Una piccola xiloteca - Istituto Nazionale di Fisica...
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Una piccola Xiloteca
ISTITUTO STATALE DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE“Giuseppe Verdi”
Via S. Venanzio Fortunato, 21 31049 VALDOBBIADENE (TV)tel. n. 0423/975973 – Fax n. 0423/975988Cod. Fisc. 92016270263
[email protected] www.isissverdi.it
Una piccola xilotecaUna piccola xiloteca
Referente: Marzi Maria
Consulente esterno: Frare Enrica
Alunni: 2^ALS – Dal Fabbro Gilberto, Lahmidi Naoual, Men Simone, Paruzzolo Mara, Piloni Alberto, Rizzotto Claudia, Rushiti Aldiana, Rossetto Ariele, Rostirolla Alessandra;2^BLS – Cesa Elena, De Piccoli Luca, Stefani Erica, Vettoretti Francesco, Vettoretti Luca.
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1. SCOPO DELL'ATTIVITÀ.
La capacità di riconoscere i diversi tipi di legno, è di estrema importanza in molti ambiti come ad
esempio in falegnameria, in edilizia ed anche in campo artistico.
Comunemente il riconoscimento dei legnami si basa su alcune caratteristiche macroscopiche e
la facilità e la sicurezza dell'identificazione dipendono dall'esperienza dell'operatore; inoltre, in
alcuni casi, l'identificazione visiva appare difficile poichè si dispone solo di piccolissimi campioni
di materiale, magari trattati o invecchiati che ne impediscono l'identificazione.
Un esempio è dato dall'attività di restauro dei mobili, in cui l'esigenza di identificare il campione
si scontra con la necessità di operare in modo da preservare il più possibile l'integrità del
manufatto.
Il riconoscimento microscopico, viene condotto su piccolissimi frammenti di legno e con un
minimo di esperienza consente di giungere ad un identificazione sicura del tipo di legno.
Per poter identificare un campione è però necessario conoscere la struttura anatomica del
legno e saperne riconoscere, identificare e codificare le caratteristiche.
Per questa ragione abbiamo deciso di intraprendere l'allestimento di una piccola xiloteca,
attraverso cui approfondire lo studio del legno e acquisire sufficienti conoscenze per poter
riconoscere le principali specie legnose presenti nel nostro territorio.
La xiloteca ci ha inoltre permesso di apprezzare il valore scientifico ed economico dei boschi, ed
intuire le proprietà fisiche e meccaniche del legno.
L'esperienza proposta.
L'esperienza che proponiamo consente di sperimetare in prima persona, come sia possibile
procedere all'identificazione del legno usato nella fabbricazione di oggetti di uso comune sia del
passato che attuali.
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2. INTRODUZIONE.
2.1. Struttura generale di una pianta.
Le specie arboree, possono essere raggruppate in due classi: le gimnosperme, che
includono le conifere, e le angiosperme o latifoglie tra cui troviamo gli alberi da fiore e da
frutto. Le conifere sono anche dette “sempreverdi” poiché fatta eccezione per alcune
specie, mantengono i loro aghi per tutto l'anno. Le conifere crescono nelle regioni fredde o
temperate del nord e forniscono la maggior parte del legname in commercio. Al contrario,
le latifoglie perdono (in genere) le foglie durante la stagione fredda e sono divise in due
classi in base alla struttura del seme: abbiamo quindi le monocotiledoni in cui i semi
presentano una sola foglia embrionale e le dicotiledoni i cui semi presentano due foglie.
La maggior parte delle monocotiledoni ha un portamento erbaceo e non producono quindi
un fusto legnoso.
La materia prima legno ci viene fornita per la quasi totalità dalle piante appartenenti alle
Gimnosperme (conifere) ed alle Angiosperme (solo dalla classe delle dicotiledoni poiché
le monocotiledoni raggruppano solo poche piante legnose in quanto esse sono in pratica
delle “gigantesche erbe”).
Pur essendoci tra l'abero di conifera e quello di latifoglia molte differenze strutturali,
l'albero adulto di ambedue è formato da un fusto, ricoperto da uno stratto protettivo detto
corteccia, dai rami e dalle radici.
2.2. La cellula vegetale.
Gli alberi come tutti gli esseri viventi sono formati da tante piccole unità elementari
chiamate cellule, aventi origine dal tessuto meristematico.
La parete cellulare.
