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BAMBINO Un bambino per la fede Lucia Marcone – Qualifica Ogni tanto Cristo ritorna sul- la terra. È un pensiero di tanti, di uo- mini colti, scienziati, poeti, e gen- te di fede. E ognuno secondo la propria esperienza, la propria esi- stenza, la storia, la vita, Lo pensa, Lo sente, Lo incontra. Stavolta il Cristo della nostra storia è un bambino, un bambi- no venuto sulla terra, partito da lontano in un giorno di settem- bre dorato. Cosa ha portato la nostra creatura? Come ha vissuto, dove ha vissuto, cosa ha fatto sulla ter- ra, è stato felice, qual era il suo nome, chi lo ha conosciuto, chi lo ha amato e chi ha amato? Domande che potrebbero co- prire l’universo intero, domande cui speriamo di rispondere noi che un giorno lo incontrammo e che, per tutti i giorni che ci saran- no rimasti da vivere, lo ricorde- remo. Era il venticinque agosto e correva l’anno millenovecento- novantaquattro, quando la no- stra creatura vide la luce in una città lontana, lontana, come quel- la delle favole che si narrano ai bambini, un luogo di cui non si proferisce il nome perché deve proteggere qualcosa, stimolare la fantasia e regalare emozioni. In quella città ignota e irrag- giungibile nasceva il nostro bam- bino. Giunto sulla terra, fu dona- to ad una mamma che lo accolse in silenzio. occhi dello spavento gli uni con gli altri, si diedero da fare per far- gli emettere suoni, scuotendolo, ma bisognava toccarlo con deli- catezza in quanto il bambino ave- va la testina più grande del nor- male, una testa che ciondolava di qua e di là come un foglia mossa dal vento. Un movimento lento con quel capo troppo grande, di qua e di là come se il bimbo volesse dire di no, perché tutto intorno non gli piaceva, non lo convinceva. Il personale medico perse la voce: trattennero tutti il respiro e sgra- narono gli occhi per lo sgomen- to. Sembrò che quella creatura fosse arrivata da un luogo pro- fondo e oscuro dove la natura si era sbagliata, era impazzita. Fu burrasca e dolore, la mam- ma disse – Non è giusto. Pensò. E la sua testa scottava, scoppiava. - Sarà una catena per tutta la vita. Poi aggiunse urlando di rab- bia e dolore. - Non lo voglio… nemmeno guardare! Infine pianse, un pianto debo- le, terrificante, che si accaniva col mondo, un pianto che chiedeva perché la vita si fosse così tanto sbagliata. Sappiamo solo che Luca alla nascita pesava quattro chili e tre- cento grammi, che la circonfe- renza cranica era di quarantotto Quando nasce un bambino si fa festa, per la magnificenza della bellezza e del dono che la vita ci ha portato. Eccola la creatura nella culla, nella più completa perfezione della vita, con la cuffietta azzur- ra, i pizzi e i merletti lo adorna- no, piange e richiama l’attenzio- ne della madre. E la madre orgo- gliosa lo mostra e sorride rilassa- ta dopo la fatica del parto. Lo stringe fra le braccia contenta della sua “preziosa fecondità”, pensando al tempo futuro, all’or- goglio che le porterà quando quel figlio andrà per il mondo. Perché ogni madre spera che la sua crea- tura riempirà la casa e l’universo intero. Una creatura che mostre- rà ai parenti e agli amici come un’opera d’arte, simpatica, genia- le, intelligente, che si difenderà come un eroe tra le pieghe della vita. Nulla di tutto questo per il no- stro bambino che nacque in si- lenzio, che se ne andò da solo per il mondo, solo e infelice. Furono la madre e il destino a fargli silen- zio: quella nascita aveva portato un fallimento. La stanza era colma di luce, la luce potente dell’ospedale. Le in- fermiere, i medici, guardando il bimbo, non proferirono parola, non emisero versi. Il bimbo era cianotico, non pianse, non si mosse, respirava appena, palpitava come un cuo- re stanco. Si guardarono con gli ….e preso un bambino lo pose in mezzo a loro e abbracciandolo disse loro: chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me (Vangelo di Marco) N. 77-78/11 52 PROSPETTIV A PERSONA

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BAMBINO

Un bambino per la fede

Lucia Marcone – Qualifica

Ogni tanto Cristo ritorna sul-la terra.

È un pensiero di tanti, di uo-mini colti, scienziati, poeti, e gen-te di fede. E ognuno secondo lapropria esperienza, la propria esi-stenza, la storia, la vita, Lo pensa,Lo sente, Lo incontra.

Stavolta il Cristo della nostrastoria è un bambino, un bambi-no venuto sulla terra, partito dalontano in un giorno di settem-bre dorato.

Cosa ha portato la nostracreatura? Come ha vissuto, doveha vissuto, cosa ha fatto sulla ter-ra, è stato felice, qual era il suonome, chi lo ha conosciuto, chi loha amato e chi ha amato?

Domande che potrebbero co-prire l’universo intero, domandecui speriamo di rispondere noiche un giorno lo incontrammo eche, per tutti i giorni che ci saran-no rimasti da vivere, lo ricorde-remo.

Era il venticinque agosto ecorreva l’anno millenovecento-novantaquattro, quando la no-stra creatura vide la luce in unacittà lontana, lontana, come quel-la delle favole che si narrano aibambini, un luogo di cui non siproferisce il nome perché deveproteggere qualcosa, stimolare lafantasia e regalare emozioni.

In quella città ignota e irrag-giungibile nasceva il nostro bam-bino. Giunto sulla terra, fu dona-to ad una mamma che lo accolsein silenzio.

occhi dello spavento gli uni congli altri, si diedero da fare per far-gli emettere suoni, scuotendolo,ma bisognava toccarlo con deli-catezza in quanto il bambino ave-va la testina più grande del nor-male, una testa che ciondolava diqua e di là come un foglia mossadal vento.

