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Una lettura organizzativa della legge 190/2012 Dott. Vincenzo Tedesco IMT Alti Studi Lucca

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Una lettura organizzativa della legge 190/2012

Dott. Vincenzo Tedesco IMT Alti Studi Lucca

• Joint First and Second Evaluation Round - Evaluation Report on Italy, 2009”

stilato dalla Commissione Greco - Group of States against Corruption della

Commissione Europea. Il report recita “despite the clear commitment of

judges and prosecutors to deal effectively with corruption instances,

corruption is perceived in Italy as a pervasive and systemic

phenomenon, with numerous areas of activity (in particular, urban

planning, public procurement and the health sector) and territories

being affected. While a considerable arsenal of legislation has been passed,

more needs to be done to articulate an effective preventive policy in this

area”.

• Anche la Commissione Europea sembra dunque invitare il nostro paese a

un maggior sforzo di prevenzione "there is still room for further

improvement as regards transparency and ethics of public

administration”

• Le conclusioni del rapporto Greco “This would require a long term approach

and sustained political commitment; combating corruption has to become a

matter of culture and not only rules”

La difficile affermazione della cultura dell’integrità (pg 5)

Appare particolarmente problematica la constatazione che il livello politico, attore

fondamentale nelle politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione, non abbia

mostrato, ai diversi livelli, particolare determinazione e impegno. Significativo al riguardo è

il fatto che, nonostante i reiterati solleciti dell’Autorità, al 28 novembre 2013 non tutti i

ministeri abbiano nominato il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) e

che ritardi analoghi siano presenti a livello di enti nazionali e territoriali. La questione non è

di poco rilievo, considerato che la figura del RPC costituisce il perno organizzativo

dell’attuazione delle politiche di prevenzione della corruzione all’interno di ciascuna

amministrazione, al quale spetta il compito di assicurare, tra l’altro, l’efficace attuazione

del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC).

Al tempo stesso, un insieme eterogeneo di soggetti, con interpretazioni ‘mirate’ e poco

sistematiche della normativa, invocano presunte specificità per cercare di eludere

l’applicazione della legge, con riferimento, ad esempio, alla possibilità di individuare

all’interno del proprio assetto organizzativo una figura idonea a ricoprire il ruolo di RPC o

sull’applicabilità delle regole di trasparenza ai propri organismi di vertice.

Peraltro, in una prospettiva più generale, già in sede di monitoraggio dei Programmi

triennali per la trasparenza e l’integrità 2012 delle amministrazioni centrali, è stata rilevata

la scarsa attenzione delle amministrazioni alle problematiche dell’integrità, ad eccezione di

casi isolati di applicazione dell’analisi del rischio. Analogamente, gli esiti del monitoraggio

sull’avvio del ciclo della performance 2013 hanno mostrato che, nonostante le indicazioni

formulate dall’Autorità, poche amministrazioni hanno sviluppato un approccio integrato

all’interno dei Piani della performance e previsto obiettivi, indicatori e target di trasparenza

e integrità all’interno dei Piani stessi.

La Legge 190 - Inquadramento normativo

► La Legge n. 190 del 6 novembre 2012, recante “Disposizioni per la prevenzione e

la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione”

► Il 25 gennaio 2013 la circolare n.1 del DFP sulla legge 190/2012

► Il 14 marzo 2013 è stato emanato il decreto legislativo n. 33, in attuazione del c. 35

e 36, art. 1 della L. 190/12, avente ad oggetto il riordino della disciplina riguardante

gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle

pubbliche amministrazioni.

Sempre in attuazione della L. 190/12 (art. 1, c. 49 e 50), il Governo ha adottato il

decreto legislativo n. 39 dell'8 aprile 2013 avente ad oggetto le disposizioni in

materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche

amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.

► Infine, il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), predisposto dal Dipartimento della

Funzione Pubblica ed approvato l'11 settembre 2013 dalla CIVIT (Commissione per

la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche )

► Dal 31 ottobre 2013, con l’entrata in vigore della legge n. 125 del 2013, di

conversione del decreto legge del 31 agosto 2013, n. 101, la CiVIT ha assunto la

denominazione di "Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la

trasparenza delle amministrazioni pubbliche" (A.N.AC.).

La Legge 190 – il campo di azione

I Destinatari coinvolti

L. 190/12, art. 1, c, 59

Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui ai commi da 1 a 57 del presente articolo, di

diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, sono applicate in

tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, e successive modificazioni.

