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Un solo mondo N. 2/ GIUGNO 2015 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch Sana ed equilibrata Nuovo slancio contro fame e cattiva alimentazione Canale del Nicaragua Un progetto accende la rivolta Acqua e legna Merce rara nei campi profughi

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Un solo mondoN. 2/ GIUGNO 2015LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Sana ed equilibrata Nuovo slancio contro fame

e cattiva alimentazione

Canale del NicaraguaUn progetto accende la rivolta

Acqua e legnaMerce rara nei campi profughi

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Sommario

3 Editoriale4 Periscopio26 Dietro le quinte della DSC34 Servizio 35 Nota d’autore con Nadja Räss35 Impressum

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenziadello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE), è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è unapubblicazione ufficiale in senso stretto; presenta, infatti, ancheopinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre ilpunto di vista della DSC e delle autorità federali.

D S C

F O R U M

O R I Z Z O N T I

C U L T U R A

D O S S I E R ALIMENTAZIONE6 Nuove strategie a favore della nutrizione

I governi nei Paesi in via di sviluppo investono di nuovo nell’agricoltura

11 «Insieme siamo più forti» A colloquio con Gerda Verburg, presidente del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale

13 Silos a prova di topi e parassitiImmagazzinare in maniera sicura mais e riso: il progetto di successo della DSC in America centrale sbarca in Africa

15 Tecnologie efficaci per proteggere i suoliLa banca dati WOCAT informa gli agricoltori sui metodi e sulle tecniche migliori per salvaguardare i terreni

17 Cifre e fatti

18 Il canale della discordiaIn Nicaragua, il progetto di realizzazione di un canale per le navi portacontainer incontra una crescente opposizione nella popolazione

21 Sul campo con...Andreas Gerrits, vicedirettore regionale della DSC per l’America centrale a Managua

22 Straordinaria fusione culturaleOde al Nicaragua della cantante e poliedrica artista Katia Cardenal

27 Acqua, merce rara nei campi profughiÈ una sfida enorme approvvigionare con acqua potabile e legna da ardere le migliaia di persone in fuga dai loro Paesi

30 Tomba numero 83115Carta bianca: un appuntamento speciale nel cimitero di Sihlfeld, a Zurigo. Di Marius Ivaškevicius

31 Dalle Ande alle Alpi con il clima nel cuoreIncontro nelle montagne svizzere con la fotografa peruviana Luana Letts

23 Acqua pulita in Asia centraleLa DSC sostiene progetti per assicurare l’approvvigionamento idrico e per migliorare le condizioni igienico-sanitarie in Uzbekistan e in Tagikistan

24 Vivere in balia del fiumeM4C è un progetto che con vari approcci tenta di migliorare la qualità di vita delle persone che vivono sulle isole nei fiumi in Bangladesh

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3Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Editoriale

Durante un viaggio all’estero ci siamo magari già imbattuti in situazioni di povertà estrema, sanità lacu-nosa o nelle conseguenze disastrose di catastrofi na-turali o conflitti armati. Per questo motivo, noi citta-dine e cittadini di un Paese ricco riusciamo a com-prendere che chi vive in simili condizioni ha bisognodel nostro aiuto e quali sono le sfide della coopera-zione internazionale. Difficilmente potremo però ca-larci nei panni di queste persone e capire fino in fondoche cosa significa fare simili esperienze, poiché – for-tunatamente – la maggior parte di noi non le vivrà mai.

Per la fame, è diverso, almeno nel nostro immagina-rio. «Oggi ho appena avuto il tempo di mettere unabarretta di cereali sotto i denti», ci capita di affermarecon un misto di orgoglio e di autocommiserazionequando, alla fine di una giornata convulsa, usciamodall’ufficio con la pancia che brontola. Beh, tutti pen-siamo di conoscere che cosa significhi avere fame.Certo, non come in Africa.

Se a pranzo ci concediamo soltanto una barretta dicereali, è una nostra libera scelta da cui possiamotrarre delle indicazioni sul nostro frenetico stile di vitae non tanto sulla reale disponibilità di cibo. È inveceun dato di fatto che gli oltre 800 milioni di sottoali-mentati cronici del nostro pianeta sono assillati ognigiorno dalla preoccupazione di non trovare nulla damangiare. È un compito su cui concentrano tutta laloro attenzione, dimenticando così altre priorità, qualila cura di malattie, l’istruzione o un alloggio stabile.Aiutare le persone più indigenti a sottrarsi a questaspirale della fame rimane un importante compito dellacooperazione internazionale, anche oltre gli Obiettividi sviluppo del millennio.

La sicurezza alimentare ha a che fare anche con lepossibilità di trovare cibo. Ne sono consapevole daquando, all’inizio dell’anno, ho visitato un campo profughi siriano in Giordania. Molti esuli, soprattuttodonne, l’avevano abbandonato pochi mesi dopo la

sua edificazione, perché la distribuzione quotidiana di acqua e derrate alimentari degenerava spesso in violenti tafferugli. Grazie ai perfezionamenti dell’infra-struttura, ai quali hanno contribuito anche gli espertiin materia di acqua della DSC, la convivenza nelcampo è molto migliorata.

È impossibile parlare di sicurezza alimentare senza ri-cordare gli immensi sprechi di cibo alle nostre latitu-dini. Secondo uno studio della FAO, nel mondo oltreil 30 per cento delle derrate alimentari viene gettato osi deteriora prima della vendita a causa di infrastrut-ture di refrigerazione e di trasporto lacunose. Non è solamente uno sperpero di cibo, ma è anche unenorme dispendio di energia per la produzione di acqua, forza lavoro, terreno, capitali.

Se contro lo spreco di cibo nella nostra società dellasovrabbondanza pare non esistano (ancora) campa-gne efficaci, migliorare le infrastrutture rurali dei nostriPaesi partner è un elemento importante del nostro im-pegno volto a promuovere il settore privato locale e la sicurezza alimentare. In questo numero di Un solomondo trovate numerosi spunti ed esempi intorno altema «alimentazione» e su altre attività della DSC.

Manuel SagerDirettore della DSC

(Traduzione dal tedesco)

Vie di scampo dalla fame DSC

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Ricardo Azoury/Redux/laif

Mehdi Chebil/Polaris

Jacob Silberberg/Panos

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Periscopioil 9 per cento. Stando alle statisti-che, nel mondo 2,5 miliardi dipersone non sono integrate inun sistema finanziario formale (la maggior parte vive in Paesi invia di sviluppo). La gente sa comunque come arrangiarsi. In Sudafrica, per esempio, cisono gruppi di risparmio infor-mali molto diversi, che danno la possibilità a chi ne ha bisognodi accedere ai mezzi finanziarinecessari.www.cgap.org

Hotline per i piccoli agricoltori(gn) In Etiopia, un nuovo nu-mero verde sostiene i contadiniaiutandoli a promuovere il rilancio del settore agricolo.Questa offerta gratuita è statalanciata nell’estate del 2014 dallaAgricultural Transformation Agency(ATA) e sin dall’inizio si è rive-lata un enorme successo. Ognigiorno più di 35000 personechiamano il numero telefonico8028. Il 70 per cento sono pic-coli agricoltori. Ventiquattr’oresu ventiquattro, gli utenti regi-strati ottengono informazioni e consigli. Le risposte sono tra-smesse sul cellulare via sistemavocale interattivo o SMS. Il suc-cesso della nuova prestazione,così spiega Ato Khalid Bomba, èdovuto anche al sistema bidire-zionale su cui si basa. «Chi sele-ziona il numero 8028 – illustra il direttore dell’ATA – riceve ri-sposte concrete alle sue doman-de, immediatamente e nella pro-pria lingua. L’amministratoredella hotline può però anche diramare informazioni specifichedi propria iniziativa». Grazie aquesto servizio gratuito è statopossibile informare in manieratempestiva i contadini interessatisulle misure di protezione daadottare quando, per esempio, in diverse regioni dell Etiopia si temeva la diffusione di un’epi-demia di ruggine dei cereali.www.ata.gov.et/8028-2

Custodi del bosco(gn) Spesso, la popolazione locale protegge meglio la na-tura dello Stato. È ciò che succede anche in Guatemala,dove la superficie dei boschi affidati al governo diminuiscecirca venti volte più rapidamente rispetto a quella gestitadalle comunità locali. «Il rafforzamento dei diritti forestalicomunali è un elemento essenziale nella lotta contro il riscaldamento del clima», sostiene Jennifer Morgan delWorld Resources Institute. Un’indagine svolta dall’ONG harivelato che la foresta pluviale curata e gestita dalle comu-nità rurali riesce a immagazzinare circa 37 miliardi di tonnel-late di CO2. Gli abitanti di queste regioni sono i legittimi proprietari della terra dei loro avi. Grazie all’uso parsimo-nioso delle risorse, da cui dipendono, forniscono un impor-tante contributo alla protezione del clima. «Si potrebbe an-che aumentare la quantità di anidride carbonica catturata,trasferendo un numero maggiore di diritti di proprietà dalloStato alle comunità», sostiene Ashiwini Chhatre. Nel 2009, il geografo ha dimostrato che le comunità locali di dieciPaesi, che elaborano in piena autonomia le proprie leggi,prestano maggiore attenzione ai boschi, contribuendo cosìa ridurre la quantità di anidride carbonica nell’aria. www.wri.org (chiave di ricerca: forests)

Boom del solare inBangladesh(gn) In questo momento solo il 42 per cento delle case inBangladesh dispone di un allac-ciamento alla corrente elettrica.Gli impianti solari privati sonoperciò molto ricercati. Lanciatonel 2007, il progetto Solar HomeSystem (SHS) ha portato luce edelettricità in tre milioni di case.Entro la fine del 2015 si calcolache illuminerà quattro milioni di economie domestiche.L’iniziativa SHS è stata avviatadall’impresa statale InfrastructureDevelopment Company, in colla-borazione con una quarantina di ONG. Ogni mese si vendono65000 nuovi sistemi, benché l’istallazione degli impianti solariprivati comporti alti costi per la popolazione rurale povera. A seconda del modello, oltre aipannelli solari, il pacchetto con-tiene da due a sei lampade, uncollegamento alla rete televisivae un caricatore per le batterie.L’impianto ha un’autonomiaenergetica di quattro ore algiorno. Il boom del solare inBangladesh si spiega con la continua crescita dei redditi, icontributi al finanziamento at-traverso progetti di microfinanza e il miglioramento delle condi-zioni di vita e di produzionegrazie all’energia solare.www.sun-connect-news.org (chiave di ricerca: SHS)

Gli alberi miracolosi dei tropici (gn) Nel corso dell’evoluzione,l’albero africano iroko e l’alberodi noci maya, in America latina,

Party e grigliate anziché crediti bancari (gn) In Perù, chi ha urgente bi-sogno di denaro non ha che daorganizzare una cosiddetta pol-lada o chicken party. Gli invitativersano un contributo per man-giare e bere e il padrone di casaraccoglie così i soldi che gli occorrono senza chiederli inprestito a un istituto di credito.Naturalmente, alla prossima pollada sarà presente come ospitepagante e a sua volta aiuterà l’a-mico a superare le difficoltà fi-nanziarie. I ricercatori dellaBanca mondiale hanno indivi-

duato questo e altri approccicreativi, messi in atto dalla genteper procurarsi soldi quando nonè possibile ottenerli, o solo congrande difficoltà, dalle banche. InPerù, il 20 per cento delle per-sone adulte dispone di un contobancario. Tra la popolazione piùpovera questa quota è di appena

International Institute of Tropical Agriculture

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Sanofi Pasteur

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Disegno di Jean Augagneur

hanno sviluppato una caratteri-stica particolare: trasformano incalce il CO2, che sottraggono all’atmosfera mediante la fotosin-tesi, immagazzinandolo fra leloro radici. Un gruppo di ricer-catori dell’Università di Losannaha confermato che un alberoiroko assorbe ogni anno fino a20 chilogrammi di anidride car-bonica e la raccoglie sotto formadi calce. Adesso questa qualitàsarà sfruttata in modo mirato. Ad

Haiti, per esempio, l’organizza-zione Biomimicry Europa ha distri-buito ai contadini 80000 pianti-ne di brosimo alicastro. Il progettonon si prefigge solo di aiutare ilclima, ma anche gli agricoltori.Visto che la produzione di calcesottrae acido al suolo, i terrenidiventano più fertili e i contadiniottengono migliori raccolti diverdure e cereali. Inoltre, le gu-stose noci dell’albero si prestanoper la preparazione di ottimipiatti ad alto valore nutrizionale.«Interi gruppi di contadini siprocurano le piantine, occupan-dosi da soli di tutto il resto», af-ferma contento il capoprogettoDaniel Rodary. «Il programmainizia a sfuggire al nostro con-trollo e ciò è magnifico».www.biomimicry.eu (chiave di ricerca: arbres sauveurs)

Vaccino e app contro la dengue(lb) Ogni anno muoiono oltre 10000 persone a causa della febbre dengue. La malattia è tra-smessa dalla puntura di una zan-zara, presente soprattutto nellezone tropicali e subtropicali.Stando all’Organizzazione mon-diale della sanità, 2,5 miliardi dipersone vivono in zone a rischiodengue e oltre 100 milioni con-traggono ogni anno la malattia.Finora, gli unici rimedi contro ilmorso della zanzara erano vestitilunghi, repellenti per insetti ezanzariere. Da anni si tenta disviluppare un vaccino efficacecontro le quattro diverse formedel virus. Ultimamente le speri-mentazioni con il vaccinoCYD-TDV hanno dato dei ri-sultati incoraggianti. Gli esperti

parlano di un successo in circa il60 per cento dei casi. Un’altrapossibilità per lottare contro lafebbre dengue è l’eliminazionedei ristagni d’acqua dove si svi-luppano le larve delle zanzare.Per individuare questi possibilifocolai, in Costa Rica è stata svi-luppata una app gratuita che dàla possibilità alla popolazione disegnalare alle autorità le pozzed’acqua in cui gli insetti deposi-tano le uova.www.who.int (chiave di ricerca: dengue)

6 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

DOSSIER

Nuove strategie a favoredella nutrizione La lotta contro la fame ha ripreso slancio. La comunità interna-zionale è determinata a estirpare ogni tipo di malnutrizione, anche le carenze nutrizionali e l’obesità. Oltre cinquanta Paesisi sono già impegnati a riformare i loro sistemi alimentari e i donatori investono nuovamente nell’agricoltura. Di Jane-LiseSchneeberger.

Circa 805 milioni di persone soffrono di sottoali-mentazione cronica. È una cifra inaccettabile, poi-ché la produzione agricola mondiale basterebbe anutrire l’intera popolazione del pianeta. Una ven-tina di anni fa, questo numero era ben superiore.Nel 1990, oltre un miliardo di persone andava adormire a stomaco vuoto. Nel frattempo è stato

possibile ridurre tale cifra grazie alla maggiore di-sponibilità di derrate alimentari di base. Infatti, i go-verni hanno favorito la produzione cerealicola perassicurare la sicurezza alimentare, facendo dimi-nuire il prezzo di riso, frumento e mais e permet-tendo a molti poveri di acquistare ogni giorno que-sti alimenti.

Cena tradizionale di una famiglia di contadini nel Ladakh indiano: il chapati è un pane tipico ed è un alimento di base,servito a ogni pasto con tè o birra d’orzo di produzione propria.

Boisvieux/hem

is.fr/laif

Sven Torfinn/laif

David Bacon/Report Digital-REA/laif

The New York Times/Redux/laif

7Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

Triplice fardello In passato, la fame veniva misurata in quantità dicalorie ingerite. «Oggi ci rendiamo però conto chequesto approccio quantitativo non è sufficiente. L’a-limentazione deve anche essere variata e di buonaqualità», spiega Peter Bieler, direttore del Pro-gramma globale sulla sicurezza alimentare dellaDSC. «Si può essere malnutriti mangiando a sazietà,se si ingeriscono solo cosiddette calorie vuote». Èil caso per oltre due miliardi di persone in tutto ilmondo, i cui pasti consistono essenzialmente in unoo due cereali di base, che contengono una buona

quantità di calorie, ma che hanno un basso valorenutritivo. Una dieta così monotona causa carenzedi vitamine e di sali minerali. A causa della diffi-coltà nell’individuarlo, questo deficit nutrizionaleviene definito «fame nascosta». L’obesità è un’altra forma di malnutrizione. In pas-sato era una prerogativa dei Paesi ricchi. Da una

ventina d’anni il sovrappeso è un fenomeno in ra-pida crescita anche nei Paesi in via di sviluppo. In-fatti, con l’aumento del tenore di vita, i compor-tamenti alimentari cambiano e l’attività fisica di-minuisce. Le persone consumano più carne eprodotti industriali. Oltre al sovrappeso, questotipo di regime alimentare favorisce la comparsa dimalattie come il diabete, l’ipertensione arteriosa ole patologie cardiovascolari. Un numero crescentedi Paesi emergenti deve affrontare un «triplice far-dello» in ambito di nutrizione: sottoalimentazione,carenze di micronutrienti e sovralimentazione.

