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N. 4 DICEMBRE 2004 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE Un seul monde Eine Welt Un solo mondo www.dsc.admin.ch Cooperazione multilaterale: affrontare insieme i grandi problemi per aiutare meglio i poveri Nepal: popolazione e sviluppo pagano il conto dello stallo politico Coniugare islam e cooperazione: un rapporto non sempre facile

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N. 4DICEMBRE 2004LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONE

Un seul mondeEine WeltUn solo mondo www.dsc.admin.ch

Cooperazione multilaterale: affrontare insieme i grandi problemi per aiutare meglio i poveriNepal: popolazione e sviluppo pagano il conto dello stallo politico

Coniugare islam e cooperazione: un rapporto non sempre facile

Sommario

DOSSIER

DSC

ORIZZONTI

FORUM

CULTURA

Un solo mondo n. 4 / Dicembre 20042

COOPERAZIONE MULTILATERALE Obiettivo comune: lotta alla povertàProgetti bilaterali o multilaterali? Quali sono più sostenibili, quali più efficaci? Domande che spesso sfociano in un’accesa controversia. A torto

6«Non avrò riguardo per nessuno»Intervista con Mark Malloch Brown, amministratore delProgramma delle Nazioni Unite per lo sviluppo UNDP

12Tanzania, sostenere un settore o un singolo progetto?La Svizzera fornisce gran parte del suo sostegno allaTanzania sotto forma di aiuto al bilancio

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NEPAL Re, partiti politici e maoisti in lotta per la supremaziaIl braccio di ferro politico fra il re, i partiti politici ed i ribellimaoisti blocca da tempo lo sviluppo del Nepal

16Nessuno può più imporci il silenzioLa scrittrice nepalese Manjushree Thapa sulla libertàd’espressione

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Complementari ed interdipendentiWalter Fust, direttore DSC, sull’interdipendenza dell’aiutobilaterale e multilaterale

21Intoccabili - nel mirino della discriminazioneUfficialmente l’intoccabilità è stata abolita, ma di fatto lasocietà delle caste non appartiene ancora al passato

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Cooperazione e islam: un rapporto non sempre facileTrovare un modo per sormontare gli ostacoli culturali e i malintesi, per evitare che compromettano l’impegno per lo sviluppo

26Semplici ambizioni di sopravvivenzaLo scrittore onduregno Julio Escoto ci illustra la volontà di sopravvivenza dei popoli centroamericani

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Cercasi disperatamente un suonatore di buzuqDa 20 anni, Culture & Développement si dedica allapromozione degli artisti del Sud

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Editoriale 3Periscopio 4Dietro le quinte della DSC 25Che cos’è... il coordinamento fra donatori? 25Servizio 33Impressum 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dellosviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), èl’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficialein senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articolipertanto non esprimono sempre il punto di vista della DSC e delleautorità federali.

L’arma della notiziaUn incidente accaduto in Kosovo dimostra quanto sia difficile fornire notizie corrette da zone belliche

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… 1,2 miliardi di individui sono ancora oggi costretti a vi-vere con meno di 1 euro al giorno?

… una mucca svizzera riceve 10.90 franchi di sovvenzionial giorno?… la comunità degli Stati riunita in seno all’ONU ha firmatonel 2000 la Dichiarazione del millennio?

… essa ha nel contempo fissato otto obiettivi di sviluppoquantificabili, uno dei quali prevede di dimezzare la po-vertà nel mondo entro il 2015?

… l’obiettivo n. 8 impegna i paesi donatori a provvedereanzitutto in casa propria affinché i paesi svantaggiati ab-biano migliori opportunità di sviluppo?

… la Svizzera ha firmato sia la Dichiarazione del millennioche gli otto obiettivi?

… il Consiglio federale si è impegnato a stanziare entro il2010 lo 0,4 per cento del prodotto interno lordo per la co-operazione allo sviluppo?

… questo obiettivo rischia verosimilmente di non essereraggiunto a causa delle difficoltà finanziarie dellaConfederazione?

… numerosi altri ricchi paesi donatori (quali la Francia, laGermania, l’Italia, il Belgio ecc.) si sono impegnati ad au-mentare notevolmente la loro spesa per la cooperazioneallo sviluppo pur essendo assillati da problemi finanziaridecisamente più gravi di quelli della Svizzera?

I grandi problemi che il mondo è oggi chiamato ad affron-tare possono essere risolti solo con uno sforzo congiuntodell’intera comunità internazionale degli Stati. A questoproposito il lavoro non è certo diminuito negli ultimi anni.

Ben al contrario. L’eliminazione della fame e della povertàestrema, la lotta contro il terrorismo e la violenza dalle lororadici sociali, la lotta contro l’Aids e altre malattie, o glisforzi per comporre in modo pacifico un numero crescentedi conflitti rappresentano solo alcune delle sfide.

La Svizzera fornisce, non da ultimo con la sua coopera-zione allo sviluppo e il suo aiuto umanitario, un importantecontributo allo sviluppo globale, alla pace e alla sicurezza.L’elevata qualità del nostro impegno nell’interesse dei piùpoveri del mondo è riconosciuto a livello internazionale,come conferma non solo Mark Malloch Brown, ammin-stratore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppoUNDP (vedi pag. 12).

Per quanto concerne l’entità dell’aiuto allo sviluppo, percontro, la Svizzera non può certo vantarsi. Mentre varipaesi donatori aumentano costantemente i propri contri-buti, in Svizzera è in forse persino il raggiungimento del-l’obiettivo autodichiarato dello 0,4 per cento. Purtroppo èfacile dimenticare che chi paga veramente lo scotto dei ta-gli alla spesa pubblica sono coloro che vivono nei nostripaesi partner nel Sud e all’Est.

La solidarietà e la responsabilità sono una questione di at-teggiamento. Non debbono diventare una semplice pe-dina mossa secondo gli interessi della politica interna.Anche la Svizzera non può sottrarsi al dovere di provare diaver fornito un contributo adeguato alla soluzione dei pro-blemi globali e di continuare a volerlo fornire in futuro.

(Tradotto dal tedesco)

Harry SivecCapo media e comunicazione

Gentile lettrice, cortese lettore,lo sapevate che…

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Editoriale

Lenticchie per il Bangladesh(bf ) Grazie ai nuovi incroci e alplasma germinale esotico, i ricer-catori del Bangladesh sono riu-sciti a rendere le varietà locali di lenticchie più resistenti allemalattie, alla siccità e agli influssiambientali. In Bangladesh le len-ticchie costituiscono un alimentodi base che, per le sue numeroseproteine e i suoi ricchi micronu-trienti, è molto sano e anchemolto richiesto. La domanda supera infatti di gran lunga l’offerta. La nuova varietà“Barimasur-4”, che è stata colti-vata su circa il 40 per cento dellesuperfici di produzione delle len-ticchie del paese (circa 60'000 et-tari), ha consentito di aumentarel’ultimo raccolto di ben 28'000tonnellate. Questo risultato nonsolo si ripercuote sui dati econo-mici nazionali del Bangladesh,

ma assicura anche un miglioreapprovvigionamento alimentare.I contadini hanno così la possibi-lità di investire le maggiori en-trate nell’acquisto di bestiame,sementi per l’anno venturo, lascolarizzazione dei figli, l’assi-stenza sanitaria e il rimborso deiprestiti.

Incidenti stradali e povertà (bf ) La morte sulle strade è diret-tamente legata alla povertà. Èquanto dimostra uno studio fattosu mandato dell’Organizzazionemondiale della sanità OMS. Ognianno muoiono circa 1.2 milionidi persone sulle strade, delle qualicirca 1 milione – ossia l’80 percento – nei paesi in via di svi-luppo. «Se il trend continua»,afferma il direttore generale LeeJongwook, «la quota degli inci-denti stradali mortali supererà il60 per cento entro il 2020».Già oggi gli incidenti stradali sisituano al nono posto fra tutte lecause di morte nei paesi in via disviluppo. I rischi maggiori li cor-rono i ciclisti, i pedoni, i condu-centi di ciclomotori e motoci-clette. Rispetto a un auto-mobilista, un motociclista correper esempio un rischio ventivolte maggiore di morire. InAfrica sono i pedoni a trovarsinella situazione peggiore: sonocoinvolti negli incidenti stradaliin ragione dell’89 per cento adAddis Abeba (Etiopia), del 75 per

cento ad Abidjan (Costa d’Avorio)e del 65 per cento a Nairobi(Kenya).

Navigare in Africa occidentale (bf ) Per la prima volta sono di-sponibili dati particolareggiati sul-l’utilizzo di internet nei 22 paesidell’Africa occidentale. Secondoil rapporto di Balancing Act(www.balancingact-africa.com),solo la Nigeria, il Ghana, la Costad’Avorio, il Togo, la Guinea, ilCamerun e il Senegal contanooltre 10'000 abbonati a internet.La lentezza di questa crescita sa-rebbe dovuta essenzialmente allaposizione monopolistica delle so-cietà di telecomunicazioni nellamaggior parte dei paesi d’Africaoccidentale. Centinaia di migliaiadi africani occidentali naviganocomunque fruendo dei popolaricybercaffè diffusi un po’ovunque.Data la forte concorrenza, i ge-stori devono nel frattempo of-frire i loro servizi Internet aprezzi bassi. Stando alle stime, laNigeria – che per internet rap-presenta il più grande mercatodopo il Sudafrica e l’Egitto –conta da 500'000 a 1 milione diutenti del web. Come la maggiorparte degli africani, anche i nige-riani inviano e ricevono soprat-tutto delle e-mail. Ecco perchéin Nigeria Yahoo e Hotmail ri-sultano essere i siti web più po-polari.

Bambù a doppio taglio (bf ) Benché le circa 1’200 varietàdi bambù possano trovare innu-merevoli impieghi – per esempiocome alimento per panda gigantio gorilla, materiale da costru-zione, additivo per i profumi oppure materiale di base per lalavorazione della carta – le opi-nioni in merito divergono. Lapianta può, infatti, causare anchedelle carestie ma, nel contempo,gli ecologi avvertono che circaun terzo di queste graminaceesono minacciate d’estinzione.

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Nell’India nordorientale i conta-dini vogliono comunque falciarequest’anno quanto più possibiledella varietà indigena Melocannabambusoides per evitare che fiori-sca. Il bambù fiorisce solo ogni50 anni, ma i semi che produceattirano così tanti ratti da provo-carne l’aumento esplosivo dellepopolazioni, che poi anniente-

rebbero altri prodotti agricoli.Nella regione Mizoram, che rap-presenta il centro dell’attuale fio-ritura, il flagello dei ratti ha giàcausato delle carestie nel 1861,1911 e nel 1959. Ma al piano diprevenire l’invasione dei ratti fal-ciando le piante prima della fio-ritura si oppongono gli ecologi-sti. Infatti, se il bambù non

fiorisce, muore. Gli ecologisti ri-tengono inoltre che la semenzaprodotta sia irrinunciabile per lasopravvivenza delle foreste, datoche provvede in modo determi-nante alla rigenerazione dei suoliforestali.

Microbi pieni d’energia ( jls) Vari ospedali del Camerunsono riusciti a ridurre la fatturadel gas producendo essi stessi delbiogas: un’energia non solo abuon mercato, ma anche non inquinante e inesauribile.All’ospedale battista di Banso, nelNord-ovest del paese, le cucine,le macchine da lavare, nonché gliapparecchi di laboratorio e delblocco operatorio funzionano daquattro anni con il biogas. Il di-spositivo di produzione, detto«metanizzatore», è situato a pochimetri dalle latrine, le cui fossesettiche gli forniscono la materia

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prima. «In assenza d’ossigeno imicrobi decompongono le mate-rie fecali in biogas. Quest’ultimoviene convogliato mediante tubature verso i vari punti d’uti-lizzo», ci spiega il biochimicoPascal Tamba, che ha concepitol’installazione. La stessa tecnolo-gia può funzionare con i rifiutidomestici o gli escrementi deglianimali.Al termine del processorimane un composto inodore, ilquale può essere impiegato comeconcime. Pascal Tamba precisache investendo l’equivalente di450 euro, le economie domesti-che potrebbero disporre di unmetanizzatore capace di copriretutto il loro fabbisogno di gas perla cucina.

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Cooperazione multilaterale

Obiettivo comune: lotta alla povertàCome vanno impiegati i fondi riservati alla cooperazione allosviluppo? Per progetti bilaterali o multilaterali? Quali sono piùsostenibili, quali più efficaci? Tutte domande che spesso sfo-ciano in un’accesa controversia fra i fautori del multilatera-lismo e quelli del bilateralismo. A torto. Di Gabriela Neuhaus.

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Con la rivoluzione verde, l’agricoltura africana si èvista rifornire abbondantemente di prodotti fitosa-nitari chimici. Ma l’auspicata benedizione si è pre-sto tramutata in boomerang: se non impiegati a re-gola d’arte, gli aggressivi prodotti chimici avvele-nano il suolo, l’acqua e l’aria.Alle nostre latitudinimolti di questi pesticidi sono vietati, nel Sud invececontinuano a minacciare le persone, gli animali el’ambiente.Nel corso degli anni, in Africa non solo si è avve-lenato il suolo, ma si sono accumulati grandi quan-titativi di pesticidi in capannoni, che ora stanno de-componendosi.Da anni, le organizzazioni ambien-taliste e la FAO tentano di venirne a capo.Anche laSvizzera, nell’ambito dei suoi programmi in favoredi vari paesi, cerca di risolvere il problema dei pe-sticidi. Ma la montagna di veleni continua a cre-scere. «In questo settore i problemi sono tanto com-plessi da superare le possibilità dei singoli attori»,constata Jean-Bernard Dubois, capo sostituto dellaSezione risorse naturali e ambiente della DSC.Ecco perché ora si procede in grande stile: nell’am-bito dell’Africa Stockpiles Programme (ASP) sipunta a distruggere nei prossimi anni circa 50'000tonnellate di pesticidi residui e si vuole svolgereopera di prevenzione affinché tutto ciò non si ri-peta. I costi ammontano a 250 milioni di dollari.

Multilateralismo: più attuale che mai Sotto la responsabilità della Banca mondiale e del-l’organizzazione ambientalista Global EnvironmentFacility (GEF),numerosi donatori si sono accordatisu un programma comune. Il piano d’azione, alquale possono partecipare tutti i governi africanicolpiti dal problema, è incentrato sulle convenzionidi Basilea (1989) e di Stoccolma (2001) volte a di-sciplinare a livello internazionale l’impiego di so-stanze chimiche pericolose e a vietare i pesticidimaggiormente tossici.Queste decisioni dovrebbero ora essere concretiz-zate in Africa nell’ambito dell’ASP.Oltre a varie or-ganizzazioni dell’ONU, partecipano al programma

diversi donatori bilaterali, l’UE, l’industria agricolae le ONG. «Problemi ambientali di tale portata possono essere affrontati in modo sostenibile solose ci si assicura un ampio sostegno», osserva Jean-Bernard Dubois. Ciò determina spesso delle tratta-tive estremamente dure e complicate fra i diversigruppi d’interesse; ma solo il consenso di tutti gliattori permette di effettuare un lavoro fruttuoso.La Svizzera appoggia direttamente l’ASP in quantopartner bilaterale con un contributo di 500'000dollari. Ma altrettanto importanti sono i contributiche fornisce alle organizzazioni multilaterali Bancamondiale e GEF senza i quali un’iniziativa comel’ASP non sarebbe realizzabile. L’impegno svizzeronell’ambito dell’ASP illustra in modo esemplarecome la cooperazione allo sviluppo multilaterale ebilaterale si intersecano sempre più, finendo per es-sere sempre più interconnesse. «Di fronte a pro-blemi globali quali l’ambiente, il clima o l’Aids chedanno del filo da torcere all’umanità intera, gli Statidebbono disporre di meccanismi comuni di coor-dinamento e di cooperazione», così Rolf Kappel,responsabile del corso postdiploma sulla coopera-zione allo sviluppo NADEL, sintetizza la necessitàdi avere istituzioni e network multilaterali.

