un popolo, una nazione - morucchio.com · le emozioni dellÕautor e, quelle sue visioni davver o...

64

Transcript of un popolo, una nazione - morucchio.com · le emozioni dellÕautor e, quelle sue visioni davver o...

Sindaco

Massimo Cacciari

Assessora alla Produzione Culturale

Luana Zanella

Direttore Beni, Attività e Produzioni Culturali

Giandomenico Romanelli

Direttore Centro Culturale Candiani

Roberto Ellero

Coordinamento organizzativo

Elisabetta Da Lio

Coordinamento tecnico

Roberto Canton

Coordinamento amministrativo

Simone Aldegani

Servizi amministrativi

Michela Ballarin

Patrizia Boscolo

Elisabetta Dubini

Manuela Panciera

Antonio Strangio

Servizi di segreteria

Donatella Boldrin

Arianna Doria

Crisitina Morello

Servizi tecnici

Federico Arcudi

Andrea Bottacin

Davide Calenda

Michele Costantini

Nicola Ambrus D’Alessio

un popolo, una nazione

fotografie di Andrea Morucchio

Centro Culturale CandianiMestre 9 febbraio - 16 marzo 2008

CUBA

CUBA

un popolo, una nazione

Un progetto

Laboratorio - Venezia

Coordinamento

Laura Riolfatto

Testi di

Alberto D’Amico

Alberto Zanchetta

Catalogo a cura di

Manuel Frara e Andrea Morucchio

Scansione diapositive

Carlo Morucchio

si ringrazia

Fotoattualità - Venezia

Veneta Cornici - Venezia

Farnè Group - Bologna

Grafiche Veneziane - Venezia

© Comune di Venezia

Centro Culturale Candiani

© Gli autori

© photo Andrea Morucchio

CENTRO CULTURALE CANDIANI

Piazzale Candiani 7 - 30174 Mestre Venezia

T 041 2386126 F 041 2386112

www.centroculturalecandiani.it

[email protected]

Un anziano davanti a un’automobile, un barbiere all’opera, bambini che camminano

sulla strada, un signore in autobus, un giovane aggiusta un motore, un bambino e il suo

aquilone. Così, semplicemente, senza facili sensazionalismi, senza facili retoriche, Andrea

Morucchio descrive la sua Cuba: una Cuba vissuta in modo integrale ed empatico. Ed è

proprio l’energia del popolo cubano che l’autore - tramite un gioco di immedesimazioni e

di affinità, ricercando quelle tensioni dinamiche che caratterizzano le sue sculture - riesce

a comunicarci attraverso questi scatti, con entusiasmo e passione. Una passione che, a

distanza di anni, si legge ancora nei suoi occhi, retaggio di quella particolare formazione

che lui stesso definisce empirico-emozionale.

Cuba - un popolo, una nazione è il nuovo progetto intenso e articolato che il Centro

Candiani propone in linea con la volontà di indagare, suggerire e proporre nuovi punti

di vista sulle varie culture e identità. Cuba estremamente contemporanea, estremamente

attuale, quanto mai fragile.

Luana Zanella

Assessora alla Produzione Culturale

Comune di Venezia

Dopo l’ampia e fortunata informativa sull’Iran di qualche mese fa, che è stata

occasione di ampio dibattito oltre che di valorizzazione culturale di un patrimonio

fotografico e culturale in larga parte inedito, un nuovo evento espositivo del Candiani

rinnova la vocazione di Mestre a documentare il contemporaneo nella varietà delle

sue espressioni identitarie. Di scena, stavolta, è Cuba, ritratta nella sua versatile e

complessa quotidianità dall’artista veneziano Andrea Morucchio, che soggiornandovi

per qualche tempo e “mimetizzandosi” negli ambienti ha inteso mettere da parte le

sembianze della propria inevitabile alterità artistica per immergersi, come egli stesso

afferma, nella “fluidità” del vivere cubano. Sarà per questo, probabilmente, che le

sue fotografie rifuggono volentieri tanto dal tipico ideologico quanto dal pittoresco

folclorico, disegnando piuttosto con forza espressiva i tratti di un racconto empatico

per immagini che apre in luogo di chiudere, quasi che ogni fotografia abbia in sé gli

ingredienti narrativi per nuovi possibili scenari, soltanto accennati o, se preferite,

suggeriti. Curiosa e orgogliosa di sé, delle proprie diversità e tradizioni, non solo

rivoluzionarie, la Cuba di Morucchio è un viaggio in ottanta pose capace di restituire

le emozioni dell’autore, quelle sue visioni davvero mai paghe di realtà.