Nutrire nove miliardi di persone nel 2050 Da qualche anno, i governi e le organizzazioniper lo sviluppo stanno moltiplicando gli sforziper liberarsi da questo triplice fardello. La nutri-zione è al centro di una mobilitazione senza pre-cedenti. Due eventi hanno risvegliato la comu-nità internazionale.

La cattiva alimentazione ha vari volti: una famiglia etiope inizia la giornata con una misera colazione – migranti in sovrappeso negli Stati Uniti – poveri di Manila mentre cercano qualcosa da mangiare nella spazzatura.

Quattro dimensioni «La sicurezza alimentare ègarantita quando tutte lepersone possono, in qual-siasi momento, accederefisicamente ed economica-mente a cibo sufficiente,sano e nutriente in gradodi soddisfare i loro bisognienergetici e le loro prefe-renze alimentari per con-durre una vita sana e at-tiva». Questa definizione,formulata nel 1996 e glo-balmente accettata, ab-braccia quattro dimensioni:la disponibilità sul mercatodi alimenti in quantità suffi-ciente e di buona qualità;l’accesso, ossia la possibi-lità per chiunque di procu-rarsi le derrate di cui ne-cessita; la stabilità neltempo delle prime due dimensioni; l’utilizzo ade-guato degli alimenti nel-l’ambito di una dieta diver-sificata. Recentemente glispecialisti hanno aggiuntoal concetto di sicurezzanutritiva, quello di sicu-rezza nutrizionale, chetiene conto della naturamultisettoriale della nutri-zione (salute, qualità dellecure, ambiente).

Yang wenbin/Imaginechina/laif

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In Cina, 26 milioni di allievi ricevono quotidianamente un pasto gratuito. In molti Stati, simili programmi alimentari sonoparte integrante della quotidianità scolastica.

Il primo è stato la crisi alimentare del 2007-2008,che ha scatenato rivolte in una trentina di Paesi,evidenziando le falle del sistema alimentare mon-diale. Ci si è resi conto che la situazione non erasostenibile a lungo termine. Nel 2050 il pianetaconterà nove miliardi di abitanti. Se non si faràqualcosa, occorrerà aumentare del 70 per cento laproduzione agricola mondiale per soddisfare la

domanda di cibo. Fra i numerosi paradossi legati aquesta sfida ci sono l’immane spreco di derratecommestibili e il crescente utilizzo di terreni agri-coli per la produzione di biocarburanti e di cerea-li da foraggio. Il secondo evento all’origine della mobilitazionein corso è la pubblicazione, nel 2008, di un fonda-mentale studio sulla nutrizione. La rivista medicaThe Lancet ha rivelato l’estrema vulnerabilità deibambini nei primi mille giorni di vita, dal conce-pimento fino all’età di due anni. Le eventuali ca-renze nutrizionali croniche durante questo perio-do compromettono irreversibilmente il loro svi-luppo fisico e mentale. Questi bambini rimangonosottosviluppati, si ammalano più facilmente e han-no capacità di apprendimento ridotte.

Impegno politico ai massimi vertici È in questo contesto che nel 2010 è stato lanciatoil Movimento per il rafforzamento della nutrizio-

ne (SUN). In pochi anni, 54 Paesi in via di svilup-po vi hanno aderito, riconoscendo, con una lette-ra firmata dal loro capo di Stato o di governo, ledimensioni drammatiche della malnutrizione, so-prattutto infantile, sul proprio territorio naziona-le. Questi Stati si sono impegnati ad attuare poli-tiche adeguate affinché a tutta la popolazione siagarantito l’accesso a cibo sano ed economico.

È anche stata creata una piattaforma internet gra-zie a cui questi Paesi possono condividere le in-formazioni sulle misure che si sono dimostrate piùefficaci sul campo. «Non esistono ricette precon-fezionate per estirpare la malnutrizione. Gli inter-venti variano a seconda del contesto», spiega Flo-rence Lasbennes del segretariato del MovimentoSUN a Ginevra. Tuttavia, una condizione è essen-ziale per ottenere dei risultati sul lungo periodo.«Occorre un impulso politico ai più alti livelli del-lo Stato – evidenzia Lasbennes – altrimenti i pro-getti non valicano il contesto locale».

Sfida per l’agricoltura familiare L’agricoltura è ovviamente al centro di questi sfor-zi. Su di essa si fa affidamento per fornire alimen-ti di buona qualità e in quantità sufficienti. Nei Pae-si in via di sviluppo la mancanza di investimenti li-mita però la produttività del settore primario. Daglianni Ottanta la maggior parte dei donatori, così

Modello brasiliano Il Brasile è in prima lineanella lotta alla malnutri-zione. Lanciata nel 2003,la strategia Fame Zero –che comprende una tren-tina di programmi in diffe-renti settori – ha registratoun grande successo. Unobiettivo prioritario era dirafforzare l’agricoltura supiccola scala; un altro dimigliorare l’accesso alcibo, in particolare attra-verso il versamento di as-segni alle famiglie povere,la creazione di mense sco-lastiche e ristoranti popo-lari riforniti dai piccoli agri-coltori locali. Fame Zero haanche istituito programmidi educazione alimentare.Sono state elaborate politi-che volte a creare impieghie ad aumentare i redditi.Oggi, il Brasile funge damodello per i Paesi delmovimento SUN.

HarvestPlus

9Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

Costo della malnutrizione Oltre ad avere conse-guenze sulla salute, la mal-nutrizione genera notevolicosti economici a caricodella società. Secondo unrapporto della FAO, la ridu-zione della produttivitàdelle persone colpite damalnutrizione e la spesaper le cure sanitarie cause-rebbero una spesa pari al5 per cento del prodotto interno lordo (PIL), ovvero3500 miliardi di dollari al-l’anno. L’onere finanziariodella sottoalimentazione e dei deficit nutrizionalioscilla tra 1400 e 2100 mi-liardi di dollari. Il costo delsovrappeso e dell’obesitànon è stato stimato a livellomondiale, tuttavia la FAOvaluta a circa 1400 miliardidi dollari il prezzo da pa-gare per tutte le malattienon trasmissibili di cui ilsovrappeso è il principalefattore di rischio.

Le patate dolci con un elevato contenuto di betacarotene dovrebbero ridurre la mancanza di vitamina A nella popolazione.Molti contadini in Mozambico e Uganda la stanno già coltivando.

come i governi di questi Paesi, hanno ridotto gra-dualmente il loro sostegno all’agricoltura. Dopo lacrisi del 2008 sono tornati sui loro passi e hannoaumentato gli aiuti a questo settore.«Le risorse disponibili devono assolutamente esse-re investite nelle piccole aziende agricole», racco-manda Michel Mordasini, vicepresidente del Fon-do internazionale per lo sviluppo agricolo (FISA).

«Sono queste ultime che producono oltre l’80 percento delle derrate alimentari consumate nei Pae-si in via di sviluppo. Non possiamo ignorarle e pen-sare che la soluzione verrà soltanto dai grandi pro-prietari terrieri». Il compito dei piccoli contadininon è semplice: da loro ci si aspetta che diversifi-chino le colture e migliorino i raccolti, nonostan-te gli effetti negativi dei cambiamenti climatici ela riduzione delle risorse. Per riuscirci devono ave-re la possibilità di far capo alle innovazioni tecno-logiche, al credito e ai sistemi di micro-assicura-zione per i rischi legati al clima. «Dobbiamo rein-ventare la rivoluzione verde. È necessario trovarenuovi meccanismi per rendere l’agricoltura fami-liare più produttiva, più sostenibile, ma anche piùredditizia», spiega Michel Mordasini. I governi dovranno inoltre potenziare i servizi di divulga-zione e di informazione agricola al fine di garan-tire che i contadini conoscano i nuovi prodotti del-la ricerca.

Patate e cereali arricchiti Una delle soluzioni proposte dalla ricerca per ri-durre la cosiddetta fame nascosta è il «bioarricchi-mento». Quest’ultimo consiste nell’aumentare laquantità di vitamine o di sali minerali negli alimentidi base. «Questa procedura consente di apportaremicronutrienti a popolazioni che non hanno un re-gime alimentare variato», spiega Marie Ruel del-

l’Istituto internazionale di ricerca sulle politichealimentari (IFPRI). Da quindici anni, il program-ma HarvestPlus, gestito dall’IFPRI, è incentratosull’arricchimento con vitamina A, zinco e ferro dipiante come il fagiolo, il miglio, il riso e la manio-ca. Finora, ha registrato il suo maggior successo conuna patata dolce dalla polpa arancione, ricca di be-tacarotene, che molti agricoltori coltivano inUganda e in Mozambico. «I nostri ricercatori uti-lizzano soltanto metodi di selezione convenziona-li. Non usano alcuna tecnologia genetica», precisaMarie Ruel.Il bioarricchimento non fa l’unanimità tra chi sioccupa di sviluppo. Se svariati donatori finanzianole ricerche di HarvestPlus, altri – come la DSC –nutrono delle riserve al riguardo. «I cibi bioarric-chiti, così come gli integratori alimentari, sono uti-li in situazioni di emergenza o di grave malnutri-zione, ma non potranno mai sostituire una dietaequilibrata e diversificata», puntualizza Peter Bieler.

Jacob Silberberg/Panos

10 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Obiettivi più ambiziosiper il 2030 Uno degli Obiettivi di svi-luppo del millennio (OSM)prevedeva il dimezzamentodella fame entro il 2015.Nella media mondiale,questo traguardo sarà pro-babilmente raggiunto nel2017. Nei Paesi in via disviluppo il tasso di personesottoalimentate è diminuitodal 23,6 per cento nel1990 al 14,3 per cento nel2013. Tuttavia, i progressirestano insufficienti, soprat-tutto nell’Africa subsaha-riana e in Asia meridionale.Secondo le proposte ela-borate da un gruppo di la-voro delle Nazioni Unite, inquesto settore l’agendapost-2015 per uno svi-luppo sostenibile sarà piùambiziosa degli OSM.Infatti, i futuri Obiettivi disviluppo e sostenibilitàpuntano a eliminare nonsoltanto la fame, ma ogniforma di malnutrizione.Entro il 2030, ogni essereumano dovrà avere ac-cesso tutto l’anno a un’ali-mentazione sana, nutrientee sufficiente.

Per aumentare il consumo di alimenti ricchi di mi-cronutrienti, la DSC favorisce un’agricoltura soste-nibile ed ecologica, capace di produrre derrate va-riate. «La diversificazione delle colture riduce an-che l’esposizione ai rischi climatici. In caso disiccità o inondazione, è più probabile che alcunicontadini riescano a ottenere comunque dei rac-colti», spiega Bieler. Nello stesso tempo occorre far

conoscere tecniche perfezionate per la conserva-zione delle derrate alimentari. «L’ideale sarebbe sele famiglie rurali fossero in grado di trasformare,essiccare o refrigerare gli alimenti deperibili. Cosìavrebbero provviste di frutta e verdura sufficientifino al raccolto successivo», illustra ancora il diret-tore del Programma globale sulla sicurezza alimen-tare dell’agenzia di sviluppo svizzera.

Approccio multisettoriale Non è sufficiente rafforzare il settore agricolo perdebellare la malnutrizione, le cui cause sono mol-teplici e complesse. La povertà rimane il principa-le ostacolo a una buona alimentazione. Una dietasana e variata costa più di tre ciotole di riso al gior-no. Affinché tutti possano procurarsi alimenti ade-guati, gli Stati hanno la possibilità di agire sui prez-zi o lottare contro la povertà. Nel breve termine,molte organizzazioni umanitarie facilitano l’acces-so ai prodotti alimentari, ad esempio, assegnandoai più poveri sussidi o buoni d’acquisto.

Caldo de Gallina – una tradizionale zuppa di pollo – preparata da una cuoca di strada a Lima. La vendita di pasti è un’importante fonte di reddito per molte persone.

Sono necessari interventi anche nei settori della sanità e dell’istruzione. Si dovrebbero migliorarel’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici,nonché le infrastrutture di depurazione. «Gli ali-menti di buona qualità non possono produrre deibenefici nutrizionali se le persone bevono acquacontaminata o vivono in ambienti malsani, espo-nendosi a un costante rischio di contagio», osser-

va Lina Mahy del Comitato permanente della nu-trizione delle Nazioni Unite, che evidenzia comepure la mancanza di informazione sia un grossoproblema. «Spesso le donne non scelgono gli ali-menti giusti, non li cucinano correttamente e nonconoscono le esigenze nutrizionali dei loro figli.Non sanno, ad esempio, che un bambino dovreb-be essere allattato esclusivamente al seno fino al-l’età di sei mesi». In molti Paesi vengono organiz-zati programmi di educazione alimentare volti aistruire le madri sulle buone pratiche in materia dialimentazione e di cure. Purtroppo, queste donnenon sempre hanno tempo a sufficienza per occu-parsi della famiglia. «Se una madre lavora nei cam-pi tutto il giorno – segnala Lina Mahy – non puòdare al suo neonato i cinque pasti al giorno di cuinecessita». ■

(Traduzione dal francese)

Luke Duggleby/Redux/laif

FAO

11Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

«Insieme siamo più forti» Il Comitato per la sicurezza alimentare mondiale (CFS) è unapiattaforma internazionale per debellare la fame e la malnutri-zione. Secondo la presidente Gerda Verburg, negli ultimi annisi sono compiuti enormi progressi a livello politico. Intervistadi Jane-Lise Schneeberger.

Mietitura nelle Ande peruviane: Servono investimenti nello sviluppo di macchine e di tecnologie all’avanguardia per mantenere attrattiva la professione del contadino.

Un solo mondo: Perché non è possibile garan-tire la sicurezza alimentare e nutrizionale nelmondo? Gerda Verburg:Uno dei principali ostacoli è do-vuto al fatto che il problema viene troppo spessoaffrontato a compartimenti stagni. La sicurezza ali-mentare e la nutrizione interessano quasi ogni aspet-to della vita quotidiana. Queste sono influenzate dadecisioni ed eventi che concernono i settori più di-sparati: l’acqua, l’energia, i cambiamenti climatici,la salute, le tecnologie, i trasporti. Dovremmo adot-tare un approccio olistico che integri tutte questedimensioni e che coinvolga tutti gli attori.

Per nutrire tutta la popolazione, la produ-zione alimentare dovrebbe quasi raddoppia-re entro il 2050 nei Paesi in via di sviluppo. Ipiccoli agricoltori sono in grado di aumen-tare i raccolti in misura sufficiente?Sì, è fattibile. I piccoli produttori che partecipanoal CFS me lo rammentano sovente. Sono forse «pic-coli», ma sono forti e soprattutto numerosi. Sonoquelli che investono maggiormente nelle aziendeagricole perché vogliono migliorare la produttivi-tà, aumentare il loro benessere e nutrire le loro fa-miglie. Tuttavia, hanno bisogno del nostro aiuto e

non solo per incrementare la produzione. Dobbia-mo valutare le loro necessità rispetto all’accesso aimercati e considerare gli aspetti intergeneraziona-li. Se gli agricoltori non riescono a guadagnare diche vivere, con ogni probabilità i loro figli e nipo-ti si trasferiscono in una città. Dobbiamo investirenell’agricoltura oggi per offrire alle generazioni didomani mezzi di sussistenza sostenibili.

Nel 2009, il CFS ha subìto una profonda ri-forma. Quali sono, oggi, i suoi punti di forza?Ci sono stati due cambiamenti significativi: l’inte-grazione nel CFS di un’ampia gamma di attori nongovernativi e la creazione del Gruppo di esperti di alto livello in sicurezza alimentare e nutrizione(HLPE). Oggi, il CFS dà più spazio alla partecipa-zione ed è più efficace. Può basarsi sulle analisi scien-tifiche fornitegli dall’HLPE e le decisioni vengonoprese assieme a tutti gli attori interessati, compresila società civile e il settore privato. La forza del CFSrisiede nella combinazione tra osservazioni scien-tifiche e la diversità delle opinioni delle persone im-pegnate quotidianamente sul campo.