Un movimento lento con quelcapo troppo grande, di qua e dilà come se il bimbo volesse diredi no, perché tutto intorno nongli piaceva, non lo convinceva. Ilpersonale medico perse la voce:trattennero tutti il respiro e sgra-narono gli occhi per lo sgomen-to. Sembrò che quella creaturafosse arrivata da un luogo pro-fondo e oscuro dove la natura siera sbagliata, era impazzita.

Fu burrasca e dolore, la mam-ma disse

– Non è giusto.Pensò. E la sua testa scottava,

scoppiava.- Sarà una catena per tutta la

vita.Poi aggiunse urlando di rab-

bia e dolore.- Non lo voglio… nemmeno

guardare!Infine pianse, un pianto debo-

le, terrificante, che si accaniva colmondo, un pianto che chiedevaperché la vita si fosse così tantosbagliata.

Sappiamo solo che Luca allanascita pesava quattro chili e tre-cento grammi, che la circonfe-renza cranica era di quarantotto

Quando nasce un bambino sifa festa, per la magnificenza dellabellezza e del dono che la vita ciha portato.

Eccola la creatura nella culla,nella più completa perfezionedella vita, con la cuffietta azzur-ra, i pizzi e i merletti lo adorna-no, piange e richiama l’attenzio-ne della madre. E la madre orgo-gliosa lo mostra e sorride rilassa-ta dopo la fatica del parto. Lostringe fra le braccia contentadella sua “preziosa fecondità”,pensando al tempo futuro, all’or-goglio che le porterà quando quelfiglio andrà per il mondo. Perchéogni madre spera che la sua crea-tura riempirà la casa e l’universointero. Una creatura che mostre-rà ai parenti e agli amici comeun’opera d’arte, simpatica, genia-le, intelligente, che si difenderàcome un eroe tra le pieghe dellavita.

Nulla di tutto questo per il no-stro bambino che nacque in si-lenzio, che se ne andò da solo peril mondo, solo e infelice. Furonola madre e il destino a fargli silen-zio: quella nascita aveva portatoun fallimento.

La stanza era colma di luce, laluce potente dell’ospedale. Le in-fermiere, i medici, guardando ilbimbo, non proferirono parola,non emisero versi.

Il bimbo era cianotico, nonpianse, non si mosse, respiravaappena, palpitava come un cuo-re stanco. Si guardarono con gli

….e preso un bambino lo pose in mezzo a loro e abbracciandolo disse loro:chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me(Vangelo di Marco)

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virgola otto centimetri e che dauna diagnosi prenatale, alla ven-ticinquesima settimana, era statadiagnosticata una malformazio-ne cerebrale con dilatazione ven-tricolare. Qui si potrebbe infuria-re la vita per chi non si è fermatoa riflettere sul dono del nostrobambino che voleva essere amo-revolmente accolto e ascoltato,anche se sarebbe stato un diver-so. Avrà chiesto quel bambino,avrà chiesto… di sicuro!

- Sarai capace di amarmi, vor-rei sapere la storia futura di me edi te… mamma… se sei forte tie-nimi, perché il mio essere è unatempesta di bisogni, un cielo col-mo di tuoni che mi fanno paurae ti faranno paura. Temo che spa-rirai dalla mia vita. Perché la miavita sarà pesante sulle tue bracciae tu dovrai dare… solo dare… ebasta!

Quella mamma non volle da-re; spaventata, non volle nemme-no ascoltare!

***

Il ventiquattro gennaio, comeun dono dell’Epifania, giunse alNido del Focolare di Cerchiara diIsola del Gran Sasso, quella pic-cola casa per bambini che nacquedalla grande Casa famiglia MadreEster di Scerne di Pineto. Un gen-naio nevoso, in giardino la neveera pesantemente calcata sullepiante e sulle aiuole, il selciato lu-cido di ghiaccio come uno spec-chio e la montagna, coperta dauna luce lattiginosa densa, diste-sa, una luce che non era luce, maombra bianca, sul paese, sullavalle, sul Nido. In casa si tenne ac-ceso il riscaldamento più a lun-go, il camino fu infuocato con lepotature dell’autunno, un cioccogrande fu messo dietro come sedovesse arrivare di nuovo la festadel Natale.

Giunse Luca e fu un nuovoNatale: il letto grande fu contor-nato di cuscini come un presepeed eccolo, Luca, in mezzo al lettogrande.

La stanza è illuminata da unaluce bassa e tenue, una copertinaazzurra copre le sue gambe lunghee in cima al letto, sul muro, dentrouna cornice dorata, la Madonnacon il bambino sulle braccia,veglia.

Suor Caterina sollevò il capopesante di quel bambinello, lobaciò sulla fronte, poi chiamòtutti gli altri piccoli della casa, ivolontari, le assistenti, gli obiet-tori e lo presentò loro dicendo

- Ecco Luca, un fratellino pertutti noi, un fratellino speciale daamare!

I lattanti furono adagiati vici-no a Luca, quelli che stavano sul-le proprie gambe si attaccaronoalle coperte del letto tirandole ad-dosso a loro, si spinsero sullapunta dei piedi, sgranarono gliocchi per la fatica, e, guadagnan-do il piano del letto, portaronograndi sorrisi e lunghi sospiri. Igrandi in giro per la stanza dap-prima guardarono senza proferi-re parola, poi qualcuno disse,guardando l’ingorgo infantile chesi era creato sul letto attorno albambino, che non era come loro.

- Bisogna far piano… dovetefare piano!

E si tapparono la bocca con lemani aperte. Fu una nuova Nati-vità su quel letto grande di SuorCaterina.

Quella creatura nuova donò atutti un’esperienza senza limiti,offrì occasione di riflessioni, agi-tazione, attenzione, e Suor Cate-rina perse il sonno e il riposo, eb-be da fare tanto di più sebbenecontinuasse a ricamare, a prepa-rare le feste ai bambini, a coltiva-re il giardino, i pomodori in esta-te e gli addobbi a Natale. E tuttiebbero la massima attenzione perquel lattante dalla testina bionda,con quattro capellucci dritti co-me fili elaborati da un baco da se-ta. Doveva essere accarezzata concautela, sostenuta con una mano,raccolta come dentro a una con-chiglia.

