Un algoritmo per la terapiafarmacologica del diabete di tipo 2
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GLI SPECIALIdi
Un algoritmo per la terapiafarmacologica del diabete di tipo 2
EDITORIALE
Impossibile, a qualsiasi latitudine e per chiunque, evitare oggi
il tema della personalizzazione delle cure, argomento che
partito nei primi anni Novanta come prezioso sottoprodot-
to della ricerca genomica, si è trovato poi a divenire centrale
in una rete di tematiche che vede intrecciarsi predittività, rea-
le efficacia terapeutica e sostenibilità economica in sistemi ba-
sati su protocolli generalisti. Il confronto con le possibili diver-
se ipotesi di personalizzazione di cura diviene imperativo in
ambiti di malattia dove cronicità, comorbidità, pluralità di far-
maci diversamente performanti e vasta diffusione sociale ren-
dono inevitabile il ricorso a nuovi approcci terapeutici, dove
l’identificazione di algoritmi sostenibili ed efficaci può divenire
la necessaria chiave di volta di tutto il supporto farmacologi-
co. E’ il caso del diabete di tipo 2 e dello studio che qui pre-
sentiamo, a firma del direttore dell’Agenzia di diabetologia del
Careggi di Firenze, Edoardo Mannucci, che ha il pregio di
esemplificare un percorso attuariale di assistenza che – pas-
sando dalla tipizzazione del paziente – si spinge a definire per-
sino le modalità di scelta del terzo farmaco, inevitabile nei casi
nei quali il soggetto, non rispondendo positivamente alla met-
formina, esprima risposte non positive a farmaci quali sulfani-
luree, glinidi ed acarbose, neppure se supportati da insulina.
Forse, suggerisce concludendo l’autore, non si può rendere
puramente algebrica un’operazione di cura, che è pur sem-
pre un composto di umano, clinico e farmacologico, ma in
ogni caso c’è la necessità di iniziare a battere la strada della
personalizzazione sistematica, provando a definire “i criteri
per la personalizzazione della terapia, pur nella consapevolez-
za della loro soggettività”.
E non si creda, in ogni caso, che parlare oggi di personalizza-
zione sia un vezzo prematuro. Negli Usa l’argomento è di-
ventato così stringente anche da un punto di vista legale e ci-
vile, che nel 2008 il Congresso ha espresso il Genetic Informa-
tion Nondiscrimination Act (GINA), un decreto che assicuran-
do parità di trattamento assistenziale anche in presenza di dif-
formità di informazioni genetiche, apre nella sostanza il tema
della responsabilità di operatori, strutture e sistemi sanitari
nell’essere protagonisti della personalizzazione dell’atto medi-
co. Al punto in cui in un futuro prossimo potrebbero essere
le stesse leggi americane a prevedere una personalizzazione
dei protocolli, rendendo “obbligo” quello che sino a ieri po-
teva essere “buon senso” oppure “nuovo approccio”. Come
sempre il mondo Americano apre la strada su tutto ciò che
è diritto del cittadino, dignità e legalità delle sue aspirazioni e
richieste. Sono forse visioni ancora lontane per la vecchia Eu-
ropa e per l’Italia, ma il futuro è dietro l’angolo. Per tutti.
Walter Gatti
AboutPharma and Medical Devices
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ll panorama dei farmaci disponibili per la terapia del dia-
bete di tipo 2 si è arricchito, nel corso degli anni, di nu-
merose nuove molecole. Oltre all’insulina, disponibile da-
gli anni ’30, alla metformina ed alle sulfaniluree, già in uso
dagli anni ’50, possiamo impiegare anche acarbose, glinidi,
pioglitazone, inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP4) e
agonisti del recettore del Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1).
Questi farmaci riducono tutti la glicemia, ma con meccanismi
assai diversi l’uno dall’altro (Tabella 1) e con profili differenti
di tollerabilità. L’aumento del numero di opzioni disponibili
ha reso più complessa la scelta del farmaco, tanto che mol-
te società scientifiche hanno prodotto degli algoritmi per il
trattamento farmacologico del diabete di tipo 2 [1-4]. Pur-
troppo, però, questi algoritmi sono abbastanza diversi l’uno
dall’altro, perché i criteri utilizzati per la loro costruzione non
sono omogenei. La molteplicità degli algoritmi, anziché facili-
tare il compito del medico, aumenta ulteriormente la confu-
sione.
