Un giornale da marciapiede

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ANNO XLII . N. 41 . SABATO 18 FEBBRAIO 2012 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 Un giornale da marciapiede D ella libertà di stampa al go- verno Monti non potreb- be importar di meno. Da buon liberista è convinto che un giornale è una merce come un'al- tra; se vende abbastanza ai lettori e agli inserzionisti di pubblicità, viva, se no muoia. Lo strangolamento è stato bene illustrato l'altro ieri da Valentino Parlato. Ed era visibile dai nostri bi- lanci. La nostra asfissia è della stes- sa natura di quella che si tenta di applicare ai beni comuni non me- no urgenti. A noi sembra importan- te anche la presenza di una voce fuori dal coro come la nostra, per- ché in un paese che ha mandato tre volte Silvio Berlusconi al gover- no, qualcosa non funziona. Né fun- ziona che tanti amici si rallegrino che al posto d’un faccendiere im- presentabile sia venuto un onesto e distinto liberista. Onesto perso- nalmente, s’intende. L'onestà socia- le non si sa più bene che cosa sia, e non importa più alla stampa salvo che a noi. Che siamo non solo un pezzo della sinistra, ma addirittura comunisti. Anzi, più che comuni- sti, nel senso che il comunismo dei “socialismi reali” non ci andava né su né giù. Per questo fummo esclu- si dal Pci, ma per non essersi posti le nostre domande sui socialismi re- ali i partiti comunisti non esistono praticamente più. Che al governo una voce come la nostra non interessi è comprensi- bile: del manifesto è rimasta l’im- magine di un quotidiano di sini- stra, anzi di estrema sinistra. Ora è facile giurare sulla libertà di stam- pa finché questa non è dalla parte di chi ti attacca. E in Italia chi attac- ca il governo? E noi dove siamo? Co- me Parlato ricorda, il manifesto vende sempre meno da otto anni a questa parte. Il calo si è accelerato negli ultimi due. La media in cui ci eravamo tenuti nei nostri primi trenta anni è stata, poco più su po- co più giù, di trentamila copie, non molto alta, eravamo un giornale di nicchia. Ma solida e rispettata nic- chia. Ora si è circa la metà. Dovremmo chiederci perché. Era nostra abitudine fare un punto almeno un paio di volte all’anno. Ma negli ultimi tempi la direzione non ha più convocato un'assem- blea che faccia il punto sullo stato del mondo e dell'Italia e sul nostro orientamento in esso. Né la redazio- ne, che può esigerlo, sembra aver- ne sentito il bisogno. Neanche un attimo prima di arrivare a quella for- ma di liquidazione, non proprio un fallimento ma quasi, cui siamo co- stretti. CONTINUA |PAGINA 2 UN ESAME DI NOI STESSI Rossana Rossanda Guido Ambrosino BERLINO S i è dimesso il presidente della repubblica Christian Wulff, dopo che la procura di Hannover aveva chiesto al parlamento di sospendere l’immunità che protegge la massi- ma autorità dello stato per poter avviare un’inda- gine per corruzione. È un terremoto per la coalizione di centro-de- stra che aveva sponsorizzato l’elezione del de- mocristiano Wulff il 30 giugno del 2010. Dopo nemmeno 20 mesi, già bisogna trovare un suc- cessore. CONTINUA |PAGINA 4 P revedibile, ma non per questo meno fuori luogo, il ghignetto che ha accompagnato nei vari siti italiani la notizia delle dimissio- ni del presidente tedesco, Christian Wulff. Prevedibile – e un po’ pateti- co – dopo gli anni di calvario per le figuracce berlusconiane («guarda da che pulpito…»). Fuori luogo perché si ferma alla superficie delle scorrettezze com- messe da Wulff quando era mini- stro-presidente della Bassa Sassonia (vacanze presso conoscenti, mutui agevolati, curiose sponsorizzazio- ni). CONTINUA |PAGINA 4 GERMANIA Si dimette il presidente Christian Wulff La foto dei lettori scavalca l’Oceano e lo scatto «radical» conquista anche Beverly Hills. Dustin Hoffman, i «Seventies» e il manifesto, una sceneggiatura di Luca Celada in un click e tre battute. Noi ci siamo ma non basta. Il governo tace. E i giornali chiudono PAGINE 2, 3 I eri era l’anniversario della rivol- ta di Bengasi che il 17 febbraio del 2011 fu l’avvio della libera- zione della Libia dal regime di Ghed- dafi. Festa. L’altroieri Amnesty ha dif- fuso il suo rapporto sulla «nuova Li- bia». Orrore. Poi c’è la Siria, dove As- sad appare decotto come lo era Gheddafi e, in un modo o nell’altro, dovrà finalmente andarsene. Intan- to morte e violenze giorno dopo giorno, da mesi, infuriano. In un rac- conto - narrazione, come si suole di- re adesso - troppo semplice e unila- terale, troppo unanime e sicuro. CONTINUA |PAGINA 9 Quando un giornale con una storia come quella del manifesto chiude, è un gior- no molto triste. Una prospet- tiva diversa viene ridotta al silenzio, e non soltanto per l'ambito della politica e del- la cronaca, ma anche per la cultura e le scienze. La con- centrazione dei media è un fenomeno globale e che si tratti di un Murdoch, di un Berlusconi o di un governo, non è una buona cosa. Mi auguro quindi che non do- vremo assistere alla perdita di un'altra voce fuori dal co- ro, che ci propone articoli, saggi, immagini e idee che sfidano i luoghi comuni. Da quando nel 1956 l'Urss invase l'Ungheria molti co- munisti e compagni di stra- da (tra cui il sottoscritto) co- minciarono un percorso di dissenso politico critico e autocritico nei confronti di quella decisione, vista e sen- tita come un violento atto imperialista. Alcuni anni do- po, la nascita del manifesto, con la netta condanna del- l'invasione della Cecoslovac- chia aprì finalmente nella si- nistra un luogo dove l'indi- pendenza dai partiti ha per- messo una linea editoriale li- bera e critica che contribuì in maniera notevole a ripen- sare le scelte ideologiche e le azioni della galassia pro- gressista in Italia e nel mon- do. Appoggiare oggi il mani- festo è un atto dovuto se non si vuole far tacere la sua voce, con una grave perdita per la democrazia in Italia. SONO CON VOI Per la libertà John Landis SONO CON VOI Per il dissenso Luis Bacalov FOTO LUCA CELADA UN ANNO DOPO Ieri Libia oggi Siria Difficile capire Maurizio Matteuzzi DIMISSIONI A BERLINO La seconda repubblica tedesca Marco d’Eramo

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Un giornale da salvare

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ANNO XLII . N. 41 . SABATO 18 FEBBRAIO 2012 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/

BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158

Un giornaleda marciapiede Della libertà di stampa al go-

verno Monti non potreb-be importar di meno. Da

buon liberista è convinto che ungiornale è una merce come un'al-tra; se vende abbastanza ai lettori eagli inserzionisti di pubblicità, viva,se no muoia.

Lo strangolamento è stato beneillustrato l'altro ieri da ValentinoParlato. Ed era visibile dai nostri bi-lanci. La nostra asfissia è della stes-sa natura di quella che si tenta diapplicare ai beni comuni non me-no urgenti. A noi sembra importan-te anche la presenza di una vocefuori dal coro come la nostra, per-ché in un paese che ha mandatotre volte Silvio Berlusconi al gover-no, qualcosa non funziona. Né fun-ziona che tanti amici si rallegrinoche al posto d’un faccendiere im-presentabile sia venuto un onestoe distinto liberista. Onesto perso-nalmente, s’intende. L'onestà socia-le non si sa più bene che cosa sia, enon importa più alla stampa salvoche a noi. Che siamo non solo unpezzo della sinistra, ma addiritturacomunisti. Anzi, più che comuni-sti, nel senso che il comunismo dei“socialismi reali” non ci andava nésu né giù. Per questo fummo esclu-si dal Pci, ma per non essersi postile nostre domande sui socialismi re-ali i partiti comunisti non esistonopraticamente più.

Che al governo una voce comela nostra non interessi è comprensi-bile: del manifesto è rimasta l’im-magine di un quotidiano di sini-stra, anzi di estrema sinistra. Ora èfacile giurare sulla libertà di stam-pa finché questa non è dalla partedi chi ti attacca. E in Italia chi attac-ca il governo? E noi dove siamo? Co-me Parlato ricorda, il manifestovende sempre meno da otto anni aquesta parte. Il calo si è acceleratonegli ultimi due. La media in cui cieravamo tenuti nei nostri primitrenta anni è stata, poco più su po-co più giù, di trentamila copie, nonmolto alta, eravamo un giornale dinicchia. Ma solida e rispettata nic-chia. Ora si è circa la metà.

Dovremmo chiederci perché.Era nostra abitudine fare un puntoalmeno un paio di volte all’anno.Ma negli ultimi tempi la direzionenon ha più convocato un'assem-blea che faccia il punto sullo statodel mondo e dell'Italia e sul nostroorientamento in esso. Né la redazio-ne, che può esigerlo, sembra aver-ne sentito il bisogno. Neanche unattimo prima di arrivare a quella for-ma di liquidazione, non proprio unfallimento ma quasi, cui siamo co-stretti. CONTINUA |PAGINA 2

UN ESAMEDI NOI STESSI

Rossana Rossanda

Guido AmbrosinoBERLINO

Si è dimesso il presidente della repubblicaChristian Wulff, dopo che la procura diHannover aveva chiesto al parlamento di

sospendere l’immunità che protegge la massi-ma autorità dello stato per poter avviare un’inda-gine per corruzione.

È un terremoto per la coalizione di centro-de-stra che aveva sponsorizzato l’elezione del de-mocristiano Wulff il 30 giugno del 2010. Doponemmeno 20 mesi, già bisogna trovare un suc-cessore. CONTINUA |PAGINA 4

Prevedibile, ma non per questomeno fuori luogo, il ghignettoche ha accompagnato nei vari

siti italiani la notizia delle dimissio-ni del presidente tedesco, ChristianWulff. Prevedibile – e un po’ pateti-co – dopo gli anni di calvario per lefiguracce berlusconiane («guardada che pulpito…»).

Fuori luogo perché si ferma allasuperficie delle scorrettezze com-messe da Wulff quando era mini-stro-presidente della Bassa Sassonia(vacanze presso conoscenti, mutuiagevolati, curiose sponsorizzazio-ni). CONTINUA |PAGINA 4

GERMANIA

Si dimette il presidenteChristian Wulff

La foto dei lettori scavalca l’Oceano e lo scatto «radical» conquista anche Beverly Hills.Dustin Hoffman, i «Seventies» e il manifesto, una sceneggiatura di Luca Celada in un clicke tre battute. Noi ci siamo ma non basta. Il governo tace. E i giornali chiudono PAGINE 2, 3

Ieri era l’anniversario della rivol-ta di Bengasi che il 17 febbraiodel 2011 fu l’avvio della libera-

zione della Libia dal regime di Ghed-dafi. Festa. L’altroieri Amnesty ha dif-fuso il suo rapporto sulla «nuova Li-bia». Orrore. Poi c’è la Siria, dove As-sad appare decotto come lo eraGheddafi e, in un modo o nell’altro,dovrà finalmente andarsene. Intan-to morte e violenze giorno dopogiorno, da mesi, infuriano. In un rac-conto - narrazione, come si suole di-re adesso - troppo semplice e unila-terale, troppo unanime e sicuro. CONTINUA |PAGINA 9

Quando un giornale conuna storia come quella delmanifesto chiude, è un gior-no molto triste. Una prospet-tiva diversa viene ridotta alsilenzio, e non soltanto perl'ambito della politica e del-la cronaca, ma anche per lacultura e le scienze. La con-centrazione dei media è unfenomeno globale e che sitratti di un Murdoch, di unBerlusconi o di un governo,non è una buona cosa. Miauguro quindi che non do-vremo assistere alla perditadi un'altra voce fuori dal co-ro, che ci propone articoli,saggi, immagini e idee chesfidano i luoghi comuni.

Da quando nel 1956 l'Urssinvase l'Ungheria molti co-munisti e compagni di stra-da (tra cui il sottoscritto) co-minciarono un percorso didissenso politico critico eautocritico nei confronti diquella decisione, vista e sen-tita come un violento attoimperialista. Alcuni anni do-po, la nascita del manifesto,con la netta condanna del-l'invasione della Cecoslovac-chia aprì finalmente nella si-nistra un luogo dove l'indi-pendenza dai partiti ha per-messo una linea editoriale li-bera e critica che contribuìin maniera notevole a ripen-sare le scelte ideologiche ele azioni della galassia pro-gressista in Italia e nel mon-do. Appoggiare oggi il mani-festo è un atto dovuto senon si vuole far tacere la suavoce, con una grave perditaper la democrazia in Italia.

SONO CON VOI

Per la libertàJohn Landis

SONO CON VOI

Per il dissensoLuis Bacalov

FOTO LUCA CELADA

UN ANNO DOPO

Ieri Libia oggi SiriaDifficile capire

Maurizio Matteuzzi

DIMISSIONI A BERLINO

La secondarepubblica tedesca

Marco d’Eramo

Page 2: Un giornale da marciapiede

pagina 2 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

NOI CI SIAMO E VOI?

mille per mille

Sostienici •Bonifico presso Banca Sella, Iban IT18U0326803200052879687660c/c postale 708016. Intestati a «il manifesto coop. ed. a.r.l»

283.033

Non è stata una buona scelta.Non è infatti per nulla ovvioche cosa sia oggi un giornale

di sinistra, tanto meno uno che, sem-pre secondo Parlato, dovrebbe ancoradefinirsi comunista. Nel senso che di-cevamo sopra, un comunismo che po-co ha a che vedere con i “socialismi re-ali”, ma che realizzi un cambiamentodel vivere e del produrre e che facen-dolo realizzi un più di libertà politica.Lo abbiamo detto in questi anni anco-ra? Si poteva dirlo? Si poteva crederlo?Questa è la domanda cui abbiamosmesso di rispondere cessando fra noipersino di farcela. Io tendo a credereche da questa reticenza venga il di-mezzamento dei nostri lettori. Ma èuna domanda cui non è semplice ri-spondere. Non è facile essere comuni-sti oggi, a più di trenta anni dal 1989. Eappunto sarebbe nostro compito chia-rire che cosa intenderemmo nel dircicomunisti ancora, o perché non si pos-sa dirlo più.

Io credo che, almeno nei tempi bre-vi, non si possa dirlo più. E non per-ché il sistema mondializzato sia diven-tato più umano, condiviso e condivisi-bile, meno feroce, più pacifico perchélibero e un po' meno inegualitario, co-sa che non vuol dire conformizzato.Non abbiamo mancato di scrivere chedal 1971 non sono soltanto passatimolti anni, ma sono cambiate moltecose. Quasi tutte. Ma non ne abbiamotratto ed esplicitato le conseguenze.In questo la crisi della sinistra non è di-versa dalla nostra, almeno – sinistra es-sendo ormai parola assai vaga - diquella parte della sinistra che si propo-neva un cambiamento del modo diproduzione. Si può essere anticapitali-sti oggi?

Il manifesto è nato quando una par-te del mondo, sotto l’egemonia degliStati Uniti, era capitalista e imperiali-sta, e una parte che aveva già abolitola proprietà privata del capitale si dice-va socialista ed era sotto l'egemoniadell’Urss. Il mondo si ridefiniva fradue campi e mezzo: perché restavauna parte sospesa in un “postcolonia-lismo”, vago come tutti i post, chechiamavamo paesi terzi. Oggi non èpiù così; gli Stati Uniti non sono più laindiscussa prima potenza capitalista,e non è sicuro che il loro fine si possadefinire, come prima, imperialista.L’Unione Sovietica non esiste più. LaCina ha un governo che si dice comu-nista ma un sistema produttivo capita-lista spinto. Cuba non sembra più af-fatto socialista. Il terzo mondo ha per-corso, tra stati e sotto l'infuenza di po-tenze diverse, un itinerario mai vistoprima. Allo stesso tempo l’Europa haformato una grande area a moneta

unica e a direzione liberista che da an-ni è traversata da una crisi, economi-ca e politica, più acerba di quella degliStati Uniti da cui aveva preso radice.Insoma, è cambiato tutto. È cambiatoil capitalismo? Possiamo dire di sì, nelsenso che ha articolato le sue forme enon ha più uno stato che ne sia indi-scutibilmente la leadership. Dobbia-mo dire di no, nel senso che ha mon-dializzato, appunto articolandolo, ilsuo modo di produzione. Possiamo,davanti a questo mutamento di sce-na, conservare gli strumenti di analisie di proposta che avevamo nel 1971?Non credo. Andrebbero almeno verifi-cati.

Anche l’Italia è cambiata. Nel sensoche forse nel paese dove il movimentodel '68 è stato più lungo e più esteso avari strati sociali, non solo operai e stu-denti, ha anche – ha ragione MarioTronti – più destrutturato le forme

classiche del socialismo e della demo-crazia di quante forme nuove abbiaprodotto. Ha investito nuove figure so-ciali e anche qualcosa di assai più cheuna forma sociale, le donne e i femmi-nismi. Questa molteplicità di oggettiha avuto in comune il rigetto delle for-me di potere cui era, visibilmente o in-visibilmente, sottomessa, nello stessotempo dividendosi acerbamente. Ri-sultato, all’ampiezza del rigetto ha ri-sposto una reazione opposta, un indi-vidualismo piatto, un rifiuto di ognicambiamento di società, di ogni collet-tività che non sia locale o comunita-ria. La incomunicabilità delle differen-ze ha prodotto una crisi della politica,il cui esito è stato il berlusconismo e ilcrescere del populismo.

Ma di questo neanche noi abbiamodato una mappa e una topografia ap-profondita e comune. Abbiamo de-nunciato i limiti del keynesismo post-

bellico con l'intento di andare oltre,ma di fatto abbiamo lasciato spazio aspinte liberiste. Meno stato più merca-to, è uno slogan che piaceva anche a si-nistra. Per un paio di decenni abbia-mo messo da parte il rapporto di lavo-ro, analizzando le nuove soggettività ele molte contraddizioni che ne eranofuori, finendo col dichiarare lo sbiadi-mento se non addirittura l’irrilevanzadella contraddizione fra lavoro e capi-tale. Fino allo scoppio della crisi e del-l'offensiva padronale alla Fiat abbia-mo dato poca attenzione alla strutturasociale, come se fosse un problema pu-ramente sindacale. Non siamo staticonvinti, e quindi non siamo stati ca-paci di convincere, che - come ci ricor-da il segretario della Fiom - il modo diproduzione non investe soltanto la fab-brica ma tutta la società. Il lavoro? Ro-ba del secolo scorso. L’operaio? Nonc’è più. Il sindacato? Vecchiume. Delresto non gorgheggiavano ogni giornoi padroni che il lavoro costituiva oramiuna parte minima del processo di pro-duzione?

Oggi i padroni dicono tutto il con-trario, strillano che per essere compe-titivi nella mondializzazione bisognaridurre i salari italiani a quelli dell’In-donesia o della Cina, un terzo, unquarto del livello che i lavoratori era-no riusciti a spuntare da noi. Così sia-mo arrivati, come il resto del mondooccidentale, a una stretta in cui i reddi-ti si sono divaricati al massimo, il dieciper cento della popolazione guada-gna quanto il novanta per cento, e diquesto dieci, l’un per centro guada-gna più di tutti gli altri. Nella stretta sidibattono anche le nuove soggettività.

In questo ribollire di bisogni e nellaloro incapacità di trovare un dialogo, ilmanifesto non è riuscito a suscitarepiù interesse ma meno. Eppure nonc’è giorno che esso non proponga unpezzo interessante e che sarebbe im-possibile trovare altrove, un'interpreta-zione di una notizia che l’altra stampaoffusca. Forse che quel che scriviamonon si capisce, non è detto bene? Nonè chiaro? Non è rapido e divertente?Qualcosa non ha funzionato neancheda noi. Siamo stanchi, perché – per fa-vore non lo si dimentichi – coloro cheogni giorno hanno confezionato que-sto foglio e lo hanno spedito in gironon ne possono più di un successoche lentamente viene meno e perdipiùdi essere pagati meno che in qualsiasialtro giornale, e a singhiozzo, a volteaspettando il salario per mesi. Affidarsiper anni agli introiti del marito, dellamoglie, dei genitori, a un altro lavoret-to è facile da dire, non facile da vivere.

Io insisto perché nel chiedere soli-darietà facciamo anche un esame dinoi stessi. O pensiamo che la storia siafinita e che “io speriamo che me la ca-vo” sia divenato il solo slogan vera-mente popolare?

Luca CeladaLOS ANGELES

Four Seasons di BeverlyHills, l’albergo di Hol-lywood dove avvengono

gli incontri con la stampa e lepresentazioni dei film. Al se-condo piano è in corso la con-ferenza stampa di Luck per laHollywood Foreign Press (vediarticolo su Alias). La nuova se-rie della Hbo è l’ultima perladi David Milch, uno degli auto-ri più geniali della «new televi-sion» che sulle emittenti cableamericane vive un momentofelice al punto divenire considera-ta un’«età del-l’oro» della fic-tion TV.

La serie è unnoir postmoder-no ambientatonel sottoboscodelle scommes-se sui cavalli,una collabora-zione di Milchcon MichaelMann, fra i piùvisionari registidi Hollywood eun cast corale in cui spiccanoNick Nolte e Dustin Hoffmannei panni del protagonista, ilgangster Ace Bernstein.

La sala stampa è gremita digiornalisti che interpellano iquattro autori/interpreti.Quattro leoni sulla sessanta-settantina, reduci di un altraetà dell’oro, la Hollywood deiRaging Bull e degli Easy Rider– per citare Peter Biskind - imitici Seventies quando sul-l’onda della contestazione so-ciale, una generazione di auto-ri anticonformisti, gli Scorse-se i Coppola, i Nicholson,prendono brevemente il so-pravvento all’interno del mo-dulo «industriale» degli stu-

dios e danno vita allo straordi-nario fermento sovversivo delcinema anni ’70.

I quattro rivendicano il co-raggio di quell’anticonformi-smo, della visione alternativapolitica e artistica che oggi vi-ve appunto in molte serieficton.

Milch dopotutto è uno cheai tempi dell’università a Yale,venne espulso per aver fattofuoco su dei lampioni per pro-testa contro la guerra in Viet-nam. Prende la parola Nolteche con Robert Redford ha ap-pena finito di girare un film

sui Weather Un-derground: «Era-vamo tutti radi-cal. Gli arruolato-ri ci dicevano‘venite a farvi lavisita e vi diamoun bel fucile’. Maa noi non ce nefregava nulla diandare ad am-mazzare la gentein capo al mondoper loro».

«Il successo pernoi era l’ultimopensiero», aggiun-

ge Hoffman, che mentre fre-quentava l’Actors Studio divi-deva un appartamentino conGene Hackman «anzi farcelasarebbe stato diventare vendu-ti». Insomma c’è aria di «disob-bedienza» d’altri tempi.

Al termine della conferenzaè il momento delle foto. Chie-diamo a Mr. Hoffman se gli di-spiace dare un’occhiata al no-stro giornale, «Sure». «Guardiche però è un quotidiano di si-nistra..», ci sentiamo in doveredi aggiungere…. E lui, Il Laure-ato, Ratso Rizzo, il PiccoloGrande Uomo, ci squadra unattimo e poi dice: «Embè?! Ionon sono mica Charlton He-ston. Dammi qua». Click.

Storia di un clickche ha fatto il giro

del mondo.«Dammi

quel giornale».«Guardi però che

è di sinistra...»«Embè? Io non

sono micaCharlton Heston»

Mille per mille fa un milione.Di euro. La sottoscrizione lan-ciata venerdì 10 febbraio si af-fianca alla richiesta di compra-re il giornale in edicola e co-mincia a dare i suoi frutti.

I dati per la sottoscrizionesono: bonifico bancario c/oBanca Sella, IbanIT18U0326803200052879687660; c/c postale 708016. Entram-bi intestati a «il manifesto co-op. ed. a.r.l.», via A. Bargoni, 8,00153, Roma.

Questi sono i lettori che han-no finora risposto al nostroappello.

Stefano BenniAltanRosario AmodeoGuido RossiNicola CipollaGad Lerner

Franca CaffaRaffaele FlorioGiancarlo CroceMarco LuzzattoGianni FerraraSerena RomagnoliNerio NesiMaria Carla BaroneGiancarlo ArestaAlba SassoLino TrentiniPasqualina NapoletanoAndrea AmatoFranco VirgaDaniela AmbrosinoMassimo AngrisanoAldo TortorellaMauro PaissanElena Comparini

Luigi ChezziCatherine LeclerqAndrea CamilleriEmilio OrlandoFilippo PoglianiFelice Roberto PizzutiCaterina GraziadeiMarco SpeziaPaolo PoliLoriano BonoraGiuseppe CottoneAndrea ProtopisaniFranco CavalliGiorgio RuffoloNino LisiAssociazione Ivan BonfantiMichele SantoroGiovanni PalombariniMarino Cofier

Ivano Di CerboLuigi CavallaroMaurizio MoriSeverino CesariPaolo BerdiniPier Luigi ParcuMaria Concetta GubernaleStefania LaurentiElisabetta DoniniDaniela GrazianoRoberto GiachettiMarco DoriaMauro BulgarelliVincenzo VitaSergio JobAlberto FabbriFilippo MaoneValerio ComuzziVincenzo M. Siniscalchi

Francesco Vigorito

Roberta De Martino

Patrizia Colosio

Piera Zani

Sandro De Toni

Pierluigi Panici

Carlo Guglielmi

Tommaso Frattini

Maura Filippini

Claudio Longo

Vittorio Ercolano

Pier Luigi Orsi

Paolo Ciofi

Giorgio Forti

Luciano Canfora

Livio Nicolini

Piero Gilardi

Carla Corti

Giancarlo Valtalina

DUSTIN HOFFMAN E IL MANIFESTO

Lo scatto «radical»di Beverly Hills

DALLA PRIMARossana Rossanda

LA STORIA NON È FINITA

Se non possiamo più dirci comunistiallora che cosa siamo?

IERI QUARANTAQUATTROMILA EURO La sottoscrizione partita il 10febbraio si avvicina alla soglia dei 300mila euro.

Page 3: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 3

Caro manifesto, sono un tuo fedelissi-mo lettore da molti anni, e ho anche aderi-to a tutte le iniziative di questi ultimi anniper farvi (farci!) sopravvivere. Il momentotragico che state (stiamo!) vivendo mi haspinto a comprare il quotidiano in due co-pie giornaliere: una la lascio nel bar internodel teatro dove lavoro come violinista inorchestra, e all'ultima assemblea sindacaleho lanciato l'idea di una sottoscrizione persostenervi attraverso la campagna1000x1000. Spero a breve di potervi invia-re la nostra parte a nome dello spontaneocomitato "laScala x ilManifesto", e proveròanche a organizzare un concerto carnevale-sco per raccogliere altri fondi. Speriamo difarcela! In bocca al lupo a tutti voi (noi!)Francesco Lattuada Rsa Slc-Cgil OrchestraTeatro alla Scala Milano

Cari e indispensabili compagni, cisiamo anche noi a sostenervi (sostenendocosì anche noi stessi).Luciano e Simonetta Tunesi

Cari compagni del manifesto, nel-l’Europa della finanza strangola-stati e deimiliardi di euro versati a fondo perduto allebanche, l’abbonamento sottoscritto e ilbonifico di 500 euro versato a favore delvostro giornale rappresentano un investi-mento sicuro e necessario. Un forte abbrac-cio,Andrea Cozzolino eurodeputato, vicecapodelegazione del Pd al ParlamentoEuropeo

In un mondo dove è sempre più fatico-so riconoscersi, dove si discute sui "modigiusti o accettabili" della precarietà deglialtri, ci auguriamo che anche attraverso ilnostro sotegno economico (abbonati &mille per mille) e morale (a tempo indeter-minato) possiate superare questo duro mo-mento di crisi. Lunga vita a il manifesto!Sindacato autonomo unita' sindacaleBanca Nazionale del Lavoro Falcri

La rivista "Il Tetto" di Napoli, che escedal 1963, vi è vicina in questa battaglia,avendo seguito il manifesto sin dagli inizicon la sottoscrizione dell'abbonamento ini-ziale e con l'adesione a tante vostre iniziati-ve, così come voi avete sostenuto le nostrevicende, come dimostrano, tra le tante, lapartecipazione di Valentino Parlato e diAngelo Mastrandrea a nostre iniziative. Cre-dendo nella libertà d'informazione, impor-tante specialmente in questi tempi difficili,daremo il nostro contributo di solidarietà,convinti che oggi più che mai bisogna "nonmollare" e che la vostra significativa vocenon deve tacere.Pasquale Colella e l'intera redazione

Sono un lettore della prima ora, apartire dalla rivista nel 1969, subito dopola radiazione dal Pci nel XII Congresso, e unsostenitore dall'inizio dell'avventura del quo-tidiano (4 pagine 50 lire), nonché sociodella manifesto spa. Un'impresa editorialee politica di dimensione non solo italiana,nel solco della migliore tradizione culturaledella sinistra italiana del ’900. Una storiafatta di ricordi preziosi, indimenticabili, tut-tora vivi e in grado di sprigionare idee eprogetti per il futuro, anche in questa stagio-ne di depressione duratura. Il manifesto èuna vera cooperativa editoriale, un colletti-vo che scrive un giornale vero, difenderlo esalvarlo oggi vuol dire lottare in prima perso-

na per rivendicare il diritto all'informazione,come giustamente sostiene l'AssociazioneDa Sud. La qualità del giornale è, oggi, mol-to alta, essendo stato capace, in solitudine,di affrontare tematiche e contraddizioni disistema ormai sepolte e nascoste dal pen-siero unico. La consapevolezza critica dellecontraddizioni reali del capitalismo,nellasua storia, il manifesto non l'ha mai smarri-ta, e la nota pubblicata nel dicembre 1970sulla rivista, intitolata "Un quotidiano per lasinistra di classe" mantiene un'attualitàstraordinaria, che sarebbe importante rivisi-tare. Occorrono una forza e un coraggio perquesta ulteriore battaglia, che il manifestonel corso dei 40 anni che ci separano dal28 aprile 1971 ha saputo, come collettivodi giornalisti e di lettori, dimostrare. I circolidel manifesto hanno cominciato ad assu-mere la dimensione locale e la vicinanzaproblematica e critica con il territorio,come base concreta per uscire dall'isola-mento localistico, e rilanciare idee emobilitazioni praticabili dal basso, ancheattraverso la costituzione di osservatorii e lostrumento dell'inchiesta. Lo abbiamo speri-mentato con la mobilitazione sui temi refe-rendari dello scorso anno. Il Circolo del ma-nifesto Versilia, di cui faccio parte, ha inprogramma il lancio di iniziative e di propo-ste di sostegno attivo e partecipato allavicenda del quotidiano, e saràpresente all'assemblea nazionale dei circo-li che si terrà a Bologna sabato 25 febbra-io. Al 1000x1000, possiamo aggiungere laproposta di qualche migliaio di lettori chesottoscrivono l'importo di un abbonamentoannuo ordinario di 260 euro. e sui territoriorganizzare, una tantum, forme di diffusio-ne militante. Nel frattempo, ad un abbona-

mento destinato che ho fatto a novembre2011, aggiungo un contributo di 200 euro.Un abbraccio, consapevole della possibilitàdi continuare questa avventura.Gabriele Ciucci

Oggi ho sottoscritto per la primavolta 20 euro per il giornale. Sono un sinda-calista dello Spi Cgil e per molti anni haletto il manifesto. Dagli "anni giovanili" del-la contestazione globale, fino alla fine deglianni ’80, poi l’ho abbandonato, perché loritenevo, e lo ritengo tuttora, chiuso nellalogica "riserva indiana". Poiché sono ferma-mente marxiano (nella metodologia d’anali-si) ritengo che l’utilità di uno strumento diinformazione (socialista o comunista) siarapportato alla sua diffusione e alla capaci-tà di ampliare consenso e movimento. Ilmanifesto si è dimostrato strumento élitarioe non di massa, contraddicendo quindi tuttii presupposti teorici (marxiani) e di prassi(socialismo o comunismo che dir si voglia).Dunque la mia sottoscrizione è motivata daun unico intento, quello di poter continuaread avere una voce, quantomeno antagoni-sta, al pensiero unico che sta plasmando lesocietà del capitalismo globalizzato. Il miosostegno è dunque per lo strumento, manon mi esime dal continuare a non condivi-dere gran parte delle analisi espresse sulgiornale e dalla sua prassi.Bruno Pierozzi Uff. politiche fiscali e dibilancio Spi Cgil naz.