Nutrito con sollecitudine ecapacità.

Giunse la primavera e la casasembrava si fosse allargata, arri-vò più gente, si offrirono volon-tari e obiettori di coscienza im-pegnati e capaci. Bisognava essercapaci veramente per stare accan-to a quel figlio speciale, bisogna-va essere in pace con se stessi esperare che offrendo impegno epazienza quel figlio potesse fiori-re e vivere una vita normale. Bi-sognava essere sapienti per intui-re e ascoltare i pensieri di Luca.Un bimbo fiorisce anche se è di-verso, la diversità fiorisce con lapremura che fa riemergere bel-lezza e normalità, il bimbo cresceperché è nutrito con il pane vivodell’amore.

- Sapete che cos’è l’amore?Fu una domanda di Don Sil-

vio a noi volontarie una volta checi impartiva una lezione sul no-stro lavoro umano e gratuito.

Le risposte più enfatiche arri-vavano al mio cervello: nessunaenfasi, nemmeno un pensieronuovo e profondo. Una rispostasemplice da non scordare mai.

- L’amore è attenzione.Fu la spiegazione di Don Silvio.

***

Il suo primo compleanno Lu-ca lo festeggiò il ventisette di ago-sto e scrisse persino i biglietti diinvito che non erano altro che isuoi sogni, i suoi desideri.

Qualcuno si era sostituito alui nell’invito scritto, qualcuno inpotenza era diventato Luca. In se-guito saranno in molti a prende-re il posto del bambino per crea-re il gioco e la nostalgia della nor-malità.

Domenica ventisette agosto milleno-vecentonovantacinque alle quattrodel pomeriggio al Nido Focolare diCerchiara. Ti aspetto.

Dentro il biglietto di invito sileggevano i suoi desideri.

Ho sognato una piccola casa, con tan-ti amici e molto amore. Il mio sognosi è realizzato.

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Ho sognato una mamma morbida,tenera e calda. Il mio sogno si è rea-lizzato.

Tutti gli invitati giunsero al-l’appuntamento!

La casa allora era veramentepiccola, i bimbi tanti e la mam-ma morbida era (ed è) veramen-te in gamba.

Luca fu il primo di tutti, fu ilfiglio della gioia di Suor Caterinache, scordandosi di se stessa, eb-be sempre più fretta, specialmen-te quando era lontana dalla casae da Luca. Quando lo prendevadalla carrozzina, le braccia dellasuora si allargavano come due ra-mi, il petto si espandeva come ilmare di fronte alla baia e le suegambe si divaricavano perché ilcorpo della suora, o di chiunquealtra persona fosse in grado di ge-stire quella creatura più lunga epiù pesante del solito, potesse ri-manere in equilibrio.

Ci voleva equilibrio.Fu portato dappertutto fin da

piccolo: a spasso per Cerchiara,per i boschi, nell’aria fresca attor-no casa, alle feste di compleanno,ai matrimoni, al Santuario di S.Gabriele, persino dal Papa.

Fu come un faro.Lo fu del paese, della casa, del

giardino con l’altalena, lo scivo-lo, le macchinine. Fu il faro di tut-ta la città e dei luoghi vicini.

***

Fu un bambino che ebbe tan-to bisogno di cure. Cure, medi-che soprattutto, perché quella te-sta cresceva e il quindici gennaiodel novantasei fa l’ingresso al-l’ospedale S. Anna di Torino, re-parto pediatria per un bilancio etrattamento di una possibile cra-nioplastica riduttrice in quantola testa ha raggiunto la circonfe-renza di cinquantadue centime-tri e il bambino non controlla ilpeso del capo, anche se ha unbuon contatto con chi gli è accan-to e segue con lo sguardo atten-tamente.

A raggiungere Torino furonoin tanti, dapprima Don Silvio esuor Caterina che senza sgomen-to cercavano di confortarsi l’unl’altro, ma era difficile esseretranquilli davanti a un simileevento, la storia di un bambinotanto amato, ma tanto malato, echissà se ce l’avrebbe fatta. Tori-no è una grande città, dove è dif-ficile districarsi quando hai pau-ra del caos e del destino che po-trebbe portarti via il bambino erimpiangi il tuo luogo e parago-ni la casa che hai lasciato nel ver-de accanto al bosco e ti vengonoi cambiamenti di umore e poichései una suora ti senti nel peccatoper la catastrofe che ti vedi da-vanti.

Una suora deve rimaneresempre dentro la pace e la graziadi Dio, ma la donna, la madrespaventata, soppiantava la crea-tura di Dio.

A Torino nei giorni di genna-io gli alberi sono spogli. L’aria èumida e gelida, le aiuole cittadi-ne sono differenti da quelle di ca-sa nostra sono come dei quadridipinti con dei colori bruttissimie ti trovi schiacciata tra la polve-re, la neve e la folla che va di cor-sa e non ti vede, mentre la suoraavrebbe avuto tanto bisogno dicondividere e comunicare la suapreoccupazione.

A Torino in quel gennaio delnovantasei aveva nevicato ab-bondantemente.

Che dolore e che confusione!Confusione, lo sgomento del-

le notti in ospedale, un albergoanonimo, pensione Bramante invia Genova, al numero due chesapeva di solitudine e indifferen-za… e la testolina di Luca che eb-be sei fori, fatti col trapano, im-pietosi e profondi.

Il bambino reagisce bene, simuove correttamente e sembrapiù interessato all’ambiente. Ilcontrollo del capo non è possibi-le, la testa è fissata in posizionesupina.

