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TESTAMENTO SPIRITUALE DI UN INGEGNERE INGEGNERE È CHI NON SA NIENTE MA SA COME TROVARE TUTTO Cara amica , incomincio a sentire il peso degli anni , ho forza ancora per divertirmi in barca , per ballare il tango , per andare a teatro , per ascoltar musica : classica , operistica , jazz , buona musica insomma , ma tutti i giorni ho meno resistenza alla fatica e al così detto stress. Per realizzare tali attività devo riposarmi il giorno prima e quello dopo. Mi si gonfiano le caviglie , ho dolore alle ginocchia ed in tutto il corpo , a volte . Sono un rottame , ruggine e grasso , non perdo peso e dovrei , io ho fame , il dietologo impazzisce , seguo la dieta ma non le quantità , spesso ; mi muovo ma non a sufficienza , tra ingegneri direi che il bilancio in/out è positivo Solo la mente è più vivace che mai e tu puoi ben dirlo , mi sento ispirato , quasi invasato dal demone dello scrivere , ho fame compulsiva di apprendere , mi cibo di pane e libri , mi disseta la musica . Come non mai mi interesso di filosofia , psicologia e , al solito , leggo

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TESTAMENTO SPIRITUALE DI UN INGEGNERE

INGEGNERE È CHI NON SA NIENTE MA SA COME TROVARE TUTTO

Cara amica , incomincio a sentire il peso degli anni , ho forza ancora per divertirmi in barca , per ballare il tango , per andare a teatro , per ascoltar musica : classica , operistica , jazz , buona musica insomma , ma tutti i giorni ho meno resistenza alla fatica e al così detto stress. Per realizzare tali attività devo riposarmi il giorno prima e quello dopo.

Mi si gonfiano le caviglie , ho dolore alle ginocchia ed in tutto il corpo , a volte . Sono un rottame , ruggine e grasso , non perdo peso e dovrei , io ho fame , il dietologo impazzisce , seguo la dieta ma non le quantità , spesso ; mi muovo ma non a sufficienza , tra ingegneri direi che il bilancio in/out è positivo

Solo la mente è più vivace che mai e tu puoi ben dirlo , mi sento ispirato , quasi invasato dal demone dello scrivere , ho fame compulsiva di apprendere , mi cibo di pane e libri , mi disseta la musica . Come non mai mi interesso di filosofia , psicologia e , al solito , leggo i classici , il Vangelo e l'Apocalisse di Giovanni , leggo anche autori giovani , emergenti ed autori affermati ma solo DIO sa perché lo siano , secondo me perché hanno in tasca un passe par tout.

Mi stimola investigare sul' infinito , sulla libertà , sul libero arbitrio , sviscerare la verità filosofica , il problema ontologico e gnostico , etico politico , di ogni punto spiegherò il mio pensiero, il mio punto di vista . Non pretendo però di apportare niente di nuovo , vorrei solo indirizzare e stimolare gli amici a fare altrettanto , un mondo più educato sarà più giusto , un mondo meno egoista sarà un mondo di pace , un mondo meno avaro sarà un mondo che permetterà a tutti di vivere con dignità.

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Ho deciso pertanto di cominciare a scrivere il mio testamento spirituale che dedico a te , mia miglior amica , colei che mi mette allegria leggere , gioia ascoltare e piacere vedere ; allora mi vien voglia di piangere , a fatica resisto , TU lo capisci e taci . Il motivo di questo ''magun'' non mi è noto . È la stanchezza di vivere , lo spleen dei poeti maledetti , che mi attanaglia la gola , mi soffoca . Sono stanco di medicine per far sopravvivere il corpo . Senza di lui però anche la mente tace e ciò non è nei miei piani , non ancora , ho molto da raccontare , da dare a tutti , voglio che come me , gli amici più cari , imparino ad avere la mente libera , non abbiano alcun desiderio , necessità materiale o morale , come diceva Epicuro , quando , finiti gli impegni quotidiani , appoggiano il capo sul cuscino e volano in un mondo onirico dove non esiste il dolore , sono i giusti con l'anima di bimbo . Se non sarete come loro ( I bimbi ) , non entrerete nel regno dei cieli , dice Matteo .

Dum loquimur fugerit invida/aetas:carpe diem, quam minimum credula postero , diceva Orazio , non nel senso di vivere alla giornata ma nel senso di far fruttare ogni giorno , ogni momento della vita al massimo , scordando il domani , il futuro incerto , sono i piaceri semplici della vita che rendono felici . Da buon epicureo ha capito il mandamento 'vivi nascosto', vivi nel '' aurea mediocritas '', dice Orazio , la corona della pace dei sensi e del' anima , ha un valore incomparabilmente superiore alle corone dei potenti , dei grandi imperi. Epicuro distingue piacere stabile che consiste nel non soffrire e nel non agitarsi dal piacere cinetico che consiste nella gioia e nella letizia. La felicità è la distruzione del dolore , ovvero il piacere stabile . Il pensiero di Epicuro , per me e molti altri studiosi , a cui mi associo , non è edonismo è razionalismo morale

INVERNO

Vedi ? Brilla nel sole il Bisbino ,coperto da candida , scintillante neve;

a fatica gli alti pini , i frondosi castani ,

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ne frenano il lento scivolare a valle.Gelati ruscelli, stalattiti di ghiaccio ,

confermano il freddo inverno. Accanto al fuoco, ben alimentato

da profumate essenze ,tutto odora di dolce zagara amara.

Occhi neri e profondi ti scrutano l' anima ,tenere braccia ti cingono ,

ti offrono protezione ed amore .Saziati con caldo , dolce, speziato vino ,

continua a sognare , dimentica l' oggi , aspetta domani . Il sole , già lo tieni , al tuo fianco

IL PIACERE

A volte mi interrogosu cosa sia il piacere .

Sono convinto che il piaceresia il più sublime sentimento, nasce dal saper dare , donare ,il piacere è possedere la virtù , è un sentimento soggettivo ,piacere è vedere un sorriso

sul viso di un bimbo stupito ,piacere è ammirare il sorriso ,

sul volto di una persona amata ,piacere è il sapere leggere,

nel l' anima , è il capire gli altri . Piacere è incontrare un amico e ti sorride

Piacere è ricevere affetto , complicità , stima ,piacere è godere della bella e facile vita ,

piacere è avere una bella compagna a tuo lato ,piacere è addormentarsi la notte in pace con tutti ,senza desideri o necessita' del corpo e del' anima

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Ma veniamo a noi . Non intendo scrivere un trattato di filosofia , semplicemente esporre le mie risposte , le mie verità , le mie certezze , convincimenti alle domande basiche che uno si pone ad un certo punto della vita . chi sono , da dove vengo , è il primo quesito che uno si pone , ed è veramente intrigante . La necessità di saperlo è impellente .

METEORE

Chi sono ? Un ammasso di energia in eterno divenire.

Da dove vengo? Dal fuoco eterno, principio di tutto , energia primaria,

principio e fine di tutte energie.Sono libero , niente è già scritto .Il Logos è il supremo reggitore ,

ordinatore del Cosmo , generato dal fuoco ,senza tempo.

Nel mio eterno divenire solo creo Caosche il Logos ricompone.

Il mio ciclo vitale, dal fuoco al fuoco,solo obbedisce al Logos,

alle leggi universali che tutto reggono.I miei sentimenti , le mie passioni .

Solo tentativi di sconvolgimento del Cosmo;le mie speranze, le mie aspirazioni

tentativi inutili di sostituirmi al Logos,superbia umana

Allora siamo come il logos , della stessa sostanza , energia pura alla nascita , degradata alla morte , alla fine del ciclo vitale .

Ho anche cercato di darmi una risposta , consona al mio modo di pensare e di essere , sulla origine del tutto, coniugando religione e scienza . Forse ho trovato , non certo la verità assoluta ma la mia verità , che sazia la mia sete di sapere e dà pace alla anima mia , nel leggere , il significato della parola greca , nel Vangelo di Giovanni .

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Analizzando i primi versetti di detto Vangelo , possiamo fare le seguenti considerazioni : Logos deriva da LEGO – LEGEIN legare : concetti pensieri parole , ma anche legare per tener assieme , per tenere assieme tutto l' universo . Oggi sappiamo che tutto è tenuto assieme da campi magnetici , campi elettrici , energia , pertanto è valido il concetto LOGOS = ENERGIA , anche FOS - LUCE è energia . GIOVANNI DICE EN ARCHÈ EN Ò LOGOS , PIÙ AVANTI DICE EN AUTÒ , IL LOGOS ; ZOÈ EN , KAI E ZOÈ EN TO FOS TON ANTRHÒPON . Occorre tener presente che EN è preposizione di stato in luogo , non temporale PERTANTO IL LOGOS È INSITO NELL' ARCHÈ - DIO poi DERIVA DA DEUS , DIVUS , SIGNIFICA LUCE = ENERGIA .

Il termine "dio" deriva dal latino deus (a sua volta collegato ai termini , sempre latini , di divus-"splendente" e dies-"giorno") proveniente dal termine Indoeuropeo ricostruito *deiwos . Il termine "dio" è connesso quindi con la radice indoeuropea *div/*dev /*diu/ *dei , che ha il valore di "luminoso , splendente , brillante , accecante" collegati ad analogo significato con il sanscrito dyáuh . Allo stesso modo si confronti il greco δῖος e il genitivo di Ζεύς [Zeus] è Διός [Diòs] , il sanscrito dèvas , l'aggettivo latino divus , l' ittita šiu . La radice indoeuropea da cui viene divus e successivamente "dio" significa "luce"; tale appellativo si spiega con il fatto che in origine l'epiteto di "luminoso" indicava la manifestazione degli Dei indoeuropei del cielo che si manifestavano sia con la luce del giorno , sia con la luce del lampo (come più tardi i romani Iuppiter Lucetius e Iuppiter Fulgurator) Wikipedia

DIO è uno e trino , è l' energia totale in tutte le sue forme : nel momento del BIG BANG , creò l'universo , disperdendo energia per ogni dove . L'anima è una scintilla di questa energia , che se non degradata , ( peccato ) , si riunirà direttamente al tutto , (DIO), nel momento della morte o della consunzione del contenitore , (corpo) . Nel momento del BIG CRASH , (fine del mondo giudizio universale) anche l' energia degradata tornerà a riunirsi al tutto , (misericordia) .Tali concetti erano già stati espressi nella introduzione del mio primo libro di poesie , VEGLIA , editato in proprio , nel ottobre 2008 e nella opera pubblicata dall' Editore Aletti , ET VERBUM CARO FACTUM EST .

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Altra domanda che ci poniamo , ci tormenta ed assilla , è come avviene il processo del conoscimento ?, come riesco a conoscere il mondo circostante ?, distinguere il reale , il fantastico , il concettuale ?, come posso definire i sentimenti , le sensazioni ? , il tempo cosa è , è misurabile davvero o solo una costruzione degli uomini ? Si potrebbe semplificare il tutto seguendo alla lettera Platone : l' energia , di cui siamo una scintilla , conosce tutto ; nel empireo sede dell'energia conoscevamo tutto , là ci sono gli archetipi di tutto concetti , pensieri , natura . Dispersa nel cosmo l' energia conosce per riflesso , ricorda gli archetipi .Oggi però detta soluzione al problema non convince .Certamente l' esperienza diretta , il provando e riprovando Galileiano , ha aiutato il primo uomo a fare enormi scoperte , grandi passi avanti , ciò però nel campo fisico-pratico , fuoco , armi per la caccia , la difesa contro le fiere e purtroppo anche per altro , strumenti per uso comune , domestico e non . Il primo uomo , quasi certamente non era stanziale , era cacciatore e raccoglitore , queste conoscenze pertanto bastavano per sopravvivere . Il nostro era troppo occupato a procurarsi il cibo , a difendersi , a procreare , per poter '' pensare'' . Sarebbe opportuno anche analizzare il comportamento del maschio nel clan , era poligamo , monogamo , come era strutturata il clan , esisteva un maschio o una femmina dominante ? ciò esula però dallo scopo prefissatomi .Soddisfatte le necessità primarie , per una miglior organizzazione nel clan , il nostro si mise a guardare in cielo la notte , ammirò la volta stellata , inventò le costellazioni , cercò di rendersi conto di quante erano le stelle , inventò come contare molti oggetti , forse prima contava solo con le dita . Anche la maniera di comunicare cambiava , da versi animaleschi si arriva ad un semplice modo di indicare le cose ,descrivere le sensazioni , esprimere i sentimenti .Facciamo un lungo passo in avanti , e ricordandoci di Dante

'' fatti non foste a viver come brutima per seguir virtude e cagnoscenza ''

Incominciamo una analisi di tipo filosofico del problema : conoscenza è capire ed essere consapevole dei fatti , verità ed informazioni che si

