Basta colture intensive, s a prodotti unici e di altissima ...rare questi nuovi modelli di...

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72 16 luglio 2017 L’Espresso 72 16 luglio 2017 L’Espresso Campi da gourmet REPORTAGE C on i suoi strumenti in mano, Laurent Ber- rurier cammina lentamente tra le file delle verdure che coltiva, a pochi chilo- metri da Parigi. I suoi occhi percorrono la terra concentrati, a caccia delle po- che punte di asparago che spuntano an- cora. «Eccolo!», esclama, «sono gli ultimi della stagione». Si china per afondare la paletta nel terreno ed estrarre l’asparago con un gesto preciso. «Alla fne del mese non posso più nemmeno vederli dipinti gli asparagi, ne raccolgo intere carriole, ne ho fn sopra i capelli». Si rialza e continua la ricerca. «E pensare che ci sono dei parigini che immaginano che sia divertente questo lavoro…», sorride. «Ma se non ci sei nato il mondo agricolo non ha pietà». Eppure, oggi in Francia, sono sempre di più a volersi lan- ciare in quest’avventura. Il Centro di Studi e di Prospettive del Ministero dell’Agricoltura prevede che nel giro di tre anni un’azienda agricola su tre sarà gestita da quelli che oggi si chiamano i Nima (Non Issus du Monde Agricole, non di- scendenti dal mondo agricolo), termine che li defnisce ne- gativamente rispetto a un settore tradizionalista che si ritrova senza fato. E in efetti alcuni dati sullo stato di Saskia de Rothschild foto di Neige De Benedetti Basta colture intensive, sì a prodotti unici e di altissima qualità. Dalla Francia arriva la nuova rivoluzione verde che sposa gastronomia e ambiente Il neocontadino? È un agro-ecò L’Espresso 16 luglio 2017 73 L’Espresso 16 luglio 2017 73 Maxime de Rostolan, fondatore del movimento Fermes d’Avenir, in una delle sue serre

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Campi da gourmetREPORTAGE

Con i suoi strumenti in mano, Laurent Ber-rurier cammina lentamente tra le file delle verdure che coltiva, a pochi chilo-metri da Parigi. I suoi occhi percorrono la terra concentrati, a caccia delle po-che punte di asparago che spuntano an-cora. «Eccolo!», esclama, «sono gli ultimi della stagione». Si china per affondare la paletta nel terreno ed estrarre l’asparago con un gesto preciso. «Alla fine del mese non posso più nemmeno vederli dipinti

gli asparagi, ne raccolgo intere carriole, ne ho fin sopra i capelli». Si rialza e continua la ricerca. «E pensare che ci sono dei parigini che immaginano che sia divertente questo lavoro…», sorride. «Ma se non ci sei nato il mondo agricolo non ha pietà».

Eppure, oggi in Francia, sono sempre di più a volersi lan-ciare in quest’avventura. Il Centro di Studi e di Prospettive del Ministero dell’Agricoltura prevede che nel giro di tre anni un’azienda agricola su tre sarà gestita da quelli che oggi si chiamano i Nima (Non Issus du Monde Agricole, non di-scendenti dal mondo agricolo), termine che li definisce ne-gativamente rispetto a un settore tradizionalista che si ritrova senza fiato. E in effetti alcuni dati sullo stato

di Saskia de Rothschild

foto di Neige De Benedetti

Basta colture intensive, sì a prodotti unici e di altissima qualità. Dalla Francia arriva la nuova rivoluzione verde che sposa gastronomia e ambiente

Il neocontadino?È un agro-ecò

L’Espresso 16 luglio 2017 73L’Espresso 16 luglio 2017 73

Maxime de Rostolan, fondatore del movimento Fermes d’Avenir, in una delle sue serre

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dell’agricoltura in Francia sono allarmanti: nel 2025, fra meno di dieci anni, più della metà dei contadini attual-

mente in attività dovrà andare in pensione, e pochissimi dicono di voler trasmettere il mestiere ai loro figli. Un arrivo di nuove leve potrebbe dunque essere una benedizione.

E per fortuna diventare contadini comincia a far sognare. Il solito mito del ritorno alla terra, ma con un approccio me-no hippie: per quelli che cominciano oggi, c’è la forte volon-tà di creare nuovi modelli per avere un’azienda redditizia con un forte legame con il mangiar bene e l’ecologia.