Riuscite sempre a trovare un consenso?Le raccomandazioni del CFS sono il risultato di

Gerda Verburg è nata nel1957 a Zwammerdam, neiPaesi Bassi, ed è cresciutain un’azienda casearia. Dal1980 al 1997 ha ricopertodiverse funzioni di respon-sabilità, prima in seno aun’associazione cristianadi giovani agricoltori, poipresso la Federazione na-zionale dei sindacati cri-stiani dei Paesi Bassi. Inseguito, per nove anni harappresentato il partito de-mocratico cristiano nelParlamento olandese. Dal 2007 al 2010 è stataministra dell’agricoltura.Durante questo mandato,Gerda Verburg ha presie-duto per due anni laCommissione delle NazioniUnite per lo sviluppo soste-nibile. Dal 2011 è la rap-presentante dei PaesiBassi presso le agenziedelle Nazioni Unite consede a Roma (FAO, PAM eIFAD). Parallelamente, nell’ottobre 2013 è stata elettaalla presidenza delComitato per la sicurezzaalimentare mondiale (CFS).

Carl W

alsh/Aurora/laif

12 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

compromessi trovati dopo lunghe discussioni. Èproprio questo acceso dibattito a dar loro peso e le-gittimità. Se si giunge a un consenso, è perché tut-ti rispettano le regole del gioco e hanno fiducia nelprocesso. Tutte le parti interessate sono consapevo-li che insieme siamo più forti. Dopo la riforma, ilCFS si è pronunciato su molti temi scottanti e con-troversi, come la proprietà fondiaria, i biocarburantie i cambiamenti climatici. Quest’anno analizzere-mo le crisi prolungate, la gestione delle risorse idri-che e l’accesso ai mercati dei piccoli agricoltori.

Il CFS si è già espresso in merito alla colti-vazione di derrate «bioarricchite» o geneti-camente modificate?No, il CFS non ha ancora affrontato queste que-stioni. Personalmente ritengo che dovremmo va-gliare tutte le soluzioni che ci aiutano ad affronta-re la sfida della fame e della malnutrizione e che nelcontempo ci permettono di salvaguardare l’am-biente. Il dibattito sul bioarricchimento e sugli or-ganismi geneticamente modificati è molto polariz-zato, troppo dal mio punto di vista. Mi dispiace chenon si riesca a discutere serenamente sui rischi e suibenefici di questi metodi, basandoci su fatti ogget-tivi. In generale dobbiamo stare attenti a non scar-tare in maniera troppo frettolosa strumenti innova-tivi che potrebbero migliorare considerevolmentele condizioni di lavoro degli agricoltori.

A quali strumenti si riferisce? La meccanizzazione, ad esempio, è indispensabileper rendere più attrattiva l’agricoltura di domani.

Ma bisognerà trovare macchinari e tecnologie piùrispettosi dell’ambiente e adatti ai vari ambienti. Miriferisco anche alle tecnologie dell’informazione edella comunicazione. Esse forniscono già un im-portante contributo affinché gli agricoltori possa-no adattarsi ai cambiamenti climatici e limitare leperdite dei loro raccolti. Per esempio, le immaginisatellitari sono utilizzate per risolvere questioni ri-guardanti la proprietà fondiaria. In un futuro pros-simo si impiegheranno forse dei droni per sorve-gliare le cavallette e altri nemici delle colture. Le innovazioni tecnologiche hanno un immenso po-tenziale, ancora tutto da sfruttare.

Come si riflette sul campo l’attuale impegnodella comunità internazionale nella lotta con-tro la malnutrizione?Dalla crisi alimentare del 2008 sono stati fatti enor-mi progressi. A livello mondiale, i membri del CFShanno adottato le Direttive volontarie per una ge-stione responsabile dei regimi di proprietà e, in se-guito, i Principi di investimento responsabile inagricoltura e nei sistemi alimentari. I primi risulta-ti sono già visibili sul campo. Molti Stati hanno ag-giornato la propria legislazione e anche diverseaziende hanno accettato di conformarsi alle nuovenorme. Molte ONG hanno avviato iniziative peraiutare i piccoli agricoltori ad adottare pratiche mi-gliori. È un segno che siamo sulla strada giusta. ■

(Traduzione dal francese)

Il computer portatile assume un’importanza sempre maggiore nell’attività agricola, per esempio, in questo progetto dicoltivazione della manioca in Kenia.

Vecchio forum, nuovoslancioIl Comitato per la sicurezzaalimentare mondiale (CFS)è stato istituito dalleNazioni Unite nel 1974 conil mandato di monitorare e analizzare le politiche inmateria di sicurezza ali-mentare mondiale. Dopo lacrisi del 2007-2008, i suoi127 Stati membri hannodeciso di sottoporre il co-mitato a una profonda ri-forma che consentisse aquest’ultimo di intervenirein maniera più efficace, abreve termine, in caso dicrisi, sul lungo periodo, per le questioni strutturali. I Paesi membri hannoaperto il CFS agli altri attori(società civile, ONG, istitutidi ricerca, settore privato,istituzioni finanziarie, fon-dazioni filantropiche, altreagenzie delle Nazioni Uniteecc.) e ridefinito il ruolo delcomitato. Il CFS assume inparticolare i seguenti com-piti: coordinare l’approccioglobale alla sicurezza ali-mentare e alla nutrizione;promuovere la conver-genza delle politiche; for-nire sostegno a Paesi e regioni. www.fao.org/cfs

13Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

Silos a prova di topi e parassiti

Molti contadini del Sud perdono buona parte dei loro raccoltipoiché non hanno a disposizione impianti di immagazzinamen-to adeguati. Per migliorare la loro sicurezza alimentare, la DSCsostiene la diffusione di sistemi di stoccaggio innovativi. I silosmetallici si sono dimostrati i più idonei ed efficaci. Unico neo,l’elevato investimento iniziale.

( jls) Se immagazzinati al riparo da roditori, inset-ti, volatili e umidità, i cereali si conservano a lun-go e possono nutrire le famiglie contadine fino alraccolto successivo. Nei Paesi in via di sviluppo, lamaggior parte degli agricoltori dispone però di si-stemi di stoccaggio molto rudimentali. Per questomotivo, una grande quantità di derrate alimentarisi deteriora, compromettendo la sicurezza alimen-tare dei contadini. Inoltre, la mancanza di struttu-re adeguate impedisce loro di ottenere maggiorientrate dalla vendita dei loro prodotti agroalimen-tari. Per paura di veder distrutto il frutto del loroduro lavoro, molti agricoltori smerciano le derra-te subito dopo i raccolti, nel momento più sfavo-revole, ossia quando l’abbondanza dell’offerta fascendere al minimo i prezzi.

Fagioli e mais tutto l’annoDa oltre trent’anni, la DSC aiuta i piccoli agricol-tori a migliorare i sistemi di stoccaggio dei cerea-li e dei legumi. Il primo programma di questo tipoè stato realizzato tra il 1983 e il 2003 in Americacentrale con il nome di «Postcosecha» (post-rac-colto, in spagnolo). Il progetto prevedeva l’intro-

duzione di silos metallici per la conservazione digranoturco e fagioli, i due alimenti che vanno perla maggiore nella regione. In Honduras, Nicaragua,Guatemala e Salvador, gli artigiani locali hanno imparato a realizzare questi contenitori di lamierazincata, mentre i consulenti agricoli hanno inse-gnato il corretto utilizzo e la giusta manutenzioneai contadini.Almeno 670000 silos sono entrati in funzione gra-zie al programma «Postcosecha» e il loro numeroè in costante aumento, giacché i meccanismi mes-si in atto per garantire la produzione e la diffusio-ne continuano a funzionare anche dopo il ritirodella DSC dalla regione. «I silos più richiesti han-no una capacità di circa 800 chilogrammi. Il lorovolume è sufficiente per stoccare fagioli e mais inquantità sufficienti per nutrire una famiglia di seipersone durante tutto l’anno», spiega Max Streit,che si occupa di questo tema presso la DSC. L’insilaggio migliora anche il reddito degli agri-coltori, che prima di vendere parte del raccoltopossono attendere il rialzo dei prezzi.Tuttavia, taluni contadini non hanno voluto o po-tuto lanciarsi subito nell’acquisto di un silo: han-no preferito iniziare con piccole innovazioni. Pertale motivo «Postcosecha» ha proposto loro il mi-glioramento delle strutture di stoccaggio esistenti,ad esempio, sopraelevando le capanne di legno tra-dizionali e munendo i pali di dispositivi di prote-zione dai roditori.

Nei magazzini tradizionali, come questi in Benin, non èpossibile conservare a lungo e in maniera sicura le scortedi cereali e di mais.

48 milioni di persone Nell’Africa subsahariana, i cereali sono l’alimento dibase per buona parte dellapopolazione. La vendita diquesto prodotto assicuraalle famiglie rurali il 70 percento del reddito. Tuttavia,si stima che tra il 10-20per cento dei cereali rac-colti vada perso prima di qualsiasi processo di lavorazione, perché resoimmangiabile da parassiti,funghi o microrganismi.Secondo un rapportopubblicato nel 2011 daBanca mondiale e FAO, leperdite annuali successiveai raccolti sarebbero pari a 4 miliardi di dollari, all’in-circa il valore totale delleimportazioni di cerealidell’Africa subsahariana.Tali derrate potrebberosoddisfare il fabbisognocalorico annuale di almeno48 milioni di persone.

DSC (2)

A. W

amalwa/Cimmyt

D. Baributsa/Purdue University

14 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Silos, sacchi, bidoni e barili Alla luce del successo ottenuto dal progetto inAmerica centrale, la DSC ha deciso di proporre an-che altrove il programma volto a migliorare lo stoc-caggio dei raccolti. Dallo scorso anno finanziaazioni simili in undici Paesi dell’Africa subsaharia-na e in due Paesi dell’America latina. I suoi pro-getti vengono realizzati da differenti partner locali. Gli agricoltori africani conseguono generalmenteredditi inferiori a quelli dell’America centrale ehanno pertanto maggiori difficoltà ad acquistare latecnologia più efficiente. In Tanzania, ad esempio,un contenitore di metallo della capacità di 1800chili costa all’incirca 150 dollari. «Sul lungo ter-mine, il silo è l’investimento più redditizio poichéoffre una protezione totale e lo si può utilizzare perquindici-venti anni. Il suo difetto: il cospicuo co-sto iniziale», fa notare Max Streit. I partner della DSC fanno di tutto affinché gli agri-coltori possano comunque comprare i silos. Essi di-mostrano la redditività alle istituzioni locali di mi-crofinanza, allo scopo di convincerle a concedereprestiti ai piccoli agricoltori. Nello stesso tempo,esortano le autorità a ridurre le imposte sui me-talli, che rincarano il prezzo dei container.

Soluzioni a basso costo per tuttiI promotori del progetto hanno sviluppato svaria-ti metodi di immagazzinamento che richiedono un

investimento iniziale non così elevato. Tra le va-rianti proposte ci sono una versione migliorata deitradizionali silos in argilla oppure sacchi di iuta osisal, fusti di plastica, bidoni metallici e due tipi disacchi di plastica che garantiscono lo stoccaggio ermetico. Questi ultimi costano solo qualche dol-laro al pezzo, ma possono contenere soltanto uncentinaio di chili di granaglia e si deteriorano nelgiro di due-tre anni. Inoltre, i sacchi di plastica nonproteggono il raccolto dai roditori né da alcuni tipidi insetti, come la piralide del mais, un parassita cheprovoca notevoli danni in Africa.La recente crisi alimentare mondiale ha evidenziatola necessità di ridurre le perdite successive ai rac-colti affinché l’intera popolazione abbia di che sfa-marsi. Molti donatori sono disposti a investire inquesto settore finora poco considerato. Nell’ambi-to della sua rete per l’agricoltura e la sicurezza ali-mentare, la DSC organizza scambi fra gli attori in-teressati alla gestione dei raccolti. «In futuro pos-siamo fare dei progressi su una scala molto piùampia se i vari donatori e i Paesi interessati coor-dineranno il loro impegno», sostiene Max Streit.«In Africa subsahariana ci sono centinaia di milio-ni di piccoli agricoltori. La maggior parte di loroha bisogno di soluzioni di stoccaggio sicure». ■

(Traduzione dal francese)

Gli artigiani africani imparano a realizzare i silos metallici durante un corso di formazione. La popolazione conserva il proprio raccolto anche in sacchi che non lo proteggono però da alcuni insetti e dai topi.

Perdite al Sud, sprechial NordSecondo le stime dellaFAO, un terzo delle derratealimentari prodotte nelmondo – ossia 1,3 miliardidi tonnellate di cibo ognianno – viene perso o spre-cato lungo la catena ali-mentare. Nei Paesi delNord, lo spreco è notevolea livello di commercio aldettaglio e di consumo. In Europa e Nord America,ogni consumatore gettanella spazzatura tra i 95 e i 115 chili di alimenti al-l’anno. Nei Paesi in via disviluppo lo spreco è moltoinferiore, ma enormi quan-tità di cibo vanno persedurante la produzione agri-cola e le attività successiveai raccolti (essiccamento,decorticazione, trasforma-zione, trasporto e soprat-tutto stoccaggio). Questeperdite sono dovute a in-frastrutture lacunose, atecnologie obsolete e allacarenza di investimenti neisistemi alimentari.

Hanspeter Liniger

15Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

( jls) Le superfici coltivabili del pianeta scompaio-no a vista d’occhio a causa di molteplici fattori: pra-tiche agricole inadeguate, sfruttamento eccessivodei pascoli, erosione, urbanizzazione, deforestazio-ne, cambiamenti climatici ecc. Dal 1992, il Centroper lo sviluppo e l’ambiente (CDE) dell’Univer-sità di Berna recensisce gli sforzi profusi dagli agri-coltori per frenare o prevenire il degrado delle loroterre. Con il sostegno della DSC, il CDE ha crea-to la Panoramica degli approcci e delle tecnologiedi conservazione (World Overview of ConservationApproaches and Technologies, WOCAT), una rete in-ternazionale di esperti per la gestione sostenibiledei suoli. «Invece di misurare l’entità dei danni, ab-biamo voluto mostrare che ci sono metodi per pre-venirli e per aiutare gli agricoltori a prendere le de-cisioni giuste», spiega il direttore del WOCATHanspeter Liniger. È una banca dati su internet, acui è possibile accedere gratuitamente e che contie-ne già oltre 750 tecnologie e approcci di compro-vata efficacia provenienti da una cinquantina diPaesi.

Millenario metodo di coltivazioneUno degli esperimenti più straordinari è stato rea-lizzato nella vallata del Varzob, in Tagikistan. Unagricoltore è riuscito a convertire un pascolo ari-do in un frutteto e in una superficie foraggera,combinando tecnologie differenti. Ha costruitodei terrazzamenti, ha piantato nei fossati alberi dafrutto che trattengono l’acqua piovana e ha conci-mato il terreno con del letame. Il suo appezza-mento, situato su un pendio molto impervio, asso-miglia a un’isola verde in mezzo a una landa deso-lata. Tutt’attorno, l’eccessiva attività di pascolo hainfatti inaridito il suolo. Le coltivazioni a terrazza sono una tecnologia mil-lenaria che rende coltivabili i terreni scoscesi e per-mette di conservare l’acqua e di ridurre l’erosio-ne. Questa tecnologia si è evoluta nel tempo e dif-ferisce da una regione all’altra. Il WOCAT haidentificato molte varianti: alcune terrazze sono ir-rigate, come quelle a Bali, in Indonesia, dove si col-tiva il risone; altre dipendono unicamente dalle pre-cipitazioni. Si differenziano anche per l’alzata: nel-la valle andina del Colca, in Perù, sono stati

Tecnologie efficaci per proteggere i suoli In tutto il mondo, gli agricoltori lottano contro il degrado del suo-lo, ricorrendo a qualsiasi tipo di tecnologia o metodo per sal-vaguardare i loro terreni e aumentarne la fertilità. Una banca datiunica nel suo genere, gestita dall’Università di Berna, rileva lepratiche migliori e ne assicura la diffusione.

Un’isola verde in mezzo a un pendio brullo: Nella valle delVarzob, in Tagikistan, un agricoltore è riuscito a coltivaredegli alberi da frutto e delle piante da foraggio combinandovarie tecnologie.

ripristinati dei terrazzamenti sostenuti da muri dipietra e risalenti al settimo secolo. In Kenya, i ter-razzi «Fanya juu» hanno argini di terra. Si tratta diuna tecnica tradizionale che consiste nel realizza-re lungo le linee di livello dei canali trasversali alpendio; il materiale esportato viene utilizzato performare un terrapieno. Di dimensioni notevol-mente diverse sono i terrazzamenti dell’Altopianodi Loess, in Cina, che hanno una superficie di73000 km2. Costruiti tra il 1964 e il 1978, hannopermesso di ricostituire il manto vegetale di ver-santi gravemente erosi e diventati improduttivi.

