati alla

distribuzione, al consumo o all’uso sul mercato comunitario, a titolo oneroso o gratuito (prodotti), ma non si applica né ai medicinali per uso umano né a quelli per uso veterinario. Inoltre, il marchio Ecolabel UE non può essere assegnato a prodotti contenenti sostanze o preparati/miscele rispondenti ai criteri per la classificazione come tossici, pericolosi per l’ambiente, cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione.

Il Sistema Ecolabel UE è gestito dal CUEME (Comitato dell'Unione Europea per

il Marchio di qualità Ecologica), composto dai rappresentanti degli Organismi Competenti (OC) di tutti gli Stati membri e dai rappresentanti delle altre parti

Page 129: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

128

interessate. Gli OC sono designati dagli Stati Membri all’interno dei Ministeri governativi o al di fuori di essi; la loro composizione è tale da garantirne l’indipendenza e l’imparzialità e i rispettivi regolamenti interni sono tali da assicurare la trasparenza nell’esercizio delle loro attività, nonché il coinvolgimento di tutte le parti interessate. Il CUEME sovrintende all’elaborazione e alla revisione dei criteri per il marchio Ecolabel UE e a ogni eventuale riesame dell’attuazione del sistema del marchio. Esso, inoltre, consiglia e assiste la Commissione Europea in questo ambito, in particolare formulando raccomandazioni sui requisiti minimi di prestazione ambientale.

Definizione e revisione dei criteri

Nell’Allegato I del Regolamento 66/2000 sono descritte in modo dettagliato le procedure (standard o abbreviata, come nel caso di criteri elaborati sulla base di altri sistemi di assegnazione di marchi ambientali di tipo I) per l’elaborazione e la revisione dei criteri, con un richiamo alla necessità di tenere conto dei dati commerciali intra-comunitari per il settore, compresi volume e fatturato, del potenziale attuale e futuro di penetrazione nel mercato dei prodotti recanti il marchio Ecolabel UE e della portata e rilevanza globale degli impatti ambientali associati al gruppo di prodotti, sulla base di studi di valutazione nuovi o esistenti sul ciclo di vita del prodotto. Previa consultazione del CUEME, la Commissione, gli Stati membri, gli Organismi Competenti e le altre parti interessate possono avviare e guidare l’elaborazione o la revisione dei criteri che, nel caso della procedura standard, segue l’iter appresso descritto.

• La parte responsabile dello sviluppo o della revisione dei criteri costituisce un Gruppo di Lavoro in cui sono rappresentate tutte le parti interessate: industria, esperti, organizzazioni non governative, pubbliche autorità ecc..

• Il Gruppo di Lavoro elabora una bozza di criteri sulla base dei risultati dei lavori preparatori, che riguardano: fattibilità, studi ambientali e di mercato, analisi e revisione degli sudi LCA o sviluppo di nuove indagini se necessario.

• Il CUEME, durante il processo di sviluppo dei criteri, discute la bozza, che viene anche fatta circolare tra le competenti sezioni della Commissione Europea per ottenerne l’approvazione.

• La bozza dei criteri è approvata dal CUEME, sentito il parere del competente Comitato di cui fanno parte i rappresentanti delle Autorità nazionali.

• I criteri sono adottati attraverso una Decisione della Commissione Europea che viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

Assegnazione del marchio

Ogni operatore che desidera ottenere il marchio Ecolabel UE, dopo avere adottato tutte le iniziative necessarie per rendere il proprio prodotto o servizio rispondente ai requisiti indicati dalla Decisione di riferimento, può inoltrare ad un

Page 130: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

129

OC la domanda corredata di tutte le informazioni richieste e accompagnata dal pagamento dei diritti secondo quanto indicato nell’allegato III del Regolamento. Entro due mesi dal ricevimento della richiesta, l’OC interessato verifica se la documentazione è completa e lo notifica all’operatore. Se la documentazione è completa, l’OC, dopo aver verificato che il prodotto rispetti i criteri per l’assegnazione del marchio, assegna un numero di registrazione al prodotto. L’OC stipula con ciascun operatore un contratto relativo alle condizioni d’uso del marchio Ecolabel UE. L’operatore può apporre il marchio (unitamente al numero di registrazione) sul prodotto solo dopo la stipula del contratto. L’OC che ha assegnato il marchio Ecolabel UE ad un prodotto lo comunica alla Commissione, che provvede a mantenere aggiornato l’apposito registro, che è messo a disposizione del pubblico sul sito Internet dedicato al marchio. Le caratteristiche e la forma del marchio Ecolabel UE sono riportate nell’Allegato II del Regolamento. In Italia il ruolo di Organismo Competente è affidato al Comitato Ecolabel

Ecoaudit, Sezione Ecolabel, composto da rappresentanti dei Ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo Economico, della Salute e dell’Economia e delle Finanze, con il supporto tecnico dell'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

Il logo del marchio Ecolabel UE Il marchio Ecolabel UE può essere accompagnato sui prodotti da un’etichetta

facoltativa con un campo di testo (la possibilità per l’operatore di utilizzare questo campo di testo ed il testo utilizzato sono indicati nei pertinenti criteri dei gruppi di prodotti.

I costi del marchio

I costi che ogni operatore deve sostenere (Allegato III) sono rappresentati dai diritti per l’esame della domanda e dai diritti annuali, che devono essere corrisposti all’OC a cui si rivolge. I primi sono compresi tra un minimo di 200 € ed un massimo di 1.200 €. Questo importo viene ridotto per le piccole e medie imprese (e per gli operatori dei Paesi in via di sviluppo) e per le microimprese, rispettivamente a 600 € e 300 €. Il diritto per l’esame della domanda è ridotto del 20 % per i richiedenti registrati secondo il sistema comunitario di ecogestione ed audit (EMAS) e/o certificati secondo la norma ISO 14001. Tale riduzione è concessa a condizione che il richiedente si impegni esplicitamente ad assicurare, nell’ambito della sua politica nei confronti dell’ambiente, la piena rispondenza dei

Page 131: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

130

suoi prodotti cui è stato assegnato il marchio Ecolabel UE ai relativi criteri per tutto il periodo di validità del contratto e che tale impegno sia adeguatamente inserito tra gli obiettivi ambientali dettagliati. I richiedenti in possesso della certificazione ISO 14001 devono dimostrare annualmente il rispetto di tale impegno. I richiedenti con registrazione EMAS devono inviare copia della rispettiva Dichiarazione Ambientale annua verificata. Per quanto riguarda i costi annuali, l’OC può imporre all’operatore richiedente il pagamento di una somma entro il limite massimo di 1.500 €, che viene ridotto, nel caso delle piccole e medie imprese (e degli operatori dei Paesi in via di sviluppo) e delle microimprese, rispettivamente a 750 € e 350 €. Non possono essere invece quantificate, perché estremamente variabili da caso a caso, le spese che un operatore deve sostenere per adeguare le caratteristiche del proprio prodotto ai requisiti per esso previsti.