Un algoritmo per la terapiafarmacologica del diabete di tipo 2
Edoardo MannucciDirettore,Agenzia Diabetologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
Molecole
Insulina umanaLispro,Aspart,Glulisine, Glargine,Detemir
Metformina
GlibenclamideClorpropamideGliclazideGlimepirideGlipizideGliquidione
Repaglinide
Acarbose
Pioglitazone
ExenatideLiraglutide
SitagliptinVildagliptinSaxagliptin
Meccanismo d’azione
Aumento dell’uptake muscolare di glucosioSoppressione della gluconeogenesi epatica
Inibizione della gluconeogenesi epaticaAumento della sensibilità insulinica a livello muscolare
Stimolazione della secrezione insulinica attraverso l’interazione conil canale al potassio ATP-dipendente
Stimolazione della secrezione insulinica attraverso l’interazione conil canale al potassio ATP-dipendente
Rallentamento dell’assorbimento intestinale dei carboidrati
Aumento della sensibilità insulinica muscolare ed epatica
Stimolazione della secrezione insulinica e soppressione della secre-zione di glucagone, glucosio-dipendente
Aumento biodisponibilità GLP-1 attivo (e conseguente effetto sullasecrezione di insulina e glucagone)
Classe
Insulina
Biguanidi
Sulfaniluree
Glinidi
Inibitori della alfa- glucosidasi
Tiazolidinedioni
Agonisti del recettore GLP-1
Inibitori DPP4
TABELLA 1. FARMACI DISPONIBILI PER IL DIABETE DI TIPO 2
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Come scegliere il farmacoI criteri che secondo i quali valutare in maniera comparativa
i vari farmaci, per identificare quello preferibile come farma-
co di prima scelta, comprendono l’efficacia sulla glicemia, la
tollerabilità e la sicurezza, la semplicità d’uso, l’azione su altri
fattori di rischio cardiovascolare diversi dalla glicemia, l’effet-
to a lungo termine sulle malattie cardiovascolari ed altri
eventi maggiori e il costo.
EFFICACIA SULLA GLICEMIA
Per quanto riguarda l’efficacia sulla glicemia, tutti i farmaci
sono capaci di ridurre l’emoglobina glicata, ma non tutti lo
fanno in maniera ugualmente efficiente. L’insulina è l’unico
trattamento per il quale è possibile aumentare le dosi in ma-
niera teoricamente illimitata ottenendo comunque un au-
mento di efficacia; pertanto, essa risulta essere il farmaco più
efficace nei pazienti francamente scompensati, con glicemie
molto elevate. Per quanto concerne gli altri farmaci, occorre
ricordare che la riduzione di emoglobina glicata che si riesce
ad ottenere è tanto maggiore quanto più alti sono i valori gli-
cemici di partenza; occorre essere molto cauti, quindi, nel
confrontare l’efficacia dei farmaci comparando tra loro studi
in cui l’emoglobina glicata iniziale dei pazienti era molto di-
versa. Gli unici confronti pienamente validi sono quelli ripor-
tati nei trial in cui si comparano tra loro due farmaci attivi
per un periodo sufficientemente lungo di tempo (almeno 1-
2 anni). Gli studi di questo tipo, nel settore del diabete, mo-
strano che:
1) La metformina è più efficace a lungo termine delle sulfa-
niluree [5];
2) I glitazoni, a lungo termine, sono più efficaci delle sulfani-
luree [5, 6] e, in maniera marginale, della stessa metformi-
na [5];
3) La metformina è più efficace degli inibitori della DPP4 [7];
4) Gli agonisti del recettore del GLP-1, in monoterapia, sono
più efficaci delle sulfaniluree [8].
In generale, i farmaci capaci di proteggere la funzione beta
cellulare e quindi la capacità di secernere insulina nel tempo
(pioglitazone, agonisti recettoriali del GLP-1 e forse inibitori
della DPP-4) sembrano avere effetti più favorevoli sul con-
trollo glicemico a lungo termine; le sulfaniluree, che provoca-
no una riduzione della massa beta-cellulare nei trattamenti
protratti, tendono a perdere più rapidamente di efficacia.
TOLLERABILITÀ
Un secondo punto chiave per la scelta del farmaco è rappre-
sentata dalla tollerabilità. Ogni farmaco, infatti, ha effetti col-
laterali differenti (Tabella 2), alcuni dei quali capaci di interfe-
rire con la qualità della vita del paziente e con l’accettabilità
della terapia. In particolare, le ipoglicemie da insulina e sulfa-
niluree, i disturbi gastrointestinali da acarbose e metformina
Effetti collaterali frequenti
Ipoglicemia, aumento di peso
Diarrea
Ipoglicemia, aumento di peso
Ipoglicemia, aumento di peso
Meteorismo, dolori addominali
Ritenzione idrica, aumento peso
Nausea, vomito
--
Effetti collaterali gravi
Ipoglicemia grave, aumento rischio tumori (?)
Acidosi lattica
Ipoglicemia grave, possibile tossicità cardiaca
Ipoglicemia grave, possibile tossicità cardiaca
--
Aumento rischio fratture e scompenso cardiaco
Pancreatiti (?)
Pancreatiti (?)
Farmaco
Insulina
Metformina
Sulfaniluree
Repaglinide
Acarbose
Pioglitazone
Agonisti del GLP-1
Inibitori della DPP4
TABELLA 2. PRINCIPALI EFFETTI COLLATERALI DEI FARMACI PER IL DIABETE
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e la nausea da agonisti recettoriali del GLP-1 possono pro-
vocare molto fastidio ai pazienti.
