Tu MENSILE PER INSEGNANTI GENITORI E STUDENTI...

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Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma T UTTOSCUOL A T UTTOSCUOL A MENSILE PER INSEGNANTI GENITORI E STUDENTI FONDATO DA ALFREDO VINCIGUERRA GIUGNO 2015 - NUMERO 553 - ANNO XLI - EURO 3,50 E adesso in vacanza!

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E adesso in vacanza!

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Tutti in gita…Tutti in gita…L’Italia dei parchi e delle vacanze verdi

Percorsi culturali in Italia e all’estero

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NovitàEdizioNE 2015

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l’Editoriale

3TuTToSCuoLA n. 553

CBenvenute vacanze

Ci volevano proprio queste vacanze. Ne abbiamo viste e sentite tante, in questi mesi. Anche sull’istru-zione: prima l’impegno forte per la ristrutturazione degli istituti scolastici, poi la consultazione per la messa a punto del progetto sulla Buona Scuola, la promessa delle assunzioni, la rivolta dei docenti contro il disegno di legge varato dal governo, in-fine la minaccia del blocco degli scrutini. E poi il braccio di ferro sempre più duro coi sindacati, che temono che il governo miri a sottrarre al contratto, per affidarla alla legge, la regolamentazione di molte materie riguardanti il rapporto di lavoro, e puntano alla conservazione dell’assetto esistente.

Il solito copione, verrebbe da dire, se non ci fosse il pericolo di alimentare, ancora di più, il qualun-quismo e la disaffezione dei cittadini verso la vita pubblica e verso la stessa scuola. Ammettiamolo: difficile non lasciarsi andare a un senso di sfiducia, davanti a questo spettacolo, tristemente ripetitivo. Difficile non pensare che sia meglio spegnere la tv, gettare i giornali e rifugiarsi nel proprio particolare. Ma noi preferiamo guardare con fiducia al futuro. Ecco perché, per adesso, attendiamo con sollievo le vacanze estive che ci aspettano, che nella scuola – diciamolo con franchezza – sono molto lunghe. Con la speranza che portino rif lessione, che aiutino a meditare, oltre che a riposare.

Perché, innanzitutto, le vacanze sono una occa-sione di crescita, non solo di svago. Una opportu-nità per guardarsi meglio allo specchio. E di avere un attimo così, per rimettere in ordine le cose, per comprenderle e comprenderci meglio, ne abbiamo tutti proprio bisogno, a cominciare dal mondo della

scuola. Quello che ci aspetta a settembre sarà, infatti, ancora una volta un anno difficile, delicato, comples-so. Un anno che potrebbe segnare una svolta o uno che potrebbe far segnare un grave ritorno al passato. Iniziarlo con il piede giusto, con l’energia necessaria, con la voglia di farcela, sarebbe già un segnale di svolta. Farlo con un quadro normativo adeguato, con riforme ponderate potrebbe dare uno slancio impor-tantissimo, anche per il futuro dell’intero Paese.

Perché al centro della scuola – lo ripetiamo – non devono esserci le battaglie politiche o sindacali, gli scontri ideologici, i bracci di ferro tra i lavoratori. Al centro della scuola devono esserci gli studenti, la loro educazione, la loro preparazione per l’ingresso nella vita, che non è solo quella del lavoro. Al centro della scuola ci devono essere i docenti, che devono essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il loro delicato lavoro. Al centro della scuola ci sono le famiglie, che hanno il diritto di avere dalle istituzioni scolastiche quella attenzione che i loro figli meritano. Non c’è più spazio per tutto il resto. Il livello di sopportazione della gente è ormai arri-vato pericolosamente a un limite. Non accorgersene adesso potrebbe portare a gravissimi errori da parte della nostra classe dirigente. Parlare di cambiamenti necessari e non prepararli in una visione di lungo termine, parlare di riforme e non attuarle, parlare di una nuova stagione perché tutto resti com’è, è gettare benzina sul fuoco. Tutto questo, aggravato dal cancro della corruzione che in questi mesi ha mostrato tutto il suo nuovo potere, è molto grave e molto pericoloso. Se scoppia l’incendio, si rischia di bruciare tutto.

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4 TuTToSCuoLA n. 553

Direttore Responsabile Giovanni VinciguerraComitato Scientifico

Giorgio Allulli - Dario Antiseri Antonio Augenti - Sebastiano Bagnara Giuseppe Costa - Gaetano Domenici

Paola Gallegati - Silvano TagliagambeCoordinatore Comitato Scientifico

Alfonso Rubinacci Segretario del Comitato

Paola GallegatiRedazione

Maurizio Amoroso Sergio Govi

Orazio NiceforoSped. Abb. Post. D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 1 DCB Roma

Registrazione del Tribunale di Roma n. 15857 del 7-4-1975

Direzione, redazione, amministrazione TUTTOSCUOLA

Via della Scrofa, 39 - 00186 Roma tel. 06.68307851 - fax 06.68802728

http://www.tuttoscuola.com e-mail: [email protected]

Editrice Srl “EDITORIALE TUTTOSCUOLA” Via della Scrofa 39 - 00186 Roma

Progetto grafico Massimo Cerasi

Impaginazione Emilmarc srl

Stampa Graphicscalve Spa

Località Ponte Formello, 1/3/4 24020 - Vilminore di Scalve (BG)

Tel. (+39) 0346 580127 www.graphicscalve.it

Gli articoli possono essere parzialmente riprodotti

purché venga citata la fonte

Una copia arretrata 6 euro

I manoscritti e le fotografie anche non pubblicati non verranno restituiti

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 26-05-2015

PeR Le InSeRzIOnI PUbbLICITARIe

COnTATTARe DIReTTAmenTeI nOSTRI UffICI

PeR AbbOnARSICOnTATTARe

I nOSTRI UffICI

ANNO XLI - N. 553 - GIuGNO 2015 MENSILE - EuRO 3,50

Come trasformare un esercizio po-tenzialmente noioso e artificiale in una piccola avventura conoscitiva, in grado di sviluppare competenze nuove negli allievi? Questa la do-manda da cui sono partito mentre mi accingevo ad approfondire, in una classe prima del Liceo delle Scienze Umane opzione Economico Sociale, le caratteristiche delle diverse tipo-logie testuali. In particolare per per-sonalizzare l’apprendimento del testo regolativo - cioè quello che attra-verso istruzioni, regole, prescrizioni ha la funzione di indicare comporta-menti - ho invitato gli allievi a repe-rire nella propria famiglia o cerchia di conoscenti una ricetta di cucina che riscuotesse particolare favore; quindi a trascriverla in formato di-gitale secondo le norme d’uso, co-me lo stile essenziale, l’utilizzo dei verbi preferibilmente all’imperativo o all’infinito, la terminologia specifi-ca, inviandomela poi via mail insieme a un’immagine del piatto realizza-to. A questo punto è stato possibile, creando una cartella condivisa con i membri della classe, rendere acces-sibile a tutti la visione e la modifica del materiale verbale e visivo prodot-to. Per la seconda tappa del lavoro ci siamo recati nella nuova aula 3.0 della scuola, che consente - grazie alla sua particolare struttura poli-centrica e mobile da un lato e alla sua disponibilità di strumenti tecnologici dall’altro - di modulare una didattica innovativa basata sui processi colla-borativi, nei quali il docente svolge il ruolo di facilitatore dell’appren-dimento e l’allievo è protagonista attivo nella costruzione del proprio sapere (modello T.E.A.L.). L’obiettivo che ci siamo prefissi è stato quello di creare, attraverso un lavoro di con-fronto tra pari e di creazione con-divisa, un e-book contenente tutte le ricette proposte dalla classe. Prima di procedere, gli allievi sono stati suddivisi in gruppi, in base a criteri di equilibrio interno e di orientamen-to personale (a ciascuno di loro è stata infatti richiesta una preferenza preventiva). A ogni gruppo sono stati attribuiti compiti precisi: control-lo della completezza del materiale (testi e suoi componenti, immagini); controllo della correttezza formale (ortografica e sintattica) di ciascun testo; progettazione di una pagina tipo dell’e-book (colori e dimensioni di caratteri e sfondo, organizzazio-ne delle informazioni nello spazio), da sottoporre all’approvazione dei compagni; realizzazione del libro digitale seguendo le caratteristiche stilistiche decise dalla classe. La pos-sibilità di lavorare contemporane-amente da diverse postazioni – PC, tablet o smartphone – sullo stesso documento grazie ad applicazioni gratuite, di mostrare in diretta il work in progress dei diversi gruppi tramite proiezione, di accompagnare

con rapidi spostamenti il lavoro degli allievi - che dialogavano sia on-line sia fisicamente - ha offerto l’impres-sione di un fermento apparentemente disordinato in cui, in realtà, tutti si sentivano partecipi e protagonisti del proprio apprendimento. Alla fine dell’attività, ogni gruppo è stato in-vitato a compilare un questionario di autovalutazione, in cui emergessero con chiarezza problemi riscontrati, competenze acquisite, contributo dei singoli componenti al risultato co-mune. Analogo approccio didattico è stato utilizzato per la realizzazione di un secondo e-book, questa volta con-tenente testi di tipo narrativo, in cui, cioè, personaggi reali o immaginari si muovono nello spazio e nel tempo. Gli studenti, chiamati a scrivere una breve storia a partire da un presunto oggetto “smarrito” consegnato loro e da una scheda che li sollecitava a costruire un personaggio legato all’oggetto in questione, hanno pro-dotto racconti che ho provveduto a correggere dal punto di vista for-male, offrendo inoltre, con modalità tipicamente editoriali, suggerimenti per titolazioni o variazioni potenziali del testo. Anche in questo caso, la se-conda parte dell’attività si è svolta in aula 3.0, con compiti in parte diversi da quelli precedentemente assegnati: sono stati introdotti, per esempio, un nuovo gruppo deputato a scattare immagini fotografiche agli autori e un altro a registrarne le voci, mentre leggevano un passaggio particolar-mente significativo del proprio rac-conto. In questo modo, l’e-book si è arricchito in senso multimediale e si è presentato con tutti i caratteri di una reale pubblicazione di fronte al giudizio finale dei lettori, compagni di classe in primis, che alla fine han-no anche premiato il più bello tramite votazione on-line.

È indubbio, come si evince da que-sti piccoli esperimenti in atto, che gli esiti dell’apprendimento continuino a dipendere sempre dalla qualità degli ingredienti, che sono tradizionalmen-te e inevitabilmente legati alla scelta individuale di ogni persona, docente o studente che sia: desiderio di met-tersi in gioco ridefinendo i propri confini, cioè percorrendo nuove stra-de; volontà di costruire insieme un’e-sperienza; coraggio nell’affrontare l’errore, consapevoli che si tratta di un elemento naturale all’interno di un processo di crescita. Ma è altret-tanto indubbio che i nuovi strumenti - spazi e tecnologie multimediali - offrano, grazie alla loro f lessibilità e ricchezza applicativa, una gran-de opportunità: permettono infatti di avvicinare sempre più l’aspetto materiale e resistente dell’esperienza concreta alla dinamicità inafferra-bile e leggera del pensiero e della creazione.

Stefano Maldinidi – Liceo Monti Cesena

T.E.A.L.: QuALITÀ DEGLI INGREDIENTI, NoVITÀ DELLA RICETTA

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5TuTToscuolA n. 553

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Giugno 2015

4 TEAl: QuAlITA’ DEGlI INTERVENTI, NoVITA’ DEllA RIcETTAdi Stefano Maldini sPEcIAlE EXPo MIlANo

9 Il VAloRE DEllA solIDARIETA’ E DEllA cooPERAZIoNE: I VoloNTARI PER uN GIoRNo FINE ANNo

12 lA FAllIMENTARE PolITIcA scolAsTIcA DEll’ulTIMo VENTENNIodi Enzo Martinelli

12 lA scuolA TRA GoVERNo E sINDAcATodi Giuseppe Fiori

13 sI Puo’ MIGlIoRARE DoPo lA VAluTAZIoNE-AuToVAluTAZIoNE?di Silvana Mosca

13 Il suoNo DEllA BuoNA scuolA ARRIVERA’ NEllE IsTITuZIoNI scolAsTIcHE?di Alfonso Rubinacci

20 GlI INsEGNANTI E lA TAssA sul MAcINATodi Benedetto Vertecchi

22 TRA RAV E cERTIFIcAZIoNE DEllE coMPETENZEdi Piero Cattaneo

24 lIBRI DI TEsTo, GIoIE E DoloRIdi Rita Di Goro

26 Il lIBRo cHE NoN c’E’di Mariella Di Lallo

26 AulA 40: lA scuolA INcoNTRA lA RIcERcA IN RADIod i G i o r g i a B a s s i , B e a t r i c e L a m i , Anna Vaccarelli, Gian Mario Scanu

29 PRIMA DI TuTTo, I DocENTIdi Michele Pellerey

31 lA FEsTA DEll’EuRoPAdi Pietro Panzarino

33 sMART EDucATIoN & TEcHNoloGY DAYsdi Luigi Cerri

34 lA QuAlITA’ DEllE uNIVERsITA’di Fabio Matarazzo

36 INDIcAZIoNI DAll’INFANZIAdi Italo Fiorin

38 lA TuTElA DEl MINoRE A scuolAdi Tiziana Catenazzo

42 AllE PREsE coN Il RAVdi Filomena Zamboli

42 Il MIuR PREsENTA lA NuoVA INIZIATIVA DEl sAFER cENTRE INTERNET ITAlIANodi Giuseppe Pierro

46 TuTTI I coloRI DEl MoNDodi Irene Baldriga

48 sIcuRAscuolA IN RETE coN METoDodi Rosaria Pagano

48 PRoGETTo scuolA 2.0di Fabrizio Manca

51 coME usI lo sMARTPHoNE A scuolA?di Silvia Pagliuca

52 NuoVE REGolE PER uNA NuoVA DIMENsIoNE culTuRAlE AssIcuRATIVAdi Riccardo Lancellotti

54 PRoGETTo DEsIdi Alfonso Rubinacci

56 sTART uP ITAlY

58 Il sAPER FARE

60 lA QuAlITA’ E’ Il FRuTTo DI uN IMPEGNodi Nicoletta Ferroni

62 uNA VocAZIoNE INTERNAZIoNAlE lA GITA DEl MEsE

65 AllA scoPERTA DI GIRAFFE, IPPoPoTAMI, lEMuRI E RAPAcI

66 GENERAZIoNI coNTRo?di Antonio Augenti

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E adesso in vacanza!

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IL FUTURO FIRMATOTELECOM ITALIA.

la scuola digitale secondoTelecom Italia | TimLa Scuola è, oggi più che mai, un mondo in trasformazione, ricco di sfide, cambiamenti, nuovi spunti da cogliere, per questo Telecom Italia |TIM ha da tempo deciso non solo di investire in questo settore, ma di farsi portavoce della sua evoluzione, studiando e proponendo soluzioni in grado di generare nuove opportunità e di cambiare l’approccio alla didattica scolastica. La digitalizzazione della Scuola, in particolare, è un obiettivo politico primario, inserito nella riforma “La Buona Scuola” come uno dei temi fondamentali per un completo percorso di rinnovamento.

Telecom Italia | TIM ha deciso di guidare questo percorso creando, attraverso una sinergia con i principali stakeholder del mondo della scuola, un ecosistema di riferimento che risponda alla forte domanda di digitalizzazione del settore.

Passiamo in rassegna alcune delle iniziative che mirano a creare queste condizioni di favore:

MIUR: PROTOCOLLO D’INTESA E COMITATO PARITETICO Tra le più importanti iniziative messe in campo da Telecom Italia | TIM c’è il rinnovo del Protocollo d’Intesa con il MIUR, siglato nel dicembre 2014 e della durata di tre anni, grazie al quale l’azienda ha la possibilità di proporre la piattaforma di didattica, con l’aggiunta di altre componenti hardware e software, a diverse classi e scuole. Il protocollo infatti ha come obiettivo, tra gli altri, la “Promozione di soluzioni digitali a supporto della scuola digitale”, con la realizzazione di progetti tramite appositi accordi operativi.

Il protocollo sancisce che Telecom Italia | TIM è chiamata a promuovere la diffusione di soluzioni digitali a supporto di metodologie didattiche innovative e mettere a disposizione del MIUR il proprio know-how per la diffusione della banda larga e ultralarga nelle scuole. Inoltre Telecom Italia | TIM intende promuovere iniziative di comunicazione

rivolte a studenti e docenti sulle nuove tecnologie: queste iniziative saranno rivolte alle scuole individuate tra quelle che avranno presentato una propria candidatura attraverso l’apposita area web messa a disposizione sul sito del MIUR.

In questo scenario si colloca anche il Comitato Paritetico TELECOM ITALIA-MIUR, costituito lo scorso 1 aprile, che ha l’obiettivo di coordinare, attuare e monitorare tutte le iniziative del Protocollo stesso. Si tratta di una partnership fondamentale, che riunisce di fatto in un unico tavolo i maggiori attori della trasformazione digitale scolastica italiana e che è oggi il luogo principale in cui condividere a 360° le iniziative sulla scuola di Telecom Italia | TIM.

SCUOLABOOK NETWORK PER EXPO 2015 Tra gli ambiti in cui è impegnata Telecom Italia | TIM in qualità di Official Global Partner di Expo 2015, uno spazio speciale lo occupa il Progetto Scuola, con il quale si è messo a disposizione dei docenti un ambiente digitale evoluto, volto a favorire la condivisione e la produzione collaborativa di contenuti inerenti al tema Expo 2015. La piattaforma didattica digitale Scuolabook Network, infatti, prevede l’integrazione di contenuti editoriali e la possibilità di autoprodurre i contenuti in logica SGC (Self Generated Content).

I docenti possono utilizzare la piattaforma per l’elaborazione, condivisione di attività e di contenuti e la discussione su temi di interesse, oltre che per dare il loro contributo attraverso la proposta di attività didattiche sui temi di Expo 2015 e sperimentare nuove dinamiche di produzione del sapere. Una vera e propria innovazione nel mondo della scuola, basata sullo scambio, la condivisione e la possibilità di aprire e costruire insieme nuovi scenari di apprendimento. Il progetto si completa poi con la sperimentazione Scuola Expo 2015, con cui Telecom Italia | TIM ha deciso di coinvolgere anche gli studenti sensibilizzandoli sui temi di Expo

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Milano 2015: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.

Con USR Lombardia, Telecom Italia | TIM ha infatti siglato - per l’anno scolastico 2014-2015 - un accordo relativo al Social Reading: nel progetto sono stati coinvolti circa 1.000 studenti degli Istituti Comprensivi di Milano, Varese e Pavia, per costruire un nuovo sistema di apprendimento, in grado di favorire la lettura, l’annotazione, la rielaborazione e l’esecuzione di compiti ed esercizi, nell’ottica di creare una nuova forma di didattica partecipativa e collaborativa. Il progetto ha riscosso ottimi risultati, e verrà inserito tra i 50 progetti di eccellenza di USR Lombardia presso il Padiglione Italia di Expo 2015.

Telecom Italia | TIM ha inoltre realizzato una nuova offerta denominata “Kit Scuola Digitale”, che sfrutta l’esperienza e le competenze sviluppate dall’azienda nel settore ed in grado di aggregare in modo sistemico risorse infrastrutturali, tecnologie e contenuti di didattica digitale per accelerare la digitalizzazione delle scuole italiane.

L’offerta di servizi KIT Scuola Digitale include: Infrastruttura Abilitante (Connettività Internet, Wifi & Security), Servizi gestionali per la scuola (gestione amministrativa, Registro Elettronico), Servizi di didattica digitale (applicativo integrato con store e-book scolastici) e Device (per studenti/

docenti e per classe). L’offerta KIT Scuola Digitale permette di superare gli ostacoli che possono rallentare l’adozione delle nuove tecnologie. Per esempio, nelle fasi di valutazione, scelta, installazione e integrazione delle nuove tecnologie, che necessitano di personale tecnico specializzato dedicato, generalmente non presente nelle scuole. L’adozione della soluzione permette inoltre di semplificare la gestione dei problemi tecnici, resa complessa dalla molteplicità di servizi e fornitori differenti, reperire e ottimizzare le risorse economiche disponibili per l’acquisizione di nuove tecnologie e selezionare le migliori proposte tecnologiche e di delivery integrato con coordinamento centralizzato per l’attivazione dei servizi offerti chiavi in mano. La soluzione ha, inoltre, tra i suoi punti di forza: l’assistenza integrata sui diversi servizi con numero verde dedicato per la raccolta di tutte le richieste (SPOC, Single Point of Contact); la proposizione economica vantaggiosa e il supporto territoriale per aiutare le scuole e gli enti locali a reperire e utilizzare fondi a disposizione; la disponibilità di un punto unico di riferimento per accedere a tutti i servizi del KIT Scuola Digitale acquistati e per ricevere consulenza sull’utilizzo e assistenza in caso di necessità. Per ulteriori informazioni: http://nuvolaitaliana.impresasemplice.it/kitscuoladigitale

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Per la prima volta nella storia delle Esposizioni Universali la scuola ha un ruolo di protagonista d’eccezione.Il protocollo d’intesa firmato da MIUR, EXPO S.pA. e Padiglione Italia il 14 Ottobre 2013 aveva in sé tutte le premesse perché l’evento interna-zionale di EXPO Milano 2015 fosse occasione di attivare il più ampio e diffuso dibattito sui temi dell’Esposizione.I risultati, ad un mese dall’inaugurazione, sono davvero sorprendenti. La partecipazione attiva e consapevole degli studenti è la più grande risposta che l’intero sistema educativo potesse dare.All’interno del terzo piano del Padiglione Italia pulsa il Vivaio Scuola, dove, ogni giorno, germogliano idee, progetti e proposte. Nelle trame di un fitto palinsesto, gli studenti, dai più piccoli della scuola dell’infanzia agli adolescenti della secondaria di secondo grado, stanno raccontando l’Italia al mondo.Dalla valorizzazione dei prodotti locali alla biodiversità, dal valore della cooperazione internazionale per la lotta alla malnutrizione alla realizzazione di orti, dai giochi da tavolo educativi all’allestimento di una coquina romana itinerante, si costruisce, giorno dopo giorno, il prezioso bagaglio di competenze e consapevolezza che sarà la grande eredità di EXPO Milano 2015. Dal Vivaio Scuola si sprigiona il significato più autentico dei temi dell’Esposizione, accolto e fatto proprio dalle future generazioni che hanno saputo raccogliere, grazie all’intenso lavoro svolto nelle aule con i propri insegnanti e le numerose iniziative messe in atto dal MIUR, la vera sfida che le attende: la costruzione di un mondo migliore, che sappia distribuire equamente risorse, globale, senza rinunciare alla va-lorizzazione delle singole peculiarità.

La scuola italiana è la vera sorpresa di EXPO Milano 2015

Direzione Generale per lo Studente,l’Integrazione e la Partecipazione

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Il progetto elaborato e promosso dall’USR Lombardia, è nato dalla convin-zione che la portata internazionale dell’evento offra un’occasione non usuale di riflettere sulle dinamiche delle relazioni e di sperimentare concretamente i valori dell’accoglienza e della multiculturalità, lasciando eredità materiali e immateriali tangibili.

Un’opportunità unica per sentirsi parte integrante della macchina organizza-tiva di un grande evento, offrire un contributo alla vita comunitaria, cimentarsi nelle relazioni interpersonali e vivere un’esperienza singolare di cittadinanza attiva.

I giovani volontari, prima dell’evento, sono stati impegnati in un percorso di preparazione e formazione preliminare e, dopo l’evento, racconteranno con un reportage l’esperienza vissuta.

L’esperienza sul campo – a maggior ragione per Expo Milano 2015 – ar-ricchisce le iniziative volte all’orientamento, in quanto consente ai giovani di cimentarsi in compiti concreti, attraverso i quali conoscersi meglio, mettersi alla prova, testare le proprie inclinazioni e le proprie aspirazioni, confrontarsi con adulti e coetanei in situazioni altamente coinvolgenti e stimolanti.

Oltre 2000 studenti sono presenti all’interno del Sito espositivo sin dal primo

Il valore della solidarietà e della cooperazione: i Volontari per un giorno

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10 TuTToSCuoLA n. 552

Dossier

giorno e continueranno la loro attività fino al 31 Ottobre.I Volontari per un giorno, riconoscibili dall’inconfondibile pettorina

verde, presidiano le aree del Sito Espositivo di maggiore interesse per le scuole, fornendo agli studenti in visita didattica sia informazioni in merito ai contenuti dei padiglioni, sia informazioni di servizio.

Per diventare volontari per un giorno in Expo gli studenti devono impegnarsi in un percorso di preparazione e formazione preliminare e raccontare con un reportage l’esperienza vissuta. Per conoscere le mo-dalità di adesione consulta il Bando ‘Studenti Volontari per un giorno ad EXPO’.

Vedere oltre 2000 giovani studenti impegnati sul sito espositivo costi-tuisce un’importante opportunità di crescita per le nuove generazioni: i giovani formati per questa occasione sapranno affrontare, anche dopo il 2015, i problemi delle metropoli in una società complessa, multietnica, capace di valorizzare le differenze sulla base della solidarietà e della cooperazione.

In occasione di Expo Milano 2015 molte scuole lombarde hanno già attivato o intendono attivare sul proprio territorio progetti di volonta-riato spontaneo. Gli studenti coinvolti fanno da volontari per uno o più giorni al di fuori del sito espositivo, a supporto delle iniziative che la propria scuola organizza sul territorio. Per raccogliere e valorizzare la progettualità delle scuole lo Sportello Regionale ha predisposto uno strumento di rilevazione/consultazione dei progetti di volonta-riato. Le scuole, attraverso un form sempre attivo, possono inserire e mantenere aggiornate le schede di registrazione delle proprie iniziative progettuali e consultare le schede delle altre scuole con le quali possono essere attivate reti di collaborazione.

IN EXPO STUDENTI VOLONTARI PER UN GIORNO

OUT EXPO STUDENTI VOLONTARI PER UNO O PIÙ GIORNI PER EVENTI ESTERNI AL SITO ESPOSITIVO

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Display Naturale e funzione fogli di calcolo: la nuova strada dell’apprendimento della matematica Gli studenti alle prese con esercizi di matematica conoscono bene la difficoltà che deriva da una visualizzazione sul display della loro calcolatrice scientifica molto differente da ciò che ogni giorno studiano sui libri di testo. Il display di alcune calcolatrici non consente una resa “fedele” di frazioni, derivate, integrali e altre operazioni, mettendo lo studente di fronte a due dimostrazioni diverse per la stessa operazione. Ecco il divario che la serie delle calcolatrici scientifiche FX-ES Plus di CASIO colma grazie al Display Naturale!

Ma cos’è esattamente e in cosa si differenzia dai display di altre calcolatrici? Il Display Naturale, detto anche “Natural Textbook Display” o “Natural-V.P.A.M” (ossia Visually Perfect Algebraic Method), consente alle calcolatrici della serie FX-ES Plus di CASIO di visualizzare le operazioni e i termini matematici in modo veritiero. Il vantaggio è che la procedura di immissione è molto più facile e il display più chiaro favorisce la comprensione in quanto i risultati sono più facili da capire.

Ecco di seguito alcuni esempi che possono chiarire ancor meglio il vantaggio del Display Naturale.

OperazioneCalcolatrici scientifiche CASIO

(Serie FX-ES PLUS e FX-EX)altre calcolatrici

Frazioni

Derivate

Integrali

Sommatorie  

La nuova serie di calcolatrici scientifiche ClassWiz di CASIO aggiunge ai vantaggi del Display Naturale un display LCD ad alta risoluzione, con 192×63 pixel e una definizione quattro volte maggiore rispetto ai display della serie FX-ES Plus. Un’ulteriore evoluzione del formato Natural Textbook Display, che coniuga con l’interfaccia facile da usare, grazie ai tasti con codici di colore diverso, a un processore ad elevate prestazioni e a un volume di memoria doppio rispetto ai modelli precedenti che garantiscono operazioni veloci e una potenza di calcolo superiore.

Tra le oltre 552 funzioni, la FX-991EX, modello di punta della serie ClassWiz, possiede anche la funzione spreadsheet o foglio di calcolo. Lo studio della statistica, e in particolar modo l’analisi di dati in fogli di calcolo, è sempre più richiesto, ma finora è spesso possibile eseguirlo unicamente nella sala computer delle scuole. Grazie alla nuova ClassWiz FX-991EX, gli studenti potranno eseguire direttamente in classe tutte le funzioni di base di un calcolo in tabelle, come la creazione di somme e prodotti, la determinazione di valori medi, massimi e minimi, ma anche di integrali di Riemann e formule ricorsive tutto su una calcolatrice scientifica! Uno strumento prezioso, che avrà il potere di cambiare l’apprendimento della matematica, grazie anche all’utilizzo di codici QR, che rende possibile la visualizzazione dei risultati sotto forma di grafici su smartphone e tablet

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Politica scolastica

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FINE

ANN

O

I venti anni della cosiddet ta seconda Repubblica sono sta-ti fallimentari per le vicende

della scuola italiana. Un solo da-to sintetizza la non curanza delle politiche formative: la spesa per l’istruzione sul PIL è diminui-ta dal 5,1% del 1994, al 4,2 del 2011. La percentuale di risorse che i Paesi UE hanno destinato alla scuola, nello stesso periodo, si è mantenuta costante intorno al 5,4%. L’Italia dunque non solo non ha recuperato i ritardi finanziari rispetto alla media europea, ma ha aumentato il divario in tem-pi nei quali la valorizzazione del capitale umano è decisivo per le prospettive future dei giovani.

La pr ima Repubblica ver rà ricordata per la grande riforma della scuola media unica, per la scolarizzazione di massa, per le riforme dei programmi della scuo-la elementare e media, per le poli-tiche di integrazione dei portatori di handicap, per l’istituzione degli organi collegiali, per l’espansione della scuola materna, della cre-scita universitaria, dell’edilizia scolastica (anche se inadeguata). Dopo il 1994 ci si attendevano: la riforma degli istituti secondari di 2° grado, più volte affrontata ma mai condotta in porto dal fram-mentato quadro politico del penta-partito, una corretta gestione degli ipertrofici organici del personale, al quale andava recuperata digni-tà professionale ed economica, il ripristino dei concorsi per l’assun-zione dei docenti dopo le grandi sanatorie dell’epoca precedente, un adeguato incremento di risorse

di Enzo Martinelli*

La fallimentare politica scolastica dell’ultimo ventennio

LA SCuoLA TRA GoVERNo E SINDACATodi Giuseppe Fiori

La Buona Scuola nascerà nel prossimo anno scolastico sulle ma-cerie lasciate dallo scontro tra sindacati e governo, tra docenti antagonisti e sostenitori di una politica educativa di stampo

aziendalistico? Direi di no. Innanzi tutto perché la nuova costruzione normativa, che

si è presentata fin dall’inizio come uno shock educativo e gestionale nei confronti dell’attuale assetto scolastico, in realtà non ne tocca i connotati fondamentali, come gli insegnamenti, l’autonomia, i cicli scolastici e sembra piuttosto ancorata ad un concetto tradizionale del contesto educativo. Quindi più che una ricostruzione sulle macerie si tratta di una sopraelevazione del fabbricato, ma allora perché la neces-saria dialettica è sfociata nel contrasto estremo?

Per una molteplicità di fattori, esaminiamone solo alcuni.Primo, fra tutti, l’uso strategico del traino delle centomila assunzioni

rispetto alle altre norme: la stabilizzazione di una quota così rilevante segue a pag 14

segue a pag 14

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FINE ANNO

I l disegno di legge sulla buona scuola, manifestazione di una netta volontà di cambiare, si

colloca in uno scenario di rifor-me costituzionali, di superamen-to del bicameralismo perfetto, di riforma del Titolo V, di un nuovo ruolo di Stato e Regioni anche per l’area istruzione, di riforma della Pubblica Amministrazio-ne, di contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni.

Il quadro normativo è una pre-messa necessaria, ma da sola non è sufficiente. Non basta scrivere gli obiettivi nella legge perché essi si realizzino. Sarebbe illuso-rio. Serve la loro trasformazione in quadri operativi del circui-to dei “poteri quotidiani”. Uno sguardo retrospettivo sulla storia delle riforme mette in evidenza che l’assenza di una “buona bu-rocrazia” condanna il decisioni-smo del governo, ridotto talvolta “al puro esercizio di annuncio”.

