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Un solo mondo N. 4 / DICEMBRE 2014 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch Governance locale Responsabili del proprio destino Bulgaria: ai rom non resta che emigrare Afghanistan: Quale futuro senza truppe alleate?

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Un solo mondoN. 4/ DICEMBRE 2014LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Governancelocale

Responsabili del proprio destino

Bulgaria: ai rom non resta che emigrare

Afghanistan: Quale futuro senza

truppe alleate?

Un solo mondo n.4 / Dicembre 20142

Sommario

3 Editoriale4 Periscopio26 Dietro le quinte della DSC34 Servizio 35 Nota d’autore con Maja Hürst35 Impressum

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenziadello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE), è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è unapubblicazione ufficiale in senso stretto; presenta, infatti, ancheopinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre ilpunto di vista della DSC e delle autorità federali.

D S C

F O R U M

O R I Z Z O N T I

C U L T U R A

D O S S I E R GOVERNANCE LOCALE6 Più potere alle popolazioni locali

Il buongoverno a livello regionale riveste un’importanza sempre maggiore nella cooperazione allo sviluppo

9 Quando a governare sono i più poveri In Bangladesh, un programma lanciato nel 2006 per coinvolgere le popolazioni più povere nei processi decisionali registra i primi successi

12 «La legge maledetta»Un radicale processo di decentramento apre nuove opportunità per i comuni boliviani, confrontandoli nel contempo con sfide enormi

14 Fiducia e legittimità, figlie della trasparenzaLa Svizzera sostiene la costruzione di nuove strutture politiche e legali in Albania, soprattutto a livello comunale

15 Qui casca l’asino!Intervista al sociologo ed esperto in materia di governance Colm Allan

17 Cifre e fatti

18 I rom, i grandi perdenti della democratizzazione L’adesione all’Unione europea non ha migliorato la situazione dei rom in Bulgaria, costretti a emigrare per trovare lavoro

21 Sul campo con… Mattia Poretti, responsabile dell’ufficio svizzero per la realizzazione del contributo all’allargamento a Sofia

22 Ridare vita alla speranzaAnton Andonov sugli scaffali pieni in negozio e sulla mancanza di speranza in Bulgaria

27 Quale futuro attende l’Afghanistan?Marianne Huber, responsabile dell’ufficio di coordinamento della DSC a Kabul, illustra le opportunità e i rischi del ritiro delle truppe internazionali

30 La neve ghiacciata e le mie mute scarpe di feltro Carta bianca: la scrittrice Gangaamaa Purevdorj Delgeriinkhen racconta come le sono state trasmesse antiche saggezze

31 Sguardi incrociati sulla cooperazione L’aiuto allo sviluppo tratteggiato da vignettisti svizzeri e africani

23 Una rete per proteggere i giovani migranti Per sfuggire al loro ineluttabile destino, ogni anno migliaia di minori lasciano la loro casa, rischiando di finire nelle mani sbagliate

24 Il ritorno dopo lo tsunami e la guerraNel Nord dello Sri Lanka, molte famiglie di pescatori ritornano nei loro villaggi per rifarsi una vita con il sostegno della DSC

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 3

Editoriale

Mentre stringete tra le mani questo numero di «Un solomondo», stimate lettrici e stimati lettori, io sarò in ca-rica quale direttore della DSC da qualche settimana. Itempi redazionali impongono che nel momento in cuiscrivo queste righe, mi trovi allo scrittoio ergonomicodel mio ufficio nell’ambasciata svizzera a Washington,lo sguardo rivolto all’incrocio riarso dal sole tra la 29a

Strada e la Cathedral Avenue e, in senso lato, a un fu-turo professionale delineato, ma dai contorni ancorapiuttosto velati.

So già che la giornata normale di un direttore della DSCè lunga e densa di impegni. Ho dimestichezza con icompiti e le sfide essenziali della cooperazione inter-nazionale. E se alcuni giornali hanno scritto che la mianomina suscitava una certa «apprensione», da partemia l’ho accolta senza timore alcuno, pur essendoconsapevole che nei primi mesi la mia curva di ap-prendimento sarà simile al dislivello della maratonadella Jungfrau.

Posso vantare 26 anni di attività diplomatica, una for-mazione in giurisprudenza e un’attività professionalesvolta in due diverse giurisdizioni, esperienza di nego-ziazione e competenze specifiche maturate in qualitàdi direttore esecutivo presso la Banca europea per laricostruzione e lo sviluppo e, in tempi più recenti, comeprofessore presso la Duke Law School.

Capirete che alla luce della mia attuale posizione – sullacurva di apprendimento e alla citata scrivania traWashington Zoo e la National Cathedral – io consideripoco appropriato annunciare con mesi di anticipo lemie priorità come direttore della DSC. Ciononostante èprobabile che all’inizio la mia attenzione sarà rivolta allaconoscenza degli operatori e dei partner della coope-razione internazionale; in primo luogo ai miei futuri collaboratori e collaboratrici, ai quali si deve l’eccel-lente reputazione di cui gode la DSC. A questi vannoaggiunti anche numerosi altri uffici dell’amministra-

zione federale, le cerchie della società civile, del mon-do politico ed economico. Mi rallegro particolarmentedi tutti questi incontri professionali e personali.

La natura ciclica della nostra cooperazione internazio-nale vuole che mi occupi fin dall’inizio di questioni stra-tegiche relative al messaggio concernente la coopera-zione internazionale 2017-2020. Come confermato daimiei colleghi americani, l’efficacia e l’integrità delle at-tività della DSC sono molto apprezzate in tutto il mon-do, il che ci conferma che la direzione presa è quellagiusta. D’altro canto, l’elaborazione di una base con-cezionale offre anche l’occasione per fare il punto dellasituazione e, laddove necessario, adeguarsi alle mu-tate condizioni.

Ritengo un grande privilegio poter assumere questi importanti e appassionanti compiti, e ringrazio il Con-siglio federale per la fiducia che mi ha accordato.

Manuel SagerDirettore della DSC

(Traduzione dal tedesco)

Di maratone della Jungfrau e di incontri

DSC

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Naftali Hilger / laif

fairphone.com

Philippe Blanchot / hem

is / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

Periscopio

potenzialmente mortali: la tri-panosomiasi umana africana,comunemente nota come «ma-lattia del sonno», e la tripanoso-miasi del bestiame o nagana. Gliscienziati si augurano che i datiscoperti permettano di adottaredelle strategie per debellare lamosca tse-tse. Per il momento,non esiste ancora un vaccino,né per l’uomo né per il bestia-me. L’unico modo per bloccarela diffusione della malattia è la lotta contro questo insetto.«La mancanza di una mappacompleta del genoma della mosca tse-tse rendeva difficilel’identificazione dei suoi puntideboli», spiega Serap Aksoy,professore di epidemiologiapresso la Yale University e coau-tore dello studio. Per decifrare il genoma ci sono voluti diecianniwww.who.org (chiave di ricerca: tsetse genome)

Ciclomotori alla sbarra(bf) In molte città in Asia, Africa ed Europa meridionalenon sono le vetture o i veicoli pesanti, bensì i motociclicon un motore a due tempi i principali colpevoli dell’altaconcentrazione di polveri fini e altri inquinanti atmosfericinell’aria, sebbene questi ultimi costituiscano solo una mi-nima parte dei mezzi di trasporto in circolazione. È que-sto il sorprendente risultato al quale è giunto lo studio diun team internazionale di ricercatori diretto dall’Istitutosvizzero Paul Scherrer, pubblicato sulla rivista «natureCommunications». Le elevate emissioni sono causate dalprocesso di combustione nei motori a due tempi e dalleblande norme sui gas di scarico dei ciclomotori. Questigrandi inquinatori sono stati individuati grazie alle misu-razioni svolte in Cina. Nella città di Guangzhou, le con-centrazioni di idrocarburi aromatici tossici nell’aria sonoscese di oltre l’80 per cento dopo aver vietato i ciclomo-tori a due tempi nel 2005. A soli 60 chilometri di distanza,a Dongguan, dove il divieto non è ancora stato introdotto,le concentrazioni di aromatici sono molto più elevate chea Guangzhou.www.psi.ch (chiave di ricerca: mopeds)

Silenzioso campanello d’allarme( jls) In molti Paesi, gli attivistiper i diritti umani rischiano co-stantemente di essere incarce-rati, sequestrati o torturati. Perquesto motivo è fondamentaleper loro poter informare imme-diatamente sulla situazione dipericolo che stanno vivendo. In maggio, Amnesty Internationalha lanciato l’app Panic Buttongrazie alla quale gli attivisti pos-sono allarmare i colleghi.Questo nuovo strumento tra-sforma il cellulare in un campa-nello d’allarme silenzioso. Incaso di emergenza, è sufficientepremere un tasto e un SMSviene spedito a tre contatti pre-definiti. «È spaventoso scoprireche un militante è detenuto damesi senza che qualcuno sia in-formato o stia facendo qualcosaper la sua liberazione. Ci augu-riamo che grazie a Panic Buttoni casi di detenzione illegale inSudan non passino più inosser-vati», ha dichiarato IbrahimAlsafi, che ha partecipato allafase di test svoltasi sull’arco didiversi mesi in America latina,Filippine e Africa orientale.Stando a questo attivista suda-nese, chiunque corre dei rischia causa del proprio lavoro do-vrebbe installare questa app sulproprio telefonino.www.panicbutton.io

Telefonare senza rimorsi(mw) I cellulari contengonometalli preziosi e rari come oro,argento, indio, tulio o lutezio.L’estrazione di molte di queste

Tradizione e modernità alservizio del meteo ( jls) Prevedere le condizionimeteorologiche è di vitale im-portanza per gli agricoltori e gliallevatori, soprattutto a causadei cambiamenti climatici. Unprogetto pilota in Tanzaniavuole migliorare l’accesso alleinformazioni meteo nelle zonerurali, coniugando i metodi diprevisione tradizionali conquelli moderni. Il progetto èrealizzato dall’Agenzia meteo-

rologica nazionale (TMA), incollaborazione con una ONGlocale e l’Istituto internazionaleper l’ambiente e lo sviluppo.Gli esperti confrontano le pre-visioni ufficiali con quelle dellecomunità locali, elaborate sullascorta delle conoscenze tradi-zionali. Gli agricoltori del vil-laggio di Sakala, nel distretto diNgorongoro, osservano i movi-menti delle formiche rosse, lafioritura degli alberi di mango,la migrazione delle termiti o il

colore del cielo. «Nel corsodelle ultime tre stagioni ab-biamo costatato che queste previsioni erano esatte in oltreotto casi su dieci», osserva IsaacYonah, uno dei responsabilidella TMA. L’obiettivo del progetto è di fornire previsioniuniformate e che rispondanomeglio ai bisogni degli agricol-tori.www.iied.org (chiave di ricerca: climate forecast)

Mappato il genoma della mosca tse-tse( jls) Un team internazionalecomposto di 146 ricercatori, attivi in 18 Paesi, è riuscito adecodificare il genoma dellamosca tse-tse, un insetto porta-tore di due malattie parassitarie

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Ton Koene / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

Disegno di Jean Augagneur

materie prime avviene in con-dizioni di lavoro insostenibili eproduce un impatto spesso de-vastante sull’ambiente. Nel2014, una società olandese halanciato sul mercato Fairphone,uno smartphone prodotto conmaterie prime provenienti dafonti possibilmente eque.Tuttavia, nemmeno questo cel-lulare può assicurare una catenadi approvvigionamento idealeper tutti i materiali. A differenzadi altri fabbricanti, la società diproduzione ammette apertamen-te le lacune e sulla sua home-page presenta in maniera tra-sparente gli ulteriori miglio-ramenti necessari. Il telefoninoè particolarmente solido ed èprogettato affinché duri neltempo. Un programma di ripa-razione e riciclaggio dovrebbe

inoltre assicurare il miglior bi-lancio possibile dal punto di vi-sta della sostenibilità. In questomercato molto dinamico, anchequesta è una rara eccezione.www.fairphone.com

Si vive di più ovunque(bf ) I giovani nati nei Paesi in-dustrializzati vivono in media16 anni di più dei loro coetaneidei Paesi in via di sviluppo. Perle ragazze la differenza è di ben19 anni. Questi sono i risultatidel recente rapporto WorldHealth Statistics 2014, pubbli-cato dall’Organizzazione mon-diale della sanità (OMS). Ad abbassare l’aspettativa di vita,soprattutto nell’Africa sub-sahariana, concorrono fra l’altrole malattie infettive, comel’AIDS, la tubercolosi e la mala-

ria, e l’elevata mortalità infan-tile. Dal 1990 la speranza di vitaè significativamente aumentataa livello globale: i bambini natinel 2012 vivranno in media seianni di più di quelli venuti al

mondo nel 1990. Stando alla ricerca, le bimbe arriveranno a73 anni, i maschietti a 68. I progressi maggiori dal 1990 lihanno segnati i Paesi meno svi-luppati, dove l’aspettativa mediadi vita si è addirittura allungatadi nove anni – 63 per le bam-bine nate nel 2012, 60 per ibambini. «A determinare l’au-mento dell’aspettativa di vitamedia mondiale è il fatto chesempre meno bambini muoionoprima dei cinque anni - scriveMargaret Chen, direttore gene-rale dell’OMS - ma ci sono ancora differenze troppo grandifra i Paesi ricchi e quelli a bassoreddito».www.who.int (chiave di ricerca: world health statistics 2014)

Markus Kirchgessner / laif

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DOSSIER

L’Indonesia, la Colombia o il Niger: in questo mo-mento sono molti i Paesi che sono impegnati in unprocesso di decentramento che conferirà maggio-ri competenze ai comuni e ai governi locali. È unatendenza osservabile in tutto il mondo e che si ri-percuote anche sulla cooperazione allo sviluppo.Dall’inizio degli anni Novanta, il numero di Statiche chiede sostegno finanziario alla Banca mondialee ad altri donatori per promuovere l’attuazione dimisure di decentramento è in continuo aumento.Nello stesso tempo sono aumentati anche i requi-siti qualitativi imposti a comuni e governi regiona-li. Questa evoluzione ha fatto sì che negli ultimi anniil buongoverno locale – in gergo «governance lo-cale» – sia diventato uno dei concetti chiave più importanti a livello di politica dello sviluppo.

«Oggi, nella comunità internazionale dei donatorivi è pieno consenso sul fatto che i governi regio-nali e comunali siano chiamati a svolgere un ruolofondamentale nella lotta contro la povertà», affer-ma Corinne Huser, consulente tecnico per la de-mocratizzazione, il decentramento e la governance lo-cale. L’idea si basa sul presupposto che sia più faci-le rispondere in maniera adeguata ai bisogni dellapopolazione delegando la responsabilità a unità am-ministrative decentrate.

Buongoverno: una nuova tendenza internazionaleChe si tratti di introdurre un sistema fiscale equo,coinvolgere le popolazioni illetterate nelle decisio-ni democratiche, versare puntualmente le rendite di

Più potere alle popolazioni locali

I cosiddetti One Stop Shops, come questo a Giava, in Indonesia, danno la possibilità ai cittadini di sbrigare le praticheburocratiche – come quelle necessarie per la creazione di una ditta – a un unico sportello.

Democratizzazione, decentramento e buongoverno: per la co-operazione svizzera allo sviluppo questi tre obiettivi rivestonoun’importanza centrale. Per raggiungerli si punta sempre piùspesso sulla promozione della governance a livello locale. DiMirella Wepf.