In largo anticipo sulla scadenza horinnovato oggi l'abbonamento, annuale so-stenitore, con fiducia e speranza: un sac-chetto di sabbia aggiunto all'argine...Guglielmo Roversi

Uno dei motivi per cui non scucireiun euro per il manifesto, a parte quello chetiro fuori ogni giorno per acquistarlo in edi-cola, è la vergognosa campagna pro-Vendo-la, e contemporanea censura delle posizio-ni delle altre forze della sinistra (a proposi-to, vi informo che il Pd non è di sinistra, perstessa ammissione dei propri dirigenti) dicui siete protagonisti. "Quotidiano comuni-sta", ma fatemi il piacere! Pubblicate que-sta lettera in mezzo a tutte le sviolinate chemi debbo sorbire ogni giorno, se ne avete ilcoraggio, ma ne dubito.Mario Barbieri Brogliano (VI)

Compro regolarmente il giornale e,dopo una piccola sottoscrizione, ho sotto-scritto un abbonamento web, ma lo com-prerò in edicola spesso, perché non puòsparire, sarebbe una perdita insopportabileper me e per tutti gli altri compagni. Non ècarità, ma la speranza di continuare a so-gnare con voi un mondo migliore. So chesarà una lotta lunga e difficile, ma confortaleggere le parole e la concreta manifestazio-ne di affetto di tanti lettori più o meno fede-li. Sono con voi.Romano Galligani

Il nostro giornale mi accompagna damoltissimi anni, sulle vostre pagine ho fattocolazioni, discussioni e stretto amicizie. Ilmondo della sicurezza sui luoghi di lavoro ame caro ha sempre trovato tra le vostrerighe grande attenzione e ricchezza di conte-nuti. In questi giorni vi sto leggendo con unparticolare accanimento, sarà perché temodi non potervi leggere più e allora ecco cheleggo fino all'ultimo rigo e mi gusto il miogiornale come l'ultimo boccone di un babà

o di una sfogliatella calda. In questi giornipieni di apprensione, i vostri articoli e quellidi tutti coloro che solidarizzano col manife-sto sono meravigliosi, di una particolarequalità, accoglienti, ricchi di affetto e acca-niti nel volersi tenere queste poche ma pre-ziose pagine di un giornale che ha fattostoria, che ha già quarantanni compiuti eche vorrei che invecchiasse con me. Miabbonerò on line ma non rinuncerò a com-prarvi comunque tutte le mattine per ac-compagnare le mie colazioni. Resistiamo!Stella Lanzilotta

NOI CI SIAMO E VOI?

Mercato puro •Ci siamo ma non basta: il traguardo delle 30mila copievere in edicola è vicino ma non è ancora stato raggiunto

I notav fanno da sé e per treDal movimento notav una risposta all'appello1000 x 1000: ti regaliamo quasi tre di queste«buone azioni». Come comitati notav della Val diSusa, Val Sangone e Torino diciamo da tempoche non ci sono governi amici, ma questa voltavogliamo anche ricordare che tra i quotidianinon abbiamo soltanto nemici. Guardiamo alpopolo greco gridando «la Grecia siamo noi»: ilTav contribuisce in modo pesante alla formazio-ne e alla crescita del debito pubblico e noi cer-chiamo di impedirlo con la nostra lotta. Aiutareil manifesto a pagare i debiti contratti anche perdar voce alle nostre ragioni è una delle tantenostre scommesse. Tra pochi giorni (sabato 25)in Val di Susa ci sarà una nuova grande manife-stazione, promossa unitariamente dal movimen-to e dalle amministrazioni locali: decine di mi-gliaia di persone saranno nuovamente in piazzaper ribadire le ragioni No Tav e per denunciarela criminalizzazione di una protesta civile chegoverni e procure combattono con la militarizza-zione di una valle, con arresti indiscriminati econ la creazione di un clima pesante di tensio-ne. Non occorre essere valsusini per essere no-tav, basta essere onesti ed informati. Come mo-vimento no tav siamo orgogliosi di essere da

oltre vent'anni «dalla parte del torto» e anchequesto orgoglio ci accomuna a un giornale chenon deve morire. Sarà dura per entrambi, ma cela faremo.Ezio Bertok, per conto dei comitati notav

il manifesto è come il paneCarissimi tutti , la vostra presenza arriva ognigiorno nella mia casa insieme al pane, concretae indispensabile come lui. Ieri ho partecipato almillexmille e, come sempre, ho comprato il gior-nale. Non mi sono mai abbonata proprio perquesto «sempre», fin dal primo numero, 41 annifa, per non privarmi del gesto nutritivo di com-prare - Manifesto e Pane- a pari merito e sostan-za. Sono certa che non ci toglieranno questaPresidio che ci permette di riposizionarci nellanostra identità ogni giorno, con fatica e tantagioia! vostra Wilma Cipriani

il manifesto per la PalestinaCari compagni, la nostra associazione si occupada più di venti anni di solidarietà verso il popoloe l’infanzia palestinese, prima a livello nazionalee poi a a Milano. Attualmente, e da più di diecianni, lavoriamo con un’associazione palestinesedi Gaza seguendo un centinaio di affidi a distan-

za e supportando i loro progetti socio-educativicon i bambini e gli adolescenti, che vivono inquella prigione a cielo aperto che è Gaza. Vole-vamo ringraziarvi, in particolare Michele Giorgio,per l’ottimo e puntuale lavoro di informazionefatto dal giornale in tutti questi anni e siccomenon possiamo permetterci di perdere la quasiunica voce che ancora parla di Palestina abbia-mo deciso, anche per questo motivo, di aderirealla campagna millexmille. Con l’augurio checon l’aiuto di tutti la vostra e nostra voce possacontinuare a farsi sentire. Salaam Ragazzidell’Olivo – Comitato di Milano-ONLUS

La dissonanza dell’intelligenzaMolti di noi, vecchi lettori e collaboratori di que-sto giornale, si chiedono con ansia che cosasarebbe la loro vita se il manifesto (persino ilmanifesto) scomparisse dalle edicole. E gli altri?Gli altri che cosa pensano, che cosa ne pensa-no? Eviterò di citare anch’io la troppo evocatapoesia di Niemöller-Brecht, ma non si può nega-re che il problema sia ancora quello: la stupidae gretta e miope indifferenza dei tanti che nonriescono a spingere lo sguardo al di là del pro-prio naso o del recinto del proprio orto. «Nonsono mica comunista, io! E poi questi reduci del

’68 o del ’77 hanno proprio rotto. Non voglionocapire che il mondo è cambiato, che la lotta diclasse non interessa più a nessuno, che oggicontano soltanto il merito e il mercato. E se ilmercato non sa più che farsene del loro piccologiornale, è ora che si mettano l’animo in pace!».Insomma, la fine del manifesto appare ai piùirrilevante, affare altrui. Anche nel mondo dell’in-formazione. Eppure non dovrebbe essere difficilecapire che, se dovesse tacere anche l’ultimavoce dissonante, la libertà di tutti sarebbe com-promessa. In tutte le redazioni cambierebbero irapporti di forza, i pochi giornalisti critici sarebbe-ro ancora più soli, le rare voci non allineate siritroverebbero ancor più isolate, e verrebbe rapi-damente meno ogni remora a raccontare le co-se nel modo più gradito a chi comanda. Un filo-sofo molto moderno, benché più antico di noicomunisti, scrisse che per fare una repubblica –uno Stato di diritto democratico – non occorreche tutti siano creature angeliche, basta che ipiù siano intelligenti: magari diavoli, purché ra-zionali. A volte, di questi tempi, vien fatto di pen-sare che il problema sia proprio questo, che ilnostro sia ormai un paese di sciocchi: magarifurbi, efficienti e produttivi, ma disinteressati acapire il mondo in cui viviamo. Alberto Burgio

Il momento, per il movimen-to dei lavoratori, è particolar-mente difficile. La riduzione anulla di diritti e livelli salariali– con strascichi pesanti an-che sulla sicurezza delle con-dizioni in cui si lavora – sem-bra diventata «luogo comu-ne». Incontestabile. In questasituazione, i metalmeccaniciprovano a giocare una partitacomplessa, che tiene insiemela «vertenza Fiat» (i cui dipen-denti non possono più sce-gliersi il sindacato, visto chela Fiom è stata «esclusa» inquanto non firmataria del«modello Pomigliano»); il rin-novo del contratto nazionaledi categoria (scaduto il 31 di-cembre scorso) e naturalmen-te la difesa dell’art. 18. Senzail quale ogni singolo lavorato-re dipendente sarebbe in ba-lia dei capricci o delle minac-ce del suo datore di lavoro.Una battaglia di libertà cheunisce non solo idealmentela vicenda delle «tute blu»con quella de il manifesto.

L’Assemblea nazionale del-le delegate, dei delegati e qua-dri Fiom-Cgil si riunirà sta-mattina a Roma per discuterela piattaforma e le motivazio-ni dello sciopero generale deimetalmeccanici Cgil, indettoper l'intera giornata di vener-dì 9 marzo, con manifestazio-ne nazionale a Roma. I lavorisi svolgeranno presso la strut-tura «Atlantico», in Viale del-l’Oceano Atlantico 271/d(Eur), dalle 10 alle 15,30.

Matteo Bartocci

I l manifesto è ormai in una «no man’s land».Nella terra di nessuno tra la gestione storicadella cooperativa e l’arrivo dei commissari «li-

quidatori». Grazie a voi in questi giorni abbiamotestardamente bucato molti muri di gomma. Mail salvataggio e il rilancio di una testata con qua-rant’anni di storia alle spalle dipendono, purtrop-po, da due fattori al di là del nostro controllo.

Il primo, il più grave, è il necessario interventodel governo Monti. Senza correzioni rilevanti eimmediate al fondo editoria non chiuderemo ilbilancio del 2011 (i tagli, lo ricordiamo, sono re-troattivi). E dunque le pagine che avete letto inquesti giorni sarà come se non fossero mai esisti-to. Il battere di un tempo che non è mai stato.

E’ una situazione critica che non riguarda soloil manifesto. Ieri anche il Secolo d’Italia (storicogiornale del Msi prima, di An poi e oggi «nel» Pdl)ha annunciato le sue difficoltà.

Da parte del parlamento, a parte pochi sporadi-ci casi (che ovviamente ringraziamo), quasi nes-suna voce si è levata contro il suicidio assistito,freddamente certificato, di decine di giornali. Mu-to Bersani. Silente D’Alema. Distante Casini. Al-trove Di Pietro. Fa perciò ancora più rumore la di-chiarazione di Gianfranco Fini, presidente della

camera, in difesa del sostegno pubblico ai giorna-li. Parole prudenti, quelle dell’ex leader di An, madifficilmente non condivisibili: «Se il legislatoredecidesse di non spendere un solo centesimo perl'editoria, questa scelta sarebbe per molti aspetticomprensibile in questa fase di crisi economica,ma comporterebbe la chiusura di alcune testateche per il ruolo che hanno avuto e in nome del

pluralismo meritano di sopravvivere», ha detto ilpresidente della camera. Nel garantire i finanzia-menti alle testate, ha aggiunto, «si deve partireproprio da queste, che hanno un particolare valo-re culturale e politico».

Non una dichiarazione (nemmeno dal Pd) sui113 milioni fatti sparire da 5-6 parlamentari delPdl per finanziare giornali più o meno inesisten-ti. Milioni che fanno impallidire le «mazzette» diTangentopoli ricordate in questi giorni.

L’informazione nell’era Monti è una storia chesomiglia a quella di decine di vertenze di lavororaccontate su queste pagine. Sali sulla torre o sultetto, digiuni, lotti. Ma sei solo. La politica è sem-pre altrove. Il mercato è diventato un «giudizio didio» al quale nessuno si può sottrarre. Come ave-te letto grazie al bilancio presentato dal nostrocda e da Valentino Parlato, da diversi mesi nonpossiamo più contare sull’accesso al credito ban-cario. Una situazione critica per qualunque im-presa, aggravata dall’avvio della liquidazione co-atta che ci impedisce anche formalmente un’in-terlocuzione con le banche.

Diciamola così: ormai siamo nel mercato «pu-ro». Viviamo alla giornata. Solo le vendite ci con-sentono di comprare la carta per stampare il gior-nale. Ma sono ancora troppo basse. Con voi sia-mo stati più trasparenti di qualunque altra impre-sa. Vi abbiamo detto tutto: dai nostri debiti ai no-stri stipendi. Le difficoltà e i pregi li conoscete.

Nonostante i vostri sforzi (e i nostri per offrirviun «prodotto» almeno adeguato), il traguardo del-le 30mila copie giornaliere in edicola non è anco-ra stato raggiunto. I dati di vendita sono parziali,resi molto più complicati dalla neve, ma bisognafare di più. Nei prossimi giorni vi regaleremo mol-te altre sorprese. L’obiettivo lo vediamo, è lì a unpasso. Ma dobbiamo arrivarci. Tutti insieme.

EDITORIA · Fini rompe il silenzio del parlamento sui contributi

Niente nuove, pessime nuoveIl governo tace, i giornali chiudono

NOI E LE TUTE BLU

Assembleanazionaledella Fiom

Page 4: Un giornale da marciapiede

pagina 4 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

La cancelliera Merkel, chevede squagliarsi il suo allea-to di governo liberale, e for-

se già si prepara a una grande coali-zione, ha proposto all’opposizionesocialdemocratica e verde (non aisocialisti) di cercare un candidatoconsensuale. Presa dalla crisi politi-ca, Merkel ha telefonato ieri a Mon-ti per spiegargli che non avrebbepiù potuto venire a Roma come pre-visto. Mentre la cancelliera si atteg-gia a moralizzatrice dei costumi eu-ropei, il danno di immagine per laGermania è pesante.

La procura di Hannover, in un co-municato del 16 febbraio, si riferivaa una vicenda che risale a quandoWulff era ministro-presidente delLand Bassa Sassonia, dal 2003 al2010. Dal produttore cinematografi-co David Groenewold, beneficiariodi garanzie bancarie del governo re-gionale per 4 milioni di euro, Wulffsi sarebbe fatto pagare due soggior-ni in albergo all’isola di Sylt, sul Ma-re del nord. Groenewold ha ancheorganizzato un comune soggiornoa Monaco, all’hotel BayerischerHof, in occasione dell’Oktoberfest:Wulff avrebbe pagato il pernotta-mento per lui e la moglie, ma non ilsupplemento di 400 euro per la sui-te di lusso. Groenewold gli ha an-che „prestato” per diversi mesi untelefonino intestato alla sua ditta.

Piccolezze, dirà un lettore italia-no, abituato alle ben più corposeavidità dei nostri politici. Ma nel ca-so di Wulff l’abitudine a colleziona-re vantaggi era sistematica.

Dal dicembre scorso è stato unostillicidio di rivelazioni, a comincia-re da un prestito a condizioni di fa-vore per comprarsi la casa, ottenu-to dall’imprenditore Egon Gee-rkens per mezzo milione di euro(passati da un conto intestato allamoglie, su cui però Geerkens avevaprocura), a un comodo saggio di in-teresse del 4%. Prestito restituitoquando Wulff lo potè rimpiazzarecon un credito ancora più vantag-gioso, con interessi variabili tra lo0,9 e il 2,1%, della Landesbank delBaden-Württemberg, controllatadal suo amico democristiano Gün-ther Oettinger.

Si è poi appreso di sponsorizza-zioni assai poco trasparenti di ini-ziative politiche, campagne eletto-rali, feste. Di sei vacanze estive gra-tis con la moglie Bettina in supervil-le di imprenditori amici in Spagna,a New York, in Italia, in Germania.Di auto concesse a condizioni di fa-vore dalla Volkswagen, quandoWulff sedeva nel suo consiglio disorveglianza.

C’è il fondato sospetto che Wulffabbia mentito al parlamento regio-nale della Bassa Sassonia nel 2010,quando l’opposizione, già insospet-tita, gli chiese se intratteneva rap-porti d’affari con l’imprenditore Ge-erkens. L’allora ministro-presiden-

te negò. Ora sostiene che non si trat-tò di una bugia, perché il prestitogli arrivò, formalmente, dalla mo-glie di costui. E nel dicembre scor-so, quando seppe che la Bild Zei-tung stava per rivelare questo pre-stito “tra amici”, telefonò al diretto-re del giornale e al presidente dellacasa editrice Springer per chieder-gli di sospendere la pubblicazione,minacciando querele. Che un presi-dente della repubblica, notaio deidiritti costituzionali, tratti in questomodo berlusconiano la libertà distampa, è catastrofico.

Resta semmai da spiegare perchèla procura di Hannover si sia con-centrata soltanto sul legame col

produttore cinematografico, parlan-do di un “sospetto iniziale contro ilpresidente della repubblica Chri-stian Wulff e David Groenewold,per aver ricevuto favori, o rispetta-vamente per averli concessi”. Lo hafatto perché qui ravvede un plausi-bile collegamento con un atto d’uf-ficio, la garanzia bancaria per 4 mi-lioni. Lo stesso Groenewold spiegòin un suo comunicato di aver sceltoHannover come sede della sua dit-ta perchè Wulff avrebbe dato “im-portanti impulsi allo sviluppo del-l’industria dei media, con molto im-pegno personale”. Per gli altri episo-di Wulff ha sostenuto trattarsi di vi-cende esclusivamente private. Ri-vendicando il diritto di chiunque achiedere soldi in prestito agli “ami-ci” o a farsi ospitare da loro.

Il codice penale tedesco distin-gue tra “accettazione di favori” (Vor-teilsannahme), con pene fino a dueanni di carcere, quando il pubblicoufficiale accetta una qualche utilitàin relazione a un atto d’ufficio, ecorruzione passiva (Bestechlicheit),con pene fino a cinque anni, se lacontropartita è un atto contrario ai

doveri d’ufficio. Il caso di Wulff è ilprimo, presumendo che l’aiuto of-ferto al produttore cinematogafico– senza costi per il Land, perché lagaranzia non fu attivata - rientrassenei programmi di sostegno all’eco-nomia regionale.

Analoga distinzione si trova nelcodice italiano, tra “corruzione perun atto d’ufficio” (con pene fino atre anni) e ”corruzione per un attocontrario ai doveri d’ufficio” (penefino a cinque anni). La codificazio-ne italiana sembra più pesante, vi-sto che parla in entrambi i casi di“corruzione”. Il termine tedesco“accettazione di favori”, e anche laprevisione di pena, suonano menoseveri. Ma esplicitando che già ac-cettare “favori” costituisce reato, lanorma produce un maggior rigore.Un poliziotto non si farebbe offrirené una birra né un caffè. Molte am-ministrazioni impongono ai loroimpiegati di non accettare regali divalore superiore ai dieci euro, a me-no di non chiedere una speciale au-torizzazione. Forse solo una pennabiro non crea problemi di coscien-za. Un mazzo di fiori regalato daigenitori a un’insegnante potrebbemetterla in imbarazzo.

Ieri mattina il 52enne Wulff, ac-compagnato da Bettina, ha convo-cato la stampa nella sua sede aSchloss Bellevue: “Il nostro paeseha bisogno di un presidente chepossa dedicarsi con tutto il suo im-pegno ai problemi nazionali e allesfide internazionali. Un presidentesostenuto da una vasta maggioran-za (...). Questa fiducia è compro-messa”. Di qui le dimissioni, nonsenza essersi detto sicuro che l’in-chiesta giudiziaria – l’autorizzazio-ne parlamentare ora non serve più– lo scagionerà: “Ho commesso er-rori, ma ho sempre tenuto un com-portamento corretto”. E non senzapolemizzare con la stampa “che ne-gli ultimi due mesi, con i suoi reso-conti, ha ferito me e mia moglie”.Così finisce l’avventura politica diChristian Wulff.

La decisione del presidente Wulff ha, in qualche modo coinvol-to l’Italia. Non solo perché è avvenuta appena dopo il suo pas-saggio in Italia. Ma anche perché la cancelliera Angela Merkel

ieri avrebbe dovuto incontrare a Roma Monti. E infatti sia il presi-dente del consiglio che Napolitano ieri mattina hanno ricevuto unatelefonata, come dire, di scuse.

È bastato questo perché con italico furore il il segretario de La De-stra, Francesco Storace, intervenendo a Reggio Calabria ad una ma-

nifestazione di partito ha de-finito la «telefonata» niente-meno che una «trattamentoda sudditi». Ben più interes-santi le dichiarazioni di Bru-no Tabacci (Api), assessoreal bilnacio comunale a Mila-no e quelle di Leoluca Or-lando, portavoce dell’Idv.«Tra l'Italia e la Germania

c'è un secondo spread: la questione morale», lo ha spiegato BrunoTabacci intervenendo ad un incontro al teatro Elfo Puccini su ManiPulite. «Il presidente della repubblica tedesca viene indotto a dimet-tersi e invece l'ex capo del governo italiano chiede che gli si dia unsalvacondotto - ha spiegato - c'è uno spread grande come una casa:ecco gli esiti di quella che doveva essere una campagna di moraliz-zazione, Mani Pulite, che avrebbe dovuto essere una rivoluzioneprofonda». Secondo Tabacci, quindi, la crisi profonda di eticità e dicultura civica, «sta nella coscienza del popolo italiano e nessun ma-gistrato può essere nella posizione di fare una rivoluzione morale -ha spiegato - ai tempi è stato un errore clamoroso pensare che ciòpotesse avvenire attraverso una rivoluzione giudiziaria».

«Nel giorno della ricorrenza di Mani Pulite ancora una volta dallaGermania arriva una lezione di democrazia. Infatti, dopo le dimis-sioni del ministro della difesa Guttenberg, giungono quelle del mas-simo rappresentante della Repubblica federale di Germania, il presi-dente Christian Wulff». Lo ha sottolineato il portavoce dell'Italia deiValori, Leoluca Orlando. «In uno Stato di diritto la legge è ugualeper tutti e, coloro che ricoprono pubbliche funzioni, hanno il dove-re di adempiere al loro incarico con intransigenza e rigore etico».

Un terremotoper la coalizionedi centro-destrae per la cancellieraAngela Merkel

EUROCRACK

Germania • Le dimissioni dopo che la procura di Hannover aveva chiesto alparlamento di sospendere l’immunità che protegge il capo di stato

BERLINO «Marine a Vicenza»

L’italico ghignetto ne esce smentito propriodall’incommensurabilità tra le minuzie chehanno fatto dimettere un presidente tedesco

e le enormità che non hanno fatto cadere un premieritaliano.

L’uscita di Wulff non è episodio isolato: 20 mesi faanche il suo predecessore Horst Köhler era stato co-stretto a dimettersi (per intempestive dichiarazioni sulruolo delle forze armate tedesche nel difendere gli in-teressi commerciali della Germania). Nel frattempo,l’anno scorso si era dovuto dimettere – stavolta peruna tesi di dottorato bell’e copiata – il potente mini-stro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg (tantoper capirne l’estrazione sociale, il nome completo è

Karl-Theodor Maria Nikolaus Johann Jacob PhilippFranz Joseph Sylvester Freiherr von und zu Gutten-berg), astro nascente (ed eclissato) della Csu bavarese.

Nessuna di queste tre pecche scalfirebbe i politiciitaliani. Ma è proprio il moltiplicarsi delle inezie a defi-nire un trend e, almeno nel caso di Wulff (52 anni) eGuttenberg (42 anni), una generazione di nuovi «ram-panti»: Wulff si era distinto per la giovane, avvenenteconsorte e per prediligere la mondanità festaiola. Quiè l’unico paragone possibile con l’Italia: come lo scan-dalo per il finanziamento della Cdu fatale a HelmutKohl (1999) somigliava a Tangentopoli della Prima re-pubblica, in cui i politici rubavano per il partito, così icomportamenti «impropri» dei nuovi rampanti tede-schi somigliano ai fringe benefits goduti dagli esponen-ti della Seconda repubblica. Ma in Italia non c’è lospartiacque religioso che divide la Germania: Wulff eGuttenberg sono ambedue cattolici, mentre la cancel-

liera Angela Merkel è figlia di un pastore protestante.Soprattutto Wulff e Guttenberg sono politici emersi

dopo la riunificazione, prodotti di una nuova culturapolitica e di un nuovo orizzonte internazionale. Le lo-ro storie ci dicono perciò quanto è difficile il ricambionella classe politica tedesca. Ma costituiscono ancheuna buona notizia per chi aspira a un’Europa meno te-tragona. La loro caduta esprime la crisi della coalizio-ne liberal-cristianodemocratica al governo dal 2009: ie-ri Merkel ha proposto a socialdemocratici e verdi diriunirsi per trovare un candidato comune alla presi-denza della repubblica (carica largamente simbolica,come in Italia). È una prima apertura verso una GroßeKoalition chiamata a gestire il rallentamento della lo-comitiva economica tedesca (se ne sono viste le avvi-saglie a dicembre) e soprattutto a pilotare la crisi del-l’euro su una rotta che non può restare quella – miopee sostanzialmente autolesionista – seguita finora.

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DALLA PRIMAMarco d’Eramo

Per Bruno Tabaccila questionemorale è la veradifferenzacon la Germania

REAZIONI ITALIANE

«Lezione» nel giornodi Mani pulite

La repubblicadegliamicidiWulffIl presidente tedesco si è dimesso. È scivolato peraver accettato favori «turistici» da un produttorecinematografico, grato per una fideiussione delLand Bassa Sassonia. Ma non pagare le vacanzeper lui era un’abitudine radicata

1.800 soldati Usa (800 dei quali con fami-glia) attualmente in servizio in Germaniasaranno trasferiti, a partire dal gennaio2013, nella nuova base «Dal Molin» diVicenza che sarà completata entro la finedell'anno. A confermarlo il programma diriassetto delle forze terrestri in Europa an-nunciato oggi dal Dipartimento della Dife-sa Usa nella città tedesca di Heidelberg.«Le nuove strategie - è stato spiegato -porteranno alla riduzione del numero com-plessivo dei militari in Germania del 25%,fino a scendere a circa 30 mila presenzeentro il 2017». E in Italia?

DALLA PRIMAGuido Ambrosino da Berlino

IL PRESIDENTE CHRISTAN WULFF E ANGELA MERKEL/FOTO REUTERS

Page 5: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 5

Anne Marie PommardPARIGI

Malgrado le tensioni conse-guenti al veto britannicosul Fiscal Compact euro-

peo, il no alla tassa sulle transazionifinanziarie sbandierata da Parigi e lefrasi sulla Gran Bretagna che merite-rebbe, più della Francia, di perdere ilrating AAA, Nicolas Sarkozy ha cerca-to ieri di imbarcare anche David Ca-meron nella sua campagna per la ri-conquista dell’Eliseo. In un incontrobilaterale, gli amici della guerra in Li-bia hanno discusso soprattutto di co-operazione militare (e nucleare), uni-co terreno di intesa tra Londra e Pari-gi in questo periodo. Sarkozy ha otte-nuto un «buona fortuna» da Came-ron, che però è rimasto molto piùfreddo di Angela Merkel e ha oppo-sto un discreto rifiuto a prendere par-te alla campagna elettorale, come in-vece aveva dichiarato di fare la can-celliera.

Sarkozy, che era già in campagnada tempo e aveva già precisato i suoi«valori» (autorità, responsabilità, la-voro), è entrato ufficialmente nellacorsa all’Eliseo con una dichiarazio-

ne in tv mercoledì sera. Per difende-re «la Francia forte» (il suo slogan,con un manifesto dove è fotografatodi fronte a un mare calmo, un’imma-gine del mare Egeo, scelta bizzarra vi-sto lo stato della Grecia) ha comincia-to con gli insulti al rivale socialista.

Senza mai nominare Hollande,Sarkozy afferma che il candidato so-cialista «mente mattina e sera». Il pre-testo è stata la frase infelice pubblica-ta sul Guardian: per Hollande, «nonci sono più comunisti in Francia. Onon molti». Hollande voleva spiega-re alla City che non c’è da aver pau-ra, che la situazione è diversa daitempi di Mitterrand (nell’81 c’era sta-ta una fuga di capitali). Sarkozy co-glie una contraddizione plateale conl’affermazione di Hollande che hadetto di considerare la finanza «il ne-

mico principale». La frase incrimina-ta ha suscitato molte polemiche an-che a sinistra, anche se il Ps affermache, dopo chiarimenti con il Pcf e ilFront de Gauche, «il caso è chiuso».

Sarkozy ha scelto il terreno delloscontro violento con Hollande checonsidera il suo rivale numero uno.Difatti, mentre la presidenziale erainiziata con una corsa a quattro, conil centrista François Bayrou e MarineLe Pen, a meno di due mesi dal pri-mo turno Sarkozy e Hollande si stac-cano dal gruppo, con il socialistasempre in testa nei sondaggi.Sarkozy ha accusato giovedì Hollan-de di «indebolire la Francia»: pur es-sendo il suo governo ad aver perso ilrating AAA, per Sarkozy la Francia èindebolita dalle proposte di Hollan-de (sul voto locale degli immigrati,sulla critica alla riforma delle pensio-ni, sulla volontà di diminuire la pre-senza dell’energia nucleare).

Sarkozy ha scelto di rivolgersi al«popolo», criticando tutti i corpi in-termediari che fanno parte della «ca-sta» e soffocano l’espressione diret-ta. Il presidente che non ha neppurepreso in considerazione di sottomet-tere a referendum la contestata rifor-ma delle pensioni, che ha bypassatoil «no» al trattato costituzionale euro-peo facendo approvare il Trattato diLisbona, che ne è la brutta copia,adesso propone dei veri e propri ple-bisciti. Lo saranno contro delle mino-ranze, gli immigrati e i disoccupati,messi sotto accusa perché approfitte-rebbero del welfare alle spalle del«popolo». Sarkozy ha scelto di virarea destra tutta in questa fase dellacampagna, nella speranza di recupe-rare parte dei voti dell’estrema de-stra, che gli sono necessari fin dal pri-mo turno per non farsi distanziaretroppo da Hollande. Marine Le Penrischia del resto di non potersi candi-dare al primo turno, perché ha diffi-coltà a riunire le 500 firme di eletti,necessarie per partecipare alla presi-denziale.

Massimo CongiuBUDAPEST

«L’Europa ammonisce Or-bán» titola il quotidianoNépszava. Il mese scorso

l’Ue aveva aperto una procedura di in-frazione verso il governo unghereseper questioni riguardanti l’indipenden-za di istituzioni chiave da esso. Il riferi-mento era alla Banca nazionale che ilpremier vorrebbe sottoporre al direttocontrollo dell’esecutivo e sottrarre aquello della Bce. Il ministro degli esteriMártonyi aveva minimizzato l’accadu-to definendolo un «contrasto tecnico-giuridico» da risolvere in poco tempo,mentre le opposizioni lo descrivevanocome un segnale estremamente graveche dimostra quanto il paese stia an-dando nella direzione sbagliata. Secon-do il Fidesz, partito di cui Orbán è lea-der, il responso delle forze di sinistrapresenti nel Parlamento europeo corri-sponde a una condanna dell’Ungheriae offende il diritto del paese all’autode-terminazione. C’è quindi una prevedi-bile reazione negativa da parte del go-verno e dei suoi sostenitori al monitodel Parlamento europeo che, mercole-dì, ha deciso di avviare un’inchiestasulle reali condizioni della democraziain Ungheria. Già all’indomani della de-cisione dell’Ue di dar luogo a una pro-cedura di infrazione, Budapest era sta-ta teatro di una massiccia dimostrazio-ne filogovernativa, il «Corteo della pa-ce per l’Ungheria». «Il Fidesz ci guidaverso il futuro» e «Non saremo una co-lonia» alcuni slogan sugli striscioni deimanifestanti. Per i sostenitori della li-nea più antieuropeista del governoquelle dell’Organizzazione sono pesan-ti intromissioni negli affari di uno sta-to sovrano che ha il diritto di fare scel-te autonome.

