UNITÀ: UN HABITAT NECESSARIO · 2010-05-31 · La sinodalità, alla quale più volte il nostro...

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«Le persone, spesso ridotte a individui in competizione o in conflitto tra loro, raggiunte dallo Spirito di Cristo, si aprono all’esperien- za della comunione, che può coinvolgerle a tal punto da fare di loro un nuovo organismo, un nuovo soggetto: la Chiesa. Questo è l’ef- fetto dell’opera di Dio: l’unità; perciò l’unità è il segno di riconoscimento, il “biglietto da vi- sita” della Chiesa nel corso della sua storia universale». Sono parole del Papa nell’ome- lia di Pentecoste 2010. S’intuisce che l’unità è, sotto un profilo teologico, un dono e una vocazione coi caratteri della salvezza e della riconciliazione. Di più: per la Chiesa, l’unità è come un habitat, giacché – per dirla con san Cipriano e il Vaticano II – essa è popolo rac- colto nell’unità della Trinità (cfr. Lumen Gen- tium n. 4). La liturgia e la teologia applicano alla Chiesa la categoria di “popolo”; non, pe- rò, quella di uno “Stato”. Il primo, difatti, rap- presenta un’unità dovuta principalmente a fattori d’ordine spirituale e naturale, che de- terminano nelle persone la coscienza d’ap- partenere a una determinata comunità. Si di- ce “Stato”, invece, la forma politica assunta da una determinata società. Esso, pertanto, rimanda al potere e alle modalità del suo esercizio ed è con tale riferimento, che ci si dispone a celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia. Si riconoscerà, infatti, che l’Italia era un popolo (e anche una “nazione”, se con ciò intendiamo l’identità di un popolo e le forme che l’esprimono) prima ancora di Garibaldi e dell’impresa con cui regalò all’Italia l’unità, che oggi s’intende ricordare. Su ciò oggi le- gittimamente si riflette. Qui mi limito a ri- chiamare una nota espressione di Massimo D’Azeglio, che però riporto non già come di solito la si riassume, bensì com’egli la scris- se nella prefazione a I miei ricordi: «Il primo bisogno d’Italia è che si formino Italiani dota- ti d’alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani». D’Azeglio parlava di “carattere” e poneva una questione educativa, almeno alla politica e alla legalità. Proprio ciò di cui anco- ra oggi avvertiamo il bisogno. X Marcello Semeraro, Vescovo sonDaggio rivelatore 4 Breve storia Dell’unità 5 Don lovrovich 6 milleflash 7 appuntamenti 8 Due eventi ecclesiali 2 convegno a genzano 3 M ENSILE D INFORMAZIONE DELLA D IOCESI S UBURBICARIA DI A LBANO ANNO 3 N . 22 UNITÀ: UN HABITAT NECESSARIO

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«Le persone, spesso ridotte a individui incompetizione o in conflitto tra loro, raggiuntedallo Spirito di Cristo, si aprono all’esperien-za della comunione, che può coinvolgerle atal punto da fare di loro un nuovo organismo,un nuovo soggetto: la Chiesa. Questo è l’ef-fetto dell’opera di Dio: l’unità; perciò l’unità èil segno di riconoscimento, il “biglietto da vi-sita” della Chiesa nel corso della sua storiauniversale». Sono parole del Papa nell’ome-lia di Pentecoste 2010. S’intuisce che l’unitàè, sotto un profilo teologico, un dono e unavocazione coi caratteri della salvezza e dellariconciliazione. Di più: per la Chiesa, l’unità ècome un habitat, giacché – per dirla con sanCipriano e il Vaticano II – essa è popolo rac-colto nell’unità della Trinità (cfr. Lumen Gen-tium n. 4). La liturgia e la teologia applicanoalla Chiesa la categoria di “popolo”; non, pe-rò, quella di uno “Stato”. Il primo, difatti, rap-presenta un’unità dovuta principalmente afattori d’ordine spirituale e naturale, che de-terminano nelle persone la coscienza d’ap-partenere a una determinata comunità. Si di-ce “Stato”, invece, la forma politica assunta

da una determinata società. Esso, pertanto,rimanda al potere e alle modalità del suoesercizio ed è con tale riferimento, che ci sidispone a celebrare i 150 anni dall’Unitàd’Italia. Si riconoscerà, infatti, che l’Italia eraun popolo (e anche una “nazione”, se con ciòintendiamo l’identità di un popolo e le formeche l’esprimono) prima ancora di Garibaldi edell’impresa con cui regalò all’Italia l’unità,che oggi s’intende ricordare. Su ciò oggi le-gittimamente si riflette. Qui mi limito a ri-chiamare una nota espressione di MassimoD’Azeglio, che però riporto non già come disolito la si riassume, bensì com’egli la scris-se nella prefazione a I miei ricordi: «Il primobisogno d’Italia è che si formino Italiani dota-ti d’alti e forti caratteri. E pur troppo si vaogni giorno più verso il polo opposto: purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fannogl’Italiani». D’Azeglio parlava di “carattere” eponeva una questione educativa, almeno allapolitica e alla legalità. Proprio ciò di cui anco-ra oggi avvertiamo il bisogno.

