UN ANNO SPECIALE San Francesco, come lo vedo io · compagni” e san Bonaventura. Ebbene, dopo...

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2 Q uesta trasmissione la voglio dedicare a san Francesco d’Assisi, anche per venire incontro a molte vostre richieste insistenti. Vi dirò di s. Francesco come lo vedo io. Intendiamoci, io non ho mai vedu- to s. Francesco in persona, ma ho let- to e meditato a lungo le fonti storiche che più autorevolmente ci parlano di lui, vale a dire il “Da Celano”, “I tre compagni” e san Bonaventura. Ebbene, dopo tante letture, dopo tante meditazioni e riflessioni, la mia conclusione è sempre questa: chi me- glio di tutti, non seguendo la poesia ma seguendo la storia, ha scolpito in brevi tratti il vero volto spirituale di s. ves caelum ingreditur”. II latino di que- sta antifona è conciso, ma è molto semplice: “Francesco, povero e umile, entra in cielo perché ricco di amore”. Le condizioni dell’amore Ecco: la sostanza della vita spiritua- le di s. Francesco è amore al vero Amore, cioè Gesù Crocifisso. La pover- tà e l’umiltà non sono la sostanza della vita religiosa di s. Francesco, ma sono due condizioni che egli ha voluto im- porsi per imitare, non a chiacchiere ma nella realtà della sua condizione esistenziale, Gesù Crocifisso. La sua povertà non è imposta dal- la sorte. Sapete tutti che s. Francesco era figlio di uno dei più ricchi cittadini di Assisi. Non è nemmeno una pover- La Posta di Padre Mariano - 1/2007 UN ANNO SPECIALE San Francesco, come lo vedo io Il tugurio di Rivotorto, prima casa di s. Francesco e seguaci Eremo delle Carceri: la grotta dove s. Francesco dormiva Francesco è la Chiesa, Madre dei santi. La Chiesa, nella sua liturgia vede s. Francesco che entra nella gioia eterna del Paradiso così: “Franciscus pauper et humilis, di-

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Q uesta trasmissione la vogliodedicare a san Francesco

d’Assisi, anche per venire incontro amolte vostre richieste insistenti.

Vi dirò di s. Francesco come lo vedoio. Intendiamoci, io non ho mai vedu-to s. Francesco in persona, ma ho let-to e meditato a lungo le fonti storicheche più autorevolmente ci parlano dilui, vale a dire il “Da Celano”, “I trecompagni” e san Bonaventura.

Ebbene, dopo tante letture, dopotante meditazioni e riflessioni, la miaconclusione è sempre questa: chi me-glio di tutti, non seguendo la poesiama seguendo la storia, ha scolpito inbrevi tratti il vero volto spirituale di s.

ves caelum ingreditur”. II latino di que-sta antifona è conciso, ma è moltosemplice: “Francesco, povero e umile,entra in cielo perché ricco di amore”.

Le condizioni dell’amoreEcco: la sostanza della vita spiritua-

le di s. Francesco è amore al veroAmore, cioè Gesù Crocifisso. La pover-tà e l’umiltà non sono la sostanza dellavita religiosa di s. Francesco, ma sonodue condizioni che egli ha voluto im-porsi per imitare, non a chiacchierema nella realtà della sua condizioneesistenziale, Gesù Crocifisso.

La sua povertà non è imposta dal-la sorte. Sapete tutti che s. Francescoera figlio di uno dei più ricchi cittadinidi Assisi. Non è nemmeno una pover-

La Posta di Padre Mariano - 1/2007UN ANNO SPECIALE

San Francesco, comelo vedo io

Il tugurio di Rivotorto, prima casa di s. Francesco e seguaci

Eremo delleCarceri: la

grotta doves. Francesco

dormiva

Francesco è la Chiesa, Madre deisanti. La Chiesa, nella sua liturgiavede s. Francesco che entra nellagioia eterna del Paradiso così:“Franciscus pauper et humilis, di-

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tà sopportata col muso lungo, bronto-lando e maledicendo i ricchi. Non èneppure frutto di inclinazione natura-le, cioè la povertà per la povertà; quel-la era l’etica dei poveri di Lione, deipoveri Lombardi dei suoi tempi. Non èneppure una povertà che scaturisceda una considerazione di caratteresociale, vale a dire di colui chenasce ricco e che,vedendo attorno asé tanti poveri, neha vergogna e si fapovero per far star meglioaltri, per una solidarietàcon i poveri.