Come osserva la prof.ssa Ma-ria Pia Veladiano: “Moratti 2003 alle elementari, Gelmini 2008 alle medie, e ancora Gelmini alle superiori perché per le su-periori la riforma è partita nel 2010. Contando la Berlinguer del 2000, la scuola italiana è stata riformata, tre volte dentro l’arco di tempo di un unico ciclo scolastico. La “buona scuola” è la quarta” ( la Repubblica del 26 aprile 2015).

Gli interventi di Berlinguer, Morat t i , Fioroni , Gelmini , i

Il suono della “buona scuola” arriverà nelle istituzioni scolastiche?

SI Può MIGLIoRARE DoPo LA VALuTAZIoNE/AuToVALuTAZIoNE?di Silvana Mosca *

Il raccordo tra Valutazione e Miglioramento è centrale in molti studi teorici ed empirici in ordine alla qualità educativa ed è presente anche negli attuali indirizzi del Sistema Nazionale di Valutazione nel campo

dell’istruzione-formazione (DM 80/2014 e successiva normativa ammini-strativa e tecnica). La risposta positiva all’interrogativo di cui sopra pone ulteriori domande. A quali condizioni? Come? Con quali strumenti? Da parte di chi? A favore di chi? E ancora: Migliorare che cosa? Quanto? È sempre possibile realizzare il miglioramento? Miglioramento, in che senso?

Valutazione come ricerca-azioneGli interrogativi aumentano via via che si approfondiscono le riflessioni;

del resto la valutazione e l’autovalutazione sono pratiche di indagine, di continua ricerca di informazioni e dati su cui basare i giudizi e da cui trarre

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di Alfonso Rubinacci

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FINE

ANN

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che le vicende del precariato sono tuttora in groppa a chi governa e lo saranno anche in un lungo futu-ro. E’ insomma mancata al centro sinistra una visione che potesse animare una seria proposta rifor-matrice della scuola e soprattutto la forza per far avanzare politiche innovatrici.

Con siffat ti ventennali ren-diconti alle spalle è diff icile

il centro sinistra nei 7 anni in cui ha governato direttamente e negli altri, quando ha sostenuto gli ese-cutivi (Dini, Monti e Letta), sul-le problematiche scolastiche si è speso poco ed ha conseguito nien-te. La palla al piede del precariato ed il conseguente condizionamen-to sindacale hanno pesantemente ostacolato ogni timido tentativo di innovazione, col nefasto risultato

per la ricerca e l’innovazione, il potenziamento delle strutture uni-versitarie e del diritto allo studio, il miglioramento dell’edilizia sco-lastica ecc. Tutte queste tematiche sono state oggetto di “promesse” nei programmi elettorali dei nuo-vi partiti della 2^ Repubblica. Di fatto però i tanti ministri, che nel ventennio si sono alternati al di-castero di Viale Trastevere, non hanno lasciato tracce significative in nessun comparto da riformare. Alcuni sono stati meteore (D’O-nofrio, Lombardi, De Mauro, Pro-fumo, Carrozza). Altri ministri si sono trattenuti a lungo nella sedia occupata, in passato, da Gentile, Gonella, Moro, Spadolini, ma tutti vengono ricordati più per le loro imprese fallite che per apporti co-struttivi arrecati al sistema forma-tivo. Berlinguer mise in cantiere la grande riforma dei cicli scolastici finita nel niente; la Moratti sognò la “pari dignità” dei due canali formativi, quello liceale e quello tecnico-professionale, senza riu-scire ad approdare a nulla perché il suo successore Fioroni ripristinò di fatto il vecchio ordinamento tuttora vigente. L’unica che ha af-frontato lo spinoso problema del personale è stata la Gelmini, che ha parzialmente ridotto i pletorici organici; ma la difficile operazio-ne si è innestata soltanto nelle po-litiche di contenimento della spesa pubblica volute dal Tesoro. Infatti le risorse risparmiate per gli sti-pendi dalla riduzione dei docen-ti non sono mai state reinvestite, almeno in parte, nella scuola che ormai da anni ha visto dimagrire i propri bilanci (di circa 8 miliardi).

La modernizzazione del siste-ma promessa nel 1994 da Forza Italia con lo slogan delle tre “i” (internet, inglese, impresa) è ri-masta scritta nei manifesti giganti appesi sui muri di tutti i Comuni dello stivale. La valorizzazione della “meritocrazia” annunciata nel 2006 dal PdL deve ancora ini-ziare. Se il centro destra ha fallito,

di precariato, infatti, è come una pilotina che conduce fuori dal porto una nave carica di disposizioni per tanto tempo stivate a bordo.

Il doppio binario del reclutamento del personale della scuola ha assicurato con contingenti variabili, prima dell’inizio di ogni anno scolastico, le assunzioni a tempo indeterminato dei vincitori di con-corso e dei precari a vario titolo, ma alla quota di centomila non si era mai arrivati, solo nell’anno 2007 si toccò la vetta con 50.000 nomine di docenti e 10.000 di personale ATA. L’attuale sforzo finanziario ha rappresentato, dunque, nelle intenzioni governative, l’occasione per rivedere alcuni assetti scolastici, principalmente gestionali, senza la preventiva simil-concertazione cui tutti i sindacati erano abituati.

E questo è stato il nucleo della bomba del conflitto: da un lato si è voluto impedire quel potere di interdizione esercitato più volte da par-te dei sindacati nei confronti delle politiche scolastiche di governi di centro-sinistra e di centro-destra e, dall’altro, si è voluto riaffermare, perfino di fronte a centomila assunzioni, il principio che tali politiche avendo una ricaduta importante sul contratto del personale della scuola non possano essere varate aggirando le organizzazioni di categoria.

Ripercorrendo all’indietro il film di questi mesi prevale un’insoppri-mibile sensazione di déjà vu: si comincia, alla fine del 2014 con una consultazione pubblica organizzata dal governo con quasi due milioni di commenti e, non mi pare che, come anche in precedenti occasioni, ci sia stata la dovuta trasparenza sulle indicazioni relative ai principali temi emersi nei commenti stessi.

Il déjà vu è poi continuato su tutte le tematiche a forte connotazione ideologica della Buona Scuola: la c. d. aziendalizzazione dell’orga-nizzazione scolastica, i poteri manageriali del preside, la logica meri-tocratica e la connessa valutazione dei docenti. Temi ricorrenti degli ultimi venti anni nell’agone politico-sindacale, su cui molti hanno espresso posizioni di puro schieramento e poche voci hanno parlato della scuola che c’è e delle sue enormi potenzialità di rinnovamento.

Basti pensare all’attacco, prima sindacale e poi politico, alla riforma Berlinguer sul riordino dei cicli, che lasciò nel 2001 sul terreno, ferita a morte, l’ultima legge di riforma che toccava, con forte contenuto innovativo, i fondamentali della scuola, oltre ad ogni ipotesi di valu-tazione dei docenti.

Era chiaro, infatti, alle soglie del 2000 che la scuola era il motore per progredire nella società della conoscenza e che rappresentava un in-vestimento strategico per lo sviluppo dell’economia della conoscenza.

Temi che sono stati ripresi dall’attuale Presidente del Consiglio nel Discorso della Lavagna (l’assonanza è irresistibile), ma che sono sem-brati decontestualizzati rispetto al recente passato e al presente della scuola italiana. E così, per fare un solo esempio, l’alternanza scuola-lavoro, la prima parola scritta sulla lavagna, è stata presentata come un progetto educativo per il futuro, mentre è in campo da quindici anni e

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a giovani leve, non appaiono all’orizzonte. Infatti i propositi del governo Renzi, che non ha l’ambizione di riformare il siste-ma, ma solo di apportare alcuni correttivi, seppur significativi, per favorire “una buona scuola”, hanno trovato nella proclamazio-ne dello sciopero del 5 maggio scorso da parte di tutte le sigle sindacali e nei comportamenti

prevedere esiti positivi per il fu-turo, non solo perché le risorse finanziarie sono scarse, il debito pubblico è gravissimo, il quadro politico screditato e frammentato, ma soprattutto perché elaborazio-ni culturali che diano spessore, prospettiva ed efficace potenzia-mento ad una scuola carica di do-centi con un’età media che supera i 50 anni e che inibisce l’ingresso

successivi un’accoglienza nega-tiva evidenziata anche dal duro scontro nelle sedi parlamentari. Posto che tutto abbia buon esi-to nelle due Camere, ardua sarà la fase di esecuzione delle nuove norme se il clima fra gli operatori del sistema rimarrà quello delle diffidenza e della freddezza, an-ziché quello della collaborazione e della serenità.

Ci sarà la solita sanatoria per la stabilizzazione di una buona quota di precari, cioè di grossi battaglioni di docenti attempati, che sicuramente non porteranno nelle aule l’aria fresca e nuova che invece sarebbe necessaria. Inol-tre per effetto della recentissima sentenza del Consiglio di Stato a favore dei maestri diplomati prima del 2001/2002, considerati a tutti gli effetti abilitati (senza concorso e senza laurea), il nu-mero dei sognatori dell’immis-sione in ruolo tenderà ancora ad aumentare e le 100 mila (o più) assunzioni previste dal disegno di legge Giannini non chiuderanno la partita del precariato. Insomma la parziale risoluzione dei gravi atavici problemi degli insegnanti non cancella le attese degli alunni e delle loro famiglie che aspettano che vengano affrontate le proble-matiche della scuola piuttosto che quelle (seppur importanti) di chi ci lavora.

Sembra comunque che il Go-verno Renzi l’impegno (ed il de-naro) lo abbia messo sul terreno di gioco tra i fischi di chi è in tri-buna e le manfrina di molti gioca-tori in campo. La partita richiede però un comune prioritario sforzo di tutte le istituzioni chiamate a testimoniare con i fatti l’interes-se per l’istruzione e l’educazione delle giovani generazioni affinché possano competere, con successo, nelle sfide che sono chiamate ad affrontare in futuro. Una speranza che non andrebbe delusa per me-schini interessi di partito.

*Dirett.Gen. Miur a riposo

aspettava solo di essere potenziata.Sì, la buona scuola che c’è ha già vissuto e, perfino, metabolizzato

molte delle novità di cui si è discusso in questi mesi, e certamente non può che vedere con favore l’abbattimento del suo ingente precariato e l’aumento degli investimenti nell’education, ma quello che non può fare è continuare a sentirsi percepita come atona ed essere rappresen-tata soltanto dai soliti noti. Gli stessi che spesso ne hanno osteggiato il rinnovamento.

La scuola che c’è parla nei collegi dei docenti e nei consigli d’istituto con una voce “laica” rispetto agli schieramenti ideologici delle varie parti in causa, non rinunciando così ad una partecipazione attiva ai processi decisionali che incidono sul suo futuro e su quello delle gio-vani generazioni, che devono potersi riconoscere in quella voce.

La scuola che c’è ha realizzato quella mobilitazione di idee e di elaborazioni che, dall’inizio degli anni sessanta alla fine degli anni no-vanta del secolo scorso, riallacciandosi al dibattito già presente dentro la Costituente, ha accompagnato l’istituzione della scuola media unica e, in tempi più recenti (ma non troppo), l’estensione dell’autonomia didattica e amministrativa. E’ la scuola che sperimenta modelli nuovi e responsabilità nuove, che supera la rigidità, più che obsoleta, delle disciplinarità e dà spazio alla costruzione di percorsi che intrecciano curiosità, gusto della scoperta e piacere di apprendere da parte di gio-vani che vivono tutta la complessità della nostra società.

A questo punto dovremmo finalmente chiederci quali sono state e quali saranno, ora, le ricadute di una conflittualità permanente sulla qualità della scuola nel suo complesso, per evitare che l’introduzio-ne di logiche meritocratiche, pur indispensabili, contribuisca, con i meccanismi individuati, a determinare proprio la permanenza della conflittualità.

Il nostro déjà vu riguarda, infine, anche un ultimo scenario, che è lo spettro di ogni intento riformatore: dopo la legge osteggiata e la legge assassinata (rectius abrogata) esiste, in ambito scolastico, anche la figura della legge in folle, cioè quella legge che non riesce mai ad inne-stare la marcia ed effettuare una partenza significativa. E non soltanto per mancanza di decreti attuativi, ma anche per deficit di pragmatica flessibilità (ovvero surplus di rigidità burocratica).

E in quest’ultima condizione si sono posizionate alcune iniziative degli ultimi ministri, da Moratti a Fioroni e a Gelmini, a sottolineare l’ovvia considerazione che la buona scuola ha bisogno di buone leggi che si fondino sull’alleanza con i docenti nelle loro fasi attuative.

Una buona legge che abbia la flessibilità necessaria per gli aggiusta-menti di rotta che la voce laica della scuola suggerisce sulla qualità dei processi educativi e che incida finalmente, con una visione prospetti-ca, sulla realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità educative e sulla supremazia del merito in una dimensione di scuola più giusta.

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O tentativi di Profumo, di Carrozza ed ora di Renzi, tutte le audizio-ni parlamentari, le tavole roton-de, comprese le consultazioni sul valore legale del titolo di studio, etc, rappresentano una monta-gna colossale di documenti, note e dichiarazioni che non hanno prodotto alcun cambio di passo, ma sono state la dimostrazione dell’assenza di una moderna ca-pacità di gestione amministrati-va di sistema.

E’ tempo di scattare un’altra fotografia

Per passare dall’enunciazione di principio ai fatti è necessaria una vera inversione di tenden-za nella classe dirigente e nella sua responsabilizzazione. C’è bisogno di un nuovo modello di sistema amministrativo funzio-nale all’attuazione delle politiche formative decise dal Governo. Questo il punto decisivo: cambia la scuola, ma è necessario che cambi anche l’Amministrazione.

Non è più il tempo di uomini

soli al comando, quasi sempre impegnati a conservare o con-quistare posizioni, alle prese con rivali anziché a cercare allean-ze per lavorare insieme. I diri-genti, nel passato, molto spesso con i loro atteggiamenti e le loro decisioni, hanno privilegiato la preoccupazione per la propria rendita di posizione e prestato poca attenzione al benessere ge-nerale, al buon funzionamento

conclusioni conseguenti. Si veda la seguente definizione:Valutare significa giudicare il valore di un oggetto, e la valutazione inte-

sa come un particolare tipo di indagine disciplinata sottolinea il fatto che ‘giudizio’ e ‘attribuzione di valore’ devono essere basati su un approccio sistematico alla raccolta delle informazioni. (J. Scheerens, 2000).

Di fronte all’eventuale reazione di insofferenza o alla percezione di estraneità rispetto alle pratiche valutative, può essere utile ricorrere a un approccio esplorativo improntato proprio ai metodi della ricerca, qualitativa e/o quantitativa, fin dalla fase iniziale dell’autovalutazione, la quale pone in primo piano l’iniziativa competente e la motivazione dei principali attori della scuola.

In questo periodo le scuole stanno esaminando i dati ricevuti dal sistema, ne stanno aggiungendo altri in loro possesso, operano confronti e riflessio-ni, elaborano le prime interpretazioni della propria complessità. Si trovano a un punto cruciale dell’autovalutazione: formarsi un quadro documentato e articolato dell’identità di istituto, con molti rischi, disagi e disorientamenti e anche con piacevoli sorprese, compiacimenti, alternati a dubbi e aspirazioni di vario segno.

I dati, talvolta, sono troppi, apparentemente tutti importanti. Ma tutti ugualmente utili, funzionali all’auspicato miglioramento?

Alcuni sono anche di difficile decodifica oppure appaiono lontani dalla sensibilità presente nell’Unità autovalutativa, perché percepiti burocratica-mente o estranei alla didattica, avvertiti come materia dei sociologi, o dei controllori e così via.

Teoria delle scuole efficaciPer affrontare le questioni enunciate è opportuno risalire al paradigma

delle Scuole efficaci in una versione scientifica. Secondo Jaap Scheerens, uno dei massimi esperti internazionali dell’argomento, la modellizzazione dei legami tra gli ambiti essenziali del funzionamento della scuola può es-sere rappresentata da uno schema: in esso si evidenzia come le condizioni assegnate - contesto e risorse - possono determinare incrementi di risultato nei dati di partenza (valore aggiunto) a seguito dell’influenza più o meno positiva dei fattori di processo a livello sia di scuola che di classe (J. Sche-erens, 2011).

È altrettanto noto come l’influenza dei fattori possa essere forte o debole, non si caratterizzi come implicazione causale, bensì probabilistica a diversi gradi. Ricercatori di statistica educativa si stanno cimentando intensamente con ipotesi e calcoli per individuare correlazioni e/o effettuare meta-analisi comparative. Ma, al di là delle validazioni specifiche, resta confermato che, se si vuole incidere sul miglioramento degli esiti, occorre operare sulle variabili cosiddette malleabili: organizzazione e management dell’istituto e didattica d’aula/laboratorio.

Programmazione retroattivaIl miglioramento esige una progettualità iniziale e un monitoraggio in

itinere capaci di connettere le variabili e di assorbire costruttivamente l’impatto delle informazioni di risultato: decisivo è il feedback, sia a livello macro (scuola) che a livello micro (didattica di classe e situazioni educative).

Il feedback può essere la chiave di volta per il passaggio dalla valutazione alle azioni di miglioramento, come in un meccanismo cibernetico di conti-nue e reciproche retroazioni.

Di fronte ai risultati occorre “guardare in faccia i dati”, lasciarsi “impres-sionare”, reagire con lo spirito della ricerca e con l’acume dell’indagine, unitamente al senso di responsabilità e all’orgoglio collaborativo.

Il miglioramento va fondato su un progetto di fattibilità che, in base al paradigma valutativo e autovalutativo, non può che essere retro-attivo. La programmazione retroattiva deriva dai dati, fermi restando i valori peda-gogici che costituiscono l’identità e le aspirazioni dell’organizzazione e del

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FINE ANNOdel sistema. “Una sorta di go-verno ombra -dice Tito Boe-ri - non è mai all’opposizione, anzi perennemente nella stanza dei bottoni senza avere alcuna accontability” (la Repubblica 5 febbraio 2012).

Sono vitali la dialettica tra il “dentro” della scuola e il “fuori”, il confronto nel quale ciascuno rispetta il proprio ruolo e quello degli altri senza prevenzioni e arroganza. Non è la scuola che deve adattarsi all’apparato mi-nisteriale, è l’amministrazione che si fa servizio per la scuola,

per chi vi opera come per chi ne usufruisce.

Dobbiamo guardare ad un mo-dello di amministrazione in linea con i tempi presenti, capace di esprimere efficienza e legalità,

sistema educativo nel suo complesso.

Formazione di docenti e dirigentiLa lettura e la selezione dei dati per una valutazione diagnostica fondata

e orientata al miglioramento non è un’operazione semplice né priva di im-plicazioni relazionali e scientifiche.

Per questa ragione, l’autovalutazione/valutazione deve essere sempre preceduta e accompagnata da azioni di formazione delle componenti sco-lastiche, condotte con metodologie diverse: attività di ricerca-azione e di sperimentazione, lezioni di esperti nazionali, internazionali, locali, gruppi di studio e di lavoro.

A questo proposito può essere segnalato l’esempio in atto nella rete di scuole AVIMES (Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Ef-ficacia della Scuola), che mostra il movimento circolare tra autovalutazione e formazione nella rappresentazione del sistema dinamico della scuola come organizzazione che apprende e che migliora. Rilevante risulta la par-tecipazione in prima persona del dirigente scolastico, con la disponibilità ad autovalutare la sua stessa leadership. Importanti il convincimento e le capacità di far evolvere le potenzialità di tutti, in primo luogo degli studenti.

Barzanò G., Mosca S., Scheerens J. (a cura di), L’autovalutazione nella scuola, Milano, Bruno Mondadori, 2000

Scheerens J., Mosca S., Bolletta R. (a cura di), Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Milano, Bruno Mondadori, 2011. www.reteavimes.it - www.invalsi.it

* Silvana Mosca Già dirigente tecnico MIUR, partecipa a Gruppi di ricerca presso l’Università di Torino, collabora con l’INVALSI, con l’USR Piemonte; coordina la rete di scuole AVIMES (Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola).

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ANN

O

dirigenti del MIUR presenta la maggior parte di “scoperture” negli uff ici scolastici regiona-li. Il deficit nella dirigenza ha trovato compensazione con la nomina di d i r igent i a tempo determinato ( art 41, comma 5 bis, art. 19, comma 6 del D.lgs 165/2001) che complessivamente superano le 70 unità.

Si tratta di un aspetto non tra-scurabile e che potrebbe rappre-sentare un punto di svolta nel rapporto tra amministrazione e

ha percepito, come testimonia la pubblicazione nella G.U. del 20 aprile 2015 dei DD.MM ap-plicativi del DPCM di riorganiz-zazione del MIUR, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel luglio 2014.

A seguito della riorganizza-zione permangono livelli di sco-perture che sf iorano il 17% di posti dirigenziali amministrati-vi, molti dei quali dati in reggen-za e/o ad interim e il 62% di posti per dirigenti tecnici. Il ruolo dei

che sia cinghia di trasmissione tra centro e territorio, facendo ricorso a strumenti che sappiano coniugare l’unitarietà del siste-ma educativo e l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Per questo è necessaria una nuova architettura nei rapporti tra Stato e realtà di governo del livello periferico, alla luce anche delle novità previste dalla nuova formulazione dell’ar ticolo 117 del titolo V nell’ambito del pro-getto di riforma costituzionale, in corso di approvazione, in terza lettura, al Senato, con particola-re riferimento alla soppressio-ne della competenza legislativa concorrente tra Stato e Regio-ni. Infatti si preannuncia, anche se non si può parlare di perfetta sincronia per il disallineamento dei tempi di approvazione del disegno di legge costituzionale, un insieme di provvedimenti tra loro collegati e complementari.

Più capacità di gestione amministrativa per il cambio di passo

Se il ministro Giannini intende davvero provare a cambiare vol-to al sistema della scuola deve, anche, dimostrare di saper indi-viduare le cose più importanti e incisive per traghettare il MIUR verso un sistema più moderno e più semplice, in sintonia con ciò che serve alla scuola, e per con-solidare il percorso di sviluppo delineato dal processo di rifor-ma in atto. Senza un sistema di gestione amministrativa efficace ed efficiente non è possibile ‘go-vernare’ in maniera unitaria il sistema complessivo che fa fun-zionare la scuola.

Il problema della “implemen-tazione operativa” ha vissuto varie vicissitudini, ha visto in-terventi di due ministr i (Pro-fumo e Carrozza) ed è ancora aperto. Il ministro Giannini lo

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Politica scolastica

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FINE ANNOsoprattutto con comportamenti esemplari. Con il buon esempio di una condotta sostenibile si ali-menta la fiducia e si conquistano la credibilità e l’autorevolezza perdute. La scuola si governa quando si è in grado di compren-derla e interpretarla: allora si ri-scuote fiducia e si apre il dialogo che evita lo scontro e permette l’incontro, nella ricerca condivi-sa delle migliori soluzioni.

Una nuova classe dir igente non si inventa, non si improvvisa ma si forma con buoni progetti innovativi di formazione profes-sionale. L’amministrazione pre-sti ora la sua migliore attenzione alla dirigenza garantendo proce-dure di reclutamento efficienti ed efficaci, basate sul merito, per trovare persone competenti e in grado di recuperare tutta la cre-dibilità necessaria a gestire un sistema complesso e di qualità. Le riforme non funzionano auto-maticamente; dipende, prima di tutto, dai comportamenti di tutta la classe dirigente, dal MIUR alle istituzioni scolastiche.

Pensiamo a quale effetto stri-dente avrebbe, in contrasto con i risultati che si desiderano, l’a-zione del Ministero se fosse li-mitata all’emanazione di norme e circolari per regolamentare ri-gidamente lo stesso processo di cambiamento!

Il MIUR oggi deve far propria una nuova cultura per compren-dere appieno la propria funzio-ne d’indirizzo, programmazione d’ordine generale, coordinamen-to strategico e valutazione. È un percorso complesso, non privo d’ostacoli, con impatto diversifi-cato rispetto alle strutture e alle realtà locali. Sono le esigenze delle scuola che devono orienta-re la nuova amministrazione per fare in modo che l’ampio proces-so di riforma sia effettivamente uno strumento utile alla crescita e allo sviluppo del paese e dei suoi cittadini, di tutti noi.

mezzi di comunicazione per uno show permanente.

Abbiamo bisogno nel MIUR di una vera politica dell’inno-vazione, di una gestione ammi-nistrativa idonea a definire un rapporto nuovo con le istituzioni scolastiche, con il territorio, con il mondo della ricerca e dell’im-presa. Un’amministrazione che sappia trasformare le eccellenze isolate in sistema. Oltre che di governance si tratta di mettere in campo lo sforzo comune … che comincia con il suscitare la motivazione personale, la parte-cipazione. E’ la classe dirigente la prima a dover recuperare la percezione di quanto sia grave la situazione e a capire come inver-tire la rotta.

L’innovazione parte, infatti, dalle persone, dai dirigenti che hanno bisogno di una prospetti-va nuova del governare coerente con il disegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, uno degli obiettivi strategici del dise-gno di legge sulla buona scuola.

La scuola è un sistema com-plesso e per inf luenzare scelte e decisioni occorre dimostrare di possedere una miscela di qualità dove determinazione e inventiva sono accompagnate dalla cono-scenza dei problemi tecnici. I dirigenti scolastici, i docenti, gli studenti, le famiglie, il personale delle segreterie, vogliono poterci credere … Ma la fiducia non si costruisce a parole.

L’apparato amministrativo del MIUR ha di fronte la possibilità di operare scelte di discontinu-ità e di responsabilità ma deve abbandonare at teggiamenti di “attesa” di quegli interventi ‘po-litici risolutivi’. L’autorevolezza che occorre è una conquista dif-ficile e che richiede cultura e im-pegno. Mettendo a disposizione servizi per la trasparenza, ren-dendo disponibili le conoscenze, consentendo un miglioramento qualitativo dell’educazione ma

scuola visto che, in passato, è sta-to adottato il sistema di scaricare molte delle esigenze dell’ammi-nistrazione sulle scuole, aumen-tando obblighi e incombenze delle istituzioni scolastiche.

Nel disegno di legge sembra, invece, di poter vedere un at-teggiamento diverso che, in un quadro di maggiore stabil ità normativa, dovrebbe portare una semplif icazione e uno sgravio per le istituzioni scolastiche e rendere il sistema di gestione più adatto alle esigenze espres-se dalla comunità sociale e ter-ritoriale. Ciò in coerenza con l’or ientamento del Consigl io di Stato, Sezione IV che con la sentenza del 26 febbraio 2015 n. 964 è tornato sulla declinazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza nell’agire della pubblica amministrazione. Un agire che deve essere sempre ‘proporzionato’ all’obiettivo per-seguito dalle norme, imponendo ai cittadini “il minor onere pos-sibile, garantendo la non arbi-trarietà delle scelte, che devono essere logiche e conseguenziali rispetto alle premesse risultanti dai fatti, utilizzando gli spazi lasciati dalla legge per meglio rispondere ai casi concreti.”

Serve un dirigere che accenda emozioni

Va messo da par te disegno strumentale e desiderio di mera interdizione. Va superata la visio-ne burocratica e gerarchica del-la P.A, basata sull’adempimento formale anziché sul progetto, su-gli obiettivi e sui risultati. Non possiamo più permetterci il for-malismo capace di metaboliz-zare e ridurre culture emergenti e modelli innovativi in niente, il considerare l’innovazione or-ganizzativa e tecnologica come uno slogan da utilizzare per le dichiarazioni in Parlamento o ai

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VISTO DALL’ESPERTOdi Benedetto Vertecchi

Gli insegnanti e la tassa sul macinato

Che i rapporti di lavoro diano luogo a manifestazioni con-flittuali non è una novità e non

credo che ci si sorprenda quando si osserva che ciò vale anche nel ca-so delle professioni educative. Ma ciò che in tempi recenti è accaduto agli insegnanti non è qualcosa che possa essere interpretato come ef-fetto di un normale conflitto: ci si è trovati di fronte alla demolizione di un’immagine, progressivamente privata dei simboli che ne aveva-no segnato il credito sociale, e alla sua sostituzione con un’immagi-ne sostanzialmente diversa, molto più dimessa. Non mi riferisco al reddito che si ricava dalla pratica dell’insegnamento, che è modesto oggi, almeno in Italia, come lo è stato in passato, ma alla differente percezione che si associa a un’atti-vità generalmente accreditata per la cultura che occorre per esercitar-la e per l’esercizio di funzioni non subalterne, perché derivanti da de-cisioni assunte in modo autonomo. Gli insegnanti, dopo l’Unità e fino agli ultimi decenni del Novecento, hanno formato un’élite identificata non dalla quantità dei beni mate-riali disponibili, ma da una capa-cità riflessiva capace di tradurre le interpretazioni in progetti e di impegnarsi per la loro realizzazio-ne. Altri gruppi sociali potevano disporre di maggiori risorse, ma agli insegnanti si riconosceva un credito del tutto particolare, quello

di migliorare, attraverso la cono-scenza, il profilo della popolazio-ne, negli aspetti morali e in quelli materiali. Un riflesso della perce-zione positiva che si aveva degli insegnanti poteva riconoscersi nel gran numero di personaggi pub-blici provenienti dal mondo della scuola: gli insegnanti assicuravano nel territorio la presenza della in-tellettualità intermedia necessaria per lo sviluppo dell’organizzazione sociale del paese.

Si può cercare di capire perché la rappresentazione sociale degli insegnanti abbia subito uno sbiadi-mento progressivo se ci si libera dal ciarpame ideologico che si frappo-ne all’analisi del gran numero di aspetti che nel tempo hanno mutato le caratteristiche della professione. Non ha senso continuare a bruciare granelli d’incenso in lode degli in-segnanti, e non far nulla per capire i cambiamenti intercorsi nelle loro condizioni di lavoro. C’è bisogno di distinguere tra i cambiamenti che sono coerenti con un disegno di progresso sociale e culturale, ri-spetto al quale l’insegnamento può costituire un fattore propulsivo, e quelli che vanno nella direzione opposta, quella intesa a rialzare steccati che sembravano defini-tivamente abbattuti. Se si segue questa linea interpretativa, non è difficile cogliere una concomitan-za tra la qualità della percezione sociale degli insegnanti e l’attesa

di progresso che si collega alla loro azione. La crisi della professione degli insegnanti si è incominciata a manifestare quando sono sorti dubbi circa le implicazioni sociali che si potevano collegare alla cre-scita del sistema di educazione for-male. Quei dubbi davano corpo a resistenze non nuove nei confronti della possibilità per tutti di fruire di un lungo periodo di istruzio-ne nella scuola. Le esigenze dello sviluppo economico avevano fatto superare, almeno in via transitoria, le contrarietà delle classi sociali favorite ad ampliare l’accesso agli studi. Il livello di conoscenze rag-giunto dalla popolazione era con-siderato un fattore importante per lo sviluppo economico e su que-sto presupposto interpretativo si è giunti, in Italia come in altri paesi, a un quasi completo assorbimen-to dei bambini e dei ragazzi nelle scuole primarie e secondarie. Non si è riflettuto però sul carattere im-proprio che, superata la fase della prima alfabetizzazione, aveva as-sunto la capacità di attrazione delle scuole: lo studio era visto più per la sua utilità che per l’apporto che forniva allo sviluppo di un pensie-ro complesso, che si potesse espri-mere attraverso i tempi sempre più lunghi della vita. L’immagine so-ciale degli insegnanti è stata forte fin quando lo è stata la motiva-zione impropria che spingeva la crescita della scolarizzazione. Da

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VISTO DALL’ESPERTO

una trentina d’anni si sono però av-vertiti scricchiolii sempre più evi-denti, a misura del diminuire della relazione lineare che in precedenza aveva collegato l’istruzione sco-lastica alle attività produttive. Se per gran parte del Novecento alla crescita della scuola aveva fatto riscontro una maggiore presenza delle classi medie nell’organizza-zione sociale, verso la fine del se-colo si vedevano già distintamente i tratti che avrebbero assunto di-mensioni sempre più drammatiche, fino a risolversi nella crisi attuale: le classi medie andavano perdendo la loro forza per il venir meno di un gran numero di profili profes-sionali in precedenza apprezzati. L’organizzazione sociale tendeva nuovamente a una dilatazione del-le funzioni professionali di livello modesto, solo in parte compensata da una certa crescita in quelle di livello elevato. Una sintesi partico-larmente efficace del cambiamento intervenuto è stata offerta da Tyler Cowen (un professore di econo-mia del MIT) nel saggio Average Is Over: Powering America Beyond the Age of the Great Stagnation (New York, Dutton, 2013). Altri interpreti dell’evoluzione sociale e del suo legame con l’educazione avevano posto in evidenza singo-li aspetti, che però potevano dar luogo a conclusioni analoghe: per esempio, le maggiori difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani ri-spetto a quelle incontrate dai geni-tori poteva essere considerata una conseguenza della scomparsa di attività che in precedenza erano apprezzate.