Contratto d’uso del marchio e requisiti degli Organismi Competenti

Nell’allegato IV del Regolamento è riportato il modello del contratto standard relativo alle condizioni d’uso del marchio, comprese le disposizioni per l’autorizzazione e la revoca del medesimo, specie a seguito di una revisione dei criteri, mentre nell’Allegato V sono indicati i requisiti che devono essere posseduti dagli OC. Questi e il loro personale debbono esercitare le attività di valutazione della conformità con il massimo grado di integrità professionale e competenza tecnica richiesta per il settore specifico e debbono essere liberi da qualsivoglia pressione e incentivo, soprattutto di ordine finanziario, che potrebbe influenzare il loro giudizio o i risultati delle loro attività di valutazione della conformità, in particolare con riferimento a persone o gruppi di persone interessati ai risultati di tali attività. Per ogni procedura di valutazione della conformità e per ogni tipo o categoria di prodotti per i quali è stato designato, l’OC deve disporre delle conoscenze tecniche e dell’esperienza sufficiente e appropriata per eseguire i compiti di valutazione della conformità, oltre che dei mezzi, degli strumenti e degli impianti necessari per eseguire correttamente i compiti tecnici e amministrativi connessi alle attività di valutazione della conformità.

Le caratteristiche principali dell’Ecolabel UE si possono sintetizzare dicendo che è uno strumento volontario, selettivo e con diffusione a livello europeo.

L’Ecolabel UE costituisce un vantaggio competitivo legato all’aumento di

visibilità sul mercato e all’ampliamento dei potenziali clienti di un’impresa. Il sigillo dell’Unione Europea dà ai prodotti la possibilità di avvalersi di un elemento distintivo, sinonimo di qualità ambientale e prestazionale, riconosciuto su tutto il territorio europeo, che può evidenziare il prodotto sul mercato e attirare il consumatore attento alla salvaguardia ambientale. L’Ecolabel UE, visto dalla parte del consumatore, è una garanzia delle qualità ecologiche e d’uso dei prodotti che va al di là del marchio del produttore e permette di effettuare scelte volte a minimizzare gli impatti ambientali negativi dei prodotti industriali. L’Ecolabel UE rientra tra gli strumenti preferiti per lo sviluppo di politiche di acquisto sostenibile, attuate sia nel settore pubblico che in quello privato.

Page 132: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

131

Schema della procedura per l’assegnazione dell’Ecolabel UE in Italia

(L’APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e i servizi Tecnici, nel 2008 è confluita nell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)

Page 133: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

132

LA DICHIARAZIONE AMBIENTALE DI PRODOTTO (Environmental Product Declaration, EPD)

La Dichiarazione Ambientale di Prodotto (Environmental Product

Declaration, EPD) è uno strumento di comunicazione volontario per mezzo del quale un'azienda dichiara pubblicamente la prestazione ambientale di un suo prodotto o servizio. La base scientifica di una EPD è la metodologia della Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) regolata dalle norme ISO 14040:2006 e 14044:2006. Anche in Italia si è deciso di utilizzare l'espressione inglese per uniformare il più possibile, a livello europeo, la terminologia alla base del sistema delle dichiarazioni ambientali di prodotto. La EPD può essere applicata a qualsiasi prodotto o servizio. L’EPD è uno schema di certificazione volontaria di prodotto, nato in Svezia ad opera dello Swedish Environmental Management Council (SEMC) ma di valenza internazionale. Il sistema è attualmente gestito dall’International EPD Consortium (IEPDC) attraverso le diverse strutture di cui è composto. La norma di riferimento all’atto dell’istituzione del marchio era la MSR 1999:2 “Requirements for Environmental Product Declarations, EPD – an application of ISO/TR 14025 Type III Environmental Declarations". La norma attualmente in vigore è la General Programme Instructions for the international EPD system 2.5, pubblicata l’11 Maggio 2015.

Una caratteristica peculiare del sistema EPD è l'approccio multi - stakeholder nella preparazione delle PCR (Product Category Rules, Regole per Categoria di Prodotto), che costituiscono la "carta d'identità" di un certo gruppo di prodotti e fissano i parametri che assicurano la confrontabilità tra le EPD di più prodotti funzionalmente equivalenti inseriti nello stesso gruppo. Diversamente da quanto avviene con i criteri nel caso dell’Ecolabel europeo, le PCR non stabiliscono limiti quantitativi da rispettare (per esempio quanta energia e quanta acqua possono essere consumate e quanta Anidride Carbonica può essere immessa nell’atmosfera per unità di prodotto), ma indicano gli ambiti e gli elementi che devono essere presi in considerazione e riportati nella Dichiarazione Ambientale di Prodotto. (ad esempio i consumi energetici e idrici e le emissioni di gas ad effetto serra per unità di prodotto)

L’elaborazione delle PCR (che nonostante il nome sono vere e proprie norme tecniche, di cui debbono pertanto possedere le caratteristiche precedentemente enunciate, cioè consensualità, volontarietà, trasparenza e democraticità) prevede il coinvolgimento delle parti interessate e avviene sotto la supervisione dello IEPDC. La definizione delle PCR per un dato gruppo di prodotti segue un processo aperto che può essere avviato da:

• imprese e organizzazioni in cooperazione con le altre parti interessate; • istituzioni diverse, con il coinvolgimento di esperti di LCA in stretta

collaborazione con le aziende e le organizzazioni interessate; • singole imprese o organizzazioni.