X Marcello Semeraro, Vescovo

sonDaggio rivelatore 4

Breve storia Dell’unità 5

Don lovrovich 6

milleflash 7

appuntamenti 8

Due eventi ecclesiali 2

convegno a genzano 3

M E N S I L E D ’ I N F O R M A Z I O N E D E L L A D I O C E S I S U B U R B I C A R I A D I A L B A N O • A N N O 3 N . 22

UNITÀ: UN HABITAT NECESSARIO

La solen-nità del-la Pen-

tecoste chiu-de il tempo diPasqua. Il dono delloSpirito Santorende i di-scepoli ca-paci di esse-re “uno” in Dio e con i fratelli. È proprio questo il signi-ficato che la Diocesi di Albano ha voluto dare quest’annoalla Pentecoste. Il Vescovo ha convocato tutta la comuni-tà ecclesiale per invocare insieme il dono dello Spiritodurante una Veglia di preghiera che si è svolta sabato 22maggio presso la Parrocchia di San Michele ad Aprilia. Ilmomento di preghiera è stato organizzato dagli Ufficipastorali di Curia con l’intento di far diventare la Vegliadi Pentecoste un appuntamento diocesano fisso in cuiogni fedele, indipendentemente dal proprio servizio ec-clesiale e dalla propria appartenenza, possa condividerel’esperienza della preghiera. Questo è esattamentequello che è avvenuto durante la Veglia, era davvero pal-pabile lo spirito di condivisione che animava i parteci-panti. Era visibile nel modo stesso in cui si è cantato,pregato, ascoltato. Il nostro Vescovo, durante la sua ri-flessione, ha evidenziato un aspetto importante della vi-ta cristiana che è un vero e proprio frutto dello Spirito: lagioia! La gioia di chi sa che la sua vita è nelle mani di unDio provvidente, vicino, amico e alleato dell’uomo, gioiadi chi sa di aver risposto alla sua vocazione, di cammi-nare con Lui e con i fratelli. Anche questo aspetto erapresente e ben visibile, ad esempio nei canti e nei segni,vivaci e significativi. L’aspetto più bello però, è stato cer-tamente quello dello stare insieme, così come insiemeerano gli Apostoli nel cenacolo il giorno di Pentecoste.La sinodalità, alla quale più volte il nostro Vescovo ci hachiamati, è da vivere non solo nell’azione, ma anche nel-l’orazione. Della prima comunità cristiani si dice: «Ave-vano un cuor solo e un’anima sola»; anche la comunitàdiocesana ha fatto questa esperienza e s’impegnerà af-finché anche di lei si possa dire la stessa cosa.

Alessandro Mancini

Per sentirsi comunità ecclesiale non basta aggrapparsi al proprio campanile, ma bisogna compren-dere che essere cristiani non significa appartenere ad una Parroccia, ma ad una Chiesa e ad unaDiocesi. Le celebrazioni a livello diocesano e gli incontri di formazione organizzati dagli Uffici pa-

storali di Curia vogliono favorire “il sentirsi Diocesi”, nello scambio reciproco di una fede viva in perma-nente aggiornamento. Occasioni da cogliere per uscire dalla prigione del proprio punto di vista ed aprir-si ad un nuovo stile di essere cristiani.

Dalla Diocesi2

La Diocesi di Albano è convocata dal Vescovo, dal 7 al 9 giu-gno presso il Centro Mariapoli in Castelgandolfo, per la ce-lebrazione del Convegno diocesano 2010. Saremo invitati a

riflettere sul tema che i Vescovi italiani hanno scelto come atten-zione prioritaria per il prossimo decennio: l’educazione. Il tema del Convegno sarà “Educazione: noi ci crediamo!”. Essodice chiaramente la prospettiva nella quale vogliamo inserirci:“noi ci crediamo”! Crediamo in Dio che ci chiama a prenderci cu-ra dei fratelli e delle sorelle; crediamo la Chiesa madre che ge-nera, accompagna, sostiene i suoi figli; crediamo che l’educazio-ne oggi sia possibile. La nostra fede è il motivo ultimo per il qua-le scegliamo d’impegnarci in questo cammino educativo.Ci guideranno nella riflessione monsignor Franco Giulio Bram-billa, Vescovo ausiliare della Diocesi di Milano, e il professorDuccio Demetrio, docente di Filosofia dell’educazione pressoL’Università degli studi Milano-Bicocca, ma anche alcuni mem-bri della nostra comunità cristiana che, come tanti di noi, sonoimpegnati quotidianamente con le giovani generazioni. Avremocosì modo di confrontarci anche con una coppia di genitori, unoperatore pastorale e un’insegnante attraverso una Tavola ro-tonda. Ogni Parrocchia invierà i propri delegati, ma sarà possi-bile invitare anche alcune figure non direttamente impegnate inessa che però lavorano nel campo educativo: insegnanti, presi-di, sindaci, assessori alla cultura o alle politiche giovanili. Nel-lo stile della sinodalità quest’anno il Vescovo non proporrà im-

mediatamente delleconsiderazioni a con-clusione del Convegnoma, convocato il Consi-glio pastorale diocesa-no per sabato 19 giu-gno, chiederà ai mem-bri di quest’ultimo unulteriore contributo diriflessione e di sintesisul materiale prodottodallo stesso. Infine, conl’aiuto di alcuni suoi piùdiretti collaboratori, eglidefinirà alcune lineeguida che verranno pro-poste alla Diocesi al-l’inizio del prossimo An-no pastorale.