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ottengono per esperienza diretta , apprendimento o introspezione. Tali informazioni , connesse tra loro , hanno un valore ed una utilità molto superiore alle stesse possedute singolarmente . Molti definiscono la conoscenza come '' teoria del giustificazione '' della verità e delle convinzioni . Prendendo alla lettera quanto affermato nel dialogo platonico TEETETO , in cui si pone in primo piano l'importanza delle condizioni necessarie , anche se non sufficienti , affinché una qualsiasi affermazione possa rientrare nella conoscenza , Teeteto dice '' in un dialogo , quando , per esempio , uno degli interlocutori avanza una opinione sbagliata , questo è dovuto alla mancata corrispondenza tra ricordo e sensazione ''. A tutto oggi non esiste un accordo universale su ciò che costituisca la conoscenza , la certezza , la verità . Allora come avere la certezza che le nostre convinzioni costituiscono davvero una ''conoscenza'' ? Quale è la vera conoscenza?Per Socrate ogni conoscenza è vana se non è ricondotta alla propria autocoscienza , a quella voce dell'anima dotata di auto consapevolezza ,in grado di esaminare criticamente e smascherare il falso sapere , le nozioni ''irriflesse'' di coloro che si credono saper tutto ma in realtà non sanno niente. La vera sapienza , nasce dal conoscere se stessi ''gnòzi sè autòn '' , inciso sul portale dell'oracolo di Delfo tale conoscenza non è insegnabile, e nemmeno trasmissibile , perché non è una tecnica , il maestro può solo aiutare l' allievo a tirar fuori , partorire , dice Socrate , la conoscenza , la verità , ( funzione maieutica del maestro il filosofo , che estrae la verità da l ' anima , dalla mente degli allievi ) . Platone , seguì le teorie di Eraclito ; Cratilo fu suo maestro , Pitagora , Parmenide e Socrate , rivalutando parzialmente l'esperienza sensibile . I sensi servono a risvegliare in noi il ricordo delle IDEE , verità assolute , forme universali , con cui è stato plasmato l' universo e , in tal modo , ci permettono di riconoscerlo. Per Platone , pertanto , conoscere significa ricordare ; la conoscenza è il processo di ricordare , è la riminiscenza di un sapere che è già dentro la nostra anima ed è per tale motivo '' innato ''. L' innatismo della conoscenza distingue così Platone dagli Empirici .Per Platone , la conoscenza resta un valore essenzialmente etico , infatti riguarda la decisione della nostra anima di avvicinarsi alla visione ''eidetica'' , eidos = idea , del BENE , risvegliandone in sé il ricordo .I neoplatonici manterranno l' idea che la vera conoscenza non è quella

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che proviene dalla pura esperienza , nasce da una superiore attività intellettiva che ha per oggetto le idee spirituali . La conoscenza è pertanto qualcosa di nascosto ai più che si lasciano abbagliare dagli inganni dei sensi . Faccio un esempio . Osservando un remo in acqua , di primo acchito sembrerebbe che detto remo non sia diritto ma abbia una deflessione , non è la verità , è solo una percezione falsa , è quella di chi non conosce che questo avviene per la differente densità dei mezzi , aria – acqua , cioè per il fenomeno di rifrazione .Aristotele ha ulteriormente rivalutato l' esperienza sensibile ma come Platone ha confermato il presupposto secondo cui la conoscenza nasce soprattutto dal soggetto . Una conoscenza che solo percepisce le mereimpressioni dei sensi , infatti , è passiva , perché ci sia vera conoscenzaoccorre che l' intelletto umano svolga un ruolo attivo , che gli consenta di andare oltre le particolarità transitorie degli oggetti e di coglierne l' essenza in atto . Il passaggio a l' intelletto attivo implica che questo sia capace di pensare sé stesso, ossia dotato di consapevolezza e libertà . Per Aristotele ci sono vari gradi di conoscenza , al livello più basso colloca la sensazione , al più alto colloca l' intuizione intellettuale , capace di astrarre l' universale dalle realtà empiriche . Conoscere allora significa astrarre . Aristotele è anche il padre della logica formale , teorizzò il sillogismo deduttivo , resta però chiaro che l' intuizione è superiore a tutto perché in grado di fornire i principi di partenza da cui il sillogismo può trarre solo delle conclusioni coerenti con le premesse .Arrivarono poi gli inglesi , Hobbes , Locke , Hume , coll' empirismo .I principi a cui riconducono il problema conoscitivo sono due :

La verificabilità : ha senso riconoscere solo ciò che è verificabile sperimentalmente , se non è possibile non esiste o non ha valore .Il meccanicismo : ogni fenomeno , anche la conoscenza avviene secondo leggi meccaniche di causa-effetto

Dopo la nascita la impressione dei sensi agisce meccanicamente sulla mente plasmandola e generando dei concetti .Poi arrivano i RAZIONALISTI tedeschi che criticarono aspramente l' empirismo , Leibniz riaffermò che la conoscenza non è , e non può essere , un processo meccanico ma ci sono idee innate e pensieri , di cui non si è a conoscenza ma agiscono a livello del' inconscio .

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Emanuele Kant , critica l' empirismo e afferma che la conoscenza è un processo fondamentalmente critico in cui la mente svolge un ruoloestremamente attivo . Le leggi scientifiche con cui conosciamo il mondo , sono costruite dalla nostra mente , non ricavate in modo induttivo dalla esperienza . La vera conoscenza si ha nel momento in cui formuliamo i cosi detti giudizi sintetici a priori , nascono dalla attività della nostra mente quando riceve dati empirici da elaborare , ottenuti passivamente dai sensi . Ai vertici della conoscenza c' è l' ''IO PENSO'', attività suprema che connette ed elabora le informazioni provenienti da l' esterno. La riflessione critica basata sull'auto coscienza è l'unico presupposto per una conoscenza valida .Tra i razionalisti , grande fu Cartesio , che soluzionò il problema del' esistenza con il famoso ''COGITO ERGO SUM'' da tener presente che non è un sillogismo , ergo è un fonema aggiunto , è una intuizione , cogito , sum , il passaggio è immediato . Cartesio parte dal Dubbio per affermare l' esistenza , dal momento che è propria del' uomo la facoltà di dubitare , esiste . ''Per ricercare la verità delle cose occorre , si deve aumentare il lume della ragione , affinché in ogni situazione della vita , l' intelletto indichi alla volontà ciò che si deve scegliere.(DISCORSO SUI MASSIMI SISTEMI )Per Cartesio il dubbio è l' origine della saggezza .La conoscenza sensibile è da scartare , nel sonno a volte ''vediamo'' cose non esistono , partecipiamo a fatti impossibili come se fossero cose vere. Per questo bisogna rifiutare di credere nei sensi. Cartesio , per sua esperienza della verità , ritiene che i pensieri di cui possiamo essere certi sono evidenze della ragione . Evidente è l'idea chiara e distinta, che si manifesta a l' intuito nella sua elementare semplicità e certezza , senza necessità di dimostrazione , ne sono esempio, dice Cartesio i teoremi di geometria euclidea, che sono dedotti in base alla loro stessa evidenza e verificabili in modo analitico singolarmente , mediate vari passaggi . Il ragionamento non serve a dimostrare le idee evidenti , solo a impararle e memorizzarle; i collegamenti hanno la funzione di aiutare la nostra memoria . Cartesio afferma che ciascuno ha un suo metodo per arrivare alla conoscenza del vero , alla verità , importante è che sia unico e venga seguito tutta la vita .

IMPERATIVO CATEGORICO KANTIANO ANTE LITTERAM

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Cartesio esclude che il pensiero , la mente , l' anima siano l' auriga platonico ed il corpo i cavalli . Per Cartesio anima e corpo sono intimamente mescolati come attestano le sensazioni sia interne che esterne , non al punto però che non sia possibile distinguere alcune operazioni che sono di pertinenza della sola anima ed altre che appartengono al solo corpo . Alla anima compete la conoscenza della verità , al corpo le sensazioni che ci sono date dalla natura per indicare al anima ciò che è di beneficio e ciò che è dannoso, a quel composto , che è l' uomo e di cui è parte , finché non sono ben chiare e distinte

Nascono varie correnti di pensiero , gli scettici , i nichilisti ed altre correnti che conosco poco non avendone approfondito lo studio , discordando Io dalle loro teorie.Nel finale del' 800 e nel secolo scorso non ci sono stati sconvolgimenti nel pensiero , nasce il neo-kartismo , riprende vigore la dottrina di Hegel , da cui nasce il marxismo , di nuovo lo scetticismo , l' ateismo , il nichilismo , il determinismo e l' indeterminismo , dottrine di vita breve solo Kirkegard ed i francesi Jaspre e Sastre apportano qualche nuova interpretazione , non mi dilungo su di loro , non mi hanno influenzato.

Dopo tale excursus , descrizione del pensiero , di alcuni tra i gradi filosofi , non mi resta che enunciare la mia teoria sul processo del conoscimento . Oggi sappiamo che il DNA di ciascuno di noi , contiene le informazioni su chi siamo , da dove veniamo , sesso , colore degli occhi , dei capelli , struttura corporea , mali , infermità inevitabili essendo ereditarie e molto altro . IO sono convinto che il DNA contiene anche tutto il bagaglio di informazioni , sensazioni e conoscenze dei nostri avi e le loro esperienze , pertanto il conoscere ha molto , molto in comune col ricordare (MENONE) , il nostro intelletto poi ci permette di arricchire tale bagaglio di conoscenze attraverso lo studio delle scienze , della letteratura e quanto altro si voglia , e soprattutto attraverso le nostre esperienze personali , tutto ciò sarà il bagaglio che affideremo alla nostra progenie . Come si evince da quanto scritto , io penso che il vero processo conoscitivo sia ben espresso mescolando la teoria Socratico-Platonica con con le idee di Aristotele su l' importanza del valore

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del' esperienza sensibile del singolo , in cui l' intelletto svolge un ruolo attivo , con un poco di empirismo-pragmatismo-illuminismo inglese e di sano razionalismo Cartesio-Kantiano .

Legato al problema del conoscimento ritengo sia il problema dell'esistenza o meno del ''INFINITO''.L’infinito è un parto della nostra mente , della nostra immaginazione , della nostra piccolezza e della nostra superbia , ad un tempo , '' L’ infinito è un’idea, un sogno, non una realtà : almeno non abbiamo prova della sua esistenza '' alcuni sostengono .

Per me l' INFINITO esiste e come , certamente in forma puramente concettuale : in una serie di numeri sempre possiamo aggiungere il successivo , senza fine ; parimenti dato uno spazio , un piano , un segmento , sempre possiamo dividerlo in quante parti vogliamo, pur piccole che siano , sempre concettualmente possiamo dividerle .

L’infinito coincide con la voglia di vivere , con lo slancio vitale , con lo spasimo, la tensione che l’uomo ha connaturata in sé verso la felicità. L’infinito diventa il principio stesso del piacere, e il fine stesso a cui tende questo slancio dell’uomo. E' il desiderio assoluto di felicità che porta l’uomo a ricercare il piacere in un numero sempre crescente di sensazioni , nella speranza vana della sua completezza ; è una tensione che non ha limiti , né per durata nel tempo, né per estensione nello spazio , per questo si scontra irrevocabilmente con la vita umana , lo spazio , il tempo , la morte. Infatti l’anima umana desidera sempre e mira unicamente , al piacere nei suoi vari aspetti , ossia alla felicità ; questo desiderio e questa tendenza non ha limiti , perché ingenita e congenita con l’esistenza, e perciò non può avere fine in questo o in quel piacere che non può essere infinito, ma solamente, termina con la vita . Àpeiron principio di tutto significa senza perimetro , limiti . L’infinito è un parto della nostra mente , della nostra immaginazione , della nostra piccolezza e della nostra superbia , ad un tempo , l’infinito è un’idea , un sogno , non una realtà : almeno non abbiamo prova della sua esistenza , l’infinito coincide con la voglia di vivere , con lo slancio vitale , con lo spasimo, la tensione che l’uomo ha connaturata in sé verso la felicità.

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L’infinito diventa il principio stesso del piacere, e il fine stesso a cui tende questo slancio dell’uomo. E' il desiderio assoluto di felicità che porta l’uomo a ricercare il piacere in un numero sempre crescente di sensazioni , nella speranza vana della sua completezza è una tensione che non ha limiti , né per durata nel tempo, né per estensione nello spazio , per questo si scontra irrevocabilmente con la vita umana , lo spazio , il tempo , la morte. Infatti l’anima umana desidera sempre e mira unicamente , al piacere nei suoi vari aspetti , ossia alla felicità . Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti , perché ingenita e congenita con l’esistenza, e perciò non può avere fine in questo o in quel piacere che non può essere infinito, ma solamente, termina con la vita . Àpeiron , principio di tutto , significa senza perimetro , senza confini , senza limiti , proviene dal greco o deriva da idiomi più antichi? Afar , apar , eperu = terra ? L' infinito è legato di certo al mondo per gli antichi

Applichiamoci ora alla ricerca di cosa sia la libertà

in filosofia ed in pratica .

Ho fatto e farò man bassa degli scritti di filosofi e saggisti , infatti

non ho una cultura cosi' vasta da poter scrivere sul' argomento

senza aiuto , so pero trovare le fonti necessarie per farlo . Ho ben

chiaro il mio concetto di libertà e sarà espresso alla fine del pezzo .