Page 134: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

133

L’iter di preparazione delle PCR prevede: - l’avvio e il coinvolgimento delle parti interessate; - la preparazione di una proposta di PCR; - l’organizzazione di un incontro aperto di consultazione. Fra la seconda e la terza fase deve passare un certo periodo di tempo (uno o

due mesi) in cui la bozza delle PCR viene diffusa attraverso diversi canali informativi e sicuramente mediante pubblicazione su sito web.

Di fondamentale importanza è l'incontro aperto di consultazione, nel quale vengono coinvolti tutti i soggetti interessati, come ad esempio associazioni di produttori o di consumatori, distributori, produttori del settore, autorità, ecc. In seguito alla discussione ed a quanto scaturito dall'incontro aperto di consultazione tra le parti, il Comitato Tecnico per la EPD si occupa, in breve tempo, dell'approvazione delle PCR con le dovute modifiche.

Sulla base delle PCR definite deve essere condotto, da parte dell'azienda interessata, lo studio di LCA che costituirà la necessaria base per la preparazione della EPD; a tale scopo ci si potrà avvalere dell'ausilio di società di consulenza specializzate. La EPD deve essere poi sottoposta a convalida da parte di un Organismo di Certificazione o di un Verificatore individuale. A seguito del responso positivo potrà essere effettuata la registrazione ufficiale della EPD. Sia gli OdC che i Verificatori individuali debbono avere ottenuto l’accreditamento da uno dei seguenti Enti: Accredia, Cofrac (Comité francais d’accréditation, Francia), EMA (Entidad Mexicana de Accreditacion, Messico), ENAC (Entidad Nacional de Accreditacion, Spagna) SWEDAC (Swedish Board for Accreditation and Conformity Assessment, Svezia), Czech Accreditation Institute (Repubblica Ceca).

Se non sono state ancora definite le PCR per il gruppo di prodotti a cui appartiene quello per cui si vuole ottenere il marchio EPD, la Dichiarazione Ambientale di Prodotto può comunque essere elaborata e sottoposta a verifica da parte di un OdC o di un Verificatore. In questo caso potrà essere ottenuta una pre-convalida ed il richiedente dovrà farsi carico di sviluppare e proporre entro 12 mesi le PCR che dovranno essere poi approvate dalle altre parti interessate.

L'iter per la realizzazione e la registrazione di una EPD è riassunto nello schema che segue.

SVILUPPO PCR

INTERNATIONAL

EPD CONSORTIUM

Page 135: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

134

Le informazioni che l'azienda comunica con una EPD sono divise in quattro parti

fondamentali: 1. descrizione dell'azienda e del prodotto o servizio oggetto della EPD: in

questa sede l'azienda può comunicare altre eventuali iniziative (oltre la EPD), completate o in corso, in campo ambientale, come ad esempio l'ottenimento della certificazione ISO 14001 o della registrazione EMAS;

2. dichiarazione della prestazione ambientale del prodotto o servizio: questo è il "cuore" di una EPD ed è qui, infatti, che l'azienda comunica al pubblico, attraverso una serie di parametri ambientali standardizzati, il profilo ambientale del proprio prodotto o servizio; l'oggettività dei risultati presentati in questa parte è garantita dal rispetto delle norme ISO per la metodologia di studio applicata (LCA);

3. informazioni aggiuntive provenienti dall'azienda: in questa parte l'azienda comunica una serie di informazioni aggiuntive, come ad esempio indicazioni per l’uso ecologicamente corretto del prodotto o per il suo appropriato smaltimento;

4. informazioni provenienti dall'Organismo di Certificazione: l'OdC che convalida la EPD, e lo studio di LCA che ne è la base, comunica in questa parte informazioni riguardanti lo stesso OdC ed il periodo di validità della EPD. Il sistema della EPD è al riparo da utilizzi scorretti perché le

caratteristiche fondamentali delle EPD sono: • oggettività: tale requisito è assicurato dall'utilizzo della metodologia della

Valutazione del Ciclo di Vita nel calcolo delle prestazioni ambientali; confrontabilità: il sistema EPD prevede la suddivisione di prodotti e servizi in gruppi, in modo che sia possibile effettuare confronti tra essi all'interno dello stesso gruppo;

• credibilità: le informazioni contenute nella EPD e soprattutto la metodologia di calcolo adottata vengono verificate e convalidate da un OdC o da un Verificatore individuale.

I benefici della EPD Per le aziende:

• dal punto di vista interno all'azienda, l'occasione di esaminare in dettaglio il profilo ambientale del proprio prodotto per intraprendere un processo di continuo miglioramento;

• dal punto di vista esterno, la possibilità di comunicare al pubblico, in modo trasparente, credibile, oggettivo e confrontabile, i miglioramenti ambientali del proprio prodotto o servizio e le azioni intraprese per ottenere tali miglioramenti;

Page 136: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

135

• è un ottimo strumento di marketing, soprattutto vista l'accresciuta sensibilità del consumatore nei confronti degli aspetti ambientali dei prodotti e dei servizi;

• la possibilità di esportare la EPD all'estero, poiché il sistema si basa interamente su norme internazionali.

Per il consumatore:

• avere a disposizione informazioni ambientali chiare e trasparenti sui prodotti e sui servizi che consentono di eseguire un confronto che potrà influenzare le successive scelte di acquisto.

Page 137: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

136

LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO La sicurezza sul lavoro continua a essere uno dei temi drammatici che la cronaca

non smette di portare in evidenza quasi ogni giorno. Secondo le stime dell'ILO (International Labor Organiztion, Organizzazione

Internazionale del Lavoro), presentate nel corso dell’ILO World day for safety and health at work il 28 Aprile 2013, ogni 15 secondi un lavoratore muore per un incidente o una malattia legati al lavoro e, sempre ogni 15 secondi, 160 lavoratori subiscono un infortunio sul lavoro. Ogni giorno 6.300 persone muoiono in conseguenza di incidenti sul lavoro o per malattie professionali: più di 2,3 milioni di morti all’anno. Annualmente si verificano 317 milioni di infortuni sul lavoro, molti dei quali causano assenze prolungate. Si tratta di un fenomeno che riguarda, in misura diversa e con caratteristiche peculiari, tutti i Paesi del Mondo e che comporta, al di là dei costi umani e sociali legati alla perdita di tante vite umane, notevoli danni economici, valutabili nel complesso intorno al 4% del PIL (Prodotto Interno Lordo) mondiale. In Italia il numero degli infortuni sul lavoro, compresi quelli mortali, è in

costante diminuzione, mentre cresce quello delle malattie professionali. Per quanto riguarda gli aspetti economici basti ricordare che nel 2003 il costo totale degli infortuni e delle malattie professionali per lavoratori regolari e irregolari è stato in complesso di circa 41,6 miliardi di euro, pari al 3,2% del PIL nazionale. Soltanto nel 1994, con grave ritardo sugli altri Paesi dell’Unione Europea, l’Italia

ha recepito con il D. Lgs 626/94 (successivamente integrato e modificato dal D. Lgs. 242/96) le direttive europee in materia di sicurezza sul lavoro. Attualmente la materia è regolamentata dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

