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Assessorato alle Attività Produttive, al Lavoro e al Litorale
“IL COMUNE DI ROMA E LA QUALITÀ DELLA VITA E DEI SERVIZI: azioni positive e di gender mainstreaming” Progetto di Azione Positiva finanziato nell’ambito della Legge 125/1991 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale N° Rif. 15/I/0006387
Gruppo di Lavoro UIL Coordinamento Pari Opportunità Grazia Brinchi Comune di Roma Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione Professionale e Lavoro U.O. Osservatorio sul mercato e le condizioni di lavoro Maria Maddalena Perna Ruggiero e Annalia Fiaccavento Progetto Donna Centro Studi per la ricerca e sviluppo delle pari opportunità Roberta Bortolucci, Maria Mantini Satta e Patrizia Randini Fondazione Giacomo Brodolini Silvia Sansonetti e Barbara De Micheli
Roma – Giugno 2010
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Comune di Roma
Dipartimento Attivita’ Economico-Produttive, Lavoro e Formazione U.O .Osservatorio sul Mercato e le Condizioni di Lavoro
Le ricerche sono state effettuate da:
Progetto Donna Centro Studi per la ricerca e sviluppo delle pari opportunità “Proposte di Modelli gestionali-organizzativi in ottica di genere per le pari opportunità” Fondazione Giacomo Brodolini “Valutazione in un’ottica di genere delle attività realizzate dal Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione Professionale e Lavoro del Comune di Roma” La ricerca qui pubblicata e stata realizzata anche grazie alla collaborazione delle dipendenti e dei dipendenti comunali: Damiano Colaiacomo (Dirigente Dipartimento Risorse Umane), Maria Rita Capponi (Dirigente Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e Salute), Mirella Rondinelli, Donatella Mulas, Gianna Nicoletti, Adelaide Norcia, Stefania Wyss, Patrizia Giganti, Irene Calia, Renato Mastrosanti, Maria Concetta Pierleoni, Maria Grazia Forte, Sandra Santarelli, Maria Biscione, Catia Gioia, Nicoletta Scottoni, Antonella Barile, cui va un particolare ringraziamento. Si ringraziano, inoltre, il Direttore del Dipartimento Attività economico-Produttive, Formazione Professionale e Lavoro Dott. Marcello Menichini ed il Direttore dell’Area Formazione e Lavoro Dott. Angelico Bonuccelli. La ricerca è stata presentata in un Convegno tenutosi in Campidoglio il 15 giugno 2010 ed organizzato dalla U.O. Osservatorio sul Mercato e le Condizioni di Lavoro del Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione e Lavoro, diretto dalla Dott.ssa Alessia Petruzzelli. L’organizzazione del convegno è stata curata da Maria Maddalena Perna Ruggiero, Annalia Fiaccavento, Rossella Ferrara. Il Coordinamento editoriale è di Maria Maddalena Perna Ruggiero Copertina: Foto di Agnese Emiliozzi Elaborazione grafica di Marcello Ponticelli
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Roma è la città in cui, secondo i dati sociodemologici, il tasso di
occupazione femminile è uno dei più alti della nazione.
Le donne rappresentano per la città una significativa forza
imprenditoriale sia nel mondo del commercio che dei servizi, ma anche
all’interno dell’Amministrazione comunale dove la presenza femminile
costituisce mediamente oltre il 60% della forza lavoro impiegata.
Nella dinamica del lavoro ogni donna deve trovare un proprio
percorso di conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa, che,
peraltro, una città complessa come Roma non facilita sia in quanto a
distanze e tempi di percorrenza eccessivi, sia in quanto a difficoltà di
accesso ad una rete dei servizi sempre più satura di richieste.
Tutto ciò crea innegabilmente per le donne una limitazione rispetto
alle opportunità di avanzamento di carriera ma anche semplicemente
rispetto alle possibilità di mantenimento del proprio ruolo all’interno
dell’organizzazione del lavoro.
La ricerca che presentiamo, sostenuta dal Ministero del Lavoro e
condotta in partnership da UIL con l’Osservatorio sul Mercato e le
Condizioni di Lavoro, Centro Studi Progetto Donna e la Fondazione
Giacomo Brodolini, ci ha dato la possibilità di percepire che la politica delle
pari opportunità si avvia verso una svolta sistematica in grado di passare
dalle buone prassi ad una vera e propria metodologia nell’organizzazione
del lavoro.
La metodologia consiste in un sistema di approccio alle
problematiche del lavoro che attraversa la programmazione delle politiche
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del personale passando per la programmazione delle risorse finanziarie
senza mai prescindere dal “dato di genere”.
La strategia di adozione della metodologia proposta nello studio è,
per quanto mi compete, promuovere un momento di condivisione con tutti
gli addetti ai lavori affinché la valorizzazione del lavoro femminile divenga
prassi consolidata all’interno dell’Amministrazione comunale e non solo.
Dott. Davide Bordoni
Assessore alle Attività Produttive,
Lavoro e Litorale
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Presentazione A partire dagli anni ’70, le esigenze ed i bisogni derivati dai cambiamenti indotti dalla massiccia partecipazione delle donne al lavoro; dalla trasformazione delle economie nazionali e globali; dallo sviluppo e l’uso diffuso delle ICT; dal forte aumento delle famiglie in cui entrambi i partner lavorano; dall’alto livello di istruzione raggiunto dalle donne che ha superato quello degli uomini; dalla bassa natalità, hanno avuto come conseguenza un deciso ripensamento della centralità delle risorse umane in ordine allo stretto rapporto tra qualità della vita personale e lavorativa, qualità dei prodotti/servizi ed inclusione sociale. Il mondo del lavoro ha affrontato e sviluppato un processo straordinario con importanti ripercussioni sulla società civile, introducendo il concetto e le strategie del gender mainstreaming all’interno delle scelte politiche in materia di gestione e organizzazione del lavoro e di inclusione sociale. Parallelamente è sorta e ha sempre più preso piede la nuova attenzione alle possibilità che le politiche pubbliche nel loro complesso hanno di incidere sulla vita quotidiana delle persone. Ci si è altresì sempre più resi conto che le scelte pubbliche però hanno effetti diversi a seconda delle caratteristiche di ciascuno e che tra queste ultime il genere è una di quelle che differenzia maggiormente. Uomini e donne hanno percorsi di vita diversi ed esperiscono condizioni di vita diverse. Di ciò non può non tenersi conto quando si disegnano interventi in tutti i settori, primi tra tutti quelli che riguardano direttamente i servizi alle persone. È sempre più diffusa, sia presso gli esperti che presso i politici, la consapevolezza circa:
• l’importanza della qualità della gestione delle risorse umane e la stretta relazione della qualità dei prodotti/servizi con la valorizzazione delle differenze, prima fra tutte la differenza di genere
• l’impatto delle scelte politiche , infatti le politiche non sono neutre perché hanno un diverso impatto per le donne e gli uomini in relazione ai diversi bisogni, priorità, condizioni e aspettative di vita di ciascuno
Tale consapevolezza ha portato alla necessità di assumere diverse ottiche, strategie e decisioni per migliorare la qualità della vita e del lavoro e le concrete politiche di sviluppo e di inclusione, onde eliminare progressivamente ogni forma di discriminazione a partire da quella di genere. Questa ultima incide pesantemente sulle politiche e quindi sui bilanci pubblici che ne sono il principale strumento e penalizza i soggetti più deboli, nella maggior parte dei casi le donne, trasformandosi in questo modo in un onere per l’intera società che è stato definito costo della “Non Equality”. Le Pubbliche Amministrazioni, a fatica hanno accettato l’introduzione delle strategie di pari opportunità tanto per migliorare le condizioni dei propri dipendenti (anche a causa delle tipicità organizzative interne ancorate ad un modello gerarchico fortemente verticistico del lavoro), quanto nel definire le politiche
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pubbliche rivolte più in generale alla cittadinanza e nell’adottare opportuni strumenti valutativi in un’ottica di genere. Se la Direttiva 994 del 2007 ha introdotto di forza le strategie di Gender Mainstreaming anche all’interno delle Pubbliche Amministrazioni (colmando un gap organizzativo estremamente evidente rispetto alle Aziende private), con l’indicazione di piani di sviluppo per la valorizzazione delle risorse umane in un’ottica di reciproca convenienza , non si sono registrate iniziative analoghe per le politiche pubbliche nel nostro paese, al di fuori dell’intervento pubblico sostenuto della Unione Europea tramite i Fondi Strutturali, per il quale è maturata negli ultimi trenta anni un’attenzione specifica al tema delle pari opportunità di genere elaborando strumenti atti alla programmazione, all’implementazione e al monitoraggio/valutazione in un’ottica di genere. Il progetto “Il Comune di Roma e la qualità della vita e dei servizi: Azioni Positive e Gender Mainstreaming”, non si è soltanto posto l’obiettivo di rispondere puntualmente alle indicazioni della Direttiva (in quanto va a proporre all’ Amministrazione Comunale della Capitale italiana modelli organizzativi per fronteggiare le criticità relative alla gestione delle Risorse Umane - che preferiremmo definire PERSONE- e alla organizzazione del lavoro), ma ci si è voluti spingere oltre offrendo l’opportunità di elaborare strumenti ad hoc per poter programmare e monitorare/valutare politiche pubbliche in un’ottica di genere, per contribuire concretamente al miglioramento delle condizioni di vita degli uomini e delle donne a Roma.
Con questo progetto, abbiamo dato l’avvio ad un processo di cambiamento che porterà inevitabilmente, da un lato, a migliorare la modalità di gestione del personale e, dall’altro, ad adottare politiche di gestione e sviluppo complesse e assai articolate per il miglioramento della qualità dei servizi offerti alla cittadinanza romana con un’attenzione diversa agli effetti che tali politiche potranno avere per uomini e donne. I partner interessati, ossia il Comune di Roma , PROGETTO DONNA Centro Studi per la Ricerca e Sviluppo delle Pari Opportunità; la Fondazione Giacomo Brodolini e l’Organizzazione Sindacale UIL, attraverso il suo Coordinamento Pari Opportunità , hanno inteso creare nel personale dell’Amministrazione comunale la consapevolezza della importanza e delle conseguenze che l’ottica di genere può determinare a livello individuale e sociale e, al contempo, fornire metodologie e strumenti per avviare e gestire la qualità del lavoro dei dipendenti e dei servizi che questi stessi sono deputati ad offrire alla cittadinanza. In relazione agli interventi previsti dal progetto ed alle diverse metodologie di realizzazione, Progetto Donna, Centro Studi per la Ricerca e Sviluppo delle Pari Opportunità, ha curato e sviluppato la strategia di intervento A), rivolta alle ed ai dipendenti del Comune di Roma, elaborando modelli di sistema, di organizzazione del lavoro e di gestione delle risorse umane, in un’ottica di uguaglianza e valorizzazione delle differenze di genere. I modelli proposti consentono di adottare soluzioni innovative rispetto alla presa di decisioni e alla gestione di alcuni processi quali la formazione, lo sviluppo
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professionale e di carriera. Il Comune di Roma, come ogni altro contesto organizzativo, non è un luogo neutro poiché quando ci si reca al lavoro alla mattina, non si lascia la propria identità di genere fuori, sulla strada, ma la si porta con sé. E questo ha una forte rilevanza rispetto al proprio agire i ruoli e alla gestione del sistema di relazioni; rispetto alle priorità e condizioni e, quindi, alla motivazione e partecipazione al lavoro; rispetto al riconoscimento dei bisogni di crescita professionale e personale, oltre ogni stereotipo e pregiudizio a causa del genere. Capire, riconoscere e valorizzare queste differenze in termini di competenze e bisogni ha oggi un forte impatto sulla qualità del sistema Comune di Roma, inteso come qualità del servizio/prodotto e della vita/lavoro di donne e uomini. Sarà offrendo concrete opportunità di sviluppo professionale e rimuovendo gli ostacoli che si frappongono alla valorizzazione professionale/personale e allo sviluppo di carriere per uomini e donne, che il miglioramento potrà essere qualitativamente e quantitativamente misurabile non solo in termini di soddisfacimento del personale interno , ma anche – e per una Amministrazione pubblica questo non è poco - in termini di efficienza dei servizi erogati che si traducono in benefici economici. La Fondazione Giacomo Brodolini si è occupata dell’implementazione della strategia di intervento B), rivolta alle cittadine e cittadini del Comune di Roma: ha proposto e sperimentato una metodologia e degli strumenti per la valutazione in un’ottica di genere delle attività realizzate dall’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività Economico Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di Roma a partire dall’esame della documentazione relativa alla spesa per l’anno 2008. Il percorso di valutazione ha riguardato programmi, misure e progetti attualmente ancora in corso di realizzazione che potessero presentare un impatto diretto o indiretto, rilevante in una prospettiva di genere. Esso si è realizzato attraverso: un’analisi di contesto; l’analisi dei progetti svolti negli ultimi due anni dall’Area Formazione e Lavoro; la selezione di un campione di progetti su cui realizzare un’analisi approfondita; la lettura ed analisi dei documenti di programmazione e bilancio; la realizzazione di interviste con gli interlocutori privilegiati; la stesura di un report di progetto, contenente i risultati emersi. Anche per l’analisi del bilancio del Comune di Roma, l’approccio di genere è tanto più opportuno perché tutte le politiche condotte in ambito pubblico non sono neutre o neutrali rispetto ai cittadini che intercettano, ma assumono effetti e conseguenze diversi a seconda se questi siano uomini o donne.
L’Osservatorio sul Mercato e le condizioni di Lavoro, Unità Organizzativa del Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di Roma, ha partecipato al progetto con un ruolo di indirizzo delle fasi di indagine legate all’attuazione delle due strategie di intervento, ha coadiuvato le ricercatrici del Centro Studi Progetto Donna e della Fondazione Giacomo Brodolini nella individuazione degli ambiti dell’Amministrazione comunale verso i quali dirigere ricerche ed interviste finalizzate alla stesura della ricerca, ha organizzato i seminari intermedi in cui sono stati presentati gli stati di avanzamento della ricerca di seguito pubblicata, di cui ha curato infine il coordinamento editoriale.
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Il Coordinamento Pari Opportunità della UIL , ha proposto e successivamente coordinato tutte le fasi del Progetto che, per la sua novità sperimentale, può costituire una Best Praxis estremamente interessante per il contesto dove la stessa è stata testata: la città di Roma, con i suoi oltre 5 milioni di abitanti e tutte le complessità che la gestione di una grande metropoli comportano e che direttamente influiscono sulla qualità della vita dei suoi cittadini, uomini e donne .
M. Grazia Brinchi - UIL Nazionale
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Proposte di Modelli Gestionali-Organizzativi in ottica di genere per le pari opportunità al Comune di Roma
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CONTENUTO
PREMESSA
♦ PERCHÉ PARI OPPORTUNITÀ
♦ QUADRO METODOLOGICO
PROPOSTE DI MODELLI
♦ Il contesto ‘Comune di Roma’ e un modello di sistema per le pari
opportunità
♦ La Formazione
♦ Sviluppo Professionale e Carriera
♦ La Gestione della Maternità
♦ Il Telelavoro e lo Studio di Fattibilità
♦ Due percorsi formativi sulle pari opportunità per dirigenti e donne
APPROFONDIMENTI
♦ Da dove e come cominciare
APPENDICI
♦ Appendice 1
Sintesi della ‘Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e
donne nelle amministrazioni pubbliche’, 0994 del 23/5/2007
♦ Appendice 2
Alcuni stralci dalle interviste in profondità a 12 donne del Comune di Roma
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La valorizzazione delle persone, donne e uomini, è un elemento fondamentale per la realizzazione di questo cambiamento e richiede politiche di gestione e sviluppo delle risorse umane articolate e complesse, coerenti con gli obiettivi di miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese. Occorre, pertanto, migliorare la qualità del lavoro, fornire nuove opportunità di sviluppo professionale e rimuovere tutti gli ostacoli che ancora si frappongono alla valorizzazione professionale e allo sviluppo di pari opportunità di carriera per i lavoratori e le lavoratrici. Valorizzare le differenze è un fattore di qualità dell’azione amministrativa: attuare le pari opportunità significa, quindi, innalzare il livello dei servizi con la finalità di rispondere con più efficacia ed efficienza ai bisogni delle cittadine e dei cittadini.
da: DIRETTIVA SULLE MISURE PER ATTUARE PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMINI E DONNE NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE – n° 0994 del 23.5 .2007
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PREMESSA
Uno dei due obiettivi principali del progetto “Il Comune di Roma e la qualità della
vita e dei servizi: azioni positive e di gender mainstreaming”, è quello di offrire
modelli di riferimento per la ottimizzazione delle risorse umane in ottica di genere
con particolare riferimento alle risorse femminili.
Nei mesi di novembre e dicembre 2009 Progetto Donna ha realizzato interviste in
profondità a un gruppo significativo di donne dipendenti del Comune di Roma
(dirigenti e Posizioni Organizzative), su tematiche relative alle pari opportunità sia
in termini di cultura, gestione e organizzazione del lavoro, sia per quanto riguarda
le loro esperienze e percezione di clima e prassi di pari opportunità.
Sulla base delle criticità emerse - che fanno riferimento principalmente alla
gestione delle Risorse Umane, l’organizzazione del lavoro, il rientro dalla
maternità, la formazione, lo sviluppo e carriera, la circolazione delle informazioni, la
motivazione, la cultura diffusa di pari opportunità, le donne stesse (per esempio
per quanto riguarda la consapevolezza delle pari opportunità, autostima ed
empowerment) - abbiamo elaborato modelli, percorsi formativi, piani di fattibilità,
metodologie di processo e di sistema.
Alcune delle proposte rappresentano modelli e quindi dei percorsi ideali, altre sono
adattate sulla situazione specifica del Comune di Roma.
I punti di riferimento sono state le strategie del Gender Mainstreaming (GM) e le
azioni positive così come indicato nella Direttiva per le P.P.A.A. 0994 del 23
maggio 2007.
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PERCHÉ PARI OPPORTUNITÀ
Perché pari opportunità?
Perché la composizione della forza lavoro è fortemente cambiata in questi ultimi
decenni sia per genere che per livello di istruzione - è molto aumentata la presenza
di donne con qualifiche medio/alte - ma non sono cambiate sostanzialmente la
cultura organizzativa e la organizzazione del lavoro, modellate su di una realtà
sociale ed economica obsoleta.
Perché pari opportunità e qualità del servizio/prodotto e della vita/lavoro delle
donne e uomini, sono diventati inscindibili.
Perché la diversità nella presa di decisione porta valore aggiunto
Spesso i manager delle Risorse Umane ci dicono che le tematiche di genere non
hanno nessuna ragion d’essere in quanto l’organizzazione è neutra, né maschile
né femminile, quello che conta sono i risultati e le competenze. Ebbene, questi
manager tralasciano di prendere in considerazione tutti i fattori di processo che
portano a quei risultati e alla attivazione di quelle competenze (che sono
fortemente influenzati dalla motivazione e dal contesto).
Quando donne e uomini entrano nei luoghi di lavoro, non lasciano fuori della porta
la loro identità di genere, identità che deriva dalla differenza biologica così come
dalla socializzazione e dal contesto e questa differenza incide fortemente sul modo
di gestire i ruoli e il sistema di relazioni, sul modo di affrontare e risolvere i
problemi, sui bisogni e priorità.
La non considerazione delle diversità di genere porta, per esempio, alla non
gestione della maternità da parte dei responsabili, alla emarginazione della donna
al rientro in quanto è considerata una risorsa su cui non si può più contare,
mettendo in moto un frequente processo di emarginazione e auto-emarginazione;
porta, ancora, alla mancata presenza delle donne alle riunioni perché le
convocazione sono fatte nel tardo pomeriggio per cui chi ha problemi di
conciliazione non può partecipare dando il via ad una emarginazione dai flussi
strategici di informazione/comunicazione.
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Giorno per giorno i dipendenti decidono se mettere a disposizione del datore di
lavoro o tenere per sé, qualità come iniziativa, creatività e passione, ambizioni e
progetti individuali. Quindi occuparsi di risorse umane oggi richiede sempre di più
abilità comportamentali e di intelligenza emotiva, perché la motivazione al lavoro
non si ottiene con modalità coercitive e gli individui posseggono un cuore e un
cervello e li ‘portano’ entrambi al lavoro.
Inoltre oggi le organizzazioni hanno la necessità, per ottenere il massimo
dell’efficacia e dell’efficienza nell’erogazione di un servizio di qualità ai propri
clienti, di essere il più possibile flessibili, adattabili, innovative, creative, in
apprendimento continuo.
Un’altra conseguenza degli atteggiamenti di discriminazione ed emarginazione
delle donne è la mancata diversità di genere negli organi decisionali ai livelli alti e
di vertice con la perdita del valore aggiunto che deriva della diversità dei punti di
vista, dei diversi modi di affrontare e risolvere i problemi.
Obsolete modalità organizzative quindi, abbinate ad atteggiamenti di
discriminazione più o meno consapevoli verso la donna, che rappresenta
comunque un competitor, hanno come conseguenza una mancata valorizzazione
in termini di lavoro svolto, di mancate occasioni di sviluppo ed emarginazione dai
luoghi decisionali.
L’organizzazione paga quindi l’innestarsi del circolo vizioso sia in termini di qualità
del lavoro che in termini di qualità delle decisioni, paga quello che gli economisti
anglosassoni definiscono come ‘the cost of non equality’ facendo appunto
riferimento ai fattori che abbiamo evidenziato.
Alti costi sono pagati anche dalle donne che fanno carriera.
La maggior parte di loro racconta lo stesso tipo di percorso: hanno dovuto
dimostrare sempre dieci volte il loro valore rispetto agli uomini, hanno dovuto
assumere atteggiamenti e comportamenti (stili di leadership) maschili per farsi
accettare dal gruppo, hanno rinunciato alla famiglia. Non è un caso che le
statistiche dimostrino che le donne che hanno raggiunto alti livelli di carriera
presentino basse percentuali di matrimonio e di figli mentre per gli uomini è
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esattamente il contrario. E questo è uno dei costi sociali che ci vede tra i paesi a
minor tasso di natalità in Europa.
Nella pubblicazione “Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro
nelle amministrazioni pubbliche”1, sono sottolineate le tre grandi sfide che devono
affrontare le amministrazioni pubbliche:
1. La prima sfida è quella di rendere attrattive le amministrazioni pubbliche per i
talenti migliori.
2. La seconda sfida riguarda la capacità delle amministrazioni di sviluppare un
maggiore senso di appartenenza e motivazione tra le persone che operano nei
servizi pubblici.
3. La terza sfida a cui sono poste di fronte le amministrazioni pubbliche è quella
dell’adeguamento delle capacità e delle competenze degli operatori.
Dai risultati emersi dalle interviste, risulta evidente di come le tematiche di pari
opportunità rientrino a pieno titolo tra gli obiettivi e modalità che le amministrazioni
pubbliche devono adottare per vincere le tre sfide.
L’obiettivo di queste proposte è quello appunto di fornire strumenti e spunti di
lavoro per il cambiamento.
1 Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, a cura di Francesco Avallone e Mauro Bonaretti, Dipartimento della funzione pubblica. Ufficio per l’Innovazione delle Pubbliche Amministrazioni, 2003
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QUADRO METODOLOGICO
Il primo capitolo propone modelli che fanno riferimento alle criticità emerse dalle
interviste e il secondo un approfondimento metodologico di sistema, sviluppato in 5
Passi.
I modelli fanno riferimento alla cultura, alla gestione dei processi, alla formazione
delle risorse umane, alle strutture/organismi per la gestione delle pari opportunità
e affrontano quindi ambiti distinti ma che sono strettamente interconnessi e
interdipendenti in quanto l’uno necessita del sostegno fattivo e della qualità
dell’altro.
Gli interventi proposti potranno avere efficacia se adottati all’interno di un sistema
- il Comune di Roma - che pone le pari opportunità quale uno dei fattori strategici
per la qualità dell’organizzazione, del prodotto/servizio, della vita di donne e
uomini. Ma questo non è sufficiente se non si crea un sistema di
organismi/strutture preposte alle fasi operative per l’implementazione, le verifiche
e le valutazioni, che facciano da anello di congiunzione tra le decisioni politiche e
l’esecutivo per la loro realizzazione.
Affinché ‘i decisori’ acquisiscano consapevolezza e strumenti sul valore delle Pari
Opportunità, è necessario che siano in grado di gestire in ottica di genere i
processi gender-sensitive come la formazione, lo sviluppo professionale e carriera,
la maternità.
Il terzo gruppo chiamato in causa sono le donne stesse perché conoscono poco
le Pari Opportunità, perché troppo spesso l’autostima è carente e l’empowerment
molto debole e perché è importante che siano parte attiva nella valorizzazione
delle loro risorse e competenze.
Schema di intervento proposto
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OBIETTIVI AZIONI
Creare un sistema (politici, strutture,
referenti e responsabili) che opera in
ottica di pari opportunità seguendo
un percorso circolare in cui sono
definiti gli obiettivi, assegnate le
responsabilità, implementate le
azioni, verificati i risultati, valutati gli
impatti e le persone responsabili
Creazione di un sistema coordinato di
organismi/strutture che si occupano di
pari opportunità, ognuna con obiettivi,
compiti e responsabilità
Creazione, approvazione e
implementazione del Piano di Azioni
Positive e verifica dei risultati per
decidere il Piano dell’anno successivo
Sensibilizzare i decisori Attività seminariale per acquisire
informazioni, conoscenze, strumenti
Dare strumenti operativi ai decisori Sviluppo di alcuni processi e
organizzazione del lavoro in ottica di
genere:
- la formazione
- lo sviluppo professionale e la carriera
- la maternità e il rientro
- il telelavoro
Sensibilizzare le donne Attività formativa per la
consapevolezza, il rafforzamento di
autostima ed empowerment
Naturalmente le proposte di cambiamento devono essere programmate e
implementate gradualmente, step-by-step, per dare modo e tempo a tutti gli attori
coinvolti di adeguarsi a nuovi modelli e procedure.
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MODELLO
Il contesto ‘Comune di Roma’ e un modello di sistema di base per le pari
opportunità
Il Comune dispone attualmente di due strumenti significativi per poter pianificare e
risolvere le criticità dell’Ente rispetto alle pari opportunità: Il Piano Triennale delle
Azioni Positive ex art. 7 del D.Lgs. n.196/2000, in fase propositiva, nel quale si
definiscono obiettivi, criticità, azioni; e lo Statuto del Comune di Roma, nel quale
vengono fissati i principi e le azioni da intraprendere per la promozione delle pari
opportunità.
Nell’art. 4 dello Statuto si afferma che “il Comune adotta piani di azioni positive
volte, tra l'altro, a:
a) operare la ricognizione degli ostacoli all'accesso ed alla carriera delle donne nel
mondo del lavoro;
b) promuovere, con adeguati mezzi di sollecitazione, l'accesso delle donne nei
settori con insufficiente rappresentanza femminile e riequilibrare la presenza delle
donne nei centri decisionali e nei settori tecnologicamente avanzati’.
Nell’art. 5 si afferma “che nel nominare i componenti della Giunta Comunale, i
responsabili degli uffici e dei servizi nonché nell'attribuire e definire gli incarichi
dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, il Sindaco assicuri una presenza
equilibrata di uomini e di donne, motivando le scelte operate con specifico
riferimento al principio di pari opportunità.
Nella Premessa alla proposta di ‘Piano di Azioni Positive (P.A.P.). Triennio 2009-
2011’, predisposto dal Dipartimento Risorse Umane - U.O. Formazione Servizio
Civile – Pari Opportunità, è presentata una rapida analisi di genere del personale
del Comune di Roma.
Nonostante i sopra citati articoli dello Statuto che garantiscono e promuovono le
pari opportunità corre l’obbligo di rilevare che ad oggi, per quanto riguarda la
dotazione organica, relativa a giugno 2008, su 24.734 unità le donne
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rappresentano il 65% del totale ma le donne dirigenti sono solo 108 contro 174
uomini. In sostanza si ripete il modello classico in cui ai livelli medio bassi le donne
sono la maggioranza mentre calano drasticamente ai livelli medio alti, in particolare
a livello dirigenziale.
Gli obiettivi che il Piano si pone per il triennio di riferimento sono enunciati nell’art
1 del Piano medesimo e spaziano dalla realizzazione di studi e indagini sul
personale a sostegno della promozione delle pari opportunità, alla facilitazione
delle forme di flessibilità orarie finalizzate al superamento di specifiche situazioni di
disagio, alla promozione della comunicazione e la diffusione delle informazioni sui
temi delle pari opportunità.
Vengono inoltre proposte delle tabelle per la raccolta dei dati disaggregati per
genere per il monitoraggio del personale.
Negli articoli successivi, rispetto ad ogni obiettivo, sono descritti gli impegni e gli
interventi del Comune per la soluzione delle criticità emerse così come i possibili
progetti da realizzare nel triennio.
Attualmente gli organismi/rappresentanze per le pari opportunità del Comune
sono: la U.O. Formazione Servizio Civile – Pari Opportunità, del Dipartimento
Risorse Umane, la delegata del Sindaco, La commissione delle Elette, il Comitato
per le Pari Opportunità (CPO).
Rispetto a quanto già esistente e agli obiettivi dei Piani Triennali e allo Statuto,
proponiamo un modello di sistema con le caratteristiche imprescindibili di base
affinché sia possibile il suo funzionamento e garantita la realizzazione di principi e
programmi, oltre alla loro semplice enunciazione.
Modello proposto 1:
* Obiettivi
Creare un sistema coordinato di organismi/strutture che agiscono di concerto, ma
ognuna con compiti specifici, per mettere in moto - programmare, realizzare
interventi, monitorare e valutare - il processo necessario per implementare le pari
opportunità
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* Metodologia
Assegnare agli organismi esistenti compiti e responsabilità precisi sia per le loro
azioni che per il coordinamento con gli altri organismi preposti alla gestione delle
pari opportunità
* Risultati
Realizzazione di un percorso finalizzato alla implementazione delle pari
opportunità in cui a ciascuno sono dati compiti e responsabilità
Modello proposto 2:
* Obiettivi
Creare una organizzazione consapevole, che opera tenendo presente i valori,
principi e metodi del G.M. per realizzare pari opportunità e prevenire le
discriminazioni, in sintesi per creare qualità sostanziale del prodotto/servizio e
della vita/lavoro di donne e uomini.
* Metodologia
Affinché gli interventi per le Pari Opportunità vengano realizzati in maniera non
coordinata, a spot, dipendenti dalla volontà del singolo, è necessario che l’Ente
adotti un Piano interno di sistema dedicato alle pari opportunità.
Gli elementi del Piano devono includere:
- impegno chiaro e condiviso sulla uguaglianza e valorizzazione della differenza di
genere
- individuazione del gruppo di lavoro delle persone esperte/strutture e del
responsabile del processo
- analisi dei dati quantitativa e qualitativa su organizzazione, risorse e processi
- analisi delle criticità esistenti
- scelta degli obiettivi primari e secondari da raggiungere con la definizione dei
tempi e degli indicatori
- programmazione delle azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi
- budget dedicato
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- organismi di riferimento quale parte attiva del cambiamento, che creano una rete
per il passaggio di informazioni, strumenti, risultati
- report annuale dei risultati, valutazione degli impatti, valutazione dei responsabili
e programmazione per l’anno successivo
*Risultati:
Cambiamento di cultura diffusa, maggiore consapevolezza e conoscenza a tutti i
livelli, punti di riferimento disponili a tutti, maggior qualità di servizio/prodotto e vita
personale/famigliare.
(per la gestione del sistema - organi politici e strutture/organismi di supporto per la
realizzazione degli obiettivi definiti - vedere il capitolo Approfondimenti)
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MODELLO
La Formazione
Situazione rilevata:
La formazione risulta essere scarsamente programmata e non collegata alla
valutazione delle prestazioni e quindi alla pianificazione di interventi formativi mirati
allo sviluppo professionale di ogni singola persona.
Maggiori criticità emerse:
- scarsità di informazioni sulle offerte formative che non sempre è possibile reperire
- sensazione che sia un ambito riservato a pochi e a cui non è dato a tutti poter
accedere
- formazione o fatta su base volontaria basata sulla iniziativa del singolo, oppure
secondo scelte del direttore che risultano poco trasparenti
- mancata indagine preventiva sui bisogni di conciliazione di chi partecipa e quindi
organizzazione che non tiene conto di questi bisogni
- organizzazione della formazione che non permette nel contempo di lavorare
- opinione diffusa che sia o privilegio o perdita di tempo
Ne emerge indubbiamente un quadro in cui la formazione è un po’ casuale,
lasciata alla iniziativa delle singole persone, siano collaboratori/trici o decisori e
che poco incide sulla crescita e sviluppo personali.