Carenza di mezzi e competenze Tutta una serie di compiti, come per esempioquello del conseguimento degli obiettivi di svi-luppo del millennio, possono essere affrontati e co-ordinati in modo efficiente solo in un contestomultilaterale.A ciò si aggiunge che,nell’ambito del-l’attuale cooperazione allo sviluppo, le riforme isti-tuzionali e in materia di politica economica assu-mono una grande importanza. Si tratta di cam-biamenti che devono essere negoziati nel quadro diun dialogo politico. «Un singolo donatore», osservaKappel, «non è sufficientemente legittimato. Quideve subentrare un’istanza sopranazionale. Inoltre,nel contesto bilaterale, sussiste sempre il pericoloche il paese donatore promuova in primis i suoipropri interessi».

Foto della pagina accanto:la costruzione di un ponte nel Tamil Nadu in India

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Urgono maggiori risorse dirette «Il vantaggio delle attività multilaterali consiste nelfatto che le organizzazioni dell’ONU dispongonodi una panoramica completa delle attività e neces-sità di sviluppo. Ciò rende possibili un coordina-mento e una collaborazione efficienti e sostenibili»,dice Ralph Friedländer della Sezione ONU eSviluppo della DSC. «L’UNDP è il consulente sulposto, il lavoro a favore dello sviluppo deve essereintegrato nella politica interna di ogni paese», os-serva in merito alla filosofia dell’UNDP e ag-giunge: «Molti progetti bilaterali, in particolare an-che il lavoro delle ONG, si traducono direttamentein un beneficio per la popolazione, se ne vede su-

bito concretamente l’esito. Ma se eludono lo Stato,sussiste il pericolo che non siano veramente soste-nibili».Affinché i vantaggi delle agenzie dell’ONU si con-cretizzino meglio, quest’ultime devono disporre dimaggiori risorse dirette. L’UNDP, per esempio, ri-ceve solo un terzo del suo budget annuale di circa3 miliardi di dollari sotto forma di vero e propriosostegno multilaterale, ossia in quanto contributidei membri destinati alla cassa centrale e dei qualil’organizzazione dispone per l’amministrazione, ilcoordinamento e i propri programmi e progetti.La stragrande maggioranza, sia nel settore dello svi-luppo che in quello umanitario, è costituita dai co-siddetti contributi «multi-bilaterali». Si tratta difondi che i donatori hanno destinato a progetti spe-cifici: la Svizzera, per esempio, sostiene in quantopartner bilaterale lo smaltimento dei pesticidi in

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«I grandi problemi e legrandi sfide dell’odiernacooperazione allo sviluppopossono essere affrontatisolo sul piano multilaterale.Ciò è vero soprattutto perla concretizzazione degliobiettivi del millennio, perla lotta globale alla povertà,nonché per gli sforzi di ar-monizzazione nell’ambitodella cooperazione allo svi-luppo».

«La cooperazione allo svi-luppo bilaterale non deveessere ridotta a scapito diquella multilaterale o viceversa. È importante che lesinergie fra cooperazionemultilaterale e bilateralevengano valorizzate meglioin entrambe le direzioni: sele nostre preziose espe-rienze bilaterali convergonoa livello multilaterale assu-mono maggiore impor-tanza. Inversamente, gra-zie all’impegnomultilaterale possiamo af-frontare le sfide del settorebilaterale in modo più spe-cifico, rafforzando il coordi-namento dei nostri sforzi infavore dello sviluppo».

«Quanto più un paese èpotente, tanto più peso assume anche nella co-operazione bilaterale. Eccoperché per un piccolopaese come la Svizzera èvantaggioso rafforzare ilmultilateralismo. Questoconduce anche a più de-mocrazia e a una miglioregestione degli affari nel-l’ambito della coopera-zione internazionale».Serge Chapatte, capo delSettore politica di sviluppoe cooperazione multilate-rale presso la DSC.

Gli interessi dei paesi membri rappresentano ov-viamente un problema anche in un ambito multi-laterale: se gli USA non firmano il protocollo diKyoto sulla protezione climatica ciò si ripercuote inmodo molto negativo sulla politica globale delclima; o se essi privano l’Organizzazione delle Na-zioni Unite contro l’Aids dei fondi urgentementerichiesti per realizzare un programma mondiale einvece negoziano un proprio progetto bilateralecontro l’Aids, dettando ai paesi beneficiari le lorocondizioni, ciò indebolisce il programma globaledell’ONU, che ha pur sempre una legittimazionesopranazionale.Questi due esempi mostrano chiaramente come in

seno alle organizzazioni multinazionali si riflet-tono i rapporti di potere effettivi: sussiste sempre il pericolo che i grandi donatori tentino di eserci-tare pressioni o di strumentalizzare un’istituzione.Un’ulteriore debolezza delle organizzazioni multi-nazionali è che le delibere dei loro organi non sonogiuridicamente vincolanti per i singoli membri. Aquesto proposito un osservatore dice di avere tal-volta l’impressione che gli obblighi assunti daimembri non siano che belle parole. Occorrerebbedunque rafforzare in modo consistente gli stru-menti multilaterali, affinché possano svolgere effi-cacemente il loro ruolo.Un ulteriore fattore per assicurare soprattutto alleorganizzazioni delle Nazioni Unite margini d’a-zione più ampi e, nel contempo, una maggiore in-dipendenza, consisterebbe nel miglioramento delloro assetto finanziario.

Raccolta del grano a Chimattengo in Guatemala

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Africa nell’ambito dell’Africa Stockpiles Programmeoppure collabora nell’ambito dei suoi propri pro-grammi con l’UNDP al rafforzamento delle strut-ture del governo centrale in Pakistan. Una terzaforma di progetti è realizzata dall’UNDP su man-dato dei paesi in via di sviluppo che non dispon-gono del necessario know-how o delle strutture richieste. La collaborazione con molti donatori di-versi che subordinano il loro impegno bilaterale acondizioni ed esigenze diverse è estremamenteoneroso per i beneficiari. Senza coordinamento deivari progetti e programmi si creano dei doppioni,una perdita di risorse e, spesso, si spalancano le portealla corruzione.Varie iniziative hanno conosciuto un avvio pro-mettente: per esempio quelle in Mozambico o

Tanzania (vedi pag. 14), per le quali vari donatoribilaterali hanno unito le forze e negoziato insiemele condizioni dell’aiuto al bilancio o dell’aiuto alsettore con il governo del paese beneficiario. Similiapprocci, che oggi vengono promossi di propositoanche dalla Banca mondiale e dal Fondo moneta-rio internazionale (FMI), i quali poi esigono daidebitori delle strategie di lotta alla povertà, sareb-bero impensabili senza i servizi resi dalle organizza-zioni multinazionali.

Svizzera: innescare cambiamentiLe principali organizzazioni multilaterali delle qualioggi la Svizzera è membro e con le quali collaboranell’ambito della lotta alla povertà sono le istitu-zioni di Bretton Woods (Banca mondiale e Fondo

Cooperazione multilaterale

Glossario

Aiuto multilateraleContributi generali, esentida vincoli a progetti speci-fici, forniti al programmaprincipale di istituzioniumanitarie o di sviluppo internazionali i cui membrisono esclusivamente degliStati.

Aiuto multi-bilaterale L’aiuto multi-bilaterale con-siste nel finanziamento in-tegrale o parziale, da partedi un paese donatorecome la Svizzera, dellarealizzazione di uno speci-fico progetto o programmadi un’organizzazione multi-laterale.

Cooperazione multilateraleCooperazione allo sviluppoe cooperazione con i paesiin transizione concretizzatanell’ambito dei programmigenerali delle istituzionimultilaterali oppure in col-laborazione con esse.

Politica multilateraleProcesso di elaborazionedi norme e principi vinco-lanti a livello internazionale,il quale avviene di regola informa istituzionalizzata, os-sia in seno a un’istituzionemultilaterale.

Sistema multilaterale Sistema nel quale le istitu-zioni multilaterali, i loro par-tecipanti e i loro partner lavorano allo scopo di gestire insieme problemi e sfide.

Distribuzione di derrate alimentari dopo una catastrofica inondazione nel Mozambico

Donne riunite per discutere di salute a Sind nel Pakistan

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anni Novanta, la delegazione svizzera contribuì inmodo determinante alla riforma dell’UNDP (vedipag. 12). Con il suo impegno sistematico a favore di una lotta sostenibile alla povertà, la Svizzera finisce talvolta anche per contraddire la propria politica nazionale: per porre il finanziamento del-l’UNDP su basi solide aveva infatti lanciato un’ini-ziativa, con lo scopo di esigere in futuro dai dona-tori un impegno pluriennale. In seno al consigliod’amministrazione dell’UNDP questa innovazioneera stata deliberata all’unanimità. Ma poiché la de-libera non è giuridicamente vincolante per i mem-bri, nella stessa Svizzera la concretizzazione vennerimandata alle calende greche. Le devoluzioni di-rette da Berna all’UNDP continueranno a essereapprovate di anno in anno – come d’altronde ac-cade in diversi altri paesi.Ciononostante, e grazie all’abile lavoro di coali-zione, gli impulsi e le iniziative provenienti dalla

«Multilateralismo illumi-nato»«Se concepiamo la diplo-mazia non solo come unasequenza casuale di sin-gole azioni ma come losforzo a lungo termine tesoa rendere le relazioni inter-nazionali sempre migliori,più stabili, più fruttuose, allora è chiaro che ognipiccolo passo multilateralecompiuto verso questameta vale più del fatto di riuscire a difendere consuccesso degli interessinazionali. Il multilateralismocostituisce un valore in sé.E un governo che definiscala ‘cooperazione multilate-rale costruttiva’ in quantoobiettivo che ispira tutta lasua politica estera, subor-dinandovi se ne è il casoanche il conseguimento dideterminati obiettivi nazio-nali, in verità non agisceper nulla contro gli interessidel proprio popolo, ma lidifende in maniera illumi-nata».Citazione tratta da una re-lazione tenuta a Berlino nel2000 dall’ambasciatore te-desco Karl Th. Paschke inoccasione di un convegnodella Fondazione KonradAdenauer

monetario internazionale), nonché le varie orga-nizzazioni dell’ONU che si occupano di questioniinerenti allo sviluppo. In particolare la collabora-zione con la maggiore delle organizzazioni del-l’ONU, l’UNDP, vanta una lunga tradizione.Contrariamente ad altri paesi industriali, all’indo-mani della seconda guerra mondiale, la Svizzeranon forniva ancora aiuti bilaterali allo sviluppo, mapartecipò dal 1950 con un contributo finanziario alFondo dell’ONU per la cooperazione tecnica, dalquale sorse nel 1965 l’attuale agenzia dell’ONUper lo sviluppo UNDP. Quest’ultima è ancora oggiuna delle principali organizzazioni partner della co-operazione svizzera.Dall’altro lato, con un contributo annuo diretto dicirca 52 milioni di franchi, la Svizzera è perl’UNDP l’ottavo donatore in ordine di grandezzaed è inoltre un membro estremamente attivo nelsuo consiglio d’amministrazione. Alla fine degli

Il trasporto di un ammalato in Uganda

Un gruppo di donne a Velampalayam in India

Un gruppo giochi nel parcheggio di un ospedale del Botswana

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Svizzera hanno un peso nelle organizzazioni mul-tilaterali e possono indurre cambiamenti.Anche inseno alle istituzioni di Bretton Woods, alle quali laSvizzera ha aderito solo nel 1992, essa è riuscita intempi brevissimi a far valere con efficienza le sueproposte. Secondo Rolf Kappel, la Svizzera gode inseno alle organizzazioni multilaterali di una reputa-zione oltremodo positiva e questo per due motivi:da un lato perché come paese piccolo e neutralepuò assumere il ruolo di «onesta mediatrice» e,dall’altro, perché dispone di un apprezzato know-how in materia di politica di sviluppo. Un tema riguardo al quale la Svizzera ha lasciato tracce si-gnificative nella politica internazionale è, sempre

secondo Kappel, quello dello sdebitamento. Graziealle esperienze concrete fatte proprio dalla Svizzera,questa iniziativa ha potuto imporsi anche a livellointernazionale.

Trovare il giusto equilibrio Non solo nel caso dell’iniziativa in favore dello sde-bitamento le esperienze della cooperazione bilate-rale sono confluite nelle organizzazioni multilate-rali, dove ora portano frutti in un vasto contesto. InMozambico, forte del know-how maturato durantelunghi anni di cooperazione con questo suo paeseprioritario, la Svizzera partecipa per esempio al fi-nanziamento multilaterale del bilancio. Perciò, nonsolo denaro ma anche molte esperienze e sapericonfluiscono nell’attuale aiuto al bilancio, anche senon è più in corso nessun progetto svizzero.

La stessa cosa vale per la collaborazione all’AfricaStockpiles Programme,nonché per l’impegno delleesperte e degli esperti svizzeri in seno alle organiz-zazioni multilaterali. «Sarebbe fatale abbandonare ilricco bagaglio di esperienze acquisito sul terrenonell’ambito della cooperazione bilaterale. Ben alcontrario: le organizzazioni bilaterali devono ela-borare le loro conoscenze ed esperienze per valo-rizzarle negli organi multilaterali», afferma RolfKappel.Ma oggi questo equivale a innescare un circolo vi-zioso.Da un lato le organizzazioni multilaterali do-vrebbero avere più peso e più potere per imporsi,e ciò significa concretamente che dovrebbero di-

sporre di più fondi. Ma a fronte dei budget limitatiche gli Stati dell’OCSE mettono a disposizione perla lotta alla povertà ciò significa che ogni rafforza-mento del settore multilaterale va a scapito dellacooperazione bilaterale. Si tratta insomma di avan-zare sul filo del rasoio, trovando il giusto equilibriofra cooperazione bilaterale, multi-bilaterale e mul-tilaterale. ■

(Tradotto dal tedesco)

Fondi destinati alla cooperazione multilate-rale Nel 2003 l’aiuto allo svi-luppo multilaterale dellaSvizzera ammontava com-plessivamente a 470.5 mi-lioni di franchi (DSC, secoe altri uffici federali inclusi).Ciò rappresenta circa il 27per cento dell’intero aiutopubblico allo sviluppo dellaSvizzera. L’importo di470.5 milioni comprende,secondo la definizione delComitato di aiuto allo svi-luppo (DAC) dell’OCSE, icontributi dei paesi membrialle istituzioni di sviluppointernazionali identificate inquanto tali dallo stessoDAC. Fra esse rientrano leorganizzazioni dell’ONU, lebanche di sviluppo, non-ché altre istituzioni multila-terali specializzate. Non virientrano invece istituzioniquali il CICR, nel cui caso irelativi importi vengonocomputati in quanto aiutoallo sviluppo bilaterale.

Strategia multilaterale «Vista l’importanza cre-scente della cooperazionemultilaterale, la DSC in-tende adeguare il suo im-piego di risorse. Un terzodei mezzi finanziari dellaDSC deve essere impie-gato nella cooperazionemultilaterale in base all’e-same periodico dell’ade-guatezza della ripartizionedelle risorse tra coopera-zione bilaterale e multilate-rale. Per svolgere un ruoloattivo nell’impostazionedella politica e della co-operazione multilaterali,essa rafforzerà le sue ri-sorse di personale in locoe alla centrale». Tratto da «Strategia multi-laterale della DSC», 2002

Cooperazione multilaterale

Lavori di sgombero dopo l’uragano Mitch nell’Honduras

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Un solo mondo: La diffidenza nei confrontidella cooperazione allo sviluppo multilate-rale è assai diffusa. Molti preferiscono ancoraaffidarsi alla cooperazione bilaterale, addu-cendo fra l’altro che sarebbe più efficace. Leiche ne pensa?

Mark Malloch Brown: Il fatto che i paesi dona-tori privilegino la cooperazione bilaterale è perfet-tamente comprensibile: se ai contribuenti svizzerisi mostra un progetto che porta la croce elvetica,l’effetto è sicuro – le persone sanno esattamentecosa è stato realizzato con il loro denaro. Ma dalpunto di vista dei paesi beneficiari, le organizza-zioni multilaterali sono i partner più graditi ed ef-ficienti. A questi paesi preme, infatti, sviluppare ilsettore sanitario o le strutture scolastiche. Se perfare ciò sono costrette a negoziare ogni progettocon i singoli paesi partner, la cosa diviene moltodispendiosa, complicata e poco sostenibile. Oltre aciò, si è molto più flessibili quando tutti i fondi di

sostegno provengono da un unico organo per ilquale vi è un solo interlocutore.