Il cammino dell'uomo verso la libertà è stato e rimane lungo e contrastato. La ricerca anche o la determinazione teoretica del suo fondamento non lo è stata di meno. Anzi, l'uno e l'altra durano tuttora. Questo però non significa che l'aspirazione dell'uomo si esaurisca in un lavoro di Sisifo, che la sua domanda essenziale resti sempre senza risposta. Lo scoglio sembra venire dal pensiero stesso. Come nell'antichità il caos che è "il sacro" risucchiava nella legge del cosmo (anánke) ogni aspirazione del singolo, sordo alle proteste e alle lacrime di Antigone: «li Caos è perciò la voragine, la fessura socchiusa, l'apertura che si apre prima di tutto, nella quale tutto è intrecciato».Parimenti, e questa volta da parte del soggetto e non più del cosmo, ma con dialettica analoga, nell'epoca moderna pensiero e volontà, riflessione ed azione, idealità e realtà tendono a coincidere. Di

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qui forse il prevalere nella tradizione occidentale della libertà contenutistica sulla libertà come energia ponente dell'atto che è la libertà liberante come scelta autonoma, come decisione del soggetto, cioè come autodecisione, la libertà originaria che è di tutti in quanto è prima appartenenza di ognuno, che è in sé incomunicabile in quanto è in ciascuno di tutti noi ad ogni livello ( politico, religioso, culturale o tecnologico...) , il principio di ogni apertura e di ogni comunicazione. Dobbiamo a Hegel, nella piena maturità del pensiero moderno, l'interpretazione più acuta e comprensiva della progressiva consapevolezza della libertà come l'asse portante della civiltà dell'Occidente. Secondo Hegel il concetto di libertà universale radicale, nel senso di nucleo originario della dignità di ogni uomo, è entrato nel mondo soltanto col Cristianesimo. Esso è ignoto al mondo orientale, che riserva la libertà al despota (“uno solo è libero”), ed è rimasto estraneo allo stesso mondo greco-romano che, pur avendo la coscienza della libertà, sapeva che soltanto "alcuni uomini" sono liberi (come cittadino ateniese, spartano, romano... ) e non l'uomo come tale, cioè ogni uomo in virtù della sua umanità e non soltanto in virtù della sua condizione, della forza del carattere, della cultura.

«Quest'idea della libertà è venuta nel mondo soltanto col Cristianesimo secondo il quale l'individuo (il Singolo) come tale è stato creato ad immagine di Dio ed ha valore infinito ed è destinato perciò ad avere un rapporto diretto con Dio come spirito così che l'uomo è destinato a somma libertà».

Scrive ancora Hegel:

«Certamente il soggetto era individuo libero, ma si sapeva tale soltanto nell'unità colla propria essenza: l'Ateniese si sapeva libero soltanto come Ateniese, e altrettanto il cittadino romano come ingenuus. Ma che l'uomo fosse libero in sé e per sé, secondo la propria sostanza, che fosse nato libero come uomo: questo non seppero né Platone, né Aristotele né Cicerone e neppure i giuristi romani, benché soltanto questo concetto sia la sorgente del diritto. Nel principio cristiano per la prima volta lo spirito individuale, personale, è essenzialmente di valore infinito, assoluto ; Dio vuole che tutti gli uomini siano aiutati».

La caratteristica fondamentale quindi di essere uomo è di essere libero e la storia dell'umanità è la faticosa ricerca dei fondamenti e dei diritti

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di questa libertà e tale ricerca non è ancora finita. Continua infatti Hegel , nella religione cristiana si fece strada la dottrina secondo cui tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio, perché Cristo li ha chiamati alla libertà cristiana. Queste affermazioni rendono la libertà indipendente dalle condizioni di nascita, di stato sociale, di educazione ecc. e sono enormi le conseguenze di queste idee, ma tuttavia esse sono ancora diverse da ciò che costituisce il concetto dell'uomo come essere libero. il sentimento di tale determinazione fermentò attraverso i secoli e i millenni, quest'impresa ha prodotto i più enormi rivolgimenti, ma il concetto, la conoscenza che l'uomo è libero per natura, questa scienza di sé stessi non è antica».

Con questo riconoscimento Hegel per primo nel pensiero moderno ravvisa e difende l'incidenza decisiva del Cristianesimo nella riflessione sul fondamento che è la libertà e può dirsi in questo senso un anticipatore del concetto di "filosofia cristiana", superando la “laïcité” antireligiosa della rivoluzione francese, che ancora sopravvive nei nostri giorni anche per negare il giusto riconoscimento dei valori cristiani nella costituzione europea. Ebbene all'affermazione di questo concetto di libertà Tommaso d'Aquino, dopo e in certo modo più di Agostino, aveva dato un contributo decisivo con la sua speculazione ed una testimonianza sorprendente con la sua vita. Quanto alla dottrina, l'etichetta di aristotelismo di cui è stato qualificato , non senza buone ragioni , il suo pensiero ha fatto velo alla sua autentica originalità in questa parte che trascende sia il razionalismo greco, Aristotele compreso, che faceva della volontà una funzione dell'intelligenza, sia il volontarismo agostiniano che coinvolgeva l'attività volontaria nell'attrazione invincibile del Sommo Bene: pondera medium amor muse , e/o ferro quocumque feror!La posizione di Tommaso intende superare ambedue gli scogli grazie a una dialettica del tipo di quella che poi Hegel indicherà col termine controverso ma sempre significativo di superamento, mediante il quale gli opposti vengono negati nella scambievole e astratta opposizione per essere insieme salvati nella superiore unità della sintesi. Così per san Tommaso nell'attuazione decisionale intelletto e volontà sembrano fondarsi a vicenda. L'intelletto porta sugli oggetti, li comprende e li confronta e così rende possibile la scelta ed è l'aspetto contemplativo e statico. La volontà invece è quella che sotto l'aspetto dinamico muove e

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coordina l'attività dell’intera persona, quindi dello stesso intelletto, perché (anche per san Tommaso, come per San Agostino e San Bonaventura) la volontà è la facoltà del bene e del' amore che contiene , trattiene ed espande dall'intimo , la ragione dell'essere spirituale. Perciò, al di là dal razionalismo astratto e del volontarismo formale, Tommaso vede l'unità di persona e di responsabilità nella libera decisione: «È la volontà l'origine della libertà, perché la libertà di scelta appartiene all'essenza della libertà» e questo in quanto la volontà vuole sé stessa e causa sé stessa.La fonte di questo volo o atto ponente, che è uno scandaglio in profondità della libertà, è per l'Aquinate l'espressione di Aristotele che l'uomo opera per sé (to on éneka = cuius gratia o causa sui nelle versioni latine). Ma mentre Aristotele intende il "causa" di causa sui all'ablativo in senso finale così che indica il padrone che opera per sé a differenza dello schiavo che opera per il padrone, per san Tommaso causa sui si può leggere al nominativo (come per Spinoza, Fichte, Schelling, Hegel e specialmente Kierkegaard di cui diremo): l'uomo è libero perché con l'attuazione della scelta radicale produce sé stesso, può costruire il suo io e la sua persona morale e storica. Per Tommaso anche il moto profondo della libertà nasce dalla passione per l'ideale: «In questo modo», scrive, «la volontà muove sé stessa» e poi «muove tutte le altre potenze» a cominciare dall'intelletto: «Intendo, comprendo, perché voglio e faccio uso di tutte le mie facoltà perché voglio».Nella riflessione sul suo atto di amore la volontà prende le redini della vita e diventa superiore e precede la stessa ragione: «[...]per reflexionem voluntas efficitur prior et superiori ratione, in quantum movet rationem».

È pertanto questa l'osmosi trascendentale ovvero l'appartenenza vivente e scambievole d'intelletto e volontà, questo movimento circolare elicoidale oppure aspirale ascendente (come la copula del capolavoro del Borromini che è la Chiesa di Sant’Ivo del MEIC di Roma) della vita dello spirito, la formula ultima della dignità dell'uomo e del rispetto che ognuno deve alla libertà dell'altro come alla propria secondo ragione. In questo dinamismo esistenziale vale, capovolta, l'istanza moderna dell'autonomia dell'io: la scelta radicale originaria fonda la circulatio della vita dello spirito ed è , si potrebbe certamente dire , il pendant dell'autocoscienza come la verità della coscienza di cui parla Hegel. San Tommaso non si fa indietro di fronte alle formule più ardite: «La

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potenza della volontà», scrive, «è sempre attualmente a sé presente: ma l'atto della volontà che vuole qualche fine, non c'è sempre nella volontà. Ed è a questo modo che essa muove sé stessa».

E questa è appunto la sfera della riflessione in cui la volontà ottiene la palma di priorità sulla ragione.

Questo potere creativo della volontà appartiene alla sfera dello spirito che è riconoscimento di sé come posizione di sé. Allo spirito, anche allo spirito finito (l'anima, l'intelligenza, l’io, la persona...), appartiene l'essere necessariamente (come la rotondità al circolo... ): per questo l'essere umano, ogni uomo e ogni donna, è padrone di disporre di sé e delle proprie azioni alla loro stessa origine cioè al confine fra l'essere e il nulla. Sul limite fra il vero e il falso e soprattutto fra il bene e il male, l'uomo è chiamato a scegliere, a decidersi nella vita familiare, sociale, religiosa. Non bastano (anche se occorrono ovviamente) le riflessioni e gli argomenti. La decisione che aiuta a bloccare l'affanno della vita e a sciogliere il dubbio della ragione esige quel "supplemento di anima" ch'è la libertà. Tale scintilla della libertà Tommaso l'esige perfino, anzi soprattutto, nella sfera teologica a cominciare dall'atto di fede che per lui è, e dev'essere, assolutamente libero come atto, quanto esso è assoluto e immutabile nell'oggetto. Proprio perché Dio è il Principio perfetto e immutabile (e immutabili e perfetti sono tutti i suoi attributi); proprio perché l'Incarnazione di Cristo è il fatto assoluto di salvezza. Proprio per queste due garanzie supreme già dell'ordine metafisico già del divenire storico, la decisione è mia perché in essa io comunico direttamente con Dio e con Cristo, pure se non gli posso conoscere immediatamente in questa vita. In conseguenza di ciò anche la fede è per Tommaso un incontro dialettico d'intelletto e volontà, dove il primato è della volontà: «Credere è immediatamente un atto dell'intelletto in quanto è mosso dalla volontà».

L'oggetto da credere (la Trinità, l'Incarnazione, il peccato, ecc.) certamente trascende l'intelligenza che non lo può comprendere, anzi essa si rende conto bene ossia comprende che non lo può comprendere, però anche Tommaso è d'accordo nella formula di Kierkegaard che nell'atto di fede la ragione comprende che deve credere. Su questo vertice, nell'avvertimento dell'elevazione o trascendenza e nella tensione o passione per la salvezza, sprizza la scintilla della fede,

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davanti alla quale s'inchinarono umili e grandi, non solo i chierici Agostino e Tommaso, ma anche Dante, Galilei e Manzoni. Arditamente perciò Tommaso rivendica questa libertà dell'atto di fede: «Lo stesso credere è un atto dell'intelletto che consente alla verità divina sul comando della volontà, che è mossa dalla grazia e così dipende dal libero arbitrio».Per questo l'Aquinate era contrario che si battezzassero i bambini degli ebrei o di altri infedeli, contro la volontà dei genitori od anche che si battezzasse chiunque , un adulto qualsiasi , contro la sua volontà: sarebbe un atto contro la giustizia e contro la religione stessa.

L'essere umano perciò che sceglie a scopo della propria vita il finito oscilla sul nulla del finito, è prigioniero della "cattiva infinità" (Hegel). Colui invece che sceglie Dio, è fondato sul fondamento, sull'Assoluto, quindi si libera a libertà. A questo proposito san Tommaso ha una riflessione insolita, tutta moderna. Il punto di partenza è in elevazione trascendentale:«È proprio della dignità di Dio che egli muova e inclini e diriga tutte le cose, ma così che egli resti non mosso né inclinato né diretto da nessun altra cosa. Pertanto , ecco l'osservazione nuova che vorrei chiamare il passaggio al limite di tutto il razionalismo occidentale , più una natura è vicina a Dio e tanto meno è da qualcos'altro inclinata ed è più in grado d'inclinare sé stessa»

Quindi spiega: «La natura razionale che è vicinissima a Dio non ha l'inclinazione verso qualche cosa come i corpi inanimati, né solo ciò che muove quest'inclinazione viene determinato da fuori come per la natura sensibile ; ma oltre questo tiene in proprio potere la stessa inclinazione così che non gli è necessario inclinarsi verso ciò che è appreso come appetibile , ma può essere inclinata e non inclinata e così la stessa inclinazione non le viene determinata da qualcosa d'altro ma da sé stessa». Se poi , grazie alla rivelazione di Gesù Cristo sul mistero della Trinità , gettiamo uno sguardo nell’intimo della vita divina immanente per quel poco che possiamo su questa terra (nunc per speculum in aenigmate), nella processione della terza Persona divina , lo Spirito Santo . San Tommaso pone pure l’accento su questa libertà come attuazione da sé stessa. In un testo che forse non trova paralleli, non citato mai dalla tradizione, egli dice:La libertà della volontà si oppone alla violenza o coazione. Non c’è violenza o coazione in ciò che qualcosa si muova secondo l’ordine della sua natura, se non

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piuttosto in ciò che essa sia impedita di seguire il suo naturale movimento, come quando se impedisce che il grave non discenda. Da dove la volontà liberamente desidera la felicità, benché necessariamente la appetisca. Così anche in Dio la sua volontà liberamente ama se stessa. Ed è necessario che tanto ami se stesso quanto è buono, come tanto intende se stesso quanto è. Liberamente quindi lo Spirito Santo procede dal Padre, non pero possibilmente, se non da necessità .