Johann Rousselot / laif

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Governance locale

vedovanza o smaltire i rifiuti in modo ecologico;l’adozione di processi amministrativi e politici affi-dabili a livello locale è un’impresa impegnativa, chemolti comuni e organismi regionali non sono ingrado di trasformare in realtà da soli. Per questo mo-tivo, svariate organizzazioni multinazionali e nu-merosi Paesi donatori hanno lanciato programmi disostegno specifici. Il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo(UNDP), la Commissione europea, il Fondo perl’infanzia delle Nazioni unite (UNICEF) sono soloalcuni degli attori principali che focalizzano la loroattenzione sulla governance locale. Sul piano istitu-zionale fungono da capofila gli Stati Uniti, la Gran

Bretagna, la Germania e i Paesi scandinavi.Anche la Svizzera gode di ottima reputazione gra-zie al suo grande impegno profuso a favore delleiniziative di sviluppo locale. La Confederazione èattiva in questo settore da decenni, in passato so-prattutto nei Paesi del Sud, dalla dissoluzione del-l’Unione sovietica in maniera sempre maggioreanche negli Stati dell’Europa dell’Est. «Quasi tuttele strategie seguite dalla DSC nei vari Paesi inte-grano elementi tesi a rafforzare la governance loca-le», spiega Corinne Huser. «In questo contesto èfondamentale che la collaborazione sia sempre insintonia con l’agenda di riforme prevista dalla na-zione interessata. La governance locale riveste un’im-portanza centrale anche in numerosi progetti indi-viduali. Non si può affrontare la costruzione di un

Rete per la condivisionedi conoscenzeNei settori decentramentoe governance locale, laDSC cura un intenso inter-scambio di conoscenzecon altre agenzie per losviluppo e organizzazionimultilaterali, per esempio,nell’ambito dell’OCSE e in seno al DevelopmentPartners Working Groupon Decentralisation andLocal Governance(DELOG), un gruppo di lavoro che riunisce 28 or-ganizzazioni donatrici. Lacondivisione di esperienzeè prioritaria anche pressola DSC. I collaboratori dellaDSC, quelli delle agenziepartner, nonché gli specia-listi provenienti da diversicentri di competenza na-zionali e internazionalifanno parte del networkper la promozione dellademocrazia, il decentra-mento e la governancelocale e hanno il compitodi tradurre in realtà i pro-getti della DSC. La reteconta più di 220 soci.www.delog.orgwww.sdc-decentralization.net

valido sistema di approvvigionamento idrico loca-le solo dal punto di vista tecnico». Bisogna chiedersi,per esempio, come articolare il modello di finan-ziamento, affinché anche le famiglie più povere ab-biano accesso all’acqua potabile. In genere, l’attività della DSC in materia di decen-tramento e governance locale si concentra sui seguenticampi: formazione dei membri dei governi locali edei collaboratori delle amministrazioni, sostegnoalle elezioni e ad altre procedure di consultazione,rafforzamento di iniziative di cittadini e meccani-smi di controllo del buongoverno. A ciò si aggiun-gono contributi finanziari finalizzati alla realizza-zione di progetti di investimento per i comuni e il

dialogo politico con lo Stato centrale per perfezio-nare le condizioni quadro. «Una buona governancelocale», sostiene Corinne Huser, «presuppone unadelega chiara della responsabilità e un’adeguata as-segnazione delle risorse». In molti Paesi è proprioquesto il problema: in mancanza di mezzi sufficienti,le autorità locali non sono in grado di fornire pre-stazioni di servizio di qualità ai cittadini. «È vero chespesso ai comuni sono attribuite più responsabilità,ma la ripartizione dei mezzi finanziari non ne tie-ne conto e resta inadeguata».

Società civili forti a difesa dei più poveriUno sviluppo locale sostenibile richiede la presen-za di autorità efficienti, ma anche la responsabiliz-zazione dei cittadini e la possibilità di rivendicare i

In Tunisia, la DSC sostiene le radio indipendenti affinché siano la voce della popolazione e siano i «cani da guardia» dellademocrazia.

Pierre-Yves Ginet / laif

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Sostenendo le organizzazioni della società civile, come questo gruppo di donne in Perù, si promuovono la responsabi-lizzazione e lo sviluppo sostenibile delle popolazioni locali.

propri diritti attraverso le vie legali. In Tagikistan,per esempio, la DSC sostiene centri di consulenzaper facilitare l’accesso alla giustizia ai cittadini. An-che i media indipendenti possono assumere unruolo decisivo, facendosi portavoce della popola-zione e osservando con spirito critico le attività delgoverno. «La DSC sostiene regolarmente le emit-tenti radio locali e gli organismi di stampa, per esem-

pio, in Tunisia e in Tanzania», illustra ancora CorinneHuser.Molti programmi sostenuti dalla DSC sono dedi-cati al rafforzamento di organizzazioni della socie-tà civile, quali associazioni femminili, sindacati,ONG, associazioni di insegnanti e molte altre ini-ziative cittadine. «Perché anche a livello locale ab-biamo bisogno di attori che tutelino i diritti dei piùpoveri e che si impegnino per loro», ribadisce Co-rinne Huser. Questi dovrebbero però essere in gra-do di negoziare da pari a pari con i rappresentantidel governo comunale o provinciale. «Più le orga-nizzazioni conoscono le procedure locali di piani-ficazione finanziaria e progettazione, più aumentala probabilità che le loro richieste siano accolte dalgoverno».Secondo Corinne Huser, il sostegno alle organiz-zazioni cittadine locali presenta anche delle insidie.«Come si può evitare, per esempio, che da questeorganizzazioni nasca una nuova élite e che alla finela voce delle cerchie della popolazione più emar-ginata e bisognosa rimanga inascoltata?», si chiede

La chiave è il decentramentoL’Ucraina ha proclamatol’indipendenza nel 1991.Nel 1997, la Svizzera hasiglato una convenzionecomune sulla coopera-zione tecnica, economicae umanitaria. Gli attualiconflitti hanno diretto i ri-flettori su uno di questiprogetti: lo Swiss-UkrainianDecentralisation SupportProject (DESPRO).L’iniziativa sostiene le co-munità rurali nel risana-mento delle strutture di ap-provvigionamento idrico enello smaltimento dei rifiuti.Partecipa inoltre agli sforzidi riforma condotti a livellonazionale. Lo scorso giu-gno, il Consiglio supremodell’Ucraina ha varato unalegge sulla collaborazioneregionale delle corporazioniregionali. Il team del pro-getto DESPRO ha parteci-pato all’elaborazione dellanormativa. Petro Poro-schenko, presidentedell’Ucraina da inizio giu-gno, ha definito il decen-tramento «un elementochiave della sua politica».www.despro.org.ua/en

la consulente tecnica della DSC. Nella stragrandemaggioranza dei casi il rafforzamento della societàcivile contribuisce a creare fiducia e porta a un dia-logo costruttivo con il governo.

E chi resta in campagna? In questo momento, a livello internazionale si stanegoziando l’agenda post-obiettivi del millennio.

Dal 2015, questo documento farà da linea guida peruno sviluppo sostenibile. Insieme ad altri donatori,la Svizzera si adopera affinché il rafforzamento del-la governance decentrata sia incluso fra i nuovi obiet-tivi.Un’attenzione particolare va prestata alla galoppanteurbanizzazione. Nel 2008, per la prima volta il nu-mero di abitanti delle città ha superato quello del-le popolazioni rurali. Per questo motivo, le regionimetropolitane rivendicano un margine di manovramaggiore. Nello stesso tempo sono chiamate ad as-sumersi la responsabilità del loro sviluppo sociale,economico ed ecologico. «Il movimento migrato-rio verso le città può creare problemi anche nellezone rurali», sostiene Corinne Huser. «In campa-gna mancano sempre più spesso i giovani. Questiultimi hanno ricevuto un’ottima formazione e po-trebbero garantire la sopravvivenza dei comuni.Pertanto, le sfide importanti non mancano». ■

(Traduzione dal tedesco)

Jens Engeli / Helvetas Swiss Intercooperation

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Governance locale

(mw) A volte non servono molte parole per giu-dicare le prestazioni di un’amministrazione comu-nale: basta contrassegnare una faccina con una cro-cetta. In ogni comune in cui interviene la squadradi Sharique, per prima cosa si procede a una valu-tazione del governo. I cittadini sono chiamati a ri-spondere a domande quali: Quant’è facile riceve-re un attestato di nascita per mio figlio? Lo spor-tello dell’amministrazione ha degli orari di aperturaaffidabili? Abbiamo già pagato le imposte?

Richiesti tatto e sensibilitàIl processo di valutazione è articolato secondo iprincipi della partecipazione. Sembrerebbe sem-

plice, ma in realtà gli ostacoli da superare sono nu-merosi. «Il diritto di esprimersi della donna nellasocietà musulmana del Bangladesh è relativamen-te debole», spiega Corinne Huser, che nel 2006,quando è stato lanciato Sharique, era responsabiledel progetto in seno all’ufficio di cooperazione del-la DSC a Dhaka. Le rigide strutture gerarchiche eil sistema delle caste non hanno certo facilitato ilcompito. Anche se sono meno visibili che in In-dia, sono elementi fondamentali del tessuto socia-le del Paese.In queste condizioni, il coinvolgimento delle cer-chie più vulnerabili della popolazione richiede tat-to e sensibilità. L’impresa sembra però riuscire. In-

Mediante questa semplice scheda di valutazione, anche gli illetterati possono giudicare in forma scritta il lavoro delle amministrazioni comunali.

Quando a governare sono i più poveri Promuovere una governance locale che risponda ai bisogni deipoveri in Bangladesh: è questo l’obiettivo principale del pro-gramma Sharique, un’iniziativa lanciata dalla Svizzera nel 2006.Il progetto registra i primi successi.

Jens Engeli / Helvetas Swiss Intercooperation

Jens Engeli / Helvetas Swiss Intercooperation (2)

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201410

tanto, Sharique, realizzato da Helvetas Swiss Inter-cooperation, è diventato un progetto modello e hagià raccolto importanti successi.

Divisione delle responsabilitàIl Bangladesh è suddiviso in sette divisioni ammi-nistrative, 64 distretti, 481 sottodistretti (thana/upa-zila parishad), circa 4500 municipalità o unioni divillaggi (union parishad) e circa 87 000 comunità.«Da una prospettiva storica si può dire che lo Sta-to è organizzato secondo un forte principio cen-tralistico», dice Melina Papageorgiou. Insieme a duecolleghi fa parte dell’équipe della DSC. Quest’ul-tima è responsabile del settore governance locale inBangladesh e cura 15 progetti.«Il governo centrale vede di buon occhio le ten-denze al decentramento», spiega Papageorgiou,evidenziando tuttavia che le lacune da colmaresono ancora numerose. «Rispetto al passato, oggile autorità locali rivestono un ruolo più importanteper l’approvvigionamento idrico. Non così nel set-tore sanitario e dell’istruzione, dove la responsabi-lità è ancora dello Stato centrale. Le decisioni re-lative al numero di insegnanti o di edifici scolasti-ci sono prese a livello nazionale. Anche i mezzifinanziari – e questo è un ulteriore punto debole– sono amministrati tendenzialmente a livello cen-trale». Ciononostante, la legge attribuisce ai livelli ammi-nistrativi locali delle union parishad e delle upazila

parishad svariate responsabilità. Le union parishadsono responsabili, fra l’altro, delle questioni di si-curezza e di ordine pubblico, amministrano la giu-stizia (composizione delle controversie) e si occu-pano della manutenzione e della costruzione del-le strade, nonché dell’assegnazione dei sussididell’aiuto sociale. Molte union parishad, tuttavia, nonsono all’altezza di questi molteplici compiti.

Politici e cittadini informati e consapevoliCorinne Huser ricorda i primi tempi di Sharique:«La popolazione conosceva appena i propri dirittie doveri. Spesso, anche i membri delle autorità nonsapevano quale fosse il loro ruolo». Informare la po-polazione e le autorità è quindi uno dei punti car-dine del programma. Per questo motivo, da unaparte Sharique organizza eventi pubblici, nei qua-li rivolge un’attenzione particolare alle cerchie piùdisagiate della popolazione, considerando anchel’alto tasso di analfabetismo (oltre il 50 per cento).Dall’altra, il progetto ha elaborato un manuale de-stinato ai membri del governo locale, alle ONG ealle varie organizzazioni di cittadini, in cui illustranei dettagli le leggi più importanti e gli obblighilegali che ne scaturiscono.Il manuale è solo uno dei circa 25 strumenti orien-tati alla pratica che Sharique mette a disposizionedelle municipalità e delle istanze amministrative in-teressate. Sono stati creati manuali dedicati agli ar-gomenti più svariati – la riscossione delle imposte,

Le autorità locali sono confrontate con condizioni quadro molto difficili durante la stagione dei monsoni. Il programmaSharique le ha aiutate costruendo, per esempio, un edificio in cui la popolazione può rifugiarsi.

Rete internazionaleIl programma Sharique faparte della rete internazio-nale Local GovernanceInitiative and Network (LO-GIN), finanziata dalla DSC.Questa rete vuole favorirelo scambio di esperienzefra governi locali e autorità.Attualmente l’iniziativa èsostenuta da diversi attoriprovenienti dai Paesi delSud e del Sud-Est asiatico:Afghanistan, Pakistan,Nepal, India, Bangladesh,Bhutan, Cambogia,Vietnam, Mongolia e Laos.www.loginasia.org

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 11

Governance locale

la pianificazione partecipativa, la gestione finan-ziaria – nonché linee guida per il sostegno di per-sone socialmente vulnerabili o consigli per la pro-mozione della causa delle donne. Nel luglio del2013 è uscito il manuale «Sharique Handbook» cheriunisce tutti gli strumenti disponibili in un prati-co compendio.

Condivisione delle esperienze Sharique è in crescita continua e attualmente è im-pegnato in 207 union parishad e 29 upazila parishad.Il programma raggiunge così direttamente circa 50 000 persone. «Anche la condivisione delle co-noscenze è diventata un elemento centrale delprogetto», spiega Melina Papageorgiou. Nel frat-tempo alcuni elementi dell’iniziativa funzionanoautonomamente. Il governo centrale, per esempio,ha invitato tutte le 4500 union parishad ad adotta-re il piano programmatico dello Union DevelopmentCoordination Committee. Il forum riunisce cittadini,ONG, settore privato e rappresentanti dei più sva-riati settori politici, quali scuola, sanità e trasporti,per discutere le nuove proposte a livello di politicadistrettuale e per definire le giuste priorità.In questo momento è in corso un progetto comunedi Sharique e dell’amministrazione centrale. Tre go-verni locali, in cui i meccanismi di controllo fun-zionano molto bene, si mettono a disposizione del-le altre municipalità, proponendo formazioni e in-terscambio.

Cartografia della povertàNemmeno un cosiddetto progetto modello è sen-za pecche e diverse iniziative richiedono tempi lun-ghi e perseveranza. Il collaboratore di HelvetasJens Engeli ha lavorato alcuni anni fa in qualità diconsulente per Sharique: «Con questa iniziativa ab-biamo potuto sperimentare anche molte cose nuo-ve. Non tutto ha prodotto i risultati auspicati, maalla fine anche gli insuccessi hanno contribuito al-

l’apprendimento e in ultima analisi al successo. Gra-zie alle buone condizioni quadro legali, abbiamotrovato una base iniziale valida per segnare impor-tanti progressi». Secondo Engeli, un punto parti-colarmente problematico è il coinvolgimento del-le persone più autorevoli di una comunità: «Nellamessa in atto dei processi partecipativi bisognaprestare attenzione affinché le élite non abbando-nino il progetto per crearsi nuovi spazi dove poteresercitare la loro influenza».In generale, Sharique ha ottenuto un successo con-siderevole. Le prime due fasi del progetto si sonoconcluse e oggi già 130 union parishad elaborano iprogrammi annuali e i rispettivi preventivi secon-do una procedura aperta e partecipativa. «Anchenell’approvvigionamento idrico si registrano i pri-mi progressi, così come nel sistema degli aiuti so-ciali», afferma Melina Papageorgiou. Il governobengalese ha lanciato varie iniziative di assistenzaper vedove, portatori di handicap o famiglie mo-noparentali. In questo momento, nelle municipa-lità assistite da Sharique, l’attuazione dei program-mi funziona meglio che altrove.Al successo ha contribuito anche la cosiddetta «car-tografia della povertà». Il progetto consiste nell’in-dividuazione nei comuni delle persone più biso-gnose per verificare se ricevono davvero i sussidistatali. «Certo, il nepotismo è ancora presente», diceJens Engeli. Per Sharique non mancano certo leesperienze positive. «Nella popolazione era diffu-sa l’opinione secondo cui le autorità fossero cor-rotte. Le procedure partecipative hanno dimostra-to invece che a far difetto non era la buona vo-lontà, bensì la mancanza di conoscenze o dipossibilità finanziarie delle autorità. Questa presadi coscienza ha contribuito a creare fiducia». ■

(Traduzione dal tedesco)

Dalla governance localeall’apprendistatoLa DSC sostiene ilBangladesh nei suoi sforzidi sviluppo dal 1971.Malgrado numerosi pro-gressi – negli ultimi diecianni il Bangladesh ha vis-suto una forte ripresa eco-nomica – un terzo dei circa160 milioni di abitanti vivenell’indigenza. La gover-nance locale è un puntocardine della strategia dicooperazione della DSCcon il Bangladesh. Fra glialtri settori di lavoro impor-tanti figurano la promo-zione di reddito e sviluppodei mercati, la formazioneprofessionale, la riduzionedei rischi di catastrofi e lepari opportunità per donnee uomini.www.deza.admin.ch/bangladeschwww.sdc.org.bdwww.bangladesh.helvetas.org

L’esperienza insegna che un programma volto a promuovere la partecipazione ai processi democratici delle donne puòdurare dai cinque ai sei anni.