Negli ambienti più ostili all’Ue si so-stiene che l’Ungheria non ha mai avu-to modo di scegliere il suo destino, chequattro decenni di dittatura socialistavengono ora sostituiti da una sorta didittatura europea irrispettosa delleidentità nazionale. «Messaggio al-l’Unione europea – aveva gridato allafolla un manifestante alzando al cieloil testo della Costituzione ungherese –questa è la nostra Costituzione», a sot-tolineare il diritto ungherese all’auto-determinazione e a dotarsi della cartacostituzionale che meglio rispecchia lasua identità. Gli avversari di Orbánnon hanno dubbi sul carattere antide-mocratico delle scelte fatte dal gover-no che intende controllare direttamen-te le istituzioni, il mondo dell’informa-zione e irreggimentare ogni manifesta-zione della vita pubblica. Purtroppo ilproblema è contrastare efficacementele iniziative dell’esecutivo e il suoorientamento perché l’opposizione ètroppo debole e frammentata e ovvia-mente per via della maggioranza parla-mentare di 2/3 di cui godono gli attua-li governanti. La critica europea ha av-versari assai accaniti nel partito diestrema destra Jobbik che ha 47 mem-bri nel Parlamento. Per questa forzapolitica, popolare nelle zone depressedel nord-est dove regna la disoccupa-zione e l’Europa è lontana, il nuovo at-tacco delle sinistre europee è un moti-vo in più per uscire dall’Ue. Jobbik hasempre manifestato aperta ostilità ver-so l’Europa comunitaria e le organizza-zioni politico-economiche internazio-nali che pretendono di dettare la loroagenda in casa degli ungheresi. Più vol-te negli ultimi tempi Jobbik ha attacca-to Orbán e il suo esecutivo per nonaver dato luogo alla tanto promessasvolta rispetto agli otto anni di gover-no liberalsocialista e per aver aperto leporte del paese alle banche straniere.Di recente l’ex premier Bajnai si èespresso sui rischi corsi dal paese acausa della cattiva politica della mag-gioranza di destra e sulla necessità diuna svolta che riporti l’Ungheria in Eu-ropa. Intanto l’Europa progressistastigmatizza l’operato dell’esecutivomagiaro che ora avrà ulteriori spuntiper gridare al complotto delle sinistre.

EUROCRACK

Argiris PanagopoulosATENE

I l nuovo memorandum dell’Ue hafatto il suo primo giro di vite, men-tre la Grecia aspetta lunedì la luce

verde dell’Eurogruppo per il secondopacchetto di salvataggio di 130 miliar-di, il via per il programma di «tagli» deibot greci in mano ai privati per 100 mi-liardi e il nuovo regalo alle banche. Do-po che il governo tecnico di Papadi-mos ha accettato tra l’altro di tagliaredel 12% le pensioni sopra i 1.200 euroe un forte taglio di quelle integrative.La borsa di Atene ha festeggiato conun salto del 4,50%, mentre nel museoarcheologico di Olympia due «ladri» ar-mati hanno rubato decine di repertiprovocando le dimissioni del ministrosocialista della cultura Geroulanos.Con il recente furto alla Pinacoteca diAtene e i tagli alla cultura, il patrimo-nio artistico del paese è a rischio.

Le organizzazioni sindacali di Gseee Adedy hanno convocato per stamatti-na una nuova manifestazione a piazzaSyntagma sfidando Papadimos la«troika» e la loro polizia. La polizia ierisi è scatenata contro gli studenti dellescuole medie fuori del parlamento, ar-restando sette giovani tedeschi e ungreco che protestavano contro la politi-ca della Germania davanti all’amba-sciata tedesca di Atene. E gli agenti hadisperso con i gas pacifisti che protesta-vano contro la presenza ad Atene delsegretario della Nato Rasmussen.

«Che nessun signor Schaeuble insul-ti il mio paese. Chi è Schaeuble?», cosìsi è scatenato l’altro ieri, contro i ricatticontinui dai paesi ricchi del Nord Euro-

pa, il moderato presidente della repub-blica greca, il socialista Papoulias. Scha-euble era arrivato ad un passo dall’an-nunciare anche la composizione delprossimo governo tecnico di Papadi-mos e dal comunicare lui la data delleelezioni del 29 aprile. Ora la «troika» ela Germania devono fare i conti con ilcrollo dei partiti che sostengono le poli-tiche neoliberiste e con le proteste chericominciano. La maggioranza di Pa-pandreou e Samaras che sostiene il me-morandum Ue, non esiste più. Secon-do l’ultimo sondaggio della Vprc per larivista Epikaira, Nuova Democrazia di

Samaras ha perso 3% per la sua svoltaa favore del Memorandum fermandosial 27,50% dal 30,50% del precedentesondaggio, mentre dopo il voto del par-lamento scivola al 22%. Pasok è scesoal 11% dal 12% e rischia di crollare sem-pre più. La moderata Sinistra Democra-tica arriva al 16% dal 13%, i comunistidel Kke aumentano invece al 14% dal12,50%, Syriza al 13,50% dal 12,50%,l’estrema destra di Laos scende al4,60% dal 6%, pagando il prezzo dallasua partecipazione al governo di Papa-dimos, i neofascisti di Xrisi Avghi arri-vano al 2,50%, avvicinandosi al 3% chegarantirebbe loro l’entrata in parla-mento, i Verdi sono al 3%. Le forze di si-

nistra con i Verdi superano il 50%, se siaggiunge anche la percentuale dellapiccola ed «extraparlamentrare» Antar-sya e dei «patrioti» del Epam. Mentre idue «partiti del Memorandum», sociali-sti e Nuova Democrazia, rischiano oradi trovarsi di fronte a nuove formazio-ni concorrenti formate dai 43 deputatianti-manovra che hanno espulso.

I diktat delle Germania e dei suoi al-leati sembrano controproducenti per-ché alimentano disperazione ma an-che forte resistenza contro i tagli assas-sini. Assassini davvero. Un giornalistadella tv pubblica Ert si è suicidato ieriperché non gli hanno rinnovato il con-tratto a termine scaduto, mentre glimancava un anno per andare in pen-sione. Il presidente del sindacato delleamministrazioni locali Poe-Ota Mpala-sopoulos ha denunciato che tre impie-gati si sono suicidati negli ultimi quin-dici giorni a causa delle condizionidrammatiche degli enti locali, due nelcomune di Atene ed uno di un comu-ne alla periferia di Salonicco, mentreun altro ha perso le gambe in un tenta-to suicidio. I lavoratori di Poe-Ote han-no scioperato quattro ore, assediandoi ministeri di Sanità, Lavoro e Interni.Ha avuto invece un lieto fine la prote-sta di una coppia di lavoratori dell’enteper le case popolari, cancellato dai ta-gli, che minacciavano di suicidarsi dal-le finestre degli uffici occupati da moltigiorni.

Intanto centinai di ateniesi hannofatto la coda al mercato popolare Var-vakeio presso l’Acropoli per partecipa-re al pranzo con 1.000 kg di carne e 200litri di vino offerti dai macellai «per ilcarnevale e per solidarietà».

Grecia • Dopo la scure sulle pensioni del governo tecnico, lunedì l’Eurogruppodovrebbe dare l’ok al secondo pacchetto di salvataggio da 130 miliardi

FIAT · Marchionne da Putin per il «settore agri»«Sergio Marchionne, Presidente di Fiat Industrial e di CNH Global, ha incontrato il Pri-mo Ministro Vladimir Putin - insieme a Rustam Minnikhanov, Presidente della Repub-blica del Tatarstan, Sergey Chemezov, Direttore Generale di Rostechnologii e SergejKogogin, Direttore Generale di Kamaz - per discutere le attività di cooperazione nellaFederazione Russa. L'incontro si è svolto in occasione della visita ufficiale della dele-gazione governativa russa nello stabilimento di produzione delle macchine agricoledella joint venture Cnh-Kamaz, totalmente rinnovato e oggi pienamente operativo». Èquanto si legge in una nota della Fiat: «Nell’incontro, Marchionne ha confermato ilforte impegno di Fiat Industrial per mettere a disposizione le proprie tecnologie avan-zate alla Federazione Russa e per soddisfare la richiesta del governo di localizzare laproduzione di macchine per l'agricoltura nello stabilimento di Naberezhnye Chelny. Hainoltre ripercorso i progressi fatti nell'impianto nel corso degli ultimi mesi». «Le attivitàdella joint venture Cnh-Kamaz a Naberezhnye Chelny sono la testimonianza della coo-perazione positiva sviluppata con il nostro partner e con il governo», ha commentatoMarchionne, confermando l'impegno di lungo periodo di Fiat Industrial in Russia.

ATENE · Nella crisi beni archeologici «a ruba»: si dimette il ministro

Il memorandum killer

PARIGI-LONDRA · Malgrado le tensioni comunitarie tra i due paesi

Vertice Tra Sarkozy e Cameron

I tagli produconoprotesta ma anchedisperazione:quattro lavoratorisi sono suicidati

Su cooperazionemilitare e nucleare.Ma il presidentefrancese pensa soloalle presidenziali

UNGHERIA/UE

Il governo Orban:la sinistra europeacontro il paese

Page 6: Un giornale da marciapiede

pagina 6 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

Francesco Piccioni

Non finirà mai, finché esisteran-no. Se avevato creduto che ladistruzione del sistema pensio-

nistico fosse arrivata a conclusione, vieravate lasciati ingannare.

L’altroieri sera, in gran silenzio, laCommissione Europea ha presentatoil suo Libro Bianco sulle pensioni nelVecchio Continente. Con molte accor-tezze. La «sintesi per i cittadini» e il «co-municato stampa» contengono formu-lazioni abbastanza generiche e tran-quillizzanti («cosa i governi nazionalipossono fare per garantire pensioniadeguate a costi ragionevoli e sosteni-bili»). Ma già nello schema «domandee risposte» si comincia ad entrare inun mondo più hard, dove linguaggio erealtà fanno seriamente a pugni.

Il problema è impostato nei terminiastratti ampiamente noti: in Europa«oggi ci sono circa 4 persone in età la-vorativa per ogni persona in pensione;tra 50 anni il rapporto sarà di 2 a1». Seè serio disegnare scenari per imposta-re meccanismi strutturali, pensare dipoterlo fare una volta per tutte – comese in questo mezzo secolo non potesseo dovesse accadere nulla di rilevantesul piano sistemico, è una presa in gi-ro. Per esempio, la vita media dovreb-be salire di «sette anni»; e immaginia-mo l’incubo di dover sovvenzionaretanti vecchietti «semi-immortali». Mal’importante era appunto «impostare»,prefigurando le soluzioni più graditeal non immenso arco di forze potentiche agisce livello Ue.

E quindi: bisogna «incoraggiare tuttia continuare a lavorare più a lungo e arisparmiare di più per la pensione». Ov-vero aumentare l’età pensionabile el’importo dei contributi previdenzialia carico di ogni lavoratore; ma anchegli accontonamenti per i fondi integra-

tivi. La Ue sa bene che le imprese nonvoglio «anziani» (over 45 anni, ormai)in azienda. E quindi bisogna «sollecita-re le parti sociali ad adattare il posto dilavoro e le prassi sul mercato»; il Fon-do sociale europeo, dunque, andrà ri-convertito per «incentivare le aziende»a prendersi o tenersi qualche vecchiet-to in più.

La parte del leone la dovranno fareperò i «sistemi pensionistici privaticomplementari», cui gli stati membrisono chiamati a fornire agevolazioni fi-scali. Sistemi la cui sicurezza è ricono-sciuta assai bassa (dipendono dalleoscillazioni di borsa, non proprio ilmassimo della certezza) e che va «po-tenziata». Si prende poi atto che la libe-ra circolazione delle persone, ancheper motivi di lavoro, richiede una nor-mativa che integri le differenze tra i di-versi sistemi nazionali.

I problemi pratici e istituzionali nonsono pochi. «La Ue non ha il potere dilegiferare per disegnare i sistemi dei va-ri stati membri», viene riconosciuto;ma «può farlo sui comportamenti cheinfluiscono sul mercato interno». Ovve-ro promuovendo «misure soft» dalpunto di vista legale, come i «manualidi buona pratica». Standard cui ognistato, singolarmente, deve poi ade-guarsi. Oltre al Fse per promuovere l’«occupabilità» degli anziani, infatti, tut-to il «coordinamento delle politiche»comunitarie, nel contesto del «Seme-stre europeo», può portare a «racco-mandazioni specifiche per i vari pae-si». Bastone (sanzioni) e carota (fondicomunitari) per «piegare» i sistemipensionistici nazionali.

Gli assi «strutturali» sono in definiti-va chiarissimi.

I sistemi pensionistici pubblici, inprospettiva, dovranno erogare assegnimolto più bassi, per una platea di per-sone più vasta e per un periodo di tem-po notevolmente minore. L’ideale restaquello di Bismarck – il primo a intro-durre le pensioni pubbliche, nel 1889!– che fissò l’età del ritiro dal lavoro aun livello che l’Istituto di statistica con-siderava la durata della «vita media»:65 anni, ai tempi. Tutto l’argomentareretorico che «consiglia» di implementa-re la «correlazione tra età della pensio-ne con la speranza di vita» è una fun-zione diretta del progetto europeo ecentralizzato di far coincidere il piùpossibile le due età.

Il secondo pilastro – le pensioni inte-grative private – è anche un modo diportare i «risparmi» dei lavoratori diun intero continente nella disponibili-tà immediata, anno dopo anno, deimercati finanziari. I fondi di investi-mento (compresi quelli pensionistici,tra i player più importanti su ogni piaz-za) sono infatti una «macchina specu-lativa» come tutte le altre, non certouna «cassaforte» dove tener i risparmial sicuro. Solo al momento dall’uscitadal lavoro – il più tardi possibile, racco-manda la Ue – e a seconda della faseborsistica che si va atrtraversando inquel momento, sapranno se avrannoavuto fortuna o meno. Il bello è chequesta situazione kafkiana viene de-critta nel testo così: «garantire che lepersone, una volta pensionate, riceva-no quello che si aspettavano». Geniale,come trovata di marketing. Uno sfot-tò, come previdenza sociale.

Fosco Giannini – Giorgio Langella

Quella dell’Eternit è una sentenza epocale. Si sta-bilisce che le malattie professionali hanno unacausa e che questa causa è, principalmente, la ri-

cerca del profitto ad ogni costo. Un altro, drammaticocaso, di cui si parla e si scrive poco, è quello della Marla-ne-Marzotto di Praia a Mare. Fa riflettere.

Viviamo in una società dove tutto viene asservito alguadagno di pochi. I lavoratori diventano ingranaggiper accumulare ricchezza. Non sono più persone. La tu-tela dell’ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro so-no costi da abbattere. Con questa logica spaventosavengono perpetrati i più odiosi delitti. Si mette a rischiola salute di chi lavora, dei loro familiari, di chi vive vici-no agli stabilimenti. Si uccide. In nome e per conto delpadrone. Questo è successo alla Eternit. Questo succe-de, in maniera più o meno estesa, ogni giorno in ogniparte d’Italia. Il processo Eternit e lacondanna per disastro doloso accen-dono una speranza. Quella di chinon vuole chinare la testa e con osti-nazione lotta per ottenere verità egiustizia nonostante il silenzio,l’omertà, i ricatti, le connivenze checi sono quando si mettono in discus-sione i privilegi di lorsignori.

La Marlane era uno stabilimentotessile di proprietà prima del conte Ri-vetti, poi dell’Eni (Lanerossi), infineMarzotto; è stato chiuso definitivamente nel 2004. In qu-sta fabbrica è successo qualcosa di talmente grave che èin corso un processo che vede imputati i vertici dellaMarlane, della (ex) Lanerossi, della Marzotto. Dovevainiziare il 19 aprile 2011. Viene continuamente rinviatoper cavilli procedurali. La prossima, ennesima, «primaudienza» è fissata al 24 febbraio. Questi continui rinviinon hanno mosso all’indignazione, sono stati diluiti nel-l’indifferenza dei più. Gli imputati sono «persone checontano», dirigenti e «grandi imprenditori» accusati diomicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastroambientale. Perché, tra le circa 1.000 persone che han-no lavorato nella Marlane di Praia a Mare, oltre cento sisono ammalate di cancro e decine ne sono morte. Neipressi dello stabilimento (nell’ottica per cui il sud è lapattumiera d’Italia) sono stati sotterrati rifiuti tossiciche hanno inquinato l’ambiente. Una strage di lavorato-

ri e un disastro ambientale di enormi proporzioni. L’ac-cusa è che le norme di sicurezza, alla Marlane, non veni-vano applicate, anzi «semplicemente» non esistevano. Ilavoratori venivano considerati «strumenti». Quando siammalavano e arrivavano alla fine della loro vita, veni-va chiesto loro di firmare il proprio licenziamento. Lo sifaceva, dicevano i galoppini dell’azienda, per «favorire»l’ottenimento della pensione di «reversibilità» da partedelle future vedove o semplificare l’assunzione dei futu-ri orfani nella stessa fabbrica.

Tutto questo è documentato con interviste e memo-rie raccolte da chi ha iniziato e continuato con ostinazio-ne a credere nella giustizia. Persone normali, veri e pro-pri eroi del nostro tempo come Luigi Pacchiano, ex ope-raio della Marlane e uno dei sopravissuti; come lo scrit-tore ambientalista Francesco Cirillo e la documentari-sta Giulia Zanfino. È grazie a persone come queste se og-gi possiamo conoscere quanto è accaduto alla Marlane-

Marzotto. Una storia di «ordinariosfruttamento-avvelenamento». È gra-zie a loro se si è riusciti a costruire un«ponte» tra Praia a Mare e Vicenza,dove è iniziato un costante lavoro diinformazione che poche settimane faha prodotto un appello firmato dapersonalità del mondo della cultura,della scienza, dello spettacolo, dellapolitica (ra i tanti: Margherita Hack,Giorgio Nebbia, Franca Rame, Valen-tino Parlato, Oliviero Diliberto, Giu-

seppe Giulietti, Ascanio Celestini), lavoratori in lotta (ilpresidio permanente della IMS SRL – ex Emi di Caron-no Pertusella), cittadini attivi e, ancor più importante,parenti delle vittime della Marlane, come Teresa La Ne-ve. Testimonianze «alte» di una politica fatta per passio-ne da chi riesce ancora ad indignarsi per le ingiustizie el’indifferenza imperante. La sentenza Eternit ha apertouna porta, squarciato un velo, fatto conoscere che di la-voro si dovrebbe vivere mentre, invece, se ne può mori-re per pura avidità padronale. Oggi nessuno può chiude-re gli occhi, dire di non sapere. Nessuno può giustificar-si. Quello che è successo alla Eternit, alla Marlane e intutte gli altri posti dove è «normale» ammalarsi e morire(da Vicenza vogliamo ricordare l’esempio della Tricom-GalvanicaPM di Tezze sul Brenta) coinvolge tutti. Nonci si può fermare nella ricerca della verità. È tempo di fa-re giustizia.

LAVORO FUTURO COMMISSIONE EUROPEA · Un «Libro bianco» per aumentare l’età e rafforzare quelle private

La pensione è bella se dura poco

PROTEZIONE SOCIALEL’Italia perde il confrontocon gli altri grandi paesi

Roberto Tesi

Lunedì si ricomincia: è arrivataieri mattina alle parti socialila convocazione ufficiale del

ministro del Lavoro, Elsa Fornero,per «confermare il proseguimentodella riunione sulla riforma del mer-cato del lavoro in una prospettivadi crescita». L'incontro, come eragià stato annunciato nel corso del-l'ultimo tavolo a Palazzo Chigi, siterrà nella sede del ministero di viaVeneto, alle ore 12.15. La convoca-zione è indirizzata a nove organizza-zioni sindacali e datoriali e al cen-tro della riunione ci sarà, in partico-lare, il capitolo ammortizzatori so-ciali e politiche attive del lavoro.

La riforma della Fornero si muovelungo 5 direttrici. Il primo pilastro èla riforma degli ammortizzatori; poic'è la riforma dell'apprendistato peraumentare la flessibi-lità in entrata. E anco-ra: una forte riduzio-ne del numero e del-le tipologie dei con-tratti atipici, la rifor-ma dei servizi perl'impiego e – ultimo,si fa per dire – l'au-mento della flessibili-tà in uscita con la«manutenzione» del-l'articolo 18. Su tuttiquesti cinque puntila Fornero, finora, è stata avara didettagli, anche se – articolo 18 a par-te – c'è abbastanza accordo con le or-ganizzazioni sindacali e datoriali.

Anche ieri, intervenendo al Consi-glio Affari sociali della Ue a Bruxel-les, la Fornero è stata avara di infor-mazioni. Ha ripetuto solo che la ri-forma del mercato del lavoro saràrealizzata entro marzo e conterràuna «profonda revisione degli am-mortizzatori sociali da attuare se-condo logiche di ampliamento del-la platea dei potenziali beneficiari».Quello che è certo è che almeno perora sarà una riforma «monca». Infat-ti, visto «l'attuale grave periodo dicrisi occupazionale e produttiva, lacrisi economica», il governo «non in-tende assolutamente mettere in di-scussione il ricorso alla cassa inte-grazione guadagni, anche in dero-ga, per l'anno corrente». Come haha promesso la Fornero ai colleghi

europei, «il governo è impegnato arealizzare la riforma del mercatodel lavoro entro marzo con il massi-mo possibile del consenso socialedel dialogo con le parti sociali».

Il «primo elemento» della riformadel mercato del lavoro è il «riordinodei contratti», perché «troppe tipolo-gie negli anni hanno creato precarie-tà diffusa tra i giovani», ha sottolinea-to la Fornero. Che poi ha aggiunto:per il governo, la «lotta alla disoccu-pazione giovanile è una priorità», enel mettere a punto la riforma, l'en-fasi andrà all'apprendistato per favo-rire l'ingresso dei giovani».

La riforma del mercato del lavo-ro, ha poi aggiunto la Fornero, pre-vederà «sgravi fiscali e nuovi servizianche sostenuti dal fondo socialeUe», per favorire l'occupazione fem-minile e affrontare il problema deldualismo Nord-Sud. Poi, affrontan-

do altri argomenti,ha detto che il gover-no sta preparandoun regolamento perpoter estendere allesocietà pubbliche leregole sulle quoterosa previste per lesocietà quotate. For-nero ha anche ag-giunto che le stesseregole potrebberoessere estese anche«alle istituzioni poli-

tiche». In Italia, le donne presentinei board delle società quotaterappresentano solo l'8%, «ma lecose cambieranno e anche pre-sto». Fornero ha citato l'iniziativadi forze politiche e sociali per por-tare la quota delle donne nei bo-ard delle società quotate al 30%,pena la loro decadenza.

Affrontando il tema della materni-tà, il ministro del lavoro ha ribadito«il fermo convincimento che, al net-to di ogni considerazione economi-ca, non si possa non considerare lamaternità obbligatoria come un di-ritto irrinunciabile, un principio diciviltà». Questa presa di posizionesembra sia stata ribadita in una let-tera alle lavoratrici della Fiat di Po-migliano che le avevano scritto af-fermando che il nuovo contrattoFiat discrimina le lavoratrici madriper quanto riguarda il diritto a per-cepire il premio.

La cassa integrazione non esiste altrove, ma siste-mi di protezione sociale sono numerosi. In sintesile tutele per chi è senza lavoro. ITALIA: indennità didisoccupazione per chi ha lavorato almeno un an-no negli ultimi 2; dura al massimo 8 mesi per chiha meno di 50 anni, 12 mesi per gli «over»; 60%

dello stipendio nei primi 6 mesi, poi al 50% e al 40%, con tetti mensili di 892 e 1.073euro. In casi di licenziamenti collettivi è prevista l'indennità di mobilità: 24 mesi (36per chi ha più di 50 anni). Poi le varie forme di cig. REGNO UNITO: indennità di disoccu-pazione sia per aver perso il lavoro o solo per il basso reddito. Tetti: 67,50 sterline (75euro) settimanali se si ha più di 25 anni e 53,45 sterline tra i 18 e i 24, per un massi-mo di 6 mesi; 80,75 sterline se si cerca lavoro (sotto i 18 anni), o 105,95 per i mag-giorenni. Non c'è limite di durata per il sussidio. GERMANIA: indennità di disoccupazio-ne per chi ha lavorato almeno 12 mesi negli ultimi 2 anni; 67% dell'ultimo stipendionetto (se si hanno figli) o 60%. Tutele per chi è alla ricerca del primo lavoro (359 euromese). FRANCIA: sussidio (se si è lavorato per 4 mesi negli ultimi 28); «solidarietà» seper 5 anni negli ultimi 10. Il sussidio può essere erogato, a seconda della durata deicontributi versati, per un periodo variabile tra i 4 mesi e i 2 anni (3 per chi ha più di 50anni), al 40,4% o il 57,4% del salario giornaliero. Il minimo è 27,66 euro al giorno.

RIFORMA · Fornero convoca le parti sociali

Lunedì si parla soltantodi ammortizzatori sociali

www.virgilio.it /comebellofarlamore

AI CINEMA DI FIRENZEASTRA 2 - FULGOR

THE SPACE UCI

PER RIDERE DEL SESSO...ANCHE IN 3D!

Avvicinare l’etàdel ritiro alle«attese di vita»e incentivare i fondiintegrativi privati

Uno stabilimento delSud, passato per lemani dell’Eni e di

Marzotto, dove «nonesistevano» misure di

sicurezza e tutela

FOTO TAM TAM

«C’è troppa crisi»per toccare ora lacassa integrazione(anche in deroga)

e la mobilità.L’aveva chiestoConfindustria

LAVORO MORTALE · La sentenza Eternit apre una speranza di giustizia

E che ora si processi la Marlane

Page 7: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 7

Imposto da uno stato d’eccezio-ne che ha reso difficile una di-scussione preventiva, cosa rap-

presenta il governo di Mario Monti,nella sua genesi e nelle sue implica-zioni politiche? Non una parentesi«tecnica», bensì una scelta «su-perpolitica» che produce conse-guenze «superpolitiche» e che im-pone al centrosinistra la necessitàdi riorganizzarsi come campo delcambiamento (Goffredo Bettini). Ilfrutto della globalizzazione neocapi-talistica, che produce una «sospen-sione della democrazia» e allude auna «democrazia autoritaria» (Fau-sto Bertinotti). L’inveramento di unprogetto di innovazione che il cen-trosinistra non ha saputo portareavanti (Giovanna Melandri).

In estrema sintesi, queste le posi-zioni politiche che si sono confron-tate nel seminario che si è svoltogiovedì e venerdì a Roma a partireda una discussione sul libro di Gof-fredo Bettini, Oltre i Partiti e intor-no all’idea di «un solo grande cam-po del cambiamento, inclusivo,aperto, plurale, democratico».

Nulla di più lontano da una im-mediata proiezione partitica, per laqualità dei partecipanti e per il tipodi discussione, ma un confrontoravvicinato tra posizioni anche lon-tanissime e un’ambizione sullosfondo: costruire dal basso una ri-sposta all’involuzione oligarchicadei partiti (qui si parla del campodel centrosinistra) fondata sulla par-

tecipazione organizzata delle perso-ne.

Dunque una discussione pienadi obiezioni e di domande. Dove,come difficilmente accade nelle se-di di partito, ci si confronta diretta-mente e si affronta di petto una di-scussione vera, che fa i conti con lapresunta ineluttabilità del governoMonti. E ci si interroga sulle rispo-ste non di breve periodo. Per esem-pio, Mario Tronti critica l’idea di un

«campo di persone»: come si può ri-costruire una soggettività politicasenza pensare al partito comeespressione di una «forza»?

Ne nasce un confronto vero tradirigenti politici diversamente collo-cati (Migliore, Smeriglio, Civita, Me-ta, Gasbarra, Brutti, Orlando) che simisurano sull’esaurirsi della formapartito nel momento in cui ci sareb-be maggiormente bisogno di unapolitica alta e altra e si confrontano

con le analisi di Bonomi che do-manda: come si sta in mezzo allamoltitudine esclusa dalla logica delfinanzcapitalismo? Oppure con leanalisi di Ignazi e Massari sulle dina-miche e le degenerazioni della for-ma partito.

E poi il confronto con sindaci co-me Zedda (Cagliari) e Balzani (For-lì) o candidati come Petrangeli (Rie-ti), tutti espressione di primarie chesegnano la sconfitta delle ristretteoligarchie di partito e alludono, incarne ed ossa, a un campo largoche esiste già nell’elettorato e chie-de solo diritto di cittadinanza e at-tenzione.

Almeno pari a quella dedicata aogni sospiro della più infinitesima-le frazione di uno degli attuali parti-ti del centrosinistra.

Daniela Preziosi

«Prima delle politiche serveun congresso». Lo aveva det-to giovedì sera Goffredo Bet-

tini, già consigliere di Veltroni ai tempidella sua segreteria e da anni (e con al-terne vicende) king maker della politi-ca democratica nel Lazio, alla due gior-ni di confronto che ha organizzato aRoma sul tema di «un solo grande cam-po del cambiamento, inclusivo, aper-to, plurale, democratico». Un congres-so entro il 2013: «Per prepararci alleelezioni dobbiamo valutare ciò che èsuccesso e scegliere la linea per darevoce alle forze progressiste». Lo ha ri-petuto ieri anche Michele Meta, nume-ro due dell’area Marino. «Per la primavolta, a ridosso di una partita decisiva,non sappiamo quali sono gli schemi di

gioco e quali le squadre che si misure-ranno. Siamo certi che da qui a quellascadenza non serva al Pd un ’taglian-do’ o, meglio ancora, appuntamentiformali per mettere a punto la propo-sta per una sfida decisiva?».

E così la parola «congresso», che cir-cola a mezza bocca da mesi nelle stan-ze del Nazareno, stavolta viene pro-nunciata pubblicamente. Bersani, pri-mo destinatario del messaggio, nonpotrà svicolare a lungo. È difficile cheil Pd vada al voto politico senza passa-re per un congresso e senza fare «il ta-gliando» al segretario. Certo, prima bi-sognerà capire con che legge elettoralesi voterà, e con quale coalizione. Suquesto le differenze non sono sfumatu-re. Il leader mantiene come asse princi-pale se non più «la foto di Vasto» (quel-la in cui c’erano lui, Di Pietro e Vendo-la), il campo progressista. Lo ha ripetu-to ieri ad un convegno del centro studidel partito. Il suo Pd, ha detto, «non sistacca dalla compagnia dei progressi-sti, ma nemmeno da quel che è lui. Anoi tocca portare un contributo chepuò non essere banale. Abbiamo unaricchezza di culture che altri non han-no». Allo stesso seminario MassimoD’Alema ha messo spostato il palettopiù avanti: «Solo con questo governo

si costruisce il dopo. Contro questo go-verno non si prepara il dopo». D’Ale-ma esclude la prosecuzione dei ’tecni-ci’ («la politica deve riguadagnare lapossibilità di decidere tra scelte alter-native. Comandare»). Ma quanto allealleanze, le forze che non appoggianoMonti, Idv e Sel per non parlare delPrc, non sono benvenute. L’area exppi di Fioroni si spinge oltre, fino achiedere di cancellare le primarie nellecittà per evitare le coalizioni con dipie-tristi e vendoliani.

Quella delle alleanze sta diventando«una vera ossessione», ammette il pre-sidente della provincia di Roma NicolaZingaretti. Un’ossessione «che spessoci assale con gli schemini» invece «discommettere tutto sulla credibilità del-le proposte messe in campo». E «glielettori di centrosinistra spesso sonomolto più avanti delle forze politichedel centrosinistra», perché «scelgonogiudicando la candidatura, i program-mi, i valori che ritengono più forti epiù credibili». Zingaretti parla delle pri-marie di Genova, dove le due candida-te Pd sono state sconfitte dall’outsiderradical Marco Doria. Ma è chiaro che iltema delle coalizioni si porrà, in conco-mitanza con le politiche, anche al can-didato sindaco di Roma il prossimo an-

no. Cioè a lui, che finora l’unico che haannunciato la partecipazione alle pri-marie per il Campidoglio, insieme aSandro Medici.

Ed è tema che già agita le primarieper il candidato segretario del Lazio,domenica 19. Il favorito è Enrico Ga-sbarra, uscito dal congresso del Pd re-gionale con il 70 per cento dei consen-si, e appoggiato da uno schieramentotrasversale da D’Alema, a Veltroni, aFioroni, diviso in tre liste più una di «si-nistra». Lo sfidano Giovanni Bachelete Marta Leonori, la giovane appoggia-ta dallo buona parte dell’area Marinoe da una bella fetta di bersaniani, nonsolo coté sinistra. Leonori lamentatroppa timidezza nella pubblicizzazio-ne delle primarie e teme teme «venga-no a votare solo amici e parenti». Laposta in gioco, anche a Roma e nel La-zio, è troppo grande per essere lasciataai soli militanti. «C’è da ricostruire unpartito e un nuovo progetto per la re-gione e per la città», dice. E qui si tornaal punto. Gasbarra ripete che «primadelle alleanze dobbiamo tenere insie-me la nostra piazza democratica». Ro-mana e non. Ma fra i suoi sostenitori cisono quelli che vogliono federarsi conil Terzo Polo. «Federati con Fini? Pro-prio no», dice Leonori.