Sicurezza. Accanto alla tollerabilità, è necessario considerare
anche la sicurezza d’impiego dei vari agenti. Anche in questo
caso, i vari farmaci differiscono molto l’uno dall’altro:
- La metformina può determinare, in casi rari, acidosi latti-
ca [9]. Questo evento, assai grave e potenzialmente leta-
le, è eccezionale se vengono rispettate le controindicazio-
ni all’uso del farmaco (insufficienza renale, scompenso
cardiaco classe III-IV NYHA, gravi epatopatie, alcolismo,
insufficienza respiratoria grave).
- Le sulfaniluree e le glinidi, seppure in misura minore ri-
spetto all’insulina, provocano ipoglicemie anche gravi. Non
si deve dimenticare che l’ipoglicemia, oltre ad essere fasti-
diosa, rappresenta un fattore di rischio per le cadute e
quindi per le fratture; inoltre, determinando attivazione
adrenergica, essa si associa ad un aumento della mortali-
tà cardiovascolare [10].
- Il pioglitazone è associato ad aumento del riassorbimen-
to osseo e quindi del rischio di fratture, limitatamente al
sesso femminile. Inoltre, la ritenzione idrica può determi-
nare, in soggetti con funzione cardiaca già compromessa,
un aumento del rischio di ricovero per scompenso; per
questo motivo, il farmaco è controindicato nei pazienti
con insufficienza cardiaca. Dati recenti hanno mostrato
anche un aumento del rischio di tumori vescicali, a fronte
però della riduzione dell’incidenza di altri tumori; il rischio
complessivo di tumori, con il pioglitazone, è in realtà ri-
dotto.
- Gli agonisti del recettore del GLP-1 e gli inibitori della
DPP4 sono stati associati ad un aumento del rischio di
pancreatiti, sebbene questo aspetto sia ancora controver-
so. In modelli animali, gli agonisti del recettore del GLP-1
si associano anche ad un aumento del rischio di tumori
midollari della tiroide, ma la trasferibilità all’uomo di tale
fenomeno appare assai dubbia. Peraltro, l’esperienza an-
cora relativamente breve con queste due classi di farma-
ci non consente ancora di disegnare un profilo di sicurez-
za dettagliato a lungo termine.
- L’insulina è, tra tutti i farmaci, quello che determina più
frequentemente eventi avversi gravi, essendo associata ad
un rischio piuttosto elevato di ipoglicemia. Inoltre, l’uso
dell’insulina è stato associato ad un aumento del rischio di
tumori; eventuali differenze tra i vari analoghi a questo ri-
guardo sono ancora oggetto di discussione [11].
EFFETTI SU ALTRI FATTORI DI RISCHIO DIVERSI
DALLA GLICEMIA
La metformina determina un lieve miglioramento del cole-
sterolo LDL. Modeste riduzioni dei trigliceridi sono state ri-
portate anche per acarbose. Il pioglitazone riduce i trigliceri-
di e aumenta il colesterolo HDL; il farmaco determina però
anche un modesto aumento del colesterolo LDL. Qualche
effetto favorevole sul quadro lipidico, di entità modesta, si os-
serva con gli inibitori della DPP4 [12]. Gli agonisti recettoria-
li del GLP-1 inducono un discreto calo ponderale [13], cui
conseguono anche effetti positivi sul quadro lipidico; inoltre,
riducono lievemente la pressione arteriosa, anche indipen-
dentemente dalla perdita di peso.
EFFETTI SULLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine sulle malattie
cardiovascolari, la metformina è stata associata, in un trial
[14], ad una riduzione di morbilità e mortalità cardiovascola-
re, a parità di controllo metabolico, rispetto a sulfaniluree ed
insulina, ma ciò non è stato confermato da altri studi [15].Tra
i farmaci attualmente in commercio, l’unico (oltre alla met-
formina) per il quale sia disponibile uno studio a lungo ter-
mine sugli effetti cardiovascolari è il pioglitazone. Nello stu-
dio PROACTIVE, l’uso del pioglitazone, in confronto al pla-
cebo, è risultato associato ad una tendenziale riduzione de-
gli eventi cardiovascolari maggiori in una popolazione ad alto
rischio [16]. Questo risultato può essere in parte attribuito
al miglioramento del controllo metabolico; peraltro, il bene-
ficio che si ottiene con il farmaco è confermato da studi sul-
la progressione dell’aterosclerosi coronarica [17] e dello
spessore intima-media carotideo [18]. Anche negli studi con
endpoint metabolici, il pioglitazone si associa ad un beneficio
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cardiovascolare [19]. Assai più controversi sono i dati relati-
vi alle sulfaniluree. Nello UK Prospective Diabetes Study, la
morbilità e la mortalità cardiovascolare non erano significati-
vamente ridotte dal trattamento con sulfaniluree, nonostan-
te il miglioramento del compenso metabolico [20]; ciò però
poteva dipendere anche da una insufficiente numerosità del-
lo studio. Peraltro, negli studi di confronto diretto, le sulfani-
luree hanno un profilo d’azione sull’aterogenesi meno favo-
revole rispetto al pioglitazone [17, 18]. È noto che le sulfani-
luree, così come le glinidi, sono in grado di interagire con re-
cettori cardiaci, riducendo la capacità del miocardio di adat-
tarsi alle condizioni di ischemia. In vari studi epidemiologici,
le sulfaniluree a più elevata affinità miocardica si associano ad
un aumento della mortalità cardiovascolare [21-23]. Nessu-
no studio a lungo termine su eventi cardiovascolari è stato
condotto con acarbose. Una metaanalisi di studi più piccoli,
che ha mostrato una riduzione significativa di eventi cardio-
vascolari rispetto al placebo [24], è stata ampiamente critica-
ta sul piano metodologico. I dati relativi agli inibitori della
DPP4 ed agli agonisti del recettore del GLP-1 sono ancora
modesti, essendo stati questi farmaci introdotti in un’epoca
relativamente recente. Dall’insieme degli studi registrativi
sembra di poter desumere una riduzione degli eventi cardio-
vascolari maggiori, sia con l’una che con l’altra classe [25]; ciò
necessita però di conferme attraverso studi a lungo termine
disegnati ad hoc, che sono attualmente in corso.