La gestione della sicurezza sul lavoro Come spesso accade in altri campi già disciplinati da disposizioni obbligatorie,

anche riguardo alla sicurezza sul lavoro gli Enti di Normazione hanno cercato di fornire il loro contributo attraverso l’emanazione di norme volontarie utili per affrontare questo problema in modo più efficace. A livello internazionale si e molto discusso (dalla seconda meta degli anni ’90 del XX secolo in poi) sull’opportunità di redigere documenti normativi che descrivessero un Sistema di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, ma senza giungere a risultati concreti. Fu pertanto la British Standards Institution (BSI), il principale Ente di Normazione britannico, apubblicare nel 1996 la BS 8000, la prima norma tecnica di un certo rilievo in materia di sicurezza sul lavoro, che ha aperto la strada alla norma OHSAS 18001, pubblicata nel 1999.

Page 138: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

137

LA NORMA OHSAS 18001

La norma OHSAS (Occupational Health and Safety Assessment Series) 18001, che coniugava i concetti della Qualità Totale e delle norme ISO 9001 e ISO 14001 ai temi della sicurezza, nacque nel Regno Unito nel 1999 da un gruppo di lavoro (di cui facevano parte Organismi di Certificazione, Enti di Normazione nazionali e tecnici competenti), costituito da allo scopo di pervenire ad uno standard omogeneo per il quale potesse essere richiesta la certificazione. La sua struttura permetteva a tutte le imprese, indipendentemente dalla dimensione e dall'area di appartenenza (industria, servizi, pubbliche amministrazioni) di costruire un insieme di procedimenti, mezzi, risorse ed attività per arrivare al controllo concreto dei rischi negli ambienti di lavoro ed alla loro prevenzione. Nel Gennaio 2000 fu pubblicata, sempre dalla BSI, una linea guida per l’applicazione di un Sistema di Gestione della Sicurezza, la OHSAS 18002 (Guidelines for the implementation of OHSAS 18001).

Il 1° luglio 2007 è stata pubblicata la norma OHSAS 18001:2007 sui Sistemi di Gestione della Salute e sicurezza sul Lavoro (SGSL) che sostituisce la precedente OHSAS 18001:1999. L’edizione 2007 rappresenta la prima emissione di una vera e propria “norma”, come tale riconosciuta a livello internazionale in quanto standard ufficiale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Nel 2008 è stata pubblicata la versione aggiornata delle linee guida, la norma OHSAS 18002:2008.

Lo scopo della norma OHSAS 18001:2007 è quello di promuovere all’interno delle organizzazioni:

- la prevenzione della sicurezza dei lavoratori, consentendo alle aziende di ottenere risultati positivi nel controllo dei rischi;

- la formulazione di obiettivi e politiche a favore della Sicurezza e della Salute dei Lavoratori secondo quanto previsto dalle normative vigenti e in base ai pericoli ed ai rischi potenzialmente presenti sul posto di lavoro.

L’ implementazione di un SGSL prevede le fasi che sono descritte qui di seguito.

• Definizione della Politica aziendale per la sicurezza: produrre una politica della sicurezza appropriata all'impresa, specificando le responsabilità e l'autorità (in particolare quelle della direzione).

• Pianificazione: attraverso lo studio delle dinamiche e dei processi dell’impresa si arriva a formulare una serie di azioni (piani, programmi) volte a dimostrare, con procedure documentate, il soddisfacimento dei requisiti.

Page 139: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

138

• Implementazione e controllo operativo: definire i ruoli, i compiti e le responsabilità in materia di sicurezza e salute del lavoro. Individuare le necessità e le opportunità per la formazione, le competenze e la consapevolezza del personale. Identificare canali di comunicazione interni ed esterni che rispondano alle richieste di informazione, provenienti sia dai collaboratori interni che da soggetti esterni, mediante l'elaborazione di una serie di documenti formali che costituiscono il riferimento aziendale della politica per la sicurezza.

• Controllo ed azioni correttive: i risultati del Sistema di Gestione della Sicurezza (in termini di controlli eseguiti, attività legate agli obiettivi ed ai traguardi, misure di prevenzione, etc.) devono essere misurati, monitorati e valutati nella loro efficacia. In questa fase devono essere prese in considerazione le necessità di misurazione e di verifica delle prestazioni dell’impresa, nonché le eventuali non conformità in cui il sistema è caduto.

• Riesame della Direzione e Miglioramento Continuo: riesaminare periodicamente il Sistema in modo da consentire azioni di miglioramento continuo, con l'obiettivo di migliorare la sicurezza, garantire e ricercare la conformità ai requisiti di legge. Il Riesame della Direzione è il momento per l'individuazione della nuova politica e degli obiettivi per la sicurezza, di verifica dell'attuazione di programmi e piani di miglioramento, nonché delle prestazioni dell’impresa per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

La certificazione dell’SGSL I requisiti imposti dallo standard OHSAS 18001:2007 devono trovare completa

applicazione in ogni SGSL. L'applicabilità della certificazione dipenderà da diversi fattori, fra i quali la politica per la sicurezza definita, il tipo di attività svolta e le condizioni nelle quali l'impresa si trova ad operare. Pertanto, una volta che sia stato implementato l’SGSL si può richiederne la certificazione ad un OdC. Analogamente a quanto previsto per le norme ISO 9001, ISO 14001 e SA 8000, l’iter procedurale che della certificazione dell’SGSL è articolato in diverse fasi, come appresso descritto. 1. Verifica della documentazione - I Valutatori dell’OdC accerteranno la

conformità della documentazione rispetto alla norma di riferimento. Insieme al cliente l’OdC preparerà il programma delle verifiche ispettive onde pianificare al meglio le attività.