No! Francesco si fa po-vero e vive povero per so-lidarietà con Gesù. Lo af-ferma categoricamente luistesso quando dice: “per-ché il Signore si è fatto po-vero per noi in questomondo”. Son parole suee quindi più autorevoliancora delle nostre in-terpretazioni.

Così si dica del-la sua umiltà, laquale non è il frut-to, l’espressione delsuo temperamento, il quale era tutt’al-tro che un temperamento candido, in-genuo, remissivo e timido. No! era untemperamento di lottatore, che amavail rischio. Si potrebbe dire che nell’ani-ma sua, come in una tavolozza che ri-porti i colori dell’Umbria, ci sono om-bre e luci, contrasti fortissimi, domi-nati però dal suo orgoglio, che tenevail primo posto a casa sua.

Ma egli non si fa umile per combat-

tere asceticamente l’orgoglio che sen-tiva in sé. Perché ama l’umiltà? perchél’amore che ha per Gesù lo porta a ve-dere in Lui quello che egli è, l’umiltà diDio fatto uomo. Egli è venuto non peressere servito, ma per servire. AlloraFrancesco vuol fare un po’ sua quellaumiltà. E ci riesce attraverso durissi-me prove di penitenza corporale.

Questo pochi lo sanno:s. Francesco ha prati-cato la penitenza cor-porale come pochisanti hanno fatto nellaChiesa. E attraversoumiliazioni cocentis-sime per il suo animoche era nobile: non

soltanto andava a predi-care in mutande, questo è nien-te; ma andare a mendicare per

le vie della sua Assisi, questa èstata per Francesco la prova del

fuoco. Ha voluto così prendere quel-l’ultimo posto che Gesù ha preso tragli uomini; ha voluto farsi ‘minore’.

Ripeto, per maggior chia-rezza: non l’umiltà e nonla povertà, a mio modesto

giudizio, costituiscono l’es-senza della vita religiosa di s. France-sco. Queste sono due semplici, seppureroiche condizioni, che egli ha volutoimporre a se stesso perché la sua vitafosse Gesù. Questo e non altro.

L’incontro con il CrocifissoVoi vi domanderete: perché France-

sco ama tanto Gesù? Perché un gior-no, per la prima volta nella sua vita –e quel giorno è stato decisivo per lasua anima – scopre l’amore personale

La Posta di Padre Mariano - 1/2007

L’esperienzadi s. Francesco

si spiegaessenzialmente

con il suoamore a Gesù

povero ecrocifisso

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La Posta di Padre Mariano - 1/2007

di Gesù per lui in un Crocifisso. Oh!che non aveva mai visto un Crocifis-so? Nella sua Umbria chissà quantemigliaia di volte aveva veduto un Cro-cifisso! Ma quella volta non lo vide piùsoltanto come un oggetto degno di ve-nerazione, ma lo vide come un sogget-to che attende un ricambio di amore.

Questa è la scoperta che la viva fe-de fece fare a s. Francesco. Ed alloratutto il mondo sparì dai suoi occhi.Egli non vide più che quell’Amore, egli occhi li consumò nel pianto fino adiventare cieco. Forse sapete tutti chequand’è morto era cieco per il granpiangere la passione di Gesù. È mortobruciato da questa passione.

Lo dice tanto bene in quella sua bre-vissima preghiera, che si chiama “Ab-sorbeat”, dalla parola latina con cui ini-zia: “Rapisca, ti prego, Signore, l’ardentee dolce forza dell’Amor tuo, la mia men-te da tutte le cose terrene affinché peramor dell’amor tuo io muoia, come tu tisei degnato di morire per amor mio”.