COSTO
Il costo effettivo dei farmaci è molto diverso da una mole-
cola all’altra. La metformina e le sulfaniluree, che sono ormai
prive di copertura brevettuale, hanno un costo di pochi euro
al mese, mentre gli agonisti del GLP-1 superano i 100 euro
mensili; il costo degli inibitori della DPP4 è intermedio, men-
tre quello del pioglitazone, che si avicina alla scadenza del
brevetto, è destinato ad essere molto contenuto.Al costo di-
retto per il farmaco deve essere aggiunto quello del moni-
toraggio domiciliare della glicemia, che è raccomandato per
tutti i farmaci capaci di indurre ipoglicemia (sulfaniluree, gli-
nidi ed insulina).
Il primo farmaco: la metforminaTutte le principali linee-guida a livello internazionale con-
cordano sul fatto che la metformina dovrebbe essere il far-
maco di prima scelta per il trattamento del diabete di tipo
2 [1-4]. Infatti, questa molecola coniuga una ottima effica-
cia, una notevole sicurezza, una discreta tollerabilità sogget-
tiva, effetti potenzialmente favorevoli sul rischio cardiova-
scolare ed un bassissimo costo. È ancora aperta la discus-
sione tra gli esperti sul momento in cui iniziare la terapia
farmacologica con metformina: se alla diagnosi [2], oppure
dopo il fallimento di misure non farmacologiche [1]. La
dose ottimale di metformina è di 2000-2550 mg/die in 2-3
somministrazioni giornaliere, aumentabili fino a 3000
mg/die nei pazienti obesi. La dose deve essere ridotta (a
1000-1500 mg/dl) nei pazienti con funzione renale mode-
ratamente compromessa (cioè, con filtrato glomerulare sti-
mato di 30-60 ml/min). Tali dosi-bersaglio vanno raggiunte
in maniera graduale, per limitare gli effetti collaterali ga-
strointestinali (ed in particolare la diarrea). Ad esempio, si
può iniziare con 500 mg due volte al giorno (dopo colazio-
ne e dopo cena) per 2 settimane, per poi aumentare a 500
mg tre volte al giorno oppure 850 mg due volte al giorno;
dopo altre due-tre settimane, si può andare verso la dose
di 1000 mg due volte al giorno oppure 850 mg tre volte al
giorno.
È importante ricordare che la metformina, contrariamente
ad altri farmaci (insulina, sulfaniluree, glinidi), raggiunge la
propria massima efficacia sulla glicemia dopo qualche setti-
mana dall’inizio della terapia. Il raggiungimento degli obiet-
tivi terapeutici sull’emoglobina glicata può essere quindi
adeguatamente valutato dopo almeno 4-5 mesi di tratta-
mento.
Naturalmente, le controindicazioni all’uso della metformina
devono essere sempre rispettate, per limitare il rischio di
acidosi lattica.Tra queste, la più importante è l’insufficienza
renale. Prima di prescrivere la metformina, è sempre neces-
sario disporre di un valore recente di creatinina, sul quale
stimare (con la formula di Cokroft o con quella MDRD) il
filtrato glomerulare: per valori di 30-60 ml/min occorre ri-
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durre la dose (vedi sopra), mentre sotto i 30 ml/min la met-
formina è controindicata [1]. Altre controindicazioni da ri-
cordare sono lo scompenso cardiaco classe III-IV NYHA, le
epatopatie gravi, l’alcolismo e l’insufficienza respiratoria gra-
ve. In tutti questi casi, si deve procedere direttamente al se-
condo step dell’algoritmo (vedi oltre). Occorre anche ri-
cordare che in caso di esami radiologici con mezzo di con-
trasto la metformina deve essere sospesa con almeno 24
ore di anticipo e per le 24 ore successive all’esame.