Ma esistono ambiti in cui la cooperazione bi-laterale fa senso?La Svizzera realizza attività di sviluppo altamentespecializzate, molto apprezzate e sostenute sia danoi, sia dalla Banca mondiale. Questi programmisono però limitati ad alcuni settori e tematicamenteincentrati su singoli paesi prioritari. Se si vuole an-dare oltre ed estendere le attività ad altri settori epaesi, occorre ricorrere ai partner multilaterali.

Ci può fare un esempio?L’UNDP ha molti programmi in ambito ambien-tale – la Svizzera è molto forte in questo settore,mail suo programma è limitato ai paesi prioritari dellaConfederazione. Noi collaboriamo invece in moltialtri paesi in cui la Svizzera non è presente – neiquali possiamo però attingere al suo know-how.Per l’UNDP è anche molto più semplice che per

Riunendo tutti i paesi membri, il Programma delle Nazioni Uniteper lo sviluppo UNDP è più indipendente e ha maggiore influssorispetto ai singoli Stati, afferma Mark Malloch Brown. GabrielaNeuhaus ha incontrato l’amministratore dell’UNDP a Ginevra.

«Non avrò riguardo per nessuno»

Il britannico Mark MallochBrown è, dal 1999, ammi-nistratore dell’organizza-zione delle Nazioni Uniteper lo sviluppo UNDP e di-rige anche il Gruppo di svi-luppo dell’ONU, un comi-tato in cui siedono tutti iresponsabili delle fonda-zioni, dei programmi e deidipartimenti delle NazioniUnite attivi a livello di sviluppo. Mark MallochBrown è altresì responsa-bile dell’elaborazione diuna strategia ONU per ilraggiungimento, entro il2015, degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Durante il suo primo man-dato (1999-2003), MallochBrown ha effettuato in senoall’UNDP una riforma gene-rale grazie alla quale oggi,dopo una profonda crisi,l’organizzazione ONU perlo sviluppo lavora nei 166paesi d’intervento in modopiù mirato ed efficiente. Dottore in storia e politolo-gia, Malloch Brown ha av-viato la sua carriera comegiornalista per la rivista«The Economist». Ha in seguito lavorato per lungotempo presso l’Alto com-missariato delle NazioniUnite per i rifugiati ACNUR.Poi è stato consulente internazionale, prima di approdare nel 1994 allaBanca mondiale e passarenel 1999 all’UNDP.

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Che si tratti di pescatori in Kerala nell’India del Sud...

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uno Stato come la Svizzera dire a un paese che haun problema di corruzione o di democrazia. Pertale motivo, quando si tratta di buona gestione de-gli affari pubblici, la Svizzera collabora solitamentecon noi.

Questo perché le organizzazioni multilateralihanno più potere del governo svizzero?Non è tanto una questione di potere, ma di auto-rità morale e di fiducia.Quando un paese accusa unaltro paese di corruzione o di malgoverno, i rap-porti si incrinano immediatamente.Perciò,nei rap-porti intergovernativi generalmente le nazioni nonsi criticano. Noi, invece, nelle vesti di organizza-zione per lo sviluppo delle Nazioni Unite, apparte-niamo a tutti i paesi. Apparteniamo alla Nigeriatanto quanto alla Svizzera. Per tale motivo, se ne-cessario, possiamo rendere attenti i nigeriani su de-terminati problemi usando modalità che la Svizzeranon potrebbe mai usare.

L’UNDP appartiene a tutti – ma il compor-tamento di tutti i membri viene messo sottola lente allo stesso modo?Proprio i paesi ricchi, se da un canto professano gliObiettivi del Millennio, non appena eventualiprovvedimenti contraddicono gli interessi nazio-nali, ad esempio a livello di economia agricola ocommerciale, diventano incoerenti e proteggono laloro economia – a discapito dei paesi più poveri.I direttori di svariate agenzie per lo sviluppo – nonsolo io, ma anche il direttore della Banca mondiale,il direttore del Fondo monetario internazionaleFMI e altri – sono stati estremamente insistenti nel-l’affermare che occorre assolutamente cambiarerotta! In tutto il mondo, oltre un miliardo di per-sone vive con meno di un dollaro al giorno, men-tre ogni singola mucca europea riceve tre dollari algiorno di sovvenzioni. L’anno prossimo avvieremouna grande offensiva per gli Obiettivi di sviluppodel Millennio – e le barriere commerciali sarannoun importante tema. Nel mio intento di cambiarele cose non avrò riguardo per nessuno e tematiz-zerò questa contraddizione in cui si trovano laSvizzera e così tanti suoi vicini.

Quali possibilità ha l’UNDP di imporre lesue decisioni?Inizialmente, il condono dei debiti dei paesi piùpoveri non aveva sollevato molto entusiasmo. Poi,grazie a un lavoro di lobby tenace e alla collabora-zione con ONG, gruppi ecclesiali e altri che pre-mevano,premevano e premevano, il tutto si è messoin movimento. E infine, i muri hanno ceduto, e il

condono dei debiti è divenuto possibile. Sono con-vinto che accadrà lo stesso con le barriere com-merciali e le frontiere protezionistiche. In ultimaanalisi, una combinazione d’opera di convinci-mento e di minaccia porterà a un cambiamento po-litico.Ci vorrà ancora parecchio tempo,ma le plac-che tettoniche hanno già iniziato a muoversi.

Significa che con la progressiva globalizza-zione la gente penserà sempre più in sensomultilaterale?Non credo si tratti di un ingenuo multilateralismoo globalismo unidimensionale. Se osserviamo que-sti strumenti internazionali attraverso un forte pri-sma nazionale, ci rendiamo conto che questa di-mensione multilaterale è nell’interesse del propriopaese.Vi sarà un giorno la consapevolezza che unpaese non può più risolvere i suoi problemi da solo.Non fosse altro perché questi non si fermano allafrontiera.Ma non significa che occorra perciò spaz-zare via tutti i governi nazionali – al contrario.Osservando più attentamente i problemi da risol-vere ci si rende conto che occorrono due, anzi trelivelli: uno locale, uno nazionale e uno globale. ■

(Tradotto dall’inglese)

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Cooperazione multilaterale

Un enorme sostegno alrifinanziamento«Da quando sono a capodell’UNDP, la Svizzera èsempre stata membro delnostro consiglio d’ammini-strazione. Il direttore dellaDSC Walter Fust è semprestato un importante porta-voce allorché, durante la ri-forma, si è trattato di ripar-tire equamente gli impegnie garantire che l’UNDPfosse sufficientemente sov-venzionato dalle istituzionifinanziarie internazionali,come la Banca mondiale.La Svizzera è stata dienorme sostegno al rifinan-ziamento, e in maniera piùgenerale si preoccupamolto di garantire apporti alungo termine. La delega-zione elvetica in senoall’UNDP è molto influente,dispone di relazioni strettee prende spesso la parola –in altri termini, tra UNDP eSvizzera il partenariato èmolto efficace». Mark Malloch Brown in me-rito al ruolo della Svizzera inseno all’UNDP

...o di minatori nel Madagascar: le barriere commerciali impediscono lo sviluppo

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Un bambino tanzaniano su sei muore prima ancoradi aver raggiunto i cinque anni. L’aspettativa di vitamedia non supera oggi i 43 anni, mentre nel 1990raggiungeva ancora i 52 anni.Un regresso dovuto ingran parte alla drammatica esplosione dell’Aids, se-conda causa di morte dopo la malaria. La scarsa sa-lute della popolazione è nel contempo causa e con-seguenza dell’estrema povertà. La DSC si preoccupadi ciò sin dal giorno in cui ha instaurato i suoi primilegami di cooperazione con la Tanzania, alla fine de-gli anni Sessanta.Per lungo tempo, la DSC seguiva loschema classico dell’aiuto, in cui l’agenzia di coope-razione assegna ad un suo partner, statale o meno, lesomme necessarie per i progetti definiti.

Un aiuto più razionaleIn Tanzania, la fisionomia dell’aiuto ha iniziato acambiare verso la fine degli anni Novanta, quando ilgoverno ha intrapreso misure per armonizzare leproprie relazioni con i paesi donatori. In particolare,è stato elaborato in comune un programma di ri-forma della sanità pubblica. Su iniziativa della DSC,sei donatori bilaterali e la Banca mondiale si sono

impegnati, a partire dal 1998, a sostenere la realizza-zione di queste riforme.Il gruppo ha altresì deciso dirinunciare gradualmente a certi progetti bilaterali edi riversare i suoi contributi in un fondo comune destinato ad alimentare il budget del Ministero dellasanità pubblica. Le agenzie coinvolte si riunisconoregolarmente per coordinare le attività ed assicurareun seguito alle riforme. Inoltre, è stato instaurato undialogo permanente con il Ministero. L’agenzia che,sulla base di un turno annuale, presiede il gruppo,assume il ruolo di portavoce.Scegliendo questo genere di approccio settoriale,noto sotto l’acronimo inglese SWAP (sector wide ap-proach), i donatori perdono la possibilità di mostrareai loro cittadini l’esatto utilizzo dei fondi.È per que-sto che taluni preferiscono prendere le distanze dauna pratica non del tutto «trasparente». Ad IlariaDali-Bernasconi, dell’ufficio della cooperazioneDSC di Dar es Salaam, l’aiuto di bilancio settorialeappare comunque più razionale di quanto non fossela cooperazione di tipo convenzionale:«Lo SWAP li-mita la frammentazione dei progetti e ripartiscel’aiuto in maniera più equa. Inoltre, facilita il lavoro

Così come succede per molti altri finanziatori, anche la Svizzerafornisce gran parte del suo sostegno alla Tanzania sotto formadi aiuto al bilancio. Questo nuovo modello di cooperazione im-plica uno stretto coordinamento tra donatori bilaterali e multi-laterali, così come un dialogo politico costante con i governiche beneficiano dell’aiuto. Di Jane-Lise Schneeberger.

Tanzania, sostenere un settore o un singolo progetto?

Doppiamente prioritarioLa Tanzania è un paeseprioritario per la DSC e peril Segretariato di Stato del-l’economia (seco). Il pro-gramma congiunto di que-sti due uffici per il periodoche va dal 2004 al 2010 èteso a migliorare le condi-zioni di vita dei poveri, con-centrando gli sforzi su treambiti: il buon governo, lacrescita economica ed ilbenessere fisico e sociale.Il programma prevede unpreventivo globale di 28milioni di franchi all’anno.Circa il 60 per cento deiprogrammi è realizzato a li-vello nazionale, il restante40 per cento a livello lo-cale, essenzialmente inuna regione situata lungoun corridoio geograficocentrale che va daMorogoro a Shinyanga.Per il 2004, gli investimentipiù importanti riguardanol’aiuto generale di bilancio(8 milioni di franchi al-l’anno) e l’aiuto settorialealla sanità (6 milioni). LaSvizzera realizza inoltre nu-merosi altri progetti: qualila costruzione di strade, lapromozione della societàcivile, la lotta a diverse ma-lattie infettive, il controllodell’Intesa PRSP, cosìcome un’assistenza tec-nica al Ministero delle finanze ed alla Banca na-zionale della Tanzania.

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Sia la vendita di pesce pescato in proprio...

del Ministero, che non dovrà più negoziare con unamiriade di partner tutti dalle esigenze più diverse.Ma, soprattutto, questo sistema rafforza l’appropria-zione, da parte delle autorità locali, e gli permette didistribuire le risorse secondo le proprie priorità».

Nessun assegno in bianco Accanto a questo sostegno settoriale, la Svizzera assegna alla Tanzania un aiuto di bilancio. Il Segre-

tariato di Stato dell’economia (seco) fa parte di ungruppo di 11 donatori bilaterali e multilaterali chesostengono in questo modo l’Intesa strategica di lottacontro la povertà (PRSP), documento adottato nel2001. «Il sostegno di bilancio non è un assegno inbianco», assicura Monica Rubiolo, collaboratricescientifica presso il seco. Un dispositivo di sorve-glianza,cofinanziato dalla DSC,consente di control-lare l’applicazione dell’Intesa PRSP. Parallelamente,viene intrattenuto un dialogo politico tra la comu-nità dei donatori ed il governo locale.«Il rischio zero non esiste. Ma ciò che conta ancoradi più è la qualità del dialogo politico e la volontà delgoverno partner di realizzare le riforme», aggiungeMonica Rubiolo.Tale volontà è stata largamente di-mostrata dalle autorità tanzaniane in coincidenza dellancio, avvenuto nel 1995, di un processo di riformeeconomiche e strutturali.Anche se le misure intra-prese non sono ancora riuscite ad eliminare la cor-ruzione e ad abbattere il tasso di povertà, la Tanzaniaè oggi considerata un paese ben gestito e politica-mente stabile.Tutto ciò stimola i paesi donatori ad

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incrementare il loro aiuto di bilancio.Il governo tan-zaniano ne è entusiasta, e ha chiaramente espresso lasua preferenza per questo tipo di aiuto. Allo stessotempo ammette però che numerosi donatori, tra iquali la Svizzera, desidererebbero diversificare il loroaiuto.

Stimolare il dialogo politicoNonostante che il suo sostegno al bilancio della sa-

nità sia notevolmente aumentato nel corso deglianni,è da evidenziare che la DSC dedica ancora oggiil 50 per cento del suo aiuto a progetti convenzio-nali, e ci tiene a mantenere questa proporzione. LaDSC intende per altro «creare delle sinergie tra i suoiprogrammi nazionali e le sue esperienze sul campo»,come rileva Rémy Duiven, incaricato di programmaper la Tanzania.Tale volontà è evidenziata dal lanciodi un nuovo progetto che mira a rafforzare le capa-cità delle comunità sin qui emarginate in materia disanità. I dati raccolti in questo specifico contesto sti-moleranno il dialogo politico con il Ministero dellasanità. «È solo operando a livello dei villaggi che po-tremo verificare se la riforma del settore della sanitàcorrisponde o meno ai bisogni reali della popola-zione. Se è necessario, interverremo poi a livello na-zionale per correggere le priorità», aggiunge RémyDuiven. ■

(Tradotto dal francese)

Cooperazione multilaterale

Un giorno nella vita diun povero Per una volta, non sono glieconomisti o i sociologi aparlare della povertà, bensìgli stessi poveri. Verso lafine del 2002, alcuni son-daggisti incaricati dallaDSC sono andati ad incon-trare 26 famiglie residentinella regione di Morogoro,in Tanzania, allo scopo dicomprendere il modo incui i poveri analizzano laloro stessa situazione. I ricercatori hanno dedi-cato una giornata ad ognifamiglia, sollecitando lepersone a parlare delle lorodifficoltà economiche, delleesperienze, dei propositi e delle preoccupazioni. I membri di questi nucleisvantaggiati sono stati invi-tati ad esprimersi su moltiaspetti della vita quotidiana,quali l’alimentazione, l’i-struzione, i trasporti, l’ac-cesso al mercato, i servizisanitari, l’acqua e la suadepurazione, i legami fami-liari, ecc. Le informazionicosì raccolte sono statepubblicate nel maggio del2003 in un opuscolo dal ti-tolo “Views of the Poor”.Tali dati sono poi stati uti-lizzati per l’elaborazionedel programma 2004-2010della cooperazione sviz-zera in Tanzania.

...sia l’acquisto di una nuova imbarcazione da pesca (nell’immagine la festa d’inaugurazione) aiutano a combattere la povertà e a promuovere la salute

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Il braccio di ferro politico fra il re, i partiti politici ed i ribellimaoisti blocca da tempo lo sviluppo dello Stato himalayano delNepal. In cerca di un minimo per sopravvivere, molti nepalesilasciano la loro patria per andare in India, da dove finanzianole loro famiglie rimaste a casa. Di Deepak Thapa*.