Per Maxime de Rostolan, il fondatore di Fermes d’Ave-nir (Fattorie del Futuro), una rete di aziende che ha ormai cinque anni e che ha come obiettivo rivoluzionare il settore agricolo provando che il modello attuale non è più redditi-

Campi da gourmetREPORTAGENon c’è nulla di utopistico né di hippie in questo modo di gestire la terra. Gli imprenditori che lo applicano puntano anche a fare profitti

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Qui sotto: un ritratto di Maxime de Rostolan; in basso, la fattoria del Bec Hellouin dove si utilizzano

vari metodi di coltivazione come l’agroforesteria. Nell’altra pagina, in alto: i laghetti artificiali che sono stati creati per favorire la

biodiversità; in basso: una giovane stagista al lavoro in una delle serre della Ferme de la Bourdaisière

tura migliore durante il suo giro del mondo alla ricerca di progetti innovativi sull’acqua. E la sua azione, cominciata nella micro fattoria “pilota” di La Bourdaisière, cerca prove concrete di un modello economico sostenibile a lungo ter-mine, con orari per i suoi impiegati che permettano di fare l’agricoltore senza avere giornate di 12 ore, la prassi in que-sto mondo. «Per adesso, non ho ancora trovato il modello perfetto ma penso che bisogna cercare al di là del micro far-ming», ammette Rostolan, che ha già due test previsti per l’anno prossimo su aziende di più di settanta ettari. Perché il passo da fare ora è passare dai piccoli stabilimenti sperimen-tali a un modello che potrebbero adottare i produttori su più larga scala. 

Ma la base della sua ricerca proviene dalla “permacultura,” una forma di produzione che si ispira alla natura e mette in una stessa fila di coltivazione vari tipi di piante, producendo quindi di più su meno terreno. I re in questo campo sono Per-rine e Charles Hervé-Gruyer, della fattoria del Bec-He-louin, una struttura diventata icona, grazie anche al docu-mentario “Demain”, che ha mostrato a più di un milione di spettatori al cinema una serie di iniziative che potrebbero cambiare il mondo. «Quando abbiamo iniziato, non sapeva-mo nulla di agricoltura, ma eravamo imbevuti dalla cultura dei popoli primitivi, che prendono la natura come mo-dello», Racconta Charles Hervé-Gruyer.

zio, è di “agro-ecologia” che bisogna parlare. «Abbiamo vent’anni per cambiare il mondo e  tutto è con-

nesso: con questi modelli agricoli alternativi e più naturali potremo creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, aiu-tare a ricostituire un tessuto sociale in alcune regioni, far risparmiare allo Stato molti costi della sanità, e … smettere di distruggere il pianeta,», racconta Rostolan, vero Nima, ex ingegnere parigino che ha cominciato a sognare un’agricol-

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Campi da gourmetREPORTAGE

Oggi, nella sua fattoria, Hervé-Gruyer vede sbarca-re un flusso ininterrotto di persone desiderose di impa-

rare questi nuovi modelli di produzione. «Siamo riusciti a provare che con la permacultura raggiungiamo dei livelli di reddito impossibili con l’agricoltura industriale», spiega. Dichiarando di fatturare, grazie alla sua tecnica, 55 mila euro all’anno di valore commerciale su un terreno non più grande di 1000 metri quadrati. Ammette però anche che le formule che propone a chi vuole seguire le sue orme rappre-sentano adesso gran parte delle sue entrate economiche…

Per cambiare vita, quelli che sognano oggi un ritorno alla terra hanno qualcosa in comune con quelli che ieri si imma-ginavano grandi chef. Sono stufi del mondo “corporate”, hanno sete di indipendenza e coltivano un immaginario di

I vecchi campagnoli li guardano con sospetto,ma i “parigini” che introducono nuove tecniche trovano clienti tra i ristoranti stellati

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“vita semplice”, divulgato anche dalla televisione. In rispo-sta, quelli che ci sono nati dentro borbottano. Come Berru-rier, che aveva padre e madre vicini di appezzamento di terra: «Li riconosco subito al mercato quei giovani sognato-ri con le loro idee bizzarre, ma posso garantirvi che nemme-no la metà avrà il coraggio di andare fino in fondo».

Eppure, persino lui ha accettato di cambiare le sue abitu-dini e cinque anni fa ha deciso di fidarsi di Terroirs d’Ave-nir (Terreni del futuro), società di due parigini venuti a spiegargli i vantaggi di un’agricoltura più diversificata e le-gata alla storia del terreno. 