ITALIA

UDC · «Congresso straordinario». Casini lancia il partitone di centro e allarma il PdlAI CINEMA DI ROMA

ADRIANO - ADMIRAL - AMBASSADE - ANDROMEDADORIA - LUX - MADISON - NUOVO AQUILA

STARPLEX GULLIVER - THE SPACE CINEMA MODERNOTHE SPACE CINEMA PARCO DE' MEDICI

UCI CINEMAS MARCONI - CINEFERONIA (FIANO ROMANO)UCI CINEMAS PARCO LEONARDO (FIUMICINO)

UCI CINEMAS (PORTA DI ROMA) - THE SPACE CINEMAS (GUIDONIA)UCI CINEMAS (LUNGHEZZA)

POLITEAMA (FRASCATI) - CINELAND (OSTIA)

L’UNICO FILM CHE UNISCE L’ITALIA... A FORZA DI RISATE

MEDUSA FILM PRESENTA

DEMOCRACK · Meta e Bettini: congresso prima delle politiche. Domani le primarie del Lazio

«Al Pd serve un tagliando»

SANITÀ

Calabria, indagatoil presidentePeppe Scopelliti

«Ora andremo alle amministrative così, a consumare questo rito,ma alle politiche credo che non ci arriveremo con l’attuale equili-brio». Intervenendo all’esecutivo nazionale allargato della «Rosaper l’Itialia», il leader dell’Udc Pierferedinando Casini annunciache al prossimo congresso nazionale del partito - che dovrà esse-re «straordinario, anche nelle decisioni», dice - si parlerà di unnuovo progetto politico, che vada oltre i poli: «Ora è il momentodi fare un contenitore con forze diverse. I poli così come sonoorganizzati non servono più». L’annuncio del congresso straordi-nario per lanciare il nuovo soggetto politico di centro in vista del-le elezioni - un contenitore che mira a attirare una parte del Pdle una del Pd - preoccupa subito Silvio Berlusconi e Angelino Alfa-

no. Il partito berlusconiano è preso tra mille dissidi, la rotturacon la Lega e il caso del tesseramento gonfiato e ora teme an-che di perdere altri pezzi in favore del partitone centrista, mentreAlfano spera ancora a fare dell’Udc un alleato minore del Pdl.Oltretutto Casini dice che «è una follia sostenere che chi è nelgoverno non si deve presentare alle elezioni». E il timore del Ca-valiere è che il nuovo partito di centro possa schierare Passera(al quale punta anche l’ex premier) se non addirittura Monti. Perlunedì Berlusconi ha convocato nella sua villa di Lesmo i verticinazionali e locali del Pdl per parlare delle amministrative e delfururo del partito. Spiazzato da Casini, il Cavaliere starebbe pen-sando a accelerare il lancio del suo nuovo movimento.

RIFORME

C’è intesa,ma non tanto

PRIMARIE PALERMO

«No al fango», il Pdsmentisce i renziani

Che la sanità fosse un cam-po minato per Peppe Sco-pelliti, presidente della Ca-

labria del Pdl, stava piano pianoemergendo. Ora i nodi vengono alpettine e la magistratura inizia ascoperchiare la pentola. E’ statolui stesso a render noto di aver ri-cevuto, in qualità di Commissarioad acta per l’attuazione del pianodi rientro, un avviso di garanziadalla Procura di Catanzaro. Glivengono contestati la stipula delPatto di legislatura tra la regione el’Aiop, la delibera di giunta relati-va al rinnovo del protocollo d’inte-sa tra la Calabria e l’Università Ma-gna Grecia, l’approvazione del re-golamento attuativo sui requisitiminimi per l’autorizzazione al fun-zionamento dei centri socio riabili-tativi per disabili, e la riconversio-ne dei servizi Siad, relativi alla Fon-dazione Betania Onlus.

Una sfilza di provvedimenti as-sunti senza il preventivo pareredel «Tavolo Massicci» (dal nomedel dirigente del Tesoro che si oc-cupa di spesa sanitaria), l’organi-smo a cui partecipano i tecnici deiministeri con lo scopo di verifica-re l’attuazione dei piani di rientro.D’altronde, in una regione nei cuiospedali si muore per un cesareo,dove i posti letto per malati acutiscarseggiano, dove si passano not-ti in pronto soccorso, responsabi-le, intanto politico, è chi ammini-stra il comparto combinando disa-stri. Scopelliti, in questi due anni,si è mostrato a suo agio solo nelleassunzioni («215 a tempo determi-nato e 75 a tempo indeterminato»hanno sentenziato i tecnici delMassicci in barba al decreto chevieta nuove assunzioni), nelle no-mine (dei direttori delle Asl che an-davano fatte con delibera di giun-ta e non con decreto commissaria-le), e negli affari con Formigoni acui ha affidato la costruzione di 3nuovi ospedali (Catanzaro, Sibari-tide, Gioia Tauro) sebbene la leg-ge vieti accordi interregionali in te-ma di prestazioni sanitarie. «Chia-rirò presto - ha dichiarato Scopelli-ti - si tratta di atti di indirizzo poli-tico che non hanno prodotto nédanno economico per la regione,né vantaggio ad alcuno». S. Mes.

ROMA

La riforma costituzio-nale parte, e potrà es-sere approvata entro

l’anno. Lo dicono i leaderdi Pdl, Pd e Udc, ma nonper questo ci credono gran-ché. I tre, Alfano, Bersani eCasini, si incontrano nellostudio di Luciano Violantea Montecitorio e poi annun-ciano alle telecamere, ognu-no per conto suo, di averraggiunto un’intesa suiprincipi: più poteri al pre-mier, compreso quello dinominare e revocare i mini-stri, riduzione del numerodei parlamentari (100 depu-tati e 50 senatori in meno),introduzione della sfiduciacostruttiva e superamentodel bicameralismo perfet-to. Il testo dovrà essere re-datto nei prossimi giornida Luciano Violante, Gaeta-no Quagliariello, Ferdinan-do Adornato, Italo Bocchi-no e Pino Pisicchio, racco-gliendo i suggerimenti del-le assemblee dei gruppi.Tra due settimane i leadersi rivedranno per dare via li-bera alle proposte che sa-ranno presentate o in for-ma di nuovo ddl o in quelladi emendamento firmatodai capigruppo ai testi giàdepositati.

Tutti insomma voglionodimostrare buona volontà,ma i tempi sono stretti.Tanto più che di riformaelettorale si dovrebbe co-minciare a parlare solo do-po la prima lettura della ri-forma costituzionale in en-trambi i rami del parlamen-to. Così ha voluto il Pdl e co-sì è stato. E il Pd teme chealla fine non se ne faccianulla, se non un ritocco alPorcellum. Anche perchésul sistema «italo-tedesco»un’intesa non c’è. E anchesulla riforma della gover-nance Rai - della quale si èbrevemente parlato anchedurante il vertice di ieri - ilPdl resta disponibile solo aun ritocco della Gasparri.La Federazione nazionaledella stampa chiede inveceche «l’indispensabile rifor-ma della legge Gasparri av-venga nel segno non solodella efficiente gestioneaziendale, ma della neces-saria autonomia della Raida ogni governo. Superan-do l’anomalia per la qualel’azionista del servizio pub-blico è il ministero dell’eco-nomia».

Gasbarra in poleposition, sfidanti MartaLeonori e Bachelet.«Ricostruire il partito,da qui si parte per lasfida del Campidoglio»

«Rita Borsellino è una donna straordi-naria, un simbolo della lotta contro lamafia, per la legalità e uno sviluppopulito, per una Sicilia migliore. Essereaccusati di aver contribuito alla suacampagna per le primarie non sareb-be di certo una colpa. Tanto meno losarebbe per coloro che credono nellapolitica come impegno civile per cam-biare le cose. Ma a Palermo non c’è enon ci sarà alcun manifesto, spot,inserzione e quant’altro pagato dal Pdnazionale a favore di singoli candida-ti. Punto. Per quanto mi riguarda, lapolemica finisce qui». È secca lasmentita di Antonio Misiani, tesorierenazionale Pd, dopo le accuse fatte daDavide Faraone, candidato alle prima-rie del centrosinistra per la poltrona disindaco a Palermo. Faraone avevachiesto le dimissioni di Misiani soste-nendo che il Pd aveva dato 40 milaeuro per la campagna delle primariedi Rita Borsellino, candidata, europar-lamentare ma non iscritta al Pd.

CENTROSINISTRA

Dopo i tecnici super-politici serve un campo largo

GASBARRA E, A SINISTRA DALL’ALTO, BACHELET E LEONORI, I TRE SFIDANTI DELLE PRIMARIE DEL PD LAZIO

Carmine Fotia

Andare oltre i partiti, per un’alleanza pluralee aperta. A Roma due giorni di dibattito

Per ascoltare i cittadini, che sconfiggono dal bassole oligarchie. A Genova come a Milano

Page 8: Un giornale da marciapiede

pagina 8 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

Riccardo Chiari

«Fra le nostre priorità non c’è la stabili-tà della nave». Le parole di FrancoGabrielli fanno tirare un sospiro di

sollievo ai gigliesi. Perché l’incontro settimana-le all’hotel Bahamas fra i residenti dell’isola e ilcommissario all’emergenza è, se possibile, an-cora più atteso del solito, dopo che da alcunigiorni rimbalzano in rete le prime immagini su-bacquee fatte nell’ultimo mese intorno al relit-to della Costa Concordia. Girato sabato scorsodall’Ispra, il video ha provocato più di un allar-me, legato a una frattura larga alcuni centime-tri in uno dei due spuntoni di granito che anco-rano la nave. Di fronte al timore di uno scivola-mento della Concordia su un fondale ben piùprofondo di quello attuale, con il conseguentedisastro ambientale, Gabrielli rassicura: «Il vi-deo è stato letto positivamente dai tecnici, rima-sti casomai stupiti nel vedere quanto il granitosia stato in grado di sopportare l’enorme pesodella nave. Quanto alla frattura, l’ipotesi preva-lente è che si sia verificata al momento del nau-fragio. C’è da valutare invece l’aiuto dato allastabilità complessiva della Concordia dagli spe-roni di roccia che sono entrati nello scafo, e chela ancorano ulteriormente».

Quanto ai movimenti del relitto, soprattuttonella parte di prua, il quotidiano monitoraggiodell’Università di Firenze sta confermando lasostanziale stabilità della nave. A riprova, sonoriprese anche le ricerche dei 15 dispersi: «Si èaperta una attività specifica di ricerca sul ponte4 - annuncia Gabrielli - i vigili del fuoco lavora-no in quelli che erano corridoi, e che oggi sonopozzi dove si ritiene possano esserci dei corpi.Finora i soccorritori non avevano le condizionidi sicurezza per operare. Di questa attività ab-biamo interessato anche la protezione civile eu-ropea, che metterà a disposizione professionali-tà specifiche». Sono in arrivo squadre francesi,svizzere e svedesi: «Un grande sforzo - sintetiz-za il capo della Protezione civile – per dare ri-sposte ai familiari dei dispersi».

Notizie tranquillizzanti per il centinaio di re-sidenti nell’isola, e per il media locale Giglio-news.it, che ascoltano con attenzione per cono-scere le attività in corso. Soprattutto quelle lega-te al defueling, che complici le ottime condizio-ni meteomarine sta andando avanti a pieno re-gime. «Ad oggi siamo quasi al 50% del pompag-gio del carburante – tira le somme Gabrielli -questo vuol dire che in altre tre settimane, se iltempo resta stabile, potrà essere ultimato». So-no già più di mille i metri cubi di combustibileestratti dai grandi serbatoi di prua, e i tecnici diNeri-Smit Salvage hanno calcolato che entrodomani i lavori in quella parte della nave do-vrebbero essere conclusi. Poi si passerà al lavo-ro, più complesso, nei serbatoi sommersi dipoppa e infine al carburante nei motori e neicircuiti. Infine si parla della rimozione del relit-to: il 3 marzo è la data ultima per la presentazio-ne dei progetti di recupero, che i gigliesi chiedo-no avvenga senza «tagliare» lo scafo.

Francesca PillaNAPOLI

La sede della giunta campa-na è ancora cinta d’assedio.L’avevano promesso e l’han-

no fatto, tre giorni di picchetti pertenere il fiato sul collo del gover-natore Caldoro, il quale chiusonelle sue stanze non accenna a vo-ler ascoltare le ragioni della prote-sta. Fuori il caos con slogan, urladi rabbia e anche qualcuna di do-lore per le manganellate della ce-lere che in più occasioni, da mer-coledì, è intervenuta per tentaredi disperdere il presidio. Ieri i di-soccupati e gli studenti si sono tra-vestiti con tute isolanti bianche ecartelli appesi al collo con su scrit-to: «Per lo stato sono un fanta-sma». Mentre le transenne intor-no allo stabile sono state «decora-te» con fogli A4 per definirlo ingrassetto «Palazzo inutile».

Striscioni tra i pali della luce an-che lungo la via Santa Lucia, unadelle strade più chic della città,hanno testimoniato le istanze dichi contesta i tagli allo stato socia-le del governo Monti. C’erano co-me sempre gli operatori sociali,

quelli dell’Orsa servizi, i tanti li-cenziati delle ultime crisi, i preca-ri, gli studenti, i centri sociali, i sin-dacati di base.

Le iniziative di protesta sonoiniziate di prima mattina, quandoi precari Bros hanno invaso i can-tieri edili che devono cambiarefaccia al golfo per le preselezionidell’America’s cup. Durante l’oc-cupazione, durata almenoun’ora, un gruppo di senzalavoroè riuscito a piantare la bandieradi Che Guevara sopra il becco di

una gru. Ora, salvo incursioni se-rali delle forze dell’ordine, l’ideadel «coordinamento sociale» èquella di passare ancora una not-te sotto il palazzo per andare poitutti insieme al concentramentodel corteo cittadino, oggi alle 9.30davanti alla metropolitana diMontesanto, per unire i fronti diemergenza in occasione dellagiornata di solidarietà ai No tav eal popolo greco.

Ma c’è un altro appuntamentoper i movimenti napoletani chenon va disertato: il carnevale delGridas di Scampìa che inizierà do-mattina alle 10, davanti alla sededel centro sociale. Un momentoimportante per un quartiere diffi-cile, che spesso si trova ostaggiodella camorra, ma anche del de-grado di un’area completamenteabbandonata. La parata è organiz-zata puntualmente da 30 anni,ogni volta con un tema nuovo.Quest’anno, con la Grecia chebrucia e l’Italia nella mani dellepolitiche di austerity, il mitico cor-teo delle maschere di carta pestasi intitola «O la borsa o la vita, ov-vero dove va il mondo». Si rinno-va la tradizione iniziata da FelicePignataro, il pittore visionario or-

mai scomparso che ha sostituitoil grigio di tanti palazzoni popola-ri con i suoi graffiti colorati e cheper la prima volta nel 1983, con«La vita contro la morte» diede ini-zio a questo rito atteso da grandie piccini. Ora il testimone è passa-to a Mirella, la compagna di unavita che, come da tradizione, faprecedere alla parata la costruzio-ne dei carri allegorici, coinvolgen-do il quartiere e i tanti ragazzistrappati così alla strada.

Da metà gennaio infatti i volon-tari si sono incontrati ogni pome-riggio per dare forma alle masche-re di cartapesta dedicate ai costu-mi tradizionali, ma anche inventa-ti dai bambini. La paura però èche quest’anno dopo il polverone- montato per un presunto copri-fuoco imposto dai clan, ma smen-tito da prefettura e questura - lasfilata possa essere meno parteci-pata. Ma di sicuro ci sarà il movi-mento OccupyScampìa che dopoil flop della manifestazione lancia-ta su twitter dalla deputata PinaPicierno, causa maltempo due set-timane fa, aveva garantito la pro-pria presenza alle iniziative delleassociazioni che lavorano nel rio-ne. Questa è la prima occasione.

Cinzia GubbiniROMA

Sono dossier accurati quelli chehanno messo insieme Noured-dine Mbarki, Imed Soltani e

Meherzia Raouafi. Si sono dovuti tra-sformare in investigatori, appoggiatida pochissime persone, guardati consospetto da molti. Ma in gioco c’è lavita dei loro figli: figli che sperano dipoter riabbracciare, che temono esse-re finiti in qualche brutto guaio. «Aiu-tateci, aiutateci a risolvere questo mi-stero», diceva ieri Meherzia davantiall’ambasciata della Tunisia a Roma.Meherzia, Imed, Nourredine sono tu-nisini, e i loro figli sono partiti a mar-zo alla volta dell’Italia. Delle barchecon cui hanno affrontato il viaggiosanno tutto: il giorno e il porto di par-tenza, quante persone c’erano a bor-do, praticamente tutti i nomi dei pas-seggeri. E sull’arrivo? L’arrivo è ilgrande dilemma. Secondo i genitoridi questi ragazzi, i loro figli sono sicu-ramente arrivati. Lo dicono sulla ba-se di alcuni indizi. Meherzia è convin-ta di riconoscere suo figlio in un vi-deo mandato in onda da un tg e cosìanche Noureddine. E poi ci sono le te-lefonate che alcuni genitori hanno ri-cevuto: "Mamma siamo arrivati, ve-diamo la costa con noi c’ la guardiadi finanza". Poi più nulla. I tre paren-ti sono arrivati in Italia come delega-

zione di un gruppo che rappresenta250 ragazzi partiti marzo su quattroimbarcazioni (sul sito del manifestoun’intervista video). Ma i "dispersi"sono molti di più. La mobilitazionedei genitori delle "barche di marzo"ha fatto emergere una stima attendi-bile: sono 800 le famiglie in Tunisiache hanno perso le tracce dei proprifigli. Un numero enorme e raccapric-ciante. Perché è evidente che moltidi loro sono morti in naufragi. Nau-fragi fantasma. Ma se qualcuno di lo-ro fosse effettivamente arrivato?«Chiediamo al governo italiano e aquello tunisino di aiutarci, bastereb-

be che si scambiassero le improntedigitali», dice Nourredine.

Già, le impronte digitali. Uno stru-mento di controllo che sta dimostran-do la sua esclusiva funzione di con-trollo delle frontiere. Perché quandoquelle impronte, come in questo ca-so, potrebbero servire a garantire lasicurezza dei migranti imperscrutabi-li ragioni di Stato ne impedisconol’utilizzo. Il governo italiano e quellotunisino sono in contatto per cercaredi risolvere questa storia, che è diven-tato uno dei nodi della nuova diplo-mazia tra i due paesi. La Tunisia ten-tenna sull’opportunità di fornire leimpronte dei propri cittadini, temen-do che l’Italia voglia creare un prece-dente per espellere più facilmente itunisini. L’Italia non vuole dare le im-pronte di tutti gli sbarcati alla Tuni-sia. La trattativa è delicata. Ma inmezzo ci sono le famiglie, a cui nonimporta nulla di questi discorsi echiedono solo che venga fatta luce.Martedì saranno ricevuti al Viminale.Una disponibilità molto apprezzata,dopo tre settimane passate in Siciliaa vedersi sbattere le porte in faccia.Perché la delegazione vorrebbe poterentrare nei centri di detenzione permigranti, parlare con chi è rinchiusolì dentro, mostrare le foto dei ragazziscomparsi per sapere se qualcuno liha incontrati a Lampedusa. Ma laporta dei Cie è rimasta chiusa.

ITALIA COSTA CONCORDIA

La Protezione civilerassicura: «La naveè stabile. Per ora»

NO DISCARICA · Strada bloccata, c’è chi tira dritto

NAPOLI · Presidio alla regione, occupati i cantieri dell’America’s cup. Oggi in maschera a Scampia

Il carnevale dei movimenti

www.virgilio.it /comebellofarlamore

AI CINEMA DI ROMAADRIANO - BARBERINI - AMBASSADE - ANDROMEDA - ANTARES - ATLANTIC - BROADWAY - CIAK - DORIA

EMPIRE - EUROPA - GALAXY - GREGORY - JOLLY - LUX - MADISON - ODEON - REALE - ROXYPARIOLISTARDUST VILLAGE (EUR) - STARPLEX GULLIVER - TRIANON - THE SPACE CINEMA MODERNO

THE SPACE CINEMA PARCO DE' MEDICI - UCI CINEMAS MARCONI - UCI CINEMAS (PORTA DI ROMA)CINEFERONIA (FIANO ROMANO) - THE SPACE CINEMA (GUIDONIA) - UCI CINEMAS PARCO LEONARDO (FIUMICINO)

UCI CINEMAS (LUNGHEZZA) - POLITEAMA (FRASCATI) - ROYAL (CIVITAVECCHIA) - CINELAND (OSTIA)

PER RIDERE DEL SESSO...ANCHE IN 3D!

Corteo con incidente ieri mattina durante l’iniziativa contro la discarica che dovrebbesorgere tra Quarto e Pozzuoli. Gli abitanti hanno bloccato per due ore l’arteria di col-legamento con tangenziali e autostrade. Un automobilista spazientito ha violato ilmuro di manifestanti e ferito di una donna. Ne è seguito un parapiglia tra le personeferme in macchina e i no discarica. Qualche parola di troppo poi spintoni e botte, eun attivista ha avuto la peggio. Entrambi sono stati ricoverati. La tensione è altissi-ma anche tra i residenti che non vogliono sul loro territorio il sito, uno degli otto ap-provati nel piano regionale di Caldoro. «Non può essere aperto tra campagne, colti-vazioni e reperti archeologici», dicono. Non si fidano della promessa di depositare alCastagnaro solo umido scelto. Sulla carta infatti si parla di compost fuori specifica,che comprende anche materiali non trattati. Sotto accusa anche il sindaco del PdlMassimo Caradente Gianrusso che, pur sempre presente alle manifestazioni, per iresidenti non sarebbe determinato a livello istituzionale nel suo no alla discarica.

CORTEO DELLE MASCHERE A SCAMPIA

MILANO

Dopo l’assassiniodel ragazzo cilenoCancellieri intenderiorganizzare i vigiliParco Lambro. «Siempre te recor-daremo, care loco». Sotto la scrit-ta con lo spray blu, due mazzi difiori. Non è un pellegrinaggio,non ci sono i fiori di Palazzo Mari-no. I milanesi, sinistra compresa,continuano a non cogliere la gra-vità dell’accaduto, eppure qualcu-no comincia ad avvicinarsi al luo-go dove lunedì scorso MarceloValentino Gomez Cortes è statoucciso come un cane con un col-po di pistola alle spalle. A spara-re il vigile del Nucleo specialeAlessandro Amigoni, che ha cer-cato di inquinare le indagini conuna sequela di menzogne in unprimo tempo sottoscritte dal ca-po dei vigili Tullio Mastrangelo.Attualmente è stato spostato nel-l’ufficio sanzioni, da rambo a pas-sacarte. Ieri, intanto, il ministrodegli Interni, Annamaria Cancel-lieri, ha detto che il Parlamento«affronterà il tema del riordinodelle polizie municipali». Cancel-lieri, sollecitata sul tema dellearmi in dotazione ai vigili - «letoglierete?» - non ha rispostocome se fosse una follia, diversa-mente dai sindacati della polizialocale che hanno brillato per laloro assenza: «E’ un tema all’at-tenzione del Parlamento, siamoanche stati invitati ad affrontarlopresto», ha detto.A pochi giorni dal consiglio comu-nale di Milano espressamentededicato alla «sicurezza» in città,finalmente qualche politico haavuto il coraggio di dire qualcosadi sensato. «Chiedo al comandan-te dei vigili Mastrangelo - diceDaniele Farina, coordinatore pro-vinciale di Sel - di fare un velocepasso indietro al fine di facilitareil processo di riorganizzazione ela nomina di un nuovo verticedella polizia municipale. I fattipaiono logica conseguenza dellacultura e delle modalità organiz-zative che le precedenti ammini-strazioni hanno inoculato per an-ni in specifici settori della poliziamunicipale». E ancora: «E’ neces-sario procedere allo scioglimentodi buona parte dei cosiddetti nu-clei speciali». A questo punto,non si capisce cosa possa impe-dire al sindaco Pisapia di proce-dere in questa direzione.Intanto, sul fronte delle indagini,si è fatto vivo il ragazzo che stavascappando con Marcelo. Si èmesso in contatto con il pm tra-mite la compagna del suo amico.Aveva paura. Non si fidava. (l.fa.)

DISPERSI · Le famiglie dei ragazzi tunisini scomparsi arrivate a Roma

«Sono sbarcati in Italia, aiutateci»

Page 9: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 9

Andrea MarinelliNEW YORK

Mitt Romney sta vivendo il momen-to più difficile dall’inizio della suacampagna elettorale. Dopo la tri-

pla sconfitta riportata alle primarie repub-blicane in Minnesota, Missouri e soprattut-to Colorado lo scorso 7 febbraio, l’ex gover-natore del Massachusetts è stato sorpassa-to in tutti i sondaggi da Rick Santorum, ilcandidato su cui ultimamente sta puntan-do forte il ramo conservatoreed evangelico del partito.

In Michigan, a dieci giornidal voto, l’ex senatore dellaPennsylvania è in vantaggio suRomney anche di dieci puntisecondo tutti i sondaggi. Se lasconfitta di dieci giorni fa è sta-ta attutita dal largo vantaggionel numero di delegati neces-sari per ottenere la nomina-tion, per il grande favorito delGrand Old Party una disfattanello Stato in cui il padre fu unpopolare governatore fra il1963 e il 1969 avrebbe però ef-fetti devastanti.

Romney ha ancora 123 delegati contro i72 di Santorum e i 1.144 necessari per otte-nere la nomination, ma negli ultimi giornisi è ritrovato con le spalle al muro e si è sco-perto costretto a riesaminare per l’ennesi-ma volta le proprie strategie elettorali. Pro-prio per questo motivo giovedì aveva rifiuta-to di prendere parte all’ultimo dibattito tele-visivo in programma prima del Super Tue-sday, che si sarebbe dovuto tenere in Geor-gia il primo marzo. «Quel giorno voterannoaltri otto stati, e saremo impegnati a farecampagna altrove», aveva comunicato laportavoce di Romney, Andrea Saul. In mol-

ti hanno però sospettato che il vero motivodel rifiuto di Romney fosse un altro: la pau-ra di commettere gaffes dannose alla vigiliadel Super Tuesday. Dopo di lui hanno poiannunciato la propria assenza in Georgiaanche Rick Santorum e Ron Paul, portandocosì all’annullamento del dibattito e facen-do rientrare il caso.

Mentre Newt Gingrich, che in principiosembrava l’alternativa conservatrice a Rom-ney, vede svanire le proprie possibilità, San-torum è invece nel suo momento migliore.

Dopo la sorprendente e risica-ta vittoria in Iowa di inizio gen-naio, di appena 34 voti, la suacampagna elettorale era entra-ta in apnea. La tripla vittoriadel 7 febbraio, ottenuta graziea un duro lavoro porta a portae con pochi fondi, lo ha riporta-to di colpo in vetta ai sondaggi.Ora in Michigan Santorum eRomney si daranno battagliaper conquistare il voto dellaclasse operaia. Romney nonperde occasione per ricordareil boom dell’industria automo-bilistica ai tempi del padre,Santorum per rievocare le sue

origini umili. Giocando sulla nostalgia deibei tempi andati, come ha notato anche ilquotidiano Politico, i due candidati cerca-no di guadagnare consensi restituendo spe-ranza a uno Stato e un’industria duramen-te toccati dalla crisi. Proprio negli ultimigiorni, a guastare i piani dei due contenden-ti, sono arrivati però i risultati annuali e tri-mestrali dell’industria automobilistica. Ol-tre alle buone prestazioni di Ford e Chry-sler spiccano i risultati di General Motors,che ha stabilito il proprio record storico subase annuale. E al cui piano di salvataggiosi opposero sia Romney che Santorum.

Con questa lettera aperta intendia-mo dissociarci nettamente dallamanifestazione indetta dal CNS a

Roma per il 19 febbraio e non possiamocondividere le ragioni di quanti aderisconoa quella piattaforma. Ciò perché non vo-gliamo assolutamente un'altra guerra«umanitaria» che, come è avvenuto in Li-bia, sotto la pretesa di proteggere i civili hascatenato la ferocia dei bombardamenti edell'intervento Nato e ha aggiunto allaguerra civile sul terreno, un altro bagno disangue molto, molto più grande. Credia-mo che grazie al veto di Russia e Cina la mi-naccia di un «intervento umanitario» soloper il momento sia stata scongiurata.

Pensiamo però che sia necessaria unapiattaforma di pace alternativa che, a parti-re dalla cessazione delle violenze da en-trambe le parti (governo e bande armatedella cosiddetta opposizione), rivendichiun vero negoziato di pace. Ciò perché ilmassacro dei civili sul terreno in Siria è frut-to di una guerra civile tra due entità arma-te, come dimostrano il rapporto degli osser-vatori della Lega araba - censurato dal Qa-tar - e le violenze sui civili, gli attentati ter-roristici, il cecchinaggio e numerose effera-tezze compiute proprio dall'Esercito siria-no di liberazione alleato del Cns.

Quest’ultimo attribuisce le violenze soloall'esercito governativo e invoca nel volan-tino e nella piattaforma del 19 febbraio «ledimissioni di Assad e del suo staff» e «la di-fesa internazionale dei civili secondo lo sta-tuto dell'Onu», il che equivale a chiederenei fatti il cambio di regime a mano arma-ta e nuovamente quell'intervento militareinternazionale che è stato momentanea-mente fermato dal veto in Consiglio di sicu-rezza. Questa strada porta direttamente al-la guerra «umanitaria» della Nato contro laSiria e a legittimare l'intervento militaregià in atto in Siria con truppe di Turchia,Qatar, Libia, Arabia saudita e di tutte le pe-tro-monarchie del Golfo che stanno datempo fomentando la guerra, appoggian-do con mezzi militari e mediatici l'opposi-zione armata in Siria.

L'esperienza delle cosiddette guerreumanitarie dell'ultimo quindicennio ci hainsegnato che nessuna retorica dei dirittiumani o di «contingenti necessità» può ma-scherare la realtà della guerra con i suoi lut-ti e le sue devastazioni senza fine. L'unicastrada per fermare il massacro di civili èquella di fermare le violenze, non di ampli-ficarle invocando l'intervento occidentale.

Invitiamo pertanto tutte le associazioniche ripudiano la guerra a dissociarsi aperta-mente dal Cns e dalla sua piattaforma.

Alleghiamo alla presente lettera:a) una scheda informativa sul Cns con

l'indicazione delle fonti; b) un estratto initaliano del rapporto degli osservatori dellaLega araba; c) la piattaforma di pace da noiproposta.

Rete Nowar, Peacelink, Wilpfitalia,

Unponteper; Statunitensi contro la guerrafirenze; U.S. citizens for peace and justice,Rete disarmiamoli, Contropiano; Associa-zione nazionale di amicizia Italia-Cuba diRoma; Associazione amici della Mezzalunarossa palestinese.

Nella notte fra mercoledì e giovedì l’As-semblea generale dell’Onu ha appro-vato a grande maggioranza una risolu-

zione redatta dai paesi della Lega araba (leggipetro-monarchie del Golfo, Qatar e Arabiasaudita in testa) e presentata dall’Egitto, checondanna e chiede l’immediata fine delle vio-lenze in Siria. Violenze che attribuisce però so-lo al regime del presidente Bashar al Assad, dicui chiede infatti la rinuncia.

La risoluzione era la fotocopia di quella pre-sentata una decina di giorni fa al Consiglio disicurezza e bloccata dal veto congiunto diRussia e Cina per due ragioni precipue - alme-no ufficialmente: la prima che il «piano» ara-bo apriva la porta a un intervento «umanita-rio» dall’esterno, la seconda che prefiguravaun «regime change» imponendo l’immediatariuncia di Assad come pre-condizione.

La risoluzione bocciata in Consiglio di sicu-rezza è passata in Assemblea generale. Se laprima avrebbe avuto valore cogente, la secon-da non è vincolante, ma i promotori credeva-no e credono che porterà a un accentuazionedell’isolamento internazionale di Assad e au-menterà la pressione politica su di lui. E’ pas-

sata con 138 voti contro 12 più 17 astensioni.I no sono stati quelli ancora di Russia e Cina,della stessa Siria e di Bielorussia, Bolivia, Cu-ba, Ecuador, Iran, Nicaragua, Nord Corea, Ve-nezuela e Zimbabwe. Insomma tutti i «catti-vi» del film. Mosca e Pechino ha ribadito il lo-ro voto negativo in quanto la risoluzione era«sbilanciata» puntando il dito solo contro il

governo senza alcun cenno all’opposizione,promuovendo un cambio di regime forzatodalla minaccia di un intervento esterno.