Si dice spesso che il Nepal abbia fatto il suo ingressonel XX secolo solo a metà dello stesso. Fino al1951, infatti, gli autocratici primi ministri Ranaavevano governato con il pugno di ferro, limitandotutti i rapporti con il mondo esterno. L’impoveri-mento delle campagne aveva spinto un gran nu-mero di contadini nepalesi a cercare un futuro mi-gliore nell’India britannica. E fu proprio da questadiaspora nepalese in India che iniziò l’opposizioneai Rana.La fine del governo dei Rana nel 1951, dopo ben104 anni di dominio, avrebbe dovuto favorire l’av-vento della democrazia. Ma avendo il movimentoanti-Rana ripristinato la monarchia, al re fu possi-bile manipolare gli ambiziosi e piuttosto miopi uo-mini politici, ritardando la formazione di un go-verno veramente rappresentativo.Nel 1959, i partiti politici riuscirono a convincere

il monarca a proclamare delle elezioni, ma l’esperi-mento di democrazia parlamentare durò meno didue anni, dopo di che il re riassunse il controllodello Stato.Il suo dominio durò per trenta anni ancora, primache un’altra agitazione da parte dei partiti politici,inclusi il Partito del Congresso Nepalese ed un’al-leanza dei partiti comunisti, non riuscisse nel 1990a forzare il re Birendra ad un accordo. Fu così rista-bilita la democrazia pluripartitica ed il re fu relegatoad una semplice figura costituzionale.

Caos politicoDa allora la politica nepalese è in uno stato di con-fusione totale.Dal 1990, il paese ha avuto ben quin-dici governi, mentre il sistema politico e l’econo-mia sono allo sbando. La colpa è da attribuiresoprattutto alla dirigenza politica.Troppo presa da

Lars Tunbjork / Agence Vu (2)

Re, partiti politici e per la supremazia

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infime battaglie politiche e logorata dalla corru-zione,non è stata in grado di governare il paese, chedopo l’avvento della democrazia aveva depostomolta fiducia in essa.La crisi è stata in parte causata da un’insurrezioneiniziata nel 1996 dal Partito Comunista Nepalese(maoista), un conflitto che ha provocato già oltre10’000 morti. Inizialmente, i maoisti erano solouno dei molti raggruppamenti comunisti, ma acausa dell’assoluta povertà del paese e dell’incapa-cità del governo di provvedere ai bisogni della po-polazione, sono divenuti sempre più forti, tanto darisultare una minaccia per lo Stato. Il governo nonè stato in grado di rispondere adeguatamente, senon con l’utilizzo delle armi.Nell’ottobre del 2002, approfittando della crisi po-litica generata dalla rivolta maoista, la monarchia ètornata ad essere attiva politicamente.Da allora, il paese è stato testimone di un’altalenantelotta per la supremazia politica tra il re Gyanendraed i partiti politici.Sullo sfondo intanto è continuata la rivolta maoi-sta, al punto di rendere difficile capire come andràa finire la lotta che vede in competizione il re, i par-titi politici ed i maoisti.

Nepal

maoisti in lotta

Cento gruppi etnici e altrettante lingueIl Nepal è la patria di quasi cento gruppi sociali dif-ferenti, alcuni di origine mongola ed altri indoger-manica. Il miscuglio culturale risultante dai solidilegami sviluppatisi attraverso i secoli tra questi varigruppi etnici, è culminato nell’evoluzione di unacultura nepalese per molti versi unica. Ci sono adesempio moltissime analogie con usi e costumi in-diani, ma ci sono anche alcune affinità con altre tradizioni culturali.Ciò è vero anche nel campo re-ligioso,dove troviamo indistintamente indù,buddi-sti o addirittura animisti.La diversità della popolazione significa inoltre cheil Nepal è anche ricco di diversi idiomi. Un totaledi 106 lingue differenti, principalmente apparte-nenti alle famiglie linguistiche tibeto-birmane eindogermaniche, sono state registrate nel censi-mento del 2001. Per motivi storici il nepalese è comunque la lingua ufficiale. Il nepalese è la linguamadre di quasi la metà della popolazione e vieneutilizzato quale lingua franca.In tempi recenti, comunque, il tessuto sociale delNepal è sotto tiro da chi afferma che per secoli loStato ha principalmente favorito gli indù delle caste alte che usano il nepalese. Le critiche sono

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L’oggetto della vitaquotidianaIl dhaka topi L’oggetto più caratteristicodei nepalesi è il dhaka topi,un cappello variopinto in-dossato dagli uomini. Ildhaka topi è originario dellaregione collinare del Nepalcentrale ed è diffuso quasiovunque nel paese. Con ilsuo profilo, che ricorda unamontagna, il dhaka topi faparte dell’abbigliamento na-zionale maschile dei nepa-lesi. In campagna, i conta-dini usano il suo interno perasciugarsi il sudore, ma an-che rovesciandolo a mo’ dicesta per contenere spun-tini fatti con il mais arrostito.Sempre più gente, soprat-tutto nelle aree urbane, stalentamente eliminando ildhaka topi dall’elenco deicapi di vestiario quotidiani,sebbene esso mantengaancora un ruolo importantenella vita degli uomini nepa-lesi. Il dhaka topi è d’ob-bligo quando i nepalesi sifanno fotografare per i lorodocumenti di identità, cosìcome alle cerimonie reli-giose.

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mosse da chi parla gli idiomi tibeto-birmani e da-gli intoccabili, i cosiddetti dalits, che rivendicanouna forma di governo più rappresentativa ed unaredistribuzione delle risorse. Le richieste di inclu-sione dei gruppi marginalizzati rappresentano unapietra miliare della rivolta maoista. Attualmente,tutti sembrano essere consapevoli che gli errori fattinel corso della storia vadano corretti.Tuttavia, i mi-glioramenti avanzano solo lentamente.

L’economia risente le conseguenze del conflittoIl Nepal è tra i paesi più poveri al mondo. Più dellametà della popolazione vive dell’agricoltura, chetuttavia è stagionale e condizionata dal clima. Lepoche industrie operanti sono state notevolmentedanneggiate dal conflitto maoista,e molte sono statecostrette a chiudere.Il conflitto ha devastato il turismo, una delle mag-giori fonti d’entrata di valuta straniera, e anche leindustrie dedite all’esportazione di articoli quali abiticonfezionati e tappeti, ne hanno fortemente risen-tito.Il governo, che dipende in gran parte da donazioniestere,è stato sollecitato ad introdurre delle riformestrutturali per reagire alle rivendicazioni di trasfor-mazione da parte dei maoisti. I paesi donatori sonocontrariati dal fatto che i lavori per sostenere lo svi-luppo si sono completamente arrestati in quasitutto il Nepal, e che i maoisti abbiano permesso dicontinuare a lavorare soltanto ad alcune ONG.Tuttavia,nonostante lo sforzo del governo per met-tere in atto delle riforme, la gran parte delle sue fi-nanze ed energie sono state impiegate nella lottacontro i rivoltosi. Il settore sociale ha risentito mol-tissimo del fatto che i fondi spesi per la difesa, sonotriplicati negli ultimi cinque anni.Eppure, al contrario di quanto ci si aspettava, il

paese non è crollato, né è diventato uno «stato fal-lito». Infatti, nelle aree urbane l’economia apparesolida.L’edilizia è in espansione.Un’espansione do-vuta all’arrivo nelle città di un gran numero di per-sone che hanno abbandonato le campagne a causadel conflitto.La solidità dell’economia è, invece, so-stenuta dalle rimesse spedite dagli emigrati nepalesi.Storicamente, in tempi di tormenta, i nepalesi sonosempre emigrati. Ora, la rivolta maoista ha accre-sciuto a dismisura l’urgenza di lasciare il paese. Delresto, all’interno del paese, non si stanno creandomolti posti di lavoro, mentre il conflitto ha mietutovittime anche tra i civili. La gran parte dei nepalesiattraversare a piedi il confine con l’India, chi puòpermettersi la tariffa aerea e la commissione per l’a-gente opta, invece, per il gli Stati del Golfo o per laMalesia.I dati più recenti indicano in 300’000 (escludendole centinaia di migliaia che vivono in India) il nu-mero di nepalesi che lavorano all’estero, e si stimache i lavoratori emigrati inviino a casa quasi un mi-liardo di dollari americani all’anno, una sommamolto vicina al bilancio annuale dello Stato, che èdi 1,3 miliardi di dollari americani. ■

(Tradotto dall’ inglese)

*Deepak Thapa è scrittore ed editore presso la HimalBooks di Katmandu. Le sue pubblicazioni contemplano«A Kingdom under Siege: Nepal’s Maoist Insurgency,1996-2003» (redatto assieme a Bandita Sijapati),«Under-standing the Maoist Movement of Nepal» e «An OtherVoice: English Literature from Nepal» (redatto assieme a Kesang Tseten).

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(bf) Il Nepal è paese prioritario della cooperazionesvizzera. La Svizzera è impegnata nello Stato hima-layano da oltre quaranta anni e gestisce un ufficio dicoordinamento a Katmandu.Attualmente, si sosten-gono progetti e programmi prevalentemente nellaregione collinare nell’est del paese, e con crescenteintensità anche nella regione occidentale,colpita dalconflitto. La DSC opera ancora, in parte, con gli or-gani del governo nepalese (fra l’altro, con i ministeridell’istruzione,dell’agricoltura e della selvicoltura), esempre più con ONG nepalesi,gruppi fruitori, asso-ciazioni imprenditoriali, organizzazioni assistenziali,ditte private così come organizzazioni internazionali(fra le quali, la Banca mondiale e la Banca asiatica perlo sviluppo). Nonostante la precaria situazione poli-tica, la cooperazione allo sviluppo resta possibile, an-che se il raggiungimento degli obiettivi si rivela so-vente molto difficile.Il budget 2004 ammonta a 19,5milioni di franchi (1,7 milioni per l’aiuto umanita-rio, 1,8 milioni per progetti ambientali e 0,5 milioniper contributi a programmi realizzati da ONG).Punti centrali delle attività sono:

Governance/Promozione della pace: in primopiano stanno il sostegno alla decentralizzazione, lapromozione della democrazia, il rispetto dei dirittiumani, la lotta alla corruzione, la riduzione ed il su-peramento di situazioni di conflitto e attività per in-centivare la pace.

Infrastruttura stradale: da una parte, i progettisono tesi alla riabilitazione ed alla manutenzionedella rete viaria nazionale; dall’altra, alla creazione,nei distretti di campagna, di infrastrutture rurali estradali così come alla realizzazione e manutenzionedi ponti sospesi.

Formazione professionale e stimoli alla pic-cola impresa: promozione di un sistema nazionaledi formazione professionale. Contemporaneamente,la cooperazione punta a consulenze e appoggio adassociazioni imprenditoriali locali così come, nelleregioni rurali, a formazioni di tipo artigianale perpersone socialmente svantaggiate.

Gestione durevole delle risorse naturali: il pro-gramma comprende la selvicoltura comune, la ge-stione sostenibile delle risorse della terra, il migliora-mento delle colture di mais, il mantenimento dellebiodiversità e l’incremento del reddito agricolo.

In un contesto in cui il conflitto ostacola la coope-razione allo sviluppo, il sostegno alla promozionedella pace è centrale. In collaborazione con altre organizzazioni di donatori, gli sforzi tesi al migliora-mento delle condizioni operative di base (stato di diritto, diritti umani e buon governo) si rivelanosempre più importanti.

Cifre e fatti

NomeRegno del Nepal

CapitaleKatmandu (abitanti 671’846)

Superficie147’181 km2

Popolazione23,1 milioni

Religioni principaliindù (80,6 per cento), buddista (10,7 per cento),musulmana (4,2 per cento),kirati (3,6 per cento), cristiana (0,5 per cento)

Gruppi socialiIl censimento del 2001 haevidenziato 97 gruppi so-ciali, 53 dei quali sono in-dogermani e 44 mongoli. I principali gruppi sono:chhetri (15,8 per cento),bahun (12,7 per cento),magar (7,1 per cento),tharu (6,8 per cento), tamang (5,6 per cento) enewar (5,5 per cento).

IdiomiEsistono in tutto 106 lin-gue, tra le principali tro-viamo il nepali (48,1 percento), il maithili (12,3 percento), il bhojpuri (7,5 percento), il tharu (5,9 percento) ed il tamang (5,2per cento).

Principali esportazioniOli vegetali, juta, tappeti dilana, indumenti confezio-nati, artigianato.

La Svizzera e il NepalSuperamento dei conflitti e promozione della pace

Nepal

Cenni storiciFino al IV secolo d.C. Dominio di diverse dinastieprobabilmente conosciute con i nomi di Gopala e Mahisapala.

IV secolo - 879 Dominio della dinastia dei Licchavi.Re Manadeva I (c. 464-505) lascia la più antica tracciascritta della storia nepalese.

879-1200 Dominio della dinastia dei Thakuri.

1200-1769 Dominio della dinastia dei Malla. La valle diKatmandu si estende sul territorio di tre regni fino allafine del XV secolo.

1743-1814 Prithvi Narayan Shah, re del piccolo regnodel Gorkha a ovest di Katmandu dà inizio a una cam-pagna di conquista. Completa la presa di Katmandu nel1769.

1814-1816 Guerra con gli inglesi della Compagniadelle Indie. Il Nepal è obbligato ad invocare la paceperdendo così un terzo del suo territorio.

1846-1951 Intrighi di corte conducono ad un’instabi-lità politica. Jung Bahadur Rana instaura la dinastia deiRana, il cui leader agisce quale onnipotente primo mi-nistro, con la monarchia ridotta a semplice figura vir-tuale. La dinastia dei Rana regna per 104 anni.

1951 L’insurrezione dell’ opposizione pone fine al do-minio Rana introducendo la democrazia.

1951-1959 Periodo di instabilità politica che vede unaserie di governi.

1959-1960 Si tengono le prime elezioni parlamentaricon la formazione del primo governo rappresentativo.Dopo diciotto mesi, Re Mahendra abolisce la costitu-zione, mette al bando i partiti politici e scioglie il parla-mento.

1960-1990 Dominio diretto del monarca, sotto il sistemadella democrazia senza partiti detto del «panchayat».

1990 Ripristino della democrazia dopo un movimentodi massa dei partiti politici.

1991 Elezioni del primo parlamento. Il CongressoNepalese forma il governo.

1994 Le elezioni portano ad uno stallo con sette diffe-renti governi, nessuno dei quali gode della maggioranza.

1996 Il Partito Comunista del Nepal (maoista) iniziauna ribellione armata.

1999 Le elezioni parlamentari danno la maggioranza alCongresso Nepalese.

2001 Il principe ereditario massacra dieci membri dellafamiglia reale, re e regina inclusi, per poi togliersi la vita.

2002-oggi Re Gyanendra assume il controllo sul go-verno e nomina in successione tre primi ministri.

Birmania

NepalBhutan

BangladeshIndia

Cina

Oceano Indiano

Katmandu

Un solo mondo n. 4 / Dicembre 200420

Manjushree Thapa, 36 anni, ha studiato foto-grafia presso la RhodeIsland School of Designnello Stato americano di New York. Nel suo primolibro, «Mustang Bhot inFragments» raccoglie impressioni di UpperMustang, dove la scrittriceha lavorato agli inizi deglianni Novanta per l’Anna-purna Conservation AreaProject (ACAP).Manjushree Thapa, che hapubblicato articoli, novellee traduzioni in diversi pe-riodici americani e nepa-lesi, pubblica a scadenzabimensile una rubrica lette-raria sul «Nepali Times». Illibro «The Tutor of History»è considerato il primo ro-manzo di importanza internazionale di questascrittrice che vive oggi aKatmandu.Prossimamente apparirà il suo secondo romanzo:«Forget Kathmandu».

Nessuno può più imporci il silenzio

Una voce dal... Nepal

La mia generazione di nepalesi, ora trentenni, è cre-sciuta sotto il potere assoluto del sistema Panchayat,al tempo in cui era illegale esprimere ogni dissenso.I partiti politici furono costretti alla clandestinità, ela gente abbassava la voce per parlare della lotta perla democrazia. Ed anche ciò si poteva fare soltantoall’interno di una ristretta cerchia di persone. Il go-verno ci imbottiva di propaganda ed i censori con-trollavano le nostre letture.Volevano farci credereche malgrado il Nepal fosse povero,noi eravamo unpopolo devoto, fedele e contento del nostro fato.