Per quanto possa sembrare pa-radossale, non c’è stata la rispo-sta che sarebbe stato ragionevole

attendersi da parte del sistema edu-cativo. L’attenuarsi del collegamen-to utilitario tra ciò che si apprende a scuola e ciò che è richiesto dal mercato del lavoro avrebbe dovu-to condurre alla ricerca di nuovi fattori di motivazione, volti ad accrescere la desiderabilità di apprendimenti che si distingua-no, mi si passi l’ossimoro, per la loro inutilità funzionale. Legge-re poesie (è solo un esempio, tra i molti possibili) è un’attività pri-va di rilevanza pratica se riferita al mercato del lavoro, ma ricca di implicazioni per lo sviluppo del pensiero complesso al quale prima facevo riferimento. Sarebbe stato necessario distinguere ciò che ser-ve per sostenere sul piano culturale l’adattamento alla vita da ciò che costituisce una risposta momenta-nea a esigenze contingenti. Invece, si è assistito a un vero e proprio sconvolgimento valoriale, che ha posto l’enfasi proprio sugli aspetti più caduchi dell’educazione. Han-no assunto priorità nell’educazione interpretazioni volte ad affermare la necessità che il profilo degli al-lievi sia per il possibile coerente con quello richiesto dalle imprese per l’inserimento in attività pro-duttive. L’educazione ha perso in profondità temporale, perché il suo riferimento ha cessato di essere l’intero corso della vita per inse-guire scenari d’incerta persistenza. In questo quadro non c’è da me-ravigliarsi se la professione degli insegnanti ha perso credito, una volta che sia stata privata di quella capacità progettuale, di quella ten-sione al divenire che in precedenza la distingueva. Nell’assunzione di decisioni in campo educativo sono prevalse logiche proprie delle or-ganizzazioni produttive. Le scuole

cessavano di disporre di una cul-tura propria, elaborata dagli inse-gnanti in un contesto di interazioni sociali, ma si sono dovute adattare ad assumere prestiti dall’esterno. Certe interpretazioni della valu-tazione, del merito, del successo, dell’organizzazione del lavoro, dei rapporti gerarchici, di ciò che nell’apprendimento è preferibile e di ciò che è necessario sono la con-seguenza della perdita di autono-mia d’interpretazione e di progetto, alla quale corrisponde, per ciò che riguarda gli insegnanti, un profilo professionale sempre più dimesso.

La perdita di autonomia da parte degli insegnanti è avvenuta nello stesso contesto in cui andava ridu-cendosi la sua funzione di intellet-tualità intermedia. Nella crisi delle classi medie gli insegnanti si sono trovati a occupare posizioni sem-pre più scomode e a subire rapporti di lavoro che accentuano il caratte-re subalterno che la loro funzione sta assumendo. Quel che sgomenta è che chi intende dedicarsi all’inse-gnamento si trovi a dover pagare un prezzo. Si richiede di versare una sorta di tassa sul macinato. Bisogna pagare per ottenere un ti-tolo dal quale dipende la sopravvi-venza. Giovani che già hanno alle spalle vari anni di studi universi-tari, e che se va bene raccolgono una manciata di euro svolgendo lavori precari, debbono sottosta-re a un iniquo balzello. Per parte-cipare a un Tirocinio Formativo Attivo (l’innovazione peda-psico-burocratica è responsabile di certe nomenclature) si devono sborsare migliaia di euro. In cambio di che cosa? Di una proposta di qualifica-zione sviluppata da università che il più delle volte non hanno alcuna competenza per farlo.

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Politica scolastica

L’anno scolastico 2014/15 all’insegna della... valutazione

Le parole che caratterizzano in modo significativo le innovazioni introdotte nel sistema scolastico italiano nell’anno scolastico che si sta per concludere sono certamen-te: valutazione, rapporto di auto-valutazione e certificazione delle competenze.

E, forse per la prima volta dopo vari anni, le innovazioni sono state accompagnate da documenti e da linee guida molto chiari e operati-vi, che hanno permesso ai dirigenti scolastici e ai docenti del primo e secondo ciclo di istruzione di av-viare processi di cambiamento che, da un lato consolidano e potenziano l’identità delle scuole autonome, e dall’altro riconoscono l’impegno e la garanzia delle stesse istituzioni scolastiche verso le competenze da far acquisire agli allievi, sulla base del Profilo dello studente previsto dalla Indicazioni nazionali (testo 2012) e del Pecup (DPR n° 87.88.89 del 15 marzo 2010). Personalmente ho trovato le indicazioni sul Rap-porto di Autovalutazione e i docu-menti trasmessi alle scuole, chiari e utili, anche se, per l’esperienza professionale in questo campo, so-no perfettamente consapevole della complessità del percorso e dell’im-pegno richiesto ai vari “soggetti”

coinvolti nei processi di autovaluta-zione e in quelli di sperimentazione di modelli predisposti per la certi-ficazione delle competenze. Quin-di ben venga il RAV quale stimolo e motore per una ricerca-indagine condotta dai soggetti interni alla scuola, ai fini del miglioramento della qualità dell’offerta formativa e del funzionamento della scuola stessa; ben venga anche un proces-so di sperimentazione ….da tempo assente nei due cicli di istruzione.

Quindi autonomia e autovalu-tazione; autonomia e sperimenta-zione dei modelli di certificazione delle competenze costituiscono “binomi” inscindibili nella cultura valutativa di un istituto scolastico, ma non “binomi” astratti, bensì ar-ticolati e ricchi di aspetti sostanziali della vita scolastica.

Ed ecco che proprio nella Guida per l’elaborazione del RAV sono indicate cinque “sezioni” che fanno riferimento al quotidiano sviluppar-si della vita in ogni scuola dei due cicli di istruzione:a. contesto e risorseb. esitic. processid. il processo di autovalutazionee. le priorità

In particolare la sezione “esi-ti” comprende: i risultati sco-lastici; i risultati delle prove

standardizzate; le competenze chiave di cittadinanza; i risultati a distanza.

Questa “sezione” rappresenta l’a-nello di congiunzione tra i processi di valutazione degli apprendimenti scolastici e quelli di certificazione delle competenze.

Questa sezione aiuta a “mettere a fuoco” i Punti di forza e i Punti di debolezza nelle azioni valutative sia dei risultati sia dei processi di insegnamento/apprendimento che dovrebbero accompagnare gli stu-denti a conseguire le competenze descritte dal Profilo dello Studen-te e dal Pecup, come chiaramente previste dalle Indicazioni nazionali al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione.

La valutazione a scuola, come si può dedurre anche dai testi norma-tivi più recenti, rappresenta un mo-mento importante dell’esperienza scolastica e necessita il coinvolgi-mento dei vari soggetti (dirigenti- docenti-studenti-genitori) attraverso la costante partecipazione e la cor-responsabilità educativa, nella di-stinzione di ruoli e funzioni.

La scuola finalizza il curricolo alla promozione e al conseguimento delle competenze fondamentali per la crescita personale e per la parteci-pazione sociale (competenze di cit-tadinanza) e che oggi sono oggetto di certificazione.

Spetta all’autonomia didattica delle comunità professionali delle singole scuole progettare percorsi per la promozione, la rilevazione e la valutazione delle competenze.

Spetta al MIUR predisporre i modelli per la certificazione delle competenze al termine del perio-do scolastico (5^ primaria, 3^ se-condaria di primo grado, alla fine

Tra RAV e... certificazione delle competenze

di Piero Cattaneo*

Dirigenti e docenti del primo ciclo di istruzione alle prese con il Rapporto di autovalutazione e la sperimentazione dei nuovi modelli di certificazione delle competenze

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Politica scolastica

dell’obbligo di istruzione, ecc) o in determinati momenti del percorso scolastico.

Solo infatti a seguito di una rego-lare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione.

Valutazione e certificazioneCon la CM n. 3 del 13 febbraio

2015 il MIUR avvia la sperimen-tazione di due modelli di certifica-zione delle competenze, colmando un “vuoto” normativo e culturale a cui le scuole del primo ciclo di istruzione hanno posto rimedio ne-gli anni avvalendosi della propria autonomia, come più volte suggeri-to dalle stesse direttive ministeriali. Ci sono voluti, tuttavia, quasi tre lu-stri perché il MIUR desse seguito a quanto indicato dall’art. 10 del DPR n. 275/99 (Regolamento dell’auto-nomia) che recita “con i decreti del Ministero della Pubblica Istruzione sono adottati i nuovi modelli per le certificazioni, le quali indicano le conoscenze, le competenze, le capa-cità acquisite e i crediti formativi ri-conosciuti, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realiz-zate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate”.

Le due versioni del modello pro-posto in chiave sperimentale dal Miur per la classe quinta primaria e per il termine del primo ciclo di istruzione, si strutturano in coe-renza con le premesse pedagogiche contenute nelle Indicazioni nazio-nali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione (testo 2012) e fanno riferimento alle ot-to competenze chiave proposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio (18.12.2006) per l’apprendimento permanente.

Le competenze da certificare (al termine del primo ciclo) sono di carattere trasversale, non im-mediatamente identificabili con le competenze disciplinari che sono

indicate nei traguardi di sviluppo riferiti a ciascuna delle discipline previste dall’ordinamento.

Si tratta di un mix di competenze cognitive (dinamiche, generative), personali, metacognitive, che de-limitano il perimetro di una citta-dinanza europea “in costruzione” (GC. Cerini)

I due termini, valutazione e cer-tificazione, concettualmente diffe-renti rispetto agli “specifici oggetti” di riferimento, in effetti nella pro-spettiva dichiarata dalle Indicazioni Nazionali sono tra loro complemen-tari e interdipendenti in quanto rappresentano la situazione di equi-librio tra gli esiti da conseguire come vincolanti (la prescrittività dei traguardi per lo sviluppo delle competenze) e le scelte dei percorsi di formazione idonei e funzionali al contesto ambientale, scolastico e non solo, in cui vengono realizzati.

Dunque l’atto del certificare è inserito all’interno del processo formativo ed è compito degli stessi docenti facilitare l’attivazione dei processi di apprendimento più utili ed efficaci ai fini del conseguimen-to delle competenze da certificare.

Caratteristiche del modello sperimentale e dati per il RAV

Il modello di certificazione delle competenze oggetto di sperimen-tazione (CM n°3/2015, nella duplice versione) si basa sul Profilo dello studente che descrive “in forma essenziale” le competenze riferite alle discipline di insegnamento e al pieno esercizio della cittadinan-za che un ragazzo (o una ragazza) deve mostrare di possedere al ter-mine del primo ciclo di istruzione. Il conseguimento delle competen-ze delineate nel profilo costituisce l’obiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano”. Os-servando attentamente il modello (nella duplice versione) si può con-statare come sia strutturato in modo coerente con le premesse pedagogi-che già ricordate e soprattutto come

l’articolazione in varie colonne met-ta in evidenza la stretta correlazione tra le 12 competenze del profilo del-lo studente con le otto competenze chiave previste dalla Raccoman-dazione del Parlamento europeo. Il riferimento tuttavia non è posto in una correlazione biunivoca nel senso che ad una stessa competen-za europea possono corrispondere più competenze indicate nel profilo dello studente.

Tant’è che nella terza colonna del modello si fa riferimento a tutte le discipline dell’ordinamento del pri-mo ciclo e viene chiesto di indicare, se è il caso, il particolare riferimen-to ai contributi disciplinari ritenu-ti particolarmente significativi ed efficaci.

Le Linee Guida forniscono esem-pi operativi di “strumenti” neces-sari per valutare attentamente e in modo fondato le competenze facen-do riferimento ai compiti di realtà, alle osservazioni sistematiche, alle narrazioni valutative o autobio-grafiche in grado di permettere ai docenti di rilevare l’acquisizione di conoscenze, di abilità ed anche di quelle “disposizioni interne” (signi-ficati, valori, sentimenti, emozioni, intenzioni, perplessità, dubbi, inten-zioni e decisioni …) che fanno parte del processo di apprendimento di ciascun allievo. I quattro livelli di certificazione (da quello iniziale a quello avanzato) in effetti non fanno che arricchire il profilo formativo di un allievo/a e permettono di cono-scere quei tratti di personalità che spesso non sono così evidenti ed espliciti nella formulazione dei vo-ti. La sperimentazione del modello permetterà di raccogliere elementi per la sua eventuale revisione, prima di renderlo obbligatorio nelle scuole italiane. Il Rav avrà la possibilità di accogliere dati importanti per la se-zione “esiti” proprio dai processi di valutazione e dall’entrata a regime del modello di certificazione, vali-dato dalla sperimentazione.

*coordinatore didattico del Licei - Istitu-to Sociale di Torino

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Scuola e famigliaRita Di GoroPresidente Associazione Genitori - A.Ge. Toscana

LIBRI DI TESTo, GIoIE E DoLoRI

La lingua batte dove il den-te duole e così, ad ogni in-contro per genitori, i tanti

problemi della scuola emergono anche senza volere. Fra i tanti, uno dei più presenti è quello dei libri di testo: troppo cari, trop-po pesanti, troppo insomma. Le mamme raccontano, si lamenta-no, ma in realtà non sanno cosa fare. Una signora riferisce che a scuola le hanno consigliato di procurarsi un libro di storia usa-to, oppure delle fotocopie, per-ché, per non sfondare il budget, il consiglio di classe ha deliberato di non inserirlo fra le adozioni. Così le famiglie, fra un borbottio e un lamento, hanno chinato la

testa e hanno acquistato un libro in più.

Il ruolo di un’Associazione di genitori è proprio questo: fare chiarezza su ruoli, diritti e doveri e aiutare le famiglie ad orientar-si nella giungla della normativa scolastica. La prima domanda che ci è venuta spontanea riguar-dava il rappresentante di classe: ma dov’era quando è stata presa una decisione del genere? “Ah, ma non ci fanno mica votare, ce lo dicono e basta” protestano le mamme convinte. Eh no, care si-gnore, il Testo unico della scuola è chiaro, i libri di testo vengono adottati dal collegio dei docen-ti “sentiti i consigli di classe”, il

che vuol dire che sono parte in causa anche i rappresentanti dei genitori.

C’è da dire che il Ministero per primo ha le idee poco chiare, per-ché anno dopo anno seguita ad evidenziare il ruolo dei docenti nella scelta dei libri di testo, rac-comandando addirittura ai pre-sidi di fornire loro un locale ove consultare le proposte editoriali, ma si guarda bene dal dire che questo è un preciso diritto anche per i rappresentanti dei genitori.

L’altra obiezione è di semplice buon senso: il libro di storia non può essere facoltativo; un’obiezio-ne che adesso poggia anche sulla normativa, in quanto il Decreto

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Scuola e famiglia

legge n. 104 del 12.9.2013 lo dice espressamente: “I testi consigliati possono essere indicati dal col-legio dei docenti solo se hanno carattere di approfondimento o monografico”.

E invece, ci sono addirittura insegnanti che ogni anno preten-dono uno o più libri aggiuntivi, spiegando che quelli in adozione non sono sufficienti. Ecco, questo è un vero e proprio abuso, perché ogni classe ha la facoltà di sce-gliere i testi che ritiene opportuni - all’interno di un budget fissato per legge - e non è certo pensa-bile che si possano far spendere dei soldi inutili ai genitori solo perché non si è stati capaci di va-lutare gli strumenti necessari per la propria didattica.

Il problema è acuito dal fatto che i libri costano troppo ed è praticamente inevitabile sfondare il budget. Non giova neppure sce-gliere i testi in formato digitale perché, salvo alcune lodevoli ec-cezioni, costano appena qualche euro in meno del corrispondente

cartaceo. Così il Ministero dà una mano, forza la circolare sull’adozione dei libri di testo, la n. 3690 del 29 aprile 2015, là dove si parla della riduzione prevista in caso di totalità di libri in for-mato misto (-10%) o interamente digitale (-30%). Nella circolare si dice infatti che la riduzione ha luogo “solo se tutti i testi sono stati adottati per la prima volta per l’anno scolastico 2014/2015”, mentre il D.M. 781/2013 parla-va solo di una dotazione libraria composta di libri in formato mi-sto o digitale.

Sempre la C.M. 3690/2015, do-po aver giustamente sottolineato che “i libri di testo sono strumen-ti per la riflessione, l’approfondi-mento dei contenuti conoscitivi proposti e lo studio individuale da parte degli studenti fin dai pri-mi giorni di lezione” evidenzia la necessità di rispettare i termini (seconda decade di maggio per le delibere del Collegio docenti, 15 giugno per la comunicazione all’Associazione italiana editori

AIE) poiché, “visto che molti stu-denti acquistano i libri di testo prima dell’avvio delle lezioni”, “non è consentito modificare, ad anno scolastico iniziato, le scelte adozionali deliberate nel mese di maggio”. Perché, viene sponta-neo chiedersi, c’è forse qualche scuola che cambia i libri a lezioni iniziate?

Insomma, il problema dei libri di testo è uno dei più spinosi, an-che perché nella scuola secondaria si impongono grossi sacrifici alle famiglie e non è lecito sbagliare. Sarebbe opportuno che venissero attivati più controlli, soprattut-to se è vero che la maggioranza delle classi non rispetta il bugdet assegnato. Poi occorrerebbe fare pressioni affinché ci si preoccupi a monte di fissare prezzi compa-tibili con il budget in un ipotetico paniere medio composto da tutti i libri necessari. Non dobbiamo dimenticare che le case editrici hanno beneficiato enormemente dell’informatizzazione delle ado-zioni, in quanto prima stampava-no e distribuivano un tot di libri per ciascuna zona, con sprechi di un certo rilievo; adesso invece sanno con largo anticipo quanti libri stampare e dove inviarli per la distribuzione.

C’è infine un ultima problemati-ca che affligge le famiglie, quella del peso: è possibile, si chiedono le mamme, che ogni giorno i no-stri figli debbano portare a scuola tutti i libri, magari con l’aggiunta di quadernoni o altro materiale didattico? Non potrebbero forse i docenti programmare per tempo le lezioni e comunicare ai ragazzi cosa debbono portare a scuola? Certo che sì, ma vai a spiegarlo agli insegnanti.

uSR Veneto - Laura Dona’, Patrizia Neerman, Ernesto Passante,Il consiglio orientativo. Dalla ricerca alle linee guidaTecnodid, Napoli, 2014

La pubblicazione esamina un tema meritevole di approfondita atten-zione e riflessione: il consiglio orientativo nell’istruzione secondaria di primo grado e le sue implicazioni nel percorso formativo degli studenti.Gli autori sono i protagonisti di un’apposita ricerca, promossa dall’uf-ficio Scolastico Provinciale di Verona, che si è posta l’obiettivo di esa-minare le pratiche esistenti e di elaborare Linee Guida finalizzate a sollecitare il miglioramento di qualità e di efficacia del consiglio orien-tativo. La pubblicazione offre dati e considerazioni critiche interessanti ed utili per comprendere le convinzioni e le abitudini diffuse in materia di orientamento, stimolando nel contempo una riflessione sull’urgenza di ripensare i modelli didattici ed organizzativi nelle istituzioni scolasti-che del primo e del secondo ciclo. In modo particolare, la progettazione dell’offerta formativa per competenze rappresenta un presupposto indi-spensabile per accostarsi al tema dell’orientamento nel rispetto della centralità dello studente.

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Sembra paradossale che, in un momento in cui l’edito-ria strabocca di pubblica-

zioni che non sempre incontrano un numero adeguato di lettori, si debba parlare di un “libro che non c’è”. Eppure, se si pensa all’a-vanzamento delle conoscenze scientifiche e alle nuove frontiere del sapere, anche del tutto asim-metriche rispetto ai programmi scolastici e alla loro rigida strut-turazione disciplinaristica, ci si rende subito conto che questo è un dato di fatto. Perché bisogna con-venire che non soltanto un libro del genere non c’è, perché non esi-ste, ma anche che esso non potrà

esserci neanche in una scuola radicalmente rinnovata nella sua propensione a incontrare sul serio le dinamiche e i processi cultu-rali e metodologici della scienza contemporanea, che ha fatto del-la complessità il suo fondamento epistemologico profondo. Si tratta di un’assunzione tanto evidente quanto assolutamente sottaciuta, tenuta in silenzio, come se dei ve-ri problemi e dei veri nodi della formazione scientifica del nuovo cittadino non si debba parlare. Il fatto è che manca una presa di

coscienza di carattere pubblico sulla rilevanza del problema, an-che perché essa dovrebbe scaturi-re da un dibattito approfondito da parte di diversi soggetti (scuola, accademia, mondo della ricerca e della divulgazione scientifica) che spesso hanno poca propen-sione al dialogo e all’incontro, un po’ per tradizione, un po’ per cultura. Né si può pretendere di trovare nella scuola insegnanti tanto bravi e motivati che siano in grado di aggiornarsi sui con-tenuti della ricerca di frontiera e sui nuovi linguaggi e scenari che continuamente si aprono, crean-do nuove intersezioni tra i settori

IL LIBRo CHE NoN C’E’ Una proposta-progetto per la riqualificazione dell’insegnamento scientifico

di Mariella Di Lallo*

I media sono parte integrantedella vita dei ragazzi, co-me emerge anche dal dodicesimo Rapporto Censis-ucsi. Internet naturalmente è al primo posto,seguito da TV e

radio, invenzioni quest’ultime non proprio recenti ma che “reggono” ancora bene, in tutte le fasce della popolazione. La radio, in particolare, è ancora molto seguita, coprendo l’83,9% del pubblico italiano.

Anche l’Area della Ricerca del Cnr di Pisa si è avvicinata a questo media, creando nel 2014 Aula 40, una rubrica radio-fonicatrasmessa in collaborazione con PuntoRadio.fm,in radiovisione dall’omonima aula del Cnr, con l’obiettivo di aprire le finestre della ricerca a un pubblico generalista, utilizzando un tono divulgativo.Ma torniamo ai giova-ni. Aula 40 li ha ospitati in sette puntate invitandoIstituti tecnici e licei, dando loro la possibilità di intervenire con domande, riflessioni, testimonianze, seduti allo stesso tavolo dei ricercatori. L’esperienza, secondo noi, ha avuto

Aula 40: la scuola incontra la ricerca in radiodi Giorgia Bassi, Beatrice Lami, Anna Vaccarelli, Gian Mario Scanu*

PUNTATA 8 – 29 MAGGIO 2014Classi 3a e 4a IPSIA “Fascetti”

PUNTATA 14 – 20 NOVEMBRE 20142a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - pisa PUNTATA 15 – 4 DICEMBRE 20143a media Istituto “Santa Caterina” - Pisa

PUNTATA 16 – 18 DICEMBRE 20144a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - Pisa PUNTATA 18 – 29 GENNAIO 2015 Classi 1a, 2a e 4a Liceo Scientifico “Santa Cateiri-na-Pisa PUNTATA 21 – 12 MARZO 20153a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - Pisa

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Obiettivo docente

della scienza e della cultura uma-nistica. Si dovrebbe avere acces-so e consuetudine alla lettura e al confronto sulle tematiche che vengono dibattute sulle riviste più prestigiose di caratura internazio-nale, che sono essenzialmente in lingua inglese. Qualora anche do-vesse esserci una “mosca bianca” di questo tipo sarebbe comunque una assoluta rarità, tale che non varrebbe nemmeno la pena par-larne in un contesto in cui si in-tende affrontare il problema della formazione scientifica dei nostri giovani in modo sistematico. Del resto, anche se vi fosse, la “mosca bianca” non avrebbe esaurito il suo compito in una intelligente e costante attività di aggiorna-mento personale (mancando del tutto in Italia un attore in grado di svolgere tale compito a livel-lo istituzionale), perché dovrebbe comunque confrontarsi con le dif-ficoltà improbe di un’educazione

formale in cui il sapere si presenta come un dato già acquisito e la programmazione didattica deve fare i conti con una collegialità spesso eterogenea per cultura, di-sponibilità e motivazione. Ecco allora che, una volta riconosciu-to che la formazione scientifica, non soltanto italiana, è orfana del “libro che non c’è”, se non ci si accontenta di restare sul piano intellettuale della sterile denun-cia, si deve partire da tale consa-pevolezza per fare del “libro che non c’è” una proposta e un pro-getto. Per delinearne i contenuti e la forma bisognerebbe innan-zitutto idearne l’indice. Innanzi-tutto ci sarà l’introduzione che esporrà con chiarezza ed esempi concreti la rilevanza e l’urgenza del problema anche dal punto di vista socio-economico e politico. Da tale analisi si desumono au-tomaticamente gli obiettivi e le domande che dovranno trovare

un terreno di confronto nei capi-toli del “libro che non c’è”. Non si può non partire dall’indicazio-ne degli attori da coinvolgere: si tratta di mettere insieme diversi soggetti in un lavoro di squadra, capace di fare incontrare le risor-se migliori del sistema pubblico e privato, i protagonisti della ri-cerca e dell’innovazione, della divulgazione scientifica e della riflessione umanistica, del mondo accademico e della scuola. Tali at-tori devono contribuire, ciascuno con le proprie esperienze e com-petenze, senza inutili e fuorvianti gerarchie, a declinare i successi-vi capitoli del libro. Innanzitutto una parte rilevante sarà occupata dalle cosiddette “intersezioni” (il “che cosa” dell’aggiornamento): nel descrivere l’evoluzione dei saperi legati alla scienza, i suoi attori avranno modo di presentare contesti concreti in cui i conte-nuti vanno chiaramente oltre le

una doppia valenza didattica: mettere in contatto i ragaz-zi con una realtà di eccellenza come quella del Cnr e allo stesso tempo farli entrare dentroi meccanismi di uno dei mass mediada loro molto apprezzato, facendogliperò capire chela radio non è solo musica ma anche spazio di dibatti-to e confronto costruttivo.In tutte le puntate, gli studenti hanno preso parte con entusiasmo alla discussione (tra le tematiche affrontate: tutela ambiente, corretta alimenta-zione, dipendenze, gestione rifiuti, utilizzo consapevole del-la tecnologia), arrivando in trasmissione sempre preparati sull’argomento,sicuri quindi nell’approccio e confronto con i massimi esperti del settore. In alcuni casi hanno chiesto,in diretta, di ripetere l’esperienza, esprimendo l’esigenza di approfondire ulteriormente determinati tematiche.Aula 40 è stataper gli studentiun’occasioneimportante per

imparare fuori dalla scuola, entrando da protagonisti in un dibattito scientifico e costruttivo legato a temi d’attualità ea possibili scenari futuri, perché, al di là dell’apparenza, fatta di improbabili pettinature anni ‘80 e smartphone di ultima generazione sempre in mano, è questo che vogliono i ragazzi: sentirsi parte attiva del presente che per loro parla già il linguaggio del futuro.

PUNTATA 22 - 26 MARZO 2015 classe 4a H del Liceo delle Scienze Umane «Gio-vanni da San Giovanni», San Giovanni Valdarno (AR), PUNTATA 23 – 9 APRILE 2015

classe 4a dell’indirizzo di biotecnologie ambien-tali dell’Istituto Tecnico Industriale «Leonardo Da Vinci», Pisa,

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Obiettivo docente

in contesti diversi, rispettandone le specificità di indirizzo (licea-le, tecnico, professionale, ecc.) e di contesto (sociale, economico, politico). Il quarto ed ultimo ca-pitolo dovrebbe occuparsi della ideazione, della messa in rete e costruzione di appositi strumenti didattici, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie multimediali, in grado di facilitare il compito, difficilissimo, di far scrivere nella scuola, in modo sempre nuovo e creativo, quel “libro che non c’è”, che non è fatto questa volta di sa-peri e contenuti dati, ma di pro-cessi e approcci didattici aperti, interattivi e dinamici, in grado di esprimere la bellezza e la proble-maticità della ricerca scientifica nell’epoca della complessità. Un modo per procedere in tal senso potrebbe essere l’organizzazione di un convegno che metta con-cretamente insieme gli attori qui individuati con la regia di Tutto-scuola stessa che ha già dedicato molti dei suoi numeri alla tratta-zione di queste tematiche.

*Docente di Chimica presso l’ITET “E. Fermi” di Lanciano (CH), PhD in Studi Umanistici

anche ai fini dell’aggiornamento degli insegnanti. Un centro del genere, che potrebbe favorire l’at-tivazione di percorsi sperimentali di ricerca-azione seguiti e sup-portati dal centro stesso, oggi chiaramente non esiste, ma po-trebbe rappresentare un obiettivo essenziale del progetto “il libro che non c’è”. Il terzo capitolo di questo libro-lavoro da “scrivere” e costruire riguarda l’aspetto più propriamente pedagogico (il “co-me” dell’aggiornamento) e coin-volge più direttamente il mondo della scuola, con la raccolta del-le buone pratiche che si sappia-no confrontare con i contenuti del primo capitolo. Qui la scuola gioca pienamente il suo compito, senza sudditanze e/o complessi di inferiorità, e mette in gioco la professionalità dei docenti, che sono gli attori principali di ogni vera riforma didattica. Il raccordo tra l’aggiornamento delle metodo-logie di ricerca e dei saperi con la realtà concreta del fare scuola co-stituisce chiaramente l’obiettivo centrale dell’intero progetto che dovrà fare i conti anche con la ca-pacità degli insegnanti di lavorare

barriere scolastiche del discipli-narismo, aprendo orizzonti di ri-cerca contrassegnati da nuovi e autonomi linguaggi. E’ il settore dei contenuti scientifici, delle me-todologie, delle nuove frontiere, delle applicazioni, delle connes-sioni sociali, economiche, etiche e politiche sottese agli scenari futu-ri. Un secondo capitolo dovrebbe riguardare il tema più spinoso: l’individuazione di un nuovo sog-getto istituzionale in grado di tra-sferire in maniera sistematica e diffusa i contenuti della ricerca scientifica ai docenti della scuola italiana (il “chi” dell’aggiorna-mento). La difficoltà deriva dal fatto che in Italia manca un sog-getto che per statuto abbia una funzione di questo tipo e le com-petenze necessarie per mettere in atto un compito di tale portata. Si potrebbe pensare a una struttura museale di tipo moderno, in cui, anche attraverso la collaborazione di gruppi internazionali, si sap-pia unire l’attività convegnistica con quella divulgativa, organiz-zando almeno un focus annuale di approfondimento su un tema scientifico di particolare rilievo

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Obiettivo docente

L’esplorazione sistemat i-ca condotta nel corso di una indagine sviluppata

nell’ambito del Cnos-fap ha por-tato a individuare come elemento centrale della problematica de-rivante dall’impatto delle tecno-logie digitali mobili nei processi educativi scolastici e formativi l’azione progettuale di dirigenti e docenti. Come principio di riferi-mento è stato individuato quello di promuovere più che una radi-cale trasformazione della realtà educativa a causa della loro pre-senza, quello di sviluppare una valida e feconda integrazione di tali strumenti nel progetto for-mativo proprio dell’istituzione ai suoi vari livelli di attuazione. Nel seguito si cerca di esplicitare tale principio applicandolo ai diffe-renti ambiti progettuali.

1) Integrare il quadro delle fi-nalità educative e formativo con

l’esigenza di sviluppo delle com-petenze digitali.