Le aspettative dell’interventosi concretizzano. Don Silvio im-

pazzisce di gioia, è felice per es-sere tutti usciti da quella situazio-ne che avrebbe potuto portare lafine. Luca ce l’ha fatta, e la matti-na della notizia lascia una letterain albergo nella stanza della suo-ra come a interpretare i pensieridel bambino e ringraziare la suo-ra di tanta attenzione. La letteraè vergata sulla carta intestata del-l’Hotel Bramante con una picco-la calligrafia, minuta, la calligra-fia di Don Silvio che consentì a sestesso, stanco e privo ormai disperanze, di diventare Luca edesprimere la sua riconoscenzaamorevole a Suor Caterina.

Sono parole dell’anima di unprete che sta vivendo un tormen-to, una paura, un turbamentoquasi folle, una follia che diventapreghiera per potersi calmare,per poter perdonare.

Cara mamma Nina,tu sei stata l’angelo della mia vita eti voglio bene dal profondo del miopiccolo cuore.Al mio risveglio ti amerò ancora dipiù perché l’amore per me ti ha fattotanto soffrire. Ormai faccio parte del-la tua vita, mamma cara del cuore enon vedo l’ora di chiamarti mamma!Lo griderò forte e sentirai il tuo Lucapiù vicino a te.Grazie per l’amore che mi hai fattoconoscere! Grazie che mi hai accetta-to così! Dentro questa mia testa, chetanti problemi ha creato anche a te,c’è scritto un nome, il tuo che a mepiace tanto… NINA.Grazie per quello che fai per me, Ge-sù Bambino ti dia sempre tanto amo-re per tanti Luca, per tanti Danny,tanti e tutti i bambini del mondo.Presto vorrò abbracciarti e stringertial mio cuore e conservarti per il tuopiccolo giocherellone Luca. Nel tuonido c’è tanto calore, ce n’è tanto perme che sono il tuo figlio del cuore.

Luca

Quando fece ritorno a casa,Luca aveva sulla testa una coronadi spine, una corona di fili anno-dati, un cranio ricucito come unpallone “bizzarro” di quando era-vamo poveri e bambini, un pal-lone che quando si rompeva vo-levamo ripararlo a tutti i costi perpoterci giocare ancora, allora lo

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ricucivamo con dei fili di refe an-nodati e l’illusione della perfezio-ne ci accompagnava, ma nulla eracome prima, era tutto sghem-bo… il nostro pallone!

La pelle del cranio del bimboera leggera e trasparente e a toc-carla si sentiva un tubicino, undrenaggio, un rivolo che partivadalla testa per attraversare tutto ilcorpicino e sfociare infine nel po-sto giusto, dove vuole la natura.

***

Tutti conobbero Luca, il bam-bino che non fece mai una corsa,un pupazzo di neve, non fece acazzotti con un suo coetaneo, ascuola non scrisse parole, ma eraun bambino in cui credere. Unafede per tutti perché illuminatodalla forza del “diverso”, una for-za che poteva aiutare gli altri cheebbero bisogno di lui.

Il viso largo, come una lunanuova e bianca, gli occhi vispi, losguardo che chiedeva con dentrouna luce riflessa, intensa, colmadi meraviglia che percepiva, sicu-ramente, tutto ciò che accadevaattorno e ogni occasione che nonlo convinceva, che non gradivaera buona perché quella testinacome la luna iniziasse a dondola-re di qua e di là nell’immenso delsuo silenzio. Il sorriso di Luca eralargo e appassionato, i dentini co-me chicchi di riso. Non amava laconfusione e i grandi rumori. Eb-be un letto grande con le spondeche lui con il suo corpo snodato,prima di addormentarsi, attra-versava da ogni lato, saettando,circumnavigando, come se quelletto fosse stato un oceano.

Ebbe una sedia speciale che loaiutava a mettersi persino in pie-di, un televisore tutto per sé e unapersona continuamente accanto.

I suoi programmi preferiti fu-rono i cartoni animati: il Re Leo-ne, gli Aristogatti, Tom e Jerry, LaSirenetta. E ogni colore, ogni suo-no, ogni movimento, che arrivava-no dallo schermo erano un rifles-so, uno stimolo per il bambino.

I suoi movimenti, il suo atten-dere, gli occhi che correvano ap-presso alle immagini furono ilsuo crescere in pace e in silenzio.

E guai a passargli davanti alloschermo!

Sapeva cosa sarebbe successoad ogni sequenza e di fotogram-ma in fotogramma si scuoteva,sorrideva, emetteva suoni, si at-taccava alle sponde del sediolonee sembrava volesse scattare comeper la partenza in una gara di cor-sa. Le fece Luca le sue gare, le fe-ce con la vita e la sua salute, in si-lenzio respirando con gli altribambini della casa, con Suor Ca-terina che lo amò come un figlio.

Il figlio diverso, il figlio deltanto e del poco, il figlio che nonsillabava!

Una parola la disse, una sola,e fu solo quella per tutto il tem-po che stette sotto il cielo del-l’universo: chiamò la sua mam-ma, la mamma bianca con il velosul capo.

Mamma! La sua mammasempre vestita di bianco in inver-no e in estate, a Pasqua e a Nata-le, quando scende la neve gelatain quel nido con la montagna difronte. Quella parola fu la sua vit-toria con l’esistenza, il suo biso-gno, il suo credo. Sorprese cosìtanto la suora che non credeva inquella voce, si chiese di chi fossee da dove arrivasse, senza dubbioera la voce di Luca.

Cosa rappresentò Luca nellavita di Suor Caterina? Fu una sto-ria che andò oltre le apparenze, ilsuo bambino non fu mai defini-to diverso o malato, fu una crea-tura cui furono dati tutti i dirittie la totale disponibilità da tutti gliumani di buona volontà che pas-sarono per quella casa e che eb-bero la fortuna di convivere conquella benedetta diversità.