La realtà era molto più complessa. Dopo la vittoriadella democrazia e la conquista della libertà d’e-spressione, nel 1990, si seppero fatti riguardanti ilNepal che rapidamente cambiarono l’immagine cheavevamo del nostro paese. Ben presto ci accor-gemmo che non eravamo una mitica Shangri-lapre-moderna: la lotta per la democrazia era iniziatagià negli anni Venti, rafforzandosi malgrado la bru-tale repressione di Stato. Dopo l’avvento della de-mocrazia, le nostre vecchie verità furono contestateuna ad una. Lo Stato aveva manipolato la nostraconsapevolezza per tenerci legati ai miti nazionali.Dal 1990, giorno per giorno, ci sono stati dozzinedi dibattiti incandescenti, seminari, lezioni e pro-grammi interattivi per allargare le nostre conoscenzedi base. Il Nepal si è ritrovato in uno stato di fer-mento intellettuale e ha riscoperto se stesso.

Quale scrittrice ho trovato questo periodo moltostimolante.Per la prima volta, infatti, liberali e gentedi sinistra, monarchici e repubblicani, socialisti econservatori sono stati in grado di parlarsi diretta-mente, stimolandosi a vicenda e incoraggiandosi.Questa franchezza ha cambiato il nostro modo di

parlare. Un tempo eravamo cauti e indiretti.Facevamo delle vaghe allusioni o usavamo degli eu-femismi, cercando di tener segrete le nostre vereopinioni. Ora sempre di più, diciamo ciò che pen-siamo senza riflettere. Non siamo più spaventatidalle nostre stesse voci.

Questa franchezza si ritrova anche nella letteraturanepalese attuale. Una volta gli scrittori adottavanouno stile astratto, semplicistico per cercare di sfug-gire ai censori. Oggi affrontano argomenti sociali, eperfino politici, con franchezza e senza mezzi ter-mini. Ed il numero di scrittori è aumentato note-volmente. Infatti, la nostra letteratura non è più il regno di uomini appartenenti a poche caste privi-legiate; sempre più donne, membri della casta Dalite di altri gruppi etnici nazionali, scrivono, e copio-samente. Da questo clamore di voci sta emergendola letteratura informata dei nostri tempi.

Dall’inizio della rivolta maoista, nel 1996, questofervore prodotto dalla libertà d’espressione è messoin pericolo. I rivoltosi hanno deportato, mutilato educciso gente che sosteneva idee contrarie alle loro,e sfortunatamente lo Stato ha risposto nello stessomodo, arrestando presunti rivoltosi senza seguire ledovute procedure, facendo sparire degli individui edusando ingiustificata violenza e tortura. Contestareil potere costituito è di nuovo pericoloso.Nel 2002,con più di 100 giornalisti incarcerati, il Nepal era alprimo posto nella classifica di Reporters Sans Fron-tières, con il primato peggiore in relazione ai dirittiumani.Malgrado ciò, risulta alquanto difficile – sia per i ri-voltosi che per lo Stato – impedire alla gente diesprimere le proprie opinioni. L’anno scorso ho at-traversato i distretti di Dailekh,Kalikot e Jumla, areecontrollate dai rivoltosi nel Nepal occidentale, rile-vando che gli abitanti dei villaggi non solo sonopropensi, ma talora desiderosi di parlare degli abusia cui sono sottoposti. Infatti, pur non conoscen-domi, misero da parte le loro paure e criticaronoapertamente sia i rivoltosi sia il governo, natural-mente dopo essersi accertati che non fossi né unamaoista, né una funzionaria di Stato.Ho così capito che avendo esercitato la libertà d’e-spressione per più di un decennio,non siamo più ca-paci di censurare noi stessi. Possiamo abbassare lenostre voci un pochino,ma non ci si può imporre ilsilenzio. Non più. E allora ho capito: abbiamo rag-giunto un nuovo ed importante periodo in Nepal.È iniziata l’era della libera espressione. ■

(Tradotto dall’inglese)

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Un solo mondo n. 4 / Dicembre 2004 21

I problemi che emergono nella cooperazione allosviluppo sono spesso tali da risultare difficilmente oper nulla risolvibili nell’ambito di un partenariatoa due. La ragione va ricercata nelle dimensioni delprogetto o nella complessità della tematica. In similicasi è perciò necessario che più partner uniscano leforze o incarichino un’organizzazione multilateraledi affrontare efficacemente il problema.

Spesso si sente parlare della concorrenza fra aiutobilaterale e multilaterale. Se con ciò si intende lacompetizione per la ricerca di soluzioni più inno-vative, efficaci e rapide, allora è positiva e serve allacausa.Se invece si tratta di una competizione quan-titativa tesa a eliminare dei partner da un sistema,allora una tale concorrenza è negativa e fuori luo-go. La concorrenza non deve, infatti, degenerare inun concorso di bellezza: l’aiuto bilaterale e multi-laterale devono completarsi a vicenda.

A questo scopo è necessaria la comprensione reci-proca fra gli attori. È necessaria la convinzione divoler raggiungere obiettivi uguali o simili tramitel’impiego complementare di mezzi e conoscenze.La premessa imprescindibile per rendere più effi-cace la cooperazione allo sviluppo, sia bilaterale chemultilaterale, sono condizioni quadro favorevoli epolitiche impegnative, regole e attori che agiscanocon professionalità.

Se la complessità dei temi e il bisogno di mezzi piùconsistenti fanno avanzare un aiuto sempre piùspesso multilaterale, l’impostazione della politica disviluppo è già da tempo un compito multilaterale.La politica viene, infatti, dibattuta in seno a orga-nizzazioni e forum multilaterali. Essa è quindi con-cretizzata da istituzioni multilaterali, nonché dapartner bilaterali. L’esperienza insegna che l’aiutobilaterale e quello multilaterale sono interdipen-denti. Le istituzioni multilaterali di finanziamento

possono, infatti, impiegare con efficacia i loro crediti solo se i loro partner di sviluppo dispon-gono delle necessarie capacità. Creare o promuo-vere queste ultime è spesso il campo d’azione degliattori bilaterali.

Per sapere quanti dei mezzi finanziari disponibilidebbano essere impiegati in ambito multilateraleoccorre, in ultima analisi, ponderare i pro e i con-tro di una serie di questioni: efficienza, efficacia,ricadute, rafforzamento dei partner, innovatività, af-fidabilità, credibilità, orientamento delle politicheecc.

Determinante è che si trovino delle risposte a degliinterrogativi analoghi anche in relazione all’aiutobilaterale.La DSC deve inoltre far sì che in Svizzeraesista un mercato attrattivo per gli offerenti di pre-stazioni innovative: questo per evitare che le com-messe debbano essere aggiudicate all’estero. Deltornaconto economico di simili commesse – intesocome prodotto collaterale – non beneficerebbe lanostra economia bensì altre economie. Un fattodifficilmente comprensibile per i contribuenti.

In ultima analisi, non dobbiamo mai perdere di vi-sta che l’obiettivo precipuo rimane la riduzionedella povertà, ed è a quest’obiettivo che la scelta traaiuto bilaterale e multilaterale va subordinata. ■

(Tradotto dal tedesco)

Walter Fust Direttor DSC

Complementari ed interdipendenti

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Un solo mondo n. 4 / Dicembre 200422

(mr) Ahmedabad – 3,5 milioni di abitanti, la piùgrande città dello Stato del Gujarat, nel Nord-ovestdell’India, per la sua fiorente industria tessile notaanche come «la Manchester d’Oriente». Ma nellaregione il progresso e l’industrializzazione non so-no decisamente alla portata di tutti. Per centinaia di migliaia di intoccabili, i cosiddetti dalit, adAhmedabad il tempo si è fermato a metà del secoloscorso.«Dopo l’indipendenza, nel 1950 l’India ha ufficial-mente abolito il sistema delle caste,particolarmentediscriminante, ma nella realtà il governo continua atollerarlo», racconta Martin Macwan dell’organiz-zazione non governativa indiana Navsarjan, consede a Ahmedabad. Da dieci anni quest’organizza-zione lotta contro la discriminazione dei dalit. Intutta l’India vi sono 160 milioni di intoccabili. Iltermine dalit riassume la condizione di persona

considerata sporca, da non toccare, da non avvici-nare, e alla luce del giorno nemmeno da guardare.

Discriminati dalla nascita In fondo alla scala di valori della società indiana visono gli scavenger, gli uomini della spazzatura, chedebbono svolgere i lavori più ripugnanti. Gli sca-venger sono i più umili tra gli intoccabili. Solita-mente donne che a mani nude, per una miseramanciata di spiccioli, puliscono le latrine. «Non es-sendoci canalizzazioni funzionanti, le feci umanesono pescate a mani nude dai buchi delle toilette,raccolte in secchi di metallo e portate via sul capo.Stimiamo ad oltre ottocentomila, le persone inIndia che si guadagnano quel poco per sopravviverecon questo lavoro,veramente indegno per un essereumano», afferma l’attivista dalit Martin Macwan.La discriminazione degli intoccabili concerne ogni

Intoccabili - nel mirinodella discriminazione Chi desidera combattere la povertà deve iniziare dalla discri-minazione. In India milioni d’intoccabili lottano pacificamenteper i loro diritti più elementari e per un’esistenza nella dignità.Ufficialmente l’intoccabilità è stata abolita, ma di fatto la so-cietà delle caste non appartiene ancora al passato.

Bere dalla stessa tazza «Questa primavera ab-biamo organizzato unamarcia di liberazione attra-verso lo Stato del Gujarat.200’000 persone hannomarciato con noi. Il nostromotto era «Bere dallastessa tazza». Ancora oggimolti indiani non dividereb-bero mai il loro bicchierecon un dalit. Pensano chequesto gesto li renderebbeimpuri. La loro paura di divenire impuri è tale chedopo i tragici terremoti chehanno sconvolto la nostraregione taluni membri dellecaste superiori hanno rifiu-tato i primi soccorsi perchéportati da dalit». Martin Macwan, fondatoredi Navsarjan

Un solo mondo n. 4 / Dicembre 2004 23

La lotta contro la discri-minazione L’India è un paese priorita-rio della cooperazione allosviluppo elvetica.Impegnata in questo paesemultietnico sin dal 1961,essa concentra gli aiutinelle regioni semiaride del Deccan centrale(Karnataka, AndhraPradesh, Maharashtra), nel Rajasthan e nel Gujarat.I programmi della DSC so-stengono fra l’altro la lottadella società civile indianacontro le varie forme di di-scriminazione, sostenendoorganizzazioni per i dirittiumani e appoggiando ilprocesso di decentramentoin atto da alcuni anni in alcuni Stati del paese.

tività della sua ONG.Anche Günther Bächler, re-sponsabile della sezione DSC Prevenzione e tra-sformazione dei conflitti, è convinto della validitàdi quest’orientamento. Per lui è chiaro: «Se vo-gliamo lottare contro la povertà, dobbiamo iniziarecombattendo la discriminazione con la non vio-lenza».

«Dalit Shakti Kendra»Navsarjan è attiva nei più disparati ambiti: dall’or-ganizzazione di marce di liberazione alla scolariz-zazione di adulti. Con il sostegno della DSC, aSanand presso Ahmedabad quest’ONG gestisce uncentro di formazione professionale per giovanidonne e uomini. «Senza una formazione professio-nale i dalit e i membri delle caste inferiori nonhanno alcuna opportunità sul mercato del lavoro.Se vogliamo cambiare questa società, non dob-biamo solamente agire a livello di coscienza collet-tiva, ma anche offrire alle persone prospettive eco-nomiche tangibili», afferma Macwan. Impegnatonella difesa degli interessi di queste persone da ora-mai oltre vent’anni,Macwan ha ottenuto già diversiriconoscimenti internazionali.Dalla sua fondazione, avvenuta quattro anni fa, icorsi di formazione professionale del «Dalit ShaktiKendra» sono frequentati da 1’000 partecipantil’anno, che possono scegliere fra dieci differenti in-dirizzi – dal design tessile alla fabbricazione di mo-bili,dalla formazione di conducente alla meccanica,passando da una formazione informatica di base. ■

(Tradotto dal tedesco)

ambito della vita. Il 50 per cento circa dei bambinidalit, fra le ragazze la quota sale addirittura al 64 percento, non può frequentare la scuola elementare inparte a causa delle umiliazioni inflitte dagli inse-gnanti. Le riforme nazionali non vengono appli-cate, e ciò causa l’estensione progressiva della po-vertà tra i dalit.Uno studio di Navsarjan ha rivelatoche in 250 villaggi dello Stato del Gujarat i dalit sa-rebbero i legittimi proprietari di 2’428 ettari, terreche in realtà non posseggono.

Resistenza non violenta Anche nell’assegnazione di impieghi pubblici gliintoccabili sono considerati per ultimi, a dispettodella regolamentazione ufficiale delle quote. Le ci-fre parlano da sé:pur rappresentando il 23 per centodella popolazione indiana, i dalit e le persone dellecaste più basse occupano a malapena il 5 per centodegli impieghi statali. La situazione è inversa per imembri delle caste superiori che pur rappresen-tando solo il 25 per cento della popolazione occu-pano l’89 per cento degli impieghi pubblici.Dall’introduzione delle quote – che riducono solominimamente i privilegi delle caste superiori – visono stati ripetuti scontri sanguinosi con centinaiadi vittime tra i dalit. In tutta l’India, gli intoccabiliche si oppongono alla discriminazione delle castesono oggetto degli atti di violenza più brutali.Soprattutto le donne sono molto spesso vittime dirappresaglie.Nonostante tutto, Macwan è convinto che mal-grado i soprusi subiti, la lotta per la liberazione deidalit debba essere non violenta. Questo approcciodella resistenza non violenta caratterizza tutte le at-

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Un solo mondo n. 4 / Dicembre 200424

(mr) A metà marzo di quest’anno la città di Mitro-vica (Kosovo) veniva scossa da atti di inaudita vio-lenza provocati da una falsa notizia dei media ko-sovari sulla morte di tre ragazzini albanesi chesarebbero stati inseguiti da alcuni serbi con i lorocani. È questa la conclusione a cui giunge un rap-porto dell’Organizzazione per la sicurezza e la co-operazione in Europa (OSCE).«Se non vi fosse stata una divulgazione irrispettosae scandalistica sugli avvenimenti del 16 e del 17marzo, forse gli eventi si sarebbero svolti altrimenti.Forse non sarebbero stati così brutali, forse non sa-rebbero nemmeno avvenuti», dice il rapporto. Nelmirino del rapporto in particolare l’emittente tele-visiva RTK (Radio Television Kosova), costituita efinanziata con fondi internazionali, che funge pra-ticamente da emittente di Stato. La DSC sostienedal 1999 Radio RTK, segnatamente nell’ambitodel perfezionamento del personale e dell’infrastrut-tura.

Riflettere sul ruolo dell’emittente radio Per Simon Junker, incaricato di programma DSC

per il Kosovo, dopo gli avvenimenti dello scorsomarzo è evidente che l’impegno della DSC nonpuò essere sospeso. «Il nostro ufficio della coopera-zione a Pristina deve proseguire il dialogo con la di-rezione di RTK e spingerla a riflettere criticamenteanche sul ruolo delle catene radio RTK assunto du-rante i disordini di marzo», spiega Junker.Nell’attuale fase del progetto, che si protrarrà fino amarzo del 2005, l’accento sarà posto sulla forma-zione e il perfezionamento del management e deigiornalisti. Il mandato è stato affidato a Swissinfo.«Nondimeno, alla pratica e all’etica giornalisticanon viene data importanza solo dagli eventi dimarzo», sottolinea Junker. Molti donatori interna-zionali hanno sospeso il finanziamento di RTK giànel 2003 considerando terminato il loro mandato.Ora, il rapporto dell’OSCE dimostra come il ritirosia stato prematuro. ■

(Tradotto dal tedesco)

«Radio Kosova» e «Blue Sky» Attraverso il sostegno allacreazione di due stazioniradio pubbliche, la DSC in-tende contribuire allo svi-luppo di una società plura-listica nel Kosovo. Leemittenti finanziate «RadioKosova» e «Blue Sky»sono parte integrante dellasocietà radiotelevisiva RTK(Radio Television Kosova).Il progetto comprende laformazione del team RTK alivello sia di lavori pratici siadi teoria del giornalismo. Inquesta quinta fase del pro-getto, le due stazioni radiodi RTK verranno sviluppatein modo tale da consen-tirne il finanziamento auto-nomo e da permettere il ritiro della DSC dal programma. A tale scopooccorreranno ulteriori for-mazioni a livello di realizza-zione dei programmi, mo-derazione, gestione egaranzia della qualità.