Rudi Piccolo

CAMMINARE INSIEME CI RENDE CHIESA

CONVOCATI DALLO SPIRITOA san Michele (Aprilia) la Veglia dicoesana

EDUCAZIONE: NOI CI CREDIAMOTre giorni di Convegno diocesano

Dalle parrocchie 3

CONVEGNO A GENZANOEducazione: emergenza, sfida, speranza nel futuro

Chi è chiamato adeducare? Comepossiamo fare la

nostra parte? Una notapubblicità del passato ri-ferendosi ad un prodottorecitava: «Per molti manon per tutti». Oggi, par-lando di educazione,sembra proprio che loslogan vada ribaltato fa-

cendo subentrare la necessità di un coinvolgimento di tutta lacomunità cristiana nell’impegno educativo.A Genzano, nella Parrocchia della Santissima Trinità il 27 ed il28 maggio, si sono tenute due giornate di riflessione e dibatti-to sul tema del compito educativo con l’obiettivo primario di

sensibilizzare l’intera comunità parrocchiale intorno a tale te-ma, inteso non come possibilità per alcuni appassionati maquale dovere di una persona adulta in quanto tale, a maggiorragione se battezzata.Relatori per i due incontri sono stati la dottoressa Daniela No-tarfonso, Direttore del Centro diocesano Famiglia e Vita, e donGualtiero Isacchi, Direttore della Pastorale giovanile diocesana.Nella prima sera si è cercato di inquadrare la questione educa-tiva da un punto di vista prettamente cristiano, cercando di co-struire un comune punto di osservazione ed uno stile condiviso.Si è passati poi nella seconda sera a tratteggiare le modalità incui educa una comunità cristiana, stringendo il focus sull’orato-rio, considerato nei suoi molteplici aspetti e nelle tante finalità.Una preziosa occasione per ricordare il significato del nostro es-sere educatori.

Fabrizio Fontana

L’annuncio evangelico è sempre stato dinamico. Oggi,dopo quarant’anni dalla proposta d’innovazione del-la catechesi è bene ritornare alle origini e riflettere

sui passi fatti e confrontarsi sulle aspettative disattese nelpercorso. Noi catechisti della Parrocchia del Sacro Cuore diCiampino abbiamo voluto riflettere sul Documento di Base“Il rinnovamento della catechesi” che la Cei indirizzò nel1970 alle comunità, ai presbiteri ed ai catechisti. Con sca-denza settimanale, insieme al Parroco che ha promossol’iniziativa, ci confrontiamo sulla Lettera che la Cei inviò al-la Chiesa italiana nell’anniversario della sua pubblicazione.Dicevamo quarant’anni, al giorno d’oggi un tempo sufficien-te per decretare di una cosa la perduta freschezza e quasil’inattuabilità in un mondo cambiato. Invece è una letturaattuale che c’interroga profondamente in ogni sua parte everso la quale è necessario porre la massima attenzione,perché non ci sono passaggi banali o scontati. Ci pone nel-la condizione di ripensarci come catechisti e tentare di rin-novarci. Tra l’altro quest’incontri hanno portato come primofrutto un bisogno ulteriore di discernimento, per ascoltarciscambievolmente, che assolviamo incontrandoci a parte dalgiorno prefissato per la lettura e meditazione del messag-gio della Cei. Essa difatti è unaLettera che smuove idee, invi-ta al confronto, sprona versonuovi orizzonti e lancia sfideche appunto tenteremo di rac-cogliere in una sintesi che do-vrà portare, se non a un nuovo,perlomeno, a un migliore erinnovato approccio con la ca-techesi.

Antonio Rotondi

RINNOVAMENTO DELLA CATECHESIA Ciampino il Sacro Cuore riflette sul DdB

«Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiun-que crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3, 14-15).

L’in n a l z a -mento del-l’uomo e la

sua eterna giu-stificazione pas-sa soltanto attra-verso l’esperien-za sconcertante eallo stesso tempounica della croce.Solo chi sa im-mergersi nelleprofondità dellafragile natura umana sa rendersi conto di quanto l’opera di Dioci trascenda e ci trasformi.Il pellegrinaggio davanti alla sacra Sindone, esprime l’intentodell’uomo di poter, in qualche modo, “scorgere” una presenzagiustificante, ma allo stesso tempo ci consente di avvicinarci emeditare più profondamente il momento della Resurrezione.È proprio così... davanti alla Sindone, il mio pensiero ricorrente,quello più intenso e quasi pervaso da un intimo stupore infantileè stato quello di esclamare, più con la voce del cuore che conquella della lingua: «Se questa è la reliquia più importante dellacristianità… allora io sono felice e consapevole di poter dire confermezza e chiarezza: Tu, mio Signore, quel lenzuolo non lo haicontaminato con la morte in eterno! Tu, mio Signore, semplice-mente non hai voluto lasciare il tuo corpo avvolto dalle bende…io credo che tu realmente sei Risorto e hai ucciso la morte».Questa, credo, sia stata l’esperienza vissuta comunemente daipellegrini delle nostre due comunità parrocchiali, un’esperienzaviva, e profonda come è il suo amore per sempre.