2. Visita preliminare - L’OdC condurrà una Visita Preliminare presso l’organizzazione per raccogliere tutte le informazioni prima di procedere alla Verifica (di certificazione) Iniziale. Si procederà pertanto ad analizzare l’attività, la struttura del SGSL ed il livello di implementazione. Infine, si pianificherà la Verifica Iniziale e si illustrerà l’iter di certificazione. Al termine verrà rilasciato un rapporto.

Page 140: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

139

3. Verifica di Certificazione - Attraverso interviste informali, osservazioni dirette e controllo delle registrazioni, si procederà alla valutazione del SGSL in attività in base ad un programma di verifica precedentemente concordato. Il Valutatore controllerà la conformità del Sistema rispetto ai requisiti definiti dallo standard, dal manuale, dalle procedure e dal cliente stesso. Durante la verifica il Valutatore aggiornerà il cliente su quanto è stato rilevato.

4. Rilascio della Certificazione - Dopo il riesame e l’approvazione di eventuali azioni correttive verrà rilasciato all’organizzazione il certificato di conformità, che ha validità triennale.

5. Verifiche Periodiche di Mantenimento - Almeno con cadenza annuale sono previste verifiche periodiche di sorveglianza, con l’obiettivo di accertare il mantenimento del livello di conformità raggiunto e individuare eventuali spunti di miglioramento.

6. Riesame Periodico del Sistema - Il riesame periodico del Sistema avviene ogni tre anni e ha lo scopo di verificarne la complessiva e continua efficacia.

I vantaggi di un SGSL

Le organizzazioni possono aspettarsi benefici considerevoli dall’introduzione di un SGSL e dalla sua certificazione. La presenza di un SGSL formale, che incorpora un approccio strutturato per l’identificazione dei pericoli e la gestione dei rischi, può contribuire ad evitare una buona parte degli incidenti e dei problemi per la salute dei lavoratori. L’introduzione di un SGSL può rendere la gestione della sicurezza più trasparente ed efficace grazie alla valutazione dei rischi, alle ispezioni, alle valutazioni legali ed allo studio degli incidenti all’interno dei piani d’azione per minimizzare il rischio di infortuni. Inoltre, il SGSL:

• è uno strumento utile per garantire l'osservanza non solo formale delle numerose disposizioni giuridiche che regolano la materia, assicurando alle parti interessate che tutti gli aspetti legati alla sicurezza siano gestiti secondo le modalità prescritte dalle leggi vigenti e secondo le migliori prassi disponibili;

• consente all'impresa di ottenere risparmi economici e di tempo legati alla riduzione degli infortuni, i cui costi, a volte nascosti, possono incidere in maniera non indifferente, e alla riduzione della pressione esercitata sull'impresa da parte degli organi di controllo.

Le imprese certificate OHSAS 18001:2007

In Italia, al 30 Settembre 2016 le organizzazioni certificate sulla base dello standard OHSAS 18001:2007 erano circa 13.300, contro oltre 124.000 certificate ISO 9001. Questa grande differenza dipende sicuramente dal fatto che questo standard è di più recente introduzione, ma anche altri fattori debbono essere presi in considerazione. L’applicazione del D. Lgs. 626/94 aveva creato

Page 141: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

140

difficoltà a molte imprese, principalmente per i ristretti tempi di adeguamento; inoltre, la necessità di adottare un approccio innovativo nei confronti della sicurezza richiedeva l’inserimento della prevenzione nella politica dell’impresa, per trasformare il relativo costo in investimento. D’altra parte il problema della sicurezza non può essere affrontato solo in senso legislativo, ma richiede il coinvolgimento pieno dell’impresa ed un profondo cambiamento di mentalità: non solo l’infortunio deve essere visto come un fatto da evitare, ma la sicurezza nei luoghi di lavoro deve rappresentare un valore assoluto ed un elemento di successo sul mercato.

L'applicazione di un SGSL costruito secondo lo standard OHSAS 18001:2007 incorpora le prescrizioni legislative, rendendone più efficiente la gestione, e permette all'azienda di migliorare l'efficacia degli interventi, esercitando un’attività di autocontrollo finalizzata al miglioramento e non semplicemente alla pur doverosa ottemperanza alle leggi. Questo approccio, che prevede appunto un ruolo attivo dell’impresa che vada oltre la semplice applicazione della normativa vigente, il cui rispetto rappresenta comunque un pre-requisito essenziale, è alla base anche di altri sistemi volontari (Sistema di Gestione Ambientale) o obbligatori (Sistema di autocontrollo igienico sanitario – HACCP, Hazard Analysis and Critical Control Point).

Page 142: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

141

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE Alcuni anni fa suscitò scalpore la notizia, riportata da tutti i mezzi di

comunicazione di massa, che alcune multinazionali utilizzavano, direttamente o tramite fornitori, manodopera minorile per la fabbricazione dei propri prodotti. Ciò ebbe un notevole impatto sull’opinione pubblica e causò notevoli perdite finanziarie alle imprese coinvolte. Anche a seguito di questi eventi venne sviluppato negli Stati Uniti d’America un

sistema di gestione per garantire il comportamento socialmente responsabile (anche definito “etico”) delle imprese. Nell’ambito del CEP (Council of Economic Priorities, ente di ricerca sui comportamenti sociali ed ambientali delle imprese) venne costituito nel 1996 il CEPAA (Council of Economic Priorities, Accreditation Agency), che nel 2000 cambiò la propria denominazione in SAI (Social Accountability International); esso emanò nel 1997 la prima norma di riferimento per il comportamento sociale delle imprese, la norma SA 8000, successivamente aggiornata nel 2001, nel 2004 e nel 2008. A Giugno del 2014 è stata pubblicata un’ulteriore versione dello standard, entrata in vigore a partire dal 1° Maggio 2015. Il Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale (SGRS) si basa sui principi

sanciti da diverse Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (International Labour Organization, ILO), dalla Dichiarazione dei Diritti Umani e dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia (ONU). La norma SA 8000 è gestita da un Advisory Board, costituito dai rappresentanti del SAI, di Amnesty International, del National Child Labour e di altri organismi internazionali, nonché dai rappresentanti di grandi imprese multinazionali. Il SAI è costituito da soggetti provenienti da diverse realtà socio-economiche, come organizzazioni non governative (ONG), organizzazioni sociali, società multinazionali, organismi di certificazione, università e governi, e si occupa di:

� elaborare, diffondere, promuovere e aggiornare la norma SA 8000; � accreditare gli OdC sulla SA 8000; � realizzare corsi per valutatori di sistemi SA 8000.