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Un incidente accaduto in Kosovo dimostra come sia difficilefornire notizie corrette da zone belliche. La DSC prosegue perciò il suo impegno a favore di una formazione giornalistica degli operatori media.

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La Svizzera sul banco diprova (grg) In quanto membro delComitato di aiuto allo sviluppodell’OCSE (DAC), la Svizzera sisottopone regolarmente a unesame nazionale. Questo cosid-detto peer review viene effettuatoda due altri paesi membri delDAC. La Svizzera si era sotto-posta all’ultimo esame nel 2000 e ora il prossimo è già alle porte.In un primo passo essa elaboreràentro fine anno all’attenzione delDAC un rapporto nel quale pre-senterà un bilancio dettagliatodel suo lavoro, riservando unaspeciale attenzione al suo posi-zionamento riguardo agli obiet-tivi e alle strategie concordate alivello internazionale.Verso feb-braio/marzo 2005 esperti dellaNorvegia, della Nuova Zelanda edel DAC analizzeranno l’insiemedella cooperazione allo sviluppodella Svizzera. Da un lato, esami-neranno l’operato concretosvolto sul posto: a questo scopoverranno sottoposti a una valuta-zione i progetti e i programmirealizzati in Bosnia-Erzegovina e

in Vietnam. Dall’altro, l’esame siestenderà anche alla centrale aBerna, analizzando l’imposta-zione strategica, la cooperazionemultilaterale, nonché le proce-dure e le strutture amministrativedella cooperazione svizzera allosviluppo e della cooperazionecon l’Europa orientale. I risultatidel peer review sono attesi per ilmese di giugno 2005 sotto formadi un rapporto contenente leconstatazioni e le raccomanda-zioni all’attenzione dellaSvizzera. Questo rapporto saràpubblicato e la Svizzera espri-merà il suo parere in merito.L’esame è concepito quale pro-cesso d’apprendimento da cuidovrebbero trarre profitto sia laSvizzera sia gli altri paesi dona-tori.

Gli uffici di cooperazione inrete (bf ) Il sito web della DSCwww.dsc.admin.ch ha il compito di fungere da piattaforma d’in-formazione e di comunicazione.E ciò che vale per la sede cen-trale vale di principio anche per

gli uffici di cooperazione.Anchenei paesi prioritari della DSC nelSud e all’Est, il web può e devesvolgere un ruolo centralenell’ambito della comunicazionecon la popolazione, i partner, igoverni o le organizzazioni nongovernative locali.Affinché ciòsia possibile, la DSC ha creatouna piattaforma web centraliz-zata, impostata con lo stesso si-stema del sito web della sedecentrale della DSC.Tramitewww.dsc.admin.ch (cliccare su«Altri siti della DSC») sarannoreperibili entro fine anno unaquarantina di siti web degli ufficidi cooperazione: da quelli inBolivia o in Nepal, a quelli in Tanzania piuttosto che inUcraina.Attivando in rete questisiti, la DSC si prefigge di pro-muovere l’utilizzo sistematico diinternet in quanto piattaforma diinformazione e comunicazioneinterattiva legata all’attualità,nonché di assicurare un’adeguatae comune presenza in internet.La gestione tecnica e il supportoavverranno in Svizzera, i con-tenuti saranno però decisi a li-

vello locale o decentrale. Le pa-gine web non presenterannodunque solo programmi, progettie altre attività locali degli uffici di cooperazione, nonché gli indi-rizzi di contatto, ma vi trover-anno spazio anche notizie locali.

Dietro le quinte della DSC

(bf ) Il coordinamento fra donatori è da tempo un fattore rile-vante della cooperazione allo sviluppo. Per coordinarsi, nella mi-sura in cui ciò si riveli utile, gli attori principali si riuniscono at-torno a un tavolo per trovare insieme delle intese ragionevoli.Questo avviene di regola a livello di paesi, con il coinvolgimentoorganizzativo di organi di coordinamento quali, per esempio, laBanca mondiale o il Programma di sviluppo delle Nazioni UniteUNDP.Ma l’esperienza degli ultimi anni ha provato che non ba-sta coordinarsi per esempio per il programma in favore di unpaese oppure di un settore quale la formazione professionale, il si-stema scolastico o il sistema sanitario. Per rendere più efficiente ilcoordinamento ed efficace l’aiuto, è necessario semplificare eadattare ulteriormente anche gli approcci teorici allo sviluppo, iprocessi di realizzazione e i requisiti amministrativi. Il coordina-mento è dunque irrinunciabile anche per armonizzare le strate-gie e le procedure comuni volte a conseguire risultati migliori.Per questa ragione, in occasione di varie conferenze internazio-nali dei donatori (in particolare quelle di Monterrey e Roma), ilconcetto di coordinamento dei donatori ha conosciuto un am-pliamento. Nuovi concetti quali l’armonizzazione fra donatori,

Che cos’è… il coordinamento fra donatori?

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Un solo mondo n. 4 / Dicembre 2004

l’allineamento (alignment) o la semplificazione (simplification) sonodivenuti fondamentali. Un’ulteriore conferenza («Roma II») ve-rificherà nel 2005 i progressi compiuti.

Un solo mondo n. 4 / Dicembre 200426

legge islamica sulla fornicazione, in vigore dal 1979.Le discriminazioni e la violenza contro le donnenon sono dovute unicamente al diritto religioso,ma sono il frutto di un sistema comprendente an-che le leggi laiche, codici tribali, tradizioni ance-strali e interpretazioni talvolta scorrette del Corano.Ad esempio, una norma comunemente accettatavuole che le ragazze debbano abbandonare lascuola a dodici anni – ammesso che siano state sco-larizzate.«Le persone credono in buona fede che l’educa-zione delle bambine sia anti religiosa. Il che è na-turalmente errato. Il profeta Maometto incoraggial’acquisizione del sapere, senza fare distinzione traragazzi e ragazze», fa notare Fatima Kassim dell’uf-

Nel marzo del 2001, Zafran Bibi si reca al com-missariato del suo villaggio, nel Nord-ovest delPakistan. Incinta di qualche settimana, denuncia ilcognato di averla violentata approfittando del fattoche il marito è in prigione. Purtroppo non puòpresentare i quattro testimoni di sesso maschile ri-chiesti dalla legge.Non soltanto lo stupratore è pro-sciolto, ma la giovane donna è arrestata e ricono-sciuta colpevole di adulterio, giacché la gravidanzacostituisce la prova che ha avuto rapporti sessuali aldi fuori del matrimonio. Sarà condannata a morteper lapidazione. Una sentenza annullata in seguitodalla corte d’appello.Il caso è lungi dall’essere isolato. In Pakistan, l’88per cento delle detenute è accusato d’infrazione alla

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Cooperazione e islam: un

Dall’11 settembre 2001, gli stereotipi prosperano: agli islami-sti che l’accusano d’imperialismo o di decadenza, l’Occidenterisponde che l’islam è una religione intollerante, retrograda. La cooperazione internazionale si chiede in che modo sor-montare gli ostacoli culturali e i malintesi, per evitare che compromettano il suo impegno per lo sviluppo. Di Jane-LiseSchneeberger.

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Leggi, costumi e donneI diritti della donna sonospesso scherniti nel nomedi leggi «islamiche», basatesu interpretazioni diversedel Corano e intimamentelegate alle tradizioni locali.La rete internazionaleWomen Living UnderMuslim Laws WLUML(Donne che vivono sotto le leggi musulmane) hamesso a confronto i si-stemi che influiscono sullavita delle donne in unaventina di paesi e ha pub-blicato un manuale chesvela la complicata dina-mica delle norme legali, re-ligiose e consuetudinarie.Vi si legge, ad esempio,che la poligamia è vietatain Tunisia, soggetta a unadecisione giuridica aSingapore e autorizzatafino a un massimo di quat-tro mogli in Nigeria. Per leragazze, l’età legale percontrarre matrimonio è di16 anni in Egitto, 15 nelleFilippine, 10 in Sudan,mentre la Malesia non fissanessuna età limite. Neipaesi con leggi che pro-teggono i diritti della donnasi perpetuano spesso intutta impunità pratichecome il ripudio unilateraleda parte del marito, i matri-moni precoci o la poliga-mia. WLUML, Knowing ourrights: women, family, lawsand customs in the muslimworld, Londra, 2003,www.wluml.org

Afghanistan

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rapporto non sempre facile

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ficio di cooperazione della DSC a Islamabad.La DSC realizza in Pakistan numerosi progetti tesia migliorare la condizione della donna e il suo ac-cesso all’educazione.Parallelamente discute di que-sti problemi con il potere centrale e con il governoislamico al potere nella provincia della frontieraNord-occidentale. «Facciamo un lavoro di sensibi-lizzazione a differenti livelli con lo scopo di favo-rire un cambiamento», osserva Jean-Marc Clavel,incaricato di programma. «Non è ammissibile chesi giustifichino discriminazioni nel nome di prati-che culturali differenti. Il Pakistan ha sottoscritto leconvenzioni internazionali sui diritti umani, e deverispettarle». In Pakistan, come in altri paesi musul-mani, certi interlocutori rimangono sordi dinanziad argomenti del genere. Molti islamisti rifiutanosia i diritti umani, sia la democrazia.Per loro si trattadi nozioni inventate dall’Occidente,non applicabilialle società musulmane. Con l’ascesa dell’islam po-litico, il confronto tra i due sistemi di valori è piùvirulento e si ripercuote sulla cooperazione inter-nazionale e l’aiuto umanitario, il cui personale èpreso di mira in Iraq, in Cecenia o in Afghanistan.

Riconoscere le diverse anime dell’islamDall’11 settembre 2001, le barriere culturali preoc-cupano gli attori dell’aiuto internazionale. C’è chipensa che l’islam sia d’ostacolo allo sviluppo. «Lo èquando regimi antidemocratici, partiti populistiopportunisti o gruppi politico-religiosi di estremadestra se ne servono per accedere o rimanere al po-tere», rispondono ricercatrici femministe.Talvolta i donatori danno troppo peso ai leader re-ligiosi nella pianificazione delle loro azioni. «È inu-tile consultare l’imam locale su un progetto di risa-namento o di allevamento di pecore», fa notare ToniLinder, coordinatore di un gruppo di lavoro sull’is-lam presso la DSC. Questo gruppo ha formulato

raccomandazioni all’attenzione degli operatori,rendendoli attenti sull’estrema diversità dell’islam,che viene vissuto in modo molto diverso da unpaese all’altro.Gli operatori devono inoltre essere consapevolidella complessità di ogni contesto. Non è raro chel’islam sia invocato per giustificare pratiche che direligioso non hanno proprio nulla. È il caso dellemutilazioni sessuali delle bambine e dei criminid’onore.

La stessa clientela Il gruppo di lavoro ha anche abbordato la delicataquestione delle relazioni con i partiti o gruppi isla-mici che ricorrono alla lotta armata, comel’Hezbollah in Libano o Hamas in Palestina.AnnickTonti, responsabile della sezione Medio Oriente eAfrica settentrionale, riassume la posizione dellaDSC: «Per principio non lavoriamo con nessunmovimento religioso, quale che sia la confessione.Ma ci capita di esservi confrontati durante le atti-vità quotidiane. In questo genere di situazionesiamo aperti al dialogo. Ed è possibile trovare deipunti d’intesa».I contatti, diretti o indiretti, non sono rari, giacchéi movimenti islamici offrono generalmente un so-stegno sociale alle fasce di popolazione più vulne-rabili, che sono anche «clienti» della cooperazione.La Svizzera fornisce ad esempio aiuti umanitari airifugiati palestinesi che vivono nei campi dellaStriscia di Gaza,dove Hamas è molto attivo.Questomovimento dispone di una vasta rete sociale in

Un miliardo di fedeli Nato nel VII secolo nellapenisola arabica, oggi l’i-slam è praticato da oltre unmiliardo di persone ripartitesui cinque continenti. Lamaggior parte di questaumma (la comunità dei fedeli, secondo il Corano)vive in Medio Oriente, in Asia e in Africa.L’Indonesia è la nazionemusulmana più grande,con 174 milioni di fedeli.Secondo le stime sareb-bero 30 milioni gli emigratimusulmani in Europa occi-dentale. L’Organizzazionedella conferenza islamica(OCI) riunisce 57 Stati,molto diversi a livello di le-gislazione e di regimi poli-tici. Solo una decina di essiapplica integralmente oparzialmente la sharia, lalegge islamica.

Tagikistan

Iraq

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Palestina di cui si serve per reclutare militanti e ri-unire elettori.

Carità e CoranoSe la lotta politica dei gruppi islamici va di paripasso con un sostegno ai diseredati, è perché la be-neficenza è il dovere di ogni buon musulmano. Lazakat, o elemosina, è il quinto pilastro dell’islam.Questa tradizione caritativa ha dato origine, neglianni ottanta, a numerose organizzazioni umanitarieinternazionali, finanziate soprattutto dai paesi delGolfo.Queste organizzazioni islamiche sono apparse perla prima volta in Afghanistan durante l’occu-pazione sovietica, prima di diffondersi nei paesi dell’ex Unione Sovietica e dell’ex Jugoslavia. Al-l’azione umanitaria esse coniugano una jihad poli-tico-religiosa che tenta di mobilitare le popolazionimusulmane e di reclutare partigiani nell’intento direislamizzare la società.Antoine Laham, che ha lavorato per diverse agen-zie umanitarie internazionali, ne ha incontrate inBosnia, Iraq e Kosovo: «Sul campo, tra gli operatorioccidentali e i confratelli islamici, che distribui-scono con una mano gli aiuti alimentari e con l’al-tra il Corano, i rapporti non sono dei migliori.Dall’11 settembre il dialogo è praticamente sospeso.Ci si ignora a vicenda».In Asia centrale queste organizzazioni, esportatricidi un islam conservatore, hanno contribuito al ri-sveglio religioso e alla diffusione dell’islamismo.Nel Tagikistan e in Uzbekistan,paesi a maggioranzamusulmana, sono state costruite migliaia di scuolecoraniche e di moschee grazie a fondi essenzial-mente sauditi. «In un ambiente così fortemente i-

slamizzato, la dimensione religiosa influenza le atti-vità della DSC», constata Derek Müller, incaricatodi programma. Nondimeno, non rappresenta unasse prioritario. «Il problema dell’Asia centrale nonè l’islam, ma il fossato sempre più profondo tra ric-chi e poveri, la pessima gestione degli affari pub-blici, la corruzione.Sono questi aspetti che possonospingere la popolazione verso un fondamentalismoo l’opposizione islamista, non la volontà di ripristi-nare il califfato. Eppure i regimi autoritari della re-gione invocano la lotta internazionale contro il ter-rorismo per giustificare la repressione di questa op-posizione». ■

(Tradotto dal francese)

Banca islamicaAl termine di una guerrache ha coinvolto svariateetnie nel Mali settentrio-nale, l’aiuto allo sviluppo ha partecipato alla ricostru-zione economica. Nel qua-dro di un progetto finan-ziato dalla Germania erealizzato dall’organizza-zione francese Fides èstata creata una banca islamica di microfinanza aLéré, in collaborazione coni commercianti e gli imamlocali, che fungono da me-diatori attestando la confor-mità dei contratti con ilCorano. Il concetto poggiasull’associazione di principibancari capitalisti e dinorme islamiche che im-pongono una ripartizionedei rischi tra il beneficiario eil datore del credito. La so-luzione scelta ha reso labanca accessibile a tutta lapopolazione in una regioneche conta due milioni diabitanti ma che finora erasprovvista di qualunquetipo di servizio finanziario.L’islam è comune a tutte leetnie. Ma taluni gruppi, piùreligiosi di altri, non avreb-bero potuto fruire dei ser-vizi di una banca costruitasul modello occidentale.

