TUTELA DELL’AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE...Lo sviluppo sostenibile rappresenta forse il più...
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Giovanni Barozzi Reggiani (*)
TUTELA DELL’AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Relazione in occasione del Seminario di alta formazione "La valutazione di impatto ambientale (VIA)" Bologna,
9 - 10 marzo 2018
SOMMARIO. Introduzione. Lo sviluppo sostenibile. 1. Lo sviluppo sostenibile. Origine del principio.
1.2 Lo sviluppo sostenibile nel quadro ordinamentale europeo. 1.3. Il principio nell’ordinamento
nazionale. 2. Sviluppo sostenibile (in generale). Prime considerazioni di sintesi
Valutazione di Impatto Ambientale e Sviluppo sostenibile.
Parte I - V.i.a. e sviluppo sostenibile (il carattere globale delle valutazioni). 1. Lo sviluppo
sostenibile come “finalità” della v.i.a. 1.2 La nozione di progetto. 1.3 Quali progetti devono essere
assoggettati a v.i.a. (o a procedura di verifica di assoggettabilità?). 1.4 Significatività degli effetti -
impatti ambientali. 1.5 La “partecipazione” di enti portatori di interessi e del “pubblico”. 1.6
Obiettivo della v.i.a. : la valutazione dell’impatto ambientale e l’annullamento e/o la mitigazione
dello stesso. 1.7 Il giudizio di compatibilità ambientale, espressione di una discrezionalità “mista”
1.8 Sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità della P.a.
Parte II - Discrezionalità della p.a. e affidamento dei privati. 1. In relazione alla fase di
assoggettabilità a v.i.a. 1.1 La valutazione dell’Autorità. 2. La definizione del livello di dettaglio
degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di v.i.a. 3. La “preconsultazione” facoltativa in
relazione alla predisposizione dello studio di impatto ambientale. 3. La procedura di v.i.a. La
redazione dello studio di impatto ambientale. 4. La “supervia” (Provvedimento unico in materia
ambientale).
Conclusioni. V.i.a. e sviluppo sostenibile. Il carattere “globale” della valutazione, il ruolo della
partecipazione e la tutela dei privati.
INTRODUZIONE
LO SVILUPPO SOSTENIBILE
1. Lo sviluppo sostenibile. Origine del principio
Lo sviluppo sostenibile rappresenta forse il più rilevante fra i principi di un diritto
ambientale “moderno”, con tale aggettivo volendosi far riferimento ad un diritto dell’ambiente che
non si limita ad “arroccarsi” in una prospettiva di tutela, del bene ambiente, ma che si muove
nell’ottica di conciliare detta tutela con insopprimibili istanze di sviluppo (economico e sociale).
La prima formulazione del principio si deve alla Commissione mondiale per l’ambiente e lo
sviluppo (Commissione Bruntland1) istituita nell’ambito del Programma delle Nazioni Unite per
* Professore a contratto di Diritto dell'Ambiente nell'Università di Bologna. Consigliere giuridico del Ministro
dell'Ambiente. 1 Commissione di esperti indipendenti voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
l’ambiente2 la quale, nel 1987, redige il rapporto “Our common future”, che contempla una prima
definizione di sviluppo sostenibile, secondo la quale: “é sostenibile lo sviluppo in grado di
“soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di
soddisfare i propri”.
In detta definizione assume una posizione di assoluta centralità l’idea di una “solidarietà
intergenerazionale” nell’uso delle risorse ambientali. Occorre trovare il punto di equilibrio fra
consumo (idoneo a soddisfare “i bisogni del presente”) e conservazione delle risorse.
Concetto poi sostanzialmente ribadito dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e, nello
specifico, dalla “Dichiarazione su ambiente e sviluppo”, uno degli atti adottati a conclusione del
Conferenza medesima.
La Dichiarazione, in verità, non reca una definizione del principio dello “sviluppo
sostenibile”, che viene tuttavia declinato in vari “principi”, l’analisi dei quali consente di ricavare i
caratteri che detto principio assume.
Il primo principio offre un’accezione in qualche modo “antropocentrica” dello sviluppo
sostenibile, stabilendo che gli esseri umani si pongano “al centro delle preoccupazioni relative allo
sviluppo sostenibile” e affermando il diritto dei medesimi ad una vita sana e produttiva in armonia
con la natura.
Il terzo principio della Dichiarazione - di rilevanza assolutamente centrale - afferma come la
sostenibilità dello sviluppo debba essere conseguita attraverso un equo bilanciamento tra esigenze
economiche ed esigenze di protezione ambientale sia dalle presenti sia dalle future generazioni.
Il quarto principio, infine, pone la necessità che la tutela dell’ambiente vada a costituire
parte integrante del processo di sviluppo, dal quale non potrà essere considerata separamente.
E solo per citare i più rilevanti, tra i principi che, in varia misura, attuano o declinano lo
sviluppo sostenibile.
Dalla Dichiarazione di Rio, nonché dai risultati delle successive conferenze mondiali
promosse dalle Nazioni Unite (con particolare riferimento alla Conferenza di Johannesburg del
2002) emerge un’idea di sviluppo sostenibile che si basa su tre fattori, tra loro indissolubilmente
legati: tutela dell’ambiente e sviluppo economico e sociale.
A partire dalla Conferenza di Rio, lo sviluppo sostenibile si è consolidato quale principio di
diritto internazionale e ha contribuito all’evoluzione del diritto internazionale ambientale attraverso
la conclusione di trattati ambientali globali e di numerosi accordi di carattere regionale.
1.2 Lo sviluppo sostenibile nel quadro ordinamentale europeo
2 Organo sussidiario della Assemblea generale delle nazioni unite istituito istituito con la risoluzione 2997 (XXVII) del
15 dicembre 1972.
Nel diritto dell'Unione Europea (UE) la protezione dell’ambiente, originariamente non
contemplata nei Trattati istitutivi3, è stata introdotta in primo luogo dalla giurisprudenza della Corte
di giustizia dell'Unione Europea e poi, formalmente, con l’Atto unico europeo del 1986, entrato in
vigore nel 1987, che ha definito i principi e le finalità dell’azione dell’UE in campo ambientale e ha
introdotto nel Trattato di Roma il Titolo VII dedicato all’ Ambiente (costituito di 3 articoli: 130R,
130S e 130T)4.
Per quanto concerne, specificamente, il principio dello sviluppo sostenibile, non possiamo
esimerci dal citare:
- il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1993) con il quale la Tutela dell’ambiente
viene inserita nel Preambolo del Trattato, mentre fra i compiti della Comunità/Unione viene inserito
quello concernente la “crescita sostenibile e non inflazionistica e che rispetti l’ambiente” (art. 2).
- il Trattato di Amsterdam (1997), che ha inserito nel Trattato un riferimento allo “sviluppo
armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche”. Occorre inoltre citare il principio di
cui all’art. 6 del Trattato CE, modificato post Trattato di Amsterdam, che prevede l’integrazione
delle esigenze ambientali nella definizione e nell’attuazione delle politiche e delle azioni
comunitarie5.
In seguito all’adozione dei predetti atti normativi inizia a consolidarsi, a livello comunitario,
l’idea che la tutela dell’ambiente debba essere integrata ad altre politiche (economiche, ecc).
Inoltre, inizia a radicarsi la consapevolezza che la crescita e lo sviluppo economici sono non
già fattori indipendenti, dalla tutela dell’ambiente, bensì elementi funzionali e strumentali a
garantirla (maggiori sono le risorse, maggiori sono le misure che possono essere attuate a tutela
dell’ambiente).
Concetto ribadito dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento
europeo “Conciliare bisogni e responsabilità - l’integrazione delle questioni ambientali nella
politica economica” (2000), la quale ha sottolineato come non esista una contraddizione di fondo tra
crescita economica e mantenimento di un livello accettabile di qualità ambientale, e che anzi la
crescita economica consente alla società, a ben vedere, di offrire ai propri membri un ambiente più
pulito e più sano. “La crescita economica non va dunque considerata in opposizione all'ambiente: e
piuttosto necessario riflettere su come coniugare i miglioramenti del tenore di vita con la tutela ed
il miglioramento della qualita dell'ambiente. Una migliore integrazione dovrebbe inoltre apportare
vantaggi sia per l'ambiente che per la politica economica”.
Successivamente, troviamo un espresso riferimento allo sviluppo sostenibile nell’art. 37
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2012), a mente del quale: "un livello
3 Per quanto concerne l’Unione Europea, né il Trattato di Roma istitutivo della Comunità Economica Europea (1957),
né i Trattati istitutivi della CECA (1951) e dell’EURATOM (1957) contengono alcun riferimento ad una politica
ambientale comunitaria. Le prime misure europee in materia sono costituite dalla direttiva del 1967 sulle sostanze e i
preparati pericolosi e quella del 1970 sull’inquinamento acustico ed atmosferico causato dalla circolazione dei veicoli a
motore. 4 Cfr. La voce “Ambiente” dell’Enciclopedia giuridica Treccani.
5 "Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle
politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo
sostenibile . Articolo della versione consolidata del trattato c e istituisce la Comunità europea, GU C 340 del 10
novembre 1997.
elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle
politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”.
Infine, un riferimento esplicito allo sviluppo sostenibile è contenuto nell’art. 11 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea, il quale stabilisce che “le esigenze connesse con la tutela
dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni
dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”6.
1.3. Il principio nell’ordinamento nazionale
Lo sviluppo sostenibile è contemplato espressamente dal T.U. ambiente, il cui art. 3-quater
stabilisce che ogni attività giuridicamente rilevante, ai sensi del medesimo T.U., debba conformarsi
allo sviluppo sostenibile “al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni
attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”. La
formulazione sottolinea la pervasività del principio; esulano infatti dalla sfera di applicazione del
principio dello sviluppo sostenibile esclusivamente quelle attività che non abbiano un rilievo
giuridico ai sensi del T.U. ambiente (molto ampia è dunque la gamma delle attività che devono
“fare i conti” con il principio dello sviluppo sostenibile).
Peraltro, ai sensi del comma 2 dell’art. 3-quater in esame, il principio dello sviluppo
sostenibile deve guidare anche l’azione e l’attività delle Pubbliche amministrazioni7.
Detto principio costituisce pertanto un vincolo alla discrezionalità delle P.A. nella
ponderazione dei diversi interessi (siano essi pubblici o privati).
Quanto sopra (e, in particolare, il “vincolo per le P.A.”) era probabilmente già ricavabile dal
riferimento ad “ogni attività umana giuridicamente rilevante” ma il legislatore ha ritenuto
comunque di prevedere una disposizione specifica, indicando la priorità che, nel bilanciamento fra i
diversi interessi, assumono i beni e i valori ambientali e culturali.
Incidentalmente - e con specifico riferimento al tema del presente corso (la valutazione di
impatto ambientale) - risulta opportuno citare un passaggio della Strategia nazionale per lo sviluppo
sostenibile, di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione
economica del 2 agosto 2002 (“Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”
anni 2002-20108), la quale, nell’indicare i principali strumenti individuati per il raggiungimento
6 Dispone poi il comma 1 dell’art. 191 del TFUE che La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a
perseguire i seguenti obiettivi:
- salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente;
- protezione della salute umana;
- utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
- promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o
mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 7 Art. 3-quater, comma 2 del d.lgs n. 152/2006: “anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata
a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta
comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del
patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. 8 Vista la propria delibera del 28 dicembre 1993 (suppl. G.U. n. 37 del 26/2/94), concernente il Piano nazionale per
lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21, nel quale sono indicate le principali linee di azione nei diversi
settori produttivi;
dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, con particolare riferimento all’integrazione del fattore
ambientale in tutte le politiche di settore, poneva l’esigenza di “assicurare la sostenibilità delle
singole opere con una efficiente ed efficace applicazione della valutazione di impatto ambientale”.
2. Sviluppo sostenibile (in generale). Prime considerazioni di sintesi
Come si è detto, il principio dello sviluppo sostenibile impone di valutare che l’attività
antropica risulti compatibile con l’ambiente. Il concetto di ambiente, lo si anticipa e lo si
approfondirà nella successiva parte della relazione, deve essere inteso in senso ampio, e non
limitato ad elementi “squisitamente ambientali” (come si dirà, la valutazione degli effetti di un
progetto sull’ambiente comprende anche profili legati alla tutela della salute pubblica, del
paesaggio, ecc.).
Naturalmente, il concetto di “sviluppo” resta centrale. L’idea ormai consolidata è che non
possa rinunciarsi allo sviluppo (economico) e, in generale, al consentire la libera iniziativa
economica ai soggetti privati (anche perché lo sviluppo economico è funzionale a tutelare
l’ambiente). Una società che sta “meglio” economicamente tutela l’ambiente in
modo più efficace di una meno ricca (anche in considerazione del fatto che ogni misura a tutela
dell’ambiente ha un costo).
Peraltro, tanto l’ambiente quanto la libera iniziativa economica - centrale, nell’ottica dello
sviluppo - godono di copertura costituzionale (anche se il primo viene in realtà menzionato nell’art.
117 Cost al fine del riparto di competenza legislativa Stato - Regioni); si tratta, dunque, di valori
che devono necessariamente essere bilanciati.
Detto bilanciamento avviene, per quanto concerne lo svolgimento di attività economiche, in
due “macro - momenti”: nel momento della pianificazione (messa a punto di piani e programmi) e
nella fase di autorizzazione di una singola opera. All’attività di ponderazione di cui alla prima
tipologia è preordinata la Valutazione ambientale strategica (VAS), mentre la valutazione
dell’impatto che singole opere sono destinate ad avere sull’ambiente è rimessa alla valutazione di
impatto ambientale (V.i.a.), istituto recentemente riformato ad opera del d.lgs n. 104/2017 e a cui
sono dedicate le parti seconda e terza della presente relazione.
Viste le proprie delibere 9 luglio 1998, n. 63 (G.U. n.199 del 27/8/98) e 5 agosto 1998, n. 79 (G.U. n. 241 del
15/10/98), con le quali sono state istituite e regolamentate, a supporto dell’attivita' di questo Comitato, le
Commissioni CIPE tra cui la Commissione sviluppo sostenibile;
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E SVILUPPO SOSTENIBILE
PARTE I
V.I.A. E SVILUPPO SOSTENIBILE (IL CARATTERE GLOBALE DELLE VALUTAZIONI)
1. Lo sviluppo sostenibile come “finalità” della v.i.a.
L’istituto della Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito anche: v.i.a.) si pone
certamente nel solco dell’attuazione del principio dello sviluppo sostenibile, posto che obiettivo del
medesimo è valutare l’incidenza delle singole opere (progetti) sull’ambiente.
Detto istituto ha origine europea. La normativa di riferimento è da rinvenirsi - oggi - nella
Direttiva 2011/92/UE (recentemente modificata dalla Direttiva 2014/52/UE, recepita nel nostro
ordinamento a mezzo del d.lgs n. 104/2017)9.
Il Considerando 7 della Direttiva 2011/92/UE prevede che: “l’autorizzazione di progetti
pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente dovrebbe essere concessa
solo a seguito della valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. Tale
valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed
eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto”.
Il Considerando 14 della Direttiva dispone che: “gli effetti di un progetto sull’ambiente
dovrebbero essere valutati per tenere in conto l’esigenza di proteggere la salute umana, contribuire
con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà della
specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di
vita”.
Ai sensi della Direttiva in parola, l’obiettivo precipuo della procedura di v.i.a. è quello di
garantire che un progetto: sia compatibile con la protezione della salute umana, che contribuisca
alla qualità della vita (migliorando l’ambiente) e provveda al mantenimento della varietà della
specie e alla conservazione della capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa
essenziale di vita.
9
Precedentemente v. la Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.
Sul piano dell’ordinamento nazionale, si rileva che le finalità specifiche della v.i.a. sono
indicate dall’art. 4 del d.lgs n. 152/2006 (T.U. ambiente), il cui comma 3 menziona espressamente
lo sviluppo sostenibile, disponendo che: “la valutazione ambientale di piani, programmi e progetti
ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno
sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle
risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi
all'attività economica”.
La compatibilità dell’attività antropica con le condizioni per uno sviluppo sostenibile
costituisce dunque la vera finalità della v.i.a. Detta finalità si declina in una serie di sotto-
valutazioni, atte a verificare che l’attività antropica avvenga (per essere compatibile con le
condizioni per uno sviluppo sostenibile) nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e
delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessasi
all’attività economica. Di fatto, la disposizione in esame reca una sorta di definizione di sviluppo
sostenibile, posto che indica in quali elementi il medesimo si “declina” e si specifica.
L’art. 4 in esame contiene poi ulteriori specificazioni in relazione alle finalità della v.i.a.,
stabilendo - al comma 4 - che: “in tale ambito […] la valutazione ambientale dei progetti ha la
finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita,
provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi
in quanto risorse essenziali per la vita. A questo scopo essa individua, descrive e valuta, in modo
appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti
ambientali di un progetto come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c)”.
Come si può vedere, sempre nell’ottica di valutare la compatibilità dell’attività antropica
con uno sviluppo sostenibile, le finalità della valutazione ambientale dei progetti sono variegate, e
non limitate ad aspetti squisitamente ambientali.