Per il Candiani, che accompagnerà la mostra con proiezioni cinematografiche di

classici alternati ai nuovissimi corti delle generazioni esordienti e ancora, d’intesa

con l’Associazione Italia-Cuba, con momenti di approfondimento sul versante

delle collaborazioni solidali, l’incontro ravvicinato con la cultura cubana segna la

prosecuzione di percorsi monografici multidisciplinari la cui valenza risiede nella

capacità di offrire sguardi possibilmente nuovi e originali su mondi troppo spesso

considerati ad una sola dimensione, fonte di equivoci e stereotipi che come ben

sappiamo non aiutano mai la vera comprensione.

Roberto Ellero

Direttore

Centro Culturale Candiani

TRANQUILLI

Alberto D’Amico

Maggio, è il mese del mango e dei tuoni. A Santiago de Cuba ogni sera l’aguacero

lava le tegole del Tivoli, di Vista Alegre e di Sueño, batte sulle lamiere ondulate del

Reparto Portuondo, di Chicharrones e San Pedrito. Nei parchi, la pioggia viene come

un brivido e fa luccicare le cortecce degli alberi, inonda le discese sterrate e porta

giù il fango verso l’Alameda. Dopo i lampi, il cielo si quieta e le nuvole passano sulle

pozzanghere.

Nella Cafeteria del Parque Dolores, verso le 10 del mattino, il cameriere mette fuori

tavoli e sedie, indolente, da una passata con lo straccio e i clienti, tutti stranieri, si

siedono a guardare i cubani che passano. A quell’ora c’è un gran andirivieni di maglie

stracolorate, ciabatte, anelli e orecchini, fronzoli e chincaglie.

Fra Plaza Marte e Parque Cespedes, il Parque Dolores è un’isola d’ombra a

forma ovale, al centro, quasi coperto dai rami, il monumento all’eroe della guerra

d’indipendenza del 1878 Antonio Aguilera, ai bordi gli alberi e le aiuole e in doppia fila,

girano le panchine verdi. Di giorno la gente comune passa con le sue poche spese

nei sacchetti di plastica, passano le uniformi delle infermiere, gli studenti in tenuta

bianca e gialla, le rare carrozzelle ... poi, di notte, quando il buio prevale sui lampioni,

arrivano jineteras, tortilleras y maricones e ogni panchina diventa un’ammucchiata

di pipistrelli.

Oggi, malgrado la giornata sia veramente splendida il cameriere ha la faccia smorta,

i turisti lo deprimono ma il suo chiodo fisso è la propina. Eccoli che arrivano, tre

turisti italiani, si prendono un tavolo. Andrea, settant’anni, commerciante di Venezia;

Guido, sessantatre, ingegnere aeronautico di Pescara e Pasquale, cinquant’anni,

farmacista di Salerno. All’ombra degli alberi, comodi sulle loro sedie apettano la birra

e intanto guardano, guardano le più belle femmine che occhio umano abbia mai visto

... negre col culo a palla e mulatte maestose che passano come divinità, capelli sulle

spalle, ricci, ondulati, raccolti con nastri, fermagli e bandane. Le cubane passano e

sorridono, si mostrano interessate, i tre italiani si montano la testa, si credono belli e

non capiscono che nelle loro facce slavate le cubane vedono solo i dollari. Eccitati,

non capiscono più niente, volano come tre palloncini, volano le loro fantasie e il

cameriere, finalmente, porta tre lattine di Bucanero.