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I popoli coniano simboli capacidi articolare la loro realtà; incerte occasioni è però la stessarealtà ad incaricarsi di dar vitaad essi. Nell’ottobre del 1998,Isabella Arriola, una giovanemaestra garifuna (etnia di pellenera che abita il Caribe centro-americano) di Barra del Aguán,Honduras, si rinserrò in casanell’intento di proteggere la suafamiglia dalla violenza dell’ura-gano Mitch. La donna fu peròtrascinata via da una imponenteondata di piena del fiume che la trasportò, dopo aver sepolto isuoi tre figli e suo marito, cin-quanta chilometri in mareaperto. In quelle acque rimase agalla per sei giorni, disperata-mente attaccata a pezzi di legno,mangiando noci di cocco chespaccava con i denti e pregandoil cielo che non la assalissero glisquali. In preda alle allucina-zioni, si scopriva a desideraredelle ali per tornare a terra vo-lando, dormiva a intervalli e le sismarriva il pensiero nella brutaleimmensità di quell’oceano di so-litudine.Quasi una settimana di strazio,prima che una fregata inglese riuscisse a salvarla. Gli espertiuomini di mare ebbero difficoltàa credere alla sua storia; più dif-ficile ancora risultò convincerequei marinai che per Isabella sitrattava della seconda avventuradi quel tipo. Nel 1974, la furiadell’uragano Fifí l’aveva scara-ventata a 35 chilometri dalla co-sta, ed anche quella volta si erasalvata grazie all’intervento diuna nave. In effetti, questa espe-rienza del 1998 si era rivelatamolto più scioccante: quandol’elicottero della HMS Sheffieldla avvistò ed esplose alcuni ben-gala di posizionamento, Isabellapensò che stava per essere attac-cata da navi da guerra, come leera capitato di vedere alla televi-sione. Cercò addirittura di im-mergersi sott’acqua per non farsilocalizzare. Unica sopravvissuta

ad una catastrofe naturale che hafatto quasi ottomila vittime, ladonna fu ricoverata in un ospe-dale di emergenza nella città diTujillo, un porto in cui, nel lon-tano 1860, fu fucilato il filibu-stiere nordamericano WilliamWalker, catturato dalle autoritàhonduregne a bordo di un’altrafregata britannica. In seguito,Isabella andò a vivere con i suoifamiliari a New York.Questa fantastica avventuraumana genera inevitabilmentemolte metafore, anche se a mese ne presenta una sola, ed èquella di un possibile paragonestorico e sociale. Il Centro-america, termine di genere femminile in lingua spagnola,ha avuto un’esistenza simile aquella di Isabella. Per secoli,dopo l’indipendenza del 1821, isuoi cinque paesi hanno sognatola democrazia, ma lo sconfinatopotere di alcuni uomini glieloha impedito. Nel XIX secolo gliStati di questo istmo sono statiflagellati da qualcosa come tre-cento rivoluzioni e dodici ditta-ture (una di esse durò per ventianni); fra tutti, sono riusciti astilare una sessantina di carte co-stituzionali e hanno visto 150governi. È facile pensare cheuna regione che ha vissuto cosìtanti brividi sia destinata a soc-combere, a sparire; invece, l’i-stinto di sopravvivenza della suagente ha radici così profondeche oggi quei popoli aspiranoad entrare nei confini di unmondo migliore.In termini più vasti, e solo comeriferimento, il Centroamerica è una regione più grande diOlanda e Belgio messe assieme.I suoi sei paesi (se tra essi si in-clude il Panamá) hanno una su-perficie di mezzo milione dichilometri quadrati, quarantamilioni di abitanti, due mari,otto grandi città, venticinquequotidiani, duemila stazioni ra-dio, trenta vulcani, quaranta par-titi politici, cinquanta laghi,

un’ottantina tra università ecentri tecnologici, migliaia traprofessori ed intellettuali.Tra il1970 ed il ’90 si puntò sulla ri-voluzione di sinistra, che seppegenerare solo guerriglia e delu-sioni.Tra il 1990 ed il 2004 igoverni locali aderiscono alneoliberismo, ma serve solo perulteriori delusioni, gli indici dipovertà non diminuiscono. Unrecente studio dell’UNDP se-gnala che una discreta percen-tuale della popolazione consen-tirebbe governi autoritari, se essiriuscissero a farla uscire dall’at-tuale stato di povertà. Sempre dipiù, imperano le semplici ambi-zioni di sopravvivenza, ed ilCentroamerica appare dispostoancora una volta a ricominciare.Ma così è la condizione umana.I popoli non si suicidano mai,anche se cadono in depressione.Il modello di Isabella Arriola –altro simbolo – è un esempiointeressante per arrivare a cono-scere la nostra stessa realtà. ■

(Tradotto dallo spagnolo)

Semplici ambizioni di sopravvivenza

Carta bianca

Julio Escoto non è soltantouno degli scrittori e dei giornalisti più conosciutidell’Honduras, ma appartieneanche alla piccola cerchia diintellettuali maggiormente pro-filati del suo paese. La carat-teristica per la quale si distin-guono i suoi scritti è nella suaidentificazione con l’Hondurase con i valori di questa terra.Fra le opere più conosciute diquesto autore sessantenne –che ha ricevuto diversi ricono-scimenti a livello internazionale– sono da citare «Los guerre-ros de Hibueras», «El árbol delos Pañuelos» e «Rey del alborMadrugada». Non risultanotraduzioni in italiano di sueopere.

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In 20 anni le culture del Sud hanno conquistato il cuore del pubblico svizzero.Una parte di tale popolarità è dovuta all’operato di Culture & Développement.Questo servizio, creato nel 1985 dagli enti umanitari e cofinanziato dalla DSC,si dedica alla promozione degli artisti d’Africa, America latina e Asia residentiin Svizzera. Di Jane-Lise Schneeberger.

Scoprire le ricchezze culturali del SudFin verso la metà degli anniOttanta la cooperazione allo svi-luppo non sosteneva affatto leculture del Sud. Un manifestopubblicato nel 1984 dal giornali-sta svizzerotedesco Al Imfeld ri-vendicava un coinvolgimentomaggiore in questo campo. Ciòha incitato sei enti umanitari acreare un ufficio culturale co-

mune. «Il loro intento era di farscoprire agli svizzeri le ricchezzeculturali dei paesi nei quali sta-vano realizzando progetti di svi-luppo. Hanno incominciato a farvenire artisti da queste regioni.Poco a poco l’interesse si è spo-stato sugli artisti residenti inSvizzera, ma che ai tempi eranoancora poco numerosi», spiegaDagmar Kopse, condirettrice diC&D.

Cercasi disperatamente

Un’ampia collezione di audio-cassette, un centinaio di video eoltre 300 CD sono allineati suidue ripiani metallici. Ritagli digiornali, dossier di presentazionee programmi culturali riempionogli armadi. I locali di Culture &Développement (C&D), a due passidalla stazione di Berna, ospitanoarchivi ben riforniti, messi gra-tuitamente a disposizione degliambienti interessati.Vi si trovano

informazioni su circa 400 artistidel Sud.Alcuni vivono attual-mente in Svizzera, altri vi hannosoggiornato in passato. C&D hail compito di favorire l’integra-zione di questi artisti nel pano-rama culturale svizzero e di pro-muovere il dialogo interculturale.Circa il 90 per cento delle sue at-tività riguardano musicisti e can-tanti, che formano la categoriapiù numerosa.

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un suonatore di buzuq

Il 1992 ha segnato l’inizio dellacollaborazione con la DSC.Quest’ultima ha deciso di fornireun appoggio sostanziale alle atti-vità dell’ufficio e al Fondo cultu-rale Sud, che consente a C&D difinanziare manifestazioni locali eregionali. Nella seconda metà de-gli anni Novanta si sono molti-plicati in tutta la Svizzera i con-certi e altri eventi dedicati alSud. Davanti alla rapida diversifi-cazione dell’offerta, C&D hapreso l’iniziativa di mettere inrete gli artisti, gli organizzatori dimanifestazioni e le istituzioni dipromozione. L’ufficio ha creatoun sito in Internet (www.coordi-narte.ch) per agevolare gli scambifra tutti questi attori. Il suo se-gretariato, dapprima gestito dauna sola persona al 25 per cento,si è progressivamente espanso.Oggi quattro collaboratori si dividono 2,5 posti di lavoro.

Da giornalisti a scolarescheQuesto team realizza attività di

un libro sulla musica e la danzadel Sud in Svizzera. «Soukous,kathak et bachata» (vedi pag. 34)riflette in ampia misura le sueesperienze e i suoi incontri.

Letteratura e arti visive Nel 1998 C&D ha pubblicato, incollaborazione con la Dichiara-zione di Berna, una raccolta diletteratura svizzera in lingue stra-niere. Uscito solo in tedesco,«Küsse und eilige Rosen», presen-tava 30 autori originari del Sud e dell’Europa orientale. Questaincursione verso l’Est rimaneun’eccezione nelle attività diC&D, il cui mandato, in effetti,non si estende ai paesi europei.Dagmar Kopse spiega: «L’ufficioè figlio degli anni Ottanta.Alloragli organismi di cooperazioneallo sviluppo non operavano inEuropa orientale».Dopo la pubblicazione dell’anto-logia, C&D ha realizzato un pro-getto promozionale in favore dipittori, scultori e fotografi: i la-

vori di 13 artisti del Sud sonostati presentati nel 1999 presso laKunsthalle di Berna. «Abbiamovoluto organizzare questa esposi-zione in un luogo prestigioso perfar conoscere degli artisti ancoraampiamente ignorati. In Svizzerail mercato delle arti plastiche èristretto e alquanto ermetico»,osserva ancora Dagmar Kopse.

Tra autenticità e ibridazione La condizione di migrante creadifficoltà particolari per alcuniartisti. Nel campo della musica,la ricerca di partner, per esempio,può rivelarsi problematica, so-prattutto quando il musicistavuole preservare l’autenticità delsuo repertorio. Il cantante curdoMiço Kendes ha cercato in vanoin Svizzera un buon suonatore di buzuq, il liuto tradizionale delMedio Oriente. Per accompa-gnare le sue recitazioni cantate diepopee e leggende è costretto afar venire dei musicisti da Parigio Londra, se non addirittura dalla

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consulenza, documentazione eagenzia artistica. Risponde a ognitipo di richiesta: giornalisti chechiedono di fruire degli archivi,scolaresche che necessitano dimateriale per creare un progettointerculturale, parrocchie o co-muni che sollecitano consigli perpreparare un evento, artisti che siinformano sulle possibilità di fi-nanziamento, che cercano le co-ordinate di gallerie, teatri, clubmusicali ecc.Il segretariato di C&D svolge ilruolo di agenzia per musicisti,cantanti, danzatori, mimi e can-tastorie. Una volta l’anno invia atutti gli organizzatori di manife-stazioni culturali un elenco di 50artisti con i quali ha scelto dicollaborare. «Operiamo una sele-zione relativamente severa. Nonrenderemmo certo un buon ser-vizio alle culture del Sud propo-nendo produzioni di cattiva qua-lità», sottolinea Dagmar Kopse.In occasione del proprio 20° difondazione C&D ha pubblicato

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Siria. Il gruppo di musica cubanaAmbos Mundos, fondato nel1995, si è scontrato con lo stessoproblema.All’inizio, tre dei suoimembri giungevano regolar-mente dall’Avana. In seguito ilgruppo ha scovato in Svizzera al-cuni musicisti cubani di talento.Altri artisti hanno optato subito

per un’ibridazione musicale,come il duetto Ramos-Schneider, un’arpista argentina e un chitarrista tedesco, con basea Zugo. Dal canto loro, il gam-biano Basuru Jobarteh e la sviz-zera Rebekka Jobarteh-Otthanno unito sia i loro destini chele sonorità della kora e dell’arpaceltica.

Patrimonio preservato dagli esuli Se un certo numero di artisti si

sono stabiliti in Svizzera peramore, altri hanno lasciato il loropaese per ragioni politiche. È ilcaso, per esempio, dei congolesi:la maggior parte è fuggita dalladittatura di Mobutu, altri sonogiunti successivamente, cercandoriparo dalla guerra civile. Unmovimento inverso s’innesca

quando la situazione politica mi-gliora. Dopo l’abolizione dell’a-partheid, per esempio, quasi tuttigli artisti sudafricani sono rien-trati nel loro paese. Per altri rifu-giati, come il cantante tibetanoLoten, l’esilio sembra non doverfinire mai. Dopo essere stato in-segnante al Villaggio dei ragazziPestalozzi di Trogen, Loten ha ri-preso il suo dranyen e accompa-gna con questo liuto tibetano icanti tradizionali del suo paeseper farli conoscere nel mondo.

In Afghanistan, 25 anni di guerrahanno costretto la cultura all’esi-lio. Cinque musicisti afganihanno costituito a Ginevral’Ensemble Kaboul, che gode oradi fama internazionale. Questogruppo strumentale ha contri-buito a preservare il patrimoniotradizionale quando i talebani

avevano vietato ogni forma di divertimento all’interno delpaese. ■

(Tradotto dal francese)

Informazioni in reteLa rete culturale www.coordi-narte.ch, creata da C&D nel1998, s’indirizza soprattutto agliorganizzatori di manifestazioni, aimedia e agli sponsor. Ma il sitointernet è accessibile a chiunque.Propone una quantità d’informa-zioni sugli artisti del Sud che ri-siedono in Svizzera. Un’agenda,regolarmente aggiornata, recen-sisce le manifestazioni, le esposi-zioni, i festival e altri progetti chefanno conoscere le culture delSud in Svizzera. Il sito contieneinoltre una guida alle principaliistituzioni di promozione pubbli-che e private.www.coordinarte.ch

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I Balcani a Soletta (bf ) Da tre anni le Giornate delfilm di Soletta ospitano nella se-zione «Invitation» la cinemato-grafia di un paese. In occasionedel prossimo anniversaria – nel2005 le Giornate si terranno in-fatti per la quarantesima volta, se-gnatamente dal 24 al 30 gennaio– esse ospiteranno i paesi balca-nici Croazia, Bosnia-Erzegovina,Serbia, Montenegro e Kosovo.«Invitation Balkan» presenterà,mediante sorprendenti e avvin-centi film di vario genere (docu-mentari, pellicole sperimentali,lungometraggi ecc.), una panora-mica della ricca e variata crea-zione cinematografica dei paesibalcanici, cercando nel contempodi dare un’immagine diversa diquella predominante alle nostrelatitudini.A dieci anni dallaguerra è ancora necessarioproiettare film contro l’oblio efilm che già durante il periodobellico avevano concretamenteanalizzato la situazione.«Invitation Balkan» alle Giornatedel film di Soletta dal 24 al 30 gennaio; per informazioni:www.solothurnerfilmtage.ch

Né polizia, né neri, né bianchi (dg) A Ginevra, da alcuni anni, sista realizzando un progetto uniconel suo genere a livello sia sviz-zero che internazionale: la poliziacollabora con rappresentantidelle comunità di immigrati, alloscopo di avviare il dialogo neces-sario alla convivenza fra indigenie stranieri. Il film «Pas les flics,pas les noirs, pas les blancs» pre-senta un incontro con Alain, cheha lanciato il progetto. Fortedelle sue esperienze, che la re-pressione è votata al fallimento,il giovane vuole trovare soluzioniattraverso la mediazione intercul-turale. Il film è particolarmenteadatto per l’impiego nell’inse-gnamento delle lingue straniere(francese, inglese, spagnolo).«Pas les flics, pas les noirs, pas lesblancs» di Ursula Meier, 2002.