Nota
Il processo di formazione delle Risorse Umane si articola attraverso diverse fasi
che vanno dall’analisi dei bisogni, alla progettazione, erogazione e valutazione.
Ciascuna di queste fasi va realizzata tenendo in considerazione i bisogni, le
condizioni e le motivazioni delle donne (e degli uomini), anche in considerazione
del fatto che la formazione è uno strumento fondamentale sia per lo sviluppo e la
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carriera così come per il riequilibrio di genere negli ambiti in cui le donne sono
sottorappresentate.
I possibili elementi di criticità legati alla formazione riguardano:
- la pianificazione programmata
- la possibilità di accedervi
- la possibilità di frequentare rispetto alle modalità di erogazione
- le modalità di supporti forniti
- le modalità didattiche e gli stili trasmessi
Modello proposto:
* Obiettivi:
La formazione deve contribuire a:
a livello di sistema ,
- mantenere e sviluppare le competenze per la qualità delle risorse e quindi
la qualità del sistema, servizio/prodotto
- riequilibrare la presenza di donne e uomini ai vari livelli, in particolare
quelli alti e di vertice
- riequilibrare la presenza di un genere rispetto all’altro in settori in cui è
sotto-rappresentato
a livello della singola risorsa donna deve
- favorire lo sviluppo professionale e la carriera, nel rispetto dei bisogni di
conciliazione di ciascuno, indipendentemente dai livelli e condizioni
contrattuali.
a livello di dirigenti deve:
- formare i dirigenti sulle tematiche di pari opportunità tramite percorsi mirati
e deve essere presente tra i moduli dei percorsi formativi sui temi
gestionali-organizzativi
A livello di programmazione è importante che:
31
- la formazione sia programmata dai superiori insieme ai/lle collaboratori/trici
attraverso un’analisi dei fabbisogni a seguito dei risultati dei
colloqui/schede relativi alla valutazione delle prestazioni
- i bisogni formativi dell’Ente siano concordati tra i dirigenti in modo da
coordinare gli interventi rispetto alle singole persone/gruppi/servizi
- il responsabile organizzativo della formazione raccolga le esigenze di chi
va in formazione rispetto ai luoghi e agli orari così da soddisfare le possibili
esigenze di conciliazione; in particolare, se la formazione si svolge fuori
dall’orario di lavoro, sia fornito un supporto pratico/organizzativo o
economico; in generale far sì che i percorsi formativi siano progettati con
metodologie flessibili e rispettose delle esigenze dei/lle corsisti/e
- ci sia una verifica sulle competenze dei docenti relativa alle differenze di
genere in riferimento alle modalità di apprendimento, alle dinamiche d’aula,
alle diverse metodologie e stili
* Punti di attenzione:
- dare a tutti la possibilità di accedere alla formazione facendo circolare le
informazioni, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, comprese le
donne a part-time e le atipiche
- sollecitare e raccogliere i bisogni formativi delle donne al rientro da lunghi
periodi di congedo
- porre attenzione ai bisogni formativi delle donne over 50 per
l’aggiornamento delle competenze
* Dopo la formazione:
- conclusione delle attività formative con una valutazione rispetto alla
situazione in ingresso e in uscita
- inserimento dei risultati della formazione nei curriculum vitae delle singole
persone quale strumento conoscitivo per incarichi, promozioni,…
Gli interventi formativi devono essere anche una opportunità dell’Ente di
raggiungere obiettivi specifici di pari opportunità e quindi è importante che:
32
- siano inseriti dei moduli sulle differenze di genere e sugli stereotipi basati
sul genere nella formazione a tutti i livelli, compresi i dirigenti
- sia favorita la formazione delle donne per ruoli non tipicamente femminili,
in posizioni/ambiti in cui sono sottorappresentate
- siano raccolti dati disaggregati relativi alla formazione e indagati i risultati,
la frequenza, la motivazione, i motivi di rinunce e ritiri
- ci siano strumenti di monitoraggio in grado di rilevare eventuali
discriminazioni dirette/indirette in relazione alla posizione, al genere, all’età
o ai carichi familiari
- siano formate donne al termine della loro carriera per fare da mentor alle
nuove arrivate o per accompagnare il processo delle donne al rientro
- si tenga presente oltre alla formazione tecnico-professionale anche quella
relativa all’autostima e all’empowerment delle donne
* Risultati previsti
A livello di sistema:
- migliore qualità del servizio/prodotto per aumentata qualità delle competenze
delle risorse
- maggior equilibrio di genere ai livelli medio-alti
A livello individuale:
- migliori possibilità di sviluppo e carriera
- maggior motivazione
33
MODELLO
Sviluppo Professionale e Carriera
Situazione rilevata:
Sono molteplici i motivi per cui le donne hanno difficoltà ad accedere ai posti alti e
di vertice emersi dalle interviste:
- la presenza femminile qualificata e l’alto livello di istruzione sono fattori
recenti a cui gli uomini hanno difficoltà ad adeguarsi
- permangono stereotipi diffusi secondo i quali le donne non posso dedicarsi
a sufficienza al lavoro poiché hanno impegni di cura
- difficoltà da parte dei dirigenti uomini ad accettare le donne perché è più
semplice relazionarsi con colleghi del proprio genere
- organizzazione del lavoro, soprattutto dei tempi, modellata sulle
disponibilità e sulle esigenze maschili
- generale scarsa valorizzazione delle competenze trasversali in cui le
donne eccellono
- ingerenza di fattori altri, non pertinenti rispetto alle competenze e qualità
del lavoro e dei risultati
Si tratta di un insieme di fattori che fanno riferimento alla consapevolezza e
conoscenza (conoscere e gestire le differenze di genere), alla discriminazione
(dare valore rispetto al genere), alle competenze manageriali (motivare,
coinvolgere, valorizzare).
Modello proposto:
* Obiettivi:
Raggiungere un equilibrio di genere ai livelli medio alti superando discriminazioni
basate sul sesso sia quale giusto riconoscimento della qualità del lavoro delle
singole persone sia perché la scarsa presenza delle donne alle posizioni alte e di
vertice rappresenta un danno per l’intera organizzazione che non può così trarre
vantaggio dalle competenze e dalle capacità di un bacino di risorse - qualificato ma
34
sottovalorizzato - poiché la diversità porta innovazione e creatività, molto più di una
classe dirigente culturalmente omogenea.
* Metodologia:
Per realizzare questi obiettivi, molteplici sono gli interventi e le attività da
realizzare, a vari livelli. Di particolare rilievo è il livello di conoscenza da parte dei
responsabili/decisori rispetto a parità/valore della differenza/qualità del sistema e
gestione in ottica di genere dei processi gender-sensitive.
È necessario che il sistema ovvero i dirigenti in particolare, siano in grado di:
- conoscere e acquisire capacità di analisi dei dati disaggregati per genere
sugli sviluppi di carriera, comprese le attività formative frequentate e i
risultati in termini di competenze acquisite
- fare un’analisi di genere delle carriere, ricercando le motivazioni degli
squilibri di genere e indagando i fattori che ostacolano la carriera delle
donne, compreso l’organizzazione del lavoro, conciliazione, stereotipi
- adottare piani di sviluppo delle Risorse Umane impostati su una visione
strategica in relazione alla valorizzazione delle diversità, il rafforzamento
dell’empowerment e il riequilibrio di genere in tutte le posizioni
Per la circolazione delle informazioni e la comunicazione, è necessario:
- migliorare la comunicazione interna riguardo alle posizioni da ricoprire e le
modalità di reclutamento e selezione; creare canali di informazione sulle
posizioni aperte all’interno dell’organizzazione e far sì che tutti i dipendenti
ne siano informati
- esplicitare chiaramente i criteri, i requisiti e le competenze richieste, i ruoli
e le responsabilità
Per lo sviluppo delle competenze, è necessario:
- adottare procedure per favorire l’accesso di personale interno a posizioni
di responsabilità, attraverso percorsi di adeguamento e riqualificazione
delle competenze
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- mappare e valorizzare le competenze, comprese le competenze
trasversali
- adottare strumenti adeguati per la valutazione delle prestazioni oltre gli
stereotipi
- sviluppare procedure interne che favoriscano la valorizzazione e la crescita
del personale interno in relazione alle nuove posizioni
- creare un servizio di consulenza per la carriera o programmi di mentoring
per le donne, pratica poco diffusa in Italia ma in Europa è sempre citato
come attività fondamentale per le giovani donne per creare legami che
contano, conoscere l’ambiente, rendere il proprio lavoro visibile, superare
più agevolmente le difficoltà, favorire la comprensione dei dirigenti delle
potenzialità e capacità delle donne
- progettare strumenti di monitoraggio per rilevare la presenza di eventuali
discriminazioni dirette o indirette
- favorire metodologie e strumenti per l’auto-valutazione delle competenze
possedute
- realizzare Bilanci di Competenze per favorire la capacità di
autovalutazione delle donne
Per la valutazione delle prestazioni:
- fare periodicamente un attento esame per la correlazione tra competenze
e incarichi
- organizzare il lavoro per obiettivi per favorire l’autonomia di lavoro e la
responsabilità
- basare la valutazione delle prestazioni sul raggiungimento degli obiettivi e
non sul monte ore di presenza
- assegnare gli incarichi di responsabilità, di rappresentanza, di
presidenza,… in base alle capacità e non in base al genere
Per quanto riguarda la cultura organizzativa:
- diffondere la cultura secondo cui lavorare sempre per emergenze e
lavorare sempre fino a tardi è sinonimo di scarsa organizzazione del lavoro
36
ed è quindi un modo di lavorare poco efficace ed efficiente che non deve
essere prassi corrente
- superare l’accettazione acritica dei modelli maschili di leadership, la
tendenza a circoscrivere i casi di leadership femminile ai soli ambiti ritenuti
adatti alle donne (quelli che in qualche modo si riferiscono ai lavori di cura
e di relazione, come la gestione del personale o la comunicazione)
* Risultati previsti
A livello di sistema:
- maggior qualità delle decisioni per aumentata diversità in particolar modo ai livelli
alti e di vertice
- maggior diversità negli stili di leadership e quindi superamento della mono
cultura gestionale-organizzativa
Per le donne:
- maggior motivazione a impegnarsi nello sviluppo professionale e nella carriera
- maggior diversificazione di modelli di ruolo a cui le giovani donne possono fare
riferimento
37
MODELLO
La gestione della maternità
Situazione rilevata:
Una delle criticità più forti rilevate e che incidono molto a livello di costi/spreco di
risorse, è la gestione della maternità nei confronti della quale si innesta un circolo
vizioso il cui risultato danneggia fortemente sia le donne che l’organizzazione.
Dalle interviste è emerso un pregiudizio diffuso per cui chi va in maternità non è
più considerato una risorse su cui poter contare, scatta una emarginazione
automatica di colleghi e superiori che naturalmente provoca una altrettanto auto-
emarginazione da parte delle donne perché sapendo quale è la cultura diffusa, la
donna che rientra sa che non troverà il suo posto, che dovrà ripercorrere alcuni
percorsi già fatti, che non le sarà dato un incarico interessante. In queste
condizioni scatta la ben nota reazione di demotivazione nei confronti del lavoro e
dello spostamento di tutte le energie sul figlio/famiglia, quello che i responsabili
delle RU ci descrivono come ‘la donna che rientra dalla maternità non ha più la
testa per il lavoro’. A questo punto il circolo vizioso si è chiuso con danno per
tutti.
Nota 1
Il Comune di Roma, come la maggior parte delle organizzazioni pubbliche e
private, non hanno sviluppato una cultura adeguata alla gestione della maternità
che è subita con tutto quello che ne consegue in termini di discriminazione e
attribuzione di minor valore del lavoro delle donne, di sviluppo e carriera.
Nota 2
La maternità non è un problema solo della donna
Il periodo della gestazione, della nascita e della maternità - e degli anni a seguire,
almeno fino a che il bambino non va a scuola:
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- coinvolge non solo la donna lavoratrice ma il diretto superiore e i/le colleghe/i;
- risente fortemente della cultura aziendale e della organizzazione del lavoro.
Qui di seguito elenchiamo le criticità più diffuse (emerse sia dalle interviste al
Comune di Roma che in contesti simili) che le donne riscontrano, dalla
comunicazione ai superiori, al rientro dalla maternità:
- atteggiamento negativo del superiore alla comunicazione della maternità, fino ad
aperte manifestazioni di disappunto;
- difficoltà della donna a informarsi sui diritti-doveri della maternità dai servizi
dell’Ente;
- nessun contatto da parte dell’Ente durante il periodo di congedo rispetto a
quanto succede e i cambiamenti e la sensazione di abbandono;
- difficoltà ad aggiornarsi al rientro rispetto ai cambiamenti intercorsi sia a
livello professionale che dell’Ente e nessun punto di riferimento per
l’aggiornamento;
- perdita al rientro della posizione lasciata e cambio di mansioni, ufficio,
colleghi e quindi interruzione e/o retrocessione del livello di carriera e nuova
partenza da una posizione inferiore;
- sensazione di abbandono e di non rappresentare più un valore per l’Ente
perché non si ricevono incarichi, non si è reinseriti nel flusso lavorativo, non si
è più un punto di riferimento;
- forti difficoltà a usufruire di flessibilità di luogo e tempo quali part-time
reversibile, flessibilità di orario, telelavoro….;
- nessun supporto a livello informativo sui servizi esterni per la cura;
- nessun supporto a livello economico, di strutture e convenzioni o bisogni
personali.
Modello proposto:
* Obiettivi:
Contribuire a un cambiamento culturale in cui la maternità (e la paternità) è
considerata una fase del ciclo di vita delle donne (e degli uomini) che va
39
adeguatamente gestita per prevenire e superare discriminazioni in termini di
sviluppo professionale, motivazione e carriera
* Metodologia:
Creazione e messa a processo, del Piano Comunale per la gestione della
maternità.
* Il Piano può prevedere le seguanti tre fasi principali:
1) - Pianificazione dell’assenza e servizio informazione
- Definizione del Piano individuale di assenza per quanto riguarda tempi previsti di
uscita e rientro, modalità di sostituzione temporanea e passaggio di consegne
- Definizione delle modalità dei contatti durante l’assenza e dei mezzi da utilizzare:
chi e come
- Definizione dei supporti a disposizione al rientro, dal part-time temporaneo a varie
tipologie di flessibilità di orario
- Disponibilità del servizio di informazione sui diritti-doveri della donna rispetto ai
tempi, compensi, trattenute, pensione, agevolazioni e servizi di vario tipo per la
gravidanza e la cura dopo la nascita,
2) - Gestione durante l’assenza
- Informazione e comunicazione sulle principali innovazioni organizzative e/o
professionali attraverso vari mezzi, dalla telefonata alla newsletter a intranet
- Possibilità di partecipare a seminari e convegni pubblici, a percorsi formativi e di
aggiornamento delle competenze anche con modalità FAD
3) - Pianificazione e attivazione di strumenti di sostegno al rientro
- Affiancamento di un tutor per l’aggiornamento professionale;
- Definizione di un bilancio di competenze, ri-definizione del piano di sviluppo
individuale;
- Progettazione e realizzazione di percorsi formativi;
- Supporto al reinserimento nella posizione, mansioni, gruppo di lavoro;
40
- Interventi per la flessibilità dell’orario di lavoro, dal part-time al telelavoro, alla
fruizione di servizi in convenzione con il Comune;
* Risultati previsti
L’accompagnamento alla maternità e al rientro al lavoro, ha notevoli vantaggi per
tutte le parti, in particolar modo per quanto riguarda la motivazione della donna a
riprendere il lavoro inteso come sviluppo professionale e carriera; inoltre:
- aumenta la motivazione e coinvolgimento così come la disponibilità della donna
a soddisfare le richieste rispetto a esigenze dell’azienda non programmate;
- diminuisce il livello di abbandono del lavoro;
- valorizza le competenze e le potenzialità;
- diminuisce l’assenteismo;
- diminuisce lo stress psicofisico e previene le conseguenze dello stress correlato;
- promuove il benessere organizzativo e una cultura di rispetto e condivisione;
- favorisce l’equilibrio lavoro/vita familiare.
41
MODELLO
Il Telelavoro e lo Studio di Fattibilità
Situazione rilevata:
Ecco cosa hanno detto alcune delle donne intervistate sul telelavoro:
“Allora sul discorso del telelavoro, che io sappia non è mai stato applicato. Quando se ne è iniziato a parlare ero molto interessata perché coincideva con il periodo in cui mio figlio era piccolo quindi sarebbe stato comodo, poi ecco l’evoluzione successiva non la conosco, di fatto non se ne è molto parlato”. “Telelavoro: non è mai successo, c’è nel contratto ma non è mai successo. Anche se l’esigenza da parte di alcuni miei colleghi c’è.” “Il telelavoro mi è capitato di cercare di attuarlo in un altro ufficio del Comune e mi è stato detto che non era praticabile”
Nota
Il telelavoro è una modalità lavorativa di cui potrebbero avvalersi con molto
vantaggio le donne (e uomini), specialmente in una città come Roma che presenta
grossi problemi di spostamenti in termini di tempo, costi, stress (e che gode dei
finanziamenti della legge 53/2000 per la sua attuazione).
Certamente dare l’avvio al telelavoro richiede un impegno a livello organizzativo, di
risorse umane ed economico ma le altre esperienze realizzate nelle P.P.A.A.
hanno dato buoni risultati.
Il telelavoro richiede una preparazione accurata, ovvero, in prima battuta, la
definizione del Piano di fattibilità.
Lo stato dell’arte del telelavoro per le P.P.A.A.
La legge definisce il lavoro a distanza come “la prestazione di lavoro eseguita dal
dipendente delle amministrazioni pubbliche in qualsiasi luogo ritenuto idoneo,
collocato fuori dalla sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile,
con il prevalente supporto delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, che consentano il collegamento con l’amministrazione”.
Il riferimento legislativo al telelavoro in Italia è rappresentato dall’art. 4 della legge
191 del 1983. La legge prevede il lavoro a distanza come strumento a disposizione
42
della pubblica amministrazione per “razionalizzare l’organizzazione del lavoro e
realizzare economie di gestione attraverso un impiego flessibile delle risorse
umane”.
Le pubbliche amministrazioni possono provvedere all’installazione di
apparecchiature informatiche e telematiche e di collegamenti telefonici per rendere
possibile ai propri dipendenti lo svolgimento della prestazione lavorativa in un
luogo diverso da quello della sede abituale di lavoro.
Il telelavoro nel pubblico impiego è anche disciplinato dal regolamento attuativo
della legge 191 (DPR n. 70 del 1998) e dal Contratto Collettivo Nazionale Quadro
(Ccnq), valido per tutti i comparti di contrattazione collettiva e sottoscritto dall’Aran
e dalle confederazioni sindacali rappresentative. Esistono anche dei Contratti
collettivi nazionali (Ccnl) di comparto che intervengono a definire gli aspetti
economici e normativi.
In breve, la contrattazione collettiva definisce, oltre all’adeguamento della disciplina
economica del dipendente, anche il controllo a distanza dell’attività, i rientri
periodici in sede, la conformità dei locali, la comunicazione con i colleghi/e, la
tutela e riservatezza, i diritti sindacali, l’organizzazione del lavoro e i criteri di
assegnazione dei dipendenti.
Secondo la definizione sopra citata, possono individuarsi modalità di lavoro a
distanza diverse:
� Telelavoro domiciliare;
� Lavoro mobile;
� Lavoro decentrato in centri satellite;
� Telelavoro off line;
� Telelavoro one way;
� Telelavoro on line;
Proprio nel settore pubblico, quindi, il regolamento attuativo della legge 191/98
introduce la possibilità del personale, compresi i dirigenti, di realizzare parte della
propria attività lavorativa in telelavoro, in un luogo diverso dalla sede lavorativa,
assicurando nei giorni di presenza in ufficio, la gestione ed il coordinamento del
gruppo di lavoro, la pianificazione delle attività, la relazione con la struttura.
43
Il regolamento attuativo della sperimentazione del telelavoro nel comparto pubblico
non pone indicazioni o restrizioni di sorta per l’individuazione dei profili e delle
attività da svolgere attraverso il telelavoro, le cosiddette attività telelavorabili.
Peraltro, non tutte le persone sono adatte a telelavorare per cui, il Piano di
fattibilità deve prevedere la verifica che i/le candidati posseggano buone capacità
di organizzazione del lavoro e di soluzione dei problemi, responsabilità e
autonomia.
Modello proposto:
* Obiettivi:
introdurre modalità di impiego flessibile per le donne (e uomini) per favorire la
conciliazione, il soddisfacimento dei bisogni individuali, realizzare economie di
gestione.
* Metodologia:
Accurata preparazione dello Studio di fattibilità
(vedi sotto)
* Risultato:
- Migliorata qualità della vita delle donne (e uomini) in particolare per la soluzione
dei problemi di conciliazione
- Migliorata qualità del lavoro in quanto la distanza ‘impone’ qualità in termini di
organizzazione e gestione
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Lo Studio di Fattibilità per il Telelavoro
Il telelavoro è una modalità di lavoro che spesso viene valutata in modo negativo.
Il telelavoro in sé non è né buono né cattivo, può essere una soluzione molto
importante per le donne in alcuni cicli della loro vita ma deve essere progettato e
pianificato in maniera corretta, certamente non si può improvvisare.
Qui di seguito diamo alcune indicazioni su come impostare lo Studio di fattibilità
che deve essere fatto prima di dare il via al processo.
Per sperimentare forme di telelavoro è necessario mettere a punto uno studio di fattibilità generale che contenga le indicazioni e le implicazioni di tipo tecnico, organizzativo e lavorativo e individui un giusto equilibrio tra le esigenze di razionalizzazione dell’organizzazione del lavoro e di miglioramento della qualità del lavoro e della vita dei propri dipendenti attraverso:
a) Individuazione delle fonti di finanziamento;
b) Individuazione delle aree in cui si intende sperimentare il telelavoro tramite
una analisi della telelavorabilità delle mansioni rispetto a criteri quali la frequenza
e tipologia di rapporti con i colleghi e con l’esterno, la frequenza della dipendenza
da altri per lo svolgimento del lavoro, etc.
Possono quindi seguire le seguenti fasi:
c) Raccolta delle adesioni e una analisi delle aspettative rispetto a cambiamenti
dell’organizzazione del lavoro per soddisfare esigenze di conciliazione, di
flessibilità di orario di lavoro;
e) Verifica delle caratteristiche di personalità e di competenze delle persone
candidate al telelavoro;
d) Riprogettazione delle attività lavorative per avviare le sperimentazioni di
telelavoro, realizzata ad personam, su progetti individuali elaborati dai candidati e
concordati con il responsabile diretto;
e) Attività di monitoraggio mirate a indagare eventuali cambiamenti
nell’organizzazione del lavoro e del lavoro del gruppo di riferimento, ripercussioni
sull’organizzazione e sui processi, sulla professionalità e le competenze delle
persone coinvolte;
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Il monitoraggio fornisce elementi di conoscenza utili a gestire eventuali difficoltà o
disagi per le persone e per l’organizzazione derivanti dall’innovazione introdotta.
Negli ambiti scelti dovrà essere definito il potenziale di telelavorabilità delle diverse
attività individuate, definita la tecnologia in grado di supportare il modello scelto,
progettati percorsi per l’acquisizione di conoscenze e competenze adeguate a
telelavoratrici e dirigenti. È necessario inoltre adeguare il contesto operativo anche
attraverso una riprogettazione dei flussi di processo delle singole attività coinvolte.
Occorre sottolineare che il lavoro a distanza è una modalità di organizzazione del
lavoro che valorizza il principio della responsabilità e dell’autonomia con un
orientamento alla prestazione e ai risultati conseguiti e non alla presenza.
Individuazione delle mansioni telavorabili per conciliazione e telelavoro
Un primo strumento molto semplice ma che aiuta a fare una valutazione
preliminare della tipologia dei lavori, è il quadrante del tempo/luogo in cui è
possibile collocare i vari lavori/mansioni a seconda della loro
dipendenza/indipendenza dal luogo e tempo. Questa griglia può essere usata
anche per individuare i bisogni in termini non solo di telelavoro, ma anche in termini
più generali di conciliazione e quindi di flessibilità di orario in entrata e in uscita, di
auto-determinazione dell’orario giornaliero, settimanale, mensile, annuale.
All’interno della griglia è possibile inserire le varie tipologie di lavoro rispetto a:
- luogo di lavoro, ovvero quanto quel lavoro, per le sue caratteristiche,
debba essere svolto in un luogo fisico ben definito o meno, quanto è
possibile lavorare in maniera flessibile rispetto al luogo in cui il lavoro si
svolge;
- tempo di lavoro, ovvero quanto quel lavoro, per le sue caratteristiche,
debba essere svolto in un determinato periodo di tempo definito o meno,
quanto è possibile che quel lavoro sia svolto in un periodo di tempo
flessibile.
46
La cultura organizzativa di molti manager per cui ‘se ti vedo lavori, se non ti vedo
non lavori’, è oggi superata rispetto ai tempi di vita e lavoro di donne e uomini, ai
tempi e modi di trasporto delle città, agli stili di vita.
Il problema non è tanto organizzare modalità di lavoro flessibile ma è la capacità
dei manager di gestire il lavoro per obiettivi e di valutare per risultati e non per ore
di presenza, competenze importanti perché la flessibilità dell’orario di lavoro sia
realizzabile.
Proponiamo ancora, a titolo di esempio, la scheda utilizzata da Formez in un
progetto di telelavoro: come valutare il livello di telelavorablità delle mansioni.
È uno strumento che va più in dettaglio con lo sviluppo di 12 parametri e la presa in
considerazione dei rapporti interpersonali tra chi deve telelavorare e il contesto
lavorativo, colleghi e superiori.
Dipendente dal luogo
Dipendente dal tempo
Indipendente dal tempo
Ricercatori, redattori, top executive,
disegnatori grafici, amministrativi,..
Tecnici, centralinisti, alcune tipologie di
impiegati
Autisti, lavoratori sociali, avvocati, operai, ingegneri
Commessi, uscieri, sportellisti, …
Indipendente dal luogo
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PARAMETRI CONSIDERATI 4 Questo strumento di verifica considera telelavorabili le attività che hanno almeno nove parametri positivi (1 =affermazione vera e 0=affermazione falsa)
Valutazione
1 Si tratta di un’attività riguardante la creazione, elaborazione e trasmissione di informazioni
vera
falsa
2 Si tratta di un’attività che non prevede il contatto personale diretto con l’utenza presso un ufficio o uno sportello
vera
falsa
3 Si tratta di un’attività che non richiede incontri frequenti e riunioni ‘face-to-face’ con i colleghi
vera
falsa
4 Si tratta di un’attività che non richiede incontri frequenti e riunioni ‘face-to-face’ con i superiori
vera
falsa
5 Le comunicazioni con i dirigenti possono aver luogo con la stessa efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici
vera
falsa
6 Le comunicazioni con i colleghi possono aver luogo con la stessa efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici
vera
falsa
7 Le comunicazioni con gli utenti non sono necessarie e possono aver luogo con la stessa efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici
vera
falsa
8 L’output da realizzare può essere chiaramente definito e la prestazione può essere misurata in modo preciso
vera
falsa
4 Modello Formez utilizzato nell’ambio del Progetto Lavoro Pubblico che cambia-linea telelavoro
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9 È possibile fissare scadenze entro cui devono essere svolte le prestazioni richieste
vera
falsa
10 I lavoratori coinvolti non evidenziano resistenze insormontabili verso l’utilizzo di tecnologie informatiche
vera
falsa
11 I dirigenti dei lavoratori coinvolti ritengono utile il ricorso al telelavoro nella propria unità organizzativa
vera
falsa
12 I lavoratori coinvolti sono disponibili a telelavorare
vera
falsa
Il rapporto tra la lavoratrice (telelavoratore) e l’organizzazione L’azienda deve fornire informazioni, sostegno, e strumenti alle lavoratrici per la
valutazione della propria situazione/motivazione personali (es. compilazione
scheda di autovalutazione), anche tramite la collaborazione di esperti/e.
Il rapporto tra la lavoratrice e l’organizzazione deve prevedere una serie di criteri
che devono essere inclusi nell’accordo contrattuale (con eventuali riferimenti ai
CCNL) che prevede la definizione di diversi elementi, oltre all’eventuale riferimento
agli accordi collettivi sul telelavoro:
a) la volontarietà delle parti e la reversibilità;
b) la promozione delle pari opportunità nello sviluppo di carriera e nella
formazione;
c) gli orari e i tempi di telelavoro e i rientri nel luogo in azienda;
d) mantenimento dei livelli di ruolo/funzione e retribuzione;
e) definizione dei legami funzionali e gerarchici;
f) diritto a partecipare ai flussi informativi dell’organizzazione;
g) esplicitazione delle modalità/strumenti di controllo e valutazione del lavoro;
h) accordo sui costi, rimborsi, sicurezza.
49
Il piano di lavoro individuale
L’accordo contrattuale dovrà essere completato da un Piano di lavoro per ogni
singola persona perché diverse possono essere le esigenze in relazione a:
- necessità di rimodulare il proprio orario di lavoro e definire l’eventuale reperibilità;
- definizione delle modalità di comunicazione coi colleghi e dei rientri nella sede di
lavoro aziendale;
- messa a punto degli interventi per la sicurezza delle singole abitazioni;
- selezione e installazione delle attrezzature presso le abitazioni;
Per la definizione del Piano è necessario il coinvolgimento delle parti sociali.
La formazione
Il percorso formativo a supporto della sperimentazione di forme di telelavoro
dovrebbe essere rivolta:
- ai beneficiari diretti, cioè ai soggetti che partecipano alle attività di
sperimentazione;
- ai soggetti indirettamente o direttamente interessati alle attività di telelavoro,
non solo quadri e dirigenti ma tutto il personale dell’organizzazione, per
ampliare le conoscenze e le informazioni sulle opportunità che derivano dal
lavoro a distanza.
Nell’ambito del percorso formativo/informativo è necessario approfondire i seguenti
aspetti:
- il telelavoro: il percorso di sperimentazione, le fasi di sviluppo e i risultati attesi
in relazione al contratto di telelavoro;
- gli aspetti sociali del telelavoro: come viene percepito il telelavoro dalla
telelavoratrce e dal suo contesto familiare, la sovrapposizione dei ruoli;
- le potenzialità degli strumenti utilizzati (intranet, video-comunicazione, etc…);
- autonomia e telelavoro: modalità di pianificazione del lavoro, riprogettazione
dei flussi di processo e ridefinizione della responsabilità decisionale,
valutazione del senso di appartenenza della lavoratrice all’organizzazione;
- l’efficacia della comunicazione telelavoratrice/azienda alla luce dell’utilizzo dei
nuovi strumenti telematici;
50
- gli effetti della distanza in relazione alla minore circolazione di informazioni tra
azienda/telelavoratrice e alle diverse modalità di controllo da parte dei
responsabili;
- i rischi di isolamento sociale della telelavoratrice e la percezione di esclusione
dalle dinamiche dell’organizzazione;
- valutazione del telelavoro: in relazione ai risultati raggiunti e alla emersione di
nuove abilità e competenze della telelavoratrice – per esempio sulla
programmazione e gestione del proprio lavoro, sull’efficacia comunicativa,
sulla capacità di autovalutazione.
Formazione dunque sulla gestione del tempo e dei rapporti familiari e su una
diversa organizzazione del lavoro e della comunicazione.
51
MODELLI
Due percorsi formativi sulle pari opportunità
per dirigenti e donne
Premessa: le donne e la carriera: quello che si dice delle donne e quello che
le donne dicono
Spesso i dirigenti uomini ci dicono che sono le donne che non vogliono fare
carriera, che sono interessate solo alla famiglia e che la loro preoccupazione è
uscire dal lavoro il prima possibile per occuparsi della famiglia.
Noi pensiamo che la maggior parte di questi atteggiamenti, certamente veri, siano
il risultato di un circolo vizioso che si mette in moto quando l’azienda non
coinvolge, non valorizza, discrimina a causa del genere. A questo si aggiunga un
basso livello di autostima e di empowerment, particolarmente diffuso tra le donne
over 40.
I dirigenti spesso ci dicono anche, a mo’ di alibi, che non c’è un problema di pari
opportunità, né ci sono discriminazioni poiché le donne che lo vogliono
raggiungono i vertici. E infatti qualche donna c’è a livello dirigenziale ma … ci sono
molti ma.
Le interviste a queste donne ci dicono che: se potessero tornare indietro non
rifarebbero le stesse scelte perché il prezzo pagato è stato troppo alto in termini di
tempo completamente dedicato al lavoro, hanno dovuto sempre ogni giorno
dimostrare di essere brave, hanno dovuto lavorare il doppio dei loro colleghi
maschi, sono sempre sotto scrutinio, a loro vengono dati incarichi di prestigio
quando la situazione è entrata in una fase critica.