Molti infatti i profili che vengono in considerazione nell’ambito dei procedimenti di v.i.a.:
- protezione della salute umana;
- migliorare l’ambiente per contribuire alla qualità della vita (profili “antropocentrici”);
- mantenere le specie e conservare la capacità degli ecosistemi.
Concetti che da taluni vengono “concentrati” in quello di salvaguardia dell’habitat10
.
10
Cfr., in questo senso:
- Consiglio di Stato, sez. IV, 05/07/2010, n. 4246: [la valutazione di impatto ambientale] “è preordinata alla
salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della
personalità umana”;
- Consiglio di Stato, sez. V, 06/07/2016, n. 3000: “la valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare
l'autorità decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico-scientifici idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente
derivanti dalla realizzazione di una determinata opera, a salvaguardia dell'habitat (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre
2012, n. 5295; sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4611): essa non si limita ad una generica verifica di natura tecnica circa
l'astratta compatibilità ambientale, ma implica una complessiva ed approfondita analisi di tutti gli elementi incidenti
sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in concreto il sacrificio imposto all'ambiente
rispetto all'utilità socio-economica perseguita (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; 9 gennaio 2014, n. 36)”.
La valutazione dei succitati profili deve avvenire nell’ambito della valutazione degli
“impatti ambientali di un progetto come definiti all’articolo 5, comma 1, lett. c)”.
La finalità della valutazione, dunque, è preventiva, posto che interessa la fase “progettuale”
dell’opera11
.
Del resto, lo dice “il nome stesso” dell’istituto, preordinato a valutare gli impatti ambientali
di determinati progetti. Ecco che si materializza la concretizzazione del principio dello sviluppo
sostenibile: l’obiettivo è la realizzazione di progetti (che il d.lgs n. 104/2017 intende favorire, posto
che contiene modifiche e innovazioni, rispetto alla previgente disciplina della v.i.a., volte a
semplificare e snellire la procedura (tempi certi, concentrazione delle valutazioni, supervia, ecc.),
nonché a fornire elementi di maggior certezza al soggetto che intende avviare l’attività) che deve
tuttavia avvenire nel rispetto dell’ambiente (nel senso “ampio” che abbiano iniziato a focalizzare).
1.2 La nozione di progetto
Il comma 1 dell’articolo 5 reca, alla lettera g), la definizione di progetto (identica alla
definizione di “progetto recata dalla Direttiva 2011/92/UE):
“g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri
interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle
risorse del suolo”.
Definizione volutamente generica e “ampia”, che comprende anche una clausola residuale
(“altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio”).
Di alcuni progetti è prevista la valutazione degli impatti ambientali (che i medesimi sono
destinati a produrre).
In effetti, è proprio la suscettibilità di un progetto a produrre effetti sull’ambiente a porre (o
meno) la necessità dell’effettuazione di una valutazione (preventiva) ai fini dell’esercizio
dell’attività, all’esito di un procedimento che ha accertato l’assenza di impatti ambientali (da parte
dell’attività di cui al progetto) ovvero ha definito le misure e le cautele da adottarsi affinché la
predetta attività non produca o limiti gli impatti sull’ambiente.
Detta valutazione dovrà poi essere “integrata” rispetto ai procedimenti autorizzativi cui il
progetto sarebbe ordinariamente sottoposto (considerando n. 6 della Direttiva: “é opportuno
stabilire principi generali di valutazione dell’impatto ambientale allo scopo di completare e
coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un
impatto rilevante sull’ambiente”). L’ottenimento della v.i.a. non fa infatti venir meno la necessità di
ottenere atti autorizzatori, ove necessari12
.
11
Cfr. T.A.R. Campobasso, (Molise), sez. I, 05/11/2015, n. 404: “[la v.i.a.] è un istituto prettamente finalizzato alla
tutela preventiva dell'ambiente inteso nella sua più ampia accezione, con riferimento alle sue varie componenti:
paesaggio, risorse naturali, condizioni di vivibilità degli abitanti, aspetti culturali”). 12
Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 06/07/2016, n. 3000, cit.: “poiché il procedimento per la valutazione d'impatto
ambientale (VIA) e quello per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) sono preordinati ad
accertamenti diversi ed autonomi (e possano avere quindi un'autonoma efficacia lesiva, che consente l'impugnazione
separata dei rispettivi provvedimenti conclusivi: Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2015, n. 313), ben potrebbe essere
negata l'autorizzazione integrata ambientale anche in presenza di una valutazione di impatto ambientale positiva,
poiché quest'ultima è di per sé idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull'intervento proposto (Cons. Stato, sez. V,
Stabilisce in questo senso l’art. 26 del d.lgs n. 152/2006 che “il provvedimento di VIA e'
sempre integrato nell'autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti
sottoposti a VIA, nonché nell'autorizzazione integrata ambientale, ove prevista” e che
“l'autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni: a) il provvedimento di
VIA; b) le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle
caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se
possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno, una
descrizione delle misure di monitoraggio” (nel prosieguo dell’intervento si farà un cenno alla c.d.
“supervia”).
Detta integrazione è molto importante, sempre nell’ottica di una considerazione globale
degli impatti del progetto e, in generale, della compatibilità dello stesso con l’habitat (la necessità
di ottenere autorizzazioni costituisce il riflesso dell’incidenza che l’attività economica che si intende
avviare produce su una serie di interessi, pubblici e privati, meritevoli di considerazione e tutela).
1.3 Quali progetti devono essere assoggettati a v.i.a. (o a procedura di verifica di
assoggettabilità?)
Per alcune tipologie di progetti l’assoggettabilità a v.i.a. è prevista ex lege (art. 6, comma 7).
Per altri è prevista una verifica di assoggettabilità alla procedura di v.i.a. (art. 6, comma 6)13
.
L’art. 7-bis indica poi quali progetti, tra quelli indicati al comma 6, sono assoggettati a v.i.a.
statale e quali a v.i.a. regionale.
La scelta del legislatore è dunque quella di indicare specificamente i progetti assoggettati
direttamente a v.i.a. e/o a verifica di assoggettabilità (mediante la tecnica normativa del rinvio agli
allegati). Non pare residuare spazio per eventuali altri “progetti” che pure, in astratto, potrebbero
produrre impatti ambientali significativi. Ciò tuttavia appare conforme al quadro normativo
europeo14
, e, già prima della riforma l’idea del “numero c iuso” dei progetti aveva trovato l’avallo
della giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Latina, (Lazio), sez. I, 30/10/2017, n. 53615
).
17 ottobre 2012, n. 5295), mentre una valutazione di impatto ambientale negativa preclude il rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale”. 13
Il quale prevede che: “La verifica di assoggettabilità a VIA e' effettuata per: a) i progetti elencati nell'allegato II alla
parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi
metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; b) le modifiche o le estensioni dei progetti elencati
nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, la cui realizzazione potenzialmente possa
produrre impatti ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino conformi
agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati II e III; c) i progetti elencati nell'allegato II-bis alla parte
seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015;
d) i progetti elencati nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie
definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015”. 14
L’art. 4 della Direttiva 2011/92/UE stabilisce che alcuni progetti (elencati nell’allegato I) siano sottoposti a v.i.a. (a
norma degli artt. Da 5 a 10).
Il comma 2 del predetto art. 4 dispone poi che “per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il
progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale
decisione, mediante:
a) un esame del progetto caso per caso;
L’attività di individuazione dei progetti da assoggettare a v.i.a. o a procedura di verifica di
assoggettabilità deve ritenersi riservata allo Stato, vertendo nell’ambito della “tutela dell’ambiente”,
materia che l’art. 117 Cost. riserva allo Stato16
.
Le Regioni non sono tuttavia prive di “potestà normativa” per quanto concerne il
procedimento di v.i.a.; l’art. 7-bis, comma 8 del d.lgs n. 152/2006 stabilisce infatti che Regioni e
Province autonome possano disciplinare con propri atti normativi “l’organizzazione e le modalità di
esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale
conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agi altri enti territoriali sub-regionali”. La
dicitura “organizzazione e modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite” è
dicitura molto ampia, che si ritiene ricomprenda la definizione di disposizioni procedimentali, ma
non l’individuazione di presupposti diversi e ulteriori (sotto il profilo sostanziale) del procedimento
di v.i.a.
Ciò è peraltro confermato dal secondo periodo del comma 8, a mente del quale: “La potestà
normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea, e nel
rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari
ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del
pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei
provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale nonché per la destinazione
alle finalità di cui all’articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni
pecuniarie”.
o
b) soglie o criteri fissati dallo Stato membro.
Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b)”
Ai sensi del comma 3, infine, “nell’esaminare caso per caso o nel fissare le soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si
tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III”.
In buona sostanza, la valutazione caso per caso è un’alternativa alla fissazione di soglie e criteri, non è una scelta
obbligata e necessaria. 15
“La ricostruzione dei progetti da sottoporre a v.i.a. come "numero chiuso", oltre ad apparire più rispondente al
tenore letterale delle disposizioni citate, appare d'altra parte più rispondente anche a canoni di interpretazione
sistematica, dato che la previsione degli articolati elenchi di progetti ad opera degli allegati al decreto sarebbe di
scarsa utilità se poi risultasse da sottoporre a v.i.a. ogni altro, diverso progetto che abbia effetti significativi e negativi
per l'ambiente; una simile interpretazione della normativa determinerebbe un'inevitabile incertezza giuridica e
renderebbe pertanto vano lo sforzo di tipizzazione del legislatore che risponde chiaramente all'esigenza di garantire in
questa materia certezza giuridica per gli operatori.
Anche la giurisprudenza si è del resto espressa nel senso del "numerus clausus" dei progetti da sottoporre a v.i.a. (c.f.r.
T.A.R. Piemonte 3 maggio 2010, n. 2293 e T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 6 dicembre 2001, n. 1186); va poi
aggiunto che questa soluzione è stata sostenuta anche dalla Corte di giustizia dell'unione europea (sez. VI, 10/07/2008,
n. 156) in un precedente in cui veniva in rilievo l'interpretazione dell'articolo 2, comma 1, della direttiva del Consiglio
27 giugno 1985, 85/337/CEE, che costituisce il precedente del (sostanzialmente identico) articolo 2, comma 1, della
Direttiva 13/12/2011, n. 2011/92/UE come modificata dalla Direttiva 16 aprile 2014, n. 2014/52/UE.
La conclusione è che il progetto in contestazione non rientra tra i progetti che devono essere sottoposti a valutazione
d'impatto ambientale”. 16
Cfr. Corte Costituzionale, 20/10/2017, n. 218, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo 7,
comma 2, in relazione all'allegato C4, punto 7, lettera f), della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10, il
quale sottoponeva a screening (verifica di assoggettabilità) solo le strade extraurbane secondarie di dimensioni superiori
a 5 chilometri, esentando da tale procedura tutte le strade di dimensioni pari o inferiori, con una statuizione in evidente
contrasto con quanto stabilito, anche in attuazione degli obblighi comunitari, dalla disciplina statale. “E, invero”
precisava la Consulta “la limitata lunghezza dei percorsi viari esclusi dalla verifica di assoggettabilità non esclude, per
ciò solo, la rilevanza di questi ai fini dell'eventuale impatto ambientale, che ben può essere compromesso dalla
costruzione di un tratto stradale, ancorché di modeste dimensioni”).
Certamente, l’indicazione di elenchi tassativi per quanto concerne i progetti da assoggettare
a v.i.a. o a verifica di assoggettabilità a v.i.a. è elemento che si muove nel senso della certezza dei
rapporti giuridici e dell’affidamento dei privati, posto che il soggetto che intenda realizzare un
determinato progetto potrà sapere se deve passare per la procedura di v.i.a. o di verifica di
assoggettabilità a v.i.a. semplicemente “scorrendo” l’elenco dei progetti.
1.4 Significatività degli effetti - impatti ambientali
Dei succitati progetti è necessario valutare gli impatti ambientali.
La definizione di impatti ambientali è recata dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 5, che
definisce quali “impatti ambientali quegli “effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un
programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversita', con
particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtu' della direttiva 92/43/CEE e della
direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale,
paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati. Negli impatti ambientali rientrano gli effetti
derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio di gravi incidenti o calamita' pertinenti il
progetto medesimo 5”17
.
Gli impatti si traducono in effetti che devono essere “significativi”. Chi valuta detta
significatività? L’Autorità competente (statale o regionale)18
, nell’ambito della procedura di v.i.a. o
della verifica di assoggettabilità a v.i.a.
Sono indicati i “fattori” su cui devono prodursi gli effetti del progetto, per rientrare nella
definizione di impatto ambientale. Effetti che si producono su fattori diversi non rilevano (non
dovrebbero rilevare) ai fini della v.i.a. Inoltre, è previsto che occorra valutare gli effetti che il
progetto è destinato a produrre sulla “interazione tra i fattori sopra elencati”.
Da notare che fra i fattori sui quali il progetto può produrre effetti (che occorre valutare
nell’ambito della v.i.a.) vi sono “beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio” (oltre che, lo si è
detto, l’interazione fra i fattori). Ciò ci dà un’idea della complessità e dell’ampiezza del concetto di
sviluppo sostenibile (alla cui realizzazione la v.i.a. è preordinata), che non riguarda esclusivamente
aspetti di rilievo e matrice ambientale.
17
Ai sensi dell’art. 3 della Direttiva 2011/92/UE, “La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta,
in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un
progetto sui seguenti fattori: a) l’uomo, la fauna e la flora;
b) il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
c) i beni materiali e il patrimonio culturale;
d) l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c)”. 18
Art. 5, comma 1, lett. p) autorita' competente: “la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del
provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani
e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio”.
La valutazione è più ampia e complessa, tanto che è previsto che il MATTM provveda
all’acquisizione del punto di vista delle Amministrazioni interessate portatrici di detti interessi.
In quest’ottica, l’articolo 6 della Direttiva 2011/92/UE stabilisce che: “Gli Stati membri
adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la
loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro
parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione”.
La disposizione in esame fa riferimento alla “specifica responsabilità in materia di
ambiente” che deve sussistere in capo alle autorità che possono essere interessate al progetto. Una
lettura restrittiva della disposizione in esame potrebbe indurre a escludere dal novero quelle autorità
che non abbiamo competenze squisitamente ambientali. Tuttavia, la tipologia di fattori che devono
essere presi in considerazione al fine di valutare gli effetti di un progetto (es. paesaggio, beni
culturali) induce ad ampliare il novero delle autorità (diverse dal MATTM o comunque da quelle
aventi competenze ambientali specifiche) fino a ricomprendervi autorità portatrici di interessi
diversi.
Pluralità di profili da valutare, dunque. La valutazione non ha quindi carattere meramente e
squisitamente “ambientale” (nel senso “classico” del termine)19
.
Inoltre, sempre nell’ottica di ampliare il bagaglio istruttoria dell’Autorità procedente
(nonché di quella che sarà chiamata ad adottare il provvedimento di v.i.a., ove non coincidente con
la prima), la disciplina della v.i.a. valorizza in modo rilevante la partecipazione del pubblico (terzi
soggetti a vario titolo interessati)20
.
Del resto, è l’art. 25 (comma 1) a chiarire che: “l'autorità competente valuta la
documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle
eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle
consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma
degli articoli 24 e 32”.
19
Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 11/07/2016, n. 3059: “nell'ambito della valutazione di progetti aventi impatti
sull'ambiente ai sensi del testo unico di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e della normativa regionale attuativa, vale a
dire di conformità dell'attività antropica rispetto alle condizioni essenziali per uno sviluppo sostenibile (art. 4, comma
3), gli enti ed organi competenti siano titolati ad esprimere il loro giudizio anche su profili di carattere paesaggistico
(tra le altre: Cons. Stato, IV, 24 marzo 2016, n. 1225, 20 maggio 2014, n. 2569, 9 gennaio 2014, n. 36, 24 gennaio
2013, n. 468; V, 9 aprile 2015, n. 1805, 12 giugno 2009, n. 3770, VI, 22 settembre 2014, n. 4775, VI, 26 marzo 2013, n.
1674). […] D’altra parte, ciò corrisponde a ragioni logiche prima ancora che giuridiche, se solo si ha riguardo alla
funzione tipica della procedura di valutazione di impatto ambientale finora lumeggiata, di esame complessivo di opere
incidenti negativamente sul territorio e le collettività in esso localizzate. Pertanto, l'apprezzamento in ordine alla loro
compatibilità ambientale non può che coinvolgere anche profili di carattere paesaggistico, ed in particolare estendersi
a tutte le possibili incisioni, dirette o indirette, del bene costituzionalmente tutelato del paesaggio, con una valutazione
di tipo sostanzialistico, estesa ad ogni ambito territoriale significativo potenzialmente pregiudicato sul piano
naturalistico, anche se posto a distanza dall'area di localizzazione dell’intervento". 20
Direttiva 2011/92/UE, Considerando n. 16: “L’effettiva partecipazione del pubblico all’adozione di decisioni
consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono
essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione. Ciò accresce la responsabilità e la
trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno
alle decisioni adottate”.
