Un’esperienza di didattica laboratoriale nella scuola...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO Facoltà di Scienze della Formazione Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria Indirizzo Scuola Primaria Un’esperienza di didattica laboratoriale nella scuola primaria sui grafici di funzione. Tesi di laurea di: Fiorella Rallo Matr. 0457535 Relatore: Prof.re Filippo Spagnolo Anno accademico 2007/2008 Sessione straordinaria

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO Facoltà di Scienze della Formazione

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria Indirizzo Scuola Primaria

Un’esperienza di didattica laboratoriale nella scuola primaria sui grafici di

funzione.

Tesi di laurea di: Fiorella Rallo Matr. 0457535 Relatore: Prof.re Filippo Spagnolo

Anno accademico 2007/2008 Sessione straordinaria

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A mio nonno Michele

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Indice INTRODUZIONE pag. 5 CAP. 1° Considerazioni epistemologiche e didattiche 1.1 Analisi storico-epistemologica - La storia della Matematica

per la didattica della Matematica pag. 8 1.2 Analisi storico-epistemologica del concetto di funzione e delle

sue rappresentazioni pag. 14 1.3 Analisi delle Indicazioni Ministeriali pag. 19 1.4 Analisi dei libri di testo pag. 20 CAP. 2° Quadro di riferimento teorico 2.1 Embodiment pag. 37 2.2 Neuroni Specchio pag. 43 2.3 Costruttivismo pag. 46 2.4 Didattica laboratoriale pag. 48 2.5 Microcomputer-Based Laboratories (MBL) pag. 52 2.6 Teoria delle situazioni di Brousseau per l’analisi

dei dati pag. 55 2.7 Analisi statistica implicativa pag. 57 CAP. 3° Progettazione e collocazione del lavoro sperimentale 3.1 Collocazione dell’esperienza pag. 62 3.2 Progettazione didattica pag. 63 CAP. 4° Analisi del lavoro sperimentale 4.1 Analisi qualitativa dell’attività didattica pag. 72 4.2 Analisi del test pag. 92 CAP. 5° Conclusione e problemi aperti pag. 106 Ringraziamenti pag.110 Appendice pag. 111

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Bibliografia pag. 157

Sitografia pag. 160

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Introduzione

Il seguente lavoro di ricerca ha avuto come scopo quello di introdurre gli allievi di una quarta classe della Scuola Primaria ai concetti di moto e rappresentazione grafica in modo da passare dall’osservazione dall’esperienza concreta alla comprensione del linguaggio simbolico: il grafico Cartesiano. Le attività svolte si sono basate sullo studio dei grafici spazio-tempo prodotti in tempo reale attraverso l’uso di un sensore di movimento interfacciato con un computer. Questo strumento rileva istante dopo istante, tramite l’emissione e la ricezione di ultrasuoni, le distanze dei corpi di fronte ad esso e trasmette le misurazioni al computer che facendo uso di un opportuno software (chiamato Data Logger) visualizza i dati in tabelle ed in grafico cartesiano.

Lo scopo guida della ricerca sperimentale è stato quello di sottolineare i progressi degli alunni riguardanti la lettura e la comprensione di grafici di funzioni, attraverso attività didattiche in laboratorio, facendo uso del sensore di movimento (Lo Cicero, 2008).

La mia ricerca sperimentale ha avuto inizio dalla seguente domanda di ricerca:

Quali sono le conoscenze spontanee che i bambini possiedono riguardo la lettura e la comprensione di grafici?

Di conseguenza, in base al lavoro che ho svolto nasce anche un’ipotesi di ricerca:

SE si utilizza il sensore di moto per imparare a leggere, comprendere e produrre grafici spazio-tempo, con l’approccio metodologico dell’apprendimento per scoperta,

ALLORA gli studenti riusciranno ad acquisire abilità e conoscenze relative alla lettura, comprensione e produzione di grafici di funzione qualsiasi.

In particolare, i risultati di questo lavoro di ricerca hanno mostrato un completo recupero della lettura delle coordinate di un

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punto sul piano cartesiano. Inoltre si sono evidenziati progressi nella lettura dei massimi e minimi assoluti, dell’ampiezza degli intervalli e dei tratti con maggiore grado di crescita, in un grafico di funzione di tipo statistico.

La scelta di tale argomento di ricerca nasce dalla considerazione che se ci ispiriamo alle matematiche moderne, non possiamo escludere gli studenti della scuola Primaria dalla conoscenza del primo e fondamentale concetto di queste matematiche: il concetto di funzione, che può considerarsi come il filo conduttore di varie teorie.

Il non portare tutti questi argomenti nella scuola, il non parlare di corrispondenza, di relazione, di funzione, tiene lontani i bambini dalle nozioni di base delle matematiche moderne e ciò significa estraniarsi dagli interessi vivi di essi.

Fino a pochi anni fa, si pensava che il concetto di funzione, portando il pensiero su ciò che varia, sullo studio delle operazioni e delle trasformazioni, potesse turbare la coscienza del bambino a cui si preferiva presentare un mondo perfetto ed immutabile. Tali idee cadono, poiché vi è una stretta collaborazione fra il corso di matematica e quello di osservazioni scientifiche, arrivando ad un giudizio quantitativo, oltre che qualitativo, dei fenomeni della natura.

Questa tesi ha avuto come obiettivo quello di progettare, sperimentare ed analizzare un’attività di didattica-laboratoriale in cui l’introduzione del concetto di funzione avvenisse dal punto di vista grafico, rimandando un approccio analitico agli ordini di scuola superiori.

In questo mio lavoro affronterò nel Cap. 1 delle considerazioni epistemologiche e didattiche, relative alla storia della Matematica per la sua didattica, inerenti il concetto di funzione e le sue rappresentazioni, continuerò con un’analisi delle Indicazioni Ministeriali e concluderò con un’analisi dei libri di testo. Nel Cap. 2 tratterò il quadro di riferimento teorico che mi ha guidata nel mio lavoro di ricerca, che ha trovato le basi nella Teoria dell’Embodiment e nel pensiero metaforico di Lakoff &

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Núñez, nei numerosi lavori intorno all’uso di Microcomputer-Based Laboratories (MBL) e nella Teoria delle situazioni di Brousseau per quanto concerne la metodologia sperimentale. Il Cap. 3 farà riferimento alla mia sperimentazione: un lavoro che ha avuto la durata di quasi un anno e che è stato sperimentato con alunni frequentanti la quarta classe della Scuola Primaria. Nel Cap. 4 sarà effettuata l’analisi qualitativa dell’attività didattica, del pre e post-test e l’analisi statistica implicativa di questi ultimi. Il Cap. 5, infine, comprenderà i risultati del lavoro sperimentale e i problemi aperti.

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CAP. 1° Considerazioni epistemologiche e didattiche 1.1 Analisi storico-epistemologica - La storia della Matematica per la didattica della Matematica

La posizione delle matematiche e sulle matematiche dalla fine dell’Ottocento ad oggi è cambiata e per tale motivo è di fondamentale importanza interpretare il ruolo che le varie posizioni hanno assunto e assumono tutt’ora sull’insegnamento delle matematiche.

Si può ritenere con buona approssimazione che il problema dei fondamenti della matematica sia stato sollevato solo nel XIX secolo. È infatti una delle peculiarità della matematica di questo secolo l’analisi critica dei numerosi risultati ottenuti nei secoli precedenti, e tale analisi non poteva prescindere dalla ricerca del rigore logico che a sua volta coinvolgerà una riflessione sulla natura del pensiero e degli enti matematici. Un primo passo verso le indagini sui fondamenti della matematica non viene quindi da un interesse di tipo meramente filosofico, ma da una necessità di tipo matematico.

In questo contesto si inserisce il riduzionismo ottocentesco, il tentativo cioè di ridurre, tramite definizioni, nozioni complesse a nozioni più semplici.

È possibile individuare due modi di vedere l’attività matematica nella cultura di tipo classico, poiché da un lato è presente la teoria di Platone basata sulla concettualizzazione, di fondamentale importanza per la “matematizzazione della realtà”; dall’altro lato, troviamo Aristotele, il quale tramite l’organizzazione logica bivalente, caratterizza il modo di argomentare all’interno della cultura occidentale.

Il primo linguaggio nella storia della matematica è rappresentato dalla geometria euclidea, che permetterà di fare un passo avanti tramite lo strumento della dimostrazione per assurdo. Il paradigma della matematica in questo momento è relativo alla geometria euclidea attraverso tre significati:

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• come rappresentazione del mondo fisico; • come modello della logica bivalente ed a sua volta modello di riferimento dell’argomentare nella cultura occidentale; • come sistema ipotetico-deduttivo. L’ultimo significato porta ad una consapevolezza maggiore di tale paradigma nella comunità occidentale scientifica.

Solo nel 1200 nel mondo occidentale, l’algebra viene acquisita con Fibonacci ed avrà una maturazione di 600 anni prima di essere riorganizzata come linguaggio autonomo e definito da un punto di vista grammaticale.

A partire dal ‘900, quando si cercherà di cominciare a sistematizzare i linguaggi matematici, il paradigma protenderà verso un cambiamento. Attraverso la crisi dei fondamenti, la consapevolezza dei linguaggi matematici comincia a prendere corpo e si ha una prima sistematizzazione delle matematiche.

A tal proposito, vengono individuate tre aree di pensiero, che corrispondono ai diversi modi di sistematizzare le matematiche e si assiste ad una sistemazione del concetto di infinito all’interno dei vari linguaggi matematici. Troviamo il logicismo, dove la matematica si riconduce alla logica. Nel 1884 Frege pone il problema della fondazione dei numeri naturali entrando in contrasto con Kant e tentando di dimostrare il carattere analitico dei giudizi aritmetici. Frege ha avuto il merito di aver stabilito un legame tra matematica e logica. L’analisi della nozione di numero naturale fu l’ulteriore grande passo di carattere fondazionale del XIX secolo. Grazie ai lavori di Gottlob Frege (1848-1925), che cerca di ricondurre l’aritmetica a principi puramente logici e di George Cantor che sviluppa una nuovissima teoria degli insiemi e dei numeri transfiniti si può dire che è possibile fondare la teoria dei numeri naturali sul concetto di insieme. Il logicismo venne anche affrontato da Russel che mise in evidenza il paradosso sugli insiemi. Gli elementi che caratterizzano il logicismo sono: l’accettazione dell’infinito in atto e l’uso indiscriminato della dimostrazione per assurdo.

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Bertrand Russell (1872-1970) nel suo famoso paradosso aveva evidenziato come potessero nascondere insidie anche principi, o addirittura lo stesso apparato logico deduttivo, che intuitivamente saremmo propensi ad accettare. Veniva dunque meno il ruolo fondante dell’intuizione (di numero naturale o di insieme) come base della costruzione matematica. A questo problema vennero date varie soluzioni che sostanzialmente rendevano meno arbitrario l’uso del principio di comprensione. Riguardo a tali soluzioni è importante sottolineare che spesso possono essere messe in stretta relazione con concezioni filosofiche diverse che avevano cominciato a delinearsi anche indipendentemente dal problema della non contraddittorietà.

L’altra corrente di pensiero è rappresentata dal formalismo, il cui esponente è Hilbert (1862-1943). Egli inserisce la dimostrazione negli oggetti matematici e la teoria assiomatica degli insiemi, dove l’infinito diventa un assioma. Secondo Hilbert una teoria matematica poteva dirsi “fondata” quando se ne fosse dimostrata la coerenza, cioè la non contraddittorietà. L’esclusione dell’evidenza intuitiva dai criteri fondanti di una teoria matematica ampliava notevolmente il numero di teorie “accettabili”, come del resto già avveniva per le geometrie non euclidee e l’algebra astratta del XIX secolo, dove le proprietà delle strutture studiate erano spesso generalizzazioni ed astrazioni alle quali non corrispondeva un immediato significato intuitivo. Nella visione di Hilbert tuttavia continuavano ovviamente ad esistere teorie intuitivamente più o meno interessanti, ma il criterio fondante rimaneva comunque la coerenza. Bisognava dunque dimostrare che gli assiomi della teoria considerata non consentivano deduzioni che si concludessero con una proposizione e la sua negazione e, in base alle difficoltà messe in luce dal paradosso di Russell, ciò si poteva realizzare solo attraverso un controllo completo dell’apparato deduttivo, cioè di tutti quei meccanismi che permettono di “fare dimostrazioni”. Doveva dunque essere precisata la struttura, cioè la forma, di tutte

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le assunzioni poste alla base della teoria, tra cui gli assiomi, e la struttura che devono avere tutti i procedimenti che permettono di passare dagli assiomi a nuovi risultati, cioè i teoremi.

Infine, l’intuizionismo dove l’esponente maggiore è rappresentato da Brouwer, che accettava una matematica finitista, vale a dire: la non accettazione delle dimostrazioni per assurdo e la non accettazione dell’infinito in atto. Tale corrente ha avuto il pregio di mettere in evidenza le parti della matematica che potevano essere costruite seguendo questi due principi.

Queste tre correnti di pensiero avevano messo in evidenza i problemi legati al rapporto logica-linguaggio nel momento in cui dovevano definire l’infinito, infatti, esso consente alle matematiche di procedere in modo agevolato per risolvere varie tipologie di problemi.

Bisognava superare queste posizioni e Hao Wang sostiene che nella seconda metà del ‘900 sono confluiti nella metalogica: il metodo assiomatico, la logica e la semiotica.

Nel metodo assiomatico saranno studiati i modelli sintattici e i modelli astratti. Nella logica vi è un calcolo del predicati del 1° ordine e lo studio dei sistemi formali e linguaggi formali in genere. La semiotica è la scienza dei segni e dei linguaggi strutturata in:

• sintassi dove si studiano le relazioni tra le espressioni; • semantica dove si analizzano le espressioni e i loro

significati; • pragmatica dove si interpretano i segni con riferimento a

chi usa il linguaggio (Spagnolo, 1998). Agli inizi del ‘900 l’associazione Mathesis riteneva

indispensabile la pubblicazione di una “Enciclopedia delle matematiche elementari”, con lo scopo di diffondere la cultura delle matematiche. Oltre a presentare le matematiche elementari, sono trattati argomenti riguardanti la storia delle matematiche e questioni pedagogiche e didattiche.

Le matematiche elementari rappresentano le mediazioni tra il sapere sapiente della ricerca e il sapere da insegnare. Vengono

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messe in evidenza due questioni: l’indirizzo storico-epistemologico ed il problema della trasposizione didattica. Brusotti spiega come ogni volta che si vuole trasformare la dottrina in cultura o in abito e facoltà delle menti, si è condotti a vedere metodi e problemi nella loro evoluzione storica. Ragion per cui la didattica, che ha dismesso gli abusi del logicismo, apprende davvero a superare il periodo di una critica troppo arida, senza ricadere nei vecchi errori. Tramite l’intervento di Brusotti viene chiarito il passaggio tra sapere sapiente e sapere da insegnare e viene presentato l’insegnamento della matematica nei suoi aspetti culturali, analizzando gli specifici indirizzi di scuola ed i metodi di insegnamento. È di fondamentale importanza sottolineare la relazione tra la lingua naturale e il linguaggio delle matematiche: il linguaggio delle matematiche, soprattutto nella scuola primaria, a differenza del linguaggio scientifico in generale, attinge al linguaggio comune, attribuendo alle parole significati convenzionali, in cui l’ente matematico risultava per astrazioni da oggetti aventi denominazioni diverse e di cui una sola di queste veniva assunta in senso astratto. Tale considerazione tra linguaggio naturale e matematico sottovaluta il fatto che l’apparente somiglianza tra i due tipi di linguaggio può portare ad alcuni problemi, poiché la conoscenza di un termine non corrisponde, necessariamente, alla comprensione del concetto.

Il processo di adattamento della conoscenza matematica in conoscenza per essere insegnata viene espresso da Chevallard tramite il concetto di trasposizione didattica. Il primo passo consiste nel passaggio dal sapere matematico al sapere da insegnare, che necessita la ricontestualizzazione del concetto in esame, dal contesto matematico al contesto curricolare. Successivamente all’introduzione del concetto, questo viene acquisito dall’allievo ed entra a far parte delle sue conoscenze e competenze (Chevallard, 1985 in D’Amore, 1999).

Per quanto riguarda l’analisi epistemologica della matematica, i riferimenti più significativi vengono trovati nel

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lavoro di Enriques sulla geometria euclidea e le questioni riguardanti le matematiche elementari, nel lavoro logico-epistemologico di Peano e in quello di Veronese sui fondamenti della geometria.

Riferirsi all’analisi epistemologica vuol dire connettersi alla sistematizzazione che è stata data all’interno dei linguaggi matematici. Tale sistematizzazione non è unica, ma vengono scelti opportuni sistemi di assiomi e quindi modellizzazioni. Però non è solo la scelta di una sistematizzazione che fornisce la sicurezza dell’analisi epistemologica, ma è fondamentale tener presente tutte le possibili sistematizzazioni e le rappresentazioni epistemologiche intese come rappresentazioni dei percorsi conoscitivi di un particolare concetto matematico. Tutto ciò darà la possibilità di analizzare i vari percorsi di insegnamento ed apprendimento a priori.

È da sottolineare che esiste una differenza tra analisi epistemologica ed analisi storico-epistemologica. Quest’ultima, infatti, si differenzia da quella epistemologica poiché cerca di ricostruire, attraverso l’indagine storica, i linguaggi della matematica. Tale lavoro viene effettuato tramite due soluzioni: • attraverso percorsi che individuino la riorganizzazione della grammatica del linguaggio. A proposito, si può pensare alle geometrie non euclidee o alla preparazione della continuità di una funzione di variabile reale; • attraverso il recupero di significati dimenticati, come ad esempio gli algoritmi che riguardano le 4 operazioni elementari (Spagnolo, 1998). Quindi, ripercorrere il profilo storico di una concezione matematica fino al ‘900 può avere due strade. Da un lato, se l’oggetto matematico è integrato stabilmente negli elementi di Euclide interviene prima l’analisi sintattica del linguaggio per poi passare ad interpretazioni successive del concetto nella storia. Dall’altro lato, se l’oggetto è stato ispirato dagli elementi però non è integrato con essi, allora si cercherà di comprendere come

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si sono evoluti i suoi significati fino a giungere alla riorganizzazione sintattica, vale a dire come l’oggetto ha contribuito alla formazione di un nuovo linguaggio matematico.

