Trinitaria Il mistero di Dio nel Primo Testamento.

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Trinitaria Il mistero di Dio nel Primo Testamento

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TrinitariaIl mistero di Dio nel Primo Testamento

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partiamo da una questione metodologica

La Rivelazione è il luogo del manifestarsi e farsi prossimo di Dio

coincide con

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questione metodologica

È possibile una comprensione della rivelazione come qualcosa di più di una semplice manifestazione, proprio perché la dinamica del dirsi/darsi è in una progressione: in ogni manifestazione Dio si fa sempre più prossimo

Pur nella sua alterità, Dio si dice nell’intimo del’uomo

Dandosi nell’intimo, Dio si dice, si rivela sempre più intimamente

Così dice sempre più il proprio intimo nell’intimità della relazione che istituisce

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questione metodologica

Dio prende l’iniziativa: Dio chiama Abramo e Mosè per nome

Questo darsi dice qualcosa di Lui: “Dio ci ha amati per primo” (1Gv 4,9-19)

Così Dio invita l’uomo ad una relazione di affidamento e fiducia, ad un crescendo

Dio si dà sempre tutto ogni volta, eppure appare un crescendo di intimità e di conoscenza, un crescendo al crescere della relazione

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questione metodologica

Vi è dunque una storia che precede metodologicamente chi sia Dio

Questa storia ci offre le chiavi di lettura, anzi è proprio il luogo del dirsi di Dio: la storia di Israele è il luogo teologico della Rivelazione

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Questione metodologica

Si tratta di un circolo ermeneutico asimmetrico in cui

si dà nella continuità con l’esperienza religiosa di Israele

una progressione, questa è introdotta con Gesù, un

elemento di discontinuità nella continuità con cui egli stesso si

è detto e pensato.

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Questione metodologica

Lo stesso movimento lo ritroviamo all’interno della

tradizione veterotetamentaria.

L’evento centrale del darsi di Dio è lo stesso luogo del

dirsi e della sua comprensione: nella

Tradizione viene tramandato l’evento come si è dato e che la redazione ha raccolto e riletto in una

maggiore continuità.

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L’Evento centrale: l’Alleanza

La promessa e l’Alleanza che Dio stabilisce con Abramo sta all’origine della esperienza religiosa e dell’identità di Israele

È composta da 3 polarità:Grazia/LeggeMemoria/PresenzaAvvento di Dio/Esodo dell’uomo

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L’AlleanzaLa graziosa iniziativa divina/richiede la risposta

libera dell’uomo: la legge come segno e strumento del darsi della grazia divina nel dirsi nella norma. Per cui quando Dio chiede è perché ha già donato

La memoria che si fa presente: così l’evento originante interpella l’esistenza di Israele ma anche afferma la fedeltà di Dio a se stesso e al contenuto dell’alleanza

All’avvento di Dio, il Dio-con-noi, alla sua uscita per l’altro vede corrispondere l’esodo dell’uomo, l’uscita dalla sua identità per assumere quella che Dio gli attribuisce

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L’AlleanzaTenteremo pertanto un

duplice sguardo:

Diacronico: in cui vedere nel tempo il progressivo arricchimento dell’intuizione originaria

Sincronico: in cui riannodare i fili attorno cui si è data la continuità nella discontinuità

nella sua manifestazione rivela l’evento originante l’esperienza religiosa di

Israele. Questa esperienza è

costantemente riletta nelle varie tradizioni e nei diversi momenti dell’esperienza di

Israele.Così l’Alleanza viene riletta – elemento di continuità – in

una proficua progressione e intensità offrendo elementi di

discontinuità, veri e propri momenti di rilettura originali.

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Sguardo diacronico

L’esperienza eno-teistica del clan di Abramo

Dio si lega a persone che chiama e da cui aspetta una risposta di fede

Dio prende dal nomadismo, chiamando così ad uscire Abramo come Dio stesso è uscito e chiama alla fedeltà nell’altro e alla sua promessa

L’identità di Dio è racchiusa e custodita nell’esperienza personale di uomini: Abramo, Isacco e Giacobbe

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Sguardo diacronico

Dio si rivela ancora una volta personalmente a Mosè

Dio rivela il proprio nome: egli è il fedele, egli tiene insieme la propria identità con la fedeltà alla promessa già fatta ai patriarchi

Il nome diventa anche il modo in cui riconoscerlo nella storia (cfr. Ez 20,42)

La sua identità va di pari passo con la storia di Israele: la sua identità si proietta indietro ed escatologicamente in avanti

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Sguardo diacronico

Dio si dice nell’esperienza e nell’esistenza del profeta

La sua identità si universalizza nell’esperienza post-esilica

Si va percorrendo un duplice sentiero: uno va verso una maggiore interiorizzazione nell’esperienza intima del fedele, l’altro verso la contemplazione dell’azione creatrice di Dio in cui l’alterità trascendente custodisce la sua prossimità

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Sguardo diacronico

L’esperienza di Dio è messa ala prova dalla sofferenza e dalla morte: in questo periodo abbiamo la riflessione di Giobbe sull’alterità di Dio e quella apocalittica sul senso della storia

L’immagine del “servo sofferente” rilegge l’esperienza della sofferenza in chiave espiatrice e redentiva: Dio vive e agisce con il suo popolo e scende e patisce con lui e per lui

L’esperienza della vita come fumo che tesse l’aria è un invito a leggere l’esistenza nella logica della grazia

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Sguardo sincronico La santità di Dio non è

separazione che allontana, ma offerta della propria grazia che accorcia ogni distanza

La misericordia di Dio è sperimentata da Israele come un sovrappiù di giustizia senza misura in favore del peccatore

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Sguardo sincronico La paternità di Dio è una

metafora con cui Israele, a fronte dell’assoluta trascendenza di Jhwh, dice come si senta teneramente amato come un figlio

Così la metafora della sponsalità rappresenta l’espressione e l’esperienza massima della condivisione e della intimità tra Dio e Israele nonostante l’infedeltà di quest’ultimo

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Sguardo sincronic

o