La norma SA 8000, nata per garantire il miglioramento continuo delle condizioni di lavoro, si caratterizza per la sua flessibilità, poiché può essere applicata, nella versione attuale, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nei Paesi industrializzati, da imprese di piccole e grandi dimensioni, nonché da enti del settore privato e pubblico; essa è, inoltre, applicabile a livello internazionale ad imprese di qualsiasi settore merceologico. L’atteggiamento delle imprese nei confronti della responsabilità sociale è mutato

radicalmente dagli anni Settanta, quando era considerato un aspetto marginale, fino ad oggi che viene considerato uno strumento fondamentale per la gestione di un’impresa. In circa trenta anni si è passati da un approccio minimalista (semplice

Page 143: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

142

rispetto della normativa) ad un approccio discrezionale (attività caritatevoli e filantropiche), ad uno strategico (rispetto dei diritti legato all’attività ed all’immagine dell’impresa). Il ruolo dell’ISO

Anche in ambito ISO è stato affrontato il tema della responsabilità sociale delle imprese. Dopo un lavoro durato 5 anni è stata pubblicate nel Novembre del 2010 la norma ISO 26000, che a Dicembre dello stesso anno ha visto la luce nella sua versione italiana: UNI ISO 26000, Guida alla responsabilità sociale. Non si tratta in questo caso di una norma di sistema di gestione; essa non indica alcun requisito da rispettare e, pertanto, non è utilizzabile per scopi certificativi.

La norma ISO 26000 definisce la responsabilità sociale come la “responsabilità, da parte di un’organizzazione, per gli impatti delle sue decisioni e delle sue attività sulla società e sull’ambiente, attraverso un comportamento etico e trasparente, che · contribuisce allo sviluppo sostenibile, inclusa la salute e il benessere della società, · tiene conto delle aspettative degli stakeholder, · è in conformità con la legge applicabile e coerente con le norme internazionali di comportamento, · è integrato in tutta l’organizzazione e messo in pratica nelle sue relazioni”.

La norma comprende le sette linee guida di comportamento responsabile appresso descritte.

1. Responsabilità: l’organizzazione deve assumersi la responsabilità del suo

impatto sulla società e sullo sviluppo. Deve accettare eventuali controlli e ha il dovere di risponderne.

2. Trasparenza: l’organizzazione deve essere trasparente in tutte le sue decisioni ed attività, in particolare in relazione alla sua natura, ai suoi obiettivi, ai risultati in termini di responsabilità sociale e alla provenienza delle sue risorse finanziarie.

3. Etica: l’organizzazione deve comportarsi sempre in modo onesto, equo e integro moralmente. In questo atteggiamento deve essere compreso il rispetto per le persone, l’ambiente e gli animali, oltre al rispetto delle esigenze di tutti coloro che in qualche modo sono coinvolti nella attività dell’organizzazione.

4. Rispetto degli stakeholder: l’organizzazione deve identificare tutti coloro che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nella propria attività e avere particolare attenzione per le loro necessità.

5. Rispetto della legge: l’organizzazione deve accettare che il rispetto della legge è obbligatorio e che nessun individuo o ente è al di sopra di esso.

6. Rispetto degli standard di comportamento internazionali: conseguentemente, l’organizzazione dovrà aderire ai principi stabiliti a livello internazionale e rispettarli, a meno che ciò non sia in contrasto con la legislazione del Paese, o dei Paesi, in cui l’organizzazione opera.

Page 144: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

143

7. Rispetto dei diritti umani: l’organizzazione deve riconoscere l’importanza e l’universalità di questi diritti ed evitare di trarre vantaggio da situazioni in cui tali diritti non siano rispettati.

La norma può essere adottata da qualunque organizzazione,

indipendentemente dalle dimensioni e dal settore di attività. I benefici per un’organizzazione che adotta la norma ISO 26000 possono

essere così riassunti: - maggiore competitività;

- migliore reputazione;

- capacità di attrarre lavoratori e clienti;

- capacità di mantenere il morale, l’impegno e la produttività dei dipendenti;

- maggiore visibilità per investitori e istituzioni finanziarie;

- migliori relazioni con imprese, autorità pubbliche, mezzi di comunicazione e, in generale, con la comunità in cui essa opera.

Page 145: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

144

LA NORMA SA 8000 La norma SA 8000:2014 specifica i requisiti di responsabilità sociale che

permettono ad un’impresa di sviluppare, mantenere e rafforzare politiche e procedure per gestire le situazioni che essa può controllare o influenzare; essa prevede otto requisiti sociali, che devono essere soddisfatti dall’impresa richiedente la certificazione e che sono connessi ai fondamentali diritti umani e dei lavoratori, come qui appresso specificato.

1) Lavoro infantile 2) Lavoro obbligato o forzato 3) Salute e sicurezza 4) Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva 5) Discriminazioni 6) Pratiche disciplinari 7) Orario di lavoro 8) Retribuzione.

Un ulteriore requisito è rappresentato dal Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale dell’impresa (SGRS), che dovrà rispettare i criteri qui di seguito elencati.

1) Politiche, procedure, registrazioni 2) Squadra per le prestazioni sociali 3) Identificazione e valutazione dei rischi 4) Monitoraggio 5) Coinvolgimento del personale e comunicazioni interne 6) Gestione e risoluzione dei reclami 7) Verifiche esterne e coinvolgimento degli stakeholder 8) Azioni correttive e preventive 9) Formazione del personale 10) Gestione dei fornitori e degli appaltatori.