La libertà assoluta di Dio si manifesta non solo nella creazione ma anche si evince particolarmente nella processione dello Spirito Santo, sconosciuta al pensiero greco per il quale sia la materia prima per i corpi, sia lo spirito per le intelligenze erano immersi nella necessità, che è di natura cosmica nel sistema del pensiero antico, mentre diventa antropologica ossia modellata sul comportamento della coscienza autonoma nei sistemi moderni mediante l’identità sempre più stretta del cogito-volo. Questa identità, che a dire il vero comincia con gli averroisti che San Tommaso ha combattuto con tutta la sua forza, va intesa nel periodo classico tedesco già in Schelling come (ma con altro movimento) in Hegel, nella forma di una spontaneità creatrice, agli antipodi quindi della libertà liberata o maggiore di Agostino e di Tommaso cioè come atto per essenza che si realizza nel Bene o realizzante il Bene.

Come ha dimostrato C.Fabro , Kierkegaard esprimeva contro Hegel a distanza di sei secoli la stessa dialettica di San Tommaso contro gli averroisti:«La cosa più alta che si può fare per un essere , molto più alta di tutto ciò che un uomo possa fare di essa , è renderlo libero. Per poterlo fare , è necessaria precisamente l'onnipotenza . Questo sembra strano , perché l'onnipotenza dovrebbe rendere dipendenti. Ma se si vuoi veramente concepire l'onnipotenza , si vedrà che essa comporta precisamente la determinazione di poter riprendere sé stessi nella manifestazione dell'onnipotenza , in modo che appunto per questo la cosa creata possa , per via dell'onnipotenza , essere indipendente . Per questo un uomo non può rendere mai completamente libero un altro; colui che ha la potenza ne è perciò stesso legato e sempre avrà quindi un falso rapporto a colui che vuol rendere libero . Inoltre vi è in ogni potenza finita (doti naturali, ecc.) un amor proprio finito . Soltanto

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l'onnipotenza può riprendere sé stessa mentre si dona , e questo rapporto costituisce appunto l'indipendenza di colui che riceve . L'onnipotenza di Dio è perciò identica alla sua bontà . Perché la bontà è donare completamente ma così che , nel riprendere sé stessi in modo onnipotente , si rende indipendente colui che riceve.

Ogni potenza finita rende dipendenti infatti soltanto l'onnipotenza può rendere indipendenti , può produrre dal nulla ciò che ha in sé consistenza , giacché l'onnipotenza sempre riprende sé stessa. L'onnipotenza non rimane legata dal rapporto ad altra cosa , perché non vi è niente di altro a cui si rapporta ; essa può dare , senza perdere il minimo della sua potenza , cioè può rendere indipendenti».

«Ecco in che consiste il mistero per cui l' onnipotenza non soltanto è capace di produrre la cosa più imponente di tutte (la totalità del mondo visibile), ma anche la cosa più fragile di tutte (cioè una natura indipendente rispetto all'onnipotenza). Quindi l'onnipotenza, la quale con la sua mano potente può trattare così duramente il mondo, può insieme rendersi così leggera che ciò che è creato goda dell'indipendenza» . Meno profonda appare invece la maniera di concepire il rapporto dell’onnipotenza di Dio con la libertà dell’essere umano in Hans Jonas . Egli ritiene che di fronte al male nel mondo , esemplificato da Auschwitz , non si possa più sostenere la simultanea bontà, comprensibilità e onnipotenza di Dio. Infatti, se posta in rapporto con il male, una divinità onnipotente «o è priva di bontà o è totalmente incomprensibile». Ma un Dio privo di bontà cessa di essere Dio, mentre un Dio totalmente incomprensibile è qualcosa di cui non possiamo neppure discorrere. Non resta quindi che abbandonare il concetto di onnipotenza. Per cui se vogliamo continuare a discorrere di Dio, dobbiamo ammettere che Egli non è intervenuto ad impedire Auschwitz «non perché non lo volle, ma perché non fu in condizione di farlo». Infatti, concedendo all’uomo la libertà, Dio ha rinunciato alla sua onnipotenza.

Per San Tommaso, invece, poiché la volontà è potenza di uno spirito finito essa si trova inizialmente radicalmente “in potenza” e ha bisogno di Dio per passare all’atto. La prima inclinazione, cioè la prima spinta a volere in atto deve venire da Dio. E’ chiaro che nessun altro agente può influire direttamente sulla volontà, dal punto di vista soggettivo, ovvero

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nell’ordine all’esercizio dell’atto (secondo la terminologia di San Tommaso) perché soltanto Dio può entrare , ed è di fatti sempre presente , nell’anima e nella volontà. San Tommaso qui parla di una mozione del tutto speciale e ineffabile che la volontà riceve dall’onnipotenza Dio per realizzare il suo primo atto ovvero passo dalla potenza all’atto, che mette la volontà in tensione per il successivo esercizio consapevole della libertà. Tommaso si appella in questo punto decisivo ad un testo di Aristotele che parla di un divino istinto o conato, non eteronomo ma autonomo in quanto ponente la volontà come libertà. «Dunque, resta che, come conclude Aristotele nel capitolo Sulla buona fortuna, ciò che per primo muove la volontà e l’intelletto è qualcosa che sta al di sopra della volontà e dell’intelletto, cioè Dio».

Nel seguente esercizio della sua libertà, in cui la volontà muove se stessa (il quale realmente coincide con il primo), la volontà come causa seconda è sempre mossa da Dio, causa prima, sia perché la volontà appartiene all’anima spirituale che è creata da Dio, sia perché l’oggetto della volontà è il bene universale o la felicità perfetta che è Dio. Tuttavia Dio «poiché muove tutte le cose secondo la natura delle realtà mobili … muove anche la volontà secondo la sua natura, cioè non in maniera necessaria, ma come una realtà che si rapporta indifferentemente a molte cose». Quindi tanto Dio come l’essere umano sono causa diretta, immediata e integrale dell’atto: Dio come causa prima e la creatura come causa seconda. Non si tratta quindi di negare l’onnipotenza di Dio o la libertà umana, ma di riconoscere una distinzione di piani nella causalità metafisica, dove c’è una subordinazione costitutiva della volontà finita alla Causa prima. La volontà finita, come tale, può cedere, può cadere, può quindi mettersi in “discordia” con la volontà di Dio. Ma questa non è perfezione, perché non è partecipazione di perfezione ma mancanza di tale partecipazione: deviazione o caduta per l’appunto, ed in ciò è riferibile alla sola creatura.E San Tommaso, per nulla timoroso dell’immediata conseguenza della sua posizione, attribuisce a Dio la causalità dello stesso atto peccaminoso dell’essere umano per quel che in esso c’è di attualità effettiva. «Essendo Dio l’essere per essenza (poiché la sua essenza è il suo essere), è necessario che provenga da lui tutto ciò che in qualunque modo è: non c’è, infatti nessun altro essere che sia il proprio essere, ma tutti gli esseri sono detti per partecipazione. Ora,

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tutto ciò che è detto essere tale per partecipazione deriva da ciò che è per essenza, come ogni cosa infuocata deriva da ciò che è tale per essenza. Ora, è evidente che l’atto del peccato è un determinato ente ed appartiene ad un predica-mento dell’ente. Perciò è necessario dire che provenga di Dio» Naturalmente l’aspetto del peccato come deformità morale esprime una mancanza di partecipazione o caduta dall’essere e va attribuito al difetto del libero arbitrio imputabile solo alla creatura. Quindi l’azione del peccato proviene da Dio, ma non proviene da Dio il peccato.

Naturalmente la libertà umana, divina solo per partecipazione, ha molti condizionamenti, che la filosofia contemporanea e le scienze umane si sono incaricati di individuare con precisione sempre più pertinente. Tuttavia con Paul Ricoeur bisogna stare attenti ai tranelli dei “maestri del sospetto” (Nietzsche, Freud e Marx) della libertà e dell’identità della persona umana. Lo stesso Ricoeur, nei suoi scritti più recenti, proprio per rispondere a tali maestri e ai suoi discepoli, ha riabilitato Aristotele per risolvere il problema della responsabilità dell’agire nell’identità personale distinguendo l’identità come “medesimizza” , in base alla quale ciascuno è semplicemente “lo stesso” , dall’identità come “ipseità” , in base alla quale qualcuno è “se stesso” . Quest’ultima secondo Ricoeur , che appartiene alla sfera dell’esistenza autentica, rimanda a un fondo ontologico a partire da cui il sé può esser detto agente dei suoi atti, ossia capace di agire liberamente. «L’essenziale», scrive Ricoeur, «è il decentramento stesso − verso il basso e verso l’alto, in Aristotele − grazie a cui l’enérgeia-dynamis indica un fondo di essere, ad un tempo potente ed effettivo, sul quale si staglia l’agire umano». Questo fondo potente ed effettivo, da cui parte e si staglia l’agire umano libero, tramite il conatus di Spinoza (che noi già abbiamo trovato in San Tommaso come istinto divino riferito all’Etica Eudemea di Aristotele), trova il suo fondamento anche per Ricoeur nell’essentia actuosa di Dio: «L’essenziale per noi è che ad un Dio artigiano, che si sforza di realizzare un’opera conforme ad un modello, sia sostituita una potenza infinita, una energia agente». Al di la dei condizionamenti che bisogna individuare, oggi viene rivendicata la libertà che è un processo dinamico per cui l’agire libero, proprio nella misura della sua attuazione, libera più a libertà e viceversa l’agire condizionato condiziona sempre più, senza mai però togliere quella

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libertà come apertura radicale e possibilità di conversione.

Oggi il realismo della fisica ci viene pure in aiuto. Infatti, nella fisica più recente dei “quanti” è lasciata aperta la possibilità di una libertà autentica dell’azione umana intesa non «come un’imperfezione delle nostre facoltà conoscitive, né come una breccia nel determinismo causale ma che riposa nel fatto che la volontà precede l’intelletto, senza lasciarsi totalmente influenzare dal medesimo.L’originalità della libertà umana è di essere un nuovo principio nel mondo come dice M. Planck che può modificare, entro certi limiti, il corso stesso della natura: lo vediamo con la fusione atomica o con la cosiddetta ingegneria genetica. Tale principio nuovo soprattutto costituisce la vera possibilità di trascendenza dell’essere umano in direzione all’Assoluto, e come apertura verso la fede e la grazia che lo devono salvare e come apertura verso il fratello dove trovare il volto di Cristo e l'immagine di Dio con il suo amore e grazia.

Nella vita pubblica e privata l’uomo pertanto inizia con una scelta che lo qualifica all’interno della vita morale e lo muove al conseguimento del fine ultimo che è la felicità. Il cristiano , in questa complessa problematica , muove da Cristo e viene esortato soprattutto in questo tempo di avvento alla sua sequela per vincere il “pungolo” della morte , la quale , secondo il Vangelo , è sempre imminente : perciò il monito di stare all’erta , Estote parati quia hora non putatis , filius hominis veniet Vegliate, perché non sapete il giorno l’ora in cui verrà il Signore vostro

Alla fine di tutto questo discorso , per me la libertà è la condizione per cui un individuo può decidere di pensare , esprimersi ed agire senza costrizioni usando la volontà , di ideare e mettere in atto un azione ricorrendo ad una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili ad attuarla . In pratica però la libertà è soggetta a vari condizionamenti che vengono dal mondo reale , da leggi fisiche e da situazioni determinanti di altra natura , consuetudini , pregiudizi , credo religiosi , legami familiari , legami di amicizia , di fede politica , di appartenenza ad un gremio ed altro .

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ILLUSIONEEMMI/SAPORITI

TU sai che c'è un battello che porta al mondo dei sogni là , dove fa caldo ed il cielo non ha eguali.

TU sai che al finale di questa terra , dove la gente seminamigliaia di semini di gioia , dove confina l' odio

mi avevano detto , mio piccolo amico, laggiù dove ti tolgono le catene,

ti regalano una vita, senza buttarti nella sabbia ,come qui , tutti i pargoli dopo nove mesi di pena ,

li immergono in una vita dove perdi velocemente il respiro .Allora senza esitare , IO sono saltato in mare ,

per raggiungere questo vascello e vedere finalmente quella terra.Laggiù troppa luce , ho dovuto chiudere gli occhima nulla che i profumi riempissero i miei desideri.IO voglio essere libero in questo mio cammino ,

IO voglio essere libero nel mio mondo ,voglio vivere per la libertà , nella libertà.

Allora una giovane fanciulla , così bella come la naturami prese per mano e mi disse : ''sono questa avventura''.

Si diceva che l' avesse mandata il mareche la montagna si fosse chinata per lasciarla passare .

Lei mi ha condotto lontano , con infinita dolcezza ,e i suoi riccioli dorati emanavano un profumo

che da anni guidava questo cammino, il tuo cammino , il mio cammino, il cammino.

Voglio essere libero nel mio camminovivere per la libertà nella libertà

Per arrivare alfine a questi sogni di bimbo,che non ha limiti come ora ,

ho visto delfini nuotare in un cielo di batuffoli di cotone,dove i fiori volano accarezzando l' orizzonte.

IO ho visto degli alberi spingere , rimpiazzando i grattacieliIO ho visto in fondo al mare una nube di rondini

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L' HOMME ET LA MER

Homme libre, toujours tu chériras la mer!La mer est ton miroir, tu contemples ton âme

Dans le déroulement infini de sa lameEt ton esprit n'est pas un gouffre moins amer.

Tu te plais a plonger au sein de ton image;Tu l'embrasses des yeux et des bras, et ton coeur

Se distrait quelquefois de sa propre rumeurAu bruit de cette plainte indomptable et sauvage.

Vous êtes tous les deux ténébreux et discrets;Homme, nul n'a sondé le fond de tes abimes;O mer, nul ne connait tes richesses intimes,Tant vous êtes jaloux de garder vos secrets!