Le pareti delle cellule delle piante sono costituite prevalentemente da microfibrille di
cellulosa variamente orientate, formanti la struttura portante dell'intera parete, da lignina e
da emicellulose.
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In ogni parete cellulare possiamo distinguere vari strati chiamati (Figura 1):
a) Lamella mediana; la lamella mediana nasce insieme ad ogni nuova cellula nel
momento stesso della divisione cellulare. È costituita essenzialmente di sostanze
peptiche, un materiale di consistenza gelatinosa che cementa le cellule fra loro.
b) Parete primaria; le prime fasi della sua formazione sono quasi contemporanee alla
comparsa della piastra cellulare. Nella fase di maturazione, la parete primaria
asseconda il fenomeno di distensione della parete e nel contempo accresce il suo
spessore grazie all'apporto di nuovi materiali. Come nel caso del cemento armato la
sua struttura presenta elementi “portanti”, quali le fibrille di cellulosa, inseriti in una
matrice comsposta da polisaccaridi idrofili, come le emicellulose e le pectine.
c) Parete secondaria; quando presente, è posta all'interno della parete primaria e si
forma dopo che l'allungamento della cellulosa è terminato; la parete secondaria è
costituita prevalentemente di cellulosa e presenta uno spessore che è molto variabile
(dipende del tipo cellulare e della specie). In alcune specie, la parete cellulare può
presentare degli ispessimenti elicoidali lungo le pareti dei vasi (carattere utile per
l'identificazione, Vedi Figura 2).
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Figura 1. La parete cellulare
Figura 2.Fotografia al microscopio e relativo disegno degli ispessimenti spiralati
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d) Parete terziaria; è raramente ben distinguibile dalle altre due pareti.
2.3. Accrescimento primario e secondario.
In molte piante (ad esempio quasi tutte le monocotiledoni e certe dicotiledoni erbacee) la
crescita di una determinata regione del corpo si arresta una volta che i tessuti primari si
sono differenziati. All'estremo opposto ci sono le gimnosperme e le dicotiledoni le quali
continuano ad accrescere in spessore sia il fusto che la radice, che hanno ormai
completato la crescita in lunghezza. La crescita in spessore, chiamata crescita
secondaria, avviene ad opera di due meristemi laterali, il cambio cribrovascolare e il
cambio sugherofellodermico.
Come cresce un albero.
Durante il primo anno di vita, la pianta sviluppa uno strato interno di cellule generative (il
cambio cribrovascolare), un involucro di cellule continuo all'interno del quale sono
racchiuse le parti viventi dell'albero. Le cellule del cambio portano ad un aumento del
diametro del fusto: queste cellule si dividono formando nuove cellule che costituiscono lo
xilema verso l'interno (sovrapponendo al legno già esistente un nuovo strato) e il floema
verso l'esterno.
Il legno (xilema) prodotto in questo modo, è composto da cellulosa, lignina e minerali vari
che ne determinano la densità e la durezza.
Nei climi temperati, il flusso di linfa ha inizio in primavera e termina in autunno
determinando così l'interruzione del ciclo di crescita e la formazione degli anelli di
accrescimento. Nelle zone tropicali invece, l'accrescimento tende ad essere continuo
portando, in alcuni casi, all'assenza degli anelli di accrescimento.
In ciascun anello di accrescimento sono quindi presenti due zone distinte: da una parte vi
è la porzione dell'anello più interna, costituita da cellule formatesi in primavera (legno
primaticcio) che presenta pareti sottili e lumi ampi e dall'altra, la porzione di anello più
esterna, costituita da cellule formatesi in estate (legno tardivo) che presentano pareti
spesse e lumi piccoli.
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2.4. La struttura del fusto.
Procedendo dall'esterno verso l'interno, si possono distinguere varie zone: la corteccia, il
cambio, il legno ed il midollo (Figura 3).
La corteccia.
È costituita da cellule morte e suberificate (corteccia morta o ritidoma), viene generata da
uno strato meristematico detto fellogeno che produce verso l'interno uno strato
normalmente piuttosto sottile di parenchima secondario detto corteccia viva o felloderma.
Nel suo insieme la corteccia, ha la funzione di proteggere il cambio ed il legno sottostante
dalle perdite di umidità, dall'ingresso di parassiti e saprofiti, da agenti chimici, meccanici o
termici, ecc. In certi casi la corteccia ha un impiego consolidato (sughero, pacciamatura),
in altri è in via di sviluppo (estrazione di tannini dalla corteccia di Pino).
