Una valle, 35 Apocalissi - in-africa.org · non ha probabilmente confronti al mon- ... Gli arabi di...

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DOMENICA 31 GENNAIO 2016 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 23 B asta avere qualche elementare nozione di geopolitica, oppure avere giocato a Risiko o guarda- to con attenzione un planisfero, per sapere che l’area attorno al- l’attuale Israele è una sorta di crocevia fondamentale del nostro pianeta, dove si incontrano e si scontrano da sempre po- poli, culture e religioni provenienti da tre continenti: Asia, Africa ed Europa. Eric H. Cline, docente universitario, biblista e ar- cheologo con molte campagne di scavo in Palestina, nell’introduzione al suo Arma- geddon. La valle di tutte le battaglie (Bol- lati Boringhieri), scrive: «Questa regione può essere paragonata al punto di contat- to di due placche tettoniche, dove attriti e tensioni causano spesso eventi catastrofi- ci di portata immensa, la cui onda d’urto si sente anche molto lontano, sia nel tem- po che nello spazio». Al centro di questa terra di conflitti, grosso modo a mezza via tra il Mediterra- neo e il fiume Giordano, si trova una valle dove la concentrazione di scontri militari non ha probabilmente confronti al mon- do. Nella valle di Jezreel, Esdraelon nella Bibbia, nell’arco di più di quattromila an- ni sono state combattute 34 grandi batta- glie. La prima nel 2350 a.C., tra il faraone Pepi I e alcuni popoli ribelli vicino a un monte definito Muso d’Antilope, fu uno dei primi scontri storicamente attestati nella storia dell’uomo; l’ultima, durante il conflitto arabo-israeliano del 1973, fu combattuta con aerei e missili attorno alla base di Ramat David. Il libro di Cline ricostruisce questa lun- ga serie di combattimenti, narrando co- me gli antichi egizi intervenissero contro chi minacciava i confini del loro impero e poi passando alle battaglie della Bibbia, compresa quella in cui trovarono la morte re Saul e i suoi figli. Giunsero quindi nella valle gli assiri, poi i generali di Alessandro Magno, quindi le legioni romane e le loro eredi bizantine. Quando arrivarono gli arabi, dapprima ci furono scontri fra gli eserciti dei diversi califfati e a seguire cen- tocinquant’anni di lotta durissima contro i crociati, cavalieri Ospitalieri e Templari compresi. Sempre nella valle di Jezreel e precisa- mente presso un luogo detto ‘Ayn Jalut, (fonte di Golia, ma che sia il luogo dello scontro con Davide è molto dubbio) i ma- melucchi egiziani imposero il primo arre- sto alle orde mongole che avevano attra- versato vittoriosamente tutta l’Asia. Toc- cherà poi a Napoleone arrivare e guerreg- giare alle pendici del monte Tabor contro gli ottomani; durante la prima guerra mondiale saranno invece gli inglesi a sconfiggervi i turchi. Per finire l’elenco dobbiamo contare almeno quattro episo- di delle guerre arabo-israeliane, dal 1948 al 1973. La quantità di scontri è tale che provoca un certo spaesamento: le storie si confon- dono e si ripetono. Nel 1918 il generale in- glese Allenby conosceva la strategia che 3.500 anni prima aveva utilizzato il farao- ne Thutmose III, visto che ne ripeté le mosse? Gli arabi di Saladino sapevano di essersi accampati nello stesso luogo dove avevano piantato le tende gli ebrei di Saul duemila anni prima? E potevano immagi- nare che secoli dopo, in quello stesso po- sto, i discendenti arabi ed ebrei si sareb- bero scontrati dapprima per un kibbutz di Israele e poi per i villaggi arabi della zona? Quattro millenni di arte militare scor- rono in una sorta di catalogo del warfare di tutti i tempi e ogni tappa viene affron- tata con grande precisione storica, im- pressionante cura dei dettagli (soprattut- to per gli scontri più lontani), semplicità di linguaggio e compostezza anglosasso- ne. Proprio questo distacco offre un altro tratto peculiare del libro: già è strano tro- vare fianco a fianco i grandi eserciti e con- dottieri della storia, ma è ancor più stra- niante leggerli in un contesto che non sia- mo abituati a riferire alla storia militare. Trovare personaggi biblici come Giosia, Saul, Gedeone e la profetessa Debora (pri- ma donna di cui si ha conoscenza a con- durre un esercito in battaglia) riportati al- la loro dimensione storica è già abbastan- za spiazzante, ma lo è ancora di più se i luoghi di cui si narra sono le tappe della storia evangelica e si