Et cependant voila des siècles innombrablesQue vous vous combattez sans pitié ni remord,

Tellement vous aimez le carnage et la mort,O lutteurs eternels, O frères implacables!

BAUDELAIRE

DEFINIAMO ORA IL LIBERO ARBITRIO

Il libero arbitrio è il concetto filosofici e teologico secondo il quale ogni persona è libera di fare le sue scelte. Ciò si contrappone alle varie concezioni secondo le quali la realtà è in qualche modo predeterminata dal determinismo (DESTINO) , per cui gli individui non possono compiere scelte perché ogni loro azione è predeterminata prima della loro nascita (predestinazione o servo arbitrio)

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Il concetto di libero arbitrio ha implicazioni in vari campi , etico , religioso , scientifico. In campo religioso il libero arbitrio implica che la divinità , per quanto onnipotente , scelga di non utilizzare il proprio potere per condizionare le scelte degli individui. Nell'etica questo concetto è alla base della responsabilità di un individuo per tutte le sue azioni.In ambito scientifico l'idea di libero arbitrio determina un'indipendenza del pensiero inteso come attività della mente e della mente stessa dalla pura casualità scientifica.

Come credo nella libertà così credo nel libero arbitrio , si è svincolati da tutto e da tutti senza condizionamenti ,

SUA QUISQUE FORTUNA FABER

ORA CHE SAPPIAMO CONOSCERE E DISTINGUERE IL VERO DAL FALSO , OCCUPIAMOCI DELLA FISICA , OSSIA DELLO STUDIO DI TUTTO CIÒ CHE CI STA ATTORNO , CI CIRCONDA , E DELLE LEGGI CHE LO GOVERNANO

LA FISICALa fisica studia la physis ovvero la natura .La filosofia della fisica studia gli aspetti filosofici ( epistemologici, logici , ontologici , metafisici) delle teorie fisiche , in particolare di concetti quali , materia , energia , spazio , e tempo . Oltre a ciò, è interessata alle previsioni della relatività , della cosmologia , ai risultati e alle interpretazioni della meccanica quantistica , ai fondamenti della meccanica statistica , e alle questioni concernenti cosmologia , determinismo , natura delle leggi fisiche . Pur essendo una sotto-disciplina filosofica, la filosofia è contigua e, per alcuni aspetti non distinguibile, dallo studio scientifico dei fondamenti della fisica. Classicamente alcune di queste questioni venivano studiate in quanto parte della metafisica o dell'ontologia. Può essere considerata una sotto-branca della più generale filosofia della scienza .

Filosofia del Tempo

Il tempo è una delle grandezze fondamentali della fisica . Nella filosofia il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misurail

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trascorrere degli eventi. Vi sono molte domande filosofiche sul tempo, a cui finora si è riusciti a rispondere solo con altre domande. Ecco le principali : Il tempo è assoluto o meramente relazionale? Il tempo senza cambiamento è concettualmente impossibile? Il tempo scorre, oppure l'idea di passato, presente e futuro è completamente soggettiva, descrittiva? Il tempo è lineare o lo è solo nel breve spazio di tempo che l'uomo ha sperimentato e sperimenta?

IL TEMPO Per chi ama ,

il tempo umano non esiste.Il susseguirsi di luce e tenebre ,il rintocco di lontane campane ,misurano gli istanti mancanti

al prossimo incontro.Sogno la voce , gli occhi furbi e maliziosi

il dolce sorriso sul volto amato...udire il mio nome da te cantato.

L' ansia aumenta , il cuore accelera, l'anima sogna un tenero abbraccio ,

camminare mano nella mano , è gioia .è il premio per così lunga attesa .

D' improvviso due parole rimbombano .Un fulmine , un colpo di cannone .

Tutto va in fumo , distrutto .Il dolore quasi mi uccide ,

soffro , piango in silenzio , sudo , trascoloro ,come l'erba d' inverno nei prati

La mente impazzisce . I dubbi mi lacerano .Ci sarà' una prossima volta ?

Quando?....lontano nel tempo ,Sarà una eternità .

Tutto sarà uguale ? più intenso?Solo prego di avere la forza di aspettare ,

Scriverò fiumi di parole ,con le mie dita sulle nuvole

nessuno le leggerà .

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Filosofia dello SpazioLo spazio fisico in cui ci muoviamo, e in cui interagiamo col mondo oggettivo, è un concetto primitivo . In realtà, la nozione di spazio in fisica non è facile da descrivere. Le questioni filosofiche riguardanti lo spazio comprendono:

Lo spazio è assoluto o puramente relazionale? Lo spazio possiede una geometria intrinseca, o la geometria dello spazio è solo una convenzione?

Molti scienziati hanno preso parte a tale dibattito , tra i quali I. Newton (lo spazio è assoluto), G.Leibnitz (lo spazio è relazionale), e H.Poincaré (la geometria spaziale è una convenzione) . Recentemente poi è emersa anche la questione sollevata dalla teorie della gravitazione quantistica: lo spazio-tempo è assoluto ( teoria delle stringhe ) oppure è quantizzato (gravitazione quantistica a loop) ? Gli elementi naturali che determinano la materia informe sono quattro: l'acqua è l'elemento freddo umido e la terra freddo secco , che si muovono verso il basso (la terra infatti nell'acqua affonda) , l'aria caldo umida e il fuoco caldo secco si muovono verso l'alto (l'aria meno del fuoco , come dimostra l'ebollizione) ; in più oltre a questi quattro elementi vi è l'etere o quintessenza che compone i corpi celesti e che si muove circolarmente . Il moto dei quattro elementi infatti non è perfetto poiché in esso inizio e fine non coincidono come avviene invece nel moto circolare dell'etere , il primo movimento è proprio della generazione e della corruzione , mentre il secondo , dell'eternità . Le sostanze determinate perciò si dividono in: sensibili mobili , che costituiscono il mondo fisico e che appartengono alla classe non generabile ed incorruttibile che costituisce i corpi celesti o alla classe generabile e corruttibile costituita dai quattro elementi sublunari ; ed insensibili immobili , oggetto della teologia . Il movimento uniforme ed eterno del primo cielo , che regola il movimento degli altri cieli , deve trovare necessariamente , secondo Aristotele, una causa in un motore primo immobile , altrimenti dovremmo andare ancora a ritroso a ricercare il motore primo. Il motore primo sarà atto puro , quindi senza possibilità di non muovere , senza possibilità di passaggio dalla potenza all'atto , proprio del divenire; esso non avrà grandezza (una grandezza infinita non esiste

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e una grandezza non può avere l'infinita potenza necessaria a muovere in eterno) e giacché la materia muta e si corrompe sarà immateriale ; sarà causa finale, sommo bene e non causa efficiente non avendo né materia né grandezza . Questo primo motore è da identificarsi con Dio. Il motore primo , essendo immateriale, sarà pensiero : non pensiero di altre cose (altrimenti soggiacerebbe al passaggio dalla potenza all'atto), ma pensiero di pensiero, unità di intelletto ed intelligibile. Come Dio muove il primo cielo, così ogni cielo è un'intelligenza motrice immobile ed eterna, per cui valgono gli stessi principi, che muove il successivo. Il movimento non circolare dei pianeti richiedeva che si ipotizzassero più sfere che muovessero ogni pianeta, per cui Aristotele ne ammetteva 47 o 55, secondo le diverse interpretazioni di Eudosso o Callippo. Dio perciò non crea il mondo, ispirando solo al primo cielo il suo desiderio di vita perfetta, ma ne garantisce l'ordine. Tuttavia la sostanza è il fondamento intrinseco dell'essere, non Dio. Perciò all'estremità della regione celeste vi è la sfera delle stelle fisse, poi via via le altre, passando per quelle dei pianeti, del sole, della luna, fino a giungere alla terra immobile al centro dell'universo. Il mondo è unico e perfetto, secondo la pesantezza al centro vi è la terra, intorno la sfera circolare dell'acqua, intorno ancora la sfera dell'aria, poi quella del fuoco, poi i cieli ed i corpi celesti . Gli elementi che si allontanano violentemente dalla propria sfera vi tornano da soli , naturalmente . Esiste un unico mondo perché anche se vi fosse al di fuori altra terra , aria o acqua tenderebbero a tornare nella loro sfera ricostituendo l'unico mondo. Il mondo è inoltre eterno . A proposito del moto violento, Aristotele sostiene che l'aria sospinga il sasso lanciato verso l'alto da una mano , precede il concetto di portanza alare , per cui se esistesse il vuoto il movimento sarebbe impossibile ; altrimenti si dovrebbe ipotizzare una velocità infinita o la medesima velocità per corpi di diverso peso. La perfezione implica ovviamente finitezza e Aristotele nega l'infinito. Infatti il mondo è il limite spaziale (per questo la retta non può essere infinita) e lo spazio è il limite immobile che abbraccia un corpo (per cui il vuoto non esiste); il tempo è un ordine misurabile secondo il prima ed il poi dal movimento degli astri. Il mondo è ordinato secondo un fine: perciò nulla è accidentale e tutto

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rientra in quest'ordine : anche la fortuna stessa (tùke) rientra in questo ordine . Vale la pena sottolineare ancora questo interesse per la ricerca scientifica . Le sostanze inferiori sono le più accessibili e quindi hanno il sopravvento nella ricerca scientifica, più vicine e quindi simili a noi. Sia che si studi la natura che le cose divine si mira alla forma a prescindere dalle parti materiali , l'indagine verte sempre sulla sostanza totale . Aristotele si interessò di biologia , soprattutto negli anni dell'età adulta , di fenomeni meteorologici , di genetica , di embriologia , di anatomia e fisiologia animale , mostrando verso tutte queste materie lo stesso interesse per la sperimentazione , lo spirito sistematico , la attenzione per il concreto ed il particolare.

SPAZIO – TEMPO

Esiste lo spazio senza il tempo? Ed il tempo senza lo spazio infinito esiste? Cosa è lo spazio ? È il luogo dei punti in cui possiamo essere o può essere un corpo animato o non , una molecola , un atomo , qualsiasi cosa , forse ?.Questo è il mio pensiero ; però se non definisco un T°, quando esisteva solo il nulla , essendo il tutto in continuo divenire non possiamo pensare che esista movimento , non esiste divenire statico , se esiste divenire , esiste cambiamento . Nel momento , nel tempo T* , tutto sarà diverso da come era nel momento T°, allora esiste il tempo , lo spazio esiste solo perché i corpi sono impenetrabili , allora non può esistere spazio senza tempo . T° è l' inizio di tutto , il momento del big bang , è immaginario , tutta la massa è concentrata , uovo cosmico , una esplosione , un suono , il rumore di fondo dell'universo , poi il divenire rapido , tutto si espande , si dilata , senza fine . La misura dello spazio e del tempo può allora essere assoluta , univoca o è una pura convenzione , esistono eventi ciclici che possano definire intervalli di tempo sempre uguali , immutabili ? E lo spazio come si può misurare ? In diametri di particelle elementari , neutroni particella con massa senza carica , apparentemente sempre uguali in ogni atomo . Ma

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cosa è la massa? Come la definisco , come la misuro ? È di certo una quantità , di che cosa ? Di noi , che siamo corpo e anima , massa ed energia . Allora e' vera anche l'equazione E=mc2 , allora come conciliamo l' infinitamente piccolo , la fisica quantistica , con quanto è infinitamente grande , la fisica classica ? C' è un abisso , un solido muro invalicabile , per ora , che ci impedisce di vedere , capire , muro di Planck.Dietro questo muro si nasconde una realtà , un segreto inimmaginabile ,"una luce inaccessibile che nessun uomo potrà mai vedere e vivere" (1 Timoteo 6:16).Certamente non ci accontentiamo di quanto detto , cerchiamo di trovare allora come valicare il muro . Nella fisica classica , Newtoniana , Galileiana , vale la relazione : Velocità = Spazio / Tempo , cioè , dato uno spazio determinato e definito , tanto più è alta la velocità tanto è più breve il tempo di percorrenza del su detto spazio predefinito .Una critica profonda a tale concezione dello spazio del tempo come entità assolute e non relative, venne successivamente elaborata da Albert Einstein . Einstein considerò che , se il tempo della percezione degli oggetti fosse istantaneo ( IN T° ) , la velocità della luce dovrebbe essere infinita , come si era esemplificato fino ad allora : quando apriamo gli occhi ed osserviamo il mondo , vediamo ciò che è effettivamente e contemporaneamente presente attorno a noi.Einstein sapeva che Michelson e Morley , due famosi scienziati americani , avevano dimostrato nel 1887 , che la velocità della luce era elevata , ma non infinita e che infatti corrispondeva a circa 300.000 Km/secondo , indicata con C Ciò significa che la luce delle stelle che vediamo in cielo proviene dal passato ; potremo infatti casualmente vedere la luce emessa da una stella , che in effetti non esiste più da