Dalla tradizione alle innovazioniIn Colombia, Filippine o Niger abbondano anchegli esempi di agrosilvicoltura, un modello di sfrut-

Le pubblicazioni delWOCATBasandosi sulle informa-zioni archiviate nella suabanca dati, il WOCAT haprodotto oltre venti pubbli-cazioni in collaborazionecon svariati partner. Il libroVers une terre plus verte,pubblicato nel 2007, analiz-za 42 iniziative di conser-vazione dell’acqua e delsuolo in tutto il mondo e rivolge raccomandazioni aipolitici e alle agenzie di svi-luppo. Nel 2011, il WOCATha pubblicato La pratiquede la gestion durable desterres, che riunisce lineeguida e buone pratiche perl’Africa subsahariana. Nel2013, La collecte de l’eaupresenta metodi compro-vati per le zone aride el’agricoltura pluviale.Inoltre, nove Paesi del Sudhanno pubblicato rapportinazionali sulle loro espe-rienze di gestione sosteni-bile delle terre. I tre librisono disponibili anche ininglese.www.wocat.net

Fikreyesus Ghilay

16 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

tamento che combina la silvicoltura con la coltu-ra o il pascolo. In Africa orientale la grevillea ro-busta è sempre più presente nelle piantagioni dimais, di fagioli o di tè. Questo albero, originariodell’Australia, è utile per molteplici aspetti: proteggedal vento, fa molta ombra e migliora la fertilità delsuolo, fornendo nel contempo legna e foraggio pergli animali domestici.Nelle zone aride, la raccolta dell’acqua è semprestata la principale preoccupazione degli agricolto-ri. La banca dati WOCAT descrive alcuni metodimessi a punto per raccogliere l’acqua piovana o didilavamento, incanalarla verso le colture o conser-varla in vista della stagione secca. I dispositivi di rac-colta spaziano dalla cisterna sotterranea alla diga diterra o di sabbia, passando dallo stagno rustico odal serbatoio di ferrocemento. Talune innovazionisono davvero promettenti. Un produttore di coto-ne del Madyar Pradesh, in India, ha messo a pun-to un sistema di microirrigazione che presenta tut-ti i vantaggi dei metodi convenzionali, ma che haun costo decisamente più accessibile.A causa dello sfruttamento eccessivo dovuto all’au-mento mondiale del bestiame, oggigiorno i pasco-li sono i terreni agricoli più degradati. Eppure, inquesto ambito il WOCAT ha raccolto pochissimiesempi di buone pratiche. La rotazione dei pasco-li, che lascia i terreni a maggese per un certo pe-riodo, è il miglior sistema per preservare il mantovegetale.

Riconoscimento internazionaleTutte queste tecnologie sono presentate in una for-ma standardizzata che ne facilita l’analisi e ilconfronto. La banca dati viene alimentata da consu-lenti agricoli, agronomi e altri esperti attivi sul cam-po. «Abbiamo sviluppato un metodo e istruito inostri partner affinché sappiano usarlo. Sono loroche raccolgono le conoscenze presenti nel rispet-tivo Paese», spiega Hanspeter Liniger. In questomomento, la piattaforma è utilizzata in una cin-quantina di Paesi e presto avrà una portata univer-sale. Infatti, nel mese di aprile del 2014 è diventa-ta la banca dati ufficiale della Convenzione delleNazioni Unite per la lotta alla desertificazione ealla siccità (UNCCD). Il WOCAT ha ricevuto ilcompito di aiutare i 196 Paesi membri a recensirele loro migliori pratiche di gestione sostenibile delsuolo. «Non potevamo aspirare a riconoscimentointernazionale più prestigioso», afferma soddisfat-to il direttore Liniger. L’azione dell’UNCCD siconcentra sul degrado eccessivo delle zone aridedel mondo, che corrispondono al 40 per cento del-le terre emerse. ■

(Traduzione dal francese)

Nel quadro di una campagna di rimboschimento, organizzata dal governo eritreo, la popolazione locale costruisce dei terrazzamenti in cui pianterà degli alberi.

Alleato silenziosoI suoli sono in grave peri-colo: un terzo è già mode-ratamente o gravementedanneggiato. Se il loro de-grado dovesse proseguireal ritmo attuale, le genera-zioni future non potrannosoddisfare il loro fabbiso-gno di cibo, foraggio, le-gname, acqua e materieprime. Per puntare i riflet-tori sui rischi di questa ri-sorsa vitale, il 2015 èstato dichiarato dall’ONUAnno internazionale deisuoli. L’obiettivo principaleè sensibilizzare le popola-zioni sulla necessità dipreservare i terreni agricolie di gestire questa risorsain maniera sostenibile. «Isuoli non possono parlaree sono in pochi a tutelare i loro interessi. Sono il no-stro alleato silenzioso nellaproduzione alimentare»,ha dichiarato il direttoregenerale della FAO JoséGraziano da Silva. Perl’occasione, la DSC ha or-ganizzato in collabora-zione con il CDE unevento che si terrà il 17giugno a Berna.www.sols2015.ch

Clemens Emmler/laif

17Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Alimentazione

Cifre e fatti

LinkSeconda Conferenza internazionale sulla nutrizione (CIN2)www.fao.org/about/meetings/icn2/fr

Comitato permanente delle Nazioni Unite sulla nutrizione(UNSCN) www.unscn.org

Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari (IFPRI)www.ifpri.org

Rete della DSC per l’agricoltura e la sicurezza alimentare (A+FS Network) www.sdc.foodsecurity.ch

Citazioni «È difficile immaginare un’ingiustizia più grande di quella che privaun bimbo, nel ventre della madre e fin dalla più tenera età, dellapossibilità di sviluppare i suoi talenti».Anthony Lake, direttore generale dell’UNICEF

«Una parte del nostro mondo muore ancora di fame. E un’altraparte si abbuffa fino all’obesità, a tal punto che la speranza di vitasta nuovamente diminuendo».Margaret Chan, direttrice generale dell’Organizzazione mondialedella sanità

Cifre chiave• All’incirca 805 milioni di esseri umani sono sottoalimentati, oltre

2 miliardi soffrono di carenze nutrizionali e più di 1,9 miliardi di adulti sono in sovrappeso, fra cui 600 milioni sono obesi.

• Ogni anno, la fame e le carenze nutrizionali provocano la morte di 3,1 milioni di bambini d’età inferiore ai cinque anni, numero pari al 45 per cento dei decessi infantili.

• Circa 162 milioni di bambini d’età inferiore ai cinque anni mo-strano ritardi nella crescita a causa della malnutrizione cronica, che compromette la loro salute e il loro sviluppo.

• Il sovrappeso e l’obesità uccidono ogni anno 3,4 milioni di per-sone. Il sovrappeso è definito con un indice di massa corporea (BMI) uguale o superiore a 25, l’obesità con un BMI uguale o superiore a 30.

Indice globale della fameL’Indice globale della fame(GHI) si basa sui dati se-guenti: tasso di mortalitàdei bambini d’età inferioreai cinque anni; numero dibambini sottopeso in etàcompresa tra 0 e 5 anni;percentuale di persone denutrite rispetto alla po-polazione totale. L’indiceclassifica i Paesi su unascala da 0 a 100. Il GHI2014 è estremamente allar-mante in due Paesi (Eritreae Burundi) e allarmante in altri quattordici Stati (di cuidieci dell’Africa subsaha-riana). In taluni Paesi, comel’Afghanistan, la Republic-ca Democratica del Congo,la Birmania e la Somalia, idati lacunosi non permet-tono di calcolare il GHI.

Estremamente allarmante ≥ 30.0 Allarmante 20.0–29.9Grave 10.0–19.9Moderato 5.0–9.9Basso ≤ 4.9Dati non disponibiliPaesi industrializzati

Fonte: von Grebmer et al./IFPRI

Tanja Lander

18 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

ORIZZONTI

Il canale della discordiaGrazie alla costruzione del canale del Nicaragua, il presidenteDaniel Ortega promette di affrancare il Paese dalla morsa dellapovertà. Finanziato con capitali cinesi, il progetto del secolo in-contra però una crescente opposizione nella popolazione chelotta per i diritti fondiari e la democrazia. Reportage di AndreaMüller e Tanja Lander.*

È tutto il giorno che pioviggina. Il pesante mezzodi trasporto per il bestiame, trasformato in corrie-ra, arranca lungo la scivolosa strada sterrata. Seba-stián Gutiérrez siede su una stretta panca di legno.In una mano stringe il cellulare, che trasmette mu-sica degli anni Ottanta, nell’altra un fascicolo di do-cumenti. Studia con attenzione ogni singola pagi-na, anche se conosce il contenuto a memoria. È lalegge 840. L’attivista e futuro giurista si sta recan-do a La Unión dove, in qualità di rappresentantedell’Organizzazione nazionale per i diritti umani(Centro Nicaragüense de Derechos Humanos), incon-trerà un gruppo di contadini del Comitato per ladifesa della proprietà privata.Il viaggio dalla cittadina di Nueva Guinea, nellaRegione Autonoma Atlantico Sud, fino a La Unióndura due ore. Il villaggio è situato a circa 330 chi-lometri dalla capitale Managua. La regione disco-sta è verdeggiante, avvolta da piante tropicali e ric-

Contadini della cittadina di Nueva Guinea manifestano contro la costruzione del canale lungo le strade di Managua.

ca di corsi d’acqua. Prima dei grandi disboscamentidel 20° secolo, gli insediamenti erano rari. La mag-gior parte degli abitanti è arrivata negli anni Set-tanta: 1600 famiglie sono state trasferite qui dopoil grave sisma del 1972 e l’eruzione del vulcanoCerro Negro. Le coltivazioni di mais e fagioli nefanno una delle regioni agricole più produttive delNicaragua, ma a causa del degrado dei suoli, i cam-pi vengono convertiti in pascoli. Secondo il cen-simento nazionale del 2011, in nessun’altra zona delPaese il numero di allevatori è così alto.

Legge varata in tutta frettaA La Unión c’è agitazione. «Non promette nulladi buono…», dice Gutiérrez, scendendo dal bus.Entra nella casa di Amparo Jaime, sede dell’incon-tro, dove stanno affluendo i coltivatori. Dapprimauna decina, poi una ventina, alla fine le persone ri-unite nel garage sono una quarantina. Sono so-

Tanja Lander (3)

19Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Nicaragua

prattutto uomini, con stivali di gomma, jeans, ca-micia e cappello da cowboy. Tutti vogliono dire laloro. Il coordinatore del Comitato per la difesa del-la proprietà privata, Celestino Suárez, è il primo aprendere la parola. «La nostra organizzazione ènata perché i cinesi sono arrivati fin qui e hannochiesto di accedere alle nostre proprietà fondiarie.Volevano misurare i nostri terreni senza autoriz-zazione. È stato allora che abbiamo cominciato apreoccuparci seriamente del canale», ricorda Suárez.

Il «canale» di cui parla è la via d’acqua lunga 280chilometri e larga fino a 500 metri che dovrà uni-re il Pacifico e l’Atlantico. Se tutto procederà comeauspicato dal presidente Daniel Ortega, a partire dal2020 le navi portacontainer non transiteranno piùsolo nel canale di Panama, ma anche in quello delNicaragua. Per realizzare la visione centenaria del«Grande Canale», il presidente necessita del soste-gno dell’investitore Wang Jing di Hong Kong, cheper l’occasione ha costituito la società HKND(Hong Kong Nicaragua Canal Development). Quest’ul-tima ha ottenuto una concessione per cinquan-t’anni, con opzione di rinnovo dell’autorizzazioneper un altro mezzo secolo. Il progetto non si limi-ta al canale, ma prevede anche resort turistici, unaeroporto, due porti d’alto mare e una zona fran-

Nicaragua in sintesi

Capitale Managua

Superficie130 373 km²

Popolazione6,17 milioni di abitanti

Speranza di vita 74,5 anni

LingueSpagnolo (lingua ufficiale),miskito, rama, sumu

EtnieMeticci 70% Europei 18% Afroamericani 8% Indigeni 4%

Religioni Cattolici 59%Protestanti 23%Altro 18%

Prodotti d’esportazioneCaffè, carne di manzo,gamberetti, arachidi, zuc-chero, oro, prodotti tessili,olio di palma, rum, tabacco

EconomiaL’agricoltura contribuiscecon il 25% all’economiadel Paese, la lavorazione di prodotti agricoli con un ulteriore 25%, seguonoi proventi delle miniered’oro, dell’industria tessilee del turismo.

PovertàIl Nicaragua occupa il 135°rango nell’Indice di svi-luppo umano delle NazioniUnite. Il 42,5% della popo-lazione vive sotto la sogliadi povertà (2 dollari o menoal giorno).

Celestino Suárez, Amparo Jaime e Francisca Ramírez lottano contro l’espropriazione delle loro terre.

ca. Nel 2012, Ortega ha varato la relativa legge 840.È la cosiddetta legge del canale, approvata in po-chi giorni con l’appoggio del Parlamento, domi-nato dal partito di governo FSLN (Fronte Sandi-nista di Liberazione Nazionale). Nel Natale 2014,i contadini nicaraguensi sono scesi in piazza quan-do Wang Jing e il governo hanno annunciato di vo-ler avviare i lavori e chiarire la questione delle pro-prietà nel primo trimestre del 2015. La loro ri-vendicazione: abrogare la legge sul canale.

La minaccia dell’espropriazione Poiché La Unión è situata lungo il tracciato del ca-nale, i contadini sono costretti a vendere le terre,altrimenti verranno loro espropriate. «E dopo, cosafaremo? Dove andremo?», chiede Celestino Suá-rez. «Non abbiamo altra scelta che lavorare i nostricampi». Inoltre, aggiunge, i prezzi non sono equi.La legge prevede che i contadini ricevano il valo-re a catasto fissato dalle autorità. «Cosa me ne fac-cio di un prezzo di catasto?», si chiede Angel Ur-bina, che vive nel villaggio vicino di La Fonseca.«Nulla può sostituire la mia finca (tenuta, ndt). Spe-ro di vivere altri cinquant’anni e voglio morire sul-le mie terre». Il portavoce della commissione peril progetto del canale, Telémaco Talavera, a più ri-prese assicura ai giornalisti che i proprietari terrierisaranno adeguatamente indennizzati. I contadini diLa Unión non credono però a una sola parola delrappresentante del governo. Tanto meno da quan-

Nicaragua

Costa Rica Canale diPanama

Panama

Honduras

Oceano Pacifico

Progetto del canale

Mare dei Caraibi

Managua

Tanja Lander

20 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Progetto controversoIl 22 dicembre 2014, ilpresidente Daniel Ortega e l’investitore cinese WangJing hanno inaugurato lacostruzione del canale delNicaragua. Da allora sonoaumentate le opposizioni ele agitazioni. La polizia hadisperso con la forza di-verse manifestazioni diprotesta, incarcerando pa-recchi partecipanti fino auna settimana senza deci-sione giudiziaria. Si trattasoprattutto di contadiniche difendono le loro terree ambientalisti che te-mono la distruzione dellago Nicaragua; la mag-giore riserva di acquadolce dell’America cen-trale. Secondo l’ONGCentro Alexander vonHumboldt, oltre 100000persone vivono nel corri-doio del previsto canalelargo dieci chilometri.Secondo le stime ufficialidegli investitori, 5000 famiglie dovranno abban-donare la loro terra a causadel progetto.

do ha annullato all’ultimo minuto due incontri coni coltivatori.A 70 anni Celestino Suárez non se la sente di ri-cominciare. Parla del conflitto degli anni Ottanta.Con l’ingerenza degli Stati Uniti, nel 1981 è scop-piata la guerra dei Contras dopo che nel 1979 larivoluzione sandinista ha rovesciato il dittatoreAnastasio Somoza. Nella regione di Nueva Gui-nea e nel Nord del Paese i combattimenti tra igruppi di guerriglieri sono stati particolarmentesanguinosi. «Ho iniziato quasi dal nulla poco pri-ma dello scoppio del conflitto civile. Coltivavo ma-nioca, patate e chili. Dopo la guerra ho dovuto co-minciare nuovamente da zero», racconta. Per lui sa-rebbe giunto il momento di riposare, ma il canaledel Nicaragua non glielo permette.