E due anni prima di morire, sullaVerna egli ha chiesto al Signore duedoni che noi non chiediamo mai. Nonha chiesto la santità, perché si ritene-va ancora l’ultimo dei peccatori, maha chiesto così: “O Signore mio GesùCristo, due grazie ti prego che mi facciaprima che io muoia: la prima di senti-re nell’anima e nel corpo mio, quantoè possibile, quel dolore che tu, dolceGesù, sostenesti nell’ora della tua acer-bissima passione; la se-conda di sentire nel cuormio, quanto è possibile,quello straordinario amo-re del quale tu, Figlio diDio, eri acceso tanto da

sostenere volentieri una così grandepassione per noi peccatori”.

E il duplice dono Francesco lo ebbenelle piaghe delle Stimmate.

Amore per tutte le creatureFrancesco si spiega soltanto così:

con l’amore che ha per Gesù, così ar-dente da farlo chiamare giustamente‘il serafico’, cioè l’ardente in amore.Amore che gli fa amare tutto e tutti,perché in tutto e in tutti egli vede qual-che cosa di Gesù.

In natura egli ama la pietra, la nu-da pietra sulla quale posa con riveren-za il nudo piede, perché è Gesù la pie-tra che sostiene tutti noi. Ama la luce,perché Egli è la luce del mondo ed èColui che illumina ogni uomo che vie-ne su questa terra. Ama l’acqua, per-ché un’acqua preziosa ha Egli promes-so alla Samaritana e attraverso la Sa-maritana a tutta l’umanità peccatrice.

Però in natura egli predilige i vermi,predilige l’agnello perché sono segni ericordi più toccanti di Colui che è l’A-gnello di Dio, che porta e cancella ilpeccato del mondo e di Colui, comedice Isaia, che non è più uomo, maverme.

E gli uomini li ama tutti, senza di-stinzione. Li ama tanto, perché li ve-de e li sa tanto amati da Gesù. Egli vor-rebbe farli tutti salvi e a tutti apre leporte del suo Terzo Ordine, la sua ve-ra invenzione, per portare tutti verso

Anche tra la nebbiala vita... è amore

La basilicadi s. Francesco

in Assisi.

l’Amore che non è amato, comedisse scendendo dal Subasio.Ha fondato il Terzo Ordine Fran-cescano perché tutti gli uominiamassero intensamente Gesù.

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Ma tra gli uomini egli prediligequelli che fra di essi hanno piùbisogno di amore e cioè i po-veri nel corpo, i malati (cheallora erano prevalen-temente i lebbrosi), equelli che sono leb-brosi nello spirito,cioè i peccatori.Questi sono i piùpiccoli degli uominied egli li ama per-ché Gesù ha dettoche “quanto fareteal più piccolo deimiei fratelli, lo avete fatto a me”. Que-sto, a mio giudizio, è il nucleo centra-le della spiritualità francescana.

Cavaliere e poetaEsternamente Francesco ha espres-

so questo suo mondo interiore secon-do il suo temperamento e secondo iltempo in cui viveva, perché ogni san-to è figlio anche del suo tempo. Vale adire con due note caratteristiche chesono le note della cavalleria e dellapoesia.

Anzitutto della cavalleria. S’inten-de quella dei primitivi, quella dei Pala-dini di Francia, di Orlando, degli aral-di della Tavola Rotonda. Ed ecco per-ché in Francesco c’è qualche cosa digentile, di aristocratico, di tenerezza,di difesa del debole e del sofferente.Ma c’è anche il coraggio, c’è il rischio,c’è la difesa del debole con rischio, c’èla fedeltà, come il cavaliere per la suadama fino all’ultimo respiro.

E c’è poesia. C’è quel lirismo inFrancesco che gli permette di trasfor-mare la realtà esteriore trasfigurando-

la. Ecco perchéegli chiama ilsuo povero cor-po, che ha sot-toposto a tantepenitenze, “fra-tello asino”. Ec-co perché vedele rozze muradi San Damianocome la “Reg-gia di Madonna

Povertà”. Ed ecco perché gli bastanodue bastoncelli, facendoli scorrere l’u-no sull’altro, per immaginare di avereun liuto con cui può cantare al Signo-re la sua riconoscenza per la grandescoperta che egli ha fatto, per la per-fetta letizia di cui è inondato il suocuore da quando ha scoperto che ildolore si può trasformare in amore.