Fabrizio Pianozza

INSIEME ALLA SINDONEDal 16 al 18 aprile san Bonifacio e san Giuseppe Artigiano

«Come Chiesa non risparmieremo energie morali néculturali al fine di partecipare a questo significativoanniversario», auspicando che rappresenti «una feli-

ce occasione per un nuovo innamoramento dell’essere italiani».Così, durante l’Assemblea generale della Cei, il Cardinale Ba-gnasco ha voluto ricordare l’importanza del 150° anniversariodell’Unità d’Italia, sottolineando come sia necessario ritrovarequel sentimento di appartenenza che nella popolazione sembrapassato in secondo piano, come dimostrano le statistiche.I sondaggi ci offrono un Paese abbastanza diviso, in cui si prefe-risce sbandierare il proprio localismo piuttosto che affermarel’orgoglio nazionale. Dopotutto l’Italia è il Paese dei Comuni e laradicalizzazione dello scontro politico, assieme agli effetti dellacrisi economica, ha portato in auge movimenti locali che riven-dicano l’autonomia di una regione piuttosto che di un territorio,arrivando sino ad auspicare la secessione. Ecco perché solo il 28

per cento degli italianialla domanda sullapropria appartenenzasceglie l’Italia, mentreil 27 per cento si dicecosmopolita e ben il45 per cento afferma ilproprio localismo. Ilsenso dell’unità nazio-

nale sembra quasi oscurato, anche se resta presente: quasi il 90per cento dei cittadini, infatti, si dice orgoglioso di essere italia-no e l’84 per cento giudica positivamente l’Unità d’Italia.Le statistiche mettono in luce segnali preoccupanti. Il 30 percento dei cittadini, infatti, considera il Sud come un peso e, fa-cendo riferimento solo gli abitanti delle regioni settentrionali, ildato sale sino ad arrivare quasi al 50 per cento. Di contro c’è l’at-teggiamento degli abitanti del Mezzogiorno, in particolare diquelli siciliani, che per il 46 per cento considerano la spedizionedei Mille come una conquista del Nord ai loro danni. Ben il 55per cento, poi, pensa che l’Unità d’Italia sia stata decisamentenegativa e penalizzante sotto il profilo economico per la Sicilia.Minoritario, ma comunque presente in misura preoccupante, un15 per cento d’italiani che ritiene sia un obiettivo utile e da per-seguire la divisione di Nord e Sud.Indro Montanelli scrisse di Cavour: «Solo dopo l’unificazione,Cavour scese a visitare Bologna, Firenze e Pisa, ma oltre l’Arnonon andò mai. E al ritorno disse al suo segretario: Meno maleche abbiamo fatto l’Italia prima di conoscerla». Sempre secon-do i sondaggi, l’orgoglio nazionale è incarnato dalla bellezza delpaesaggio, dal patrimonio artistico o dalla cucina, elementi si-curamente caratteristici ma che nulla hanno a che fare con laciviltà di un popolo.

Giovanni Mazzamati

un sondaggio rivelatore4

150 ANNI: UN’OCCASIONE PER RISCOPRIRSI ITALIANI

ITALIANO: UOMO ANCORA DA “FARE”Un sondaggio sembra smascherare alcune false illusioni

Sentirsi italiani: facile a dirsi. Eppure, pochi giorni fa treitaliani per bene sono morti per Kabul e per Bangkok.Morti da italiani. Due con la divisa degli alpini e l’altro

con una macchina fotografica a tracolla. I primi due in mis-sione di pace in un Paese martoriato come l’Afghanistan,l’altro per testimoniare con le sue foto quanto stava acca-dendo nelle strade della capitale tailandese. Tutti inseguen-do un ideale di libertà e di democrazia.

Quanto ci sentiamo italiani?Ecco, sentirsi italiani è anche questo, ma c’è tanta tiepidez-za attorno alle celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia(1861-2011). Qualcuno le subisce, qualcun altro sonnecchiae in pochi sono sinceramente convinti. Ora, ritrovarsi nel-l’una o nell’altra categoria non è indifferente, perché sot-tende un giudizio storico, una memoria se possibile condivi-sa, uno sforzo di analisi del presente. Il tutto, magari, sen-za gli occhiali deformanti dell’ideologia, ma con la consape-volezza che indietro non si torna, in nome di un sano reali-smo che dovrebbe contraddistinguere i cittadini di uno Sta-to moderno. Ma così, purtroppo, non è. Sembra quasi chel’opinione pubblica si voglia a tutti i costi dividere, ancorauna volta, in forme partigiane. Eppure, c’è qualcosa che do-vrebbe indurci a considerarci cittadini di un solo Paese, sen-za se e senza ma. E questo collante è certamente la consue-tudine a vivere insieme. A sorridere persino delle nostre di-