La Legge 190/2012 prevede l'applicabilità delle disposizioni per la prevenzione e la repressione della

corruzione e dell’illegalità a tutte le Pubbliche Amministrazioni, così come definite dal D.lgs. 165/01.

D.lgs. 165/01, art. 1, c.2

Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli

istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello

Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro

consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di

commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici

nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

I Destinatari coinvolti

PNA, paragrafo 3.1.1

[…] Al fine di dare attuazione alle norme contenute nella l. n. 190/2012 gli enti pubblici

economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o

regionale/locale sono tenuti ad introdurre e ad implementare adeguate misure

organizzative e gestionali. Per evitare inutili ridondanze qualora questi enti adottino già

modelli di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001

nella propria azione di prevenzione della corruzione possono fare perno su essi, ma

estendendone l’ambito di applicazione non solo ai reati contro la pubblica

amministrazione previsti dalla l. n. 231 del 2001 ma anche a tutti quelli considerati nella

l. n. 190 del 2012, dal lato attivo e passivo, anche in relazione al tipo di attività svolto

dall’ente (società strumentali/società di interesse generale).

Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione Il PTPC è uno degli strumenti introdotti con la Legge 190/2012 per prevenire la corruzione

amministrativa (Cfr. art. 9 comma1). Tale documento deve essere adottato dalle PA entro il 31 gennaio

di ogni anno (*), prendendo a riferimento il triennio successivo a scorrimento, con l’obiettivo di:

a) individuare le attivita’, tra le quali quelle di cui al comma 16, nell’ambito delle quali e’

piu’ elevato il rischio di corruzione,

b) prevedere, per le attivita’ individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di

formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di

corruzione;

c) prevedere, con particolare riguardo alle attivita’ individuate ai sensi della lettera a),

obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma

7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del piano;

d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la

conclusione dei procedimenti;

e) monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano

contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o

erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali

relazioni di parentela o affinita’ sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i

dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione;

f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da

disposizioni di legge (*) In sede di prima applicazione, il termine è stato differito al 31 gennaio 2014.

Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione

a) individuare le attivita’, tra le quali quelle di cui al comma 16, nell’ambito delle quali e’

piu’ elevato il rischio di corruzione,

con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi,

anche con riferimento alla modalita’ di selezione prescelta ai sensi del

codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al

decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili

finanziari, nonche’ attribuzione di vantaggi economici di qualunque

genere a persone ed enti pubblici e privati;

d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e

progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del citato decreto legislativo

n.150 del 2009.

il Responsabile Prevenzione della Corruzione (RPC)

7., l’organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in

servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della

prevenzione della corruzione e’ individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata

determinazione.

8. L’organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 7, entro

il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la

trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. Il responsabile, entro lo stesso termine, definisce

procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad

operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le attivita’ a rischio di corruzione devono

essere svolte, ove possibile, dal personale di cui al comma 11. La mancata predisposizione del piano

e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti

costituiscono elementi di valutazione della responsabilita’ dirigenziale

10. Il responsabile individuato ai sensi del comma 7 provvede anche:

a) alla verifica dell’efficace attuazione del piano e della sua idoneita’, nonche’ a proporre la modifica

dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono

mutamenti nell’organizzazione o nell’attivita’ dell’amministrazione;

b) alla verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli

uffici preposti allo svolgimento delle attivita’ nel cui ambito e’ piu’ elevato il rischio che siano commessi

reati di corruzione;

c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione di cui al comma 11.

I piani di prevenzione della corruzione per le società di Edilizia Residenziale Pubblica il Responsabile Prevenzione della Corruzione (RPC)

12. In caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di corruzione accertato con

sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo

risponde ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive

modificazioni, nonche’ sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica

amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato

le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano.

13. La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 7 non puo’ essere

inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un

massimo di sei mesi.

I piani di prevenzione della corruzione per le società di Edilizia Residenziale Pubblica Responsabili Prevenzione della Corruzione (RPC) (circolare

1/2013 DFP)

Ai fini della predisposizione del Piano di Prevenzione della Corruzione e/o del Modello di Prevenzione

della Corruzione l'organo di indirizzo politico e/o l’organo dirigente individua, di norma tra i dirigenti

amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio e che si trovi in una posizione di relativa stabilità, il

responsabile della prevenzione della corruzione.

Se l’amministrazione non prevede un’articolazione in fasce, deve essere un dirigente appartenente al

ruolo titolare di incarico di ufficio di livello dirigenziale generale ovvero articolato al suo interno in

strutture organizzative dirigenziali di secondo livello.