1.2 Analisi storico-epistemologica del concetto di funzione e delle sue rappresentazioni

L’interesse per i problemi relativi al moto dei corpi è stata una costante delle ricerche scientifiche, in tutta la storia dell’umanità. In particolare, questi interessi furono al centro delle ricerche nel XVII secolo, per alcuni motivi specifici, quali: • la teoria di Keplero, ormai accettata, che afferma che i pianeti si muovono su orbite ellittiche di cui il Sole è uno dei fuochi, è approssimata (sarebbe esatta solo nel caso di interazione fra due corpi, ossia il Sole e il pianeta, senza i “disturbi” causati dalla presenza degli altri pianeti). Era quindi aperto il problema di migliorare la determinazione e il calcolo delle posizioni dei pianeti nel loro moto attorno al Sole; • la politica di espansionismo economico degli europei rendeva necessaria la determinazione di metodi accurati per la determinazione della latitudine e, soprattutto, della longitudine, per la quale si utilizzava, già dal 1514, la direzione della Luna rispetto alle stelle. Una miglior conoscenza dell’orbita della Luna sembrava quindi importante per migliorare la determinazione della longitudine e molti scienziati, fra cui Newton, lavorarono su questo problema; • la spiegazione dei moti della Terra, quello di rotazione attorno al proprio asse e di rivoluzione attorno al Sole. Si doveva inoltre spiegare perché i moti dei proiettili avvenivano come se la Terra fosse ferma; non si deve pensare che il moto dei proiettili fosse una questione secondaria: all’epoca la gittata di un proiettile e la massima altezza che poteva raggiungere in dipendenza dell’angolo di tiro e della velocità iniziale erano questioni di fondamentale importanza che portavano a investimenti enormi da parte degli Stati;

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• la richiesta di misure più precise del tempo, che fu una sorta di conseguenza della necessità di misurare con maggior precisione i moti dei corpi.

Il concetto di funzione, come legge che esprime la variazione di una grandezza rispetto ad un’altra può essere considerato come un emergente di pratiche matematiche volte alla risoluzione di vari problemi e, in particolare, di quello del moto dei corpi. Già nelle pagine di Galileo si può trovare traccia di questo concetto, anche se in termini non espliciti, in quanto Galileo parla spesso di relazioni tra grandezze. Nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, per esempio scrive: “ […] per esperienze ben cento volte replicate sempre s’incontrava, gli spazi passati esser tra di loro come i quadrati dei tempi, e questo in tutte le inclinazioni del piano, cioè del canale nel quale si faceva scendere la palla […]” (Paolo Rossi, 1968).

Prima che il concetto di funzione fosse reso esplicito, i matematici affrontarono lo studio di varie funzioni come curve, delle quali venivano tabulati valori con precisione relativamente elevata. Un aspetto interessante è che sia le curve già note, sia quelle di nuova attenzione e scoperta, venissero spesso introdotte mediante moti di corpi. In effetti già nel periodo greco alcune curve furono pensate come generate da moti, ma si trattava di esempi isolati. Nel XVII secolo, invece, le cose stavano in termini assai differenti e a partire da questo secolo, il concetto di curva come luogo geometrico descritto da un punto in movimento diventa esplicito e comune alla pratica dei matematici. In particolare, nel Tractatus de quadratura curvarum, Newton scrive: Io considero qui le quantità matematiche non come costituite da parti molto piccole, ma descritte da un moto continuo. Le linee sono descritte, e quindi generate, non dalla giustapposizione delle loro parti, ma dal moto continuo dei punti … questa genesi ha effettivamente luogo nella natura delle cose e può essere vista quotidianamente nel moto dei corpi (Kline, 1991). Newton

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utilizzava il termine fluente per indicare la variazione di una variabile rispetto ad un’altra (in genere il tempo), mentre Leibniz utilizzò per la prima volta il termine funzione in un manoscritto del 1673 per indicare una qualsiasi quantità che vari da punto a punto di una curva (Kline, 1991).

La definizione più esplicita del concetto di funzione data nel XVII secolo fu a opera di James Gregory, nel 1667, nella sua Vera circuly et hyperbolae quadratura. Gregory definì una funzione come una quantità ottenuta da altre quantità mediante una successione di operazioni algebriche o con qualsiasi altra operazione immaginabile (Kline, 1991). Termini e simbolismo adeguati ad esprimere i vari tipi di funzioni che venivano prese in considerazione furono introdotti gradualmente, man mano che gli studi venivano portati avanti.

Nel 1718 Johann Bernoulli dava la seguente definizione di funzione: Chiamo funzione di una grandezza variabile una quantità composta in maniera qualunque da questa grandezza variabile e da costanti (Bottazzini, Freguglia, Toti, & Rigatelli, 1992). Una definizione simile viene data da Eulero nel 1748 nella sua Introductio in analysin infinitorum, dove affermò che: Una funzione di una quantità variabile è un’espressione analitica composta in una maniera qualunque da questa quantità variabile e da numeri o quantità costanti (Bottazzini, Freguglia, Toti, & Rigatelli, 1992).

Comunque, il concetto di funzione è già operante nei lavori dei matematici del XVII secolo: anzi, si può forse dire che la nascita del calcolo infinitesimale, ossia di un modo nuovo di affrontare vecchi e nuovi problemi della matematica, è resa possibile grazie all’adozione del concetto di funzione. Quello delle origini del calcolo è un periodo di intensa attività e creatività matematica, dove la ricerca, la scoperta, l’applicazione dei risultati trovati hanno forte predominanza rispetto alla necessità di giustificare rigorosamente gli stessi risultati.

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Le origini del calcolo sono caratterizzate da un forte riferimento alla fisica, al moto dei corpi. Newton, per esempio, “considerava le grandezze geometriche variabili (fluenti) in dipendenza dal tempo (anche se egli si affrettava a precisare che non considerava formalmente il tempo), e le flussioni rappresentavano le velocità di variazione (rispetto al tempo) di tali grandezze. Così, se x e y sono fluenti, .x e y rappresentano, nel simbolismo newtoniano, le loro flussioni; se o rappresenta un intervallo infinitesimo di tempo, .xo rappresenta un momento della fluente x” (Bottazzini, 2005).

Quello che emerge da queste considerazioni è che le prime idee del calcolo fanno parte di un mondo assai dinamico, che la matematica classica difficilmente può catturare e dominare: occorrono nuovi metodi, nuovi concetti, nuovi simboli, nuove tecniche. Il rigore può attendere: ora bisogna creare, lavorare, applicare, inventare, scoprire e costruire. Poi verrà il tempo della sistemazione, del controllo e della verifica dei fondamenti del calcolo.

La definizione che ancora oggi si assume del concetto di funzione, data nel linguaggio degli insiemi, è un prodotto degli sforzi effettuati dai matematici per fondare l’analisi su basi rigorose.

Fin dai Greci, dove peraltro il numero è l’essenza di tutte le cose, si è sentito il bisogno di riportare il numero alla figura per poi chiedere ad essa stessa un’ispirazione per la scoperta dei linguaggi generali. È soprattutto a partire dall’epoca cartesiana che, con la creazione della geometra analitica, la collaborazione diventa più stretta fino a portare un’unificazione di linguaggio: il punto diventa numero, la curva si chiama equazione, il massimo ed il minimo di una successione continua di numeri non sono che il punto di maggiore o minore altezza raggiunti nell’andamento di una certa curva. L’idea cartesiana esige uno sforzo d’astrazione, dovendosi riconoscere l’uguaglianza in cose e fatti apparentemente disuguali.

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Lo sviluppo storico del concetto di funzione è inevitabilmente legato all’evolversi delle sue rappresentazioni, geometrica e analitica. Durante la metà del XIV secolo, un importante contributo alla geometria analitica si deve ad Oresme che sviluppò la teoria delle Latitudini e delle Forme, in cui latitudo e longitudo forniscono una rappresentazione geometrica di grandezze misurabili. Per quanto riguarda la rappresentazione analitica, si deve a Viète la sistematizzazione della notazione delle quantità variabili e parametriche, esposta nel 1591 nel trattato Isagoge in artem analyticam. Nel XVII secolo, si deve a Fermat e Descartes l’applicazione della nuova algebra alla geometria e la presentazione del metodo analitico dell’introduzione delle funzioni. Soltanto nel XVIII secolo, Lagrange sottolineò l’esigenza di separare le basi del calcolo infinitesimale dalla geometria e dalla meccanica, mentre nel 1870 Hankel mostrò l’impossibilità di ridurre la definizione di funzione a funzioni analitiche. Nel 1939 Bourbaki formulò la definizione di funzione basata sulla teoria degli insiemi a cui tutt’oggi si fa riferimento. Nel fascicolo dei risultati del primo libro degli Eléments de mathématique dedicato alle strutture fondamentali dell’analisi, si legge questa definizione di funzione: Siano E e F due insiemi distinti o no. Una relazione fra una variabile x di E e una variabile y di F è detta relazione funzionale in y, o relazione funzionale di E verso F, se qualunque sia x 2 E, esiste un elemento y di F, e uno solo, che stia nella relazione considerata con x. Si dà il nome di funzione all’operazione che associa così ad ogni elemento x 2 E, l’elemento y di F che si trova nella relazione data con x; si dice che y è il valore della funzione per l’elemento x e che la funzione è determinata dalla relazione funzionale considerata. Due relazioni funzionali equivalenti determinano la stessa funzione (Bourbaki, 1939, p.6).

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1.3 Analisi delle Indicazioni Ministeriali

Nell’ambito dell’area matematico-scientifico-tecnologica vengono proposti modi di pensare, esperienze, linguaggi e modi di agire che incidono molto su tutte le dimensioni della vita quotidiana, sia individuale che collettiva.

Le conoscenze matematiche offrono un loro contributo nella formazione culturale del bambino, sviluppando le capacità di mettere in stretta connessione il “pensare” ed il “fare”ed offrendo validi strumenti che possano far percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali e concetti.

I principi e le pratiche della matematica sviluppano le capacità di critica e di giudizio, la presa di coscienza che bisogna motivare le proprie affermazioni, la capacità di ascoltare e comprendere le opinioni altrui.

E’ fondamentale per tale disciplina il laboratorio, inteso sia come luogo fisico sia come momento in cui l’alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute ed argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive.

Il risolvere problemi, anche con strumenti e risorse digitali, offre occasioni per acquisire nuovi concetti e abilità, per arricchire il significato dei concetti.

Riflettere sui propri percorsi di conoscenza, rendersi conto che ogni processo di apprendimento può essere approfondito, apprezzare gli strumenti di indagine e rappresentazione: sono tutte dimensioni che fanno parte della relazione insegnamento/apprendimento e che permettono di approfondire la comprensione, sperimentandone l’aspetto dinamico e di accrescere la motivazione ad apprendere.

La matematica ha un ruolo specifico nello sviluppo delle capacità generali di operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali linguaggi per

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rappresentare e costruire modelli di relazione fra oggetti ed eventi. Tale disciplina contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni altrui.

La costruzione del pensiero matematico è un processo lungo e articolato nel quale concetti, abilità, competenze vengono ritrovati, intrecciati, consolidati e sviluppati progressivamente; è un processo che comporta anche difficoltà linguistiche e che richiede un’acquisizione graduale del linguaggio matematico.

Caratteristica della pratica matematica è la risoluzione di problemi, che devono essere intesi come questioni autentiche e significative, legate spesso alla vita quotidiana.

Nel momento in cui, l’alunno sarà gradualmente stimolato dalla guida dell’insegnante e dalla discussione con i pari, egli imparerà ad affrontare con fiducia e determinazione situazioni-problema, rappresentandole in modi diversi, dedicando il tempo necessario all’individuazione di ciò che è noto e di ciò che si intende trovare, congetturando soluzioni e risultati, individuando possibili strategie risolutive.

Di estrema importanza è lo sviluppo di un atteggiamento corretto verso la matematica, inteso come un’adeguata visione della disciplina, non ridotta a delle regole da memorizzare ed applicare, ma apprezzata come contesto per affrontare e porsi problemi significativi e per esplorare e percepire affascinanti relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura. 1.4 Analisi dei libri di testo

Per affrontare il concetto di funzione in modo completo, ho reputato basilare l’analisi di alcuni testi di Scuola Primaria e di Scuola Secondaria Secondaria Inferiore, per osservare se ed in quale modo viene proposto agli alunni il concetto di funzione.

I libri di Scuola Primaria che ho consultato erano di classe quarta e sono stati i seguenti:

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Allevi, C., & Fontolan A. (2007). Passaporto per…Milano: Mondadori Scuola.

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Lucaroni I., & Mosconi E. (2008). Galileo. Ancona: I Saperi.

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Pellegrini G., Grassi L., Sassi A., & PRATI E. (2007). Perché?! Firenze: Giunti Scuola.

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Redazione CETEM, (2005). Focus. Milano: Cetem.

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I libri di Scuola Secondaria Secondaria Inferiore che ho consultato sono stati rispettivamente di classe prima, seconda e terza: Colosio G., & Giliani T. (2001). Impariamo matematica. Brescia: Editrice La Scuola.

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Romeni C., Domingo P., & Boffa M. (2005). Numeri, figure, formule – Aritmetica (B). Firenze: Le Monnier.

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Romeni C., Domingo P., & Boffa M. (2005). Numeri, figure, formule – Algebra. Firenze: Le Monnier.

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Dall’analisi dei testi di Scuola Primaria e di Scuola Secondaria Secondaria Inferiore si nota che vi sono sostanziali differenze.

Nei testi di Scuola Primaria, non viene affrontato in maniera esplicita il concetto di funzione, bensì viene presentato l’istogramma ed il grafico cartesiano, fornendo agli alunni nel primo caso, la possibilità di mettere in relazione due variabili e nel secondo caso di poter conoscere e leggere dati che possono essere inseriti in un grafico.

Nell’analisi dei libri di Scuola Secondaria Secondaria Inferiore viene riscontrata una sostanziale differenza rispetto ai libri di Scuola Primaria. Inoltre, anche tra i libri delle tre classi sono presenti differenze nel presentare il concetto di funzione.

Nel caso del testo di prima classe di Scuola Secondaria non viene presentato in modo esplicito tale concetto, ma viene presentato il grafico “a linee” e l’istogramma che permettono agli alunni di mettere in relazione due variabili e di leggere i dati che vengono rappresentati in essi.

Nel testo di seconda classe, viene presentato il diagramma o grafico cartesiano della funzione che lega y a x. Quindi, in questo caso, viene introdotto il termine funzione, non dandone una definizione esplicita, però, l’alunno viene condotto verso essa tramite l’uso e la lettura del grafico, che viene anche chiamato grafico della funzione.

Infine, nel libro di classe terza viene esposto in modo esplicito il significato del concetto di funzione: Quando due grandezze x e y sono legate da una relazione tale che ad ogni valore di x corrisponde uno e un solo valore di y, si dice che y è funzione di x e si scrive: y = f (x).

Tramite l’analisi dei vari testi, si assiste ad un evoluzione graduale per quanto concerne la spiegazione del concetto di funzione. Infatti, nei libri di Scuola Primaria non sono presenti argomenti precisi in merito, bensì è presente l’istogramma o il grafico cartesiano, contenuti che sono presenti allo stesso modo nel libro di prima classe di Scuola Secondaria Secondaria

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Inferiore. Invece, a partire dal testo di seconda classe si assiste ad una piccola introduzione del concetto di funzione, anche solamente citandone il termine, fino a giungere al testo di classe terza in cui esso viene spiegato in modo chiaro.

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CAP. 2° Quadro di riferimento teorico per il lavoro sperimentale

2.1 Embodiment

Cos’è l’Embodiment? Tradotto in italiano questo sostantivo significa corporeizzazione, incarnazione, e il suo aggettivo è Embodied, cioè corporeizzato, incarnato, situato. Al di là delle varie interpretazioni che sono state date al corpo ed alla mente si è sempre rimasti nel contesto di un uomo inserito nel mondo reale, senza considerare la possibilità che ci possano essere altre forme di corporeità e di realtà.

Secondo l’embodiment philosophy, conosciuta anche come Embodied Mind Thesis o Embodied Cognition Thesis, la mente e il corpo sono “embodied”, cioè l’una incarnata nell’altra. Secondo questa teoria, corpo e cervello si sarebbero evoluti in modo interconnesso e la mente sarebbe un prodotto di questo percorso evolutivo, una facoltà emergente del sistema neurocerebrale. Un soggetto risulta essere una fusione tra la mente e il corpo e tale fusione è inserita in un contesto ambientale e sociale con il quale agisce ed interagisce. Il corpo e la mente gli permetteranno di agire ed il linguaggio di interagire.

Il termine embodiment fa riferimento alle idee di George Lakoff e Rafael E. Núñez, che scrivono: La matematica, così come noi la conosciamo, dipende dalla natura del nostro cervello e dalla nostra esperienza corporea (Lakoff & Núñez, 1998). Con ciò si intende, più in generale, che la costruzione dei concetti non è un’attività che riflette qualche realtà esterna, trascendente la natura umana, ma è intrinsecamente dimensionata dalla natura del nostro corpo e del nostro cervello attraverso il sistema sensomotorio. Insomma, le nostre idee, le nostre teorie sono inevitabilmente legate alla nostra natura biologica, nel senso che nascono dal modo in cui percepiamo il mondo attraverso il nostro sistema sensomotorio.

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Ciò implica che ogni reale costruzione di significato non può che partire dall'esperienza corporea e ritornare ad essa quando ciò sia necessario: l'allontanamento precoce o anche solo definitivo dall'esperienza e dagli aspetti percettivi rischia di creare ostacoli inutili al soggetto che apprende e, soprattutto, rischia di inibire l'attività di costruzione di significati.

Una didattica che condivida tali idee deve prestare particolare attenzione a favorire approcci che siano fortemente basati sugli aspetti percettivi ed empirici e che inibiscano la memorizzazione di procedure rigide, fondate sulla memorizzazione e l’addestramento, quindi, un ausilio importante potrebbe essere rappresentato dall’uso di strumenti per favorire l’apprendimento. Questo tipo di didattica deve consentire la diffusione e la comunicazione di una varietà di strategie risolutive e quindi deve mettere a disposizione ambienti di apprendimento che favoriscano l’interazione sociale tra pari. In particolare, la gestualità non deve essere inibita, ma anzi favorita e valorizzata: la presentazione alla lavagna di una risoluzione non consiste nell'applicazione di una procedura standard, ma è un’occasione per i compagni di discutere, vedere e capire la strategia risolutiva applicata da chi è alla lavagna e per l’insegnante di osservare, rilevare e studiare gesti, parole e metafore utilizzate dagli studenti per comunicare e per guidare il pensiero.