Padem

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201412

(mw) La legge sulla partecipazione dei cittadini èuna pietra miliare per la Bolivia. Varata nel 1994, lanormativa ha segnato una svolta nella storia del Pae-se: ha gettato le basi per un decentramento di am-pia portata e ha permesso alla popolazione di pren-dere parte ai processi decisionali. I cambiamentistrutturali nell’ordinamento pubblico sono enormi.«Il numero dei municipios (comuni o municipalità,ndr.) è passato da 24 a 339», spiega Mila Reynolds,collaboratrice dell’ufficio per la cooperazione del-la DSC a La Paz. La Svizzera è presente in Bolivia dal 1969 comepartner per lo sviluppo. Accanto a Banca mondia-le, Spagna e USA è fra i sostenitori più importantidi questa riforma democratica. In tale ambito ha fi-nanziato anche il progetto PADEM, volto a soste-nere la svolta democratica a livello comunale, rea-lizzato da AOS/Solidar Suisse. «All’inizio la popo-lazione rurale era piuttosto scettica. La gente hasubito parlato di ley maldita, ossia di una legge maledetta», racconta Martín Pérez, direttore diAOS/Solidar Suisse in Bolivia. In molti territorinon vi era alcuna istituzione statale e così l’intro-duzione della nuova legge era vista, per esempio,dalle associazioni degli agricoltori o dalle organiz-zazioni indigene come una minaccia per le radica-te strutture di potere informali e culturali. Oggi glieffetti della «ley de participación popular» sonoampiamente apprezzati.

Opportunità e responsabilità La nuova legge ha dato molta più responsabilità aicomuni riguardo all’infrastruttura nei settori dell’i-struzione e della sanità, alla rete stradale locale e alsettore abitativo.Anche i trasferimenti finanziari dal-lo Stato centrale ai governi dei villaggi hanno re-gistrato un notevole aumento. Fra il 2000 e il 2006i comuni hanno sostenuto il 46 per cento degli in-vestimenti pubblici del Paese. Queste nuove op-portunità e responsabilità finanziarie sono delle sfi-de enormi per le autorità locali. L’iniziativa PADEM è stata avviata nel 1996 e si è

concentrata sui comuni poveri, soprattutto su quel-li rurali. Oggi, il progetto coinvolge circa un terzodei municipios. La popolazione è stata informata deinuovi diritti e doveri attraverso corsi, pubblicazio-ni e trasmissioni radio. Un altro elemento integra-tivo del programma è la formazione di alcune cen-tinaia di promotori locali, che avranno il compitodi favorire la partecipazione della popolazione aiprocessi democratici e di permettere a quest’ultimadi attingere ai mezzi finanziari.Si è prestata particolare attenzione al coinvolgi-mento delle minoranze etniche svantaggiate e allapromozione della donna. Nella società boliviana distampo patriarcale, essa ha poche possibilità di par-tecipare sia a livello politico sia a quello professio-nale. Per questo motivo PADEM ha spesso lavora-to con gruppi di promozione misti, operando secondo il principio dello chacha-warmi, ossia del-l’armonia fra i generi, tipico della cultura aymara.

«La legge maledetta»La Bolivia ha alle spalle uno sviluppo travolgente. Le risorse mi-nerarie hanno dato enorme slancio all’economia del Paese.Anche a livello politico, il cambiamento è impetuoso. Dallametà degli anni Novanta, il governo è alle prese con un radica-le processo di decentramento, tutt’altro che concluso.

La denuncia della violenza sulle donne e sui bambini è solouno dei tanti aspetti di una buona governance locale.

Stato plurinazionaleOggi, la denominazione ufficiale della Bolivia è«Stato plurinazionale diBolivia». Nel gennaio del2009, il 61 per cento dellapopolazione ha approvatouna nuova costituzioneche riconosce la realtà so-ciale multietnica e plurina-zionale del Paese. Questaprevede una promozionemirata dei valori della po-polazione indigena e con-cede nuovi diritti a 36gruppi etnici del Paese, fracui il riconoscimento di 36idiomi come lingue ufficiali,l’accesso al suolo e alle ri-sorse naturali, nonché larappresentanza negli orga-nismi statali. Questo nuovoordinamento suscita an-cora ampi dibattiti e ac-cese controversie.

Padem

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Governance locale

Per la donna, la strada è irta di ostacoliDal 2007 alla fine del 2009, Clementina SocañoCoro, oggi ventottenne, ha collaborato come pro-motrice a Chaquí, nel dipartimento di Potosí. Il co-mune l’aveva proposta per questa funzione diri-genziale grazie al forte impegno politico di cui ave-va già dato prova in giovane età. Avendo inoltreconcluso i cinque anni di scuola primaria, dispo-neva di un livello di formazione superiore alla me-dia. «La mia formazione presso PADEM compren-deva, fra l’altro, la pianificazione finanziaria nei co-muni, i processi democratici, le questioni relativeall’uguaglianza uomo-donna e il controllo sociale»,racconta. Il programma è stato un arricchimento siaper lei sia per il comune: «Oggi i nostri processi dipianificazione sono più chiari e la popolazione hamaggiori possibilità di partecipare». Nel 2010, Clementina Socaño Coro è stata elettanel consiglio municipale. «Anche queste elezioni sisono svolte in modo più democratico rispetto aglianni precedenti. Nonostante questi progressi, lastrada è ancora lunga. Proprio noi donne siamo an-cora molto penalizzate», spiega Socaño Coro.Tutto ciò si ripercuote sulla fase attuale del proget-to PADEM: la violenza contro le donne occupa unposto centrale. Stando alle statistiche, il fenomenointeressa sette donne boliviane su dieci. Anche al-trove le sfide da affrontare sono importanti. «Dopoun’intensa fase di municipalizzazione, si tratta oradi dedicarsi al rafforzamento delle strutture a livel-lo dipartimentale», spiega Mila Reynolds. «Anchequi dobbiamo coinvolgere le cerchie più vulnera-bili della popolazione».

Chi approfitta delle ricchezze del suolo?Nel 2009, in Bolivia è entrata in vigore una nuovacostituzione che introduce una novità a livello ge-stionale. «Oltre ai livelli amministrativi che cono-scevamo finora, oggi esiste anche la possibilità di co-stituire delle unità territoriali indigene autonome»,spiega Reynolds. 11 su 339 municipios hanno già avviato le procedure per adottare questo statuto. Tut-tavia, alcuni territori combaciano in parte con i po-tenziali territori autonomi di altre unità organizza-tive, una situazione che comporta un grosso oneredi lavoro per le votazioni e richiede nuove leggi dicoordinamento.Secondo Mila Reynolds, vi è anche un’altra tema-tica che sta dando filo da torcere a livello politico:la perequazione finanziaria regionale. «Negli ulti-mi anni lo sfruttamento delle materie prime ha por-tato a una ricchezza senza pari». In questo momentonon è ancora chiaro se e in quale misura le regio-ni e la popolazione potranno partecipare ai bene-fici. I negoziati inizieranno dopo le elezioni del2015. ■

(Traduzione dal tedesco)

Per Clementina Socaño Coro il percorso è ancora gravidodi ostacoli prima che le donne e le popolazioni indigene(sotto) siano davvero coinvolte nei processi decisionali.

Più potere agli indigeniA livello territoriale, laBolivia è suddivisa in novedipartimenti (departamen-tos), separati a loro volta in 112 province. Questesono strutturate in 339municipalità (municipios).Inoltre, la Bolivia è divisa in cantoni (cantones), cheraggruppano le unità mi-nori a livello locale, le loca-lidades. Gli abitanti deimunicipios sono in mag-gioranza indigeni. I territoriautonomi stanno acqui-sendo sempre più impor-tanza a livello politico. Conla costituzione del 2009 èpossibile dar loro pari dirittirispetto agli altri livelli am-ministrativi. Questa possi-bilità ha conferito maggiorlegittimazione alle usanzetradizionali e al diritto con-suetudinario delle popola-zioni indigene, a condi-zione che non siano violatii diritti umani.

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201414

(mw) «Il numero di reclami inoltrati alle ammini-strazioni comunali è in aumento ed è un successoconcreto», dice Valbona Karakaçi, capo del pro-gramma Decentralization and Local Development Pro-gramme (DLDP) in Albania, finanziato dalla DSC. IlDLDP si rivolge alle autorità locali e persegue variobiettivi, fra cui una migliore gestione delle finan-ze comunali, un’organizzazione efficace della net-tezza urbana, l’introduzione di sportelli elettronicie la comunicazione attiva con la popolazione. «Per i cittadini dei Paesi occidentali tutto ciò puòsuonare strano, ma dopo la lunga dittatura, la gentedeve prima imparare a partecipare e ad avere fidu-cia nelle istituzioni», spiega Valbona Karakaçi. «Pernoi è un segnale positivo, il fatto che i comuni ri-cevano più domande, più richieste e più reclami».

Creare trasparenza e fiduciaL’Albania intende far parte dell’Unione europea. Nelgiugno 2014 ha ottenuto lo status di candidato all’a-desione. Gli sforzi promossi dal DLDP per introdur-re standard finanziari internazionali nei comuni pos-sono essere utili per raggiungere questo obiettivo. Nel2006, il programma è stato lanciato in otto comuni eoggi coinvolge un terzo del territorio albanese.

«Una pianificazione finanziaria eseguita in modoprofessionale comporta molti vantaggi», dice StefanPfäffli dell’Istituto di economia aziendale della scuo-la universitaria di Lucerna, che collabora con ilDLDP in qualità di consulente. «La pianificazionecrea trasparenza perché spiega i progetti del comu-ne alla popolazione. Inoltre, accresce la legittimitàdello Stato di riscuotere le tasse e rende possibile ildialogo politico». È importante redigere non solo bi-lanci annuali, ma anche piani finanziari a medio ter-mine. Dal 2009, i comuni albanesi sono tenuti perlegge a rispettare questi standard. «Un programmasul lungo periodo semplifica la realizzazione di in-vestimenti onerosi», continua Pfäffli. In collabora-zione con alcuni specialisti locali, Pfäffli ha elabora-to uno strumento elettronico di pianificazione fi-nanziaria. Esso facilita la stesura di un preventivostrategico di possibili scenari futuri. La situazione finanziaria dell’Albania è tutt’altro cherosea. Rispetto ai compiti che dovrebbero assolve-re, i comuni sono dotati di mezzi insufficienti. Incantiere vi è una riforma territoriale con numero-se fusioni comunali che susciterà accesi dibattiti. ■

(Traduzione dal tedesco)

In Albania, il programma DLDP favorisce lo sviluppo locale, tra l’altro mediante le antenne per la cittadinanza nei comuni.Integrazione orizzontaleI comuni riusciranno adavere più peso politico solose saranno interconnessigli uni con gli altri. Eccoperché la DSC sostieneanche le associazioni co-munali e, sul piano interna-zionale, il Network ofAssociations of LocalAuthorities from South-Eastern Europe (NALAS).Alla rete aderiscono asso-ciazioni comunali di 12Paesi dell’Europa sud-orientale, in cui sono rappre-sentate circa 9000 autoritàlocali. Essa promuove loscambio di sapere e redigestudi comparativi, quali ilrapporto Fiscal Decentrali-zation Indicators for South-East Europe 2006-2012. Il documento dimostrachiaramente che i comunidi tutti i Paesi dell’Europa sudorientale ricevono unaquota del PIL nazionale in-feriore a quella versata aicomuni dell’UE. In questaclassifica, l’Albania è il fa-nalino di coda. www.nalas.euwww.dldp.al

L’Albania è una democrazia giovane. Dal crollo della dittaturacomunista, nel 1990, è in corso un intenso processo di rico-struzione delle strutture politiche e legali. La Svizzera sostienequesti sforzi e promuove soprattutto le competenze delle am-ministrazioni comunali. Un’attenzione particolare è dedicataalla pianificazione finanziaria.

Fiducia e legittimità, figlie della trasparenza

Jutta Benzenberg / DSC

Julien Chatelin / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 15

Governance locale

L’obbligo di rendiconto dello Stato è uno dei concetti più cari alsociologo sudafricano Colm Allan. Ha elaborato svariati siste-mi di monitoraggio e valutazione che permettono di misurare leprestazioni di servizio fornite dalle amministrazioni. A colloquiocon Mirella Wepf ricorda che la partita si gioca a livello locale.

Un solo mondo: Lei ha fatto della valutazionedelle prestazioni statali il suo mestiere. Comemai?Colm Allan: Già da giovane mi sono impegnatocontro il sistema dell’Apartheid e contro il serviziomilitare obbligatorio in Sudafrica. A 19 anni mihanno messo in prigione per 50 giorni, senza con-danna. Un’esperienza che mi ha motivato ancoradi più. Più tardi molti dei miei compagni sono en-trati in politica. Io ho scelto un’altra strada. Alcu-ni interrogativi sono da sempre al centro del mioagire: La democrazia porta davvero dei benefici?Anche per le popolazioni più povere?

Uno dei suoi argomenti preferiti è propriol’obbligo di rendiconto dello Stato, in gergola social accountability. Come spiegare questoconcetto?I detentori del potere politico dovrebbero esserein grado di spiegare e giustificare i loro program-mi e le loro prestazioni. E non si tratta solo di tra-sparenza. Non basta rendere note alcune cifre ognitanto, ma occorre istituire un processo continuo.Esso consiste nella definizione delle iniziative prin-cipali di una regione, nella loro realizzazione coni mezzi disponibili e nella verifica dei risultati. Lasocial accountability non è una strada a senso unico.Anche la popolazione o gli organismi della socie-tà civile sono chiamati ad assumersi la loro re-sponsabilità e a sviluppare la capacità di interagire

e partecipare. Senza un processo di questo tipo, lademocrazia esiste solo sulla carta.

Nel 2012 ha sviluppato un programma dimonitoraggio per le municipalità in Mo-zambico. Quali sono stati i risultati più im-portanti?Il Municipal Social Accountability Monitoring Program(MUNISAM) ha evidenziato, fra l’altro, che l’ana-lisi dei bisogni nei comuni era molto lacunosa. Solose le esigenze della popolazione sono individuatein modo chiaro, la politica può sviluppare dei pro-grammi strategici efficaci. MUNISAM era più diuna valutazione della qualità. Per esempio, si trat-tava anche di avvicinare governo e popolazione ci-vile mediante delle audizioni pubbliche. Così sononate nuove possibilità di partecipazione e oggi sva-riate ONG, che prima agivano in modo indipen-dente, hanno sviluppato una collaborazione piùstretta. MUNISAM ha portato alla luce anchemolte disuguaglianze e iniquità tra i sessi e ha per-messo di segnare alcuni progressi anche in que-st’ambito.