In una istituzione educativa scolastica o formativa il primo ambito progettuale, quello che do-vrebbe costituire la sua identità e il riferimento fondamentale per una sua valutazione interna ed esterna, è il suo progetto educa-tivo istituzionale (PEI), o piano dell’offerta formativa (POF). Es-so comprende le finalità genera-li che la comunità educativa si propone di conseguire attraverso il suo impegno educativo ai vari livelli. Tenendo conto del quadro europeo delle competenze chiave per l’apprendimento permanen-te, ma più ancora della domanda formativa che emerge nel conte-sto sociale, culturale e professio-nale attuale, occorre che sia ben

esplicitato il ruolo che, all’interno degli altri ambiti di finalità edu-cative, deve assumere quello di uno sviluppo valido e funzionale della competenza digitale.

Non si tratta tanto di descrive-re il rilievo che verrà dato alla presenza delle tecnologie digitali nel contesto formativo, quanto il senso che si intende attribuire a una loro valorizzazione. In parti-colare, va sottolineata l’importan-za di aiutare i giovani a passare da un loro uso informale per co-municare, giocare, esplorare, a una loro utilizzazione finalizza-ta e sistematica in un contesto di studio o di lavoro. A questo fine ne va sollecitata la capaci-tà di un utilizzo autonomo e re-sponsabile, tenendo conto delle tre fondamentali dimensioni di tale competenza: quella tecnica, quella cognitiva e, soprattutto, quella etica. Dovrebbe essere

Livelli e ambiti di progettazione dell’integrazione delle tecnologie mobili nelle situazioni e nei percorsi scolastici e formativi

Prima di tutto, i docentidi Michele Pellerey*

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Obiettivo docente

chiarita anche l’importanza del-lo sviluppo di tali competenze digitali e dell’arricchimento nel loro contesto di esperienze pro-duttive, non solo consumistiche, ai fini di una incisiva promozione dell’orientamento professionale e dell’occupabilità a favore dei singoli studenti.

2) Integrare la comunità edu-cativa reale considerata nelle sue varie articolazioni con lo svilup-po di una comunità virtuale se-condo le stesse articolazioni.

Il secondo ambito progettua-le concerne la natura e dinamica stessa della comunità educativa o formativa. Questa è costituita dalle sue varie componenti: di-rigenza e servizi generali (anche amministrativi), docenti, studen-ti, famiglie, territorio nel quale si è inseriti. Il sistema di relazioni che si intende e si riesce ad at-tivare, la qualità di tali rapporti interpersonali e istituzionali che lo caratterizzano, la partecipa-zione responsabile delle sue varie componenti nella progettazio-ne, realizzazione e valutazione dell’attività educativa o formati-va, il clima che si può cogliere a livello generale, come nelle sin-gole attività e nel contesto dell’at-tività didattica, la tempestiva e valida comunicazione tra le varie componenti della comunità, costi-tuiscono certamente la piattafor-ma fondamentale di ogni impresa educativa.

Le ricerche e le esperienze esa-minate inducono a ritenere fonda-ta la prospettiva che lo sviluppo di un sistema di comunicazione virtuale accanto a quello reale possa potenziare sia nella qualità, sia nella continuità, sia nell’incisi-vità, la realtà viva della comunità. Un buon sistema di comunicazio-ne, basato sulle tecnologie digi-tali mobili, tra direzione, collegi docenti, consigli di classe, singoli docenti, studenti e loro famiglie può rendere ancora più efficaci gli incontri a livello personale,

come a livello comunitario. Non solo, ma ne permette una buona preparazione e un loro prolunga-mento nel tempo e nello spazio.

3) Integrare in maniera valida e funzionale gli ambienti e le at-tività educativi e formativi con la presenza delle tecnologie digitali, in particolare mobili.

Il terzo ambito progettuale ri-guarda gli ambienti di apprendi-mento e l’organizzazione generale dell’attività formativa. Qui emer-

ge subito una indicazione precisa: favorire una prospettiva di natura ibrida, una prospettiva che tende a integrare forme tradizionali di comunicazione e di insegnamento con forme legate alla presenza di tecnologie digitali mobili. Sem-bra ragionevole non tendere a una uniformizzazione delle risorse, dei contesti e degli ambienti, ben-sì cercare di renderli il più pos-sibile f lessibili e adattabili alle modalità didattiche ed esigenze dei singoli docenti e delle diffe-renti discipline di insegnamento, rimanendo aperti alla prospettiva di ulteriori trasformazioni future delle tecnologie.

Se si sceglie di accostare in ma-niera intelligente quella che viene chiamata la cultura del libro alla

cultura dello schermo, occorre dare spazi anche fisici adatti alla possibilità di una proficua inte-grazione tra ciò che può favori-re un pensiero veloce, intuitivo e manipolatorio e ciò che sollecita pensieri lenti, rif lessivi, critici. Ciò viene reso possibile dall’e-sperienza e dal confronto stesso tra la molteplicità dei sistemi di comunicazione, anche per favo-rire una più perspicua attenzione a ciò che essi propongono. L’i-dea fondamentale è che ambienti, risorse, strumenti devono esser messi a disposizione per favorire il raggiungimento delle finalità educative e degli obiettivi didat-tici senza pregiudicare metodi e scelte che il singolo docente e un gruppo di docente deve fare.

Inoltre, occorre considerare con non tutti i docenti sono in grado, o per precedente formazione o per sensibilità personale, di va-lorizzare in maniera proficua e valida nel loro impegno didattico tali tecnologie. Occorre conside-rare anche dal punto di vista or-ganizzativo qualcosa che va da un loro uso continuo, intenso ed efficace a una loro utilizzazio-ne più sporadica e mirata verso obiettivi specifici. A questo fine viene suggerito anche di favorire l’organizzazione di aule dedica-te a singoli docenti, o almeno a singole discipline, permettendo quindi agli insegnanti di orga-nizzare il loro ambiente di lavo-ro, anche perché essi rimangono, insieme al consiglio di classe, i primi e fondamentali responsa-bili dell’apprendimento dei loro studenti.

4) Integrare i percorsi educati-vi e formativi con attività ed espe-rienze legate alla valorizzazione delle tecnologie digitali mobili, anche in vista dello sviluppo della capacità di autoregolazione del proprio apprendimento in conte-sti da esse arricchiti.

Il quarto ambito progettuale riguarda i percorsi didattici da

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Obiettivo docente

La festa dell’Europa 2015, che si è celebra-ta il 9 maggio nei 28 Paesi dell’Unione, ha coinvolto gli istituti superiori di Conegliano,

Pieve di Soligo, Valdobbiadene e Vittorio Veneto, su invito dell’Intesa Programmatica d’Area (IPA) “Terre Alte della Marca Trevigiana”, che riunisce 30 comuni e i 25 soci privati della Provincia di Treviso. Gli studenti sono stati protagonisti, da soli o in gruppo, al concorso “I giovani e l’Euro-pa: crescere insieme”.

Erano percorribili quattro piste: il saggio breve, i messaggi brevi, le immagini e i filmati, utiliz-zando una pagina di facebook, appositamente creata. Queste le risorse messe a disposizione: € 250 a ciascun vincitore, l’abbonamento gratuito per l’anno prossimo a Tuttoscuola e a Il Quin-dicinale per gli Istituti e un bonus di € 100 per i docenti che hanno coinvolto i propri studenti a partecipare all’iniziativa.

Questo l’esito del concorso:a) la IV B dell’ISISS “Verdi” di Valdobbiade-

ne, con il docente referente Mario Pernechele, ha presentato diversi contributi di nove stu-denti, tutti in sintonia con questa idea: “l’Eu-ropa è l’avventura in cui persone uguali e diverse esplorano rotte innovative per un futuro migliore”.

b) Anna Sonego, con la prof.ssa Paola Granzotto del Liceo “Flaminio” di Vittorio Veneto, si è aggiudicata il premio del saggio breve, di cui si stralcia il passaggio conclusivo: “Noi siamo popolazioni coraggiose, in un solo secolo ci sia-mo risollevati da due conflitti mondiali, da una guerra fredda e da altro ancora. Siamo inciam-pati, siamo caduti di faccia, ma non ci siamo arresi. Perché cominciare ora? Quando si dice: “l’unione fa la forza” io penso all’Europa vera, alla bella Europa, quella vitale e unita. Anche noi possiamo cambiare le sorti del mondo e tra qualche decennio potremo dire: “l’unione fa la forza, l’Unione Europea è la forza”.

c) il premio per l’immagine è stato assegnato ad Antonio Luigi Stefani, dell’ISISS “Marco Ca-sagrande” di Pieve di Soligo, supportato dalla

professoressa Maria Elisa Lazzari. Questa la descrizione dell’immagine ‘dammi la mano, ti aiutiamo noi!’: “Mamma Europa, culla di civil-tà, investe nel futuro accogliendo la straordina-ria domanda di libertà e giustizia”.

d) il premio per il filmato è stato consegnato alla I A del liceo linguistico “Da Collo” di Cone-gliano, referente il docente Leonardo Tortorelli. Molto apprezzato dai partecipanti per l’origina-lità con cui la storia è stata rappresentata, uti-lizzando l’immagine di una classe, dei banchi e della cattedra.Il convegno si è aperto con l’inno europeo e

nazionale, con i saluti delle autorità, tra le quali l’europarlamentare Davide Borrelli, l’assessore provinciale Gian Luigi Contarin, il sindaco di Conegliano Floriano Zambon e del presidente dell’IPA Stefano Soldan. Sono state presentate le relazioni di Federica Bardini (“I nuovi traguardi dell’Europa”), del Direttore del Dipartimento Politiche e Cooperazione Internazionali della Re-gione Veneto, Diego Vecchiato (“i finanziamenti europei riservati ai giovani”) e di Dario Roveda (“la Rete Eurodesk e le opportunità per la mobili-tà educativa in Europa”).

Nel corso del convegno la coincidenza della festa dell’Europa con il “Giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, in coincidenza con l’omicidio di Aldo Moro, ha permesso al moderatore Pietro Panzarino di tracciare un breve profilo dello sta-tista nella veste di grande europeista: “nel dicem-bre 1975 a Roma, a Palazzo Barberini durante il Consiglio Europeo, presieduto da Moro, venne presa la decisione di tenere le prime elezioni eu-ropee a suffragio universale, a suggello del suo DNA politico, che si manifestava in tutta la sua originalità con il sogno europeo”.

Durante il convegno si è svolta in teleconferen-za un’intervista con il Sottosegretario di Stato, Pier Paolo Baretta sul tema: “2015 Anno europeo dello sviluppo in Italia”. Esprimendo la propria gratitudine alle scuole, ai docenti e agli studenti, il presidente Stefano Soldan ha confermato che “l’iniziativa, da intendersi come Anno Zero, ha vinto la sfida della vigilia, pertanto continueremo anche per l’anno prossimo”.

La festa dell’Europadi Pietro Panzarino

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di fonti informative e conosciti-ve, costituisce una delle priorità educative dei nostri tempi. Così i percorsi formativi proposti devo-no favorire l’esperienza guidata e la progressiva competenza nel valorizzare le varie possibilità di comunicazione sia faccia a faccia, sia tramite dispositivi digitali, in maniera valida e produttiva.

molteplicità di canali informativi e comunicativi sia nello studio, sia nel lavoro, sia nella vita quo-tidiana. Promuovere la capacità di gestire se stessi in un conte-sto culturale e comunicativo nel quale all’interazione diretta e alla relazione interpersonale si associa l’interazione mediata e la fruizione di una molteplicità

attivare e gli obiettivi che attraver-so di essi si vogliono conseguire. In questa prospettiva va coinvolto il consiglio di classe anche per distribuirsi compiti e responsa-bilità. Occorre garantire che per ogni studente nell’esperienza di classe e di istituto ci siano ade-guati momenti di apprendimento finalizzato e sistematico, attuati con una valorizzazione intelli-gente e funzionale delle tecnolo-gie mobili. Non solo, ma che nel corso della sua vita scolastica o formativa egli possa sperimentare spazi progressivi, tenendo conto dell’età e del livello scolare, di lavoro autonomo e collaborativo, che mettano in gioco lo sviluppo della capacità di autoregolazio-ne del proprio apprendimento nel contesto proprio dell’utilizzazio-ne delle tecnologie digitali mobili.

Come le indagini sociologi-che hanno messo in evidenza il cit tadino contemporaneo nel-la sua attività sia di relazione, sia professionale valorizza una

Tab.1 Quadro sinottico tratto dal citato volume di D. Laurillard.

Apprendimentoattraverso Tecnologie tradizionali Tecnologie digitali

AcquisizioneLettura di libri, dispense; ascolto delle esposizioni e spiegazioni del docente, osservazione di dimostrazioni pratiche.

Fruizione di prodotti multimediali, di siti web, fonti e documenti digitali. Ascolto di podcast; visione di video e animazioni.

Ricerca

Uso di guide stampate per lo studio e la ricerca. Esame delle idee e informazioni tramite risorse stampate e altri materiali. Uso di strumenti e materiali tradizionali per raccogliere, confrontare testi. esaminare e valutare fonti.

Uso di guide e suggerimenti disponibili on line; esame delle idee e delle informazioni tramite risorse digitali. Uso di strumenti digitali per raccogliere, confrontare testi, esaminare e valutare fonti.

PraticaEsercizi applicativi, realizzazione di progetti operativi, laboratori, attività di role-play faccia a faccia.

Uso on line di modelli digitali, di simulazioni, di micromondi, di laboratori virtuali, di attività di role-play.

ProduzioneProduzione di artefatti sotto forma di testi, saggi, rapporti, relazioni di attività svolte, progetti, performance, animazioni, modelli, video.

Produzione e memorizzazione sotto forma digitale di documenti, progetti grafici, modelli, artefatti, animazioni, slides, performance, foto, video, blogs e portfolio.

Discussione Tutoriali, seminari, discussioni tramite email, gruppi di discussione, discussioni in classe.

Tutoriali on line, forme sincrone e asincrone di seminari, di gruppi di discussione, forum, conferenze via web.

Collaborazione Progetti di piccoli gruppi, analisi e valutazione di risultati altrui, costruire insieme un prodotto

Attraverso il web realizzazione di progetti; forum on line, wiki, chat, per esaminare produzione altrui e costruire propri prodotti.

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Obiettivo docente

A dispetto della crisi sistemica che sembra carat-terizzare endemicamente il sistema educativo nazionale oltre che delle accese polemiche degli

ultimi mesi intorno ai provvedimenti del Governo, la scuola italiana rappresenta una delle risorse strate-giche più vitali e dinamiche del paese. Forte di questa convinzione, la Fondazione Idis-Città della Scienza ha in questi mesi condotto un intenso Road Show per pre-sentare la XIII edizione di “Smart Education & Techno-logy Days/3 giorni per la scuola”, il principale evento nazionale di incontro e riflessione sulla nuova dimen-sione digitale del mondo della scuola e dell’educazione scientifica. La manifestazione si svolgerà dal 28 al 30 ottobre prossimo negli spazi della Città della Scienza di Napoli e, come di consueto, sarà caratterizzata da un’originale impostazione che vedrà convivere incontri, workshop, laboratori con i docenti in veste di protagoni-sti di tutti gli eventi programmati. Nel corso degli incontri svolti presso sedi prestigiose in dieci diverse città italiane, i rappresentanti di Città della Scienza – affiancati da quelli di istituzioni locali e nazionali e in primis dagli Uffici Scolastici Regionali – hanno avuto modo di incontrare complessivamente ol-tre cinquecento docenti di scuole di ogni ordine e grado per presentare le opportunità che la Smart Education & Technology Days offre loro.Firenze, Bari, Lamezia Terme, Roma, Torino, Trento, Milano, Genova, Potenza e Bologna, queste le tappe del roadshow, in cui si è molto discusso delle prospettive della didattica laboratoriale alla luce delle trasforma-zioni indotte dalle tecnologie digitali e delle opportunità

didattiche fornite dalle tecnologie di fabbricazione di-gitale, sempre più diffuse nei fablab e tra i makers.Ma quali sono le opportunità che permetteranno ai do-centi di valorizzare le proprie esperienze e competenze professionali dal 28 al 30 ottobre a Città della Scienza?In primo luogo la consueta call “La Parola alle Scuole”, consentirà ai docenti di presentare le loro più signifi-cative esperienze didattiche nel corso delle sessioni te-matiche della convention di ottobre, presentazioni alle quali potranno unirsi anche rappresentanze di studen-ti. Ma anche quella del “PicNic della Scienza”, rivolta alle intere classi, che vengono invitate a presentare le proprie attività sperimentali, nella giornata del 30 ot-tobre, in una vera e propria scampagnata scientifica.Inoltre, in occasione dell’edizione 2015 degli Smart Days, sono stati banditi diversi concorsi tematici per dare modo ai docenti e agli studenti di esprimere spirito d’iniziativa e creatività.Il primo bando è focalizzato sul ruolo della prevenzione sanitaria e prevede da parte dei concorrenti la proget-tazione e la realizzazione di un exhibit interattivo o di un prodotto multimediale sulle tematiche in oggetto (con particolare riferimento alla prevenzione di malat-tie e comportamenti riguardanti i giovani: alcool, uso di sostanze, alimentazione e obesità, MST, ecc.). Il pro-dotto vincitore sarà realizzato ed esposto nel nuovo Mu-seo del Corpo umano, Corporea, che verrà inaugurato a Città della Scienza nei primi mesi del 2016.Il secondo bando è finalizzato a promuovere il “pen-siero computazionale” in ambito educativo, invitando i docenti a ideare, progettare e realizzare un kit o un prodotto multimediale funzionale allo svolgimento di attività volte all’apprendimento delle basi della programmazione.Sempre nell’ambito degli Smart Education and Techno-logy Days si svolgerà la premiazione ufficiale del con-corso Zonascienze 2015, frutto di una collaborazione fra la De Agostini Scuola e Città della Scienza, e fina-lizzato alla realizzazione di prodotti didattico-edu-cativi di argomento scientifico. Le scuole interessate possono collegarsi a questo link: http://deascuola.it/zonascienze/concorso/. Per una visione approfondita delle proposte di Smart Education and Technology Days 2015, vi invitiamo a consultare la pagina web dell’evento: http://www.citta-dellascienza.it/3giorniperlascuola/2015/.

Smart Education & Technology Days: scenario di sviluppo innovativo

di Luigi Cerri

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Obiettivo docente

in grado di attivare nel suo lavoro e dei risultati che tramite esse rie-sce a conseguire, in base alla sua esperienza e ai riscontri che via via può raccogliere.

Le metodologie disponibil i vanno da un insegnamento diret-to ed esplicito a un insegnamento indiretto e basato su ricerca, co-produzione e condivisione. Cia-scuna di queste metodologie può valorizzare strumenti e mate-riali di diverse natura: da libri e

dell’istituzione a cui appartiene; degli obiettivi generali e specifici che la normativa vigente indica per i vari canali istruttivi e forma-tivi; delle caratteristiche peculiari degli studenti convolti e del loro effettivo stato di preparazione in vista del raggiungimento di ta-li obiettivi; delle risorse dispo-nibili in termini di spazi, tempi, strumenti comunicativi effettiva-mente disponibili; delle compe-tenze metodologiche, che egli è

5) Integrare nella progettazio-ne didattica, nella realizzazione delle lezioni e nella valutazione degli apprendimenti disciplinari l’utilizzo delle tecnologie digitali mobili.

Il quinto ambito progettuale riguarda i metodi stessi di inse-gnamento che il singolo docen-te intende valorizzare nella sua attività didattica. In tale attivi-tà egli deve tenere conto: delle f inalità educative o formative

Da tempo, come è ormai ben noto, i processi, gli obiettivi e i risultati della valutazione, di tutto il settore pubblico, ma in particolare della Scuola e delle università, sono sempre più pervasivi e condizionano in misura ragguardevole le immagini delle istituzioni e le c.d. politiche premiali con finanziamenti ancorati a giudizi resi all’esito di un artico-lato esame di criteri e parametri che dovrebbero dare sen-so e misura della qualità degli Atenei, nel loro complesso, o delle loro variegate e articolate strutture interne.Anche quest’anno la ripartizione del finanziamento, che si preannuncia tempestivo, da licenziare prima dell’estate, evenienza rara e salutata con soddisfazione da tutti, con-ferma un indirizzo che sempre più tende a consolidarsi e ad assumere prevalente incisività. Lo schema di decreto, diramato recentemente dal Mi-nistro e inviato per i pareri previsti alla Conferenza dei Rettori; al Consiglio universitario Nazionale; al Consiglio Nazionale Studenti universitari e All’Agenzia Nazionale di Valutazione ne è ulteriore conferma. Circa il 20% delle ri-sorse disponibili, che ammontano a circa 7 miliardi, sono assegnate “a fini premiali” con i criteri e le modalità spe-cificate nell’art. 3: 65% in base ai risultati conseguiti nella valutazione della qualità della ricerca (VQR 2004-2010);20% in base alla valutazione delle politiche di reclutamento;3% in base ai risultati della didattica con specifico riferi-mento alla componente internazionale;12% in base ai risultati della didattica con specifico riferi-mento al numero di studenti regolari che hanno acquisito almeno 20 crediti formativi (CFu).Il decreto prevede poi, ed elenca minuziosamente, una

serie di altre misure e interventi finalizzati che collidono fortemente con qualsiasi criterio di autonomia delle uni-versità, naturale caposaldo della loro natura, declamato efficacemente nella nostra Costituzione e continuamente ripreso in tutte le leggi che, negli anni, sono intervenute sulla materia universitaria.Al di là dei criteri, discussi e discutibili, sui quali già la Conferenza dei Rettori ed il Consiglio universitari Nazio-nale hanno manifestato la loro opinione, - ribadendo tra l’altro l’assoluta necessità che la quota competitiva sia di natura aggiuntiva rispetto alla quota base - e sui quali attendiamo ora le considerazioni degli altri organismi in-terpellati, prima di addentarci in un esame di merito, ci interessa ora sottolineare un aspetto del sistema compe-titivo e del castello della valutazione costruito in questi anni, che sembra sfuggire nella discussione sugli obiettivi e sui parametri svolta finora per definire la qualità delle università e una sorta di graduatoria tra le stesse. Le rica-dute, come stiamo vedendo, sono sempre più significative. Rischiano però di risultare distorcenti del sistema univer-sitario per come si è finora ipotizzato e consolidato. Un si-stema che, almeno dal 1989, da quando il ministro Ruberti ha posto mano realisticamente all’autonomia delle univer-sità, fino ad allora “araba fenice”, come la definì Sandulli, e tema di erudite elaborazioni giuridiche per addetti ai lavori, si è fondato e radicato su tre principi unanimemen-te riconosciuti e apprezzati: autonomia; responsabilità; valutazione. Sono i tre cardini di un unico impianto; non li si può ritenere disgiunti, considerarli separatamente. Non esiste responsabilità se non si assicurano spazi di liberta a chi dovrà rispondere delle iniziative, positive o fallimentari che siano. Possono essere prese in esame solo quelle che siano autonomamente ideate, avviate e gestite.

LA QuALITÀ DELLE uNIVERSITÀdi Fabio Matarazzo

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Obiettivo docente

forme che può assumere questa conversazione essa ne ha citate sette, centrando l’attenzione sui processi di apprendimento attivati e segnalando le tecnologie tradi-zionali e innovative che possono essere valorizzate. Ricordiamole brevemente, nella tabella a pag. 32. L’uso delle tecnologie tradi-zionali può così essere opportu-namente integrata o alternata con l’utilizzo di quelle digitali.

*Docente Universitario emerito

ha suggerito di attivare una vera e propria conversazione tra do-cente e studenti e degli studenti tra di loro nel contesto della quale all’interazione diretta interper-sonale si accompagna quella in-diretta tramite i vari strumenti di comunicazione.1 Quanto alle

1 D. Laurillard, Teaching as a Design Science. Building Pedagogical Patterns for Learning and Technology, London, Routledge, 2012.

dispense, a web e risorse disponi-bili in rete. Usando una metafora medica, la dieta che l’insegnante progetta dovrebbe basarsi da una parte su una diagnosi funziona-le dello stato di preparazione dei suoi studenti e, dall’altra, sulle conoscenze e competenze che in-tende promuovere. Quanto alle modalità di attuazione anche un nota studiosa dell’integrazione delle tecnologie digitali nei per-corsi formativi, Diana Laurillard,

Altrimenti che senso avrebbe una valutazione in assenza di questo requisito? Si ridurrebbe all’esame e al giudizio di conformità, più o meno soddisfacente, ad una regola impo-sta da un soggetto terzo, nel nostro caso il Ministero e per esso l’Agenzia di valutazione. Si impongono, così agendo, fini da perseguire e ricerca di risultati che possono essere estranei alla natura e alla tradizione di alcuni degli atenei oggetto di valutazione. Molti hanno nella loro storia e nella loro conformazione capacità e interessi di sviluppo specifici, non omologabili con quelli aprioristicamente individuati e determinati da un’Agenzia nazionale che, a sua volta, dovrebbe recepirli da un indirizzo di governo. In questo modo però il Ministe-ro non si limiterebbe a fissare soltanto i confini dell’au-tonomia del sistema universitario e le prospettive verso cui indirizzarlo, com’è suo compito, ma individuerebbe e imporrebbe regole di comportamento alle quali uniforma-re tutti gli atenei allo scopo di incentivarne una pretesa e preoccupante competizione assai stridente con la loro storia e la loro ancora attuale ragion d’essere. Qualche esempio potrà tornare utile per comprendere me-glio quanto stiamo dicendo e per sottolineare che anche un sistema competitivo, com’è da tempo quello al quale si guarda, richiede una valutazione attenta e complessa e non soltanto un esame di conformità o meno a criteri det-tati dall’esterno. La differenza di considerazione dell’attività di ricerca ri-spetto a quella didattica, che è ben rappresentata dalla ripartizione della quota premiale nelle percentuali che ab-biamo visto, offre un’immagine plastica del privilegio che si vuol riconoscere ad un certo tipo di università. Ma ben si potrebbe ipotizzare un ateneo, e un corpo accademico, che ritengano al contrario più importante per condizioni di contesto, per vocazione, per tradizione, dare maggio-re spazio e risalto ad una didattica che possa avere dif-fusione e ricadute sul territorio; che possa recuperare e non scoraggiare gli studenti dall’accedere e frequentare quell’ateneo, che ne possa comprendere e giustificare i

possibili ritardi curriculari, per le caratteristiche sociale e ambientali, senza per questo sentirsi deteriori ed essere classificati negativamente. Tra eccellenza scientifica e ruolo sociale, entrambi compiti essenziali dell’istituzione universitaria, l’equilibrio non è sempre agevole e non può essere tracciato con un tratto di penna valido per tutti e in tutti i casi. Anche per le politiche di reclutamento la scelta di quelle da preferire può non essere agevole e univoca. un ateneo, o al suo interno un settore, scuola, facoltà o dipartimento che sia, può privilegiare numero e qualità delle pubblicazioni scientifiche, ammesso che la loro qualità sia facilmente determinabile, per selezionare e chiamare nuovi docenti. Altri, invece, potrebbero attribuire maggiore considera-zione all’ attitudine e alla riconosciuta capacità per il la-voro di gruppo. La combinazione dei due criteri può essere quanto mai varia e articolata tra i diversi atenei e i diversi settori disciplinari. Insomma, sono esempi per riflettere su quanto sia vario il mondo e quanto sia giusto e opportuno che sia così. Quan-to la pluralità delle situazioni sia una ricchezza e non un limite da superare; quanto sia importante, per questa ra-gione, un’analisi attenta e sensibile a quello che ciascun organismo è stato in grado di realizzare, di ottenere co-me risultato; di quanto sia migliorata la sua condizione rispetto al passato, anche se in direzione diversa da quella ritenuta migliore da chi si arroga un potere di afferma-re criteri ritenuti assoluti in un contesto, quello didattico e scientifico, la cui caratteristica ineludibile è proprio il rifiuto di verità che non siano suffragate da verifiche con-tinue e sottoposte a ricorrenti critiche per essere rimesse in discussione.Il prossimo rinnovo della più parte dei componenti il con-siglio direttivo dell’Agenzia di valutazione, può essere forse l’occasione, superata la fase sperimentale con il pur lodevole impegno espresso da tutti i suoi attuali membri, per una complessiva riflessione sui suoi scopi, finalità e metodi di azione. Sarebbe auspicabile!

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Il cantIere delle dIdattIcadi Italo Fiorin

INDICAZIoNI DALL’INFANZIANel mese di marzo scorso, a

Bologna, si è svolto un se-minario nazionale promos-

so dal ministero dell’istruzione e dedicato alla scuola dell’infanzia. Il titolo del seminario (Infanzia e ...oltre) alludeva al tema della con-tinuità didattica nel percorso 3-13, così come prefigurato dalle Indica-zioni nazionali del 2012.

Molti sono stati i motivi di in-teresse, dal momento che il semi-nario ha visto la partecipazione attiva di centinaia di insegnanti della scuola dell’infanzia, di quella statale, ma anche di quella comu-nale e paritaria. Nove work shop e innumerevoli presentazione han-no consentito di verificare lo stato di salute (eccellente) della scuola dell’infanzia, e hanno consegnato elementi di rif lessione che van-no ben oltre i confini della scuola dei bambini, e che riguardano il curricolo, la didattica, gli orienta-menti pedagogici del primo ciclo di istruzione e, per molti aspetti, dell’intero sistema di istruzione del nostro Paese.

una scuola che rompe le regoleSe si riflette sulla cultura didat-

tica nelle scuole italiane diffusa e consolidata nel tempo, è facile vedere come il modello di inse-gnamento di gran lunga dominan-te è quello che abbiamo ereditato dal passato e che è stato nei se-coli custodito dall’università. Par-liamo del modello della lezione frontale, trasmissiva, fissata sui

punti cardinali della cattedra, del testo, della parola (l’insegnante), dell’ascolto (i discepoli). La scena dell’aula universitaria, con la di-sposizione dei banchi a guardare la cattedra, si è riprodotta in for-mato adattato, nei licei, nella scuo-la media, nella scuola elementare. Possiamo dire che non è più così? Non sembrerebbe. Certo, specie nelle scuole primarie qualcosa si è mosso, molti insegnanti non si po-tranno ritrovare nella descrizione appena fatta, molti, ma non i più. Anche nella scuola di oggi ritro-viamo le antiche rigidità del pas-sato, le vecchie regole istituzionali sono sempre le stesse: l’aula è un contenitore rigido e spesso troppo congestionato, dove i banchi degli alunni potrebbero essere inchio-dati al pavimento, tanto servono solo perché gli alunni vi si posi-zionino predisposti ad ascoltare, a copiare quanto viene scritto alla lavagna, perfino multimediale in qualche caso. Talvolta lo spetta-colo è piacevole. Tuttavia l’attore unico o dominante è l’insegnante. L’ora di lezione scandisce il tem-po dell’ascolto, così come l’orario regola, nella scuola media soprat-tutto, l’avvicendarsi dei docenti, prigionieri anche loro (come all’u-niversità) di un settore disciplinare o, come si dice, classe di concorso (anche i concorsi ormai non si fan-no quasi più).

La scuola dell’infanzia non è così. Non è una scuola dove ‘si fa lezione’; se c’è una cattedra, e non è detto, questa se ne sta da qualche

parte, utilizzata per lo più come piano d’appoggio. Osserviamo lo spazio dell’aula. Difficile vedere file allineate di tavolini posti di fronte all’insegnante, ma trovere-mo angoli, postazioni di lavoro, cestoni con giocattoli, armadietti, biblioteche, atelier ...

Vedremo, insomma, un ambien-te pensato per l’apprendimento e non per l’insegnamento, a misu-ra di alunno e non di adulto, pro-grammato per le attività, il gioco, l’esplorazione e non per passare quattro ore intrattenuti da adul-ti che le occupano quasi tutte a parlare.

Ora la domanda è: tutto questo è una ‘cosa da bambini’, o può ri-guardare anche gli altri ordini di scuola?

Che cosa vuol dire progettare un curricolo 3-13 anni? Se la scuola dell’infanzia è irrimediabilmente ‘altra’ che continuità ci potrà mai essere?

Top down o bottom up?Non sono mancati e non manca-

no i tentativi di costruire la conti-nuità a partire dall’alto.