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molto tempo.Allora Einstein, a seguito della enunciazione che non è misurabile nulla di più veloce della luce , immaginò di cavalcare la luce che porta l' informazione sul movimento : da qui nasce la necessità di modificare le dimensioni relative allo spazio - tempo in cui si osservano gli eventi . Infatti , muovendoci alla velocità della luce esploreremmo tutto il passato dell'universo : poiché il rapporto S/T deve risultare , come limite massimo uguale alla velocità della luce , che nel vuoto è stata misurata come costante universale C ; se la velocità delle luce è una costante , per rimanere tale in tutte le condizioni del moto , devono variare il numeratore e/o il denominatore del rapporto che esprime la velocità .Inoltre Einstein proponendo la sua teoria della relatività nel 1905, formulò l'ipotesi che se riteniamo l'energia totale (E) una costante universale, il cambiamento delle dimensioni relative tra spazio e tempo deve corrispondere ad una variazione della massa dei corpi. Da qui la famosa equazione della relatività, E = MC2.Questa formulazione comporta che, in prossimità della velocità della luce, la massa di un corpo in moto deve diventare energia.Con Einstein si realizza un grande cambiamento nel modo di pensare allo spazio e al tempo : l'equazione della relatività infatti stabilisce che se la massa dei corpi in movimento varia a seconda della velocità , allora nuove dimensioni dello spazio - tempo vengono definite dalle interazioni della massa variabile con il campo della energia . Per Einstein spazio e tempo non sono più quantità assolute e distinte , di valore primordiale come aveva

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supposto Newton ma intrinsecamente relative , per cui lo spazio non è assolutamente distinguibile dal tempo ; sono i casi di interazione tra energia e materia che determinano dimensioni variabili dello spazio - tempo nell'universo .Purtroppo tali distorsioni relativistiche dello spazio - tempo in funzione della velocità a cui sono soggette le masse dei corpi in movimento , generano inammissibili paradossi logici a tutt'oggi irrisolti . Il più famoso è il cosiddetto paradosso dei gemelli .Trattasi di un esperimento mentale in cui si suppone che un gemello resti a terra e l'altro navighi nello spazio ad una velocità che si approssima sempre più a quella della luce; dato che C=S/T se la velocità dell'astronave aumenta, il valore del tempo sull'astronave deve diminuire, deve cioè rallentare il ticchettio dell'orologio del gemello in volo rispetto a quello del gemello rimasto a terra. In tal caso quando il gemello volante torna a casa trova il fratello molto più vecchio di lui.Questo tipo di paradosso non è nuovo : è spesso ricordato il paradosso di Achille e la tartaruga di Zenone d' Elea , che impediva al veloce Achille di sorpassare la tartaruga perché, prima di raggiungerla, avrebbe dovuto arrivare alla metà della distanza tra lui e la tartaruga ; ma se si suppone di poter dividere un segmento dello spazio all'infinito , di conseguenza Achille non può avere un tempo infinito , per raggiungere l' infinitesima suddivisione della distanza che lo separa dalla tartaruga .

''Achille , simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga , simbolo di lentezza . Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di

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vantaggio . Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro ; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro ; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro ; Achille percorre quel millimetro , la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito ; di modo che Achille può correre per sempre , senza raggiungerla.''

Il paradosso dei gemelli , come quello della tartaruga che risulta irraggiungibile , evidenziano come alcuni ragionamenti scientifici apparentemente coerenti , portino a conclusioni certo paradossali . Restano perciò una sfida alla ricerca di nuovi modelli concettuali di revisione del ragionamento scientifico precedente , che pur sembrando sotto molti aspetti logico , applicato rigorosamente , diventa irrazionale anche nei riguardi del senso comune .La confutazione più immediata è quella del filosofo Diogene di Sinope , che silenziosamente si mise a camminare davanti a chi gli ricordava gli argomenti di Zenone contro il movimento.Secondo Aristotele, invece, il tempo e lo spazio sono divisibili all’infinito in potenza , ma non sono divisibili all’infinito in atto . Una distanza finita (che secondo Zenone non è percorribile perché divisibile in frazioni infinite) è infinita nella considerazione mentale, ma in concreto si comporta di parti finite e può essere percorsa . Da un punto di vista matematico la spiegazione sta nel fatto che gli infiniti intervalli impiegati ogni volta da Achille per

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raggiungere la tartaruga diventano sempre più piccoli, ed il limite della loro somma converge , per le proprietà delleserie geometrica . Una somma di infiniti elementi o, più precisamente, il limite di una somma di infiniti elementi non è necessariamente infinito. Prendiamo ad esempio la somma di tutte le frazioni che si possono ottenere dimezzando ogni volta un intero . La somma di tutti questi elementi è sempre inferiore ad uno. Arrivati all’elemento numero N , la somma sarà pari ad uno meno la frazione di ordine n. Arrivati ad esempio al terzo elemento, la somma sarà uguale a sette ottavi, pari ad uno meno un ottavo (un mezzo elevato alla terza). Arrivati al decimo elemento, la somma sarà uno meno un mille ventiquattresimo (un mezzo elevato alla decima; infatti due elevato alla decima potenza è =1024). Da un punto di vista matematico , si può dire che il limite di questa somma di infiniti termini è uno . Un altro approccio considera il significato fisico degli intervalli spaziali, le cui dimensioni dopo pochi passaggi sono estremamente ridotte. Secondo la meccanica quantistica , infatti, non ha senso considerare intervalli più piccoli di una determinata dimensione

Paradossi contro il movimento

Primo paradosso , lo stadio

Il primo argomento contro il movimento è quello sullo stadio . Esso afferma che non si può giungere all'estremità di uno stadio senza prima aver raggiunto la metà di esso, ma prima di raggiungerla si dovrà raggiungere la metà della metà e così via senza quindi mai riuscire a raggiungere l'estremità dello stadio.

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Secondo [Giorgio Colli], sono due le versioni tramandate del paradosso di Zenone (una è quella citata sopra) , e andrebbe preferita la seguente espressione:

Non si può giungere all'estremità di uno stadio senza prima aver raggiunto la metà di esso, ma una volta raggiunta la metà si dovrà raggiungere la metà della metà rimanente e così via, senza quindi mai riuscire a raggiungere l'estremità dello stadio.

Il paradosso sarebbe dunque analogo a quello di Achille e la tartaruga (che è una formulazione più suggestiva della dicotomia all'infinito) e del tutto indipendente da quello della freccia, che mette in dubbio l'inizio stesso del moto .

Secondo paradosso (Achille e la tartaruga)

Il Paradosso di Achille e la tartaruga - uno dei paradossi di Zenone più famosi - afferma invece che se Achille (detto "pie' veloce") venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio; quando poi Achille raggiungerà quella posizione nuovamente la tartaruga sarà avanzata precedendolo ancora. Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga pur riducendosi verso l'infinitamente piccolo non arriverà mai ad essere pari a zero.

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.In pratica, posto che la velocità di Achille (Va) sia N volte quella della tartaruga (Vt) le cose avvengono così:

dopo un certo tempo t1 Achille arriva dove era la tartaruga alla partenza (L1).

nel frattempo la tartaruga ha compiuto un pezzo di strada e si trova nel punto L2.

occorre un ulteriore tempo t2 per giungere in L2. ma nel frattempo la tartaruga è giunta nel punto L3 ... e così

via.

Quindi per raggiungere la tartaruga Achille impiega un tempo

e quindi non la raggiungerà mai.

Terzo paradosso (la freccia)

Il terzo argomento è quello della freccia, che appare in movimento ma, in realtà, è immobile. In ogni istante difatti essa occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua lunghezza ; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi.

Il concetto di questo terzo paradosso è in fondo opposto a quello del secondo: l'esistenza di punti e istanti indivisibili. Ma anche in questo caso il movimento risulta impossibile, in quanto dalla somma di istanti immobili non può risultare un movimento.

Quarto paradosso (due masse nello stadio)

Zenone afferma che se due masse in uno stadio si vengono incontro, risulterà l'assurdo logico che la metà del tempo equivale al doppio.

Consideriamo infatti tre segmenti (A, B, C) uguali e paralleli, che si trovino allineati. Supponiamo poi che il segmento in alto (A) si muova verso destra, rispetto a quello situato nel centro (B) che resta fermo, e che per ogni istante elementare avanzi di un

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intervallo (elementare). Il segmento in basso (C) faccia invece la stessa cosa verso sinistra. Dopo il primo istante avremo che i punti iniziali di A e C si saranno allontanati di due intervalli. Ma ciò è assurdo perché allora il tempo che avrebbero impiegato per allontanarsi di un solo intervallo sarebbe di "mezzo istante", contraddicendo l'ipotesi che stiamo analizzando la situazione al primo istante (indivisibile).

Confutazione dei paradossi del moto

Non è difficile immaginare che anche un greco, ignaro dei rudimenti del calcolo infinitesimale, "vedesse" altrettanto bene che ogni somma: un segmento + mezzo segmento + un quarto di segmento + etc. rimane sempre all'interno del segmento doppio. Tale critica alle moderne "pseudoconfutazioni" è stata ampiamente sviluppata, su basi kantiane, dal matematico Umberto Bartocci il quale invita invece a riflettere sulla circostanza che i paradossi di Zenone sul movimento vanno considerati sempre attuali e "non risolubili", in quanto puntano l'attenzione sulle dicotomie reale/pensato e spazio (continuo) / tempo (discreto )

Terzo paradosso (la freccia )

Il terzo argomento è quello della freccia , che appare in moto ma, in realtà, è immobile. In ogni istante difatti essa occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua lunghezza ; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi.

Il concetto di questo terzo paradosso è in fondo opposto a quello del secondo: l'esistenza di punti e istanti indivisibili.

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Ma anche in questo caso il movimento risulta impossibile, in quanto dalla somma di istanti immobili non può risultare un movimento.

Quarto paradosso (due masse nello stadio)

Zenone afferma : se due masse in uno stadio si vengono incontro, risulterà l'assurdo logico che la metà del tempo equivale al doppio.

Consideriamo infatti tre segmenti (A, B, C) uguali e paralleli, che si trovino allineati. Supponiamo poi che il segmento in alto (A) si muova verso destra, rispetto a quello situato nel centro (B) che resta fermo, e che per ogni istante elementare avanzi di un intervallo (elementare). Il segmento in basso (C) faccia invece la stessa cosa verso sinistra. Dopo il primo istante avremo che i punti iniziali di A e C si saranno allontanati di due intervalli. Ma ciò è assurdo perché allora il tempo che avrebbero impiegato per allontanarsi di un solo intervallo sarebbe di "mezzo istante", contraddicendo l'ipotesi che stiamo analizzando la situazione al primo istante (indivisibile).

Il caso generale venne dimostrato nel XVII secolo mentre Zenone espose i paradossi nel v sec AC . La tecnica mostrata da Zenone nella suddivisione infinitesimale va sotto il nome di dicotomia

Si può aggiungere che la precedente spiegazione, che fa ricorso alla teoria delle serie convergenti, è alquanto diffusa nell'ambiente dei matematici , ma lo è forse perché assai "comoda", in quanto permette di non riflettere più a fondo

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su una questione che si presume facilmente superabile grazie ai successivi progressi avvenuti nel campo della disciplina.

Nel paradosso delle masse dello stadio, Zenone dimostra che uno spazio e un tempo assoluti non corrispondono alla realtà. Oggi infatti sappiamo, per la relatività ristretta, che le velocità possibili di un corpo non sono illimitate superiormente. L'errore di fondo sta nel considerare lo spazio e il tempo come entità separate. Anche in quello della freccia, egli suppone che un corpo in moto sia indistinguibile da uno in quiete.

Sono trascorsi 2500 anni prima di raggiungere le conoscenze necessarie a confermare il paradosso. Lo spazio e il tempo infatti non sono da considerarsi assoluti.

In genere si è sempre osservato che gli argomenti di Zenone si basano sul concetto di infinito. Per il paradosso della freccia, ad esempio , Bertrand Russel ha osservato che il cinematografo crea il movimento utilizzando una successione di immagini ferme . Ma questa è soltanto una disputa sul significato di moto, secondo la quale il moto sarebbe un' illusione cinematografica.Esiste un'altra visione dei paradossi di Zenone : un atto "semplice" è scomposto e descritto attraverso una successione infinita di atti.

Effetto Zenone quantistico

Come si può vedere, questi paradossi sono stati utili per sviluppare molti concetti alla base della matematica e della fisica moderne, e non si dovrebbe liquidarli banalmente.

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Persino nella meccanica quantistica riecheggia il nome di Zenone nel cosiddetto "effetto Zenone quantistico", che, riprendendo metaforicamente il paradosso della freccia, afferma che un sistema, che decadrebbe spontaneamente, è inibito o addirittura non decade affatto se sottoposto ad una serie infinita di osservazioni (o misure). Di recente vari esperimenti:

l' esperimento di Itano (1990), basatosi sull'idea di Cook (1988),

l' esperimento di Kwiat (1995) sulla polarizzazione dei fotoni, l' esperimento di di Fischer (2001),

hanno dato verifica sperimentale di questo effetto ,(WIKIPEDIA)

Un evidente errore comune ai due paradossi della tartaruga ed Achille , così come in quello dei gemelli , consiste nel trattare entità , quali lo spazio ed il tempo come assolute , e poi pensare di renderle relative tra loro . Ogni entità , infatti per essere considerata assoluta , dovrebbe anche essere assolutamente distinta dalle altre e quindi non può poi essere relativizzata . Questa semplice riflessione logica non basta per capire meglio il mistero del tempo : una sfida assai più importante e complessa emerge oggi nella scienza cosa sia il tempo in relazione alla nascita ed all' evoluzione della vita è una questione ancora aperta .