Nel suo ultimo progetto si è concentrato sulgoverno centrale e su quello regionale.Esatto. In una prima fase pilota del Social Account-ability Monitoring and Evaluation (SAME) abbiamosviluppato 44 indicatori per la valutazione del set-tore sanitario del Mozambico. In questo contesto

Colm Allan, ex direttoredel Centre for SocialAccountability presso l’università Rhodes, inSudafrica, oggi è consu-lente indipendente per lequestioni di social accoun-tability, nonché ricercatoreassociato della Rhodes-University. Nel 1999 hafondato il Public ServiceAccountability Monitor(PSAM; www.psam.org.za),parte integrante della for-mazione di giornalismo emedia della Rhodes-University. InizialmentePSAM si concentrava sulproblema della corruzione.Nel frattempo comprendeanche un ampio pro-gramma formativo regio-nale, indirizzato sia ai rap-presentanti di governo, siaagli attori della società civile. La DSC è fra i soste-nitori più importanti delPSAM.

L’obbligo di rendicontodello Stato permette di scoprire, per esempio, ledisparità tra uomo e donnain Mozambico.

Qui casca l’asino!

Joao Silva/NYT /Redux/laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201416

gno di processi legati all’obbligo di rendiconto. Congli indicatori SAME, la governance e gli obiettiviprioritari di un Paese diventano misurabili. Tutta-via, non bisogna dimenticare che nei Paesi in viadi sviluppo i mezzi a disposizione sono limitati eche spesso non sono garantiti nemmeno i bisognifondamentali, quali l’alimentazione, l’acqua o la sa-lute. Abbiamo dunque a che fare con necessità prio-ritarie completamente diverse.In linea di massima, il monitoraggio continuo por-ta sempre dei vantaggi. L’obbligo di rendiconto dàal governo anche la possibilità di giustificare me-glio le proprie decisioni e di ridimensionare le at-tese irrealistiche della popolazione. Se si stila un bi-lancio solo ogni quattro-cinque anni, in concomi-tanza con le elezioni, è difficile orientare losviluppo in una certa direzione. Meglio sarebberendere conto del proprio operato a scadenze an-nuali o biennali.

Lei concentra il suo lavoro a livello locale.Perché è così importante?Per dirlo con un’espressione idiomatica inglese:«This is where the rubber hits the road!» (che initaliano possiamo tradurre in «Qui casca l’asino!»,ndr.). Non importa se la responsabilità politica ri-siede a livello centrale o decentrato. Ogni decisio-ne presa dal governo centrale ha delle ripercussio-ni a livello locale, nell’istruzione, nella sanità, dap-pertutto. ■

(Traduzione dall’inglese)

abbiamo analizzato tutti i livelli governativi in dueprovince. Sulla base di interviste con i rappresen-tanti della società civile e del governo abbiamo in-dividuato le sfide maggiori riguardanti l’assistenzasanitaria. Tuttavia SAME può essere applicato an-che ad altri settori dello Stato.

Anche la Banca mondiale promuove sistemidi monitoraggio per la social accountability.Non vi fate concorrenza?No. Io sono in contatto con la Banca mondiale econ il suo presidente Jim Yong Kim, che dà enor-me importanza alla disponibilità di risultati misu-rabili. La Banca mondiale spende moltissimo perlo sviluppo degli Stati. Finora esistevano però solopochi indicatori affidabili sull’efficacia dei mezziimpiegati. I dati SAME per il buongoverno posso-no fornire un contributo anche in questo senso.Possono indicare, fra l’altro, quali competenze omezzi ha bisogno un governo comunale o un or-ganismo della società civile per elaborare analisispecifiche delle necessità, sviluppare piani strategi-ci o garantire il controllo finanziario.

SAME potrebbe dunque diventare anche unostrumento di lavoro per altri donatori?Sì, sia per le organizzazioni della società civile cheper i governi stessi.

Questo sistema di valutazione può essere ap-plicato anche negli Stati industrializzati?Sì, perché anche i Paesi più sviluppati hanno biso-

Secondo Colm Allan, è più facile orientare lo sviluppo se si stila regolarmente un bilancio che se lo si fa solamente ogniquattro-cinque anni, in concomitanza con le elezioni.

Norbert Enker / laif

Hervé Hughes / hem

is.fr / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 17

Governance locale

Cifre e fatti

Piattaforma internet del network della DSC per la promozionedella democrazia, del decentramento e della governance localewww.sdc-decentralization.net

Il Basel Institute on Governance si occupa, tra l’altro, di ricercain materia di governo delle imprese pubbliche.www.baselgovernance.org

L’iniziativa globale Making All Voices Count promuove una maggiore partecipazione civica attraverso le nuove tecnologie.www.makingallvoicescount.org

Pubblicazioni«The Role of Decentralisation/Devolution in ImprovingDevelopment Outcomes at the Local Level» di LocalDevelopment International LLC, New York, 2013; da scaricare dal sito www.delog.org

«Decentralization and Women Empowerment: Exploring theLinkages» di Sajjad Ali Khan in Journal of Political Studies, vol. 18, Issue 1, 61-75; da scaricare dal sito www.pu.edu.pk

«Municipal Finances: A Handbook for Local Governments»;The World Bank, 2014; www.worldbank.org (rubrica: publications)

«Herausforderung Demokratie», edito da NCCR Democracy,Hanspeter Kriesi, Lars Müller, Zurigo 2013 (disponibile anche in inglese)

«Improving International Capacity Development» di JimArmstrong; Palgrave Macmillan, London/New York, 2013

«Il decentramento non è l’alternativa alla centralizzazione. Sono necessari entrambi».Fonte: documento di lavoro UNDP Decentralization: a Sampling of Definitions, ottobre 1999

Cifre salienti • Nel 2000, la percentuale di Paesi con governi e amministra-zioni a livello regionale e locale era circa del 95 per cento.

• In Uganda, fra il 2004 e il 2012 il numero di unità decentrate èpassato da 44 000 a 69 000.

• L’Africa si sta trasformando in una società urbana. Ogni anno le città crescono in media del 3 per cento. Questa evoluzione richiede meccanismi di gestione adeguati a livello di città.

• La tendenza all’urbanizzazione è una realtà planetaria. Entro il 2030, sei persone su dieci vivranno in città, entro il 2050 saranno sette su dieci.

• Dei 50 Stati africani, 40 hanno inserito le corporazioni territo-riali locali e il ruolo che assumono nella costituzione.

• Fra il 1990 e il 2006, la Banca mondiale ha speso 31,9 miliardidi dollari in 89 Paesi. Stando alle stime del Worldbank Independent Evaluation Group, circa un terzo dell’importo è stato stanziato per misure di decentramento.

• Nel 1996, l’Assemblea generale dell’ONU si è posta tre obiet-tivi politici prioritari: il decentramento, il rafforzamento delle unità locali e la promozione della democrazia a livello locale.

Link Il Fondo delle Nazioni Unite per il finanziamento dell’attrezza-tura-capitale (UNCDF) è specializzato in programmi di microfi-nanza e gestione delle finanze pubbliche a livello locale.www.uncdf.org

Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS) è attivonel settore della governance locale.www.undp.org

L’Institute of Development Studies dell’università del Sussex èspecializzato nei campi partecipazione, obbligo di rendiconto,inclusione e analisi delle strutture di potere. www.ids.ac.uk

Jordan Simeonov /Dukas/Polaris

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201418

ORIZZONTI

Squallidi caseggiati con l’intonaco che si sgretola,intervallati da sghembe baracche di mattone, la-miera ondulata, legno e cartone catramato: ci tro-viamo a Stolipinovo, il ghetto rom di Plovdiv, se-conda maggiore città della Bulgaria. Qui vivonocirca 50 000 persone, molte delle quali abitano incondizioni degne delle più misere favela sudame-ricane; sopravvivono senza acqua potabile, senzaelettricità, in mezzo alla spazzatura. Nonostantenon vi sia praticamente più spazio, si continua acostruire, selvaggiamente, senza la minima piani-ficazione. «Stolipinovo è una bomba a orologeria

Stolipinovo, il ghetto dei rom di Plovdiv, si distingue per le pessime condizioni dell’infrastruttura e l’elevato tasso di analfabeti e di senza lavoro.

sociale che fra qualche anno esploderà, se non sifarà qualcosa», afferma Asen Karagyozov mentreattraversiamo il sobborgo.Trainati da cavalli, alcuni carri carichi di ferragliasi recano dai negozianti di ferri vecchi. Sui lati diuna strada dissestata, alcuni commercianti vendo-no frutta, verdura e articoli di marca contraffatti.Forse non più di un migliaio di persone ha un im-piego regolare, stima Asen Karagyozov, soprattut-to presso imprese di pulizia comunali e private. Al-tri si guadagnano da vivere come operai a gior-nata o sbarcano il lunario con lavoretti occasionali

I rom, i grandi perdenti della democratizzazione La Bulgaria è lo Stato economicamente più povero dell’Unioneeuropea. La svolta del 1989 non ha migliorato la situazione deirom. L’adesione all’UE l’ha anzi, per certi versi, peggiorata. Così,per molti di loro l’unica via d’uscita dalla miseria è l’emigrazio-ne verso l’Europa occidentale. Di Dirk Auer*.

Jordan Simeonov /Dukas/Polaris

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 19

Bulgaria

La Bulgaria in sintesi

CapitaleSofia

Superficie 110 994 km2

Popolazione7,2 milioni di abitanti

Speranza di vita74,3 anni

EtnieBulgari 84,8% Turchi 8,8%Rom 4,9%Altri 1,5%

ReligioniBulgaro-ortodossi 76%Islamici 10%

Prodotti d’esportazioneProdotti chimici, correnteelettrica, articoli di con-sumo, macchine e attrez-zature, generi alimentari e voluttuari, prodotti dellalavorazione del metallogrezzo e dell’acciaio, tessili

Rami economiciCon una quota del 53%, il settore dei servizi rappre-senta la prima forza eco-nomica del Paese, seguitadall’attività manufatturiera,come l’industria alimen-tare, con il 35%.

nell’agricoltura, sui cantieri o recuperando cartastraccia, metallo e vetro.

I rom sono i perdenti della svolta Di luoghi come Stolipinovo ce ne sono in quasitutte le grandi città della Bulgaria. Sono la provalampante che i rom sono i grandi perdenti dellasvolta del 1989. In epoca comunista, anche a Sto-lipinovo quasi tutti avevano un lavoro regolare, ibambini andavano a scuola e si aveva libero accessoalle cure sanitarie di base. Se è pur vero che il sob-

giato di bianco sono vuote, eccezion fatta per duebambini che oziano sulla soglia. «Per ora non han-no ancora mangiato», spiega una collaboratrice,mettendo l’accento sulla povertà, il problema piùimpellente per la maggior parte degli abitanti.Sono in molti a confidare nell’istruzione, consi-derata la chiave di svolta della situazione dei romin Bulgaria. Una svolta che non avverrà né ogginé domani. I successi saranno visibili soltanto sullungo termine. Questo piano rischia però di fal-lire miseramente se il mercato del lavoro conti-nuerà a essere discriminatorio nei confronti deirom. Intanto, nonostante i numerosi programmi, irisultati sono appena percettibili. Anzi, la crisi fi-nanziaria ed economica, che affligge ancora i Pae-si dell’Europa orientale e sud-orientale, ha acuitoulteriormente le condizioni di molti rom. «Cinque anni fa, i nostri sforzi per migliorare lasituazione dei rom sembravano dare i primi frut-ti», spiega Asen Karagyozov, «ma ora molti settorisono vittime della stagnazione e della crisi e nesubiscono i contraccolpi». C’è meno lavoro, c’è piùdiscriminazione e in tutto il Paese la segregazio-ne sta nuovamente aumentando. Sette anni fa,quando suo figlio Anton frequentava l’università,la discriminazione razziale non era ancora percet-tibile. Oggi, perfino i docenti esprimono com-menti poco edificanti. Anche a livello politico, l’ac-cesso dei rom alle istituzioni è come una battagliacontro i mulini a vento. «Le opportunità sarebbe-ro davvero numerose, ma manca la volontà», la-menta Asen Karagyozov. I fondi dell’Unione eu-ropea non vengono sollecitati e quando vengonorichiesti, il denaro si volatizza ancor prima di giun-gere ai beneficiari.

Emigrare come unica via d’uscitaNon c’è dunque da stupirsi se molti rom non cre-dono più nel miglioramento della situazione nelloro Paese. A loro non resta altro che emigrare ver-so l’Europa occidentale per uscire dalla miseria.«Qui tutti considerano l’opzione di lasciare la Bul-garia. Forse uno su cinque lo ha già fatto», stimaAsen Karagyozov. Negli ultimi anni le filiali dellaWestern Union, tramite le quali i migranti man-dano denaro ai familiari rimasti in patria, sonospuntate come funghi. Più a valle, lungo la strada, si trovano i «DortmundBlocks», come li chiamano qui. I loro abitanti sisono recati a frotte nella metropoli tedesca, finen-do nel quartiere più povero della città. La maggiorparte delle donne finisce per prostituirsi, mentregli uomini attendono per strada che qualcuno liingaggi come braccianti a giornata. È questa l’im-magine – considerata un problema sociale – che imigranti rom offrono ai media occidentali.

I carri trainati dai cavalli fanno parte della quotidianità.

borgo era abitato prevalentemente da rom, c’era-no anche dei bulgari. Con loro la convivenza eraper lo più pacifica. Poi «è scoppiata la democrazia», come si ama ri-cordare in Bulgaria. E con essa la situazione deirom è drasticamente peggiorata. «Credevamo cheavremmo goduto di libertà maggiori», ricordaAsen Karagyozov, «ma ci siamo subito resi contoche per noi c’era soltanto disoccupazione e po-vertà». In effetti, i rom sono stati i primi ad esserestati licenziati dalle imprese di Stato corrotte. Ementre i bulgari abbandonavano il sobborgo, dal-le campagne i rom caduti in povertà non hannotardato a prendere il loro posto. Nell’arco di ven-t’anni, la popolazione di Stolipinovo è triplicata eil sobborgo è ormai straripante.

L’istruzione sarà la soluzione?Asen Karagyozov è uno dei rari rom del sobbor-go ad avere concluso gli studi. È deputato nel con-siglio comunale di Plovdiv. Qualche anno fa haistituito la fondazione per lo sviluppo regionaleROMA, attiva soprattutto in ambito formativo. Lafondazione dà lezioni di sostegno e gestisce unprogetto di bus scolastici che, passando di casa incasa, trasportano i bambini alle scuole cittadine,dove ottengono un’istruzione con giovani nonrom. Oggi le aule scolastiche nell’edificio tinteg-

Bulgaria

GreciaTurchia

SofiaSerbia

Romania

Macedonia

Jordan Simeonov /Dukas/Polaris

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201420

Una crisi economicapersistenteNon soltanto per i rom,ma anche per la maggiorparte dei bulgari il sognodi uno standard di vita mi-gliore non si è ancoraavverato. Eppure le cifreufficiali dicono proprio ilcontrario: deficit, debitopubblico e inflazione sonoinferiori rispetto alla mag-gior parte delle altre eco-nomie dell’Unione euro-pea. Bruxelles ha lodato larigorosa disciplina econo-mica dello Stato, ma ilprezzo da pagare è sem-pre più evidente. Le ren-dite e i salari non sonocresciuti, il sistema sanita-rio è in condizioni pietose.Secondo la Croce Rossabulgara, le persone social-mente deboli sarebbero1,5 milioni su una popola-zione totale di 7 milioni diabitanti. Lo scorso anno,l’organizzazione umanita-ria ha distribuito derratealimentari di base comepane, farina e lenticchie a oltre 300 000 persone. E il numero dei bisognosicontinua a crescere.

Molti abitanti dei «Dortmund Blocks» sbarcano il lunario nella città tedesca come braccianti a giornata sui cantieri, neiristoranti o nelle imprese di pulizia.