versità, ma a non considerarci mai nemici.Anzi, abbiamo imparato a conoscerci e avalutarci con severità, con tutti i nostri di-fetti nazionali e regionali. Mai, però, con lavoglia di dividerci. A maggior ragione daquando abbiamo maturato, soprattuttodopo Maastricht, la nostra coscienza dicittadini europei.Basta chiedere ai nostri giovani e giovanis-simi che hanno mille opportunità di viag-giare in Europa se si sentano più o menocittadini d’Italia. Il loro sguardo, magaridopo un periodo di studi all’estero conErasmus è già continentale, in barba a tut-ti i discorsi sulla secessione e le urla man-zoniane che hanno accompagnato il fede-ralismo. Basti pensare che il Ministro del-l’Interno che più di altri ha combattuto lemafie è nato a Varese ed è il numero due della Lega. Se Ma-roni ci libererà dalla criminalità organizzata meriterà unmonumento in tutte le piazze del Sud, altro che secessione.

Una risposta alla tiepidezzaMa allora dove sta il problema, perché tanta tiepidezza?Proviamo ad abbozzare una risposta convincente. Di sicuronon abbiamo una memoria condivisa sul processo di unifi-

un’unità da conquistare 5

150 ANNI: UN’OCCASIONE PER RISCOPRIRSI ITALIANI

«Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;noi abbiano sanzionato e promulghiamo quanto se-gue: il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi

Successori il titolo di Re d’Italia» (Torino, 17 marzo 1861).Con queste parole il Parlamento del Regno di Sardegna va-rava la sua Legge 4671, che di lì a pochi giorni, sarebbe di-venuta la Legge 1 del Regno d’Italia.È questo l’evento con cui la maggior parte degli storici fan-no iniziare la storia dell’Italia unita. Eppure già allora, più diqualcuno lasciava intendere che se di unità si trattava, eraancora puramente formale: «Fatta l’Italia, ora occorre faregli Italiani», sentenziava un attento Massimo D’Azeglio.Se sotto alcuni aspetti, la proclamazione del Regno d’Italiada parte dei Savoia coronava il sogno di tanti letterati e in-tellettuali, che fin da Dante Alighieri avevano immaginatoun solo Stato per il popolo italiano, la maggior parte dellapopolazione rimaneva ancora indifferente – quando non ad-dirittura velatamente pessimista – rispetto alle sorti delnuovo Stato.Ci vorranno ben due guerre mondiali e la dittatura fascistaper fare di popolazioni ancora profondamente diverse traloro – divise non solo da secoli di storie differenti, ma per-sino da lingue e dialetti spesso incomprensibili le une per lealtre – un unico popolo. E occorrerà anche l’apporto deinuovi strumenti di comunicazione di massa (la radio prima

e la televisione poi) per educare milioni di persone ad esse-re cittadini sovrani della nuova Repubblica, sorta all’indo-mani della guerra.Eppure la stessa Unità tanto faticosamente conquistata,prima formalmente e poi in maniera sostanziale, sembracontinuamente messa in discussione. Sarà forse a causa diun campanilismo – la cui origine si perde nel medioevo deiComuni – ancora dominante in ampie zone del Paese, opiuttosto a causa di uno sviluppo economico e sociale che,sin dalle origini, non ha avuto una distribuzione omogenea,creando una sorta di Italia a due velocità (Nord ricco e svi-luppato, Sud profondamente arretrato). Sarà per una certafatica a riconoscersi, al di là deglischieramenti ideologici vecchi enuovi, in una storia comune. Op-pure, infine, per un processo diglobalizzazione che crea nuovi le-gami e ne spezza di vecchi. Maga-ri sarà per l’insieme di tutti questimotivi, che mai come oggi, l’Unitàd’Italia sembra più che un datoacquisito una volta per tutte, unobiettivo nobile da riconquistare.

Luca Vita

UN’UNITÀ DA CONQUISTAREIniziata formalmente nel 1861 è oggi messa in discussione

cazione dell’Italia e soprattutto abbiamocostruito un Paese a due velocità. Non so-no pochi gli intellettuali, a Nord come aSud che, pur con linguaggi diversi, parlanodi secessione di fatto. Se, infatti, in questiultimi anni si è ulteriormente allargato ildivario fra Nord e Sud e se centinaia di mi-gliaia di giovani meridionali hanno ripresoil flusso migratorio verso le regioni setten-trionali, è evidente che si fa fatica a festeg-giare l’Unità d’Italia.