Il comma 1 dell’art. 25 “si raccorda” con il comma 4 del medesimo articolo, a mente del
quale: “Il provvedimento di VIA contiene le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la
decisione dell'autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione
del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli
articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonché l'indicazione di come
tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione”.
I pareri e le osservazioni ricevute costituiscono elemento che l’autorità competente è tenuta
a valutare nell’ambito della valutazione volta all’adozione del provvedimento di v.i.a.
Stabilisce poi il secondo periodo del comma 1 dell’art. 25 che: “qualora tali pareri non
siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul
progetto, l'autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo”.
Si ritiene che la norma in esame sia volta a consentire all’Autorità competente di procedere
con l’adozione del provvedimento di v.i.a. anche a fronte del parere negativo espresso da una delle
Autorità coinvolte nel procedimento. Ciò sia in relazione ad una conclusione negativa del
procedimento, sia a fronte di una conclusione positiva; in tale ultima ipotesi è ben possibile che il
bilanciamento complessivo dei diversi interessi conduca ad una valutazione positiva anche a fronte
di un parere negativo.
1.5 La “partecipazione” di enti portatori di interessi e del “pubblico”
La “partecipazione” di enti portatori di interessi e “pubblico” è disciplinata da diverse
disposizioni del T.u. ambiente. A titolo di esempio citiamo:
- l’art. 23, comma 4 (presentazione dell’istanza di v.i.a.) il quale dispone che: “l’autorità
competente comunica a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti
ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel
proprio sito web”.
- l’art. 24 (consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere), che
disciplina la procedura mediante la quale viene pubblicata l’istanza di v.i.a e la relativa
documentazione, nonché le modalità mediante le quali il pubblico può “partecipare” al
procedimento (prendendo visione della documentazione e formulando osservazioni "anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi” (comma 3). Il medesimo comma 3
dispone altresì che “entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle
Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23,
comma 4. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui ai periodi precedenti, il
proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle
osservazioni e ai pareri pervenuti”.
Le osservazioni (e le controdeduzioni) possono far sorgere l’esigenza di integrare o
modificare il progetto. La valutazione circa la necessità di detta modifica è rimessa alla P.A., che
richiede al proponente l’integrazione entro un termine21
.
Modalità di interlocuzione con altre P.a. e con il pubblico sono altresì previste nell’ambito
del procedimento di verifica di assoggettabilità del progetto alla v.i.a. (art. 19).
L’art. 25, comma 2 prevede poi che per i provvedimenti di v.i.a. di competenza statale il
Ministro dell’ambiente, ai fini dell’adozione del provvedimento di v.i.a., acquisisca il concerto del
MIBACT (c.2 “Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede entro il
termine di sessanta giorni all'adozione del provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da rendere entro trenta giorni dalla
richiesta”), prevedendo altresì che “in caso di inutile decorso del termine per l'adozione del
provvedimento di VIA da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
ovvero per l'espressione del concerto da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, su istanza del proponente o dei Ministri interessati, l'adozione del provvedimento e'
rimessa alla deliberazione del Consiglio dei ministri che si esprime entro i successivi trenta
giorni”.
La norma non specifica se la remissione al Consiglio dei ministri della decisione si riferisca
solo al silenzio del Ministro concertante ovvero anche al caso di concerto negativo (il dato letterale
sembra far propendere per la prima soluzione).
1.6 Obiettivo della v.i.a.: la valutazione dell’impatto ambientale e l’annullamento e/o la
mitigazione dello stesso
La v.i.a. non ha solo lo scopo di valutare l’impatto ambientale di determinati progetti, ma
deve servire anche a fornire “soluzioni” per annullare del tutto detto impatto, o quantomeno per
mitigarlo (cfr., in questo senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 26/02/2015, n. 975: “la VIA concerne i
singoli progetti ed è necessaria ai fini della verifica dell'entità dell'impatto ambientale dell'opera
proposta, in guisa da stimolare soluzioni mitigative da valutare secondo il principio dello sviluppo
sostenibile, sino all'opzione "zero", qualora l'impatto non sia evitabile neanche con l'adozione di
cautele”).
Nell’ottica del bilanciamento dei diversi interessi in gioco, l’interesse ambientale, benché
certamente primario e preponderante, non è sempre vincente (ad ogni costo). Deve essere bilanciato
con gli altri.
21
Comma 4: “Qualora all'esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del
proponente si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione
acquisita, l'autorita' competente, entro i trenta giorni successivi, puo', per una sola volta, stabilire un termine non
superiore ad ulteriori trenta giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della
documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del proponente l'autorita' competente puo' concedere, per
una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non
superiore a centottanta giorni. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio
stabilito, l'istanza si intende respinta ed e' fatto obbligo all'autorita' competente di procedere all’archiviazione”.
Del resto, “la salvaguardia del bene ambiente - pur se prioritario - non può tuttavia
riguardarsi come un valore assoluto, dovendosi contemperare la tutela ambientale con la cura di
altri interessi ritenuti dall'ordinamento meritevoli di tutela, quali la valorizzazione delle risorse, la
promozione dell'iniziativa imprenditoriale e dell'occupazione, secondo la specificità del territorio
sotto il profilo socio-economico” (così T.A.R. Lecce, (Puglia), sez. I, 22/06/2017, n. 1030).
Lo scopo, dunque, è l’effettuazione della valutazione dell’impatto ambientale, valutazione
che tuttavia non è fine a se stessa, ma è funzionale a elaborare soluzioni mitigative degli impatti.
Nella rosa di soluzioni a disposizioni della P.A. vi è anche la c.d. “opzione zero”, vale a dire la non
adozione dell’atto di v.i.a. (rectius: di una valutazione negativa) ove l’impatto non sia evitabile
neanche con cautele e sempre nell’ottica di una ponderazione globale22
.
22
Sul tema del bilanciamento tra interessi ambientali e interessi economici si segnalano, tra le tante: - T.A.R. Catania, (Sicilia), sez. II, 29/05/2014, n. 1515: “la procedura di valutazione di impatto ambientale si
sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto
rispetto all'utilità socio-economica conseguita con la realizzazione dell'impianto, tenuto conto anche delle alternativi
possibili, investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali dell'impianto stesso (e più in generale
dell'opera da realizzare)”;
- Consiglio di Stato, sez. V, 02/10/2014, n. 4928: “La giurisprudenza ha ripetutamente affermato (Cons. St., sez. V, 31
maggio 2012, n. 3254; 22 giugno 2009, n. 4206; sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; 5 luglio 2010, n. 4246; VI, 17
maggio 2006, n. 2851) che, alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari
finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta
compatibilità ambientale dell'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il
sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei
riflessi sulla stessa c.d. opzione - zero; in particolare, è stato evidenziato che "la natura schiettamente discrezionale
della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo,
rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove
l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento
dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non
giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in
conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse
naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste" (Cons. St, sez. IV, 5
luglio 2010, n. 4246; sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933). La valutazione di impatto ambientale non è perciò un mero
atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie
dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di
indirizzo politico - amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio),
attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici,
naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati. Ciò del resto è del tutto coerente con la
funzione stessa della valutazione di impatto ambientale che (Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36), "è preordinata
alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto, in quanto espressivo
della personalità umana (Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto
fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva 27 luglio 1985 n. 85/337/CEE, concernente la valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati); diritto che obbliga l'amministrazione a
giustificare, quantomeno ex post ed a richiesta dell'interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a
V.I.A. all'esito di verifica preliminare (Corte giust. 30 aprile 2009, C75/08). A tali fini, l'ambiente rileva non solo
come paesaggio, ma anche come assetto del territorio, comprensivo di ogni suo profilo, e finanche degli aspetti
scientifico-naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti
specificamente ai profili estetici della zona", sottolineandosi che la stessa Corte Costituzionale (sent. 7 novembre
2007, n. 367), ha affermato che "lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, è
di per sé un valore costituzionale", da intendersi come valore "primario" (Corte Cost., sentt. nn. 151/1986;
182/2006), ed "assoluto" (sent. n. 641/1987).
Non si ha la presunzione che un progetto possa avere impatto “zero”23
.
1.7 Il giudizio di compatibilità ambientale, espressione di una discrezionalità “mista”
Circa l'esatta individuazione della natura del potere esercitato dalla P.A. in sede di v.i.a.,
inizialmente si riteneva che esso fosse espressione esclusivamente di discrezionalità tecnica24
.
L’evoluzione giurisprudenziale ha invece affermato che si tratta di discrezionalità “mista”25
.
Molteplici sono i profili che vengono in rilievo nell’ambito della valutazione di impatto
ambientale, in considerazione del fatto che quello di sviluppo sostenibile è concetto ampio, che
racchiude in sé una serie di elementi e di fattori, come abbiamo detto. Non solo, quindi, valutazioni
effettuate sulla base di elementi e dati forniti dalle scienze o dalle arti (attingendo alle quali la P.a.
effettua le proprie scelte), ma una vera e propria ponderazione di interessi, pubblici e privati, che
devono tra loro essere bilanciati. Dunque, una discrezionalità “mista” (tecnica e amministrativa).
1.8 Sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità della P.a.
Chi studia il diritto amministrativo sa che, normalmente, al riconoscimento dell’ampia
discrezionalità dell’Amministrazione (sia tecnica che amministrativa, e dunque nell’ottica della
ponderazione dei diversi interessi in gioco) segue l’affermazione della sussistenza di un sindacato
debole del Giudice amministrativo.
Non si parla di giudizio c.d. estrinseco (che si arresta alla valutazione di errori macroscopici
senza entrare nel giudizio tecnico, anche se non sono mancate pronunce in tal senso:cfr. T.A.R.
Parma, (Emilia-Romagna), sez. I, 30/06/2016, n. 218), posto che il Giudice può verificare, sempre
sotto il profilo tecnico, la correttezza delle valutazioni della P.a. (anche mediante CTU), tuttavia il
suo giudizio si arresta ove non emergano errori nelle valutazioni tecniche; a fronte di più scelte
(opinabili, ma corrette sul piano tecnico), le scelte dell’Amministrazione sono sostanzialmente non
23
Cfr., con riferimento alle conseguenze “sul paesaggio”, T.A.R. Brescia, (Lombardia), sez. I, 14/09/2016, n. 1197:
“per quanto riguarda le conseguenze sul paesaggio, si osserva che neppure nelle aree effettivamente sottoposte a
vincolo si richiede che una nuova opera abbia impatto zero (v. TAR Brescia Sez. I 1 ottobre 2014 n. 1024; TAR Brescia
Sez. I 11 gennaio 2010 n. 9). A maggior ragione è quindi sufficiente, al di fuori delle aree vincolate, che il giudizio
paesistico si limiti a verificare se nel progetto vi sia un rapporto accettabile tra la nuova edificazione e la perdita delle
caratteristiche ambientali preesistenti”. 24
T.a.r. Lazio, Sez. II-bis, 20 settembre 2007, n. 9172: “Ricorre esercizio di discrezionalità tecnica, qualora
l'amministrazione per provvedere su un determinato oggetto debba applicare una norma tecnica cui la norma giuridica
conferisce rilevanza”. 25
“Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione esercita una amplissima
discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court
sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità
amministrativa e istituzionale sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti e della loro
ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera o del progetto, apprezzamento che è sindacabile dal G.A.
soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata, o sia stata
svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto
all’amministrazione" (così T.A.R. Venezia, (Veneto), sez. III, 02/11/2016, n. 1225).
sindacabili26
. Se a ciò si aggiunge che vengono a intersecarsi valutazioni attinenti all’esercizio di
discrezionalità tecnica, con altri concernenti l’esercizio di discrezionalità amministrativa, ben si
comprende quanto di fatto rischi di essere poco penetrante il sindacato del giudice amministrativo27
.
E’ tuttavia sindacabile l’eventuale erroneità del giudizio (sotto un profilo tecnico)28
.
PARTE II
DISCREZIONALITÀ DELLA P.A. E AFFIDAMENTO DEI PRIVATI
La presente parte è volta ad analizzare il tema dello sviluppo sostenibile (in rapporto alla
v.i.a.) sotto un diverso angolo prospettico.
Si è detto che oggi è impensabile ragionare della tutela dell’ambiente senza considerare
anche lo sviluppo, che deve sempre essere promosso, garantito e tutelato.
Lo sviluppo passa, in larga misura, attraverso le iniziative economiche dei privati e gli
investimenti. Investimenti e iniziative economiche richiedono, notoriamente, che vengano garantiti
taluni fattori: certezza, speditezza, non aggravio (inutile) delle spese.
In questo senso, l’amplissima discrezionalità di cui gode l’Autorità competente ad effettuare
le valutazioni in materia di v.i.a. (naturalmente giustificata dalla complessità degli interessi in gioco
26
Conduce a censurare soltanto le valutazioni tecniche che appaiono senz'altro inattendibili, attraverso un controllo di
ragionevolezza e coerenza tecnica della determinazione amministrativa teso ad accertarne l'attendibilità sul piano
scientifico. La conclusione è quella della NON censurabilità della valutazione tecnica ove, anche attraverso la
consulenza, si metta in rilievo una diversità dell'opinione del giudice da quella della PA ma non l'erroneità tecnica della
stessa. Diverso dal sindacato ESTRINSECO, nel quale la censurabilità era legata al manifestarsi di errori ed illogicità
tali da essere comprensibili anche all'uomo della strada. Qui siamo pur sempre in presenza di controllo INTRINSECO
(“tecnico”) su valutazioni di PA. Ma se non emergono errori e vi sono più soluzioni (quindi vi è opinabilità della scelta)
non può prevalere quella del Giudice.
Consiglio di Stato, sez. VI, 25/02/2003, n. 1054: “Il convincimento dell'Autorità garante della concorrenza e del
mercato sulla complessiva ingannevolezza di un messaggio pubblicitario, alla stregua dell'indirizzo assunto dalla
sezione in materia di sindacato sulla discrezionalità tecnica qualificata delle autorità indipendenti, non è sindacabile, in
caso di corretta e completa acquisizione degli elementi di fatto rilevanti, se non sul piano della ragionevolezza e della
congruità della valutazione, con l'esclusione di interventi di carattere sostitutivo incompatibili con l'opinabilità dei
giudizi e con la non oggettività ed esattezza delle discipline di riferimento”. 27
Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 10/02/2017, n. 575: “il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di
oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul
piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse
dell'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta
illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti
perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione, anche perché la
valutazione di impatto ambientale non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto,
trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico -
amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il
bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di
sviluppo economico - sociale) e privati"; è stato inoltre condivisibilmente rilevato (T.A.R. Venezia, -Veneto-, sez. III,
25/03/2016, n. 311) che "la valutazione d'impatto ambientale, in quanto finalizzata alla tutela preventiva dell'interesse
pubblico, non si risolve in un mero giudizio tecnico, presentando profili particolarmente elevati di discrezionalità
amministrativa, che sottraggono al sindacato giurisdizionale le scelte effettuate dall'amministrazione quando non siano
manifestamente illogiche e incongrue”. 28
Cfr. in questo senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 16/12/2016, n. 5339.
e delle valutazioni che è chiamata ad effettuare) può costituire un freno, agli investimenti,
configurando un fattore di incertezza.
Un “correttivo” alla situazione descritta sopra (e all’ampia discrezionalità
dell’Amministrazione), nell’ottica di un aumento degli elementi di “certezza” su cui può contare chi
intende investire, può realizzarsi dettando una disciplina normativa di maggior dettaglio. Questo
perché più cose sono “scritte” nelle norme, minore è lo spazio di discrezionalità di cui è titolare
l’Amministrazione.
Si collocano in tale ottica diverse previsioni della disciplina della v.i.a. Se ne prenderanno in
considerazione alcune, ritenute particolarmente significative.
1. In relazione alla fase di assoggettabilità a v.i.a.
Per quanto concerne il “contenuto” da dare alla documentazione (elaborati progettuali, studi
ambientali, ecc.), si consideri, ad esempio, l’articolo 19 (post riforma), che descrive in modo
dettagliato i contenuti che deve avere lo “studio preliminare ambientale”29
, che viene redatto ai fini
della verifica di assoggettabilità a v.i.a. Viene effettuato un rinvio all’Allegato IV-bis alla Parte
seconda del d.lgs n. 152/2006 (lo studio deve essere redatto “in conformità a quanto contenuto
nell’Allegato IV-bis”)30
. Il proponente dispone dunque di una serie di elementi cui fare riferimento
ai fini della redazione dello studio preliminare (che deve essere “redatto in conformità” a quanto
disposto dall’Allegato).
Dall’analisi degli elementi di cui all’Allegato IV-bis emerge, nuovamente, il carattere di
valutazione “globale” degli impatti (potenziali) sull’ambiente del progetto, che il proponente deve
illustrare e sottoporre all’Autorità. Ed infatti, il proponente deve fornire la descrizione delle
caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto; della localizzazione del progetto (importante quindi
il riferimento alla area specifica e alla “sensibilità ambientale” della stessa); delle componenti
dell’ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante; di tutti i probabili effetti
rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano
disponibili, risultanti da: “a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove
pertinente; b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità”.