Per Ilona Tomova, ricercatrice demografica pres-so l’accademia bulgara delle scienze a Sofia, si trat-ta di una minima parte dei migranti rom. «Soltantodal cinque al dieci per cento vive in simili condi-zioni altamente problematiche», afferma Ilona To-mova. «Gli altri sono assolutamente invisibili: la-vorano illegalmente, talvolta già da anni, sui can-tieri, nei ristoranti o nelle imprese di pulizie. Nonhanno diritto alle vacanze e ricevono salari dafame. Tutto questo per sostenere le famiglie in pa-tria», aggiunge la ricercatrice, che ha partecipatoa uno studio sull’emigrazione rom. Fino al 2001, i rom erano il gruppo di popolazio-ne meno mobile di tutta la Bulgaria. La povertàera tale che non disponevano nemmeno del de-naro necessario per lasciare il loro ghetto. Daquando il visto non è più obbligatorio, e soprat-tutto dopo l’adesione della Bulgaria all’Unioneeuropea nel 2007, molti rom hanno colto l’occa-sione per cercare lavoro altrove, soprattutto inGermania, Belgio e Francia. Ilona Tomova calco-la che in talune regioni della Bulgaria il 60 per cen-to delle famiglie abbia già uno o più congiunti al-l’estero, dai quali riceve regolarmente del denaro.«Intere regioni del Paese rimangono in vita solograzie a questi fondi. Le famiglie riescono a paga-re i debiti, a rinnovare le abitazioni, ad acquistaremedicamenti. Le rimesse dei migranti sono un im-portante elemento della piccola economia che siè sviluppata nei quartieri rom».

Prospettive contraddittorie Ilona Tomova è certa che in futuro l’emigrazionesarà ancora più diffusa. Nessuno dei governi bul-

gari degli ultimi ventiquattro anni è stato in gra-do di affrontare, anche solo sfiorandolo, il proble-ma della povertà dei rom, sia per una mancanza divolontà politica, sia per le difficili condizioni ge-nerali. Visto che in Bulgaria la metà della popola-zione vive nella povertà, gli sforzi profusi per mi-gliorare la situazione di gruppi di per sé già stig-matizzati non possono che fallire. Ilona Tomova èconvinta che la migrazione, favorita dall’elimina-zione del visto, e le relative rimesse abbiano atte-nuato un poco la povertà. Eppure le prospettive sono contraddittorie. Infat-ti, è soprattutto la popolazione attiva e con un mi-nimo d’istruzione a lasciare il Paese. In patria ri-mangono i più deboli e i poverissimi, un terrenomolto fertile per la recrudescenza del razzismo. L’i-solamento sociale dei rom si accentuerà e i ghet-ti potrebbero trasformarsi definitivamente in luo-ghi in cui la criminalità e l’abuso di stupefacentipotrebbero diventare la norma. «In altre parole, sele cose non cambieranno, nei sobborghi poveriavremo presto situazioni analoghe a quelle che in-contriamo in Africa o in Sud America», teme Ilo-na Tomova. ■

*Dirk Auer è giornalista indipendente a Belgrado per iPaesi dell’Europa sud-orientale.

(Traduzione dal tedesco)

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 21

Sul campo con… Mattia Poretti, responsabile dell’ufficio svizzero per la realizzazionedel contributo all’allargamento a Sofia

DSC

Bulgaria

ture. Dal prossimo anno potrò recarmi più spessosul campo per valutare personalmente lo sviluppodelle nostre iniziative.

In questo periodo investo tempo ed energia nellapianificazione di due importanti programmi: unopromuoverà l’integrazione sociale dei rom, l’altrointrodurrà il sistema duale di formazione profes-sionale. Il primo progetto tocca un tema molto de-licato e per questo motivo va sviluppato con gran-de sensibilità e molta pazienza. Sarà realizzato in sei

città; aiuteremo le autorità ad aumentare il nume-ro di posti negli asili nido e nelle scuole dell’infan-zia. La maggior parte dei bimbi rom è infatti esclu-sa dal sistema prescolastico. Di conseguenza, questibambini iniziano le scuole elementari senza alcunapreparazione e per questo motivo non sono in gra-do di seguire il piano di studio. Il nostro obiettivoprioritario è di fare uscire i rom da questo isola-mento e di integrarli nelle scuole frequentate daglialtri allievi bulgari. Il programma si propone anchedi migliorare l’accesso dei rom al sistema sanitario.

La DSC ha deciso di non delegare la realizzazionedi questo programma, ma di collaborare diretta-mente con i ministeri e i comuni interessati. Il miocompito è di sovrintendere a tutte le attività. Sonosia il rappresentante del Paese donatore, sia il re-sponsabile dell’attuazione. È una doppia carica chenon è sempre facile ricoprire. Tuttavia, questa si-tuazione mi dà una maggiore flessibilità a livello de-cisionale.

A differenza dell’Unione europea, che finanzia pro-grammi elaborati in precedenza dai Paesi benefi-ciari, la Svizzera sostiene anche la fase di progetta-zione. È un autentico valore aggiunto in Bulgaria,Stato che deve ancora rafforzare le sue capacità disviluppo e promozione delle riforme. Queste ulti-me sono indispensabili, vista la difficile situazioneeconomica nel Paese dell’Europa meridionale; il sa-lario medio, pari a 333 euro, è il più basso nell’UE.Eppure questo Paese ha un enorme potenziale, rac-chiuso soprattutto nel suo capitale umano e nellerisorse naturali. ■

(Testimonianza raccolta da Jane-Lise Schneeberger)

(Traduzione dal francese)

«La maggior parte dei bimbi rom è

esclusa dal sistema prescolastico».

Con i suoi numerosi parchi e spazi verdi, Sofia èuna città molto bella in cui vivere. Nel 2012, mi visono trasferito con mia moglie e i nostri due figli,di 5 e 6 anni. Qui ci troviamo bene. I bulgari ci han-no accolti con amicizia. Per mia moglie, di origineserba, l’integrazione è stata più facile che in Sviz-zera, perché il bulgaro e il serbo sono lingue slave.Anche i miei figli si sono ambientati facilmente. Orasono quadrilingui: parlavano già italiano, serbo efrancese. Trovo però che tutte queste lingue inizi-no a essere troppe.

Situato nei locali dell’ambasciata svizzera, il mio uf-ficio dista circa cinque chilometri dal nostro ap-partamento. Mi reco al lavoro in metropolitana, piùraramente in tassì. In questo momento siamo unapiccola equipe di tre persone. Il nostro lavoro nonè paragonabile a quello di un ufficio della coope-razione tradizionale. Nell’ambito del contributo al-l’allargamento, la DSC e la Segreteria di Stato del-l’economia (SECO) non sviluppano da sole la lorostrategia, bensì elaborano e negoziano tutti i pro-getti con il governo locale. Ecco perché la crisi po-litica di quest’anno è giunta in un momento parti-colarmente delicato: il termine per l’impegno delnostro credito scade il 7 dicembre. Entro questa datatutti i progetti dovranno essere pronti, ma per ini-ziare le attività dobbiamo avere il benestare delle au-torità bulgare.

Finora ho avuto poche occasioni per visitare i pro-getti già avviati. Le mie giornate sono quasi inte-ramente dedicate alla pianificazione delle attività fu-

Ridurre le disparità sociali ed economicheLa Svizzera ha deciso distanziare 76 milioni di fran-chi per la Bulgaria con loscopo di ridurre le dispa-rità economiche e socialisia all’interno dell’Unioneeuropea sia nel Paesestesso. Questi aiuti rien-trano nel contributo elve-tico all’allargamentodell’UE. I progetti sono fi-nanziati dai due uffici dellacooperazione svizzera. LaDSC opera principalmentea livello di sviluppo sociale(occupazione, istruzione,sanità), sicurezza (delin-quenza giovanile, giustiziaminorile, polizia scienti-fica), ricerca, borse di stu-dio e partecipazione dellasocietà civile. La Segrete-ria di Stato dell’economia(SECO) concentra il suoimpegno sulle infrastrut-ture e sulla protezione dell’ambiente (come la gestione dei pesticidi o lasostituzione dei tram diSofia).www.swiss-contribution.admin.ch/bulgariawww.contributo-allargamento.admin.ch(chiave di ricerca: Bulgaria)

Peter Kollanyi / i-Images / Dukas

Sono Anton e sto per dare una svolta alla mia vita.In un videoclip del gruppo Chase & Status, un mo-deratore termina la sua trasmissione televisiva conle parole: «If you can’t be good, be honest» (Se nonpuoi essere buono, sii onesto, ndr.). Quando mi tro-vavo ancora davanti alle telecamere, cercavo di esse-re entrambe le cose. Ora mi sforzo di riuscirci in al-tro modo.

Lo scorso anno è stato estremamenteimportante sia per me sia per il mio Pae-se. Sulle strade e sulle piazze, i bulgarihanno riconsiderato il loro atteggia-mento nei confronti del governo. Io stes-so ho rivalutato i rapporti con le perso-ne che mi circondano e ho assistito allosgretolamento progressivo di inganni ebugie, costruiti minuziosamente. E pro-prio come Socrate, mi sono reso contodi non sapere nulla. Ma passando al se-taccio le persone attorno a me, ho(ri)scoperto una persona speciale: la so-vrana del mio cuore. E così ho iniziatola giornata con una sana colazione e unaconversazione con lei, in chat, durantela quale mi ha riferito di un episodio ac-caduto il giorno prima. È stato un av-venimento che le ha provocato unastretta al cuore e che l’ha obbligata a pro-nunciare un giudizio impietoso sul no-stro Stato e su alcune persone.

Mentre rincasava dal lavoro, ha visto unsenzatetto abbandonato per strada inuno stato pietoso. Ha chiamato il nu-mero di emergenza, ha comprato unabottiglietta d’acqua per il bisognoso e haatteso l’ambulanza. I medici della squadra di pron-to intervento le hanno detto di non potersi occu-pare dell’uomo perché privo di documenti. Era peròevidente che provavano una grande ripugnanza neiconfronti di quell’uomo. Le hanno dato ad inten-dere che solitamente, in simili casi, era necessario ri-chiedere l’intervento della polizia ed è anche ciò chela mia amica ha fatto. Dopo un’ora e mezza è arri-

Ridare vita alla speranzavata finalmente una pattuglia, nonostante ci fosse unposto di polizia nelle immediate vicinanze. Duran-te l’attesa è passato di là barcollando un ubriaco cheha pesantemente insultato il senzatetto. Voleva addi-rittura malmenarlo perché, secondo lui, è colpa ditizi come lui se in giro non ci sono abbastanza am-bulanze e sua madre è deceduta di recente.

È vero, a Sofia non ci sono abbastanza ambulanze ei medici sono sottopagati. Il filo con-duttore di questa vicenda non è né que-sto, né il giuramento di Ippocrate. Que-sta è una storia che parla di mancanzadi speranza. Perché al posto del senza-tetto potrei anche esserci io, o la sovra-na del mio cuore, l’ubriacone, i medicidel servizio d’urgenza, gli agenti di po-lizia. Di senzatetto ce ne sono anche inSvizzera, in Germania o negli Stati Uni-ti. Ma lì c’è anche speranza. Agli inizidegli anni Novanta, in Bulgaria c’eracarenza di determinati beni di consu-mo. Ora le merci abbondano, ma a faredifetto è la speranza. Molti connazio-nali hanno lasciato il Paese, non per to-gliere il lavoro al signor Rossi o alla si-gnora Bianchi o per fare milioni. Sonoemigrati per ritrovare la speranza.

Un anno fa scrissi un saggio. Nel testoaffermavo che il maggior partito delPaese è quello della «Bulgaria smarri-ta». Dopo due decenni di cambiamen-to, la maggior parte dei miei connazio-nali aderisce a questa entità immagina-ria. Scrissi che questo movimento nonè solo politico, ma anche culturale, psi-

cologico e comportamentale. Da qualche parte, inquesto errare, la speranza ha iniziato a venire menoe la gente ha cominciato a pensare solo a salvare sestessa; una particolare fuga interiore dalla realtà, seb-bene il motto «la speranza è l’ultima a morire» siamolto popolare da noi.

Sono Anton e sto per vivere un nuovo inizio. Lavo-rerò su un’ambulanza, in una squadra di rianima-zione della speranza. Solo così posso essere buono eonesto. Ovvio, in questo modo difficilmente cam-bierò il Paese e probabilmente non riuscirò nem-meno a strappare i miei compatrioti dal soffocanteabbraccio dell’apatia. Ma posso essere d’esempio. Lamia è una strada dai contorni poco nitidi, ma la cuimeta merita lo sforzo. ■

(Traduzione dal bulgaro)

Anton Andonov lavora a

Sofia come giornalista,

sceneggiatore e consu-

lente nell’ambito della co-

municazione pubblica. Da

quasi un decennio è nello

staff di una delle più popo-

lari trasmissioni televisive

della Bulgaria. Nel 2013 è

diventato moderatore dello

show televisivo della mat-

tina «Svegliati», trasmesso

nel fine settimana dalla

rete nazionale Nova TV.

Attualmente sta lavorando

a un progetto personale

e al suo blog

antonandonov.bg.

Una voce dalla Bulgaria

SSI

23Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

DSC

Accompagnare la mobilità dei giovaniLa migrazione comportaper i giovani sia gravi rischi– sfruttamento, abusi eviolenza – sia grandi op-portunità – contributo alreddito della famiglia o ac-quisizione di nuove com-petenze. Queste chancenon sono state a lungoconsiderate dagli Stati cheaccostavano sovente lospostamento dei bambinialla tratta di esseri umani.Otto organizzazioni che sibattono per la protezionedell’infanzia – fra cui Terredes Hommes – hannoanalizzato gli aspetti posi-tivi e negativi della mobilitàdei giovani in Africa occi-dentale. Pubblicato nel2011, il loro studio di-mostra che la migrazionenon è di per sé un male.Gli autori ritengono chequesto fenomeno non do-vrebbe esser combattuto,ma accompagnato me-diante misure volte a tute-lare i bambini migrantilungo gli itinerari percorsi.www.tdh.ch (rubrica:Médias et ressources;chiave di ricerca: mobilité)

( jls) In Africa occidentale, dove le popolazioni sonotradizionalmente nomadi, i bambini migranti sonosempre più numerosi e sono sempre più giovaniquando lasciano il loro Paese natale. Partono per li-bera scelta o per sfuggire a un destino ineluttabile.Essi vogliono migliorare il reddito della loro fami-glia, assicurarsi un avvenire o accedere a un’istru-zione migliore. Talvolta, però, la migrazione si tra-sforma in incubo. Alcuni finiscono nelle maglie diorganizzazioni che praticano la tratta internaziona-le di esseri umani, sono sfruttati da trafficanti che siappropriano del loro reddito o sono vittime di la-voro forzato, sfruttamento sessuale e altri abusi.

Protetti, reintegrati e accompagnatiQuando riescono a fuggire o i loro sfruttatori se nesbarazzano, questi bambini, privi di qualsiasi risorsa,sono abbandonati a loro stessi. Fino a pochi anni fa,nessun meccanismo si occupava della loro reinte-grazione regionale. Nel 2005, la fondazione svizze-ra del Servizio sociale internazionale (SSI) ha crea-to una struttura di cooperazione transnazionale: laRete Africa occidentale per la protezione dell’in-fanzia. Istituita inizialmentein tre Paesi, la rete si èestesa ai quindici membri della Comunità econo-

mica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO). Ogni anno, questo network si occupa di un migliaiodi bambini e giovani in difficoltà di età compresa trai 3 e i 25 anni. Li identifica, ne valuta la situazionepsicosociale e organizza il loro rimpatrio, se è nelloro interesse. «Non ci limitiamo ad accompagnarlialla frontiera, ma cerchiamo di reintegrarli in un am-biente famigliare e sociale, proponendo loro un pro-getto scolastico o professionale», illustra OlivierGeissler, responsabile del programma SSI. L’orga-nizzazione segue i giovani per almeno due anni. In ogni Paese membro la rete ha un’associazionepartner della società civile che coordina e supervi-siona le attività dei vari operatori nazionali. Assie-me ai ministeri governativi e alla CEDEAO, questeONG fanno parte del comitato direttivo. «Per il momento, la maggior parte del lavoro è svolta dal-le ONG, ma l’obiettivo della rete è di rafforzare la capacità dei governi affinché si assumano i lorocompiti di protezione dell’infanzia», spiega OlivierGeissler. Per armonizzare le loro pratiche, i quin-dici Paesi membri hanno adottato metodi di la-voro e norme comuni. ■

(Traduzione dal francese)

Una rete per proteggere i giovani migranti

Ogni anno decine di migliaia di minori non accompagnati si spo-stano in Africa occidentale. Questi giovani sono spesso vittimedi tratta, sfruttamento e altri abusi. Una rete regionale di co-operazione, cofinanziata dal Programma globale Migrazione esviluppo della DSC, si occupa dei giovani migranti in difficoltà,favorendone la loro reintegrazione nel tessuto familiare.