I bicchieri? los vasos? dove sono i bicchieri? donde estan? - chiede Guido al cameriere

- no hay señor -. Come no hay? guardandosi intorno, incredulo. - Se li portano a casa

e se li vendono - fà Andrea col tono di chi la sa lunga. - Dove sono i bicchieri? los

vasos ! - insiste Guido - no hay - ripete seccato il cameriere. - Pasquale fa il signore

e dice - meno male che la birra è bella gelata. - ma Andrea sbrotta: - ti gà ragion a

protestar ... quando se rompe el frigorifero te la portano calda come el pisso, a volte

non arriva il camion e rimani con la sete, a volte il bar è chiuso perchè no ghe xe la

corente, o perchè il personale sta facendo una riunione ... A parte ‘ste cubane, Cuba

xe un disastro, non c’è niente che funziona, qui manca tutto, non ci sono bicchieri,

i camerieri non lavorano, non vengono neanche se li chiami, se ne sbattono, fanno

quello che vogliono - xe un disastro, e andrà sempre peggio finchè c’è quello là che

comanda ... -.

Andrea non sopporta Fidel Castro. Di lui però non sa niente, non sa se il suo nome

è Fidel oppure Castro e quando sente dire Fidel Castro Ruz si confonde, crede si

tratti di un’altra persona. Ultimamente in Italia l’ha visto in televisione, pochi secondi,

pallido ... sembrava gli mancasse poco. Qui, Fidel non si vede quasi più ma quando lo

mostrano in televisione appare ancora in gamba, austero, dritto con la sua uniforme

verde olivo e la barba pettinata che sembra un Santo.

Comunque, non lo sopporta, pensa che la colpa di tanto disastro sia sua anche

se poi dice: - meglio così, a noi conviene che Cuba rimanga povera - e dal suo

punto di vista Andrea aveva ragione. Se quella chica non avesse già due figli, non

mostrerebbe l’ombellico a quei turisti che se ne stanno beati nel Parque Dolores.

Vilma Espin, presidentessa della FMC (Federacion de la Mujeres Cubanas) ha detto

che ‘la mujer cubana no puede ser objeto de atraccion turistica’, belle parole, piene

di decoro ma, si sa, le belle parole quando mancano le scarpe, svampiscono come

le bollicine. La jinetera offre la sua pelle scura, lo Stato vigila, cerca di impedirlo ma

nessuna Polizia può bloccare gli sguardi e gli ammiccamenti. Anche se avvicinarsi

al turista è un rischio, la Salsa continua. A Marverde, 15 chilometri da Santiago,

c’è un campo di rieducazione per jineteras. Ci sono centinaia di ragazze chiuse nei

cameroni. Dopo la terza avertencia le portano lì, e lì ci stanno da uno a tre anni.

Quando escono quasi sempre si rimettono nel Parque Dolores con le falde corte e

le unghie smaltate. La Polizia le ferma, controlla il Carnè, le ricarica sulle macchine e

le riportano a Marverde. Il fatto è che quando cominciano a fiutare i dollari non sono

più disposte a lavorare per 300 Pesos al mese (18 Euro), per loro il turista, sia come

sia, rappresenta il frigorifero pieno, la speranza di realizzare il sogno di montarsi

sull’aereo e di andarsene da Cuba. E non solo loro, anche il chirurgo che opera a

cuore aperto quando conosce uno straniero gli offre una visita privata a cambio di

un paio di scarpe.

Andrea negli anni ’50 si mise nel giro della mala veneziana poi cominciò a vendere

collane in Riva degli Schiavoni, parlava due parole d’inglese ma ci sapeva fare e aprì

un negozio di lampadari in Merceria. Col Murano Glass vennero i soldi, diventò ricco

e da allora ha sempre considerato coglioni quelli che non si sono arrichiti come lui.

- Bisogna darsi da fare - dice - meno male che in Italia ha vinto la libertà -. Guido

e Pasquale hanno finito la birra e viene mezzogiorno, Parque Dolores è pieno di

gente, fa caldo, l’aria santiaghera comincia a tostare i polmoni. Un bambino fa la pipì

nell’aiuola, fra i tavoli i musicisti cantano Guantanamera anche loro col chiodo fisso

della propina. Andrea continua lo sproloquio e sfoggia il meglio del suo italiano - ci

vuole essere liberi, si deve circolare i soldi come il sangue, la libertà apre le vene

che respiriamo meglio, è ora di finirla! - Continua a sudare, la camicia aperta mostra

l’abbronzatura e dai peli bianchi gli penzola un crocifisso d’oro. Guido e Pasquale gli

fanno cambiare discorso poi ognuno paga la sua birra e vanno insieme, tranquilli, a

mangiare in un Paladar. Poveretti, se non ci fossero tutte quelle negre col culo a palla

nessuno di loro sarebbe mai venuto a Cuba .