L’importanza dell’uso degli strumenti nell’apprendimento e nello sviluppo cognitivo è stato argomento della ricerca di Vygotskij (Vygotskij, 1974) nell’ambito della teoria della mediazione semiotica. Secondo tale teoria, il fatto che uno strumento incorpori un sapere lo rende fruibile secondo due aspetti: da un lato il suo uso permette di portare a termine un particolare compito di carattere pratico, dall’altro offre la possibilità di accedere al sapere che è in esso incorporato.

Tall (Tall, 2000) ritiene valido l’apporto della tecnologia per lo sviluppo del processo di simbolizzazione, in quanto dal punto di vista di un approccio embodied teso alla manipolazione ed al

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“fare” concreto, la tecnologia consente, per esempio, di visualizzare sul monitor concetti o oggetti.

Gli studi condotti da G. Lakoff e R. Núñez (Lakoff & Núñez, 1998)., influenzati dai contributi derivati dai recenti risultati delle scienze cognitive, quali l’embodiment della mente, l’inconscio cognitivo, il pensiero metaforico e dalle ricerche di Dehaene sull’origine dell’intelligenza matematica, cioè l’aritmetica innata, hanno evidenziato come la struttura cognitiva dei concetti matematici sia basata su sistemi concettuali che si suddividono in schemi-immagine ed hanno la funzione di collegare il linguaggio all’esperienza visiva e motoria.

L’espressione “embodied cognition”, può essere efficacemente spiegata, in termini di comprensione del suo significato, come “il corpo è messo nella mente” (to put the body back into the mind). Infatti, secondo tale teoria, i concetti sono sviluppati in termini di fatti reali e il ragionamento è fondato sul sistema sensomotorio del soggetto. I concetti matematici appaiono quindi un prodotto dell’attività cognitiva del soggetto, influenzata costantemente dalle esperienze del corpo nell’ambiente.

Il quadro teorico proposto da Lakoff e Núñez dedica particolare attenzione alla metafora, come modalità di strutturarsi del pensiero astratto. Secondo i due autori, la conoscenza astratta, quella matematica in particolare, è largamente metaforica e le metafore utilizzate hanno la loro origine nelle nostre percezioni, nell’interazione del nostro sistema sensomotorio con il mondo. I due autori suggeriscono che un ricco campo di studi possa essere quello che non si limita a registrare l'emergere di nuove e più ricche metafore nel discorso matematico, ma che si occupa di studiare se si tratta solo di metafore atte a favorire la comunicazione o se, invece, si tratta di metafore concettuali (conceptual metaphor) nell'accezione tecnica precisata in Núñez (Núñez, 2000).

Per Núñez le metafore concettuali sono veri e propri strumenti cognitivi che consentono di trasferire da un dominio

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sorgente (source domain) a un dominio obiettivo (target domain) un sistema di inferenze: Conceptual metaphors are fundamental cognitive mechanisms (technically, they are inference-preserving cross-domain mappings) which project the inferential structure of a source domain onto a target domain, allowing the use of effortless species-specific body-based inference to structure abstract inference (Núñez, 2000). Fra le metafore concettuali Núñez considera le metafore fondanti (grounding metaphor) che sono caratterizzate dall'avere un source domain fortemente legato alla percezione corporea e all'esperienza sensibile, mentre il target domain è astratto, concettuale, formale. Le metafore fondanti consentono quindi di costruire l'apprendimento e la comprensione delle idee matematiche sul terreno della nostra esperienza sensibile; proprio il source domain costituisce un solido punto di appoggio per il pensiero nell'atto di compiere inferenze. Negli ambienti di apprendimento che prestano particolare attenzione all’interazione sociale, si osserva l’emergere di molte metafore. Questo non è strano, perché in una classe abituata a comunicare, discutere e condividere le conoscenze e le strategie di risoluzione dei problemi, le metafore sono essenziali. Il problema, però, è vedere se si tratta solo di metafore atte a favorire la comunicazione o se, invece, si tratta di metafore fondanti (grounding metaphor), che consentono di trasferire dal dominio sorgente (source domain: percettivo, esperienziale) al dominio di arrivo (target domain: astratto, concettuale, formale) un sistema di inferenze, poiché, le metafore fondanti preservano le inferenze, quindi consentono di compiere inferenze in un dominio vicino all'esperienza, fortemente radicato in essa, trasferendole poi al target domain. Le grounding metaphor possono essere collegate non solo all'esperienza sensibile diretta, ma anche all'esperienza mediata dalla cultura, dalla tecnologia.

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Quindi si hanno diversi campi di esperienza: • legati alla diretta esperienza sensibile, non mediati e non dai nostri sensi; • legati alla cultura, a quella parte della cultura che non fa uso della tecnologia; • legati alla tecnologia. Si tratta di vedere che cosa c'è di corporeo, di culturale, di tecnologico nelle metafore fondanti e si tratta di vedere se l'uso delle tecnologie favorisce la nascita di nuove e potenti metafore fondanti.

Il quadro teorico di Lakoff e Núñez può essere sintetizzato in tre concetti fondamentali: 1. l’embodiment della mente = la natura dettagliata dei nostri corpi, dei nostri cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo struttura i concetti e i ragionamenti umani. Ciò include i concetti e i ragionamenti matematici; 2. l’inconscio cognitivo = la maggior parte del pensiero è inconscia: non repressa in senso freudiano, ma semplicemente inaccessibile all’introspezione diretta e cosciente. Noi non possiamo osservare direttamente i nostri sistemi concettuali ed i nostri processi di pensiero a livello basso e ciò include la maggior parte del pensiero matematico; 3. il pensiero metaforico = gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in termini concreti, utilizzando idee e modelli di ragionamento fondati sul sistema senso-motorio. Il meccanismo per cui l’astratto è compreso in termini del concreto viene detto metafora concettuale.

Inoltre, Lakoff e Núñez sottolineano come “le funzioni nel piano cartesiano sono spesso concettualizzate in termini di moto lungo un percorso, come per esempio quando una funzione viene descritta con le parole: <sale>, <raggiunge> un massimo, e <scende> di nuovo.

Gli esseri umani per accedere a qualsiasi forma matematica hanno a disposizione una sola via di accesso, cioè tramite i concetti che risiedono nelle loro menti, che vengono modellati dai

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loro cervelli e che vengono messi in atto fisicamente nei loro sistemi neurali. Per qualsiasi essere umano, la matematica è embodied, poiché l’unica matematica che si può conoscere è quella che ci permette di comprendere i nostri corpi ed i nostri cervelli (Lakoff e Núñez, 2005).

Arzarello ha affrontato alcuni aspetti particolarmente riferiti al rapporto tra matematica e aspetti metacognitivi, che evidenziano il nesso tra corpo-idee-linguaggio in matematica, l’embodiment e l’uso della metafora tutti presenti nell’aritmetica innata e di base. Egli asserisce che la teoria sull’embodiment è una rilettura di elementi piagetiani e rifacendosi anche alle teorie di Lakoff e Núñez ribadisce il concetto che la natura della matematica riguarda le idee concrete dell’uomo. Arzarello reputa importante mettere in evidenza quanto molti libri di testo di matematica hanno come riferimento un allievo tutto “testa”, concetto che viene descritto in modo polemico da queste parole: Quando si discute di sviluppo mentale, ci sono molti che dicono: <Che cosa c’entra il movimento? Stiamo parlando della mente>. E quando pensiamo all’attività intellettiva immaginiamo sempre persone sedute, immobili senza movimento. Ma lo sviluppo mentale deve essere connesso al movimento e dipendente da questo. E’ vitale che la teoria e la pratica educativa si debbano confermare a questa idea (Montessori, 1952). A tal proposito, le ricerche convergono verso il paradigma dell’embodiment. Esso costituisce una svolta rispetto al paradigma della scienza cognitiva, che riduceva tutto il pensiero a processi di natura simbolica e considerava la mente umana essenzialmente come un processore simbolico (Newell & Simon, 1972). Gli studi sulla cognizione e sull’apprendimento si sono spostati da un punto di vista che enfatizzava gli aspetti astratti del pensiero, governati da regole formali ad una visione che vede la mente situata nel contesto, orientata all’azione. Il punto fondamentale risiede nel fatto che il comportamento intelligente è

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una manifestazione dei corpi biologici che agiscono nel loro ambiente materiale e culturale, modificandolo a loro volta.

L’apprendimento può avere una connotazione profondamente percettivo-motoria e avvenire secondo canoni multimodali, cioè essendo attiva una varietà concorrente di componenti cognitive, che coinvolgono la corporeità in molto suoi aspetti. Tutto ciò è embodied in pratiche culturali che coinvolgono il fare, il toccare, il guardare e non esiste una gerarchia tra questi aspetti e quelli astratti, bensì convivono secondo un canone multimodale. A proposito, Gallese e Lakoff scrivono: La conoscenza concettuale è embodied, cioè è mappata nel nostro sistema senso-motorio…questo non solo fornisce la struttura al contenuto concettuale, ma caratterizza il contenuto semantico dei concetti conformemente al modo con cui noi funzioniamo nel mondo col nostro corpo (Gallese & Lakoff, 2005). 2.2 Neuroni Specchio

I neuroni specchio si attivano nell’emisfero sinistro e concorrono a costruire la base primordiale del proto-linguaggio, cioè della capacità di comunicare fra i primati. I neuroni specchio (mirror neuron) sono una classe di neuroni specifici che si attivano quando si compie un’azione o la si osserva mentre è compiuta da altri. Nell’osservatore si assiste al fenomeno di rispecchiamento neuronale del comportamento dell’osservato, come se il primo stesse compiendo le azioni effettuate dal secondo.

Nell’essere umano i neuroni specchio, oltre alle aree motorie e premotorie, occupano anche l’area di Broca e la corteccia parietale inferiore.

Le ipotesi sulla funzione dei neuroni specchio sono diverse: una teoria riguarda il processo di apprendimento mediante imitazione, in cui la comprensione delle azioni compiute da altre persone è di importanza fondamentale; un’altra teoria sostiene che le azioni osservate vengono riprodotte da un meccanismo di

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simulazione come il sistema specchio, mettendo in relazione i processi linguistici con la teoria della mente.

Fu un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma che nello studiare l’attività della corteccia premotoria, in particolare i neuroni deputati al controllo dei movimenti della mano di un macaco, registrarono l’attività di alcuni motoneuroni di esso, che, pur restando immobile, osservava uno dei ricercatori nell’intento di prendere una banana. I neuroni della scimmia che era rimasta immobile, avevano reagito alla vista dell’azione condotta dallo sperimentatore. I primi studi evidenziarono un gruppo di neuroni visuo-motori nella corteccia premotoria ventrale (area F5) e successivamente anche nella porzione rostrale del lobo parietale inferiore (area PF e PFG) in cui si trovano delle connessione con l’area F5. L’insieme delle aree coinvolte fu chiamato Mirror Neuron System (MNR). Questo sistema chiamato dei neuroni specchio svolge un ruolo importante nei processi di comprensione del comportamento degli altri.

Il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori transitivi e intransitivi (codifica sia il tipo di azione sia la sequenza dei movimenti di cui essa è composta). Nell’uomo i neuroni specchio si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata e non vi è la necessità di un’effettiva interazione con gli oggetti.

Molti ricercatori hanno attribuito a questo sistema un ruolo nella cognizione sociale e in vari processi di apprendimento fondamentali per lo sviluppo dell’individuo, come l’acquisizione di abilità procedurali, di memorie sensomotorie e della stessa lingua verbale.

La funzione dei neuroni specchio sarebbe quindi quella di rappresentare azioni a livello cerebrale affinché si abbia una comprensione delle stesse; in questo modo l’uomo sarà in grado di riconoscere che qualcun altro sta eseguendo una determinata azione, di distinguere l’azione osservata da un’altra azione e di usare le informazioni acquisite per agire nel modo appropriato.

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I neuroni specchio permettono una rappresentazione interna sia linguistica sia socio comportamentale, mappando le azioni osservate sugli stessi circuiti nervosi che controllano l’esecuzione attiva (Gallese, 2003).

A partire dal meccanismo coinvolto nell’osservazione-esecuzione di azioni è plausibile considerare oggetto della percezione linguistica i gesti fonetici del parlante (Gallese et al., 1996). Essi rappresentano le primitive che i meccanismi di produzione linguistica traducono in movimenti articolatori e sono anche le primitive che i meccanismi specializzati per la percezione linguistica recuperano dal segnale (Lieberman, Mattingly, 1989; Brandi, Bigagli, 2004). La struttura fisica dei suoni linguistici come stimolo per l’attivazione di un gruppo di neuroni specchio individuerebbe il punto di partenza della teoria motoria per la percezione del linguaggio (Lieberman, Mattingly, 1985; 1989) la quale sostiene che i suoni linguistici sono percepiti ugualmente a come essi vengono prodotti: il gruppo di neuroni specchio attivato per la produzione o comprensione di un determinato suono linguistico risulta il medesimo (Williams et al, 2001; Brandi, Bigagli, 2004). Alla luce di ciò, il linguaggio si identifica in una mera azione, i cui servo-meccanismi sono essenzialmente uguali rispetto a quelli che sottostanno alla pianificazione, all’esecuzione, al riconoscimento di altre azioni motorie (Steels, 2000). Il linguaggio è riconosciuto come azione costituita dall’insieme dei gesti fonetici che dovranno essere compresi e riprodotti. Se un determinato gesto fonetico produce l’attivazione di una precisa popolazione di neuroni, la stessa sarà attivata anche durante la riproduzione del gesto all’interno di un meccanismo imitativo (Brandi, Bigagli, 2004).

I neuroni specchio realizzano una rappresentazione interna di azioni osservate, affinché esse possano essere comprese e quindi riprodotte attraverso la loro imitazione e pertanto essi stanno alla base del corretto funzionamento del ToMM (Theory of Mind Mechanism). Questa popolazione neuronale permetterebbe di

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calarsi in uno stato mentale altrui, abilità che si pone come fondamentale di quella lettura della mente, rappresentata dalla capacità di inferire stati mentali propri di altri individui (Brandi, Brigagli, 2004). L’attività del sistema dei neuroni specchio e la sua manifestazione attraverso la capacità imitativa rappresenta un punto comune nello sviluppo ontogenetico sia del linguaggio sia del ToMM. Tale modulo è stato localizzato nella corteccia orbito-frontale dell’emisfero destro e sinistro (Baron-Cohen,1997) e nella regione frontale dell’emisfero sinistro (area di Broca) sono stati localizzati i neuroni specchio. 2.3 Costruttivismo

Il costruttivismo propone tre principi fondamentali per la formazione: 1. la conoscenza viene costruita dal discente e non è trasmessa o immagazzinata; 2. l’apprendimento richiede l’impegno di un discente attivo che costruisce le proprie rappresentazioni grazie a delle interazioni con il materiale o le persone; 3. l’importanza del contesto che gioca un ruolo determinante all’interno del processo di apprendimento. Il costruttivismo vede l’apprendimento come un processo attivo di costruzione delle conoscenze piuttosto che un processo di acquisizione del sapere. Non esiste un apprendimento oggettivo bensì, ognuno crea le proprie interpretazioni. L’insegnamento assume la forma di sostegno a questo processo e l’insegnante guida l’allievo verso la propria ricerca di senso. La teoria costruttivista sostiene che la mente umana non contiene semplicemente il mondo che conosce, ma lo compone in modo attivo.

I principi del costruttivismo, mi hanno portata a considerare il discente come soggetto attivo e che gioca un ruolo centrale nel mediare e controllare l’apprendimento, per questo motivo ho

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posto la mia attenzione sull’alunno e le sue modalità di apprendimento.

Nell’ambito del costruttivismo, sono esemplari alcuni significativi contributi della cultura psicopedagogica europea, Piaget e Vygotskij, che hanno permesso di riconsiderare l’incidenza del contesto sull’apprendimento e sullo stesso sviluppo delle intelligenze. Riguardo il contesto, Vygotskij sostiene che il momento più significativo nel corso dello sviluppo intellettuale che dà vita alle forme puramente umane dell’intelligenza pratica e astratta avviene, quando linguaggio e attività pratica convergono. Ho potuto constatare, infatti, che i bambini hanno risolto problemi pratici sia con il mio aiuto verbale che con quello visivo e gestuale. Queste azioni sono caratterizzate dal principio di attività mediata, che permette al bambino di dare significato alle sue azioni e costruire processi per lui significativi in vista della soluzione. Nell’attività mediata è possibile sia il riferimento all’adulto che agli stimoli contenuti nel contesto ed anche ai coetanei portatori di differenti diversità. E’ in questa prospettiva che prende forma la zona di sviluppo prossimale, definita come la distanza tra il livello effettivo di sviluppo determinato dalle possibilità autonome di soluzione del problema e il livello di sviluppo potenziale, determinato attraverso la soluzione del problema sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari più capaci. Per Vygotskij la caratteristica essenziale della zona di sviluppo prossimale è che essa si viene a creare con l’apprendimento; il quale, a sua volta, risveglia una varietà di processi evolutivi interni, capaci di operare solo quando il bambino sta interagendo con persone del suo ambiente, in cooperazione con i suoi compagni. Una volta che questi processi sono interiorizzati, essi divengono parte del risultato evolutivo autonomo del bambino.

L’influenza del contesto è riscontrabile negli studi di Gardner ogni qualvolta una forma particolare di intelligenza sia stata trovata in relativo isolamento e ogni volta che essa sia stata trovata in forma altamente sviluppata in specifiche culture. È

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sempre più difficilmente contestabile che esistano intelligenze relativamente indipendenti l’una dall’altra e che possano essere plasmate e combinate da individui e culture in una varietà di modi adattivi. Per Gardner questo determina un’idea di intelligenza come una competenza umana, che comporta un insieme di abilità di soluzione di problemi, consentendo all’individuo di risolvere problemi o difficoltà in cui si sia imbattuto; inoltre comporta la capacità di trovare o creare problemi, preparando in tal modo il terreno all’acquisizione di nuova conoscenza.