Integrazione o secessione?Oggi gli storici s’interrogano sul tasso difederalismo di Cavour e sul suo vero giudi-zio sulle plebi del Sud. Piuttosto sarebbeutile, per tutte le classi dirigenti, non con-tribuire a suonare la peggiore musica pos-

sibile: «L’Italia senza tre regioni del Sud (Campania, Siciliae Calabria) sarebbe oltre la media del reddito europeo, conla Lombardia al top nel continente». Se fossimo dei lombar-di, soprattutto in una contingenza di crisi finanziaria comequesta, cosa penseremmo? Meglio mollare l’Italia. Sarebbepersino difficile biasimarli, ma la Germania che la sua divi-sione l’ha subita dopo la Seconda guerra mondiale, certa-mente farebbe fatica a capirci. Ecco perché abbiamo un’oc-

casione unica perritrovare le ragionidell’unità. Magariripartendo da unasola considerazio-ne: questi ultimi150 anni sonoquelli dello Statounitario, ma comepopolo quanti anniabbiamo alle spal-le? Secoli e secoliin cui abbiamomodellato il nostrocarattere naziona-le e regionale. Si-curi che non valgala pena trasforma-re queste celebrazioni in una grande festa del popolo italia-no? Non solo come frutto di un tragitto storico, ma anchecome un percorso antropologico unico e irripetibile sullascena mondiale? Non dobbiamo avere dubbi: la risposta alnostro stare insieme sta tutta nella nostra antropologia.

Domenico delle Foglie,Direttore di piuvoce.net e Giornalista di Avvenire

primo piano6

DON GIOVANNI LOVROVICHDalla Dalmazia una grande passione per Dio e per la cultura

Un uomo di Chiesa e un uomo di cultu-ra, ma soprattutto un uomo di Dio, ca-pace di accudire con amore la comuni-

tà dei fedeli che gli era stata affidata. Umilee deciso al tempo stesso, attento osservato-re e disponibile ascoltatore, monsignor Gio-vanni Lovrovich ha scritto per quasi quaran-ta anni pagine importanti della storia dellacittà di Marino. E non solo in senso figurato,dal momento che, oltre a testi di caratterestorico, diede alle stampe Lo vedi ecco Mari-no 1981, una monografia su quella che ama-va definire la sua seconda patria, scritta aquattro mani con Franco Negroni.Il ricordo di don Giovanni parte dal ricordo vi-vo, affettuoso e commosso dei fedeli dellaBasilica di San Barnaba in Marino, dove il sa-cerdote nato a Sebenico (Croazia) il 20 feb-braio 1915 e ordinato sacerdote il 26 giugno1938, giunse nel 1950 nominato dall’alloraCardinale Vescovo di Albano Giuseppe Piz-zardo. Nel 1954, monsignor Lovrovich diven-ne Abate Parroco di San Barnaba, rimanen-dovi fino al 1989, prima di ritirarsi nella Casadei Sacerdoti presso il seminario di AlbanoLaziale, dove morì l’11 luglio del 1998.

Uomo amato dal clero e dai laiciFu per l’impegno suo e dell’onorevole Zacca-ria Negroni che venne restaurato e ampliatol’oratorio parrocchiale San Barnaba e messiin opera importanti lavori nella Basilica stes-

sa. Nel 1963 Papa Giovanni XXIII nominò don Giovanni Came-riere segreto soprannumerario e nel 1980 Giovanni Paolo II lonominò Prelato ordinario. Inoltre, sotto la sua guida pastoralefiorirono numerose compagnie teatrali, e fu lui a riscoprire lafigura di Giacoma Frangipane dei Settesoli, nobildonna roma-na cara a san Francesco di Assisi (che la chiamava affettuosa-mente frate Jacopa), a testimonianza della duplice passione dimonsignor Lovrovich, per Dio e per la cultura. E nel decenna-

le dalla suamorte, l’11 lu-glio 2008, è statadedicata al sa-cerdote la scali-nata che collegapiazza San Bar-naba a via Giu-seppe Garibaldi,inaugurata neglianni ‘60 dallostesso don Lo-vrovich.

La testimonianza del Vescovo Dante Bernini«All’inizio, forse –racconta monsignorDante Bernini, Ve-scovo ausiliare di Al-bano (1971-1975) epoi Vescovo ordina-rio (1982-1999) – ifedeli marinesi lohanno accolto consorpresa e pruden-za. Poi ne hannoscoperto la disponi-bilità al dialogo e alservizio della comu-nità cristiana e alla rispettosa collaborazione con la società ci-vile. Con il trascorrere degli anni ne hanno avvertito il suo ve-ro spirito pastorale. Ne hanno ammirato l’attenta cura a rac-cogliere documenti e a scrivere su Marino e la sua storia, civi-le e cristiana. Io ho imparato da don Giovanni come ci si pre-para all’incontro con “il Signore Gesù che viene”. I suoi ultimigiorni, vissuti nella fede e nella preghiera, sono stati un inse-gnamento che spero di non dimenticare».