Un altro prezzo che le donne che arrivano ai vertici pagano sono l’isolamento dalla
altre donne e questo è spesso dovuto al fatto che hanno assunto modalità di
leadership molto maschili e questo allontana le colleghe.
Infine, le statistiche ci dicono che tra le donne dirigenti la percentuale di donne
single e di quelle che hanno i figli è molto più bassa rispetto ai dirigenti uomini. La
famiglia e figli vengono valutati come fattori di stabilità per gli uomini mentre
costituiscono fattore di svantaggio per le donne.
52
In sintesi, quello che si vuol sottolineare è che il percorso personale e
professionale di una donna dirigente, spesso è molto diverso da quello degli
uomini in termini di tempi, modalità, scelte personali e che questa diversità pone
alti costi e barriere che un uomo dirigente non deve affrontare.
I percorsi formativi proposti hanno l’obiettivo ci contribuire a creare ‘la cultura’ delle
pari opportunità e dare strumenti di base per la loro gestione e cambiamento.
Percorso formativo per dirigenti
Situazione rilevata:
I fattori di criticità evidenziati nelle pagine precedenti, sono anche la conseguenza
della mancanza di una cultura diffusa di pari opportunità per cui le criticità sono
presenti in parecchi ambiti.
Certamente al centro della qualità del clima e della vita lavorativa delle
organizzazioni c’è il dirigente che ‘…infatti, per definizione, se deve avere buone
competenze specifiche nel settore di policy in cui opera, non può non possedere
adeguati skills che gli consentano di coordinare, motivare e guidare il proprio
personale.’2
Nota
Oggi la Direttiva per le P.P.A.A. 0994/2007 già citata, chiede ai dirigenti di
aggiornarsi sul tema delle pari opportunità e gestione delle risorse umane ma
l’esperienza ci insegna che raramente si mettono in discussione e accettano di fare
formazione su queste tematiche perché sono legati a un concetto di pari
opportunità obsoleto, perché gli stereotipi sono difficili da superare, perché
2 La dirigenza pubblica: il mercato e le competenze dei ruoli manageriali, Cantieri, Rubettino, 2003
53
cambiare i modelli gestionali-organizzativi chiama in causa le ben note reazioni
che il management mette in atto quando sono messi a confronto con i
cambiamenti. A maggior ragione di fronte alla richiesta di un cambiamento che li
coinvolge anche come persone, le loro idee di femminilità e mascolinità, le loro
esperienza familiari e personali.
Affinché i modelli di gestione in ottica di genere proposti possano essere accolti e
implementati in maniera efficace, non a spot ma inseriti all’interno del sistema, ci
sono alcuni prerequisiti che chiamano in causa il sistema e chi prende le decisioni,
in particolare:
- una cultura organizzativa che previene e supera le discriminazioni legate al
genere;
- la consapevolezza dei vertici e dei dirigenti della centralità delle risorse
umane perché la qualità del lavoro e la soddisfazione del cliente esterno
(utente /cittadino) deriva dalla qualità di vita/lavoro del cliente interno
(dipendente);
- la consapevolezza dei costi della mancanza di politiche e pratiche pari
opportunità;
- i valori assunti e condivisi a tutti i livelli in tema di pari opportunità e
valorizzazione delle differenze.
Modello proposto:
* Obiettivo:
far acquisire ai decisori politici e dirigenti informazioni e conoscenza sul significato
oggi di pari opportunità a livello gestionale-organizzativo e dare strumenti operativi
tramite brevi attività formative/seminariali
* Contenuti:
Tra diversità ed uguaglianza, un nuovo parametro per la qualità della P.A.
I costi della mancata gestione in ottica di genere
I processi in ottica di genere
Gli strumenti per il superamento dei fattori critici
54
Il Piano annuale per le Pari Opportunità
* Metodologia
Lezioni frontali, lavori di gruppo, role play, scambio di esperienze rispetto ai temi
presentati
* Risultato:
Decisori e dirigenti in grado di gestire i processi in ottica di genere e di migliorare la
qualità di prodotto/servizio e di vita/lavoro di donne e uomini che lavorano nell’Ente
* Durata:
Tre/cinque incontri seminariali
Percorso formativo per donne su: autostima, empowerment, consapevolezza
delle donne sulle pari opportunità
Situazione rilevata:
Scarsissima consapevolezza da parte delle donne sulle pari opportunità e
soprattutto un basso livello di empowerment.
Quello che è emerso dalle interviste è, da un lato, una soggettività in cui è posto
come vanto primario il ‘sacrificio’ nel conciliare lavoro e cura, il porsi come unica
referente di diritto, senza nessuna domanda/richiesta se l’impegno sia anche da
doversi assumere da parte del partner e del datore di lavoro, dall’altro, diffusi
atteggiamenti di autoemarginazione e alti livelli di demotivazione al lavoro. Queste
posizioni sono anche conseguenza di un basso livello di autostima ed
empowerment.
Nota
Empowerment è una parola inglese che significa ‘acquisire potere’ nel suo
significato più positivo e costruttivo e riguarda l’ambito personale, di gruppo e della
società.
Le componenti dell’empowerment individuale delle donne comprendono:
55
- la consapevolezza di genere;
- l’autostima, la consapevolezza e la sicurezza;
- la capacità di gestione dei propri obiettivi e di azione su di essi, quindi di
pianificazione, presa decisioni, organizzazione e gestione di attività, di
interazione con le persone e il mondo, partecipazione, controllo e presa di
decisione a casa, nel lavoro, nella società.
Le donne portano nel lavoro molti atteggiamenti e comportamenti positivi
apprezzati sul lavoro, quali:
- cura e precisione nello svolgimento dei compiti;
- raggiungimento degli obiettivi e soluzione dei problemi;
- programmazione e gestione di attività anche complesse;
- soluzione dei conflitti;
- individuazione delle priorità;
- attenzione e cura dell’altro;
Ma, accanto a queste competenze ‘positive’ ampiamente esercitate nel loro lavoro,
le donne sono portatrici di comportamenti ben poco premianti all’interno delle
organizzazioni, quali: la disponibilità a servire, la delega del potere ad altri, la
cultura del ‘non chiedere’, la soddisfazione del riconoscimento informale del loro
impegno, la difficoltà alla contrattazione, la scarsa visibilità.
Modello proposto:
* Destinatarie:
le donne dipendenti del Comune di Roma, in particolare le donne quadro, le PO, le
dirigenti
* Obiettivi:
- acquisire consapevolezza sulle pari opportunità, far riflettere sulle scelte, le
motivazioni, le soggettività di ieri e oggi;
- rimuovere gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di carriera e che non
riguardano solo il sistema organizzativo ma anche la mancanza di formazione al
ruolo;
56
- acquisire la conoscenza di sé tra criticità e positività, valorizzare le proprie
competenze, acquisire doti di leadership.
* Contenuti:
Il processo di autostima
- Lo sviluppo della personalità e l’autostima
- Determinare il proprio valore
- Il critico interiore
- La stupidità
La leadership
- Il difficile rapporto delle donne con il potere
- L’assertività: l’emotività guidata
* Metodologie:
Lezioni frontali, lavori di gruppo, role play, scambio di esperienze rispetto ai temi
presentati
* Risultati:
Autostima ed empowerment rafforzati, aumentate capacità di gestione delle
relazioni e dei rapporti con il potere
* Durata:
16 ore
59
Da dove e come cominciare
Da dove cominciare e come fare in pratica per introdurre uguaglianza e
valorizzazione delle differenze di genere, ovvero realizzare il cambiamento di
cultura, processi e pratiche?
Non ci sono bacchette magiche né ricette facili, tutt’altro: l’adozione di cultura,
processi e pratiche di pari opportunità sono impegnative perché richiedono la
compresenza di: volontà politica di raggiungere determinati obiettivi,
competenze per realizzarli, strutture dedicate, risorse umane e finanziarie,
monitoraggio e valutazione dei risultati, degli impatti e dei responsabili.
Certamente non è possibile realizzare tutto e subito ma certamente importante è
iniziare. Vediamo come.
La strategia per la adozione delle pari opportunità, integrata nel sistema, richiede
che vengano affrontati i seguenti aspetti principali:
- la volontà di cambiamento dei decisori politici e impegno personale esplicito e
visibile, ben oltre le enunciazioni di principio;
- la conoscenza dello stato di fatto e quindi la raccolta dei dati disaggregati per
genere qualitativa e quantitativa per individuare dove intervenire e le priorità;
- la adozione di un piano annuale per le pari opportunità con obiettivi e
indicatori;
- le competenze per attuare il piano e realizzare il cambiamento unitamente a
organi/strutture di supporto ;
- la disponibilità di risorse umane e finanziarie;
- la comunicazione interna ed esterna per il coinvolgimento, la rete/lobby;
- la assegnazione delle responsabilità e la valutazione delle performance
rispetto ai risultati.
60
Passo 1
L’inizio del processo di cambiamento: la volontà politica dei decisori
Le modalità di avvio del cambiamento possono essere due: o arrivano su impulso
dei vertici che hanno capito che apporta vantaggi in termini di qualità, o vengono
da una forte pressione dalla base ovvero dalle donne e dagli uomini che vivono e
lavorano nella organizzazione che richiedono cambiamenti per una loro migliore
qualità di vita/lavoro.
In realtà, il processo ideale è circolare, è sia top-down che bottom-up in quanto ha
tanto più successo quanto più le decisioni dei vertici trovano pronto riscontro in una
base già sensibilizzata e pronta a recepire e sostenere il cambiamento avviato dai
vertici.
Comunque, sono i vertici che decidono di avviare il cambiamento dello stato di
fatto e quindi pianificano modi, tempi e risorse affinché questo avvenga.
È certamente il passo più difficile perché richiede che i decisori siano informati
sullo stato dell’arte delle pari opportunità della propria organizzazione (dati); siano
a conoscenza dei fattori che determinano il valore economico e di qualità per il
personale e la qualità del servizio/prodotto ai cittadini/e; siano lungimiranti e
abbiano la visione rispetto agli sviluppi sociali ed economici coinvolti e influenzati,
a medio e lungo termine, dallo stato dell’arte delle pari opportunità; manifestino
impegno e coinvolgimento personali e dei collaboratori/trici.
In sintesi è importante che i decisori siano a conoscenza degli stretti legami
delle pari opportunità con una ampia e importante serie di fattori: economici,
sociali, di sviluppo, di qualità, occupazionali (per es. la permanenza delle
donne al lavoro).
61
L’opportunità politica di un impegno dei vertici per il cambiamento dovrebbe essere
facilmente confortata e sostenuta dai significativi cambiamenti che le pari
opportunità apportano in termini di qualità interna ed esterna: della vita/lavoro dei
collaboratori/trici e del servizio prestato ai cittadini/e utenti che vivono nel territorio.
Gli ostacoli principali sono rappresentati dal fatto che raramente i politici
possiedono questa consapevolezza e, in genere, i direttori/dirigenti non conoscono
gli strumenti operativi per operare in tal senso (non ne possiedono le competenze
per) ma se non ci sono queste condizioni, gli interventi sono difficili da attuare in
pratica e comunque di scarso impatto.
Non è un caso che sia stata creata una strategia (una delle due ufficialmente
adottata dalla Unione Europea) chiamata Gender Mainstreaming (il genere
considerato e agito all’interno del flusso della società, in tutti i suoi aspetti e ambiti
che si muove e si evolve quale parte integrante della società) nata proprio per la
realizzazione delle pari opportunità in ambito pubblico, peraltro assolutamente
trasferibile in ogni ambito organizzativo.
La strategia del Gender Mainstreaming richiede che prima di prendere una
decisione, sia necessario fare l’analisi dell’impatto che quella decisione avrà sulle
donne e gli uomini (e la varie categorie di donne e uomini relativamente alle fasce
d’età, classe sociale, istruzione, etnia,…) affinché le decisioni non siano prese
rispetto a un cittadino/a neutro/zombi, che non esiste, ma vadano a produrre gli
effetti voluti sui target individuati come destinatari.
Questa è una strategia difficile che basa il suo obiettivo sulla qualità delle azioni: è
rivolta alle donne e agli uomini ed ha il grosso vantaggio di spostare il centro di
attenzione sulla qualità delle azioni contribuendo in maniera significativa a ridurre
la condizione di ghettizzazione in cui spesso si trovano le donne quale parte
svantaggiata.
In sintesi: i politici/decisori devono sostenere i progetti di cambiamento e
impegnarsi in prima persona in maniera chiara e visibile e comunicare che il
cambiamento è deciso e programmato dai vertici e ognuno, per la sua parte, è
tenuto ad adeguarsi (convegni, circolari, riunioni, colloqui individuali, seminari,
formazione,…).
62
L’impegno politico si deve trasformare in obiettivi assegnati e valutati ai
responsabili degli organi esecutivi.
CHI
- politici/decisori/ Giunta
FA COSA
- approvano il Piano annuale per le pari opportunità e assegnano gli obiettivi da
raggiungere in un determinato periodo di tempo
- valutano i responsabili rispetto a risultati e impatti su report annuale
Passo 2
Il Piano per implementare le pari opportunità.
Per prendere le decisioni è necessario conoscere, avere a disposizione dati
quantitativi e qualitativi rispetto al genere e farne l’analisi.
♦ I dati quantitativi devono essere raccolti disaggregati per genere e riguardare tutti
gli aspetti dell’organizzazione, dalla partecipazione alle attività formative, alla
fruizione dei congedi parentali, ai tempi di ritorno dalla maternità, e così via. Solo in
questo modo i responsabili (delle risorse umane, del sistema qualità, delle pari
opportunità, in primis) potranno dire di conoscere a fondo la loro organizzazione e
saranno in grado di individuare le criticità e dare input ai decisori per la definizione
delle politiche e azioni da pianificare per l’anno successivo.
Ecco un elenco, non esaustivo, degli ambiti di raccolta dati disaggregati per
genere:
• Livelli e ruoli del personale;
• Fasce d’età;
• Sviluppi di carriera orizzontale e verticale;
• Incarichi di prestigio, presidenza riunioni, rappresentanza;
• Frequenza alla formazione, ritiri, rifiuti, motivazioni, risultati;
• Congedi parentali, part-time, flessibilità oraria;
• Retribuzioni, incentivi, bonus, etc.;
63
• Turn over e motivazioni;
• Cooptazioni;
• Consulenti esterni;
• Tipo di contratto;
• Assenteismo;
• Mobilità;
• Numero ed età dei figli;
• Problemi particolari di cura: anziani e disabili;
• Tempi e problemi di trasporto.
I dati qualitativi sono raccolti tramite questionari, indagini, focus group, sui temi
relativi alle pari opportunità e quindi problemi di: conciliazione, flessibilità di orari,
stereotipi di genere, discriminazioni, auto-emarginazione, qualità del lavoro,
motivazione e coinvolgimento, difficoltà di spostamenti, comunicazioni, carriera,
formazione, etc…
Una volta analizzati i dati ed evidenziati i punti rilevanti, gli esperti di una
Commissione creata ad hoc definiscono il Piano per le pari opportunità per l’anno
successivo che deve essere approvato dai politici/decisori/Giunta.
Il Piano deve contenere la descrizione dei fattori critici, le priorità di intervento, gli
obiettivi da raggiungere entro determinati tempi e rispetto a determinati indicatori
(es. alzare di tre punti percentuale di donne dirigenti in due anni; campagna di
comunicazione interna sulle pari opportunità con almeno tre eventi) e relative
modalità di intervento (formazione professionale, formazione su
empowerment/autostima, formazione ai dirigenti sugli stereotipi di genere;
creazione di depliant, articoli e presentazioni su intranet; …).
64
CHI
Una Commissione/struttura creata ad hoc presenta ai politici/decisori/Giunta il
Piano annuale per le pari opportunità su dati disaggregati per genere inviati dai
vari Assessorati
COSA
Il Piano contiene gli obiettivi, chi li deve raggiungere, in che modo, in tempi e gli
indicatori di risultato
Passo 3
Le competenze e gli organi/strutture di supporto
Le pari opportunità coinvolgono parecchi ambiti, dalla organizzazione del lavoro e
le sue molteplici varianti, alla gestione dei processi. Richiede quindi che ci siano
strutture competenti di riferimento (Servizi, Uffici, Assessorati, Commissioni, etc
…), ognuna comunque con un suo compito.
Rispetto alla situazione attuale che vede impegnati nelle pari opportunità: la U.O.
Formazione Servizio Civile – Pari Opportunità, del Dipartimento I, la delegata del
Sindaco, La commissione delle Elette, il Comitato per le Pari Opportunità (CPO),
si può progettare un sistema in cui:
- i politici (la Giunta) prendono le decisioni relative agli obiettivi che ogni anno
devono essere raggiunti su proposta della Commissione ad hoc che ha elaborato il
Piano annuale;
- ogni Assessorato pianifica i suoi interventi e ha, come supporto l’U.O. che offre
competenze per la implementazione degli obiettivi di pari opportunità rispetto alla
gestione delle risorse umane, l’organizzazione del lavoro, la comunicazione, la
formazione, etc.;
- ogni Assessorato manda la relazione annuale sulle azioni, i risultati e impatti alla
Commissione (formata da rappresentanti del CPO, la referente del sindaco e
rappresentanti dell’ U.O. Formazione Servizio Civile – Pari Opportunità);
- la Commissione prepara e manda alla Giunta una relazione sui risultati e propone
il Piano d’azione per l’anno successivo che la Giunta esamina e approva.
65
CHI
- ogni struttura ha un suo compito preciso ma una struttura dedicata ad hoc si
assumere la responsabilità di creare e proporre agli organi politici, il Piano
annuale per le pari opportunità dopo aver raccolto e analizzato i dati che
arrivano da ogni Assessorato
- una delle strutture deve avere la responsabilità di porsi come punto di
riferimento per le competenze e cioè fare da consulente per i/le singole persone
e strutture dell’ente in tema di pari opportunità relativamente a: gestione dei
processi in ottica di genere, prassi, leggi, chiarimenti, così come ricevere
lamentele, osservazioni, e questo compito può essere assunto dall’U.O.
Formazione Servizio Civile – Pari Opportunità
COSA
- la Commissione redige i report annuali e presenta il Piano per
l’approvazione
- l’U.O. Formazione -Servizio Civile – Pari Opportunità orienta, dà consulenza,
fornisce strumenti, informazioni, comunicazioni,…
Passo 4
L’implementazione: obbiettivi assegnati e valutati
Le decisioni prese dai vertici devono essere assunte dagli Assessorati, sotto forma
di obiettivi annuali assegnati e valutati ai vari responsabili, principalmente
Direttori dei Dipartimenti e dirigenti che devono possedere conoscenze sul tema,
aver fatto attività formative/seminariali sulla gestione dei processi in ottica di
genere.
CHI
- i decisori assegnano gli obiettivi annuali ai dirigenti e ne valutano i risultati
COSA
- i dirigenti devono implementare le azioni necessarie per raggiungere gli
obiettivi e quindi avere le competenze e risorse necessarie
66
Passo 5 La comunicazione e la rete Per coinvolgere il personale nel processo di cambiamento è molto importante la
comunicazione: cosa si sta facendo, perché e come.
Il personale lamenta spesso mancanza di informazioni, spesso viene a
conoscenza di interventi che l’organizzazione ha attuato per caso, e questo è
molto demotivante e non favorisce certo il processo di inclusione e appartenenza,
centrali per la qualità del lavoro e la adesione e partecipazione attiva ai
cambiamenti.
Troppo spesso infatti si dimentica che se le capacità/attitudini sono innate (e
costituiscono una delle componenti delle competenze) sono però fortemente
influenzate, per la loro attivazione e sviluppo, dal contesto e dalla motivazione, due
fattori che hanno forti legami con i temi e criticità delle pari opportunità.
L’organizzazione ha quindi bisogno sia delle competenze specifiche di chi deve
portare avanti determinati obiettivi sia di un sistema che faccia circolare
informazioni e conoscenze a tutti i dipendenti, donne e uomini.
La comunicazione per tutto il personale può essere fatta tramite strumenti diversi:
intranet, sito istituzionale, circolari, newsletter, etc.... Può riguardare i diversi aspetti
delle pari opportunità: dalle politiche europee e nazionali, alla situazione interna del
Comune, alle storie di vita, alle soluzioni individuate per i diversi problemi.
La acquisizione di competenze specifiche richiede formazione mirata a livello
medio-alto in modo che il dirigente sia in grado di gestire il processo di
realizzazione degli obiettivi che sono stati assegnato alla sua Direzione.
Altrettanto importante è la creazione di reti interne : tra donne in generale, tra le
donne dei livelli C o D, tra le donne che hanno problemi di conciliazione, etc…
Importante che ci sia un luogo di scambio in cui le donne (e gli uomini) si possano
confrontare e scambiare idee e soluzioni su temi comuni. In genere la
comunicazione e la creazione di reti sono strumenti efficaci per rafforzare il senso
di appartenenza e di condivisione.
67
L’avvio del cambiamento e la creazione di consenso Se il processo di adozione delle pari opportunità all’interno di una organizzazione
deve prendere l’avvio, il primo passo indispensabile che deve intraprendere chi ne
ha la responsabilità, è quello della creazione di consenso, alleanze, sponsorship, a
cominciare dai vertici.
Ad ogni interlocutore strategico deve arrivare il messaggio giusto, deve colpire i
suoi ambiti di interesse in cui è professionalmente e personalmente coinvolto.
Né si deve tralasciare di evidenziare i vantaggi in termini di visibilità e impatti
positivi che ne deriverebbero alle persone coinvolte.
CHI
- i politici, chi ha la responsabilità della implementazione degli obiettivi, le
strutture e organi dedicati
COSA
- comunicare con tutti i mezzi e modi disponibili: intranet, materiale cartacei,
eventi, rapporti con referenti regionali, nazionali ed europei
Quella che segue è la proposta di uno schema di processo per l’adozione
dell’ottica di genere per il Comune di Roma.
Quello che si vuole sottolineare è l’importanza della presenza di un sistema
circolare che parte dai decisori/politici/Giunta - che approvano il Piano annuale
per le Pari Opportunità con obiettivi, tempi e azioni su input della Commissione
formata da esperte/i - si sviluppa in azioni/processi/comportamenti assunti da parte
di chi ha il compito di implementarli e di mandare il report dei risultati alla
Commissione che a sua volta relaziona ai decisori per la valutazione e la
programmazione del Piano dell’anno successivo
71
Appendice 1 Sintesi della ‘Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche’, 0994 del 23/5/2007 Quanto segue è la sintesi della direttiva 0994 del 23 febbraio 2007 che il Ministro
per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e la Ministra per i
diritti e le pari opportunità, hanno inviato ai Comuni ‘per conoscenza’, quindi i
Comuni non ne sono i destinatari diretti - per i quali quanto contenuto rappresenta
un obbligo - ma certamente sono invitati a prendere in considerazione quanto
previsto in tema di pari opportunità con ‘l’obiettivo di promuovere e diffondere la
piena attuazione delle disposizioni vigenti, aumentare la presenza delle donne in
posizioni apicali, sviluppare politiche per il lavoro pubblico, pratiche lavorative e, di
conseguenza, culture organizzative di qualità tese a valorizzare l’apporto delle
lavoratrici e dei lavoratori delle amministrazioni pubbliche.
Le criticità evidenziate dalla Direttiva
La Direttiva ha il suo punto di forza nell’avere sottolineato il collegamento delle pari
opportunità - intese come uguaglianza e valorizzazione delle differenze di genere –
alla organizzazione del lavoro, la gestione delle risorse umane, la qualità di
vita/lavoro delle donne e uomini dipendenti e dei servizi ai cittadini e cittadine
utenti.
Nella Premessa, infatti, si evidenzia come il recente cambiamento delle pubbliche
amministrazioni, sia da un punto di vista burocratico che operativo, porti alla
necessità di rivedere la gestione delle risorse umane e come la “valorizzazione
delle persone, donne e uomini” costituisca un elemento fondamentale per la
realizzazione di questo cambiamento. Si parla di qualità del lavoro, di rimozione
degli ostacoli che impediscono la valorizzazione professionale e lo sviluppo delle
pari opportunità, di qualità dei servizi ai cittadini e cittadine utenti: ‘Occorre inoltre
valorizzare le differenze, come fattore di qualità dell’azione amministrativa, che
72
portano alla crescita del livello dei servizi per rispondere con più efficacia ed
efficienza ai bisogni delle cittadine e dei cittadini’.
La situazione odierna in fatto di Pari Opportunità nella P.A. descritta nella Direttiva,
vede un modello ricorrente rappresentato da una forte disuguaglianza tra uomini e
donne soprattutto per quanto riguarda i livelli più alti. Nella P.A., benché la
presenza delle donne sia superiore a quella degli uomini (54% delle donne sul
totale dei lavoratori), a livello dirigenziale queste sono in percentuale nettamente
inferiori rispetto agli uomini (le donne dirigenti sono solo il 20%), malgrado abbiano
un elevato livello di scolarizzazione (il 60% delle lavoratrici è in possesso della
laurea). Oltre al divario per quanto riguarda la posizione lavorativa, c’è un divario
anche per quanto riguarda le retribuzioni.
Le azioni per attuare pari opportunità nell’amministrazione pubblica
La direttiva ha un destinatario ben preciso, individuato nei vertici delle
amministrazioni e in particolare i/le responsabili del personale ‘che dovranno
orientare le politiche di gestione delle risorse umane e l’organizzazione del lavoro -
sia a livello centrale che a livello decentrato - secondo le linee di azione delineate.’
Le azioni da intraprendere per superare le discriminazioni a causa del genere sono
sei :
I - eliminazione e prevenzione delle discriminazioni : eliminare e prevenire sono
le due azioni strategiche per le pari opportunità e le pubbliche amministrazioni
sono invitate alla ‘attuazione dei ben noti principi costituzionali che vietano
qualsiasi forma di discriminazione diretta o indiretta (artt. 25 e 26 del D.Lgs. 11
aprile 2006 n. 198) in riferimento a ogni fase e aspetto della vita lavorativa;
II - adozione dei piani triennali di azioni positive : predisporre progetti che
mirino all’eliminazione degli ostacoli che impediscono la realizzazione delle pari
opportunità in ambito lavorativo;
III - organizzazione del lavoro: favorire la conciliazione tempi di lavoro e tempi di
vita e la valorizzazione delle competenze delle lavoratrici che rappresentano la
maggioranza del personale delle amministrazioni pubbliche. Questo è realizzabile,
tra l’altro, attraverso l’attuazione di un’azione contrattuale flessibile, la diffusione
73
del telelavoro, l’attivazione di progetti di miglioramento organizzativo per la
valorizzazione delle competenze e il supporto al reinserimento del personale
assente dal lavoro per lunghi periodi (maternità, congedi parentali, etc…);
IV - politiche di reclutamento e gestione del personale : eliminare i fattori che
ostacolano le pari opportunità, promuovendo la presenza delle lavoratrici nelle
posizioni dirigenziali nel rispetto del principio di pari opportunità per il conferimento
degli incarichi dirigenziali ed eliminando tutti gli aspetti discriminatori nei sistemi di
valutazione; è necessario monitorare l’assegnazione degli incarichi sia a un livello
dirigenziale che non dirigenziale per verificare eventuali differenziali retributivi tra
uomini e donne e, nell’eventualità, correggere questa differenza; adottare iniziative
che portino a un equilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni
gerarchiche affinché il dislivello tra i generi sia inferiore ai due terzi;
V - Comitati Pari Opportunità : (organismi che hanno lo scopo di promuovere
iniziative per l'attuazione delle pari opportunità e la valorizzazione della differenza
tra uomo e donna) favorirne il funzionamento mettendo a disposizione tutti gli
strumenti necessari per la loro efficienza, rafforzare il ruolo dei CPO all’interno
dell’amministrazione con la nomina di dirigenti/funzionari dotati di potere
decisionale, tenere in adeguata considerazione le loro proposte per individuare le
misure idonee a favorire effettive pari opportunità nell’ambito lavorativo, valorizzare
e pubblicizzare con ogni mezzo i risultati del lavoro svolto dagli stessi;
VI -formazione e cultura organizzativa : adottare modelli che valorizzino le donne
e gli uomini attraverso corsi di formazione e aggiornamento professionale, adottare
modalità organizzative che ne favoriscano la partecipazione, verificare che la
formazione e l’aggiornamento del personale concorrano alla formazione di una
“cultura di genere” attraverso la diffusione della normativa a tutela delle pari
opportunità e sui congedi parentali, avviare azioni di sensibilizzazione sulle
tematiche delle Pari Opportunità producendo statistiche sul personale distribuite
per genere, utilizzare nella stesura dei documenti di lavoro un linguaggio non
discriminatorio tale da porre sullo stesso piano le lavoratrici e i lavoratori,
promuovere delle analisi di bilancio che evidenzino quanto viene indirizzato alle
donne, quanto agli uomini e quanto a entrambi
74
Attuazione della direttiva
Per favorire l’attuazione della direttiva, ogni anno la direzione del personale deve
redigere una relazione contenente: una descrizione del personale suddiviso per
genere, la descrizione delle azioni realizzate nell’anno evidenziando l’ammontare
delle risorse impiegate, la descrizione delle azioni da realizzare negli anni
successivi evidenziando l’ammontare delle risorse impiegate. Il materiale raccolto
dovrà poi essere inviato al Ministero delle Pari Opportunità, che elabora e diffonde
un rapporto di sintesi alle amministrazioni interessate.
75
Appendice 2 Alcuni stralci dalle interviste in profondità alle donne lavoratrici del Comune di Roma Ecco alcune frasi significative estrapolate dalla trascrizione delle interviste fatte
alle donne lavoratrici del Comune di Roma.
‘Hai i figli, non è che trasmetti all’amministrazione il problema che tu hai i figli, cioè
è la tua vita, sei te che fai le tue scelte…Il fatto di fare dei figli prima o poi lo paghi
nella vita, non c’è niente da fare. È una soddisfazione enorme, la più grande della
vita, però lo paghi questo fatto, lo paghi proprio ma questo è un problema proprio
della madre, lo paghi perché ti aumentano i pensieri, perché ti aumentano le
responsabilità, perché ti manca il tempo, perché non hai più la tua vita come era
prima. E devi trovare il tempo per tutto’
‘Io i concorsi li ho sempre fatti e finora li ho sempre superati, certo sempre con mio
grande sacrificio perché queste sono cose che si fanno al di fuori, devi lavorare,
devi studiare, devi accudire la famiglia. Certo i sacrifici, è chiaro sono tanti,
certamente noi donne non siamo facilitate’
‘….ho due figlie adolescenti, però ancora non sono in un’età “autonoma”, poi un
partner che attualmente non sta in casa e quindi non c’è condivisione quotidiana e
ho una madre anziana malata di ******, di conseguenza tra tutte queste cose la
fatica è enorme’
‘Allora, adesso come adesso se mi mettono una riunione in un orario in cui non
posso dico no e basta, magari dieci anni fa mi sarei fatta in quattro per poter
partecipare. Questo per dire comunque che le cose si possono programmare,
ognuno poi gestisce la sua vita come vuole però gestire meglio gli orari si
potrebbe.’
76
‘È capitato di dover rinunciare a riunioni o altre cose perché dovevo andare a
prendere i miei figli. Anche per esempio con la formazione’.
‘A volte ci sono convegni a cui non riesco ad andare. A volte ti propongono anche
cose di pomeriggio e io non sono potuta andare. Ho aderito sempre quando i corsi
erano al mattino ma al pomeriggio ho più difficoltà.’
‘Siccome la formazione viene erogata su base volontaria, l’amministrazione non ce
la impone, l’amministrazione ci comunica che ci sono questi corsi, io non sono mai
riuscita a farli, se non una volta perché ho sempre fatto lavori talmente frenetici che
non me la sono mai potuta permettere la formazione’.
‘Le informazioni sulla formazione non girano, ci sono i soliti furbi che se la tengono
nascosta … siccome sono cose che costano, perché non è che le fanno gratis,
allora le informazioni sui corsi che dipendono dal dipartimento spesso e volentieri
a noi non arrivano perché arrivano per posta al direttore e il direttore è lui che
sceglie e decide chi mandare’.
‘No, no, non c’è comunicazione. Non è che dicono, guardate che sta uscendo, c’è
un calendario di tutti i corsi. Cioè ci sono i soliti furbi che se la tengono
nascosta…’
‘Dovrebbe essere studiato uno schema d’orario tipo PO per cui se io in una
settimana posso stare meno ore recupero quella dopo. Un orario del genere è un
orario che rispetta l’individuo, indipendentemente se ha figli o no, sempre con il
paletto della mezza giornata che deve essere garantita. Questo schema va rivisto
a seconda delle fasce di età dei familiari e in modo che non ostacoli il lavoro, è un
orario che rispetta l’individuo che però è maturo e che fa il lavoro che deve fare….’