***

Un altro modo di essere uomo:ecco ciò che caratterizza ogni han-dicap. Andò a scuola, ma non eracontento, non amava lasciare la

casa per raggiungere un’altra ca-sa, la scuola era la lontananza dalsuo posto di pace, dai bimbi, dal-la suora e dalle assistenti. Il pen-siero della scuola lo rendeva tri-ste e nervoso, allora Suor Cateri-na, nel momento di uscire, gliparlava a lungo, lo rassicuravaparlandogli, come fanno tutte lemamme che comprendono losgomento del figlio che va per ilmondo la prima volta.

Gli diceva:- Alle undici ti vengo a pren-

dere.E alle undici Luca che, dentro

quella testa di luna ci aveva ripo-sti tutti i neutroni dell’universo,iniziava a innervosirsi e natural-mente a sbattere il capo da tuttele parti.

Il tormento aveva fine soloquando giungeva la suora o qual-cuno della casa.

Cosa faceva Luca a scuola?Seduto sul suo sediolone os-

servava, rideva, a volte tenero e avolte infastidito, seguiva le corsee i movimenti degli altri bambi-ni e sembrava indagasse incon-trando gli sguardi degli altri, in-dagava e controllava con la men-te e con il cuore, di sicuro. Spa-lancava per tutti un modo di vi-vere, un impegno di vita, unamore, un’equazione senza solu-zione: Luca era così come unamusica, una preghiera, un cantoche non s’indovinava mai qualera il tono più bello, la nota piùgiusta, la direzione meno imper-via. Non s’indovinava mai comesarebbe venuto fuori il disegno sucui la maestra tentava di farlo la-vorare. Disegnava e dipingevacon la sua mano guidata da qual-cuno che gli suggeriva parlando-gli e spiegandogli e lui, come ungrande artista che con le manicorre appresso alle immagini, aipensieri, creava, non era il suocreato, ma un creato guidato, of-ferto a noi che siamo rimasti, fat-to di intensissime emozioni.

Le mani mettono le ali ai miei pen-sieri.

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Queste parole sono dentro aun pannello dove lui ha impres-so i palmi delle sue lunghe mani,ricoperti di colore arancione, ros-so, verde e la sua creatività èun’opera unica, bisogna guardar-ci dentro. Con il palmo delle suemani lui ha fissato sulla tela unalbero composto da dita stese,lunghe e allargate, palmi legati altronco di colore verde, a formarequell’albero della vita, piantatolungo l’acqua dei nostri fiumi,con dei segni precisi che divente-ranno “la gloria di Dio”, la gloriadi un bambino che abbiamo per-duto.

Ha dipinto e creato a modo suoper noi uomini persi in direzionisbagliate che forse abbiamo scor-dato i colori e le stagioni. Luca ciha voluto regalare il linguaggiodella sua esperienza, ci ha ridona-to l’inverno, l’albero scheletrito inmezzo alla coltre bianca, il BabboNatale in mezzo alla neve con ilcappello nero sul capo, la pipa sul-la bocca, i denti sporgenti, la sco-pa sulle braccia. La neve cade dalcielo sul pupazzo bianco, e i fioc-chi… l’autore di quei fiocchi che,nonostante tutto, ha un legame ve-ro con la vita, con la natura, con ilNatale, sono stati disegnati dal suopiccolo indice destro.

Una storia di fiocchi di nevecome una divina commedia di undito di un bimbo diverso vera-mente accaduta. Fiocchi di nevesu un foglio nero da disegno or-nato per noi… a modo suo.

E poi l’albero di Natale, den-tro il vaso, di un verde brillante,esagerato, un verde sbagliato conil puntale a stella e tra i rami lepalline d’oro, luccicanti di por-porina e sotto una scritta.

Intingi il dito nel colore verdee colora l’alberello. Obiettivo: av-viare all’uso spontaneo della co-lorazione. Con aiuto.

Disegnò e colorò gli indu-menti dell’inverno: la sciarpa ros-sa, i guanti gialli, il maglione ver-de, il cappelluccio blu e in fondoal foglio ancora le parole dellamaestra: usa il dito e colora il ma-

glione (attività eseguita con il to-tale aiuto dell’insegnante). O-biettivo: accettare l’aiuto ed ese-guire il lavoro con serenità.

***

Dopo Natale arriva la Befana,con i doni per Luca dentro unpacco d’oro, non sappiamo cosacustodisce il pacco, ma vediamola vecchina che corre nel cieloturchino, di notte, che vola sullascopa con il sacco pesante sullespalle, gonfio di doni e speranze.A scuola le maestre fecero nasce-re così i disegni di Luca, come mi-steri della sapienza e della pazien-za che ora ci sono rimasti, comeopere d’arte, pieni di vita, ma trai disegni si leggono anche dellestorie che bisogna capire, intuire.

Fogli che allacciano la vita chesolo noi possiamo slegare e rile-gare, possiamo intrecciare.

Alla scoperta del creato, al-l’inizio c’era solo il buio.

Segue una pagina nera. Il buiodel creato.

Poi Dio creò il cielo: si sfoglia-no pagine e pagine disegnate, co-lorate, con poche parole vergateda mani pietose, come un nuovoVangelo di Luca, il terzo Vangelo,quello della tradizione cattolicadell’Evangelista che era nato adAntiochia di Siria.

Il nostro Luca sono in pochi asapere da dove sia arrivato.

Segue la pagina azzurra. E sul-l’azzurro Dio separò le acque dalcielo, poi fece splendere il sole, laluna e le stelle. Creò il mare e loriempi di pesci, fece crescere i fio-ri e le piante rigogliose e gli uc-celli volarono fra i rami.

Le valli siano riempite, le mon-tagne e le colline siano abbassate,le vie tortuose siano raddrizzate, iluoghi impervi appianati…!

Poi giunse l’angelo ad annun-ciare che …troverete un bambinoavvolto in fasce.

- Gesù è stato un bambino co-me me - scriverà Luca nei suoipiccoli libri della vita e il Signoredarà anche a lui il trono di Davi-

de e regnerà sulla casa di Giacob-be in eterno.