chiamano Nazareth, Tiberiade o Monte Tabor. La dissociazione fra compostezza stori- ca del libro e potere evocativo dei luoghi e degli argomenti raggiunge il culmine nel- l’ultimo capitolo. Al centro della valle di Jezreel e fulcro di gran parte degli avveni- menti narrati sorge Megiddo, che è stata cittadina e fortezza e oggi è un sito ar- cheologico importantissimo: le sue venti stratificazioni testimoniano bene la stra- ordinaria sequenza di sconvolgimenti av- venuti in questa regione. Ma il monte di Megiddo, Har Megiddo, è anche l’Armageddon dell’Apocalisse, il luogo dove, secondo il testo di san Gio- vanni, avverrà la battaglia decisiva tra il Bene e il Male (in realtà, come precisa Cli- ne, al contrario di quanto normalmente si pensi, non l’ultima, bensì la penultima battaglia prima del Giudizio finale). Ora, l’autore affronta Armageddon esattamen- te come ha affrontato le precedenti 34 battaglie, analizzando le ragioni per cui è stata scelta questa collocazione, quali po- tranno essere gli schieramenti (gli uomi- ni probabilmente saranno allineati dalla parte del Male, mettiamoci l’anima in pa- ce). Arriva perfino a concedersi una nota ottimistica: negli scontri storici in cui en- trambi gli eserciti sopraggiungevano nel- la valle, chi si presentava per secondo ha vinto dieci volte su tredici. E, secondo l’apostolo, ultime ad arrivare saranno le forze del Bene che scenderanno dal cielo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Una valle, 35 Apocalissi di MARCO SCARDIGLI ERIC H. CLINE Armageddon. La valle di tutte le battaglie Traduzione di Stefano Suigo BOLLATI BORINGHIERI Pagine 248, e 24 L’autore Nato nel 1960, lo storico americano Eric H. Cline insegna alla George Washington University (Washington DC) ed è direttore del Capitol Archaeological Institute presso il medesimo ateneo. Specialista della Bibbia e delle civiltà orientali antiche, ha pubblicato diversi saggi su questi temi. In Italia nel 2014 è uscito da Bollati Boringhieri il suo saggio 1177 a. C. Il collasso della civiltà, di cui ha scritto su «la Lettura» (9 novembre 2014, #155) Sandro Modeo i Il Comune di Seattle offre 10 mila dollari a un poeta che componga un’opera su «aspetti reali o metaforici» del ponte levatoio Fremont Bridge. L’unica condizione richiesta è che risieda a Seattle e che lavori per un anno in una torretta del ponte, dove l’arredamento è essenziale e manca l’acqua corrente ma le finestre consentono una vista a 360° sull’area circostante. Le domande vanno inviate entro il 16 febbraio. Un poeta sul ponte { Stanze di Angela Urbano Guerre Faraoni, romani, crociati, mongoli: 4.500 anni di battaglie a Jezreel. In attesa dello scontro decisivo tra Bene e Male I resti di 27 individui ritrovati in Kenya Buon selvaggio? Mica tanto: la prima strage del Paleolitico L’ ho letto d’un fiato, quasi fosse un romanzo o una breaking news, ma era un articolo scientifico. È apparso nei giorni scorsi sulla rivista internazionale «Nature», a firma di ricercatori che fanno capo a Cambridge. Descrive un eccidio avvenuto a Nataruk, in Kenya, nella preistoria recente: circa 10 mila anni fa, quando il clima stava cambiando verso lo stato attuale. I protagonisti sono donne e uomini che erano ancora nel Paleolitico e vivevano di caccia e raccolta, prima cioè che, con il Neolitico, le pratiche di produzione del cibo venissero a stravolgere i rapporti fra gli uomini e la natura, come quelli all’interno delle comunità umane. Con le tecniche dei migliori investigatori sono stati analizzati gli scheletri di 27 individui, maschi e femmine (una incinta) con sei bambini. Molti portano i segni di essere stati uccisi. Colpi violenti al volto e sul corpo, crani spezzati e perforati, costole e ginocchia rotte, fratture multiple della mano destra… Sono le tracce del più antico massacro. Mostrano che la violenza tra uomini è emersa prima che divenissimo stanziali, produttori di cibo e altri beni, diciamo «civilizzati»; quando si poteva pensare che fossimo ancora appieno nel mito del Buon selvaggio. © RIPRODUZIONE RISERVATA di GIORGIO MANZI Nairobi TANZANIA ETIOPIA SOMALIA UGANDA Eldoret Kisumu Lago Turkana Mar Arabico KENYA Nataruk Mombasa 300 km Lago Vittoria Stile UUUUU Rigore UUUUU Copertina UUUUU Una scultura in ferro riproduce a Megiddo un carro e due cavalli dell’esercito di una civiltà preclassica. La foto è stata scattata dal biblista americano Ferrell Jenkins