‘Sì di fregature ne ho avute tante però devo dire che ho avuto anche tante
soddisfazioni per il lavoro che svolgo io, perché il ringraziamento che i cittadini
hanno fatto a me personalmente per i lavori che io ho fatto, non sono stati fatti agli
altri, quindi quello è un bagaglio che mi porto dietro io’
77
‘Per quanto riguarda la motivazione per esempio, che ora se ne parla molto, molti
non sono motivati perché non vedono la finalità del loro lavoro, comunque il lavoro
è mal affidato, mal gestito, mal organizzato, poco partecipato. l dirigenti, ma
spesso uno lo vede anche nel lavoro che fa, fanno fatica a valorizzare tutte le
risorse umane, per cui magari si avvalgono solo di alcune persone, più disponibili e
lasciano a lato altre persone che potrebbero dare di più ma proprio perché non
vengono coinvolte, non danno quello che potrebbero dare. La motivazione è un
aspetto che è lasciato un po’ al caso, non c’è un lavoro di coinvolgimento’.
‘Ogni tanto ho il desiderio di tirarmi indietro anche se poi non lo faccio, sprecherei
tutto quello che ho fatto finora, anche se la voglia c’è, il desiderio c’è. Frustrazione
rispetto agli obiettivi sì perché non è organizzato il lavoro, perché il lavoro non è
organizzato bene. C’è una carenza organizzativa, inefficienza. Demotivazione sì
quando vedi che le cose non funzionano velocemente, che non vanno avanti’.
‘Telelavoro: non è mai successo, c’è nel contratto ma non è mai successo. Anche
se l’esigenza da parte di alcuni miei colleghi c’è’.
‘Bè io ho dovuto chiedere di poter svolgere un compito, mi spettava, però l’ho
dovuto chiedere, io l’ho dovuto chiedere, mi è stato dato se non dietro espressa
richiesta, lettera. Io ho dovuto chiedere di essere trattata come il mio collega uomo,
ero nella stessa situazione, a lui era stata data automaticamente la direzione dei
lavori e a me no, perché? Io ero nella stessa condizione, con le stesse
caratteristiche. Io ho dovuto chiedere al dirigente che oltretutto era una donna.’
‘Sicuramente. Per esempio nella mia ultima gravidanza, quando sono rientrata non
avevo più la scrivania, non c’era più il mio posto, mi era stato spiegato come una
semplificazione delle cose. E mi era stato detto che avrei dovuto fare la domanda
al dirigente per avere un altro posto. Una cosa pazzesca che appunto ti pone in
una situazione piuttosto… ti senti in più.’
79
Valutazione in un’ottica di genere delle attività realizzate dal Dipartimento
Attività Economico-Produttive, Formazione Professionale e Lavoro del Comune di Roma
81
Indice
1. Introduzione
1.1. Parità di Genere:principi e strumenti
1.2. La valutazione in un’ottica di genere ed il Bilancio di Genere
1.3. L’approccio metodologico
2. L’analisi di contesto
2.1. L'andamento demografico
2.2. Donne e mercato del lavoro
2.3. I percorsi universitari delle donne a Roma
2.4. Il lavoro femminile
2.5. Il tessuto produttivo e la domanda di lavoro
2.6. La presenza femminile nelle istituzioni pubbliche comunali e
municipali a Roma
3. Il campo di indagine e la metodologia adottata
3.1. L’Area formazione e Lavoro del Dipartimento Attività
Economico Produttive Formazione e Lavoro del Comune di
Roma
3.2. Le attività selezionate per l’analisi di genere
3.3. Il metodo di lavoro
4. I risultati della ricerca sul campo
4.1. Formazione Professionale
4.1.1. Finalità ed obiettivi
4.1.2. Descrizione dei servizi offerti
4.1.3. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
4.1.4. Linee di sviluppo possibili
4.2. Orientamento al Lavoro
4.2.1. Finalità ed obiettivi
82
4.2.2. Descrizione dei servizi offerti
4.2.3. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
4.2.4. Linee di sviluppo possibili
4.3. Progetto “M’imprendo”
4.3.1. Finalità ed obiettivi
4.3.2. Descrizione dei servizi offerti
4.3.3. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
4.3.4. Linee di sviluppo possibili
4.4. Osservatorio sul Mercato del Lavoro
4.4.1. Finalità ed obiettivi
4.4.2. Descrizione dei servizi offerti
4.4.3. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
4.4.4. Linee di sviluppo possibili
5. Conclusioni
83
1. Introduzione
Nell’ambito del progetto “Il Comune di Roma e la qualità della vita e
dei servizi: azioni positive e gender mainstreaming” la Fondazione
Giacomo Brodolini ha realizzato una prima valutazione in un’ottica di
genere delle attività realizzate dall’Area Formazione e lavoro del
Dipartimento Attività Economico Produttive, Formazione e Lavoro del
Comune di Roma, facendo riferimento prevalentemente ai dati
disponibili relativi al biennio precedente l’attività di analisi (2006-
2008). La valutazione ha adottato come metodologia di analisi il
bilancio di genere e si è ispirata ad alcuni principi condivisi a livello
nazionale e comunitario dei quali la strategia del doppio approccio tra
Azioni Positive e Mainstreaming di genere rappresenta la chiave di
volta. Pertanto, prima di presentare l’analisi ed i risultati del lavoro
svolto è importante ricordare i principi ispiratori a cui in questo
rapporto si farà più volte riferimento.
1.1 Parità di Genere: principi e strumenti
Un ruolo importante nella promozione del principio delle pari
opportunità di genere è stato ed è tuttora svolto in tutti i paesi membri
dalla Unione Europea. Fin dalla direttiva contro la discriminazione sul
lavoro del 19753 la Comunità ha mostrato un’attenzione speciale nel
promuovere azioni in vista dell’uguaglianza di genere. Tale impegno
si è evidenziato anche nelle modalità di implementazione del
3 Direttiva 75/117 del 10 Febbraio 1975, adottata per affermare il principio della parità di retribuzione.
84
principale strumento delle politiche pubbliche Europee vale a dire i
Fondi Strutturali con un riguardo particolare al Fondo Sociale
Europeo. L’attività delle istituzioni comunitarie in questa area ha
avuto un impatto rilevante nei paesi membri favorendo l’adozione di
misure per le pari opportunità di genere.
Un documento chiave in tema della promozione delle Pari
Opportunità a livello europeo è la Tabella di marcia per la parità tra
donne e uomini 2006-2010 pubblicato dalla Commissione Europea4.
In esso si delineano sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di
parità tra i generi e si invitano esplicitamente gli Stati Membri a
muoversi sulla stessa linea. I sei temi affrontati nella Tabella di
marcia, tutti considerati parimenti rilevanti sono i seguenti: una pari
indipendenza economica per le donne e gli uomini, l’equilibrio tra
attività professionale e vita privata, la pari rappresentanza nel
processo decisionale, l’eradicazione di tutte le forme di violenza
fondate sul genere, l’eliminazione di stereotipi sessisti e la
promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di
sviluppo. Nel documento stesso si indicano per ciascuna area di
intervento gli obiettivi da raggiungere, gli interventi prioritari da
realizzare e gli strumenti di policy per perseguirli. Obiettivi e interventi
prioritari sono presentati nel riquadro che segue mentre gli strumenti
di policy di cui avvalersi sono due: le Azioni positive ed il
Mainstreaming di genere.
4 Si fa qui riferimento alla Comunicazione della Commissione COM (2006) 92 definitivo del 1 marzo 2006 “Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010” che contiene le linee guida della politica comunitaria in tema di Pari Opportunità
85
Azioni positive di genere
Sono tutti quei provvedimenti che incidono sulla suddivisione dei beni
pubblici (come per esempio occupazione, istruzione, case popolari,
cure sanitarie) allo scopo di ottenere l’uguaglianza effettiva per le
donne in quanto svantaggiate rispetto agli uomini dal punto di vista
economico e sociale o che subiscono discriminazioni o affrontano le
conseguenze di discriminazioni subite nel passato. Per raggiungere
tale scopo i provvedimenti delle Azioni Positive sono concepiti per
raggiungere uno dei seguenti obiettivi:
• prevenire o risarcire gli svantaggi o la discriminazione subita;
• promuovere effettivamente l’uguaglianza, spezzando il ciclo
vizioso di diseguaglianza legato all’appartenenza ;
• compensare la poca rappresentatività di tutti i gruppi
svantaggiati nella vita sociale, economica, culturale e politica.
Mainstreaming di genere
Consiste nell’integrazione sistematica di un’attenzione specifica alle
situazioni, alle priorità ed ai bisogni rispettivi delle donne e degli
uomini in tutti i settori, a tutti i livelli ed in tutti i momenti della
realizzazione delle politiche pubbliche, al fine di promuovere la parità
effettiva tra donne e uomini.
Per la promozione della parità di genere ci si può avvalere del primo
o del secondo strumento all’interno di una unica strategia adottandoli
alternativamente a seconda delle condizioni in cui si opera. La
differenza tra i due strumenti è nell’approccio di fondo. Il primo
interviene a posteriori su uno svantaggio esistente e verificato
86
mentre il secondo a priori vale a dire tentando di prevenire
l’instaurarsi delle disuguaglianze.
Essendo entrambi strumenti per la realizzazione delle politiche
pubbliche, entrambi intervengono all’interno del ciclo delle politiche
ovviamente in modi e tempi diversi. Per quanto riguarda le azioni
positive esse presuppongono specifici interventi da adottare in
seguito ad una indagine conoscitiva che ne ha appurato la necessità.
Tali interventi saranno poi opportunamente monitorati e valutati
durante e dopo l’implementazione per appurarne l’efficacia. Il
mainstreaming di genere, invece, rappresenta un mutamento
radicale nel modo di realizzare le politiche pubbliche. Adottare un
approccio di mainstreaming di genere significa chiedersi prima di
adottare una qualsiasi misura in qualsiasi settore di intervento dai
trasporti alle politiche del lavoro, dall’istruzione all’ambiente, dalle
attività produttive alla cultura, quale impatto avrà questa misura su
uomini e donne e nel caso in cui impatto sia diverso impegnarsi nel
modificare la misura stessa o le condizioni esistenti affinché tale
differenza sia ridotta il più possibile o si annulli del tutto. Si ricordi che
il ciclo delle politiche pubbliche può essere semplificato come nel
seguente grafico.
88
È evidente quindi che l’adozione di questo secondo approccio è
meno immediato e richiede uno sforzo maggiore. In primo luogo,
occorre mettere a punto di sistemi di monitoraggio e valutazione
delle politiche pubbliche adeguati, che siano a adatti ai diversi campi
di intervento, ed in secondo luogo occorre sperimentare e poi
diffondere le buone prassi già collaudate. Infine, occorre una
infrastruttura adeguata, vale a dire diffondere la sensibilità e le
conoscenze necessarie all’interno della pubblica amministrazione e
dotare le amministrazioni degli strumenti necessari per muoversi in
tal senso.
Tra questi diversi passi da compiere per assumere un approccio di
mainstreaming di genere certamente la sfida più importante dal punti
di vista dell’analisi delle politiche pubbliche è il momento del
monitoraggio e della valutazione che deve realizzarsi in un’ottica di
genere.
Dal punto di vista del monitoraggio e della valutazione occorre
avvalersi di uno strumento in grado di esaminare tutte le misure
adottate da una singola amministrazione e di poterle monitorare nel
tempo in un’ottica di genere. Uno strumento siffatto esiste già ed è il
Bilancio di genere.
1.2 La valutazione in un’ottica di genere ed il Bilancio di Genere
Valutare in un’ottica di genere significa accertarsi che le situazioni di
uomini e donne siano trattate in modo anche diverso se necessario
affinché sia possibile produrre effetti positivi per tutti. Ciò accade
perché le politiche adottate nella maggior parte dei casi non sono
89
neutrali rispetto ai cittadini ma assumono effetti e conseguenze
diverse a seconda delle caratteristiche di ognuno, prima fra tutti il
loro genere; in quanto uomini e donne esperiscono condizioni di vita
diverse. La valutazione in un’ottica di genere di un programma o di
un progetto ha per obiettivo la verifica che le attività che si sono
realizzate, si stanno realizzando o si intende realizzare, producano
gli stessi effetti positivi sia per gli uomini sia per le donne.
Se si ha la necessità di svolgere una tale attività di valutazione in
tutte le fasi delle politiche pubbliche e su tutte le misure
implementate da una amministrazione è possibile avvalersi di uno
strumento già elaborato metodologicamente che è il Bilancio di
genere.
Il Bilancio di genere consiste “tra l’altro” nella valutazione in una
ottica di genere del bilancio di una amministrazione pubblica, quando
la valutazione è svolta sul Bilancio a consuntivo si ha il Gender
Auditing, quando tale attività valutativa si svolge sul Bilancio
previsionale dell’anno considerato si ha il Gender Budgeting. Si
sottolinea che è anche una attività valutativa e di monitoraggio ma
non soltanto, perché in realtà il Bilancio di genere si propone in modo
più ampio di integrare la prospettiva di genere a tutti i livelli ed in tutte
le fasi della procedura di bilancio. Il bilancio di genere è uno
strumento che permette di programmare e rendicontare con la
consapevolezza delle disuguaglianze di genere della società per
favorire al contempo:
• equità,
• efficienza,
90
• trasparenza,
delle procedure di bilancio e del bilancio stesso.
Il Bilancio di genere è quindi uno strumento complesso che prevede
sia una attività di valutazione di tutte le misure che una pubblica
amministrazione realizza in un anno sia l’intervento nelle procedure
di bilancio per potervi integrare una prospettiva di genere.
Chiaramente realizzare il bilancio di genere nella sua interezza
richiederebbe interventi sulla regolamentazione anche a livello
nazionale, ciò non toglie che le singole amministrazione possono
misurarsi con la sperimentazione del Bilancio di genere con risultati
interessanti. Tornando ai nostri fini valutativi il Bilancio di genere può
essere utilizzato come strumento valutativo per la realizzazione del
mainstreaming di genere nelle pubbliche amministrazioni perché
esso comporta una attività di valutazione dell’impatto di genere (ex-
ante se svolta sul bilancio previsionale o ex-post se svolta sul
bilancio a consuntivo) su tutte le misure effettivamente realizzate.
Per realizzare il Bilancio di genere occorre quindi esaminare i
documenti di bilancio prodotti dalle Pubbliche amministrazioni (i
rendiconti, i bilanci stessi siano previsionali siano a consuntivo) e
valutare l’impatto che ogni singola misura ivi presente ha avuto o
avrà su uomini e donne che vivono nel territorio di competenza
dell’amministrazione considerata. A tal fine occorrerà in primo luogo
realizzare una analisi di contesto che descriva il più accuratamente
possibile tali condizioni. .
91
E’ importante ricordare che spesso il momento delle valutazione è
visto solo come un obbligo da adempiere al termine di un programma
o un progetto e raramente i risultati sono utilizzati per il nuovo ciclo di
programmazione. La valutazione è invece uno strumento da adottare
in tutte le fasi del policy-making che è un’attività essenziale per
comprendere cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato e come,
in una misura, poter far tesoro dell’esperienza.
L’esercizio di Gender Auditing è utile, in termini generali, per far
emergere quali siano gli accorgimenti necessari per assumere
un’ottica di genere all’interno di Programmi e Progetti. Accorgimenti e
correttivi che, spesso, richiedono semplicemente una maggiore
attenzione e sensibilità, che nella gran parte dei casi possono
realizzarsi senza sostenere costi aggiuntivi. In aggiunta ad una
normale attività valutativa, il Bilancio di genere permette di prendere
in considerazione gli aspetti più propriamente finanziari e quindi di
considerare anche le risorse e gli investimenti nelle specifiche
attività.
Nell’ambito del progetto Il Comune di Roma e la qualità della vita e
dei servizi: azioni positive e gender mainstreaming è stata realizzata
una prima attività di Gender Auditing che prevede la valutazione
della spesa realizzata dall’Area Formazione e Lavoro del
Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione e Lavoro del
Comune di Roma responsabile del progetto, nell’ultimo anno per cui
è stato reso noto il bilancio a consuntivo, con particolare attenzione a
92
programmi, misure e progetti attualmente ancora in corso di
realizzazione.
1.3 L’approccio metodologico
Il punto di partenza da cui muove un approccio di analisi dei bilanci
pubblici per genere è che le politiche economiche condotte in ambito
pubblico a tutti i livelli, non siano neutrali rispetto alla platea di
cittadini che intercettano, ma assumano effetti e conseguenze
differenti a seconda se questi siano uomini o donne. Per questo
motivo, le scelte dei governi locali o nazionali devono tenere conto di
queste diversità, proprio perché diverso è il ruolo che a tutt'oggi
viene svolto dagli uni e dalle altre nelle famiglie, nell'economia e
nella società. Le differenze tra generi si possono rilevare in ogni
fascia d'età e con riferimento a diversi contesti socio-economici: è
stato necessario, quindi, procedere ad un'analisi degli aspetti
demografici, economici e sociali che caratterizzano il territorio di
interesse – nello specifico il Comune di Roma - prima di realizzare
un’analisi del bilancio per comprendere quali impatti le politiche
possano avere sulle donne e gli uomini che vivono a Roma. In
particolare, si è posta un’attenzione speciale alla partecipazione al
mercato del lavoro e alle forme in cui questa si realizza, che è uno
dei fattori determinanti intorno a cui dovrebbe ruotare una parte
essenziale delle scelte e degli indirizzi delle politiche di una
amministrazione pubblica.
Nell’analisi di contesto si è fatto ricorso a una serie di variabili
descrittive (demografia, lavoro, istruzione, imprenditorialità),
attraverso le quali si è cercato di comprendere non solo la
quotidianità delle persone o i loro stili di vita, ma anche il loro livello
93
di evoluzione personale, professionale e familiare, livello certamente
non indifferente all'azione pubblica. D'altra parte, uno sguardo che
prende avvio da queste differenze può aiutare a comprendere dove
queste diventano disuguaglianze in termini economici, sociali e di
partecipazione alla vita pubblica che, per le donne molto di più che
per gli uomini, appare fortemente condizionata dagli impegni
familiari, di cura e domestici.
All’analisi di contesto (vedi paragrafo 2), imprescindibile punto di
partenza, è stata affiancata una successiva analisi delle
caratteristiche e specificità dell’Area Formazione e Lavoro del
Dipartimento Attività Economico-Produttive, Formazione e Lavoro del
Comune di Roma, selezionato come settore di indagine privilegiato
per la fase di vera e propria valutazione in un’ottica di genere.
Successivamente all’acquisizione dei documenti descrittivi e di
programmazione, che hanno consentito di inquadrare con puntualità
la mission dell’Area in oggetto e di analizzare le attività previste e
realizzate negli ultimi due anni, si è proceduto con delle interviste
mirate ad interlocutori privilegiati, ovvero i referenti delle singole
Unità Organizzative che compongono l’Area. Il paragrafo 3 ed il
paragrafo 4 presentano i risultati di questo lavoro di analisi,
integrando, laddove possibile, le informazioni raccolte nelle interviste
con informazioni quantitative desunte da documenti interni di
monitoraggio e valutazione.
Prima di procedere ulteriormente, è opportuno sottolineare come
l’attività di valutazione si sia svolta nel periodo in cui i settori Lavoro e
Formazione, precedentemente incardinati in un Dipartimento a sé
stante, sono entrati a far parte del Dipartimento Attività Economico
94
Produttive con un conseguente cambiamento organizzativo. Questa
circostanza si è riflessa nell’incertezza rilevata durante le interviste
con gli operatori direttamente coinvolti sul campo, ma non ha in alcun
modo costituito un ostacolo all’analisi in un’ottica di genere delle
attività svolte. Alla luce degli elementi emersi dall’analisi delle singole
attività, il gruppo di lavoro ha espresso nelle conclusioni (paragrafo
5) alcuni suggerimenti per migliorare un approccio orientato al
mainstreaming di genere delle politiche comunali relative al lavoro ed
alla formazione permanente.
2. L’analisi di contesto
2.1 L'andamento demografico
Le trasformazioni della struttura demografica che avvengono nel
corso del tempo in un territorio forniscono informazioni molto utili a
conoscere le scelte di partecipazione femminile al mercato del lavoro
e, dunque, a rappresentare la domanda potenziale di servizi che su
quel territorio insiste.
In particolare, i processi generalizzati di aumento della durata di vita
della popolazione che contraddistinguono anche il comune di Roma
e il perdurare di livelli molto bassi di fecondità fra le donne,
costituiscono due elementi significativi che descrivono il profilo di una
società che sta invecchiando a ritmi sostenuti, nella quale il peso
95
delle generazioni anziane tende a crescere costantemente, con
conseguenze importanti sul sistema economico e sociale
complessivo.
Ciò dovrebbe influire anche sull'indirizzo dei programmi di welfare e
sulla vita delle donne, spesso chiamate a investire un tempo
crescente della loro esistenza nell'impegno di cura della famiglia.
La lettura congiunta dell'evoluzione di alcuni dei più importanti
indicatori demografici negli anni 2003-2007 evidenzia come la
capitale presenti un processo di invecchiamento più accentuato
rispetto alla media registrata in Italia.
97
In particolare si evidenzia un livello costantemente più elevato
dell'indice di vecchiaia che nel 2007 arriva a conteggiare 163
persone con 65 anni e più ogni 100 giovani con meno di 15 anni,
contro i 142 rilevati in Italia. Un dato che, a parità di aspettativa di
vita degli anziani, segnala un peso significativamente inferiore delle
fasce di popolazione più giovane. Vi sono, inoltre, 32 anziani oltre i
64 anni ogni 100 persone di 15-64 anni, contro i 30 raggiunti nella
media nazionale (indice di dipendenza degli anziani) (Tab. 1).
Più simile a quello italiano è l'indice di dipendenza strutturale, che
esprime il rapporto fra le persone in età inattive (minori di 15 anni o
con più di 64) e tutte le persone in età potenzialmente attive (15-64
anni), che risulta a Roma pari al 51,4% contro il 51,6% rilevato in
Italia. Ma, su questo risultato apparentemente simile influiscono i
contributi sostanzialmente diversi dei più giovani e degli anziani sul
complesso delle persone in età inattive. A Roma, infatti, le
generazioni più giovani rappresentano il 14,4% del totale della
popolazione, contro il 15% della media italiana, mentre gli anziani
costituiscono il 20% dell'intera popolazione romana, contro il 19% nel
totale nazionale. D'altra parte, l'età media a Roma raggiunge i 44,2
anni, pari a 1,2 punti percentuali in più di quella nazionale, attestata
sui 43.
Gli stessi tassi di natalità (numero di nati rispetto alla popolazione) o
di fecondità (numero di nati per donne in età fertile) dimostrano che
la tendenza al ricambio della struttura demografica con nuove
nascite a Roma è costantemente più bassa della media nazionale,
manifestando un comportamento riproduttivo meno attivo fra le
donne romane. Il numero medio di figli per donna nella capitale è
98
stimato al 2006 (ultimo anno disponibile) intorno all'1,31, in ripresa
rispetto ai valori del 2005 e del 2003, ma comunque inferiore alla
media nazionale (1,35) e regionale (1,33). Neanche il contributo delle
donne immigrate, che come è noto esprimono indici di fecondità di
molto superiori alle donne italiane, ha contribuito a stabilizzare verso
l'alto questo indicatore che risulta fortemente condizionato da
molteplici fattori economici e sociali.
In particolare, soprattutto a partire dalla metà degli anni '90, la
letteratura scientifica e vari rapporti Ocse hanno evidenziato come
negli ultimi anni si stia assistendo a un cambiamento di segno della
correlazione cross-country tra occupazione femminile e fecondità nei
paesi occidentali.
Ciò che si è potuto osservare è stata un'inversione della relazione
negativa normalmente verificatasi in passato fra partecipazione delle
donne al mercato del lavoro e fecondità, che indica una direzione
nuova nella dinamica riproduttiva anche delle donne italiane. In
realtà, il legame positivo è cominciato a emergere in alcuni paesi
occidentali già alla fine degli anni Ottanta: nei contesti nei quali era
maggiore il tasso di attività femminile, risultava maggiore anche il
numero medio di figli per donna. Si tratta di una relazione cruciale
per lo sviluppo, perché significa che famiglia e lavoro possono
essere obiettivi conciliabili 5. L'Italia al momento è, fra i paesi Ocse,
uno di quelli che presenta la più bassa combinazione dei due valori,
infatti insieme a Spagna e Grecia nel nostro paese si riscontrano fra i
più bassi tassi di attività femminile a livello europeo. Ma alcuni 5 Vedi di Daniela Del Boca e Alessandro Rosina, "L'effimero boom delle nascite", 17.10.2007 –
www.lavoce.info
99
segnali di inversione di tendenza si sono registrati anche in Italia;
infatti, se si considerano le regioni italiane, si nota come, dopo il
minimo del 1995, essa è aumentata laddove i tassi di attività
femminile sono maggiori. Questo recupero di fecondità, se non
descrive necessariamente una relazione diretta fra i due fenomeni –
che risultano tuttora condizionati anche da altri fattori, tra cui la
distribuzione del lavoro di cura – quantomeno indica che
l'occupazione femminile non è di per sé ostacolo alla fecondità. Al
contrario, i dati registrati in alcune regioni italiane dove sia i tassi di
occupazione femminile che i livelli di fecondità risultano
particolarmente bassi (Calabria, Puglia, Campania) sembrano
dimostrare come la scelta di procreare sia solo in parte legata alla
disponibilità di tempi per la cura. Per il resto è il livello di reddito ad
avere un’influenza importante sulla scelta di avere figli. Inoltre,
l'evidenza sottolinea che dove l’offerta di servizi alle famiglie e alle
donne lavoratrici è qualitativamente e quantitativamente migliore e
più varia (asili nido, utilizzo dei congedi parentali, sostegno alla
maternità) i tassi di fecondità hanno mostrato una ripresa più
sostenuta che altrove.
Nel complesso, in Italia la rete di protezione sociale offerta dal
sistema pubblico di welfare, sia centrale che locale, è tuttora
insoddisfacente e ciò contribuisce a riversare sulle donne una quota
significativa delle responsabilità e degli impegni connessi alla
maternità, inibendone in parte le potenzialità occupazionali.
D'altra parte, le dinamiche legate alle scelte riproduttive risultano
altrettanto evidentemente legate all'evoluzione del sistema di
istruzione che, protraendo il periodo dedicato agli studi e alla
100
formazione, posticipa l'ingresso nel mondo del lavoro e, dunque, il
momento delle decisioni in ambito professionale e personale. È
probabile che questo comporti un semplice effetto di ritardo sulla
fecondità generale, con un avanzamento dell'età delle madri legato
alle generazioni, anche se non si può escludere un'influenza sui
comportamenti complessivi che potrebbe incidere sulla consistenza
stessa del fenomeno riproduttivo.
Nel caso del comune di Roma, il permanere di bassi tassi di
fecondità nel corso del tempo, anche in presenza di tassi di attività
generalmente più elevati rispetto alla media nazionale (58% a Roma
contro il 50,7% della media nazionale), deve essere letto tenendo
conto proprio del fattore 'istruzione', vista l’elevata numerosità di
donne con titoli di studio medio-alti nella Capitale rispetto alla media
nazionale e ai valori raggiunti anche in alcuni dei comuni
metropolitani del centro-nord. A Roma il 42,2% delle donne di età
compresa fra i 15 e i 64 anni ha conseguito un diploma superiore,
contro il 32,4% della media nazionale e addirittura il 22,3% possiede
un titolo universitario (laurea o titoli superiori) contro il 12,8%
raggiunto a livello nazionale (Tab. 3).
101
Tab. 2 - Popolazione di 15-64 anni secondo il livello di formazione e il sesso Comune di Roma, media 2006
Comune di Roma Italia
Maschi Femmine
Maschi
Femmine
Titolo di studio
% % % % Nessun titolo 0,6 1,0 1,4 2,1 Lic. elem. 4,1 5,6 9,2 12,7 Lic.media o avv.prof. 27,7 23,3 39,5 33,4 Qualifica professionale 2,6 4,7 6,3 6,3 Diploma superiore 42,7 42,2 32,7 32,4 Accademia 0,4 0,8 0,3 0,4 Laurea breve 2,4 2,8 1,5 2,6 Laurea specialistica 0,2 0,1 0,1 0,2 Laurea 17,4 17,4 8,3 9,4 Specializzazione post-laurea
1,4 1,6 0,6 0,5
Dottorato di ricerca 0,4 0,5 0,1 0,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
In ogni caso, sia considerando il contesto romano che quello
nazionale, è interessante sottolineare come la formazione
universitaria sia un livello formativo che vede le donne in vantaggio
rispetto agli uomini, con particolare accento fra le generazioni più
giovani. I titoli di studio più alti sono conseguiti, come si è visto, a
Roma dalle donne nel 22,3% dei casi contro il 21,8% degli uomini;
nella media nazionale se le donne raggiungono questi livelli formativi
nel 12,8% dei casi, gli uomini lo fanno nel 10,6%.
102
L'istruzione e la formazione, dunque, si rivelano fattori determinanti
per la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e, pur
posticipandone i tempi, rappresentano un incentivo a entrare o a
rimanere nel mercato del lavoro, costituendo un potenziale notevole
in termini di emancipazione sociale. Le donne, dunque, sembra che
provino a colmare un divario che storicamente le vede escluse dal
mercato del lavoro vantando un'istruzione migliore. La prosecuzione
degli studi, d'altra parte, oltre a modificare i tempi di inserimento nella
vita lavorativa, comporta un cambiamento delle aspirazioni
professionali, che potrebbero anch'esse influire sulle dinamiche della
fecondità delle più giovani.
Tale circostanza pone ancora più fortemente l'accento sulla
necessità di incrementare le opportunità di impiego e allo stesso
tempo la rete di servizi perché non si costringano le donne a dover
scegliere fra un eventuale lavoro e la famiglia.
D'altra parte, come si vedrà più avanti, non si può trascurare l'effetto
scoraggiante sulla decisione di avere un figlio indotto dalla crescente
diffusione, soprattutto fra le donne, dei contratti di lavoro atipici. Tali
forme di contratto non consentono il dispiegarsi di una progettualità
personale e familiare di lungo periodo, deprimendo ulteriormente le
potenzialità riproduttive delle donne.
L'evoluzione della fecondità, di conseguenza, è andata di pari passo
con la tendenza sempre più marcata a posticipare la nascita del
primo figlio. Se nel 1999 l'età media delle madri nella provincia di
Roma si collocava tra i 31 e i 32 anni, nel 2006 era salita a 36 anni.
Del resto, se si osservano le caratteristiche delle famiglie romane
con figli, si possono evidenziare alcune peculiarità tipiche di un
103
ambito territoriale di tipo metropolitano. Se, come già abbiamo
notato, è vero che è più probabile per una donna che vive a Roma
proseguire il percorso di studi e formazione è altrettanto vero che la
stessa ha maggiori probabilità di rimanere sola con i figli e ciò
significa che occorrerebbe attivare politiche di sostegno mirate ai
bisogni specifici che famiglie composte da madri sole con figli
potrebbero manifestare. (Tab. 4).
Tab. 3 - Popolazione secondo la tipologia familiare Comune di Roma e Italia, 2007 Roma Italia Coppia con figli 55,2 60,5 Madre con figli 8,6 6,5 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
Questa componente, costituita nel 2007 nel comune di Roma da
circa 230mila donne, pari all'8,6% dei nuclei familiari, potrebbe
manifestare particolari criticità, poiché in questi nuclei sulla
componente femminile si concentra tutta la responsabilità economica
della famiglia e l’impegno della cura dei figli.
104
2.2 Donne e mercato del lavoro
Complessivamente il quadro che si presenta nel comune di Roma
evidenzia un livello di inattività femminile pari al 56,6% (Tab. 4),
sensibilmente più basso di quello rilevato a livello nazionale, dove nel
2007 esso ha raggiunto il 62% del totale delle donne.
Tab. 4 - Popolazione di 15 anni e oltre secondo la condizione e il sesso Comune di Roma, media 2007
Uomini Donne Totale Condizione % % %
Occupati 60,6 41,1 50,1 In cerca di lavoro 2,9 2,4 2,6 Inattivi 36,5 56,6 47,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
In ogni caso, il livello di partecipazione femminile al mercato del
lavoro resta decisamente inferiore a quello degli uomini . Le donne
occupate sono circa 500mila e corrispondono al 44% del totale
degli occupati. Il tasso di occupazione delle donne (15-64 anni) pur
facendo registrare una sensibile ripresa fra il 2006 e il 2007 (+1
punto percentuale, da 53,8% a 54,8%), mantiene un gap negativo
105
considerevole con il corrispondente indice maschile, che tende
anche ad aumentare nel corso degli anni (-16,8 nel 2004 e -18,8 nel
2007) (Tab. 5).