Quindi, ritengo che sono le tre “c” costruzione, contesto e collaborazione che hanno dato forma alla nuova teoria dell’apprendimento di tipo costruttivista. Infatti, secondo tale teoria fare con quello che si sa e rendere vitale quello che si sa trasforma ogni membro dell’ambiente di apprendimento in “apprendista” della conoscenza, insegnante compreso, che impara “il pensare” e “l’agire” della disciplina, nella progettazione e nella realizzazione quotidiana di prodotti complessi. 2.4 Didattica laboratoriale

Nell’ambito scolastico, la didattica laboratoriale non è una novità, infatti, le sue radici possono essere rintracciate nell’attivismo pedagogico, negli autori che hanno riflettuto sul ruolo della prassi negli apprendimenti come Dewey e Freinet, i quali hanno evidenziato l’importanza della scoperta personale nella produzione della conoscenza.

L’uomo, ci dice Dewey, è un essere attivo che interviene spontaneamente nel corso dei fenomeni. E’ l’azione creatrice che caratterizza i rapporti tra il soggetto ed il mondo. L’uomo trasforma le cose dell’ambiente fisico e crea dei nuovi rapporti e delle nuove strutture nell’ambiente sociale.

La didattica laboratoriale comporta una vera e propria esperienza di scoperta induttiva o ipotetico-deduttiva “costruita”.

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Essa dà l’opportunità di ridefinire spazi e tempi didattici, promuovendo in ogni alunno la ricerca e l’azione.

Le attività didattiche svolte in questo assetto danno l’opportunità di capire in che modo organizzare e gestire il gruppo classe, pervenendo alla comprensione dell’importanza di coordinare attività di laboratorio ed esposizione didattica, poiché esse non vanno trattate separatamente.

Nella scuola di oggi, è fondamentale riuscire ad organizzare dei percorsi di insegnamento-apprendimento in cui l’organizzazione scolastica sia resa flessibile. Uno degli aspetti fondamentali di questa flessibilità è dato dal modo in cui viene gestito il tempo e le forme dell’insegnamento per renderli sempre più vicini a quelli degli alunni.

La didattica laboratoriale ha un grande vantaggio e cioè quello di poterla inserire in tutti gli ambiti disciplinari, poiché nel laboratorio i saperi disciplinari diventano strumenti per verificare le conoscenze e le competenze che ciascun allievo acquisisce per l'effetto dell'esperienza di apprendimento all’interno del laboratorio stesso. Tale didattica ci induce a riconsiderare tempi e modi dell’apprendimento e passare da un modello di scuola basato su apprendimenti formali verso un apprendimento basato su compiti e progetti da realizzare, nel quale l’alunno opera da protagonista in una dimensione concreta, significativa e collaborativa. Nel laboratorio si abbandona la logica della ri-produzione del sapere per fare spazio alla ri-costruzione, re-invenzione delle conoscenze (Frabboni, 2004). Tutto ciò richiede che si operi in piccoli gruppi, che sia presente interattività fra insegnante e allievi e fra gli allievi stessi e che l’apprendimento sia cooperativo e condiviso.

Tramite l’utilizzo di una didattica laboratoriale si auspica a promuovere negli alunni competenze più complesse, si cerca di rispondere in modo vistoso ai loro bisogni, consentendogli di imparare facendo e di acquisire un metodo di lavoro personale.

Attraverso le situazioni di apprendimento create tramite la didattica laboratoriale si raggiungono diversi esiti:

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• si privilegia la costruzione della conoscenza e non la sua riproduzione;

• si presentano compiti autentici; • viene predisposto un contesto didattico che offre l’opportunità

di imparare ad applicare; • vengono consentite rappresentazioni multiple della realtà; • viene messo a disposizione uno spazio di creatività e

generatività di nuove idee; • viene favorita la riflessione ed il ragionamento; • viene promossa la costruzione cooperativa della conoscenza; • vengono proposti itinerari formativi significativi per l’allievo. Il laboratorio favorisce l’apprendimento pratico e situato: l’apprendimento del sapere insieme al fare dove il sapere teoretico non è disgiunto dal saper fare concreto.

Tramite la didattica laboratoriale viene attivata un’operatività che è comunque cognitiva oltre che manuale: il saper fare attivato nella pratica laboratoriale non promuove solo abilità operative, ma stimola un sapere complesso che abbraccia il sapere della mano e quello della mente. La pratica laboratoriale risulta inoltre motivante e gratificante per gli alunni perché consente di vedere concretamente il risultato del proprio lavoro, di percepire i risultati degli sforzi compiuti. Il frutto del pensiero viene “esternalizzato” sotto forma di azione e/o prodotto. Nell’ambito della didattica laboratoriale, l’utilizzo di strumenti e tecnologie promuove un insegnamento non più puramente trasmissivo di nozioni, ma propugnatore di capacità creative; non unicamente recettivo, ma che possa stimolare al ragionamento; cioè che da una parte porti al recupero totale di scoperta del sapere e dall’altra dell’importanza della scienza e della tecnologia. Gli effetti di un adeguato utilizzo delle nuove tecnologie didattiche sono di duplice natura: da un lato, l’avanzare delle tecnologie come mezzi d’apprendimento tende a mitigare l’antico concetto secondo il quale il maestro era portato a dogmatizzare ed a predeterminare i processi conoscitivi,

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lasciando poco o nessuno spazio alla libertà di pensiero e di sviluppo dell’allievo come persona capace di auto-educazione. Dall’altro lato, le tecnologie possono diventare mezzi e ausili diretti nella formazione professionale di ogni insegnante, nello sviluppo cioè di abilità richieste dal nuovo tipo di rapporto didattico, che si prospetta sulla scia dell’attivismo e della tecnologia.

Tali mezzi possono educare avendo come concezione quella di creare, più che trasmettere, delle capacità che rendano possibile il sapere. La diffusione della tecnologia applicata alla didattica è stata veloce e avanza in modo considerevole. Nell’arco di pochi decenni sono stati messi in commercio nuovi programmi educativi: macchine per l’insegnamento, istruzione programmata, per arrivare oggi all’utilizzo di software per promuovere l’apprendimento degli allievi. In tale contesto essi possono sia aumentare dispersività e frustrazione, sia diventare una risorsa strategica per agevolare il processo stesso di ridefinizione degli aspetti formativi e organizzativi in corso. La nuova educazione tecnologica consente di reintrodurre la passione nell’animo dello studente, enfatizzando la relazionalità e facilitando la collaborazione. Allo stesso tempo, tende al cambiamento anche la figura del docente passando da un faccia-a-faccia pedagogico ad un fianco-a-fianco davanti allo schermo ed infine, da un punto di vista pedagogico, all’idea della tutela o della costruzione del lettore critico si sostituisce quella della libertà espressiva e della creatività.

Tuttavia, bisogna tener presente problematiche legate all’uso delle tecnologie nell’insegnamento-apprendimento dei concetti matematici. Robutti ha individuato le seguenti: • capire se una tecnologia è idonea per “fare matematica” in classe; • indagare il tipo di mediazione fornita nei processi di costruzione dei significati, di problem solving, di congettura-dimostrazione;

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• analizzare le differenze, in contesti di apprendimento analoghi, tra l’uso della tecnologia e quello degli strumenti tradizionali come carta e matita; • indagare l’uso di tecnologie diverse nello stesso contesto di apprendimento per confrontarle (Robutti, 2002). 2.5 Microcomputer-Based Laboratories (MBL)

Un impiego importante del calcolatore è quello concernente l'acquisizione di dati attraverso sensori interfacciati al computer e software che permette la loro rappresentazione in tempo reale, cioè mentre il fenomeno in studio si svolge. Le potenzialità educative dell'uso di tali strumenti vanno ricercate nella possibilità di modificare l'ambiente di apprendimento che si realizza in classe spostando il centro dell'azione educativa dall'istruzione alla costruzione diretta di conoscenza da parte dell'allievo.

Il ruolo dell'insegnante risulta modificato: il controllo di ipotesi formulate dallo studente può infatti essere fatto dallo studente stesso e dalla classe, tramite l'analisi di dati sperimentali riguardanti il fenomeno in esame. Si può affermare che l'autorità è spostata dall'insegnante alla natura, che può essere efficacemente esplorata con i dispositivi MBL.

Con il termine MBL si intende un laboratorio in cui il computer viene usato come strumento di misura: dei sensori, collegati ad un computer tramite opportuna interfaccia, permettono di misurare velocità, temperatura, forza, ecc. Tale sistema ha delle potenzialità didattiche molto vantaggiose che risiedono nel fatto che un software, appositamente studiato per scopi didattici, permette di visualizzare in forma grafica ed in tempo reale i dati raccolti.

Così, come nel caso del mio lavoro di ricerca, gli alunni si sono mossi davanti ad un sensore di moto e contemporaneamente hanno visto costruirsi sullo schermo il grafico di distanza in funzione del tempo del proprio moto.

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Il sensore di moto è un generatore/ricevitore di brevi impulsi ultrasonori che misura l’intervallo di tempo trascorso tra l’emissione e la ricezione dell’impulso riflesso da un oggetto o da una persona. Essendo la velocità del suono in aria alla temperatura ambiente, il tempo misurato viene tradotto in distanza percorsa dall'onda sonora. Il sensore di movimento trasmette le misurazioni al computer, il quale facendo un uso opportuno del software (Data Logger) visualizza i dati in una tabella ed un grafico. Il sensore è collegato al computer che visualizza in tempo reale il grafico della posizione dell’alunno rispetto al sensore, in un periodo di tempo fissato. Accanto al grafico è possibile visualizzare una tabella tempo-posizione dei dati rilevati dal sensore. L’alunno può muoversi di moto rettilineo nella direzione del sensore ed allo stesso tempo osservare il grafico sullo schermo, connettendo il fenomeno reale alle sue rappresentazioni astratte.

Il poter lavorare sulla rappresentazione grafica collegata a delle esperienze sensoriali quali il proprio moto, permette di comprendere la rappresentazione grafica in modo completamente

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diverso da quello che si ottiene tracciando i grafici a partire da tabelle di numeri o partendo da formule. In un esperimento MBL un sensore on-line al computer acquisisce valori di una grandezza fisica e, in tempo reale, cioè mentre il fenomeno si svolge, con l'ausilio di un software di acquisizione e gestione, la grandezza è rappresentata graficamente sullo schermo. Un sistema MBL è costituito da: • un microcomputer, direttamente connesso al sistema fisico, dal quale riceve informazioni che elabora, rappresenta, ecc.; • una scheda di interfaccia, un complesso di dispositivi elettronici, che trasformano l'informazione proveniente dal trasduttore per renderla disponibile alla gestione del computer; • trasduttori di diverso tipo, dispositivi elettronici che, opportunamente tarati, rivelano un grandezza fisica (velocità, temperatura, forza, ecc.); • un software per l'acquisizione, la rappresentazione, l'elaborazione dei dati, in modo da rendere efficace la gestione didattica dell'esperimento. Il vantaggio istruttivo di un sistema MBL è la possibilità di raccogliere dati fisici in tempo reale e che i dati sono immediatamente disponibili per analisi e presentazione. I vantaggi che si possono ottenere tramite l’utilizzo di tale sistema possono essere diversi: • la possibilità di studiare fenomeni che si svolgono in brevi intervalli di tempo, di ridurre i tempi di acquisizione e concentrarsi sull'analisi dell'esperienza; • la possibilità di aiutare nel processo di formalizzazione correlando l'osservazione del fenomeno ai diversi modi per rappresentare simbolicamente una grandezza; • la flessibilità nell'uso del sistema che permette attività che vanno dalle dimostrazioni interattive condotte dal docente, alla realizzazione di esperimenti che coinvolgono gli studenti su più

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piani, nella configurazione degli apparati di rilevazione, nella gestione dell'acquisizione, nell'analisi dei dati, ecc.

L’insegnante deve assumere il ruolo di “facilitatore” e di guida discreta per gli studenti. Dovrà ascoltarli, capirne le concezioni relative all’argomento proposto per lo studio, fornire le informazioni necessarie per l’uso degli strumenti e soprattutto porre domande appropriate per fare in modo che la classe possa giungere alle acquisizioni desiderate. In questo caso l’intervento didattico favorisce la partecipazione attiva degli studenti alle attività sperimentali e la loro collaborazione in fasi decisive dello studio di un fenomeno quali sono l’osservazione, la schematizzazione e la formalizzazione.

L’uso di un sistema di acquisizione di dati propone agli alunni la possibilità di esplorare maggiormente il significato e la logica di compiere misure. La flessibilità dello strumento universale può educare l'impresa degli studenti e promuovere un insegnamento personalizzato ed esplorativo che dovrebbe produrre i migliori risultati. 2.6 Teoria delle situazioni di Brousseau per l’analisi dei dati

Nell’ambito della didattica della matematica sono state effettuate delle ricerche molto importanti da Guy Brousseau (1986) che vanno sotto il nome di teoria delle situazioni didattiche (TSD). Nella TDS, i concetti principali sono: • le situazioni a-didattiche (azione, formulazione, validazione); • la distinzione tra situazione didattica e a-didattica; • la devoluzione (l’allievo costruisce la conoscenza solo se si interessa personalmente del problema della risoluzione e l’apprendimento si produce attraverso la soluzione di problemi); • il contratto didattico. Per contratto didattico Brousseau intende l’insieme delle abitudini del maestro attese dall’allievo ed i comportamenti dell’allievo attesi dal docente che si manifestano in una situazione d’insegnamento.

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Brousseau distingue tre situazioni: situazione didattica, a-didattica e non-didattica. La situazione didattica rappresenta un insieme di relazioni che in maniera esplicita e/o implicita vengono stabilite tra uno o un gruppo di alunni e l’insegnante con lo scopo di dare l’opportunità ad essi di apprendere una conoscenza. È una situazione predisposta dall’insegnante affinché l’allievo apprenda, egli sa che sta imparando e che l’insegnante sta insegnando; l’insegnante è consapevole del suo ruolo e di come la situazione si sta sviluppando. In tale situazione c’è l’intenzione esplicita di insegnare e si è in pieno contratto didattico. All’interno della situazione a-didattica non esiste più tra insegnante ed alunno il contratto di dipendenza, secondo il quale l’insegnante conosce qualcosa e lo vuole insegnare, bensì sono presenti soltanto gli alunni e la conoscenza e ciò che essi fanno proviene dalla loro iniziativa e non da spinte da parte del docente. In questo caso, gli alunni fanno tentativi, sperimentano strategie, interagiscono con l’ambiente e per adattarsi nell’uso delle strategie modificano il proprio sistema di conoscenze. Qui l’attività matematica non è motivata dall’insegnante ma dall’attività stessa. Quindi come afferma Brousseau, l’allievo costruisce la sua conoscenza solo se è interessato in maniera personale al problema e in quel momento avrà raggiunto la devoluzione della situazione, cioè avrà fatto sue le conoscenze.

Per situazione non-didattica si intende una situazione in cui allievo ed insegnante non hanno un rapporto ben preciso con il sapere in questione. Il docente, in questo caso, non costruisce un ambiente didattico avente come fine l’apprendimento di qualcosa di specifico del sapere da insegnare. Quindi si può intendere come una situazione pedagogica non specifica di un sapere in cui insegnante e allievo non hanno un rapporto con il sapere. (Scimone & Spagnolo, 2005).

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2.7 Analisi statistica implicativa L’analisi statistica implicativa di R. Gras è un tipo di analisi

non parametrica e come tale utilizza piccoli campioni. Essa fornisce la misura di una relazione implicativa di due eventi. Utilizza il metodo di implicazione che stabilisce l’intensità di implicazione tra variabili e il metodo di similarità, che classifica le variabili e le raggruppa secondo livelli gerarchici.

R. Gras ha cercato di rispondere ad un problema e cioè rispondere alla seguente domanda: Date delle variabili binarie a e b, in quale misura posso assicurare che in una popolazione, da ogni osservazione di a segue necessariamente quella di b?. La risposta, in generale, non è possibile ed il ricercatore si deve accontentare di un’implicazione “quasi” vera.

Con l’analisi implicativa di R. Gras si cerca di misurare il grado di validità di una proposizione implicativa tra variabili binarie e non. Questo strumento statistico viene messo a punto su ricerche riguardanti la Didattica delle Matematiche.

La modellizzazione del caso binario è la seguente: siano date una popolazione E e un insieme di variabili V, si vuole dare significato statistico all’implicazione larga a b. Siano A e B gli insiemi delle sotto popolazioni rispettive dove la variabile a e b prendono il valore 1 (vero). L’intensità dell’implicazione viene espressa formalmente:

( ) ( ) ( )[ ]BAcardYXcardobba ∩≤∩−= Pr1,ϕ

X e Y sono due sotto insiemi di E, parti aleatorie di E e che hanno

la stessa cardinalità rispettivamente di A e B. Y é il

complementare di Y rispetto ad E. B é il complementare di B

rispetto ad E. b rappresenta il fatto di non possedere il carattere b. E si dirà:

[ ba ⇒ accettabile alla soglia ( ) αϕ −= 1,ba

⇔ ( ) ( )[ ][ ] α≤∩≤∩ BAcardYXcardobPr

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Da qui si ricava l’indice di implicazione, indicatore della non implicazione di a su b:

( )nnn

nnn

nbaq

ba

baba −

=∧

,

dove )(Acardna = , )(Bcardnb = , )( BAcardn ba ∩=∧ .

L’indice di similarità classifica le variabili secondo ordini gerarchici. Segue la legge di Poisson ed è definito come segue:

( , ) a b

a b

a b

n nnns a b

n nn

∧ −=

L’indice di similarità è in relazione con l’indice di implicazione secondo la seguente formula:

( )( ) b

b

nn

basbaq

−=,,

La rappresentazione di un grafo di relazione d’ordine parziale

indotto dall’intensità d’implicazione dà la possibilità di visualizzare una situazione didattica dove intervengono più variabili (Spagnolo, 1998).