C’è una logica, naturalmente, nel ritenere che, una volta definite le attese conclusive di un percorso (fine ciclo, fine obbligo...) gli an-ni precedenti vengano considera-ti come tappe di avvicinamento, e che quindi vadano interpretati come strettamente funzionali al seguito, quali condizioni o prere-quisiti dello sviluppo curricolare

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Il cantIere delle dIdattIca

successivo. Le stesse Indicazioni nazionali 2012, proponendo come riferimento il Profilo dello studen-te, rafforzano questa concezione. Il curricolo viene finalizzato allo sviluppo delle dimensioni previste dal profilo, che sono strettamente collegate alle competenze chiave o di cittadinanza. La valutazione e la certificazione delle competenze sono, coerentemente, riferite alle dimensioni del profilo, non alle discipline di studio. Si tratta di un capovolgimento della logica tra-dizionale, specie se ci si riferisce alla scuola media. Le discipline cessano di essere lo scopo del loro insegnamento, e si trasformano in mezzi di educazione. In realtà questa rivoluzione non avrebbe dovuto essere tale, se si fosse re-almente preso sul serio quanto già prevedevano i ‹Nuovi Programmi della scuola media’ (1979!), che definivano le discipline “mezzi di educazione”. Sappiamo che non è andata così e che l’impostazio-ne disciplinaristica ha continua-to a farla da padrona, resistendo a tutte le innovazioni, a tutte le raccomandazioni, a tutti i rappor-ti che hanno documentato come la scuola ‘media’ sia il punto più fragile del nostro sistema scola-stico. Ma in che cosa consiste il

capovolgimento di logica? Che cosa c’è di sbagliato a conside-rare le discipline come fine del l’insegnamento?

Dire che le discipline sono dei mezzi di educazione significa riconoscere che lo scopo di chi insegna non è quello di trasmet-tere una più o meno consistente quantità di nozioni (il piano del sapere), ma significa anche che non ci si deve accontentare del fat-to che gli alunni sviluppino com-petenze disciplinari (il piano del saper fare), rimanendo nel chiuso di un orticello disciplinare. Nel suo bellissimo e poco conosciuto libro ‘Ricerca e lavoro interdi-sciplinare’ Alfredo Giunti diceva che lo scopo dell’insegnante di matematica non è di insegnare la matematica e di quello di storia non è insegnare la storia, ma il loro compito è, grazie all’apporto della storia, della matematica..., di insegnare a pensare, a ragionare, a stare con gli altri, ad essere buoni cittadini.

Come si vede, se il punto di ri-ferimento per lo sviluppo vertica-le del curricolo, è la persona che apprende e non i contenuti disci-plinari, non solo la scuola dell’in-fanzia non fa fatica a collegarsi ai successivi ordini di scuola, ma

vede valorizzato il proprio lavoro. Il curricolo della scuola dell’in-fanzia non è il precipitato nozio-nistico della scuola delle materie scolastiche, ma è la sorgente da cui si sviluppa, dal basso, un per-corso focalizzato sulla persona. La natura non disciplinare di questa ‘prima’ scuola la rende molto più disponibile alla prospettiva delle competenze trasversali, i campi di esperienza rappresentano le inizia-li forme della elaborazione dei si-gnificati, orientati all’emergere dei sistemi simbolico-culturali, che gli alunni scopriranno, in maniera pro-gressivamente sempre più definita, nella scuola primaria.

Centrata sulla persona che ap-prende e non sulle nozioni, la scuola dell’infanzia fornisce l’imprinting al curricolo della scuola di base. Offre agli altri ordini scolastici il modello di scuola desiderata; non si legittima perché si fa somigliante alla scuola primaria, ma perché la orienta, le fornisce un modello, la aiuta a liberarsi dei vecchi ferri della didattica trasmissiva e convenzio-nale, la invita a mettersi al servizio dell’intelligenza, della creatività, della disponibilità a scoprire, di cui sono ricchi i bambini e che, nel lo-ro trasformarsi in ‘piccoli scolari’ spesso sono costretti a perdere.

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ObiettivO dOcente

La tutela del minore… a scuola!

dirigente scolastica istituto comprensivo ‘Amedeo Peyron’ di TorinoTiziana Catenazzo*

Quante volte, a scuola, sono gli adulti, docenti e persona-le scolastico in genere, che

arrecano (in)consapevolmente un pregiudizio al minore? Quali e quanti, gli atteggiamenti che, pur non costituendo reato, determi-nano comunque delle condizioni di rischio, tali da compromette-re l’equilibrato sviluppo psico-fisico del minore? Pensiamo ai continui atteggiamenti di preva-ricazione in classe, apparente-mente innocui, messi in atto ‘per riuscire a fare lezione, nonostante gli allievi disturbino’ e alla mole di mezzi impropri di correzione e di disciplina, ai quali si fa ricorso quasi abitualmente: tutti ovvia-mente contrari a quel catalogo dei diritti che, paradossalmente, vengono a gran voce proclamati in Europa e, proprio in ambito scolastico, elusi. A cominciare da quei processi, minimi, che ri-guardano la gestione quotidiana delle relazioni di potere, asim-metriche (fra docenti e discen-ti) che bilanciano e sbilanciano costantemente l’acquisizione, lo sviluppo, la maturazione della personalità degli studenti, si po-trebbe agevolmente delineare un piano di miglioramento per le di-verse autonomie scolastiche. In attesa di una migliore regolamen-tazione – che superi le lacune del ‘Regolamento delle Studentesse e degli Studenti’, di 16 anni fa – è comunque possibile alle Autono-mie scolastiche attivare per i do-centi e il personale dei percorsi di

formazione adeguati. Nella diadi docente-bambino, è ovviamente il bambino l’elemento debole e quindi più vulnerabile: non si può

trascurare, soprattutto a scuola, la necessità della sua ‘protezio-ne’ nelle relazioni con l’adulto, né darla per scontata o acquisita,

Alle scuole non viene richiesta una rendicontazione esplicita sul benessere degli studenti. La tutela dei diritti dei minori in ambito scolastico viene data per certa: come si potrebbe educare se non nel più profondo, totale e attento rispetto dell’altro, dell’educando? Quanto e come le scuole lavorano, al proprio interno, per scongiura-re e ridurre le problematiche legate al disagio, ai maltrattamenti? E se fosse proprio la scuola ad adottare e realizzare pratiche educative non corrette, fortemente pregiudizievoli del benessere degli studenti? L’argomento è complesso. In questa prima parte lo avvieremo, in una seconda parte ne verranno approfonditi gli aspetti normativi. Due sintesi che, a settembre, verranno riprese in un ragionamento più articolato che verrà pubblicato per intero sul sito di Tuttoscuola.

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ObiettivO dOcente

all’interno di quella magmatica gamma di relazioni che costitui-sce il processo di insegnamento-apprendimento. E’ dall’equilibrio armonico con il quale il bambino riesce a vivere l’emotività e l’af-fettività, che dipendono processi e successi cognitivi e di appren-dimento, così come dipende l’e-quilibrato sviluppo dei processi di crescita psicologico e fisiolo-gico, ma anche estetico e sociale. Da questa considerazione, appa-rentemente banale, soprattutto se letta applicandola al contesto scolastico e allo ‘scollamento’, ormai drammatico, fra gli assun-ti teorici e la pratica quotidiana di una scuola che arranca e s’affati-ca, potrebbero derivare pagine e pagine di analisi sull’opportuni-tà di una formazione meno di-spendiosa (in termini di risorse temporali e economiche) ma più efficace, sulla tutela degli in-teressi dei minori a scuola e su una preparazione adeguata, rela-zionale ed emotiva, degli adulti che lavorano con i minori, per i minori.Basta osservare che, in genere, anche a scuola, il bam-bino, a differenza dell’adulto, non ha gli strumenti per agire, attivandosi autonomamente per chiedere aiuto o tutelare i diritti che gli sono stati riconosciuti. La mancanza pressoché totale di forme di garanzia provoca una serie di false credenze che in-nescano spesso conflitti seri fra docenti e genitori.

Il principio della specificità, re-lativo alla tutela dei minori, pre-suppone che la minore età debba considerarsi come fondamentale e preziosa stagione della vita di ogni essere umano, da tutelare: a scuola, bambini e ragazzi vanno

rispettati in quanto tali, e non invitati costantemente a un’im-mediata maturazione e svilup-po della personalità. Non vanno considerati come ‘piccoli adulti’, immaturi e in via di ‘perfeziona-mento’. La scuola propone (im-pone) esplicitamente a bambini e ragazzi di indossare il ruolo sociale dello studente, che oltre tutto è l’unico che la cultura de-gli adulti propone loro: ma non è già questa una violazione esplici-ta del principio di specificità che, nel rapporto coi minori, viene invece richiesto di tutelare dalle Convenzioni europee?

L’adultocentrismo che caratterizza il sistema scolastico

Il rispetto dello studente - che ritroviamo in quasi tutte le ‘carte’ e progetti scolastici - domina in-discusso ovunque, quasi ‘sovra-ordinato’ a ogni altra necessità. Quasi mai, però, documenti e re-golamenti interni considerano la necessità, per i docenti, di pren-dere coscienza della dimensione fortemente adultocentrica, asim-metrica, che domina l’ambiente scolastico, non solo nell’appa-rato istituzionale e burocratico ma ancor più nella gestione del quotidiano. L’adultocentrismo è la dimensione - in un ambiente in cui si lavora per l’istruzione, l’educazione e la formazione dei minori! – più caratterizzante. L’acquisita consapevolezza, da parte della scuola, del principio di centralità del minore, quale soggetto titolare di diritti speci-fici, da garantire e tutelare, non è ancora una conquista culturale,

pedagogica, certa e consolidata. Un difetto di impostazione, so-prattutto culturale, che pregiu-dica non solo un serio lavoro di prevenzione del maltrattamento dei minori ma lo stesso compito di accompagnamento educativo che spetta agli insegnanti. L’a-dultocentrismo domina tutti gli aspetti educativi (da quelli didat-tici a quelli pedagogici e infine relazionali) riuscendo a impre-gnare comunemente tutto quanto si ‘respira’ e si vive a scuola. Per un’immediata e facile provoca-zione, basta pensare a quanto spesso a scuola càpiti di scon-trarsi con condotte e atteggia-menti (degli adulti) che tutelano più gli stessi adulti, insegnanti o genitori (a garanzia della loro ‘sensibilità’ e del loro diritto al-la riservatezza’) rispetto a quelli degli studenti.

Le condotte inadeguate degli adulti di riferimento (insegnanti e operatori)

Occorre, pertanto, fare molta

attenzione, a scuola, nel preve-nire, riconoscere, correggere, le differenti situazioni di rischio e di pregiudizio di cui soffro-no (o verrebbero a soffrire) gli studenti. Soprattutto ai fini del-la socializzazione e dell’ordine della classe (spesso assunti come obiettivi prioritari, dagli inse-gnanti) il bambino viene spes-so percepito come portatore di istinti da contrastare e reprimere (il ‘bambino che disturba’), e non quale soggetto dotato a pieno ti-tolo di propri diritti (non quello di disturbare, certo, ma ad esem-pio quello di ricevere l’attenzione

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che si ostina a richiedere per sé). Occorre ‘correggere il tiro’ ri-spetto a un’ampia gamma di condotte, assunte liberamente e variamente da parte degli adulti, che mortificano la personalità dei piccoli e, ciononostante, vengono generalmente giustificate rite-nendo, quasi sempre, che questi comportamenti ‘impulsivi’ e ‘re-pressivi’, adottati degli adulti, poiché inintenzionali – come ad esempio il tono improvvisamen-te alto e aggressivo della voce nei confronti della classe, se non quando nei riguardi di un solo studente, magari ‘vivacissimo’ – siano inoffensivi. A causa del-la condizione di oggettivo svan-taggio e quindi di debolezza, nei confronti degli adulti, i bambini sono maggiormente vulnerabi-li; i bambini divengono vittime dei loro educatori: non certo di una violenza vera e propria, ma vittime di quei maltrattamenti quotidiani, apparentemente ba-nali, quasi impercettibili perché subdoli, che ugualmente posso-no produrre in loro delle gravi criticità. Pensiamo al fenome-no delle “urla”: moltissimi in-segnanti ricorrono a un tono di voce esageratamente alto per imporre l’attenzione, il silenzio, l’ordine. Per fortuna, vi sono anche molti, moltissimi docenti che ritengono, più correttamente, che lo sviluppo della personali-tà e l’adesione a comportamenti ‘validi’ debbano essere la per-suasione, il convincimento, il dialogo. È noto che condotte pregiudizievoli, dell’insegnante nei confronti dell’alunno, con-ducono quest’ultimo a svilup-pare (nella quasi immediatezza o in tempi più diluiti, se non in età adulta) comportamenti anti-sociali e a rischio, ritardi anche

cognitivi, ritardi nello sviluppo, se non anche depressione, an-sia, attacchi di panico; spesso una relazione educativa-affettiva scorretta, fra docente e allievo, comporta nel minore la nascita di sentimenti di vergogna e di colpa, difficoltà nelle relazioni interpersonali, una bassa auto-stima, disturbi psicosomatici, comportamenti autolesionistici (e persino suicidari).

In alcuni casi, l’atteggiamen-to prevaricante dell’educatore di-viene talmente pregiudizievole per lo sviluppo psico-affettivo del minore, da offenderne la sensibilità e la personalità, met-tendolo ad esempio a disagio davanti ai compagni, denigran-done (spesso anche inconsape-volmente) le azioni, i pensieri, le iniziative: condotte tanto vio-lente, da parte degli insegnanti, che riescono a compromettere e rallentare, più o meno evidente-mente, ogni ‘tentativo’ dei mi-nori a un’equilibrata relazione all’interno del gruppo, ogni mi-nima richiesta ‘positiva’ di at-tenzione. Dai rimproveri alla pioggia di note, sui registri e sui diari (child abuse scolastico) e a varie forme di pressioni emoti-ve, ricatti impliciti, svalutazioni, rifiuti, denigrazioni. Sta di fat-to che anche il semplice ‘abu-so’ della voce (che il più delle volte accompagna e sottolinea atteggiamenti prevaricanti, ap-punto, da parte degli insegnanti) viene diffusamente negato quale possibile causa di malessere nei bambini e nei ragazzi. Merite-rebbe quindi di essere studiato come fenomeno, quando non è estemporaneo o occasionale, dal momento che i rif lessi negativi di questa ‘pedagogia dell’urlo’ si ripercuotono anche su ragazzi

non diret tamente interessati dalla ‘delusione’ attiva dell’in-segnante i quali lamentano, ad esempio, un forte mal di testa, la difficoltà a concentrarsi e a ca-pire, il disagio per il compagno ‘maltrattato’. Anche a scuola è rinvenibile una sorta di ‘violenza assistita’, della quale sono vit-time i compagni o le compagne degli alunni più spesso vessati o trascurati, inconsapevolmente, dagli insegnanti: l’esposizione ripetuta di un bambino, ad atti di violenza psicologica, compro-mette la relazione educativa e affettiva con l’adulto, può legitti-mamente costituire un elemento di vittimizzazione da violenza ‘assistita’.

L’attenzione al mondo dei pari: il disagio dei compagni di classe

E’ sul mondo dei pari che oc-corre concentrarsi meglio: il di-sagio personale di un compagno si ripercuote inevitabilmente sul-lo stile relazionale instaurato con gli altri e facilmente verrà in-fluenzato da una corrispondente conflittualità e aggressività (in risposta positiva o negativa, di complicità o distacco o ancora di estraneità, rispetto al genere di attenzione esperita dall’in-segnante). Ciò che è in gioco, è quindi la formazione attenta e puntuale del corpo docente e, in molti casi, anche del perso-nale scolastico. Gli studenti più esposti al rischio, sono sempre quelli evidentemente più fragili, con carriere scolastiche e risul-tati didattici discutibili, con un numero di sanzioni tale da farli considerare ai ‘margini’ della re-golarità scolare, o i ‘danneggati’

ObIETTIVO DOcENTE

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ObiettivO dOcente

si nascondono anche fra i ‘braci’, fra quanti appaiono persino ‘ro-busti’ da un punto di vista del-la riuscita scolastica? La scuola, prima e di più di qualsiasi altra agenzia educativa (perché la scuola è ‘portatrice sana’ di una committenza sociale educativa) non solo deve far proprie rifles-sioni che assumano, come punto di vista privilegiato, quello dello studente (ancor più se minore) ma assumersi il compito di mettersi continuamente in discussione, coi suoi modelli autoreferenziali e adultocentrici, al fine di pro-muovere e realizzare un sistema sociale e normativo in grado di garantire realmente i bambini dalla strumentalizzazione, dal-la trascuratezza, dall’egoismo, dalla violenza, dall’indifferenza. Lo scollamento, ormai evidente e conclamato, fra la ‘scuola’ e la famiglia, la decadenza di un ‘patto sociale’ validamente co-stituito, sarebbe forse riparabi-le se la scuola prendesse atto di queste sue debolezze ‘interne’, di queste visioni – non a misura di bambino – che non sono più giu-stificabili e dell’incoerenza fra le dichiarazioni formali e l’efficacia

sul piano delle (buone) pratiche?L’abuso dei mezzi di correzione e di disciplina

Uno degli argomenti che atti-ra molto l’attenzione degli inse-gnanti negli ultimi mesi è il reato di ‘abuso dei mezzi di correzione e di disciplina’, di recente balza-to agli onori della cronaca per le condanne, spesso considerate ‘esagerate’, di docenti accusati di gravi condotte, assunte nei con-fronti dei loro alunni. In ambito scolastico, tale reato è di partico-lare interesse perché coinvolge la figura dell’educatore, esattamen-

te come il reato di maltrattamen-to: il margine fra le due condotte, e le sanzioni che lo sanciscono, individuano con esattezza il terre-no ‘culturale’ entro il quale ogni ‘corpo docente’ si muove, con-sciamente o inconsciamente. E’ quindi un argomento attorno al quale è molto utile lavorare, e sui cui confrontarsi a scuola. E le condanne dei Tribunali sono sempre più frequenti. Nell’ambito di questo capitolo, vale quindi la pena rif lettere un momento sul significato da attribuire al ‘reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina’ (art.571 c.p.): umilia-zioni e sofferenza, fisica o psico-logica, inflitta a un minore (la cui personalità è in fieri) non condu-cono a un qualche effetto positi-vo, pertanto lo ius corrigendi dai contenuti afflittivi non è giustifi-cabile. Nel momento esatto – dif-ficile a stabilirsi, ahinoi! – in cui il primario interesse per il minore viene a cadere, divengono illegit-timi anche i poteri riconosciuti e attribuiti all’educatore dall’or-dinamento. In ambito scolastico, viene riconosciuto e attribuito al docente un potere disciplinare che deve essere adoperato, con

i mezzi consentiti, entro i limiti previsti dall’ordinamento. La con-dotta abusiva ricorre, invece, ogni volta che il mezzo viene usato per un interesse diverso da quello per cui è stato conferito (punitivo, volto ad umiliare, a riaffermare la propria autorità). Il ‘dolo’ consi-ste nella volontà di usare il mezzo disciplinare nella consapevolez-za che si tratta di abuso. Accanto ad aspetti sicuramente di grande affidabilità e di fondamentale im-portanza, della scuola (che la ren-dono efficace e ‘vera’, in coerente e compiuta rispondenza al dettato costituzionale) vi sono purtrop-po diffusi e radicati anche aspetti problematici - spesso intrinseci al sistema - che, anziché soste-nere il percorso di crescita degli studenti, lo compromettono gra-vemente, consentendo ai docenti molto, troppo spazio d’azione, per comportamenti inopportuni e ina-deguati. Mi riferisco all’uso im-proprio delle note, come anche dei voti, o delle sanzioni disciplinari. Per condire il tutto, una conduzio-ne delle attività di insegnamento in aula che demotivano, quando non mortificano, gli studenti. Eti-chette positive o negative sem-brano condurre rispettivamente, al circolo virtuoso del successo scolastico per gli studenti consi-derati ‘adeguati’ e, per gli altri, al circolo vizioso del fallimento (effetto Pigmalione). E quando si considera l’insegnante ‘ingiusto’, è tutto il processo scolastico che viene messo in discussione. E poiché l’insieme della dimensione morale del processo di socializ-zazione si fonda sulla credibili-tà degli attori, e sulla legittimità dell’istituzione, è evidente che il successo nei processi educativi è collegato agli adulti. La credibilità dell’insegnante è cruciale.

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Obiettivo docente

Il Miur, con la Nota prot. n 3746 del 30 aprile 2015, ha diramato le indicazioni fina-

lizzate all’uso della Piattaforma operativa unitaria. Dopo l’elabo-razione e l’invio del Questionario Scuola siamo, dunque, nel pieno di questo primo anno di Avvio del sistema nazionale di valutazio-ne che, oltre a configurarsi come esperienza-pilota, ha l’obiettivo di accompagnare le scuole ita-liane verso la “realizzazione di un processo di autovalutazione finalizzato ad un primo rapporto su di un format comune a livello nazionale”.

Accedendo alla Piattaforma i Dirigenti scolastici delle scuole statali e i Coordinatori didattici

delle scuole paritarie, in uno ai componenti dell’Unità di auto-valutazione, da loro abilitati, si trovano di fronte ad una inte-ressante “matita” che ha sul la-to destro le funzionalità relative alla compilazione delle variabili Contesto - Esiti - Processi (pra-tiche organizzative e gestionali e pratiche educative e didattiche) nonché a una sezione concernente le Priorità e sul lato sinistro gli indicatori/descrittori, che guida-no le scuole alla compilazione del Rapporto.

La Piat taforma appare mol-to articolata e necessita di una

prima fase di familiarizzazione, sia dell’articolazione in sé sia del-la lettura dei dati interessanti re-lativi a ciascuna sezione. A titolo esemplificativo risultano, infatti, articolati e con necessità di essere letti, studiati e approfonditi i dati relativi alla sezione degli esiti che, specialmente per la scuola secon-daria di II grado, consentono di avere una panoramica dei risultati di apprendimento “interni” del-la singola scuola (esempio: voti di disciplina, superamento con promozione o sospensione di giu-dizio, percentuale di alunni che hanno superato l’esame di Stato e con quali votazioni), nonché dei risultati delle rilevazioni Inval-si, la qualcosa è estremamente

Alle prese con il RAVAlcune considerazioni dalla parte della scuola

sull’avvio del processo di valutazione

di Filomena Zamboli*

TuTToscuolA n. 55342

scuolA E WEB, IsTRuZIoNI PER l’usola scuola e internet. Il buon rapporto tra istituzione scolastica e web è alla base di una corretta istruzione, aperta alle opportunità del digitale, ma attenta a ga-rantire quei principi formativi da sempre riconosciuti al mondo della scuola. l’educazione, oggi, passa anche da internet. Per questo il Ministero dell’Istruzione, in coerenza anche gli indirizzi programmatici contenuti nelle linee d’orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, emanate il 13 aprile, ha aderito, per il secondo anno consecutivo, al programma comunitario istituito dal Parlamento Europeo e dal consiglio dell’unione Europea “safer In-ternet”. In Italia, per l’anno scolastico 2013/14 è stato

co-finanziato dalla commissione Europea il progetto “Generazioni connesse – safer Internet centre Italia-no”. Il progetto, coordinato dal MIuR (Direzione genera-le per lo studente, l’Integrazione e la Partecipazione), ha previsto un partenariato composto da alcune tra le principali realtà italiane che si occupano di promuo-vere fra i minori un uso consapevole dei nuovi media: Polizia di stato, Autorità Garante per l’Infanzia e l’A-dolescenza, save the children Italia, sos Il Telefono Az-zurro, le università degli studi di Firenze e di Roma “la sapienza”, skuola.net, cooperativa E.D.I. e Movimento Difesa del cittadino.Il progetto, si rivolge agli studenti coinvolgendo inse-gnanti, genitori, Enti, associazioni e aziende per fare della Rete un ambiente migliore e più sicuro sia nel per-corso di crescita umano che scolastico-professionale.

Il MIuR PREsENTA lA NuoVA INIZIATIVA DEl sAFER INTERNET cENTRE ITAlIANo “GENERAZIoNI coNNEssE”

di Giuseppe Pierro*

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Obiettivo docente

interessante, percentuali di credi-ti universitari degli alunni licen-ziati dagli anni scolastici 2010/11 fino all’anno scolastico 2012/13 su aree di pertinenza degli studi nei percorsi formativi successi-vi (esempio: area tecnologica o sanitaria o umanistica o scienti-fica etc) e nel mondo del lavoro (Risultati a distanza). Le Com-petenze di cittadinanza, tutte da scrivere, completano il quadro di questa sezione. Si tratta di un raf-fronto in verticale che consente alla singola istituzione scolastica di verificare “nel tempo” il me-stiere da “seminatori”, piuttosto che da “raccoglitori”, che caratte-rizza i professionisti della scuola.

Le variabili interessanti alla base di tali dati che riguardano ugualmente il contesto e i proces-si messi in atto dalle scuole sono certamente rappresentate dalle “Domande-guida” e dagli “indi-catori” che servono per orientare la riflessione in modo da “giunge-re ad esprimere una valutazione,

articolata in “Opportunità e Vin-coli” per le aree della sezione Contesto e Risorse e in “Punti di forza e Punti di debolezza” per le aree delle sezioni Esiti e Proces-si”. In particolare per ciascuna area delle sezioni Esiti e Processi la scuola dovrà sforzarsi di espri-mere, guardandosi allo specchio, un giudizio complessivo per mez-zo di una rubrica di valutazione articolata in sette livelli di cui tre le consentono di calibrare e mo-tivare adeguatamente il giudizio che si auto-assegna.

Se, dunque, la prima variabi-le su cui le Unità di valutazione si stanno cimentando è quella di comprendere la logica del Rav e familiarizzare con essa per uti-lizzare pienamente le potenzialità che la Piattaforma racchiude (i dati che popolano gli indicato-ri potrebbero sembrare sovrab-bondanti e dispersivi se non sono studiati e correttamente analiz-zati/interpretati), la seconda è rappresentata dalla necessità di

coinvolgere gli attori cioè di favorire e sostenere il coinvol-gimento di tut ta la comunità scolastica e di incoraggiarne la riflessione in modo da innescare un corretto processo di autova-lutazione. L’obiettivo è chiaro ed evidente: superare un approccio di natura autoreferenziale, che caratterizza la vita riflessiva delle nostre realtà scolastiche. In questi giorni assistiamo a un fervore di iniziative di informazione e di-vulgazione di processi e percorsi, che intersecano studenti e geni-tori e docenti anche attraverso la compilazione di questionari ad hoc predisposte dalle scuole al fine di avere dati di rif lessione e di raffronto non parcellizzati sulla percezione della “vita” della scuola da parte dei suoi più diretti fruitori. E quanto più vari saran-no tanto più saranno interessanti e utilizzabili i dati di confronto.

Altro aspetto interessante e di vera “creatività” è rappresentato dalla possibilità di interpretare

Tra le diverse azioni previste dal progetto vi sono: - una campagna di comunicazione e sensibilizzazione

ad ampio raggio, attraverso l’utilizzo di canali media tradizionali, media online e social media - realizzata da tutti partner del Progetto e dell’Advisory Board.

- Attività di formazione (online e in presenza) rivolte in maniera specifica alle comunità scolastiche (in-segnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) che intraprenderanno un percorso dedicato. Le azioni saranno realizzate da Save the Children Italia, Tele-fono Azzurro, Cooperativa E.D.I. e Movimento Difesa del Cittadino. I soggetti coinvolti potranno inoltre usufruire di strumenti e risorse didattiche disponibi-li nella Piattaforma online del Progetto.

- una campagna educativa itinerante denominata “una vita da social” realizzata dalla Polizia di Stato attraverso attività di sensibilizzazione e prevenzione sui rischi, pericoli e opportunità della Rete. La cam-pagna toccherà 40 località sul territorio nazionale ed è rivolta a studenti, genitori e insegnanti delle scuole italiane di ogni ordine e grado.

- il rafforzamento della Helpline di Telefono Azzurro (1.96.96) e della ch@t http://consulenzaonline.azzur-ro.it/xchatty/chat.html , a sostegno del Progetto, un

servizio in grado di fornire supporto, in particolare a bambini, adolescenti e genitori in merito a esperien-ze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei Nuovi Media;

- il rafforzamento di due Hotlines (http://www.azzur-ro.it/emergenza di Telefono Azzurro e www.stop-it.it di Save the Children) riservate agli utenti della Rete per segnalare la presenza online di materiale pedopornografico.

Attivo dal 2012, il Safer Internet Centre per l’Italia, per la sua seconda attività pluriennale intende assicurare l’adozione, da parte delle scuole, di Policy, che includa-no misure di prevenzione e di gestione delle problema-tiche relative all’uso di Internet e dei nuovi media, allo scopo di identificare bisogni e margini d’intervento. I beneficiari finali di tali azioni saranno bambini ed adolescenti dai 6 ai 18 anni, docenti, educatori, genitori e tutto il pubblico raggiunto attraverso la campagna di comunicazione avviata dal progetto. Partecipare è semplice, basta collegarsi al sito www.generazioni-connesse.it. Dallo scorso 18 maggio e fino al 30 giugno, nell’apposita sezione dedicata alle scuole, è possibile inoltre registrarsi, completare il profilo dell’istituto e compilare un questionario online che permetterà alla

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Obiettivo docente

Del resto non è solo un problema di tempo a rendere la compila-zione del Rav un momento com-plesso, difficoltoso, impegnativo, ma l’insieme stesso di riflessioni, incontri, approfondimenti, con-divisioni, discussioni che esso comporta, necessita di tempi di lavoro condiviso con gli attori del processo che non sarà semplice definire in concomitanza con tan-to altro indispensabile e che pure sarà necessario procurare per non ridurre il percorso a uno sterile documento innovativo.