Il nostro bambino, per voleredi Dio, non diventerà mai uomo,non regnerà come un sovrano,crescerà solo dentro di noi, nei no-stri sentimenti e nei nostri credi.

Li ho chiamati i libri di Luca,libri che per “leggerli” bisognatornare Bambini, ridiscendere trail profondo delle nostre animepiccole, nelle case dei nostri na-tali, ritrovare la fede nella verti-gine della disperazione.

Lui, intanto che i grandi si im-pegnavano per accompagnare ilsuo duro viaggio della vita, osser-vava il mondo e lo “sentiva”.

Luca non era mai stato solo, siappoggiava con la vaghezza deisuoi occhi su tutte le cose che locircondavano e da quegli occhisortiva una tenerezza irrazionaleche non si indovinava mai da do-ve arrivasse.

Forse sortiva dalla grazia diDio.

***

E un giorno benedetto quel fi-glio fu consacrato al Signore, SuorCaterina lo mise, per sempre, co-me era stato da sempre, nelle Suemani: Luca ricevette la prima co-munione. La mamma bianca sisciolse anche lei nel pensiero delbambino speciale che doveva in-contrare il Signore. Acquistò me-tri di lino finissimo, i fili più rari,disegnò i fiori più belli sul tessutoe ricamò per intere nottate, con gliocchiali sul naso, sotto la lampadarosa per vedere meglio, le emozio-ni nella testa colorati di bianco, diazzurro, di turchino che intreccia-vano odi all’amore per il figlio piùamato del Nido. E ancora battaglienotturne, solitarie nella sua men-te, la guerra con i fili da ricamo,con l’ago, il ditale, per fare prestoper il giorno della luce di Luca.

Per quel bambino lumen Dei,lumen terrae.

Ricamò centrini che divenne-ro bomboniere per contenere iconfetti più teneri. Adornò la ca-

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sa di fiori, preparò il cibo piùbuono e i dolci più rari, giunserogli amici da lontano e i bambinidel nido indossarono gli abitininuovi, i colletti di pizzo, le scar-pine più belle, i maschietti aveva-no tutti la cravatta.

Fu una festa importante.La prima comunione di Luca

fu una meta, un messaggio di pa-ce, una eccezionalità come perogni bambino.

I biglietti di auguri furonosenza risparmio nel Giorno delSignore, il tredici giugno duemi-laquattro.

Luca carissimo, non conosciamo pa-role adeguate al tuo “mistero”, masappiamo che quel Gesù che oggi vie-ne ad abitare più intimamente il tuocuore, ti porterà in braccio per tuttoil tuo cammino, e tu potrai esseretranquillo e sereno come un bimbosvezzato in braccio a sua madre. Que-sta è oggi la nostra gioia e la nostracertezza. Un abbraccio grande.Cecilia, Franca, Elena, Sonia, Anna,Maria, Enzo, Emma, Giulia, Silvia,

Enzo (due) Adalgisa.

Caro Luca, sei sempre nel nostro cuo-re ed il giorno in cui ricevi il Signorenoi saremo accanto a te per gioire, inun momento così importante dellatua vita. Il Signore ti protegga sem-pre e ti dia la forza di cui avrete biso-gno tu e i tuoi angeli custodi, primafra tutti Suor Caterina.

Tanti baci da Sabrina, Alessandro,Tiziano, Francesco.

Cento nomi scritti per un solo bam-bino, migliaia di nomi come le cittàdel mondo, come le gocce di un gior-no di pioggia e i raggi di luce di ungiorno di sole, come le pennellate delsuo piccolo dito indice sui fogli dellepagine di scuola.L’amore di Dio entri nella tua animainnocente e ti accompagni per sem-pre nel cammino della tua vita.Peppino, Mirella, AnnachiaraIn questo giorno siamo felici di esser-ti vicino. Preghiamo il Signore finchérenda la tua esistenza felice e semprepiena di amore e ti protegga da ognipericolo.

Enzo, Giorgio e Bruno

Qualcuno aveva pensato chemai sarebbe giunta una meta co-sì importante per Luca, alloraglielo manifesta, lo scrive.

Quando arrivasti non speravamo cheper te sarebbe giunto mai questo gior-no. Davvero piccola è la nostra fede edavvero grandi sono le opere del Si-gnore. Grazie Luca per esserci. Ti vo-gliamo bene, e preghiamo per te.

Paolo, Marco, Natascia

E fu la festa più bella.Ma come per ogni creatura de-

licata di salute, fu un presagio loscorrere di quella giornata: qual-cosa incespica con i problemi se-greti di un bimbo che è fragile co-me una foglia che fatica a rimane-re attaccata al suo ramo. Il giornodel suo primo incontro con il Si-gnore, Luca aveva la febbre. C’èuna foto di quella giornata specia-le, ma non si può definire una fo-to. È un racconto divino con mac-chie bianche di luce nel mezzo. Ilbianco è il colore di tutti i colori,dipinge la purezza: il velo dellasposa e la tovaglia dell’altare sonobianchi,bianca è la neve dell’inver-no che ricopre la terra in segno diabbondanza e di sacralità. Dentrola macchia candida della nostra fo-to ci sono i temi di una lunga sto-ria: Luca e la suora.

Il bimbo è seduto sul passeg-gino. La suora china sul bimbo,gli parla e sorride di un sorrisoche è un soffio di vento, il soffiodella sacralità che vorrebbe potercambiare il mondo. Ma Luca hachinato la testa come l’ala di unafarfalla che si è stancata di vola-re, l’ha chinata sulla sua spalla de-stra, gli occhi sono socchiusi, ilCrocifisso gli pende sul petto, lesue braccine incrochiate sulgrembo. Sembra stanco, comevolesse dormire. Da sotto la tuni-ca spuntano i mocassini nuovi,candidi, scarpe che non tocche-ranno mai il suolo. Fa cornice alquadro divino Enza, una volon-taria, la sua madrina, con l’abitoazzurro cielo, un poco pestato, unvestito che sa di stanchezza, di sa-crificio. Anche un vestito puòraccontare una storia insieme aquel giglio che Enza ha sulle ma-ni e che vorrebbe porgere a Luca,ma il bimbo non ne vuole sape-re. Lo sguardo di Enza sovrasta il

bambino, uno sguardo di fedestupita come a dire che, nel no-me di Dio, nulla poteva essere di-verso. A destra della storia divinavediamo Gianni, il padrino, labellezza terrena, serena, disposto,insieme a sua moglie Luisa, a unavita comunitaria, una vita di sa-crificio, di volontariato. Tutta lafoto ci espone un pensiero,un’idea d’amore da cui sortiscepersino il sapore dell’ostia consa-crata e il profumo dei confetti.