I trattamenti automatici dei calcoli e dei grafici sono eseguiti con l’aiuto del software C.H.I.C.1 (Classification Hiérarchique

Implicative et Cohésitive)messo a punto dal gruppo IRMAR. Questo programma su computer consente di fare l’analisi implicativa molto velocemente e permette diverse statistiche:

1 Information regarding the software can be found at the following site of the A.R.D.M. (Association de Recherche en Didactique des Mathématiques): http://www.ardm.asso.fr/CHIC.html

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• statistiche elementari tipo media, varianza, correlazioni tra variabili; • l’analisi delle similarità di Lerman; • l’analisi implicativa secondo R. Gras, con le seguenti informazioni: 1. grafico implicativo; 2. gerarchia implicativa e i nodi significativi dove si formano le classi della gerarchia; 3. contribuzione degli individui nei cammini significativi del grafo e alle classi significative della gerarchia; 4. comparazione tra il grafo implicativo ed il grafo inclusivo. Nel caso della ricerca in didattica l’analisi statistica implicativa parte dalle situazioni di didattica dove si tratta di gerarchizzare problemi in funzione delle difficoltà avvertite dagli allievi ed il metodo implicativo si sviluppa sulla scia dei problemi che essa incontra e delle questioni che vengono poste. In tal modo, i concetti d’intensità di implicazione, di coesione di classi, di misura di implicazione-inclusione, di contributi di variabili supplementari e di significatività di livelli gerarchici sono stati sviluppati. Le variabili sono costituite dai comportamenti degli allievi. Questi vengono evidenziati mediante l’analisi a priori che costituisce il punto di contatto tra la situazione didattica e l’analisi dei dati sperimentali. L’analisi a priori è l’insieme di: 1. rappresentazioni epistemologiche: percorsi conoscitivi in un determinato periodo storico; 2. rappresentazioni storico-epistemologiche: percorsi conoscitivi sintattici, semantici,pragmatici; comportamenti ipotizzati: sarà quindi possibile individuare i “problemi di ricerca” e le “ipotesi” necessarie per quella determinata classe di problemi presa in esame. L’analisi a-priori è uno strumento di cui l’insegnante può avvalersi per anticipare alcune reazioni degli allievi e quindi in base ad esse orientare le scelte didattiche. Essa rappresenta un lavoro di ipotesi svolto dall’insegnante, il quale mira ad individuare le strategie, i ragionamenti, le soluzioni che ogni

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discente potrebbe utilizzare nella situazione proposta tenendo conto delle conoscenze possedute. Inoltre, tale attività permette di prevedere le difficoltà in cui l’alunno può imbattersi, gli errori che può commettere e orienta verso le scelte di organizzazione della classe. Mediante l’Analisi Statistica Implicativa (ASI) vengono analizzate le implicazioni tra i comportamenti degli allievi mettendole in relazione con l’analisi storico-epistemologica e didattica. Il grafico implicativo che si viene a creare contiene dei raggruppamenti ben definiti delle variabili sperimentali che si collegano direttamente o indirettamente e ad ogni raggruppamento corrisponde un tipo differente di strategia utilizzata dagli alunni. Il software C.H.I.C. visualizza grafici implicativi e alberi di similarità, lavorando su tabelle Excel. Nell’analisi dei dati sperimentali di questo lavoro di ricerca sono state studiate le implicazioni tra le variabili-comportamento degli studenti mediante tabelle di questo tipo:

Comportamento 1 … Comportamento n

Studente 1

Studente m

I valori di questa tabella sono 0 o 1, a seconda se rispettivamente uno studente non segue o segue il corrispondente comportamento nella tabella. È stata analizzata, inoltre, la similarità delle variabili-studente utilizzando il metodo delle variabili supplementari. (Spagnolo, 1998), (Fazio & Spagnolo, 2008). Le variabili supplementari rappresentano modelli di comportamento degli studenti, dunque i risultati della ricerca dipendono dalla similarità delle variabili-studente rispetto ai modelli corretti di comportamento.

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Per l’analisi della similarità mediante lo C.H.I.C. sono state utilizzate tabelle2 di questo tipo: Stud1 … Studm Modello di

comport dello stud 1

… Modello di comport dello stud q

Comport 1

NOT Comport 1

Comport n

NOT Comport n

Secondo la tabella riportata sopra gli studenti sono messi in relazione ai comportamenti corretti e alle loro negazioni. I valori sono sempre di tipo binario. I modelli corretti di comportamento degli studenti sono stati selezionati combinando comportamenti corretti.

2 “Stud” significa studente; “comport” significa comportamento.

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CAP. 3° Progettazione e collocazione del lavoro sperimentale 3.1 Collocazione dell’esperienza

Il mio lavoro di ricerca è stato svolto presso il Circolo Didattico “Francesco Paolo Perez” di Palermo, specificatamente in una classe 4^ situata presso la sede succursale di via Oreto.

Prendendo in esame il P.O.F. dell’anno scolastico 2007/2008 ne ho potuto ricavare l’identità culturale e di progettazione del contesto scolastico.

Il quartiere Oreto-Stazione, nel quale è inserita la scuola, è vasto, complesso ed eterogeneo. Esso rappresenta uno dei territori strategici della città poiché include: la stazione centrale, il mercato storico Ballarò, l’Ospedale Civico e il Policlinico, centri d’accoglienza, diverse chiese parrocchiali. Per queste sue caratteristiche strutturali e funzionali è stato e continua ad essere, meta per tanti cittadini provenienti dalla Cina, dal Marocco, dall’India. Il tessuto sociale è molto eterogeneo in quanto, oltre la notevole presenza di famiglie straniere, il quartiere è costituito da un elevato tasso di disoccupati, piccoli commercianti e negozianti, venditori ambulanti, famiglie di impiegati e professionisti. L’aspetto predominante è il disagio socio-economico e culturale che genera dispersione scolastica e presenza di alunni con problemi di comportamento e di apprendimento. Di contro, occorre sottolineare la presenza di fasce di alunni che, avvantaggiati da situazioni sociali più favorevoli, posseggono migliori requisiti culturali, affettivi e relazionali.

Attraverso il colloquio con l’insegnante accogliente sono riuscita a delineare un generale profilo della classe. La IV^A, la classe in cui ho svolto la mia esperienza di ricerca, era composta da 21 alunni. All’interno del gruppo-classe era presente una bambina musulmana, che risultava ben inserita all’interno della classe e che non presentava alcuna difficoltà nell’esprimersi e nel comprendere i compagni e le insegnanti. Complessivamente, la

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classe risultava essere costituita da bambini che non avevano bisogni speciali, anche se erano presenti alcuni casi di alunni che non seguivano regolarmente l’attività didattica per una questione di mancato impegno personale. 3.2 Progettazione didattica

Il seguente lavoro di ricerca avrà come scopo quello di introdurre gli allievi di una quarta classe della Scuola Primaria ai concetti di moto e rappresentazione grafica in modo da passare dall’esperienza concreta ad un concetto astratto dei grafici cartesiani.

Si proporrà, in tal senso, un pre-test che indagherà il grado di conoscenza posseduto circa tali argomenti.

Si passerà poi ad una serie di attività sperimentali che avranno me come guida, ma protagonisti gli allievi; si proporrà loro di verificare mediante adeguati strumenti la corrispondenza tra il concreto e la rappresentazione ottenuta sullo schermo di un computer puntando un sensore di movimento contro un oggetto fisso prima (il muro) e in movimento dopo (loro stessi). Si partirà dai modelli spontanei posseduti dagli allievi dovuti all’esperienza di vita comune, ed alle loro conoscenze scolastiche precedenti per arrivare poi mediante prove pratiche ad individuare le nuove grandezze ed a passare dal concreto ad un ragionamento astratto da poter utilizzare anche in altri contesti. Di seguito riporto le competenze e gli obiettivi di apprendimento relativi all’attività didattica, in riferimento alle Indicazioni per il curricolo. Traguardi per lo sviluppo delle competenze della scuola primaria: • Percepire e rappresentare forme, relazioni e strutture che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo, utilizzando in particolare strumenti per il disegno geometrico (riga, compasso, squadra) e i più comuni strumenti di misura.

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• Utilizzare rappresentazioni di dati adeguate saperle usare in situazioni significative per ricavare informazioni. • Imparare a costruire ragionamenti (se pur non formalizzati) e a sostenere le proprie tesi, grazie ad attività laboratoriali, alla discussione tra pari e alla manipolazione di modelli costruiti con i compagni. Obiettivi di apprendimento: • Leggere, scrivere, confrontare numeri decimali, rappresentarli sulla retta ed eseguire semplici addizioni e sottrazioni, anche con riferimento alle monete o ai risultati di semplici misure. • Rappresentare relazioni e dati con diagrammi, schemi e tabelle. • Misurare segmenti utilizzando sia il metro, sia unità arbitrarie e collegando pratiche di misura alle conoscenze sui numeri e sulle operazioni. • Utilizzare numeri decimali, frazioni e percentuali per descrivere situazioni quotidiane. • Rappresentare i numeri conosciuti sulla retta e utilizzare scale graduate in contesti significativi per le scienze e per la tecnica. • Utilizzare il piano cartesiano per localizzare punti. • Rappresentare relazioni e dati e, in situazioni significative, utilizzare le rappresentazioni per ricavare informazioni, formulare giudizi e prendere decisioni. • Rappresentare problemi con tabelle e grafici che ne esprimono la struttura. • Conoscere le principali unità di misura per lunghezze, angoli, aree, volumi/capacità, intervalli temporali, masse/pesi e usarle per effettuare misure e stime.

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Per chiarire la connessione tra le abilità considerando la lettura e la comprensione dei grafici di movimento e dei grafici di funzione in generale, viene proposta una comparazione tra competenze didattiche. Competenze: MATEMATICHE FISICHE C1 Sa leggere le coordinate dei

punti del grafico di una funzione (grafico), ovvero la corrispondenza tra i valori della variabile dipendente e indipendente

Sa leggere i valori della variabile spaziale in relazione ai valori della variabile temporale

C2 Sa leggere gli estremi e l’ampiezza di un intervallo

Sa leggere lo spazio e il tempo di partenza e di arrivo, lo spazio percorso e il tempo trascorso

C3 Sa leggere la corrispondenza tra intervalli delle variabili indipendenti e dipendenti

Sa leggere la corrispondenza tra intervalli spaziali e temporali

C4 Sa distinguere tra crescita, decrescita e costanza di una funzione

Sa distinguere tra moti di avvicinamento, allontanamento e corpi fermi

C5 Sa individuare e leggere i punti di massimo e minimo di una funzione

Sa leggere la distanza massima e minima raggiunta rispetto ad un sistema di riferimento

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C6 Sa confrontare la rapidità di crescita e decrescita di differenti tratti di una curva

Sa confrontare la velocità di differenti tratti del moto

C7 Sa fare ipotesi e congetture

Sa fare inferenze sui dati sperimentali

Metodologia: l’approccio metodologico utilizzato sarà l’apprendimento per scoperta, facilitato dal laboratorio attraverso sistemi di elaborazioni dati on-line e laboratorio tradizionale, il tutto per promuovere la collaborazione tra gli alunni ed avviarli al ragionamento sui fenomeni. Spazi: la classe. Strumenti: computer, sensore di movimento, fettuccia metrica, cronometro. Tempo: 9 ore. Prerequisiti: • stabilire relazioni d’ordine tra numeri decimali positivi; • rappresentare i numeri decimali positivi su una retta; • operare con tabelle a doppia entrata Verifica: la verifica sarà effettuata attraverso la somministrazione di un test (pre-test e post-test). Dopo aver verificato i prerequisiti, procederò con la somministrazione di un pre-test (allegato n°1) (Lo Cicero, 2008).

Il pre-test ha come scopo quello di constatare se ed in quale misura gli alunni possiedono delle conoscenze in merito alla lettura dei grafici ed alla conoscenza e rappresentazione del concetto di moto. Esso è costituito complessivamente da cinque esercizi. Il primo esercizio comprende un grafico che mostra l’andamento del denaro posseduto da una bambina in una

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settimana e di seguito sono proposte delle domande inerenti la lettura dei dati presenti nel grafico stesso. Il secondo esercizio è costituito da tre grafici cinematici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale il tempo impiegato. In questo caso è chiesto agli alunni di descrivere ciascun grafico ed evidenziare le differenze con gli altri grafici. Nell’esercizio tre vengono riportati due grafici simili a quelli del precedente esercizio e viene chiesto ai bambini di confrontarli e spiegare la differenza tra di essi. Il quarto esercizio richiede di esprimere liberamente cosa è la velocità di un corpo. Infine, nel quinto esercizio è chiesto di riportare sul grafico le indicazioni fornite nel testo e se si è mai visto un grafico di questo tipo.

Successivamente all’intervento didattico che svolgerò, verrà somministrato agli alunni un post-test (allegato n°2).

Esso è costituito complessivamente da quattro esercizi. Il primo comprende un grafico che mostra le uova contenute nel frigorifero di una signora e di seguito viene chiesto di rispondere ad alcune domande relative alla lettura dei dati espressi nel grafico stesso. Il secondo esercizio è formato da tre grafici che rappresenteranno l’andamento di un’automobile e per ogni grafico viene chiesto agli alunni di rispondere ad alcune domande relative al tempo e alla posizione. Il terzo esercizio è costituito da due grafici che esprimono l’andamento di un’automobile e viene chiesto agli alunni di fare un confronto e spiegare la differenza tra di essi. Infine, nel quarto esercizio si chiede ai bambini di riportare sul grafico in maniera corretta le indicazioni fornite dal testo dell’esercizio.

Per quanto detto, sia nel pre-test che nel post-test verranno proposti esercizi sui grafici cinematici e non cinematici per verificare le competenze acquisite. Riguardo al primo esercizio, si verificheranno le stesse competenze in entrambi i test, però esso verrà modificato nel post-test per evitare la memorizzazione delle risposte.

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Di seguito, è riportata la connessione tra le domande del test e le competenze che si vorranno verificare:

Riguardo il secondo esercizio inerente i tre grafici, nel pre-test si sceglierà di lasciare gli alunni liberi di esprimere il loro pensiero, perché non hanno mai affrontato tali argomenti in ambito scolastico, anche se si ritiene che potessero possedere delle competenze acquisite in ambiente extrascolastico. Mentre, nel post-test verranno inserite alcune domande guida, poiché si pensa che gli alunni avranno acquisito il linguaggio specifico durante l’intervento didattico che verrà svolto. Per quanto riguarda il terzo ed il quarto esercizio verranno proposti in modo uguale sia nel pre-test che nel post-test. Fasi dell’attività didattica: 1. verifica dei prerequisiti (2h) 2. pre-test (1,5h) 3. 2 attività con sensore di movimento (osservazione di grafici prodotti dal movimento di un corpo davanti il sensore) (4 h) 4. post-test (1,5h)

L’attività didattica che svolgerò sarà effettuata in classe attraverso due lezioni laboratoriali, dove gli alunni confronteranno le letture e le predizioni sui grafici realizzati con il sensore di movimento e il software Logger Lite.

Domande Competenze

a. b. C1

c. C1, C5

d. C1, C2

e. C1, C7

f. g. C1, C4

h. C1, C6

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La prima esperienza laboratoriale avrà una durata di due ore complessive ed inizierà con la discussione libera sul significato della parola “movimento”. Infatti, chiederò agli alunni di esprimere liberamente cosa significasse per loro tale parola. In tal modo, cercherà di dare libero spazio alla conoscenza personale, alla libertà di pensiero, poiché verrà data la definizione precisa, bensì tutte saranno accettate indistintamente, per poi cercare di pervenire ad una definizione corretta in una fase successiva.

Di seguito, tramite l’ausilio di una scheda guida (allegato n°3, p.1), sarà effettuata l’osservazione, l’analisi e la discussione del moto di un corpo, in questo caso una palla. Sceglierò tre alunni, ognuno dei quali avrà un compito ben preciso: il primo farà rotolare la palla, il secondo misurerà con un cronometro il tempo che impiegherà nel percorrere il tratto di pavimento (3 metri) ed il terzo bloccherà la palla. SPAZIO TEMPO 1° lancio 2° lancio 3° lancio Si cercherà di far capire ai bambini che nel percorso effettuato dalla palla, lo spazio sarà sempre lo stesso mentre il tempo cambierà in base alla spinta con cui verrà lanciata la palla.

Dopo di ciò, farò vedere ai bambini il sensore di movimento e spiegherò loro che esso misura il tempo e lo spazio. Collegando il sensore al computer farò notare la proiezione di un grafico cartesiano. Il passo successivo sarà la discussione sui lavori del sensore di movimento, l’osservazione dei grafici, delle tabelle rappresentate dal movimento degli alunni e le riflessioni sulle variabili studiate dal sensore. Infatti, lascerò liberi i bambini di muoversi davanti il sensore di movimento e di dare le loro opinioni in merito. Poi osserveremo le variabili che vengono studiate, cioè il tempo e lo spazio e i bambini metteranno in relazione lo spazio percorso e il tempo trascorso.

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Successivamente, verranno effettuate delle predizioni e letture dei grafici creati personalmente dai movimenti degli alunni: • camminata di allontanamento dal sensore; • camminata di avvicinamento al sensore; • corpo fermo davanti al sensore; Tutti i movimenti si effettueranno tramite l’ausilio di una scheda guida, utilizzata singolarmente per ogni tipo di movimento (allegato n°3, pp. 2-4)

I bambini compiranno i tre movimenti. Nel primo caso disegneranno il grafico previsto qualora un compagno si allontanasse dal sensore di movimento. Poi effettueranno l’esperimento ed osserveranno il grafico che si sarà creato, rispondendo ad alcune domande ed infine scriveranno se vi saranno differenze con il grafico da loro pensato. La stessa cosa faranno per gli altri tipi di moto.

La seconda esperienza laboratoriale della durata di due ore sarà contrassegnata da due fasi: • predizioni e letture dei grafici di vari movimenti rettilinei degli alunni, con allontanamento e avvicinamento rispetto al sensore; • conoscenza del concetto di maggiore e minore velocità. Per entrambe le fasi, anche in questo caso, l’attività verrà svolta attraverso l’aiuto di una scheda guida (allegato n°4) I bambini ipotizzeranno quale sarà il grafico visualizzato qualora un compagno si allontanasse e avvicinasse davanti al sensore di movimento e disegneranno la loro previsione. Successivamente, verrà effettuato l’esperimento e i bambini disegneranno il grafico risultante riportando di seguito le differenze con quello previsto. Infine, i bambini leggendo i dati del grafico rispondeanno ad alcune domande in merito all’andamento del corpo. In un secondo momento, tramite l’ausilio della scheda guida, chiederò ai bambini di disegnare quale grafico verrà visualizzato qualora un compagno si allontanasse e avvicinasse con velocità diversa davanti al sensore. Ciò sarà richiesto per far riconoscere il concetto di maggiore e minore velocità. Dopo la previsione, un

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bambino si allontanerà e avvicinerà per tre volte con velocità variabile davanti al sensore e farò notare ai bambini come la velocità sarà maggiore nei tratti in cui a parità di spazio il tempo era minore. Il grafico che si verrà a creare risulterà utile per visualizzare in modo concreto il concetto di velocità, che risulta maggiore: • nei tratti in cui la pendenza è maggiore; • nei tratti in cui l’intervallo di tempo è minore.