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DOMENICA 31 GENNAIO 2016 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 23

B asta avere qualche elementarenozione di geopolitica, oppureavere giocato a Risiko o guarda-to con attenzione un planisfero,per sapere che l’area attorno al-

l’attuale Israele è una sorta di crocevia fondamentale del nostro pianeta, dove siincontrano e si scontrano da sempre po-poli, culture e religioni provenienti da trecontinenti: Asia, Africa ed Europa. Eric H.Cline, docente universitario, biblista e ar-cheologo con molte campagne di scavo inPalestina, nell’introduzione al suo Arma-geddon. La valle di tutte le battaglie (Bol-lati Boringhieri), scrive: «Questa regionepuò essere paragonata al punto di contat-to di due placche tettoniche, dove attriti etensioni causano spesso eventi catastrofi-ci di portata immensa, la cui onda d’urtosi sente anche molto lontano, sia nel tem-po che nello spazio».

Al centro di questa terra di conflitti,grosso modo a mezza via tra il Mediterra-neo e il fiume Giordano, si trova una valledove la concentrazione di scontri militarinon ha probabilmente confronti al mon-do. Nella valle di Jezreel, Esdraelon nellaBibbia, nell’arco di più di quattromila an-ni sono state combattute 34 grandi batta-glie. La prima nel 2350 a.C., tra il faraonePepi I e alcuni popoli ribelli vicino a unmonte definito Muso d’Antilope, fu unodei primi scontri storicamente attestatinella storia dell’uomo; l’ultima, durante ilconflitto arabo-israeliano del 1973, fucombattuta con aerei e missili attorno allabase di Ramat David.

Il libro di Cline ricostruisce questa lun-ga serie di combattimenti, narrando co-me gli antichi egizi intervenissero controchi minacciava i confini del loro impero epoi passando alle battaglie della Bibbia,compresa quella in cui trovarono la mortere Saul e i suoi figli. Giunsero quindi nellavalle gli assiri, poi i generali di AlessandroMagno, quindi le legioni romane e le loroeredi bizantine. Quando arrivarono gliarabi, dapprima ci furono scontri fra glieserciti dei diversi califfati e a seguire cen-tocinquant’anni di lotta durissima controi crociati, cavalieri Ospitalieri e Templaricompresi.

Sempre nella valle di Jezreel e precisa-mente presso un luogo detto ‘Ayn Jalut,(fonte di Golia, ma che sia il luogo delloscontro con Davide è molto dubbio) i ma-melucchi egiziani imposero il primo arre-sto alle orde mongole che avevano attra-versato vittoriosamente tutta l’Asia. Toc-cherà poi a Napoleone arrivare e guerreg-giare alle pendici del monte Tabor controgli ottomani; durante la prima guerramondiale saranno invece gli inglesi asconfiggervi i turchi. Per finire l’elencodobbiamo contare almeno quattro episo-di delle guerre arabo-israeliane, dal 1948al 1973.

La quantità di scontri è tale che provocaun certo spaesamento: le storie si confon-dono e si ripetono. Nel 1918 il generale in-glese Allenby conosceva la strategia che3.500 anni prima aveva utilizzato il farao-ne Thutmose III, visto che ne ripeté lemosse? Gli arabi di Saladino sapevano diessersi accampati nello stesso luogo doveavevano piantato le tende gli ebrei di Saulduemila anni prima? E potevano immagi-nare che secoli dopo, in quello stesso po-sto, i discendenti arabi ed ebrei si sareb-bero scontrati dapprima per un kibbutz diIsraele e poi per i villaggi arabi della zona?

Quattro millenni di arte militare scor-rono in una sorta di catalogo del warfaredi tutti i tempi e ogni tappa viene affron-tata con grande precisione storica, im-pressionante cura dei dettagli (soprattut-to per gli scontri più lontani), semplicitàdi linguaggio e compostezza anglosasso-ne. Proprio questo distacco offre un altrotratto peculiare del libro: già è strano tro-vare fianco a fianco i grandi eserciti e con-

dottieri della storia, ma è ancor più stra-niante leggerli in un contesto che non sia-mo abituati a riferire alla storia militare.Trovare personaggi biblici come Giosia, Saul, Gedeone e la profetessa Debora (pri-ma donna di cui si ha conoscenza a con-durre un esercito in battaglia) riportati al-la loro dimensione storica è già abbastan-za spiazzante, ma lo è ancora di più se iluoghi di cui si narra sono le tappe dellastoria evangelica e si chiamano Nazareth,Tiberiade o Monte Tabor.