In tal senso, se fosse già attua-to, l’organico funzionale avrebbe reso più praticabile un coinvolgi-mento professionale che adesso i dirigenti scolastici e gli attori coinvolti devono mutuare dalla passione, disponibilità, attenzio-ne, dedizione, interesse, respon-sabilità, che connotano o meno i componenti delle Unità di valu-tazione e non solo. Risulta altre-sì indispensabile tenere in gran conto la parte finale delle Indica-zioni operative per il Rav, di cui alla Nota Miur citata in premessa, che titola «Alcuni criteri di rife-rimento per un buon Rav». Nel-la nota si fa esplicita menzione,

potrebbe tenere in ombra. In-somma, sono lasciate alla singo-la scuola margini sufficienti per tracciare un “ritratto” di sé for-temente contestualizzato ovvero connotato da vincoli e opportu-nità del territorio in cui opera. Le scuole italiane non avevano avuto finora l’opportunità di «guardar-si allo specchio» e confrontarsi con il panorama nazionale se non nella prospettiva molto parzia-le delle rilevazioni e dei dati In-valsi. L’altro lato della medaglia è rappresentato, però, dal fatto che tale processo autorif lessivo richiede tempi di analisi e di raf-fronto e tempi di realizzazione di riflessioni ponderate, di confronti e di approfondimenti di «sé con sé» certamente non indifferenti. In un momento temporale del-la vita della scuola contingentata da adempimenti e processi ca-ratteristici della fine di un anno scolastico, sia relativi alle azioni didattiche e della valutazione sia della gestione amministrativa, si dovrà focalizzare nel solo mese di luglio (esami di Stato permet-tendo) il lavoro sistematico e ap-profondito che il Rav richiede. Ma tant’è, bisognava cominciare.

e costruire gli indicatori. Infatti pur nella necessità di utilizzare un linguaggio condiviso, modali-tà standardizzate e un quadro di riferimento comune, rappresenta-ti da indicatori già presenti a si-stema che consentono a ciascuna scuola di confrontare (attraverso benchmark di riferimento) “ i da-ti relativi alla propria situazio-ne con altri valori di riferimento esterno, come ad esempio le me-die nazionali e regionali riporta-te nella piattaforma”; è compito delle scuole scegliere gli indi-catori relativi alle seguenti aree e sottoaree: Competenze chiave di cittadinanza (Esiti) - Missio-ne e obiettivi prioritari (Processi - Pratiche gestionali e organiz-zative) - Controllo dei processi (Processi - Pratiche gestionali e organizzative) - Valorizzazione delle competenze delle risorse umane (Processi - Pratiche ge-stionali e organizzative). Inol-tre per ciascuna area, esiste uno spazio riservato alle istituzioni scolastiche per rappresentare sinteticamente, attraverso l’inse-rimento di indicatori autonoma-mente definiti, aspetti della realtà scolastica che l’impianto generale

singola scuola di ottenere una visione completa delle potenzialità e delle criticità che ogni giorno insegnan-ti, studenti e famiglie vivono in relazione alla propria esperienza con il web. Il questionario vuole rappresentare uno strumento per riflettere sul proprio approccio alle tematiche della si-curezza online e dell’integrazione delle tecnologie digi-tali nella didattica, identificando, sulla base dei punti di forza e degli ambiti di miglioramento emersi nel per-corso di autovalutazione, le misure da adottare per rag-giungere tale miglioramento. L’iniziativa si rivolge alle classi di quarta e quinta delle scuole primarie e a tutte le classi della scuola secondaria di primo grado, ma que-sta volta a “fare i compiti” sono chiamati docenti e diri-genti scolastici che avranno tempo fino al prossimo 30 giugno per compilare e inviare il questionario. A dispo-sizione del personale scolastico, lo staff di Generazioni Connesse ha attivato un servizio di supporto a distan-za per rispondere ai quesiti relativi alla compilazione

degli strumenti online e all’uso della piattaforma. Ba-sta scrivere a [email protected]. Inoltre, insegnanti e dirigenti possono contare su Like(y), il tutorial virtuale pensato per le scuole, sem-pre pronto a seguirle passo passo nel percorso di auto-valutazione, al fine di individuare per l’anno scolastico 2015-2016 un Piano di Azione personalizzato che garan-tisca attività mirate, e quindi efficaci, rispetto alla te-matica prioritaria della sicurezza online.Compilando il questionario on line, le scuole conosce-ranno subito il proprio profilo, in base al quale riceve-ranno una tipologia di supporto messa a disposizione dal SIC (Safer Internet Centre) suddivisa in tre catego-ria principali, secondo il tipo di attenzione ai temi delle TIC in ambiente scolastico e alle problematiche asso-ciate ad un loro utilizzo non consapevole e secondo le specifiche aree di miglioramento (peculiari a ciascun istituto) che emergeranno. Dopo la pausa estiva, con il rientro a scuola, le attività

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Obiettivo docente

nazionale di istruzione e forma-zione. In questa prospettiva le scuole si attendono un supporto e un guadagno da tanta fatica da mettere in campo che non le lasci sole a continuare una strada di utilità che deve essere suppor-tata e coordinata, incentivata e accompagnata senza risparmio né di energie né di risorse, pena l’ennesimo avvio di una speri-mentazione di cui non si vedrà, se non dopo troppo tempo, oltre che dispendioso, un esito e un orizzonte costruttivo. Ci atten-diamo non di meno un momento di vero coinvolgimento di alcuni attori, in primis i genitori dei no-stri alunni. Il Ministero dovrebbe aiutare le scuole a coinvolgerli con opportune iniziative di pub-blicizzazione; la loro propositiva e costruttiva «presenza» nei mo-menti di confronto e di relazione rappresenterebbe una opportuni-tà non sterile per compartecipare da protagonisti invece di delega-re, come troppo spesso accade, o a sterili pretese o ad una assenza di fatto al processo educativo del-le giovani generazioni.

*Dirigente scolastico istituto “Pa-scal” di Pompei

dovrebbero essere le priorità di intervento)

- concretezza (le priorità e i tra-guardi di miglioramento sono ben definiti, chiari, rilevabili e misurabili).Non solo, nello stesso paragra-

fo il Miur fa esplicito riferimento alla circostanza che, in questa prima fase, il processo di auto-valutazione rappresenta un la-voro in continua definizione e regolazione anche “per merito” dei contributi “attenti e mirati” che provengono dalle scuole. Ci si attende, pertanto proprio dalla scuola reale una collaborazione significativa e pertinente. Non sono esclusi dalla chiamata al-le armi né gli USR, né gli En-ti di ricerca, né le Associazioni professionali e culturali. Ci au-guriamo, veramente, che non manchino le forze di un coor-dinamento centrale e periferico che sembra, dunque, non volersi limitare solo a dare avvio a un percorso che potrebbe rappresen-tare, forse più della riforma in atto tanto discussa, un punto di svolta e, soprattutto, di consa-pevolezza e di percezione della singola scuola come del sistema

anche se a titolo esemplificativo, di alcuni criteri che consentono di qualificare un buon rapporto di autovalutazione. Li riportiamo per dare peso adeguato al lavoro che stanno affrontando le scuole cimentandosi per la prima vol-ta in un tentativo di visione del proprio vissuto e della propria azione professionale non parcel-lizzata e non automatica: - adeguatezza (i l rappor to è

compilato in modo pertinente in tutte le sue parti)

- coerenza (il rapporto ha una sua coerenza interna, l’analisi delle aree è condotta in manie-ra rigorosa, i punti di forza e di debolezza della scuola fanno riferimento a evidenze, vi è un collegamento fra le analisi di contesto, esiti, processi e indi-viduazione delle priorità e dei traguardi)

- attendibilità (i dati e le tabel-le riportate sono significative, viene fatto un uso efficace dei dati forniti dal centro)

- rilevanza (il rapporto valoriz-za fonti multiple, interne ed esterne, quantitative e qua-litative, facendo emergere in maniera inequivocabile quali

entreranno nel vivo della seconda fase, con la realiz-zazione dei percorsi formativi e inclusivi grazie alla presenza e al costante supporto online dello staff di Generazioni Connesse. Il tempo di festeggiare il nuovo anno e le scuole, entro il gennaio 2016 saranno chia-mate a stendere la redazione finale delle metodologie sviluppate per il progetto. un processo che porterà alla definizione di una Policy di e-safety, L’approccio con il digitale rappresenta un patrimonio prezioso non solo per il singolo istituto, bensì per tutto il pianeta scuola. un codice indispensabile, inteso come insieme di norme comportamentali, procedure e prassi che comprende visione del fenomeno, modelli e azioni per l’utilizzo delle TIC in ambiente scolastico. una nuova modalità di apprendimento da costruire assieme, che individua i principali rischi legati all’esperienza digitale e alle relazioni online tra pari. un percorso di consapevolez-za e responsabilità poggiato sull’ascolto, il dialogo e la creatività.

Infine, nei mesi di marzo, aprile e maggio del prossimo anno, è prevista la terza fase del percorso, con una nuo-va autovalutazione, la condivisione e il riconoscimento dei risultati raggiunti. In linea con il lavoro svolto nelle scuole, Generazioni connesse ha predisposto un piano di comunicazione e sensibilizzazione indirizzato a bam-bini, adolescenti e cittadinanza. Informazioni integra-te, innovative e dinamiche, grazie all’utilizzo dei social e alle partnership avviate dal SIC con i soggetti, gli enti e le aziende che operano nel settore new media. una ta-sk force che saprà garantire costanza e coerenza a tut-ti i momenti della campagna, concentrando i messaggi attorno agli eventi di rilevanza nazionale, come il Safer Internet Day e il Back to School. Quando tutti i risultati, le storie e le esperienze torneranno tra i banchi di tutta Italia, sarà più facile trovare nuovi obiettivi e condivi-dere, anche sul web, le idee della scuola di domani.*dirigente ufficio ii, direzione generale per lo studente, l’inte-grazione e la partecipazione del Miur

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Obiettivo docente

Le tragiche vicende dell’attacco terroristico del 7 gennaio 2015 alla sede della rivista parigina

Charlie Hebdo hanno sollevato una quantità di interrogativi sui limiti della tolleranza, del rispetto e della libertà di espressione. Inevitabil-mente, il tema di discussione si è allargato a macchia d’olio, inve-stendo – tra i tanti ambiti – il mon-do della scuola. Le domande che ci siamo posti, durante i dibattiti pubblici come in quelli più ristretti organizzati negli istituti scolastici, si sono articolate soprattutto sulla questione del “confine”: cosa di-re ai nostri ragazzi, come spiegare loro che la libertà di espressione è un valore irrinunciabile del si-stema democratico, che essa è terreno di confronto e di dibattito ma non deve in alcun modo con-tribuire a costruire barriere e ad alimentare conflitti? Tra le molte posizioni, tra i tanti punti di vista, è emerso chiarissimo quello che nel linguaggio scolastico definirem-mo tecnicamente un prerequisito: l’esercizio di una piena libertà di espressione richiede un contesto maturo di democrazia, una propen-sione all’ascolto, un allenamento alla polifonia delle opinioni, delle confessioni, degli stili di vita. Se non si è cittadini consapevoli e ma-turi, se non si è uomini e donne pronti a comprendere il valore au-tentico della diversità, si è davvero in grado di coltivare il campo della tolleranza a tutti i livelli? Perché il dramma di Charlie Hebdo, valicato l’orrore del massacro e della cieca repressione dell’altro visto come nemico, ha sollevato – da un parte – dubbi sulla liceità della satira ri-volta verso la dimensione del Sacro e – dall’altra – interrogativi sulla

capacità di ciascuno di leggere e filtrare la comunicazione esterna, cioè sull’attrezzatura culturale ne-cessaria ad isolare e respingere un messaggio “contrario” senza acco-glierlo come offesa o provocazione.

Si tratta di un tema che ha molto a che fare con il ruolo della Scuola, con il compito che l’agenzia forma-tiva primaria assume relativamente alla trasmissione e alla elaborazio-ne di un bagaglio etico e valoriale utile alla crescita di ciascun indi-viduo. Quando parliamo di acqui-sizione di competenze trasversali, quando ci soffermiamo sulla com-plessità dello sviluppo del pensiero critico, ci riferiamo in verità pro-prio alla nostra capacità di rendere un individuo capace di rapportarsi a situazioni come quella che ha ge-nerato la tragedia di Charlie Heb-do: e questo vale nella duplice e opposta condizione di chi esercita la libertà di espressione (con quale limite? con quale consapevolezza?) e di chi arriva a recepirla come un affronto da contrastare con la re-pressione o, peggio ancora, con la morte.

Non è da sottovalutare, nel con-testo dell’attentato di Parigi, la spe-cifica realtà della società francese di oggi, ovvero di un articolato e multietnico assetto sociale che ha favorito politiche educative ben precise sul tema dell’integrazione, con misure di accoglienza assai mirate (sul modello francese, che come noto prevede le cosiddet-te classes d’initiation, si veda il Rapporto Eurydice 2008 sull’In-tegrazione Scolastica degli alunni immigrati in Europa) ed una ri-gorosa affermazione della Laicità che trova le sue origini culturali nel processo rivoluzionario sette-centesco, quando fu la Repubblica ad assumere il ruolo di una vera e propria religione di Stato. La deli-cata distinzione tra una laïcité de combat (= laicismo) ed una laïcité pacificatrice proietta sulla po-litica dell’integrazione scolastica scelte determinanti nel controllo delle dinamiche socio-religiose di un Paese esposto a poderosi flussi migratori. Il ben noto dibattito su-scitato dalla cosiddetta “legge anti-velo”, emanata nel 2004, si è spesso incanalato su questi due binari di riflessione che da un lato eviden-ziavano il bisogno di contenere i fenomeni di intolleranza etnica e religiosa e dall’altra paventavano i rischi del comunitarismo, cioè del-le segregazioni volontarie di interi gruppi a identità distinta.

L’Italia, di certo avvantaggiata da un’esperienza più recente sul fronte migratorio, può vantare sen-sibilità nel campo dell’accoglienza e dell’inclusione, dell’apertura alla diversità in tutte le sue possibili manifestazioni. La nostra scuola, che certo deve migliorare il livel-lo di equità e le pari opportunità

La scuola inclusiva come prospettiva per la professionalità dei docenti

Tutti i colori del mondodi Irene Baldriga*

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Obiettivo docente

di accesso a determinate filiere formative, ha maturato in fretta e con buoni risultati forme efficaci di riconoscimento dell’altro nella chiave della risorsa e dell’arricchi-mento. Abbiamo delle ottime Linee Guida per l’intercultura e l’inte-grazione incentrate sul principio del “reciproco riconoscimento e arricchimento” (MIUR). Eppure, il docente che ogni giorno entra in classe per costruire dialogo all’interno della piccola/grande co-munità cui si rivolge è ben consa-pevole dei limiti e delle difficoltà che un’autentica educazione al ri-spetto richiede. Egli sa, per esem-pio, che la prima e fondamentale condizione da stabilire è quella del riconoscimento dell’altro e che – al tempo stesso – l’invito a dichiarare sé stessi per quel che si è, senza timore del pregiudizio, non può es-sere un obbligo e va accompagnato da meccanismi di spontaneità, da un bisogno di sincerità e di offerta del patrimonio che ciascuno custo-disce dentro di sé.

Risulta difficile, nella velocità del cambiamento che ci circonda e nell’inspessirsi della complessità come sistema di evoluzione del presente, pensare di poter gesti-re l’intreccio delle relazioni che oggi anima le comunità scolasti-che mantenendo gli approcci ed i percorsi didattici tradizionali. In questo impegno di apertura e di polifonia cui vogliamo invitare gli studenti, siamo noi per primi chia-mati in causa, riformulando il no-stro ruolo di educatori e soprattutto ritessendo le maglie tematiche del nostro intervento formativo. Nuo-ve prospettive e nuovi obiettivi si aprono nel panorama delle con-suete programmazioni disciplina-ri, lasciando spazi del tutto inediti ma in effetti praticabili dagli stu-denti finalmente protagonisti nella loro diversità. Si evidenzia un bi-sogno di flessibilità e di improvvi-sazione per il docente intenzionato a stimolare l’interesse e a suscitare la motivazione di ciascun allievo,

letteralmente tirandolo all’interno del percorso formativo, facendo leva sugli snodi interculturali, sui contatti e sulle diversità: il che, tradotto in dati concreti, si mani-festa nella valorizzazione dei temi comuni, nella comprensione delle specificità dei singoli, come pu-renella ricerca dei terreni neutrali, cioè “egualmente ignoti” a tutta la comunità ma proprio per questo utili alla immedesimazione e ad una scoperta “alla pari” dei con-tenuti e dei significati. Spaziare dalla dimensione della fantascien-za, ai temi archetipici dei popoli primitivi, al terreno egualmente inesplorato, aniconico ed estraneo dell’arte contemporanea, compo-ne una palestra di allenamento sui temi e sui valori, ma anche un palcoscenico di espressione dell’individuo e del gruppo che possono eventualmente spogliar-si dei cliché e delle categorie di appartenenza (italiano, non ita-liano, cattolico, ebreo, musulma-no, ateo, abile, disabile, europeo, extraeuropeo, immigrato, ecc.). Non si dovrebbe sottovalutare, in questa prospettiva, che lo spazio artificiale, inodore, meccanico ed egualitario della classe virtuale, rappresenta una dimensione de-mocratica di affermazione del sin-golo che riesce davvero a favorire il desiderio di espressione.La scuo-la inclusiva deve saper declinare per ciascun alunno momenti di specificità come pure di assoluto egualitarismo, in una prospettiva di effettiva tutela dell’individuali-tà di ciascuno ma anche di pieno diritto alla parità di condizioni e di trattamento. Vi è un bisogno di opacità e di non-diversità, da non confondere con la rinuncia alla propria specificità culturale, che non va sottovalutato perché equivale a ricerca di serenità e di raccoglimento: un voler essere “non notati”, anche occasionale, che merita considerazione e che va trattato modificando il conte-sto generale dell’azione educativa,

per esempio proiettando l’intero gruppo classe in una situazione a tutti egualmente estranea. For-se non si è rif lettuto abbastanza sul fatto che la modalità del CLIL – attivando una sollecitazione di contenuto DNL (Disciplina Non Linguistica) attraverso una lingua straniera, costituisce una proposta didattica fortemente inclusiva per gli studenti di origine non italiana.

Il tessuto imprevedibile, stupe-facente e preziosissimo che oggi si presenta ai docenti impone una navigazione educativa forse più lenta ma di gran lunga più orien-tata alla scoperta e alla costante riformulazione delle strategie di apprendimento. I l lavoro per competenze può favorire l’inclu-sione anche in virtù della sua ar-ticolazione molecolare, della sua concezione strutturata per temi di applicazione aperti e trasversali, assecondando l’interpretazione del singolo e un’assimilazione/restitu-zione personalizzata dei contenuti. Per esempio, una rappresentazione della Storia intesa non come se-quenza di fatti, né come incastro di fenomeni, ma come narrazione interdisciplinare di vicende di uo-mini, aiuta enormemente la com-prensione dei rapporti di causa e di effetto e restituisce anche i fermen-ti ideali, le illusioni e le speranze che determinano il percorso dell’u-manità sin dai primordi.

Di fronte alle difficoltà, indub-bie, che la scuola in evoluzione ri-chiede agli insegnanti, non va mai sottovalutato il disagio di chi – da discente – si trova ad affrontare schemi di apprendimento cuciti molti decenni fa, quando l’universo educativo si configurava con ben altre costellazioni. Interrogandoci sul faticoso processo di innovazio-ne della professione docente, non perdiamo mai di vista la possibilità che – almeno nella nostra galassia - anche i robot sognino pecore capa-ci di produrre morbidissima lana…

*Dirigente Scolastico liceo “Virgilio” Roma

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Obiettivo docente

Che cosa è la MNR?La Metodologia della Narrazione

e della Riflessione è una pratica di comunicazione dialogica innovati-va, rigorosa e validata come buona pratica di facilitazione in classe, assoggettata a rigido protocollo di impiego e coinvolgente, in quanto fondata sulla partecipazione degli studenti e sulla creazione di co-munità di apprendimento, attual-mente praticata in oltre 100 classi di scuole genovesi.

Nata nel 2002 da un gruppo di ricercatori genovesi1 sulla base di linee di indirizzo europee, pos-siede i caratteri di una metodo-logia educativa, strutturata ed articolata, capace di promuovere la

partecipazione attiva degli studenti attraverso la narrazione e la rifles-sione e di incidere sulle dinamiche relazionali con gruppi di genitori e tra docenti. I valutatori esterni, che ne hanno seguito e accompagnato la sperimentazione con gruppi di studenti in età compresa tra i 3 e i 16 anni, hanno riscontrato gli ef-fetti positivi sul clima scolastico e sull’apprendimento.

Attraverso l’utilizzo di narrazio-ni di episodi di vita (scolastica e non) vissuti, osservati e narrati da-gli studenti, il docente facilitatore avvia un processo di rif lessione

e promoz ione del dialogo nel g r uppo classe (alunni 3-16 an-ni), at t raverso un ciclo di in-terventi (“focus group secondo la MNR”), rea-lizzati ad inter-valli regolari nel corso dell’anno scolastico con l’ausilio di una cop-pia di docenti “operatori MNR” (facilitatore e osservatore).

Lo stile del facilitare è “non giudicante”, flessibile, funzionale all’evoluzione della classe. I dia-loghi che emergono promuovono

Il progetto “Scuola2.0” nasce dall’esigenza di dare una ri-sposta concreta ad alcune problematiche che si riscontra-no giornalmente nelle nostre scuole. Lo sviluppo delle ICT e del Web2.0, la necessità di condividere dati, esperienze e progetti, l’esigenza di sperimentare nuove metodologie didattiche che tengano conto dei nuovi processi cognitivi dei ragazzi “nativi digitali” mettono ancora a dura prova un numero consistente di scuole. Infatti, l’uso di nuovi lin-guaggi, la diffusione di strumenti e contenuti digitali che presuppongono un cambiamento dell’organizzazione del-la didattica, pongono il docente al centro di un processo di trasformazione che richiede una formazione specifica. Inoltre, buona parte delle scuole, si trova a gestire questi cambiamenti con infrastrutture di rete in parte obsolete e connessioni ad internet non a banda larga con livelli di servizio non adeguati, di certo non in grado di supportare più accessi simultanei. Spesso il docente, oltre a gestire le problematiche didattiche deve far fronte anche a tutto quel-lo che concerne la gestione degli apparati di rete. Questo

problema è maggiormente accentuato nelle scuole del pri-mo ciclo di istruzione per le quali, a differenza delle scuole superiori, non è prevista la figura dell’assistente tecnico. Di fronte a queste esigenze, l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte insieme all’Assessorato alle Politiche Educative e Assessorato ai Servizi Civici, Sistemi Informativi, Sport e Tempo Libero della Città di Torino, il Politecnico di Torino, l’università degli Studi di Torino, l’Istituto Superiore Mario Boella e il Comitato per la Gestione del Fondo per lo Sviluppo della Ricerca e della Formazione nel Settore delle I. C. T., hanno ritenuto necessario unire le loro forze per proporre, in via sperimentale, un piano strategico di intervento desti-nato a 12 istituzioni scolastiche torinesi, 7 scuole primarie (“Pestalozzi” e “Gabelli” della DD “Gabelli”, “Duca Abruzzi” dell’IC “Pertini”, “Dogliotti” dell’IC via Sidoli, “Margherita di Savoia” dell’IC “Padre Gemelli”, “Cairoli” dell’IC “Cai-roli” e “Toscanini”) e 5 scuole secondarie di primo grado (“Peyron” dell’IC Peyron-Re umberto, “Croce- Morelli”, “Ca-duti di Cefalonia”, “Perotti” e “Nigra”). Le scuole coinvolte costituiscono un campione rilevante in termini di popola-zione scolastica, rappresentando quasi il 10% e il 16% degli

PROGETTO SCUOLA 2.0di Fabrizio Manca*

Metodologia della Narrazione e della Riflessione

SicuraScuola in rete con metodo

di Rosaria Pagano*

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Obiettivo docente

Le azioni di autovalutazione e di valutazione esterna, a cui è seguito un piano di miglioramento della MNR stessa, hanno dunque con-tribuito a sostenere e valorizzare il lavoro dei docenti e ad aumentarne sia le capacità propositive, sia quel-le di elaborazione e didattiche.

La forza della reteIntorno alla MNR si è consolida-

ta una rete di relazioni solidali tra docenti e all’interno delle comuni-tà scolastiche. Rete Sicurascuola, a cui aderiscono 23 Istituti Scolastici genovesi di ogni ordine e grado (ve-di box a pag. 50), è caratterizzata da una costante progettualità delle scuole in rete, che promuovono e mettono in pratica lo sviluppo di competenze nell’osservazione, nel-la facilitazione e nella promozione del dialogo, il che ha permesso il superamento dell’autoreferenziali-tà e la progettazione di percorsi di cittadinanza, di pari opportunità e di partecipazione in continuità fra gradi di scuole e con i territori

docenti in funzione delle attività da proporre agli alunni e della pro-grammazione didattico - educativa di classe, e ai fini della program-mazione di percorsi di formazio-ne/aggiornamento per il personale scolastico.1 Roberto Peccenini, Giusi Randazzo, Marta Russo, Maria Teresa Vacatello

La forza del cambiamento La disponibilità dei docenti a

sottoporsi a valutazione esterna e a riflettere sui risultati valutativi attraverso un percorso di forma-zione intensiva con il valutatore ha potenziato l’efficacia della pratica della MNR nella facilitazione del dialogo, aumentando le relazioni di fiducia all’interno delle comu-nità scolastiche e la partecipazione degli studenti. La fiducia, infatti, si crea se insegnanti e studenti “ri-schiano l’espressione di prospet-tive personali”; la partecipazione attiva aumenta quando si favorisce l’espressione di idee, esperienze ed emozioni da parte degli studenti.

la valorizzazione delle differenze, la promozione dell’ascolto, della fiducia e del rispetto per l’altro.

I valutatori esterni, che ne hanno seguito e accompagnato la speri-mentazione con gruppi di stu-denti in età compresa tra i 3 e i 16 anni, hanno riscontrato gli ef-fetti positivi sul clima scolastico e sull’apprendimento.

In ogni sessione MNR, facilita-tore e osservatore introducono il dialogo proponendo un testo sti-molo (scheda di narrazione con-tenente le rif lessioni autentiche di altri studenti) e facilitando la rif lessione dapprima in piccolo gruppo, poi con il gruppo allar-gato. Ogni sessione si conclude con la restituzione alla classe dei contenuti emersi e del “metodo” agito, sempre promuovendo la par-tecipazione attiva degli studenti. I focus group in MNR sono sempre documentati (audio-video registra-zione e trascrizione del parlato) e monitorati (scheda di osservazio-ne); il materiale raccolto costitui-sce oggetto di analisi da parte dei

alunni che frequentano rispettivamente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado della città di Torino nell’anno scolastico in corso (12% considerato l’obbligo sul primo ciclo dell’istruzione). Il progetto prevede tre linee d’azione: la connettività, la forma-zione del personale e la predisposizione di laboratori informa-tici. La formazione consiste in due tipologie di intervento, la prima rivolta al personale docente ha l’obiettivo di sviluppare una nuova didattica 2.0 tenendo conto delle metodologie di di-dattica digitale innovative e della didattica del pensiero com-putazionale adatto al livello di scuole coinvolte nel progetto; la seconda è una formazione più tecnica, orientata a formare e ad aggiornare competenze specifiche nel dominio delle ICT, con lo scopo di rendere autonomi nella gestione degli apparati di rete i destinatari (collaboratori scolastici o docenti designati). La formazione di questa figura professionale è molto interessante perché sopperisce alla mancanza di personale tecnico che, co-me detto poc’anzi, esiste solo nelle scuole superiori.Per quanto riguarda i laboratori informatici, i personal com-puter utilizzati sono acquisiti attraverso delle donazioni e ria-dattati per l’uso laboratoriale con software open source dagli studenti del Politecnico di Torino. Gli studenti coinvolti percepi-ranno una borsa di studio.Un altro punto di forza del progetto è quello di dotare alcune di queste 12 scuole di connessione wireless e altre di connessione

a fibra ottica; quest’ultime avranno l’opportunità di essere collegate alla rete GARR e quindi potranno avvantaggiarsi dell’apporto scientifico-metodologico e dimostrativo degli stru-menti digitali applicati alla didattica messi a disposizione dal-la rete. Questi interventi di carattere infrastrutturale, quali appunto la realizzazione dei collegamenti in radiofrequenza e l’allacciamento al nodo GARR potranno essere possibili grazie al finanziamento dell’Istituto superiore Mario Boella (ISMB), centro di ricerca applicata e di innovazione focalizzato sulle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) fon-dato dalla Compagnia di San Paolo e dal Politecnico di Torino. Mi piace sottolineare come questo progetto sia un esempio inec-cepibile di quanto sia importante condividere e mettere insieme le forze per far fronte alle difficoltà, anche finanziarie, che le scuole si trovano ad affrontare tutti i giorni. La sinergia tra più Istituzioni e la capacità di attrarre risorse finanziarie non solo pubbliche ma anche private fa di questo progetto un ottimo esempio di quanto auspicato nel rapporto sulla Buona scuola che afferma che “l’investimento nella scuola non deve essere considerato solo una voce di spesa della PA, ma uno sforzo di tut-to il Paese nel costruire il suo futuro. Per questo crediamo che le risorse pubbliche debbano servire anche per fare leva e attrarre sulla scuola molte risorse private, aumentando il legame delle scuole con le comunità locali e con il mondo del lavoro”.*direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

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Obiettivo docente

di persone sul territorio e di promo-zione delle competenze di cittadi-nanza per promuovere e diffondere nelle scuole del nostro territorio tre metodologie e le corrispondenti tecniche: la facilitazione in classe, la mediazione dialogica di conflitti e relazioni interculturali, l’approc-cio di psicologia relazionale nella gestione dei problemi della classe e della scuola.*Direttore Generale dell’USR Liguria

promozione di cittadinanza attiva, coinvolgimento dei genitori all’in-terno di una comunità dialogante, fondata sulla fiducia.

Attualmente, attraverso il pro-getto Comunico e Apprendo, pre-scelto ai fini della realizzazione del Piano regionale di formazione dei docenti liguri, Docenti e Dirigenti della Rete si relazionano con esper-ti nel campo della Mediazione sco-lastica, della costruzione delle reti

di riferimento. Per questo possia-mo con convinzione affermare che Sicurascuola ha intrapreso un per-corso di cambiamento delle for-me di comunicazione nelle classi e nella scuola. Nella prospettiva di questa metodologia, la narrazione di elementi di vita quotidiana, a partire da brevi testi che riportano affermazioni o racconti tratti da incontri con altri studenti, è la base di una riflessione che ha l’obiettivo di creare un dialogo nella classe su temi considerati particolarmente rilevanti: ad esempio, la prevari-cazione, la sicurezza, la fiducia. Il contenuto della narrazione of-fre l’opportunità di elaborare un percorso di riflessione che pone al centro dell’attenzione l’argomenta-zione degli studenti.

L’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria condivide e sostiene manifesto, obiettivi e finalità della rete fin dal suo nascere nel 2007; i percorsi di rete si sono sempre mos-si in un continuum accompagnato da figure professionali competenti caratterizzato da ricerca/interven-to/valutazione esterna, sempre so-stenuto da percorsi formativi. La valutazione si è concentrata sulla metodologia MNR e ne ha miglio-rato le modalità applicative. I do-centi hanno accolto con favore e fertile partecipazione il processo valutativo, consapevoli della possi-bilità di crescere ulteriormente nel-la comunicazione dialogica. Per le comunità scolastiche e per i docen-ti in particolare, appartenere a Rete Sicurascuola significa uscire dalla autoreferenzialità e relazionarsi in rete all’interno e all’esterno della scuola per ricevere e dare profes-sionalità in uno scambio paritario e solidale di competenze.