Rispetto alla prima edizione della norma, nelle successive: sono state aggiunte o

meglio precisate alcune definizioni (tra l’altro la nuova terminologia definisce i fornitori ed i subappaltatori come equivalenti; ad entrambi è richiesto lo stesso livello di controllo); sono stati aggiunti riferimenti ad altre Convenzioni delle Nazioni Unite e dell’ILO; è stata inserita l’età tra i possibili fattori di discriminazione; è stato chiarito che il lavoro straordinario deve essere volontario, ad eccezione delle circostanze stabilite in un contratto collettivo, liberamente negoziato, secondo il quale è permesso all’impresa di fare tali richieste; sono stati definiti anche gli obblighi dell’impresa verso i terzi con cui opera (fornitori/subappaltatori e subfornitori); è stata estesa la responsabilità dell’impresa, che deve garantire, ove necessario, l’operato dei subfornitori; è stata estesa la protezione anche ai lavoratori a domicilio, per i quali dovrà essere

Page 146: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

145

fornito un livello di protezione simile a quello del personale che opera presso la sede dell’impresa.

La struttura della norma SA 8000 prevede, oltre al rispetto degli otto requisiti

sociali specifici, anche il rispetto delle leggi nazionali vigenti e di tutti i requisiti sottoscritti dall’impresa. Nel caso in cui la SA 8000 e altre norme o disposizioni riguardino la stessa materia, l’impresa deve applicare la più restrittiva. Ciò significa che l’impresa deve avere presente il sistema legislativo di riferimento del proprio Paese sui requisiti SA 8000 ed applicare la norma più rispettosa dei diritti dei lavoratori.

La certificazione del Sistema della Responsabilità Sociale

Una delle caratteristiche dello standard SA 8000 è la possibilità, per l’impresa che abbia realizzato un SGRS, di ottenerne la certificazione da parte di un Organismo di Certificazione accreditato dal SAAS (Social Accountability Accreditation Services), nato nel 1997 come dipartimento del SAI e divenuto nel 2007 un’organizzazione non profit. La certificazione presuppone che il sistema implementato dall’impresa sia

sottoposto a verifica ispettiva. Più in generale, si possono individuare diversi tipi di verifica ispettiva, come appresso specificato.

• Verifica di prima parte: l’ipotesi riguarda il caso in cui un’impresa verifichi il proprio sistema di responsabilità sociale, ancor prima del controllo. L’impresa, infatti, può condurre un audit interno, per verificare la propria conformità alla norma SA 8000 prima della verifica da parte dell’OdC.

• Verifica di seconda parte: l’ipotesi riguarda il caso in cui un’impresa verifichi i propri fornitori o subfornitori. Un’impresa può svolgere una verifica di conformità sulla base di SA 8000 su un’impresa manifatturiera o di assemblaggio. Questo tipo di verifica, però, non costituisce certificazione.

• Verifica di terza parte: si fa riferimento al caso in cui un’impresa chiede volontariamente di essere verificata; tale verifica può essere richiesta ad un OdC che abbia ottenuto l’accreditamento da parte del SAAS e sia abilitata a rilasciare certificazioni riguardanti SA 8000. Al fine di facilitare l’ottenimento della certificazione SA 8000 da parte delle

imprese, il SAI ha pubblicato una apposita guida. In essa viene, tra l’altro, consigliato di richiedere lo stato di Applicant. Questo consiste nel riconoscimento che viene rilasciato da un OdC alle imprese che intendono adottare la SA 8000 e intraprendere i primi essenziali passi verso la certificazione. Un Applicant SA 8000 dichiara la propria conformità con la legislazione nazionale e locale relativa ai requisiti della SA 8000, dichiara di avere compreso i requisiti SA 8000 e di essere pronto ad iniziare il processo di implementazione e certificazione. L’iter della certificazione prevede la realizzazione delle fasi appresso descritte.

Page 147: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

146

o Richiesta di certificazione da parte dell’impresa che ha implementato l’SGRS ad un OdC accreditato SAAS; prima di tale richiesta deve essere effettuata l’autovalutazione del proprio sistema rispetto alla norma. È in questa fase che può essere valutata l’opportunità di richiedere il riconoscimento dello stato di “Applicant SA 8000” in attesa di sostenere la visita di certificazione.

o Preparazione della visita. L’OdC, a seguito dell’analisi della richiesta inoltrata dall’impresa, predispone un dossier in cui sono raccolte le informazioni sul contesto nel quale l’impresa opera. Tali informazioni costituiscono dati fondamentali per la pianificazione della visita e per la preparazione personale del nucleo ispettivo. A tal fine l’OdC mantiene costantemente attive le relazioni con le parti interessate (sindacati, ONG, istituzioni e autorità competenti, ecc.).

o Prima parte della visita: sostituisce la tipica fase di “analisi documentale” svolta nell’ambito della certificazione dei SGQ e SGA, ampliandone contenuto ed obiettivi. Lo scopo principale è, infatti, quello di conoscere e valutare il SGRS pianificato dall’impresa; non essendo previsto dalla norma un documento specifico di pianificazione e descrizione del sistema (come i manuali dei sistemi di gestione ambientale o per la qualità), vengono analizzate, presso l’impresa interessata, tutte le varie tipologie di documenti o le altre forme di pianificazione adottate e viene valutato se sono state prese in considerazione leggi e regolamenti vigenti.

o Seconda parte della visita. In questa fase si persegue l’obiettivo di verificare se il SGRS pianificato è attuato in modo efficace. Questa parte della visita è caratterizzata dall’impiego di tecniche che si differenziano in modo significativo da altre tipologie di visite, prevalentemente legate a riscontri documentali; esse prevedono anche l’utilizzo di interviste con i lavoratori (individuali e di gruppo). Se in questa fase emergono non-conformità con la norma SA 8000, il nucleo di valutazione formula una richiesta di azioni correttive. Le non-conformità possono essere di maggiore o di più lieve entità: il primo caso riguarda quelle relative all’intero sistema, il secondo quelle di minore impatto. Le azioni correttive possono essere condotte immediatamente, o può essere predisposto un piano per superarle in un breve periodo. Il gruppo ispettivo valuta le risposte ad ogni richiesta di azioni correttive e quindi stende un rapporto in cui esprime le proprie valutazioni circa l’opportunità di concedere la certificazione; tale rapporto viene inoltrato all’OdC, che comunica all’impresa le proprie decisioni. La certificazione SA 8000 è valida per tre anni, periodo entro il quale vengono

condotte visite di sorveglianza, con cadenza annuale o semestrale, per verificare se l’impresa mantiene la conformità alla norma. In caso di esito negativo di una visita ispettiva, la certificazione può essere sospesa o revocata in relazione alla gravità delle carenze riscontrate. Al termine del triennio l’impresa che vuole mantenere la certificazione deve sottoporsi ad un altro completo ciclo di verifiche.