Insurrezione contro i signori I contadini si stanno organizzando in tutto il Pae-se. Il comitato parla di oltre 15000 persone che in-tendono lottare contro il canale nella sola regionedi Nueva Guinea. Questa cifra non è confermata.Benché al centro della protesta vi sia il grande pro-getto, la posta in gioco è molto più alta: ne va delmodo in cui il presidente Ortega, un tempo fontedi speranza, governa il suo Paese e della tutela deidiritti e della sovranità del popolo. «In Nicaraguaviviamo nella paura, ma preferiamo morire piut-tosto che svendere le nostre terre», dice FranciscaRamírez con gli occhi lucidi per la rabbia. La col-tivatrice di La Fonseca è un’importante coordina-trice della protesta. Da quando manifesta, la poli-zia ha tentato più volte di arrestarla. Lei non si lascia certo intimidire: «I nostri diritti vengono cal-pestati da troppi anni, ma ora il Nicaragua si sta de-stando. Dobbiamo insorgere contro il governo, an-

che a costo di ricorrere persino alle maniere forti».La giovane avvocatessa Grisel Martínez aiuta i cam-pesinos: «A chi è convinto che il canale porterà pro-gresso metto in mano la legge e dico che ne ri-parleremo quando l’avrà letta». La giurista dubitache il conflitto con il governo possa essere risoltopacificamente. «Io vi dico: possiamo andare avanticon le nostre manifestazioni pacifiche. Ma Daniel(Ortega, ndr) manderà le sue forze per uccidere ilpopolo», sostiene risoluta durante la riunione, ag-giungendo che il governo non cerca il dialogo eche non è pronto a scendere a compromessi. Comealtre voci critiche, crede che il canale non sarà mairealizzato: «Non è questo il punto. Il nostro presi-dente ha già venduto la sovranità. Con questa leg-ge, il Nicaragua sarà presto governato dai cinesi».Dal pubblico sale uno scrosciante applauso.

Oltre i fossati sociali e di partitoIl canale è divenuto la valvola di sfogo dei nicara-guensi desiderosi di esprimere la loro rabbia neiconfronti del governo autoritario della famigliaOrtega. Gli oppositori del canale appartengono aogni partito politico e classe sociale: contadini di-sillusi, ambientalisti, femministe. A un anno dalleelezioni presidenziali, la protesta ha contagiato an-che l’opposizione liberale e di destra. Fra i delusi egli arrabbiati ci sono anche vecchi sostenitori diDaniel Ortega. Uno di essi è il poeta nicaraguen-se Ernesto Cardenal. Le parole che ha pronuncia-to in occasione del suo novantesimo compleannonon lasciano spazio a fraintendimenti: «Ormai ab-biamo una dittatura della famiglia Ortega. E nonè ciò per cui ci eravamo battuti…».Come la maggior parte dei partecipanti all’incon-tro a La Unión, anche l’attivista Sebastián Gutiér-rez teme, dopo soli 24 anni di pace, nuovi sangui-nosi scontri. Nello stesso tempo spera ancora in unarisoluzione pacifica del conflitto. Soltanto quandoil comitato sta lasciando l’abitazione di Amparo Jai-me, il padrone di casa dice la sua: «Forse non sia-mo le persone più istruite, ma non siamo nemme-no così ignoranti e creduloni come lo eravamo inpassato. Il canale fa di tutti noi dei perdenti». ■

*Andrea Müller (testo) e Tanja Lander (immagini) han-no svolto da novembre 2014 a febbraio 2015 uno sta-ge all’estero organizzato dalla scuola svizzera di gior-nalismo MAZ presso il quotidiano di Managua ElNuevo Diario.

(Traduzione dal tedesco)

Se tutto va secondo i piani del governo, dove ora pasco-lano queste mucche, tra alcuni anni transiteranno dellenavi portacontainer.

21Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Sul campo con… Andreas Gerrits, vicedirettore regionale della DSC per l’America centrale a Managua

Nicaragua

stro obiettivo, a 36 anni dalla rivoluzione sandini-sta, è quello di sensibilizzare nuovamente le giova-ni generazioni ai temi politici e ridestare il loro in-teresse per lo sviluppo del Paese e la partecipazio-ne politica. Il progetto è realizzato in collaborazionecon l’UE, la Società tedesca per la cooperazioneinternazionale e l’Agenzia per lo sviluppo del Lus-semburgo. Grazie a questo fondo comunitario ciauguriamo di riuscire a esercitare un maggiore pesopolitico su questo delicato tema.

La partecipazione è un elemento centrale degli al-tri programmi di cui mi occupo. Negli ultimi die-ci anni, il Nicaragua ha segnato una moderata cre-scita economica, non da ultimo grazie alla stabili-tà politica. Oggi, i comuni dispongono di mezzifinanziari che essi possono investire in progettiedilizi e infrastrutturali. Spesso mancano però le co-noscenze e le strutture necessarie. Per tale motivoaiutiamo i comuni nei processi decisionali affinchéi progetti edilizi pubblici siano discussi e concor-dati con tutte le parti interessate per favorire la tra-sparenza ed evitare la corruzione. In molte zone,la costruzione di strade è la prima voce sulla listadei desideri della popolazione locale. In Nicaraguasono ancora molte le regioni discoste non rag-giungibili tutto l’anno. Occorre agire anche a li-vello di infrastrutture per le acque reflue e di ap-provvigionamento dell’acqua potabile.

Nonostante la ripresa degli ultimi anni, la povertàè e rimane una questione centrale. Spesso fatico adaccettare il divario tra la situazione della stragran-de maggioranza della popolazione e la mia posi-zione privilegiata di espatriato. Cerco di recarmiogni volta che mi è possibile nei luoghi dei nostriprogetti rurali, dove le condizioni sono particolar-mente difficili. Entro così in contatto con una real-tà a me quasi estranea. L’anno scorso, per esempio,la siccità ha distrutto un raccolto che ha gettato dinuovo molte persone nella povertà più estrema. ■

(Testimonianza raccolta da Gabriela Neuhaus)

(Traduzione dal tedesco)

«In molte zone, la costruzione di strade è la prima voce sulla listadei desideri della popolazione locale».

Da due anni vivo con il mio partner in Nicaragua.Da subito la nostra relazione è stata vista con tol-leranza e accettazione. Non è così evidente in unasocietà di stampo cattolico, conservatrice e ma-schilista. Come stranieri siamo ovviamente privi-legiati. Molti giovani autoctoni non osano ancoradichiarare pubblicamente la propria omosessualità.La situazione è particolarmente difficile in campa-gna. Il nostro augurio è di riuscire a rafforzare i movimenti omosessuale e transessuale del Paese, vivendo apertamente la nostra unione registrata eparlandone con amici e conoscenti.

Sono rimasto sorpreso dalla ricca scena artistica diManagua. Quest’ultima spazia dalla cultura main-stream al cinema hollywoodiano e indipendente, dalfolklore, al teatro, alla danza moderna. L’offerta èbuona, a volte ottima. La DSC sostiene la culturaa livello regionale e transnazionale con un budgetcospicuo, se lo paragoniamo ai fondi che le ven-gono messi a disposizione in Nicaragua. A titolo diesempio, al festival Teatro Francófono di Managuaè già stato invitato varie volte il Teatro Memoriashonduregno. La sua troupe di artisti è specializza-ta in pièce di letteratura mondiale, incentrate sul-la critica sociale. Il suo palcoscenico si trova nel cen-tro storico di Tegucigalpa ed è stato rinnovato conmezzi stanziati dalla DSC.

Con altri donatori stiamo collaborando in questomomento alla creazione di un fondo comunitariodi sostegno alla società civile nicaraguense. Il no-

Tre pilastri La Svizzera è presente inAmerica centrale da unatrentina d’anni. Dal 1993,la cooperazione regionaleha sede a Managua. InNicaragua, la DSC con-centra gli aiuti in tre settori.Cerca di dare slancio all’e-conomia attraverso il raf-forzamento delle piccoleimprese, per esempio,promuovendo la coltiva-zione del cacao. Nei pro-grammi per il decentra-mento e il buongovernolocale, la DSC collaboradirettamente con i comuni,sostenendo, tra l’altro, iniziative infrastrutturali.Infine, attraverso progettidi gestione delle risorseidriche e metodi agricoliinnovativi cerca di atte-nuare l’impatto dei cam-biamenti climatici. In que-sta regione è anche pre-sente un team dell’Aiutoumanitario. Quest’ultimogarantisce il rapido inter-vento in caso di catastrofeed elabora programmi diriduzione dei rischi di cata-strofe. www.dsc.admin.ch(chiave di ricerca: Paesi)www.cooperacion-suiza.admin.ch/nicaragua

DSC

Tanja Lander

Un solo mondo n.2 / Giugno 201522

Il Nicaragua è un piccolo Paese dell’America cen-trale. È difficile da individuare a prima vista sullamappa, ma ha una propria voce, come tutte le altrenazioni del mondo.

In questa fragile porzione di terra, i vulcani si sus-seguono, le piccole e grandi onde di laghi, mari elagune s’increspano al vento e l’aria trasporta il suo-no della marimba, il canto del guardabarranco e iritmi dei tamburi.

In epoca precolombiana, il Nicaraguaera una terra di commercianti. Era gen-te desiderosa di conoscere e imparare, didare e ricevere, di andare e venire. Il Ni-caragua è una terra in cui le culture e lerazze si fondono da tempi immemora-bili. È il cuore dell’America, il ponte e ilnido di poeti, musicisti, pittori, balleri-ni, scrittori e cantanti. È terra di teatripopolari e danze multicolori.

La cultura in Nicaragua è sinonimo difusione; è la reminiscenza di quello chefu la cultura preispanica con le influen-ze della conquista e della globalizzazio-ne. L’andirivieni della gente nel corsodell’ultimo secolo si riflette nella nostraespressione culturale che è una sorta dipietanza preparata a fuoco lento con unaricca miscela di spezie e sapori.

Il Nicaragua ha conosciuto uno svilup-po simile a qualsiasi altro Paese coloniz-zato. Esso procede lentamente, seguen-do gli alti e i bassi della politica e il rit-mo del pianeta. Negli anni Ottanta,durante il periodo della rivoluzione, lanostra particolare storia ci ha permessodi vivere un momento di grande dina-mismo in tutte le espressioni artistiche.

Con tutte le vicissitudini di quel periodo e graziealla politica culturale unica di quella realtà sociopo-

Straordinaria fusione culturale litica, si sono risvegliati la creatività e sono fioriti ilteatro e la danza, la pittura e la scultura. I torni han-no ripreso a modellare nuove ceramiche, si cantavae si scriveva, si percorrevano i villaggi da nord a sud,si declamavano poesie e si dipingevano murales daest a ovest. Il modello socialista si è convertito in unacatapulta che ci ha fatto aprire gli occhi e ci ha resiconsapevoli del potenziale artistico racchiuso inognuno di noi.

Il Nicaragua è la punta di diamante dell’America centrale. Anche se è fini-to sotto i riflettori del mondo per i suoi conflitti politici e i disastri natu-rali, sono la sua musica e la sua poesia aconquistare chi lo vive e lo conosce. Èuna terra di pensatori, lottatori e so-gnatori.

Anche se in questo piccolo Paese nonesiste una politica culturale o educativarivolta ai bisogni della popolazione, sicontinua a fare musica, ballare, dipinge-re e scrivere. Ed è anche per questo chenoi nicaraguensi possiamo andare fieridel Festival Internacional de Poesía de Gra-nada, uno dei principali festival dell’A-merica latina. Durante questo evento lacultura è sinonimo di spontaneità po-polare capace di contagiare ogni classesociale e ogni gruppo etnico.

Noi artisti ci siamo convertiti in gesto-ri della cultura e siamo diventati arte eparte di questa attività. Le aziende pri-vate e la loro responsabilità sociale, le or-ganizzazioni non governative e la co-operazione straniera sono la maggiorefonte di sostegno delle iniziative volte apromuovere la nostra cultura.

In qualità di cantautrice ho dedicato la mia vita al-l’arte e posso quindi parlare per esperienza. In 37anni di carriera ho prodotto i miei dischi, ho crea-to la mia etichetta discografica, sono stata in tour-née in Nicaragua e all’estero, ho organizzato il pri-mo festival annuale delle cantautrici dell’America la-tina, così come festival annuali di canto ecologico.Ho perfino costituito una fondazione per promuo-vere questa grande voglia di fare e creare, di appor-tare e imparare. Però non sono altro che un’artistatra tanti, spinta dalla caparbietà e dal desiderio di dareil mio contributo alla vita culturale, come lo fannoaltre centinaia di colleghi nel mio Paese. ■

(Traduzione dallo spagnolo)

Negli anni Ottanta, le

canzoni di Katia Cardenal

facevano parte del reper-

torio della rivoluzione san-

dinista. Allora l’artista si

esibiva con il fratello,

come Duo Guardabar-

ranco, mentre oggi è ac-

compagnata sovente dalla

chitarra della figlia Nina.

I testi di questa cantante,

nota a livello internazio-

nale, trattano di temi so-

ciali. Fra le sue molteplici

attività, Katia Cardenal ha

creato il marchio musicale

Moka Discos e fondato il

festival delle cantautrici

Encuentro Internacional de

Cantautoras, che si tiene

ogni anno dal 2007.

www.katiacardenal.com

Una voce dal Nicaragua

Olivier Normand (2)

23Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

DSC

Valle densamente popolataLa fertile pianura che siestende tra Uzbekistan,Kirghizistan e Tagikistan è considerata il granaiodell’Asia centrale. Su unasuperficie pari a circa lametà della Svizzera vivonooltre 10 milioni di abitanti,in continuo aumento.Dopo il crollo dell’Unionesovietica, le nuove frontieretracciate in modo arbitrariohanno causato ripetutetensioni e conflitti. IlKirghizistan e il Tagikistancontinuavano a trattenerel’acqua per la produzionedi energia elettrica in laghiartificiali, impedendo cosìai contadini nelle regionipiù a valle di irrigare icampi. Dal 2001, la DSC si impegna su svariati livelliper mitigare i conflitti edelabora insieme alla popo-lazione interessata dellesoluzioni per una distribu-zione equa dell’acqua.

(mw) Nelle regioni rurali dell’Uzbekistan e del Ta-gikistan, circa il 40 per cento della popolazione nonha accesso all’acqua potabile. Nella valle della Fer-gana la DSC ha deciso di sostenere la costruzione diimpianti per l’approvvigionamento idrico. Dal 2004,32 villaggi sono stati dotati di nuove istallazioni. Lapopolazione paga una tassa sull’acqua, che – oltre aicosti di esercizio – comprende anche le spese di in-vestimento. A 20 anni dalla messa in servizio degliimpianti, queste entrate permettono alle società del-l’acqua potabile di effettuare con mezzi propri gli in-terventi di rinnovo necessari. Olivier Normand, membro del Segretariato inter-nazionale dell’acqua, si occupa dell’attuazione delprogetto. La popolazione accetta di buon grado i ca-noni, dice Normand, illustrandone anche il motivo:«Finora la gente poteva andare a prendere l’acqua nei canali di irrigazione oppure farsela portare conle autobotti». L’acqua di falda del nuovo pozzo è diqualità superiore e costa solo 40 centesimi al metrocubo; quella portata dall’autocisterna si paga dagli 11ai 15 dollari. Inoltre, le donne e i bambini impiega-no meno tempo per andare al pozzo.«Sono sempre più numerosi i villaggi interessati alnostro sistema», racconta Normand. Anche le ban-che per lo sviluppo ne hanno riconosciuto il poten-

ziale. «Questo susciterà pure l’interesse degli istitutidi credito privati, poiché investire in queste iniziati-ve potrebbe dimostrarsi un affare davvero redditizio».

Meno malattie Oltre alla realizzazione di impianti di approvvigio-namento idrico, la DSC persegue anche altri obiet-tivi, per esempio, il miglioramento delle condizioniigienico-sanitarie.A tale scopo, 4000 insegnanti han-no partecipato a corsi di aggiornamento. 24 scuolesono state attrezzate con cosiddette toilette Ecosan(nome derivato da ecological sanitation). Contraria-mente ai sistemi sanitari tradizionali, questi bagni nonnecessitano né di acqua né di una canalizzazione. Leurine e le feci sono separate e le sostanze nutritiveche contengono sono utilizzate come concime or-ganico. «I bagni pubblici sono spesso molto sporchi,soprattutto per le ragazze», dice Normand, spiegan-do la scelta di istallare le toilette Ecosan negli spazi pubblici. «In questo momento, le latrine tradiziona-li nelle case private sono, invece, più che sufficienti».I nuovi pozzi e gli impianti sanitari si sono già rile-vati paganti. «Assistiamo a un calo dei casi di influenzae di diarrea», conclude Olivier Normand. ■

(Traduzione dal tedesco)

Acqua pulita in Asia centrale

La Svizzera si adopera nella valle della Fergana per una miglioregestione delle risorse idriche. Con il sostegno della DSC è sta-to possibile organizzare e assicurare sul lungo periodo l’ap-provvigionamento di acqua potabile in 32 villaggi.

Nei vecchi canali di irrigazione scorre acqua sporca – dai nuovi pozzi sgorga acqua potabile.