29
Art. 5, c. 1, lett. g-bis) studio preliminare ambientale: “documento da presentare per l'avvio del procedimento di
verifica di assoggettabilità a VIA, contenente le informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili
effetti significativi sull'ambiente, redatto in conformità alle indicazioni contenute nell'allegato IV-bis alla parte seconda
del presente decreto”. 30
Allegato IV-bis: “Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo 19 1. Descrizione del progetto,
comprese in particolare: a) la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei
lavori di demolizione; b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la
sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere interessate. 2. La descrizione delle componenti
dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante. 3. La descrizione di tutti i probabili effetti
rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da: a) i
residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente; b) l'uso delle risorse naturali, in particolare
suolo, territorio, acqua e biodiversità. 4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si
tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V. 5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del
caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base alle normative
europee, nazionali e regionali e può contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure
previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e
negativi”.
1.1 La valutazione dell’Autorità.
La valutazione dell’Autorità competente si deve basare sui criteri di cui all’Allegato V alla
Parte Seconda, altro elemento suscettibile di limitare la discrezionalità dell’Autorità stessa e che
mostra il carattere “globale” della valutazione concernente gli impatti ambientali del progetto (art.
19, comma 5: “L'autorità competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda
del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di
eventuali altre valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative
europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi”).
La norma in esame prevede clausole “residuali” (i risultati delle “altre valutazioni”), ma è indubbio
che il nucleo forte della valutazione poggi sui criteri dell’Allegato V.
Questo rappresenta un altro elemento utile per il proponente, che potrà strutturare lo studio
preliminare tenendo a riferimento gli elementi e i criteri dell’Allegato V (del resto, il punto 4
dell’Allegato IV-bis (rubricato: “Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo
19”) dispone che “Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene
conto, se del caso, dei criteri contenuti nell’allegato V”). La dicitura “se del caso” non è
chiarissima; se ne ricava che il riferimento ai criteri non è condizione di “ammissibilità” dello
studio; è però certamente interesse del proponente tenerli a riferimento - sempre che siano riferibili
allo specifico progetto - per aumentare le possibilità di ottenere una determinazione
dell’Amministrazione a sé favorevole).
Anche l’analisi dei criteri di cui all’Allegato V alla Parte seconda è utile a mostrare il
carattere “globale” che possiede una valutazione compiuta nell’ottica dell’attuazione del principio
dello sviluppo sostenibile31
. In particolare, la parte dell’Allegato V concernente la localizzazione
dell’opera dispone che - ai fini della verifica dell’assoggettabilità a v.i.a. - si valuta l’impatto del
progetto tenendo conto, in particolare:
b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di
rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e
biodiversità) e del relativo sottosuolo”. Questa voce valuta l’impatto ambientale strettamente inteso
ma, come è logico, pure le ripercussioni degli effetti incidenti sull’ambiente anche rispetto alla vita
“economica” della collettività territoriale di riferimento (le risorse naturali naturalmente
costituiscono anche risorse economiche);
31
Si consideri che l’Allegato V dispone che le caratteristiche dei progetti devono tener conto di una serie di elementi,
tra cui: a) delle dimensioni e della concezione dell'insieme del progetto;
b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati (elementi importante per valutare la globalità dell’impatto, anche
in relazione ad altri insediamenti e attività già presenti sul territorio);
c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversita’ (si valuta impatto su
specifiche risorse ambientali);
d) della produzione di rifiuti;
e) dell'inquinamento e disturbi ambientali;
f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamita' attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento
climatico, in base alle conoscenze scientifiche;
g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione
dell'acqua o all'inquinamento atmosferico.
c7) “zone a forte densità demografica”. Giova ricordare che, nel prisma dello sviluppo
sostenibile, rientra anche la necessità di salvaguardare la salute umana;
c8) “zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica. E qui richiamiamo
quanto abbiamo rilevato in precedenza (sempre nell’ottica del carattere globale della valutazione,
nella quale rientrano valutazione anche di carattere paesaggistico);
c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'articolo 21 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
La globalità degli effetti del progetto di cui occorre tener conto, ai fini della valutazione
dell’impatto ambientale (sempre nell’ottica dello sviluppo sostenibile), impone l’apertura di un
confronto fra una pluralità di soggetti, pubblici e/o privati, che potrebbero essere portatori di
interessi da ponderare con quelli più squisitamente attinenti alla valutazione dell’impatto ambientale
(interesse economico del privato, da una parte, tutela dell’ambiente, dall’altro).
L’art. 19 contempla dunque una fase di confronto (simile al market test dei procedimenti
antitrust), che prevede:
- la pubblicazione dello studio preliminare ambientale (su sito web Autorità competente);
- la comunicazione alle Amministrazioni e agli enti territoriali potenzialmente interessati
l’avvenuta pubblicazione della documentazione;
- la possibilità, per chiunque abbia interesse, di prendere visione della documentazione e presentare
osservazioni all’Autorità competente entro 45 giorni dalla pubblicazione;
Le osservazioni pervenute sono suscettibili di costituire un vincolo alla discrezionalità
dell’Autorità competente, quantomeno sotto il profilo del rafforzamento dell’onere motivazionale
sulla medesima incombente. Dispone infatti il comma 5 dell’articolo 19 che: “l'Autorità
competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto,
tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni
degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o
regionali, verifica se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi”.
2. La definizione del livello di dettaglio degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di
v.i.a.
Sempre nell’ottica di “semplificare la vita” al proponente e in qualche modo “contenere” la
discrezionalità dell’Autorità preposta ad effettuare le valutazioni, l’articolo 20 (rubricato:
“Definizione del livello di dettaglio degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di v.i.a.”)
prevede una fase (facoltativa e preliminare). Stabilisce, al primo comma, che “il proponente ha la
facoltà di richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con l'autorità competente al fine
di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati progettuali
necessari allo svolgimento del procedimento di VIA. A tal fine, il proponente trasmette, in formato
elettronico, una proposta di elaborati progettuali”.
Ai fini di cui all’articolo 20, il proponente è tenuto a presentare esclusivamente una
“proposta di elaborati progettuali”. Dunque, documentazione progettuale in fase solo “embrionale”.
A fronte della ricezione di una richiesta ex art. 20, l’Autorità competente è tenuta a dare una
risposta, entro un termine definito.
Ai sensi del comma 2 della disposizione in esame, “sulla base della documentazione
trasmessa dal proponente, l’Autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione della
proposta, comunica al proponente l'esito delle proprie valutazioni, assicurando che il livello di
dettaglio degli elaborati progettuali sia di qualità sufficientemente elevata e tale da consentire la
compiuta valutazione degli impatti ambientali”.
Interessante valutare quale vincolo si crei sull’Autorità rispetto a quanto affermato in questa
fase (anche in ragione del principio di affidamento), anche in considerazione del fatto che, ai sensi
del secondo comma dell’art. 20, la valutazione dell’Autorità “assicura” (al proponente) che il livello
di dettaglio degli elaborati progettuali sia di qualità sufficientemente elevata e tale da consentire la
compiuta valutazione degli impatti ambientali. A fronte di una risposta positiva, da parte
dell’Amministrazione, il proponente non potrà - ragionevolmente - vedersi muovere contestazioni
sulla qualità e sul livello di dettaglio degli elaborati progettuali.
3. La “preconsultazione” facoltativa in relazione alla predisposizione dello studio di impatto
ambientale
L’art. 21 prevede poi una fase (facoltativa, in quanto attivata solo su richiesta del
proponente) di (pre)consultazione e confronto fra proponente e Autorità con riferimento specifico
allo studio di impatto ambientale. Lo studio di impatto ambientale è il “documento che integra gli
elaborati progettuali ai fini del procedimento di VIA, redatto in conformità alle disposizioni di cui
all'articolo 22 e alle indicazioni contenute nell'allegato VII alla parte seconda del presente
decreto”. E’ dunque un documento che si riferisce alla v.i.a. vera e propria (successiva alla fase di
verifica di assoggettabilità).
(art. 21): “Il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'Autorità
competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle
informazioni, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione
dello studio di impatto ambientale”32
.
Il confronto non è circoscritto al proponente e all’Autorità competente, ma coinvolge anche i
“soggetti competenti in materia ambientale”.
La norma non contiene alcun riferimento temporale (quando può essere attivata questa
fase?). Ragionevolmente, detta fase può essere attivata, prima della presentazione dell’istanza di
v.i.a., da parte dei soggetti tenuti comunque ad effettuare la v.i.a. (cfr. i progetti elencati all’art. 6,
comma 7 del d.lgs n. 152/2006: “La VIA e' effettuata per: …”), ovvero successivamente al
superamento della verifica di assoggettabilità, per i soggetti tenuti ad effettuare detta procedura.
32
L'avvio della procedura di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto dall'autorità competente sulla base
delle valutazioni di cui all'articolo 6, comma 9, ovvero di quelle di cui all'articolo 20)
Il comma 2 prevede poi una fase di consultazione. Come per le consultazioni ex art. 19, è
prevista la pubblicazione sul sito web dell’Autorità procedente ed è stabilito che la pubblicazione
venga comunicata esclusivamente (in via telematica) a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti
territoriali potenzialmente interessati ma, a differenza del predetto art. 19, non è previsto un termine
entro il quale gli interessati (oltre le succitate PA) possano presentare osservazioni; del resto, il
comma 3, prevede che l’Autorità competente si esprima (con un parere) sulla portata e sul livello di
dettaglio delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale entro sessanta giorni
dalla messa a disposizione della documentazione sul proprio sito web “sulla base della
documentazione trasmessa dal proponente e della consultazione con i soggetti di cui al comma 2”.
Naturalmente, un parere “positivo” non può che avere l’effetto di “blindare” lo studio di
compatibilità ambientale (interessante in questo senso chiedersi se e in quale misura l’Autorità
potrebbe “tornare sui propri passi”, cambiando idea).
3. La procedura di v.i.a. La redazione dello studio di impatto ambientale
Anche qui strumenti che possono consentire al proponente di redigere uno studio che abbia
chances di essere vagliato positivamente.
La base per la redazione dello studio è costituita dal parere reso all’esito della fase ex art. 21
(se attivata). Inoltre, il proponente (nella redazione dello studio) dovrà fare riferimento alle
“indicazioni e ai contenuti” di cui all’Allegato VII alla Parte seconda.
Il comma 3 della norma in esame indica altresì le informazioni minime che lo studio di
impatto ambientale deve contenere33
.
Le lettere b), c) e d) rappresentano il “cuore” dello studio, dal momento che sono funzionali
a illustrare all’Autorità, preposta ad effettuare la valutazione gli effetti significativi sull’ambiente
del progetto, le misure previste per mitigare o attuire detti impatti nonché le alternative che il
proponente ha valutato rispetto al progetto presentato (che dunque dovrà configurare la miglior
33
Nello specifico: “(a) una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e
concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti; b) una descrizione dei probabili effetti
significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione; c) una
descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti
ambientali significativi e negativi; d) una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente,
adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni
principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali; e) il progetto di
monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del
progetto, che include le responsabilità e le risorse necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio; f)
qualsiasi informazione supplementare di cui all'allegato VII relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto
specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio)”. Dispone poi il
comma 5 che: “per garantire la completezza e la qualità dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati
necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente: a) tiene conto delle conoscenze e dei metodi di
valutazione disponibili derivanti da altre valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione europea,
nazionale o regionale, anche al fine di evitare duplicazioni di valutazioni; b) ha facoltà di accedere ai dati e alle
pertinenti informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni, secondo quanto disposto dalle normative
vigenti in materia; c) cura che la documentazione sia elaborata da esperti con competenze e professionalità specifiche
nelle materie afferenti alla valutazione ambientale, e che l'esattezza complessiva della stessa sia attestata da
professionisti iscritti agli albi professionali”.
soluzione dal punto di vista ambientale, o quantomeno la più bilanciata rispetto al sacrificio di altri
interessi (economici).
4. La “supervia” (Provvedimento unico in materia ambientale)
A conclusione di questa carrellata concernente i principali strumenti funzionali ad
aumentare il grado di “affidamento” del privato, occorre prendere in considerazione un ultimo
istituto, che certamente si colloca nell’ottica della semplificazione, dello snellimento delle
procedure e della salvaguardia dell’affidamento del privato che investe su uno specifico progetto.
Trattasi della c.d. supervia, istituto che ha la finalità fondamentalmente semplificatorie, per
consentire al proponente di ottenere, nell’ambito di un unico procedimento, tutti gli atti
amministrativi che gli servono per poter avviare l’attività.
L’art 27 dispone, al comma 1, che: “nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale,
il proponente può richiedere all’autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato
nell’ambito di un provvedimento unico comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere,
concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per
la realizzazione e l’esercizio del progetto […]”
Il comma 2 della norma in esame dispone poi che il provvedimento unico di cui al comma 1
comprende il rilascio di numerosi titoli, espressamente elencati dalla norma34
.
L’art. 27-bis del d.lgs n. 152/2006 prevede poi il provvedimento “autorizzatorio unico
regionale”.
La macro differenza fra il provvedimento ex art. 27 e quello di cui all’art. 27-bis è costituita
dal fatto che mentre l’art. 27 è volto a sostituire “ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla
osta, o atto di assenso” riferito alla sola "materia ambientale”, questa specificazione non è prevista
34
Fra i titoli “sostituiti”: A) Autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del presente decreto;
B) autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee di cui all’articolo 104
del presente decreto
C) autorizzazione riguardante la disciplina dell’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e
attività di posa in mare di cavi e condotte di cui all’art. 109 del presente decreto;
D) autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
E) autorizzazione culturale di cui all’articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
F) autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, e al decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
G) nulla osta di fattibilità di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105;
H) autorizzazione antisismica di cui all’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
per il provvedimento “autorizzatorio unico regionale”35
, che dunque appare essere ancora più
“unico” (e semplificatorio) di quello statale.
Un’altra differenza di non lieve momento è rappresentata dal fatto che mentre il
procedimento unico statale appare facoltativo (attivabile su richiesta del proponente) per l’ambito
regionale sembra porsi quale unica strada percorribile36
.
In entrambi i casi è prevista la convocazione di una Conferenza di servizi, ai fini
dell’acquisizione e della ponderazione dei diversi interessi pubblici in un contesto unico e unitario.
La finalità “semplificatrice” delle disposizioni citate appare chiara, e si ritiene non necessiti
di ulteriori specificazioni.
CONCLUSIONI
V.I.A. E SVILUPPO SOSTENIBILE. IL CARATTERE “GLOBALE” DELLA VALUTAZIONE, IL RUOLO
DELLA PARTECIPAZIONE E LA TUTELA DEI PRIVATI.
Lo sviluppo sostenibile, principio cui deve conformarsi “ogni attività umana giuridicamente
rilevante” (ai sensi e ai fini del T.u. ambiente) impone di valutare gli effetti che determinati progetti
possono produrre sull’ambiente. Ambiente che, come detto, non deve essere inteso in un’accezione
restrittiva (“squisitamente ambientale”) ma deve, all’opposto, essere inteso in senso ampio, come
comprendente una pluralità di fattori che determinano il livello di qualità della vita degli esseri
umani. La globalità degli effetti che occorre valutare determina il radicarsi, in capo all’Autorità
competente, di una discrezionalità assai ampia, avente natura mista (tecnico - discrezionale).
Ciò, naturalmente, risulta “confortante , quantomeno “sulla carta”, posto che chi ha a cuore
le esigenze di tutela ambientale (e di effettiva implementazione del principio dello sviluppo
sostenibile) non può che vedere con favore l’attribuzione al soggetto istituzionalmente competente
ad effettuare tale valutazione, di una discrezionalità ampia, rispetto alla quale lo stesso Giudice
amministrativo tende ad “auto-limitarsi”.
Se ciò è vero, non può però non rilevarsi come l’ampiezza della discrezionalità riconosciuta
all’Amministrazione possa produrre effetti controproducenti, se non adeguatamente “mitigata”,
soprattutto per quanto concerne gli elementi di “certezza” che chi investe pretende sussistano (al
fine di “imbarcarsi” in un’avventura economica pure molto “significativa”).
In questo senso la nuova v.i.a. ha introdotto una serie di istituti che si muovono certamente
in questa direzione (fasi “pre-consultive”, indicazioni di “criteri” in via normativa, accelerazioni,
35
Art. 27-bis, comma 1: “nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all’autorità
competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali
previsti dalle normative di settore per consentire la computa istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di
tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati,
necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco
predisposto dal proponente stesso”. 36
Dispone infatti il comma 1 dell’art. 27 bis che “nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il
proponente presenta all’autorità competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la
documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria
tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti,
nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizza e all’esercizio del medesimo progetto e indicato
puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso”.
meccanismi per il superamento del dissenso, supervia, ecc.), nella speranza di dare reale e concreta
attuazione allo “sviluppo sostenibile”.
La ricerca di detto punto di equilibrio (fra esigenze di tutela dell’ambiente e necessità di non
paralizzare gli investimenti) rappresenta una delle sfide più impegnative che attendono le
Amministrazioni preposte alla cura dei procedimenti di v.i.a. nel prossimo futuro. Sarà la prassi e
l’analisi di quanto concretamente avverrà in ambito procedimentale a indicare se l’obiettivo che il
legislatore del 2017 si era prefissato sarà stato effettivamente conseguito.