Soltanto nei pazienti con scompenso glico-metabolico grave
(cioè, con emoglobina glicata superiore a 10% e/o con glice-
mie stabilmente superiori a 200 mg/dl) si dovrebbe prende-
re in considerazione la possibilità di iniziare con la terapia in-
sulinica, in modo da ottenere in tempi ragionevoli un buon
risultato terapeutico. Un trattamento insulinico (anche inten-
sivo, con schemi basal-bolus) può essere impiegato anche in
maniera temporanea, per ricondurre la glicemia entro limiti
accettabili e poi rivalutare la terapia per passare a farmaci
orali (Figura 1).
Quando la metformina non basta:la scelta del secondo farmacoQuando la sola metformina non è sufficiente a mantenere un
controllo metabolico accettabile, si deve aggiungere un secon-
do farmaco (Figura 1). Le opzioni disponibili a questo riguardo
sono molteplici e comprendono sulfaniluree, glinidi, acarbose,
pioglitazone, inibitori della DPP4 e agonisti recettoriali del
GLP-1, oltre, naturalmente, all’insulina.Tra le linee-guida, alcune
considerano queste opzioni tutte sullo stesso piano, lasciando
la scelta del farmaco al singolo medico, senza ulteriori indica-
FIGURA 1. ALGORITMO PER LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEL DIABETE DI TIPO 2
Grave scompensometabolico
Grave scompensometabolico
Grave scompensometabolico
Target non raggiunti
* Anche temporaneamente
Target non raggiunti
Target non raggiunti
AGGIUNGEREUN TERZO FARMACO
AGGIUNGEREUN SECONDO FARMACO
METFORMINA
AggiugereInsulina*
DIAGNOSI DI DIABETE
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zioni [1]; altre, invece, formulano delle scelte preferenziali, sulla
base dell’uso consolidato [2] o del costo della terapia [3].
Le considerazioni sulle quali basare la scelta del farmaco
sono quelle riportate in precedenza. È comunque necessa-
rio considerare che la combinazione di un farmaco con la
metformina potrebbe produrre degli effetti lievemente diffe-
renti rispetto a quelli osservati in monoterapia. Riguardo al-
l’efficacia sull’emoglobina glicata, non disponiamo di studi di
confronto a lungo termine in combinazione alla metformina
di durata e dimensioni analoghe a quelli effettuati in mono-
terapia. I dati disponibili sembrano indicare che le differenze
di efficacia, in terapia combinata, sono attenuate rispetto a
quelle in monoterapia; comunque, gli agonisti recettoriali del
GLP-1 sembrano mostrare ugualmente una maggiore effica-
cia rispetto agli inibitori della DPP4 [26].
È anche possibile che alcuni farmaci abbiano un profilo di si-
curezza in combinazione con la metformina differente da
quello osservato in monoterapia. In un sotto-studio dello
UKPDS, la combinazione di metformina e sulfaniluree è risul-
tata associata ad un aumento della mortalità cardiovascola-
re [14].Tale dato deve essere considerato con grande cau-
tela, a causa della modesta numerosità del campione; peral-
tro, risultati simili sono stati ottenuti anche da analisi epide-
miologiche [27], soprattutto in pazienti con cardiopatia
ischemica [28]. Non si può quindi escludere che la combina-
zione di metformina e sulfaniluree si associ ad effetti cardio-
vascolari negativi, in misura maggiore rispetto alla monotera-
pia con sulfaniluree.
La scelta del farmaco viene fatta secondo criteri molteplici
(efficacia sulla glicemia, tollerabilità, sicurezza, effetti cardiova-
scolari, costi); il peso attribuito a ciascuno di tali criteri è opi-
nabile, per cui la scelta del farmaco contiene, inevitabilmen-
te, dei margini di soggettività. Pur riconoscendo questo limi-
te, credo che sia legittimo considerare le sulfaniluree e le gli-
nidi quali farmaci di seconda scelta, in relazione a tre elemen-
ti fondamentali:
- Promuovono l’ulteriore deterioramento della funzione
beta cellulare nel tempo, e quindi hanno minore efficacia
sulla glicemia a lungo termine;
- Sono in grado di determinare ipoglicemia, al contrario de-
gli altri farmaci;
- Il loro profilo di sicurezza, in particolare sul piano cardio-
vascolare, è meno favorevole rispetto a quello delle altre
molecole disponibili.
Tutte queste considerazioni inducono a considerare quali
farmaci di prima scelta, quando la metformina non è suffi-
ciente, acarbose, pioglitazone, inibitori della DPP4 e agonisti
del recettore del GLP-1 e come farmaci di seconda scelta
sulfaniluree e glinidi.
Nei pazienti con grave scompenso metabolico (emoglobina
glicata superiore a 10% e/o glicemie stabilmente superiori a
200 mg/dl), o con chetoacidosi, si dovrà invece procedere al-
l’aggiunta di insulina, anche temporanea (vedi sopra).