Alcuni giovani migranti in difficoltà sono accolti in questo centro di transito ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Attendono chela rete regionale possa reintegrarli in un tessuto sociale e familiare.

Andrea Kuenzig / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201424

Donazioni recordLo tsunami del 26 dicem-bre 2004 ha fatto oltre 225 000 morti. Le nazionicolpite più duramentesono state l’Indonesia e loSri Lanka. Lungo le lorocoste, le onde anomalehanno distrutto interi vil-laggi, lasciando centinaiadi migliaia di personesenza tetto. La notizia dellacatastrofe ha suscitatoenorme cordoglio in tutto il mondo, espresso in unaquantità senza precedentidi donazioni per aiuti ur-genti e alla ricostruzione. In Svizzera, la Catena dellasolidarietà ha raggiunto ilrisultato record di 227 mi-lioni di franchi. Complessi-vamente, i donatori pub-blici e privati in Svizzerahanno elargito oltre 300milioni di franchi; il 40 percento è stato investito inSri Lanka.

(gn) Jelomiyathas siede davanti a un’umile capan-na fatta di foglie di palma e rammenda una rete.Vive qui con la moglie e due figli. Dell’abitazionein cemento, che la famiglia aveva costruito dopolo tsunami con il sostegno finanziario di un’orga-nizzazione internazionale, rimangono solo bran-delli di fondamenta e alcune pareti pericolanti. «Quando nel 2006 il conflitto si è riacceso, siamofuggiti e abbiamo trovato rifugio in un campo pro-fughi a Jaffna. Sono felice di essere finalmente a casae di poter vivere più o meno in pace», racconta ilpescatore quarantenne. Per ricostruire la casa, però,il reddito della famiglia non è sufficiente.

Si è ricominciato spesso da zeroIn passato, la penisola di Vadamarachchi East, nel-l’estremo Nord-Est dello Sri Lanka, era un vivacelitorale abitato da contadini e pescatori. Dal 1989,la gente è stata scacciata a più riprese dalla guerracivile. Poi, lo tsunami del 2004 ha sconvolto la re-gione in un periodo di relativa calma, quandomolti abitanti avevano fatto ritorno ai villaggi.L’onda anomala ha distrutto una vitalità in cresci-ta, causando un migliaio di morti nella sola Vada-marachchi East. Nel 2006, la recrudescenza del

conflitto ha interrotto bruscamente la ricostruzio-ne. Dopo la vittoria dell’esercito dello Sri Lankasulle Tigri Tamil, dal 2010 il governo consente dinuovo il rientro progressivo nei villaggi distrutti.Soltanto poche organizzazioni estere, fra cui laDSC, sostengono questa seconda fase di ricostru-zione dopo lo tsunami. La Svizzera è impegnata incinque villaggi con un nuovo approccio globaleche prevede la costruzione di scuole e asili, soste-gno alla riorganizzazione dei comuni e aiuto fi-nanziario e tecnico per la realizzazione di abitazioniprivate.

Nel rispetto delle tradizioniAnche Jelomiyathas può ricostruire la sua casa. «LaDSC ci sta aiutando con 550 000 rupie (circa 3800franchi, ndr.)», racconta il pescatore. Come pro-prietario dell’opera, Jelomiyathas definisce la pla-nimetria e le dimensioni dell’abitazione, acquistail materiale e impiega gli artigiani. Lo accompa-gnano in queste difficili scelte i collaboratori del-la DSC, che forniscono consulenze tecniche, ten-gono corsi di artigianato, consigliano e seguono lapopolazione sul campo. Il supporto finanziario èversato a rate, secondo l’avanzamento dei lavori. «Ilvantaggio di questo approccio è che il beneficia-rio assume sin dall’inizio la responsabilità della suaabitazione, può definire le dimensioni e lo standardedilizio. Lui sarà molto più soddisfatto del risulta-to finale rispetto a coloro che ricevono la casa ‘chia-vi in mano’», spiega il responsabile del progettoMartin Studer.Un aspetto importante riguarda le tradizioni. Peresempio, il locale più ampio dell’abitazione di unafamiglia indù è riservato all’altare e si trova sul latoopposto e sulla diagonale rispetto alla cucina. Inol-tre, il colmo del tetto non deve trovarsi al centrodella casa, perché sarebbe di cattivo auspicio.«Quando abbiamo spedito a Berna i primi schizzidelle abitazioni, i nostri colleghi erano convinti chenon sapessimo disegnare», racconta divertito Mar-tin Studer.

Costruite sulla sabbia, ma solideGli impressionanti tetti a quattro spioventi, che de-vono proteggere le nuove abitazioni da vento e pre-cipitazioni e resistere ai frequenti uragani, sono

Il ritorno dopo lo tsunami e la guerraLe famiglie di pescatori dello Sri Lanka settentrionale provanoa rifarsi una vita. Cacciati più volte dalla guerra e dallo tsunami,hanno fatto ritorno ai loro villaggi in rovina. Con il sostegno del-la DSC stanno ora ricostruendo le scuole e le case.

Lo tsunami abbattutosi sullo Sri Lanka nel 2004 ha lasciatodietro di sé distruzione e migliaia di morti.

Offroad Reports GmbH (2)

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 25

un’evoluzione dell’edilizia locale. Questi sono ri-pidi quanto basta per consentire all’acqua di de-fluire e sono ancorati alle mura della casa, irrobu-stite con due cinture in cemento armato all’altez-za del suolo e delle finestre. In questa regione leabitazioni sono edificate letteralmente sulla sabbiae quindi simili precauzioni sono indispensabili perconsolidare la costruzione.Sul cantiere di Vallipuram e della moglie Mahen-draraga queste tappe sono già ultimate. I consulentidella DSC li aiutano a preparare la fase successiva.Nei prossimi giorni arriverà il legname che servi-rà a costruire gli infissi. Mahendraraga, che ha per-so il fratello in guerra e il figlio nello tsunami, è fe-lice della sua nuova casa. I coniugi desiderano ri-vestire i pavimenti con lastre di pietra e la cucinacon piastrelle. Per permettersi questi extra hannodovuto contrarre un mutuo. «Per noi sarà difficilerestituire il denaro», dice Mahendraraga, «ma infondo, una casa la si riceve solo una volta nella vita».È ciò che si sente più o meno in ogni cantiere diVadamarachchi East. Gli esperti della DSC non for-niscono solo sostegno tecnico, ma aiutano anche

nella pianificazione finanziaria. Per contenere il piùpossibile i costi, per esempio, Vallipuram ha pro-dotto da solo i laterizi di casa sua e dato man for-te ai muratori. Il credito, invece, deve rimborsarlocon le entrate irregolari della pesca.

Impieghi ambìtiIl programma di ricostruzione della DSC a Vada-marachchi East si concluderà alla fine del 2015. L’e-dificazione delle infrastrutture del villaggio e il so-stegno alla costruzione delle abitazioni sono ele-menti importanti affinché la nuova vita degli sfollatinasca sotto una buona stella. Gli sviluppi sul lungo periodo sono però tutt’altroche sicuri, spiega Martin Studer: «Le infrastruttu-re sono di nuovo funzionanti: ci sono binari, stra-de, scuole e abitazioni. Occorrono però posti di la-voro, oltre a quelli legati alla pesca e all’agricoltu-ra, affinché la gente abbia la possibilità di costruirsiun futuro e possa restare. Inoltre, servono stabilitàpolitica e autonomia a livello provinciale». Il go-verno dello Sri Lanka deve creare condizioni qua-dro adeguate e promuovere lo sviluppo economi-co e politico delle regioni del Nord, devastate dal-la guerra civile. ■

(Traduzione dal tedesco)

Ritorno ai villaggiNel quadro del programmaCash for Repair andReconstruction, lanciatodal governo dello SriLanka, le popolazioni col-pite dallo tsunami hannoottenuto aiuti finanziari di-retti per la ricostruzionedelle loro abitazioni.Insieme a Catena della so-lidarietà, Croce RossaSvizzera e Opera di aiutodelle chiese evangelichedella Svizzera HEKS/EPER, la DSC ha soste-nuto 10 500 proprietari neidistretti di Matara eTrincomalee, mettendo adisposizione di ogni fami-glia 1000 dollari destinati alavori di riparazione. Chidoveva invece ricostruirel’abitazione ha ricevuto2500 dollari. Il denaro èstato versato a tappe e ilavori sono stati seguitidalle organizzazioni umani-tarie. Dal 2010 è in atto laricostruzione nel Nord, se-condo lo stesso principio.L’Aiuto umanitario dellaDSC è attivo in 38 villaggi,secondo un approccio glo-bale che, oltre alla costru-zione di abitazioni, intenderiportare la vita nei villaggidistrutti.

Nuovo inizio a Vadamarachchi East: La DSC sostiene le persone che fanno ritorno dopo lo tsumani e la guerra nella costruzione della propria casa.

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Hervé Vincent/REA/laif

Dietro le quinte della DSC

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

Nuova vicedirettrice e capo della coo-perazione con l’Est (bf|) Da fine agosto, Elisabeth von Capellerè la nuova sostituta direttrice della DSC ecapo della Divisione Cooperazione conl’Europa dell’Est. Per permetterle di assu-mere questa funzione, il Consiglio federalele ha conferito il titolo di ambasciatrice. La53enne dirigeva dal 2011 la Divisione Asia

meridionale, che all’interno della DSC funge da centro di compe-tenza nell’ambito dei conflitti e dei diritti umani. Dopo gli studi di agronomia presso il politecnico federale di Zurigo e l’attività di ricerca, la sua carriera nella cooperazione allo sviluppo inizia nel1989 come Junior Programme Officer alla DSC. Lavora in seguitoper Sacrificio quaresimale. In seno alla DSC, la sua carriera prose-gue negli ambiti prioritari «parità dei generi e utilizzo sostenibiledelle risorse» e nel settore «conflitti e diritti umani». Oltre ad assu-mere varie funzioni a Berna, è stata anche capo dell’ufficio dellacooperazione a Katmandu, in Nepal.

que sotterranee. Si prevede direndere accessibili onlinecarte geografiche su cui sonoindicati i risultati delle analisi,le zone contaminate e le rac-comandazioni pratiche. Le informazioni messe a disposi-zione saranno utili per pren-dere delle decisioni sulla basedi dati scientifici e servirannoa sensibilizzare le organizza-zioni internazionali e i governi.Durata: 2014-2016Budget: 1,5 milioni di CHF

Contenere il virus Ebola (ung) Dinanzi all’epidemia difebbre emorragica che ha col-pito l’Africa occidentale,l’Aiuto umanitario dellaConfederazione ha sbloccato3,65 milioni di franchi a favoredegli sforzi internazionali voltia combattere la diffusione delvirus Ebola. Questo contributososterrà la Sezione svizzera diMedici senza frontiere (MSF)nel suo intervento nel Norddella Liberia e il Programmaalimentare mondiale che realiz-za un programma regionaleper contenere la crisi alimen-tare causata dall’epidemia.Una parte dell’aiuto finanzieràdei voli umanitari nella re-gione. Finora, il sostegno dellaDSC ha favorito la distribu-zione di materiale sul terreno e la diffusione di messaggi diprevenzione destinati alla po-polazione. In questo momentosi stanno elaborando altre ini-ziative, che saranno trasfor-mate rapidamente in realtà. Durata: marzo-ottobre 2014Budget: 3,65 CHF

Aumento degli aiuti umanitari a Gaza(ung) La DSC ha stanziato3,65 milioni di franchi per sod-disfare i bisogni umanitaricausati dal conflitto scoppiato

lo scorso luglio a Gaza.L’importo è stato assegnato al Comitato internazionaledella Croce Rossa e ad alcuneagenzie delle Nazioni Unite,come il Programma alimentaremondiale. Con il suo contri-buto, la DSC sostiene glisforzi profusi dalla comunitàinternazionale per evacuare ecurare i civili feriti, ripristinarele infrastrutture sanitarie, di-stribuire derrate alimentari allefamiglie e trasportare appa-recchiature mediche di emer-genza.Durata: luglio-dicembre 2014Budget: 4,15 milioni di CHF

Semenze di qualità per icontadini del Ciad (wme) In Ciad, le aziende agri-cole a conduzione familiareproducono soprattutto cereali,loro principale fonte alimen-

Romania: lotta alla tratta di esseri umani (kelli) Sette anni dopo l’ade-sione all’UE, la Romania staancora lottando contro latratta di esseri umani e la cri-minalità organizzata, due tra lesue principali sfide. Le riper-cussioni di questa situazionesi fanno sentire anche inSvizzera: nel 2013, il 43 percento dei casi legati a questofenomeno aveva origine inRomania. La Svizzera finanziadue progetti di lotta al trafficodi persone provenienti daquesto Paese, con un dupliceobiettivo. Il primo è consoli-dare la collaborazione tra leforze dell’ordine rumene equelle svizzere per favorire l’identificazione dei trafficantie migliorare la protezione dellepersone esposte a tale tratta; il secondo, sostenere le ONGrumene che si occupano dellevittime, favorendone la lororeintegrazione sociale.L’ufficio federale di polizia(FEDPOL) e la polizia canto-nale ginevrina sono i partnerelvetici del progetto, a cuicontribuiscono con la loro

esperienza e il loro sapere.Durata: 2014-2018Budget: 2,5 milioni di CHF

Pozzi inquinati dall’arsenico( jah) Le acque sotterraneesono spesso considerate dieccellente qualità. Tuttaviapossono contenere elevateconcentrazioni di sostanzechimiche, presenti in naturanel suolo. L’arsenico e i fluo-ruri di origine geologica conta-minano circa il 10 per centodei pozzi. La loro assunzionesul lungo periodo può causaremalattie gravi, soprattuttonelle persone che soffrono dimalnutrizione. Con il sostegnodella DSC, l’istituto di ricercasvizzero Eawag sta svilup-pando una piattaforma sullaquale saranno pubblicate leanalisi della qualità delle ac-

tare. Purtroppo, trovare se-menze di qualità è molto diffi-cile. I produttori fanno capo ailoro raccolti o acquistano se-menti con un basso tasso difertilità. La DSC ha lanciato unprogetto con cui intende pro-muovere l’accesso degli agri-coltori a semenze di qualitàallo scopo di migliorare i rac-colti e aumentare il reddito diqueste famiglie.Complessivamente, due mi-lioni di agricoltori in quattro regioni con un clima di tiposaheliano-sudanese benefi-ceranno di questa iniziativavolta a rafforzare le filiere diapprovvigionamento.Durata: 2014-2018Budget: 6,4 milioni di CHFD

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FO

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C. Boll / Hollandse Hoogte / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

Quale futuro attende l’Afghanistan?Negli ultimi anni sono confluiti miliardi in Afghanistan. Parte diquesti fondi è stata spesa per la cooperazione allo sviluppo, mail grosso del denaro è servito a finanziare la presenza delle trup-pe di sicurezza della NATO nel Paese. A colloquio con GabrielaNeuhaus, Marianne Huber, responsabile dell’ufficio di coordi-namento della DSC a Kabul, illustra le opportunità e i rischi delritiro delle truppe alleate.