Tab. 5 - Indicatori del mercato del lavoro secondo il secondo il sesso Comune di Roma e Italia. Anni 2004-2007
2004 2005 2006 2007 Indicatori
Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia
Tasso di attività donne (15-64) 58,6 50,6 60,2 50,4 58,5 50,8 58,0 50,7 Tasso di attività uomini (15-64) 75,4 74,5 75,0 74,4 77,3 74,6 77,2 74,4 Tasso di attività gender-gap -16,8 -23,9 -14,8 -24,0 -18,8 -23,8 -19,2 -23,7 Tasso di occupazione donne (15-64) 53,7 45,2 55,4 45,3 53,8 46,3 54,8 46,6 Tasso di occupazione uomini (15-64) 70,5 69,7 70,1 69,7 72,6 70,5 73,6 70,7 Tasso di occupazione gender-gap -16,8 -24,5 -14,7 -24,4 -18,8 -24,2 -18,8 -24,1 Tasso di disocc. donne 8,2 10,5 7,9 10,1 8,1 8,8 5,5 7,9 Tasso di disocc. uomini 6,3 6,4 6,4 6,2 6,0 5,4 4,5 4,9 Tasso di disocc. gender-gap 1,9 4,1 1,5 3,9 2,1 3,4 1,0 3,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
Al crescere del livello di istruzione acquisito il tasso di occupazione
registra generalmente un progressivo miglioramento, sia fra gli
106
uomini che fra le donne. La componente femminile, tuttavia, registra
un sistematico gap occupazionale che, ad eccezione delle lauree
brevi, sembra segnalare una difficoltà di collocazione anche in caso
di livelli di formazione medio-alti (Tab. 6). In particolare, risalta con
una certa evidenza la distanza rilevata per i titoli universitari più alti
(laurea e oltre), dove il gap è pari nel 2007 a 11,2 punti.
Tab. 6 - Tasso di occupazione (15-64 anni) secondo il sesso e il titolo di studio. Comune di Roma. Anni 2004-2007
2004 2005 2006 2007 Titolo di studio Uomi
ni Donne
Gender gap
Uomini
Donne
Gender gap
Uomini
Donne
Gender gap
Uomini
Donne
Gender gap
Nessun titolo 44,7 27,1 -17,6 49,7
32,8 -16,9 81,1
15,6
-65,5 89,6
48,8
-40,8
Lic. elem. 52,9 19,6 -33,3 55,6 24,7 -30,9 41,7
22,1
-19,6 51,7
19,0
-32,8
Lic.media o avv.prof. 58,7 36,8 -21,9 57,0
37,3 -19,7 59,0
38,5
-20,5 60,4
37,2
-23,2
Qualifica professionale 82,3 46,5 -35,8 82,9
55,2 -27,7 72,9
53,4
-19,5 86,2
49,3
-36,9
Diploma superiore 73,5 60,6 -12,9 72,3
61,3 -11,1 79,2
57,3
-21,9 77,7
58,3
-19,4
Laurea breve 74,8 78,3 3,4 73,2
73,5 0,3 72,2
64,3 -7,9 54,9
69,9 15,0
Laurea e oltre 87,8 79,1 -8,7 88,2
76,6 -11,6 85,8
77,4 -8,3 88,6
77,5
-11,2
Totale 70,5 53,7 -16,8 70,1 55,4 -14,7 72,6
53,8
-18,8 73,6
54,8
-18,8
Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
Del resto si deve rilevare che, fra il 2004 e il 2007, il tasso di
occupazione fra le laureate ha subito una flessione (-1,6 punti), al
contrario di quanto avvenuto ai loro colleghi fra i quali questo
107
indicatore ha registrato un miglioramento, seppur lieve (+0,8 punti).
Ben più significativo è stato il calo del tasso di occupazione dei
possessori di lauree brevi che, pur vantando livelli occupazionali
piuttosto elevati e particolarmente favorevoli alla componente
femminile, hanno visto diminuire costantemente la 'spendibilità' di
questo titolo in favore di titoli di studio inferiori. Nel caso delle donne,
in particolare, il tasso di occupazione delle titolari di laurea breve nel
2007 è sceso di 8,4 punti rispetto al 2004. Non a caso, infatti, fra le
giovani donne in possesso di questo titolo tendono a crescere le
ragazze inattive che decidono di proseguire gli studi, con l'obiettivo di
migliorare la propria formazione, aumentando le proprie opportunità
occupazionali e (presumibilmente) la collocazione lavorativa.
Per quel che riguarda i tassi di disoccupazione, il gap registrato fra il
tasso maschile e quello femminile a Roma e nella media italiana è di
segno positivo. Il gap di genere per i tassi di occupazione nella
Capitale è sensibilmente inferiore alla media nazionale e tende a
ridursi nel corso del tempo (vedi Tab. 5). Le persone in cerca di
occupazione ammontano a Roma a circa 60mila, di cui quasi 30mila
sono donne. Facendo riferimento al 2007, si può osservare che la
distanza fra i tassi di disoccupazione maschili e femminili secondo il
titolo di studio conseguito sia molto più marcata nell'intero territorio
nazionale che nella capitale (Graf. 2 e 3). Ma, se in media in Italia il
gap di genere é sfavorevole alle donne per tutti i titoli di studio, a
Roma si evidenzia una disoccupazione femminile intellettuale
particolarmente allarmante nel caso delle laureate.
108
Graf. 2 - Tasso di disoccupazione secondo il sesso e il titolo di
studio. Comune di Roma, 2007
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
Licenza
elementare o
meno
Formazione
medio-bassa
Diploma
superiore
Laurea breve Laurea e oltre
Uomini DonneFonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Graf. 3 - Tasso di disoccupazione secondo il sesso e il titolo di
studio. Italia, 2007
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
Licenza
elementare o
meno
Formazione
medio-bassa
Diploma
superiore
Laurea breve Laurea e oltre
Uomini DonneFonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
L'andamento discendente dei tassi di disoccupazione riscontrabile
fra gli uomini e fra le donne a Roma come a livello nazionale, è
indice di una tendenza che rivela passaggi di condizione non solo
verso l'occupazione, ma anche verso l'inattività. In effetti,
109
considerando il comune di Roma, fra il 2006 e il 2007 si può
registrare un aumento del tasso di inattività delle donne di età
lavorativa (15-64 anni) di 0,5 punti percentuali (da 41,5% nel 2006 a
42% nel 2007), con incrementi particolarmente significativi per le
donne di età compresa fra i 25 e i 29 anni e fra i 40 e i 44 (Tab. 7).
Tab. 7 - Donne inattive secondo l'età Comune di Roma. Anni 2004-2007
Età 2004 2005 2006 2007
15-24 22,0 23,3 24,6 24,3 25-39 20,4 21,6 20,2 21,1 40-54 22,6 21,9 21,9 24,1 >54 35,0 33,2 33,2 30,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
Alle indicazioni illustrate nel paragrafo precedente sulle dinamiche
più recenti in tema di formazione, che stanno spingendo una parte
cospicua della popolazione in età giovanile a proseguire gli studi per
acquisire un livello di istruzione migliore, nondimeno si devono
affiancare riflessioni su dinamiche di altra natura che possono essere
alla base di questo fenomeno e, dunque, condizionare l'andamento
della quota dei disoccupati.
110
Un ulteriore fattore di spinta verso inattività è da porre in relazione
con i flussi di espansione o contrazione del mercato del lavoro, che
influenzano nel medio periodo le scelte di entrata o di uscita dal
mercato (effetto 'scoraggiamento'). Queste tendenze sommandosi a
quelle già descritte per le persone nelle età più giovani che vincolano
le loro scelte alle prospettive offerte dal sistema formativo,
concorrono a determinare una drastica diminuzione delle persone
alla ricerca di un'occupazione. In altre parole, da un lato la sfiducia
verso un mercato del lavoro ritenuto escludente e dunque
'inaccessibile' e dall'altro la scelta di proseguire gli studi,
dichiarandosi indisponibili al lavoro, determinano una riduzione della
quota di persone definite in cerca di occupazione e, parallelamente,
un'estensione dell'area di inattività.
2.3 I percorsi universitari delle donne a Roma
Le tabelle che seguono forniscono una conferma della già citata
maggiore propensione a proseguire gli studi universitari da parte
delle donne nella capitale, con risultati – bisogna sottolineare – molto
spesso migliori di quelli conseguiti dai loro colleghi.
111
Tab. 8 - Iscritti per sesso , sede universitaria, facoltà e corso di laurea. Comune di Roma. Anno accademico 2005 - 2006
Iscritti Sede universitaria Corso di laurea Maschi Femmine Totale
% M/T
% F/T
UNIVERSITA' "LA SAPIENZA" Architettura
5.702 6.787
12.489
45,7
54,3
Economia 4.644
5.019
9.663
48,1
51,9
Farmacia 1.162
2.715
3.877
30,0
70,0
Filosofia 774
1.390
2.164
35,8
64,2
Giurisprudenza 3.853
6.716
10.569
36,5
63,5
Ingegneria 10.923
3.349
14.272
76,5
23,5
Interfacoltà 705
1.926
2.631
26,8
73,2
Lettere e filosofia 3.310
7.989
11.299
29,3
70,7
Medicina e chirurgia 5.500
13.705
19.205
28,6
71,4
Psicologia 2.626
9.885
12.511
21,0
79,0
Scienze della comunicazione 3.871
5.235
9.106
42,5
57,5
Scienze matematiche, fisiche e naturali
4.742
5.240
9.982
47,5
52,5
Scienze politiche 3.022
3.288
6.310
47,9
52,1
Scienze statistiche 652
659
1.311
49,7
50,3
Scienze umanistiche 1.916
5.079
6.995
27,4
72,6
Scuola di ingegneria aerospaziale 47
14
61
77,0
23,0
Scuola speciale archivisti e bibliotecari
1
27
28 3,6
96,4
Sociologia 1.594
3.500
5.094
31,3
68,7
Studi orientali 437
1.189
1.626
26,9
73,1
112
Totale 55.481
83.712
139.193
39,9
60,1
UNIVERSITA' "TOR VERGATA" Economia
2.313 1.815
4.128
56,0
44,0
Giurisprudenza 2.276
3.004
5.280
43,1
56,9
Ingegneria 5.091
1.391
6.482
78,5
21,5
Lettere e filosofia 1.760
4.347
6.107
28,8
71,2
Medicina e chirurgia 2.383
3.962
6.345
37,6
62,4
Scienze matematiche, fisiche e naturali
1.514
1.523
3.037
49,9
50,1
Totale 15.337
16.042
31.379
48,9
51,1
TERZA UNIVERSITA' Architettura
492 631
1.123
43,8
56,2
Economia 2.255
1.656
3.911
57,7
42,3
Giurisprudenza 2.142
3.147
5.289
40,5
59,5
Ingegneria 3.341
481
3.822
87,4
12,6
Lettere e filosofia 2.676
6.410
9.086
29,5
70,5
Scienze della formazione 600
5.272
5.872
10,2
89,8
Scienze matematiche, fisiche e naturali
626
732
1.358
46,1
53,9
Scienze politiche 1.530
1.426
2.956
51,8
48,2
Totale 13.662
19.755
33.417
40,9
59,1
Fonte: Annuario Ufficio di Statistica del Comune di Roma – 2007
113
Fra gli iscritti all'università, nelle diverse sedi considerate, si osserva
una presenza costantemente superiore di donne, il che è vero in
particolare per l'università la Sapienza dove, per la maggiore scelta
di corsi di laurea, la presenza femminile raggiunge il 60,1% (Tab. 8).
Oltre alle facoltà più 'tradizionalmente' considerate appannaggio
femminile (scienza della formazione, psicologia, lettere e filosofia), si
evidenzia l'incidenza superiore al 50% negli studi di medicina,
farmacia, scienze matematiche, fisiche e naturali, architettura.
I dati relativi alle lauree conseguite nell'anno 2005 (ultimo disponibile
al momento) confermano la prevalenza di esiti positivi fra le donne,
che rappresentano il 58,6% di tutti i laureati in quell'anno accademico
(Tab. 9).
Tab. 9 - Laureati per sesso, sede universitaria e corso di laurea. Anno 2005 Comune di Roma. Anno 2005.
Laureati % M/T
% F/T Sede universitaria
Corso di laurea Maschi Femmine Totale
UNIVERSITA' "LA SAPIENZA"
Architettura 724
727
1.451 49,9 50,1
Economia 649
659
1.308 49,6 50,4
Farmacia 88
205
293 30,0 70,0
Filosofia 95
137
232 40,9 59,1
Giurisprudenza 558
894
1.452 38,4 61,6
Ingegneria 1.760
479
2.239 78,6 21,4
Lettere e filosofia 534
1.457
1.991 26,8 73,2
Medicina e chirurgia 35,8 64,2
114
731 1.312 2.043
Psicologia 335
2.057
2.392 14,0 86,0
Scienze della comunicazione e dello spettacolo
624
1.289
1.913 32,6 67,4
Scienze matematiche, fisiche e naturali 573
671
1.244 46,1 53,9
Scienze politiche 338
398
736 45,9 54,1
Scienze statistiche 148
210
358 41,3 58,7
Scienze umanistiche 125
480
605 20,7 79,3
Scuola di ingegneria aerospaziale 3 0
3 100,0 0,0
Sociologia 253
634
887 28,5 71,5
Studi orientali 20
52
72 27,8 72,2
Interfacoltà 43
120
163 26,4 73,6
UNIVERSITA' "TOR VERGATA"
Economia 312
283
595 52,4 47,6
Giurisprudenza 608
228
836 72,7 27,3
Ingegneria 843
271
1.114 75,7 24,3
Lettere e filosofia 188
468
656 28,7 71,3
Medicina e chirurgia 851
1.570
2.421 35,2 64,8
Scienze matematiche, fisiche e naturali 143
232
375 38,1 61,9
TERZA UNIVERSITA'
Architettura 109
183
292 37,3 62,7
Economia 487
382
869 56,0 44,0
Giurisprudenza 285
366
651 43,8 56,2
Ingegneria 645
87
732 88,1 11,9
Lettere e filosofia 297
970
1.267 23,4 76,6
115
Scienze della formazione 68
722
790 8,6 91,4
Scienze matematiche, fisiche e naturali 122
185
307 39,7 60,3
Scienze politiche 248
280
528 47,0 53,0
LIBERA UNIV. INTERN. STUDI SOCIALI
Economia 375
254
629 59,6 40,4
Giurisprudenza 278
374
652 42,6 57,4
Scienze politiche 87
148
235 37,0 63,0
-
LIBERA UNIV. "MARIA SS.ASSUNTA" -
Giurisprudenza 223
279
502 44,4 55,6
Lettere e filosofia 164
440
604 27,2 72,8
Scienze della formazione 54
433
487 11,1 88,9
Interfacoltà 26
21
47 55,3 44,7
LIBERO IST.UNIV.CAMPUS BIOMEDICO
Ingegneria 34
26
60 56,7 43,3
Medicina e chirurgia 24
64
88 27,3 72,7
LIBERO IST.UNIV. "S.PIO V"
Economia 6
2
8 75,0 25,0
Lingue e letterature straniere 16
157
173 9,2 90,8
Scienze politiche 69
41
110 62,7 37,3
IST. UNIV. DI SCIENZE MOTORIE 110
84
194 56,7 43,3
UNIV. TELEMATICA "G.MARCONI"
Scienze e tecnologie 1
1 100,0 0,0
116
Scienze giuridiche ed economiche 104
5
109 95,4 4,6
Totale 14.378
20.336
34.714 41,4 58,6
Fonte: Annuario Ufficio di Statistica del Comune di Roma – 2007
2.4 Il lavoro femminile
Nel 2007 a Roma erano occupate circa 505mila donne, pari al 44%
del totale degli occupati.
La composizione settoriale dell'occupazione a Roma rivela che quasi
il 75% di tutti gli occupati si colloca nel settore terziario (Graf. 1). In
particolare l'81,9% delle donne occupate e il 69,4% degli uomini
trova impiego nei servizi, ma se i comparti dell'istruzione, della sanità
e dell'assistenza sociale sono quelli che registrano la maggiore
presenza femminile (38,5%), gli uomini sono più presenti nella
pubblica amministrazione, nelle forze di polizia, nei trasporti e
comunicazioni.
117
Graf. 3 - Occupati totali e donne per settore di attività.
Comune di Roma, 2007
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0
Agricoltura
Industria (escl.
costruzioni)
Costruzioni
Commercio
Servizi e altre
attività
Donne
Totale
Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Questa distribuzione, dunque, segue sostanzialmente una divisione
tradizionale di ruoli all'interno del mercato del lavoro, dove permane
una consistente segregazione occupazionale delle donne nel settore
dei servizi alla persona. D'altra parte, è interessante segnalare, che
nei comparti più avanzati del settore dei servizi, quali le attività di
intermediazione finanziaria o i servizi alle imprese, la presenza
femminile, seppure limitata in termini assoluti, rappresenta in
percentuale una quota di poco inferiore a quella maschile (6,3% degli
uomini contro il 5% fra le donne), indicando dunque l'esistenza, pur
in un mercato del lavoro che appare ancora in parte discriminante
verso la componente femminile, di impieghi qualificati dove le donne
possono trovare uno spazio. Ciò è confermato dall'osservazione
delle professioni svolte in prevalenza dalle donne, che oltre ad avere
qualifiche intermedie nei servizi, sono più presenti dei loro colleghi
fra le alte specializzazioni, in particolare nella formazione (professori
118
di scuola media e superiore) e nelle professioni tecniche (insegnanti,
tecnici amministrativi e personale infermieristico), pur registrando
una netta inferiorità fra i dirigenti e gli imprenditori e, al contrario, una
quota superiore agli uomini nelle professioni non qualificate (Tab.
10).
Tab. 10 - Occupati secondo il sesso e la professione Comune di Roma, 2007
Professione Maschi Femmine
Dirig. e imprenditori 6,6 3,6 Alte specializzazioni 18,8 19,7 Prof. tecniche e impiegati 36,1 47,2 Prof. qual. servizi 14,4 16,5 Operai 15,6 2,1 Professioni non qual. 6,0 10,8 Forze armate 2,6 0,1 Totale 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat – RCFL
Ma le caratteristiche del lavoro femminile a Roma presentano alcuni
punti di ulteriore criticità analizzando la struttura dell'occupazione
secondo la tipologia, in termini di stabilità del posto di lavoro. I lavori
atipici (lavori a tempo determinato e collaborazioni) a Roma trovano
una diffusione maggiore rispetto alla media nazionale (il 12,2% degli
occupati a Roma è atipico, contro l'11,9% registrato nella media in
Italia) e sono particolarmente frequenti fra le donne.
119
Tab. 11 - Occupati standard e atipici * Comune di Roma e Italia. Anni 2004-2007
2004 2005 2006 2007
Indicatori Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia
Occupate atipiche % 16,0 14,6 14,7 14,7 16,0 15,7 15,2 15,7
Occupati atipici % 9,1 8,3 8,9 8,7 10,6 9,3 9,7 9,4
Occupate standard % 84,0 85,4 85,3 85,3 84,0 84,3 84,8 84,3 Occupati standard % 90,9 91,7 91,1 91,3 89,4 90,7 90,3 90,6 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL * Lavoratori a tempo determinato + collaboratori
Sebbene si registri nel 2007 una lieve diminuzione dell'incidenza
delle tipologie atipiche fra le donne romane, il 15,2% di loro trova
impieghi temporanei o saltuari, contro il 9,7% degli uomini nella
stessa città (Tab. 11). Si tratta soprattutto di impieghi a tempo
determinato (63,3% del totale), mentre le collaborazioni sembrano
molto meno diffuse fra le donne che fra gli uomini.
Queste occupazioni, sia a Roma che a livello nazionale, coinvolgono
soprattutto donne di età compresa fra i 25 e i 39 anni: quasi il 65%
delle donne occupate con impieghi non standard appartiene a questa
fascia di età, mentre appare meno grave che a livello nazionale il
perdurare di tipologie occupazionali flessibili fra le donne in età più
120
mature, fra i 40 e i 54 anni, (17,2% del totale a Roma e 26,9% in
media in Italia) (Tab. 12).
Tab. 12 - Donne occupate in impieghi atipici per età Comune di Roma e Italia, 2007
Età Comune di Roma Italia
15-24 15,2 18,1 25-39 64,6 50,6 40-54 17,2 26,9 >54 3,0 4,4 Totale 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Come si vede, dunque, l'incidenza degli impieghi non stabili
coinvolge le donne proprio nelle fasce di età dove le scelte di vita e
quelle lavorative diventano cruciali e la necessità di conciliazione fra i
tempi di lavoro e quelli personali costituisce un tassello fondamentale
perché non si vedano frustrate le aspettative di realizzazione in
entrambe le sfere di vita.
L'area del lavoro atipico, d'altra parte, appare ancora più ampia se si
considerano al suo interno anche i lavoratori e le lavoratrici che non
risultano occupati al momento della rilevazione, perché si trovavano
in uno dei periodi di intermittenza lavorativa e senza un impiego.
L'attuale modello di mercato del lavoro flessibile porta con sé una
121
frequente alternanza di periodi di lavoro e periodi di inoccupazione,
che devono essere considerati a tutti gli effetti nell’area del lavoro
atipico, se si intende valutare pienamente un settore di popolazione
impiegata in maniera instabile e dunque più vulnerabile sul piano
economico e sociale.
Nel comune di Roma, dunque, l'area complessiva di lavoro atipico –
reale e potenziale – riguarda circa 164mila persone di cui il 54,2% è
donna. In più del 93% dei casi si tratta di una condizione non scelta,
quanto piuttosto di un adeguamento a un mercato del lavoro che non
sembra offrire migliori opportunità di stabilizzazione (Tab. 13).
Tab. 13 - Scelta del tempo determinato secondo il sesso (solo lavoratori dipendenti) Comune di Roma, 2007
Tempo determinato Maschi Femmine
Tdet. volontario 8,7 6,7 Tdet. involontario 90,5 93,3 Non sa 0,8 0,0 Totale 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Per quanto riguarda il lavoro in part time, i dati segnalano a Roma
una tendenza verso una diminuzione del ricorso a questa tipologia di
orario da parte delle donne. Negli anni precedenti, infatti, nella
capitale si sono rilevate percentuali sensibilmente più alte di donne
occupate a tempo parziale rispetto alla media nazionale. Al contrario,
122
nel 2007, questa quota è scesa rispetto al 2004 dal 26,7% al 24,5%,
a fronte di un aumento lieve ma costante registrato a livello nazionale
(Tab. 14).
Tab. 14 – Occupati secondo l'orario di lavoro (uomini e donne) Comune di Roma e Italia. Anni 2004-2007
2004 2005 2006 2007
Indicatori Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia Comune di Roma Italia Comune
di Roma Italia
Occupate a tempo parziale % 26,7 25,0 27,2 25,6 26,9 26,5 24,5 26,9 Occupati a tempo parziale % 7,7 4,8 7,6 4,6 8,1 4,7 8,0 5,0 Occupate a tempo pieno % 73,3 75,0 72,8 74,4 73,1 73,5 75,5 73,1 Occupati a tempo pieno % 92,3 95,2 92,4 95,4 91,9 95,3 92,0 95,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Diverse ragioni possono essere alla base di un trend di questo tipo:
motivi di tipo economico derivanti dalla ridotta retribuzione
corrisposta; diffusa difficoltà da parte delle aziende a concedere il
part time; la tendenza nel corso del tempo all'aumento di tipologie
contrattuali di tipo non standard (tempo determinato o
collaborazioni), che non prevedono o rendono fortemente
svantaggioso, dal punto di vista del reddito, adottare un orario ridotto
nell'ambito di una prestazione lavorativa temporanea.
123
In ogni caso, quando il part time viene praticato, è scelto dalle donne
in circa la metà dei casi (47,1%) (Tab. 15), soprattutto per ragioni di
cura dei figli o di familiari (Tab. 16).
Tab. 15 - Scelta del part time secondo il sesso Comune di Roma, 2007
Part time Maschi Femmine
Parz.volontario 34,6 47,1 Parz.involontario 52,4 42,0 Altro o non sa 13,0 10,9 Totale 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
Tab. 14 - Motivazioni del part time per le donne Comune di Roma, 2007
Motivazioni %
Studio 8,6 Salute 4,3 Cura di figli o familiari 50,2 Secondo lavoro 4,3 Altri mot. famil. 10,9 Avere tempo libero 17,4 Altro 4,3 Totale 100,0 Fonte: elaborazioni e stime su dati Istat - RCFL
2.5 Il tessuto produttivo e la domanda di lavoro
124
I dati di fonte Unioncamere indicano che nel 2007 su circa 167mila
imprese registrate e attive sul territorio del comune di Roma, il 23,9%
(pari a circa 39.800) è costituito da imprese femminili.
Fra il 2006 e il 2007 il numero di imprese prevalentemente gestite da
donne è cresciuto del 5,7%, mostrando una performance migliore del
totale delle imprese, cresciute nella capitale del 4,6%.
Se i livelli di femminilizzazione (la percentuale di imprese femminili
sul totale) più elevati si registrano ancora in settori più
tradizionalmente caratterizzati dalla presenza delle donne (Altri
servizi pubblici, 44,3%; Sanità e altri servizi sociali, 37,3%;
Agricoltura, 34,5%; Istruzione, 30,6%), forte è la tendenza da parte
delle imprenditrici ad “invadere” anche ambiti tradizionalmente
appannaggio degli uomini (Tab. 17). Le variazioni percentuali più
elevate si registrano infatti sia nelle attività più tradizionalmente
esercitate dalle donne – come la sanità e i servizi sociali (+14,8%) o
l’istruzione (+11,6%) – ma anche e in modo crescente nei servizi:
servizi alle imprese (intermediazione immobiliare, informatica,
ricerca: +14,1% nell’anno), ristorazione e accoglienza (+7,4%),
attività più 'maschili' come le costruzioni (+16,4%) e i trasporti
(+10,4%). Pur rimanendo consistente (più di 1.500 imprese, pari a
circa il 34% del totale delle imprese femminili), si va invece
lentamente riducendo la quota di imprese rosa nell’agricoltura (-0,9%
nei dodici mesi del 2007).
125
Tab. 17 - Imprese partecipate in prevalenza da donne secondo l'attività economica Comune di Roma, 2° semestre 2007
Settore di attività
% sul totale delle imprese attive
Variazione % sul 2° semestre 2006
Altri servizi pubblici, sociali e personali 44,3 4,1
Sanità e altri servizi sociali 37,3 14,8
Agricoltura, caccia e silvicoltura 34,5 -0,9
Istruzione 30,6 11,6
Alberghi e ristoranti 29,5 7,4
Commercio ingr.e dett.-rip.beni pers. e per la casa 26,7 2,5
Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca 24,1 14,1
Intermediazione monetaria e finanziaria 22,6 6,7
Attività manifatturiere 21,0 4,3
Trasporti, magazzinaggio e comunicazione 12,6 10,4
Pesca,piscicoltura e servizi connessi 12,5 0
Estrazione di minerali 12,3 12,5
Costruzioni 8,0 16,4
Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 7,6 0
Imprese non classificate 20,0 16,4
TOTALE 23,9 5,7 Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull'imprenditorialità femminile, 2007
Per quanto riguarda la richiesta di lavoro che le aziende intendono
attivare sul territorio, bisogna sottolineare che ci si riferisce ai dati
relativi all’indagine realizzata nell’ambito del sistema informativo
Excelsior, che verifica le previsioni di assunzione formulate dalle
imprese annualmente attraverso un questionario sottoposto ai datori
di lavoro nel periodo compreso fra febbraio e maggio. Naturalmente
in questo caso si tratta di intenzioni che non potevano, al momento
dell’intervista, tenere conto della situazione di grave crisi
126
internazionale che si è andata aggravando nel corso del 2008, per
giungere in settembre ad una sensibile e diffusa battuta d’arresto, le
cui conseguenze sono tuttora difficili da prevedere.
In ogni caso, pur non tenendo conto nella loro interezza dei dati
numerici, si possono comunque cogliere delle indicazioni riguardo
alle tendenze sottostanti, che sembrano evidenziare a Roma una
maggioranza di imprenditori che non esprimevano alcuna preferenza
di genere per gli assunti previsti (51,3%). Fra coloro che decidevano
di scegliere, i più (34%) si riferivano espressamente a lavoratori,
mentre soltanto il 14,6% dichiarava di voler assumere donne (Tab.
18).
127
Tab. 18 - Fabbisogno di lavoro delle imprese per il 2008 secondo il sesso e il settore di attività Provincia di Roma
Settore di attività Femmine Maschi Indifferente Totale
% femmine per settore
Altre industrie (alimentari, legno-mobili, tessile-abbigliamento, carta) 340 610 510 1.460 3,6
Industrie della stampa ed editoria 40 270 220 530 0,4 Industrie meccaniche, macch.elettriche ed elettroniche, mezzi trasp. 40 960 1.050 2.050 0,4 Industrie chimiche, dei metalli, lavoraz.minerali, estrattiva, energia 180 1.380 880 2.440 1,9
Costruzioni 590 7.610 880 9.080 6,3 Commercio al dettaglio e all'ingrosso; riparazioni 2.300 3.500 4.050 9.850 24,4 Alberghi, ristoranti, servizi di ristorazione e servizi turistici 1.250 1.360 3.280 5.890 13,3
Informatica e telecomunicazioni 170 270 3.500 3.940 1,8 Servizi avanzati alle imprese (esclusa informatica) 320 330 2.630 3.280 3,4
Trasporti e attività postali 180 1.770 3.210 5.160 1,9 Credito, assicurazioni e servizi finanziari 150 310 2.310 2.770 1,6 Servizi operativi (servizi immobiliari, noleggio, pulizie, vigilanza) 800 1.250 4.750 6.800 8,5
Istruzione e servizi formativi privati 70 30 310 410 0,7
Servizi sanitari privati 490 90 1.780 2.360 5,2 Altri servizi alle persone e alle imprese 2.500 2.210 3.740 8.450 26,5
Totale 9.420 21.950 33.100 64.470 100,0
% sul totale 14,6 34,0 51,3 100,0 - Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2008
128
La domanda di lavoro femminile si concentrava nei settori dei servizi
alle persone e alle imprese (26,5%), del commercio (24,4%) e degli
alberghi e ristoranti (13,3%), mentre il lavoro degli uomini è richiesto
prevalentemente nell’edilizia (34,7% del totale). I settori dove la
richiesta di manodopera femminile rimane largamente prevalente su
quella maschile sono i servizi sanitari privati, l’istruzione e i servizi
formativi, anche se è particolarmente interessante sottolineare come
nel settore dei servizi avanzati alle imprese il lavoro richiesto in larga
parte non conteneva una particolare indicazione rispetto al sesso dei
lavoratori attesi.
Le assunzioni previste riguardavano nel 40% circa dei casi persone
in possesso del diploma superiore, ma nel 34,9% si trattava di
persone con basso titolo di studio. Solo nel 14,8% dei casi il titolo
richiesto era quello universitario e in questa eventualità le donne
sembrano avere pari opportunità con i loro colleghi in possesso dello
stesso titolo.
Una certa disparità, al contrario, si può rilevare osservando il tipo di
professione per il quale l’assunzione è stata programmata (Tab. 19).
Si continuano a preferire dipendenti di sesso maschile fra i dirigenti
(26,7% uomini contro il 6,7% donne) e nelle professioni ad alto
contenuto intellettuale e scientifico e, sebbene nella maggior parte
dei casi non si esprima una preferenza di genere, quando ciò
avviene si privilegia decisamente la componente maschile (5,7%
uomini contro il 2,8% donne).
129
Tab. 19 - Fabbisogno di lavoro delle imprese per il 2008 secondo il sesso e la professione Provincia di Roma
Settore di attività Femmine
Maschi
Indifferente Totale
Dirigenti 6,7 26,7 66,7 100,0 Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 2,8 5,7 91,5 100,0
Professioni tecniche 15,9 13,5 70,6 100,0
Impiegati 18,5 25,8 55,7 100,0 Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi 29,8 19,3 50,9 100,0
Operai specializzati 2,4 88,2 9,4 100,0 Condut. di impianti, operai semiqual. add. a macchin. fissi e mobili 2,1 63,2 34,7 100,0
Professioni non qualificate 13,7 32,0 54,3 100,0
Totale 14,6 34,0 51,3 100,0 Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2008
Infine, nel 40% circa dei casi le assunzioni previste erano di tipo non
standard, non necessariamente indirizzate a giovani di età inferiore
ai 29 anni e in buona parte dei casi senza particolari indicazioni di
genere.