Tutto comincia negli anni ’90. Quando scompare la vecchia URSS l’economia

precipita e Cuba deve darsi una mossa. Le banche statali aprono agli investimenti

stranieri, si costruiscono alberghi, si definisce l’area riservata al turismo: l’area dolar,

a cui i cubani non possono accedere. Nasce un’economia a due marce, due valute,

quella in Dollari e l’altra in Moneda Nacional. Nel ’93 un dollaro veniva cambiato per

150 pesos. Il chirurgo guadagnava si e no 400 pesos al mese, il muratore 200. Una

bottiglia di olio costava 2 dollari, per il cubano valeva più della metà del suo salario.

Nel ’93, in pieno Periodo Especial, l’apagon durava 12 ore, nelle case si cucinava

a legna e carbone, il cielo era una cappa di fumo. Per lo straniero che arrivava dal

Primo Mondo il cielo di Cuba era più azzurro che mai. Ne arrivano ancora tanti,

tranquilli, quasi tutti sul tipo di Andrea, Guido e Pasquale.

NELLA PERLA DELLE ANTILLE: NELLA DERIVA DELL’IRIDE

Alberto Zanchetta

... deriva che si pone ai vertici dell’occhio ciclopico, quello dell’immagine fotografica,

onnivoro processo mito/tecno-logico.

La nostra cultura è ossessionata dalla conoscenza, che si fa registrazione, e dalla

divulgazione, che diventa riproduzione del reale. Per Andrea Morucchio la fotografia

è molto di più di un semplice mezzo di comunicazione, è pratica esperenziale. Tale

“comunicazione” è intesa a stabilire una trasmissione-relazione nei confronti del

mondo, vuole cioè individuare un rapporto diretto tra il fotografo e il suo medium,

e tra questi con le persone, le cose, il paesaggio, fino a identificare l’uno negli altri,

in perfetta osmosi. Per quanto McLuhan ravvisasse nel medium un’estensione delle

nostre facoltà percettive, il sociologo canadese recriminava a tutti noi l’incapacità

di riuscire a riconoscerci in esso, non essendo in grado di accettare il fatto di poter

appartenere noi a lui e lui a noi. Morucchio dimostra invece di averlo compreso senza

la benché minima reticenza.

Non accettando di soggiacere alla passività dell’istantanea in cui basta premere

l’otturatore, Morucchio esige la consapevole partecipazione da parte di tutti i

fattori che concorrono a definire l’evento. È questo suo “sguardo partecipe” a

non consentirgli di documentare in modo distaccato, essendo l’esatto opposto

dell’assoluto disinteresse kantiano e della indifferenza duchampiana, dell’interesse

disinteressato di Michaux e dell’iki di Shuzo. La disposizione d’animo dell’artista non

accetta infatti nessun tipo di disimpegno.

Rifuggendo dalle lusinghe estetiche Morucchio evita così di scadere negli stereotipi,

ragion per cui nelle foto non troveremo mai l’effige del Che oppure di Castro, ma

neppure i sigari e la salsa, né avvertiremo gli strascichi delle due guerre di indipendenza

o i quaranta anni di rivoluzione che hanno scosso l’isola di Cuba. Della perla delle

Antille l’artista coglie con infaticabile disponibilità la pura e semplice gioia dei ragazzi,

la routine del lavoro, la serenità delle persone, la calma del vivere quotidiano. In

questo reportage cubano egli rincorre un “essere al/nel mondo”, in prima persona,

per interpretare dall’interno e non essere costretto a descrivere dal di fuori.