Un solo mondo: Con il ritiro delle truppe, il2014 è un anno decisivo per l’Afghanistan?Marianne Huber: La vera svolta storica è l’usci-ta di scena di Hamid Karzai che dopo dieci anninon sarà più presidente. Il nuovo governo agirà inmaniera diversa e questo apre uno spiraglio di spe-ranza. A ciò si aggiunge il ritiro delle truppe ar-mate internazionali. È una smobilitazione gradua-le che è in corso già da un po’ di tempo.

Stando alle informazioni diffuse dai media,il futuro non preannuncia nulla di buono: piùviolenza e nessuna prospettiva economica.Lei come valuta la situazione?Infonde ottimismo il fatto che la popolazione ab-bia visto le elezioni come un’opportunità. Sonostati in molti a recarsi alle urne nonostante le mi-nacce dei talebani e le pessime condizioni meteo-rologiche. Davanti ai seggi si sono formate lunghecolonne di uomini e donne, tutti lì in coda peresprimere il proprio voto. È stato un «no» catego-rico all’arretratezza e ai talebani. Questa massiccia

partecipazione è stata uno dei segnali più positividegli ultimi dodici anni. Ha evidenziato che la po-polazione desidera un maggior coinvolgimentopolitico ed essere parte di un mondo più ampio.

È un desiderio realizzabile?Non sappiamo che cosa ci riserveranno i prossimianni. La situazione economica non è buona e lametà della popolazione ha meno di 15 anni. Di checosa vivranno questi giovani? A ciò si aggiunge ilconflitto interno con i gruppi militanti. Il nuovogoverno è confrontato con sfide incredibili. Dopoil ritiro delle truppe, la comunità internazionale do-vrà almeno essere disposta a impegnarsi ulterior-mente affinché sia garantita la continuità. Ma po-trà farlo solo se il futuro governo afghano com-batterà in maniera efficace la corruzione e se siregistreranno dei progressi per quanto riguarda leentrate del Paese.

Succederà davvero?I donatori internazionali si sono impegnati a so-

Il nuovo governo afghano deve affrontare sfide enormi, come l’infrastruttura insufficiente, la mancanza di sicurezza e iconflitti interni.

Marianne Huber ha tra-scorso la sua gioventù inIran e dal 2012 è a capodell’ufficio di coordina-mento della DSC a Kabul.Nel confronto internazio-nale, la Svizzera è unPaese donatore piccolo,ma ha il vantaggio di avermantenuto un profilochiaro perché è un partnerper lo sviluppo dell’Afgha-nistan senza agenda mili-tare. Dopo il crollo del re-gime dei talebani, in unaprima fase ha prestato so-prattutto aiuto umanitario.Dal 2004, il programma siconcentra maggiormentesullo sviluppo a lungo ter-mine e sulla ricostruzione.In stretta collaborazionecon le organizzazioni par-tner, la DSC sostiene so-prattutto le cerchie dellapopolazione più disagiatee si impegna per il rispettodei diritti umani e per lagovernance. La Svizzera èuno dei pochi sostenitoriche prevedono un au-mento del proprio impegnodopo il 2014.

Mads Nissen / laif

Carlotta Gall/NYT / Redux / laif

Un solo mondo n.4 / Dicembre 201428

stenere la polizia e l’esercito afghani fino al 2017,stanziando ogni anno 4 miliardi di dollari, e a pro-muovere lo sviluppo socio-economico del Paesecon ulteriori 4 miliardi. È un aiuto importante, per-ché lo Stato afghano non è in grado di sopporta-re da solo i costi dei servizi pubblici, quali l’istru-zione e la sanità. Tuttavia, i mezzi saranno note-volmente ridotti. Se pensiamo alle sommeimmense sparite nel vortice della corruzione ne-gli ultimi anni, ci si deve interrogare su quanti sol-di siano davvero necessari. Se tutti i contributi ar-rivassero a destinazione e fossero impiegati in modogiusto, sicuramente sarebbero sufficienti. Prima ditutto si dovrebbero ridurre in modo efficace le pra-tiche corrotte. È un passo urgente e imperativo, maanche molto difficile, soprattutto perché negli ul-timi anni si è sviluppata un’industria bellica che di-vora somme di denaro enormi. Per esempio, leagenzie internazionali hanno assunto un esercitodi consulenti ben remunerati, una sorta di ammi-nistrazione parallela in competizione con i fun-zionari dello Stato.

Ciò significa che l’aiuto internazionale hafatto danni?Certamente non solo. Se lo chiediamo alle donnee agli uomini afghani, ci indicano i progressi evi-denti raggiunti dagli anni Novanta. Ma le cifre esor-bitanti hanno distrutto lo spirito di iniziativa del-la gente. L’atteggiamento della popolazione ruraleè un esempio della mentalità votata ad approfitta-re delle circostanze. Se c’è da riparare o comprarequalcosa, ci si siede ad aspettare che arrivi il dona-tore. Prima le persone si ingegnavano da sé. In pri-

mavera, per esempio, gli abitanti dei villaggi si uni-vano per riparare insieme i sistemi di irrigazione.Oggi questa cultura è seriamente compromessa.Addirittura, in molti progetti la gente viene paga-ta per partecipare alle assemblee. È una situazionedalle conseguenze disastrose. Al contempo ci sichiede dove siano finiti tutti i soldi e perché nonsi notino dei miglioramenti nei villaggi.

Dove risiedono le cause di tutto questo?Dal 2009, per un anno e mezzo oltre a un ulteriorerafforzamento dei contingenti militari, c’è stato an-che un aumento dei mezzi finanziari destinati allosviluppo. Con questa strategia si voleva conquista-re la simpatia della popolazione nei confronti delgoverno, togliendo di riflesso legittimità ai ribelli.In questa fase sono stati stanziati troppi soldi introppo poco tempo. Vi erano numerosi progetti,privi di una strategia sul lungo periodo, che ave-vano a disposizione decine di milioni di dollari; mi-lioni che dovevano essere investiti in un solo anno.Per spendere i propri soldi, i responsabili dei pro-getti hanno stipulato il più alto numero di contrattipossibile senza preoccuparsi più di tanto dei risul-tati. Così, milioni e milioni di dollari, che eranostati stanziati per la costruzione di strade, scuole oospedali, sono finiti nelle tasche di chissà chi.

Ciò è contrario a tutte le regole dello svi-luppo sostenibile. Com’è potuto succedere?Alla fine del 2001, dopo il crollo del regime dei ta-lebani in Afghanistan – sotto la guida degli USA –è stata messa in piedi in tempi rapidissimi una de-mocrazia presidenziale sul modello americano, la-

La presenza internazionale ha fatto segnare dei progressi, per esempio, nei settori dell’educazione e della sicurezza.

Impieghi e svilupponelle zone ruraliMediante progetti innova-tivi e impiegando diretta-mente una parte dei fondi,la DSC favorisce la crea-zione di posti di lavoro e lo sviluppo nelle zone ruraliin Afghanistan. Nelle zonedi montagna ha introdottotecnologie, adeguate alcontesto locale, con cuiproteggere i pendii erosi osfruttati in maniera ecces-siva da ulteriori smotta-menti o colate di fango. Lemisure di protezione richie-dono molto lavoro e sonoattuate dalla popolazione.Oltre a guadagnarsi da vi-vere, la gente si assumeanche la responsabilità disalvaguardare le propriebasi vitali. In un ulteriorepasso verrà coinvolta nelprogetto anche la facoltàdi agraria dell’università af-ghana di Bamiya. Nell’am-bito dei corsi universitari,gli studenti passeranno alcuni giorni in un paesinodi montagna. Quello cheimpareranno lì darà allaloro formazione una di-mensione concreta e orientata alla pratica.

Beth Wald / Aurora / laif (2)

29Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

sciando però che importanti posizioni dirigenzia-li andassero ai vincitori del conflitto, ai signori del-la guerra. Forse perché non ci si voleva impegna-re per un periodo di 20-30 anni, anche se ciò eranecessario per permettere uno sviluppo sostenibi-le. Dal 2005, quando i talebani hanno acquisitonuova forza, si è puntato sulla carta militare.

La presenza internazionale ha prodotto an-che degli effetti positivi?Grazie agli investimenti nella formazione e nell’e-quipaggiamento della polizia e dell’esercito, oggi ilPaese dispone di forze di sicurezza più efficaci. Neisettori dell’istruzione e della sanità sono stati rag-giunti risultati concreti. Oggi il 48 per cento del-le ragazze e il 64 per cento dei ragazzi sanno leg-gere e scrivere. Certo, sono ancora troppo pochi,ma nella generazione dei loro genitori erano soloil 10 per cento delle donne e il 25 per cento degliuomini.

Com’è attualmente la situazione in terminidi sicurezza?Le regioni in cui i talebani non hanno una baseoperativa sono considerate relativamente sicure.Tuttavia, l’influenza dell’esercito e della polizia va-ria fortemente da regione a regione. In alcune zone,da cui le truppe internazionali si sono già ritirate,assistiamo al ritorno al potere dei talebani. Si trat-ta di gruppi militanti autonomi, che puntano for-temente sulla logica della guerra e non hanno nes-sun interesse a trovare una soluzione politica. Inmolte zone è stata reintrodotta la coltivazione del-l’oppio, perché la popolazione non vede altre pro-

spettive economiche. Le connessioni fra economiasommersa e potere militare sono quasi impossibi-li da controllare.

Su che cosa dovrà soprattutto concentrarsil’impegno dei donatori internazionali dopoil ritiro delle truppe?Il ritiro dell’ISAF significa la fine dell’approccio in-tegrativo militare-civile e favorisce la separazionetra l’impegno per lo sviluppo e gli investimenti ne-gli organismi di sicurezza afghani. Ci vorrà del tem-po, ma è un passo nella giusta direzione. Nei pros-simi anni, i servizi statali dovranno essere finanzia-ti in larga misura mediante i contributi destinati allo sviluppo provenienti dall’estero. Al contempoi sostenitori devono però esercitare più pressione,affinché lo Stato si impegni maggiormente percombattere attivamente la corruzione e per met-tere a disposizione e utilizzare fonti di finanzia-mento proprie, quali le entrate doganali. Bisognacontinuare là dove si sono segnati i primi progres-si: occorrono sforzi concertati per promuovere ul-teriori miglioramenti nei settori dell’istruzione edella sanità. Per rispondere alle urgenti necessità disviluppo economico, è necessario creare adeguatecondizioni quadro, quali la certezza del diritto.Sono compiti enormi, ma non dobbiamo sottova-lutare la flessibilità e il coraggio della popolazioneafghana. ■

(Traduzione dal tedesco)

L’alto tasso di partecipazione alle elezioni presidenziali dell’aprile scorso dimostra che la popolazione desidera contribuire ai processi decisionali edessere parte di un mondo più ampio.

Via dall’Afghanistanentro la fine dell’annoIn virtù di una decisione del Consiglio di sicurezzadell’ONU del 2001, negliultimi 12 anni sono statestazionate truppe prove-nienti da 49 nazioni in tutto il territorio afghano.La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza(ISAF) è posta sotto il co-mando della NATO. Il suocompito è di garantire la sicurezza con mezzi militarie di adoperarsi per la rico-struzione del Paese. Fral’altro ha istruito 350 000membri delle forze di poli-zia e dell’esercito. Questiultimi hanno gradualmenteassunto la responsabilitàdella sicurezza nel Paese.Alla fine del 2014 i soldatiinternazionali concluderan-no la loro missione. Neiprossimi anni, circa 12 000forze speciali estere conti-nueranno ad assistere leunità di sicurezza autoc-tone. L’obiettivo è di evi-tare la destabilizzazione.

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Hans Wallner

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

Nella cupa yurta invernale, lapastora era impegnata nelle fac-cende quotidiane. Regnava unacalda e piacevole atmosfera.Qualche volta confezionava uncostume della festa con dellapreziosa stoffa, un’altra ricom-poneva gli abiti quasi a brandellidei figli in mille nuovi ram-mendi. A portata di mano avevasempre una borsa cilindrica dicotone chiaro, trapuntato e im-bottito di lana, nella quale con-servava i resti di stoffa, general-mente di seta, i ditali, i fili e gliaghi. La stessa borsa era unacombinazione artistica, fatta dimille pezze lucenti su sfondochiaro. Il fondo imbottito e ton-deggiante era formato da unospesso traliccio arancione scurodi 35 centimetri di diametro daicolori perfettamente intonati.

Mentre la ragazza si precipitavanella yurta, i suoi occhi vivaciscorsero sul pavimento rico-perto di pelli d’animale la borsadi cotone che giaceva ai piedidella pastora. Da lontano, la

La neve ghiacciata e le mie mute scarpe di feltro

Gangaamaa PurevdorjDelgeriinkhen vive a Erdenet,la seconda città più grandedella Mongolia. Nata nel 1967in una clinica di Saikhan sumcome decima di dodici figli diuna famiglia di pastori, tra-scorre i primi otto anni della suavita come ragazza nomadenella yurta di famiglia. Dopo il liceo studia scienze politiche egermanistica all’università tec-nica di Dresda e in seguito cul-tura comparata presso l’univer-sità di Regensburg. Ha scrittodiversi libri, tiene conferenze eletture. Ha appena pubblicatola raccolta «Die vier Zeiten mei-ner Mongolei» (letteralmente: Le quattro stagioni della miaMongolia), Spielberg Verlag,Regensburg, 2014.

borsa pareva un bimbo di cin-que anni disteso all’ingiù su unacollinetta liscia e ripida, intentoa farsi coccolare. Di quando inquando stillava resti di stoffa, icui colori erano tanto caleido-scopici quanto il riverbero dellepietruzze adagiate sul letto diun fiume limpido in una bellagiornata. La luce del sole dan-zava attraverso la corona som-mitale della yurta. Tutt’attornogiacevano ditali vecchi e nuovi,confezionati utilizzando la pelledel collo di un toro o di unapecora, decorati con infinitepunture d’ago e cuciti su unlato con filo di tendine bovino.Un solo ditale di metallo, raroquanto una stella di giorno, eraliscio e nuovo. E così rimase.

Lì accanto, da un pezzo di feltroarrotolato, fittamente e fine-mente pressato, spuntavano aghispessi, fini, lunghi e corti. Gliaghi per il feltro e per le pelligrezze erano lunghi fino a venticentimetri. Un oggetto moltoparticolare era il fuso. Quando

il tempo di una pastora stava pertramontare, lo donava a una ra-gazza che lo avrebbe accudito eutilizzato.

Con il fuso e l’arcolaio, la pa-stora creava fili allegramente co-lorati di tendine bovino, lana dipecora, lana di cammello, co-tone e seta. Erano fili grezzi, ro-busti, leggeri, sottili, ruvidi, liscio morbidi che alimentavano lesue pregiate scorte. I suoi tesoripiù preziosi ed eleganti li ser-bava per donarli alle compae-sane più giovani. Le donne piùanziane le chiedevano piuttostofili in tendine che utilizzavanoper cucire le suole delle scarpedi feltro. «Le mie dita assomi-gliano alle zampe di un ragno enon sono più adatte a creareminuti manufatti di seta», disseuna volta una vecchia alla pa-stora. Quest’ultima, con aria in-differente, fece spallucce cac-ciandole maliziosamente lalingua, un po’ come fece AlbertEinstein nella famosa immagine.Le suole erano di pelle di collodi bue e la ragazza ne portavaun paio uguali. Erano calzaturesilenziose e «mute» che l’ave-vano accompagnata dal mo-mento in cui aveva mosso iprimi passi a quando, molti annidopo, aveva frequentato uncorso di tedesco durante un in-verno.