Peter Essick/Aurora/laif

24 Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

(mw) Le char sono porzioni di terra che emergonodalle acque degli innumerevoli bracci dei fiumi inBangladesh. Mentre alcune sono collegate con la ter-raferma nei periodi più secchi, altre sono raggiun-gibili solo dopo aver navigato per due ore in barca.Nel periodo delle grandi piogge, molte isole sonoinondate o spazzate via dalle enormi masse d’acqua.Da decenni, le char con un suolo più stabile sono invece popolate durante tutto l’anno. «Altrove gli abitanti delle char sarebbero già stati tra-sferiti sulla terraferma. Qui, invece, è solo una vanasperanza», spiega Fouzia Nasreen. La collaboratricedi Swisscontact dirige nel Nord del Bangladesh ilprogetto Making Markets Work for the Jamuna, Padmaand Teesta Chars, in breve M4C.«Dove potremmo trovare posto per oltre un milio-ne di persone che vive nella zona del nostro pro-getto? La regione registra una densità di popolazio-ne di quasi 1100 abitanti per km2, una fra le più elevate al mondo», ci interroga Nasreen. Con un red-dito familiare mensile inferiore a 100 dollari, chi vive

nelle char non può certo comprarsi un terreno al-trove. È necessario trovare delle soluzioni che per-mettano agli abitanti di continuare a vivere sulle isole.

Miglioramenti grazie alla collettività Gli abitanti delle isole avevano finora pochissime op-portunità di vendere le loro merci sulla terrafermae di guadagnare di che vivere. Nel 2012, la DSC halanciato il progetto M4C, sostenendolo anche fi-nanziariamente. L’obiettivo è di migliorare la pro-duzione agricola e il trasporto. Inoltre vuole inter-venire presso le banche e le assicurazioni per con-vincerle ad aprire delle agenzie sulle isole. «Fra i nostri maggiori successi citiamo l’essere riuscitia persuadere i più importanti fornitori di sementi econcimi a consegnare i loro prodotti anche sulle iso-le», illustra Nasreen. Sono stati i contadini stessi aconvincerli dell’opportunità di intraprendere que-sto passo: riunitisi in un consorzio hanno fatto au-mentare il volume degli scambi. In questo momen-

Vivere in balia del fiume In Bangladesh, la povertà costringe una decina di milioni di per-sone a vivere su isole fluviali instabili. Molte di queste cosiddettechar sono distanti dalla terraferma e sono frequentemente som-merse dall’acqua. Il progetto di sviluppo M4C intende migliora-re le difficili condizioni di vita degli abitanti.

Le char in Bangladesh sono continuamente sommerse ed erose dalle acque dei fiumi. La distanza dalla terra ferma èun’altra difficoltà per gli abitanti.Isole fluviali malferme

La geografia del Bangla-desh è caratterizzatagrandi fiumi. Ogni anno lepiogge monsoniche e l’ac-qua di disgelo, provenientedall’Himalaya, causanogravi inondazioni. Per questo motivo i fiumi cam-biano continuamente il lorocorso. L’erosione e i depo-siti di limo trasformano ilterreno in continuazione,facendo nascere e scom-parire le isole fluviali. Per lepersone che vivono sullechar significa una perenneesposizione al pericolo; unrischio che è destinato adaumentare a causa delcambiamento climatico.Immagini satellitari dimo-strano che fra il 1973 e il2000 solo il 10 per centodelle char del Brahmaputraha resistito più di 18 anni,mentre il 75 per cento delleisole ha retto da uno a seianni.

Jana Asenbrennerova/Redux/laif (2)

25Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

to 11500 agricoltori si sono associati in 419 co-operative. A far pendere l’ago della bilancia ci ha pen-sato anche la copertura di una percentuale dei loroinvestimenti da parte della DSC. Grazie alle sementi fornite dalla terraferma, sulle charora è possibile coltivare un tipo di mais che dà unraccolto due volte maggiore. «È un tipo di mais aspiga corta, che in caso di vento e pioggia non si pie-ga e non si spezza facilmente, garantendo dunque

un raccolto ed entrate maggiori», spiega Nasreen.Le condizioni climatiche rimangono però difficili.Se si semina troppo tardi, le piogge rischiano di di-struggere l’intero raccolto. Ecco perché, oltre a sce-gliere le sementi adatte, è fondamentale non punta-re tutto su un unico prodotto. «Al momento ci con-centriamo su sette piante da coltura che si prestanobenissimo alla commercializzazione: mais, cipolle,peperoncino, arachidi, senape e un po’ di riso», spie-ga il capoprogetto. A ciò si aggiunge la iuta, fibra tes-sile naturale che cresce particolarmente bene nei ter-reni alluvionali.I campi sperimentali e i corsi di aggiornamento ge-stiti dagli stessi fornitori dovrebbero inoltre contri-buire a migliorare le tecniche di coltivazione. Lo svi-luppo di aziende affini all’agricoltura e di un’indu-stria manifatturiera per la lavorazione dei prodottidella terra sono decisivi per incrementare il redditodelle famiglie nelle char. Il progetto M4C ha soste-nuto la popolazione in occasione dei processi di va-

lutazione delle nuove procedure di essicazione delmais e del peperoncino, volte a ottimizzare la qua-lità del prodotto e a generare utili maggiori.

Buon lavoro di rete «In agricoltura, nella maggior parte dei casi sono gliuomini ad avere l’ultima parola, anche se il lavoropesante viene svolto soprattutto dalle donne», so-stiene Nasreen. «Ecco perché per noi è fondamen-

tale che anche le donne partecipino ai corsi di agri-coltura». Nasreen è molto fiera di poter registrare cir-ca il 12 per cento di presenze femminili sui 3000nuovi contract farmer. Questi «contadini a contratto»non solo acquistano le sementi dalle aziende agri-cole, ma negoziano con loro una garanzia di acqui-sto del raccolto, aumentando così la loro sicurezzafinanziaria. «Infine siamo riusciti a motivare i diri-genti di tre fabbriche di giocattoli ad assumere 1200donne e a dar loro una formazione adeguata», rac-conta Nasreen.Tuttavia, senza efficaci opportunità di trasporto, lapopolazione delle char non riuscirà a competere conla concorrenza sulla terraferma. Secondo Nasreen,anche in questo settore si registrano i primi succes-si: su diverse isole gli abitanti si sono uniti per con-vincere i gestori degli imbarcaderi a potenziare laloro offerta. I tricicli tradizionali sono stati modifi-cati per impedire che si arenino nella sabbia. Inol-tre, il governo ha stanziato 1,1 milioni di franchi dainvestire nell’infrastruttura dei trasporti. Nasreen è fiduciosa che anche l’obiettivo di attira-re le banche e le assicurazioni sarà ben presto rag-giunto. «Senza coordinate bancarie è difficile gesti-re un’attività commerciale. Per fortuna, con alcuniofferenti le trattative procedono bene e siamo già abuon punto», spiega la collaboratrice di Swisscontact.«Tutto sommato, il progetto M4C è partito moltobene», conclude Derek George, il responsabile delprogramma presso la DSC. «Così bene che la DSCsta già considerando di estendere le proprie attivitàanche nelle regioni più a Sud». ■

(Traduzione dal tedesco)

L’isola sta per essere inghiottita dalle acque del fiume.Intanto, i contadini coltivano delle piante che cresconocon facilità nei terreni alluvionali e che si vendono senzadifficoltà.

Iuta: una fibra dalgrande potenzialeIn termini quantitativi la iuta– dopo il cotone – è la se-conda fibra tessile naturaleal mondo. È utilizzata so-prattutto per imballaggi omateriali composti. La pro-duzione annua raggiungecirca 2,5 milioni di tonnel-late. I produttori più impor-tanti sono l’India e ilBangladesh. La pianta proviene originariamentedall’area mediterranea epredilige un clima umido e caldo. I terreni più adattiper la coltivazione sono isedimenti alluvionali, che aogni inondazione sono ar-ricchiti di sale. L’estrazionedelle fibre avviene tramitemacerazione: i fusti dellapianta sono legati in fasci e conservati in acqua finoa 30 giorni. Sulle isolechar, l’85 per cento deicontadini coltiva la iuta. Iloro redditi, tuttavia, sonopiuttosto modesti, poichéricorrono a metodi obsoleti.Inoltre, la qualità delle fibrepotrebbe essere miglioratamodificando la proceduradi macerazione.

26

Casares/NYT/Redux/laif

Thomas Greminger è il nuovo direttore supplente della DSC (gn) Dopo aver ricoperto per cin-que anni la funzione di ambascia-tore e capo della delegazione sviz-zera presso l’OSCE a Vienna,Thomas Greminger è stato richia-

mato alla base. Il 54enne, storico di formazione, rientra a Berna,dove rivestirà la carica di direttore supplente (con titolo di amba-sciatore) e di capo del settore di direzione Cooperazione regionaledella DSC. Dopo gli studi a Zurigo e a Parigi, Greminger ha pre-stato servizi diplomatici nella sezione Politica e Ricerca dell’alloraDirezione della cooperazione allo sviluppo. Dal 1992 è stato colla-boratore diplomatico presso la sezione Politica e Sviluppo dellaDSC, di cui ha assunto la direzione nel biennio 1996-1998. Dal1999 al 2001 ha rappresentato la Svizzera in Mozambico in qualitàdi direttore dell’Ufficio di coordinamento e capo ad interim dell’am-basciata. Dal 2004 al 2010 ha diretto la divisione Sicurezza umanaa Berna. Il 1° agosto 2015 Thomas Greminger assumerà le suenuove funzioni come successore di Maya Jaouhari Tissafi, nomi-nata ambasciatrice per gli Emirati arabi uniti.

Dietro le quinte della DSC

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

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Durata del progetto: 2014-2016Budget: 880000 CHF

Restauro delle scuole inLibano (ung) Dal 2012, la DSC, in col-laborazione con le autorità libanesi, è impegnata nella ristrutturazione delle scuole nel Nord del Libano. L’obiettivoè di garantire una formazionescolastica ai bambini siriani,costretti dalla guerra a lasciareinsieme ai genitori la Siria. Gliinterventi di restauro sono statiultimati in tredici scuole, in cuisono stati rinnovati i sistemi diapprovvigionamento idrico.Inoltre, gli edifici sono staticompletamente risanati, trat-tando le facciate con verniciimpermeabili, sostituendo leporte e le finestre e riparando

gli impianti elettrici e sanitari. Acausa dell’afflusso continuo dirifugiati siriani verso il Libano,la DSC ha deciso di estenderei lavori ad altre quindici strut-ture scolastiche nella stessaregione.Durata del progetto: 15 luglio 2014-15 ottobre 2015Budget: 1,35 milioni di CHF

Migliorare il settore sanitarioin Albania(byl) In Albania, la sanità pub-blica è lacunosa dal punto divista delle infrastrutture e dellamanodopera. È una situazioneche interessa in particolare lecure sanitarie primarie. Conl’Istituto tropicale e di salutepubblica svizzero, la DSC siimpegna a migliorare la qualitàe il finanziamento dei servizipubblici e sanitari, nonché asemplificare l’accesso allecure. Inoltre intende promuo-vere la governance e la buonagestione delle strutture, assicu-rare la formazione e l’accom-pagnamento del personale sa-nitario. Infine, l’iniziativa riservaparticolare attenzione alle cer-chie più vulnerabili e margina-lizzate della popolazione, affin-ché possano far capo a servizisanitari di qualità.Durata del progetto: 2014-2018Budget: 20 milioni di CHF

Aumentare la sicurezza alimentare ad Haiti(bm) L’80 per cento della pro-duzione agricola di Haiti pro-viene da piccole aziende a ge-stione familiare. La venditadella merce è una fonte di red-dito fondamentale per la popo-lazione locale. Eppure, le fatto-rie non hanno i mezzi econo-mici necessari e spesso sub-iscono ingenti perdite per le bizze del clima. Per rilanciarequesto settore dal forte poten-

Difendere i ragazzi migranti(byl) In seguito al rafforzamentodei controlli alle frontiere daparte dell’Ungheria e al deterio-rarsi della situazione in Siria, la Serbia è confrontata con un aumento incessante di domande d’asilo, provenienti soprattutto da Siria, Eritrea,Sudan, Afghanistan e Somalia.Nel 2014, su 541 minori richie-denti l’asilo, 324 erano bambinio ragazzi non accompagnati.Allo scopo di prevenire la mi-grazione clandestina, spesso in mano alla criminalità organiz-zata, la DSC sostiene operatorisociali e diversi altri partner impegnati nella gestione delflusso di persone verso laSerbia. Lanciata in collabora-zione con la Segreteria di Statodella migrazione, l’iniziativa intende proteggere i giovanimigranti non accompagnati, inconformità degli standard inter-nazionali. Il progetto riserva un’attenzione particolare alleragazze e persegue l’obiettivodi sensibilizzare l’opinione pubblica su questo fenomeno.

ziale di sviluppo, la DSC vuolesviluppare servizi finanziari esistemi assicurativi per leaziende agricole. Inoltre, in-tende conferire maggior dina-mismo alle filiere del cacao edell’igname (una pianta ad altovalore nutrizionale), così comecoinvolgere le donne – anelloparticolarmente debole – nelleattività agricole maggiormenteredditizie.Durata del progetto: 2014-2018Budget: 9,7 milioni CHF

Adattarsi alle conseguenzedei cambiamenti climatici (hsf) La Cina si trova di fronte a una sfida enorme: ridurre lapovertà e potenziare la crescitaeconomica, salvaguardandonello stesso tempo l’ambiente.A rendere il compito ancora piùdifficile, ci pensano le conse-guenze dei cambiamenti clima-tici, che rischiano di compro-mettere seriamente la sicu-rezza alimentare e idrica dellaRepubblica popolare cinese.La DSC sostiene la Cina nel-l’attuazione della strategia nazionale di adattamento aglieffetti dei cambiamenti clima-tici e nella sua concretizza-zione nelle province. La colla-borazione fra politica e istitu-zioni nazionali e internazionalipermette di elaborare soluzionie di definire programmi di adeguamento intersettoriali. Il progetto promuove inoltre loscambio di esperienze fra laCina e gli altri Stati.Durata del progetto: 2014-2017Budget: 6,75 milioni di CHF

DFAE

DSC

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Sven Torfinn/laif

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

FORUM

Acqua, merce rara nei campi profughiMilioni di persone fuggono da guerre, fame o calamità naturalie cercano rifugio nei campi profughi. Per assicurare l’approvvi-gionamento supplementare di oltre diecimila persone, occor-rono un ottimo lavoro di pianificazione e un utilizzo oculato del-le risorse disponibili. Di Mirella Wepf.

Quando Andrea Cippà costruisce un nuovo campoprofughi, di solito deve fare in fretta, molto in fret-ta. «Nella mia ultima missione in Etiopia, le autori-tà ci hanno dato il via libera per realizzare un cam-po per 15000 profughi provenienti dal Sud Sudanil venerdì sera», ricorda l’ingegnere rurale. In quelmomento Cippà sapeva che i primi 500 rifugiati sa-rebbero arrivati di lì a tre giorni, dunque il lunedìseguente. «Martedì altre 500 persone hanno rag-giunto l’accampamento, mercoledì altrettante e cosìnei giorni seguenti...», racconta il ticinese. «Insiemeai volontari locali abbiamo sistemato velocementeil terreno, montato le tende, scavato le latrine diemergenza e costruito una condotta idrica provvi-soria».Andrea Cippà fa parte del Corpo svizzero di aiutoumanitario (CSA). Su mandato dell’Alto Com-missariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(UNHCR), negli scorsi due anni ha progettatocampi per 40000 persone in Etiopia. «Anche se non

ho molto tempo a disposizione, nella progettazionepenso sempre anche all’aspetto duraturo di ciò chedovrebbe essere provvisorio», spiega. E a giusta ra-gione: oggi, un campo per rifugiati resta di solito infunzione da cinque a dieci anni. L’accampamento di Dadaab, in Kenya – il più grande al mondo – èstato realizzato nel 1991 e in certi periodi contava oltre 450000 sfollati.

Risorse limitate Chi abita nei campi profughi vive in spazi ristrettis-simi, spesso in tendoni senza privacy e che non of-frono quasi alcuna protezione contro il freddo o ilcaldo. Molti esuli sono reduci da esperienze trau-matiche: hanno perso i loro cari o hanno subito vio-lenze fisiche. Sapere che forse dovranno restare peranni in questi accampamenti di fortuna è un’ulte-riore sofferenza. Queste grandi tendopoli, con variedecine di migliaia di abitanti, mettono a dura provaanche l’ambiente. In una situazione del genere, la ge-

Campo profughi in Ciad: L’approvvigionamento dell’acqua per migliaia di persone è un’impresa tutt’altro che semplice.