Un famoso fioretto(Fonti Francescane, 1836)

«“O frate Leone, avvegnadioché ifrati minori in ogni terra diano grandeesempio di santità e di buona edifica-zione, nientedimeno scrivi e nota dili-gentemente che non è qua perfetta leti-zia”.

E dove mai sarà, Francesco, se nonè nei miracoli, non è nella scienza, nonnell’eloquenza, non nella conversionedel mondo alla fede di Gesù Cristo? Do-ve sarà mai questa perfetta letizia?

“Quando noi giungeremo a SantaMaria degli Angeli, così bagnati per lapiova e agghiacciati per lo freddo e in-fangati di loto e afflitti di fame, e batte-

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S. Maria degli Angeli. All’interno c’è lachiesetta della Porziuncola,

di cui parla il cap. 8° dei Fioretti

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il “nocchieruto bastone” e ridiamo.Ma raramente giungiamo alla conclu-sione: “Questo è nostro”. Io credo chenessun grande scopritore abbia maiprovato tanta gioia nella sua scoperta,come questo poverello quando hascoperto le abissali profondità delcuore umano, dalle quali possono sca-turire tante ricchezze.

Io penso che gli uomini inventeran-no ancora tante macchine, la materiaplasmata dagli uomini riceverà nei se-coli chissà quanti volti diversi. Quan-te cose ancora non vedranno i nostriposteri: quale ricchezza di macchine,l’automazione, i satelliti interplaneta-ri! Però io penso, sono certo anzi, chel’umanità non potrà mai fare una sco-perta più bella, più profonda e più pre-ziosa per l’uomo che soffre, di quellache Francesco d’Assisi, seguendo eimitando Gesù, ha fatto nella sua bre-ve esistenza terrena.

Voi sapete che Francesco è mortogiovane: 20 anni di vita comune, 22-25anni di conversione, non aveva 45 an-ni quando è morto. Eppure ha fattoquesta esperienza, e questa perfettaletizia è la più grande scoperta chepossa fare un cuore umano.

Possibile, certo, se c’è la grazia diDio; ma possibile quando ci sia anche,da parte nostra, questa povertà percui ci si stacca dalle cose create, equesta umiltà che ci mette nel nostrovero posto di creature.

A mio giudizio, s. Francesco è que-sto: il Cavaliere dell’amore!

PADRE MARIANO DA TORINO(teleconversazione del 28 giugno 1966)

remo alla porta del luogo e il portinaioverrà irato e dirà: ‘Andate via!’; se noitanta ingiuria sosterremo pazientemen-te, scrivi che qua è perfetta letizia”.

E se noi, pur costretti dalla fame edal freddo e dalla notte, pur batteremoe chiamaremo e pregaremo per amordi Dio con gran pianto che ello ci aprae mettane dentro, e quello più scanda-lizzato dirà: “Costoro sono gaglioffi eimportuni, io gli pagherò bene comeegli son degni”, e uscirà fora con unobastone nocchieruto e sì ne piglierà perlo cappuccio e gitterà in terra e sì ne in-volterà in la neve e sì ne batterà a no-do a nodo con quel bastone; se noi tuttequeste cose sosterremo pazientementee con allegrezza, pensando le pene diCristo benedetto, le quali dobbiamo so-stenere per Suo amore, o frate Leone,scrivi che in questo è perfetta letizia.

E però odi la conclusione, frate Leo-ne. Sopra tutte le grazie e doni delloSpirito Santo, le quali Cristo concedeagli amici suoi, si è vincere se medesi-mo [la vittoria più grande è questa] evolentieri per lo amore di Gesù Cristosostenere pene, ingiurie e obbrobri edisagi; imperò che in tutti gli altri donidi Dio noi non ci possiamo gloriare, pe-rò che non sono nostri ma di Dio. ... Manella croce della tribolazione e dell’af-flizione ci possiamo gloriare, però chequesto è nostro, e però dice l’Apostolo:“Io non mi voglio gloriare se non nellaCroce di Cristo”».

La grande scopertaNotate la frase: “Questo è nostro”.

Noi abitualmente ammiriamo la primaparte di questo famosissimo fioretto,

Gli uomini potranno realizzare cose meravigliose, ma la scoperta più grande è“capire” il significato, i valori e il destino della vita