Come se si trovasse su uncampo di neve ghiacciata, erascivolata un buon tratto dellasua vita con le sue scarpe di fel-tro ai piedi. Le calzature desta-vano continuamente tutti e cin-que i suoi sensi. È così – talvoltacon ampie contorsioni, talvoltacon le più curiose acrobazie – laragazza aveva trovato se stessa eacquisito la costituzione fisica el’atteggiamento morale grazie acui ha imparato ad ascoltare sestessa, a mantenere l’equilibrio equalche volta ad invertire anche

la marcia. Le due realtà, quellamorbida e quella perseverante,hanno fatto in fretta pace, e l’ul-tima ha riservato presto alla ra-gazza anche qualche soddisfa-zione. In seguito alla ragazzaparve che fosse stata l’anticaneve ghiacciata ad averle bisbi-gliato tutte le saggezze e fornitogli strumenti essenziali che,prima di lei, avevano guidato lapastora per tutta la vita. ■

(Traduzione dal tedesco)

Carta bianca

Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014 31

Sguardi incrociati sulla cooperazioneUna mostra itinerante propone illustrazioni satiriche sulla cooperazione inter-nazionale. L’esposizione curata da Latitude 21, la federazione neocastellana della cooperazione allo sviluppo, ha fatto tappa in diverse città romande, maanche in Ticino e a Berna. La tournée si chiuderà in dicembre a Ginevra.

( jls) Latitude 21 ha invitato illustratori e fumettisti della Svizzera romanda e dell’Africa francofona, studenti licealidel canton Neuchâtel a presentare la tematica della coope-razione con l’ausilio del disegno. Degli oltre 300 contribu-ti ricevuti ne sono stati selezionati 72, di cui 19 realizzati dastudenti e 53 da professionisti. Le opere ruotano su tre assi tematici. Una prima categoriadi disegni propone alcune interpretazioni delle condizionidi vita nei Paesi in via di sviluppo, con un’attenzione par-ticolare alle realtà della povertà, della fame e della penuriadi acqua potabile. Altri disegni denunciano la mancanza diequilibrio nei rapporti Nord-Sud e lo sfruttamento delle ri-sorse nei Paesi in via di sviluppo. Il terzo argomento si oc-cupa della cooperazione: gli autori delle opere grafiche il-lustrano il suo finanziamento, le motivazioni dei sostenito-ri e l’inadeguatezza degli aiuti rispetto ai bisogni reali dellapopolazione.www.latitude21.ch Tony Marchand, alias Tony, Svizzera

CULTURA

«Stato»William Rasoanaivo, alias Pov, Madagaskar

L’ A I D E I N T E R N A T I O N A L E C O R R E S P O N D - E L L E T O U J O U R S A U X B E S O I N S R E E L S D E S P O P U L A T I O N S ?

32 Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

«L’aiuto internazionale risponde sempre ai bisogni reali delle popolazioni?»Willy Mouelé, alias Willy Zekid, Repubblica Democratica del Congo

«Ha ricevuto il nostro aiuto allo sviluppo?»; «Sì, grazie per i bei cinturini.»Serena Monterastelli, liceo Jean-Piaget, Neuchâtel

«…e ancora grazie di aver aiutato lo sviluppo dell’economia svizzera!»Philippe Becquelin, alias Mix & Remix, Svizzera

«E ora lo tsunami umanitario!»Gérald Hermann, alias Hermann, Svizzera

Albert Luba Ntotila, alias Luba, Repubblica Democratica del Congo

33Un solo mondo n.4 / Dicembre 2014

«I poveri sono meno numerosi... o almeno io non li vedo più...» Damien Glez, alias Glez, Burkina Faso

«Insegna a un affamato a pescare e lui mangerà tutta la vita: Chi lo diceva?»Patrick Chappatte, alias Chappatte, Svizzera

«Tenga!»Ceara Marron, liceo Blaise-Cendrars, La Chaux-de-Fonds

Pauline Agustoni, liceo Blaise-Cendrars, La Chaux-de-Fonds

«Splendido! Così possiamo rialzare il filo spinato.»Carlo Schneider, alias Schneider, Svizzera

Libri

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ServizioMusica

Film

bel tempo, il viaggio si trasformain sciagura quando l’imbarca-zione è investita da una burrasca.L’acqua e il carburante scarseg-giano, diversi uomini vengonotravolti fuori bordo dalle onde eannegano. I sopravvissuti sonotratti in salvo dalla guardia co-stiera spagnola e vengono subitorimpatriati in Senegal per via ae-rea. Girato principalmente abordo della piroga, questo film acarattere documentario fa vivereda vicino il dramma degli esuli,mostrando la tragica realtà che sicela dietro alle mere cifre dellestatistiche sulla migrazione. Ilfilm ha vinto il premio princi-pale Tanit d’Or alle Giornate ci-nematografiche di Cartagine2012. «La pirogue» di Moussa Touré,Senegal/Francia 2012; informazionie consulenza: éducation21/Film perun solo mondo, tel. 031 321 00 30,www.filmeeinewelt.ch

Romanzo zimbabwese in agrodolce( jls) Vimbai è una ragazza madreed è la migliore parrucchiera diun salone alla moda ad Harare,capitale dello Zimbabwe. Iclienti si contendono le suemani fatate, almeno fino algiorno in cui la titolare assumeun nuovo parrucchiere. Il talen-tuoso, affascinate e premurosoDumisani la spodesta in fretta.Vimbai, anche se gelosa del ri-vale, non riesce a sfuggire al suofascino. Tra i due nasce un’attra-zione tenera e profonda, un rap-porto di affettuosa complicità. I ricchi genitori di Dumisanisono felici che il figlio abbia unaragazza, anche se proviene da unambiente sociale modesto. Ciò

Spoken word rappeggiante (er) Quando piove, la melma suitetti arrugginiti delle capannesembra trasformarsi in ciocco-lata. È cresciuto qui e ci vive ancora, a Kibera nei pressi dellacapitale del Kenia, Nairobi, nella«Chocolate City», una delle piùgrandi bidonville al mondo. Dichi stiamo parlando? Dell’artistahip hop keniano Octopizzo akaHenry Ohanga. Il suo animalepreferito è il polpo Octopus: se-condo lui, con i suoi otto tenta-coli è «il più imponente animalemarino». Nel 2012 si è fatto un

nome con il pezzo di successo«Ivo Ivo» («È così com’è»), affer-mandosi ben oltre i confinidell’Africa orientale. Con il lancio in Europa dell’album del debutto, il 27enne intendeaffermarsi anche nel VecchioContinente. Con la sua vocepiena e calda interpreta in linguaswahili e sheng, lo slang deighetti di lamiera, canzoni impe-gnate che raccontano in musicadi piccole e drammatiche realtàquotidiane, soffermandosi tal-volta anche su sanguinosi scon-tri. Il suo è uno spoken wordrappeggiante, accompagnato davibrazioni soul dall’estetica ame-ricana e da ritornelli corali tal-volta delicatamente impuri.Sorprendenti voci femminilidanno il loro contributo, arrichendo splendidamente que-sta eccezionale e rara esperienzad’ascolto.Octopizzo: «Chocolate City» (OutHere Records/Musikvertrieb)

C’era una volta in Anatolia (bf ) Nel mese di maggio di quest’anno, il turco Nuri BilgeCeylan si è aggiudicato a Cannesla Palma d’Oro con il suo ultimofilm «Winter Sleep». La suaopera è un autentico capolavoroche ha raccolto il plauso di cri-tica e pubblico. Il regista non ètuttavia alle prime armi. Dueanni fa, con «Once Upon a Timein Anatolia» aveva già presentatoa Cannes un’opera, anch’essapremiata dalla giuria. Il film sisviluppa attorno a un’indaginelunga una notte, che non dà ri-sposte, ma che spinge i perso-naggi a guardarsi intorno e den-tro se stessi. La trama si svolge inun luogo qualunque della steppadell’Anatolia. Un procuratore in-vestiga su un presunto omicidio,cerca di fare chiarezza e vuolefatti. La polizia accompagna gliindiziati e un medico è incari-cato di svolgere l’autopsia. Madov’è sepolto il cadavere? Ilgiallo evolve, per così dire, al ral-lentatore, in una coreografia dipaesaggi e scene notturne. Il filmtematizza il buon governo localein puro stile anatolico. Impossi-bile rappresentarlo in manierapiù incantevole.«C’era una volta in Anatolia», diNuri Bilge Ceylan, originale turcocon sottotitoli in tedesco e francese.L’ultimo film di Nuri Bilge Ceylan,«Winter Sleep» da scoprire nei ci-nema a partire da fine novembre.Ordinazioni del DVD e informa-zioni su www.trigon-film.org al numero 056 430 12 30

Il dramma dei profughi(dg) In una località costiera delSenegal, un gruppo eterogeneodi persone si ritrova a coabitarespalla a spalla a bordo di una pi-roga. Sono uomini che, mossi daipiù disparati motivi, desideranolasciare il proprio Paese. Con ilpeschereccio male equipaggiatointendono solcare l’Atlantico esbarcare in Spagna. Iniziato comeuna crociera accompagnata dal

Pulsante voglia di vivere(er) L’album del Village duMonde al Paléo FestivalNyon 2014 è un matrimo-nio inebriante tra tradi-zione e modernità. Lacantante argentinaMariana Yegros coniugamusica electro, cumbia emilonga in uno stile unico,in cui fonde la sua voce

penetrante e sensuale con i ritmi di chamamé. Rumba cu-bana, highlife africano e melodie blues, canzoni della suaterra natia, trascinano l’artista venezuelana Luzmira Zerpae il gruppo Family Atlantica in una trance dai ritmi funktropicali. Nel trio cileno Matanza, il folklore tradizionale delFlauto di Pan e dei tamburi si fonde con le note del sinte-tizzatore. Allegre e inebrianti sono anche le altre tredicitracce raccolte con cura e attenzione nell’album «Andes».Esso documenta gli eventi musicali che hanno animato ilVillage du Monde al Paléo Festival Nyon 2014. Il ventagliomelodico tra l’urbanità e la tradizione di Venezuela,Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina è affa-scinante e ricco di mille sfaccettature. È una raccolta pulsante di voglia di vivere.Artisti vari: «Andes – Paléo Festival Nyon – Village duMonde 2014» (Paléo Festival Nyon/Disques Office)

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Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE)

Comitato di redazione:Martin Dahinden (responsabile)Catherine Vuffray (coordinamento globale)Marie-Noëlle Bossel, Beat Felber, Sarah Jaquiéry,Pierre Maurer, Christina Stucky, Özgür Ünal

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)Gabriela Neuhaus (gn), Jane-Lise Schneeberger(jls), Mirella Wepf (mw), Ernst Rieben (er),

Luca Beti (versione italiana)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia e Stampa:Vogt-Schild Druck AG, Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentita previaconsultazione della redazione e citazione dellafonte. Si prega di inviare una copia alla reda-zione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DFAE, Servizio informazioni, Palazzo federale Ovest, 3003 Berna

E-mail: [email protected]. 058 462 44 12Fax 058 464 90 47www.dsc.admin.ch

860215346

Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 51 200

Copertina: L’indice inchiostrato testimonia lapartecipazione al voto di questa donna peru-viana, Brian L. Frank/Redux/laif

ISSN 1661-1683

Gregory Batardon

che Vimbai non sa ancora è cheDumisani si serve di questa rela-zione per nascondere la suaomosessualità. Nella sua operad’esordio, l’autore zimbabweseTendai Huchu non si accontentadi scrivere una storia d’amoredal sapore agrodolce, scanditadall’andirivieni in un salone diparrucchiere; denuncia l’omofo-bia profondamente radicata nelsuo Paese, dove l’omosessualità èancora illegale. L’autore dipingeun quadro implacabile di unarealtà quotidiana resa impossibiledall’inflazione galoppante, dallapenuria alimentare e dalla cor-ruzione.«Il parrucchiere di Harare» diTendai Huchu, editore Terre diLibri, collana I Narratori, 2014

Sapienza orientale (bf ) Djalâl al-din Mu�ammadRûmî, soprannominato Molavi,è stato un poeta e mistico per-siano vissuto tra il 1207 e il1273. La giovane graphic designeriraniana Rashin Kheiriyeh harecentemente illustrato con

umorismo, sagacia e arguzia uno dei racconti di Rûmî.Pubblicato in un libro per ra-gazzi, «Der Kaufmann und derPapagei» (Il mercante e il pappa-gallo) è una fiaba fantastica senzatempo sulla libertà e la prigio-nia, sull’amicizia e la saggezza.Rashin Kheiriyeh ha già otte-nuto molti riconoscimenti per le sue illustrazioni, lavora per al-cuni prestigiosi quotidiani, comeil New York Times o Le Monde diplomatique e nel 2011 ha vintola Mela d’Oro alla Biennale del-l’illustrazione di Bratislava.«Der Kaufmann und der Papagei»di Rashin Kheiriyeh, NordSüdVerlag, Zurigo, 2014.Amore proibito(bf ) Ispirandosi a fatti realmente accaduti, nel suo romanzo «In Search of Happiness» (Allaricerca della felicità) il trentennesudafricano Sonwabiso Ngcowaracconta la storia di una ragazzacresciuta con la nonna in cam-pagna e del suo amore perAgnes, ragazza che incontra

quando si trasferisce in città.Agnes raggiunge Città del Capodallo Zimbabwe per sfuggirecon il fratello Chino alle perse-cuzioni in patria. In Sud-africa,Chino vive atti di xenofobia enel contempo non tollera l’a-more «proibito» tra la sorella eNana. Così, le due ragazze nontrovano pace nemmeno nellanazione arcobaleno. In Sudafricala discriminazione delle mino-ranze sessuali è vietata. DiSonwabiso Ngcowa, egli stessocresciuto in una township diCittà del Capo, l’arcivescovo e premio Nobel per la paceDesmond Tutu ha scritto:«Come scrittore possiede il coraggio di denunciare ogniforma di oppressione maschilesulle ragazze e sulle donne e di dipingere uomini ideali, inprimo luogo attenti e amorevoli».«In Search of Happiness» diSonwabiso Ngcowa, Città del Capo,2014; edito in tedesco da PeterHammer Verlag con il titolo «NanasLiebe»

Nota d’autore

Ovunque si trovi, l’artista MajaHürst dà voce a luoghi e per-sone con la sua inconfondibilefirma TIKA.

Non conosco la dipendenza daluoghi lontani, ma la nostalgia diPaesi lontani, quella sì. Nel sensodi voglia del diverso. È un’arte divivere quella di saper godere diciò che ci circonda e di riuscire adassaporare in anticipo ciò che citengono in serbo i posti lontani.L’ho imparata molto presto per-ché non ho mai avuto una veracittà natale. Infatti, sono cresciutaal Cairo, a Colonia e un po’ anchea Zurigo. Oggi mi piacerebbecambiare luogo ogni tre mesi:Berlino, Rio de Janeiro e Zurigo, e trascorrere i restanti tre mesi inun luogo qualsiasi della terra. Mipiace tuffarmi nelle differenti cul-ture. Mi affascinano i luoghi e leloro tradizioni. Oggi tutti i popolivivono ovunque, i luoghi sonosempre più simili uno all’altro. Socome apprezzare i vantaggi di unmondo globalizzato, ma sentire ilpassato di un luogo mi fa starebene. Sapere di essere parte diuna lunga catena mi dà pace. Èciò che tematizzo nei miei lavori.Spesso traspongo narrazioni esaghe locali nel mio linguaggiopersonale TIKA, sia in laboratoriosia in spazi pubblici.

(Testimonianza raccolta daGabriela Neuhaus)

RettificaNell’ultimo numero di Un solomondo siamo incorsi in un erroredi natura tecnica. Il grafico allapagina 19 non presentava in ma-niera corretta le emissioni diCO2 per abitante in Svizzera.Queste ultime non sono aumen-tate, bensì diminuite tra il 1999 eil 2011. Ecco la corretta rappre-sentazione grafica di quella partedel diagramma.

Qatar

Stati Uniti

UE-27

Cina

Svizzera

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

Emissioni di CO2dovute alla combustione di energie fossili

t. per ab. nel 2011 t. per ab. nel 1990

«Il numero di reclami inoltrati alle am-ministrazioni comunali è in aumentoed è un successo concreto».Valbona Karakaçi, pagina 14

«Stolipinovo è una bomba a orologeriasociale che fra qualche anno esploderà,se non si farà qualcosa».Asen Karagyozov, pagina 18

«Lavorerò su un’ambulanza, in unasquadra di rianimazione della speranza».Anton Andonov, pagina 22