2.6 La presenza femminile nelle istituzioni pubbliche comunali e
municipali a Roma
Una valutazione del livello di segregazione di genere esistente in una
realtà economica e sociale non può prescindere dalla rilevazione
della presenza delle donne nelle istituzioni locali. La possibilità per le
donne di partecipare concretamente alle decisioni che influenzano la
130
loro vita è premessa necessaria, anche se non sufficiente, alla
realizzazione dei principi di uguaglianza di genere nella società.
Come è noto, l’Italia si colloca agli ultimi posti nella graduatoria dei
paesi europei in quanto a partecipazione delle donne negli organismi
istituzionali e di governo. Il comune di Roma non fa eccezione.
Tab. 20 - Composizione degli organi politici comunali per sesso Comune di Roma, 2008
Cariche Donne % Uomini %
Sindaco 0 0,0 1 100,0 Consigliere comunale 3 5,0 57 95,0 Assessore 2 16,7 10 83,3 Fonte: www.comune.roma.it
Tab. 21 - Composizione degli organi politici municipali per sesso Municipi del comune di Roma, 2008
Cariche Donne Uomini
Sindaco di municipio 16,7 83,3
Consigliere municipale 14,1 85,9
Assessore municipale 12,6 87,4
Fonte: www.comune.roma.it
131
Solo tre donne sono presenti come consiglieri comunali su 60 (pari al
5%) e due ricoprono cariche di assessore (16,7%).
Meno evidente, ma altrettanto profonda, è la distanza nei 19 municipi
di Roma, dove le donne ricoprono nel 16,7% dei casi la carica di
minisindaco, nel 14,1% il ruolo di consigliere municipale e nel 12,6%
dirigono assessorati.
A questo proposito, si deve sottolineare che nella maggior parte dei
casi gli assessorati gestiti dalle donne interessano settori
tradizionalmente ritenuti a loro più adatti, riproponendo dunque
stereotipi di genere anche nelle responsabilità politiche.
Tab. 22 - Assessorati municipali per sesso
Municipi del comune di Roma, 2008
Tipologia di assessorato Donne
Assessorati economici (bilancio, lavori pubblici, urbanistica, attività produttive) 5 Assessorati sociali (sanità, formazione, pari opportunità) 8 Assessorati culturali (turismo, spettacolo) 0
Totale 13 Fonte: www.comune.roma.it
I due assessorati comunali gestiti da donne a Roma sono proprio
quello alle politiche sociali e quello alla scuola, famiglia e infanzia.
Nei municipi, 8 assessorati sui 13 diretti da donne sono legati a
questioni sociali (sanità, formazione, pari opportunità).
132
Considerando, infine, la composizione per genere e livello di
inquadramento del personale che lavora nell’ente comunale, si
osserva una netta prevalenza di donne rispetto al totale dei
dipendenti del comune di Roma (63,8%).
Tab. 23 - Dipendenti secondo il livello e il sesso Comune di Roma, 2007
Ruoli Maschi
Femmine Totale
% donne sul totale
Tasso di femminilizzazione
Dirigente 168
106
274 38,7 63,1
D - Funzionario 2.066
2.149
4.215 51,0 104,0
C - Impiegato 4.202
11.095
15.297 72,5 264,0
B - Generico 2.415
2.258
4.673 48,3 93,5
A - Generico (in esaurimento)
2
3
5 60,0 150,0
Totale 8.853
15.611
24.464 63,8 176,3
Fonte: Ufficio di Statistica del comune di Roma
Ciononostante, le donne ricoprono solo il 38,7% dei ruoli di dirigente
e il 51% dei ruoli di funzionario. In particolare, in termini di tassi di
femminilizzazione (rapporto fra le donne occupate e gli uomini
occupati per livello), ciò significa che vi sono 63 donne dirigenti ogni
100 dirigenti uomini in un contesto dove la presenza di lavoratrici è
preponderante, a dimostrazione di una discriminazione che seleziona
133
soprattutto rispetto ai ruoli direttivi, esplicitando dunque una
segregazione che oltre a manifestarsi in termini professionali,
amplifica una distanza fra i generi anche in termini di reddito.
E’ importante sottolineare che promuovere la pari partecipazione
delle donne e degli uomini al processo decisionale è una delle
priorità della Tabella di Marcia della Commissione Europea per la
promozione delle Pari Opportunità nel periodo 2006-2010
Vi si legge infatti al punto 3.1 La partecipazione delle donne alla
politica
La persistente sottorappresentazione delle donne nel processo
decisionale politico costituisce un deficit democratico. È necessario
incoraggiare maggiormente la cittadinanza attiva alla partecipazione
delle donne alla vita politica e all’alta dirigenza dell’amministrazione
pubblica a tutti i livelli (locale, regionale, nazionale ed europeo). La
disponibilità di dati comparabili e affidabili resta una priorità.
134
3. Il campo di indagine e la metodologia adottata
3.1 L’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività Economico
Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di Roma
L’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività Economico
Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di Roma, ex
Dipartimento XIV, si occupa di Politiche per lo Sviluppo locale, per la
formazione professionale e per il lavoro, promuove e coordina piani
di sviluppo locale, concepiti quali progetti integrati di sviluppo
occupazionale e sociale nell'ambito del "Piano per lo Sviluppo Locale
e la Buona Occupazione". La sua mission consiste nel coordinare e
rendere più efficaci e coerenti tutti gli interventi finalizzati alla
promozione dell'occupazione tramite l' integrazione delle azioni
svolte dai soggetti pubblici, privati e no profit che, pur non avendo
direttamente ed esplicitamente finalità di sviluppo occupazionale,
possono rappresentare il tessuto connettivo che è alla base di tale
sviluppo. L’Area persegue un programma di azioni integrate
sfruttando e coordinando il più possibile l’insieme delle attività
realizzabili da gran parte degli agenti pubblici e privati del settore,
negli ambiti dell’orientamento al lavoro, della formazione,
dell’imprenditorialità, della creazione di nuovi bacini occupazionali,
all’interno di una rigorosa cornice di tutela dei diritti dei lavoratori.
Gli ambiti di attività dell’Area sono, quindi, l'orientamento al lavoro, la
formazione, l'imprenditorialità, il sostegno e la promozione di
135
iniziative miranti all'auto-occupazione, il tutto all'interno di una
rigorosa cornice di tutela dei diritti dei lavoratori.
Per l’identificazione puntuale dei centri di costo che rientrano
nell’ambito di competenza dell’Area, le ricercatrici della Fondazione
Brodolini hanno fatto riferimento al documento contenente il
Programma per l’annualità 2008, alla Relazione Previsionale e
Programmatica relativa al periodo 2008-2010 ed alla relazione al
rendiconto relativa allo stesso 2008. Le informazioni contenute in
questi documenti sono state integrate dall’analisi della
documentazione relativa alle annualità precedenti – in particolare la
Relazione al rendiconto per l’annualità 2006 – e dalla lettura di
documenti di lavoro interni all’Area, compresi i verbali di alcune
riunioni di lavoro. All’analisi documentale sono poi state affiancate le
interviste agli interlocutori privilegiati, come illustrato nei paragrafi
seguenti.
Le relazioni al Rendiconto individuano i seguenti progetti/centri di
costo afferenti all’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento:
- Formazione Professionale (codice 0FP) che comprende:
gestione corsi per l’assolvimento dell’obbligo formativo, interventi
formativi specifici finanziati dal Fondo Sociale Europeo, attività
per formatori, altre attività formative integrative di promozione
dell’occupazione, a sostegno e/o integrazione della formazione
professionale, quali scambi internazionali tra allievi dei Centri di
Formazione Professionale del Comune di Roma e di altre città
136
europee, realizzazione di attività per cittadini portatori di
handicap, corsi di Educazione per gli Adulti, realizzazione del
progetto “Simulimpresa”, rilascio del diploma ECDL (European
Computer Driving Licence), apprendistato
- Promozione nuova occupazione (codice 1NO) che comprende:
realizzazione del Progetto “E(ti)co” finalizzato all’apertura di uno
sportello per la promozione delle energie alternative, promozione
dell’occupabilità dei lavoratori Over 45 nei COL di Via Vignali e
Via Mozart, accreditamento dei Centri di Formazione
Professionale del Comune di Roma, verifiche dell’attività
dell’ente gestore del Fondo di Garanzia e istituzione e
coordinamento del Tavolo tecnico con i servizi sociali municipali
per gli interventi di inclusione socio lavorativa sui territori.
- Orientamento al lavoro (codice 1OR) che comprende: sviluppo di
un sistema integrato di Centri di Orientamento al Lavoro, in
grado di rispondere ai bisogni espressi dalla cittadinanza in
particolare dalle fasce sociali più deboli nonché sviluppo di uno
specifico sistema per la gestione, il monitoraggio ed il
coordinamento dei COL stessi.
- Progetto URBAN (1UR) che comprende: attuazione della
seconda annualità del progetto EQUAL-PALMS “Percorsi di
accompagnamento al lavoro per minori stranieri non
accompagnati”, partecipazione al Progetto Multilaterale di
Trasferimento dell’Innovazione Leonardo da Vinci “F-Museum”
137
ed al Progetto “VIDEO CV to increase and Develop Employment
Opportunities”, avvio della realizzazione di Borse Lavoro per
detenuti ed ex detenuti, Gestione del progetto Euro-chantier
Trasfer d’Innovation, predisposizione del progetto
“Individuazione degli ambiti territoriali e costituzione dei Comitati
locali per l’EDA –Educazione degli Adulti”, chiusura del progetto
Equal azione 3 “Star”, elaborazione di progetti a valere sui bandi
regionali FSE in merito alla dispersione scolastica, presidenza
dell’associazione XARXA e realizzazione di attività di
accoglienza degli stageaires inviati nell’ambito della rete
realizzazione del progetto, implementazione del progetto
“M’imprendo. Sviluppo Locale e Occupazione: Scuola e
Università come Laboratorio”.
- Osservatorio sull’occupazione e le condizioni del lavoro (codice
2OC) che comprende: attività di monitoraggio delle condizioni di
trattamento e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro ed in
special modo nell’edilizia, inclusa la redazione del Rapporto
annuale sul mercato del lavoro a Roma, quale strumento atto ad
evidenziare gli strumenti congiunturali e strutturali più rilevanti
della realtà romana e a monitorare le politiche attive del lavoro e
degli interventi per l’occupazione. Nel 2008 l’inchiesta è stata
dedicata al lavoro minorile, in collaborazione con soggetti esterni
all’Amministrazione: Ires per la ricerca “I lavori minorili nell’area
metropolitana di Roma” e Save the Children per la ricerca
“Analisi delle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile”.
Ulteriori responsabilità di questo centro di costo sono: i
138
sopralluoghi nei cantieri, l’attivazione di commissioni di controllo
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La ripartizione delle risorse impegnate rispetto ai diversi
progetti/centri di costo per l’anno oggetto di analisi non è omogenea
ed è riassumibile nella tabella seguente:
Progetto Codice Totale spesa (previsione
finale)
Formazione professionale 0FP 6.629.841,08
Promozione Nuova Occupazione 1NO 2.515.221,80
Orientamento al lavoro 1OR 2.720.945,18
Progetto Urban 1UR 1.301.376,00
Osservatorio sull’occupazione 2OC 426.378,08
Come è evidente la Formazione professionale rappresenta il centro
di costo con maggiori risorse, ed anche l’area che, insieme
all’Orientamento al lavoro, presenta maggiori potenzialità dirette di
impatto sui beneficiari finali degli interventi, i cittadini e le cittadine
che vivono – e cercano lavoro – sul territorio della capitale.
Questi due progetti-centri di costo, come emerge dall’elenco delle
attività in essi comprese, sono anche quelli che presentano il più alto
tasso di iniziative ricorrenti e di servizi a regime per i cittadini: mentre
nelle altre voci troviamo iniziative sperimentali ed innovative, ma
destinate a concludersi una volta terminato il finanziamento
139
straordinario che ne consente la realizzazione, in questi due ambiti
incontriamo attività, quali l’orientamento e la formazione ricorrente
“tipiche” dell’Area, che sono finanziate secondo modalità simili ogni
anno ed erogano servizi noti ed apprezzati dall’utenza cittadina.
3.2 Le attività selezionate per l’analisi di genere
Il paragrafo precedente illustra la molteplicità e la complessità delle
iniziative che fanno riferimento all’Area Formazione e Lavoro del
Dipartimento Attività Economico Produttive, Formazione e Lavoro del
Comune di Roma; come è evidente si tratta di iniziative di
dimensioni, impegno ed entità differenti che originano un notevole
impatto sul mondo del lavoro capitolino.
Sebbene tutte queste attività producano impatti significativi e
suscettibili di essere letti in un’ottica di genere, le risorse a
disposizione del progetto non sono tali da consentire l’analisi
complessiva di un così vasto campo di intervento: si è ritenuto di
operare una scelta e di selezionare un numero ristretto di attività di
competenza dell’Area da sottoporre ad analisi in un’ottica di genere.
I criteri adottati per operare tale scelta hanno voluto privilegiare la
continuità delle azioni nel tempo e l’impatto diretto che queste
producono sui/sulle beneficiari/e. Sono state pertanto escluse le
iniziative che avessero un carattere smaccatamente progettuale e
sperimentale (quali ad esempio i progetti finanziati direttamente dalla
Comunità Europea), le attività che non prevedessero un diretto
140
coinvolgimento dei beneficiari finali, e ancora le iniziative in cui i
partner del presente progetto fossero stati direttamente o
indirettamente coinvolti (per ovvi motivi di etica professionale e
serietà dei valutatori).
Una volta ultimata la selezione sulla base dei criteri esposti, le azioni
selezionate sono state analizzate sia tenendo in considerazione i
documenti cartacei disponibili che ricorrendo ad interviste mirate con
interlocutori privilegiati (prevalentemente i dirigenti e le dirigenti
responsabili delle iniziative di riferimento).
Come si vedrà con maggior dettaglio nel paragrafo successivo, il
percorso di analisi, per ciascuna iniziativa selezionata, si è
concentrato dapprima nella messa a fuoco puntuale delle finalità,
degli obiettivi e delle azioni puntuali per poi procedere alla rilevazione
di tutte le informazioni quantitative e qualitative disponibili nell’ottica
della messa a fuoco dell’impatto di genere.
Alla luce dei criteri esposti in precedenza, le attività selezionate dalle
ricercatrici della Fondazione Brodolini per l’analisi in un ottica di
genere sono state le seguenti:
- Formazione Professionale (codice 0FP), ovvero: gestione corsi per
l’assolvimento dell’obbligo formativo, interventi formativi specifici
finanziati dal Fondo Sociale Europeo, attività per formatori, altre
attività formative integrative di promozione dell’occupazione, a
sostegno e/o integrazione della formazione professionale
141
- Orientamento al lavoro (codice 1OR) ovvero sviluppo di un sistema
integrato di Centri di Orientamento al Lavoro: 22 COL aperti al
pubblico presenti su tutto il territorio romano, soprattutto nelle areee
più periferiche, a cui si aggiungono uno sportello nel carcere minorile
di Casal del Marmo, uno sportello di mediazione culturale rivolto alle
Comunità Nomadi, lo sportello tirocinii ed il COL Carceri.
- Progetto “M’imprendo”
- Osservatorio sul mercato del lavoro
3.3 Il metodo di lavoro
All’analisi di contesto (vedi paragrafo 2), è stata affiancata una
successiva analisi delle caratteristiche e specificità dell’Area
Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività Economico-Produttive,
Formazione e Lavoro del Comune di Roma, selezionata come
settore di indagine privilegiata per la fase di vera e propria
valutazione in un’ottica di genere.
Successivamente all’acquisizione dei documenti descrittivi e di
programmazione, che hanno consentito di inquadrare con puntualità
la mission dell’Area e di analizzare le attività previste e realizzate
negli ultimi due anni, si è proceduto con le interviste mirate ad
interlocutori privilegiati. La metodologia di valutazione adottata nel
progetto è suggerita dalla Commissione Europea Direzione Generale
Occupazione e Affari Sociali. L’approccio assunto è pragmatico. La
142
valutazione è concepita come attività contestuale alla realizzazione
di programmi e progetti e quindi essenziale per impostarne o
correggerne il tiro nell’ottica di realizzare il mainstreaming di genere.
L’attività di valutazione, compatibilmente con le risorse disponibili, ha
per obiettivo la riflessione sugli interventi i via di realizzazione per
raccogliere idee e suggerimenti per la programmazione futura.
Le interviste, realizzate tra il maggio 2009 ed il gennaio 2010, sono
state condotte facendo riferimento ad uno schema di domande semi-
strutturate volte ad acquisire informazioni quantitative e qualitative
sia sull’implementazione del progetto che sulle modalità della sua
programmazione.
Nello specifico, le domande sull’implementazione del progetto hanno
riguardato
- tipologia del progetto;
- entità del finanziamento del progetto;
- obiettivi del progetto;
- partecipazione, in termini quantitativi e possibilmente qualitativi,
di uomini e donne;
- presenza di attività, soprattutto formative, cosiddette “gender
sensitive”, ovvero quelle nelle quali la presenza di partecipanti di
uno dei due sessi rappresenta almeno il 60% del totale degli
iscritti;
- risultati ottenuti alla luce degli indicatori previsti dal progetto
stesso, possibilmente reperendo dati disaggregati per genere;
143
- possibili ulteriori effetti del progetto in un’ottica di genere.
Le domande relative alle attività di programmazione prevedevano
invece:
- identificazione delle differenze, in termini di esperienze e di ruoli,
che caratterizzano gli uomini e le donne e che possono avere un
effetto nel determinare la modalità con cui vengono
coinvolti/traggono benefici dal progetto;
- identificazione delle implicazioni concrete che tali differenze
hanno rispetto agli obiettivi che il progetto si pone;
- identificazione dei correttivi/azioni positive che si rendono
necessari per garantire un pari impatto positivo per uomini e
donne dell’intervento stesso;
- valutazione del progetto in un’ottica di genere: gli accorgimenti
e/o le azioni positive necessarie sono stati previsti nel progetto?
Sono stati attuati? Quali risultati hanno prodotto? Quali
indicazioni posso essere tratte per il futuro?
Nonostante la disponibilità degli intervistati non sempre i dati raccolti
dal sistema di monitoraggio esistente hanno consentito di rispondere
a tutti i quesiti.
E’ importante però ricordare come uno degli obiettivi insiti nell’attività
di monitoraggio e valutazione in un’ottica di genere sia accrescere la
consapevolezza e la sensibilità rispetto all’approccio e determinare
l’acquisizione di un punto di vista di genere nella programmazione
144
futura. In coerenza con questa prospettiva, i momenti di confronto
con gli interlocutori privilegiati in occasione delle interviste di
approfondimento possono di fatto essere considerati quali elementi
di un processo di riflessione sulle azioni per la promozione delle pari
opportunità di genere e sulla strategia più opportuna per realizzarle.
145
4. I risultati della ricerca sul campo
Per ciascuna delle iniziative selezionate nell’ambito dell’attività
dell’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività Economico-
Produttive, Formazione e Lavoro (si veda 3.2 ) si presentano in
questo paragrafo i risultati della valutazione in un’ottica di genere. Le
informazioni utilizzate sono state raccolte sia mediante attività di
indagine documentale che attraverso interviste mirate ad interlocutori
privilegiati.
Per ciascuna delle attività le informazioni sono state organizzate
secondo uno schema comune che prevede l’analisi dei seguenti
punti:
i. Finalità ed obiettivi
ii. Descrizione dei servizi offerti
iii. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
iv. Linee di sviluppo possibili
Laddove i dati disponibili si sono rivelati insufficienti per realizzare la
valutazione in un’ottica di genere, le ricercatrici della Fondazione
Brodolini hanno sottolineato gli elementi che identificano linee di
sviluppo possibile ed hanno offerto al contempo suggerimenti per la
raccolta di dati che consentano, in futuro, una valutazione di genere.
4.1 Formazione Professionale
i. Finalità ed obiettivi
Il Progetto/Centro di Costo in oggetto si occupa della promozione
della Formazione Professionale, dedicando una parte prevalente
della propria attività alla gestione di corsi per l’assolvimento
146
dell’obbligo formativo6. Si tratta di percorsi formativi rivolti a giovani
disoccupati di età compresa tra i 15 ed i 18 anni che abbiano
assolto l’obbligo scolastico ed intendano assolvere l’obbligo
formativo all’interno del sistema formativo regionale. Le
conoscenze veicolate fanno essenzialmente riferimento a
conoscenze teoriche e pratiche necessarie a svolgere ruoli
professionali, con l’obiettivo di favorire un immediato inserimento
nel mercato del lavoro. Nell’ambito delle attività che fanno
riferimento a questo Centro di Costo rientrano anche gli interventi
espressamente concepiti per i portatori di handicap. Il piano
formativo è elaborato sulla base dei criteri stabiliti dalla Provincia di
Roma ed approvato dallo stesso ente; esso cerca di rispondere alle
esigenze dell’utenza oltre che alle opportunità offerte dal mercato
del lavoro. La realizzazione degli interventi formativi proposti
avviene nell’ambito della rete dei CFP – Centri di Formazione
Professionale del Comune di Roma; nel 2008 erano attivi 10 CFP
dislocati all’interno dei diversi Municipi cittadini.
Accanto a questa attività prevalente rientrano nel centro di
costo/progetto anche interventi formativi specifici finanziati dal
Fondo Sociale Europeo, attività per formatori, altre attività formative 6 L'obbligo formativo è il dovere, ma soprattutto il diritto di frequentare attività formative fino all'età di 18 anni. È regolato dalla Legge 144/99 art. 68 il cui obiettivo è quello di rendere i giovani capaci di definire consapevolmente il proprio progetto di vita e di muoversi nel mondo del lavoro. Ogni giovane può scegliere, sulla base dei propri interessi e delle capacità, uno dei tre percorsi possibili : proseguire gli studi nel sistema dell'istruzione scolastica, frequentare il sistema della formazione professionale oppure iniziare il percorso di apprendistato. Durante l'assolvimento dell'obbligo la scelta operata può essere modificata in quanto i tre sistemi sono considerati equivalenti e quindi è prevista la possibilità di passare da un percorso all'altro attraverso il riconoscimento dei crediti.
147
integrative di promozione dell’occupazione, a sostegno e/o
integrazione della formazione professionale. Infine, tra le attività
che rientrano nel Progetto/Centro di Costo Formazione, appaiono
degni di particolare nota i corsi EDA, (educazione per adulti) il cui
obiettivo è fornire a cittadini in età adulta una formazione di
competenze di base nei diversi campi nonché competenze di base
trasferibili e certificabili. Tali interventi formativi sono molto
interessanti sia per il loro approccio innovativo volto alla
promozione della formazione continua sia per il loro impatto sulla
popolazione adulta, normalmente esclusa dai percorsi formativi più
tradizionali
ii. Descrizione dei servizi offerti
In sintesi i servizi offerti dal Comune di Roma ai cittadini ed alle
cittadine del territorio che rientrano nella sfera di competenza di
questo Centro di Costo sono i seguenti:
- corsi di formazione professionale per giovani disoccupati;
- corsi di formazione professionale per portatori di handicap;
- corsi di formazione formatori;
- corsi di Educazione per gli Adulti.
iii. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
La relazione previsionale e programmatica 2008-2010 offre un
quadro di sintesi dei corsi realizzati negli ultimi due anni e di quelli
previsti per le prossime annualità.
148
Per quanto attiene alle attività che interessano maggiormente la
nostra indagine, la relazione fornisce informazioni puntuali in merito
ai seguenti aspetti:
- numero di corsi rendicontati nelle annualità 2005 e 2006;
- numero di corsi previsti per i 4 anni successivi (2007-2010);
- richieste di iscrizioni ed iscrizioni effettive;
- numero degli alunni iscritti e numero degli alunni frequentanti;
- numero degli alunni frequentanti e numero degli alunni licenziati
(in particolare per i corsi finanziati a valere sul Fondo Sociale
Europeo).
Queste informazioni sono disponibili sia per le attività formative
rivolte ai portatori di handicap che per le attività formative rivolte a
disoccupati, nonché per le iniziative di formazione rivolte ai
formatori. Tuttavia, tali indicatori non sono declinati per genere
rendendo così impossibile risalire in modo puntuale ad un’analisi
gender oriented della partecipazione dei beneficiari finali alle diverse
attività e delle relative risorse finanziarie allocate. Le informazioni
riportate nella relazione previsionale e programmatica, in assenza di
una specifica di genere dei partecipanti alle diverse attività, non
consentono di incrociare gli importi di spesa portati a rendiconto per
le singole attività formative con l’eventuale impatto di genere delle
stesse.
Lo stesso tipo di difficoltà si riscontra nella lettura dei dati contenuti
nella relazione al Rendiconto 2008. Il paragrafo relativo all’analisi dei
risultati conseguiti dal Progetto/Centro di costo in oggetto per
149
l’annualità 2008, con particolare riferimento alla gestione dei corsi
per l’assolvimento dell’obbligo formativo, ci informa che nel 2008
sono state realizzate complessivamente 62.680 ore di formazione
per un totale di 62 corsi di formazione (triennali e biennali) di cui 16
per invalidi civili e portatori di handicap. In coerenza con gli
obbiettivi e le finalità del Centro di Costo, tutti gli interventi formativi
realizzati sono orientati all’assolvimento dell’obbligo formativo, in
convenzione con la Provincia di Roma, e sono stati rivolti a giovani
disoccupati della fascia di età 14-18 anni. La relazione al rendiconto
ci informa anche del fatto che in tutti gli interventi formativi realizzati
è stato previsto il conseguimento da parte degli allievi meritevoli
dell’attestazione di qualifiche professionali riconosciute, laddove la
qualifica professionale riconosciuta è considerata uno strumento
essenziale per assolvere all’obbligo formativo previsto dalle
L.144/99 e L53/2003, nonché una risorsa che permette ai giovani
disoccupati di collocarsi con maggiori opportunità di successo nel
mercato del lavoro. Con particolare attenzione agli interventi rivolti ai
portatori di handicap, la relazione al rendiconto sottolinea anche la
finalità di inserimento sociale e socializzazione degli interventi
formativi; questi si pongono, quale obiettivo aggiuntivo agli obiettivi
formativi propriamente detti, di offrire l’opportunità ai soggetti
partecipanti di migliorare il proprio livello di autonomia personale e
relazionale.
Anche in questo documento, tuttavia, l’importante mole di
informazioni quantitative e qualitative non è declinata rispetto al
genere, non consentendo così di poter attuare una lettura gender
150
oriented dell’impatto delle diverse attività previste e realizzate
sull’utenza coinvolta.
L’intervista al responsabile del coordinamento dei servizi di
formazione decentrati, ha permesso di raccogliere dati ulteriori in
base ai quali è stato possibile integrare la panoramica delle attività
realizzate in termini di formazione professionale presentata nella
Relazione al Rendiconto 2008.
In particolare, i dati hanno permesso di stabilire che i 62 corsi
realizzati nell’ambito dell’annualità 2008 sono stati frequentati
complessivamente da 1245 partecipanti, di cui 592 donne (il 47,5%)
e 653 uomini. Questa analisi a livello macro della partecipazione, che
nel complesso presenta una partecipazione bilanciata degli
appartenenti ad entrambi i sessi agli interventi formativi – facendo
tuttavia registrare una lieve sottorappresentazione delle donne -
non tiene conto delle differenze che divengono rilevanti laddove si
analizzi il tasso di partecipazione per genere incrociandolo con i
contenuti specifici del percorso di formazione.
Poiché i corsi a cui si fa riferimento sono volti alla formazione di
figure estremamente professionalizzanti – meccanici, estetiste,
informatici, parrucchieri – in termini di analisi di genere della
partecipazione si assiste ad una “segregazione per competenze” che
tende a riprodurre lo stereotipo di genere della professione in oggetto
(ai corsi per estetiste partecipano le ragazze, ai corsi per meccanici
partecipano i ragazzi).
151
Tuttavia, anche in questo caso, non è disponibile un sistema che
consenta di raccogliere, a livello centrale, dati di genere per ciascun
corso: i dati puntuali sono a disposizione del singolo centro di
Formazione Professionali ma non sono raccolti ed analizzati a livello
di amministrazione centrale. In questa prospettiva, un’analisi
nell’ottica di genere della partecipazione complessiva ai corsi è
possibile soltanto grazie alla memoria del responsabile dell’area, che
ricorda di aver rilevato negli anni, e monitorando l’attività di ogni
singolo CFP, una distribuzione della partecipazione per genere
costante nel tempo e fedele ad un’impostazione tradizionale.
Volendo tentare un’analisi di tipo qualitativo, è possibile rilevare una
relazione diretta tra il perpetuarsi di un’impostazione tradizionale di
“segregazione per competenze” nella partecipazione ai corsi di
formazione professionale con le modalità di programmazione,
implementazione ed accesso ai corsi di formazione professionali. In
termini di programmazione, infatti, il sistema prevede che l’analisi dei
fabbisogni del mercato del lavoro locale debba incrociarsi con la
valorizzazione dell’esperienza storica dei Centri di Formazione
Professionale e con il permanere di un gruppo di docenti – artigiani,
professionisti del settore – che tende a riproporre le competenze
della propria area professionale. In questa prospettiva, quindi, il
livello di innovazione nella proposta formativa è piuttosto contenuto e
quest’assenza di innovatività tende a non essere percepita come un
limite dalle famiglie che, iscrivendo i propri figli e le proprie figlie ad
un percorso di formazione che li porti ad acquisire una qualifica
sostitutiva del diploma di terza media, richiedono una solida
152
formazione tradizionale che consenta un rapido inserimento nel
mercato del lavoro, piuttosto che incerti percorsi innovativi. Giova
ricordare che molte delle qualifiche professionali acquisite tramite
formazione nei CFP conservano un alto tasso di spendibilità nel
mercato del lavoro locale.
Infine, allo stato attuale delle cose, la gestione della formazione
professionale a livello dell’ente Comune appare come un’attività
residuale nell’ambito delle politiche attive del lavoro, che sono ormai
attribuite ad altri enti territoriali, ed in particolare alle Province; in
questo senso la tendenza pare più verso una riduzione delle
competenze specifiche in quest’ambito che non verso un’innovazione
delle politiche relative alla formazione professionale gestita dal
Comune.
E’ importante sottolineare come per la Commissione E uropea
ELIMINARE GLI STREOTIPI DI GENERE NELLA SOCIETÀ
significhi anche 7:
3.1 Eliminare gli stereotipi di genere nell’istruzione, nella
formazione e nella
cultura
L’istruzione, la formazione e la cultura continuano a trasmettere
stereotipi di genere. Le
donne e gli uomini seguono spesso percorsi educativi e formativi
tradizionali, che portano le donne a posti di lavoro meno valutati e 7 Anche qui si fa riferimento alla già citata Tabella di Marcia
153
remunerati. La strategia dovrebbe quindi incentrarsi sulla lotta agli
stereotipi di genere sin dai primi anni di età, organizzando formazioni
di sensibilizzazione per insegnanti ed alunni e incoraggiando le
giovani donne e i giovani uomini ad esplorare percorsi educativi non
tradizionali. Il sistema educativo deve fornire ai giovani qualifiche
adeguate, perciò è altrettanto importante combattere il fenomeno
dell’abbandono scolastico che riguarda più i ragazzi delle ragazze.
3.2 Eliminazione degli stereotipi di genere nel mercato del
lavoro
Le donne continuano a dover far fronte alla segregazione sia
verticale che orizzontale. La
maggior parte di esse resta impiegata in settori tradizionalmente
riservati alle donne, di norma meno riconosciuti e valutati. Inoltre le
donne occupano in genere i gradini più bassi della scala gerarchica.
Facilitare l’ingresso delle donne in settori non tradizionali è altrettanto
importante quanto promuovere la presenza maschile in settori
tradizionalmente occupati da donne. Occorre applicare leggi
antidiscriminatorie e fornire incentivi alla formazione.