Nel tentativo - con poche possibilità di suc-cesso - di facilitare una soluzione politica in-terna, ieri il viceministro degli esteri cineseZhai Jun doveva arrivare a Damasco per in-contrare Assad, preceduto da una dichiarazio-

ne in cui condanna le violenze contro i civili efa appello al governo a rispettare la «legitti-ma» richiesta di riforme da parte del popolosiriano. Non era chiaro se nei due giorni di vi-sita nella capitale siriana incontrerà ancheesponenti dell’opposizione che del resto ave-va già ricevuto la settimana scorsa a Pechinodove erano stati invitati per un primo contat-to. Intervenendo al Palazzo di vetro l’amba-sciatore siriano Bashar Jafaari aveva detto chela risoluzione è un messaggio di sostegno«agli estremisti e terroristi» e che questo porte-rà «all’approfondimento della crisi e delle vio-lenza in tutta la regione» e non solo in Siria.Anche l’ambasciatore Usa, Susan Rice, ha par-lato di «chiaro messaggio» ma «al popolo siria-no»: «il mondo è con voi». L’ambasciatore ve-nezuelano ha invece lamentato che la risolu-zione «nega la sovranità siriana» e sarà usatada parte di alcuni per «promuovere una guer-ra civile su larga scala».

Prima del voto era intervenuto anche il pal-lidissimo segretario generale Ban Ki-moon (si-lente e distratto su quello che sta succedendonella «nuova» Libia) per chiedere alle autoritàsiriane di cessare di uccidere civili e di com-mettere «crimini che quasi certamente» sonocrimini contro l’umanità.

Per una volta bisogna dire che Russia e Ci-na hanno ragione: il quadro che esce dalla ri-soluzione approvata è troppo sbilanciato esemplice, nonché foriero di un interventoesterno. E’ il capo della National IntelligenceUsa, James Clapper, a dire che a quanto nesanno loro gli uomini di al Qaeda «sono riusci-ti a infiltrarsi all’interno dei gruppi contrari alregime di Assad», che «in molti casi non sonoal corrente della loro presenza». E anche il se-gretario generale della Nato, Rasmussen, sem-bra confermare l’ipotesi di un interventoesterno: «Non abbiamo alcuna intenzione diintervenire in Siria» anche nel caso diun’eventuale «missione di pace Onu-Lega ara-ba»... s.d.q.

INTERNAZIONALE

Sui media e fra i politici semba di esse-re tornati a un anno fa, allora la Libiaoggi la Siria. E lo scenario siriano sem-

bra ineluttabilmente andare sul canovaccio diquello libico.

Già. Possibile che la «guerra umanitaria»(della Nato) in Libia non abbia insegnato nullaalla luce di quello che noti gruppi sovversivi efaziosi quali Amnesty international, Human Ri-ghts Watch, Croce rossa vanno scoprendo (inloco), denunciando e gridando da mesi sul do-po-guerra libico? Grida nel deserto. Prima, du-rante la guerra, la storia a senso unico. Ora, do-po la guerra, l’assordante silenzio.

Silenzioso e distratto - sulla Libia post-Ghed-dafi, non sulla Siria di Assad - il pallido segreta-rio generale dell’Onu Ban Ki-moon (d’altra par-te è stato scelto e messo lì per questo).

Ma come può essere che il presidente dellarepubblica Giorgio Napolitano, divenuto la co-scienza del paese, così attento sulla realtà chelo e ci circonda, lui che fu (forse) il primo e piùdeciso sostenitore della necessità per l’Italia discendere in campo a fianco dei «bombardieriumanitari» della Nato, di fronte agli orrori chevengono dalla quarta sponda finora non haaperto bocca? Il petrolio libico, il business, lanecessità di respingere le aggressive intrusionidi Sarkozy in Libia.... Per altri forse si potrebbepensarlo, non per Napolitano. Idem per il go-verno del professor Monti e per i partiti politicicaduti in afasia. Passi per l’ex ministro Frattini,

ritornato nel nulla da cui era fuggevolmenteemerso dopo aver dovuto lasciare gli esteri.Ma Bersani e il Pd, anch’essi allineati e copertial momento di proclamare la «guerra umanita-ria» della Nato?

E’ difficile capire il perché di tanto silenzio.E’ difficile capire come mai politici e giornalistinavigati e competenti non si rendano contoche un esito come quello libico - guerra e post-guerra - è esattamente la ragione per cui oggil’Onu o la Nato o «la comunità internazionale»sono paralizzati rispetto alla Siria, dove i civilisono presi selvaggiamente fra due fuochi (duefuochi).

E’ difficile capire come non si rendano con-to che gli «interventi umanitari» sono, purtrop-po, una - o «la» - nuova forma di ingerenzaesterna, di pressione e di ricatto dei poteri cen-trali (altro esempio, la «guerra alla droga» degliUsa in America latina) che finisce per deligitti-mare la salvaguardia dei diritti umani e civiliche, in principio, si vorrebbero proteggere. Eper dare esiti catastrofici. Basta scorrere a casol’elenco degli ultimi «interventi umanitari»: laSerbia (il Kosovo è un paese?), la Libia, Haiti, laSomalia di «Restore Hope»...

E’ difficile capire come gli intenti «umanita-ri» dell’Occidente si possano coniugare, ciòche di fatto avviene, con gli intenti di sovversio-ne islamista di al Qaeda. Come gli obiettivi de-mocratici e questi sì umanitari delle primaverearabe possano legarsi con gli obiettivi oscuran-tisti del Qatar e dell’Arabia saudita. Nel mo-mento in cui l’Occidente e le petro-monarchiedel Golfo si toccano, la primavera araba è mor-ta. In Libia e - sperando si sbagliarsi - in Siria.

SIRIA · L’Assemblea Onu approva la proposta bocciata in Consiglio di sicurezza da Russia e Cina

Dodici no al «piano» arabo

Oggi il viceministrodegli esteri cinese aDamasco per tentare ilrilancio dell’improbabilesoluzione diplomatica

La «nuova» Libia sta celebrando ilprimo anniversario dell’insurre-zione, partita da Bengasi il 17

febbraio 2011, che ha portato alla cadu-ta, il 20 ottobre dopo una sanguinosaguerra civile e il ruolo decisivo dei«bombardamenti umanitari» della Na-to, alla caduta del regime di Muam-mar Gheddafi. Il Colonnello fu cattura-to quel giorno dai ribelli a Sirte, sua cit-tà natale e sua ultima roccaforte a ca-dere e linciato.

Bengasi, «la culla della rivoluzione»e da sempre, anche, la culla dell’oppo-sizione islamista al laico Gheddafi, hacominciato i festeggiamenti fin da mar-tedì. Popolo per le strade in festa, sven-tolio di bandiere, raffiche di mitra incielo, slogan. «La libertà. Gheddafi nonc’è più. Incredibile», uno dei tanti com-menti raccolti. Anche a Tripoli ieri erafesta. Per ieri pomeriggio, a Bengasi(non a caso), era prevista una cerimo-nia commemorativa speciale a cui do-veno presenziare esponenti del gover-no provvisorio del Cnt. Il suo leaderMustafa Abdel Jalil si era rivolto al pae-se giovedì sera dagli schermi della tv.Un messaggio che rifletteva chiara-mente i problemi in cui si dibatte il pa-ese. Abdel Jalil si è provato a sostenereche il suo governo «ha aperto le brac-cia a tutti i libici, che fossero sostenito-ri o no della rivoluzione» e ha cercatodi dare garanzie sulla capacità dellanuova leadership di mantenere il con-trollo e la stabilità: «Saremo duri con lagente che minaccia la nostra stabilità»,ha detto e le «thuwwar», le centinaiadi milizie e brigate armate che scoraz-zano in lungo e in largo «sono pronte arispondere a qualsiasi attacco diretto adestabilizzare il paese».

Ma, pur nella comprensibile aria difesta, Abdel Jalil non può più incanta-re nessuno. Il problema principale perla stabilità della «nuova» Libia sonoproprio quelle stesse «thuwwar» che illeader del Cnt dice sono pronte a re-spingere i tentativi di destabilizzazio-ne. Centinaia di milizie, brigate, bandesuper-armate che non hanno alcunaintenzione di deporre le armi (fino ache...) e che in molti casi non ricono-scono l’autorità del Consiglio naziona-le transitorio.

Il secondo problema principale, con-seguenza diretta del primo, è il vuotoistituzionale che nè il Cnt di Jalil né ilgoverno provvisorio di al-Keib riesco-no a riempire o nascondere. Confida-no loro e i loro amici nel mondo araboe all’estero nelle elezioni di giugno chedovranno eleggere un’assemblea costi-tuente. Una speranza arrischiata. Per-ché ormai non sono solo più voci mali-ziose ma dati di fatto che fra questecentinaia di milizie e in questo vuotoistituzionale si sono infiltrati gruppidell’islamismo più radicale e si sonodiffuse pratiche di orrende violazionidei diritti umani più elementari (bastileggere il rapporto sulla Libia diffusogiovedì sulla Libia da Amnesty).

In questo clima ci sono anche voci,da verificare, su una possibile riemer-sione dei sestenitori del regime diGheddafi (perché c’erano e non eranoneanche pochi) che starebbero per rag-grupparsi in un movimento politicofuori dalla Libia. In coincidenza con ilprimo anniversario della insurrezione,su diversi siti web è apparsa una di-chiarazione della «Libia verde» (i colo-ri della vecchia Jamahiriya) che annun-cia la nascita di un «Movimento nazio-nale popolare libico». Il comunicato af-ferma che in Libia «la situazione peg-giora di giorno in giorno» e di fronte«all’infimo interesse da parte dei me-dia internazionali sui molti orrori chestanno verificandosi, noi ci stiamo rior-ganizzando fuori dalla Libia in un mo-vimento politico inclusivo che com-prenda tutti i libici che capiscono qua-le sia la terribile realtà della Libia». Cherisorga la vecchia Libia del gheddafi-smo è improbabile ma i problemi didella nuova sono grossi.s.d.q.

Usa /SCONTRO INCERTO PER LE PROSSIME PRIMARIE

Romney-Santorum:la campagna del Michigan

LIBIA

Primo anniversariodell’insurrezione.Feste e problemi

A dieci giornidal voto nelgrande statoindustrialei sondaggi

dannol’out- sidernettamente

in testa

PERCHÉ NO

Lettera alla Cgile al Tavolo della pace

UN CHECKPOINT DELL’ESERCITO SIRIANO A HARASTA, SOBBORGO DI DAMASCO/FOTO REUTERS

DALLA PRIMAMaurizio Matteuzzi

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pagina 10 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

Lucia Tozzi

Architetto e teorico dell’archi-tettura e della città, Mirko Zar-dini dirige dal 2006 il Centre

Canadien d’Architecture (Cca),un’istituzione sui generis nel panora-ma internazionale composta da ar-chivi preziosissimi, una grande bi-blioteca, il centro studi e il museo,con un’agenda culturale molto forteche ne ha fatto uno dei punti di rife-rimento internazionali per la cultu-ra urbana e di progetto. Insieme aGiovanna Borasi, Zardini ha curatonegli ultimi anni una serie di mostreinusuali, supportate da una ricercaincredibilmente rigorosa e da unaossessiva volontà di portare alla lu-ce le crepe paradigmatiche, i limiti ele contraddizioni dell’architettura.

Da Sorry, Out of Gas, la mostra sul-la crisi energetica degli anni Set-tanta, a Sense of the City o Imper-fect Health, ancora in corso, emer-ge una forma di pensiero critico in-solitamente chiaro e lontano dallasemplificazione comunicativa dif-fusa negli ambienti dell’architettu-ra. Quali sono gli obiettivi di que-sto scarto curatoriale?Il tentativo del Cca è stato quello

di costruire mostre che fossero ingrado di aprire un discorso, piutto-sto che di chiuderlo. Abbiamo sele-zionato problematiche legate alla re-altà quotidiana, come l’energia o lamedicina, allo scopo di restituire al-l’architettura e all’urbanistica unacornice meno angusta di quellastrettamente disciplinare, che ri-schia di confinarle nell’irrilevanza.Volevamo indagare i lati oscuri del-l’architettura, ma non nello stile delmanifesto politico, come ad esem-pio alcune mostre del Nai di OleBauman. Noi abbiamo cercato dimettere in questione i presuppostisu cui operano gli architetti, chespesso ripropongono in modo com-pletamente acritico idee e meccani-smi prodotti in altre discipline, sen-za alcun filtro. In Imperfect Healthabbiamo mostrato molti progetti di-versi, che per lo più riproduconol’agenda moralistica e neoliberalepropria della trasformazione del ruo-lo della medicina nella nostra socie-tà dagli anni settanta a oggi, della fi-ne del welfare. Per esempio, qua-rant’anni fa l’obesità non era consi-derata una malattia: si sarebbe par-lato di prevenzione, di condizioni so-cioeconomiche, di educazione,mentre oggi è un problema di re-sponsabilità individuale nei confron-ti di una società che non è più in gra-do di sostenere le spese mediche ge-neralizzate. Un edificio come il cele-bre Cooper Union di Morphosis aNew York «risolve» il problema rein-troducendo l’attività fisica attraver-so dei percorsi antifluidi, inserendoscale al posto degli ascensori e cosìvia. Dispositivi che vanno anche be-ne, però pensare che l’obesità si ri-duca a questo e che l’architetturapossa avere in questo modo un ruo-lo determinante è assolutamente su-perficiale.

D’accordo, ma allora con qualistrumenti gli architetti possono in-fluire sulla realtà cui in minimaparte sono deputati a dare forma?In primo luogo attraverso lo spiri-

to critico. Prendiamo il discorso sul-l’ambiente: oggi il mantra della so-stenibilità è diventato un meccani-smo tecnocratico, un greenwashingdell’architettura che, riducendo ilproblema alla performance energeti-ca di una costruzione, ha eliminatole componenti complesse, tutto ciòche viene prima e dopo l’edificio.Negli anni Settanta, durante la pri-ma vera crisi energetica, moltissimiarchitetti avevano collegato il pro-blema dell’energia al riciclo, all’usodelle risorse, alle reti sociali, a unacritica dello stile di vita e dei modi diproduzione. Per la prima volta eracrollata la fiducia incondizionatanella tecnologia, nelle sorti progres-sive. Ma all’epoca prevalse una mio-pe politica di sviluppo dei pannellisolari, che poi venivano usati per ri-scaldare le piscine dei sobborghi.Oggi abbiamo lo stesso problema:una riscoperta naive della tecnolo-gia, come negli anni Cinquanta. Pos-siamo risparmiare tutta l’energiadel mondo, ma per farne cosa? Se è

per reimmetterla in un sistema diconsumo identico a quello in cui ab-biamo vissuto non ne vale la pena, èl’equivalente del caffè decaffeinato,della guerra umanitaria, della politi-ca senza politica di cui parlava Zizekin Benvenuti nel deserto del reale.

Esistono indizi di un’inversione dirotta?In generale la crisi che la nostra

società sta attraversando oggi defini-sce l’esigenza di elaborare nuovepiattaforme di pensiero, e il fenome-no riguarda anche l’architettura el’urbanistica. Sono molto contentoche la bolla iconica che ha afflittol’architettura degli ultimi trent’annisi sia conclusa, lasciando spazio anuove problematiche. Le aree piùricche restano conservatrici, ma lecose interessanti avvengono altro-ve, in una sorta di terzo paesaggio

dell’architettura: non nelle aree fortidi intervento, ma in quelle margina-li, nel lavoro delle Ong, nei progettidi intervento sociale, in quelli cheutilizzano un sistema di partecipa-zione. Oppure in casi più tradiziona-li come le abitazioni per homelessdi Michael Maltzan a Los Angeles el’Olympic Sculpture Park di WeissManfredi a Seattle, che dissolve l’edi-ficio in una struttura paesaggio, oancora nei progetti di riparazioneambientale che agiscono in direzio-ne opposta all’eccesso di estetizza-zione del paesaggio operato dai pro-gettisti negli ultimi anni.

Nel non vitalissimo scenario euro-peo uno dei discorsi più produtti-vi, in grado di unire la riappropria-zione della sovranità popolare, lapartecipazione, a una serie di ri-pensamenti sulle politiche spazia-

li ed energetiche, è quello dei benicomuni.È vero, anche se non mi piace

l’idea di comunità che affiora nel di-scorso. In architettura era stata ela-borata soprattutto da Solà-Moralesun’idea molto efficace di spazio col-lettivo che individuava caratteristi-che alternative al binomio pubbli-co-privato, senza cadere in nostal-gie comunitarie. Ma qualunque siail punto di vista adottato, bisogna te-nere a mente i limiti del progetto:pensare che l’architettura possa ri-solvere tutti i problemi dell’ambien-te e del territorio era un’idea moder-nista. Ne paghiamo ancora i danni,come nel caso dell’eternit. L’archi-tettura era intesa come cura, men-tre secondo me dovrebbe prendersicura delle cose. È necessario appro-fondire le dinamiche della crisi in at-

to, ma mettendo sempre in eviden-za le conseguenze che le nostre azio-ni producono.

L’apparente rozzezza delle prescri-zioni d’igiene moderniste, però, ri-vela forse anche una maggiore li-bertà rispetto alla manipolazioneocculta del contemporaneo: eraun’assunzione di responsabilitàche conduceva a errori drammati-ci se si vuole, ma era meno intel-lettualmente subordinata agli in-teressi altrui. Se lo compariamo aLe Corbusier, Koolhaas è moltopiù consapevole dei limiti, ma nonha rinunciato alla postura di gurue attraverso una grande mole di ar-gomentazioni ambigue continua aporsi come il risolutore ideale deiproblemi del mondo attraverso isuoi masterplan.Koolhaas ha segnato un periodo,

ma il dibattito non può essere ege-monizzato dalle stesse persone chehanno dominato la comunicazionenegli ultimi vent’anni. Non si puòandare avanti nei modi ancora di re-cente utilizzati da Winy Maas degliMvrdv: a ogni problema corrispon-de una soluzione che, naturalmen-te, si incarna in un progetto di archi-tettura. Molto spesso la soluzione ènon fare niente. Il progetto più bello

degli ultimi anni forse è stato quellodi Lacaton e Vassalle per il concorsodi «abbellimento» di place Léon Au-coc a Bordeaux. Dopo avere fre-quentato il posto e parlato con i pas-santi e gli abitanti, proposero di la-sciare tutto così com’era, al di là diqualche intervento di manutenzio-ne, perché la piazza non aveva biso-gno di miglioramenti.

Uno dei fattori che più incoraggia-no il conformismo, almeno qui inItalia, sono le scuole. Nella suaesperienza di insegnamento ha co-nosciuto università migliori daquesto punto di vista?Negli Stati Uniti emergono sem-

pre più diffusamente all’interno del-le scuole temi come l’ecological ur-banism o le favelas, ma non so quan-to possano giovare: quanto questa èrealmente l’occasione di ripensare iproblemi e quanto è riproposizionedegli stessi metodi in un contestodifferente? Nel frattempo sta avve-nendo una rivoluzione nei meccani-smi di produzione dell’architettura:urge una riflessione sulle nuove re-gole sulla responsabilità civile e laproprietà intellettuale del progetto.Oppure sul digitale e i modi in cuiviene incorporato nell’architettura,sui rendering che vengono per lopiù prodotti in Cina o in India. In-somma è un periodo interessante,ma non saprei dire dove andiamo.Noi cerchiamo solo di costruire pro-spettive diverse.

Il fatto che il Cca sia un centro diricerca oltre che un museo ha fa-vorito questo tipo di approfondi-mento?Non tanto, perché la ricerca è an-

cora parecchio convenzionale, basa-ta sui phd programs, sugli scholars,mentre il nuovo approccio è dovutosoprattutto a un’idea diversa del ruo-lo curatoriale e della responsabilitàintellettuale di un’istituzione. La po-sizione periferica di Montreal per-mette di sperimentare delle cosesenza la pressione che avremmo aNew York. Sarebbe bello che anchele istituzioni di qui approfittasserodella condizione marginale italianaper sviluppare una strategia analo-ga: se si pensa alla filosofia, c’è unadelle scene più interessanti a livellomondiale – anche se sembra che gliarchitetti non se ne siano accorti.

La mia impressione è che, esauri-to l’entusiasmo per l’architetturaiconica, sui nostri media l’archi-tettura e il discorso sulla città so-no spariti o banalizzati. In questomomento ad esempio in Italia èstata montata una improbabilecampagna mediatica contro l’ExEnel, uno tra i mille brutti progettimilanesi, e su blog e giornali nonsi parla d’altro che di bellezza escempio.Quando sento parlare di bellezza

mi preoccupo sempre. È fondamen-tale impostare il discorso del territo-rio e dell’urbano su altri presuppo-sti: il consumo di suolo, la mobilità,le infrastrutture, i servizi sociali, l’ac-cesso ai servizi, il diritto all’abitare.Nessuno è ovviamente a favore deibrutti progetti, ma il discorso esteti-co sull’architettura è deviante e dan-noso. Tanto per fare un esempio, ilprogetto abortito dell’orto planeta-rio per l’Expo (premesso che leExpo sono inutili, a mio parere),non era significativo in quanto belloo brutto, ma perché simbolicamen-te era importantissimo come proget-to a volume zero – o quasi. L’ultimaesperienza che ebbi a Milano furo-no i Giardini di Porta Nuova: il pro-getto originale incorporava il giardi-no in un discorso sullo spazio pub-blico, tentando di inserire gli edificiin un sistema di relazioni urbanecon l’intera area, che comprendevala stazione, le strade, le piazze, te-nendo in gran conto l’interesse deicittadini. Invece si è parcellizzato ilproblema, i privati hanno fatto quelche hanno voluto, poi quanto è ri-masto è diventato un giardino. Si èsempre parlato di contrattazione,ma la contrattazione di fatto non c’èstata. In Italia non ci sono neppure iluoghi deputati alla discussione: da-ta per persa l’accademia, il Maxxi ola Triennale dovrebbero diventare iluoghi del dibattito, ma non mi pareche le scelte recenti nelle nomine va-dano in questa direzione.

CULTURA

Toccando temi come la medicina o l’energia,i progetti del Centre Canadien d’Architecturedi Montréal mettono in luce limiti e contraddizionidella disciplina. Parla il direttore, Mirko Zardini

MOSTRE

Salute imperfetta,controlli e paure«Per una demedicalizza-zione dell’architettura» èil titolo scelto da Giovan-na Borasi e Mirko Zardi-ni, i curatori di «Imper-fect Health» (al CentreCanadien d’Architecturedi Montreal fino al primoaprile 2012) per l’intro-duzione al catalogo dellamostra. In una societàossessionata dalla salu-te, il loro obiettivo consi-ste nel mettere a nudo laretorica che ha intriso delproprio lessico e dei pro-pri prodotti ideologici illinguaggio e il pensieroarchitettonico e urbanisti-co degli ultimi decenni.Tra le decine di progettiesposti, moltissimi sonoprodotti esemplari di bio-politica pura, impostatisulla manipolazione e ilcontrollo degli individuiche li andranno a usare.Sul fronte opposto, unaserie di opere concettualiche denunciano le politi-che della sicurezza, dellaquarantena, della pauracui noi (o gli animali chealleviamo e mangiamo,grandi protagonisti dellamostra) siamo sottoposti.Da Bjarke Ingels e Tem-ple Grandin agli Smith-son, progettisti di ognigenere si sbizzarrisconosu anziani e obesi, giardi-ni antiallergici e «biore-mediation», camere aset-tiche ai raggi gamma espazi di quarantena.

Il lato oscurodell’architettura

«IMPERFECT HEALTH:THE MEDICALIZATIONOF ARCHITECTURE 2011»,ANDY BYERS,«INSTALLAZIONE CONMUCCA», CANADIAN CENTREFOR ARCHITECTURE. © CCA, MONTRÉAL

NELDESERTODELREALE

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SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 11

BenOld

I l «Wall Street Journal» è un gior-nale ritenuto altamente attendi-bile. E quando dà una notizia su

un’impresa c’è da essere sicuri chenon si riferisce a «boatos», cioè a vo-ci di corridoio, bensì a fatti verifica-ti. Così ieri il giornale economico, ri-tenuto la quintessenza della visioneneoliberista, ha informato i suoi let-tori che Google ha «tracciato» gliutenti di Safari, il programma di na-vigazione sviluppato da Apple e usa-to dai possessori di iPhone per starein Rete. Detto più semplicementeGoogle avrebbe «spiato» gli utenti diSafari attraverso alcuni programmichiamati in gergo «cookies».

Questa la versione del «Wall Stre-et Journal». Per alcune ore, dal quar-tiere generale della Google non so-no arrivate né conferme, né smenti-te. Le reazioni ufficiale è infine arri-vata ed è un piccolo gioiello di ma-chiavellismo, se con questo terminesi intende la capacità di volgere unadifficoltà in un punto di forza. Nellanota di Google, infatti, si legge cheeffettivamente gli utenti che usanoSafari sono stati tracciati, ma soloper capire quale applicazioni utiliz-zavano al fine di favorire gli utentiGoogle che ne erano sprovvisti. Il ri-ferimento è agli utenti di iPhone del-la Apple e agli utenti di Android diGoogle, cioè i due telefoni cellularidi ultima generazione che si conten-do l’egemonia sul mercato. Googlesostiene però che i dati personalinon sono stati registrati nel rispettodella privacy individuale.

Rispetto a questo tema, Googleha molti nervi scoperti. Da anni, in-fatti, la società del motore di ricerca

è stata più volte accusata di violaresistematicamente la privacy di chiusava il motore di ricerca al fine di«produrre i profili» da «offrire» alleimprese pubblicitarie per le lorostrategie di inserzioni. Inoltre, la so-cietà di Larry Page e Sergej Brin harecentemente deciso di uniformaretutte le regole sulla privacy dei suoimolti prodotti, da quelle inerenti laposta elettronica a quelle di YouTu-be a quelle relative alle «mappe»,del programma di navigazione, de-gli ebooks, solo per citare quelli piùusati e noti. In questo caso le accusea Google hanno sottolineato chel’omogeneità della policy avrebbe in-

debolito le difesa della privacy.Per il momento, c’è da dire che

l’articolo del «Wall Street Journal» èstato usato da uno storico avversa-rio di Google, la Microsoft, che haironizzato sia sulle «debolezze» deisistemi di protezione di Apple chedella volontà di potere della societàdel motore di ricerca. Diverso, inve-ce, il tenore della presa di posizionedella «Electronic Frontier Founda-tion», la storica organizzazione deidiritti civili nella Rete, che ha punta-to l’indice contro Google, ricordan-do però che il rispetto della privacyè merce rara per tutte le imprese in-ternettiane.

Infine, c’è da registrare il fatto cheè stato il giornale che più di altri ha

tessuto, in passato, gli elogi di Goo-gle a pubblicare l’articolo. Non è cer-to una novità che negli Stati Uniti imass media non guardano in facciaa nessuno quando si tratta di dareuna notizia. Non a caso sono defini-ti il «quarto potere». Sta di fatto, tut-tavia, che il Wall Street Journal è ilgiornale che, dopo l'entusiasmo ini-ziale, ha spesso criticato Google peril suo «aggregatore di notizie» (Goo-gle News), considerato un parassitadel lavoro giornalistico svolto da al-tri, con l’aggravante che Google nonha mai pagato i contenuti che diffon-deva. E qui nasce il sospetto cheuna verità per molti nota - l’uso deicookies per tracciare la navigazionein Rete - diventi degna di attenzio-ne.

Certo Google lo avrebbe fatto pergli utenti di un software di un con-corrente, ma anche questa è unapratica che sempre più spesso èmessa in opera nella Rete. C’è il so-spetto che il potere di Google comin-ci a dare fastidio. Il «Wall Street Jour-nal» è un giornale che non nascon-de la sua ostilità a qualsiasi forma dimonopolio. E Google viene spessoaccusata di comportamento mono-polistico. Ma c’è anche un altroaspetto che emerge da questa vicen-da. Il giornale economico è di pro-prietà della News Corporation, cioèdell’impero mediatico di RupertMurdoch, che nei mesi scorsi hacondotto una violenta campagnacontro Google, colpevole per il«boss» australiano di sfruttare ap-punto i suoi media per fare profitticon la pubblicità. Sta di fatto che lavicenda mette in evidenza il fattoche nella Rete la privacy è appuntosempre più una merce rara.

CULTURA

Valerio Evangelisti

Curioso testo, quello che cipropone Derive Approdi(Memorie di Giulio Bonnot,

pp. 114, euro 12). Mai delle Memo-rie di Giulio Bonnot sono apparsein Francia. Dal libretto apprendia-mo che l’edizione originaria italia-na è del 1913 (ne esiste un’altra del1921). Non si pretende che Bonnotin persona abbia scritto il libro. Sitratterebbe di confessioni e dichia-razioni raccolte da un non meglioprecisato copain, e «autenticate daPaolo Valera».

Chi era Valera? Un militante so-cialista, ex garibaldino, e un giorna-lista e scrittore, autore di molti volu-mi in bilico tra il feuilleton, la crona-ca e la storia. Amico del Mussolinidirettore dell’Avanti!, ne scrisse nel1924 una biografia in cui si augura-va che il Duce tornasse all’origina-rio radicalismo di sinistra. Non fuascoltato. Restano di lui interessan-ti bozzetti della vita milanese, vistadall’angolo visuale delle classi su-balterne. A queste fu sempre fede-le.

Basta la garanzia di Paolo Valeraad autenticare le memorie di JulesBonnot, o del suo presunto copain?Temo di no, soprattutto quando lostile letterario è quello del Valerastesso. Iperbolico, infarcito di affer-mazioni apodittiche, quasi dannun-ziano. È il vero Bonnot che parla?Non credo. Nemmeno credo in unsuo ipotetico copain, che se maifosse esistito, gli avrebbe forse so-migliato.

Jules Bonnot non fu mai un teori-co – a differenza di Marius Jacob,suo collega nell’illegalismo (in ve-ste di presunto «ladro gentiluo-mo», dubbio antesignano di Arsè-

ne Lupin), che ha lasciato tantiscritti da riempire due volumi. Bon-not fu essenzialmente uomo d’azio-ne. Meccanico sfortunato, finì allatesta di un gruppo di anarchici ille-galisti decisi a far pagare alla socie-tà le ferite che questa aveva loro in-flitto. L’organo che li ispirava eraL’anarchie, un settimanale inizial-mente diretto da Albert Libertad.In seguito alla morte di quest’ulti-mo, massacrato dalla polizia nel1909, ne prese le redini VictorKil’balchich – destinato a diventarecelebre, quale partecipante alla Ri-voluzione russa, sotto il nome diVictor Serge, segretario di Trockijin Messico.

Una stagione di fuocoJules Bonnot e la sua banda hannoavuto ampia fortuna mediatica.Nel 1968 uscì il bel film di PhilippeFourastié La Bande à Bonnot, chene semplificava la vicenda, però eb-be il suo impatto. Quasi simultane-amente appariva il libro di BernardThomas La banda Bonnot, roman-zato, però su consistente base do-cumentaria. Molto recente è il ro-manzo di Pino Cacucci In ogni casonessun rimorso, estremo e riuscitoomaggio ai «banditi tragici» (furo-no così definiti dalla stampa scan-dalistica di allora, ma è anche il tito-lo del saggio del giornalista VictorMéric: un successo del 1926 che fualla base dei successivi recuperi).

Ma chi erano questi «banditi tra-gici»? Il teorico era soprannomina-to Raymond-la-Science, tuttavia ilnome vero era Raymond Callemin,amico d’infanzia di Kil’balchich aBruxelles. C’erano poi il temibileGarnier, Valet, Carouy, il giovanissi-mo Soudy e una ventina d’altri, in-

cluso lo sfortunato Dieudonné(condannato alla Caienna per cri-mini che, con tutta probabilità,non aveva mai commesso). Alcunedonne conquistate alla causa. EBonnot, naturalmente, uomo prati-co e rude, approdato all’anarchi-smo con molto ritardo. Nutrivauna vocazione di meccanico che loindusse dapprima a darsi alle rapi-ne in automobile e, nei suoi ultimigiorni, a progettarne una in aero-plano. Furono principalmente leprime a colpire l’opinione pubbli-ca, e ad allertare le autorità. Fino alfatale 1911, anno che vide le gestapiù clamorose della banda, la poli-

zia si era mossa in bicicletta. Imme-diatamente dopo fu costretta adadottare le auto (qualcuno ricorde-rà la serie televisiva francese Le Bri-gate del Tigre, che narra appunto legesta iniziali delle compagnie mo-bili).