La personalizzazione della terapia e la tipizzazione del pazienteQuando anche si sia riconosciuta la superiorità di alcuni far-
maci rispetto ad altri, resta comunque la disponibilità di più
opzioni terapeutiche (acarbose, pioglitazone, inibitori della
DPP4 e agonisti del recettore del GLP-1) da usare in aggiun-
ta alla metformina in caso di fallimento alla monoterapia. Sta-
bilire una complessiva superiorità di un farmaco rispetto al-
l’altro tra quelli indicati è assai difficile e si avvicina all’arbitra-
rietà. D’altro canto, l’esperienza clinica insegna che singoli pa-
zienti rispondono meglio a terapie diverse. Da ciò nasce
l’idea di personalizzare la terapia, formulando algoritmi che
prevedano scelte differenti in base alle caratteristiche clini-
che dei singoli pazienti. Un lodevole tentativo in questo sen-
so è stato recentemente compiuto da un Gruppo di Lavoro
dell’Associazione Medici Diabetologi [29].
La prima difficoltà che si incontra, su questa strada, è la scel-
ta dei criteri clinici da impiegare per la tipizzazione. La di-
sponibilità di dati riguardo ai fattori che modulano la rispo-
sta ai singoli farmaci è infatti assai modesta: solo per pochi
trial disponiamo di analisi per sottogruppo sufficientemen-
te dettagliate; inoltre, gli studi epidemiologici al riguardo
sono anch’essi scarsi e spesso condizionati da limitazioni
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metodologiche. Ciò significa che la lista dei criteri clinici da
utilizzare per la personalizzazione della terapia è, inevitabil-
mente, opinabile. In linea teorica, si possono elencare i se-
guenti fattori:
1. Patologie concomitanti. La presenza di comorbidità
condiziona pesantemente la scelta del farmaco, perché
molte malattie rappresentano contoindicazioni all’impie-
go di singole molecole (ad esempio, l’insufficienza cardia-
ca controindica il pioglitazone, le pregresse pancreatiti im-
pediscono l’uso dei farmaci basati sulle incretine, ecc.).
Una lista delle principali controindicazioni ai farmaci per il
diabete è riportata nella Tabella 3.
2. Peso corporeo. Gli agonisti del recettore del GLP-1 in-
ducono un discreto calo ponderale, mentre pioglitazone,
sulfaniluree e glinidi fanno aumentare tendenzialmente il
peso.
3. Profilo glicemico giornaliero.A parità di emoglobina gli-
cata, un controllo metabolico inadeguato può essere do-
vuto ad una iperglicemia prevalentemente a digiuno (con
scarsi incrementi dopo i pasti) o prevalentemente post-
prandiale (con ampie escursioni glicemiche legate all’as-
sunzione di cibo).Tra i farmaci disponibili, alcuni (pioglita-
zone) sono molto efficaci nella soppressione della gluco-
neogenesi epatica e quindi nella riduzione dell’iperglice-
mia a digiuno; altri, invece (acarbose, inibitori della DPP4)
sono più efficaci nella riduzione degli incrementi post-
prandiali. È quindi logico supporre che l’andamento dei
profili glicemici giornalieri sia in grado di predire la rispo-
sta ai singoli farmaci. In realtà, le evidenze a questo riguar-
do sono assai modeste; alcune analisi preliminari suggeri-
scono che gli inibitori della DPP4 potrebbero essere più
efficaci nei pazienti con iperglicemia prevalentemente
post-prandiale, come atteso [30].
4. Durata del diabete. La risposta ai farmaci ipoglicemiz-
zanti, con l’unica eccezione dell’insulina, si riduce progres-
sivamente con l’aumento della durata del diabete, a cau-
sa del progressivo esaurimento funzionale delle isole pan-
creatiche. Peraltro, la rilevazione della reale durata del dia-
bete è spesso problematica e comunque la rapidità del
declino della funzione beta cellulare è ampiamente varia-
bile da un soggetto all’altro [29].
5. Età. L’età condiziona ovviamente la determinazione degli
Controindicazione assoluta
--
Ins. renale (filtrato <30 ml/min)Scompenso cardiaco (classe III)Epatopatie graviAlcolismoIns. respiratoria grave
Insuff. renale grave
Epatopatie gravi
Malattie infiammatorie intestinali
Insufficienza cardiacaPregressi tumori vescicali
Pregresse pancreatitiFamiliarità per K midollare tiroideo
Pregresse pancreatitiInsuff. renale grave
Cautela
Pazienti con declino cognitivo (rischio ipoglicemico)
Ins. renale (filtrato 30-60 ml/min)Scompenso cardiaco (classe III)
EpatopatieCardiopatia ischemica
Insufficienza renaleCardiopatia ischemica
Sindromi da malassorbimento
OsteoporosiEpatopatie gravi
Insufficienza renale
Epatopatie gravi
Farmaco
Insulina
Metformina
Sulfaniluree
Repaglinide
Acarbose
Pioglitazone
Agonisti del GLP-1
Inibitori della DPP4
TABELLA 3. PRINCIPALI CONTROINDICAZIONI AI FARMACI PER IL DIABETE
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Un algoritmo per la terapia farmacologica del diabete di tipo 210
obiettivi terapeutici (standard), ma può influire anche sul-
la scelta del farmaco. È possibile che l’età del paziente
modifichi la risposta alle singole molecole; ad esempio, gli
inibitori della DPP4 sembrano essere più efficaci nei pa-
zienti più anziani [30]. Inoltre, nell’età avanzata, alcuni ef-
fetti collaterali (ad esempio, l’ipoglicemia) possono avere
conseguenze più gravi. Nei pazienti molto anziani e non
autonomi, le terapie iniettive, più complesse rispetto alle
altre, possono sottoporre a notevole stress i familiari o i
soggetti responsabili della cura.