LE PAROLE DEL NEO PARROCOA testimonianza della fermezza e dell’umiltà di don Giovan-ni Lovrovich, le parole pronunciate dal sacerdote ai fedelimarinesi, dopo la nomina a Parroco di San Barnaba, nel1954: «Miei cari parrocchiani, la divina Provvidenza si è ser-vita degli avvenimenti di una guerra per trasferirmi dallalontana Dalmazia qui a Marino, adagiata su questi colli Ro-mani che cingono di verde la Città eterna, cuore della Cri-stianità. Ho ritrovato tante anime generose e quello stessocalore spirituale della prima famiglia purtroppo dispersadalla furia del conflitto. Rivivo nel ricordo del 14 settembredi questo anno, quando in ginocchio vicino al suo letto di do-lore, raccolsi l’ultimo respiro dell’Abate morente. In quelgiorno – Esaltazione della Croce – ereditavo, in virtù del De-creto della Dataria Apostolica, la responsabilità delle animevostre. Per oltre quattro decenni monsignor Grassi vi guidòcon ardente zelo apostolico. Confidando nell’aiuto del SacroCuore di Gesù e nella protezione del Cuore Immacolato diMaria, mi sforzerò di seguire l’esempio del mio illustre pre-decessore e di impegnare le mie deboli forze alla vigile pre-senza di questa diletta Parrocchia di San Barnaba. Sapendobene che senza la Grazia divina non posso fare nulla e chetutto è possibile in Colui che mi sorregge, mi rivolgo a voi,cari marinesi, per invocare la vostra preghiera e il vostro ap-poggio. Quale il programma che mi propongo ora che sentopiù direttamente l’impegno di provvedere alla vostra salutespirituale? Il primo impegno: l’istruzione religiosa che dif-fonde la luce della fede e fuga le tenebre dell’ignoranza».

di Giovanni Salsano

milleflash 7

Famiglia e oratorio, insieme in festaUn’occasione per fe-steggiare insieme e ri-flettere sul servizio edu-cativo: è il senso dellaGiornata diocesana dellafamiglia e degli oratori,in programma il 2 giu-gno all’oratorio “PierGiorgio Frassati” di Nuo-va Florida (Ardea). Previ-

ste anche le premiazioni del torneo diocesano di calcio a 5“Oratorio Cup”, che ha coinvolto circa 600 giovani atleti e 100adulti come educatori sportivi. Al Convegno diocesano 2009 ilVescovo Marcello Semeraro aveva posto le nuove generazionie i nuclei familiari come priorità per l’azione pastorale e l’ora-torio parrocchiale come strumento privilegiato per un’educa-zione globale della persona.

a cura di LAURA BADARACCHI

Il Vescovo scrive ai catechistiUna lettera alle catechiste e aicatechisti per ringraziarli ed«esortarli ad avere coraggio, anon lasciarsi intimorire dalledifficoltà che l’esercizio di que-sto ministero comporta». Ascriverla è il Vescovo, MarcelloSemeraro, in occasione del 40°anniversario del DocumentoBase Il rinnovamento della ca-techesi. Un Ministero per edu-care nella Fede, il titolo dellamissiva in cui il Pastore della nostra Diocesi scrive: «Educa-tori nella fede non ci s’improvvisa. Non ci sarà mai un pro-fondo rinnovamento dell’azione pastorale – e con essa dellacatechesi – senza un rinnovamento degli operato richiama-ti a esercitare le specifiche ministerialità».

Frascati, immagine della Sindone al laserRiprodurre in laboratorio, imprimendola solo sulla parte piùesterna del tessuto, un'immagine di una colorazione similea quella della Sindone di Torino, l'unica al momento che hala stessa caratteristica di superficialità dell'originale: a rag-giungere questo importante risultato, fino a questo momen-to ritenuto impossibile, sono stati i ricercatori dell'Enea diFrascati, utilizzando degli speciali laser. I risultati del lorostudio sono stati pubblicati sul Journal of Imaging Scienceand Technology. Diversi finora i tentativi della comunitàscientifica, che aveva utilizzato metodi chimici a contatto co-me coloranti, acidi, polveri, vapori.

Reintegrate le tariffe postali agevolateTornano, anche se solo perl’editoria non profit, le tariffepostali agevolate che per tut-to il mondo dell’editoria era-no stati soppresse con il De-creto interministeriale del 1°aprile scorso. Lo stanzia-mento del governo per ga-rantire il ripristino delle ta-riffe nel 2010 per le Onlus èpari a 30 milioni di euro. L’emendamento indirizza il be-neficio ai soli giornali editi da associazioni e organizza-zioni senza scopo di lucro, escludendo esplicitamente igiornali di partito e la pubblicazione degli organi profes-sionali o dei sindacati, mentre le agevolazioni non do-vranno superare il 50 per cento della tariffa ordinaria.

“Giornalisti nell’erba”:premiati piccoli cronisti “verdi”Si è conclusa il 22 maggio,con la premiazione a Mon-te Porzio Catone, la IV edi-zione del concorso nazio-nale per bambini e ragazzi“Giornalisti nell'erba”, or-ganizzato dall’associazio-ne “Il Refuso”. I 2.548 “pic-coli, verdi, reporter” parte-cipanti – da soli, in gruppo o con la classe – si sono sfidati datutta Italia con articoli, Tg, giornali scolastici, cartelloni e di-segni, parlando di sole e acqua in oltre 400 modi diversi. Su 17regioni che hanno aderito all’iniziativa, il Lazio ha conquistatoil 3° posto con 330 partecipanti; fra i concorrenti “veterani”,alcune scuole di Albano e Grottaferrata.