Forti della convinzione che la co-municazione promuove apprendi-mento, rete Sicurascuola valorizza le persone: competenze professio-nali dei docenti e dei dirigenti oggi costituiti in équipe di operatori in MNR, partecipazione attiva degli studenti e del gruppo dei pari nella

ELENCo SCuoLE IN RETEGENOVAISTITUTO COMPRENSIVO BOLZANETOISTITUTO COMPRENSIVO BURLANDOISTITUTO COMPRENSIVO CERTOSAISTITUTO COMPRENSIVO LAGACCIOISTITUTO COMPRENSIVO MOLASSANAISTITUTO COMPRENSIVO OREGINAISTITUTO COMPRENSIVO PONTEDECIMOISTITUTO COMPRENSIVO PRATOISTITUTO COMPRENSIVO RIVAROLOISTITUTO COMPRENSIVO SAN TEODOROISTITUTO COMPRENSIVO STAGLIENOISTITUTO COMPRENSIVO TEGLIAISTITUTO COMPRENSIVO VOLTRI 1 ISTITUTO COMPRENSIVO VOLTRI 2

PROVINCIA DI GENOVAISTITUTO COMPRENSIVO ARENZANOISTITUTO COMPRENSIVO COGORNOISTITUTO COMPRENSIVO DE ANDRE’ DI CASARZA LIGUREISTITUTO COMPRENSIVO RONCO SCRIVIAISTITUTO COMPRENSIVO SERRA RICCO’ /SANT’OLCESEISTITUTO COMPRENSIVO SESTRI LEVANTE

ISTITUTO SUPERIORE DI GENOVAI.T.T.L.N. SAN GIORGIO

ISTITUTO SUPERIORE PROVINCIA DI GENOVAI.I.S. CABOTO

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Obiettivo docente

Noi lo utilizziamo per esperimenti di fisicaTutti gli studenti usano quotidianamente lo smartphone, quasi nessuno però lo utilizza per la didattica. A Bergamo i ragazzi della classe prima dell’Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” hanno svolto delle attività di laboratorio proprio gra-zie al loro device. Questa scuola è da sempre attenta all’in-novazione e alla tecnologia, utilizza metodologie didattiche innovative ed è dotata di strutture all’avanguardia (tutte le aule sono dotate di LIM e interconnesse alla rete Wi-Fi) e di la-boratori (sono presenti laboratori di fisica, chimica, informa-tica, elettronica e domotica). Nel corso di fisica di quest’anno ciascun studente ha misurato l’accelerazione di gravità gra-zie al proprio smartphone e soprattutto ai servizi forniti da EERC. Questa piattaforma ha sviluppato un servizio gratuito, basato sull’integrazione tra cellulare e web, che consente di progettare un esperimento, realizzare misure, acquisire dati, elaborarli e condividerne i risultati.Sia il docente che lo studente possono accedere al sito www.eerc.it e “creare” il proprio esperimento. Può essere di mec-canica, termodinamica, ottica, acustica, meteorologia, ecc. I sensori dell’esperimento sono presenti in tutti i cellulari di ultima generazione. Lo sperimentatore installa nel cellulare l’appeerc, reperibile dal sito, ed avvia la “registrazione” dei dati. Si configura la velocità di registrazione (tempo di cam-pionamento) in base all’esperimento. Al termine, attraverso il sito, viene caricata la registrazione dei dati per un’anali-si approfondita da parte della piattaforma online. L’analisi prevede considerazioni matematiche avanzate, realizzazione di grafici, integrazione con le mappe di Google ed esportazio-ne di una presentazione in pdf da inviare al docente per un giudizio sulle considerazioni svolte. Il lavoro effettuato con-sisteva nel realizzare un pendolo semplice costituito dallo

smartphone ed il caricabatteria. In una prima fase l’inse-gnante ha guidato la classe nell’attivazione del servizio web, ha illustrato le modalità operative, ha specificato obiettivi e criteri di valutazione. Gli studenti, divisi in gruppi di tre per-sone ciascuno, hanno realizzato il proprio pendolo, ne hanno misurato la lunghezza, lo hanno fatto oscillare più volte regi-strando i dati con l’appeerc. Successivamente si sono collega-ti al web ed hanno visualizzato i grafici, uno per esperimento, che riportavano sulle ascisse i tempi e sulle ordinate l’ango-lo di oscillazione. Da questi hanno determinato il valore del periodo. Misurati, quindi, lunghezza e periodo hanno potuto calcolare l’accelerazione di gravità ed il suo errore sperimen-tale. Al termine della fase sperimentale ciascuno studente ha realizzato una relazione in cui ha descritto l’esperimento, gli strumenti utilizzati, lo ha rappresentato tramite disegni e/o foto, lo ha corredato di tabelle e grafici (quelli del sito), ha cal-colato i valori richiesti, illustrato la teoria associata e com-mentato criticamente i risultati ottenuti. La docente ha poi valutato tali lavori considerando la completezza e la chiarez-za dell’elaborato, la capacità di analisi e sintesi, l’ordine e la precisione nei calcoli, la correttezza delle tabelle e dei grafici.Tutti gli studenti hanno partecipato attivamente all’attività didattica in quanto hanno in prima persona realizzato l’espe-rimento ed interpretato i risultati. Hanno appreso facendo. Hanno utilizzato i propri cellulari nella logica BYoD, Bring Your own Device “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti. Hanno constatato che la grandezza fisica oggetto della prova non è solo un concetto astratto da memorizzare ma esiste ed è misurabile. Tutto questo grazie al loro entusiasmo, alla preparazione e al lavoro della loro docente 2.0, al supporto tecnico fornito da EERC ed il suo staff, alle attrezzature del “Leonardo da Vinci”. Sono un’appassionata dell’innovazione e credo nell’apprendimento collaborativo. Lavorare con i lo-ro strumenti tecnologici, trasformare gli alunni da ricettori a protagonisti del loro sapere, permettergli di confrontarsi in un rapporto fra coetanei, secondo me, è una metodologia di lavoro costruttiva ed efficace. Grazie ad EERC ho portato la fisica sullo smartphone ed ho visto i miei studenti attivi, partecipi e consapevoli. In conclusione l’Istituto “Leonardo da Vinci”, utilizzando la tecnologica eerc.it, si dimostra all’a-vanguardia consentendo a tutti i ragazzi di avere il proprio laboratorio di fisica. Si apre così lo scenario didattico 2.0 in cui il laboratorio tradizionale viene affiancato da quello eerc che utilizza gli strumenti più a cuore ai ragazzi: cellulari ed internet. Il Leonardo da Vinci è disponibile a sviluppare part-nership su questa metodologia didattica innovativa.

*Docente centro studi “Leonardo da Vinci” [email protected]

COME USI LO SMARTPHONE A SCUOLA?Silvia Pagliuca*

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Obiettivo docente

uno sguardo all’evoluzione dei rapporti tra gli utenti del servizio scolastico e l’ammi-

nistrazione che tale servizio eroga mostra un sensibile aumento delle richieste risarcitorie a seguito di danni (veri o presunti) subìti dagli alunni.

La ricerca delle cause remote di questo fenomeno ci conduce a una matrice di tipo psicosociolo-gico. Il pieno riconoscimento dei diritti delle persone, che ha trova-to attuazione nelle norme positive che hanno dato via via sempre più completa attuazione ai principi sanciti dalla carta costituzionale, e il rapporto paritetico tra citta-dini e pubblica amministrazione instauratosi a partire dall’attua-zione della legge n. 241/90, che ha fatto venir meno – giustamente – la “sudditanza” che il cittadino percepiva nei confronti delle am-ministrazioni pubbliche, retaggio del cosiddetto Stato prefettizio,

sono certamente implicati nel fe-nomeno di cui stiamo parlando.

Ma è indubbio che questa evo-luzione normativa abbia trovato terreno fertile nelle attuali fami-glie, che – altrettanto giustamente – hanno dimostrato un crescen-te investimento (anche affettivo) sui figli (non di rado figli unici), non accettando che il benessere di questi ultimi potesse essere leso o anche semplicemente minaccia-to, con la conseguente richiesta di risarcimento dei danni subìti o su-bendi (o presunti tali). Potremmo affermare che questa è una delle conseguenze di quella che psico-logi e sociologi chiamano “fami-glia affettiva”.

Ma il discorso può essere allargato, per motivi per certi ver-si analoghi, anche ai rapporti tra i lavoratori e il datore di lavoro,

che mostrano come i primi non abbiano più – anche in questo caso giustamente – quel timore reve-renziale (degno della Cittadella di Cronin) che li induceva a tra-lasciare di intraprendere azioni di rivalsa per danni subìti durante o a causa dello svolgimento delle atti-vità di servizio, e oggi sono pronti a intraprendere azioni legali sia per danni materiali che per danni morali o psicologici (si pensi al mobbing).

Questa lunga premessa si è resa necessaria per introdurre il tema di questo articolo, che è dedicato alla tutela assicurativa delle istitu-zioni scolastiche. I nuovi dirigenti scolastici, mentre ancora freschi di studio si inter rogano sulla quota di leadership e la quota di managerialità che devono infon-dere nella loro azione di gover-no dell’istituzione scolastica alla quale sono preposti, si trovano (all’improvviso) a dover gestire

Nuove regole per una nuova dimensione culturale assicurativa

di Riccardo Lancellotti*

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l’infortunio di un alunno o di un dipendente, o un’altra pretesa ri-sarcitoria, e si rendono conto di quanto questo aspetto della loro professione, che probabilmente non li appassiona, possa rivelarsi insidioso e … oneroso, anche a livello personale.

Poche organizzazioni hanno un numero di dipendenti cospicuo co-me quello di un istituto scolastico, che in aggiunta a questo risponde ogni giorno dell’incolumità di un numero infinitamente più grande di soggetti minorenni (gli alun-ni). Come sottolinea Sergio Au-riemma(1), sulla scorta di alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione, quando un alunno si iscrive a una scuola si instaura un vincolo negoziale che inclu-de la vigilanza “sulla sicurezza e sull’incolumità dell’alunno nel tempo in cui fruisce della pre-stazione scolastica in tutte le sue espressioni”. Quello che si genera è, quindi, un “contratto di prote-zione”, non dissimile da quello che si instaura nel rapporto tra il datore di lavoro e i lavoratori. An-cora secondo Auriemma, infatti, il datore di lavoro (che nella scuola

si identifica con il dirigente scola-stico) è tenuto a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

Le fonti normative, peraltro, non mancano, e vanno dall’art. 28 della Costituzione (“I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi pe-nali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di dirit-ti. In tali casi la responsabilità ci-vile si estende allo Stato e agli enti pubblici”), all’art. 2043 del Codi-ce civile (“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”). Oltre a questo articolo del Codice civile, che delinea la cosiddetta “responsabilità aquilia-na”, si deve tenere presente l’art. 2048, che delinea la responsabilità dei precettori e degli insegnanti in caso di danno cagionato da fatto illecito dei loro allievi o apprendi-sti nel tempo in cui sono soggetti alla loro vigilanza.

Non è questa la sede per appro-fondire la differenza tra i due tipi di responsabilità, extracontrattua-le (art. 2043) e contrattuale (art. 2048), i quali hanno conseguenze diverse in sede giurisdizionale. Riteniamo comunque di aver in-trodotto elementi sufficienti a far comprendere l’importanza, per gli istituti scolastici, di dotarsi di ido-nee coperture assicurative.

E’ da dire, innanzitutto, che gli istituti scolastici dispongono di al-cune coperture assicurative, anche se parziali. Una di queste è forni-ta dall’INAIL, ma è limitata, per quanto riguarda gli alunni, agli infortuni che accadono nel corso delle esperienze tecnico-scienti-fiche, delle esercitazioni pratiche (anche con l’uso di videotermi-nali) e di educazione fisica, e an-che per il personale ci sono alcune limitazioni. Anche le Regioni forniscono una copertura assicu-rativa alle istituzioni scolastiche,

limitata ai soli infortuni. Le limi-tazioni sopra richiamate (in modo sommario – invitiamo a prendere visione delle circolari dell’INAIL e delle polizze specifiche per una informazione più precisa ed esau-stiva) inducono gli istituti scola-stici a stipulare propri contratti di assicurazione, a seguito di speci-fiche indagini di mercato e attra-verso una gara d’appalto, anche perché le polizze sopra richiamate non comprendono la responsabi-lità civile verso terzi, che costitu-isce un requisito indispensabile, tra l’altro, per la partecipazione alle visite guidate e ai viaggi di istruzione. Tale assicurazione, co-siddetta “integrativa”, è a spese degli alunni e del personale che vi aderisce.

La gara d’appalto che le isti-tuzioni scolastiche devono effet-tuare, e per di più annualmente, essendo vietato alla pubblica amministrazione l’istituto del rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, so-no particolarmente complesse, a causa dell’intrinseca complessità delle procedure di comparazione delle offerte in un campo così spe-cialistico come quello assicurati-vo, anche per il divieto di ricorrere a broker assicurativi. Questa com-plessità apre le porte a possibili e non rari contenziosi, che possono paralizzare le procedure di gara con le conseguenze che facilmen-te si possono immaginare.

E’ pertanto auspicabile che si metta un po’ d’ordine nella ma-teria, cominciando per esempio con la stipula di convenzioni a li-vello nazionale tramite il Mercato Elettronico della Pubblica Ammi-nistrazione, in modo da fornire alle singole istituzioni scolastiche soluzioni condivise ed efficaci.1 Auriemma S., voci “Infortuni degli alun-ni”, “Viaggi e visite guidate”, “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, Reper-torio Dizionario normativo della scuola 2014, Notizie della Scuola, Tecnodid edi-trice, Napoli

*Dirigente Tecnico USR Lazio

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La scuola da molto tempo non riesce a rigenerarsi, non produce più effetti sull’in-

cremento della qualità, mentre l’attuale scenario di trasformazio-ne sociale e culturale impone una nuova visione, la capacità di ri-pensarla. Il nuovo di cui abbiamo bisogno si rivolge alla scuola e si proietta oltre la scuola: il mon-do dell’impresa ha bisogno della scuola, la scuola ha bisogno del mondo dell’impresa. Questo nuo-vo contesto è una sfida per tutti: sfida l’impresa chiamata a nuove responsabilità, sfida la scuola a misurarsi concretamente con le esperienze formative che possono offrire i luoghi di lavoro.

È questo il filo rosso che può e deve tenere unito il tessuto sociale e industriale e la scuola, un rap-porto che deve essere finalizzato a dare una prospettiva concreta ai giovani per contrastare il rischio dell’assuefazione alla sf iducia generalizzata nella scuola, nelle istituzioni, negli altri, nel futuro,

in loro stessi. Non dobbiamo es-sere portati a credere che in cam-po educativo prevalgano logiche determinate dalle organizzazio-ni produttive improntate a saperi limitati perché ci sono la consa-pevolezza e la volontà che livello di conoscenze e competenze dei giovani deve crescere e continua-re a essere considerato uno degli obiettivi prioritari del percorso formativo, fattore determinante dello sviluppo culturale ed econo-mico del Paese.

La riforma per la “Buona Scuo-la”, avviata dal Governo, sia pure con misure parziali, insufficienti, va in questa direzione. Si prefigge infatti, accanto all’arricchimen-to dell’offerta formativa, di raf-forzare l’alternanza scuola lavoro prevedendo maggiori risorse de-dicate e per un monte ore più alto di Alternanza in tutti gli ordini di scuola secondaria, almeno 200 nei

licei e 400 nell’istruzione tecnica e professionale.

La scelte assunte rendono più semplice l’avvio e la gestione dei nuovi rapporti tra scuola e im-presa. Si tratta di indicazioni che dando una più certa e chiara rego-lazione della gestione del rapporto possono sviluppare una strategia di maggiore sostegno anche da parte del mondo dell’impresa at-traverso una politica industriale fonte di conoscenze e competen-ze, che riverbera sulle imprese stesse.

Ma, oltre le previsioni di legge e risorse dedicate per incoraggiare e sostenere queste sinergie, servo-no, come dicono il DG dell’USR dell’Emilia Romagna, dott. Ver-sari e il dott. Tossini della Lam-borghini, volontà e impegno nel trovare le soluzioni ‘buone’ per soddisfare esigenze ed aspettative di tutte le parti in causa.

E’ un comportamento decisivo e necessario per cambiare la de-bolezza del rapporto con il mondo

Un esempio dove azienda e scuola operano insieme nel formare giovani di qualità

Progetto Desidi Alfonso Rubinacci

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del lavoro, con una nuova cultura basata sul principio dell’interes-se comune, della partecipazione caratterizzata dalla capacità di coinvolgere e ascoltare, rendere esplicite le istanze delle parti, condividere i ragionamenti sul-le conseguenze delle decisioni in termini di risultati.

Le condizioni per farlo ci sono come documenta l’iniziativa che prende le mosse dal Memorandum d’Intesa stipulato tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche So-ciali e il Ministero dell’Istruzio-ne, dell’Università e della Ricerca della Repubblica Italiana con il Ministero Federale del Lavoro e degli Affari Sociali e il Ministero Federale dell’Educazione e la Ri-cerca della Repubblica Federale di Germania del 12 novembre 2012. Ora si tratta di far evolvere il mo-dello, utilizzando gli spazi di fles-sibilità offerti dall’ ordinamento dell’ Istruzione degli Adulti co-me previsto dal DPR 263/2012, che potrebbe rappresentare un fattore determinante di successo occupazionale.

La documentazione dell’espe-rienza vuole essere l’occasione per fare il punto della situazione, cercando di far emergere come le aziende vedono l’alternanza, quali le condizioni richieste per un’utile collaborazione tra realtà azienda-le e istituzioni scolastiche e per inaugurare una nuova stagione per la scuola, per il Paese.

Le interviste rilasciate dal Dott Stefano Versari, direttore genera-le dell’USR dell’Emilia Romagna

e dall’ing Umberto Tossini, com-ponente del comitato di direzione di Automobili Lamborghini per l’area risorse umane e organiz-zazione, evidenziano i principali nuclei tematici relativi alla for-ma di cooperazione formativa nel contesto aziendale e alle esigenze formative dei contesti produttivi.

La cooperazione formativa nel caso di specie svolge anche una funzione di inclusione sociale per i giovani fuoriusciti dal circuito scolastico. In questo caso si ravvi-sa una forte vicinanza al modello duale tedesco.

Il bando, infatti, è stato rivol-to a giovani sotto i 25 anni che avevano conseguito una quali-fica professionale triennale nel campo d’interesse e non avevano continuato gli studi offrendo lo-ro l’opportunità di riprendere gli studi per conseguire il diploma quinquennale e avviarsi concreta-mente e in modo qualificato all’in-gresso nel mondo del lavoro. Il percorso è coprogettato tra scuola e azienda su specificate compe-tenze che soddisfano sia gli obiet-tivi/risultati previsti dalla scuola sia dall’azienda, prevede la ripar-tizione alla pari tra formazione di tipo scolastico (seppur declinata in modo innovativo e con apposita formazione dedicata dei docenti) e stage in azienda. Il ragazzo riceve un compenso di 600euro mensili per tutta la durata dei due anni di percorso che nel nostro sistema viene denominata quale ‘borsa di studio’ ma che nel sistema te-desco rientra nella modalità di

apprendistato. Le risorse econo-miche sono messe a disposizione dalle aziende che possono essere ritenute all’avanguardia nell’e-spressione di responsabilità so-ciale dell’impresa, in questo caso dalla Fondazione Volkswagen. La qualità del percorso è garan-tita dalla sinergia tra l’istituzione scolastica, che esprime capacità innovativa, apertura e competen-za formativa, e l’azienda che rico-nosce il valore dell’investimento (“la formazione professionale è un pilastro importante della ca-pacità tecnica e produttiva delle imprese”) ed è dotata di centri di formazione aziendali di qualità.

Volontà e impegno sono l’e-spressione di una cultura che, co-me in Emilia Romagna, comincia a diffondersi nei nostri territori. L’attenzione che si richiede alla politica è quella di dotare le realtà organizzative territoriali di misu-re efficaci di governance, di ri-sorse … non solo economiche per fare sistema e … crescere. Altri-menti ci corre il rischio concreto - chiosa il direttore Versari - “che tutto questo spesso poggia sulle gambe … di una o due persone, quando va bene. Non perché non vi siano competenze negli uffici. Molto più semplice: non vi sono quasi più persone … Spero si pos-sa tenere presente – fra i tantis-simi problemi da affrontare – la necessità che l’Amministrazione sia presto arricchita di risorse umane. Pena la sua estinzione proprio nel momento in cui le si chiede un forte rinnovamento”.

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LE INTERVISTEa cura di Paola Torre

Dr. Tossini è innegabile che Automobili Lam-borghini si è dovuta confrontare con ostacoli endogeni alla propria struttura per “scaricare a terra” competitivi programmi di innovazione e sviluppo. Cosa sta cambiando, quali sono i punti di forza della vostra gestione?

“L’Azienda si confronta quotidianamente con difficoltà di ogni genere e la gestione del cam-biamento, in tempi di crescente complessità, è la chiave dei successi raggiunti. Alla base del pro-gramma DESI, che si inserisce in una strategia di Risorse Umane dedicata alla crescita individuale e professionale delle persone che lavorano nell’or-ganizzazione o aspirano a lavorarci, c’è l’idea che le competenze trainano l’attività economica e cre-ano opportunità e non viceversa. Nella cura, nel continuo adeguamento dei saperi e delle attitudini si risolve efficacemente sia la ricerca di senso individuale delle attività umane che la vocazione collettiva dell’organizzazione e del territorio.”

Si parla sempre più concretamente di respon-sabilità sociale dell’impresa, come pensa si pos-sa declinare questo principio, abbastanza nuovo nel nostro paese?

“Partendo dalla consapevolezza etica dell’Im-presa abbiamo sviluppato per Automobili Lambor-ghini una visione della responsabilità d’impresa che interviene su tre aree di attività: Ecologia, Economia e Società. Per ognuno di questi ambiti abbiamo lanciato progetti specifici allo scopo di contribuire ad un cambiamento dello stato delle cose, a partire dalla nostra mentalità. Penso ad esempio al progetto, ormai prossimo alla conclu-sione, relativo alla totale neutralizzazione delle emissioni di CO2 prodotte dal nostro stabilimento di Sant’Agata, per il quale abbiamo investito in diverse direzioni, dalla cogenerazione al biogas e al fotovoltaico.”

La scuola è al centro del programma di Go-verno che punta molto sull’apporto del mon-do imprenditoriale. D’altronde non è forse la

scuola che prepara le risorse umane che servono al mondo economico e sociale, alle imprese, perché possano crescere e affrontare le sfide dei mercati?

“Sicuramente le imprese possono e devono fare la loro parte in ottica di sistema, per sostenere ef-ficacemente il cambiamento in atto e contribuire alla rinascita del nostro Paese. Ci sono approcci diversi sulle direttrici di questo cambiamento, ma si devono evitare le strumentalizzazioni e le pole-miche inutili. La scuola ha grandi responsabilità ma non può risolvere da sola tutte le contraddi-zioni sociali, specialmente se non la si dota delle risorse necessarie. E’ una sfida per il cambiamento che si può vincere solo con il coinvolgimento delle persone che lavorano nella scuola, grazie alle loro competenze ed esperienze, ma anche mettendo da parte i personalismi e i pregiudizi, disegnando un futuro sostenibile basato su concetti forti di quali-tà e di efficacia della formazione.”

Lamborghini, assieme a Ducati, è tra le pri-me grandi aziende italiane a sperimentare un progetto di collaborazione innovativa tra scuola e impresa. Un percorso che si propone di far conseguire ai giovani che hanno abbandonato i percorsi formativi un più alto livello di istru-zione, f ino al conseguimento di un diploma quinquennale. Scenario che solo qualche anno fa appariva di difficile immaginazione. Vuole

Umberto Tossini è componente del Comitato di Dire-zione di Automo-bili Lamborghini per l’area Risorse Umane e Orga-nizzazione, di Au-tomobili. Ci rac-conta il progetto pilota Dual Edu-cation System, promosso d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale dell’Emi-lia Romagna per studenti under 25 per un biennio di specializzazione tecnica a scuola e in azienda.

“Start upItaly”

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parlarci del progetto pilota Dual Education Sy-stem? A che punto siamo?

“L’idea di partenza che abbiamo sviluppato per DESI è legata alla formazione professionale, che è un pilastro importante della capacità tecnica e pro-duttiva delle imprese. Non si tratta di un percorso residuale o di serie B come comunemente si cre-de. Si tratta invece di disegnare un percorso che, prevedendo un efficace interscambio tra istituti scolastici e centri di formazione aziendali, sia cre-dibile per i ragazzi sia in termini di sforzo che di risultati. Questo per garantir loro competenze di base e specialistiche su cui investire ulteriormente in futuro, se lo vogliono, e ancor più per dare qua-lità ai prodotti e alle attività gestite da loro. Senza qualità nei risultati non si genera quel circolo virtuoso che premia i clienti (dell’Impresa) e gli utenti (della Scuola) e incoraggia a continuare.”

Quali i giovani coinvolti? Quali sviluppi fu-turi per i giovani che aderiscono all’iniziativa?

“I requisiti per l’ammissione al bando, pubbli-cato nell’agosto 2014, erano il conseguimento della qualifica professionale triennale in ambito meccanico o elettronico, non aver compiuto i

25 anni di età e dimostrare for te passione ed interesse per una professionalità di tipo tecnico in ambito automotive. Il percorso prevede un percorso di 2 anni (circa 1500 ore) di cui il 50% a scuola in ambito laboratoriale secondo un pre-ciso programma didattico, ed il restante 50% svolto sul luogo di lavoro – presso i Training Center Lamborghini e Ducati – con simulazioni ed esercitazioni su macchinari e linee di mon-taggio anche simulate. Al termine del biennio, i giovani potranno sostenere l’esame di stato per conseguire il Diploma di istruzione professionale ed ottenere una certificazione delle competenze tecnico-professionali acquisite durante il percor-so, per agevolare il loro futuro inserimento nel mercato del lavoro.”

Dr. Tossini, nella sua visione di responsabile dell’Area Risorse Umane e Organizzazione, quali ulteriori idee, proposte, forme di coin-volgimento con il sistema educativo del Pae-se potrebbe suggerire? Quali aspetti ritiene prioritario fondamentali per la grande realtà rappresentata da Lamborghini?

“Penso che il riconoscimento delle competenze che l’Impresa ha al suo interno e la loro valoriz-zazione potrà essere occasione di altre collabo-razioni con le istituzioni formative. Automobili Lamborghini per esempio, ha progetti specifici a seconda dei diversi percorsi formativi. Con Scuo-le e Medie e Superiori del territorio emiliano sup-portiamo programmi di orientamento scolastico e professionale e di alternanza scuola-lavoro. Per quanto riguarda il mondo Universitario, abbiamo collaborazioni con diverse Università italiane ed in particolare con l’Università di Bologna, attraverso la quale attiviamo stage e progetti di apprendistato. Abbiamo inoltre una partnership consolidata con Bologna Business School, con la quale condividiamo la promozione di una cultura basata sull’innovazione e sulla leadership.”

…per il futuro c’è qualche altro progetto

oltre a quello in corso? “Stiamo conducendo un progetto per i giova-

ni laureati sotto il titolo di Start Up Italy, che prevede un periodo di tre mesi presso una delle consociate italiane del Gruppo, a cui fa seguito un piano di sviluppo di 21 mesi presso una sede Audi o Volkswagen in Germania. I giovani Inge-gneri italiani hanno così la possibilità di cono-scere due società del Gruppo e trarre vantaggio sia dal programma intensivo di formazione, sia dalla rete di relazioni personali.”

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LE INTERVISTE

L’intervista dà voce a un protagonista impegna-to nello sforzo di far crescere la partecipazione del mondo dell’impresa alla vita dei giovani,

e non solo. Versari pone grande attenzione al coin-volgimento del mondo della scuola con le imprese del territorio. È nel contribuire a determinare questo scenario favorevole che si colloca, ad esempio, l’ac-cordo con la Fondazione Ducati e Automobili Lam-borghini Spa, rivolto ai giovani che hanno interrotto i percorsi di studio, dopo l’acquisizione della qualifi-ca professionale, per realizzare un percorso duale sul modello tedesco e consentire loro dopo un biennio di conseguire il diploma di istruzione professionale.

Direttore Versari, com’è il mondo dell’impresa visto dalla sua posizione di direttore generale? Quali sono le richieste che le sono rivolte dalle famiglie e dal mondo del lavoro?

“L’impresa emiliano-romagnola è dinamica, con eccellenze in molti settori. Fra questi quelli della meccanica, e meccatronica - ad esempio nel settore automotive nel raggio di 30 km si trovano Ferrari, Maserati, Lamborghini e Ducati - della ceramica, dell’agroalimentare, della moda, del biomedicale. Sono solo alcuni fra i settori di punta. Queste im-prese chiedono alla scuola di coinvolgere studenti a cui consentire di sperimentare nel percorso scolasti-co la cultura del lavoro. Analogamente le famiglie percepiscono sempre più la necessità che i propri figli comprendano già nel percorso scolastico che sapere e saper fare sono fra loro indissolubili e non contrapposti.”

Un punto importante delle politiche formative

del Governo è il rapporto con il mondo dell’im-presa. Come viene raccolto questo stimolo dal ‘suo’ territorio? Quali sono secondo lei le priorità emergenti?

“Sempre più lo stimolo di cui lei parla viene rac-colto sia dalle scuole che dalle imprese. C’è un pul-lulare di iniziative che vanno in questa direzione. Nella scuola si va diffondendo la convinzione che le imprese possano offrire grandi opportunità di quali-ficazione dell’offerta formativa. Realizzare stage, al-ternanza scuola-lavoro o apprendistato in aziende di eccellenza a livello mondiale significa sperimentare

modalità professionali, relazionali, organizzative, di sicurezza sul la-voro che “fanno crescere” di molto le competenze dei nostri studenti. Consentendo loro di testare i talen-ti naturali per cui si sentono voca-ti. Al contempo le imprese stanno comprendendo che l’incontro con la scuola chiede loro di imparare meglio a entrare in relazione con un mondo cui sono connaturate attenzioni particolari, non fosse altro per il fatto che gli studenti perlopiù sono minorenni e in obbligo di istruzione. Per questo gli studenti nelle imprese sono sempre più accompagnati e sostenuti da qualificati tutor aziendali.”

Il mondo dell’impresa dovrebbe farsi protago-nista degli spazi che si sono da tempo aperti nel modo dell’istruzione e formazione: come potreb-be aiutare la scuola nello sviluppo del program-ma di recupero della dispersione scolastica, vera piaga del sistema educativo? Quali fattori hanno contribuito alla messa in campo del progetto DE-SI (Dual Education System Italy) in collaborazio-ne con Ducati Motor e Automobili Lamborghini?

“Innanzitutto voglio ricordare che l’esperienza Ducati- Lamborghini ha particolare rilievo ma non è l’unica. Fra le tante cito pure l’esperienza con Carpigiani S.p.A., azienda leader nel mondo delle macchine per la produzione del gelato artigianale. La produzione e distribuzione del gelato richiede professionalità diverse: dalla produzione di macchi-ne per gelato, alla gestione e lavorazione dei prodotti agro-alimentari, alla distribuzione e la commercia-lizzazione del gelato. A questi fini sono stati definite curvature dei curriculum accompagnate da percorsi di alternanza scuola-lavoro, riguardanti l’istruzione meccanica e quella enogastronomica. Venendo al progetto DESI (dual education sistem italy), na-sce dalla disponibilità finanziaria della Fondazione Volkswagen al cui gruppo fanno capo Ducati e Lam-borghini, con sede in provincia di Bologna. Dopo un complesso lavoro preparatorio – si trattava di defini-re intese con un gruppo internazionale con sede in Germania – il 1 agosto 2014 ho firmato come Ufficio Scolastico Regionale e con l’Assessorato alla scuola della Regione, l’intesa con Ducati e Lamborghini per sviluppare un percorso di istruzione e training on the job. All’intesa è seguita il 4 agosto 2014 la pub-blicazione del Bando rivolto a studenti che avessero raggiunti la qualifica professionale senza proseguire gli studi. L’intento era di recuperare al percorso formativo un numero consistente di ragazzi (48) ed

“Il saper fare”

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al contempo modellare il loro percorso con meno lezioni d’aula, riconoscendo competenze formative da acquisire in attività laboratoriali e in un signifi-cativo percorso di alternanza scuola-lavoro. Il tutto accompagnato da una borsa di studio mensile per i due anni di scuola-lavoro (non in linea).”

Quali le novità del progetto? “Quella sostanziale è l’avere superato la conce-

zione di una alternanza scuola-lavoro distinta e distante dal percorso scolare. In questo caso lezioni in aula, attività laboratoriali e alternanza superano ogni separatezza integrandosi fra loro anche ai fini del riconoscimento delle competenze disciplinari acquisite. L’obiettivo è il conseguimento del diplo-ma professionale quinquennale ed al contempo la maturazione di solide competenze del lavoro. L’in-novatività della iniziativa è stata sottolineata dallo stesso Ministro dell’Istruzione Sen. Giannini, che ha partecipato alla presentazione del progetto il 23 marzo scorso presso i due stabilimenti.”

Quali sono gli sviluppi previsti per i giovani che aderiscono all’iniziativa?

“Per i giovani coinvolti è probabile, più che pos-sibile, l’assunzione in una delle due aziende in cui viene svolto il percorso formativo o nelle aziende dell’interland ad esse collegate. Già ora la suddivi-sione degli studenti in due squadre, una per Ducati e l’altra per Lamborghini, ha portato ad una forte motivazione nell’impegno negli apprendimenti e fidelizzazione al “clan” lavorativo. Stanno dive-nendo capaci di comprendere le tre fondamentali regole del lavoro: competenza disciplinare, relazio-nalità e sicurezza. Un grande risultato per ragazzi che avevano da più di un anno interrotto gli studi.”

Quali le caratteristiche didattiche del proget-to DESI?

“Difficile una sintesi. Potrei dire: una dettagliata definizione degli obiettivi formativi e degli step di avanzamento, sia per quanto riguarda la fase “sco-lastica” sia quella “aziendale”. La programmazione congiunta di docenti e tutor aziendali. Interventi per recuperare le differenze nella preparazione

iniziale degli studenti (con attivazione di un corso di italiano lingua 2 per gli studenti stranieri e inse-gnamento per livelli di inglese). Formazione speci-fica del personale docente delle scuole coinvolte (il Belluzzi e l’Aldini-Valeriani di Bologna) alla didat-tica per competenze, alla didattica per progetti, alla peer education, all’ inizio del primo e del secondo anno. Brevi moduli disciplinari “teorici” e di mate-rie di area generale (italiano, matematica, inglese) anche nel corso della fase aziendale, per evitare la dispersione di competenze non ancora consolidate. Ampio utilizzo degli spazi di f lessibilità offerti dall’ ordinamento dell’ Istruzione degli Adulti.”