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CAP. 4° Analisi del lavoro sperimentale 4.1 Analisi qualitativa dell’attività didattica

L’attività didattica è stata contrassegnata da quattro momenti pratico-educativi: • la verifica dei prerequisiti - momento in cui ho invitato gli alunni ad ordinare sulla linea dei numeri alcune cifre intere e decimali. Ciò mi ha permesso di constatare se il gruppo classe possedesse i seguenti prerequisiti:

- stabilire relazioni d’ordine tra numeri decimali positivi; - rappresentare i numeri decimali positivi su una retta; - operare con tabelle a doppia entrata.

• Pre test – somministrazione di un test costituito da cinque esercizi riguardo il grafico cartesiano e l’andamento di un corpo all’interno di un grafico spazio/tempo;

• Lezione laboratoriale – attività didattica dove gli alunni confrontavano le letture e le predizioni sui grafici realizzati con il sensore di movimento e il software Logger Lite.

• Post test – somministrazione di un test costituito da quattro esercizi riguardo il grafico cartesiano e l’andamento di un corpo all’interno di un grafico spazio/tempo. Durante il primo momento pratico-educativo, cioè la verifica

dei prerequisiti, ho chiesto agli alunni di ordinare numeri positivi interi e decimali su una retta e di operare con tabelle a doppia entrata, in un primo momento lavorando singolarmente e successivamente procedendo con la correzione collettiva alla lavagna.

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Successivamente ho somministrato il pre-test al gruppo

classe. Da ciò si è notato come gli alunni mostrassero molte difficoltà nel leggere correttamente il valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa, nell’individuare i massimi relativi, confondendo il concetto di massimo relativo con quello di massimo assoluto.

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Inoltre, a molte domande non veniva fornita una risposta e qualora l’avessero data non veniva utilizzato un linguaggio specifico.

Nell’esercizio 5, in cui era richiesto di riportare i dati sul piano cartesiano, la maggior parte degli studenti ha mostrato di non conoscerlo, cercando di svolgere la consegna collegando i dati del testo con i dati sulle ascisse.

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Dopo aver fatto compilare il pre-test agli alunni (allegato n°5-

6), ho effettuato due interventi didattici, documentati dai miei appunti e da quelli dell’insegnante di classe. Sono state annotate le domande stimolo che hanno guidato l’attività didattica, le risposte, le reazioni e i comportamenti dei bambini.

Il primo intervento ha avuto inizio chiedendo ai bambini cosa fosse per ognuno di loro il movimento. Ognuno ha cercato di rispondere oralmente con le proprie parole o riportando un esempio e la maggior parte degli alunni ha risposto: “Quando qualcosa si muove”, oppure “La macchina che cammina” e solamente un bambino ha associato al movimento la parola velocità. Dopo aver fatto esprimere liberamente le loro opinioni in merito, ho precisato che le grandezze che incidono sul movimento sono lo spazio, il tempo, la velocità e l’accelerazione. Facendo un semplice esempio e cioè rievocando nella loro mente la gara delle automobili di Formula 1, ho fatto notare che: - le macchine si muovono sulla strada e quindi dentro uno spazio; - solo una di esse può vincere perché impiega meno tempo per raggiungere il traguardo; - una sola automobile possiede maggiore velocità rispetto alle altre; - una macchina può andare meno veloce e poi più velocemente a seconda della sua accelerazione.

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In questo modo ho cercato di far capire in modo semplice quali sono le grandezze che incidono nel movimento e dopo aver fatto ciò, tutti insieme le abbiamo ripetute ad alta voce.

Successivamente ho chiesto ai bambini come si misura lo spazio ed il tempo. Tutti mi hanno risposto in modo esatto e cioè che occorre il metro per misurare lo spazio, mentre per il tempo molti di loro hanno risposto l’orologio e solamente dopo che ho detto quale strumento misura il tempo in modo preciso calcolando minuti, secondi e millesimi, due bambini mi hanno risposto il cronometro.

Di seguito, ho distribuito loro una scheda che ci avrebbe accompagnato per tutta l’esperienza didattica (allegato n°3-4). Dopo aver fatto ciò, ho attaccato sul pavimento strisce di nastro rosso poste alla distanza di 20 cm per un lunghezza complessiva di 3 metri ed un bambino ha fatto un’osservazione dicendo che avremmo potuto utilizzare il nastro adesivo alla distanza di 50 cm. Di seguito, ho lanciato due volte una palla lungo la striscia rossa, una volta lentamente e un’altra rapidamente ed ho chiesto ai bambini osservando questo fenomeno quali grandezze si studiano. La maggior parte di essi mi ha risposto in modo corretto: spazio e tempo. Dopo aver fatto ciò, ho chiesto ai bambini di disegnare una tabella e di scrivere all’interno 1° lancio, 2° lancio, 3° lancio e accanto le grandezze studiate, cioè spazio e tempo. Successivamente, abbiamo svolto la prima attività e ho scelto tre bambini, ognuno di essi aveva un ruolo specifico: G. lanciava la palla lungo la striscia rossa, M. la fermava a 3 metri e D. cronometrava il tempo che la palla impiegava per percorrere lo spazio. Abbiamo ripetuto l’esperimento per tre volte, cambiando per ogni prova gli alunni e abbiamo ottenuto i seguenti risultati: SPAZIO TEMPO 1° lancio 3 metri 1,42 secondi 2° lancio 3 metri 4,35 secondi 3° lancio 3 metri 1, 94 secondi

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Successivamente, ho chiesto ai bambini di disegnare ciò che avevamo sperimentato e di esprimere le loro opinioni in merito ai 3 lanci effettuati. In particolare, un’alunna ha dichiarato che: “Il tempo non è uguale e lo spazio sì”, mentre un’altra ha sottolineato che: “E’ così in base al movimento e alla velocità”.

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A questo punto, ho fatto vedere al gruppo classe il sensore di movimento, uno strumento che misura il tempo e lo spazio e quindi il movimento. Ho collegato lo strumento al computer e ho fatto notare ai bambini ciò che vi era proiettato: un grafico cartesiano e una tabella. Il gruppo classe non era a conoscenza di cosa fosse un grafico cartesiano e quindi tramite un disegno alla lavagna ho spiegato in modo semplice che esso è costituito da due assi: l’asse delle ascisse e l’asse delle ordinate ed ho effettuato il disegno alla lavagna. Ho ripetuto l’esperimento della palla, facendola rotolare e mettendo in azione il sensore collegato al computer. Dopo, ogni alunno ha messo per iscritto le osservazioni in merito all’esperimento sul sensore. Molti dei bambini hanno scritto che era presente un grafico e una tabella, tale che quando la linea scende (Lakoff & Núñez) l’oggetto si avvicina e quando la linea sale (Lakoff & Núñez) l’oggetto si allontana.

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Successivamente, ho chiesto ai bambini di osservare il grafico e spiegare dove viene rappresentato lo spazio e dove il tempo. Pochi di loro hanno risposto correttamente, spiegando che lo spazio si misura sull’asse delle ascisse e il tempo sull’asse delle ordinate. Gli alunni hanno notato un particolare che è emerso dall’osservazione del grafico creatosi tramite il movimento della palla, cioè “la linea rossa” e si sono posti la domanda di cosa potesse essere. Osservando i grafici, i bambini hanno notato che questa linea rossa cresceva o decresceva, ma avendo effettuato i movimenti in maniera casuale, non capivano secondo quale criterio la linea potesse cambiare l’andamento.

Successivamente, ho lasciato i bambini liberi di capire il funzionamento del sensore, dandogli la possibilità di sperimentare ciò in modo diretto. Una bambina ha sperimentato che allontanando la mano dal sensore la linea del grafico “saliva” e quando la avvicinava la linea “scendeva”. Successivamente alla sperimentazione dei movimenti, infatti, hanno notato che se un corpo si allontana la linea sale, se si avvicina scende e se rimane fermo la linea è dritta. A tal proposito, ho ritenuto opportuno ridefinire i termini da loro formulati, introducendo i concetti di crescita, decrescita e costanza.

Per fare notare agli alunni che tale osservazione era corretta, ho preso come punto di riferimento il pavimento e ho allontanato ed avvicinato il sensore da esso, facendo rilevare che l’andamento del grafico era lo stesso e che quindi nonostante cambiasse il corpo in movimento rispetto al sensore, cioè prima la mano e poi il pavimento, il risultato rimaneva invariato. Due bambini per avvalorare la tesi che l’andamento della linea non cambiava, anche se il corpo era diverso, hanno ripetuto l’esperimento della palla con il sensore facendola allontanare ed avvicinare da esso.

A questo punto ho chiesto ai bambini secondo loro come potesse funzionare lo strumento ed in particolare come potesse percepire il movimento. Le ipotesi formulate dagli alunni sono

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state varie: alcuni hanno detto che funzionava ad infrarossi, altri che lavora perché è collegato al computer ed una bambina ha affermato che il sensore “emetteva lo spazio dell’aria”. Così, ho fatto un esempio quotidiano ai bambini dicendo loro che il sensore è come il radar che si trova sulle navi. Esso emette ultrasuoni che se trovano un ostacolo rimbalzano e la misura della distanza viene fatta in relazione al tempo impiegato dall’ultrasuono a tornare indietro.

Successivamente, abbiamo svolto la seconda attività e ho chiesto agli alunni di immaginare un compagno che si allontanava dal sensore camminando lungo la sua direzione e di disegnare il grafico che prevedevano.

Ognuno ha fatto la sua previsione e successivamente un alunno si è allontanato dal sensore camminando lungo la sua direzione per verificare quale sarebbe stato il grafico che si sarebbe visualizzato. Abbiamo ripetuto l’esperimento per tre volte con tre alunni diversi, per sottolineare il fatto che anche se il soggetto dovesse cambiare l’andamento del grafico rimarrebbe sempre lo stesso e cioè crescente.

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Prendendo in considerazione l’ultimo esperimento effettuato, gli alunni hanno risposto a quattro domande: 1. qual è la posizione di partenza? 2. qual è la posizione di arrivo? 3. quanto spazio è stato percorso? 4. quanto tempo è trascorso?

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I bambini hanno notato che in uno dei tre esperimenti una compagna essendosi mossa più lentamente ha creato lungo il grafico una linea meno ripida e quindi hanno dedotto che l’andamento della linea variava a seconda della velocità del movimento che il compagno effettuava. Successivamente, i bambini hanno disegnato sulla loro scheda il grafico che osservavano al computer e nella parte sottostante dovevano scrivere se vi erano differenze tra il grafico previsto precedentemente e quello effettivamente ottenuto. Molti bambini hanno risposto semplicemente che le differenze tra i due grafici sono molte, perché non erano pienamente consapevoli di tutto ciò che avevano visto; mentre, una bambina ha risposto che i due grafici sono diversi perché lei aveva disegnato un percorso effettuato velocemente, invece, la sua compagna aveva camminato in modo orizzontale.

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Per la terza attività, cioè la camminata di avvicinamento al sensore, gli alunni hanno disegnato la loro previsione. Successivamente alcuni di loro hanno effettuato l’esperimento, cioè si sono avvicinati al sensore. Tutti hanno osservato che la linea riportata sul grafico decresceva.

Al contrario dell’esperimento precedente, le loro previsioni sono state nella maggior parte dei casi corrette.

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Successivamente, prendendo in considerazione un grafico abbiamo risposto alle stesse domande della camminata di allontanamento dal sensore.

Di seguito, ho chiesto ai bambini di riportare sulla scheda il grafico osservato e di scrivere eventuali differenze tra il grafico previsto e quello osservato. Un dato da sottolineare è che nel

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riportare tali differenze, la maggior parte del gruppo classe ha scritto che non vi erano differenze e ciò avvalora l’ipotesi che gli alunni avevano in parte acquisito il concetto di funzione che “cresce” e che “decresce”.

La quarta attività consisteva nel posizionare davanti il sensore

un corpo fermo. Ho chiesto ai bambini di formulare le loro previsioni.

Successivamente qualcuno di loro si è posizionato fermo davanti al sensore. I bambini, come avevano ben previsto, hanno osservato che la linea era orizzontale, però alcuni di loro si sono chiesti perché alcune volte la linea era più bassa e altre volte era più alta. In riferimento a ciò, si evidenzia nel gruppo classe che il grafico viene visualizzato in termini di altezza. Facendo ripetere l’esperimento a due bambini, ho fatto notare che se il compagno

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si fosse posizionato più lontano rispetto al sensore la linea sarebbe stata rappresentata nella parte più alta del grafico, perché c’è maggiore spazio tra il corpo del compagno e lo strumento; viceversa, se il compagno si fosse collocato più vicino al sensore, la linea sarebbe stata più bassa, perché c’è meno spazio tra il soggetto e lo strumento. Una bambina ha notato che nonostante cambiasse la distanza dallo strumento la linea che viene riportata sul grafico è sempre “dritta”, nel senso di orizzontale.

Successivamente, prendendo in esame uno dei grafici risultanti dall’esperimento i bambini hanno risposto alle stesse domande degli esercizi precedenti relativi allo spazio e al tempo.

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Infine, i bambini hanno riportato sulla scheda il grafico osservato, hanno scritto le differenze tra le loro previsioni e l’esperimento e la maggior parte di essi ha affermato che non vi erano differenze, ad eccezione di qualcuno che ha precisato la differenza delle distanze del corpo rispetto al sensore.

In tale maniera, siamo giunti al termine del primo intervento didattico: esso era partito dall’osservazione del moto della palla, proseguendo man mano con la camminata di allontanamento, avvicinamento e corpo fermo davanti al sensore. (allegato n°7-8).

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Durante il secondo intervento didattico è stata effettuata la camminata di allontanamento e avvicinamento davanti al sensore, sottolineando anche la velocità durante essa.

La prima cosa che ho chiesto ai bambini è stata quella di immaginare un compagno che contemporaneamente si allontanasse e avvicinasse dal sensore e successivamente di disegnare il grafico che avrebbero potuto osservare al computer.

Successivamente, abbiamo effettuato l’esperimento e una bambina ha fatto la dimostrazione, allontanandosi e avvicinandosi dallo strumento. Alla stessa bambina, viene in mente di chiedere cosa potesse succedere se ad un tratto ella si fosse fermata. Così, abbiamo verificato subito che sul grafico, vi sarebbe stata la linea che cresceva e decresceva e diventava orizzontale. Forse, la bambina ha posto questa domanda non perché non aveva assimilato il concetto precedente, ma perché vedeva le azioni in modo separato e non associava che ciò che aveva imparato prima poteva accadere anche nella situazione in cui ci si allontana e ci si avvicina dal sensore. Successivamente, dal momento che la bambina precedente si era mossa con velocità moderata, per far capire il concetto di velocità agli alunni, ho fatto ripetere l’esperimento ad un bambino chiedendogli di allontanarsi e avvicinarsi dal sensore con velocità diversa. Ho fatto notare ai bambini contemporaneamente all’esperimento che nei momenti in cui il compagno si muoveva

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con velocità maggiore, la linea sul grafico aveva maggiore pendenza l’intervallo di tempo era minore, proprio perché era più veloce nel compiere il movimento.

Prendendo in esame un esperimento effettuato da un bambino davanti al sensore, gli alunni hanno osservato ogni allontanamento e avvicinamento, per un totale di 3 allontanamenti e di 3 avvicinamenti e per ognuno di essi hanno riportato il tempo iniziale, lo spazio iniziale, il tempo finale, lo spazio finale, il tempo impiegato e lo spazio percorso.

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Successivamente hanno riportato sulla scheda il grafico osservato.

Dopo, hanno scritto se vi erano differenze con quello previsto e la maggior parte dei bambini ha espresso che non vi erano differenze tra i due grafici, mentre alcuni hanno precisato che ci sono alcune differenze relative alla velocità della camminata.

Di seguito, prendendo in esame l’ultimo esperimento effettuato in cui si notava in modo più diretto la differenza di velocità, tutti gli alunni hanno risposto ad alcune domande.

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Queste domande hanno guidato gli alunni nella lettura del grafico e hanno permesso loro di capire che la velocità maggiore era osservabile prendendo in considerazione la maggiore pendenza o il minor tempo impiegato per effettuare il movimento. In quest’ultima attività, gli alunni non hanno mostrato difficoltà nel capire che l’andamento del grafico sarebbe stato rappresentato da una linea che cresceva e decresceva. Piuttosto, hanno avuto qualche perplessità iniziale nel comprendere la velocità espressa nel grafico tramite la pendenza o il minor tempo trascorso. Dopo i

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vari esempi, i bambini hanno capito in quali tratti la velocità era maggiore usando nella maggioranza dei casi il concetto di pendenza. Si è notato anche come i bambini al concetto di velocità maggiore associassero solamente la distanza massima raggiunta, indicandola tramite l’espressione “il punto più alto del grafico”, ciò a dimostrazione del forte impatto operatorio-concreto e visivo. Per mettere in evidenza il concetto di velocità, non è stato necessario svolgere l’attività n°6, poiché ho affrontato tale argomento durante l’attività n°5 (allegato n°9-10). 4.2 Analisi del test L’attività didattica è stata preceduta e seguita dalla somministrazione di un test al fine di valutarne l’efficacia e quindi verificare se le competenze relative alla lettura dei grafici ed alla conoscenza e rappresentazione del concetto di moto fossero state acquisite. Per analizzare i test, sia qualitativamente che quantitativamente, ho effettuato l’analisi a priori dei comportamenti degli studenti nello svolgimento degli esercizi del test, che viene riportata di seguito: ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.1 D.3 R. COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI

9,6 1A1: Lettura corretta del valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa

9 giorni, 6 giorni

1A2: Confusione tra ascissa e ordinata

3,6 1A3: Lettura del grafico come icona: a ciascun giorno l’alunno fa corrispondere 1 euro, rappresentato graficamente dal punto geometrico

a. b.

20,35 1A4: Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo,

3 D sta per domanda, R sta per risposta

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moltiplicando il numero dei giorni per 5 (euro), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon voto”

5,5 1A5: Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, attribuendo ad ogni giorno 5 (euro), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon voto”

1,3,5 1C1: Individuazione corretta dei giorni corrispondenti ai massimi relativi

5 1C2: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di massimo assoluto

1,3,4,5 1C3: Confusione tra il concetto di massimo relativo ed il concetto di maggiore

Tutti i giorni

1C4: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di valore non nullo

c.