Un’altra area di attività del Centro di Costo in oggetto che è stato
possibile analizzare con maggior dettaglio grazie alle informazioni
raccolte nell’ambito dell’intervista è stata quella dei corsi per
l’Educazione degli Adulti. Si tratta in questo caso di iniziative che
presentano elementi di innovazione e che rientrano nell’ambito della
Life Long Learning e della formazione permanente. L’elemento di
maggior innovazione consiste proprio nella finalità degli interventi
154
formativi stessi, che non si propongono di far acquisire ai partecipanti
competenze per l’inserimento nel mercato del lavoro ma di favorire
un miglioramento delle conoscenze dei partecipanti in tutti i campi
dell’apprendimento. I corsi EDA sono gestiti con un concorso di fondi
comunali e regionali; si tratta di attività che hanno una durata media
tra le 25 e le 90 ore e spaziano tra i più diversi temi quali:
l’alimentazione consapevole, l’ECDL (patente Europea per il
computer), l’acquisizione di competenze di lingua inglese e la
comunicazione con internet. Alcuni interventi appaiono, sin dalla loro
denominazione, espressamente rivolti ad un pubblico diviso per
genere; tra le proposte del 2008 troviamo “Donna: bellezza e salute”
ed “Informatica-donne”. Nel 2008 sono stati realizzati 19 corsi EDA,
di cui 3 finalizzati alla lotta contro la dispersione scolastica,
complessivamente i partecipanti alle attività formative EDA sono stati
687, di cui 445 donne (il 66,8%) e 242 uomini. I partecipanti a tali
iniziative formative sono soggetti residenti sul territorio di età
compresa tra i 18 e gli 80 anni. Anche in questo caso non sono
disponibili dati che consentano di rilevare, corso per corso, il tasso di
partecipazione per genere e di sondare se si ripropongano
segregazioni per genere legate ai contenuti formativi.
iv. Linee di sviluppo possibili
Il primo elemento che emerge dall’analisi delle informazioni
disponibili è la necessità di implementare un sistema centralizzato
di raccolta ed analisi dei dati che consenta in primo luogo una
lettura in un’ottica di genere del complesso delle attività
realizzate e, successivamente, permetta di utilizzare le informazioni
155
raccolte per una programmazione delle attività ispirata al gender
mainstreaming.
I sistemi di monitoraggio esistenti attualmente trasferiscono a livello
di amministrazione centrale soltanto dati di massima in merito alla
realizzazione degli interventi formativi, lasciando nei singoli Centri di
Formazione un patrimonio di informazioni di dettaglio , e
soprattutto di informazioni legate alle caratteristiche di genere
dell’utenza coinvolta, che sono di estremo interesse.
Laddove tali informazioni fossero raccolte e condivise a livello
centrale offrirebbero elementi importanti per avviare una valutazione
in un’ottica di genere: esse consentirebbero sia di riflettere
sull’impatto di genere delle iniziative proposte che di elaborare
proposte concrete per modificare tale impatto, nel caso in cui si
ritenga sia necessario un intervento correttivo.
Poiché comunque, al livello di singolo Centro di Formazione
Professionale, alcune informazioni gender sensitive sono raccolte, si
tratta da un lato di elaborare un sistema di raccolta centralizzata
delle informazioni esistent i, dall’altro di definire alcuni semplici
strumenti che consentano di raccogliere informazioni di tipo
qualitativo rispetto alla fruizione per genere della formazione.
In questo senso sarebbe interessante costruire semplici questionari
da somministrare in ciascun corso – e da elaborare a livello
centrale – volti ad individuare se esiste una relazione tra il genere
dell’utente del corso di formazione e gli orari preferiti per
partecipare alla formazione stessa, tra il genere e le modalità di
trasporto utilizzate per giungere alla sede del corso, tra il genere e la
motivazione della scelta del corso, tra il genere ed il livello di
156
abbandono del percorso formativo (e, con riferimento all’abbandono,
che ruolo abbiano nel determinarlo i fattori precedentemente
elencati: tempi, motivazione, logistica).
La centralizzazione delle informazioni gender sensitive
permetterebbe anche di individuare con maggior certezza in quali
percorsi formativi permane una segregazione orizzontale e se tale
segregazione si traduce, una volta entrati nel mercato del lavoro, nel
consolidarsi del cosiddetto gender pay gap: le professioni a più alto
tasso di femminilizzazione tendono ad essere meno valorizzate
socialmente ed ad essere meno retribuite. Ed è interessante notare
come ciò possa verificarsi anche nell’ambito di una stessa
professione, ad esempio quella degli acconciatori, laddove si tende a
riconoscere un maggior livello qualitativo agli acconciatori di sesso
maschile piuttosto che alle parrucchiere (con conseguente
differenziazione nella retribuzione della prestazione professionale).
Disporre di un quadro chiaro consentirebbe di definire misure di
sensibilizzazione mirata che si propongano di superare gli
stereotipi di genere legati ad una visione tradizionalista di alcuni
profili professionali e che consentano di ottenere una più equa
distribuzione tra i generi sia della partecipazione ai percorsi di
formazione professionalizzanti che nell’accesso nel mercato del
lavoro, in linea con quanto espressamente previsto dalla Tabella di
Marcia della Commissione Europea per la promozione delle Pari
Opportunità nel periodo 2006-2010.
157
Un secondo elemento che emerge dalla lettura dei dati,e dalla
conversazione con gli interlocutori privilegiati, è la necessità di
avviare una riflessione tra gli stessi operatori della formazione
professionale sul tema del gender mainstreaming. Nella
consapevolezza che si tratta di un tema a tutt’oggi piuttosto
innovativo, del quale si discute molto a livello teorico tra gli addetti ai
lavori ma di cui spesso, per gli operatori direttamente coinvolti con gli
utenti finali, è difficile identificare le implicazioni pratiche nella
realizzazione delle proprie attività quotidiane, può valer la pena
avviare un ciclo di seminari che permetta a tutti di inquadrare la
tematica e di familiarizzare con esperienze e buone pratiche.
L’obiettivo degli interventi seminariali dovrebbe proprio essere
l’acquisizione di strumenti e tecniche che consentano la messa in
pratica di un approccio orientato alla promozione delle pari
opportunità, stimolando un dibattito interno che promuova un
mainstreaming di genere attento a tutti i livelli.
4.2 Orientamento al Lavoro
i. Finalità ed obiettivi
Le attività di questo Progetto/Centro di Costo sono volte a pianificare
ed implementare la rete dei COL, i Centri di Orientamento al Lavoro
che si occupano di orientamento e accompagnamento
nell’inserimento lavorativo .
La rete dei COL è un’esperienza peculiare del Comune di Roma. Fu
istituita con la Legge Regionale n.28/91, che prevedeva i Centri di
Iniziativa Locale per l’Occupazione (CILO) ed a seguito della
158
successiva Legge 38/98, che confermò la delega ai Comuni delle
funzioni dell’orientamento al lavoro, la rete dei COL ricevette forti
sostegni. In seguito, i COL sono stati integrati nel sistema dei Servizi
all’Impiego.
Attualmente i COL attivi sul territorio dell’area metropolitana sono 22,
essi offrono gratuitamente ai cittadini ed alle cittadine servizi
qualificati per l’orientamento ed il ri-orientamento al lavoro,
proponendo percorsi individuali per favorire l’incontro tra domanda
ed offerta di lavoro. La rete dei COL copre tutte le aree del territorio
comunale, il loro ruolo è particolarmente rilevante nelle zone
periferiche della città, dove svolgono anche attività di promozione
dello sviluppo locale, oltre alle normali attività di informazione,
formazione, orientamento e consulenza. Nella progettazione e
nell’implementazione delle proprie attività i COL attivano Protocolli di
intesa (ne sono stati attivati oltre 130) con strutture pubbliche e
private attive nei diversi Municipi, con l’intento di implementare
congiuntamente progetti specifici. I COL condividono lo stesso
Modello Organizzativo ma ognuno di essi ha sviluppato delle sue
specificità maturate nell’interazione con il territorio di riferimento. In
particolare, alcuni di essi si sono specializzati rispetto alla
popolazione target alla quale offrono servizi su misura: esistono COL
specializzati nei servizi agli immigrati, ai disabili, ai detenuti, alle
comunità nomadi, agli utenti over 45. Infine, uno dei COL, come
vedremo in seguito, si è specializzato nel tempo nella gestione di un
unico servizio, quello dei tirocinii.
Recentemente, nel quadro del riassetto delle competenze territoriali
sulle politiche del lavoro è stata stipulata una convenzione con la
159
Provincia di Roma finalizzata ad integrare i COL nella rete dei Centri
per l’Impiego Provinciali (CPI).
Uno dei punti essenziali della convenzione è l’adozione di un sistema
omogeneo di raccolta ed archiviazione dati relativi all’utenza. Il
collegamento tra tutti i nodi della rete, ad un unico sistema
informativo, permetterà all’utente di recarsi nei vari centri per
accedere ai servizi di cui ha bisogno, partecipare alla procedura di
orientamento e candidarsi per una preselezione, senza dover
ripercorrere nel contatto con ciascuna struttura i diversi step di avvio
(accoglienza, raccolta dati anagrafici e curricolari e profilo psico-
sociale). L’integrazione del sistema di raccolta dati consentirà altresì
di realizzare un monitoraggio degli utenti dei servizi per l’impiego,
offrendo i presupposti necessari per una valutazione complessiva
anche in un’ottica di genere.
ii. Descrizione dei servizi offerti
In sintesi i servizi offerti dal Comune di Roma ai cittadini ed alle
cittadine del territorio che rientrano nella sfera di competenza del
Progetto/ Centro di Costo “Orientamento al lavoro” sono i seguenti:
- Accoglienza: presentazione del servizio di orientamento, con
informazioni relative ai servizi e alle finalità dei centri.
- Auto-consultazione: spazio dedicato alla consultazione di
materiali relativi ai concorsi pubblici, raccolta delle inserzioni
pubblicate sui principali quotidiani, corsi di formazione
professionale, indirizzari, offerte di lavoro, stampa e gazzette,
bandi pubblici e preselezioni, guide ed altre pubblicazioni.
160
- Consulenza informativa: organizzazione di seminari informativi
su formazione, lavoro, auto imprenditoria, contratti atipici.
- Formazione sulle tecniche di ricerca del lavoro: presentazione
delle tecniche di ricerca del lavoro, per permettere di assumere
un atteggiamento attivo (ad esempio guidando gli utenti nella
lettura delle inserzioni dei giornali e fornendo loro strumenti per
l’autovalutazione, la stesura e presentazione di curricula e della
lettera di presentazione) ed informato (grazie alla simulazione di
colloqui di selezione).
- Percorsi di orientamento: consulenze individuali o di gruppo volte
ad analizzare motivazioni, aspettative, competenze e potenziale
professionale mediante colloqui, questionari motivazionali e
schede di autovalutazione per elaborare e costruire un progetto
di vita formativa/ lavorativa.
- Animazione territoriale: servizio che tende ad informare e
coinvolgere l’imprenditoria locale e gli altri attori del territorio nella
creazione di opportunità lavorative; offre sostegno nella
definizione di progetti per la creazione d’impresa, nonché
consulenze su finanziamenti ed agevolazioni.
- Eures: interventi di orientamento specifici rivolti all’utenza
interessata a lavorare nei paesi della Comunità Europea.
- Tirocinii: servizio che promuove inserimenti in azienda con
finalità di orientamento e formazione.
- Servizi specialistici: servizi rivolti ai soggetti appartenenti alle
cosidette fasce deboli centrati sulla progettazione e sviluppo di
azioni di accoglienza, informazione, formazione, counselling,
promozione tirocinii mirati, tutoraggio, mediazione ed
161
accompagnamento per l’inserimento nell’ambiente di lavoro.
Valutazione dell’impatto rispetto al genere.
iii. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
La relazione al Rendiconto 2008 presenta un dettaglio delle iniziative
realizzate nell’ambito di questo Progetto/centro di Costo per
l’annualità in oggetto, informandoci come, nel corso dell’anno, siano
stati perseguiti i seguenti obiettivi strategici:
- Proseguimento del processo di integrazione con gli Enti Pubblici
e privati mediante l’individuazione di un modello organizzativo
che consenta di attivare sinergie tra le rispettive competenze per
migliorare i servizi offerti all’utenza. Nel corso del 2008 sono stati
siglati 13 nuovi protocolli di intesa, di cui 10 con soggetti privati.
Di particolare importanza è la convenzione siglata il 21/11/2008
con la Provincia di Roma, finalizzata ad integrare i Centri per
l’Impiego con i COL: in virtù di tale convenzione si perfezionerà
l’integrazione del Sistema Informativo, con i già citati benefici in
termini di integrazione dei servizi e di miglioramento
dell’accessibilità per l’utenza. Nel 2008 i COL hanno accolto circa
35.000 utenti (il dato è il frutto di una stima basata sull’affluenza
media mensile presso i COL).
- Sostegno all’inserimento sociale, educativo e professionale nel
mondo del lavoro dei detenuti che hanno beneficiato dell’Indulto,
i quali hanno beneficiato (in 169 nel 2008) del progetto “Lavoro
nell’inclusione sociale di detenuti”.
162
- Promozione di tirocini professionali mirati a sostenere gli utenti
nel passaggio tra il mondo della formazione e quello del lavoro8;
il tirocinio attiva l’utente offrendogli l’opportunità di verificare se le
competenze possedute corrispondono alle esigenze del mercato
del lavoro e ne promuove le competenze professionali, la
capacità di orientarsi, la possibilità di esprimere una
progettualità.
- Realizzazione delle attività previste per il 2008 nell’ambito del
progetto “L’albero delle conoscenze – iniziative per
l’orientamento al lavoro della Nuova Fiera di Roma”, intervento
finanziato dal Fondo Sociale Europeo che ha contribuito ad
attivare una rete con gli attori presenti sul territorio ed a
predisporre strumenti per rispondere con prontezza ai fabbisogni
di conoscenze e competenze delle imprese attive sul territorio,
interessate dall’apertura della nuova Fiera di Roma.
Di tutte queste iniziative la Relazione al Rendiconto, pur quando
giunge ad indicare il numero puntuale dei beneficiari coinvolti, non
offre informazioni che consentano di risalire all’impatto delle attività
proposte sugli utenti coinvolti, né di determinare il genere degli utenti
stessi.
Anche per quanto riguarda il personale attivo nei COL – 64
dipendenti a tempo indeterminato, di cui 33 Funzionari dei servizi di
orientamento al lavoro (Cat.D1), 30 Istruttori di servizi di
orientamento al lavoro (Cat. C1) ed 1 Educatore professionale – la
8 La trasformazione dello Sportello Tirocini in “COL Tirocini” ha garantito una maggiore efficacia nella mediazione tra domanda ed offerta di lavoro.
163
Relazione al Rendiconto, nella sua natura di documento
prevalentemente orientato alla rendicontazione economico
finanziaria, non fornisce informazioni rispetto al genere.
Le interviste agli interlocutori privilegiati, coinvolti in posizioni di
rilievo nell’ambito delle attività del Progetto/Centro di Costo
Orientamento al Lavoro, hanno permesso di integrare le informazioni
presenti nella Relazione al Rendiconto.
L’incontro con la dirigenza dell’Orientamento al Lavoro, ha permesso
di approfondire il funzionamento del sistema di monitoraggio delle
attività dei COL e di avere una visione più chiara delle modalità di
funzionamento dei COL stessi.
In primo luogo apprendiamo che, per quanto concerne invece la
distribuzione per genere degli operatori nei COL, il 70% di costoro,
trasversalmente ai 3 profili professionali, sono donne.
Per quanto riguarda invece il sistema di monitoraggio, i singoli COL
raccolgono dati puntuali in merito all’utenza dei diversi servizi, dati
che contengono informazioni di dettaglio declinati anche per
genere , ma queste informazioni non vengono raccolte ed elaborate a
livello di amministrazione centrale. I diversi COL – alcuni dei quali
sono specializzati per tipologie di utenti, tra le quali non rientrano le
donne - raccolgono dati riferiti alle proprie attività con gli utenti
lavorando su uno standard comune; tuttavia, molte delle informazioni
raccolte presso gli utenti vengono registrate utilizzando schede
164
cartacee, di cui solo una sintesi quantitativa é trasferita su supporto
elettronico.
Mettere in evidenza la dimensione di genere nella raccolta dei dati ed
utilizzare tale dimensione come chiave di lettura per valutare le
modalità di fruizione dei servizi offerti dai COL permetterebbe di
costruire un’offerta ancora più a misura dei bisogni dei cittadini e
delle cittadine. Semplicemente incrociando i dati già disponibili
presso i COL con il genere dell’utente, sarebbe possibile capire in
che modo questa caratteristica influenza la possibilità di usufruire dei
servizi proposti ed, eventualmente, proporre iniziative mirate ad
esigenze specifiche di uomini o donne.
Una prima buona pratica, facile da implementare e vicina alle
esigenze di conciliazione di uomini e donne, consiste nel prevedere
la possibilità di accedere al servizio dei COL nella fascia oraria
della “pausa pranzo”. Si ricorda che attualmente i COL sono aperti
tutte le mattine (con orario 9-13, il venerdì in genere fino alle 12) e
due pomeriggi (martedì e giovedì dalle 15,30 alle 17,30). L’apertura
durante la pausa pranzo potrebbe essere settimanale o,
eventualmente, su appuntamento e consentirebbe a uomini e donne
di avere un’opportunità in più per conciliare impegni personali,
familiari e lavorativi.
Una delle priorità della politica di Pari Opportunità della Commissione
è infatti volta a favorire Orari di lavoro flessibili per donne e
uomini 9
9 Anche in questo caso si fa riferimento alla Tabella di Marcia della Commissione Europea 2007-2012
165
Le politiche volte a conciliare lavoro e vita familiare contribuiscono a
creare un’economia
flessibile, migliorando nel contempo la vita delle donne e degli
uomini. Tali politiche aiutano ad entrare e a rimanere nel mercato del
lavoro utilizzando l’intero potenziale della forza lavoro e devono
favorire equamente le donne e gli uomini. Il fatto che molte più donne
di uomini ricorrano a tali orari causa tuttavia uno squilibrio tra i generi
che si ripercuote negativamente sulla posizione delle donne nel
luogo di lavoro e sulla loro indipendenza economica.
L’incontro con la responsabile del COL “Tosi” a Testaccio, ha
permesso di acquisire informazioni di maggior dettaglio sull’attività
puntuale di questo COL e della rete dei Centri dell’Orientamento, dal
punto di vista degli operatori.
I dati disponibili confermano l’autonomia dei COL nel definire le
proprie strategie di intervento in relazione al territorio in cui sono
inseriti piuttosto che alle tipologie di utenza; in quest’ottica è
possibile, come di fatto accade, che ciascun COL implementi
interventi puntuali di sperimentazione, coinvolgendo o meno gli altri.
E’ questo il caso del COL Marconi che nel 2008 ha sperimentato
percorsi di bilancio di competenze rivolti essenzialmente alle
donne , combinando incontri individuali ed interventi collettivi ed
estendendo la possibilità di partecipare anche ad utenti di altri COL.
Nella stessa direzione è da intendersi la sperimentazione del COL
166
Corviale, in cui sono stati introdotti percorsi di orientamento di più
lungo respiro che hanno visto un’alta partecipazione di donne
immigrate con profili professionali medio-alti. In quest’approccio sono
stati coinvolti consulenti interni al COL insieme a consulenti esterni
ed i colloqui individuali sono stati abbinati a percorsi seminariali ed
incontri con testimoni privilegiati. Nell’ambito della propria autonomia
i COL possono anche partecipare e/o ospitare iniziative di progetti
estemporanei, ad esempio nell’ambito di progetti finanziati: è questo
il caso del progetto PAOLA, che ha offerto per un certo periodo di
tempo servizi aggiuntivi alle donne per l’assistenza alla creazione
d’impresa (nell’ambito dei servizi offerti dal COL esiste già la figura
dell’animatore territoriale, che supporta la creazione dì impresa) o di
servizi mirati ad utenti particolari - le donne over 45 che soffrono in
particolar modo gli effetti della crisi finanziaria.
167
L’approccio per progetti rappresenta una risorsa importante per
sperimentare strumenti e modelli innovativi. Affinché il progetto, per
sua natura un evento “speciale” che richiede l’impiego di risorse
straordinarie, non esaurisca i suoi effetti positivi con la propria
conclusione è importante attivare delle strategie che consentano di
capitalizzare i benefici del progetto. Alcuni semplici accorgimenti
possono essere:
- mantenere il ruolo di coordinamento del progetto non affidandolo ad
una risorsa esterna; laddove sia necessario coinvolgere un/a
consulente esterno/a;
- costituire, sin dall’avvio del progetto, un gruppo di lavoro che
preveda personale interno e personale esterno;
- limitare al minimo il numero di consulenti/esperti esterni da attivare
per la gestione del progetto;
- condividere nel COL e nella rete dei COL le informazioni relative al
progetto ed i risultati via via raggiunti;
- organizzare periodicamente momenti di informazione/formazione
sui risultati del progetto;
- avere cura che il progetto produca strumenti/risultati/prodotti
coerenti con la struttura preesistente ed utilizzabili anche al termine
del progetto stesso con costi contenuti.
168
Per quanto concerne il monitoraggio dell’utilizzo dei servizi da parte
dell’utenza, la dirigenza del COL conferma che la raccolta dei dati
avviene all’interno di ogni singolo COL ed è aggiornata su base
mensile utilizzando un foglio Excel che prevede diversi campi:
- frequenza di accesso al servizio dei COL,
- canale di accesso al servizio (in che modo il servizio è stato
conosciuto),
- età
- genere
- nazionalità (italiana, europea, extraeuropea)
- titolo di studio (compresi diplomi e lauree non riconosciute)
- formazione
- iscrizione ai CPI (Centri per l’Impiego provinciali)
- status occupazionale
- appartenenza o meno a categorie svantaggiate
- servizi utilizzati
Il genere dell’utente figura tra i parametri in esame, e potrebbe
facilmente essere utilizzato per leggere in una prospettiva di genere i
dati relativi all’utenza che frequenta ciascun COL. Attuare una lettura
di genere dei dati raccolti costituisce una priorità per poter attuare
efficaci politiche di genere.
I dati aggregati confermano che, perlomeno per il COL TOSI,
l’utenza femminile è prevalente; questo dato può essere messo in
relazione anche con il rapporto privilegiato istituito tra i COL ed i
centri anti-violenza che inviano le proprie utenti per percorsi di
169
orientamento ed inserimento al lavoro, esperienze di tirocini e borse
lavoro. In generale, comunque da quanto emerge da altre indagini
esistenti e dalle interviste realizzate con gli informatori privilegiati
emerge una maggiore propensione delle donne ad usufruire dei
servizi di orientamento al lavoro.
L’incontro con la responsabile dei servizi di tirocini ha permesso di
acquisire informazioni di maggior dettaglio sull’attività specifica del
Centro per l’Orientamento all’Impiego che ha sviluppato la propria
specificità sull’offerta del servizio di attivazione tirocini.
L’attività di questo COL, infatti, si differenzia da quella degli altri
poiché all’Orientamento di primo livello che prevede attività di
risposta immediata ed all’ orientamento di secondo livello che
realizza il bilancio competenza o la consulenza specialistica, si
affianca un servizio mirato volto ad attivare contatti diretti tra imprese
ed utenti, giovani o adulti, per l’inserimento in un percorso di tirocinio.
La normativa di riferimento10 prevede che nel rapporto di tirocinio
siano attivi tre soggetti: l’Ente Promotore – ed é questo il ruolo del
COL, l’azienda ospitante ed il tirocinante.
Il COL si incarica quindi di selezionare gli aspiranti tirocinanti,
selezionare le aziende ed attivare i percorsi che sono
immediatamente operativi, senza un previo percorso formativo, 10 Si fa qui riferimento all’art 18 della Legge 24 giugno 1997, n. 196 "Norme in materia di promozione dell'occupazione." pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 4 luglio 1997 - Supplemento Ordinario n. 136 ed al Decreto interministeriale del 25 Marzo 1998 n.142 recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n.196, sui tirocini formativi e di orientamento.
170
poiché sono concepiti essi stessi quali momenti di formazione, volti a
promuovere l’acquisizione e la messa in pratica delle competenze
direttamente nell’ambito di un contesto lavorativo (formazione on the
job).
Per la ricerca delle aziende, il COL fa ricorso sia all’invio di
informazioni mirate ad una mailing list di aziende selezionate, sia alla
stipula di protocolli con associazioni di imprese, sia all’attivazione di
una modalità di lavoro in rete con altri centri promotori di tirocini sul
territorio, quali, ad esempio, lo Sportello Stage, i Centri per l’Impiego
della Provincia, il servizio Job Soul attivo presso l’Università La
Sapienza di Roma.
Per la selezione dei potenziali utenti si fa riferimento all’esperienza
degli orientatori del COL, che hanno conoscenza del mercato del
lavoro locale e competenze in psicologia.
In genere, il tirocinio é gratuito ma è possibile che le aziende private
decidano di offrire ai tirocinanti un piccolo rimborso spese (massimo
300 euro per un part-time, massimo 700 per un tempo pieno); il
tirocinio può durare al massimo 6 mesi, con un’estensione ai 24 per i
soggetti portatori di handicap.
Il tirocinio offerto dal COL non prevede né limiti di età né limiti di altro
genere: nella fase di selezione ed abbinamento del tirocinante con
l’azienda gli operatori del COL si attivano per promuovere il
superamento di eventuali pregiudiziali discriminatorie da parte delle
aziende ospitante. In quest’ottica, gli operatori di COL tentano di
promuovere l’attenzione alle competenze del lavoratore o della
lavoratrice in relazione al fabbisogno di competenze di un
determinato contesto aziendale, tentando di contrastare richieste
171
specifiche in termini di età, nazionalità genere. Inoltre, nel comporre il
panel di 5/6 candidati che vengono proposti all’azienda affinché ne
selezioni uno/a, gli operatori del Col cercano di mantenere un
equilibrio in termini di genere, età e nazionalità dei candidati,
ribadendo il valore prioritario delle competenze possedute da
ciascuno. In coerenza con tale approccio, il format utilizzato per
analizzare il fabbisogno e la disponibilità dell’azienda ad accogliere
soggetti in tirocinio non contiene la possibilità di esprimere una
preferenza rispetto al genere.
Il numero degli utenti che si sono recati al COL tirocini
dall’attivazione del servizio (marzo 2000) è di 12.005, di cui 35%
maschi e 65% femmine; il 61% dei candidati al tirocinio possiede una
laurea, il 34% un diploma, il 3% la licenza media ed il 2% una
qualifica professionale. In termini di età, la classe più numerosa è
quella dei soggetti di età superiore ai 30 anni (52%), seguita da
quella 25-30 anni (39%) solo il 9% degli aspiranti tirocinanti ha meno
di 24 anni. Dei 4480 tirocini avviati dall’inizio del servizio, il 46% vede
il coinvolgimento di laureati, il 37% di diplomati, il 15% di titolari di
licenza media ed il 2 di titolari di qualifica professionale. In termini di
età: il 19% dei tirocinanti ha fino a 24 anni, il 39% da 25 a 30, il 42%
più di 30. Il totale dei tirocini avviati è pari al 36% dei candidati totali,
in linea con i dati disponibili a livello nazionale; i tirocini conclusi sono
il 38%, i tirocini interrotti il 17%, mentre il 4% si concluso con un
rifiuto esplicito da parte del tirocinante del contratto proposto
dall’azienda. Tuttavia circa il 78% dei tirocini che arrivano a termine
si conclude con un’assunzione. La percentuale significativa di tirocinii
conclusasi positivamente è da attribuirsi da un lato, al lavoro
172
accurato di selezione e matching tra imprese ed utenti dall’altro,
all’attenzione dedicata al monitoraggio del tirocinio nel suo
realizzarsi, mediante colloqui, questionari, schede di rilevazione delle
competenze acquisite, tutoraggio, ed in particolar modo tutoraggio ed
affiancamento aziendale, mediazione con l’azienda nella risoluzione
delle piccole difficoltà quotidiane, tra le quali hanno un posto di primo
piano quelle relative alla definizione dei tempi di lavoro (che non
vengono formalizzati nella convenzione). L’istituto del tirocinio,
tuttavia, non offre garanzie di assunzione pur essendo uno strumento
valido per il rafforzamento dell’occupabilità individuale (nella misura
in cui consente di acquisire un’esperienza diretta in azienda,
elemento richiesto dalle aziende stesse al momento di una possibile
assunzione).
A livello macro, le donne costituiscono il 65% delle candidate al
tirocinio ed il 55% delle tirocinanti: questa lieve prevalenza di donne
che si inseriscono con questa modalità in azienda (comunque
inferiore ad un 10% rispetto alla percentuale di candidate) può
essere attribuita ad una maggiore motivazione delle donne ad
entrare nel mercato del lavoro ed ad una maggiore correttezza,
puntualità e precisione nel rapporto con le aziende. Per quanto
riguarda il livello di istruzione/formazione, i soggetti che richiedono di
essere inseriti in azienda attraverso l’istituto del tirocinio hanno una
preparazione medio alta, con un 61% di laureati ed un 23% di
diplomati; i soggetti meno qualificati o che si trovano in una
situazione di svantaggio, tendono ad usufruire dell’istituto della borsa
lavoro che prevede a fronte di un rimborso spese per l’utente,
l’esperienza lavorativa in azienda affiancata da un servizio di
173
formazione mirata al rafforzamento delle competenze di base e della
fiducia nelle proprie capacità. Sebbene non esista un monitoraggio
puntuale in questo senso, anche rispetto all’istituto del tirocinio si
assiste al fenomeno della segregazione orizzontale che caratterizza
il mercato del lavoro: le donne sono prevalenti in alcuni settori, gli
uomini in altri.
Sfortunatamente, il sistema di monitoraggio attualmente a
disposizione del COL non consente di raccogliere ed analizzare le
informazioni disponibili con un’attenzione alla prospettiva di genere,
tuttavia, al momento dell’intervista, è in corso una revisione del
sistema di raccolta ed elaborazione dati.
iv. Linee di sviluppo possibili
Anche in questo caso, come già in riferimento al Progetto/Centro di
costo “Formazione”, l’analisi dei dati disponibili ha evidenziato la
necessità di definire ed implementare un sistema di raccolta e analisi
dei dati che consenta di leggere l’impatto di genere delle iniziative
proposte ed implementate e, successivamente, di apportare
modifiche migliorative laddove necessario.
Il servizio di orientamento ed inserimento lavorativo rappresenta,
senza dubbio, un elemento cardine nel sostegno alla ricerca di un
lavoro per chiunque, ma esso svolge un ruolo ancora più
determinante laddove il soggetto in cerca di occupazione presenti
caratteristiche di debolezza, che richiedono un’attenzione ed un
supporto particolare nella fase cruciale di contatto con le imprese. Se
le donne nel mercato del lavoro nella città di Roma, nella Provincia e
174
nella Regione Lazio, presentano ancora indici di partecipazione
contenuti rispetto agli uomini, pur avendo in media un livello di
preparazione e di istruzione/formazione superiore, allora significa
che per lo meno a livello locale, sarebbe necessario realizzare
azioni positive volte a sostenere l’ingresso delle donne nel
mercato del lavoro. In questo senso, la disponibilità di dati puntuali,
che forniscano una prospettiva di genere, sia all’interno del singolo
COL che a livello di monitoraggio centrale, rappresenta un punto di
partenza fondamentale per comprendere in che modo,
quantitativamente e qualitativamente, le risorse messe in campo
abbiano un impatto per porre riparo agli squilibri esistenti. Oltre ad un
approccio di tipo “azioni positive” sarebbe utile adottare un approccio
di mainstreaming di genere soprattutto per quei servizi dedicati a
target specifici (detenuti, over 45). In modo da disegnare servizi che
abbiano impatto sia sugli uomini sia sulle donne.
Il confronto e la condivisione di esperienze tra i diversi COL ,
alcuni dei quali negli anni hanno sperimentato iniziative rivolte
prevalentemente alle donne, e tra i COL e altri soggetti che di
orientamento si occupano in Italia ed in Europa, potrebbe portare alla
selezione di buone prassi in termini di strumenti ed approcci
prevalentemente rivolti ad un pubblico femminile. La condivisione di
esperienze permetterebbe, inoltre, di sistematizzare alcuni approcci
adottati nei COL a livello territoriale, o di servizio specifico, che
tuttavia non vengono menzionati quali elementi costitutivi della
politica del servizio. A titolo di esempio, l’attenzione che gli orientatori
dei tirocinii pongono nel valorizzare le competenze possedute dagli
aspiranti tirocinanti rispetto alle loro caratteristiche individuali è
175
sintomo di una sensibilità alla promozione delle pari opportunità per
tutti che dovrebbe essere recepita a livello programmatico e
presentata quale punto di forza dei servizi di orientamento offerti.