documentario, DVD, 72 min.,VOfrancese, sottotitoli in tedesco/inglese/spagnolo, dai 16 anni. Noleggio evendita: Bildung und Entwicklung,tel. 031 389 20 21,[email protected];ZOOM, tel. 01 432 46 60, [email protected]; Prezzo: CHF 55.–per scuole e insegnanti, CHF 75.–per centri mediatici (incl. diritti dinoleggio), sussidio didattico suwww.filmeeinewelt.ch

Postdiplomi Il corso postdiploma NADEL(studio postdiploma per i paesi invia di sviluppo) del Politecnicofederale di Zurigo offre fino aluglio 2005 i seguenti corsi diperfezionamento:30.3.-1.4. Seminario di consoli-damento nell’ambito del corsopostdiploma in cooperazione allosviluppo 4.4.-8.4. Introduzione alla piani-ficazione di progetti e pro-grammi 9.5.-13.5. Potenziali e limiti dellacooperazione allo sviluppo nellapromozione della buona gestionedegli affari pubblici e della de-centralizzazione 17.5.-20.5. Corruzione e con-trollo della corruzione nei paesiin via di sviluppo 23.5.-27.5. Monitoraggio nellagestione di progetti e programminell’ambito della cooperazioneallo sviluppo 6.6.-10.6. Rapid OrganisationalAppraisal nella scelta di partnerper la cooperazione nell’ambitodi progetti21.6.-24.6. Promozione del set-tore privato27.6.-1.7. Promoting moreSustainable Livelihood:Approaches and PracticesChiusura delle iscrizioni: 1 meseprima dell’inizio del corso in que-

stione. Informazioni e documenta-zione per l’iscrizione: NADEL-Sekretariat, ETH Zentrum VOBB 12, 8092 Zurigo,tel. 01 632 42 40;www.nadel.ethz.ch;e-mail: [email protected]

Gettare un ponte(bf ) La microfinanza aveva finora fornito buone prove inpaesi in via di sviluppo quali ilBangladesh, l’Ecuador, il Perù o l’Uganda. Ora questo rodato espesso redditizio sistema di pic-colo credito potrebbe servire anche agli investitori elvetici inquanto strumento d’investi-mento. Gli investitori privati che,mediante i loro investimenti,vogliono conseguire non solo untornaconto finanziario ma ancheuna «rendita sociale» avranno cosìla possibilità di impegnarsi nelcampo del piccolo credito.A questo scopo partner tanto diversi come per esempio laBanca alternativa, l’olandeseAndromeda-Fund, il gruppoRaiffeisen o il Credit Suisse sisono uniti per promuovere lafondazione della società anonimaResponsAbility. Simili «investi-menti sociali» dovrebbero con-sentire di gettare un ponte fra ilmercato finanziario e la coopera-zione allo sviluppo. Per questa ragione ResponsAbility – che intrattiene un dialogo sui temiinerenti alla politica di sviluppo e al finanziamento delle piccole e medie imprese sia con la DSCche con il seco – persegue oltreall’utile economico sempre an-che un plusvalore sociale.Per ulteriori informazioni:ResponsAbility – Social InvestmentServices SA, casella postale 501,8032 Zurigo; www.responsAbility.ch

Apprendimento globale(bf ) Varie ONG svizzere sono at-tive nel campo della formazionee sostengono il corpo insegnantenel compito di trattare in classele interrelazioni e le sfide mon-

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diali mettendo a disposizionedossier didattici e corsi, giochi evideo sui temi legati all’apprendi-mento globale. Gli argomenti affrontati sono in particolare: in-contri interculturali, migrazione,asilo, diritti umani e dei bambini,lavoro per la pace, prevenzionedei conflitti, economia, ecologiae cooperazione allo sviluppo.La Fondazione Educazione eSviluppo aiuta gli insegnanti aorientarsi fra la miriade di pro-poste pubblicando regolarmenteun poster con una selezione delleofferte formative delle ONG. Ivari progetti sono presentati pertema, gradi di scuola e organi-smo. L’elenco dei progetti propo-sti alle scuole dalle ONG ro-mande esce due volte l’anno infrancese, quello delle ONG sviz-zerotedesche una volta l’anno intedesco.L’ultima «liste des projets des ONGà l’intention des écoles» è reperibilesu www.globaleducation.ch, rubrica«Réseau», o può essere ordinata a:Fondation Education et Développe-ment,Av. De Cour 1,1007 Losanna,tel. 021 612 00 81; la «NRO-Bildungsangebotsliste» si trova sullostesso sito, rubrica «Vernetzung» o va ordinata a: Stiftung Bildung undEntwicklung, Monbijoustrasse 31,3011 Berna, tel. 031 389 20 21

Lo charme del rai(er) Il cantante algerino di rai einstancabile sperimentatore ChebMami presenta un insolito albumcon dodici duetti, quattro deiquali inediti. Rappresentano verie propri eventi sonori con locharme del rai, che vedono fra

l’altro coinvolti Ziggy Marley,Samira Said o Tonton David.Sono anche crossover genuini,conditi con ingredienti quali ilrap, lo scratching, l’hip hop beat,il reggae riddim, l’italo-rocksoulo l’asian groove e, naturalmente,sempre con il «blues maghre-bino». Si tratta inoltre di canzoniimpegnate sulla «génération per-due», sugli emigranti imbrogliati,sulla lacerazione fra la patria per-duta e quella nuova. E da ascol-tare ci sono voci d’eccezione:quella un po’ adolescenziale,penetrantemente acuta di ChebMami si unisce a quella piena e roca di Zucchero per languireinsieme o fluttua con quella sospirante di malinconia diSusheela Raman in un dialogotrasognato. E quando al lamentorappante di Mami e Idir, suoconnazionale kabila, si uniscono i suoni della cornamusa è facilesentire i brividi scorrere sotto la pelle d’oca.Cheb Mami: «Du Sud Au Nord»(Virgin Music/EMI)

Attimi d’incanto(er) Generalmente in luglio va inscena il Paléo Festival Nyon conla sua ricca offerta musicale. Eccoperché per i fan della world mu-sic è ormai quasi un must parte-ciparvi. Dal 2003 il «Village duMonde», postazione dove in col-laborazione con la DSC vengonopresentati gli affascinanti ritmi esuoni di altri continenti, non fache rendere la cosa ancor più im-perativa. Quest’anno si sono sen-titi concerti di 18 esponenti dellascena musicale latinoamericana.Alcuni notevoli saggi della lorocreazione sono presentati da unsampler compilato con grandecura. I track – come per esempioquello del cubano EliadesOchoa, leggenda del Buena VistaSocial Club, oppure quello delledue cantanti peruviane di músicanegra Tania Libertad e LucyAcevedo – consentono non solodi rivivere l’indimenticabile at-

mosfera, ma danno a chi è rima-sto a casa la possibilità di viveremolti attimi d’incanto: per esem-pio quando la suadente vocedella giovane cantante messica-nocanadese Lhasa s’insinua sottola nostra pelle o il penetrante eimpegnato messaggio fiesta skadella band messicana PanteónRococó ci fa fremere le gambe.Interpreti vari: «Paléo Festival Nyon‘Village du Monde 04’AmericaLatina» (Paléo FestivalNyon/Disques Office)

Dondolio sotto i raggi delsole(er) Il reggae fa parte della globalmusic. Dai primi anni 1970 il rilassato rasta groove giamaicanoincanta un’audience e una scenadella world music sempre mag-giore. È ciò che documenta l’in-traprendente etichetta Putumayocon una compilation di dodicitrack dolcemente molleggianti,talvolta un po’ tristi ma poi dinuovo allegre e flippate, chescandagliano l’orizzonte dell’e-misfero del reggae: nei Caraibi,in Africa e in Europa.All’ascoltoinvitano headliner quali ApacheIndian, Majek Fashek, GnawaDiffusion o Alpha Blondy, in-sieme a grandezze ancora tutteda scoprire qui nel nostro paese.Un’occasione per sentire laidback beats classici con ritmi sin-copati, sound impregnati di fiati,voci e cori imploranti, passaggimelodici alla chitarra e al flauto,ma anche liriche penetranti. Siavvertono la malinconia capover-diana del morna reggae, traccearabe in filigrana o tocchi bhan-gra indiani. Un avvincente ag-

giornamento di una marciatrionfale nel campo della musica,che ci invita a dondolare sotto iraggi del sole.Interpreti vari: «World Reggae»(Putumayo/Disques Office)

Un giro del mondo inSvizzera( jls) Alcune centinaia di musicistie danzatori del Sud si sono stabi-liti in Svizzera. Pubblicato daCulture & Développement, a questi migranti che svolgono unruolo sempre più importantenella vita culturale locale è oradedicato un libro il cui titolo appare enigmatico ai non iniziati:«Soukous, kathak et bachata».Queste parole stanno per unamusica popolare del Congo, unadanza classica indiana e una mu-sica di carattere malinconico natanella Repubblica dominicana.L’opera è redatta da una ventinadi autori, principalmente giorna-listi, musicisti e musicologi.Alcuni articoli analizzano le con-dizioni di lavoro degli artisti delSud, l’impatto dell’emigrazionesulla loro musica e i legami cheessi intrattengono con le rispet-tive tradizioni musicali.Altricontributi si chinano sulle comu-nità straniere in Svizzera, la pro-mozione culturale o il boom deicorsi d’iniziazione alla danza ealla percussione.«Soukous, kathak et bachata», a curadi Mauro Abbühl, Chudi Bürgi eDagmar Kopse. Fotografie di DrissManchoube. Edizioni d’En Bas,Losanna, 2004

Guerra civile e politica di sviluppo (bf ) Le guerre civili rivelanosempre anche il fallimento dellosviluppo; mentre, dall’altro lato,un maggiore sostegno ai processidi sviluppo può ridurre la proba-bilità di guerre civili e contribui-sce a evitare costi non solo na-zionali, ma anche regionali e globali. È questa la tesi delgruppo di ricercatori che ha

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Servizio

scritto «Breaking the ConflictTrap. Civil War and DevelopmentPolicy». Basandosi su delle inda-gini gli autori giungono a varieconclusioni. Primo: la guerra civile e lo sviluppo economicosono strettamente interdipen-denti, e ciò in senso sia positivoche negativo. Secondo: il rischiodi una guerra civile varia consi-derevolmente da Stato a Stato, e i paesi senza sviluppo economicocorrono il rischio di finire in unaspirale di conflitti.Terzo: il ripe-tuto insorgere di guerre civili èimputabile alla passività della comunità internazionale, perchéquest’ultima identifica le cause alivello religioso ed etnico anzichéa livello economico. Il libro ana-lizza fattori che causano, manten-gono e prolungano i conflitti eillustra gli schemi comuni ravvi-sabili nelle condizioni sociali,politiche ed economiche di unpaese coinvolto in un conflitto.«Breaking the Conflict Trap. CivilWar and Development Policy» diPaul Collier,Anke Hoeffler et al.;Washington D.C.,World Bank eOxford University Press, 2003,ISBN 0-8213-5481-7

Saccheggio biologico delSud( jls) Due eventi hanno reso neglianni 1980 la questione dei bre-vetti una posta politica cruciale:la Corte suprema degli StatiUniti ha deciso di estendere ibrevetti agli organismi viventi, el’industria americana ha fatto in-serire nella legislazione interna-zionale un trattato che imponeun regime uniforme dei brevetti

e protegge i diritti di proprietàintellettuale. In «Il mondo sottobrevetto» Vandana Shiva mostraquali sono le conseguenze mo-rali, economiche ed ecologichedel nuovo regime, che si rivelaparticolarmente pregiudizievoleper i popoli del Sud. La scien-ziata ed ecologista indiana sotto-linea che essi sono vittime di unvero e proprio saccheggio biolo-gico. I saperi e le piante indigenediventano «proprietà intellet-tuale» delle multinazionali delNord. Fra le sue varie derive,questo sistema obbliga gli agri-coltori a pagare tributi per utiliz-zare le sementi che in passatopotevano conservare e scambiareliberamente fra vicini.Vandana Shiva: «Il mondo sotto bre-vetto», Milano, Feltrinelli, 2002

Scissi fra tradizione emodernità (vuc) In Burkina Faso l’escissionedelle ragazze è proibita. Ma que-sta decisione del governo nonmanca di gettare lo scompiglio inmolte comunità del paese, datoche costringe ad abbandonareuna tradizione. In «Cicatrice.Un village et l'excision» seguiamola vicenda della piccola Bagninache, secondo la tradizione, do-vrebbe essere «tagliata» per di-ventare donna e le discussioni

che provoca questo atto fra lagente del villaggio. Le fotografiein bianco e nero accompagnanoil testo in una specie di cronacadella vita quotidiana di un villag-gio del Burkina Faso scisso fratradizione e modernità.«Cicatrice. Un village et l'excision»,con fotografie di Benoît Lange e testidi Dominique Voinçon, edizioniFavre, Losanna, 2004

Il Corano contro i mullah ( jls) Quando i conservatori ira-niani appresero che il PremioNobel per la pace 2003 sarebbestato assegnato alla loro compa-triota Shirin Ebadi gridarono al-l’infamia e disprezzarono il rico-noscimento, in quantoricompensava «persone che ope-rano contro i principi islamici».Ma questa giurista cinquantaset-tenne, che difende i diritti delledonne e dei minori in Iran, ri-mane una musulmana convinta.Si batte contro i mullah utiliz-zando la loro stessa arma, ilCorano, per dimostrare che nu-merose leggi non sono affattogiustificate dall’islam. In un librointitolato L’Iran des réformes, l’i-rano-tedesca Katajun Amirpur,specialista in islamologia, tracciail ritratto della celebre avvocata.Seguendo il percorso di ShirinEbadi il libro descrive l’evolu-zione del sistema politico dallarivoluzione islamica del 1979,analizzando in particolare il fun-zionamento delle istituzioni ira-niane, il potere sproporzionatodei conservatori e la progressionelaboriosa delle riforme.Katajun Amirpur: «L’Iran des réfor-

mes, avec Shirin Ebadi, prix Nobelde la paix», edizioni Alvik, Parigi,2004 (non risulta traduzione ita-liana)

Dall’elettricità alla biotecnologia ( jls) Dal 1999 al 2002 ilPolitecnico federale di Losannaha realizzato quattro progetti diricerca in partenariato con istitu-zioni scientifiche del Sud. Unlibro uscito di recente presentaquesti progetti, che sono statirealizzati con il sostegno dellaDSC. Nella città di Thiès, inSenegal, i ricercatori hannoideato un programma informa-tico per favorire una pianifica-zione partecipativa dei territoridi periferia urbana.A Cuba sonostate sviluppate nuove produzioniindustriali biotecnologiche valo-rizzando le risorse indigene. InMarocco gli scienziati hanno stu-diato come apportare l’elettricitàin zone remote grazie all’ausiliodi microreti alimentate con ener-gie rinnovabili. Il quarto progettodi cooperazione scientifica haanalizzato le sfide legate alle in-novazioni ambientali in tre me-tropoli dell’America latina.«Coopération et développement durable – Vers un partenariatscientifique Nord-Sud», a cura diJean-Claude Bolay e MagaliSchmid, Presses polytechniques etuniversitaires romandes, 2004

Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Harry Sivec (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Barbara Affolter (abb)Joachim Ahrens (ahj) Antonella Simonetti (sia)

Jean Philippe Jutzi (juj)Thomas Jenatsch (jtm)Beat Felber (bf)

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia: Mermod SA, Losanna

Stampa: Vogt-Schild / Habegger AG,Solothurn

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentitaprevia consultazione della redazione ecitazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DSC, Media e comunicazione, 3003 Berna,Tel. 031322 44 12Fax 031324 13 48E-mail: [email protected]

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Stampato su carta sbiancata senza cloro perla protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 56’000

Copertina: aenicke / laif

Nella prossima edizione:Sport e sviluppo - che lo si pratichi in un campo profughi, dopo un terremoto o semplicemente nella vita quotidiana, lo sport rappresenta un potenziale ancora poco sfruttato che permette di creare strutture, di contribuire al superamento di conflitti e di ridurre la pressione psicologica.

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