1,3,4,5,6,7 1C5: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di non minimo assoluto

2 1D1: Individuazione della corretta ampiezza dell’intervallo

d. 3 1D2: Confusione tra il concetto di intervallo e

il concetto di valore della coordinata Sì, … 1E1: Risposta affermativa alla domanda e,

giustificata dall’affermazione “le avrebbe potuto spendere il denaro guadagnato”: corretta formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali

No, … 1E2: Risposta negativa alla domanda e, giustificata dall’affermazione “lei spende 4 euro” or “altrimenti dovrebbe possedere 13 euro”: errata formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali

e.

Sì, … 1E3: Risposta affermativa alla domanda e, giustificata dall’affermazione “poiché il sesto

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giorno guadagna 8 euro”: lettura errata del grafico

5 1F1: Corretta identificazione del Massimo assoluto

1,2,3,4,5,7 1F2: Confusione tra non massimo e decrescenza

7 1F3: Errata interpretazione dei dati ed identificazione dell’ultimo giorno come giorno in cui Sara possiede più denaro

f.

4 1F4: Confusione tra crescenza e costanza 2 1G1: Corretta identificazione del minimo

assoluto 6 1G2: Confusione tra minimo e decrescenza g. 1 o 4 o 7 1G3: Confusione tra minimo assoluto e

relativo 2 1H1: Corretta identificazione del giorno in cui

si ha maggiore incremento di denaro 5 1H2: Confusione tra il giorno in cui si ha

maggiore incremento di denaro e il massimo assoluto

h.

4 1H3: Confusione tra crescenza e costanza ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.2 COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI 2A1: In ciascun grafico mette in relazione l’intervallo spaziale con l’intervallo temporale 2A2: Legge solo lo spazio iniziale 2A3: Visione del grafico simile alla rappresentazione delle latitudini e longitudini di Oresme (l’ordinata corrisponde alla longitudine, che è l’altezza di una latitudine) 2A4: Confusione tra valore temporale e spaziale (confusione tra ascissa e ordinata) 2A5: Confusione nell’associazione numero-unità di misura 2B1: Lettura corretta del tempo iniziale e finale (lettura corretta

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dell’ascissa del punto iniziale e finale) 2B2: Confusione tra tempo iniziale e tempo finale (confusione nella relazione d’ordine della variabile indipendente) 2C1: Lettura corretta della posizione di partenza e di arrivo (lettura corretta dell’ordinata del punto iniziale e finale) 2C2: Confusione tra spazio iniziale e spazio finale (confusione nella relazione d’ordine della variabile dipendente) 2C4: Confusione tra lo spazio finale e il massimo valore della scala dell’asse spaziale (Confusione tra l’ordinata del punto di ascissa maggiore e il massimo valore della scala delle ordinate) 2D1: Lettura corretta del tempo trascorso (lettura corretta dell’intervallo della variabile indipendente) 2E1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo nei grafici dei moti di allontanamento e avvicinamento (lettura corretta dell’intervallo non nullo della variabile dipendente) 2E2: Confusione tra lo spazio percorso e lo spazio iniziale o finale (confusione tra ampiezza dell’intervallo delle ordinate e un valore delle coordinate) 2E3: Confusione tra lo spazio percorso e l’ampiezza della scala spaziale (Confusione tra l’ampiezza dell’intervallo delle ordinate e il massimo valore della scala delle ordinate) 2F1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo nel grafico del corpo fermo (Riconoscimento dell’intervallo nullo della variabile dipendente) 2G1: Mette in relazione qualitativamente la velocità dei tre grafici ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.3 COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI 3A1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso a parità di tempo trascorso (confronto dell’ampiezza dell’intervallo dell’ordinata in relazione a quello dell’ascissa)

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3B1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso, mancata relazione col tempo trascorso 3C1: (13, 16) Confronto qualitativo corretto dello spazio percorso, inteso come “altezza del grafico” (Oresme) 3D1: Confronto quantitativo corretto della “lunghezza” dei grafici 3E1: Confronto qualitativo corretto della pendenza dei grafici 3F1: Confronto qualitativo corretto della velocità dei grafici ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.4 COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI 4A1: Concezione della velocità di un corpo legata al concetto di “rapidità nei movimenti del corpo stesso 4B1: Concezione della velocità messa in relazione allo spazio percorso e al tempo impiegato a percorrerlo 4B2: Concezione della velocità messa in relazione al solo spazio percorso 4B3: Concezione della velocità messa in relazione al solo tempo trascorso 4B4: Viene espressa la dipendenza della velocità da grandezze o entità fisiche, escluso spazio e tempo (potenza, energia, movimento, spinta, massa, forza) 4B5: Concezione della velocità non legata a grandezze fisiche 4B6: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di tempo 4B7: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di spostamento ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.5 COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI 5A1: Segna i punti correttamente 5A2: Scrive i valori delle ordinate sull’asse delle ascisse, in corrispondenza delle relative ascisse, o viceversa 5A3: Mette in relazione l’ascissa con l’ordinata disegnando una

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linea di giunzione 5A4: Segna l’ordinata come altezza dell’ascissa (Oresme) Dall’analisi qualitativa del pre-test e del post-test si evince come nel primo caso gli alunni mostrassero molte difficoltà nel leggere correttamente il valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa ed è significativo che alcuni di loro leggevano l’ordinata come “altezza” dell’ascissa, analogamente alle rappresentazioni di Oresme mediante latitudini e forme. Nello svolgimento dell’ultimo esercizio la maggior parte degli alunni non aveva idea di come si segnasse un punto sul piano cartesiano e collegavano i dati del testo ai giorni sull’asse delle ascisse mediante una linea. Nessuno studente era in grado di individuare i massimi relativi, confondendo il concetto di massimo relativo con quello di massimo assoluto. Inoltre, a molte domande non veniva fornita una risposta e, qualora vi fosse, non veniva utilizzato un linguaggio specifico. Al contrario, nel post-test sono emersi molti cambiamenti e buoni risultati, poiché tutti gli alunni sono stati in grado di rispondere correttamente alla maggior parte delle domande, superando le difficoltà incontrate precedentemente e mostrando una padronanza ed acquisizione del linguaggio specifico richiesto dai vari esercizi. Infatti, tutti gli alunni successivamente all’intervento didattico sono stati in grado di leggere le coordinate in un piano cartesiano. La maggior parte ha compreso cosa si intendesse per tempo iniziale e finale, posizione di partenza e di arrivo, tempo trascorso in totale e distanza tra la posizione di partenza e quella di arrivo. Naturalmente, ogni bambino ha risposto in maniera personale e anche tra le varie risposte esatte si evidenziavano risposte migliori e più complete rispetto ad altre altrettanto corrette. (allegati n° 11-12). Dunque, i risultati sperimentali hanno confermato le precedenti ricerche sull’utilizzo del sensore di moto in attività laboratoriali sulla lettura, comprensione di grafici cinematici, corroborando la validità di tale strumento. Per quanto riguarda il focus della mia

98

ricerca, esplicitato nella mia ipotesi di ricerca, esso segue principalmente dai risultati ottenuti dal primo esercizio del test, del quale, di seguito, riporto l’analisi quantitativa. L’analisi a priori riportata precedentemente mi ha permesso di classificare i comportamenti degli studenti nello svolgimento dell’esercizio n.1. Tale classificazione è riportata nella tabella in allegato n° 13, in cui nella prima riga vi sono i comportamenti degli studenti e nella prima colonna gli studenti. Mediante l’uso del software C.H.I.C ho ottenuto il seguente grafo implicativo, in cui le variabili analizzate rappresentano i comportamenti degli allievi:

1A2

1A5

1A4

1C2

1D1

1C4

1E3

1G1

1F1

1A1

Tale grafo evidenzia che esiste una doppia implicazione forte tra le variabili 1C2 e 1D1, ovvero, tra confusione tra il concetto di massimo relativo e di massimo assoluto e individuazione della corretta ampiezza dell’intervallo. Dunque, la competenza relativa alla lettura di massimi assoluti non costituisce prerequisito per la lettura dell’ampiezza degli intervalli. Una seconda implicazione si ha da 1F1 a 1A1, ovvero, tra la corretta identificazione del Massimo assoluto e la lettura corretta del valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa. Ci

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conferma che la lettura delle coordinate è un prerequisito per la lettura del massimo assoluto. L’implicazione tra 1E3 e 1G1 mostra che l’errata interpretazione del grafico come denaro “guadagnato” e non “posseduto” non ha inciso nella corretta determinazione del minimo assoluto. Per quanto riguarda l’esercizio n.1 del post-test, è stata effettuata la seguente analisi a priori, analoga a quella del pre-test: ANALISI A PRIORI – ESERCIZIO N.1 – POST TEST D. R. COMPORTAMENTI DEGLI STUDENTI

4,6 1A1: Lettura corretta del valore dell’ordinata in corrispondenza dell’ascissa

4 giorni, 6 giorni

1A2: Confusione tra ascissa e ordinata

0,4 1A3: Lettura del grafico come icona: a ciascun giorno l’alunno fa corrispondere 1 euro, rappresentato graficamente dal punto geometrico

1A4: Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, moltiplicando il numero dei giorni per 6 (uova), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno la signora Maria compra una confezione di uova”

a. b.

1A5: Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati del testo, attribuendo ad ogni giorno 6 (uova), come se il testo contenesse il dato “ogni giorno la signora Maria compra una confezione di uova”

1,2,4,7 1C1: Individuazione corretta dei giorni corrispondenti ai massimi relativi

2 1C2: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di massimo assoluto

c.

1,2,4,5,7 1C3: Confusione tra il concetto di massimo relativo ed il concetto di maggiore

100

Tutti i giorni

1C4: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di valore non nullo

1,2,3,4,5,7 1C5: Confusione tra il concetto di massimo relativo e di non minimo assoluto

5 1D1: Individuazione della corretta ampiezza dell’intervallo

d. 1 1D2: Confusione tra il concetto di intervallo e

il concetto di valore della coordinata Sì, … 1E1: Affirmative answer to the question d,

justifying with the affirmation “she could have spent the earned money”: forming correct hypotheses on the base of experimental data

No, … 1E2: Risposta negative alla domanda d, giustificata dall’affermazione “nella confezione ci sono 6 uova”: non vengono formulate ipotesi corrette sui dati sperimentali

e.

Sì, … 1E3: Risposta affermativa alla domanda e, giustificata dall’affermazione “poiché la signora Maria acquista 5 uova”: errata interpretazione del grafico

2 1F1: Corretta identificazione del Massimo assoluto

- 1F2: Confusione tra non massimo e decrescenza

7 1F3: Errata interpretazione dei dati ed identificazione dell’ultimo giorno come giorno in cui Sara possiede più denaro

f.

5 1F4: Confusione tra crescenza e costanza 6 1G1: Corretta identificazione del minimo

assoluto - 1G2: Confusione tra minimo e decrescenza g. 3 o 1 1G3: Confusione tra minimo assoluto e

relativo h. 7 1H1: Corretta identificazione del giorno in cui

101

si ha maggiore incremento di denaro 2 1H2: Confusione tra il giorno in cui si ha

maggiore incremento di denaro e il massimo assoluto

5 1H3: Confusione tra crescenza e costanza Analogamente al caso del pre-test, anche per il primo esercizio del post-.test ho prodotto una tabella (allegato n° 14) nella quale nella prima riga vi fossero le variabili studente e le variabili modelli di comportamento degli studenti. Mediante lo C.H.I.C ho ottenuto il seguente grafo implicativo:

1A1

1C2

1G1

1F1

1D2

1E2

1D1

1E3

1C4

1F4

1G3

1H1

In esso compare un’implicazione forte della variabile 1C2 verso 1G1. questo evidenzia che la competenza relativa alla lettura dei massimi relativi non costituisce un prerequisito per la corretta identificazione del minimo assoluto. Tale coppia di variabili implica 1F1, ovvero, la corretta identificazione del massimo assoluto. L’implicazione tra 1E3 e 1C4 si riferisce a due comportamenti di errata interpretazione del grafico. L’implicazione tra 1E2 e 1D1 mostra che la competenza di formulare ipotesi sulla base di dati sperimentali non costituisce prerequisito per la lettura dell’ampiezza degli intervalli. Oltre grafi implicativi, ho analizzato, mediante lo C.H.I.C., gli alberi di similarità delle variabili studenti rispetto alle variabili

102

modelli di comportamento degli studenti, che ne rappresentano il loro comportamento nello svolgimento dell’esercizio. Per realizzare tale studio ho considerato la tabella in allegato n° 13, in cui compaiono nella prima riga i nomi delle variabili studenti e nella prima colonna i comportamenti degli studenti. Quei ultimi vengono distinti in comportamenti corretti e comportamenti non corretti. Di seguito riporto l’albero di similarità relativo al primo esercizio.

In questo albero di similarità compaiono 5 gruppi di variabili, che possono essere così descritti: • Il gruppo 1, di cui fa parte soltanto lo studente S1, rappresenta

gli studenti che hanno letto correttamente le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e il minimo assoluto;

• Il gruppo 2, di cui fanno parte gli studenti S1 ed S5, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente coordinate cartesiane, il massimo e il minimo assoluto.

• Il gruppo 4, di cui fa parte lo studente S6, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente il minimo assoluto;

103

• Il gruppo 5, di cui fa parte lo studente S11, rappresenta gli studenti che hanno letto correttamente le coordinate cartesiane;

• Il gruppo 3, di cui fanno parte i restanti studenti, rappresenta gli studenti che non posseggono alcune competenza nella lettura dei grafici.

Poiché la classe nella quale è stata effettuata l’attività didattica non aveva affrontato precedentemente lo studio di grafici cartesiani, tale albero di similarità fornisce, in parte, una risposta alla mia domanda di ricerca. Di seguito riporto l’albero di similarità delle variabili studente per quanto riguarda il primo esercizio del post-test, ottenuto dalla tabella in allegato n° 14.

In tale grafico sono evidenti 9 raggruppamenti di variabili simili: • Il gruppo 1, di cui fanno parte S1 e S8, è costituito dagli

studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto;

104

• Il gruppo 2, di cui fanno parte S2, s4 ed S5 e il gruppo 1, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto;

• Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto e la crescenza;

• Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto e la crescenza;

• Il gruppo 4, di cui fa parte S3 e il gruppo 3, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo assoluto e la crescenza;

• Il gruppo 5, di cui fa parte S12 e il gruppo 4, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, il massimo assoluto e la crescenza;

• Il gruppo 6, di cui fanno parte i gruppi 2 e 5, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane e il massimo assoluto;

• Il gruppo 7, di cui fa parte S11, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo e il minimo assoluto;

• Il gruppo 8, di cui fanno parte S3 e il gruppo7, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane e l’ampiezza dell’intervallo;

• Il gruppo 9, di cui fanno parte S7, S10 e il gruppo 8, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane.

Dal confronto di tali grafici emerge, dunque, che buona parte degli studenti ha raggiunto le competenze fissate, relative alla

105

lettura dei grafici. In particolare gli studenti hanno migliorato maggiormente le competenze relative alla lettura dell’ampiezza di un intervallo o di un massimo o minimo relativo. Il dato più significativo è sicuramente quello relativo alla lettura delle coordinate, infatti tale analisi mostra che tutti gli studenti in seguito all’attività laboratoriale hanno acquisito tale competenza. Non ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda la formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali e la lettura dei massimi relativi.

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CAP. 5° Conclusione e problemi aperti

Ogni docente dovrebbe possedere strumenti di lavoro, che, assieme alla volontà e all’entusiasmo, gli permettano di crearsi una propria metodologia. Questo può avvenire attraverso lo studio dei contenuti e dei principi epistemologici della disciplina; mantenendo tuttavia una costante attenzione e sensibilità verso gli aspetti psicologici dell’attività di insegnamento-apprendimento. Solo utilizzando questa modalità di lavoro sarà possibile effettuare quel salto che per ciascun insegnante sta diventando una necessità e una richiesta sempre più incalzante e ineludibile.

Nella tradizione scolastica i problemi sono stati sempre considerati come un contenuto della Matematica necessario per dare significato al calcolo. Oggi, invece, viene proposta l’analisi della situazione problematica come spunto alla ricerca, alla riflessione e all’elaborazione di nuove conoscenze. Il porre e risolvere problemi costituisce il veicolo principale dell’azione didattica e rappresenta l’occasione per la scoperta e la riflessione, utili per acquisire concetti e non solo per esercitarli.

La didattica, assumendo un atteggiamento di tipo problematico, si è rinnovata, diventando attiva e motivante. Nella pedagogia del problema il ruolo dell’insegnante si arricchisce di nuove qualità professionali. Non ha più la funzione esclusiva di spiegare i principi, le regole e le tecniche operative, ma assume il ruolo di animatore e di facilitatore. Quello dell’insegnante allora diviene un ruolo più completo. Oltre ad essere perfettamente a conoscenza delle implicazioni metodologiche e risolutive che caratterizzano ciascun problema, l’insegnante deve assumere un ruolo di provocatore intellettuale e favorire la scoperta della strategia risolutiva, abituando gli alunni ad organizzare le conoscenze, istruendoli nella conoscenza di un metodo di lavoro valido.

L’astrazione matematica, cioè la padronanza delle operazioni di tipo ipotetico-deduttivo, è un obiettivo da conseguire a partire dalla quarta classe di Scuola Primaria. Il processo di acquisizione

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parte dall’osservazione della realtà per arrivare alla risoluzione di problemi e alla conquista di livelli di formalizzazione.

In seguito alla mia esperienza di ricerca e di tirocinio, penso che la maggior parte dei docenti mostrino delle riserve nei confronti di attività didattiche innovative e che sconfinano dagli schemi scolastici usuali. A tal proposito, si ritiene a priori che gli alunni non possano essere in grado di leggere e comprendere alcun tipo di grafico di funzione, perché tale argomento viene proposto in linea generale a partire dalla prima classe della Scuola Secondaria Inferiore, ipotizzando che solo a quest’età si possa pervenire all’acquisizione di tali competenze. Di contro con il mio lavoro di ricerca ho voluto analizzare se e come i bambini di una quarta classe di Scuola Primaria potessero essere in grado di compiere la lettura e giungere alla comprensione di grafici di funzione cinematici e non cinematici.