A significare la sua ricerca è innanzitutto la concessione d’essere guardati, chiave

di volta per entrare in contatto con il soggetto: possibilità di un vis à vis, dialogo –

per quanto afono – con quell’occhio rotondo (nella definizione data ai Ciclopi) che

guarda con famelica curiosità e divertita complicità. La placida intrusione nella vita

altrui si arricchisce allora di un ulteriore fattore, il nomadismo, che va letteralmente

incontro al mondo, senza giudicarlo né celebrarlo. Da questo atteggiamento mobile

e umile emerge però l’evidente perizia dello scatto; pur confidando nella fortuna e

pregiandosi delle contingenze, ogni fotografia racchiude in sé il rigore e la precisione

della techne, in cui la scelta e l’inquadratura fanno pur sempre la differenza.

La peculiarità dell’anonimato, così come l’accidentalità dell’incontro tra soggetto-

contesto-situazione, riescono nell’intento di immortalare lo spirito di una nazione.

Transitando da un quartiere all’altro, da un individuo all’altro, da una a mille situazioni

differenti, le fotografie di Andrea Morucchio ci rivelano contraddizioni, sogni,

speranze, grazie alle quali è infine possibile delineare una mappa psico-geografica.

Stimolo retinico che si riconnette all’encefalo per restituire anche allo spettatore [la

qualità di] uno sguardo in grado di innescare un processo simpatetico, e da qui

culminare nell’empatia.

¯ ¯

L’allestimento della mostra “Cuba - un popolo, una nazione” è costituita da una

selezione di ottanta fotografie tratte da un reportage fotografico eseguito a Cuba tra

Febbraio e Maggio 1995.

Titolo: Cuba 95 - numerate progressivamente da #01a #80

Anno esecuzione: 1995

Anno di stampa: 2008

Scansione diapositiva 24x36 mm

Stampa digitale 60x40 cm su carta Kodak Endura superficie E

Autori

Andrea Morucchio è nato a Venezia nel 1967. Vive e lavora a Venezia.

Laureato in Scienze Politiche nel 1994 presso l’Università di Padova, dal 1989 esercita

la professione di fotografo dedicandosi prevalentemente allo still life e al reportage.

Dal 1999 inizia una ricerca artistica attraverso la scultura, l’installazione ambientale,

la videoinstallazione, la fotografia. Le sue opere, pur estremamente eterogenee per

mezzi e linguaggi utilizzati, hanno in comune il cercare di coinvolgere l’osservatore

emozionalmente per poi stimolare riflessioni che spaziano da questioni spirituali a

tematiche socio-politiche di più stretta attualità.

www.morucchio.it

Alberto D’Amico è nato da genitori siciliani nella città di Venezia il 29 ottobre del

1943, alle ore 14,30 circa, al numero civico 257 di Dorsoduro.

Dopo il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle arti, ha insegnato discipline pittoriche

24 anni, mese più mese meno. Nel ’64 ha cominciato l’avventura nel Canzoniere

Popolare Veneto con Luisa Ronchini e Gualtiero Bertelli: “non so quante canzoni abbia

fatto, di tante ne ho perso le tracce”. I suoi dischi, pochi, sono quasi introvabili: “chi

ne possiede uno lo conservi perchè quando morirò acquisterà più valore”. Ha scritto

brevi racconti: “quello che preferisco tratta della vita clandestina di Gesù. Se potessi

tornare indietro leggerei molto di più, studierei canto, armonia e composizione”.

Alberto Zanchetta. Critico d’arte e curatore indipendente, vive e lavora a Milano e a

Sossano (VI). Scrive per Flash Art, Arte e Critica, Espoarte, Around Photography. Nel

2007 ha pubblicato il saggio Humpty Dumpty Encomion (Vanilla edizioni) e nel 2006

il pamphlet Antologia del Misogino (ed. Cardelli & Fontana).

Promotore dell’AZMZ di Bologna e del daAZ di Sossano, ha tenuto diverse conferenze

e incontri con il pubblico, è stato più volte commissario di giuria per concorsi d’arte

e svolge un’intensa attività professionale presso gallerie private ed enti pubblici.

Finito di stampare nel mese di gennaio 2008 presso Grafiche Veneziane - Venezia

un progetto