Il libro o floema.
Il floema, è il tessuto di conduzione usato dalla pianta per il trasporto della linfa elaborata
dalle zone in cui è prodotta (foglie), alle parti della pianta (radici, frutti, ecc.) che
necessitano degli zuccheri in essa contenuti.
Le cellule del floema sono vive a maturità anche se mancano di alcuni organuli e
membrane quali il nucleo, il vacuolo, l’apparato di Golgi, il citoscheletro ed i ribosomi. Le
pareti cellulari, che non presentano lignificazione, sono dotate di aree porose che
permettono la connessione del citoplasma tra una cellula e l’altra (punteggiature).
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Figura 3. Struttura del fusto: fusti di conifera e latifoglia a confronto
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Gli elementi del floema sono associati ad una o più cellule compagne, che hanno il ruolo
di controllori del flusso, poiché le cellule sono prive di nucleo.
Il cambio.
È costituito da uno strato di cellule che, durante la stagione vegetativa, si suddividono
tangenzialmente e radialmente generando verso l'interno lo xilema (avente funzione di
sostegno meccanico e di conduzione della linfa grezza) e verso l'esterno il floema (avente
funzione fisiologica di trasporto della linfa elaborata).
Il legno o xilema.
Lo xilema, detto anche legno, è il tessuto adibito alla conduzione dell’acqua e dei minerali
dalle radici alle foglie. Le cellule necessitano di un continuo apporto idrico per poter
svolgere la fotosintesi e le altre attività metaboliche indispensabili per la sopravvivenza
della pianta. È costituito da cellule allungate specializzate, che corrono parallelamente a
quelle del floema. L'abbandono dell'ambiente acquatico e la conquista delle terre emerse
ha comportato per le piante un duplice problema: la necessità di un apparato di sostegno
e un sistema per trasportare le sostanze nutritive a tutte le parti dell'individuo. La
comparsa di un sistema di vasi conduttori (trachee e tracheidi del legno e tubi cribrosi del
libro) capaci di trasportare la linfa e dotati di pareti rigide e lignificate (nel caso delle
trachee del legno) ha risolto efficacemente questi problemi, permettendo alle piante
superiori di diffondersi in tutti gli ambienti subaerei e di raggiungere altezze considerevoli.
Le cellule xilematiche, morte a maturazione, sono cave e con parete cellulare lignificata
che permette il passaggio della soluzione da una cellula all’altra attraverso delle piccole
perforazioni dette punteggiature.
Nello xilema sono presenti anche cellule parenchimatiche con funzione di accumulo e
fibre sclerenchimatiche di sostegno.
Lo xilema poi si può suddividere in legno primiccio e legno tardivo. Il legno primiccio è il
legno che si forma in primavera ed è composto da cellule che formano vasi larghi a parete
sottile, cosicché il legno di primavera è lasso e molle. Il legno che si forma in autunno al
contrario è serrato e duro perché i vasi sono rigidi e tra questi sono presenti molte fibre. Il
contrasto tra legno primiccio e legno tardivo permette di determinare con una buona
approssimazione l’età dell’albero.
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Il midollo.
È costituito da tessuto parenchimatico primario, situato in corrispondenza dell'asse lungo il
quale si è successivamente trovato l'apice vegetativo del fusto o dei rami.
2.5. Le cellule del legno.
Le cellule che si ritrovano all’interno del tronco di un albero hanno forma e dimensioni
diverse a seconda della funzione svolta: conduzione dei liquidi, sostegno e accumulo di
sostanze nutritive (Figura 4).
La maggior parte delle cellule che compongono lo xilema sono caratterizzate da una
spessa parete lignificata e sono disposte una sopra l'altra, in lunghe file longitudinali.
Giunte a maturità, muoiono svuotandosi del citoplasma e del nucleo, mentre le pareti
trasversali che dividono una cellula dalla successiva si riassorbono (in parte o del tutto, a
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Figura 4. Le cellule del legno. 1) Tracheide assiale, 2) Tracheide del raggio, 3) Fibre 4) Fibrotracheidi, 5) Fibra, 6) Parenchima assiale, 7) Cellule dei vasi, 8) Tracheide.