È un quadro d’autore, la unanuova e moderna Adorazione delbambino del grande pittore Cor-reggio, dipinto nel remoto cin-quecento, ma sempre tanto vici-no a noi, che continua a parlarci,a narrarci le verità più profondedei racconti umani.

***

Dentro quel messaggio di pa-ce un pensiero tormentava lasuora: Luca cresceva, oramai eraun giovanottello, lungo come ilramo di un albero, tenero comelo stelo di un giglio, ma quella te-sta… dentro quella testa che sa-rebbe successo?

Un giorno quel cranio non cela fece più ad avvolgere la massadiventata troppo grande, cresciu-ta come una zolla di terra che rac-coglie troppi semi. Quel giornosulla casa batteva il sole forte digiugno, dalle finestre socchiuseentrava il caldo del mondo, erapiena di bambini tornati appenadal mare che si lavavano. Faceva-no merenda, piangevano, parla-vano e le voci fuggivano dalle fi-nestre con prepotenza per inva-dere il giardino. All’improvvisouna folata di vento fece sbatterele porte, le voci zittirono e Lucascuoteva la testa in modo convul-so, pallido in viso.

L’assistente che chiama SuorCaterina.

- Luca ha qualcosa… Lucanon mi piace!

Una percezione, una certezza.Il bambino speciale, il bambi-

no dei suoi pensieri segreti e mai

BAMBINO

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confidati, se ne andò che era giu-gno inoltrato, il mese del grano edel pane, il mese tiepido, con ledalie in giardino già fiorite, con ipiatti sul tavolo della cucina, col-mi di minestra in fila per i picco-lini.

- È finito tutto - dissero tutti.Giunse il giorno dell’ultima

festa per Luca, celebrata in chie-sa, a Cerchiara, il paese dove ve-niva portato a passeggiare. Fuuna festa di un’ora in cui il Para-diso si spostò sulla terra con ibambini della casa intorno allabara bianca, con Daniele silen-zioso e mite, che ha il suo stessodestino, con Don Silvio sulla car-rozzina spinta dalla suora, DonSilvio che sarebbe partito ancheLui, appena qualche mese dopo ilbambino, per le strade infinite delParadiso.

Le luci sono troppo forti den-tro la chiesa a illuminare quell’ul-timo banchetto, la voce del Ve-scovo di Teramo Atri, MicheleSeccia, enfatica, potente, rigoro-sa dall’alto dell’altare ci ammo-nisce:

- L’amore vive dentro di noi,ma per donarlo a Cristo lo dobbia-mo prima riversare sui deboli e gliindifesi.

Irene un’assistente che salutaLuca in modo leggero, ironico,quasi giocando come era sua abi-tudine fare quando il bambinoera in vita:

- Ehi.., angelo speciale! Chevuoto che hai lasciato. Tutto al Ni-do ci parla di te, ma tu non ci sei!Certo non sei presente fisicamen-te, ma sappiamo che con il tuo spi-rito leggero sarai sempre vicino anoi e ai bimbi della casa che ti vo-gliono tanto bene, tant’è che con-tinuano a chiedere dove tu sia eguardano il cielo quando diciamoloro che sei lassù. Speriamo diaverti dato tanto come tu hai fat-to con noi: con i tuoi sorrisi, le tuerichieste espresse con voce ferma ela tua voglia di vivere.

Ehi… negli Aristogatti, tuocartone animato preferito.., er me-jo era Romeo, ma per noi er mejo

sei e sarai sempre tu! Sarai semprenei nostri cuori! Ti vogliamo tan-to bene Cuccio!

Un fiume di gente arrivata daogni dove con sul viso il riflessodella fine. E poi i canti e le pre-ghiere, i miei pensieri (caro Lucate li dirò più avanti i miei pensie-ri, e non solo miei) e fuori lapioggia incessante, catastrofica,apocalittica.

Il mondo era scontento, si eraincupito per quella morte poten-te e solenne.

E sotto la pioggia e sotto unaspada di autostrada costruitaperché gli uomini devono sem-pre andare di fretta, sotto gli al-beri secolari che grondavano la-crime, sotto gli ombrelli neri del-la gente in processione, Luca feceil suo ultimo viaggio per raggiun-gere il cimitero di Cerchiara, difronte alla pietra viva della mon-tagna.

Verso il cimitero sotto gli al-beri secolari, lui come un alberopiantato lungo l’acqua per l’eter-nità, ad arginare, quando andia-mo troppo di fretta, i fiumi dellenostre vite a trattenerci nel cuo-re le debolezze, le mancanze, lesperanze future.

***

La casa del Nido è rimastavuota perché un bambino diver-so ha lasciato tutti nel silenzio enel dolore.

La speranza è che la suora, conil tempo, possa guarire da tantodolore che le ha procurato la per-dita di quel bambino che il Si-gnore le aveva mandato per quat-tordici anni. È’ una domanda ditutti; perché tanto dolore? Lasuora nella sua casa famiglia havisto arrivare e partire centinaiadi bambini, qualcuno poi è anda-to in affido, o adottato, e qualcunaltro è tornato in famiglia. Ognitanto chi era partito piccolino, ri-torna cresciuto, ritorna che hapreso una laurea o un diploma,che la vita lo ha accompagnatobene, ma di qualcun altro si com-

prende anche che il filo della vitasi è imbrogliato. Lei dei suoi figli“partiti”conserva il ricordo, le fo-to, le abitudini ma senza sofferen-za, c’è una frase ricorrente nel suovissuto che sa di regola, di nor-malità.