La stagione di fuoco della «ban-da Bonnot» fu consumata nell’arcodi pochi mesi, e tuttavia fu sangui-nosa. L’uccisione di un portavalori,un furto d’auto conclusosi con l’as-sassinio del proprietario e del suoautista, lo svaligiamento di una se-de della «Société Génerale» a Chan-tilly, delitti minori (uno dei qualiconsumato atrocemente a colpi di

martello). Il terrore che sparseroquesti episodi fu dovuto all’estre-ma facilità con cui i banditi faceva-no fuoco. Fino a uccidere un fattori-no poco più che adolescente, ad ab-battere un qualsiasi agente, a fred-dare due funzionari di polizia (l’uni-co caso in cui si trattò, grosso mo-do, di autodifesa), a sparare a casac-cio sulla folla. Divenuto, a torto o aragione, il «pericolo pubblico nu-mero uno», Bonnot fu assediatonel suo rifugio addirittura dall’eser-cito, mentre una folla di escursioni-sti della domenica banchettava e sigodeva la scena. Per avere ragionedi lui dovettero usare esplosivi e mi-tragliatrici. Sorte simile toccò pocodopo a Garnier e a Valet.

Anarchici illegaliLa popolarità della banda, durantela sua breve vita, fu la pubblicizza-zione delle sue gesta, con comuni-cati ai giornali o irruzioni nelle lorosedi. Lo stesso processo ai soprav-vissuti fu un momento di propa-ganda. I colpevoli certi, tra cui Ray-mond Callemin, si videro condan-nati alla ghigliottina. Quelli incertialla deportazione. Tra questi l’infeli-ce Dieudonné.

Si spense lì la breve stagione del-l’«anarchismo illegalista», una cor-rente che ebbe un suo peso in Fran-cia tra l’ultimo decennio del XIX se-colo e i primi del XX. Con un’ap-pendice italiana, rappresentata da-gli anarchici Pini e Parmeggiani. Lesue basi teoriche, disparate (daMax Stirner ad Albert Libertad),spiegano perché i «banditi tragici»sparassero sul mucchio. Secondole teorizzazioni de L’anarchie, l’ope-raio remissivo era di fatto compli-ce. Di conseguenza poteva essere

bersaglio allo stesso titolo dei bor-ghesi. C’è, molto minoritario, chicoltiva ancora simile idiozia.

Non si creda di poter trovare, inqueste presunte Memorie, una cro-nologia delle gesta della «banda tra-gica» (ribattezzata «I clamorosi ros-si dell’automobile grigia») e deglieventi che ho riassunto. Fino a me-tà libro è tutto un susseguirsi didubbie riflessioni. Tipo elogi della«bella morte», o pagine quasi lom-brosiane sugli effetti fisici della po-vertà. Apprendiamo dati che noncollimano troppo con la biografiadel Jules Bonnot che conosciamo.Sarebbe stato un lettore appassio-nato di Anatole France e di Balzac.Fine intellettuale, avrebbe frequen-tato con assiduità le biblioteche.

Quando si passa all’azione, l’ac-cento è posto sull’assedio agli anar-chici di Sidney Street (1909), a cuiBonnot non partecipò, o alla mortedello stesso Bonnot, di cui certonon poté fare la cronaca. Tutto il re-sto è vago o appena accennato. Cer-te considerazioni sulle donne, forte-mente dispregiative, nessun anar-chico, individualista o meno, leavrebbe usate: né ai primi del ‘900,né oggi. Valera sì, i suoi libri ne ab-bondano. Risibili sono poi le moltepagine sul gergo utilizzato daglianarchici. Sono tratte da un comu-ne dizionario di argot della malavi-ta o delle periferie. Fra l’altro, glianarchici francesi si chiamano traloro, da sempre, compagnons, con-tro il camarades usato dai marxisti.Copain è un semplice amico.

Insomma, un libro fasullo? Sì,non ho dubbi. Inutile? Niente affat-to. Offre un ritratto d’epoca, e ci faconoscere meglio l’opera di PaoloValera.

ON LINE · Google accusata di spiare gli utenti di Apple

La privacy cotta al forno

– –

CRESCE IL DISSENSO VERSO ACTACentinaia di persone per le strade con le maschere di Guy Fawkes, noto peril film «V per Vendetta», una valanga di firme raccolta in Rete e alcunigoverni - Germania in testa - che non lo vogliono ratificare. Nell’ultimasettimana il trattato anticontraffazione Acta ha fatto il pieno di dissenso.

Indice puntato controil motore di ricerca,che replica: «Nessunaappropriazionedi dati personali»

I l mestiere dello storico può essere ina-spettatamente duro, soprattutto quan-do si ha a che fare con un colosso do-

tato di milioni di teste, come Wikipedia.Lo ha scoperto di recente Timothy Mes-ser-Kruse, studioso di storia del movimen-to operaio e docente presso la BowlingGreen State University nell’Ohio, nonchéautore di due libri, The Trial of the Hay-market Anarchists: Terrorism and Justicein the Gilded Age (Palgrave Macmillan,2011) e The Haymarket Conspiracy: Trans-atlantic Anarchist Networks, di prossimapubblicazione per la University of IllinoisPress. Due libri, va detto, in cui Messer-Kruse fornisce, sulla base di studi duratioltre dieci anni, una lettura nuova – e, perimpiegare un termine abusato, «scomo-da» – di un episodio fondativo nella storiadel movimento operaio americano, e nonsolo: la rivolta di Haymarket del 1886. Percitare lo stesso storico in un articolo appe-na uscito su «The Chronicle of HigherEducation», «la bomba gettata durante unraduno anarchico a Chicago diede avvioin America al primo Terrore Rosso, a unprocesso seguitissimo e a un movimentodi pressione mondiale per la clemenza aisette condannati». Tuttavia il processo, se-condo Messer-Kruse, che ha analizzatoscrupolosamente tutti gli atti e le testimo-nianze, non fu una semplice farsa, comesostengono quasi tutti i manuali, ma (ci-tiamo dalla scheda editoriale di Macmil-lan) «un suicidio giudiziario, dato che ladifesa scelse di usare il processo come tri-buna per l’anarchismo invece di sfodera-re una linea difensiva coerente». Una rilet-tura che la casa editrice definisce (pruden-temente) «controversa», ma che merita diessere approfondita e comunque presa inconsiderazione. Quando però Messer-Kruse ha provato a inserire alla voce «Hay-market» di Wikipedia dati provenienti dal-le sue ricerche, si è trovato di fronte unmuro di gomma: le sue correzioni sonostate più volte rigettate, sebbene lo stori-co avesse citato puntigliosamente le fontia cui aveva attinto, con questa motivazio-ne: «Non si eliminano informazioni soste-nute dalla maggioranza delle fonti per so-stituirle con dati che esprimono punti divista minoritari». Anche se questi dati do-vessero corrispondere a verità, ha spiega-to garbatamente uno dei «custodi» diWikipedia al frustratissimo Messer-Kruse.

Un libro forse fasullo.Ma comunque utileper capire il contestoin cui operaronoi «banditi tragici»

CHIUDE LIBRARY.NUUna campagna da parte di molte associazioni degli editori - Stati Uniti, Italia,Germania, Inghilterra, Francia - ha portato alla chiusura del sito Library.nu, notoper la condivisione di ebooks «piratati». Ma i gestori non hanno aspettato chel’ordine di chiusura venisse dalla polizia; lo hanno deciso autonomamente.

oltretutto

L’UNICO FILM CHE UNISCE L’ITALIA... A FORZA DI RISATE

MEDUSA FILM PRESENTA

AI CINEMA DI MILANOCOLOSSEO - DUCALE - GLORIA - PLINIUS

THE SPACE CINEMA ODEONUCI CINEMAS BICOCCA - UCI CINEMAS CERTOSA

LA COPERTINADELPOPOLAREGIORNALEFRANCESE«LE PETITEJOURNAL»CHERAFFIGURAUNA RAPINA,CON TANTO DIUCCISIONEDI UNFUNZIONARIO,DELLA BANDABONNOT

STORIA · Le «Memorie di Giulio Bonnot» autenticate dal giornalista Paolo Valera e pubblicate da DeriveApprodi

Una banda dal grilletto facileEX PRESS

Quello che Wikipediaconsidera la veritàMaria Teresa Carbone

Page 12: Un giornale da marciapiede

pagina 12 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

VISIONI

G. Cap.

Proprio vedendo in scena Toni Ser-villo nel suo grandioso percorsonegli abissi di Napoli, non si può

fare a meno di pensare alla contraddizio-ne sempre più lacerante che ferisce lascena napoletana. Non tanto e non soloperché Servillo sarebbe una egregia im-magine per rappresentarla ufficialmen-te, ma per il paradosso che la città si tro-vainvece a vivere, in quella sorta di «mini-stero unico per lo spettacolo» che pare ri-siedere nelle mani di Luca De Fusco, im-posto «gradualmente» (si fa per dire) dalcentrodestra alla città affidandogli via viala guida di tutte le istituzioni del settore.Dallo stabile pubblico del Mercadante edal Napoli Teatro Festival (con azionicruente che non basta mascherare daspoil system) fino alla cattedra all’Accade-mia di Belle Arti. Ma che è arrivato allafarsa di questi giorni di millantare il go-verno anche dell’unico spicchio di scenache gli sfuggiva, la direzione del Forumdelle culture promosso dal comune diDe Magistris, attorno al quale si era giàconsumato l’infortunio di Roberto Vec-chioni, nominato e dimesso in poco tem-po. A quella manifestazione, De Fuscoha invitato a partecipare i grandi nomidella scena internazionale, chiedendo incambio attenzione per la sua ultima fati-ca artistica, la molto chiacchierata e co-stosa Opera da tre soldi, che con buonapace di Brecht non per meriti artistici haguadagnato una certa «celebrità».

Ora è toccato all’agente che dovevavendere lo spettacolo addossarsi la re-sponsabilità della «svista» e della colos-sale bugia, ma gli agenti, si sa, fanno il lo-ro mestiere, più o meno nobilmente, econ l’occhio attento principalmente al-le percentuali da guadagnare. Resta il ca-so, davvero politico e degno di interven-to, di questa illusione fuori del tempo (edella storia e dei risultati elettorali) delpensiero e del gusto unico che evidente-mente ispira De Fusco e la destra, a Na-poli e a Roma. Il voto per De Magistrisha espresso chiaramente il desiderio dicambiamento dei napoletani, compresigli spettatori dei suoi teatri. Neanche seBerlusconi sedesse ancora a palazzoChigi sarebbe pensabile e possibile untale accentramento di potere culturalenelle mani di una sola persona, o delsuo entourage. Figurarsi ora che ancheil governo è cambiato. È vero che conti-nuano a Napoli paradossi e gaffe politi-che. Dall’assessora regionale che si auto-nomina e si perpetua come presidentedella fondazione che amministra il festi-val e altre istituzioni, e nomina un consi-glio direttivo pauroso per incompeten-za, dall’enciclopedica Anselma Del-l’Olio a Buttafuoco che già presiede lostabile di Catania, fino all’improvvida se-gretaria Pd cui hanno dovuto ricordareessere questo partito all’opposizione inCampania, con successive dimissioni.Per non parlare del Madre e del Pan.Nell’agenda già fitta di De Magistris, ri-spetto a quella «sfacciataggine» anchela cultura e i suoi amministratori do-vrebbero conquistare un ruolo di mag-giore centralità ed attenzione.

SCENA NAPOLETANA

De Fusco, unicoartista in città

Gianfranco CapittaROMA

Toni Servillo è un attore univer-salmente riconosciuto e am-mirato in tutta Europa. E in

tutto il mondo, come dimostrano leimmagini di 394-Trilogia nel mon-do, il film di Massimiliano Pacificosulle altrettante tappe della Villeggia-tura goldoniana, in particolare sullemolte ai quattro capi del pianeta.Un attore di cinema e di teatro di so-lida preparazione e di altrettantaconsapevolezza, pluripremiato eosannato da molti pubblici differen-ti (oltre che dagli attori, con i qualicondivide anche per anni la faticasulla scena di uno spettacolo in cre-scita continua). È abbastanza rarovederlo solo, ma non è un monolo-go neppure quello che sta ora por-tando in tournée: Toni Servillo leggeNapoli (all’Argentina fino al 26 feb-braio). Si può parlare di performan-ce, ma non basterebbe neanchequella definizione. Con tutto il baga-glio di tecnica e sensibilità, l’attorecompie piuttosto un viaggio, diver-tente e pensoso, tragico ed esaltan-te, privatissimo eppure molto «politi-co», dentro quella città di cui si sen-te profondamente parte. Un viaggiocompiuto attraverso testi disparatidegli ultimi due secoli di autori par-tenopei. Un viaggio insieme teologi-co e teleologico, perché la sua strut-tura ascende (o si sprofonda, fa lostesso) da un «paradiso» a un purga-torio a un inferno. Viaggio per lo piùin versi, ma sempre attraverso paro-le fulminanti e visioni ad alto tassodi combustione.

Davanti a un leggìo, a fianco auna sedia che funge da domestico ar-chivio, Servillo sfoglia le tappe cheha scelto, primi tra tutti il predilettoViviani, e Eduardo di cui ricostruisceil fulminante, melmoso personaggiodi Vincenzo De Pretore, mariuolo sa-piente che arriva a confrontarsi conil vertice celeste. Quasi una scopertaper molti, il poemetto edoardiano,che basterebbe da solo a giustificarelo spettacolo. Ma perfino SalvatoreDi Giacomo, poeta riconosciuto eamato dai poeti e dai professori, fa ri-scoprire con Lassammo fa’ Dio rifles-si nuovi, in questa galleria «non illu-minata» eppure abbagliante, verso ilventre di una città che qui si spogliadella retorica e del suo fascino tradi-zionale. Una città che grida e be-stemmia, come nella perturbantegiaculatoria esorcistica composta daMimmo Borrelli, giovanissimo eppu-re incontrovertibile aedo di una cul-tura che ha perso pudore e paure,giunta al grado zero della esistenzamentre tocca il culmine della suacarnalità.

È l’alternanza tra testi già noti edamati con quelle che possono essereper lo spettatore scoperte assolute,

l’elemento principale che connota ilpercorso di Servillo come un veroprogetto intellettuale, una indicazio-ne di percorso senza facili illusionima concretamente terragna, solida-mente immersa in quell’inferno/pa-radiso che Napoli è per i suoi abitan-ti e per chi la conosce. Servillo non«legge»: introietta, si fa carico, passaai raggi x e al filtro del suo cuore edella sua ragione, quel fiume di paro-le. Per ogni riga trova un’espressio-ne diversa e originale, si confrontacon ogni testo in un corpo a corpoche non vede mai in anticipo il risul-tato dello scontro. Si spende senza ri-serve, si diverte e si commuove lui

per primo, anche se un’amica cheaveva assistito alla stessa performan-ce a Milano, coglie un filtro di conte-nuta tristezza sul volto dell’attore.Che nel frattempo ha vissuto la tra-gedia non facilmente rimarginabiledi veder morire un maestro del cine-ma come Theo Anghelopoulos du-rante le riprese ad Atene del film cheinsieme stavano girando. Mentre giàlo aspettano tra pochi giorni le ripre-se del film delicatissimo di Belloc-chio sulla morte scelta o assistita.

È anche un catalogo, questo rac-conto di Napoli, di possibilità di lin-guaggi teatrali, e non sarebbe il suoaspetto principale, se da ognuna di

quelle angolazioni, rese senza scenené costumi, non giungessero allospettatore stimoli elettrici, suggestio-ni che proseguono anche fuori del te-atro la loro azione di stimolo, di sor-riso come di rabbia. Ovvero quelloche il teatro dovrebbe sempre fare,per costituzione. Con la poesia di au-tori non a tutti noti come MaurizioDe Giovanni o Giuseppe Montesa-no, o con l’esplosione linguistica,meravigliosa e barocca, come la Lito-ranea di Enzo Moscato, un autoremolto importante per la Napoli dioggi, che forse nessuno riesce comeServillo a moltiplicare di senso e dipotenza. Una esperienza unica.

Mario GambaROMA

Come una voluttà celebrati-va. Di umori e modi di vi-ta «originari» o comunita-

ri. Il deep south degli Usa, la clas-se media creola, la chiesa dei ne-ri. Anche altro: vecchia Irlanda evecchia Inghilterra. In un climadi affermazione del melos e del-l’intimità. Tre stelle del jazz, diun genere, cioè, che ha talmentesuperato ogni connotato di gene-re da approdare all’indefinibile(e potrebbe essere un bene), simettono assieme sulla base acu-stica della musica per archi. Violi-no, violoncello contrabbasso. Re-troterra classico cameristico ma,soprattutto, una gran voglia din o s t a l g i e - b e n e l a b o r a t e ,s’intende– di saporifolk+gospel+blues. Con raccogli-mento e toni soft.

Mazz Swift è la violinista, To-meka Reid la violoncellista, SilviaBolognesi (nella foto) la contrab-bassista. Fusione di anime tradue afroamericane e un’italiana.Swift l’abbiamo ascoltata con l’or-chestra Burnt Sugar (soul-rock-free e altro) senza potercene fareun’idea precisa. Probabile che ilsuo vissuto musicale doni al triouna certa unità di stile. Ha suona-to con band irish-rock e ha tra isuoi amori musicali quel SimonJeffes fondatore della Penguin Ca-fe Orchestra che sedusse e divisei musicofili nei tardi ’70 con raffi-natezze tra l’etnico e il minimal.Ovviamente ha un backgroundclassico e ampie conoscenze del-la musica nera e del jazz.

Reid fa parte dell’Aacm di Chi-cago, è improvvisatrice free di va-glia e compositrice di esili tramepiuttosto romantiche. Bolognesiha un magnifico temperamentodi solista e conduttrice, innamo-rata di Mingus, di Ellington, diHodges, esperta di avant-garde.Il trio ha esordito con un cd dellaRudi Records intitolato Hear inNow e ora è in tournée in Italia. ARoma si esibisce al Blutopia, unnuovo locale del Pigneto. L’avviodel concerto è «informale» educa-to. Poi ci si inoltra in un territorioche si rivelerà tra i preferiti: uniso-no scandito, come di danza o dirito gentile, breve assolo piutto-sto gospel del violino.

Non si può dire che ci sia diffe-renza tra le tracce tematiche fir-mate Swift o Reid o Bolognesi. Lacomunione delle tre strumenti-ste-autrici intorno a questa ideadi musica da camera post-jazzi-stica con ricorso a lontane me-morie, al folclore, all’armoniaclassica europea, al ritmo jazzmai troppo accentuato, è totale.In un altro brano l’apertura è can-tabile e il sapore gospel assai for-te, il finale è invece in una polifo-nia free molto calcolata, con tuttii frammenti ben predisposti, lie-vi, disciplinati. È sempre Swift adare il mood quando unisce al vi-olino un canto dolcissimo, evoca-tivo di campi di cotone senzadrammi e senza fatica, solo no-stalgia. In assolo raddoppia le li-nee dei suoni un po’ come face-va Slam Stewart. C’è spazio persemplicissimi fugati, morbidi piz-zicati e per sortite un po’ più pro-fondamente blues di Bolognesi.Originali. Persino arcadiche, pe-rò.

CONCERTI

Musica per archil’arcadia del jazz

Francesca PedroniCREMONA

Èl’Apocalisse attribuita a San Giovanni il testo ispi-ratore di Suivront mille ans de calme, spettacolonutrito di visioni, firmato dal coreografo franco-

albanese Angelin Preljocaj, maestro della danza d’ol-tralpe dai primi anni Ottanta. 140 minuti di danza, unlungo viaggio per quadri che entra nei nostri giorni at-traverso un fluire di apparizioni. Nato nel 2010 per unacompagnia mista formata da ballerinidel Bolshoi e dai danzatori del BalletPreljocaj di Aix-en Provence, Suivrontmille ans de calme è stato rimontato dalcoreografo per i soli interpreti della suacompagnia ed è in questa veste che hadebuttato in prima italiana mercoledì alteatro Ponchielli di Cremona nella stagio-ne «La Danza» per approdare ieri con re-plica stasera agli Arcimboldi di Milano.

Un racconto per immagini che nonnarra una storia ma che traduce in un lin-guaggio prettamente coreografico il con-trasto tra il buio e la luce, tra la foga di esi-stere e di combattere e l’anelito a una pa-ce futura. Preljocaj affonda il suo sguar-do nell’Apocalisse a partire dal significato etimologicodella parola stessa, dal greco «apokalyptein», rivelare,far luce su qualcosa di nascosto. Un punto di vista cheper il coreografo ha comportato un pensiero sul corpodanzante come svelatore dell’umano travaglio, un cor-po che dà voce alla carne e allo spirito.

Musica techno di Laurent Garnier, scenografie chetrasformano oggetti presi dal quotidiano dell’artista in-diano Subodh Gupta, costumi dello stilista Igor Chapu-rin, Suivront mille ans de calme inizia con un quadro alfemminile, danzatrici in reggiseno e mutande color car-ne, corpi battenti, agguerriti, che finiranno per scivola-

re a terra sotto coperte di cellophane. Da questa sortadi glaciali tombe trasparenti, gli uomini, novelli Ada-mo, risveglieranno le compagne con una delicata dan-za d’amore. Il quadro successivo è un balletto ancora didonne: si appropriano dello spazio con segno geometri-co, tagliente, quasi asettico, pronte a duettare di nuovocon i maschi in un confronto battagliero di opposti.

Preljocaj alterna in tutto lo spettacolo quadri di grup-po a passi a due, ora angelici, come spesso quelli femmi-nili, ora più terreni, come quelli maschili, ora pieni di vo-

racità sessuale, come il duo uomo-donnadanzato contro il muro. Questa mobilità disegno e di sentire si arricchisce visivamentedi cambi di ambientazione e costume cheproiettano lo spettatore non in un viaggiocronologico dai tempi biblici a oggi, ma inun andare avanti e indietro tra le ere. Anda-mento che emerge lampante nel contrastotra la coreografia in corta gonna purpureadove tutti danzano con un libro tra le lab-bra (rimando al libriccino dell’angelo di cuiparla il testo) e il pezzo frenetico, ballato dauomini e donne dal gesto automatizzato.

Suivront mille ans de calme non lanciaprofezie, ma è indubbio che l’Apocalisse,basta rileggerla, palpita davvero nei quadri

più potenti dello spettacolo: i danzatori avvolti dallabandiere degli Stati del mondo ci riportano al «cantodella vittoria«, come il quadro finale, meraviglioso, dellavaggio delle stesse bandiere, accusa collettiva alleguerre tra i popoli, si lega a quel «beati coloro che lava-no le loro vesti» della parte finale. Preljocaj riscrive nelnostro tempo drammatico l’epilogo del testo, chiuden-do lo spettacolo con due agnellini in scena che cammi-nano sopra le bandiere stese a terra. Un’immaginesenz’altro spirituale, ma che può leggersi anche solo lai-camente, in modo terreno e concreto, come messaggioal mondo di pace e rinascita.

ARGENTINA · Toni Servillo «solo», un viaggio attraverso testi disparati degli ultimi due secoli

Napoli umana fragilità

teatrole novità

LE CIRQUE INVISIBLEDa stasera al 22 febbraio al Piccolo teatro Strehler di Milanoarriva «Le cirque invisibile» di Jean Baptiste Thierrée e VictoriaChaplin. Clown diversisissimi e complementari, propongonouno spettacolo tra marionette e marchingegni divertenti.

CARLO CECCHIDebutto il 23 febbraio per il dittico di Carlo Cecchi al teatroVascello di Roma (ore 21, domenica ore 17), con gli spettacoli«Abbastanza sbronzo da dire ti amo?» di Caryl Churchill e«Prodotto» di Mark Ravenhill.

Danza/ NUOVA COREOGRAFIA PER ANGELIN PRELJOCAJ

L’Apocalisse fra angeli e demoniaccompagnata da suoni techno

L’UNICO FILM CHE UNISCE L’ITALIA... A FORZA DI RISATE

MEDUSA FILM PRESENTA

AI CINEMA DI FIRENZETHE SPACE UCI - MARCONI

TONI SERVILLO/FOTO DI MARCO CASELLI NIRMAL. SOTTO QUADRO DA «SUIVRONT MILLE ANS DE CALME»/ FOTO DI GIANPAOLO GUARNERI

Page 13: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 13

Rai1 Rai2 Rai3 Rete4 Canale5 Italia1 La718:05 SEA PATROL Telefi lm Con

John Batchelor18:50 L’ISOLA DEI FAMOSI 9

- LA SETTIMANA Reality show Conduce Vladimir Luxuria

19:35 L’ISOLA DEI FAMOSI 9 Reality show Conduce Vladimir Luxuria

20:25 ESTRAZIONI DEL LOTTO 21:00 TG2 - 20.30 Notiziario

21:05 CASTLE - DETECTIVE TRA LE RIGHE Telefi lm Con Nathan Fillion, Stana Katic, Susan Sullivan, Ruben Santiago-Hudson, Molly C. Quinn, Jon Huertas, Seamus Dever

22:40 SABATO SPRINT Rubrica sportiva Conduce Sabrina Gandolfi e Paolo Paganini

23:25 TG2 Notiziario 23:40 TG2 DOSSIER Rubrica 00:20 TG2 STORIE - I RACCONTI

DELLA SETTIMANA Rubrica

17:00 DETECTIVE MONK Telefi lm Con Tony Shalhoub, Traylor Howard, Ted Levine

17:50 IERI E OGGI IN TV Varietà 18:00 PIANETA MARE

Documenti Conduce Tessa Gelisio

18:55 TG4 - METEO Notiziario 19:35 TEMPESTA D’AMORE

Soap opera

21:15 UN BOSS SOTTO STRESS FILM Con Robert De Niro, Billy Crystal, Lisa Kudrow, Joe Viterelli, Cathy Moriarty, Joey Diaz, Jerome LePage

23:20 IL PETROLIERE FILM Con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O’Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier, Colleen Foy, David Willis

01:35 TG4 NIGHT NEWS - METEO Notiziario

02:35 RAFFAELLA CARRÀ SHOW Show

15:30 VERISSIMO - TUTTI I COLORI DELLA CRONACA Attualità Conduce Silvia Toffanin

18:50 THE MONEY DROP Gioco Conduce Gerry Scotti

20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 20:30 STRISCIA LA NOTIZIA

- LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità Conduce Ezio Greggio e Michelle Hunziker

21:10 IL CODICE DA VINCI FILM Con Tom Hanks, Audrey Tautou, Jean Reno, Alfred Molina, Paul Bettany,, Ian McKellen

00:00 MAI DIRE GRANDE FRATELLO Varietà Conduce la Gialappa’s Band

00:45 TG5 NOTTE - METEO 5 NOTTE Notiziario

01:15 STRISCIA LA NOTIZIA - LA VOCE DELLA CONTINGENZA Attualità

18:00 LA VITA SECONDO JIM Telefi lm Con James Belushi, Courtney Thorne-Smith, Kimberly Williams, Larry Joe Campbell

18:30 STUDIO APERTO - METEO Notiziario

19:00 I PINGUINI DI MADAGASCAR Cartoni animati

19:30 ANT BULLY - UNA VITA DA FORMICA FILM Cartoni animati

21:10 CORALINE E LA PORTA MAGICA FILM Cartoni animati

23:00 HONG KONG COLPO SU COLPO FILM Con Jean-Claude Van Damme, Jet Li, Lela Rochon, Paul Sorvino, Rob Schneider, Russell Mael, Steven E. De Souza

00:50 STUDIO SPORT XXL Rubrica sportiva

01:50 POKER1MANIA Rubrica sportiva

19:03 IL PUNTO SETTIMANALE Attualità

19:27 AGRIMETEO Notiziario 19:30 TG3 Notiziario 20:00 IPPOCRATE Rubrica 20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI

Rubrica 20:57 METEO Previsioni del

tempo

21:00 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario

21:27 METEO Previsioni del tempo

21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1 Rubrica

21:57 METEO Previsioni del tempo

22:00 INCHIESTA 3 Attualità 22:30 NEWS LUNGHE DA 24

Notiziario 22:57 METEO Previsioni del

tempo 23:00 CONSUMI E CONSUMI

Rubrica 23:27 METEO Previsioni del

tempo

17:00 TG1 - CHE TEMPO FA Notiziario

17:15 A SUA IMMAGINE Rubrica religiosa

17:45 PASSAGGIO A NORD OVEST Documentario Conduce Alberto Angela

18:50 L’EREDITÀ Gioco Conduce Carlo Conti

20:00 TG1 Notiziario 20:30 RAI TG SPORT Notiziario

sportivo

20:35 62° FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA Evento Conduce Gianni Morandi con la partecipazione di Rocco Papaleo e Ivana Mrazova

00:00 TG1 60 SECONDI Notiziario

00:40 TG1 NOTTE - TG1 FOCUS Notiziario

00:50 CHE TEMPO FA Previsioni del tempo

00:55 CINEMATOGRAFO Rubrica Conduce Gigi Marzullo

17:45 MAGAZINE CHAMPIONS LEAGUE Rubrica sportiva

18:10 90° MINUTO - SERIE B Rubrica sportiva Conduce Alberto Rimedio

19:00 TG3 Notiziario 19:30 TG REGIONE - METEO

Notiziario 20:00 BLOB Varietà 20:10 CHE TEMPO CHE FA

Attualità Conduce Fabio Fazio.

21:30 APPALOOSA FILM Con Viggo Mortensen, Ed Harris, Robert Knott, Renée Zellweger, Jeremy Irons, Luce Rains, Tom Bower, Timothy V. Murphy

23:35 TG3 Notiziario 23:50 TG REGIONE Notiziario 23:55 UN GIORNO IN PRETURA

Attualità Conduce Roberta Petrelluzzi

00:55 TG3 Notiziario 01:05 TG3 AGENDA DEL

MONDO Rubrica

16:00 J.A.G. - AVVOCATI IN DIVISA Telefi lm Con David James Elliott, Catherine Bell, Patrick Labyorteaux, John M. Jackson, Chuck Carrington

17:50 BASKET COPPA ITALIA 2012 Evento sportivo

20:00 TG LA7 Notiziario

20:30 IN ONDA Attualità Conduce Luca Telese e Nicola Porro

22:30 ALVEARE DEL TERRORE FILM Con Shannen Doherty, Michel Francoeur, Jayne Heitmeyer, Sean Tucker, Charles Edwin Powell, Vittorio Rossi

00:20 TG LA7 Notiziario 00:30 M.O.D.A Attualità Conduce

Cinzia Malvini 01:15 STAR TREK V: L’ULTIMA

FRONTIERA FILM Con William Shatner, David Warner, Leonard Nimoy, Kelley DeForest

Rainews

VISIONI

Subsonica story alla radio

BILLIE HOLIDAY · Bycicle Music rileva i dirittiLa musica di Lady Day trova casa; la Bicycle Music Company, società editorialeindipendente con uffici a New York e Los Angeles, ha infatti acquisito insiemealle sue affiliate una parte importante degli interessi editoriali e discografici diBillie Holiday. E non si tratta nonostante dei pezzi interpretati nel corso dellacarriera della cantante (tra cui standard come «Strange fruit», «Lady sings theblues» o «Don’t explain») ma anche i diritti concernenti lo sfruttamento del no-me, del marchio e dell'immagine della cantante. In un comunicato il copresiden-te della società Steven Salm promette che la «Bicycle si impegnerà per trovarele opportunità più appropriate di diffusione della sua intera opera nel mondo».Creata nel 1974, Bicycle Music amministra i copyright di artisti come Nine InchNails, Marilyn Manson, Jefferson Airplane/Jefferson Starship, Cyndi Lauper, GlenBallard e Tammy Wynette.

BERLINALE · Fuori concorso il nuovo Tsui Hark. Questa sera le premiazioni

Se il western cappa e spadaincontra l’epica del 3d

Le origini dei Subsonica raccontata dai suoi protagonisti: SamuelRomano e Max Casacci diventano conduttori radiofonici per Ra-dio2 e in «SubStory», on air dal 20 febbraio al 2 marzo, dal lunedìal venerdì alle 19.50, ricordano, tra beat e torrenti elettrici, i luoghi(la Torino in piena trasformazione degli anni ’90), il percorso disco-grafico, le passioni musicali, i retroscena della vita in studio di regi-strazione… Ed ancora, il pulsare della nuova elettronica e il palconazionalpopolare del Festival, il rock alternativo, i concerti, le feste,le esperienze all’estero della band, e l’ultimo album, «Eden». Conuno sguardo che si allunga al futuro, ad altri 15 anni possibili diquesta bellissima storia musicale. I due artisti, dagli studi Rai divia Asiago, raccontano con parole e musica la storia dei Subsonicadagli inizi negli anni ’90 ad oggi, ripercorrendo gli aneddoti, le cu-riosità, il presente e il futuro di un gruppo che ha saputo toccarenuovi territori di ricerca, conservando un gusto spiccato per la co-municazione spontanea tipica del pop. Per festeggiare questa gran-de storia la band sarà in tour dal 21 aprile nei principali palazzettiitaliani (Mantova, Milano, Torino, Bologna, Roma) per una serie diconcerti-evento che mescoleranno i più recenti successi con le can-zoni del primo lavoro uscito esattamente 15 anni fa.