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seconda del tipo di cellula): si formano pertanto lunghi "tubi" nei quali viene condotta
l'acqua. Questi tubi, detti anche vasi, hanno forma cilindrica, lume cellulare ampio e parete
sottile; la dimensione e la forma variano a seconda della specie legnosa e del periodo
vegetativo in cui si sono formati, per cui, generalmente sono di maggiori dimensioni quelli
formatisi alla ripresa vegetativa, mentre successivamente il diametro del lume cellulare
decresce fino all’interruzione del periodo vegetativo.
Le tracheidi.
Sono presenti solo nelle conifere dove le funzioni di sostegno e trasporto vengono svolte
contemporaneamente dalle stesse cellule, le tracheidi appunto. Queste cellule sono
caratterizzate da pareti più o meno spesse e sezione trasversale di forma subpoligonale.
L’ampiezza del lume cellulare varia a seconda del periodo vegetativo di formazione; in
una sezione trasversale di legno di conifera, il diverso spessore delle pareti che comporta
anche una diversa colorazione del legno, dà luogo ad anelli concentrici alternativamente
chiari e scuri (anelli annuali di accrescimento). Le pareti delle tracheidi sono dotate di
punteggiature attraverso le quali si ha lo scambio dei liquidi tra cellule diverse, essendo
esse prive di apertura apicali (al contrario dei vasi). In alcune conifere esistono anche
delle tracheidi poste radialmente, formanti file poste all’estremità dei raggi.
Le fibre.
Le fibre sono cellule allungate con pareti spesse e lignificate con lume cellulare ridotto:
esse svolgono nella pianta la funzione di sostegno. Dallo spessore delle pareti delle fibre
deriva essenzialmente la densità del legno e di conseguenza, alcune sue importanti
caratteristiche fisicomeccaniche.
Le cellule parenchimatiche.
Le cellule parenchimatiche sono cellule contenenti sostanze nutritive, principalmente
amido, impiegate dalla pianta soprattutto all’inizio della ripresa vegetativa. Esse si
dispongono nel fusto in direzione assiale e radiale. Le cellule parenchimatiche radiali
danno luogo ai cosiddetti raggi parenchimatici o midollari, che possono essere
omocellulari (composti da cellule aventi la stessa forma), eterocellulari oppure
monoseriati (composti da una sola fila di cellule) o pluriseriati (più file di cellule). Le cellule
parenchimatiche assiali risultano molto importanti in fase di riconoscimento delle specie,
tanto nel legno di latifoglia quanto in quello di conifera (carattere abbastanza raro) per la
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disposizione che tali cellule vengono ad avere nel piano trasversale.
Cellule secretrici.
Molti legni di gimnosperme contengono una
sostanza scura chiamata resina formata
chimicamente da molte sostanze la cui
composizione varia notevolmente da specie
a specie. Questa resina è prodotta da cellule
a parete molto sottile e con un nucleo
grosso; queste cellule sono chiamate cellule
epiteliali poiché circondano le pareti di spazi
intercellulari detti canali resiniferi (Figura 5).
Le tille.
Le tille (Figura 6) sono dovute ad estroflessioni
della parete di cellule parenchimatiche che
penetrano attraverso le punteggiature nel lume dei
vasi occludendoli.
2.6. Il legno di conifera e di latifoglia.
Le latifoglie.
Il legno delle latifoglie (Figura 7) è detto eteroxilo per la maggior varietà di cellule presenti
rispetto al legno delle conifere: abbiamo così una maggiore specializzazione, cellule per la
conduzione dei liquidi (vasi), cellule svolgenti funzioni meccaniche di sostegno (fibre) oltre
alle cellule parenchimatiche e secretrici presenti anche nel legno di conifere.
I vasi (o trachee) hanno forma cilindrica con un grosso lume cellulare e pareti sottili; sono
disposte una sopra all'altra e, a differenza delle tracheidi del legno omoxilo, hanno le
pareti terminali che possono o scomparire totalmente (perforazione semplice) o
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Figura 5. Canale resinifero. 1) canale resinifero, 2) cellula epiteliale, 3 ) raggio midollare (monoseriato).
Figura 6. Tilla. 1) vaso, 2) tilla, 3 ) raggio midollare (pluriseriato), 4) limite dell'anello di accrescimento.
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presentare delle aperture di varia forma e disposizione (perforazione multipla).
Le trachee possono avere dimensioni diverse e distribuirsi in vari modi, più o meno
caratteristici, all'interno di ogni anello di accrescimento: possono così, talvolta, dare luogo
a cerchi porosi visibili ad occhio nudo, che costituiscono un importante elemento
diagnostico per il riconoscimento delle specie.