Durante l’intervento didattico ho notato come l’utilizzo del sensore di movimento sia stato un utile mezzo per accrescere la motivazione ad apprendere degli alunni, poiché attratti da questo strumento erano maggiormente coinvolti dall’attività didattica ed erano maggiormente spinti nel trovare soluzioni ai vari problemi. L’uso dello strumento, inoltre, offre il vantaggio di accorciare i tempi di comprensione poiché tramite l’esperienza diretta con il proprio corpo gli alunni hanno la possibilità di confrontarsi con le loro previsioni. Tale dispositivo ha catalizzato il processo di embodiment, dando la possibilità a tutti gli alunni di sperimentare attraverso il proprio corpo concetti fisici e matematici astratti.

Il lavoro di ricerca che ho svolto è stato contrassegnato da diversi momenti, sia dal punto di vista professionale che personale. All’inizio di questa importante e formativa esperienza ero timorosa di non riuscire a raggiungere gli obiettivi che mi ero fissata, sia perché credevo di non poter essere all’altezza di tutto ciò, sia perché pensavo che tale argomento non potesse essere compreso da alunni di quarta classe. Invece, man mano che procedevo con l’attività didattica sono riuscita a credere di più in me stessa e nelle capacità degli alunni.

108

Il percorso di studio e di ricerca che mi ha condotto alla realizzazione di questo significativo, si è rivelato un’importante occasione per mettere alla prova me stessa, prima di tutto come persona e naturalmente come futura insegnante. Ho incontrato alcune difficoltà, sia per l’argomento da proporre agli alunni, sia per la complessità dei concetti da spiegare a bambini di quarta classe che prima d’ora non avevano mai affrontato argomenti simili. Il cimentarsi in un’esperienza totalmente sconosciuta ai bambini, il mettersi in gioco, il poter confrontare le loro opinioni in modo libero e creativo, il riuscire a trovare da soli risposte alle loro domande e soluzioni ai vari problemi ha dato modo a tutti gli alunni di far emergere competenze, potenzialità e desiderio di conoscenza, sia dal punto di vista intellettivo e scolastico che da quello sociale ed emotivo. In tutte la fasi dell’attività didattica gli alunni hanno avuto la possibilità di formulare ipotesi, sbagliarle e poterle correggere, creando momenti di discussione ed arrivando alla soluzione di un problema.

In base ai risultati ottenuti con il mio lavoro sperimentale, ho individuato una serie di problemi aperti, questioni da chiarire e spunti di riflessione che possono costituire un punto di partenza per ulteriori indagini sperimentali:

- Il sensore di movimento può essere utile per apprendere la lettura dei grafici delle funzioni?

- Si potrebbero inserire dei laboratori interdisciplinari di matematica e fisica nella Scuola Primaria, in modo da semplificare il concetto e lo studio di una funzione?

109

“Quando si discute di sviluppo mentale, ci sono

molti che dicono: <Che cosa c’entra il movimento?

Stiamo parlando della mente>. E quando pensiamo all’attività intellettiva

immaginiamo sempre persone sedute, immobili senza movimento.

Ma lo sviluppo mentale deve essere connesso al movimento e dipendente da questo.

E’ vitale che la teoria e la pratica educativa si debbano confermare a questa idea”

Maria Montessori, 1952

110

Ringraziamenti

Desidero ringraziare con tutto il mio cuore la mia famiglia che mi ha permesso di realizzare questo obiettivo, sia sostenendomi economicamente, ma soprattutto incoraggiandomi nei momenti di difficoltà, mostrandomi sempre il loro amore. Un enorme grazie lo rivolgo ad Antonino che mi è stato vicino con tanto amore e pazienza e a tutti gli amici, in particolare Roberta e Tiziana che mi sono state accanto durante questi anni intensi e piacevoli. Un affettuoso grazie ai miei zii, cugini e nonni che hanno creduto fortemente in me. Un particolare ringraziamento lo dedico a mio nonno Michele che con il suo amore mi ha accompagnata giorno dopo giorno in questo cammino. Ringrazio con tanta stima e ammirazione il Prof. Filippo Spagnolo che con la sua alta professionalità ed esperienza, unite alla sua gentilezza e disponibilità, sono state indispensabili per la riuscita del mio lavoro di ricerca. Desidero rivolgere un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Maria Lucia Lo Cicero per l’immenso aiuto fornito nella redazione del mio lavoro, la sua competenza, la disponibilità, la pazienza, la precisione e per avermi dato l’opportunità di arricchirmi sia dal punto di vista professionale che personale. Ringrazio il Circolo Didattico “Francesco Paolo Perez” di Palermo, le insegnanti e soprattutto gli alunni che hanno consentito la realizzazione del mio lavoro di ricerca.

111

112

CLASSE: SCUOLA: DATA: All. 1

1. Il padre di Sara ha deciso di premiare la figlia ogni volta che prende un buon voto a

scuola regalandole 5 euro, che lei può decidere di spendere o conservare, ma questa

sarà la sua unica fonte di guadagno. Il grafico mostra l’andamento del denaro

posseduto da Sara in una settimana. Osservalo e rispondi alle seguenti domande:

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

0 1 2 3 4 5 6 7 8

GIORNI

EUR

O

a) Quanti euro Sara possedeva il 4° giorno?.................................................................. …………………………………………………………………………………………. b) Quanti euro Sara possedeva il 7° giorno?………………………………………….. …………………………………………………………………………………………. c) In quali giorni Sara sicuramente ha preso un buon voto?.......................................... ………………………………………………………………………………………… d) Sapendo che Sara nel 2° giorno non ha preso un buon voto, in quel giorno quanti soldi ha speso?................................................................................................................. …………………………………………………………………………………………. e) Potrebbe aver preso un buon voto il 6° giorno? (motiva la risposta)……………..... …………………………………………………………………………………………. f) In quale giorno Sara possiede più denaro?................................................................. …………………………………………………………………………………………. g) In quale giorno Sara possiede meno denaro? ……………………………………… …………………………………………………………………………………………. h) In quale giorno Sara ha accumulato più denaro rispetto al precedente?...................

113

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… 2. Di seguito sono riportati tre grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio

percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato.

Descrivi ciascun grafico, facendo riferimento ai movimenti effettuati dall’automobile

al passare del tempo ed evidenziando le differenze con gli altri grafici.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

________________________________

c.

114

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

________________________________

3. Di seguito sono riportati due grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio

percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato.

Confrontali e spiega, secondo te, qual è la differenza.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO

SPA

ZIO

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO

SPA

ZIO

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

115

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

4. Spiega cosa è, secondo te, la velocità di un corpo:

5. Matteo si è ammalato e sua madre

ogni giorno gli misura la temperatura:

Il primo giorno è 39°C

Il secondo giorno è 40°C

Il terzo giorno è 38,5°C

Il quarto giorno è 37°C

Il quinto giorno è 36,5°C

Segna con un punto sul grafico a

fianco per ogni giorno il valore della

temperatura

34

35

36

37

38

39

40

41

42

lune

mar

tedì

mer

cole

giov

edì

vene

rdì

saba

to

dom

enic

a

Hai mai visto grafici di questo tipo? Se sì, dove?

_______________________________________________________________

116

CLASSE: SCUOLA: DATA: All. 2

La signora Maria vuole tenere sotto controllo il consumo di uova che si fa a casa sua in una settimana. Per fare ciò ogni sera, prima di andare a dormire, registra il numero di uova contenute nel frigorifero su un grafico, riportato di seguito. Ricorda che in casa della signora Maria soltanto lei si occupa di acquistare le uova e le acquista in confezioni da 6. Osserva attentamente il grafico e rispondi alle domande di seguito:

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0 1 2 3 4 5 6 7

GIORNI

UO

VA

a) Quante uova c’erano nel frigo della signora Maria il 1° giorno?............................ ………………………………………………………………………………………... b) Quante uova c’erano nel frigo della signora Maria il 5° giorno?............................ ………………………………………………………………………………………...

117

c) In quali giorni la signora Maria sicuramente ha comprato delle uova?................... ………………………………………………………………………………………... d) Sapendo che la signora Maria il 6° giorno non ha comprato uova, in quel giorno

quante uova sono state consumate?......................................................................... ……………………………………………………………………………………… e) La signora Maria potrebbe aver acquistato delle uova il 3° giorno? (motiva la risposta)……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….……...........……………………………………………………………………………..…........ f) In quale giorno nel frigo della signora Maria ci sono state più uova?..................... ………………………………………………………………………………………... g) In quale giorno nel frigo della signora Maria ci sono state meno uova?................. ………………………………………………………………………………………... h) In quale giorno nel frigo della signora Maria ci sono state più uova rispetto al giorno precedente?.....................................................................……………………... ………………………………………………………………………………………..

2. Di seguito sono riportati tre grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio

percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato.

Per ogni grafico, rispondi alle seguenti domande:

A

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

1. Qual è il tempo iniziale?............................. ………………………………………………. 2. Qual è la posizione di partenza?................. ………………………………………………. 3. Qual è il tempo finale?................................ ………………………………………………. 4. Qual è la posizione di arrivo?..................... ………………………………………………. 5. Quanto tempo è trascorso in totale?............ ………………………………………………. 6. Qual è la distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo?.................... ……………………………………………….

118

B

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

1. Qual è il tempo iniziale?............................. ………………………………………………. 2. Qual è la posizione di partenza?................. ………………………………………………. 3. Qual è il tempo finale?................................ ………………………………………………. 4. Qual è la posizione di arrivo?..................... ………………………………………………. 5. Quanto tempo è trascorso in totale?............ ………………………………………………. 6. Qual è la distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo?.................... ……………………………………………….

C

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

140

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO (secondi)

SPA

ZIO

(met

ri)

1. Qual è il tempo iniziale?............................. ………………………………………………. 2. Qual è la posizione di partenza?................. ………………………………………………. 3. Qual è il tempo finale?................................ ………………………………………………. 4. Qual è la posizione di arrivo?..................... ………………………………………………. 5. Quanto tempo è trascorso in totale?............ ………………………………………………. 6. Qual è la distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo?........................................ …………………………………………………...

3. Di seguito sono riportati due grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio

percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato.

Confrontali e spiega, secondo te, qual è la differenza.

119

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO

SPA

ZIO

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

TEMPO

SPA

ZIO

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

5. Matteo si è ammalato e sua

madre ogni giorno gli misura la

temperatura:

Il lunedì è di 39°C

Il martedì è di 40°C

Il mercoledì è di 38,5°C

Il giovedì è di 37°C

Il venerdì è di 36,5°C

Segna con un punto sul grafico a

fianco per ogni giorno il valore

della temperatura

34

35

36

37

38

39

40

41

42

lune

mar

tedì

mer

cole

giov

edì

vene

rdì

saba

to

dom

enic

a

120

Alunno………………………… Classe…………………. Data …………….. All. 3 Obiettivo dell'esperimento: Analizzare il moto dei corpi MATERIALE OCCORRENTE STRUMENTI: - Palla - Cronometro - Nastro adesivo colorato - Metro - Computer - Sensore di movimento - Proiettore

ATTIVITÀ N° 1: MOTO DELLA PALLA Disegna lo studio del moto della palla sul pavimento Osserva il fenomeno, quali grandezze Studiamo in questo esperimento? Riporta le misure che sono state rilevate in una tabella: Osservazioni:

__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Osservazioni sull’esperimento con il sensore:

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

1 2 3 4

121

ATTIVITA’ N. 2: CAMMINATA DI ALLONTANAMENTO DAL SENSORE

Immagina che un tuo compagno si allontani dal sensore camminando lungo la sua direzione. Che grafico osserveresti al computer? Disegna la tua previsione:

Dopo aver effettuato l’esperimento osserva il grafico, completa la tabella e rispondi alle seguenti domande: Tempo (s) Posizione (m)

1. Qual è la posizione di partenza?....................................................

2. Qual è la posizione di arrivo?........................................................

3. Quanto spazio è stato percorso?....................................................

4. Quanto tempo è trascorso?...................................................

Disegna il grafico osservato:

Noti differenze tra il grafico da te previsto e il grafico osservato? Se sì, descrivi tali differenze e spiega perché secondo te la tua previsione è differente dal grafico effettivamente ottenuto ________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

122

ATTIVITA’ N. 3: CAMMINATA DI AVVICINAMENTO AL SENSORE

Immagina che un tuo compagno si avvicini al sensore camminando lungo la sua direzione. Che grafico osserveresti al computer? Disegna la tua previsione:

Dopo aver effettuato l’esperimento osserva il grafico, completa la tabella e rispondi alle seguenti domande: Tempo (s) Posizione (m)

5. Qual è la posizione di partenza?....................................................

6. Qual è la posizione di arrivo?........................................................

7. Quanto spazio è stato percorso?....................................................

8. Quanto tempo è trascorso?...................................................

Disegna il grafico osservato:

Noti differenze tra il grafico da te previsto e il grafico osservato? Se sì, descrivi tali differenze e spiega perché secondo te la tua previsione è differente dal grafico effettivamente ottenuto ________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

123

ATTIVITA’ N. 4: CORPO FERMO DAVANTI AL SENSORE Immagina che un tuo compagno resti fermo davanti al sensore. Che grafico osserveresti al computer? Disegna la tua previsione:

Dopo aver effettuato l’esperimento osserva il grafico, completa la tabella e rispondi alle seguenti domande: Tempo (s) Posizione (m)

9. Qual è la posizione di partenza?....................................................

10. Qual è la posizione di arrivo?........................................................

11. Quanto spazio è stato percorso?....................................................

12. Quanto tempo è trascorso?...................................................

Disegna il grafico osservato:

Noti differenze tra il grafico da te previsto e il grafico osservato? Se sì, descrivi tali differenze e spiega perché secondo te la tua previsione è differente dal grafico effettivamente ottenuto ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

124

ATTIVITA’ N. 5: CAMMINATA DI ALLONTANAMENTO E AVVICINAMENTO All. 4

Immagina che un tuo compagno, partendo da una posizione vicina al sensore, cammini lungo la direzione del sensore allontanandosi e avvicinandosi rispetto ad esso, fino a quando non viene interrotta la misura. Che grafico osserveresti al computer? Disegna la tua previsione:

Dopo aver effettuato l’esperimento osserva il grafico e completa la seguente tabella:

TRATTO Tempo

iniziale

Spazio

iniziale

Tempo

finale

Spazio

finale

Tempo

impiegato

Spazio

percorso

Allontanamento 1

Avvicinamento 1

Allontanamento 2

Avvicinamento 2

Allontanamento 3

Avvicinamento 3

Disegna il grafico osservato:

125

Noti differenze tra il grafico da te previsto e il grafico osservato? Se sì, descrivi tali differenze e spiega perché secondo te la tua previsione è differente dal grafico effettivamente ottenuto ________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

Rispondi alle seguenti domande:

1. Quanto tempo è trascorso in totale?_____________________________________________

2. Qual è la posizione di partenza?________________________________________________

3. Qual è la posizione di arrivo?__________________________________________________

4. Qual è la distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo?__________________

5. Quando ha raggiunto la massima distanza rispetto al sensore?_________________________

6. Qual è la massima distanza raggiunta?___________________________________________

7. Quando ha raggiunto la minima distanza rispetto al sensore?_________________________

8. Qual è la minima distanza raggiunta?____________________________________________

9. Osservando il grafico, secondo te, in quale tratto di allontanamento la velocità è maggiore e

perché?____________________________________________________________________

__________________________________________________________________________

10. Osservando il grafico, secondo te, in quale tratto di avvicinamento la velocità è maggiore e

perché?____________________________________________________________________

__________________________________________________________________________

ATTIVITA’ N. 6: CAMMINATA DI ALLONTANAMENTO E AVVICINAMENTO (VELOCITA’)

Immagina che un tuo compagno, partendo da una posizione vicina al sensore, cammini lungo la direzione del sensore allontanandosi e avvicinandosi rispetto ad esso, prima lentamente e poi velocemente. Che grafico osserveresti al computer? Disegna la tua previsione:

Dopo aver effettuato l’esperimento osserva il grafico e completa la seguente tabella:

126

TRATTO Tempo

iniziale

Spazio

iniziale

Tempo

finale

Spazio

finale

Allontanamento 1

Avvicinamento 1

Allontanamento 2

Avvicinamento 2

Allontanamento 3

Avvicinamento 3

Disegna il grafico osservato al computer:

1.Osservando il grafico, secondo te, in quale tratto di allontanamento la velocità è maggiore e

perché?

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

2.Osservando il grafico, secondo te, in quale tratto di avvicinamento la velocità è maggiore e

perché?

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

127

All. 5

129

130

131

All. 6

132

133

134

135

All. 7

136

137

138

139

All. 8

140

141

142

143

All. 9

144

145

146

All. 10

147

148

149

All. 11

150

151

152

All. 12

153

154

155

All. 13

COMPORTAMENTI – ESERCIZIO N. 1 – PRE TEST

1A1

1A2

1A3

1A4

1A5

1C1

1C2

1C3

1C4

1D1

1D2

1E1

1E2

1E3

1F1

1F2

1F3

1F4

1G1

1G2

1G3

1H1

1H2

1H3

S1 1 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0

S2 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

S3 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

S4 0 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0

S5 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0

S6 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0

S7 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

S8 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

S9 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0S10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0S11 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0S12 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

STUDENTI – ESERCIZIO N. 1 – PRE TEST

S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12

COORD_INT_ A-MAX_ A-MIN

COORD_A-MAX_ A-MIN A-MIN COORD

NOT_ GRAPH

1A1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 1 1 0 1 0

NOT_1A1 0 1 1 1 0 1 1 1 1 1 0 1 0 0 1 0 1

1C1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

NOT_1C1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1

1D1 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0

NOT_1D1 0 1 1 0 1 1 1 1 1 1 1 1 0 1 1 1 1

1E1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

NOT_1E1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1

1F1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0

NOT_1F1 0 1 1 1 0 1 1 1 1 1 1 1 0 0 1 1 1

1G1 1 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 1 1 0 0

NOT_1G1 0 1 1 1 0 0 1 1 1 1 1 1 0 0 0 1 1

1H1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

NOT_1H1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1

156

All. 14

COMPORTAMENTI – ESERCIZIO N. 1 – POST TEST

1A1 1A2 1A3 1A4 1A5 1C1 1C2 1C3 1C4 1D1 1D2 1D3 1E1 1E2 1E3 1F1 1F2 1F3 1F4 1G1 1G2 1G3 1H1 1H2 1H3

S1 1 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0

S2 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0

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STUDENTI – ESERCIZIO N. 1 – POST TEST

S1

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COORD INT A-MAX A-MIN

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