Giovanni Barozzi Reggiani
TUTELA DELL’AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Relazione in occasione del Corso monografico sulla Valutazione di impatto ambientale organizzato
dalla Scuola di specializzazione in studi sulla pubblica amministrazione (SPISA)
Bologna, 9 - 10 marzo 2018
SOMMARIO. Introduzione. Lo sviluppo sostenibile. 1. Lo sviluppo sostenibile. Origine del principio.
1.2 Lo sviluppo sostenibile nel quadro ordinamentale europeo. 1.3. Il principio nell’ordinamento
nazionale. 2. Sviluppo sostenibile (in generale). Prime considerazioni di sintesi
Valutazione di Impatto Ambientale e Sviluppo sostenibile.
Parte I - V.i.a. e sviluppo sostenibile (il carattere globale delle valutazioni). 1. Lo sviluppo
sostenibile come “finalità” della v.i.a. 1.2 La nozione di progetto. 1.3 Quali progetti devono essere
assoggettati a v.i.a. (o a procedura di verifica di assoggettabilità?). 1.4 Significatività degli effetti -
impatti ambientali. 1.5 La “partecipazione” di enti portatori di interessi e “pubblico”. 1.6 Obiettivo
della v.i.a. : la valutazione dell’impatto ambientale e l’annullamento e/o la mitigazione dello stesso.
1.7 Il giudizio di compatibilità ambientale, espressione di una discrezionalità “mista” 1.8 Sindacato
del giudice amministrativo sulla discrezionalità della P.a.
Parte II - Discrezionalità della p.a. e affidamento dei privati. 1. In relazione alla fase di
assoggettabilità a v.i.a. 1.1 La valutazione dell’Autorità. 2. La definizione del livello di dettaglio
degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di v.i.a. 3. La “preconsultazione” facoltativa in
relazione alla predisposizione dello studio di impatto ambientale. 3. La procedura di v.i.a. La
redazione dello studio di impatto ambientale. 4. La “supervia” (Provvedimento unico in materia
ambientale).
Conclusioni. V.i.a. e sviluppo sostenibile. Il carattere “globale” della valutazione, il ruolo della
partecipazione e la tutela dei privati.
INTRODUZIONE
LO SVILUPPO SOSTENIBILE
1. Lo sviluppo sostenibile. Origine del principio
Lo sviluppo sostenibile rappresenta forse il più rilevante fra i principi di un diritto
ambientale “moderno”, con tale aggettivo volendosi far riferimento ad un diritto dell’ambiente che
non si limita ad “arroccarsi” in una prospettiva di tutela, del bene ambiente, ma che si muove
nell’ottica di conciliare detta tutela con insopprimibili istanze di sviluppo (economico e sociale).
La prima formulazione del principio si deve alla Commissione mondiale per l’ambiente e lo
sviluppo (Commissione Bruntland37
) istituita nell’ambito del Programma delle Nazioni Unite per
l’ambiente38
la quale, nel 1987, redige il rapporto “Our common future”, che contempla una prima
definizione di sviluppo sostenibile, secondo la quale: “é sostenibile lo sviluppo in grado di
“soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di
soddisfare i propri”.
In detta definizione assume una posizione di assoluta centralità l’idea di una “solidarietà
intergenerazionale” nell’uso delle risorse ambientali. Occorre trovare il punto di equilibrio fra
consumo (idoneo a soddisfare “i bisogni del presente”) e conservazione delle risorse.
Concetto poi sostanzialmente ribadito dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e, nello
specifico, dalla “Dichiarazione su ambiente e sviluppo”, uno degli atti adottati a conclusione del
Conferenza medesima.
La Dichiarazione, in verità, non reca una definizione del principio dello “sviluppo
sostenibile”, che viene tuttavia declinato in vari “principi”, l’analisi dei quali consente di ricavare i
caratteri che detto principio assume.
Il primo principio offre un’accezione in qualche modo “antropocentrica” dello sviluppo
sostenibile, stabilendo che gli esseri umani si pongano “al centro delle preoccupazioni relative allo
sviluppo sostenibile” e affermando il diritto dei medesimi ad una vita sana e produttiva in armonia
con la natura.
Il terzo principio della Dichiarazione - di rilevanza assolutamente centrale - afferma come la
sostenibilità dello sviluppo debba essere conseguita attraverso un equo bilanciamento tra esigenze
economiche ed esigenze di protezione ambientale sia dalle presenti sia dalle future generazioni.
37
Commissione di esperti indipendenti voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. 38
Organo sussidiario della Assemblea generale delle nazioni unite istituito istituito con la risoluzione 2997 (XXVII) del
15 dicembre 1972.
Il quarto principio, infine, pone la necessità che la tutela dell’ambiente vada a costituire
parte integrante del processo di sviluppo, dal quale non potrà essere considerata separamente.
E solo per citare i più rilevanti, tra i principi che, in varia misura, attuano o declinano lo
sviluppo sostenibile.
Dalla Dichiarazione di Rio, nonché dai risultati delle successive conferenze mondiali
promosse dalle Nazioni Unite (con particolare riferimento alla Conferenza di Johannesburg del
2002) emerge un’idea di sviluppo sostenibile che si basa su tre fattori, tra loro indissolubilmente
legati: tutela dell’ambiente e sviluppo economico e sociale.
A partire dalla Conferenza di Rio, lo sviluppo sostenibile si è consolidato quale principio di
diritto internazionale e ha contribuito all’evoluzione del diritto internazionale ambientale attraverso
la conclusione di trattati ambientali globali e di numerosi accordi di carattere regionale.
1.2 Lo sviluppo sostenibile nel quadro ordinamentale europeo
Nel diritto dell'Unione Europea (UE) la protezione dell’ambiente, originariamente non
contemplata nei Trattati istitutivi39
, è stata introdotta in primo luogo dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia dell'Unione Europea e poi, formalmente, con l’Atto unico europeo del 1986,
entrato in vigore nel 1987, che ha definito i principi e le finalità dell’azione dell’UE in campo
ambientale e ha introdotto nel Trattato di Roma il Titolo VII dedicato all’ Ambiente (costituito di 3
articoli: 130R, 130S e 130T)40
.
Per quanto concerne, specificamente, il principio dello sviluppo sostenibile, non possiamo
esimerci dal citare:
- il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1993) con il quale la Tutela dell’ambiente
viene inserita nel Preambolo del Trattato, mentre fra i compiti della Comunità/Unione viene inserito
quello concernente la “crescita sostenibile e non inflazionistica e che rispetti l’ambiente” (art. 2).
- il Trattato di Amsterdam (1997), che ha inserito nel Trattato un riferimento allo “sviluppo
armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche”. Occorre inoltre citare il principio di
cui all’art. 6 del Trattato CE, modificato post Trattato di Amsterdam, che prevede l’integrazione
delle esigenze ambientali nella definizione e nell’attuazione delle politiche e delle azioni
comunitarie41
.
In seguito all’adozione dei predetti atti normativi inizia a consolidarsi, a livello comunitario,
l’idea che la tutela dell’ambiente debba essere integrata ad altre politiche (economiche, ecc).
39
Per quanto concerne l’Unione Europea, né il Trattato di Roma istitutivo della Comunità Economica Europea (1957),
né i Trattati istitutivi della CECA (1951) e dell’EURATOM (1957) contengono alcun riferimento ad una politica
ambientale comunitaria. Le prime misure europee in materia sono costituite dalla direttiva del 1967 sulle sostanze e i
preparati pericolosi e quella del 1970 sull’inquinamento acustico ed atmosferico causato dalla circolazione dei veicoli a
motore. 40
Cfr. La voce “Ambiente” dell’Enciclopedia giuridica Treccani. 41
"Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle
politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo
sostenibile". Articolo della versione consolidata del trattato c e istituisce la Comunità europea, GU C 340 del 10
novembre 1997.
Inoltre, inizia a radicarsi la consapevolezza che la crescita e lo sviluppo economici sono non
già fattori indipendenti, dalla tutela dell’ambiente, bensì elementi funzionali e strumentali a
garantirla (maggiori sono le risorse, maggiori sono le misure che possono essere attuate a tutela
dell’ambiente).
Concetto ribadito dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento
europeo “Conciliare bisogni e responsabilità - l’integrazione delle questioni ambientali nella
politica economica” (2000), la quale ha sottolineato come non esista una contraddizione di fondo tra
crescita economica e mantenimento di un livello accettabile di qualità ambientale, e che anzi la
crescita economica consente alla società, a ben vedere, di offrire ai propri membri un ambiente più
pulito e più sano. “La crescita economica non va dunque considerata in opposizione all'ambiente: e
piuttosto necessario riflettere su come coniugare i miglioramenti del tenore di vita con la tutela ed
il miglioramento della qualita dell'ambiente. Una migliore integrazione dovrebbe inoltre apportare
vantaggi sia per l'ambiente che per la politica economica”.
Successivamente, troviamo un espresso riferimento allo sviluppo sostenibile nell’art. 37
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2012), a mente del quale: "un livello
elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle
politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”.
Infine, un riferimento esplicito allo sviluppo sostenibile è contenuto nell’art. 11 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea, il quale stabilisce che “le esigenze connesse con la tutela
dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni
dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”42
.
1.3. Il principio nell’ordinamento nazionale
Lo sviluppo sostenibile è contemplato espressamente dal T.U. ambiente, il cui art. 3-quater
stabilisce che ogni attività giuridicamente rilevante, ai sensi del medesimo T.U., debba conformarsi
allo sviluppo sostenibile “al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni
attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”. La
formulazione sottolinea la pervasività del principio; esulano infatti dalla sfera di applicazione del
principio dello sviluppo sostenibile esclusivamente quelle attività che non abbiano un rilievo
giuridico ai sensi del T.U. ambiente (molto ampia è dunque la gamma delle attività che devono
“fare i conti” con il principio dello sviluppo sostenibile).
42
Dispone poi il comma 1 dell’art. 191 del TFUE che La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a
perseguire i seguenti obiettivi:
- salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente;
- protezione della salute umana;
- utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
- promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o
mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
Peraltro, ai sensi del comma 2 dell’art. 3-quater in esame, il principio dello sviluppo
sostenibile deve guidare anche l’azione e l’attività delle Pubbliche amministrazioni43
.
Detto principio costituisce pertanto un vincolo alla discrezionalità delle P.A. nella
ponderazione dei diversi interessi (siano essi pubblici o privati).
Quanto sopra (e, in particolare, il “vincolo per le P.A.”) era probabilmente già ricavabile dal
riferimento ad “ogni attività umana giuridicamente rilevante” ma il legislatore ha ritenuto
comunque di prevedere una disposizione specifica, indicando la priorità che, nel bilanciamento fra i
diversi interessi, assumono i beni e i valori ambientali e culturali.
Incidentalmente - e con specifico riferimento al tema del presente corso (la valutazione di
impatto ambientale) - risulta opportuno citare un passaggio della Strategia nazionale per lo sviluppo
sostenibile, di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione
economica del 2 agosto 2002 (“Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”
anni 2002-201044
), la quale, nell’indicare i principali strumenti individuati per il raggiungimento
dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, con particolare riferimento all’integrazione del fattore
ambientale in tutte le politiche di settore, poneva l’esigenza di “assicurare la sostenibilità delle
singole opere con una efficiente ed efficace applicazione della valutazione di impatto ambientale”.
2. Sviluppo sostenibile (in generale). Prime considerazioni di sintesi
Come si è detto, il principio dello sviluppo sostenibile impone di valutare che l’attività
antropica risulti compatibile con l’ambiente. Il concetto di ambiente, lo si anticipa e lo si
approfondirà nella successiva parte della relazione, deve essere inteso in senso ampio, e non
limitato ad elementi “squisitamente ambientali” (come si dirà, la valutazione degli effetti di un
progetto sull’ambiente comprende anche profili legati alla tutela della salute pubblica, del
paesaggio, ecc.).
Naturalmente, il concetto di “sviluppo” resta centrale. L’idea ormai consolidata è che non
possa rinunciarsi allo sviluppo (economico) e, in generale, al consentire la libera iniziativa
economica ai soggetti privati (anche perché lo sviluppo economico è funzionale a tutelare
l’ambiente). Una società che sta “meglio” economicamente tutela l’ambiente in
modo più efficace di una meno ricca (anche in considerazione del fatto che ogni misura a tutela
dell’ambiente ha un costo).
Peraltro, tanto l’ambiente quanto la libera iniziativa economica - centrale, nell’ottica dello
sviluppo - godono di copertura costituzionale (anche se il primo viene in realtà menzionato nell’art.
43
Art. 3-quater, comma 2 del d.lgs n. 152/2006: “anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere
finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito
della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela
dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. 44
Vista la propria delibera del 28 dicembre 1993 (suppl. G.U. n. 37 del 26/2/94), concernente il Piano nazionale
per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21, nel quale sono indicate le principali linee di azione nei
diversi settori produttivi;
Viste le proprie delibere 9 luglio 1998, n. 63 (G.U. n.199 del 27/8/98) e 5 agosto 1998, n. 79 (G.U. n. 241 del
15/10/98), con le quali sono state istituite e regolamentate, a supporto dell’attivita' di questo Comitato, le
Commissioni CIPE tra cui la Commissione sviluppo sostenibile;
117 Cost al fine del riparto di competenza legislativa Stato - Regioni); si tratta, dunque, di valori
che devono necessariamente essere bilanciati.
Detto bilanciamento avviene, per quanto concerne lo svolgimento di attività economiche, in
due “macro - momenti”: nel momento della pianificazione (messa a punto di piani e programmi) e
nella fase di autorizzazione di una singola opera. All’attività di ponderazione di cui alla prima
tipologia è preordinata la Valutazione ambientale strategica (VAS), mentre la valutazione
dell’impatto che singole opere sono destinate ad avere sull’ambiente è rimessa alla valutazione di
impatto ambientale (V.i.a.), istituto recentemente riformato ad opera del d.lgs n. 104/2017 e a cui
sono dedicate le parti seconda e terza della presente relazione.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E SVILUPPO SOSTENIBILE
PARTE I
V.I.A. E SVILUPPO SOSTENIBILE (IL CARATTERE GLOBALE DELLE VALUTAZIONI)
1. Lo sviluppo sostenibile come “finalità” della v.i.a.
L’istituto della Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito anche: v.i.a.) si pone
certamente nel solco dell’attuazione del principio dello sviluppo sostenibile, posto che obiettivo del
medesimo è valutare l’incidenza delle singole opere (progetti) sull’ambiente.
Detto istituto ha origine europea. La normativa di riferimento è da rinvenirsi - oggi - nella
Direttiva 2011/92/UE (recentemente modificata dalla Direttiva 2014/52/UE, recepita nel nostro
ordinamento a mezzo del d.lgs n. 104/2017)45
.
Il Considerando 7 della Direttiva 2011/92/UE prevede che: “l’autorizzazione di progetti
pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente dovrebbe essere concessa
solo a seguito della valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. Tale
valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed
eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto”.
Il Considerando 14 della Direttiva dispone che: “gli effetti di un progetto sull’ambiente
dovrebbero essere valutati per tenere in conto l’esigenza di proteggere la salute umana, contribuire
con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà della
specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di
vita”.
Ai sensi della Direttiva in parola, l’obiettivo precipuo della procedura di v.i.a. è quello di
garantire che un progetto: sia compatibile con la protezione della salute umana, che contribuisca
alla qualità della vita (migliorando l’ambiente) e provveda al mantenimento della varietà della
specie e alla conservazione della capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa
essenziale di vita.
Sul piano dell’ordinamento nazionale, si rileva che le finalità specifiche della v.i.a. sono
indicate dall’art. 4 del d.lgs n. 152/2006 (T.U. ambiente), il cui comma 3 menziona espressamente
lo sviluppo sostenibile, disponendo che: “la valutazione ambientale di piani, programmi e progetti
ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno
sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle
risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi
all'attività economica”.
La compatibilità dell’attività antropica con le condizioni per uno sviluppo sostenibile
costituisce dunque la vera finalità della v.i.a. Detta finalità si declina in una serie di sotto-
valutazioni, atte a verificare che l’attività antropica avvenga (per essere compatibile con le
condizioni per uno sviluppo sostenibile) nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e
delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessasi
all’attività economica. Di fatto, la disposizione in esame reca una sorta di definizione di sviluppo
sostenibile, posto che indica in quali elementi il medesimo si “declina” e si specifica.
L’art. 4 in esame contiene poi ulteriori specificazioni in relazione alle finalità della v.i.a.,
stabilendo - al comma 4 - che: “in tale ambito […] la valutazione ambientale dei progetti ha la
finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita,
provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi
in quanto risorse essenziali per la vita. A questo scopo essa individua, descrive e valuta, in modo
45
Precedentemente v. la Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.
appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti
ambientali di un progetto come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c)”.
Come si può vedere, sempre nell’ottica di valutare la compatibilità dell’attività antropica
con uno sviluppo sostenibile, le finalità della valutazione ambientale dei progetti sono variegate, e
non limitate ad aspetti squisitamente ambientali.