Le fibre hanno pareti spesse e lignificate senza punteggiatura, con lume cellulare ridotto e
costituiscono la maggior parte del tessuto legnoso. Essendo abbastanza omogenee per
dimensioni e spessore delle pareti, sono di scarsa utilità ai fini diagnostici, ma assumono
primaria importanza determinando le caratteristiche fisiche e meccaniche del legno.
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Figura 7. Schema del legno di una latifoglia.
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Le cellule parenchimatiche sono presenti nelle latifoglie in maggior numero che nelle
conifere e sono disposte sia radialmente (formando raggi uniseriati o pluriseriati) che
assialmente. Una stessa pianta può presentare contemporaneamente sia raggi uniseriati
che pluriseriati; quelli pluriseriati sono formati da più file di cellule (al massimo 30 per le
specie della zona temperata) e se in numero maggiore od uguale ad otto, i raggi risultano
visibili ad occhio nudo. Altre volte i raggi uniseriati tendono a raggrupparsi formando così
raggi visibili ad occhio nudo (detti "raggi aggregati").
In alcune latifoglie i raggi midollari sono percorsi da canali gommiferi.
Le conifere.
Il legno delle gimnosperme (Figura 8) è detto omoxilo per la omogeneità degli elementi
che lo costituiscono, che sono: per la quasi totalità tracheidi (90%), raggi midollari, canali
resiniferi e parenchima del legno (1%).
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Figura 8. Schema del legno di una conifera.
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I raggi midollari sono composti da cellule parenchimatiche assiali, dalle tracheidi o da
ambedue i tipi di cellule e per definizione hanno un andamento radiale.
I canali resiniferi, circondati da cellule parenchimatiche (che si dividono in cellule di
rivestimento, di secrezione, cellule morte o parenchima aerifero) e tracheidi che sono posti
sia assialmente che in direzione radiale all'interno dei raggi parenchimatici; fanno
eccezione l'Abete bianco, il Cipresso, il Tasso ed i Cedri che però possono presentarli
come conseguenza di ferite o di traumi; tuttavia questi canali resiniferi traumatici sono
facilmente riconoscibili per la loro disposizione accentrata in una certa zona.
Il parenchima del legno è costituito da sole cellule parenchimatiche assiali.
Le tracheidi sono lunghe cellule a forma di fuso che, poste le une sopra le altre, svolgono
funzioni sia di sostegno che di conduzione a testimonianza della mancata
specializzazione che contraddistingue il legno delle latifoglie; nonostante questo, il legno
delle conifere è un sistema molto efficace, infatti basta pensare alle dimensioni raggiunte
dalle gigantesche sequoie del Nord America. Proprio per questa duplice funzione vengono
denominate fibrotracheidi.
Esse hanno sezione trasversale a forma subpoligonale e pareti più o meno spesse,
caratterizzate dalle punteggiature; queste ultime possiedono configurazioni diverse a
seconda che si osservino tracheidi disposte assialmente o tracheidi disposte in senso
radiale.
Le cellule parenchimatiche sono disposte per la maggior parte radialmente formando raggi
uniseriati, cioè formati da una sola fila di cellule (raramente possiamo trovare qualche
raggio formato da due file di cellule). Le cellule parenchimatiche disposte assialmente si
distinguono bene dalle tracheidi: in sezione longitudinale perché presentano sia i setti
finali delle cellule disposti orizzontalmente, sia le punteggiature semplici; mentre in
sezione trasversale per il colore scuro dato dalle sostanze che riempiono il loro lume
cellulare.
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3. MATERIALI e METODI.
3.1. Raccolta dei campioni.
In fase di progettazione si è deciso di allestire una xiloteca che risultasse rappresentativa
delle piante legnose presenti sul nostro territorio; a tal fine, i campioni sono stati raccolti in
boschi e giardini principalmente nel nostro comune (Valdobbiadene), e solo in pochi casi
in un comune vicino (Miane).
In fase di raccolta si è deciso inoltre di non raccogliere campioni di piante presenti
esclusivamente nei giardini e quindi introdotte artificialmente, mentre sono state
collezionate ugualmente alcune piante che pur non essendo originarie del luogo, sono
ormai diffuse o utilizzate quali fonte di legname (Cedro, Pawulonia).