La dissociazione fra compostezza stori-ca del libro e potere evocativo dei luoghi edegli argomenti raggiunge il culmine nel-l’ultimo capitolo. Al centro della valle diJezreel e fulcro di gran parte degli avveni-menti narrati sorge Megiddo, che è statacittadina e fortezza e oggi è un sito ar-cheologico importantissimo: le sue ventistratificazioni testimoniano bene la stra-ordinaria sequenza di sconvolgimenti av-venuti in questa regione.

Ma il monte di Megiddo, Har Megiddo,è anche l’Armageddon dell’Apocalisse, illuogo dove, secondo il testo di san Gio-vanni, avverrà la battaglia decisiva tra il Bene e il Male (in realtà, come precisa Cli-ne, al contrario di quanto normalmente sipensi, non l’ultima, bensì la penultimabattaglia prima del Giudizio finale). Ora,l’autore affronta Armageddon esattamen-te come ha affrontato le precedenti 34battaglie, analizzando le ragioni per cui èstata scelta questa collocazione, quali po-tranno essere gli schieramenti (gli uomi-ni probabilmente saranno allineati dallaparte del Male, mettiamoci l’anima in pa-ce). Arriva perfino a concedersi una notaottimistica: negli scontri storici in cui en-trambi gli eserciti sopraggiungevano nel-la valle, chi si presentava per secondo havinto dieci volte su tredici. E, secondol’apostolo, ultime ad arrivare saranno leforze del Bene che scenderanno dal cielo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Una valle, 35 Apocalissi

di MARCO SCARDIGLI

ERIC H. CLINEArmageddon.

La valle di tutte le battaglieTraduzione di Stefano Suigo

BOLLATI BORINGHIERIPagine 248, e 24

L’autoreNato nel 1960, lo storico

americano Eric H. Clineinsegna alla George

Washington University(Washington DC) ed è direttore

del Capitol ArchaeologicalInstitute presso il medesimo

ateneo. Specialista dellaBibbia e delle civiltà orientaliantiche, ha pubblicato diversisaggi su questi temi. In Italia

nel 2014 è uscito da BollatiBoringhieri il suo saggio

1177 a. C. Il collasso dellaciviltà, di cui ha scritto

su «la Lettura» (9 novembre2014, #155) Sandro Modeo

i

Il Comune di Seattle offre 10 mila dollari a un poeta che componga un’opera su «aspetti reali o metaforici» del ponte levatoio FremontBridge. L’unica condizione richiesta è che risieda a Seattle e che lavori per un anno in

una torretta del ponte, dove l’arredamento è essenziale e manca l’acqua corrente ma le finestre consentono una vista a 360° sull’area circostante. Le domande vanno inviate entro il 16 febbraio.

Un poeta sul ponte

{Stanzedi Angela Urbano

Guerre Faraoni, romani, crociati, mongoli: 4.500 anni di battaglie a Jezreel. In attesa dello scontro decisivo tra Bene e Male

I resti di 27 individuiritrovati in Kenya

Buon selvaggio?Mica tanto:la prima stragedel Paleolitico

L’ho letto d’un fiato, quasi fosse unromanzo o una breaking news,ma era un articolo scientifico. È

apparso nei giorni scorsi sulla rivista internazionale «Nature», a firma di ricercatori che fanno capo a Cambridge. Descrive un eccidio avvenuto a Nataruk, in Kenya, nella preistoria recente: circa 10 mila anni fa, quando il clima stava cambiando verso lo stato attuale. I protagonisti sono donne e uomini che erano ancora nel Paleolitico e vivevano di caccia e raccolta, prima cioè che, con il Neolitico, le pratiche di produzione del cibo venissero a stravolgere i rapporti fra gli uomini e la natura, come quelli all’interno delle comunità umane. Con le tecniche dei migliori investigatori sono stati analizzati gli scheletri di 27 individui, maschi e femmine (una incinta) con sei bambini. Molti portano i segni di essere stati uccisi. Colpi violenti al volto e sul corpo, crani spezzati e perforati, costole e ginocchia rotte, fratture multiple della mano destra… Sono le tracce del più antico massacro. Mostrano che la violenza tra uomini è emersa prima che divenissimo stanziali, produttori di cibo e altri beni, diciamo «civilizzati»; quando si poteva pensare che fossimo ancora appieno nel mito del Buon selvaggio.

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di GIORGIO MANZI

Nairobi

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Una scultura in ferro riproduce a Megiddoun carro e due cavalli dell’esercito di una civiltà preclassica. La foto è stata scattata dal biblista americano Ferrell Jenkins