Da questa esperienza sembra emergere l’esi-genza di individuare nuove forme di relazione tra domanda sociale di formazione ed esigen-ze del mercato del lavoro: le sembra la strada giusta? Come ritiene che si possa realizzare un’innovazione effettiva del nostro sistema d’i-struzione e formativo?

“Si, è sempre più evidente la necessità di nuove forme di relazione fra scuola e impresa. Non si tratta di sudditanza ma, appunto, di relazione fra soggetti con pari dignità che devono collaborano sui piani possibili di intesa. Per questo occorre superare rigidità convenzionali che più che dal-la norma derivano da nostri habitus mentali. La norma già ora consente una quantità enorme di possibili declinazioni. DESI cos’è, una alternanza rinforzata? Non ha più senso ragionare per cate-gorie. Si tratta di declinare gli spazi della norma nelle concrete realtà individuando spazi praticabili nell’interesse formativo dei ragazzi. Questo è quel-lo che stiamo tentando con fatica di realizzare con tutti gli interlocutori possibili.”

Perché con fatica?“Perché queste attività chiedono una grande

capacità di interlocuzione fra istituzioni pubbliche e private. Una capacità di relazione che non può rimanere in capo alla singola scuola se vogliamo “fare sistema”. Il compito spetta in primo luogo all’Ufficio Scolastico Regionale che deve mettere in campo competenza e fatica. Il problema è che tutto questo spesso poggia sulle gambe … di una o due persone, quando va bene. Non perché non vi siano competenze negli uffici. Molto più semplice: non vi sono quasi più persone. Nell’intervento le-gislativo sulla Buona Scuola spero si possa tenere presente – fra i tantissimi problemi da affrontare – la necessità che l’Amministrazione sia presto arricchita di risorse umane. Pena la sua estinzione proprio nel momento in cui le si chiede un forte rinnovamento.”

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L’esperienza rappresentata dal Convit to Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Civi-

dale del Friuli è un esempio di eccellenza del nostro sistema educativo. Una scuola che è al passo con i tempi e che punta sull’internazionalizzazione per attingere da un confronto e da sinergie internazionali lo stimolo ad un innovazione culturale che si rif lette tanto sull’organizza-zione come sui risultati d’appren-dimento e le competenze dei suoi allievi. Il Prof. Oldino Cernoia, dirigente scolastico e rettore del Convitto, rappresenta un esempio di dirigenza lungimirante e capa-ce di interpretare e dare risposta alle istanze del territorio nel qua-le vive e si sviluppa la scuola.

In merito al dibattito in corso sulla dirigenza scolastica, secon-do quanto previsto all’art.9 del DDL sulla scuola, attualmente

in discussione al Parlamento, al rettore Cernoia “Non … piace la definizione odierna del dirigente “sceriffo”, perché non è realisti-ca e perché non si tratta di eser-citare un potere assoluto ma di affidare ad un dirigente la possi-bilità di decidere in base a criteri trasparenti e condivisi”.Facendo riferimento alla sua esperienza sul campo e al rapporto di fidu-cia e collaborazione instaurata e consolidata nel tempo con tutto il personale del Convitto e in parti-colare con i docenti, osserva che ciò significa solo “un’assunzio-ne di maggiori responsabilità ed impegno”,

I molti progetti internaziona-li attivati dal Convitto, grazie a collaborazioni con Dipartimen-ti dell’Educazione st ranier i e

varie realtà estere di formazione, coinvolgono appieno la profes-sionalità docente e ne favorisco-no lo sviluppo. STUDIARE IN FRIULI, attiva dal 2001, è rivolta specificatamente a studenti di-scendenti di emigranti friulani; la rete nazionale di scuole FRI.SA.LI che coinvolge Istituti del Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Liguria negli scambi scolastici internazionali, con la promozione MIUR, ha stipulato accordi d’in-tesa con Dipartimenti dell’Edu-cazione (Queensland -Australia, Jiangsu - Cina, Salta - Argenti-na), con Consolati (Brisbane) e con singole scuole estere. I pro-getti di scambio Italia/Russia, il progetto internazionale Kepass, la partecipazione alla rete inter-nazionale delle scuole associate all’UNESCO, sono tutte oppor-tunità di scambi culturali e di-dattici, che richiedono impegno

La qualità è il frutto di un impegno

L’esperienza del Convitto Nazionale “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli

di Nicoletta Ferroni

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Obiettivo docente

e dedizione, per l’educazione alla cittadinanza, nella promozione e educazione al rispetto delle leggi costituzionali e per la difesa del patrimonio materiale e immate-riale dell’umanità e nella prospet-tiva di uno sviluppo sostenibile. In questa prospettiva si colloca-no tutti i progetti educativi le-gati alla partecipazione alla rete UNESCO, per rafforzare l’impe-gno delle nuove generazioni nella promozione della comprensione delle prospettive di sviluppo in-ternazionale e della pace.

I l premio ‘Paolo Diacono’, quest’anno per la prima volta de-dicato al riconoscimento dell’im-pegno sostenuto da Minister i dell’Educazione stranieri, Russia e Australia, è un’iniziativa inno-vativa e che vuole rafforzare i legami e la collaborazione con i partner internazionali.

Mrs. Tracy Corsbie, Diretto-re Generale del Dipar timento dell’Educazione e della Forma-zione dello Stato del Queensland (Australia), dichiara “Al centro poniamo l’ importanza di com-prendere altri popoli, culture di-verse e nuovi punti di vista. Gli scambi di studenti e insegnanti che abbiamo realizzato sin dal nostro primo contatto, nel 2007,

sono f inalizzati a promuovere tale comprensione. Pertanto sia-mo orgogliosi di portare avan-ti una collaborazione speciale, fortemente voluta da entrambe le parti, che persegue un obietti-vo condiviso: realizzare progetti di eccellenza nei settori dell’ i-struzione e della formazione dei giovani.” E prosegue “Ho avu-to la fortuna di sperimentare in maniera diretta i vantaggi del programma di scambio. In qua-lità di rettore della North Lakes State College - dove l’Italiano è l’unica lingua straniera che vie-ne insegnata - ho infatti ospitato la delegazione Fri.Sa.Li per la firma del più recente protocollo d’intesa firmato nel 2014, in vir-tù del quale proseguiremo con le attività internazionali di scam-bio sia per gli studenti che per i docenti.”

Così anche Mr. Walter Mario Grahovac, Ministro dell’Educa-zione della Provincia di Cordoba (Argentina) esprime il suo rico-noscimento “Abbiamo avviato la collaborazione con il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ nel 2001 con il progetto “Studiare in Friuli”, che ci ha permesso di favorire una serie di scambi riservati a studenti e docenti che,

anno dopo anno, hanno consoli-dato i rapporti di collaborazione creando una solida rete comu-nicativa che lega tutt’ora i due Paesi e le comunità di riferimen-to. Gli obiettivi sono pienamen-te condivisi, e si inseriscono in un’ottica di promozione di un’e-ducazione di qualità e di arric-chimento formativo.”

“Siamo orgogliosi – dichiara il rettore Cernoia- di tagliare un traguardo così importante come quello del premio Paolo Diacono. E’ la conferma di un’intuizione che avemmo anni fa di allargare lo sguardo a quelle relazioni in-ternazionali che, in maniera sem-pre più consistente determinano il futuro dei giovani”

Come tante altre valide ed en-comiabili esperienze di valore nella scuola, dal Friuli Venezia Giulia si diffonde una collabo-razione educativa, formativa e culturale che da scuola a scuola arriva all’Argentina, all’Austra-lia, alla Russia e altri paesi vicini e lontani, per formare le genera-zioni future e consentire loro di possedere una visione più ampia, che li renda capaci di relazioni fondate sulla reciproca conoscen-za e rispetto. Un contributo allo sviluppo e alla pace.

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Obiettivo docente

L’intervista/racconto che segue dà voce al prof Oldino Cernoia, dirigente scolasti-co e Rettore Convitto Nazionale ‘Paolo

Diacono’ di Cividale del Friuli, impegnato a far crescere, nei dirigenti, docenti, studenti, fa-miglie, organizzazioni e nelle istituzioni italiane ed internazionali la partecipazione attiva alla vita della scuola e a far convergere l’attenzione su un obiettivo strategico, quello dello sviluppo della dimensione internazionale nei percorsi scolastici, che potrebbero diventare realmente una grande opportunità per i giovani.

ll prof. Oldino Cernoia è Rettore/Dirigente Sco-lastico del Convitto Nazionale “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli dall’a.s. 1986-87 (con un breve periodo di interruzione dal 2009 al 2012). Per 10 anni ha inoltre svolto la funzione di presidente dell’ANIES (associazione che collega i diversi Convitti Nazionali). Il prof Cernoia ha contribuito a far crescere la portata internazionale dell’Istitu-zione attraverso, anche, l’attivazione di numerosi progetti con diversi Ministeri dell’educazione stra-nieri. Quello di Rettore è un lavoro che svolge con grande entusiasmo e professionalità, tipico di chi affronta il quotidiano come se fosse una passione, e non un dovere. Ma la caratteristica che più lo

contraddistingue è la capacità di trasmettere la sua passione a tutti i collaboratori, fin dal mattino quando, con passo sicuro e con sorriso contagioso, fa ingresso nel suo ufficio, per gestire i diversi aspetti dell’Istituzione scolastica.

Rettore cosa fa di preciso Il Convitto? “Il Convitto Nazionale è una Istituzione educati-

va dello Stato di lunga tradizione essendo istituito nel 1876.All’inizio aperto per formare le nuove generaziooni dopo le guerre e la nascita dello Stato italiano ed oggi inserito nel complesso panorama educativo italiano offrendo percorsi educativi am-pi e articolati. Al Convitto di Cividale sono iscritti convittori,semiconvittori ed alunni inseriti nelle scuole interne.una scuola primaria,un istituto di primo grado (scuola media) e quattro licei (scientifico,classico,linguistico e scienze umane) per un totale di oltre un migliaia di giovani e 230 dipen-denti tra docenti,educatori ed ATA. In questi anni il Convitto è diventato un polo per le relazioni in-ternazionali favorendo progetti di scambio con ol-tre 30 paesi nel mondo inserendo anche nei propri percorsi curricolari studenti di molti paesi eztra-europei e figli di corregionali friulani nel mondo.

Amo definire il Convitto un campus per il nuo-vo millennio dove la mobilità studentesca e le tecnologie oltre ai programmi curricolari sono tesi alla formazione globale dei nostri alunni.” Ama qualcosa in particolare del suo lavoro?

“Dopo tanti anni di carriera dirigenziale sono ancora appassionato del mio lavorro per tutte le op-portunità che mi offre. Lavorare con personale mo-tivato e progettuale, offrire agli studenti percorsi innovativi dalle elementari alle superiori, confron-tarsi con realtà educative nel mondo, sentirsi pro-tagonista nel proprio Istituto con la condivisione di molti, avere un dialogo con il proprio territorio e con le Istituzioni, essere un punto di riferimento per il Ministero della pubblica Istruzione in tante attività di livello nazionale e internazionale, tutto questo è diventato un patrimonio che vorrei fosse utilizzato nel futuro ovviamente con tutte le inno-vazioni dovute al progredire della nostra società.”

“una vocazione internazionale”

LE INTERVISTEa cura di Nicoletta Ferroni

Intervista prof Oldino Cernoia, dirigente scolastico e Rettore Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale del Friuli

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Obiettivo docente

Fa sempre le cose in cui crede?“I miei collaboratori sanno che utilizzo un motto

“quando avete un problema pensate anche almeno ad una soluzione”. Non mi piace perdere tempo in inutili discussioni e sopratutto in quelle che non portano ad una decisione. Meglio decidere che rinviare.

Non mi piace la definizione odierna del dirigen-te “sceriffo” perché non è realistica anche perchè non si tratta di esercitare un potere assoluto ma di affidare ad un dirigente la possibilità di decidere in base a criteri trasparenti e condivisi . Questo è un’assunzione di maggiori responsabilità ed impe-gno. Ad maiora.”

Che cosa rappresenta il prestigioso Premio Pa-olo Diacono per il Convitto Nazionale e quali sono le novità di questa settima edizione?

“Attraverso il Premio Paolo Diacono noi espri-miamo la nostra gratitudine nei confronti di emi-nenti personalità legate al Convitto che si sono adoperate per sostenere l’educazione e la forma-zione dei giovani – ha aggiunto inoltre - In un’ot-tica di promozione del dialogo e dello scambio continuo tra sistemi educativi europei ed ex-traeuropei e nel rispetto del proprio compito edu-cativo istituzionale, il Convitto intende investire nelle relazioni internazionali, per creare basi solide su cui gli studenti possano costruire il loro percorso individuale con ottimismo e fiducia.

Quest’anno per la prima volta abbiamo scelto di assegnare il riconoscimento a dei Ministeri dell’E-ducazione stranieri, di Russia e Australia, accanto all’onorevole Giorgio Santuz. Un messaggio im-portante che colloca il Convitto con forza sempre maggiore in una dimensione internazionale.”

La vocazione internazionale è un punto qua-lificante del Convitto. Quali sono le più signi-ficative attività in programma e quali sono gli obiettivi?

“Il Convitto Nazionale “Paolo Diacono” mette a disposizione dei giovani laboratori all’avan-guardia, offre l’insegnamento della lingua russa, propone scambi linguistici e culturali e soggiorni scolastici non solo nei paesi dell’Unione Europea, ma anche nel resto del mondo. Ci sono poi molti progetti internazionali che realizziamo grazie all’attivazione di collaborazioni e sinergie con Dipartimenti dell’Educazione stranieri e con re-altà estere, preposte alla formazione dei giovani, come ad esempio: STUDIARE IN FRIULI, che dal 2001 consente a numerosi studenti esteri,

discendenti di emigranti friulani, di beneficiare di una borsa di studio e vivere, per un anno scola-stico, presso il CNPD, frequentare i Licei annessi ed affrontare, assieme ai coetanei,, i problemi della loro età; la rete nazionale di scuole FRI.SA.LI, fondata da Istituti collocati in Friuli Ve-nezia Giulia, Sardegna, Liguria e coinvolta negli scambi scolastici internazionali, in sintonia con le direttive del Ministro della Pubblica Istruzione e i piani di sviluppo della Direzione Generale per gli Affari Internazionali. La rete FriSaLi stipula accordi d’intesa con Dipartimenti dell’Educazio-ne (ad es. Queensland -Australia, Jiangsu - Cina, Salta - Argentina), con Consolati (Brisbane) e con singole scuole. Vengono anche sviluppate attività internazionali di scambio in periodi non scolasti-ci con l’Australia, grazie agli ottimi rapporti intra-presi con il Ministero dell’Educazione dello stato del Queensland sulla base di un accordo decenna-le. Ci sono poi progetti di scambio Italia/Russia, che prevedono la presenza di studenti del Liceo Linguistico di San Pietro al Natisone, annesso al Convitto Nazionale “Paolo Diacono”, in Russia per realizzare stage in lingua russa presso l’Uni-versità di Mosca, con rilascio di certificazione di conoscenza linguistica. E viceversa. Inoltre, al-cuni studenti albanesi hanno avuto la possibilità di studiare per tre mesi al “Paolo Diacono”. Sono studenti frequentanti le scuole secondarie di se-condo grado di Valona, selezionati nell’ambito del progetto internazionale Kepass, e che a Civi-dale frequenteranno il Liceo Scientifico annes-so al CNPD. Analogamente, alcune studentesse frequentanti i Licei annessi al Convitto, si sono recate in Bosnia, e a Valona, nella reciprocità dello scambio.”

Il CNPD è una scuola associata Unesco. Que-sto inserimento quali opportunità offre agli studenti?

“Il Convitto Nazionale “Paolo Diacono” fa parte della rete internazionale delle scuole associate all’UNESCO. Questo inserimento offre diverse opportunità di scambi culturali e didattici, per quanto concerne in special modo l’educazione alla cittadinanza, nel rispetto delle leggi costituzionali e a difesa del patrimonio materiale e immateriale e dello sviluppo sostenibile. La realizzazione dei progetti educativi legati all’UNESCO ha lo scopo di rafforzare l’impegno delle nuove generazioni nella promozione della comprensione delle pro-spettive di sviluppo internazionale e della pace. PREMIO PAOLO DIACONO 2015”

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Obiettivo docente

LE INTERVISTEa cura di Federica Pettarin

Cosa rappresenta il Premio Paolo Diacono per il Vs Ministero?“Ricevere questo prestigioso riconoscimento è un grande onore per il Dipartimento dell’Educazione e

Formazione del Queensland. Il Premio va a consolidare e rafforzare il rapporto che abbiamo sviluppato negli ultimi dieci anni con il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ attraverso la Rete Fri.Sa.Li.”

Come valuta la collaborazione internazionale con l’Italia attraverso il Convitto Nazionale Paolo Diacono e quali sono gli obiettivi delle prossime attività?

“Siamo uniti da uno scopo comune che è quello di preparare al meglio i nostri studenti ad affrontare un mondo in rapida evoluzione e sempre più globalizzato. Al centro poniamo l’importanza di comprendere altri popoli, culture diverse e nuovi punti di vista. Gli scambi di studenti e insegnanti che abbiamo realiz-zato sin dal nostro primo contatto, nel 2007, sono finalizzati a promuovere tale comprensione.

Pertanto siamo orgogliosi di portare avanti una collaborazione speciale, fortemente voluta da entrambe le parti, che persegue un obiettivo condiviso: realizzare progetti di eccellenza nei settori dell’istruzione e della formazione dei giovani. Ho avuto la fortuna di sperimentare in maniera diretta i vantaggi del pro-gramma di scambio. In qualità di rettore della North Lakes State College - dove l’Italiano è l’unica lingua straniera che viene insegnata - ho infatti ospitato la delegazione Fri.Sa.Li per la firma del più recente pro-tocollo d’intesa firmato nel 2014, in virtù del quale proseguiremo con le attività internazionali di scambio sia per gli studenti che per i docenti. Nel corso degli ultimi sei anni, circa 75 studenti italiani hanno par-tecipato a tre esperienze di studio a North Lakes State College – organizzate e programmate assieme al Convitto. Rientra nella collaborazione anche il premio Studitalia, istituito per incoraggiare e promuovere lo studio della lingua italiana nelle scuole del Queensland e per premiare gli studenti più meritevoli.”

Mrs. Tracy CorsbieDirettore Generale del Dipartimento dell’Educazione e della Formazione dello Stato del Queensland (Australia).

Mr. Walter Mario GrahovacMinistro dell’Educazione della Provincia di Cordoba (Argentina)

Onorevole Giorgio Santuzgià ministro della Repubblica, Presidente dell’Ente Friuli nel Mondo ha il merito di aver creduto pienamente nella progettualità delle iniziative “Studiare in Friuli” e “Visiti”.

Cosa rappresenta il Premio Paolo Diacono per il Vs Ministero?

“Siamo davvero onorati di essere qui a Cividale e di ricevere un prestigioso riconoscimento come il Premio Paolo Diacono, che rappresenta per noi una valida e significativa testimonianza di un percorso altamente educativo che continuiamo a perfezionare per permette ai nostri giovani stu-denti di formarsi e crescere in uno scenario in-ternazionale, attraverso il confronto e lo scambio continuo con i loro coetanei che provengono da un paese diverso.”

Come valuta la collaborazione internazionale con l’Italia attraverso il Convitto Nazionale Paolo Diacono e quali sono gli obiettivi delle prossime attività?

“Abbiamo avviato la collaborazione con il Con-vitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ nel 2001 con il progetto “Studiare in Friuli”, che ci ha permesso di favorire una serie di scambi riservati a studenti e docenti che, anno dopo anno, hanno consolidato i rapporti di collaborazione creando una solida rete comunicativa che lega tutt’ora i due Paesi e le comunità di riferimento. Gli obiettivi sono pienamente condivisi, e si inseriscono in un’ottica di promozione di un’educazione di qualità e di arricchimento formativo.”

Onle Santuz cosa rappresenta il Premio Pao-lo Diacono per Lei?

“Sono onorato di ricevere questo riconoscimen-to da un’Istituzione che ha dimostrato di avere una vocazione internazionale molto forte, capace di guardare oltre, verso nuove frontiere, in grado di promuovere due aspetti centrali nell’educazione e nella formazione dei giovani: l’internazionalità e il rispetto alla diversità.

Quando ero Presidente dell’Ente Friuli nel Mon-do, ho sostenuto i progetti di scambio culturale a favore degli studenti provenienti da famiglie friulane residenti all’estero. Credo infatti che le collaborazioni internazionali siano una grande ricchezza, perché aprono la mente, attivano dei percorsi di avvicinamento, di conoscenza e di approfondimento verso altre culture e verso nuovi mondi, offrendo ai giovani un bagaglio di compe-tenza e consapevolezza utile alla loro crescita per-sonale, che altrimenti non avrebbero la possibilità di sviluppare. In un contesto sempre più globale, è fondamentale conoscere per capire il nuovo, confrontarsi per apprezzare il diverso, e gli scambi internazionali offrono agli studenti questa grande opportunità.”

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Zoom

ZOOM Torino è il primo biopar-co immersivo d’Italia: 160.000 mq in cui incontrare circa 300 animali, tra cui lemuri, giraffe, ippopotami, gibboni, istrici e tigri, che vivono in habitat naturali ricreati ad hoc per loro, senza reti, gabbie o barriere, ma cespugli e vasche d’acqua, per un tuffo in Asia e in Africa, ma a due passi da Torino. Un luogo uni-co, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto dove approfondire le tematiche ambientali e scoprire gli animali interagendo con loro grazie alla presenza di educatori e biologi.

“Abbiamo scelto di portare i no-stri alunni in gita a ZOOM – rac-contano le insegnanti che hanno accompagnato gli alunni nella pri-mavera 2015 - perché è un moderno parco zoologico che racchiude in sé divertimento ed educazione: un luogo dove i bambini si divertono, ma allo stesso tempo apprendono il rispetto per l’ambiente e le creature che vi abitano e soprattutto posso-no entrare in contatto con specie animali originarie di mondi lontani, come i pinguini africani, le giraffe e gli ippopotami.”

Da quest’anno la giornata degli

alunni prevede, oltre alla visita del parco assistita dai keeper di ZOOM che accompagnano le scuole alla scoperta dei 6 diversi habitat, fanno loro conoscere gli animali presenti nel bioparco e raccontano le carat-teristiche e curiosità delle specie, la possibilità di partecipare a nume-rose attività didattiche, studiate ad hoc dal Settore Educazione del bio-parco e diversificate per ogni ordine e grado (dalla scuola dell’infanzia alle medie superiori), dai laboratori sensoriali ai giochi a squadra, dalle prove pratiche alle lezioni tematiche. L’obiettivo dell’offerta didattica di Zoom è, infatti, garantire a tutti un bagaglio di conoscenze in grado di valorizzare le eccellenze personali. Sono stati studiati, quindi, percorsi didattici sempre più interdiscipli-nari, per conferire una “unitarietà della conoscenza”, e coerenti con le linee guida delineate dal curriculo nazionale. Zoom, proponendosi co-me esperienza unica, interdiscipli-nare e incentrata sulla condivisione e preparando un percorso comples-so strutturato in pre-visita (grazie al Quaderno Didattico ZOOM inviato alle scuole, gli insegnanti possono

preparare gli alunni alla visita già in classe), visita e post-visita, diven-ta promotore di un nuovo concetto di educazione che pone l’alunno al centro dell’esperienza. Un modo in-novativo per educare le generazioni future al rispetto per la biodiversi-tà, per creare una cultura che pos-sa contribuire a salvaguardarla, e combattere il pericolo d’estinzione di molte specie animali, e per sti-molare i giovani al saper essere e al saper fare. Tutte le scuole possono prenotare la gita scolastica al bio-parco e scegliere tra diverse solu-zioni tra le quali l’opzione gita + bus che permette con una sola telefonata di organizzare tutta la gita, compre-si i trasporti. Le gite sono rinviabili a causa del maltempo senza alcuna penale. ZOOM Torino è il primo bioparco immersivo d’Italia. Niente reti, gabbie e cancelli, ma cespugli e vasche d’acqua che fungono da barriere naturali. Un percorso che si snoda tra 160.000 metri quadra-ti, un viaggio emozionante, curioso e sorprendente, alla scoperta di due continenti, l’Africa e l’Asia, dove incontrare gli animali in habitat ri-creati ad hoc per loro: Serengeti, Madagascar, Sumatra, Anfiteatro di Petra, Bolder Beach, Fattoria del Baobab.

ZooM ToRINoStrada Piscina 36, 10040

Cumiana (To)[email protected]

011 9070419www.zoomtorino.it

Alla scoperta di giraffe, ippopotami,

lemuri e rapaci

Attività didattiche, incontri con i biologi e interazione con gli animali: a ZOOM si impara sul campo!

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La Scuola racconta l’Europadi Antonio Augenti

GENERAZIoNI CoNTRo?

Introduco la più generale ri-f lessione che più avanti farò sull’interlocuzione tra le gene-

razioni giovanile e adulta con due brevi notazioni. La prima: sono in atto da tempo ricerche con-dotte in vari paesi sulla crisi che attraversano i giovani: insoddi-sfazione, difficoltà individuali di natura psicologica, mancanza di relazione affettiva, sfiducia nel-le istituzioni, apatia, ostilità nei confronti degli adulti. Tutto ciò è vero, o verosimile; sono, tuttavia, affezionato all’idea, da alcuni condivisa, secondo la quale tutto ciò che oggi si riversa sui giovani negativamente si deve al males-sere più generale che la società contemporanea avverte, percorsa – come nota U. Galimberti – da un sentimento permanente di in-sicurezza e di precarietà.

Una seconda considerazione vorrebbe indagare sui caratte-ri interni di quelle che vengono chiamate le nuove generazioni, alle quali ci rivolgiamo con la presunzione d’impartire loro in-segnamenti e consigli. M. Mitte-rauer, nel richiamare il concetto che in sociologia si ha di gene-razione, definisce quest’ultima come “totalità degli individui che, all’interno di una comuni-tà sociale più ampia, sono legati dagli stessi valori, esperienze e atteggiamenti”; oppure “l’insie-me di quanti hanno all’incirca la stessa età nell’ambito di un grup-po culturale, per la loro comune situazione storico-sociale presen-tano atteggiamenti, motivazioni, orientamenti e valori analoghi”.

Si può, forse, notare che, al net-to della variabile età, è sempre difficile generalizzare in quel-le che chiamiamo generazioni (vecchie e nuove) caratteri che ne evidenziano comuni identità di valori e stili di vita, aspettative, sogni e aspirazioni simili o, an-cora, paure e insicurezze.

Contrapporre vecchie e nuove generazioni sulla base di catego-rie concettuali diverse sul piano dei valori, delle aspettative di vi-ta e di modelli comportamentali è una moda ma anche un azzar-do. I giovani sono quelli violenti, i cosiddetti antagonisti che non accettano i modelli fatti propri dagli adulti? O sono quelli che si spendono nel volontariato, col-laborativi, solidali? E gli adulti sono quelli stanchi, che hanno concluso il proprio itinerario di vita e sono per loro natura sta-tici, non dinamici? Sono quelli che hanno sposato un modello culturale non in grado d’interpre-tare i nuovi bisogni sociali che la società contemporanea rileva, o sono quelli che riescono anco-ra a leggere un futuro che esige capacità di sogno, di utopia e di cambiamento? La differenza tra adulti e giovani sta nel lavoro e nell’istruzione?

No, la dimensione vera della persona sta nella sua autenticità, nel profondo di una personalità che non ammette il gioco delle mezze verità e, soprattutto, una indebolita capacità di apprendi-mento, di voglia di permanen-te consapevolezza di ciò che la realtà continuamente costruisce

e propone. Un’alleanza tra gene-razioni è, dunque, possibile. La progettazione di un disegno poli-tico e culturale innovativo, quello che mira a fare dell’Europa una vera casa di condivisi valori, può essere il campo di eserci-zio e di verifica di un’opportu-nità d’intesa e di collaborazione intragenerazionale.

Certo, la generazione dei gio-vani e quella degli adulti non si guardano con benevolenza. La prima sospetta che l’altra non riesca ad accettarla: troppa in-quietudine e insofferenza, troppa intolleranza e diffidenza recipro-che. Il malessere collettivo e la paura possono paradossalmente favorire un rispetto e un amore che attualmente mancano, a con-dizione che dietro la paura ci sia il segno di una libertà negata ma da ricercare, di una dignità non osservata ma da riacquisire, di una curiosità culturale mortifica-ta ma da promuovere.

Occor re colt iva re i nsieme un’idea di Europa che rivendi-chi con forza il patrimonio di valori non negoziabili; l’Europa può essere il luogo di un inve-stimento emotivo, il rifugio ras-sicurante, non immaginifico di un comune impegno per evita-re un letale fronteggiamento tra generazioni diverse e una resa incondizionata ad un incontrol-labile destino. L’Europa per la quale battersi insieme deve, però, essere un’Europa giusta, capace di rinnovamento, in grado, come auspicato da E. Husserl, di attua-re un’autentica humanitas.

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Nei cinque capitoli del libro si definisce la

comunicazione multimediale, collocandola all’interno

dei processi comunicativi interpersonali e di massa;

si tratta della comunicazione dall’ottica di chi riceve

un messaggio multimediale online e offline, ovvero

della fruizione; si delineano le fasi della progettazione

di un testo multimediale, dall’idea alla produzione;

si affronta la fase realizzativa con considerazioni

sull’immagine sonora, sull’immagine visiva e su

quella audiovisiva; si propone al lettore di esercitarsi

praticando l’impostazione di layout, la sintesi

monoconcettuale di brani testuali, la scelta di gamme

cromatiche e la descrizione di metafore, l’ideazione di

icone di navigazione.

Teoria e praticadella comunicazione multimediale

di Caterina Cangià

PrimaDidattica

Caterina Cangià

MULTIDEAEvery single bud’s an idea

Nei cinque capitoli del libro si definisce la comunicazione multimediale, collocandola

all’interno dei processi comunicativi interpersonali e di massa; si tratta della comuni-

cazione dall’ottica di chi riceve un messaggio multimediale online e offline, ovvero del-

la fruizione; si delineano le fasi della progettazione di un testo multimediale, dall’idea

alla produzione; si affronta la fase realizzativa con considerazioni sull’immagine sono-

ra, sull’immagine visiva e su quella audiovisiva; si propone al lettore di esercitarsi pra-

ticando l’impostazione di layout, la sintesi monoconcettuale di brani testuali, la scelta

di gamme cromatiche e la descrizione di metafore, l’ideazione di icone di navigazione. Caterina Cangià

Caterina Cangià, di educazione multilingue e multiculturale, è docente di Didattica

delle lingue moderne all’Università LUMSA di Roma. Pioniera della produzione mul-

timediale in Italia, la sua prima creazione, European Party, ha ottenuto il Gold Award

al Milia di Cannes nel 1995. Ha diretto per 18 edizioni il Festival del Teatro Didattico

in Lingua Straniera. I suoi corsi per l’apprendimento delle lingue – ICI JE VIS, pubbli-

cato dalla Université Saint Esprit di Kaslik (Libano), ENGLISH ON STAGE, pubblicato

dalla Giunti Scuola e CLICK! pubblicato da Multidea – sono la traduzione di anni di

studio, di ricerca e di vissuto condiviso con discenti di lingue e culture diverse. Ha

fondato “La Bottega d’Europa” per promuovere l’insegnamento delle lingue con il te-

atro e con il computer. Ha numerose pubblicazioni al suo attivo e più di 400 articoli

su riviste specializzate che trattano di educazione ai media e di didattica. Per Giunti

ha pubblicato L’altra glottodidattica, per Tuttoscuola Teoria e pratica della comuni-

cazione multimediale e Insegnanti D.O.C., per La Scuola Editrice Lingue Altre. Co-

noscerle e coltivarle e Lingue Altre. Insegnarle e impararle, per Multidea Old & New

media a misura di bambini, Glottotecniche e glottotecnologie e Didattica il LIM itata.

Teoria e praticadella comunicazione multimediale

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