4.3 Progetto “M’imprendo”
i. Finalità ed obiettivi
Il progetto “M’imprendo Sviluppo Locale e Occupazione: Scuola e
Università come Laboratorio” rientra nell’area di competenza del
Progetto-Centro di Costo URBAN, insieme ad iniziative progettuali
in molti casi di respiro europeo. Esso mira a definire e sollecitare
processi finalizzati all’auto-sviluppo di piani occupazionali ed ad
individuare premi e/o borse di studio per sostenere tali percorsi; si
rivolge agli studenti degli ultimi tre anni degli Istituti di Istruzione
Secondaria di secondo grado pubblici e paritari e agli Studenti dei
Centri di Formazione Professionale del Comune di Roma nonché
agli studenti universitari, per i quali è possibile prevedere una
sezione ad hoc.
Il progetto è attivo da tre anni e si propone di sollecitare insegnanti
ed allievi della scuola secondaria a riflettere sulla necessità di
pensare all’inserimento nel mondo del lavoro promuovendo
l’imprenditorialità attraverso l’analisi delle competenze necessarie
per la creazione d’impresa.
Il progetto prevede che ogni anno si realizzino le seguenti attività:
la progettazione delle singole fasi, la costituzione di un Comitato
Scientifico, di un Comitato Progettuale, di un Comitato Operativo,
176
della Commissione di Valutazione e della Giuria per la
Premiazione. Questo sviluppo progettuale è concepito per
valorizzare il contributo qualitativo e quantitativo delle istituzioni
scolastiche coinvolte e per potenziare il contributo da parte
dell’Amministrazione in termini di risorse economiche, professionali
e strumentali. Il progetto “M’Imprendo” rappresenta così uno
strumento innovativo per il trasferimento delle conoscenze ad altre
città italiane ed europee previsto dal Piano per lo Sviluppo Locale e
per la Buona Occupazione del Comune di Roma. In questo senso
esso risponde all’obiettivo di mettere in rete le competenze
individuali e collettive al fine di valorizzare la conoscenza creata
dalle realtà locali per una gestione sistemica ed integrata del
territorio.
ii. Descrizione dei servizi offerti
In sintesi i servizi offerti dal Comune di Roma ai cittadini ed alle
cittadine del territorio afferenti a questo progetto nell’ambito del
Centro di Costo URBAN sono:
- orientamento e formazione per la promozione dell’auto-
occupazione per gli studenti delle scuole secondarie superiori;
- formazione di supporto per i docenti degli istituti secondari
superiori;
- seminari informativi;
- materiali formativi;
- possibilità di inserimento nella rete relazionale del progetto.
iii. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
177
La Relazione a Rendiconto 2008 ci informa che nell’annualità in
oggetto le attività del progetto “M’Imprendo” sono proseguite
attraverso azioni di disseminazione delle conoscenze acquisite in
precedenza. In particolare, nel maggio 2008, con il supporto del
Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione
Europea, le pubblicazioni realizzate grazie al progetto sono state
presentate a tutti gli insegnanti delle scuole superiori del comune di
Roma nonché a realtà europee interessate a partecipare. La
relazione ci informa, inoltre, che il contenuto relativo all’accordo tra
i partner storici del progetto per la costituzione di una rete è stato
approvato con determinazione dirigenziale: due progetti
internazionali, uno per l’Africa ed uno per il Brasile, sono stati
presentati ed è stato attivato un programma di scambi con
l’Universidade Federal de Pernambuco in Brasile. Tuttavia, la
Relazione a Rendiconto ci informa anche che la scarsità di fondi a
disposizione non ha permesso di attivare i premi per le classi III, IV
e V o per singoli studenti degli Istituti Superiori di Secondo Grado,
come avvenuto invece nelle annualità precedenti, anche se
l’interesse dei partner istituzionali, europei ed internazionali ha
consentito la realizzazione della parte del progetto relativa ai
seminari dei docenti. Purtroppo la relazione non fornisce
informazioni di dettaglio rispetto al genere dei partecipanti alle
iniziative previste dal progetto, sia per quanto riguarda gli allievi
della scuole superiori che per quanto riguarda i docenti.
L’intervista con le referenti del progetto ha permesso di acquisire
informazioni di maggior dettaglio sia in merito ai servizi specifici
offerti agli utenti che in merito alle caratteristiche dei beneficiari.
178
Dalla conversazione è emerso come i 7 interventi seminariali
realizzati nel 2008 siano stati concepiti quali momenti di supporto ai
docenti nell’attuazione della loro funzione educativa, con
particolare attenzione alla creazione di un legame concreto con il
mercato del lavoro locale. Tali interventi, infatti, sono stati animati
da docenti universitari ed imprenditori che hanno portato nelle
scuole una testimonianza diretta dell’attività d’impresa, sia dal
punto di vista delle nozioni teoriche che da quello più concreto della
propria esperienza personale.
Il progetto, in virtù della propria concretezza e dell’attenzione a
creare un legame tra istruzione e mondo del lavoro, ha suscitato
l’interesse di numerosi sponsor privati che hanno contribuito in
parte a coprire i costi dell’attività di formazione (un corso di 100 ore
rivolto ai docenti, con 25 ore di presenza aula e 75 di supervisione
individualizzata).
Nel 2008, il progetto “M’Imprendo” ha visto una contrazione delle
proprie attività a causa di una riduzione dei finanziamenti: nelle
annualità precedenti erano attivi un numero maggiore di servizi, tra
cui anche l’attribuzione di premi alle idee imprenditoriali migliori.
Con riferimento specifico alle tematiche di genere, il progetto si
rivolge a tutti, senza particolare attenzione ad un genere
piuttosto che all’altro . Il presupposto di partenza del progetto è
che l’impresa, sia essa gestita da uomini che da donne, necessita
di capacità e competenze che sono trasversali e non legate
all’appartenenza di genere.
Tuttavia, i dati di monitoraggio disponibili mostrano come la
partecipazione delle donne a “M’imprendo” sia superiore a quella
179
degli uomini, soprattutto per quanto riguarda i docenti: questo dato
è da mettere in relazione con il fatto che la professione di
insegnante è una di quelle professioni in cui si assiste ad una
segregazione orizzontale di genere, con una prevalente presenza
di donne a livello di insegnamento nella scuola superiore.
Anche la partecipazione degli allievi risente della cosiddetta
“segregazione di genere delle competenze”: la percentuale di
ragazzi o ragazze coinvolta varia significativamente in funzione del
tipo di istituto superiore coinvolto, con una prevalenza di ragazzi se
la scuola coinvolta è considerata un istituto “maschile”.
Da un punto di vista quantitativo, il progetto ha visto
complessivamente il coinvolgimento di 680 istituti, tra scuole medie
inferiori, scuole medie superiori e Centri di Formazione
Professionali; per ciascuna scuola sono stati coinvolti sia gli allievi
che gli insegnanti; tuttavia le informazioni disponibili non
consentono una lettura di genere di questi dati.
Infine, nell’ultimo anno, sono stati coinvolti 700 allievi ed allieve del
corso di laurea specialistica per educatori professionali: in questo
caso, data la vocazione femminile del corso di laurea, sono state
soprattutto le donne a partecipare al progetto.
Per quanto concerne gli sviluppi futuri, per le prossime annualità è
purtroppo prevista un’ulteriore contrazione dei fondi destinati alle
attività del progetto.
180
iv. Linee di sviluppo possibili
Anche in questo caso l’analisi delle informazioni disponibili ha
evidenziato la necessità di implementare un sistema di raccolta ed
analisi dei dati che consenta una lettura in un’ottica di genere del
complesso delle attività realizzate e, successivamente, permetta di
utilizzare le informazioni raccolte per una programmazione delle
attività ispirata al gender mainstreaming.
E’ importante sottolineare come la promozione dell’imprenditoria
femminile rientri tra le priorità della pari opportunità della
Commissione Europea; Il punto 1.3 della Tabella di Marcia è infatti
dedicato alle donne imprenditrici
1.3 Le donne imprenditrici
Le donne costituiscono in media il 30% degli imprenditori dell’UE.
Spesso esse affrontano
maggiori difficoltà rispetto agli uomini nell’avviare un’impresa e
nell’accedere ai finanziamenti. È necessario attuare più
adeguatamente le raccomandazioni del piano d’azione dell’UE
sull’imprenditorialità relative all’esigenza di favorire l’avvio di imprese
da parte di donne mediante un migliore accesso ai finanziamenti e lo
sviluppo di reti di imprenditori, promuovere l’imprenditorialità
femminile e un contesto imprenditoriale favorevole alla creazione e
allo sviluppo di imprese guidate da donne, nonché incoraggiare le
iniziative di responsabilità sociale delle imprese in tema di parità tra
donne e uomini.
181
Il progetto “M’Imprendo”, grazie alla suo approccio innovativo volto a
promuovere la creazione d’impresa presso studenti e studentesse,
potrebbe contribuire in modo significativo alla promozione della
creazione di imprese di donne:
- proponendo alle studentesse modelli positivi di imprenditrici di
successo, in Italia ed in Europa;
- presentando le opportunità che esistono a sostegno
dell’imprenditoria femminile (finanziamenti dedicati, convenzioni per il
supporto all’accesso al credito, incubatori di imprese, possibilità di
mentoring tra imprenditrici, nell’ambito di progetti finanziati);
- presentando modelli positivi di conciliazione vita lavorativa/vita
personale attuati da imprenditrici di successo;
- presentando brevemente statistiche e studi che dimostrano come
le imprese gestite da donne siano riuscite ad affrontare meglio la
recente crisi economica mondiale11.
4.4 Osservatorio sul Mercato del Lavoro
i. Finalità ed obiettivi
Il Progetto-Centro di Costo “Osservatorio sul Mercato e le
condizioni del Lavoro”12, raggruppa tutte le attività il cui obiettivo è il
monitoraggio e l’analisi dei dati relativi al mercato del lavoro sul
territorio dell’Area Metropolitana. Tra gli obiettivi e le finalità
11 Si fa qui riferimento ai dati presentati da Unioncamere e InfoCamere sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, presentati a marzo 2010 12 L’Osservatorio è stato istituito con DD n. 562 del 25.07.2002 a seguito del Consiglio Comunale straordinario del Lavoro del 6 Maggio 2002
182
dell’area di competenza, nel biennio 2006-2008 l’attenzione è stata
prevalentemente rivolta a: la realizzazione dell’inchiesta sul
mercato del lavoro a Roma; l’incremento quali-quantitativo
dell’attività ispettiva e di monitoraggio delle condizioni di lavoro
nelle opere pubbliche e nei servizi appaltati dall’Amministrazione
Comunale; l’implementazione e lo snellimento degli accordi con gli
Enti territorialmente competenti; l’intermediazione attiva per la
soluzione di situazioni vertenziali.
ii. Descrizione dei servizi offerti
L’Osservatorio sul Mercato del Lavoro si occupa, quindi, delle
seguenti attività:
- Analisi delle condizioni del lavoro nell’area romana: studi e
ricerche;
- Controllo nei cantieri;
- Anagrafica delle imprese;
- Intermediazione per la soluzione di situazioni vertenziali;
- Monitoraggio della Banca dati.
iii. Valutazione dell’impatto rispetto al genere
La Relazione al Rendiconto del 2008 ci informa dei progressi
conseguiti nell’annualità in oggetto per l’attività dell’Osservatorio.
Per quanto riguarda l’analisi delle condizioni del lavoro sul territorio,
è stato realizzato il Rapporto Annuale sul Mercato del Lavoro a
Roma, quale strumento per evidenziare gli elementi congiunturali
strutturali più rilevanti nella realtà romana e dare conto delle
183
politiche attive del lavoro e degli intereventi sull’occupazione che
l’Amministrazione intende realizzare. Il Rapporto 2008, realizzato in
collaborazione con IRES e Save the Children, ha incentrato la
propria indagine sulla problematica del lavoro minorile, fornendo
una visione di sintesi ed una riflessione integrata sulle politiche da
attuare in tale ambito. Per quanto riguarda invece le attività più
specifiche dell’Osservatorio, la Relazione al Rendiconto ci informa
come nel 2008 sia stato dato impulso alle attività di vigilanza sui
cantieri di lavori pubblici, per garantire il rispetto dei diritti dei
lavoratori, l’applicazione dei contratti di lavoro, le normative sulla
sicurezza, la regolarità contributiva delle imprese. Nelle attività di
controllo sono stati coinvolti i Gruppi Territoriali ed il Gruppo
Centrale della Polizia Municipale, nonché il personale dei vari
Dipartimenti e Municipi comunali, i funzionari di Polizia Giudiziaria, i
servizi ispettivi delle Aziende Sanitarie Locali ed i funzionari
dell’Ispettorato al Lavoro. Le ispezioni realizzate nel 2008 sono
state 183 a fronte di una previsione di 330 e di un dato riferito al
2007 di 307 ispezioni. La drastica riduzione nel numero di ispezioni
è da imputarsi al dimezzamento del personale incaricato.
In questo caso, più ancora che nei precedenti, la Relazione non
offre gli strumenti per tentare una lettura in un’ottica di genere
dell’impatto delle attività realizzate.
L’intervista con la referente dell’Osservatorio ha permesso di
acquisire informazioni di maggior dettaglio in merito a una delle
attività realizzate: la mediazione nella soluzione di situazioni
vertenziali. Sono state fornite alle ricercatrici della Fondazione
184
Brodolini informazioni di dettaglio in merito ad alcune vertenze
attive nel 2008 a cui l’Osservatorio ha partecipato. E’ interessante
notare come le informazioni disponibili consentano di individuare il
numero di addetti di ciascuna azienda coinvolta, in alcuni casi con
indicazione dei diversi profili professionali di riferimento, così come
il numero di quegli stessi addetti che in seguito alla vertenza ha
perso il lavoro oppure è stato inserito in qualche misura di politica
attiva, senza tuttavia permetter di individuare il genere dei soggetti
a cui si fa riferimento. Soltanto nei casi più recenti l’informazione
relativa alle persone coinvolte nella vertenza viene declinata con
un’attenzione al genere. Anche in questi casi, tuttavia, è difficile
arrivare ad una valutazione in termini generali dell’impatto di
genere: il risultato di ogni singola vertenza dipende in modo
determinante dalle caratteristiche dell’attività produttiva coinvolta e
dalle professionalità prevalenti delle risorse umane impegnate, con
un condizionamento determinante esercitato dalla segregazione
orizzontale di genere che caratterizza i diversi settori. A titolo di
esempio: nelle vertenze che hanno interessato nel 2008 diverse
imprese attive nel settore dell’ICT la presenza di donne, ad
eccezione dei settori amministrativi, è stata decisamente inferiore a
quella degli uomini, in linea con una connotazione prevalentemente
al maschile del settore di riferimento; al contrario, una vertenza
altrettanto recente, che ha interessato il personale addetto alla
gestione dell’asilo nido di una società partecipata dal Comune di
Roma, ha di fatto riguardato un gruppo di 14 donne – per le quali la
vertenza si è conclusa positivamente – a conferma della
185
caratterizzazione prevalentemente femminile del settore
dell’educazione all’infanzia.
iv. Linee di sviluppo possibili
In relazione all’importanza dell’attività dell’Osservatorio sul Mercato e
le condizioni del Lavoro per quanto attiene al monitoraggio del
Mercato del lavoro locale, l’adozione di una prospettiva di genere
nelle diverse attività è molto importante non soltanto per
l’implementazione delle attività stesse ma, a cascata, per
l’impatto che tale adozione può avere sul sistema oggetto di
monitoraggio.
In altri termini, l’adozione da parte dell’Osservatorio di un approccio
attento al tema delle Pari Opportunità, sia per quanto attiene le
attività di indagine e studio sia per quanto attiene le attività di
controllo, permetterebbe da un lato di avere una visione di sintesi
della situazione delle donne nel mercato del lavoro dell’area
metropolitana e dall’altra di monitorare puntualmente qualsiasi
azione di discriminazione di genere che intervenga nel contesto
lavorativo . Per poter raggiungere un tale obiettivo si potrebbe
pensare di avviare un percorso di sensibilizzazione dei soggetti
direttamente coinvolti nelle attività ispettive, promuovendo
interventi seminariali di informazione e formazione sulle tematiche di
genere. I seminari potrebbero costituire l’occasione per mettere a
punto congiuntamente, sotto la guida di esperti di politiche di pari
opportunità, strumenti specifici di monitoraggio e valutazione che
introducano l’attenzione agli aspetti di genere all’interno dell’attività di
monitoraggio e valutazione attualmente realizzata dall’Osservatorio.
186
Gli interventi di sensibilizzazione ed informazione potrebbero al
contempo incrementare un interesse specifico alla prospettiva di
genere anche nel momento di definizione dei piani di ricerca ed
analisi, motivando i soggetti coinvolti nelle attività dell’Osservatorio
ad inserire un’attenzione specifica alle tematiche di genere al
momento della definizione delle attività di indagine e ricerca.
5. Conclusioni
- Dall’analisi dei documenti consuntivi e di programmazione e dalle
interviste con gli interlocutori privilegiati emerge un interesse
crescente all’interno dell’Area Formazione e Lavoro del
Dipartimento Attività economico produttive, formazione e lavoro
del Comune di Roma per un approccio al tema delle Pari
Opportunità che preveda lo sviluppo di una strategia di
mainstreaming di genere.
- La partecipazione del Dipartimento al progetto Il Comune di
Roma e la qualità della vita e dei servizi: azioni positive e gender
mainstreaming è, in questo senso, da considerarsi in linea con la
volontà di affinare ulteriormente strumenti e metodologie per
promuovere le pari opportunità all’interno dell’ente e nei servizi
che l’ente offre ai cittadini ed alle cittadine sul territorio,
soprattutto per quanto concerne le tematiche dell’orientamento,
del lavoro e della formazione professionale.
187
- Nel periodo oggetto dell’analisi di genere si è registrato un
intensificarsi delle iniziative volte a promuovere la conoscenza
del tema delle pari opportunità, delle politiche e delle tematiche
di genere, sia all’interno dell’Ente Comune in generale sia
nell’ambito dell’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento
Attività Economico Produttive, Formazione e Lavoro del Comune
di Roma in particolare.
- Elemento di estremo rilievo di questo processo di valorizzazione
delle Pari Opportunità è la stesura, attualmente in corso a cura
del Dipartimento Risorse Umane, del PAP – Piano di Azioni
Positive per la promozione delle Pari Opportunità a favore del
personale del Comune di Roma per il Triennio 2009-2011.
- Il PAP, che le ricercatrici della Fondazione Brodolini hanno
potuto visionare nella sua attuale forma di documento di lavoro
interno, prevede una serie di interventi tra cui anche la
realizzazione di studi ed indagini sul personale, la promozione
delle pari opportunità in materia di formazione, aggiornamento e
qualificazione professionale nonché la promozione della
comunicazione e la diffusione di informazioni sul tema delle Pari
Opportunità.
- L’adozione del PAP, e l’implementazione delle azioni previste per
il raggiungimento degli obiettivi identificati, produrrà effetti
positivi, in termini di impatto di genere, non soltanto per il
personale dell’Ente Comune ma anche per i cittadini e le
188
cittadine che usufruiscono dei servizi erogati. Dirigenti ed
operatori/operatrici più consapevoli delle problematiche inerenti
le pari opportunità non potranno non tenerne conto nella
programmazione e realizzazione delle attività di propria
competenza.
- Entrando nel merito dei risultati emersi dall’attività puntuale di
ricerca ed analisi, il dato quantitativo relativo alla partecipazione
agli interventi selezionati – siano essi di formazione continua,
tirocinio, sostegno alla ricerca di un lavoro, sostegno alla
creazione d’impresa – mostra un prevalere della partecipazione
delle donne, che sono in media il 60 % contro un 40% di uomini.
- Le referenti del progetto per il Comune di Roma, così come degli
interlocutori privilegiati intervistati hanno fornito tutte le
informazioni necessarie a ricostruire, per ogni iniziativa
selezionata, le seguenti informazioni:
o Denominazione dell’attività
o Finalità ed obiettivi
o Descrizione dei servizi offerti
o Valutazione dell’impatto rispetto al genere
o Linee di sviluppo possibili
Si sottolinea al riguardo la disponibilità di tutte le persone che a
vario titolo sono state coinvolte nella ricerca ad offrire chiavi di
lettura indispensabili per interpretare i riferimenti operativi nei
documenti di rendiconto e programmazione
189
- In alcuni casi reperire dati relativi ai beneficiari ed all’impatto dei
servizi offerti in un’ottica di genere è stato particolarmente
complicato; tuttavia la lettura delle relazioni consuntive e dei
documenti di programmazione evidenzia come l’Area sia
consapevole che il sistema esistente di raccolta dati rispetto alle
attività svolte ed ai beneficiari coinvolti necessiti di miglioramenti
ed integrazioni e si stia muovendo in questa direzione. Un
potenziamento del sistema di raccolta dati consentirebbe una
valutazione più puntuale dell’impatto delle iniziative proposte e,
qualora fosse impostato per rilevare informazioni sensibili in
un’ottica di genere, permetterebbe di ridisegnare gli interventi
esistenti in modo che questi abbiano un impatto di genere. Giova
ricordare che il perfezionamento di un sistema centralizzato di
raccolta dati che consenta un monitoraggio puntuale degli utenti
dei Centri per l’Orientamento è attualmente una delle priorità del
relativo centro di costo
- I dati disponibili al momento dell’indagine non hanno consentito
di indagare più a fondo le caratteristiche ed i bisogni dei
beneficiari dei diversi interventi in un’ottica di genere. Tuttavia é
importante sottolineare come molti dei documenti analizzati,
prime fra tutte le Relazioni al Rendiconto, offrano una visione
prevalentemente di carattere economico finanziario,
tendenzialmente neutra rispetto al genere: nel resoconto dei dati
relativi ad impegni di spesa previsti e sostenuti, difficilmente si
incontrano riferimenti specifici ai beneficiari e molto raramente
informazioni che consentano di determinare le loro caratteristiche
190
di genere. L’unica eccezione si presenta laddove si faccia
esplicito riferimento ad azioni esclusivamente rivolte alle donne,
azioni che sono tuttavia poco frequenti nelle attività dell’Area.
- L’analisi ha evidenziato come, in diversi casi, gli strumenti di
programmazione siano troppo rigidi e rischino di non tenere in
adeguata considerazione le attività implementate dalle Unità
Operative: sono state rilevate attività anche importanti che non
sono riconducibili ad uno specifico centro di costo. Per favorire
una politica di promozione delle Pari Opportunità sarebbe
necessario rendere gli strumenti di programmazione e
rendicontazione più flessibili e tali da poter recepire e
promuovere i cambiamenti necessari. Si otterrebbe, in questo
modo, il vantaggio di rendere i dati di bilancio più vicini alle
attività realmente svolte dalle Unità Organizzative, e, quindi,
anche più vicini alla vita reale dei cittadini e delle cittadine. In
questo senso la riflessione avviata nell’ambito del bilancio di
genere potrebbe contribuire ad una maggiore trasparenza nella
lettura del bilancio stesso, contribuendo ad una migliore fruizione
delle risorse impegnate da parte di tutti.
- Sarebbe interessante poter predisporre di strumenti che
consentano di integrare la raccolta di dati meramente quantitativi
con indagini qualitative, volte ad individuare in che modo il
genere sia un elemento che influenza i bisogni e le capacità di
fruizione per quanto concerne l’accesso ai servizi proposti dalle
attività di competenza dell’Area.
191
- La definizione partecipata, ovvero in stretta collaborazione con i
dirigenti e gli operatori delle diverse aree, di strumenti conoscitivi
per indagare i bisogni e le capacità di fruizione degli utenti dei
vari servizi in un’ottica di genere consentirebbe, altresì, di
superare la sensazione condivisa dagli interlocutori privilegiati
intervistati che i vari interventi siano concepiti ed attuati senza
tenere in particolare considerazione la prospettiva di genere.
Tendenzialmente gli intervistati concordano nel sostenere che
l’attenzione al momento della definizione ed erogazione dei
diversi servizi, è volta a “non creare discriminazione e a trattare
tutti allo stesso modo”, tralasciando di porsi il quesito se trattare
in modo uguale situazioni oggettivamente diverse non significhi,
di fatto, creare elementi di disparità. Se è vero che la scelta di
standardizzare i servizi spesso risponde ad un’innegabile
scarsità di tempi e risorse è pur vero che, almeno a livello
teorico, gioverebbe avviare una riflessione in questo senso
anche solo per capire se semplici ed economici accorgimenti
possano migliorare l’accessibilità e la fruizione dei servizi (ad
esempio: la scelta dell’orario per un corso di formazione per gli
adulti normalmente ha un impatto di genere: uomini e donne
tendono ad avere preferenze diverse che dipendono dai relativi
impegni domestici/di lavoro/di cura).
- Alla luce di tale impostazione, l’analisi di dettaglio in prospettiva
di genere delle azioni selezionate nell’ambito delle attività
dell’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività
Economico Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di
192
Roma è stata condizionata dalla difficoltà dei referenti di reperire
i dati necessari ai passaggi previsti dall’analisi. I passaggi di
approfondimento previsti erano i seguenti:
o identificazione delle differenze, in termini di esperienze e
di ruoli, che caratterizzano gli uomini e le donne e che
possono avere un effetto nel determinare la modalità con
cui vengono coinvolti/traggono benefici dal progetto;
o identificazione delle implicazioni concrete che tali
differenze hanno rispetto agli obiettivi che il progetto si
pone;
o identificazione dei correttivi/azioni positive che si rendono
necessari per garantire un pari impatto positivo per uomini
e donne dell’intervento stesso;
o valutazione del progetto in un’ottica di genere: gli
accorgimenti e/o le azioni positive necessarie sono stati
previsti nel progetto? Sono stati attuati? Quali risultati
hanno prodotto? Quali indicazioni posso essere tratte per
il futuro?
Questi elementi di approfondimento, qualora vengano ritenuti
significativi dai soggetti competenti, potrebbero essere utilizzati
in successive fasi di programmazione, quali linee guida per la
promozione dell’attenzione ad una prospettiva di genere a tutti i
livelli.
- Il potenziamento del sistema di raccolta dati potrà consentire
anche di ricondurre in modo puntuale gli importi portati a Bilancio
da ciascun progetto/centro di costo con il genere dell’utenza
193
finale e pertanto offrirà le condizioni per realizzare un intervento
completo di Gender Auditing.
- Infine, é interessante notare come, nelle attività condotte
dall’Area Formazione e Lavoro del Dipartimento Attività
economico produttive, formazione e lavoro del Comune di Roma
si possano rilevare interventi mirati ai bisogni specifici di un
pubblico femminile, quali azioni positive legate alle iniziative di
singole aree ed all’occasionalità di progetti e/o interventi ad hoc
(si pensi, ad esempio, alle iniziative di orientamento concepite su
misura per le donne e realizzate da alcuni COL, sebbene in un
arco di tempo non compreso nei confini di quest’indagine, così
come al progetto “Partecipazione al mercato del lavoro di donne
over 40”, presentato alla Provincia di Roma ma non approvato
dall’Ente finanziatore). Si tratta di un utilissimo approccio alle
azioni positive che, lungi dal dover essere abbandonato,
dovrebbe essere integrato in una più ampia prospettiva di gender
mainstreaming da applicare a tutte le attività in programmazione.
In altri termini, accanto alle iniziative per le donne sarebbe
opportuno intensificare l’attenzione all’impatto diversificato che
tutte le iniziative proposte hanno su uomini e donne.
195
Assessorato Alle Attività Produttive
Lavoro e Litorale
L’Osservatorio sul Mercato e le Condizioni di lavoro a Roma è
un’Unità Organizzativa istituita presso il Dipartimento Attività
Economico-Produttive, Formazione e Lavoro del Comune di Roma
quale strumento di monitoraggio ed attuazione di misure atte a fare
fronte alle innumerevoli problematiche che investono il mondo del
lavoro sia nell’ambito dell’attività svolta all’interno
dell’Amministrazione comunale e delle Aziende partecipate, con
particolare riferimento alle attività date in appalto o in concessione, sia
più in generale nell’ambito del territorio comunale. L’Osservatorio si
occupa di applicazione della normativa in materia di sicurezza sui
luoghi di lavoro, di formazione ed informazione sulla sicurezza, di
verifica della corretta applicazione delle normative contrattuali
nazionali e decentrate nei confronti dei lavoratori, promuove
l’intermediazione nelle vertenze che riguardano il mondo del lavoro,
effettua attività di ricerca ed osservazione dei fenomeni e delle
articolazioni del mercato del lavoro sul territorio comunale, in
collaborazione ed intese con enti pubblici e privati che operano
nell’ambito delle politiche del lavoro.
www.comune.roma.it
197
La UIL, Unione Italiana del Lavoro, nasce a Roma il 5 marzo 1950. Parte
integrante della UIL è Il Coordinamento P. O., composto dalle Dirigenti in
rappresentanza delle iscritte e simpatizzanti UIL. Il Coordinamento é il
luogo dove la condivisione dei problemi generali del Paese divengono
momento di studio e analisi profonde che scaturiscono anche in
progettazioni che vedono le donne della UIL all’avanguardia
nell’individuazione di politiche innovative per il cambiamento
dell’organizzazione del lavoro, coniugando la necessità di maggiore
competitività sui mercati con il benessere organizzativo e la qualità del
lavoro, determinati dal superamento degli stereotipi di genere in funzione di
avanzamenti di carriera; dell’uguaglianza sostanziale tra i salari maschili e
quelli femminili; della conciliazione tra vita e lavoro. Compito del
Coordinamento Pari Opportunità – d’intesa con la Segreteria Confederale -
elaborare strategie e politiche finalizzate alle nuove necessità ed ai nuovi
bisogni, in relazione ai profondi cambiamenti che stanno investendo il
mondo del lavoro, le politiche sociali, i diritti vecchi e nuovi che vanno
tutelati e negoziati. Il Coordinamento, all’interno della UIL costituisce la
garanzia del pluralismo di genere, quale parametro dei diritti di cittadinanza
civile, auspicando in tale senso una sempre maggiore rappresentanza
femminile a tutti i livelli della società e – al proprio interno –
dell’organizzazione UIL. Il Coordinamento PO UIL , fa parte degli
organismi di Parità italiani e europei costituiti.
www.uil.it
199
Progetto Donna , Centro Studi per la Ricerca e Sviluppo delle Pari Opportunità,
nasce nel 1989. Oggi è un network che opera a livello nazionale ed europeo, con
sede centrale a Bologna e sedi a Firenze, Perugia, Milano e Roma. La sua mission
è progettare e sperimentare strumenti gestionali/organizzativi per promuovere la
valorizzazione delle Risorse Umane. Riconoscere il valore della diversità di
genere, applicare strategie di Diversity Management, introdurre la Certificazione di
Genere, sono interventi strategici per la Qualità e competitività delle imprese, la
qualità del servizio/prodotto e della vita/lavoro delle donne e degli uomini.
La consulenza, la ricerca e la formazione - alle Aziende private, alle Pubbliche
Amministrazioni, alle Cooperative, alle ASL e alle Università - prevedono interventi
mirati alla analisi dello stato di fatto, alla individuazione e soluzione delle criticità
emerse e al supporto per la gestione del cambiamento, principalmente tramite
analisi di genere quantitativa/qualitativa, questionari, interviste e focus group,
elaborazione di Piani di intervento per l’organizzazione e la gestione delle risorse
e dei processi, affiancamento per il cambiamento.
www.progettodonna.net
201
La Fondazione G. Brodolini, costituita nell’aprile del 1971, ha fatto del lavoro il
principale oggetto delle sue attività di ricerca e promozione culturale, volte a
indagare e dibattere i problemi più rilevanti e più urgenti riguardanti l’occupazione,
la tutela del lavoro, la protezione sociale, adottando una rigorosa metodologia
scientifica ed un approccio interdisciplinare. Dal 2000 la Fondazione G. Brodolini fa
parte, come rappresentante per l’Italia, dell’Osservatorio Europeo
sull’Occupazione, istituito dalla DG Occupazione, Affari Sociali e Pari Opportunità.
Negli ultimi anni l’attenzione crescente che le politiche nazionali e comunitarie
hanno rivolto al tema delle pari opportunità e all’influenza che le questioni di
genere esercitano nel mondo del lavoro, ha portato la Fondazione G. Brodolini ad
occuparsi con particolare impegno del tema dell’inclusione sociale e delle pari
opportunità di genere: dal 2007 la Fondazione svolge attività di coordinamento per
le due reti tematiche di esperti europei, la rete EGGE (rete europea di esperti su
parità di genere e occupazione) e la rete EGGSI (rete europea di esperti su parità
di genere e inclusione sociale); negli ultimi anni ha coordinato ed implementato, tra
gli altri, numerosi interventi volti ad analizzare in una prospettiva di genere il
Bilancio di diversi enti territoriali (Comuni, Province, Regioni). Da dicembre 2009 la
Fondazione G. Brodolini è editore del portale ingenere
(www.ingenere.it).
www.fondazionebrodolini.it