Standard per l’aiutoumanitario Il tempo di attesa davanti auna fonte d’acqua non su-pera i 30 minuti; la quantitàd’acqua quotidiana pro ca-pite disponibile è di almeno15 litri; all’inizio ogni per-sona dispone di una su-perficie coperta di 3,5 m2.Con indicatori chiave diquesto tipo il manuale TheSphere Project propone linee guida concrete ai vo-lontari nelle regioni colpiteda catastrofi. Nelle 450 pa-gine sono definiti gli stan-dard minimi per l’aiutoumanitario. I parametrisono stati elaborati da or-ganizzazioni umanitarie esono condivisi su ampiascala. «Potersi basare sustandard di questo tipoaiuta molto nel lavoro dipianificazione. Anche noice ne serviamo spesso nelnostro lavoro», dice Marc-André Bünzli del CSA, ri-cordando che prenderetroppo alla lettera questenorme non significa auto-maticamente ricevere piùsoldi poiché i donatori fi-nanziano spesso solo glistandard minimi.www.sphereproject.org

Sven Torfinn/laif

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stione sostenibile delle risorse idriche e la tutela del-la vegetazione è un imperativo categorico. Per fortuna, oggi, le nuove tecnologie offrono unamoltitudine di strumenti. Grazie alle mappe, alle im-magini satellitari e ai dati GPS, gli specialisti, comeCippà, possono verificare sin dall’inizio se il sito èesposto al rischio di inondazioni, a quanto ammon-tano le riserve di legna da ardere o se vi sono faldefreatiche cui attingere. Tuttavia, per farsi un quadrodefinitivo, bisogna analizzare la situazione sul posto.«Purtroppo non sempre si sceglie il luogo ideale»,ammette l’ingegnere rurale. «Alla fine sono le auto-rità locali che decidono dove montare le tende». L’e-sperto del CSA può solo cercare di far pendere l’a-go della bilancia nella giusta direzione. Più attenta eintelligente è la scelta dell’ubicazione, più facile saràl’approvvigionamento del campo a lungo terminee più contenuti saranno i danni ambientali.

Pianificare a lungo termine «Un fattore centrale è la disponibilità di acqua», pre-cisa Cippà. Il campo dovrebbe essere raggiungibilefacilmente e anche la qualità del suolo dovrebbe ri-spondere ad alcuni requisiti specifici. «È difficile co-struire delle latrine funzionanti su un terreno duroed è risaputo che per tutelare la salute degli abitan-ti del campo sono essenziali buone condizioni igie-niche», illustra l’esperto, evidenziando che un terre-no ideale può dare la possibilità ai profughi di col-tivare qualcosa o di tenere dei capi di bestiame.

«Ogni campo deve essere studiato individualmen-te», dice Marc-André Bünzli, responsabile del grup-po di esperti CSAAcqua e Igiene negli insediamen-ti. Spesso i campi si trovano in regioni con sistemi idrici fragili, dove assicurare la disponibilità delle riserve di acqua potabile resta una sfida annosa. L’idrogeologa Ellen Milnes dell’Università di Neu-châtel esamina la situazione nei campi profughi: con-trolla la qualità dell’acqua, valuta se le riserve pos-sono essere contaminate dalle acque di scarico e ana-lizza come si rigenerano le falde freatiche nelperiodo delle piogge. Questi studi le permettono diformulare delle previsioni sulla disponibilità di ac-qua a lungo termine. Una ricerca finanziata dallaDSC ha indicato che le riserve di acqua di falda nelcampo di Dadaab in Kenya non sono in pericolo,neanche sul lungo periodo, a condizione che si con-tinui a utilizzarle con la stessa attenzione. «In singo-li posti ci sono dei problemi, ma su larga scala la situazione non è drammatica», riassume Milnes. A volte, le indagini dei ricercatori permettono discoprire nuove fonti. Inoltre, con l’aiuto dei datiscientifici si riesce a riunire vari interlocutori allostesso tavolo. «Le conoscenze approfondite di un si-stema idrico favoriscono la gestione sostenibile del-l’acqua e la convivenza fra la popolazione autocto-na e i rifugiati». Una delle difficoltà maggiori risie-de nel disporre di indicazioni a lungo termine. «Disolito, nei campi si lavora in un’ottica a breve ter-mine – continua l’idrogeologa – in genere in un

La scarsità di legna da ardere può far nascere dei conflitti tra i rifugiati e la popolazione locale.

Approvvigionamentodifficile Il flusso di profughi dallaSiria mette sotto pressionei Paesi confinanti.L’ingegnere tecnico ThierryBroglie, che nel 2014 èstato in missione perl’UNHCR a Beirut, rac-conta: «In questo mo-mento, in Libano vive piùdi un milione di profughi siriani, oltre un quarto della popolazione libanese.Alloggiano in stabili indu-striali dismessi, case di villeggiatura abbandonate,appartamenti presi in affittoo presso famiglie che liospitano». L’aumentoenorme della popolazionerischia di far collassare i si-stemi dell’acqua potabile edelle acque di scarico. Losmaltimento dei rifiuti è unaltro importante problema.Inoltre, scoppiano regolar-mente tensioni con la po-polazione locale.

Tim Dirven/Panos

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contesto simile la creazione di un archivio è l’ulti-ma delle priorità».

Disboscamento ed erosione Oltre all’acqua, anche l’energia è una risorsa vitaledel nostro pianeta, disponibile nella maggior partedei casi sotto forma di legna da ardere, per far bol-lire l’acqua e per cucinare il cibo. «Se da un giornoall’altro in un paesino di 700 abitanti altri 20000 pro-fughi vanno a caccia di legna da ardere, l’impatto èenorme», dice Arnold Egli, che per oltre 12 anni èstato in missione in Africa per l’Alto Commissaria-to della Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).Nella parte orientale del Ciad, per esempio, dove se-condo le stime dell’UNHCR, 350000 profughi su-danesi vivono nelle tendopoli, l’ecosistema rischia ilcollasso. Il clima è talmente secco che la vegetazio-ne non riesce più a rigenerarsi dopo essere stata di-sboscata in maniera massiccia e il suolo subisce un’e-norme erosione. Tuttavia, procurarsi altrove il mate-riale da ardere è caro, oltre ad essere una sfidalogistica. Forte della sua lunga esperienza, Egli haproposto un’analisi delle abitudini locali per mette-re in relazione il consumo di questa preziosa mate-ria prima e la ricrescita dei boschi. Un primo studio cofinanziato dalla DSC dimostrache i profughi fanno un uso molto parsimoniosodella legna. Con un consumo quotidiano pro capi-te di 690 grammi ne utilizzano circa un quarto inmeno rispetto agli abitanti autoctoni dei villaggi. Ma

Far bollire l’acqua con l’energia solare: I metodi di cottura alternativi hanno un enorme potenziale, non ancora comple-tamente sfruttato nei campi profughi.

il potenziale di risparmio potrebbe essere moltomaggiore. La ricerca indica che gli impianti efficientidi riscaldamento e i fornelli solari, che sono stati di-stribuiti nei campi, non hanno soddisfatto le atteseperché sono stati utilizzati in modo sbagliato o nonsono stati usati affatto. Ciononostante, Egli è un con-vinto sostenitore di queste tecnologie. «Soprattuttoi fornelli solari offrono un potenziale enorme», spie-ga l’esperto.Urs Bloesch sa come sfruttare le nuove invenzioni.Il responsabile del gruppo tecnico Ambiente e Pre-venzione catastrofi del CSA fa notare che le tecni-che di cucina a basso consumo di risorse funziona-no soltanto se rispondono ai bisogni di chi le uti-lizza. «Anzitutto bisogna istallare e introdurre isistemi in modo corretto – illustra Bloesch – poi oc-corre accompagnare le donne addette alla cucina perun certo periodo di tempo». Spesso però nei cam-pi mancano le pentole giuste che permettano unfunzionamento ottimale dei sistemi. Inoltre, i for-nelli solari economici, realizzati con il cartone, ognitanto vanno sostituiti. Infine, le ONG non hannoné i mezzi finanziari sufficienti né gli specialisti pergarantire tutto ciò. «Per queste organizzazioni –continua Bloesch – anche l’assistenza competente daparte dell’UNHCR è essenziale. Per questo moti-vo è necessario un sistema di monitoraggio comu-ne, professionale ed efficace». ■

(Traduzione dal tedesco)

Milioni di profughi Secondo le statistichedell’UNHCR, alla fine del2013 si contavano 51,2milioni di profughi. Nellasola Siria se ne registranooltre 3 milioni e i sirianisono diventati il gruppo diprofughi più importante nelmondo. Per 30 anni sonostati gli afghani a occupareil primo posto di questaclassifica, oggi con 2,7 mi-lioni di profughi sono in se-conda posizione. Al terzo eal quarto posto seguono isomali (1,1 milioni) e i su-danesi del Sud (670000). Il Pakistan accoglie il mag-gior numero di profughi almondo, attualmente 1,6milioni. Se si considera ilnumero di profughi accoltiper migliaia di abitanti, ilLibano occupa il primo po-sto (257), seguito dallaGiordania (114) e dal Ciad(39). Tra i Paesi industrializ-zati, solo la Svezia, con 12rifugiati su 1000 abitanti, sicolloca tra i primi 15 Statidi questa classifica. I datidell’UNHCR per il 2014 saranno pubblicati nel giugno 2015.www.unhcr.org (chiave di ricerca: mid-year)

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Christian Beutler/Keystone

Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Quando mi sono messo in mar-cia dal centro di Zurigo verso ilcimitero di Sihlfeld, avevo giu-sto un paio d’ore a disposizioneprima della partenza del miotreno. Conoscevo il numerodella tomba: 83115. L’ho mo-strato al giardiniere del campo-santo, che stringendosi nellespalle, mi ha indirizzato all’uffi-cio del cimitero. Ma non avevotempo da perdere e ho deciso discoprire da solo la logica dellanumerazione delle sepolture.

Nella mia infanzia, durante ilcupo regime sovietico, avevosentito parlare della personainumata in quella tomba: eraAndrzej Towianski, proprietarioterriero. Nacque e visse a lungonon lontano dalla mia città na-tale lituana. Probabilmente visarebbe anche morto, se una vi-sione non gli avesse rivelato cheegli era il Cristo. Nell’invernodel 1840, Towianski si trasferì aParigi, dove fondò il Circolodella causa di Dio, una setta cristiana radicale. AdamMickiewicz, il poeta sicura-mente più noto in Polonia eLituania, l’eroe byroniano della

Tomba numero 83115

Marius Ivaškevicius fa partedella generazione di giovaniscrittori della Lituania ed è unofra gli autori contemporanei più importanti del suo Paese.Finora ha pubblicato otto libri,di cui alcuni tradotti in varie lin-gue, tra cui «Madagascar. Piecein tre atti», edito da Titivillus, nel2012. Il 42enne è giornalista,autore di libri di prosa e sce-neggiature di vari cortome-traggi, di film documentari e regista. Il suo film più recente«Santa», di cui ha firmato lasceneggiatura e condotto la regia, è stato proiettato nei cinema nel 2014. MariusIvaškevicius vive e lavora aVilnius.

nostra regione, divenne il suobraccio destro, una sorta di apo-stolo Pietro. Alla setta aderironomigliaia di altri emigrati poli-tici, profughi dei territori diPolonia, Lituania e Ucraina, oc-cupati a quei tempi dal regimezarista. Towianski promettevaloro non soltanto il regno diDio fra gli uomini, ma anche la liberazione delle loro patrie.Assomigliava a NapoleoneBonaparte – e si comportavaanche come Napoleone.Almeno fino a quando non attrasse su di sé l’attenzionedelle autorità, che lo esiliarono.Giunse così in Svizzera.

Ero già scrittore quando ho ri-volto di nuovo la mia attenzionesu di lui. Avevo deciso di scri-vere un’opera teatrale. Appro-fondendo la materia mi sonoimbattuto in dettagli incredibili.E poi sono successe cose al-quanto bizzarre.

Quando entravo in una stanza le lampadine si fulminavano. Ilfenomeno diventava sempre piùfrequente: ogni settimana ne«bruciavo» da tre a quattro.

Un giorno ero in bagno e stavocambiando mia figlia di dueanni allorché la lampadina èesplosa. Il vetro in frantumi èpiovuto sulle nostre teste. Manon è tutto.

L’intera faccenda ha vissuto ilsuo culmine nella mia città,poco lontano dai luoghi chehanno dato i natali al mio eroe.Quella sera avevo portato a pas-seggio il nostro cane Gassi e miero affrettato in cucina per redi-gere il dialogo che avevo appenaimmaginato. Il cane stava sedutodavanti alla sua ciotola atten-dendo la cena. Il dialogo si svi-luppava tra Towianski e Chopin,altro celebre cittadino polacco a Parigi, che la setta cercava diarruolare… Improvvisamente la lampadina sopra di me èesplosa. Non una come quelladel bagno; era una lampadina dacento watt con un grosso bulbodi vetro che mi ha vomitato sulcapo i suoi pesanti cocci ardenti.L’esplosione è stata così frago-rosa da rendermi mezzo sordoda un orecchio e soltanto grazieai medicamenti ho potuto riac-quisire l’udito. Il cane, invece, èrimasto sordo per il resto deisuoi giorni. Ho completato lapièce, sebbene avessi il senti-mento che qualcuno non fossed’accordo.

Volevo fare pace. E così sonoandato alla ricerca di quellatomba, a Zurigo. L’ho trovatasolo mezz’ora prima della par-tenza del mio treno. Si trova piùo meno in mezzo al cimitero,accanto ad un muro tappezzatodi viticci. Dalla borsa ho tolto illume che avevo portato con medalla Lituania e l’ho accesso.Attorno a me non c’era animaviva. Ho coperto la fiamma conil cilindro metallico e l’ho ap-poggiato con cautela sullatomba per evitare che il ventolo spegnesse. Non ho fatto in

tempo a ritirare la mano che il silenzio è stato rotto da unfragoroso crepitio.

Lo so, era soltanto il suono delcilindro scaldato dalla fiamma,nulla di mistico. Ma mi sonospaventato, sobbalzando comeun bambino sono filato viadritto verso la stazione per nonperdere il treno. Stranamenteprovavo un certo sollievo. Sequel crepitio era un altro segnomistico, non mi pareva malva-gio. Era piuttosto una sorta discherzo, un amichevole buffetto,in ricordo delle nostre vecchieostilità.

In un certo senso, sentivo che alcimitero di Sihlfeld ci eravamofinalmente riconciliati. ■

(Tradotto dal lituano)

Carta bianca

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CULTURA

Dalle Ande alle Alpi con il clima nel cuore

La cultura può promuovere il dialogo e sensibilizzare sui problemi ambientalidelle regioni di montagna. Nell’ambito del progetto SMArt, la fotografa peru-viana Luana Letts ha trascorso alcune settimane in Vallese, puntando il suoobiettivo sulla convivenza tra uomo e natura. Di Luca Beti.

Luana Letts è cresciuta guar-dando il mare. Seduta sulla sco-gliera alle porte di Lima, lo os-serva urlare e spumeggiare. Avolte vi si getta con il surf percavalcarne le onde. Luana Letts è cresciuta guar-dando la montagna. Alle spalle di Lima si innalza la cordiglieradelle Ande. Ed è lì che a volte ilsuo sguardo si perde. Luana Letts è una fotografa37enne, cresciuta avvolta dalmare e dalla montagna. Sonoambienti che fanno parte della

sua identità. E così, quando annifa il governo peruviano ha de-ciso di rimodellare e trasformarein maniera brutale la baia diLima, cambiandole l’anima, si èsentita stringere le viscere, comese qualcuno l’avesse pugnalata.La sua forma d’arte nasce pro-prio dalla sofferenza per le feriteprovocate dall’uomo alla natura.Scarpe comode ai piedi, zaino inspalla e apparecchio fotograficodigitale al collo va a caccia diqueste lesioni inferte al paesag-gio. La sua non è un’indagine

guidata dalla ragione, bensì dal-l’intuizione. Luana Letts segue il corso delle emozioni suscitatedal mondo che incontra cammi-nando. Così ha fatto anche inVallese, dove ha trascorso alcunesettimane, dalla metà di ottobrealla metà di dicembre dell’annoscorso, nel quadro del nuovoprogramma culturale SMArt-Sustainable Mountain Art.