Dispersione scolastica? C'è una “seconda opportunità”Ogni anno circa 8 mila adolescenti della provincia di Roma –stranieri nel 50 per cento dei casi – abbandonano i percorsiscolastici “tradizionali”. E fanno richiesta di formazione obbli-gatoria alla Scuola della seconda opportunità, progetto attivoda un decennio che mette insieme le scuole, i Centri territo-riali di formazione professionale e i Centri dell’impiego. I ra-gazzi con più di 16 anni senza la licenza media inferiore ven-gono aiutati da tutor e psicologi a conseguirla e ad intrapren-dere un iter formativo. Dopo una bocciatura o un'esperienza didisagio sociale, un mancato inserimento, l'abbandono deibanchi è forte e, purtroppo, in aumento.

03 GIUGNOCORPUS DOMINI in DiocesiNella Basilica Cattedrale di San Pancrazio (Alba-no) alle ore 18.30 il vescovo presiederà la Cele-brazione Eucaristica e la Processione in occasio-ne della Solennità del Corpus Domini.

05 GIUGNOOrdinazione presbiteraleLa comunità religiosa degli Oblati della Madonnadel Rosario annuncia il lieto evento dell’ordina-zione sacerdotale dei due diaconi Alejandro deJesus Ceballos e Juan Carlos Alegria Gonzalez,per le mani di Sua Eccellenza monsignor Marcel-lo Semeraro alle ore 18.00 nella Basilica Catte-drale di Albano.

06 GIUGNOCORPUS DOMINI, solennità

07-09 GIUGNOConvegno pastorale diocesanoOre 18.30-21.00 presso il Centro Mariapoli diCastelgandolfo. Oltre a tutti i sacerdoti, sonoparticolarmente invitati i membri dei Consiglipastorali parrocchiali e i rappresentanti di asso-ciazioni, gruppi, movimenti e organismi eccle-siali della Diocesi.

11 GIUGNOSACRO CUORE DI GESÙGiornata di santificazione sacerdotale

17 GIUGNOConclusione ufficiale dell’Anno Pastorale

A conclusione dell’Anno pastorale, tutti i sacer-doti della Diocesi si trovano con il Vescovo peruna giornata di preghiera e riflessione su tema-tiche sacerdotali. L’incontro si svolgerà pressoSeminario vescovile dalle ore 09.30. Guida il car-dinal Angelo Comastri.

19 GIUGNOConsiglio pastorale diocesanoI membri del Consiglio pastorale diocesanosono convocati al terzo ed ultimo incontro or-dinario di quest’anno pastorale che si terràpresso il teatro del Seminario vescovile a par-tire dalle ore 09.30.

21-25 GIUGNOItinerario di fede e cultura per giornatedi comunione presbiterale - primo gruppoIn questi giorni il primo gruppo di sacerdoti par-tirà verso la Calabria e la Sicilia.

26 GIUGNORiunione dei Direttori degli Uffici pastoralidella CuriaI direttori degli Uffici pastorali sono convocatiall’incontro mensile che si terrà presso la saladi riunione della Curia vescovile a partire dal-le ore 10.00.

27 GIUGNOGiornata della Carità del Papa

29 GIUGNOSANTI PIETRO E PAOLO, solennità

30 GIUGNOPRIMI MARTIRI DELLA CHIESA ROMANAE DELLA CHIESA DI ALBANO

appunti8

APPUNTAMENTI

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Ogni giorno 38 mila sacerdoti diocesani annunciano il Vangelo nelle parrocchie tra la gente, offrendo a tutti carità, conforto e speranza. Per continuare la loro

missione, hanno bisogno anche del tuo aiuto concreto: di un’offerta per il sostentamento dei sacerdoti. Queste offerte arrivano all’Istituto Centrale Sostentamento

Clero e vengono distribuite a tutti i sacerdoti, specialmente a quelli delle comunità più bisognose, che possono contare così sulla generosità di tutti.

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I sacerdoti aiutano tutti.Aiuta tutti i sacerdoti.

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L’offerta è deducibile:Per chi vuole, le offerte versate a favore dell’Istituto Centrale

Sostentamento Clero sono deducibili fino ad un massimo

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Reg. n. 13/08 del 08.05.2008 presso il Tribunale di Velletri

Direttore Editoriale: Mons. Marcello SemeraroDirettore responsabile: Dott. Fabrizio Fontana Coordinatore di redazione: Don Alessandro Paone

Hanno collaborato:Laura Badaracchi, Domenico Delle Foglie, Marco Iacobel-li, Gualtiero Isacchi, Alessandro Mancini, Giovanni Mazza-mati, Antonello Palozzi, Fabrizio Pianozza, Jourdan Pin-heiro, Rudi Piccolo, Antonio Rotondi, Giovanni Salsano,Luca Vita.

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Questo numero è stato chiuso il 27.5.2010

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Mensile di informazione dellaDiocesi Suburbicaria di AlbanoAnno 3, numero 22 - maggio 2010