L' ETICA

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Comportamento verso gli altri , il mondo circostante , la naturIn ambito filosofico, il termine ethikà (neutro plurale dell’aggettivo ethikos) entrò nell’uso con Aristotele, che con esso intitolò le sue trattazioni di filosofia della pratica; poco più tardi lo stoicismo designò con lo stesso aggettivo la terza e suprema parte della filosofia, che, dopo la logica (dottrina della conoscenza) e la fisica (dottrina della realtà), stabiliva come l’uomo si dovesse praticamente comportare rispetto a questa realtà. Da allora in poi, il termine è rimasto acquisito alla filosofia, che l’ha consacrato come termine tecnico per designare ogni dottrina che si venga elaborando speculativamente intorno al problema del comportamento pratico dell’uomo . Nell’antichità non si distingue dunque tra etica e morale, essendo i due termini equivalenti e semmai collegati alle diverse “consuetudini” del mondo greco e romano: il comportamento “pratico” dell’uomo sembra essere legato all’abitudine, ai costumi del mondo in cui vive . Bisogna aspettare fino alla fine del Settecento , con Hegel , per trovare una distinzione tra eticità e moralità : Hegel identifica con il termine moralità l’aspetto soggettivo della condotta (ad esempio l’intenzione e la disposizione interiore), mentre definisce eticità quell’insieme di valori morali che l’uomo ha realizzato e realizza nella sua esistenza (ad esempio le istituzioni, la famiglia, la società civile, lo stato, ecc.) . L'etica (dal greco εθος o ήθος) , èthos, "carattere", "comportamento", "costume", "consuetudine" è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontico ovvero distinguerli in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi

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o moralmente inappropriati L'etica può anche essere definita come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri. Essa pretende inoltre una base razionale, quindi non emotiva, dell'atteggiamento assunto, non riducibile a slanci solidaristici o amorevoli di tipo irrazionale. In questo senso essa pone una cornice di riferimento, dei canoni e dei confini entro cui la libertà umana si può estendere ed esprimere. In questa accezione ristretta viene spesso considerata sinonimo di filosofia morale: in quest'ottica essa ha come oggetto i valori morali che determinano il comportamento dell'uomo . Ma l'etica si occupa anche della determinazione di quello che può essere definito come il senso, talvolta indicato con il maiuscolo Il Senso dell'esistere umano, il significato profondo etico-esistenziale (eventuale) della vita del singolo e del cosmo che lo include.Anche per questo motivo è consuetudine differenziare i termini 'etica' e 'morale'. Un altro motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l'uso del termine 'morale' per indicare l'assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola 'etica' per riferirsi all'intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina non soggettiva . L'etica può essere descrittiva se descrive il comportamento umano, mentre è normativa o prescrittiva , se fornisce indicazioni. In ogni caso la indagine verte sul significato delle teorie etiche . Può essere anche soggettiva, quando si occupano specialmente del soggetto che agisce, indipendentemente da azioni od intenzioni, ed oggettiva , quando l'azione è relazionata ai valori comuni ed alle

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istituzioni .

Filosofia pratica e Meta-etica analitica

Per comprendere l'oggetto dell'etica è utile mettere a confronto due modelli teorici.

Meta-etica analitica

Essa trova la sua prima esemplificazione nei Principia Ethica di Moore, Moore si propone di analizzare in modo rigoroso il linguaggio morale e di definire il significato dei concetti propriamente morali (quali buono, doveroso, obbligatorio etc.). Moore, quindi propone una distinzione fra vita morale e sapere e, di conseguenza, propone una distinzione fra vita morale ed etica. L'etica non costituisce alcuna forma di conoscenza, ma ha solo a che fare con emozioni, raccomandazioni e prescrizioni .

La questione posta dalla meta-etica relativa alla giustificazione dei princìpi morali, è necessaria per dipanare l'intreccio di motivi e di princìpi che sono alla base della stessa conflittualità morale . La meta-etica vuole dunque operare una chiarificazione concettuale in modo tale da ridimensionare le pretese accampate da prospettive morali particolari . Essa delimita l'ambito dell'etica rispetto alle diverse espressioni dell'ethos.

Filosofia pratica

La filosofia pratica reagisce contro la pretesa neutralità rivendicata dalla meta-etica analitica. Infatti, pur rinunciando ad una sua propria scientificità, non si può, secondo la filosofia pratica, pretendere dall'etica il medesimo rigore e la medesima precisione che si

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richiedono alla matematica. Le dimostrazioni della matematica sono sempre valide, quelle etiche lo sono per lo più. Quindi, l'etica non è una scienza fine a se stessa, ma vuole orientare la prassi. In definitiva, la filosofia pratica concepisce il sapere pratico come strettamente agganciato all'esperienza .

Teorie teleologiche e deontologiche

Il problema da cui nascono queste due opposte ramificazioni è insito nella domanda: "Come possiamo stabilire che cosa è moralmente giusto fare per un certo agente?"

In base alla teoria teologica un atto è "giusto" se e solo se esso (o la norma in cui esso rientra) produce, produrrà o probabilmente produrrà una prevalenza di bene sul male almeno pari a quella di qualsiasi altra alternativa accessibile. In altre parole, in questa teoria il fine dell'azione è posto in primo piano rispetto al dovere ed all'intenzione dell'agente. Secondo la teoria deontologica , invece, le modalità dell'azione sono l'azione stessa, ovvero nel valutare un'azione non si può prescindere dall'intenzione dell'agente.

Ne deriva che il dovere e l'intenzione sono poste prima del fine dell'azione.

Le teorie deontologiche possono asserire che i giudizi basilari di obbligo sono tutti e solamente particolari e che i giudizi generali sono inutilizzabili o inutili o derivanti da giudizi particolari (in questo caso abbiamo una teoria deontologica dell'atto). Un'altra teoria deontologica (detta teoria deontologica della norma) sostiene invece che il

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codice del giusto e del torto consiste in una o più norme e, quindi, che le norme sono valide indipendentemente dal fatto che esse promuovano il bene. Tali norme sono basilari e non sono derivate per induzione da casi particolari.

Il Bene e il Giusto

Riguardo alla questione se sia prioritario il bene o il giusto, vi sono diverse teorie:il liberalismo riconosce una certa autonomia del giusto rispetto al bene, per cui è doverosa quell'azione che è conforme ad una norma giusta e dobbiamo scegliere in base ai princìpi di giustizia. Tale teoria vede la sua nascita in Locke e in Kant e una ripresa, nel ventesimo secolo, in molti autori: da J. Rawls a R. Nozick . Per il comunitarismo la giustizia non è una questione di regole e procedure, ma qualcosa che concerne il comportamento delle persone rispetto ai propri simili, la giustizia è una virtù della persona.

C. Taylor , invece, ritiene illusorio immaginare che il giusto possa prescindere dal riferimento al bene. Egli vede, dunque un primato del bene sul giusto, dove per bene non si intende l'utile, ma "tutto ciò che spicca sulle altre cose in virtù di una distinzione qualitativa". La moralità non concerne solo obblighi e regole pubbliche , ma concerne prima di tutto le distinzioni qualitative. L' Assiologia , ovvero lo studio del valore, ovvero della qualità. La teoria dei valori si occupa principalmente della natura del valore e della bontà in generale.

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L'utilitarismo

L' utilitarismo sostiene come criterio ultimo quello del principio di utilità, per cui il fine morale da ricercare in tutto quanto facciamo è la maggiore rimanenza possibile del bene sul male. In questo caso si parla, evidentemente, di bene e male non-morali. Ci sono tre tipi fondamentali di utilitarismo

Utilitarismo dell'atto

Il principio base rimane sempre quello della rimanenza del bene sul male, ma diviene fondamentale sottolineare il particolarismo, ossia che la domanda da porsi è cosa io debba fare in questa determinata situazione e non cosa tutti dovrebbero fare in certi tipi di situazioni. Quindi anche la rimanenza che si ricerca è riferita immediatamente al soggetto singolo e non è una rimanenza di bene generale.

Utilitarismo generale

Questo si basa su due caratteristiche fondamentali:

il principio base dell'utilitarismo

il principio dell'universalizzazione.

Quindi nell'agire, ciascuno si deve chiedere cosa accadrebbe se tutti agissero così in tali casi. L'idea sottostante l'utilitarismo generale è relativa al fatto che, se è giusto che una persona in una certa situazione faccia una certa cosa, allora è giusto che quell'azione sia fatta da qualsiasi altra persona in situazioni simili.

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Utilitarismo della norma

Esso pone in evidenza la centralità delle norme ed asserisce che generalmente, se non sempre, dobbiamo stabilire che cosa fare nelle situazioni particolari, appellandoci alle norme. Si differenzia dal de-ontologismo perché aggiunge a questo il fatto che dobbiamo sempre determinare le nostre norme domandandoci quale norma promuoverà il maggior bene generale per tutti. Quindi tutta la questione, nell'utilitarismo della norma, ruota intorno alla domanda: quale norma è più utile per il maggior numero di persone?

Etica laica ed etica religiosa

Alla base di ciascuna concezione dell'etica sta la nozione del bene e del male , della virtù ed una determinata visione dell'uomo e dei rapporti umani. Tali idee sono spesso correlate ad una particolare religione , o comunque ad una ideologia . L'etica a base religiosa infatti, fissa norme di comportamento che pretende valide per tutti, mentre l'etica laica non mira ad imporre valori eterni e si dimostra solitamente attenta alle esigenze umane che tengano conto delle condizioni e delle storiche trasformazioni . In realtà parlare di una etica laica presuppone già il confronto con l'etica religiosa , ovvero con un sistema di valori dogmaticamente e universalmente individuati ; in realtà è molto più opportuno parlare di un approccio laico al problema etico , definendo questo approccio come scevro da riferimenti a una ideologia predeterminata e più portato a misurarsi con le problematiche dello individuo e del concreto contesto storico in cui esso si esprime.

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Etica cristiana

Il fondamento dell'etica cristiana è l'esercizio dell'amore verso il prossimo, mediante il quale si esprime l'amore verso il Creatore . Per il cristiano, il problema morale coinvolge quelli della salvezza dell' anima e del libero arbitrio. Etica della verità ed etica della carità, laddove per carità intendiamo l'amore di Cristo, ovvero non quello cosiddetto naturale, ma quello che acquisisce la persona che si impegna a diventare santa, mentre per verità si intende un insieme di proposizioni dottrinali che si esprime in codici di credenze e comportamenti astratti. La carità è vissuta, agisce dall'interno delle coscienze e considera ogni essere umano come individuo irriducibile ed inconfondibile (persona), non sopporta regole generali, si incarna negli esseri umani, rifugge dalle condanne, perdona e riconcilia. La verità conosciuta, agisce dall'esterno, considera ogni essere come individuo riconducibile e assimilabile ad altri, classi categorie, produce regole generali, formula precetti e commina sanzioni, separa i buoni dai reprobi . Per etica cristiana si intende la vita nuova in Cristo che viene partecipata al discepolo che ha ricevuto il Battesimo (si confronti la dottrina di Paolo apostolo nel Nuovo Testamento)Attraverso il battesimo , il Cristo rende partecipe il credente del suo stesso amore. In ragione di questo evento, il credente non appartiene più a se stesso ma al Cristo che è morto per lui e riceve in dono il comandamento di amare come ha amato Gesù il Cristo.

Lo Spirito Santo, che abita nel cuore del credente, è il principio di tutta la vita in Cristo, perché è Colui che interiorizza la verità dell'Amore di Cristo.

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I fondamenti dell'etica cristiana per tutte le chiese sono dati dall'etica neotestamentaria (che discende dagli insegnamenti di Gesù il Cristo). Per l'etica cattolica dobbiamo poi aggiungere il pensiero espresso nelle encicliche papali nei secoli , oggi racchiuso, attualizzato e sviluppato nei più recenti documenti come quelli del Concilio Vaticano II e nelle varie encicliche dei papi del Novecento e soprattutto di Papa Giovanni Paolo II (tra cui Fides et Tradizione Ratio et Veritatis Splendor), e nello' approfondimento dei teologi che indagano il Magistero della Chiesa le verità cristiane e le verità morali Gaudium et Spes . In maniera simile anche nelle altre chiese l'etica ha ricevuto supporti successivi (e ancor oggi li riceve): basti pensare all'attenzione riservata ai Padri orientali da parte dell'ortodossia, ai sinodi delle chiese protestanti e ortodosse, alle prese di posizione ufficiali delle varie Chiese nella loro conciliarismo .

L'etica cristiana non considera se stessa un'imposizione al "mondo". A fondamento dell'etica cristiana sta l'"avvenimento" Cristo e il suo mistero pasquale; all'origine di tutto ciò che il cristiano deve fare, sta il suo essere collocato dentro l'avvenimento del mistero pasquale di Cristo. Per cui l'etica cristiana è una etica cristo-centrica: ha al centro l'"avvenimento" Cristo, misterica-mente presente e partecipato; etica della grazia: perché il dono di Dio precede , rende possibile ciò che il cristiano è chiamato a portare avanti nel comandamento dell'amore ; etica della fede: solo nella fede essa trova il suo significato.

Questa etica, così particolare e specifica, vuole essere in dialogo con ogni altra etica, perché ha il compito di servire

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e liberare l'uomo dall'egoismo. Essa si "ritrova" in tutto ciò che di buono e di degno va a fondare l'azione degli uomini, perché riconosce fermamente che lo Spirito agisce anche al di fuori del popolo dei battezzati.