A spasso per il ValleseDurante il suo breve soggiornoha percorso i sentieri alpini in-

torno a Verbier, Zinal e Crans-Montana, spingendosi fino nelGiura. In questo peregrinare hapuntato l’obiettivo della mac-china fotografica su tre temati-che: l’acqua, i rischi naturali e laspeculazione immobiliare. «Sonorimasta sorpresa e sconcertatadall’enormità di chalet chiusiche ho incontrato durante lemie camminate. Sono cresciutain un Paese in cui le case ven-gono costruite per essere abitatee non per rimanere vuote perbuona parte dell’anno. Nessuno

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in Perù spenderebbe tutti queimilioni per lasciare un’abita-zione in preda alla polvere e al-l’odore stantio», ci raccontaLuana Letts.E alla speculazione edilizia, lafotografa peruviana dedicaun’intera parete dell’esposizione«Constant Transformation», orga-nizzata a cavallo tra i mesi di novembre e dicembre del 2014a Sierre. È un mosaico di imma-gini, una sorta di inventario de-gli chalet che ha visto durante le sue scorribande in alcune località turistiche del Vallese.«Ho stampato le fotografie su

normali fogli per evidenziare laprovvisorietà di queste costru-zioni rispetto alle maestosemontagne. Alla fine della mostra,tolte dal muro, le fotografie di-verranno carta straccia», spiegaLuana Letts. «Per quest’operamonumentale mi sono ispirataalle bacheche degli uffici immo-biliari, lasciando però anche de-gli spazi vuoti: sono specie di finestre sul futuro. L’obiettivo èdi far riflettere e di interrogare ilvisitatore su come la montagnae, in generale la natura, sarannotrasformate dall’uomo e daicambiamenti climatici».

Da fotografia a opera plasticaPer l’artista di Lima, la fotogra-fia non è fine a se stessa, ma è aservizio della protezione am-bientale. «Il mio approccio èconcettuale. Le mie immaginimostrano com’è stato modifi-cato il paesaggio. Ma anch’iointervengo sulle fotografie, in-serendo o togliendo degli ele-menti e trasformando così unfoglio bidimensionale in un’o-pera quasi plastica», illustra ancora Letts. Nella sua formaespressiva troviamo riflessol’ambiente in cui è cresciuta –

la galleria d’arte della madre – eil suo percorso formativo. LuanaLetts ha frequentato la facoltà d’arte della PontificiaUniversità Cattolica del Perù, aLima, prima di darsi alla fotogra-fia.«Non mi basta mostrare le con-seguenze del cambiamento cli-matico, voglio ingigantirle persorprendere e sensibilizzare il visitatore», dice Letts. «Per esem-pio, dall’immagine del ghiacciaiodi Moiry ho ritagliato la linguadi ghiaccio e l’ho appesa alcunedecine di centimetri più indietroper evidenziare, anche da unpunto di vista spaziale, la ritiratadelle nevi eterne».

Raffica di esperienze e immaginiCresciuta ai bordi dell’oceanoPacifico e ai piedi delle Ande,Luana Letts ha scoperto un am-biente familiare in Vallese. «Apoco più di un’ora da Lima cisono montagne e valli molto si-mili a quelle che ho percorso apiedi in queste settimane. Anchei problemi di tipo ambientale si assomigliano: lo scioglimentodei ghiacciai, la gestione dell’ac-qua, l’espansione immobiliare»,racconta l’artista. «Ho notatoperò anche enormi differenzetra i due Paesi. In Svizzera sonostati elaborati programmi di prevenzione e progetti di prote-zione sul lungo termine. InPerù, tutto questo non esiste».Luana Letts ha lasciato il Vallesealla fine del 2014 per tornare aLima, città in cui vive e lavora. Ilperiodo trascorso in Svizzera èstato molto frenetico: «Durantequesto soggiorno sono stata in-vestita da una raffica di informa-zioni, immagini ed esperienze,che poi ho dovuto tradurre inun lavoro plastico. È un processocreativo che non è ancora ter-minato. Le immagini prive dicornici sono lì a ricordarlo». ■

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33Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

SMArt SMArt è un progetto culturale ed è l’acro-nimo di «Sustainable Mountain Art». Soste-nuto finanziariamente dalla DSC, il pro-gramma è stato lanciato dalla Fondazionesvizzera per lo sviluppo sostenibile delle re-gioni di montagna. L’obiettivo dell’iniziativa

è di informare e sensibilizzare la popolazione sui problemi e sullesfide delle regioni di montagna attraverso la cultura. Per favorire gliscambi interculturali, artisti di Paesi del Sud e dell’Est sono invitatia trascorrere alcune settimane in Svizzera. Le loro opere vengonoesposte sia in Svizzera sia nel Paese d’origine. Luana Letts è statala prima di tre artisti invitati in Vallese nella fase pilota del pro-gramma. Le sue fotografie, nate dal suo confronto con la realtà al-pina, sono state presentate alla conferenza internazionale sul clima,tenuta lo scorso mese di dicembre a Lima, nel centro ricreativoJockey Club del Perù.www.sustainablemountainart.ch

1. Mirror2. Blanks3. Data Melting 4. Transformations :

Montagne de Chanrion / Barrage de Mauvoisin / Creux-du-Van

© Luana Letts/FDDM/DSC

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Servizio

Musica

Film

della musica malgascia e il song-writing occidentale. Razia Said: «Akory»(Cumbancha/Disques Office)

Il Caruso cubano (er) Dopo una movimentata car-riera scandita da alti e bassi, nel1954 Abelardo Barroso, sopran-nominato anche il «Caruso cu-bano », è tornato alla ribalta conl’Orquesta Sensación. Il suo èstato un ritorno fulminante. Iritmi leggeri creati dagli eccel-lenti percussionisti di questaband di charanga, insieme aisuoni di flauto allegri e spigliatidel cha cha cha e alle melodieeffervescenti del pianoforte e de-gli strumenti a corde, che si inse-riscono delicati e inaspettati,

sono il sottofondo ideale per lavoce inimitabile, sensuale e vel-lutata di Barroso. La nostalgia ela gioia di vivere della Havanadegli anni selvaggi dei casinò edei cabaret trovano qui la loroforma espressiva più bella. Unastoria documentata da 14 regi-strazioni classiche degli anniCinquanta, che il responsabile di World-Circuit ha voluto ripro-porre in una magnifica retrospet-tiva a 40 anni dalla scomparsadell’artista. La voce carismatica di Barroso e i trascinanti ritmicha cha cha entusiasmano tutti.Sono esperienze acustiche daascoltare ballando. Il progetto ècoronato da una riuscita coper-tina del CD e dal booklet su cuisono stati inseriti i disegni di al-cune sequenze di passi di danza.Abelardo Barroso with OrquestaSensación: «Cha Cha Cha» (WorldCircuit/Musikvertrieb)

Voglia di bellezza (dg) Perché le donne africanespesso si sentono un po’ «inade-guate» nella loro pelle scura? Ilconcetto di bellezza è purtroppovittima della globalizzazione.Così, gli sforzi intrapresi per sod-disfare un ideale esteriore uni-forme distorcono la percezionedella propria immagine in tuttoil mondo. In alcuni Paesi afri-cani, le donne ricorrono addirit-tura a creme per rendere più

chiara la pelle. La regista kenianaNg’endo Mukii si interessa di te-matiche inerenti alla razza e alcolore della pelle e alle tensioniche esse causano. Nel suo filmpluripremiato dal titolo Yellow

Fever (febbre gialla) unisce col-lage, animazione e ballo per af-frontare l’argomento del disagiodi chi non si sente all’altezza.Con un approccio riuscito e in-telligente traduce in immagini lecause del sentimento di inferio-rità e illustra il ruolo assunto daimedia per consolidarlo.«Yellow Fever» di Ng’endo Mukii, Gran Bretagna 2012; documentario animato, 7 minuti, dai 16 anni. Il film è disponibileonline come video on demand(VOD). Per informazioni:education21/Filme für eine Welt www.filmeeinewelt.ch

Manifesto per la foresta pluviale (er) Melodici suoni sprigionatidalle corde della cetra a scatolamarovany, dal valiha – una cannadi bambù a 21 corde – dal liutoa tre corde lukanga e dalla chi-tarra si mescolano con i raffinatiritmi di batteria e basso, creandoun mix spumeggiante, punteg-giato di armonie di fisarmonicae violino. Delicati canti corali euna calda e sinuosa voce femmi-nile arricchiscono il quadro mu-sicale di Razia Said. Approdata aNew York dopo un lungo peri-plo, la cantante malgascia hascelto per il suo secondo albumil titolo Akory, che nella linguadel Madagascar vuol dire «Eora?». I dieci brani vogliono invi-tare i politici del suo Paese e isuoi fan a riflettere sul disbosca-mento delle foreste pluviali. Dadieci anni la cantante 56enne siimpegna nella lotta contro la di-struzione delle foreste. Il suo al-bum è stato registrato in quattrocontinenti e in tre lingue: malga-scio, francese e inglese. Alcuni ar-tisti famosi, quali il fisarmonicistadi fama mondiale Régis Gizavo,hanno contribuito al successo diquesto manifesto musicale a favore della salvaguardia della natura. La compilation ha unito in un delicato intreccio il cosmo

Sri Lanka: a dieci anni dallo tsunami (lb) Ognuno di noi custodisce nella memoria l’immagineimpressionante dell’onda anomala che il 26 dicembre2004 ha devastato le coste affacciate sul Golfo delBengala, lasciando dietro di sé morte e distruzione.Questo immane dramma ha suscitato un generale cor-doglio, sfociato in una raccolta di donazioni senza pre-cedenti. A distanza di dieci anni, com’è cambiata la vitadei sopravvissuti? Guidati da questo interrogativo emuniti di cinepresa e microfono, Gabriela Neuhaus eAngelo Scudeletti hanno visitato i luoghi della tragediain Sri Lanka e hanno raccolto le testimonianze delle vit-time, come pure dei responsabili dei progetti di ricostru-zione. Il loro documentario Buffer Zone giunge a unasconcertante conclusione. Nei villaggi sorti nell’entro-terra, la vita è fatta di miseria e fame, nonostante gliaiuti giunti da ogni dove. Soprattutto i pescatori, allon-tanati dal mare, fanno fatica a sbarcare il lunario.Intanto, lungo la costa, dichiarata dal governo zonanon edificabile, sorgono lussuosi complessi turistici. InSri Lanka, dieci anni dopo lo tsunami, i perdenti sonosempre ancora i più poveri.«Buffer Zone» di Gabriela Neuhaus e Angelo Scudeletti,Offroad Reports 2014. Film documentario in tedesco,90 minuti. Informazioni e ordinazioni del DVD/Bluray:www.bufferzonefilm.ch

35Un solo mondo n.2 / Giugno 2015

Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE)

Comitato di redazione:Manuel Sager (responsabile)Catherine Vuffray (coordinazione globale)Marie-Noëlle Bossel, Maja Holenstein, PierreMaurer, Gabriela Neuhaus, Christina Stucky,Özgür Ünal

Redazione:Gabriela Neuhaus (gn – produzione), Luca Beti

(lb), Jane-Lise Schneeberger (jls), Mirella Wepf(mw), Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia e Stampa:Vogt-Schild Druck AG, Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentita previaconsultazione della redazione e citazione dellafonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DFAE, Servizio informazioni, Palazzo federale Ovest, 3003 Berna

E-mail: [email protected]. 058 462 44 12Fax 058 464 90 47www.dsc.admin.ch

860215346

Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 54200

Copertina: Mercato nel Perù; Tom Hopkins/Aurora/laif

ISSN 1661-1683

Libro

Hanspeter Schiess

Nota d’autore

Jodel senza confini

Nadja Räss canta lo jodel, sia in chiave tradizionale che mo-derna. La direttrice del simposiomusicale Klangwelt Toggenburgporta in Svizzera interpreti daogni parte del mondo.

Lo jodel è una sorta di gioco tim-brico tra il falsetto e la voce dipetto. Questa tecnica canora par-ticolare è presente anche inCongo, Madagascar, Georgia opresso le popolazioni pigmee. Alle nostre latitudini è abbastanzanoto il canto svedese diddling. Inquesto momento spero di trovaredegli artisti anche nello Zimbab-we. La settimana prossima incon-trerò Mariana Sadovska. La can-tante ucraina ci accompagnerà intournée dal novembre prossimo enel 2016 si esibirà nell’ambito delfestival del suono del Toggen-burgo. Scovare musica arcaica èla mia passione. Gli incontri conartisti provenienti da ogni partedel mondo sono un arricchimento,un’esperienza emozionante espesso anche divertente. Infatti,in altri Paesi si è soliti ballarequando si canta. In tutti i festival acui ho partecipato, gli artisti stra-nieri hanno sempre proposto unasimpatica parodia dei cantanti jo-del locali. Ma i nostri jodler sannostare al gioco e nelle esibizioni comuni non si fanno pregare perfare qualche giro di ballo.

(Testimonianza raccolta da Mirella Wepf)

Esposizione

Il centro del mondo (gn) Le isole Banda, nell’Indone-sia orientale, sono la patria dellanoce moscata e un tempo eranoil cuore del commercio globaledi spezie. Lo ricordano i miti e letestimonianze architettoniche delpassato coloniale. Recentementel’arcipelago è tornato sotto i ri-flettori dell’attenzione mondiale.Nonostante l’isolamento geogra-fico, gli abitanti delle isole sonoparte del «villaggio globale». Ilcollettivo Lang+Breit illustra,senza veli e in maniera impres-sionate, le conseguenze della glo-balizzazione attraverso l’esempiodelle isole Banda. Con reportage,saggi e immagini, il libro DieMitte der Welt rapisce le lettrici e i lettori per portarli in un mondo

granti vivono nella clandestinitàe con la paura di essere rispeditia casa. Il Belluard Festival prendespunto dal dibattito intorno altema dei profughi per affrontarein maniera articolata il problema.Sette progetti artistici illustre-ranno da prospettive diverse itemi della fuga e della migra-zione. Il coreografo senegaleseMomar Ndiaye, per esempio,racconta dell’enorme desideriodella gioventù africana di rag-giungere l’Europa, una specie di Paese di Bengodi per loro.L’autore e regista iraniano KamalHashemi mette in scena l’atmo-sfera che regna fra i profughiquando, di notte, tentano di var-care i confini. Accanto alle esibi-zioni, performance ed esposizioni,saranno allestiti dei salotti in cuigli specialisti invitano al dibattitoin piccole tavole rotonde. Gli allievi e le allieve della scuola diorientamento Belluard, interes-sati in prima persona alla tema-tica, parteciperanno in quanto«esperti in materia di migra-zione» e nel corso del festivalrealizzeranno una rivista pluri-lingue dedicata all’argomento.Festival Belluard BollwerkInternational, Friburgo, dal 25 giugno al 4 luglio Per ulteriori informazioni: www.belluard.ch

EXPO Milano 2015(gn) L’EXPO 2015 è all’insegnadel tema «Nutrire il pianeta –Energia per la vita». L’esposizionevuole richiamare l’attenzionemondiale sulla malnutrizione esull’alimentazione dell’uomo, nelrispetto della Terra. Nel padi-glione svizzero e nell’ambito divarie manifestazioni collaterali, la DSC propone una panoramicadel proprio impegno per miglio-rare la sicurezza alimentare. I visitatori possono, per esempio,mettere alla prova le loro cono-scenze riguardanti le colture conuna app interattiva e apprenderecome i piccoli agricoltori fannocapo alle cliniche delle piante.L’Aiuto umanitario si presentacon la tematica «Sicurezza ali-mentare durante le crisi umani-tarie» e il 19 agosto organizzeràuna tavola rotonda legata all’ar-gomento. Il cortometraggio suun progetto di pastorizia inMongolia, realizzato con il soste-gno della DSC, è stato inseritodalla direzione dell’esposizioneuniversale nei complessivamente18 esempi di best practices. L’Expo ha aperto i battenti il 1° maggio e fino al 31 ottobreinviterà a compiere un viaggionei piaceri del gusto, ma anche ariflettere intorno agli argomentivarietà tradizionale, responsabi-lità, solidarietà e sostenibilità inambito alimentare.«EXPO Milano 2015» dal 1° maggio al 31 ottobre Per informazioni e biglietti:www.padiglionesvizzero.ch

che a prima vista sembra esotico,ma che invece non si differenziamolto dal nostro. È un’esperien-za rivitalizzante, illustrativa, inso-lita.«Die Mitte der Welt» di AnjaMeyerrose e Stephan Truninger (testo),Johanna Leistner e Sven Heine (fotografia), Rotpunktverlag, 2015

La fortezza Europa(gn) L’Europa ha abbassato le saracinesche. Ogni giorno, pro-fughi muoiono davanti alle fron-tiere esterne dell’UE, mentre inEuropa migliaia e migliaia di mi-

Festival

«I suoli non non possono parlare esono in pochi a tutelare i loro interessi.Sono il nostro alleato silenzioso nellaproduzione alimentare».José Graziano da Silva, pagina 16

«I nostri diritti vengono calpestati datroppi anni, ma ora il Nicaragua si stadestando». Francisca Ramírez, pagina 20

«Sono cresciuta in un Paese in cui lecase vengono costruite per essere abitate e non per rimanere vuote perbuona parte dell’anno».Luana Letts, pagina 31