6. Fattori psico-sociali. Nei pazienti che, indipendente-
mente dall’età, non sono autosufficienti nella somministra-
zione della terapia, i trattamenti iniettivi sono ovviamente
meno facili da attuare. L’insulina e gli agenti che inducono
ipoglicemia dovrebbero essere usati con maggior cautela
nei pazienti che, per attività lavorativa svolta, possono ave-
re conseguenze particolarmente gravi in caso di ipoglice-
mia (camionisti, addetti all’uso di macchinari, ecc.).
7. Quadro lipidico. L’ipertrigliceridemia ed il basso coleste-
rolo HDL si associano ad insulino-resistenza e potrebbe-
ro, almeno teoricamente, essere predittori di una miglio-
re risposta al pioglitazone.
8. C-peptide. I livelli circolanti di C-peptide sono un indice
approssimativo della secrezione insulinica residua; in pre-
senza di valori molto bassi, l’opportunità della terapia in-
sulinica dovrebbe essere sempre considerata.
9. Fattori genetici. È assai probabile che fattori genetici
modulino la risposta ai farmaci per il diabete; ciò è stato
dimostrato almeno per il pioglitazone e per le sulfanilu-
ree. Le indagini genetiche sono però ancora troppo com-
plesse e troppo costose, ed i fattori identificati non suffi-
cientemente predittivi, per ipotizzare una scelta del far-
maco sulla base del genotipo nella pratica clinica. È assai
probabile però che la ricerca dei prossimi anni aggiunge-
rà informazioni a questo riguardo. Per il momento, può
essere sufficiente ricordare che i pazienti di origine asiati-
ca sembrano rispondere particolarmente bene a farmaci
attivi sull’iperglicemia post-prandiale, come acarbose ed
inibitori della DPP4.
Questa lista di parametri, certamente incompleta, è già trop-
po lunga per la formulazione di un algoritmo praticamente
utilizzabile in clinica. Analogamente al Gruppo di Lavoro so-
pra citato [29], mi limiterò perciò a considerare i primi tre
(patologie concomitanti, peso corporeo e glicemie domicilia-
ri), che sembrano quelli clinicamente più importanti.
L’algoritmo personalizzatoLo schema per una scelta personalizzata del farmaco da ag-
giungere alla metformina è riportato nella Fig. 2. Gli agoni-
sti del recettore del GLP-1 inducono, oltre al miglioramen-
to della glicemia, un consistente calo ponderale [14]. Per
questo motivo, essi dovrebbero essere considerati come
farmaci di prima scelta nei pazienti obesi, almeno quando
esista una sufficiente motivazione del paziente a perdere
peso, tale da far accettare una terapia iniettiva. Nella scelta
della molecola, occorre tenere presente che, grazie alla
maggiore durata d’azione, liraglutide ha effetti lievemente
maggiori sull’emoglobina glicata e, soprattutto, riduce in
modo più consistente la glicemia a digiuno; exenatide, che
raggiunge concentrazioni molto elevate nelle ore immedia-
tamente successive a ciascuna somministrazione, ha effetti
più ampi sulla glicemia post-prandiale [32]. Qualora il pa-
ziente non accetti una terapia iniettiva, o quando esistano
ostacoli alla somministrazione per via sottocutanea (sog-
getti non autosufficienti, problemi articolari o visivi che ren-
dano impossibile l’auto-somministrazione, ecc.), allora si
dovrà procedere come nei pazienti normopeso o sovrap-
peso.
In questi casi, la guida dovrà essere nuovamente rappre-
sentata dai profili glicemici domiciliari. Nei pazienti con
iperglicemia prevalentemente a digiuno (cioè, quando l’in-
cremento post-prandiale della glicemia non è molto pro-
nunciato), il farmaco più efficace dovrebbe essere il piogli-
tazone; quando invece esistono ampie escursioni glicemi-
che dopo i pasti, la scelta più razionale è acarbose o l’ini-
bitore della DPP4.Tra queste due ultime opzioni, l’acarbo-
se ha un prezzo più basso ed ha maggiore facilità di pre-
scrizione, mentre l’inibitore DPP4 ha una migliore tollera-
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Un algoritmo per la terapia farmacologica del diabete di tipo 2 11
bilità. Nei casi in cui i farmaci sopra indicati non sono uti-
lizzabili per controindicazioni o effetti collaterali, si potrà ri-
correre a sulfaniluree e glinidi, tenendo presente che, per
la diversa cinetica, le sulfaniluree hanno un effetto più pro-
nunciato delle glinidi sulla glicemia a digiuno, mentre le gli-
nidi hanno maggior efficacia delle sulfaniluree sulla glicemia
post-prandiale (Figura 2).