La scelta deve ricadere su un dirigente che:

►non sia destinatario di provvedimenti giudiziari di condanna, né di provvedimenti disciplinari

►che abbia dato nel tempo dimostrazione di comportamento integerrimo

►che non si trovi in situazioni di eventuale conflitto di interesse, evitando la designazione all’interno

dei Settori che sono considerati tradizionalmente più esposti al rischio di corruzione (es. ufficio contratti o

ufficio preposto alla gestione dei patrimoni)

La durata della designazione del RPC “è pari a quella di durata dell’incarico dirigenziale a cui la nomina

accede”.

Per quanto riguarda il compenso “i rilevanti compiti e funzioni, nonché la consistente responsabilità

potranno essere remunerati, a seguito di valutazione positiva dell’attività, nell’ambito delle norme

legislative e contrattuali vigenti”.

► Cfr. Circolare n. 1 del 25 gennaio 2013 della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

► (pg. 9, 53, 222) Muovendo anche dalle indicazioni fornite dal contesto

internazionale la Commissione ha atteso alla elaborazione di diverse proposte volte

a promuovere meccanismi di prevenzione del fenomeno corruttivo. Anzitutto, lo

sviluppo, presso le p.a., di metodi di rilevazione e misurazione della

corruzione, nonché la costituzione di un adeguato assetto gestionale, ispirato

a modelli di risk management, sulla falsariga dei modelli di organizzazione e

controllo nelle imprese e negli organismi privati previsti dal decreto

legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Ciò al fine di individuare i settori nei quali è più

probabile si annidi il rischio corruttivo e, conseguentemente, approntare soluzioni

organizzative adeguate ad abbatterlo o ridurlo, tenendo conto degli indirizzi

elaborati da un’Autorità indipendente, responsabile di una politica nazionale di

prevenzione della corruzione.

Rapporto «La corruzione in Italia» della Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della

corruzione nella PA del 30 gennaio 2012

I Piani/Modelli di Prevenzione della Corruzione Metodologia per l’adozione – Misure di prevenzione obbligatorie

.

Le misure obbligatorie (Cfr. Tavole PNA) si classificano in:

► Trasparenza

► Codice di comportamento

► Rotazione del personale

► Astensione in caso di conflitto di interesse

► Disciplina Conferimento ed autorizzazione incarichi consentiti ai pubblici dipendenti

► Inconferibilità/incompatibilità per incarichi/particolari posizioni dirigenziali

► Formazione di Commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento incarichi in caso di condanna contro la PA

► Tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito

► Formazione del personale

► Patti di integrità negli affidamenti

► Azioni di sensibilizzazione e rapporto con la società civile

► Monitoraggio dei tempi procedimentali e dei rapporti Amministrazione/soggetti esterni

I Piani/Modelli di Prevenzione della Corruzione Metodologia per l’adozione – Misure di prevenzione ulteriori

Esistono inoltre le:

► misure ulteriori (Cfr. Allegato 4 PNA), sono quelle che, pur non essendo obbligatorie per legge,

ciascuna amministrazione identifica necessarie alla gestione dei rischi rilevati, come ad esempio

a) Intensificazione dei controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto notorio

rese dai dipendenti e dagli utenti ai sensi degli artt. 46-49 del d.P.R. n. 445 del 2000

b) Razionalizzazione organizzativa dei controlli di cui al punto a), mediante potenziamento del servizio

ispettivo dell’amministrazione (art. 1, comma 62, l. n. 662 del 1996) rispetto a tutte le verifiche sulle

dichiarazioni (art. 72 d.P.R. n. 445 del 2000).

c) Promozione di convenzioni tra amministrazioni per l’accesso alle banche dati istituzionali contenenti

informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000,

disciplinando le modalità di accesso ai dati da parte delle amministrazioni procedenti senza oneri a loro carico

(art. 58, comma 2, d.lgs. n. 82 del 2005).

d) Affidamento delle ispezioni, dei controlli e degli atti di vigilanza di competenza dell’amministrazione ad

almeno due dipendenti abbinati secondo rotazione casuale.

e) Previsione della presenza di più funzionari in occasione dello svolgimento di procedure o procedimenti

“sensibili”, anche se la responsabilità del procedimento o del processo è affidata ad un unico funzionario.

f) Individuazione di “orari di disponibilità” dell’U.P.D. durante i quali i funzionari addetti sono disponibili ad

ascoltare ed indirizzare i dipendenti dell’amministrazione su situazioni o comportamenti, al fine di prevenire la

commissione di fatti corruttivi e di illeciti disciplinari (art. 15, comma 3, d.P.R. n. 62 del 2013).