- Allevo, io allevo sempre, sen-za vedere i miei figli crescere.

La vita con Luca è stata lungaquattordici anni, e sono tanti perun amore di suora, era certa chenessuno mai glielo avrebbe por-tato via, nessuno lo avrebbe adot-tato, quel bambino non sarebbemai “partito”, perché un disabileimpegna, sacrifica, e allora ne eracerta: il bambino sarebbe rima-sto con lei per tutta la vita.

Non aveva fatto i conti nel suoamore di madre che la volontà di-vina fa il suo compito e nessunopuò sfuggire al destino che Dio ciha riposto.

Si reca tutti i giorni a trovareil suo bambino e quando il tem-po è bello raggiunge il cimitero apiedi, così strada facendo portacon sé Luca, le cammina accantolibero, le parla, lo vede che final-mente corre. Ella lo sa che è in unaltro posto, si illude che si espri-me parlando, che il suo bimbo inparadiso mangia da solo, feliceperché finalmente la Provvidenzadivina ha messo a posto le cose.

La suora ora vive di tutti i ri-cordi di quella stagione d’amore,in cui si sentì mamma di quel fi-glio che le diede completezza,amore che rafforzò la sua fede in-demolita.

Ha conservato tutto.Le foto, il letto grande con le

sponde, una scatola bianca con ilcoperchio trasparente, che tienesempre a portata di mano. Laapre, ci guarda dentro, tira fuoriqualcosa che poi legge, come unasposa rilegge le lettere d’amoredel suo uomo partito per la guer-ra. In quel contenitore dell’amo-re c’è di tutto: le foto della primacomunione, i compleanni, è col-ma di disegni fatti da altri bam-bini della casa che tanto lo aveva-no accompagnato e considerato.

BAMBINO

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Per Luca… la voce dei tuoi oc-chi è più profonda di tutte le rose.

Sul cartoncino una bimbastringe sul cuore un mazzo di fio-ri il cui colore sfuma tra il rosa te-nue e il rosso vivo.

Poi lo spalanchi quel carton-cino di auguri e leggi ancora.

Sono un albero che ha assaggiatol’amarezza del lampoE una barca che ha passato l’uraganoE sono la foglia che il bruco ha muti-latoE il nido saccheggiato…Molto altro ancora sono.Col vuoto della perdita resto protesa ol-tre l’assenza. (da Io sono un albero)

Si leggono le firme… Paola,Katia, Vincenzo, Donatella, An-drea, M. Rosaria, Alessandra,Paolo, Natascia e Marco, tutti vo-lontari.

Giovanna con Roberto e lapiccola Beatrice scrivono… tene-rissimo Luca, i migliori auguri dibuon compleanno da chi con gran-de affetto ha sempre un pensierodolcissimo per te!

Gli auguri di Gianni e Luisa, ipiù presenti, i più frequenti.

Quest’anno e gli anni che ver-ranno saremo ancora qui per fartimille auguri per un compleannofelice e gioioso. (per molti Luca sa-rebbe stato sempre fra noi)

I cartoncini sono vivaci, colo-rati e allegri, evocando persino ilNatale, un Natale per sempre perLuca.

L’impegno di tutti: rallegrar-gli e colorargli la vita.

Dentro la scatola delle memo-rie sono custoditi i disegni piùbelli: bambini che dipingono so-pra una tavolozza, dipingono icuori e le lune sotto un cielo in-cantato e un uccellino canta colbecco spalancato sulla cornicedella tavolozza e palloncini glivolano attorno, il pennello è sul-le mani di un bimbo meraviglio-so, il barattolo di vernice sul ter-reno accanto ai tubetti di tanticolori e il bambino sorride felice:dipingerà il mondo? Pennelleràtutto quello che in potenza

avremmo voluto riuscisse a di-pingere Luca. Ci sono i clown suicartoncini di auguri, i clown chesi animano appena si spalanca ilfoglio e la firma è quella di Gian-ni e Luisa. I clown che nel vuoto,appesi alle corde, volano nel cie-lo del circo.

C’è anche Paperino che pensaa Luca nel giorno del suo comple-anno. Arriva su di un tir lunghis-simo con sopra un grande striscio-ne che inneggia al BUON COM-PLEANNO. Sensazionale… inter-viene anche Striscia la notizia cheannuncia il furto del secolo: è sta-to rubato un cuore palpitante, sichiede il riscatto di un miliardo dibaci.

Arriva sempre il Natale egiunge la missiva più bella, natu-ralmente di Gianni e Luisa. Unascena epifanica con le case sottola neve come la casa del Nido Fo-colare di Cerchiara.

Gli abeti bianchi.Dal cielo opaco scende una

mongolfiera che fa incontrare

nell’aria due teneri orsacchiottiche sono a piedi nudi. Si ascoltapersino la musica del giorno incui nacque il Bambino quello chesi accollò i peccati degli uomini.

Si tacita il tempo in questo lento di-cembre che porta al suo interno lasomma dei perché della nostra esi-stenza (Giuliana Sanvitale).

La storia di Luca non è finitaperché noi gente di fede e di uma-nesimo lo abbiamo voluto ricor-dare, lo abbiamo narrato per legenerazioni future, senza far per-dere nulla. Una storia così si nar-ra come una lunga preghiera, nondeve svanire. La sua breve vita, lasua umanità diversa si legheran-no con quella di tutti noi.

Per chi fosse interessato ad ave-re l’intero volume degli scritti e del-le testimonianze di “Un bambinoper la fede” può inviare una richie-sta a [email protected], specifi-cando l’indirizzo di spedizione.

BAMBINO

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VICENZA: Cratere apulo delsec. IV a.C.; Museo di Ruvodi Puglia