Cristina PiccinoBERLINO

Nei corridoi della Berlinale,dove lo sponsor Oreal distri-buisce smalti e lucidalab-

bra. non si parla d’altro: le dimissio-ni del presidente tedesco Wulff,hanno oscurato il gioco del «chivincerà?» l’Orso d’oro. Il festival fi-nisce oggi, con un prolungamentodi repliche domenicali per il pub-blico, la giuria presieduta dal regi-sta britannico Mike Leigh, assegne-rà in giornata i premi.

Che Berlinale è stata questa2012, la sessantaduesima? Qualitendenze e indicazioni a venite so-no emerse (se lo sono) dal primodell’anno tra i festival europei piùimportanti (Cannes, Venezia)? Lanecessità «politica» intanto di unracconto del presente, e la ricercadi immagini anche oblique che sap-piano renderlo immaginario. E so-prattutto una fortissima presenza«animale», di un’animalità (chenon è bestialità) come rappresenta-zione del mondo. Pensiamo a Po-stcard from the Zoo di Edwin (inconcorso), in cui nella cattività lacondizione di uomini e animali sispecchia. Fino all’estatico Bestiairedi Denise Coté – al Forum - con-templazione un po’ stucchevoleper la verità degli animali nel quoti-diano domestico. E Francine – an-cora Forum – uno degli hit della se-zione (sempre sold out) nel quale idue registi, Brian M. Cassidy e Me-lanie Shatzky, al primo film, si muo-vono nel paesaggio della provincianord americana del cinema indi-pendente, di «bianchi» poveri/trash, innestandovi la follia di Fran-cine, la protagonista, la premioOscar Melissa Leo, in un corpo acorpo con un personaggio senzaappigli sorprendente. Francine èuna donna che vive nelle case pre-fabbricate, che è stata in carcere, lavediamo nella prima scena sotto ladoccia con la secondina che lechiude l’acqua, e che raccoglie ca-ni e gatti e criceti tenendoli chiusitra le mura domestiche. Lavora

con gli animali, e lei stessa agisceseguendo l’istinto, sesso veloce,l’amore la spaventa, non sappia-mo niente se non questa sua follia,e non lo sapremo mai, la narrazio-ne si ferma su questo momentodella sua vita, non c’è un prima néun dopo, un passato da raccontareo un futuro da intuire. Il che è an-che la cosa più interessante delfilm (nella selezione del Forum).

C’è dunque in questo bestiariouna sorta di analogia in cui si supe-ra il confine umano/animale nellospazio domestico di una repressio-ne, di un controllo, della marginali-tà, della psicosi. Di rituali collettivipiù o meno necessari, assimilati eassimilabili, della comunità socialefuori dalla quale si diventa a ri-schio. E insieme una riflessione sul-l’addomesticamento del pensiero

nella logica di scambio economicoche comincia dal corpo – lavoroclandestino ecc – da un suo valoredi mercato scisso da emozioni e in-dividualità.

In chiusura è arrivato FlyingSwords of Dragon Gate (fuori con-corso) che ha conquistato il merca-to cinese – dieci milioni di dollariai botteghini - e sette Asian Awar-ds, in cui Tsui Hark riprende NewDragon Gate Inn, un film del 92 -ma come ha detto non si tratta diun remake - sperimentando per laprima volta il 3D. E con grande ele-ganza controlla l’incontro tra la tec-nologia e la visualità dinamica delsuo cinema, calibrando azione emovimento in modo perfetto. Lespade di Tsui Hark, e l’acrobaziaantica dei combattimenti di cappae spada hanno nel suo cinema unafisicità già quasi tridimensionale, ilrischio poteva essere quello di un

eccesso con l’effetto contrario, laperdita cioè della magia sensualedi quel movimento controllatissi-mo e intimamente cinematico. In-vece, appunto, Tsui Hark, che havoluto la collaborazione di ChuckComisky, supervisore degli effettivisivi in Avatar, «piega» il 3D alladanza delle sue spade, di gambe,occhi, dita, del nervosismo intimoche pervade qualsiasi oggetto nellesue inquadrature, e ci cattura qua-si rendendo visibile l’essenza stes-sa del movimento (cinema?). Nonè questione di «effetto specia-le».che è nella natura stessa del fil-mare di Tsu Hark, nell’invenzionedi un «genere» fuori dai generi, incui il western incontra l’epicaorientale, sincretismo magnifico dipolitica degli immaginari, sulla cuiscacchiera il piacere della vista, l’«avventura» disegnano la trama diuna filosofia del mondo fuori daltempo.

Siamo alla fine della dinastiaMing, un gruppo di eunuchi corrot-ti terrorizza il paese alleandosi conil Western Office, Jet Li, è il capodei ribelli che combattono gli usur-patori. Bene e male, amori e tradi-menti corrono sul filo delle spadela cui sfida riflette il mondo. Pote-re, economie, conquista, alleanze,i secoli remoti si mischiano al pre-sente, sono l’attualità delle manipo-lazioni rischio di ogni rivolta e guer-ra interna. Sontuoso e insieme es-senziale, questo nuovo lavoro diTsui Hark distilla il pensiero delcontemporaneo.

Davanti al Palazzo della Berlina-le, dal primo giorno, il viso sorri-dente di Jafar Panahi ricordava il re-gista imprigionato dal regime ira-niano. Sul sito della Berlinale c’è in-vece l’appello dei cineasti unghere-si, in forma di film collettivo, firma-to da Bela Tarr, un forte gesto di re-sistenza contro il governo di destrache sta distruggendo il cinema e lacultura: «Solo così possiamo nondiventare completamente invisibi-li» dice Bela Tarr che lo scorso an-no ha vinto l’Orso d’argento con Ilcavallo di Torino.

Roberto Peciola

IMarlene Kuntz a Sanremo...Forse più che un azzardo solouna sorpresa, ma una piacevo-

le sorpresa. Cristiano Godano, Lu-ca Bergia e Riccardo Tesio, i tremembri della rock band piemonte-se hanno infatti regalato il branomigliore a un festival sempre trop-po poco incline alle novità e agli az-zardi, appunto, almeno quelli mu-sicali, e soprattutto hanno regalatoal pubblico che ha seguito la ker-messe giovedì sera uno dei mo-menti più toccanti e artisticamen-te elevati nella storia del Festival.La loro esibizione al fianco di PattiSmith, con la quale hanno presen-tato la loro versione di Impressionidi settembre della Pfm (con un te-sto in inglese scritto appositamen-te dalla «Sacerdotessa del rock») eaccompagnato la grande artistaamericana in quello che forse è ilsuo brano più celebre, Because theNight. «Per noi è stato bellissimo eimportante il duetto con Patti Smi-th - ci ha detto al telefono Cristia-no Godano, vocalist, chitarrista eautore dei testi della band -. Cre-diamo di aver regalato al festivalun momento davvero emozionan-te, ma innanzitutto siamo riusciti aregalare a noi stessi una soddisfa-zione grandissima. In pratica ab-biamo raccolto i frutti di vent'annidi carriera; qualcuno mi ha dettoche in questi anni abbiamo lavora-to bene come musicisti, questoduetto evidentemente sta lì a con-fermarlo, ed è un motivo di grandeorgoglio».

I Marlene Kuntz non ce l'hannofatta a superare la fase eliminato-ria e la loro Canzone per un figlionon è stata ripescata, ma per ilgruppo il problema non si pone:«Abbiamo preso la nostra parteci-pazione a Sanremo come un diver-tissement, ci siamo goduti tutti gliaspetti che girano intorno a unevento come il festival, anche quel-li folkloristici. Ma non in manierasnob, tutt'altro. Ci siamo immersiin questa situazione con il massi-mo della serenità, e della rilassatez-za. Mentre molti nostri colleghi so-

no tesi perché sentono molto lacompetizione, per noi non è così,noi ce la godiamo e la prendiamocome un modo per farci conoscereda un pubblico più ampio di quel-lo cui siamo abituati. Qui ci si diver-te molto, si incontrano personaggiincredibili, eccentrici al massimo,addirittura famiglie intere che arri-vano da ogni parte d'Italia per 'es-sere al festival!'. Per farti capire ilnostro spirito, un fonico che lavo-ra qui da vent'anni ci ha detto dinon aver mai visto nessuno più se-reno e rilassato di noi...».

Il brano, una ballata delicatache si apre - nel classico stile Marle-ne Kuntz - in una botta elettrica etesa, a dispetto del titolo però nonè una vera e propria dedica a un fi-glio, il testo infatti prende spuntoda altro: «In effetti il mio intentonon era di dedicare una canzone aun figlio. Tutto nasce sull'ondacoinvolgente di quello che stavo fa-cendo, ossia un libro, un'opera nar-rativa sul senso della felicità che siintitola appunto Un incantevole so-gno di felicità. Mentre scrivevo im-maginavo potesse essere un otti-mo insegnamento per un ragazzoe per la sua educazione sentimen-tale alla vita, da lì è nato il testo delbrano. Si può essere felici con quel-lo che si ha e non andando alla ri-cerca di status symbol o di benimateriali».

SANREMO 62

Celentano arrivaa passo di cumbia.Nella serata finalela favorita è Emma

INTERVISTA · Dopo il duetto con Patti Smith

Orgoglio e divertimento,ecco i Marlene Kuntz

UNA SCENA DA «FLYING SWORDS OF DRAGON GATE» DI TSUI HARK

Sanremo ha già un vincitore,Patti Smith che insieme ai Mar-lene Kuntz ha illuminato giovedìsera l’Ariston e dimostrato anco-ra una volta la distanza abissa-le, musicalmente parlando, fra«paese reale» e «festival deifiori». L’altro vincitore morale èsicuramente Celentano, che hadiviso come non mai - bastafarsi un giro in rete per renderse-ne conto, ma ha movimentatodi fatto un edizione un po’ in-gessata. Stasera farà il bis, pro-ve blindate come di consueto,nulla è trapelato sul nuovo inter-vento solo il titolo di qualchecanzone, come «La cumbia»,scritta da Jovanotti per l’ultimoalbum dell’ex molleggiato, pro-babile anche un duetto con Mo-randi. Prevista «Svalutation»,state certi allora che si torneràa parlare di spread e default. Enon ci sarà argine a tenerlo,anche perché Morandi (che nonè più tanto sicuro di candidarsiper la terza volta alla conduzio-ne...) sa che le fortune (Auditel)del festival dipendono proprioda Celentano. Marazzo - «invia-to» da Lorenza Lei - ha promes-so di limitarsi a «controllare».Vedremo. Chi invece minacciaun vero e proprio blitz sono ilavoratori dello spettacolo delValle di Roma che accogliendo«l’appello» di Rocco Papaleo,annunciano l’intenzione di mar-ciare sull’Ariston. In un videopostato su web spiegano che«sta per accadere l’impensabi-le». Più composto Emiliano Zai-no, presidente del comitato Bo-logna Pride 2012 che chiude lapolemica dell’Arcigay contro glisketch dei Soliti Idioti e le battu-te di Morandi, invitando il con-duttore a intervenire al Gay Pri-de: «A Morandi non chiediamoadorazioni dal palco dell’Ari-ston, ma una mano concretaper la parità di diritti delle per-sone omosessuali: a giugno,partecipi insieme a noi al gaypride nazionale di Bologna».Cala il sipario su questa 62esi-ma edizione con i dieci artistirimasti in gara - ieri gli altri duebocciati a far compagnia a Mar-lene Kuntz e Irene Fornaciari - acontendersi la vittoria finale. Ibookmakers prevedono l’affer-mazione della ruggente Emmagriffata De Filippi che nella pas-sata edizione - insieme ai Modà- ci era andata vicino, ma nonsi escludono sorprese. E sem-pre gli scommettitori «consiglia-no» di prestare attenzione alledue coppie ripescate: Bertè/D’Alessio e Dalla/Carone. Oltreal secondo atto della Celenta-neide, arrivano anche GeppiCucciari e gli irlandesi Cranber-ries della rediviva DoloresO’Riordan. stefano crippa

WHITNEY HOUSTONI funerali della cantante americana si terranno oggi in una chiesa battista di Newark nel NewJersey. Interverranno Clive Davis, lo scopritore e produttore storico di Whitney Houston, DionneWarwick, Alicia Keys, l’ex marito Bobby Brown e Kevin Costner, che girò con lei The Bodyguard. Allacerimonia canteranno Aretha Franklin e Stevie Wonder. Diretta tv e streaming su web.

Nella sfida dei ribellinell Cina dei Ming,il regista distillauna filosofia del mondofuori dal tempo

Page 14: Un giornale da marciapiede

pagina 14 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

Ho fatto un sognoUna moltitudine di nomadi greci capi-tanati da Platone sono partiti da Pa-trasso per sbarcare a Brindisi. In quelporto migliaia di lavoratori, migrantinuovi proletari accolsero entusiasti ilsaggio, opportunamente ritornato tranoi, "scortato" da un esercito senzaarmi ma tenacemente convinto dellesue ragioni. L'orda attraversa l'Italiafino a giungere sul Reno. Nelle rivedel fiume europeo si raccolsero tutti inuovi proletari cresciuti a dismisura,frutto dei provvedimenti monetaristi eclassisti delle nuove élites europee egermaniche. Prima in Grecia poi intutta Europa in nome del patto distabilità queste politiche si trasforma-rono in una guerra sociale. Il tasso didisoccupazione toccò punte mai vistein tempi di pace. I vecchi fatti morirenelle proprie case perché l'assistenzaera "un lusso". Migranti rimpatriati aproprie spese. Il lavoro ormai mercesi poteva "comprare" nei market ap-positamente creati. In Italia si potevae doveva abolire l'art.18 in nome del-l'equità e di una maggiore occupazio-ne. Ma perché Platone? Beninteso ilfilosofo greco aveva capito che persalvare le città greche e la sua demo-crazia aveva l'urgente necessità di"riconquistare" la democrazia euro-pea. Il "nuovo popolo europeo" arriva-to a Bruxelles ebbe facile gioco dibanchieri, prezzolati e politicanti. Essinon furono licenziati né furono vittimedi inutili e odiose violenze. La "mala-sorte" li portò tutti ad essere dipen-denti con contratti a tempo indermi-nato (comprensivo di art. 18) constipendio a 1.000 euro al mese, "vit-to e allaggio" ma senza stiratura. Ivecchi prepotenti accolsero felici ledecisioni:contenti loro! Il ritorno dellemasse vittoriose nei rispettivi paesiavvenne in aereo. L'esercito greco(sempre senza munizioni) forte di unsapere antico sorvolò gli Appennini e

in prossimità del Gran Sasso videl'orrore, un intero territorio devastato,una splendida città sconvolta. Veloce-mente riuniti in un’agorà decretaronola rinascita immediata della città edel suo territorio (i commissari scom-parvero insieme ai candidati sindaci).Una democrazia assembleare e popo-lare fu incaricata di gestire le immen-se risorse. Il cantiere più grande d'Eu-ropa ebbe inizio. Subì un piccolo ral-lentamento per una copiosa nevicata.W il manifesto di Marx-Engels e...Pin-tor. Giuro che vi aiutiamo anche noisfigati dell'Aquila.Alfonso De Amicis Tempera

Felice di non essere mattaCari compagni, ho appena terminatodi leggere l'articolo di Guido Viale diieri. Sono molto felice, in questa valledi lacrime, di avere, ancora una volta,la conferma che non sono "matta" eche ci sono, ci sono veramente alter-native a questo modo tutto "capitali-stico" di governare il sistema. Grazieancora per i vostri articoli, non dovran-no mai mancarci. In bocca al lupoper la campagna 1000X1000 e pertutte le possibilità che ancora resta-no!Patrizia Paci

Strano paese il nostroIl parlamento ieri ha di nuovo votatocontro l’arresto di un suo deputatoche dovrebbe rappresentare le istitu-zioni, la legalità; nei giorni scorsi lacorte di Cassazione ha stabilito cheper i procedimenti per violenza ses-suale di gruppo, il giudice non è piùobbligato a disporre o a mantenere lacustodia in carcere dell’indagato: in-tanto dal 26 gennaio scorso nellacasa circondariale di Marassi è dete-nuto un giovane ligure, residente aGenova, accusato degli scontri avve-nuti il 3 luglio in Val di Susa in occa-sione di una manifestazione indettadal movimento No Tav. Non voglioparlare dell’assurdità dell’arresto, adistanza di sette mesi, con una irruzio-ne all’alba nella sua abitazione, co-me fosse un pericoloso affiliato dellecosche mafiose che imperversanonella nostra Regione, da levante aponente, e neppure delle qualità diGabriele, del suo spirito di solidarietàverso i più deboli e delle passioniche lo accomunano ad altri giovani,spesso considerati “cattivi"perché sifanno sentire ogni qualvolta ritenganodi vedere nella società delle ingiusti-zie, e non voglio neppure parlare diquesta forsennata determinazione

da parte del giudice Caselli nel perse-guire il movimento nato attorno allepopolazioni della Val di Susa piutto-sto che nel verificare, lui giudice antimafia, infiltrazioni mafiose negli ap-palti che ruotano attorno ai cantieri,senza peraltro valutare se la reazionecosì violenta è stata proprio per “rea-zione” ad attacchi indiscriminati dilacrimogeni e gas (visto l’alto numerodi forze dell’ordine ricoverate per au-tointossicazione); vorrei solo chiederealla stampa cittadina: qual è il mec-canismo che ha fatto scattare il silen-zio tombale sulla detenzione del gio-vane Filippi? Eppure le testate localisono sempre così prodighe ad infor-marci su furtarelli, gossip, calcio mer-cato e chi più ne ha più ne metta manon una parola (a parte un’edizionelocale del levante on line) sulla con-ferma del riesame all’arresto. E, casostrano, lo stesso giorno esce la sen-tenza del Tribunale di Torino che con-danna ben 26 persone per aver mani-festato (nel 2009!) contro il G8 del-l'Università: è da sottolineare chenella sentenza è specificato che glistessi non sono imputati nel procedi-mento degli scontri, ma avevano ilvolto coperto (forse per evitare di re-spirare gas?). Qui prodest? Non saràun tentativo di spaventare con l’inten-to di reprimere la libertà a manifesta-re? L'ignoranza fa sempre paura ed ilsilenzio è uguale alla morte.Gabriella Boero Genova

Alluvionati doc e noAl Festival di Sanremo, nota manife-stazione canora italiana, viene istitui-to un numero di raccolta fondi soloper gli alluvionati di Genova e la Spe-zia, senza minimamente ricordare omenzionare, anche con una sola paro-la, quelli che hanno subito l'alluvionedella provincia di Messina e dellealtre città. Si tratta di una discrimina-zione e la vorrei denunciare pubblica-mente.Serena Leotta

Sosteniamo AteneGrazie a Marco d'Eramo per il sensoumano ancora prima che politico delsuo articolo ("Atene è sola", il manife-sto 14/2). E grazie al manifesto. Datempo mi angoscio da solo per latragedia del popolo greco. Stante lasituazione, non potrebbe il manifestofarsi promotore di una campagna disolidarietà? Forse il popolo di sinistra(ma sì) non è così sordo e cieco co-me le sue direzioni.Luigi Viglino Torino

L’incendio della GreciaVivo in un villaggio del Peloponnesoe qui l'incendio non è ancora arriva-to, anche perché tutti hanno un orto,bestie, ulivi e possono sopravvivere -male - ma sopravvivono. Come nellealtre zone rurali (ma metà della popo-lazione è nelle poche grandi città,dove, senza lavoro, fa la fame o qua-si). L'incendio della Grecia è moltopiù vasto degli edifici incendiati diAtene (è riduttivo e fuorviante il di-scorso sulle violenze dei black bloccome fatto marginale). La rivolta so-ciale generale è vicina, molto vicina,nonostante la grande tolleranza esopportazione dei greci. È un popolointero che reagisce (male, inevitabil-mente) alle umiliazioni, alla prepoten-za della Germania "uber alles", all'in-sipienza o al disegno economico de-gli "aiuti" europei (meglio chiamarlicol loro nome "strozzinaggio"). Senzaignorare che da Maastricht in poi, igoverni greci (soprattutto di destra)hanno truccato i conti, senza tacereche l'Europa ha dato soldi senza con-trolli, abituando i greci a vivere al disopra delle loro possibilità, a cemen-tificare e svendere le loro coste, gliuliveti, ecc.. Ma deve essere chiaroche la responsabilità più grande èdella Germania (e dei cosiddetti stativirtuosi Olanda, Finlandia, Francia):voglio vederli venire qui questa esta-te, a farsi le vacanze quasi gratis. Misa che tanti turisti nord-europei sifermeranno in Croazia o in Italia, peril clima ostile che si respira qui versodi loro. A sinistra dicono basta, uscia-mo (se non dall'Europa, dall'euro) equesto sta entrando anche nella te-sta della gente non schierata (alleelezioni di aprile - se ci si arriva - cisarà certamente una grande avanza-ta delle sinistre). Anche perché nonc'è alternativa, se continua l'atteggia-mento dei tedeschi, per pagare unminimo di stipendi, pensioni, medici-ne, in mancanza di euro, lo statosarà costretto a battere altra mone-ta, la dracma. Infine non va sottova-lutato il rischio per la democrazia(già denunciato, mesi fa, dal presi-dente della Repubblica ellenica) perun paese che ha ancora vicino il ri-cordo della Junta dei colonnelli (conmolte simpatie nella polizia e nel-l'esercito) magari con una riedizionecamuffata. Anche per questo il Kkese ne sta attento e separato da altremanifestazioni più o meno sponta-nee, più o meno infiltrate.Marzio Campanini Grecia

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CAMPANIASabato 18 febbraio, ore 18.30IL RITO RITROVATO Presentazione de «Ivesuviani», un racconto per immagini di PinoMiraglia e Lucia Patalano con l’introduzione diPietro Gargano e letture di Alessandra Borgiatratte da «Napucalisse» di Mimmo Borrelli.■ Biblioteca di Villa Bruno Via Cavalli diBronzo 20 San Giorgio a Cremano (Na)

EMILIASabato 18 febbraio, ore 17.30NO AL CARBONE In occasione della mobili-tazione nazionale contro il carbone, e delleiniziative a favore del protocollo di Kyoto, Le-gambiente organizza a Ferrara, l'Aperitivo «Noal Carbone»!: un momento di confronto suimotivi dell’opposizione alla strategia energeticabasata su fonti fossili. In quest'ottica è indi-spensabile fermare il progetto di riconversionea carbone della centrale di Porto Tolle, situataall'interno del Parco del Delta, puntando sullaproduzione di energia elettrica da fonti pulite erinnovabili. Se ne parla insieme a cittadini,amministrazioni ed esperti del settore.■ Bar Tiffany, piazza del Municipio 24Ferrara

LOMBARDIALunedì 20 febbraio, ore 18GIUSTIZIA Presentazione del libro «Assaltoalla giustizia» di Gian Carlo Caselli. Insiemeall’autore intervengono: Nando Dalla Chiesa,Armando Spataro. Coordina Lorenzo Frigerio,referente Libera Lombardia. Ingresso libero■ Libreria Feltrinelli, piazza Duomo,Milano

PUGLIASabato 18 febbraio, ore 18.30PICCOLI PROFUGHI Arci Biblioteca di Sa-rajevo di Maglie e Arci Liberi Cantieri di MuroLeccese presentano il libro «Piccoli profughi.Narrazioni di esclusioni e accoglienze» di Ales-sandro Santoro ed Edison Duraj. Gli autoridialogheranno con la giornalista Giuliana Cop-pola; sarà presente anche l'editore AntonioRollo, delle Oistros Edizioni. Presenterà e coor-dinerà il dibattito Paola Cillo, presidente di ArciBiblioteca di Sarajevo. Durante l’incontro saran-no anche illustrati i nuovi progetti editoriali diOistros Edizioni.■ Palazzo del Principe, piazza del Popo-lo, Muro Leccese (Le)

SICILIASabato 18 febbraio, ore 17MITO E FEDERALISMO Tavola Rotonda sultema «Autonomia Siciliana tra Mito e Federali-smo», organizzata dall’Associazione CulturaleIconos presieduta dalla Professoressa LauraPulejo, in collaborazione con il Comune diSpadafora gestore del Castello, il SindacoGiuseppe Pappalardo e l’Assessore alla CulturaAntonio D’Amico.■ Castello Spadafora, Messina

TOSCANASabato 18 febbraio, ore 15LA VERITÀ NASCOSTA A due mesi di distan-za dall'incidente del cargo Venezia, continua ilballetto delle versioni fornite dalla compagniae dalle autorità. L'unica cosa certa è che nelnostro mare ci sono almeno 40 tonnellate dirifiuti tossici che se non verranno recuperatiprovocheranno un disastro. Per chiedere laverità su quanto avvenuto a bordo del cargo,l’immediata rimozione dei bidoni tossici atotale carico della Grimaldi e le dimissioni deifunzionari incapaci e del sindaco di Livorno,viene promossa una manifestazione oggi aLivorno.■ Ritrovo in piazza Civica, Livorno

Le segnalazioni vanno tutte inviate all’in-dirizzo e-mail: [email protected],altri appuntamenti li trovate cliccando suwww.ilmanifesto.it/eventi/

COMMUNITY

il manifestoCAPOREDATTORI

marco boccitto, micaela bongi,michelangelo cocco, sara farolfi, massimo

giannetti, giulia sbarigia, roberto zanini,giuliana poletto (ufficio grafico)

DIR. RESPONSABILE norma rangeriVICEDIRETTORE angelo mastrandrea

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEPRESIDENTE valentino parlatoCONSIGLIERI miriam ricci,emanuele bevilacqua, ugo mattei,gabriele polo (dir. editoriale)

VERITÀ NASCOSTE

Sulla pelle dei bambiniSarantis Thanopulos

lele

ttere

Tra le molte conseguenze, la crisi in attoha avuto anche quella di aumentare ledifficoltà in cui si dibatteva già da tem-

po il sistema della grande e medio-grande im-presa italiana. Così diversi gruppi nazionali so-no stati acquisiti dal capitale straniero, men-tre altri minacciano di esserlo, altri ancorastanno passando attraverso faticosi processidi ristrutturazione[...]. Infine, qualcuno, comela Marcegaglia, ha visto bloccata all’improvvi-so una marcia alla crescita che sembrava inar-restabile […]. La Marcegaglia, nel periodo1998-2007, ha visto le sue dimensioni crescererapidamente, sino a raggiungere sostanzial-mente, almeno come livello del fatturato, la ta-glia delle principali protagoniste del settore[…]. Tale crescita è a suo tempo avvenuta siaattraverso dei processi di espansione dall’in-terno, sia soprattutto con una rilevante attivi-tà di acquisizione di imprese del settore chegettavano progressivamente la spugna […].Così nel 2007 la sua cifra d’affari aveva rag-giunto i 4,2 miliardi di euro circa, con una cre-scita media del 18% all’anno nel periodo2002-2007, mentre anche il numero degli ad-detti e i profitti aumentavano senza posa […].Ma la crisi ha subito rivelato la fragilità di taleandamento. Così nel 2009 il fatturato è crolla-to a 2,7 miliardi, mentre il 2010 ha visto una ri-presa anche se la cifra d’affari, a 3,8 miliardi dieuro, era ancora inferiore a quella del 2007. Ilcrollo è da mettere in relazione sia con una ri-duzione delle quantità vendute che dei prezzirelativi […].Le difficoltà strategiche dell’azien-da si riflettono sulla struttura dei suoi costi edei suoi ricavi e più in generale sui suoi risulta-ti economici e finanziari. Il gruppo, dopo chenel periodo precedente otteneva utili significa-tivi, dal 2008 in poi non guadagna più […]. Trale cause delle difficoltà, stanno, da una parte,la maggiore incidenza dei costi fissi sul risulta-to finale di fronte ad un fatturato ridotto, dal-l’altra certamente l’aumento dei costi dellematerie prime, che non si è riusciti a scaricareinteramente sui prezzi dei prodotti finali […].Con l’avvio della crisi, in particolare dal 2010in poi, anche il clima interno all’azienda si èdeteriorato e l’impresa ha cominciato a dialo-gare con le sole rappresentanze sindacali di li-vello aziendale, trascurando quelle a livello dicoordinamento sindacale, passando poi a ri-chiedere di inquadrare i nuovi assunti di varistabilimenti del gruppo, e per un periodo disei anni e mezzo, con salari di ingresso moltopiù ridotti rispetto a quelli normali. La Fiomha rifiutato tale ipotesi mentre gli altri sindaca-ti si sono dichiarati alla fine d’accordo. L’im-presa mostra così di tendere a dividere le rap-presentanze dei lavoratori e a cercare di con-centrare l’attenzione sul problema del costodel lavoro, quando in realtà i temi di fondo po-sti dalla crisi sono ben altri […]. Le vicende del-la Marcegaglia appaiono abbastanza rappre-sentative di quelle di tante altre imprese nazio-nali di dimensioni produttive più o meno rile-vanti. Cresciute molto negli anni “facili”, essesi ritrovano ora, con la crisi, da una parte conuna presenza internazionale largamente insuf-ficiente, dall’altra con le difficoltà ad inserirsinelle fasce di mercato più ricche ed avanzate,mentre mostrano anche un management difrequente non adeguato ai compiti nuovi […].Invece di affrontare tali problemi, molte im-prese trovano più semplice prendersela con ilavoratori e le loro rappresentanze, apparen-do ossessionate in particolare dalla questionedel costo del lavoro, quando le loro difficoltàsi trovano invece dal lato dei ricavi piuttostoche da quelli dei costi…

(Versione integrale su www.sbilanciamoci.info)

* Vincenzo Comito è autore di Gruppo Mar-cegaglia. Un’analisi critica (Edizioni dell’Asino2012)

Un tribunale francese (Lille) ha condan-nato Sophie Robert, regista di un docu-mentario sull'autismo, a risarcire trepsicoanalisti da lei intervistati e ha mes-so al bando l'opera nel territorio france-se. Il 12 febbraio, Gilberto Corbellini su"Il Sole-24" ore ha definito la decisione«verosimilmente un atto politico», «unodioso attacco alla libertà di espressio-ne». Secondo Corbellini, la lobby psicoa-nalitica impedisce con la sua influenza,culturale e politica, una cura adeguatadell'autismo «disturbo neurologico conbasi genetiche che dipende da un'orga-nizzazione disfunzionale del cervello».Del potere politico degli psicoanalisti,in Francia o altrove, non se n'è accortonessuno e, inoltre, i giudici francesihanno condannato Robert perché avevatagliato e manipolato le interviste. Cor-bellini difende dichiaratamente la psico-

logia cognitivo-comportamentale statu-nitense che vorrebbe che desideri, emo-zioni, affetti, sentimenti fossero codifica-ti secondo parametri di funzionamentocerebrale e curati con la somministrazio-ne di schemi comportamentali. Il suo èun intervento piuttosto scomposto (sela prende in modo sguaiato anche conla cultura francese) che poco si interes-sa dei bambini autistici, usati strumen-talmente per attaccare coloro che nonsi allineano al "mondo anglosassone",entità fantastica nella quale vive. Inrealtà nessuno sa cos'è esattamentel'autismo. Non esiste prova, degna di

questo nome, che sia un disturbo neuro-logico di natura genetica (il che nonesclude che nel futuro ci possa essere).Nel campo psicoanalitico fenomeni auti-stici in pazienti non autistici sono statistudiati in modo approfondito ma l'ap-proccio diretto alla questione è proble-matico e le ipotesi avanzate sono infe-renze (come quelle neurologiche). Re-sta un fatto sconcertante: questa meno-mazione della possibilitá di essere inrelazione con il mondo è piuttosto irre-parabile sia se la consideriamo di natu-ra psichica (perché il danno sarebbemolto precoce) sia se le attribuiamo

un'eziologia genetica o mista. Ciò do-vrebbe suggerire un po' di modestia pernon farsi la guerra sulla pelle dei bambi-ni e delle loro famiglie ma l'eserciziodel dubbio (a cui il contatto con la sof-ferenza obbliga) è poca cosa per chiassocia ad ogni vissuto umano un datocromosomico. L'attenzione al dolore deigenitori è importante. L'accusa che glianalisti colpevolizzano i genitori è gros-solana e ingiusta. I fallimenti dei genito-ri sono inevitabil. Servono ai figli percrescere ma li fanno anche, a loro vol-ta, fallire. L'origine del dolore che ciabita è il prodotto di situazioni non in-

tenzionali, anonime, di congiunture e dicoincidenze. Inquadrare i luoghi internidel nostro malessere non serve a distri-buire colpe improbabili ai nostri genitorima per poterlo curare. I genitori deibambini autistici si sentono in colpaperché è difficile accettarli e vivere conloro. Aiutarli a trasformare il senso dicolpa e l'odio (che sono componentidell'amore) in senso di responsabilitàprofondo e autentico nei confronti del-l'umanità irriducibile di questi figli spe-ciali è la condizione necessaria per illavoro di cura. Perché anche se il con-tatto con l'ambiente è problematico, ilsentire dei bambini autistici può esserericco e se gli operatori (di cultura psico-analitica e non) riescono a fare del loromeglio, lontano da assunti ideologici,almeno un po' di gioia di vivere riesco-no a consentirla.

chiuso in redazione ore 21.30

tiratura prevista 63.700

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sbilanciamoci.INFOCrisi economica,il caso Marcegagliae le imprese italianeVincenzo Comito*

Page 15: Un giornale da marciapiede

SABATO 18 FEBBRAIO 2012 il manifesto pagina 15

Atene brucia, borse in rialzo, spread indiminuzione, euro si rafforza. Questala sequenza che scorreva freddamente

nei sommari dei giornali on line e nei bannerdei notiziari all’indomani della domenica difuoco in Grecia. Qualcuno precisava: i violen-ti scontri di Atene non preoccupano i merca-ti, né i funzionari della Troika che, neancheper un solo giorno, usano la prudenza di tace-re il fatto che presto esigeranno ancora e an-cora di più. Il bastone si ab-batte, colpo dopo colpo, sulcane che affoga. Disoccupa-zione alle stelle, crollo degliintroiti fiscali dello Stato elle-nico (la sola Iva ha perso il18,7%), decine di migliaia dilicenziamenti, pensioni e sa-lari minimi da fame, servizifalcidiati, anni di spaventosarecessione di fronte, è que-sta la lieta novella attesa daimercati finanziari: il denarova lì dove deve andare, a re-munerare le rendite, pagaregli interessi. Non solo nonpreoccupano i roghi di Ate-ne, tutt’altro, rabbia e dispe-razione stanno semmai a di-mostrare che il governo gre-co fa sul serio nell’eseguiregli ordini europei. Tanto danon escludere che qualchedecina di morti possa addirit-tura spingere ulteriormentein alto i listini della borsa, raf-forzare la moneta europea efavorire la rielezione dellacancelliera Merkel. Che l’ac-cumulazione del capitalepassasse attraverso immaniprocessi di distruzione (guer-re comprese) non è certouna novità. La Grecia, tutta-via, ci mostra in tempo di pa-ce, in presa diretta e in for-ma, per così dire concentra-ta, il procedere parallelo del-la distruzione delle condizio-ni di vita di una intera popo-lazione con la salvaguardiadella redditività dei capitali.Ed esplicita, senza equivoci,come questo non possa avve-nire che attraverso un dispie-go estremo di violenza. Quel-la che detta le condizioni divita e quella che reprime co-loro che le rifiutano. Mentresi è fatta ormai opinione diffusa tra gli stessicantori della disciplina economica che il gio-go imposto ai cittadini greci non potrà scon-giurare la bancarotta, semmai consentirà diguadagnare tempo. Quale tempo e per chi? Iltempo di minimizzare il danno per gli investi-menti speculativi sul debito sovrano di Ate-ne, di mettere in sicurezza gli istituti bancarie di terrorizzare a dovere le economie menovirtuose dell’eurozona. Non per tutti il tem-po è denaro. Per i cittadini greci il default ces-sa di rappresentare un evento, catastrofico oliberatorio che sia, per divenire una condizio-ne di vita permanente, una lunga e lucrosaagonia a vantaggio dei mercati finanziari.