Per qunato riguarda i campioni si è cercato di raccogliere porzioni di fusto o rami,
possibilmente freschi, di diametro compreso tra 4 e 5 cm, che non presentassero segni di
malattia, deformazioni o l'emergenza di rami in modo da evitare la presenza di legno con
caratteristiche particolari (legno di reazione) e non utilizzabili nell'identificazione. In alcuni
casi non è stato possibile raccogliere un tronchetto, ma è stato possibile raccogliere solo
materiale sufficiente per l'allestimento di un vetrino.
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3.2. Elenco delle specie legnose esaminate.
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n Genere Specie Nome comune
1 Acer campestre Acero campestre
2 Acer pseudoplatanus Acero montano
3 Ailanthus altissima Ailanto
4 Betula spp. Betulla
5 Buxus sempervirens Bosso
6 Carpinus betulus Carpino bianco
7 Castanea sativa Castagno
8 Cedrus spp. Cedro
9 Celtis australis Bagolaro
10 Chimonanthus praecox Calicantus
11 Cornus mas Corniolo
12 Cornus sanguinea Sanguinella
13 Corylus avellana Nocciolo
14 Crataegus oxyacantha Biancospino
15 Diospyros kaki Caco
16 Diospyros virginiana Caco selvatico
17 Eriobotrya japonica Nespolo
18 Fagus sylvatica Faggio
19 Ficus carica Fico
20 Fraxinus spp. Frassino
21 Hedera helix Edera
22 Ilex aquifolium Agrifoglio
23 Juglans regia Noce
24 Juniperus communis Ginepro
25 Laburnum anagyroides Maggiociondolo
26 Larix decidua Larice
27 Laurus nobilis Alloro
28 Lavandula officinalis Lavanda
29 Ligustrum vulgare Ligustro
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n Genere Specie Nome comune
30 Malus spp. Melo
31 Morus alba Gelso
32 Olea europea Olivo
33 Ostrya carpinifolia Carpino nero
34 Paulownia imperialis Paulonia
35 Picea abies Abete rosso
36 Pinus nigra Pino nero
37 Platanus occidentalis Platano
38 Populus spp. Pioppo
39 Prunus avium Ciliegio
40 Prunus domestica Susino
41 Prunus lauroceraso Lauro
42 Prunus persica Pesco
43 Punica granatum Melograno
44 Puyrus spp. Pero
45 Quercus ilex Leccio
46 Quercus petraea Rovere
47 Rhamnus frangula Cornostrela
48 Robinia pseudoacacia Robinia
49 Rosa spp. Rosa
50 Rosmarinus officinalis Rosmarino
51 Salix spp. Salice
52 Sambucus nigra Sambuco
53 Syringa vulgare Lillà
54 Sorbus aucuparia Sorbo dell'uccellatore
55 Taxus baccata Tasso
56 Tilia spp. Tiglio
57 Ulmus spp. Olmo
58 Viburnum lantana Lantana
59 Vitis vinifera Vite
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3.3. Preparazione dei campioni.
Campioni macroscopici.
Dai campioni raccolti sul campo abbiamo ottenuto mediante taglio dei piccoli tronchetti di
10 cm circa, che sono stati correttamente numerati e posti a seccare in luogo asciutto e al
riparo dalla luce.
Tra tutti i tronchetti ottenuti ne è stato scelto uno per l'esposizione e uno da destinare
all'analisi microscopica.
Una volta seccato, la superficie di taglio del campione da esporre è stata lisciata
utilizzando della carta vetrata.
Campioni microscopici.
I tronchetti destinati all'analisi microscopica sono stati spaccati a metà e posti a bollire per
circa 12 ore o fino al temine del galleggiamento. Questa operazione permette di eliminare
l'aria contenuta nei vasi e di ammorbire il tessuto al fine di facilitarne il taglio.
A partire dai tronchetti sono state effettuate le sezioni (trasversale e radiale o tangenziale)
utilizzando un bisturi; le sezioni sono state controllate velocemente al microscopio per
verificarne la bontà quindi avviate alla colorazione.
Colorazione con fucsina basica.
Sbiancamento. Si ottiene immergendo le sezioni in una soluzione di candeggina, per 510
minuti o finchè abbiano assunto una colorazione bianca.
Risciacquo. Le sezioni vengono risciacquate in acqua distillata per 34 volte in modo da
eliminare i residui di candeggina.