I Piani/Modelli di Prevenzione della Corruzione Metodologia per l’adozione – Misure di prevenzione ulteriori

g) Pubblicazione sul sito internet dell’amministrazione di casi esemplificativi anonimi, tratti dall’esperienza

concreta dell’amministrazione, in cui si prospetta il comportamento non adeguato, che realizza l’illecito

disciplinare, e il comportamento che invece sarebbe stato adeguato, anche sulla base dei pareri resi dalla

C.I.V.I.T. ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. d), della l. n. 190 del 2012.

h) Inserire apposite disposizioni nei Codici di comportamento settoriali per fronteggiare situazioni di rischio

specifico (ad es. per particolari tipologie professionali, per condotte standard da seguire in particolari situazioni,

come nel caso di accessi presso l’utenza).

i) Introduzione di procedure che prevedano che i verbali relativi ai servizi svolti presso l’utenza debbano essere

sempre sottoscritti dall’utente destinatario.

j) In caso di delega di potere, programmazione ed effettuazione di controlli a campione sulle modalità di

esercizio della delega.

k) Nell’ambito delle strutture esistenti (es. U.R.P.), individuazione di appositi uffici per curano il rapporto con le

associazioni e le categorie di utenti esterni (canali di ascolto), in modo da raccogliere suggerimenti, proposte

sulla prevenzione della corruzione e segnalazioni di illecito, e veicolare le informazioni agli uffici competenti. Ciò

avviene utilizzando tutti i canali di comunicazione possibili, dal tradizionale numero verde, alle segnalazioni via

web ai social media.

l) Regolazione dell’esercizio della discrezionalità nei procedimenti amministrativi e nei processi di attività,

mediante circolari o direttive interne, in modo che lo scostamento dalle indicazioni generali debba essere

motivato; creazione di flussi informativi su deroghe e sugli scostamenti.

I Piani/Modelli di Prevenzione della Corruzione Metodologia per l’adozione – Misure di prevenzione ulteriori

m) Prevedere meccanismi di raccordo tra i servizi competenti a gestire il personale (mediante

consultazione obbligatoria e richiesta di avviso dell’U.P.D.) al fine di consentire la valutazione complessiva

dei dipendenti anche dal punto di vista comportamentale, in particolare stabilendo un raccordo tra l’ufficio di

appartenenza del dipendente, il servizio del personale competente al rilascio di autorizzazioni allo

svolgimento di incarichi extraistituzionali e l’U.P.D

n) Svolgimento di incontri e riunioni periodiche tra dirigenti competenti in settori diversi per finalità di

aggiornamento sull’attività dell’amministrazione, circolazione delle informazioni e confronto sulle soluzioni

gestionali.

o) Nell’ambito delle risorse disponibili, informatizzazione del servizio di gestione del personale.

p) Nell’ambito delle risorse disponibili, creazione di meccanismi di raccordo tra le banche dati

istituzionali dell’amministrazione, in modo da realizzare adeguati raccordi informativi tra i vari settori

dell’amministrazione.

I Piani/Modelli di Prevenzione della Corruzione Metodologia per l’adozione – Misure di prevenzione ulteriori e

trasversali

► misure di carattere trasversale, (cfr. Allegato 1, PNA) che possono essere obbligatorie e/o ulteriori,

sono a titolo di esempio:

► la trasparenza, che, di norma, costituisce oggetto di un’apposita sezione del P.T.P.C. (P.T.T.I.); gli

adempimenti di trasparenza possono essere misure obbligatorie o ulteriori; le misure ulteriori di

trasparenza sono indicate nel P.T.T.I., come definito dalla delibera C.I.V.I.T. n. 50 del 2013;

► l’informatizzazione dei processi; questa consente per tutte le attività dell’amministrazione la tracciabilità

dello sviluppo del processo e riduce quindi il rischio di “blocchi” non controllabili con emersione delle

responsabilità per ciascuna fase;

► l’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti e il riutilizzo dei dati, documenti e procedimenti

(d.lgs. n. 82 del 2005); questi consentono l’apertura dell’amministrazione verso l’esterno e, quindi, la

diffusione del patrimonio pubblico e il controllo sull’attività da parte dell’utenza;

► il monitoraggio sul rispetto dei termini procedimentali; attraverso il monitoraggio emergono eventuali

omissioni o ritardi che possono essere sintomo di fenomeni corruttivi..