Di fronte a questo agghiacciante scenario,due stucchevoli ritornelli, non privi di un cer-to seguito popolare soprattutto in Germania,accompagnano lo strangolamento della Gre-cia. Il primo recita: «vivevano al di sopra del-

le proprie possibilità ed era inevitabile cheprima o poi dovessero saldare il conto». Checosa significa vivere «al di sopra delle propriepossibilità»? Forse i 461 euro mensili oggi ri-dotti a 359 del sussidio di disoccupazione per-cepito da non più di un terzo dei senza lavo-ro? Forse i miseri salari minimi garantiti, oggiridotti del 20 per cento, o gli scadenti servizisociali ellenici? Laddove esista un enorme di-vario tra la ricchezza di pochi e l’immiseri-mento dei molti affermare che una popola-zione vive al di sopra delle proprie possibilitàè una vera e propria infamia. Il clientelismo,il sommerso, la corruzione sono strettamen-te connessi con questo divario, con il poteredi ricatto esercitato dal potere finanziario. Enon è certo un mistero che tra gli effetti dellacrisi, e della sua terapia secondo la Troika, fi-guri ai primi posti proprio l’inasprimento diquesta polarizzazione. Converrebbe piutto-

sto cominciare a chiedersi se non siano inve-ce le rendite finanziarie (nazionali e interna-zionali) a gonfiarsi aldilà da ogni logica possi-bilità. Se insomma non siano i mercati , misu-ra e giudici di ogni cosa, a pretendere l’impos-sibile. Non è bastata la ricchezza immagina-ria dei titoli tossici a chiarire chi vive «al di so-pra delle proprie possibilità»? A meno di ras-segnarsi a riconoscere al capitale finanziariopossibilità illimitate. E se abbiamo a che fare

con l’Onnipotente tanto valealzare le mani.

Il secondo ritornello sal-modia: «Avete eletto unaclasse politica corrotta e truf-faldina che truccava i contied elargiva favori. Ora ne pa-gate le conseguenze». Un di-scorso non dissimile da quel-lo indirizzato all’Italia del Ca-valiere. Fatto sta che è conquella stessa classe politica epolitico-affaristica, affianca-ta per il momento da tecno-crati fedeli alle ragioni dellarendita, che i poteri forti eu-ropei trattano e si accorda-no. Con una classe politicageneticamente più vicina al-la logica dei mercati finanzia-ri e al rispetto della gerar-chia dei poteri che alle ragio-ni dei cittadini greci in rivol-ta. Mantenuta in vita, aldilàda ogni residuo di rappresen-tanza ormai travolto dal-l’esaurirsi del carburante del-la corruzione, dagli stessifunzionari globali che mo-strano di volerla bacchetta-re. In realtà è solo la fontedella corruzione a distingue-re, neanche troppo netta-mente, la casta dei politicida quella dei banchieri e deiprofessori. La prima rispon-de ai bisogni di un potereclientelare e manipolatore ea un’idea dello stato comesorgente di ruoli immarcesci-bili e relativi privilegi, la se-conda alle pretese di redditi-vità e assoluta libertà di movi-mento di un capitale finan-ziario del quale si nutre e dalquale dipende in tutto e pertutto, in termini di potere edi identità. I più abili transita-no dall’una all’altra o man-

tengono il piede in due staffe. Bruxelles e Fran-coforte non predicano certo la rivoluzione, néle istituzioni europee hanno mai inteso seria-mente contrastare l’autoritarismo, talvoltanon privo di tratti fascistoidi, che va afferman-dosi (vedi il caso dell’Ungheria, rea tutt’al piùdi voler mettere le mani della politica sullaBanca nazionale) in alcuni paesi europei. Alcontrario. Quando si tratta di imporre politi-che di austerità l’autoritarismo torna semprecomodo così come una sovranità nazionalededita alla repressione. Salvo aprire l’oscuraprospettiva di una uscita da destra dall’Unio-ne europea e dai suoi non eccelsi standard de-mocratici sotto il segno di un torvo nazionali-smo. Pazienza. Che il liberismo non abbia piùnulla a che spartire non solo con i diritti socia-li ma neanche con le libertà politiche è unaevidenza talmente ovvia da render tedioso ildoverla ancora una volta ricordare.

Luigi Onori

Non so quanti sappiano che in Italiacentinaia di studenti di musica fre-quentano i corsi di jazz nei conser-

vatori (corsi equiparati all’università, contrienni e bienni), che pagano rette a partiredagli ottocento euro annui e che la loro pre-senza (ed il loro gettito) ha immesso nuovalinfa ed attenuato la crisi di numerose isti-tuzioni musicali, peraltro alle prese con unproblematico “nuovo ordinamento”. L’iterche ha portato il jazz nei conservatori è sta-to complesso, più che ventennale: è partitodalla consultazione di tre “saggi” (GiorgioGaslini, Gerardo Iacoucci, Ettore Ballotta)nel 1990 da parte del Ministero della pub-blica istruzione per discutere su un corsojazzistico riconosciuto e gestito dallo stato.Dalla proposta originaria (settembre ’90) cisono stati numerosi passaggi legislativo-amministrativi: nel ‘95 erano diciannove iconservatori con cattedre di musica jazz,oggi sono molti di più e, in alcuni casi, fun-zionano dei dipartimenti.

Quello che ancor meno si sa è che lamaggior parte dei docenti sono esterni e acontratto e costituiscono una forza lavoroartistico-intellettuale precaria che dal gen-naio 2011 si è, almeno in una sua parte, or-ganizzata nel Coordinamento nazionaledocenti jazz (Cndj) il cui animatore e segre-tario è il batterista e compositore napoleta-no Salvatore Tranchini. Dopo altri incontria Napoli e Ferrara, il Cndj si è dato appun-tamento il 15 febbraio scorso a Roma (pres-so il jazz club Be-bop) per discutere una se-rie di punti con Giorgio Civello, direttoregenerale dell’Afam (Alta formazione musi-cale e coreutica, nell’ambito del Miur). L’in-contro è saltato, verrà ricevuta dal diretto-re una delegazione del Cndj ma è comun-que servito per mettere a punto esigenze estrategie. Le quattro aree generali che il Cn-dj vorrebbe discutere riguardano i docentia contratto (assenza di criteri generali perla valutazione uniforme dei titoli artistici;mancanza di contratti triennali e quin-quennali che salvaguarderebbero la conti-nuità didattica; tendenza al ribasso nel pa-gamento ed inserimento di regimi forfetta-ri); supplenze annuali (il blocco degli orga-nici dei conservatori rischia di trasformarsiin “precariato a vita”); autonomia diparti-mentale (jazz e musiche ‘altre’ come in va-rie nazioni europee); titoli (oggi il titolo distrumento jazz non permette l’inserimen-to nelle graduatorie di strumento nellescuole medie).

Il Coordinamento, inoltre, vorrebbe ave-re maggiore visibilità (si stimano almenoduecento tra militanti e simpatizzanti) edandare in un prossimo futuro ad un incon-tro con il Cnam (Consiglio nazionale perl’alta formazione artistica e musicale) e conla Conferenza dei direttori dei conservatori.La materia e la partita sono complesse e an-drebbero inserite in una riflessione/strate-gia generale, vista l’assenza di un’adeguata(ed aggiornata) legge sulla musica, la man-canza di provvedimenti favorevoli alla musi-ca dal vivo, l’assimilazione dell’Enpals (en-te previdenziale per “lavoratori dello spetta-colo”) da parte dell’Inps, la ridefinizione at-tuale dei compiti di Siae e nuovo Imaie (intema dei diritti di autori ed interpreti). Il tut-to alla luce di una verifica sulla reale presen-za della formazione musicale nell’insiemedella scuola italiana. Intanto il Cndj ed ilsuo segretario reagiscono a scetticismo edisolamento nel tentativo di mettere a fuocoproblemi e definire obiettivi di “lavoratoriatipici”, fare richieste sindacali e politiche,dare al jazz - ai suoi docenti ed allievi - pie-na dignità ed un futuro meno incerto.

COMMUNITY

Milli Virgilio

Ritorniamo sulla sentenza di Cas-sazione n. 4377 (violenza ses-suale di gruppo e misure caute-

lari coercitive che limitano la libertàpersonale prima della sentenza defini-tiva) e sui relativi commenti.La pro-spettazione che avete ospitato ("Vio-lenze sessuali e mafiose" di SarantisThanopulos il manifesto 11/2) esigeprima una precisazione e poi un rilan-cio. Non vi è qui contrapposizione traCassazione e Corte costituzionale. Sela Consulta (sentenza 265/2010) nonconteneva alcun riferimento alla vio-lenza di gruppo è perché la questionenon le era stata sottoposta, e non per-ché nella decisione tale forma di delit-to fosse stata differenziata rispetto allaviolenza individuale e monosoggetti-va. D’altronde la prospettazione dicause, modi e effetti della violenza ses-suale, in quanto volta a dimostrare lavalidità di una assimilazione tra vio-lenze sessuali e violenze mafiose perla loro pericolosità sociale, porta benoltre il discusso tema del trattamentocautelare carcerario (prima della sen-tenza definitiva di condanna) e inve-ste tutti i casi di violenza maschile,non solo sessuale e non solo di grup-po. Ma il problema è proprio qui: intermini di politica del diritto e di liber-tà femminile.

Il Governo, per rendere più duro iltrattamento per gli autori di violenzesessuali non aveva messo mano a unariforma specifica e dedicata, ma, colpacchetto sicurezza Maroni-Carfa-gna, aveva operato all’interno dellenorme speciali previste per i delitti dimafia. Aveva così dovuto operare unadoppia parificazione, la prima tra laviolenza sessuale base e la violenza digruppo (e altri reati a sfondo sessuale)e la seconda tra questi e i delitti di ma-fia (associazione di tipo mafioso e de-litti posti in essere con metodi o per fi-nalità mafiose). Pertanto stupro sem-plice, stupro di gruppo, prostituzioneminorile, pornografia minorile, turi-smo sessuale assunsero il trattamentosevero riservato alla mafia. Ma in no-me del bene collettivo “sicurezza pub-blica”.

Infatti tutte le novità legislative delprovvedimento Maroni-Carfagna (tracui lo stalking) furono intitolate alla si-curezza “pubblica”, giustificando la“straordinaria necessità e urgenza” -indispensabili per scavalcare il Parla-mento - con “l’allarmante crescita diepisodi collegati alla violenza sessua-le” (assunto indimostrato per mancan-za di un Osservatorio nazionale). Epensare che faticosamente avevamospostato la collocazione della violenzasessuale entro il bene giuridico indivi-duale della “persona”, sganciandolodal bene collettivo della moralità pub-blica e del buon costume!

Non possiamo allora meravigliarciche fosse poi dichiarata costituzional-mente illegittima la norma che appli-ca obbligatoriamente sempre e solo lacustodia cautelare in carcere, senzapiù poter scegliere nel ventaglio dellevarie misure previste dal codice di pro-cedura penale e senza più graduare se-condo il criterio della adeguatezza alcaso concreto. Né stupirci che la Cas-sazione abbia esteso la garanzia dai ca-si di prostituzione minorile, violenzasessuale individuale e atti sessuali conminorenni alla violenza sessuale digruppo.

La sentenza ha fatto polemizzare,spesso confondendo diritti e desideri.Ma con quale risultato a favore della li-bertà femminile? Ancora una volta l’at-tenzione è stata focalizzata sui delittidi violenza sessuale di strada, che è sta-tisticamente minoritaria rispetto alben più vasto ambito della violenzamaschile sulle donne: la violenza ma-schile (“di genere”) non è solo sessua-le, bensì fisica, psicologica, economicae alligna prevalentemente nelle rela-zioni di prossimità e intimità, nonchétrova origine nei rapporti di potere uo-mo/donna che nella famiglia trovanoil luogo privilegiato di costruzione.

La violenza maschile sulle donneesige di trovare modi nuovi per essereaffrontata, svincolandosi dalla con-trapposizione tra uguaglianza e diffe-renza, liberandosi dalla strettoia tra ga-rantismo e giustizialismo e intrapren-dendo strade ad oggi inedite che sap-piano contenere assieme libertà fem-minile e diritto.

Il liberismocheuccidelademocrazia

Nei fuochi di Atene emergel’indisponibilità dei grecia seguire senza reagire

le ricette della Troika europea.Ma i mercati hanno

già condannato alla povertàun intero paese

Marco Bascetta

– – –– IL BENPENSANTEVUOTI DI MEMORIA

AlbinoAlberto Piccinini

MUSICA

INSEGNAMENTOJAZZ, COME DARGLIDIGNITÀ E FUTURO

VIOLENZA SESSUALE

GARANTISMOVERSUSGIUSTIZIALISMO

Lei dimostrò la sua ammirazione per papa Giovanni Paolo I già nel '79, inserendo una suafoto all'interno della copertina di «Wave», è religiosa? «Non ho una religione perché pensoche la religione ponga troppi confini ma ho la mia religiosità nei confronti di Dio, prego,vado in chiesa. Ho amato papa Luciani come essere umano non come una persona di unareligione. Lui fu papa per soli 33 giorni ma fece una grande impressione in me, era un uo-mo pieno di amore: un vero messaggero di Cristo. E' stato un papa veramente rivoluziona-rio, capiva ed amava i giovani e i poveri. Fu anche uno splendido scrittore, il suo "Illustrissi-mi" è un gran bel libro». (...) Il suo trasporto per il Papa allora scandalizzò l’opinione pub-blica italiana. «Era l’uomo ad avermi colpito, non il Papa: una persona speciale, buona. Lamia reazione è stata di amore a prima vista. Come quando ho incontrato mio marito: sape-vo che l’avrei sposato. Quando ho visto Luciani, ho provato amore per lui e so che lui haprovato amore per me. L’ho guardato in tv mentre salutava i fedeli e ho pensato fosse me-raviglioso. È stato Papa troppo poco per parlarne da questo punto di vista. Ma per me con-ta l’essere umano. E Albino amava il prossimo. Io oggi vedo il male della Chiesa, di tutte lechiese. Vedo com’è stata travisata la parola di Dio, vedo il Vaticano e penso a cosa direb-be Cristo se ci mettesse piede oggi: credo che rovescerebbe parecchi tavoli». (Patti Smith,interviste a La Nuova Venezia e Rolling Stone; 2010)

Sto girando la provincia italiana per lavoro.Per provincia italiana intendo piccoli paesi chenon avevo mai sentito nominare. Sono postiorribili, poveri, invivibili, freddi, pieni divecchi, perché i giovani o sono scappati datempo o non nascono più. Appena scendo daltreno, o dall’autobus, vengo aggredito.«Allora?», mi domandano due vecchiinferociti. E io: «Allora che?». «Ci deve diresubito se le piace il nostro paese. E la cucina,le piace? Qui c’è un clima magnifico, sa? E cisono le ragazze più belle che lei abbia maivisto! E noi, non siamo simpatici?». C’è unfreddo della madonna e, trascinando la valigia,domando: «Scusate, per favore, sapete dov’èl’albergo?». «No, no! Prima deve risponderealle domande!». Io traccheggio: «Datemi

tempo, sono appena arrivato…». Li lasciodelusi, e mi gridano dietro: «Guardi che sisbaglia! Guardi che non ha capito niente! Fraun po’ passiamo sotto al suo albergo…». E io:«No, no, per pietà! Voglio riposarmi». E loro,implacabili: «Non occorre che scenda instrada, ce lo può dire dalla finestra!». Neppure100 metri e vedo un vigile: «Mi scusi, sa dirmiper favore…». Quello s’illumina: «Ah, è lei! Lepiace qui?». A notte fonda, dalla finestra diuna topaia devo urlare: «È vero, questo è digran lunga il paese più bello del mondo!».

Page 16: Un giornale da marciapiede

pagina 16 il manifesto SABATO 18 FEBBRAIO 2012

L’ULTIMA

L’Italia

Mauro Palma

I l divieto assoluto di ricorrere alla tortu-ra trova in Italia un’estrema chiarezzateorica ma, di contro, nessuna corri-

spondenza pratica.Quando nell’aprile 2005 le Nazioni unite

decisero di istituire uno speciale Rappor-teur con il compito di proteggere i dirittiumani nella lotta contro il terrorismo inter-nazionale, gli stati europei salutarono posi-tivamente un elemento ulteriore di analisiche si affiancava agli strumenti di controllogià da tempo in vigore, in particolare attra-verso l’azione del Comitato per la preven-zione della tortura. Si riaffermò così il prin-cipio che nessuna situazione d’eccezionepuò far derogare dal divieto assoluto di ri-correre alla tortura: inaccettabile sul pianodella comune percezione di civiltà giuridi-ca, inammissibile nella simmetria che sta-biliscono tra azione dello stato di diritto epratiche delle organizzazioni criminali, fo-riera di gravi distorsioni dell’azione di giu-stizia, tale è la forza verso l’adesione a qual-siasi ipotesi dell’accusa che la sofferenzadetermina.

Il divieto assoluto era già del resto in con-venzioni e patti internazionali su cui i pae-si democratici hanno ricostruito la proprialegalità ordinamentale dopo le tragedie del-la prima metà del secolo scorso. L’Italia,spesso inadempiente sul piano degli impe-gni conseguenti, quali per esempio la previ-sione dello specifico reato di tortura, hasempre dichiarato la sua ferma adesione ai

principi in essi contenuti. Eppure, solo ne-gli ultimi quindici giorni sono emersi bentre casi - diversi nel tempo e nella specifici-tà dei corpi di forze dell’ordine che hannooperato - che fanno capire tale distanza.

Asti, 2012Ad Asti, il tribunale ha emesso il 30 gen-

naio una sentenza in cui, qualificando imaltrattamenti inferti da agenti della poli-zia penitenziaria nei confronti di due dete-nuti come «abuso di autorità contro arre-stati e detenuti» ha dichiarato prescritto ilreato. L’esito non stupisce perché non è ilprimo in tale direzione; colpisce però lachiarezza con cui il giudice scrive nella sen-tenza che «i fatti in esame potrebbero age-volmente essere qualificati come tortura»(risparmio ai lettori la descrizione puntua-le dei maltrattamenti subiti dai detenuti),ma che il reato non è previsto nel codice e,quindi, il tribunale non può che far ricorsoad altre inadeguate tipologie di reato. Nes-sun dubbio, quindi, sugli atti commessi eprovati in processo, peraltro confermati daintercettazioni di chiacchierate telefonichetra gli imputati.Ad Asti la tortura è avvenu-ta, ma non è perseguibile adeguatamente.

Calabria, 1976Dall’altro capo della penisola, in Cala-

bria, la Corte d’Appello tre giorni fa ha as-solto, in un processo di revisione, Giusep-pe Gulotta dopo ventidue anni di carcere,trascorsi sulla base di un processo centratosulla testimonianza di un presunto correo,che aveva portato all’incriminazione an-che di altri due giovani. Il fatto era del lon-tano gennaio 1976, Gulotta aveva allora 18anni, e il processo ha avuto la revisione so-lo perché un ex brigadiere dei carabinieri,all’epoca in servizio al reparto antiterrori-smo di Napoli, ha raccontato quattro annifa che la testimonianza era stata estortacon tortura. E con torture erano state estor-te anche le confessioni dello stesso Gulot-ta: il sistema doveva essere stato ben con-vincente (lo stesso ex brigadiere li definisce«metodi persuasivi eccessivi») ed era matu-rato all’interno dell’Arma nel tentativo d’in-castrare esponenti della sinistra – si dicevaallora extraparlamentare – nella morte didue carabinieri. La vicenda ha avuto ancheun altro esito inquietante: perché il presun-

to correo, che aveva poi cercato di scagio-nare gli accusati, venne trovato impiccatoin cella in una situazione che definire opa-ca vuol dire eufemizzare; gli altri due accu-sati nel frattempo erano riusciti a ripararein Brasile.

Il caso «De Tormentis», 1978Mercoledì scorso, la ricerca di scavare in

casi non risolti che viene condotta da Chil’ha visto? ha portato nella calma atmosferaserale delle famiglie la drammatica e torbi-da vicenda di gruppi speciali che operavanogli interrogatori verso la fine degli anni Set-tanta di appartenenti o simpatizzanti dellalotta armata. Enrico Triaca ha raccontato lasua storia e le torture subite nel maggio1978, dopo il suo arresto in una tipografia ro-mana come fiancheggiatore delle Br: le tor-ture vennero inflitte non da un agitato poli-ziotto a cui la situazione sfuggì di controlloma da un gruppetto all’uopo predisposto,coordinato da questo signore delle tenebreche veniva nominato con il nickname «Detormentis», osceno come il suo operare.

Triaca, sparito per una ventina di giornidopo il suo arresto, aveva denunciato im-mediatamente le torture subite, ma il gior-no successivo alla denuncia aveva ricevutoil mandato di cattura per calunnia – l’alloracapo dell’ufficio istruzione Achille Gallucciera un tipo veloce – e la conseguente con-danna. Sarebbe una bella occasione la ria-pertura del processo per calunnia, ora chesi sa chi si cela dietro quel nickname. Si sa

che questi si definisce un nobile servo del-lo stato, che non nega ma inserisce il tuttoin una sorta di necessitata situazione. Egli,sia pure con qualche successivo passo in-dietro, conferma. Così come già qualcheanno fa un altro superpoliziotto, SalvatoreGenova, in un’intervista al Secolo XIX, ave-va confermato che torture erano state inflit-te alle persone arrestate nell’ambito dell’in-dagine sul sequestro Dozier, operato in Ve-neto dalle Br qualche anno dopo. Allora Ge-nova era stato indicato come oggetto di ca-lunnia, qualcuno (il Partito Socialdemocra-tico, strano esito dei nomi) gli aveva datol’immediato salvacondotto della candida-tura in Parlamento, e anche se in quel casoun’inchiesta aveva, contrariamente al soli-to, accertato fatti e responsabilità, nessunoaveva pagato; anche perché il reato chenon c’è oggi non c’era ovviamente neppu-re allora. Ma, il tutto era stato sempre ripor-tato al caso isolato, alla sbavatura in uncontesto in cui si affermava e si ripetevache la lotta armata era stata affrontata esconfitta senza mai debordare dal binariodel rigoroso rispetto della legalità.

Questo riandare indietro di qualche an-no, dal caso Dozier al caso Moro, e ritrova-

re stesse pratiche, stessi nomi, un gruppet-to all’uopo utilizzato – «prestato» alla biso-gna da Napoli al nord – ben noto a chi ave-va allora alte responsabilità, dà un’altra lu-ce al tutto.

La tortura è una pratica «sistemica»Del resto i tre fatti riportati, proprio per-

ché hanno diverse determinazioni di terri-torio, di tempi in cui sono avvenute, di cor-pi che hanno operato, forniscono uno sce-nario inquietante nel rapporto che il no-stro paese ha con la tortura: chi ha praticadi ricerca scientifica o sociale sa che l’am-piezza di più parametri fa passare la valuta-zione di quanto osservato da «episodico» a«sistemico» e cambia quindi la modalitàcon cui valutare il fenomeno. Interroga peresempio, in questo caso, sulle culture for-mative di chi opera in nome dello stato, sul-le coperture che vengono offerte, sull’as-senza infine, da parte delle forze politichee culturali del paese, di una riflessione piùampia su come questi fatti siano indicatoridella qualità della democrazia.

L’atteggiamento della loro negazione odella loro riduzione a fatti marginali è di fat-to complice del loro perpetuarsi e dell’affer-marsi implicito di un principio autoritariocome costruttore dell’aggregato sociale atotale detrimento dello stato di diritto.

Per questo va rifiutata l’impostazioneche da sempre alcuni politici e alcuni pro-curatori hanno avuto nell’affermare senzavelo di dubbio che l’Italia, anche in annidrammatici, non ha operato alcuna rotturadella legalità: per questo già trent’anni fa al-cuni di noi – penso all’esperienza della rivi-sta Antigone che uscì come supplemento aquesto giornale - avviarono una serrata cri-tica alla logica e alla cultura, oltre che allepratiche, di quella che allora era definita «le-gislazione d’emergenza».

Spataro, Battisti e la magistraturaAnche recentemente – esattamente un

anno fa, il 19 febbraio, in occasione del di-

battito attorno alla estradibilità di Battisti – ilprocuratore Spataro si fece carico di riaffer-mare su queste pagine che «l’Italia non haconosciuto derive antidemocratiche nellalotta al terrorismo» e che «è falso che l’Italiae il suo sistema giudiziario non siano stati ingrado di garantire i diritti delle persone accu-sate di terrorismo negli anni di piombo». Og-gi, credo, che tali asserzioni, figlie della nega-zione della politicità del fenomeno di allora,debbano essere riviste.

Perché non è possibile che ciò che avve-niva e avviene nel segreto non sia noto achi poi interroga un fermato o lo visita incella. Non era possibile allora e non è possi-bile nei casi di maltrattamento di oggi.

Il tribunale di Asti, per esempio, è severocon il direttore di quel carcere, le cui dichia-razioni sono definite a tratti «inverosimili».E il magistrato che raccolse le testimonian-ze accusatrici di Gulotta come indagò sullemodalità con cui esse erano state ottenute?Così come i magistrati che videro Triaca eascoltarono le sue affermazioni, non appe-na ricomparso dai giorni opachi, qualeazione svolsero per comprenderne la fon-datezza?

La responsabilità, almeno in senso lato,non è solo di chi opera, ma anche di chinon vede e ancor più di chi non vuole vede-re. Perché la negazione dell’esistenza di unproblema non aiuta certamente a rimuove-re ciò che lo ha determinato e apre inoltrela possibilità di mettere sotto una luce sini-stra ogni altra operazione, anche quelle dichi – fortunatamente la larga maggioranza– ha agito e agisce nella piena correttezza.

In un articolo di ieri su Repubblica,Adriano Sofri ricordava come molte di que-ste storie fossero note, almeno sfogliando irapporti per esempio di Amnesty o anchele stesse denunce avvenute in Parlamento.È vero, ma credo che tra un «io so» detto se-condo la pasoliniana memoria e una esibi-ta dichiarazione da parte di chi in tal sensooperò, ci sia una distinzione sostanziale:una distinzione tale da rendere inaccettabi-le il silenzio o il perdurare in una logica chenulla è accaduto e nulla accada.

Oggi il continuare a negare il problemanon aiuta a chiudere il passato in modo po-liticamente ed eticamente accettabile e uti-le, né a capire quali antidoti assumere peril suo non perpetuarsi.

TORTURA

CARCERI · Schifani a Poggioreale: «Cartina di tornasole del Paese»

Il caso di «De Tormentis» e dei torturatori speciali degli anni’70; la sentenza del tribunale di Asti che riconoscei maltrattamenti sui detenuti ma non ha strumenti di punizioneadeguata. E la vita perduta di Giuseppe Gulotta, in carcere per22 anni e liberato solo dopo che un ex brigadiere dei carabinieriha raccontato come vennero estorte le finte ammissioni dicolpevolezza. Tre casi in un Paese dove si violano i diritti umani

Nel giorno in cui il presidente del Senato Renato Schifani fa visita al carcere napoletano di Poggiorea-le verificando una «situazione inaccettabile e insostenibile a cui bisogna porre rimedio» che rappresen-ta «una cartina di tornasole del Paese», giunge la notizia dell’ottavo suicidio dall’inizio dell’anno neicarceri italiani. Un detenuto di 58 anni, secondo quanto riferito dal Sappe, si è ucciso lunedì scorsonel penitenziario milanese di Opera. Intanto ieri il gup romano Nicola Di Grazia, accogliendo la richie-sta del pm Eugenio Albamonte, ha rinviato a giudizio tre medici del reparto sanitario di Regina Coeliper la morte del 32enne Simone La Penna, avvenuta in cella il 26 novembre 2009. Secondo l'accu-sa, i tre non si sarebbero accorti del progressivo deperimento del giovane. Rinchiuso il 27 gennaio del2009 nel carcere Mammagialla di Viterbo per scontare una condanna definitiva a due anni e cinquemesi, La Penna, che all'epoca pesava 79 kg per 1,73 m di altezza, cominciò a manifestare subitodisturbi psichici con problemi dell’alimentazione fino a perdere 34 kg nel corso dei tanti trasferimentie dopo un rifiuto dei domiciliari da parte del tribunale di sorveglianza romano. Per il pm, i tre imputatiavrebbero omesso di «improntare un tempestivo approccio specialistico di natura psichiatrica».

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DISEGNOCON IL FERRO.OPERADELLOSCULTOREAMERICANOFRANK PLANT