Colorazione. Le sezioni vengono poste a colorare in una soluzione di fuscina per 23
minuti.
Decolorazione e disidratazione. Le sezioni vengono passate in alcool a 70% 80% 90% e
infine in isopropanolo.
Montaggio. Le sezioni vengono poste su una goccia di balsamo del Canadà e incluse tra il
vetrino portaoggetto e il vetrino coprioggetto.
3.4. Schede guida per l'analisi dei campioni.
Ciascun vetrino è stato osservato al microscopio in modo da rilevare le caratteristiche
microscopiche del legno in esame. Per facilitare il lavoro, è stata predisposta una scheda
in cui vengono sono elencate tutte le caratteristiche osservabili e su cui vengono segnate
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con una crocetta quelle presenti nel campione (Scheda 1).
Ad ogni campione è stata inoltre assegnata una scheda in cui vengono riportati alcuni dati
relativi all'albero, alla sua diffusione e al suo utilizzo (Scheda 2)
3.5. L'identificazione dei campioni.
L'identificazione delle specie legnose è avvenuta principalmente sul campo, attraverso il
risonoscimento diretto dell'albero. In fase di analisi dei campioni, le identificazioni sono
state confermate utilizzando delle chiavi dicotomiche per l'identificazione microscopica del
legno presenti in letteratura o in rete. I campioni di cui non è stato possibile reperire dati in
letteratura sono stati schedati in base a quanto osservato da noi.
3.6. L'esperimento proposto per la mostra.
Considerata la difficoltà e il tempo necessario per poter studiare e imparare a risonoscere
i caratteri identificativi di ciascu legno, si è deciso di proporre un percorso semplificato che
consenta di apprezzare e utilizzare il lavoro da noi svolto.
Nel caso specifico si propone di identificare la specie legnosa utilizzata per costruire
alcuni oggetti presenti nelle nostre case, attraverso l'osservazione guidata al microscopio
del preparato corrispondente all'oggetto e una chiave dicotomica semplificata da noi
elaborata.
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4. CONCLUSIONI e PROSPETTIVE FUTURE
Grazie a questo lavoro abbiamo scoperto quanti e quali alberi sono presenti nel nostro
territorio e le caratteristiche microscopiche che presentano.
Abbiamo inoltre imparato come le caratteristiche tecniche e di utilizzo dei legnami siano
spiegabili in base alla loro particolare struttura microscopica e perchè quindi per costruire
alcuni oggetti vengano scelti alcuni tipi di legno rispetto ad altri.
Il lavoro di laboratorio ci ha inoltre permesso di acquisire una buona manualità nell'utilizzo
del microscopio ottico e nelle tecniche di preparazione colorazione e montaggio di vetrini.
Nonostante il buon numero di campioni raccolti ed analizzati non può comunque
considerarsi completo in quanto mancano ancora all'appello alcune specie legnose; in
futuro sarà quindi possibile ampliare ulteriormente la xiloteca con altri campioni, locali ma
anche “stranieri” , e magari predisporre delle chiavi ultili anche per il riconoscimento di
quelle piante legnose minori, ad oggi non considerate.
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5. BIBLIOGRAFIA
Testi.
◦ Nardi Berti R., “La struttura anatomica del legno, ed il riconoscimento dei legnami
italiani di più corrente impiego” , II Ed. CNR IVALSA 2006 .
◦ Speranza A., Calzoni G.L., “Struttura delle piante in immagini, guida all'anatomia
microscopica delle piante vascolari” , Zanichelli 1996.
◦ Walker A., “Atlante del Legno, guida ai legnami del mondo”, Hoepli 2006.
◦ Raven P.H., Evert R.F., Eichhorn S.E., “Biologia delle piante”, Zanichelli, 1990.
◦ AA.VV., “Alberi, come riconoscere gli alberi”, Arnoldo Mondadori editore, 1977.
Sitografia.
◦ Schoch W., Heller I., Schweingruber F.H., Kienast F., ”Wood anatomy of central
European Species”. Online version http:www.woodanatomy.ch, 2004
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Una piccola Xiloteca
Pianificazione del
lavoro
Raccolta dei
campioni e
classificazione
Preparazione dei
campioni
macroscopici
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Una piccola Xiloteca
Preparazione
dell'espositore
Preparazione dei
vetrini
la Xiloteca
microscopica
22
Una piccola Xiloteca
Analisi dei campioni
al microscopio
Un esempio di un
campione..
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