Molti infatti i profili che vengono in considerazione nell’ambito dei procedimenti di v.i.a.:
- protezione della salute umana;
- migliorare l’ambiente per contribuire alla qualità della vita (profili “antropocentrici”);
- mantenere le specie e conservare la capacità degli ecosistemi.
Concetti che da taluni vengono “concentrati” in quello di salvaguardia dell’habitat46
.
La valutazione dei succitati profili deve avvenire nell’ambito della valutazione degli
“impatti ambientali di un progetto come definiti all’articolo 5, comma 1, lett. c)”.
La finalità della valutazione, dunque, è preventiva, posto che interessa la fase “progettuale”
dell’opera47
.
Del resto, lo dice “il nome stesso” dell’istituto, preordinato a valutare gli impatti ambientali
di determinati progetti. Ecco che si materializza la concretizzazione del principio dello sviluppo
sostenibile: l’obiettivo è la realizzazione di progetti (che il d.lgs n. 104/2017 intende favorire, posto
che contiene modifiche e innovazioni, rispetto alla previgente disciplina della v.i.a., volte a
semplificare e snellire la procedura (tempi certi, concentrazione delle valutazioni, supervia, ecc.),
nonché a fornire elementi di maggior certezza al soggetto che intende avviare l’attività) che deve
tuttavia avvenire nel rispetto dell’ambiente (nel senso “ampio” che abbiano iniziato a focalizzare).
1.2 La nozione di progetto
Il comma 1 dell’articolo 5 reca, alla lettera g), la definizione di progetto (identica alla
definizione di “progetto recata dalla Direttiva 2011/92/UE):
46
Cfr., in questo senso:
- Consiglio di Stato, sez. IV, 05/07/2010, n. 4246: [la valutazione di impatto ambientale] “è preordinata alla
salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della
personalità umana”;
- Consiglio di Stato, sez. V, 06/07/2016, n. 3000: “la valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare
l'autorità decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico-scientifici idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente
derivanti dalla realizzazione di una determinata opera, a salvaguardia dell'habitat (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre
2012, n. 5295; sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4611): essa non si limita ad una generica verifica di natura tecnica circa
l'astratta compatibilità ambientale, ma implica una complessiva ed approfondita analisi di tutti gli elementi incidenti
sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in concreto il sacrificio imposto all'ambiente
rispetto all'utilità socio-economica perseguita (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; 9 gennaio 2014, n. 36)”. 47
Cfr. T.A.R. Campobasso, (Molise), sez. I, 05/11/2015, n. 404: “[la v.i.a.] è un istituto prettamente finalizzato alla
tutela preventiva dell'ambiente inteso nella sua più ampia accezione, con riferimento alle sue varie componenti:
paesaggio, risorse naturali, condizioni di vivibilità degli abitanti, aspetti culturali”).
“g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri
interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle
risorse del suolo”.
Definizione volutamente generica e “ampia”, che comprende anche una clausola residuale
(“altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio”).
Di alcuni progetti è prevista la valutazione degli impatti ambientali (che i medesimi sono
destinati a produrre).
In effetti, è proprio la suscettibilità di un progetto a produrre effetti sull’ambiente a porre (o
meno) la necessità dell’effettuazione di una valutazione (preventiva) ai fini dell’esercizio
dell’attività, all’esito di un procedimento che ha accertato l’assenza di impatti ambientali (da parte
dell’attività di cui al progetto) ovvero ha definito le misure e le cautele da adottarsi affinché la
predetta attività non produca o limiti gli impatti sull’ambiente.
Detta valutazione dovrà poi essere “integrata” rispetto ai procedimenti autorizzativi cui il
progetto sarebbe ordinariamente sottoposto (considerando n. 6 della Direttiva: “é opportuno
stabilire principi generali di valutazione dell’impatto ambientale allo scopo di completare e
coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un
impatto rilevante sull’ambiente”). L’ottenimento della v.i.a. non fa infatti venir meno la necessità di
ottenere atti autorizzatori, ove necessari48
.
Stabilisce in questo senso l’art. 26 del d.lgs n. 152/2006 che “il provvedimento di VIA e'
sempre integrato nell'autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti
sottoposti a VIA, nonché nell'autorizzazione integrata ambientale, ove prevista” e che
“l'autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni: a) il provvedimento di
VIA; b) le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle
caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se
possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno, una
descrizione delle misure di monitoraggio” (nel prosieguo dell’intervento si farà un cenno alla c.d.
“supervia”).
Detta integrazione è molto importante, sempre nell’ottica di una considerazione globale
degli impatti del progetto e, in generale, della compatibilità dello stesso con l’habitat (la necessità
di ottenere autorizzazioni costituisce il riflesso dell’incidenza che l’attività economica che si intende
avviare produce su una serie di interessi, pubblici e privati, meritevoli di considerazione e tutela).
1.3 Quali progetti devono essere assoggettati a v.i.a. (o a procedura di verifica di
assoggettabilità?)
48
Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 06/07/2016, n. 3000, cit.: “poiché il procedimento per la valutazione d'impatto
ambientale (VIA) e quello per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) sono preordinati ad
accertamenti diversi ed autonomi (e possano avere quindi un'autonoma efficacia lesiva, che consente l'impugnazione
separata dei rispettivi provvedimenti conclusivi: Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2015, n. 313), ben potrebbe essere
negata l'autorizzazione integrata ambientale anche in presenza di una valutazione di impatto ambientale positiva,
poiché quest'ultima è di per sé idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull'intervento proposto (Cons. Stato, sez. V,
17 ottobre 2012, n. 5295), mentre una valutazione di impatto ambientale negativa preclude il rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale”.
Per alcune tipologie di progetti l’assoggettabilità a v.i.a. è prevista ex lege (art. 6, comma 7).
Per altri è prevista una verifica di assoggettabilità alla procedura di v.i.a. (art. 6, comma 6)49
.
L’art. 7-bis indica poi quali progetti, tra quelli indicati al comma 6, sono assoggettati a v.i.a.
statale e quali a v.i.a. regionale.
La scelta del legislatore è dunque quella di indicare specificamente i progetti assoggettati
direttamente a v.i.a. e/o a verifica di assoggettabilità (mediante la tecnica normativa del rinvio agli
allegati). Non pare residuare spazio per eventuali altri “progetti” che pure, in astratto, potrebbero
produrre impatti ambientali significativi. Ciò tuttavia appare conforme al quadro normativo
europeo50
, e, già prima della riforma l’idea del “numero c iuso” dei progetti aveva trovato l’avallo
della giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Latina, (Lazio), sez. I, 30/10/2017, n. 53651
).
49
Il quale prevede che: “La verifica di assoggettabilità a VIA e' effettuata per: a) i progetti elencati nell'allegato II alla
parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi
metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; b) le modifiche o le estensioni dei progetti elencati
nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, la cui realizzazione potenzialmente possa
produrre impatti ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino conformi
agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati II e III; c) i progetti elencati nell'allegato II-bis alla parte
seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015;
d) i progetti elencati nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie
definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015”. 50
L’art. 4 della Direttiva 2011/92/UE stabilisce che alcuni progetti (elencati nell’allegato I) siano sottoposti a v.i.a. (a
norma degli artt. Da 5 a 10).
Il comma 2 del predetto art. 4 dispone poi che “per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il
progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale
decisione, mediante:
a) un esame del progetto caso per caso;
o
b) soglie o criteri fissati dallo Stato membro.
Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b)”
Ai sensi del comma 3, infine, “nell’esaminare caso per caso o nel fissare le soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si
tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III”.
In buona sostanza, la valutazione caso per caso è un’alternativa alla fissazione di soglie e criteri, non è una scelta
obbligata e necessaria. 51
“La ricostruzione dei progetti da sottoporre a v.i.a. come "numero chiuso", oltre ad apparire più rispondente al
tenore letterale delle disposizioni citate, appare d'altra parte più rispondente anche a canoni di interpretazione
sistematica, dato che la previsione degli articolati elenchi di progetti ad opera degli allegati al decreto sarebbe di
scarsa utilità se poi risultasse da sottoporre a v.i.a. ogni altro, diverso progetto che abbia effetti significativi e negativi
per l'ambiente; una simile interpretazione della normativa determinerebbe un'inevitabile incertezza giuridica e
renderebbe pertanto vano lo sforzo di tipizzazione del legislatore che risponde chiaramente all'esigenza di garantire in
questa materia certezza giuridica per gli operatori.
Anche la giurisprudenza si è del resto espressa nel senso del "numerus clausus" dei progetti da sottoporre a v.i.a. (c.f.r.
T.A.R. Piemonte 3 maggio 2010, n. 2293 e T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 6 dicembre 2001, n. 1186); va poi
aggiunto che questa soluzione è stata sostenuta anche dalla Corte di giustizia dell'unione europea (sez. VI, 10/07/2008,
n. 156) in un precedente in cui veniva in rilievo l'interpretazione dell'articolo 2, comma 1, della direttiva del Consiglio
27 giugno 1985, 85/337/CEE, che costituisce il precedente del (sostanzialmente identico) articolo 2, comma 1, della
Direttiva 13/12/2011, n. 2011/92/UE come modificata dalla Direttiva 16 aprile 2014, n. 2014/52/UE.
La conclusione è che il progetto in contestazione non rientra tra i progetti che devono essere sottoposti a valutazione
d'impatto ambientale”.
L’attività di individuazione dei progetti da assoggettare a v.i.a. o a procedura di verifica di
assoggettabilità deve ritenersi riservata allo Stato, vertendo nell’ambito della “tutela dell’ambiente”,
materia che l’art. 117 Cost. riserva allo Stato52
.
Le Regioni non sono tuttavia prive di “potestà normativa” per quanto concerne il
procedimento di v.i.a.; l’art. 7-bis, comma 8 del d.lgs n. 152/2006 stabilisce infatti che Regioni e
Province autonome possano disciplinare con propri atti normativi “l’organizzazione e le modalità di
esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale
conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agi altri enti territoriali sub-regionali”. La
dicitura “organizzazione e modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite” è
dicitura molto ampia, che si ritiene ricomprenda la definizione di disposizioni procedimentali, ma
non l’individuazione di presupposti diversi e ulteriori (sotto il profilo sostanziale) del procedimento
di v.i.a.
Ciò è peraltro confermato dal secondo periodo del comma 8, a mente del quale: “La potestà
normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea, e nel
rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari
ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del
pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei
provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale nonché per la destinazione
alle finalità di cui all’articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni
pecuniarie”.
Certamente, l’indicazione di elenchi tassativi per quanto concerne i progetti da assoggettare
a v.i.a. o a verifica di assoggettabilità a v.i.a. è elemento che si muove nel senso della certezza dei
rapporti giuridici e dell’affidamento dei privati, posto che il soggetto che intenda realizzare un
determinato progetto potrà sapere se deve passare per la procedura di v.i.a. o di verifica di
assoggettabilità a v.i.a. semplicemente “scorrendo” l’elenco dei progetti.
1.4 Significatività degli effetti - impatti ambientali
Dei succitati progetti è necessario valutare gli impatti ambientali.
La definizione di impatti ambientali è recata dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 5, che
definisce quali “impatti ambientali quegli “effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un
programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversita', con
particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtu' della direttiva 92/43/CEE e della
direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale,
52
Cfr. Corte Costituzionale, 20/10/2017, n. 218, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo 7,
comma 2, in relazione all'allegato C4, punto 7, lettera f), della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10, il
quale sottoponeva a screening (verifica di assoggettabilità) solo le strade extraurbane secondarie di dimensioni superiori
a 5 chilometri, esentando da tale procedura tutte le strade di dimensioni pari o inferiori, con una statuizione in evidente
contrasto con quanto stabilito, anche in attuazione degli obblighi comunitari, dalla disciplina statale. “E, invero”
precisava la Consulta “la limitata lunghezza dei percorsi viari esclusi dalla verifica di assoggettabilità non esclude, per
ciò solo, la rilevanza di questi ai fini dell'eventuale impatto ambientale, che ben può essere compromesso dalla
costruzione di un tratto stradale, ancorché di modeste dimensioni”).
paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati. Negli impatti ambientali rientrano gli effetti
derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio di gravi incidenti o calamita' pertinenti il
progetto medesimo 5”53
.
Gli impatti si traducono in effetti che devono essere “significativi”. Chi valuta detta
significatività? L’Autorità competente (statale o regionale)54
, nell’ambito della procedura di v.i.a. o
della verifica di assoggettabilità a v.i.a.
Sono indicati i “fattori” su cui devono prodursi gli effetti del progetto, per rientrare nella
definizione di impatto ambientale. Effetti che si producono su fattori diversi non rilevano (non
dovrebbero rilevare) ai fini della v.i.a. Inoltre, è previsto che occorra valutare gli effetti che il
progetto è destinato a produrre sulla “interazione tra i fattori sopra elencati”.
Da notare che fra i fattori sui quali il progetto può produrre effetti (che occorre valutare
nell’ambito della v.i.a.) vi sono “beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio” (oltre che, lo si è
detto, l’interazione fra i fattori). Ciò ci dà un’idea della complessità e dell’ampiezza del concetto di
sviluppo sostenibile (alla cui realizzazione la v.i.a. è preordinata), che non riguarda esclusivamente
aspetti di rilievo e matrice ambientale.
La valutazione è più ampia e complessa, tanto che è previsto che il MATTM provveda
all’acquisizione del punto di vista delle Amministrazioni interessate portatrici di detti interessi.
In quest’ottica, l’articolo 6 della Direttiva 2011/92/UE stabilisce che: “Gli Stati membri
adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la
loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro
parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione”.
La disposizione in esame fa riferimento alla “specifica responsabilità in materia di
ambiente” che deve sussistere in capo alle autorità che possono essere interessate al progetto. Una
lettura restrittiva della disposizione in esame potrebbe indurre a escludere dal novero quelle autorità
che non abbiamo competenze squisitamente ambientali. Tuttavia, la tipologia di fattori che devono
essere presi in considerazione al fine di valutare gli effetti di un progetto (es. paesaggio, beni
culturali) induce ad ampliare il novero delle autorità (diverse dal MATTM o comunque da quelle
aventi competenze ambientali specifiche) fino a ricomprendervi autorità portatrici di interessi
diversi.
53
Ai sensi dell’art. 3 della Direttiva 2011/92/UE, “La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta,
in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un
progetto sui seguenti fattori: a) l’uomo, la fauna e la flora;
b) il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
c) i beni materiali e il patrimonio culturale;
d) l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c)”. 54
Art. 5, comma 1, lett. p) autorita' competente: “la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del
provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani
e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio”.
Pluralità di profili da valutare, dunque. La valutazione non ha quindi carattere meramente e
squisitamente “ambientale” (nel senso “classico” del termine)55
.
Inoltre, sempre nell’ottica di ampliare il bagaglio istruttoria dell’Autorità procedente
(nonché di quella che sarà chiamata ad adottare il provvedimento di v.i.a., ove non coincidente con
la prima), la disciplina della v.i.a. valorizza in modo rilevante la partecipazione del pubblico (terzi
soggetti a vario titolo interessati)56
.
Del resto, è l’art. 25 (comma 1) a chiarire che: “l'autorità competente valuta la
documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle
eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle
consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma
degli articoli 24 e 32”.
Il comma 1 dell’art. 25 “si raccorda” con il comma 4 del medesimo articolo, a mente del
quale: “Il provvedimento di VIA contiene le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la
decisione dell'autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione
del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli
articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonché l'indicazione di come
tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione”.
I pareri e le osservazioni ricevute costituiscono elemento che l’autorità competente è tenuta
a valutare nell’ambito della valutazione volta all’adozione del provvedimento di v.i.a.
Stabilisce poi il secondo periodo del comma 1 dell’art. 25 che: “qualora tali pareri non
siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul
progetto, l'autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo”.
Si ritiene che la norma in esame sia volta a consentire all’Autorità competente di procedere
con l’adozione del provvedimento di v.i.a. anche a fronte del parere negativo espresso da una delle
Autorità coinvolte nel procedimento. Ciò sia in relazione ad una conclusione negativa del
55
Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 11/07/2016, n. 3059: “nell'ambito della valutazione di progetti aventi impatti
sull'ambiente ai sensi del testo unico di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e della normativa regionale attuativa, vale a
dire di conformità dell'attività antropica rispetto alle condizioni essenziali per uno sviluppo sostenibile (art. 4, comma
3), gli enti ed organi competenti siano titolati ad esprimere il loro giudizio anche su profili di carattere paesaggistico
(tra le altre: Cons. Stato, IV, 24 marzo 2016, n. 1225, 20 maggio 2014, n. 2569, 9 gennaio 2014, n. 36, 24 gennaio
2013, n. 468; V, 9 aprile 2015, n. 1805, 12 giugno 2009, n. 3770, VI, 22 settembre 2014, n. 4775, VI, 26 marzo 2013, n.