La scelta del terzo farmacoQuando due farmaci in combinazione non sono più sufficien-
ti, se ne associa un terzo. Naturalmente, se il paziente si tro-
va in condizioni di grave scompenso glicometabolico, si ren-
derà necessaria l’aggiunta di insulina. La terapia insulinica do-
vrà essere considerata anche in quei casi in cui l’aumento del-
l’emoglobina glicata si associa ad una riduzione ponderale, o
quando i valori circolanti di C-peptide siano molto bassi (Fi-
gura 1). Per tutti gli altri casi, la scelta del farmaco da aggiun-
gere alla terapia corrente potrà essere fatta sulla base degli
stessi criteri sopra ricordati (peso corporeo e glicemie domi-
ciliari), sintetizzati nella Figura 2.
Naturalmente, non tutte le combinazioni di tre farmaci sono
possibili. Alcune non sono comprese nelle indicazioni dei far-
maci, a causa della mancanza di studi specifici; altre, pur essen-
do formalmente consentite, non sono razionali e quindi non
FIGURA 1. ALGORITMO PER LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEL DIABETE DI TIPO 2
Da impiegare per la scelta del secondo o del terzo farmacoIperFPG: iperglicemia prevalentemente a digiuno; IperPPG: iperglicemia prevalentemente post-prandiale; Pio: pioglitazone;DPP4: inibitori della DPP4; Aca: acarbose; SU: sulfaniluree; Repa: repaglinide; Lira: liraglutide; Exe: exenatide.
BMI
<30 >30
IperFPG IperPPG IperFPG IperPPG
Pio DPP4/Aca Lira Exe
SU Repa Pio DPP4/Aca
RepaSU
Prima scelta
Seconda scelta
Terza scelta
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Met SU Repa Aca Pio DPP4 GLP1 Ins
- si si si - si si si
- si si si si - no si
- si si - si si si si
- si si si si no - si
- - no si si si si si
- no - si si si si si
si - no si - si si si
si no - si - si si si
si si si - - si si si
si si si si - - no si
si si si si - no - si
si - no - si si si si
si no - - si si si si
si si si - si - no si
si si si - si no - si
si - no si si - no si
si no - si si - no si
si - no si si no - si
si no - si si no - si
Aggiunta a:
Met+Pio
Met+DPP4
Met+Aca
Met+GLP1
Met+SU
Met+Repa
Pio+SU
Pio+Repa
Pio+Aca
Pio+DPP4
Pio+GLP1
Aca+SU
Aca+Repa
Aca+DPP4
Aca+GLP1
DPP4+SU
DPP4+Repa
GLP1+SU
GLP1+Repa
TABELLA 4. COMBINAZIONI POSSIBILI IN TRIPLICE TERAPIA.
Met Metformina - SU Sulfaniluree - Repa Repaglinide - Aca Acarbose - Pio Pioglitazone;DPP4 Inibitori della DPP4 - GLP-1 Agonisti del recettore del GLP-1 - Ins Insulina
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dovrebbero essere utilizzate. Un riepilogo di tutte le combi-
nazioni possibili in triplice terapia è riportato nella Tabella 4.
ConclusioniIl progressivo ampliamento della gamma delle molecole di-
sponibili può migliorare in maniera notevole la qualità della
terapia farmacologica del diabete di tipo 2. Infatti, singoli pa-
zienti rispondono in maniera differente ai vari trattamenti;
quanto più numerose sono le opzioni disponibili, tanto più
accurata può essere la personalizzazione della terapia.
Purtroppo, i dati disponibili sui predittori di risposta ai singoli
farmaci, in termini di efficacia e tollerabilità, sono assai scarsi.Ciò
significa che qualsiasi algoritmo “personalizzato”, come quello
qui riportato o altri recentemente proposti [29], è opinabile e
soggetto a possibili revisioni. Considerando questa situazione,
molte società scientifiche preferiscono evitare di prendere po-
sizione e si limitano ad elencare una serie di opzioni, lasciando
la scelta nei singoli casi al “giudizio clinico del medico” (stan-
dard). Questo modo di procedere, che è assolutamente cor-
retto, espone però al rischio che le scelte effettive, nella prati-
ca clinica quotidiana, vengano fatte sulla base di elementi discu-
tibili (l’abitudine prescrittiva, la promozione commerciale dei
vari farmaci, esperienze precedenti su singoli casi non rappre-
sentative di un andamento più generale, ecc.), con risultati te-
rapeutici non ottimali. Penso perciò che sia utile sottoporre al-
l’attenzione della comunità medica tentativi, come questo, di si-
stematizzare i criteri per la personalizzazione della terapia, pur
nella consapevolezza della loro soggettività.
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