Page 148: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

147

L’impresa che ha conseguito la certificazione del proprio sistema SA 8000 può, a sua discrezione, pubblicizzarla con i seguenti strumenti:

� carta intestata; � comunicazioni attraverso stampa; � affissione del certificato nei locali dell’impresa.

Il marchio di certificazione non può però essere apposto sul prodotto, né sull’etichetta o la confezione, in quanto si tratta di una certificazione di sistema e non di prodotto. Per quanto riguarda i costi che devono essere sostenuti dall’impresa che intende

ottenere la certificazione SA 8000, essi sono di varie tipologie: � la prima è quella relativa alle azioni necessarie per raggiungere la

conformità alla norma; in tale fase è previsto che l’impresa possa essere supportata da una società di consulenza;

� la seconda riguarda l’iter di certificazione da parte di un OdC accreditato a svolgere verifiche su SA 8000;

� l’ultima, che spesso è la più significativa, è rappresentata dalla gestione del SGRS e dalle azioni di miglioramento che, nell’ambito del sistema stesso, sono pianificate e condotte. I Vantaggi della certificazione SA 8000

Il SGRS è uno strumento gestionale, ovvero un insieme di regole e di procedure che un'impresa sceglie di adottare per garantire che i propri prodotti o servizi siano stati realizzati in coerenza con:

• il rispetto dei lavoratori; • i criteri relativi al non impiego di lavoro minorile o di lavoro obbligato; • i criteri relativi al mantenimento di condizioni di salute e di sicurezza sul

lavoro; • i criteri relativi alla libertà di associazione; • i criteri relativi all'assenza di pratiche discriminatorie, coercitive o

violente; • i criteri relativi alla definizione di un orario di lavoro e di una retribuzione

equi.

Le spinte all’adozione ed alla certificazione di un SRS possono essere molteplici e consentono di ottenere i vantaggi appresso descritti.

• L'immagine pubblica dell'impresa può essere il fattore discriminante per la fruizione dei suoi prodotti/servizi. È di vitale importanza la proiezione di un immagine positiva a clienti, utenti, dipendenti, fornitori, investitori e comunità, nonché lo sviluppo nel tempo di una buona reputazione.

• I consumatori, gli utenti e le loro associazioni sono sempre più attenti ai valori umani fondamentali ed acquisiscono una crescente consapevolezza non

Page 149: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

148

solo di "cosa” viene prodotto o erogato, ma anche di "come" questo qualcosa viene prodotto o erogato (fattori sociali, etici, ambientali, di salute e sicurezza).

• L'impresa, attraverso l'attestazione di una terza parte indipendente accreditata, dimostra alle parti interessate che i principi etici e sociali sono rispettati nell'intera cascata impresa-fornitori-subfornitori.

• L'impresa certificata in accordo alla norma SA 8000 viene riconosciuta da tutto il sistema che ne accetta i principi.

• L'emissione di un "Rapporto Sociale Annuale", che comunichi alle parti interessate (comunità, utenti, clienti, consumatori, investitori, concorrenti) le modalità di attuazione all'interno e all'esterno dell'impresa (fornitori) dei requisiti SA 8000, conferisce trasparenza alle attività dell'impresa stessa, accrescendo la fiducia delle parti interessate.

Organismi di Certificazione SA 8000 accreditati SAAS

Organismo di certificazione Paese ABS Quality Evaluation Inc. USA ALGI USA APCER Portogallo BSI India Bureau Veritas Certification Francia

Centre Testing International (CTI) Cina CISE Italia DNV GL Business Assurance Olanda Eurocert S.A. Grecia

Global Group of Companies Limited Scozia HKQAA (Hong Kong Quality Assurance Agency) Hong Kong Institute of Quality & Control Ltd. (IQC) Israele Intertek (Intertek Testing Services) USA IQNet Ltd. Svizzera

LRQA (Lloyd's Register Quality Assurance Ltd.) Regno Unito LSQA S.A. Uruguay RINA SpA (Registro Italiano Navale Group) Italia SGS - SSC Italia TUV NORD Group Germania TUV Rheinland Group Cina TUV SUD Group India UL-Registrar, LLC USA

Page 150: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

149

INDICE

Introduzione Pagina 1 L’innovazione tecnologica 2 Il trasferimento delle tecnologie 6 L'energia 14 Le fonti energetiche 16 L’energia nucleare 23 L’energia geotermica 29 L’energia idroelettrica 33 Le nuove fonti energetiche rinnovabili 36 L'energia solare 37 L'energia eolica 46 L’energia da biomasse 50 L’energia dai mari e dagli oceani 56 L'Idrogeno 62 La Normazione 69 Il sistema di certificazione e accreditamento 76 La qualità 81 La certificazione della qualità 86 Le norme ISO 9000 90 Il Keymark 103 La Marcatura CE 106 Lo sviluppo sostenibile – Il Sistema di Gestione Ambientale 111 La norma ISO 14001 115 Il Regolamento EMAS 118 La valutazione del ciclo di vita di un prodotto 121 Le etichette ambientali 125 L’Ecolabel UE 126 La Dichiarazione Ambientale di Prodotto 132 La sicurezza nei luoghi di lavoro 136 La norma OHSAS 18001 137 La responsabilità sociale delle imprese 141 La norma SA 8000 144

Page 151: UNIVERSITÀ DI CAGLIARI - Home - people.unica.it · 2016-10-13 · commercializzazione, o anche tecniche di gestione che riguardano tutti i livelli dell'economia. Quindi, l'innovazione

150

APPUNTI DI TECNOLOGIA DEI CICLI PRODUTTIVI A cura di Lorenzo Spanedda

Settima Edizione, Settembre 2016

Questa versione degli Appunti, destinata agli studenti del Corso di Laurea in Economia e Gestione Aziendale della Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche dell’Università di Cagliari, è conforme al programma del corso per l’Anno Accademico 2016–2017.

Questi appunti sono tutelati dalle disposizioni legislative in materia di protezione della proprietà intellettuale; la loro riproduzione totale o parziale è consentita soltanto per uso personale, ma è vietata per scopi commerciali.