1674). […] D’altra parte, ciò corrisponde a ragioni logiche prima ancora che giuridiche, se solo si ha riguardo alla
funzione tipica della procedura di valutazione di impatto ambientale finora lumeggiata, di esame complessivo di opere
incidenti negativamente sul territorio e le collettività in esso localizzate. Pertanto, l'apprezzamento in ordine alla loro
compatibilità ambientale non può che coinvolgere anche profili di carattere paesaggistico, ed in particolare estendersi
a tutte le possibili incisioni, dirette o indirette, del bene costituzionalmente tutelato del paesaggio, con una valutazione
di tipo sostanzialistico, estesa ad ogni ambito territoriale significativo potenzialmente pregiudicato sul piano
naturalistico, anche se posto a distanza dall'area di localizzazione dell’intervento". 56
Direttiva 2011/92/UE, Considerando n. 16: “L’effettiva partecipazione del pubblico all’adozione di decisioni
consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono
essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione. Ciò accresce la responsabilità e la
trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno
alle decisioni adottate”.
procedimento, sia a fronte di una conclusione positiva; in tale ultima ipotesi è ben possibile che il
bilanciamento complessivo dei diversi interessi conduca ad una valutazione positiva anche a fronte
di un parere negativo.
1.5 La “partecipazione” di enti portatori di interessi e “pubblico”
La “partecipazione” di enti portatori di interessi e “pubblico” è disciplinata da diverse
disposizioni del T.u. ambiente. A titolo di esempio citiamo:
- l’art. 23, comma 4 (presentazione dell’istanza di v.i.a.) il quale dispone che: “l’autorità
competente comunica a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti
ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l’avvenuta pubblicazione della documentazione nel
proprio sito web”.
- l’art. 24 (consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere), che
disciplina la procedura mediante la quale viene pubblicata l’istanza di v.i.a e la relativa
documentazione, nonché le modalità mediante le quali il pubblico può “partecipare” al
procedimento (prendendo visione della documentazione e formulando osservazioni "anche
fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi” (comma 3). Il medesimo comma 3
dispone altresì che “entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle
Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23,
comma 4. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui ai periodi precedenti, il
proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle
osservazioni e ai pareri pervenuti”.
Le osservazioni (e le controdeduzioni) possono far sorgere l’esigenza di integrare o
modificare il progetto. La valutazione circa la necessità di detta modifica è rimessa alla P.A., che
richiede al proponente l’integrazione entro un termine57
.
Modalità di interlocuzione con altre P.a. e con il pubblico sono altresì previste nell’ambito
del procedimento di verifica di assoggettabilità del progetto alla v.i.a. (art. 19).
L’art. 25, comma 2 prevede poi che per i provvedimenti di v.i.a. di competenza statale il
Ministro dell’ambiente, ai fini dell’adozione del provvedimento di v.i.a., acquisisca il concerto del
MIBACT (c.2 “Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede entro il
termine di sessanta giorni all'adozione del provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da rendere entro trenta giorni dalla
richiesta”), prevedendo altresì che “in caso di inutile decorso del termine per l'adozione del
provvedimento di VIA da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
ovvero per l'espressione del concerto da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del
57
Comma 4: “Qualora all'esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del
proponente si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione
acquisita, l'autorita' competente, entro i trenta giorni successivi, puo', per una sola volta, stabilire un termine non
superiore ad ulteriori trenta giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della
documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del proponente l'autorita' competente puo' concedere, per
una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non
superiore a centottanta giorni. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio
stabilito, l'istanza si intende respinta ed e' fatto obbligo all'autorita' competente di procedere all’archiviazione”.
turismo, su istanza del proponente o dei Ministri interessati, l'adozione del provvedimento e'
rimessa alla deliberazione del Consiglio dei ministri che si esprime entro i successivi trenta
giorni”.
La norma non specifica se la remissione al Consiglio dei ministri della decisione si riferisca
solo al silenzio del Ministro concertante ovvero anche al caso di concerto negativo (il dato letterale
sembra far propendere per la prima soluzione).
1.6 Obiettivo della v.i.a.: la valutazione dell’impatto ambientale e l’annullamento e/o la
mitigazione dello stesso
La v.i.a. non ha solo lo scopo di valutare l’impatto ambientale di determinati progetti, ma
deve servire anche a fornire “soluzioni” per annullare del tutto detto impatto, o quantomeno per
mitigarlo (cfr., in questo senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 26/02/2015, n. 975: “la VIA concerne i
singoli progetti ed è necessaria ai fini della verifica dell'entità dell'impatto ambientale dell'opera
proposta, in guisa da stimolare soluzioni mitigative da valutare secondo il principio dello sviluppo
sostenibile, sino all'opzione "zero", qualora l'impatto non sia evitabile neanche con l'adozione di
cautele”).
Nell’ottica del bilanciamento dei diversi interessi in gioco, l’interesse ambientale, benché
certamente primario e preponderante, non è sempre vincente (ad ogni costo). Deve essere bilanciato
con gli altri.
Del resto, “la salvaguardia del bene ambiente - pur se prioritario - non può tuttavia
riguardarsi come un valore assoluto, dovendosi contemperare la tutela ambientale con la cura di
altri interessi ritenuti dall'ordinamento meritevoli di tutela, quali la valorizzazione delle risorse, la
promozione dell'iniziativa imprenditoriale e dell'occupazione, secondo la specificità del territorio
sotto il profilo socio-economico” (così T.A.R. Lecce, (Puglia), sez. I, 22/06/2017, n. 1030).
Lo scopo, dunque, è l’effettuazione della valutazione dell’impatto ambientale, valutazione
che tuttavia non è fine a se stessa, ma è funzionale a elaborare soluzioni mitigative degli impatti.
Nella rosa di soluzioni a disposizioni della P.A. vi è anche la c.d. “opzione zero”, vale a dire la non
adozione dell’atto di v.i.a. (rectius: di una valutazione negativa) ove l’impatto non sia evitabile
neanche con cautele e sempre nell’ottica di una ponderazione globale58
.
58
Sul tema del bilanciamento tra interessi ambientali e interessi economici si segnalano, tra le tante: - T.A.R. Catania, (Sicilia), sez. II, 29/05/2014, n. 1515: “la procedura di valutazione di impatto ambientale si
sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto
rispetto all'utilità socio-economica conseguita con la realizzazione dell'impianto, tenuto conto anche delle alternativi
possibili, investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali dell'impianto stesso (e più in generale
dell'opera da realizzare)”;
- Consiglio di Stato, sez. V, 02/10/2014, n. 4928: “La giurisprudenza ha ripetutamente affermato (Cons. St., sez. V, 31
maggio 2012, n. 3254; 22 giugno 2009, n. 4206; sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; 5 luglio 2010, n. 4246; VI, 17
maggio 2006, n. 2851) che, alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari
finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta
compatibilità ambientale dell'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il
sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei
Non si ha la presunzione che un progetto possa avere impatto “zero”59
.
1.7 Il giudizio di compatibilità ambientale, espressione di una discrezionalità “mista”
Circa l'esatta individuazione della natura del potere esercitato dalla P.A. in sede di v.i.a.,
inizialmente si riteneva che esso fosse espressione esclusivamente di discrezionalità tecnica60
.
L’evoluzione giurisprudenziale ha invece affermato che si tratta di discrezionalità “mista”61
.
riflessi sulla stessa c.d. opzione - zero; in particolare, è stato evidenziato che "la natura schiettamente discrezionale
della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo,
rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove
l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento
dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non
giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in
conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse
naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste" (Cons. St, sez. IV, 5
luglio 2010, n. 4246; sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933). La valutazione di impatto ambientale non è perciò un mero
atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie
dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di
indirizzo politico - amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio),
attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici,
naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati. Ciò del resto è del tutto coerente con la
funzione stessa della valutazione di impatto ambientale che (Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36), "è preordinata
alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto, in quanto espressivo
della personalità umana (Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto
fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva 27 luglio 1985 n. 85/337/CEE, concernente la valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati); diritto che obbliga l'amministrazione a
giustificare, quantomeno ex post ed a richiesta dell'interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a
V.I.A. all'esito di verifica preliminare (Corte giust. 30 aprile 2009, C75/08). A tali fini, l'ambiente rileva non solo
come paesaggio, ma anche come assetto del territorio, comprensivo di ogni suo profilo, e finanche degli aspetti
scientifico-naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti
specificamente ai profili estetici della zona", sottolineandosi che la stessa Corte Costituzionale (sent. 7 novembre
2007, n. 367), ha affermato che "lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, è
di per sé un valore costituzionale", da intendersi come valore "primario" (Corte Cost., sentt. nn. 151/1986;
182/2006), ed "assoluto" (sent. n. 641/1987). 59
Cfr., con riferimento alle conseguenze “sul paesaggio”, T.A.R. Brescia, (Lombardia), sez. I, 14/09/2016, n. 1197:
“per quanto riguarda le conseguenze sul paesaggio, si osserva che neppure nelle aree effettivamente sottoposte a
vincolo si richiede che una nuova opera abbia impatto zero (v. TAR Brescia Sez. I 1 ottobre 2014 n. 1024; TAR Brescia
Sez. I 11 gennaio 2010 n. 9). A maggior ragione è quindi sufficiente, al di fuori delle aree vincolate, che il giudizio
paesistico si limiti a verificare se nel progetto vi sia un rapporto accettabile tra la nuova edificazione e la perdita delle
caratteristiche ambientali preesistenti”. 60
T.a.r. Lazio, Sez. II-bis, 20 settembre 2007, n. 9172: “Ricorre esercizio di discrezionalità tecnica, qualora
l'amministrazione per provvedere su un determinato oggetto debba applicare una norma tecnica cui la norma giuridica
conferisce rilevanza”. 61
“Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione esercita una amplissima
discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court
sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità
amministrativa e istituzionale sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti e della loro
ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera o del progetto, apprezzamento che è sindacabile dal G.A.
soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata, o sia stata
svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto
all’amministrazione" (così T.A.R. Venezia, (Veneto), sez. III, 02/11/2016, n. 1225).
Molteplici sono i profili che vengono in rilievo nell’ambito della valutazione di impatto
ambientale, in considerazione del fatto che quello di sviluppo sostenibile è concetto ampio, che
racchiude in sé una serie di elementi e di fattori, come abbiamo detto. Non solo, quindi, valutazioni
effettuate sulla base di elementi e dati forniti dalle scienze o dalle arti (attingendo alle quali la P.a.
effettua le proprie scelte), ma una vera e propria ponderazione di interessi, pubblici e privati, che
devono tra loro essere bilanciati. Dunque, una discrezionalità “mista” (tecnica e amministrativa).
1.8 Sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità della P.a.
Chi studia il diritto amministrativo sa che, normalmente, al riconoscimento dell’ampia
discrezionalità dell’Amministrazione (sia tecnica che amministrativa, e dunque nell’ottica della
ponderazione dei diversi interessi in gioco) segue l’affermazione della sussistenza di un sindacato
debole del Giudice amministrativo.
Non si parla di giudizio c.d. estrinseco (che si arresta alla valutazione di errori macroscopici
senza entrare nel giudizio tecnico, anche se non sono mancate pronunce in tal senso:cfr. T.A.R.
Parma, (Emilia-Romagna), sez. I, 30/06/2016, n. 218), posto che il Giudice può verificare, sempre
sotto il profilo tecnico, la correttezza delle valutazioni della P.a. (anche mediante CTU), tuttavia il
suo giudizio si arresta ove non emergano errori nelle valutazioni tecniche; a fronte di più scelte
(opinabili, ma corrette sul piano tecnico), le scelte dell’Amministrazione sono sostanzialmente non
sindacabili62
. Se a ciò si aggiunge che vengono a intersecarsi valutazioni attinenti all’esercizio di
discrezionalità tecnica, con altri concernenti l’esercizio di discrezionalità amministrativa, ben si
comprende quanto di fatto rischi di essere poco penetrante il sindacato del giudice amministrativo63
.
62
Conduce a censurare soltanto le valutazioni tecniche che appaiono senz'altro inattendibili, attraverso un controllo di
ragionevolezza e coerenza tecnica della determinazione amministrativa teso ad accertarne l'attendibilità sul piano
scientifico. La conclusione è quella della NON censurabilità della valutazione tecnica ove, anche attraverso la
consulenza, si metta in rilievo una diversità dell'opinione del giudice da quella della PA ma non l'erroneità tecnica della
stessa. Diverso dal sindacato ESTRINSECO, nel quale la censurabilità era legata al manifestarsi di errori ed illogicità
tali da essere comprensibili anche all'uomo della strada. Qui siamo pur sempre in presenza di controllo INTRINSECO
(“tecnico”) su valutazioni di PA. Ma se non emergono errori e vi sono più soluzioni (quindi vi è opinabilità della scelta)
non può prevalere quella del Giudice.
Consiglio di Stato, sez. VI, 25/02/2003, n. 1054: “Il convincimento dell'Autorità garante della concorrenza e del
mercato sulla complessiva ingannevolezza di un messaggio pubblicitario, alla stregua dell'indirizzo assunto dalla
sezione in materia di sindacato sulla discrezionalità tecnica qualificata delle autorità indipendenti, non è sindacabile, in
caso di corretta e completa acquisizione degli elementi di fatto rilevanti, se non sul piano della ragionevolezza e della
congruità della valutazione, con l'esclusione di interventi di carattere sostitutivo incompatibili con l'opinabilità dei
giudizi e con la non oggettività ed esattezza delle discipline di riferimento”. 63
Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 10/02/2017, n. 575: “il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di
oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul
piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse
dell'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta
illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti
perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione, anche perché la
valutazione di impatto ambientale non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto,
trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico -
amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il
bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di
sviluppo economico - sociale) e privati"; è stato inoltre condivisibilmente rilevato (T.A.R. Venezia, -Veneto-, sez. III,
25/03/2016, n. 311) che "la valutazione d'impatto ambientale, in quanto finalizzata alla tutela preventiva dell'interesse
E’ tuttavia sindacabile l’eventuale erroneità del giudizio (sotto un profilo tecnico)64
.
PARTE II
DISCREZIONALITÀ DELLA P.A. E AFFIDAMENTO DEI PRIVATI
La presente parte è volta ad analizzare il tema dello sviluppo sostenibile (in rapporto alla
v.i.a.) sotto un diverso angolo prospettico.
Si è detto che oggi è impensabile ragionare della tutela dell’ambiente senza considerare
anche lo sviluppo, che deve sempre essere promosso, garantito e tutelato.
Lo sviluppo passa, in larga misura, attraverso le iniziative economiche dei privati e gli
investimenti. Investimenti e iniziative economiche richiedono, notoriamente, che vengano garantiti
taluni fattori: certezza, speditezza, non aggravio (inutile) delle spese.
In questo senso, l’amplissima discrezionalità di cui gode l’Autorità competente ad effettuare
le valutazioni in materia di v.i.a. (naturalmente giustificata dalla complessità degli interessi in gioco
e delle valutazioni che è chiamata ad effettuare) può costituire un freno, agli investimenti,
configurando un fattore di incertezza.
Un “correttivo” alla situazione descritta sopra (e all’ampia discrezionalità
dell’Amministrazione), nell’ottica di un aumento degli elementi di “certezza” su cui può contare chi
intende investire, può realizzarsi dettando una disciplina normativa di maggior dettaglio. Questo
perché più cose sono “scritte” nelle norme, minore è lo spazio di discrezionalità di cui è titolare
l’Amministrazione.
Si collocano in tale ottica diverse previsioni della disciplina della v.i.a. Se ne prenderanno in
considerazione alcune, ritenute particolarmente significative.
1. In relazione alla fase di assoggettabilità a v.i.a.
Per quanto concerne il “contenuto” da dare alla documentazione (elaborati progettuali, studi
ambientali, ecc.), si consideri, ad esempio, l’articolo 19 (post riforma), che descrive in modo
dettagliato i contenuti che deve avere lo “studio preliminare ambientale”65
, che viene redatto ai fini
della verifica di assoggettabilità a v.i.a. Viene effettuato un rinvio all’Allegato IV-bis alla Parte
seconda del d.lgs n. 152/2006 (lo studio deve essere redatto “in conformità a quanto contenuto
nell’Allegato IV-bis”)66
. Il proponente dispone dunque di una serie di elementi cui fare riferimento
pubblico, non si risolve in un mero giudizio tecnico, presentando profili particolarmente elevati di discrezionalità
amministrativa, che sottraggono al sindacato giurisdizionale le scelte effettuate dall'amministrazione quando non siano
manifestamente illogiche e incongrue”. 64
Cfr. in questo senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 16/12/2016, n. 5339. 65
Art. 5, c. 1, lett. g-bis) studio preliminare ambientale: “documento da presentare per l'avvio del procedimento di
verifica di assoggettabilità a VIA, contenente le informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili
effetti significativi sull'ambiente, redatto in conformità alle indicazioni contenute nell'allegato IV-bis alla parte seconda
del presente decreto”. 66
Allegato IV-bis: “Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo 19 1. Descrizione del progetto,
comprese in particolare: a) la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei
ai fini della redazione dello studio preliminare (che deve essere “redatto in conformità” a quanto
disposto dall’Allegato).
Dall’analisi degli elementi di cui all’Allegato IV-bis emerge, nuovamente, il carattere di
valutazione “globale” degli impatti (potenziali) sull’ambiente del progetto, che il proponente deve
illustrare e sottoporre all’Autorità. Ed infatti, il proponente deve fornire la descrizione delle
caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto; della localizzazione del progetto (importante quindi
il riferimento alla area specifica e alla “sensibilità ambientale” della stessa); delle componenti
dell’ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante; di tutti i probabili effetti
rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano
disponibili, risultanti da: “a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove
pertinente; b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità”.