Seguendo il loro impulso il suo sfruttamento orticolo è passato da venti a duecento varietà di verdure (in gergo si parla di “transizione”). È contento di averli ascoltati e oggi, invece di andare al mercato come prima, vende tutta la sua produzione in anticipo direttamente ai più grandi chef di Francia. Da quando il suo cavolo di Pontoise, e altre va-rietà dei cui semi è l’unico detentore, sono sui menù dei ri-storanti pluristellati di Yannick Alleno, Berrurier è quasi abituato all’arrivo dei giornalisti.

«Per noi è importante che i nostri produttori diventino delle star», racconta Samuel Nahon, uno dei due fondatori di Terroirs d’Avenir, «è gratificante vedere la loro evoluzione, e vederli capire che per vendere è necessario spiegare in cosa il proprio prodotto è diverso». L’obiettivo essendo

Qui sotto: lo chef François Pasteau a L’Epi Dupin di Parigi, dove fa alta cucina a basso impatto ambientale; in basso: la chef del

bistrot Le Servan, sempre a Parigi, che si è affidata al servizio di Terroirs d’Avenir per procurarsi i suoi prodotti. Nell’altra pagina, in

alto: sementi coltivate in modo bio alla Ferme de la Bourdaisière; in basso: Samuel Nahon, uno dei due fondatori di Terroirs d’Avenir

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Campi da gourmetREPORTAGECarote, fave e piselli diventano i titoli forti nei menù. La carne c’è ma retrocede a sfondo:«Riequilibrare i piatti aiuta l’ambiente»

sempre quello di valorizzare il produttore contadino che diversifica e che non può fare le economie di scala di

una coltivazione su grandi volumi.E nemmeno loro venivano da questo mondo: Samuel e

Alexandre erano compagni di università alla facoltà di Eco-nomia (Samuel era appena tornato da un master in finanza a Hong Kong). In cima ai Pirenei, già esposti ai “presidi” Slow Food e in contatto con gli allevatori di pecore di Barèg-es Garvaine, hanno avuto l’idea di un nuovo canale per valo-rizzare l’agricoltura unica del territorio francese. Un filo diretto tra i piccoli produttori e i grandi chef parigini.

«Loro sono compratori che hanno i mezzi per pagare di più per un prodotto di qualità, e sono curiosi di sperimenta-re con delle nuove varietà.», racconta Samuel. «Diventiamo

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dei traghettatori, e gestendo la contabilità, gli ordini e il trasporto, lasciamo che il produttore si concentri su quello che sa fare meglio». Oggi dai 250 a 300 chef sono loro clien-ti abituali.

Al Servan, locale parigino alla moda, la giovane chef Ta-tiana Lehva conta tutti i giorni su Terroirs d’Avenir per im-maginare una cucina di stagione, che cambia ogni mattina a

Qui sotto: strumenti utilizzati alla Ferme de la Bourdaisière per un lavoro ispirato alla permacoltura; in basso, l’ex marinaio

Charles Hervé-Gruyer, che ha creato la fattoria del Bec Hellouin. Nella pagina accanto: Laurent Berrurier che a pochi chilometri

da Parigi lotta per preservare alcune specie di verdure favorendo la biodiversità; uno scorcio della valle del Bec, in Normandia.

seconda delle consegne. «Alla scuola per diventare cuochi nessuno ci spiega la differenza tra un buon prodotto e uno cattivo», racconta. Apprendista in certi palace stellati di Parigi, era atterrita dallo spreco, così quando ha aperto il suo ristorante ha deciso di ribaltare l’equazione: spesso pren-de l’intero raccolto di un produttore e si adegua: «se abbia-mo in mano trenta chili di pomodori, facciamo dei gazpacho, o delle salse…», sorride, «è con quello che producono i contadini che scrivo la mia cucina».

Sull’altra riva della Senna, a L’Epi Dupin, François Paste-au milita invertendo i titoli dei suoi piatti nel menù. Si parla di carote, fave, piselli come re del piatto, scritti a grandi lettere, la carne non è che il sottotitolo. «Dando valore al vegetale e riequilibrando il piatto del consumatore, possiamo salvare il pianeta», spiega lo chef.

È un dolce sogno che può sembrare ancora riservato alle belle storie mediatiche, e a una certa élite urbana, per la quale è più facile permettersi la transizione. Maxime de Ro-stolan tutto questo lo sa bene: «Ma siccome la transizione è davvero necessaria», conclude, «siamo obbligati a racconta-re delle storie per riuscire a convincere, domani, il maggior numero possibile di persone».

Appuntamento tra vent’anni, per vedere a che punto sono e, soprattutto quanti sono, questi neo-contadini.