1.1 La valutazione dell’Autorità.
La valutazione dell’Autorità competente si deve basare sui criteri di cui all’Allegato V alla
Parte Seconda, altro elemento suscettibile di limitare la discrezionalità dell’Autorità stessa e che
mostra il carattere “globale” della valutazione concernente gli impatti ambientali del progetto (art.
19, comma 5: “L'autorità competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda
del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di
eventuali altre valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative
europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi”).
La norma in esame prevede clausole “residuali” (i risultati delle “altre valutazioni”), ma è indubbio
che il nucleo forte della valutazione poggi sui criteri dell’Allegato V.
Questo rappresenta un altro elemento utile per il proponente, che potrà strutturare lo studio
preliminare tenendo a riferimento gli elementi e i criteri dell’Allegato V (del resto, il punto 4
dell’Allegato IV-bis (rubricato: “Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo
19”) dispone che “Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene
conto, se del caso, dei criteri contenuti nell’allegato V”). La dicitura “se del caso” non è
chiarissima; se ne ricava che il riferimento ai criteri non è condizione di “ammissibilità” dello
studio; è però certamente interesse del proponente tenerli a riferimento - sempre che siano riferibili
allo specifico progetto - per aumentare le possibilità di ottenere una determinazione
dell’Amministrazione a sé favorevole).
lavori di demolizione; b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la
sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere interessate. 2. La descrizione delle componenti
dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante. 3. La descrizione di tutti i probabili effetti
rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da: a) i
residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente; b) l'uso delle risorse naturali, in particolare
suolo, territorio, acqua e biodiversità. 4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si
tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V. 5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del
caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base alle normative
europee, nazionali e regionali e può contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure
previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e
negativi”.
Anche l’analisi dei criteri di cui all’Allegato V alla Parte seconda è utile a mostrare il
carattere “globale” che possiede una valutazione compiuta nell’ottica dell’attuazione del principio
dello sviluppo sostenibile67
. In particolare, la parte dell’Allegato V concernente la localizzazione
dell’opera dispone che - ai fini della verifica dell’assoggettabilità a v.i.a. - si valuta l’impatto del
progetto tenendo conto, in particolare:
b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di
rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e
biodiversità) e del relativo sottosuolo”. Questa voce valuta l’impatto ambientale strettamente inteso
ma, come è logico, pure le ripercussioni degli effetti incidenti sull’ambiente anche rispetto alla vita
“economica” della collettività territoriale di riferimento (le risorse naturali naturalmente
costituiscono anche risorse economiche);
c7) “zone a forte densità demografica”. Giova ricordare che, nel prisma dello sviluppo
sostenibile, rientra anche la necessità di salvaguardare la salute umana;
c8) “zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica. E qui richiamiamo
quanto abbiamo rilevato in precedenza (sempre nell’ottica del carattere globale della valutazione,
nella quale rientrano valutazione anche di carattere paesaggistico);
c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'articolo 21 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
La globalità degli effetti del progetto di cui occorre tener conto, ai fini della valutazione
dell’impatto ambientale (sempre nell’ottica dello sviluppo sostenibile), impone l’apertura di un
confronto fra una pluralità di soggetti, pubblici e/o privati, che potrebbero essere portatori di
interessi da ponderare con quelli più squisitamente attinenti alla valutazione dell’impatto ambientale
(interesse economico del privato, da una parte, tutela dell’ambiente, dall’altro).
L’art. 19 contempla dunque una fase di confronto (simile al market test dei procedimenti
antitrust), che prevede:
- la pubblicazione dello studio preliminare ambientale (su sito web Autorità competente);
- la comunicazione alle Amministrazioni e agli enti territoriali potenzialmente interessati
l’avvenuta pubblicazione della documentazione;
- la possibilità, per chiunque abbia interesse, di prendere visione della documentazione e presentare
osservazioni all’Autorità competente entro 45 giorni dalla pubblicazione;
67
Si consideri che l’Allegato V dispone che le caratteristiche dei progetti devono tener conto di una serie di elementi,
tra cui: a) delle dimensioni e della concezione dell'insieme del progetto;
b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati (elementi importante per valutare la globalità dell’impatto, anche
in relazione ad altri insediamenti e attività già presenti sul territorio);
c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversita’ (si valuta impatto su
specifiche risorse ambientali);
d) della produzione di rifiuti;
e) dell'inquinamento e disturbi ambientali;
f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamita' attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento
climatico, in base alle conoscenze scientifiche;
g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione
dell'acqua o all'inquinamento atmosferico.
Le osservazioni pervenute sono suscettibili di costituire un vincolo alla discrezionalità
dell’Autorità competente, quantomeno sotto il profilo del rafforzamento dell’onere motivazionale
sulla medesima incombente. Dispone infatti il comma 5 dell’articolo 19 che: “l'Autorità
competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto,
tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni
degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o
regionali, verifica se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi”.
2. La definizione del livello di dettaglio degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di
v.i.a.
Sempre nell’ottica di “semplificare la vita” al proponente e in qualche modo “contenere” la
discrezionalità dell’Autorità preposta ad effettuare le valutazioni, l’articolo 20 (rubricato:
“Definizione del livello di dettaglio degli elaborati progettuali ai fini del procedimento di v.i.a.”)
prevede una fase (facoltativa e preliminare). Stabilisce, al primo comma, che “il proponente ha la
facoltà di richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con l'autorità competente al fine
di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati progettuali
necessari allo svolgimento del procedimento di VIA. A tal fine, il proponente trasmette, in formato
elettronico, una proposta di elaborati progettuali”.
Ai fini di cui all’articolo 20, il proponente è tenuto a presentare esclusivamente una
“proposta di elaborati progettuali”. Dunque, documentazione progettuale in fase solo “embrionale”.
A fronte della ricezione di una richiesta ex art. 20, l’Autorità competente è tenuta a dare una
risposta, entro un termine definito.
Ai sensi del comma 2 della disposizione in esame, “sulla base della documentazione
trasmessa dal proponente, l’Autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione della
proposta, comunica al proponente l'esito delle proprie valutazioni, assicurando che il livello di
dettaglio degli elaborati progettuali sia di qualità sufficientemente elevata e tale da consentire la
compiuta valutazione degli impatti ambientali”.
Interessante valutare quale vincolo si crei sull’Autorità rispetto a quanto affermato in questa
fase (anche in ragione del principio di affidamento), anche in considerazione del fatto che, ai sensi
del secondo comma dell’art. 20, la valutazione dell’Autorità “assicura” (al proponente) che il livello
di dettaglio degli elaborati progettuali sia di qualità sufficientemente elevata e tale da consentire la
compiuta valutazione degli impatti ambientali. A fronte di una risposta positiva, da parte
dell’Amministrazione, il proponente non potrà - ragionevolmente - vedersi muovere contestazioni
sulla qualità e sul livello di dettaglio degli elaborati progettuali.
3. La “preconsultazione” facoltativa in relazione alla predisposizione dello studio di impatto
ambientale
L’art. 21 prevede poi una fase (facoltativa, in quanto attivata solo su richiesta del
proponente) di (pre)consultazione e confronto fra proponente e Autorità con riferimento specifico
allo studio di impatto ambientale. Lo studio di impatto ambientale è il “documento che integra gli
elaborati progettuali ai fini del procedimento di VIA, redatto in conformità alle disposizioni di cui
all'articolo 22 e alle indicazioni contenute nell'allegato VII alla parte seconda del presente
decreto”. E’ dunque un documento che si riferisce alla v.i.a. vera e propria (successiva alla fase di
verifica di assoggettabilità).
(art. 21): “Il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'Autorità
competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle
informazioni, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione
dello studio di impatto ambientale”68
.
Il confronto non è circoscritto al proponente e all’Autorità competente, ma coinvolge anche i
“soggetti competenti in materia ambientale”.
La norma non contiene alcun riferimento temporale (quando può essere attivata questa
fase?). Ragionevolmente, detta fase può essere attivata, prima della presentazione dell’istanza di
v.i.a., da parte dei soggetti tenuti comunque ad effettuare la v.i.a. (cfr. i progetti elencati all’art. 6,
comma 7 del d.lgs n. 152/2006: “La VIA e' effettuata per: …”), ovvero successivamente al
superamento della verifica di assoggettabilità, per i soggetti tenuti ad effettuare detta procedura.
Il comma 2 prevede poi una fase di consultazione. Come per le consultazioni ex art. 19, è
prevista la pubblicazione sul sito web dell’Autorità procedente ed è stabilito che la pubblicazione
venga comunicata esclusivamente (in via telematica) a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti
territoriali potenzialmente interessati ma, a differenza del predetto art. 19, non è previsto un termine
entro il quale gli interessati (oltre le succitate PA) possano presentare osservazioni; del resto, il
comma 3, prevede che l’Autorità competente si esprima (con un parere) sulla portata e sul livello di
dettaglio delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale entro sessanta giorni
dalla messa a disposizione della documentazione sul proprio sito web “sulla base della
documentazione trasmessa dal proponente e della consultazione con i soggetti di cui al comma 2”.
Naturalmente, un parere “positivo” non può che avere l’effetto di “blindare” lo studio di
compatibilità ambientale (interessante in questo senso chiedersi se e in quale misura l’Autorità
potrebbe “tornare sui propri passi”, cambiando idea).
3. La procedura di v.i.a. La redazione dello studio di impatto ambientale
Anche qui strumenti che possono consentire al proponente di redigere uno studio che abbia
chances di essere vagliato positivamente.
68
L'avvio della procedura di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto dall'autorità competente sulla base
delle valutazioni di cui all'articolo 6, comma 9, ovvero di quelle di cui all'articolo 20)
La base per la redazione dello studio è costituita dal parere reso all’esito della fase ex art. 21
(se attivata). Inoltre, il proponente (nella redazione dello studio) dovrà fare riferimento alle
“indicazioni e ai contenuti” di cui all’Allegato VII alla Parte seconda.
Il comma 3 della norma in esame indica altresì le informazioni minime che lo studio di
impatto ambientale deve contenere69
.
Le lettere b), c) e d) rappresentano il “cuore” dello studio, dal momento che sono funzionali
a illustrare all’Autorità, preposta ad effettuare la valutazione gli effetti significativi sull’ambiente
del progetto, le misure previste per mitigare o attuire detti impatti nonché le alternative che il
proponente ha valutato rispetto al progetto presentato (che dunque dovrà configurare la miglior
soluzione dal punto di vista ambientale, o quantomeno la più bilanciata rispetto al sacrificio di altri
interessi (economici).
4. La “supervia” (Provvedimento unico in materia ambientale)
A conclusione di questa carrellata concernente i principali strumenti funzionali ad
aumentare il grado di “affidamento” del privato, occorre prendere in considerazione un ultimo
istituto, che certamente si colloca nell’ottica della semplificazione, dello snellimento delle
procedure e della salvaguardia dell’affidamento del privato che investe su uno specifico progetto.
Trattasi della c.d. supervia, istituto che ha la finalità fondamentalmente semplificatorie, per
consentire al proponente di ottenere, nell’ambito di un unico procedimento, tutti gli atti
amministrativi che gli servono per poter avviare l’attività.
L’art 27 dispone, al comma 1, che: “nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale,
il proponente può richiedere all’autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato
nell’ambito di un provvedimento unico comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere,
concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per
la realizzazione e l’esercizio del progetto […]”
69
Nello specifico: “(a) una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e
concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti; b) una descrizione dei probabili effetti
significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione; c) una
descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti
ambientali significativi e negativi; d) una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente,
adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni
principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali; e) il progetto di
monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del
progetto, che include le responsabilità e le risorse necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio; f)
qualsiasi informazione supplementare di cui all'allegato VII relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto
specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio)”. Dispone poi il
comma 5 che: “per garantire la completezza e la qualità dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati
necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente: a) tiene conto delle conoscenze e dei metodi di
valutazione disponibili derivanti da altre valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione europea,
nazionale o regionale, anche al fine di evitare duplicazioni di valutazioni; b) ha facoltà di accedere ai dati e alle
pertinenti informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni, secondo quanto disposto dalle normative
vigenti in materia; c) cura che la documentazione sia elaborata da esperti con competenze e professionalità specifiche
nelle materie afferenti alla valutazione ambientale, e che l'esattezza complessiva della stessa sia attestata da
professionisti iscritti agli albi professionali”.
Il comma 2 della norma in esame dispone poi che il provvedimento unico di cui al comma 1
comprende il rilascio di numerosi titoli, espressamente elencati dalla norma70
.
L’art. 27-bis del d.lgs n. 152/2006 prevede poi il provvedimento “autorizzatorio unico
regionale”.
La macro differenza fra il provvedimento ex art. 27 e quello di cui all’art. 27-bis è costituita
dal fatto che mentre l’art. 27 è volto a sostituire “ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla
osta, o atto di assenso” riferito alla sola "materia ambientale”, questa specificazione non è prevista
per il provvedimento “autorizzatorio unico regionale”71
, che dunque appare essere ancora più
“unico” (e semplificatorio) di quello statale.
Un’altra differenza di non lieve momento è rappresentata dal fatto che mentre il
procedimento unico statale appare facoltativo (attivabile su richiesta del proponente) per l’ambito
regionale sembra porsi quale unica strada percorribile72
.
In entrambi i casi è prevista la convocazione di una Conferenza di servizi, ai fini
dell’acquisizione e della ponderazione dei diversi interessi pubblici in un contesto unico e unitario.
La finalità “semplificatrice” delle disposizioni citate appare chiara, e si ritiene non necessiti
di ulteriori specificazioni.
70
Fra i titoli “sostituiti”: A) Autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del presente decreto;
B) autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee di cui all’articolo 104
del presente decreto
C) autorizzazione riguardante la disciplina dell’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e
attività di posa in mare di cavi e condotte di cui all’art. 109 del presente decreto;
D) autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
E) autorizzazione culturale di cui all’articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
F) autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, e al decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
G) nulla osta di fattibilità di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105;
H) autorizzazione antisismica di cui all’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 71
Art. 27-bis, comma 1: “nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all’autorità
competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali
previsti dalle normative di settore per consentire la computa istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di
tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati,
necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco
predisposto dal proponente stesso”. 72
Dispone infatti il comma 1 dell’art. 27 bis che “nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il
proponente presenta all’autorità competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la
documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria
tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti,
nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizza e all’esercizio del medesimo progetto e indicato
puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso”.
CONCLUSIONI
V.I.A. E SVILUPPO SOSTENIBILE. IL CARATTERE “GLOBALE” DELLA VALUTAZIONE, IL RUOLO
DELLA PARTECIPAZIONE E LA TUTELA DEI PRIVATI.
Lo sviluppo sostenibile, principio cui deve conformarsi “ogni attività umana giuridicamente
rilevante” (ai sensi e ai fini del T.u. ambiente) impone di valutare gli effetti che determinati progetti
possono produrre sull’ambiente. Ambiente che, come detto, non deve essere inteso in un’accezione
restrittiva (“squisitamente ambientale”) ma deve, all’opposto, essere inteso in senso ampio, come
comprendente una pluralità di fattori che determinano il livello di qualità della vita degli esseri
umani. La globalità degli effetti che occorre valutare determina il radicarsi, in capo all’Autorità
competente, di una discrezionalità assai ampia, avente natura mista (tecnico - discrezionale).
Ciò, naturalmente, risulta “confortante , quantomeno “sulla carta”, posto che chi ha a cuore
le esigenze di tutela ambientale (e di effettiva implementazione del principio dello sviluppo
sostenibile) non può che vedere con favore l’attribuzione al soggetto istituzionalmente competente
ad effettuare tale valutazione, di una discrezionalità ampia, rispetto alla quale lo stesso Giudice
amministrativo tende ad “auto-limitarsi”.
Se ciò è vero, non può però non rilevarsi come l’ampiezza della discrezionalità riconosciuta
all’Amministrazione possa produrre effetti controproducenti, se non adeguatamente “mitigata”,
soprattutto per quanto concerne gli elementi di “certezza” che chi investe pretende sussistano (al
fine di “imbarcarsi” in un’avventura economica pure molto “significativa”).
In questo senso la nuova v.i.a. ha introdotto una serie di istituti che si muovono certamente
in questa direzione (fasi “pre-consultive”, indicazioni di “criteri” in via normativa, accelerazioni,
meccanismi per il superamento del dissenso, supervia, ecc.), nella speranza di dare reale e concreta
attuazione allo “sviluppo sostenibile”.
La ricerca di detto punto di equilibrio (fra esigenze di tutela dell’ambiente e necessità di non
paralizzare gli investimenti) rappresenta una delle sfide più impegnative che attendono le
Amministrazioni preposte alla cura dei procedimenti di v.i.a. nel prossimo futuro. Sarà la prassi e
l’analisi di quanto concretamente avverrà in ambito procedimentale a indicare se l’obiettivo che il
legislatore del 2017 si era prefissato sarà stato effettivamente conseguito.