Certamente questa etica difende la sua identità, perché fondata sulla parola di un Cristo, ritenuto nella fede di tutte le chiese cristiane il Figlio di Dio. Essa non può essere cambiata secondo il "sentire" delle epoche o il fluttuare delle mode e dei modelli di comportamento, alcune volte creati ad hoc da strumenti di potere che controllano l'economia, la cultura o altro, perché avrà sempre il suo diretto riferimento alla parola del creatore.

Valore morale e responsabilità

Quando si parla di buono o cattivo, possiamo farlo in termini morali o non-morali. Possiamo infatti parlare di una buona vita o di una vita buona e solo nel secondo caso intendiamo dare un giudizio morale sulla condotta della vita, mentre nel primo la felicità della persona, può non dipendere dalla persona stessa. Nel corso della sua storia, la moralità si è occupata di coltivare certe disposizioni dell'uomo, tra cui figurano certamente il carattere e la virtù:

le virtù sono disposizioni, o tratti, non interamente innate. Esse devono essere acquisite, almeno in parte, attraverso l'insegnamento e la pratica continua di tali insegnamenti. Di fatto la moralità dovrebbe essere concepita primariamente come acquisizione e coltivazione di tali tratti, ossia il fare delle virtù un vero e proprio habitus.

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Il concetto di responsabilità si esercita nell'ambito dei rapporti interpersonali, infatti deriva dal latino spondeo “prometto, do la mia parola”, ed è evidente il collegamento con la parola “risposta”, che implica gli altri. Questo termine ha trovato una prima utilizzazione in ambito giuridico e politico con in “Lineamenti della filosofia del diritto” di Heghel in cui parla della responsabilità in riferimento al problema del male che viene compiuto, al tema della pena e soprattutto alla questione della possibile riparazione del danno che si è prodotto, che rinvia al futuro.Max Weber in una conferenza , afferma che l'etica della responsabilità consiste nel fatto che poiché il futuro si prospetta nella sua incertezza l'uomo politico deve rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni che hanno un peso sulla vita dei propri simili, attraverso lo scontro politico. Distingue l'etica della responsabilità dall'etica della convinzione e della intenzione. Critica il pacifismo, e l'uso di mezzi immorali partendo da principi puri. Richiedendo lo sviluppo dell'argomento ad consequentiam: la valutazione di un atto o di un evento dipende dalle conseguenze attese, conseguenze che sono ritenute altamente probabili sulla scorta dell'esperienza fatta.

Sul finire del XX secolo K.O. Appel estende l'etica di Weber come modalità propria di tutti gli uomini, con la sua etica discorsiva che è una trasformazione dell'universalistica etica deontologica di Kant. Secondo Apel l' a priori da cui Kant faceva dipendere la possibilità della conoscenza e dell'universalità della scienza (per cui la ragione singola dell'individuo si chiede se il suo principio pratico può essere universalizzato) non è una struttura

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profonda della ragione, ma è il linguaggio, che a propria volta è retto da un a priori secondo cui tutti rispondono idealmente all'osservanza delle quattro pretese di validità di una comunicazione. Quindi l'etica discorsiva riflette su ciò che assieme, vogliamo riconoscere nell'argomentazione come moralmente obbligante, volgendosi alla macro-etica planetaria.

Secondo Emmanuel Lévinas si deve parlare di etica come responsabilità, perché non vi è alcun senso etico al di fuori della responsabilità verso altri.

H. Jonas è tra gli autori contemporanei che hanno contribuito alla riflessione morale sul concetto di responsabilità nell'era tecnologica. Per Jonas il principio della responsabilità e la sua prassi acquista una dimensione nuova quando dinnanzi c'è l'incombente minaccia del progresso tecnologico nei confronti dell'uomo e della natura. Il superamento del dualismo e del nichilismo moderno si fa dunque tramite questa nuova guida dell'agire umano nella riscoperta di quegli scopi e valori intrinseci alla natura, ma messe a tacere dal trionfo della ragione strumentale.

L'etica della virtù

Un'etica della virtù si basa evidentemente sul concetto di virtù. Con questo termine si intende una disposizione, un habitus, una qualità o un tratto del carattere che un individuo ha o cerca di avere. Questa etica non assume i princìpi deontici come base della moralità, ma considera basilari i giudizi areteici. I princìpi deontici derivano da quelli areteici e se non derivano da questi, sono superflui.

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Un'etica della virtù considera i giudizi areteici sulle azioni come giudizi secondari e basati sui giudizi areteici sulle persone e sui loro motivi o tratti del carattere. Quindi per l'etica della virtù la moralità non ha a che fare con l'obbligatorietà dell'azione. Per essere morali bisogna essere un certo tipo di persona, non semplicemente agire in un certo modo. Si guarda, dunque, primariamente alla persona ed al suo essere piuttosto che all'azione che essa compie. Le disposizioni del carattere che sono virtù morali, secondo questa etica, sono:

egoismo del tratto: le virtù sono quelle disposizioni che maggiormente contribuiscono al bene o al benessere personale; (la virtù cardinale è qui il bene personale)

utilitarismo del tratto: le virtù sono quei tratti di carattere che maggiormente promuovono il bene generale (la virtù cardinale è qui la benevolenza).

Responsabilità morale

Con questo termine generalmente si vuole attribuire un'azione ad un agente. Possiamo operare tale attribuzione in tre modi fondamentali

dicendo che una persona è responsabile dicendo che una persona X è responsabile di un'azione Y

dicendo che una persona X è responsabile di un'azione Y, intendendo con Y qualcosa ancora da farsi, intendendo quindi che la persona X ha la responsabilità di fare Y.

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Il problema è: "a quali condizioni è corretto giudicare o dire che X è responsabile di Y?" Ci sono convenzionalmente due condizioni necessarie tramite le quali possiamo definire X responsabile:

Che X sia abile a compiere Y Che X faccia Y

Ora, il problema è: queste condizioni sono necessarie. Ma sono anche sufficienti? Aristotele riteneva che un soggetto è responsabile nel momento in cui la causa dell'atto è interna al soggetto, cioè se il soggetto non è costretto ad agire da qualcuno o qualcosa di esterno

l'atto non è risultato dall'ignoranza, cioè se il soggetto è anche cosciente dell'azione che compie.

Da queste problematiche nascono anche le teorie del determinismo etico e quella dell'indeterminismo etico.

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Filosofia della scienza

etica applicata alla scienza ( bioetica , ecosofia )

Premesso il richiamarsi agli studi e dibattiti di Filosofia della scienza , l'etica applicata fa la comparsa all'inizio degli anni '70 con l'intento di promuovere una riflessione etica non di tipo generale o fondamentale, ma strettamente agganciata alle problematiche particolari, per tenere testa allo sviluppo tecnologico e scientifico, sforzandosi d'integrare la propria competenza con l'acquisizione di nozioni e dati che provengono dalle scienze naturali, biologiche, sociali ecc. “Lo studio sistematico del comportamento umano nel campo delle scienze della vita e della salute, in quanto questo comportamento è esaminato alla luce di valori e principi morali”. Arne Naess filosofo Norvegese. Opere: il movimento ecologico: ecologia superficiale ed ecologia profonda. Si contrappone all'antropocentrismo (rifiuto dell'immagine dell'uomo nell'ambiente) con il biocentrismo (immagine relazionale) in “ linea di principio” perché non tutto è evitabile, ed è “inevitabile una certa quantità di uccisioni, sfruttamento e soppressione”. Il mancato riconoscimento dell'egualitarismo e dell'interdipendenza tra le specie viventi compromette la qualità della propria vita perché la isola dalle altre (crisi ambientale), quando invece c'è bisogno di identificarsi in profondità con gli altri esseri (Spinoza). L'ambiente è una rete che collega una molteplicità di nodi, e la qualità della vita di un singolo nodo dipende dalla relazione instaurata con gli altri nodi. Teorico dell'ecologia profonda (deep ecology) che contrappone nel 1973 all'ecologia superficiale, è stato il

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primo a utilizzare il termine ecosofia (oikos=casa-terra). Revisiona il secondo imperativo categorico di Kant: “non usare mai un'altra persona solo come mezzo”, con “non usare mai un essere vivente solo come mezzo” perché hanno tutti un valore intrinseco. H. Jonas filosofo tedesco di origine ebraica. Opere : Il principio di responsabilità , Un'etica per la civiltà tecnologica , Tecnica , medicina ed etica . Sostiene che il bene è l'essere, e congiungendo ciò che Aristotele nell'etica nicomachea separava, l'agire (praxis) e il produrre, promuove le condizioni per la sopravvivenza del genere umano e dell'ecosistema vedendo un fine per l'agire della natura umana la quale, avendo delle capacità specifiche in più, come quella di distruzione con la produzione di armi atomiche, deve attuare il principio di responsabilità, prendendosi cura della natura e del futuro del pianeta terra. La reciprocità consiste che al dovere dell'uno corrisponde il diritto dell'altro e viceversa. In questo caso il diritto delle generazioni future. La sua riflessione è un'etica fondata sulla metafisica, perché nega la fallacia naturalistica secondo la quale l'etica non può derivare dall'ontologia, il dover essere dall'essere, da una descrizione valutativa dell'essere non si può derivare una prescrizione valutativa per l'essere . Il termine , bioetica , coniato nel 1970 dal cancerologo statunitense Van Rensselaer Potter , indica un'etica non incentrata sugli esseri umani e le loro azioni reciproche , quanto piuttosto sull'assunzione di differenti responsabilità dell'uomo per il sistema complessivo della vita. Con lo stesso termine, in seguito, si venne a delineare lo studio della condotta umana nell'area delle scienze della vita e della cura della salute, esaminata alla luce di valori e princìpi morali. La bioetica

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si sviluppa , negli anni settanti , fra il Kennedy Institute of Ethics e l' Hastings Center , in cui nasce la più importante rivista di bioetica "The Hastings Center Report". La bioetica nasce perché lo sviluppo delle scienze e delle tecnologie biomediche hanno posto problemi che travalicano l'ambito del sapere scientifico per investire quello della responsabilità morale e della regolamentazione giuridica . Possiamo elencare alcune importanti novità che effettivamente hanno portato alla nascita della bioetica:

La scoperta della struttura a doppia elica del DNALa conseguente ingegneria genetica La preparazione della pillola di Pincus per la contraccezione ormonale Lo sviluppo del trapianto d'organo Il sostegno artificiale delle funzioni vitali Il concepimento in vitro La clonazione .

Queste sono le questioni che hanno dato luce alla bioetica e che fondamentalmente la tengono in vita, dando origine a due posizioni:

La bioetica può assumere la figura di una riaffermazione di alcuni valori centrali già presenti nell'etica tradizionale di derivazione ippocratica (dignità della vita umana individuale e sua inviolabilità) e quindi può porre un argine allo sviluppo indiscriminato delle tecnologie ; Può diventare il luogo di una nuova etica per molti aspetti rivoluzionaria sic et simpliciter .

Engelhard filosofo e bioetico statunitense è propugnatore di una bioetica laica. Solo una persona gode di uno status morale poiché possiede quattro caratteristiche:

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L' autocoscienza , La razionalità , Un senso morale minimo , La libertà. Il nucleo centrale della sua riflessione è costituito dalla difesa della diversità morale nella società pluralistica contemporanea, abitata da individui che non appartenendo alla stessa comunità etica compiono scelte morali differenti e contrastanti . Le controversie possono essere risolte con l'accordo . Egli introduce il principio del permesso e subordinato il principio di beneficenza, che consiste nel fare agli altri il loro bene. Senza un impegno per la beneficenza , l'impresa morale sarebbe priva di senso . Il contenuto dei doveri di beneficenza può derivare anche da accordi espliciti.

L'etica dei media e della comunicazione

Dagli anni '80, con la crescita di importanza dell'impatto sociale delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione , ed in particolare di Internet , è maturata una riflessione sugli aspetti etici dell'uso dei mezzi di informazione e comunicazione . Questa disciplina , chiamata appunto etica dei media , ha poi dato luogo ad altri sotto-settori disciplinari come la web-etica.

Neuro-etica

Negli ultimi anni, inoltre, con lo sviluppo delle neuroscienze , si è sviluppata una disciplina conoscitiva che si occupa dello studio neuroscientifico delle questioni proprie dell'etica , la neuroetica .

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Etica dell'ambiente, ecosofia ed eco-teologia

La riflessione dell'etica del' ambiente riguarda la qualità ontologica della relazione con la natura . L'esigenza dell'etica dell'ambiente è sorta quando , il quadro generale delle condizioni del pianeta , ha registrato un netto deterioramento delle risorse disponibili rinnovabili e non. L'uomo , soprattutto a partire dal Novecento , ha fatto in modo che la vita della natura fosse sotto il suo controllo diretto , sconvolgendo quella che da sempre era stata la visione della natura . La natura è così divenuta un "ente disponibile", manipolabile e controllabile. Ne deriva che l'uomo è passato da una concezione qualitativa ad una percezione tendenzialmente quantitativa , da una percezione naturale ad una tecnologica , dall'idea del prodotto di Dio , all'idea del prodotto dell'uomo , all'artificio. Appurato che l'ambiente appartiene alla sfera dell'etica , in quanto partecipante della trascendentalità umana , restano basi portanti per la dimostrazione che c'è un rapporto fondamentale tra ambiente e uomo (mezzo attraverso cui si conferma ancora l'ingresso di diritto dell'ambiente nel mondo dell'etica) le sequenzialità che :Si considera etica tutto ciò che nella prassi umana importa l'idea di fine e mai di mezzo. Poiché trascendentalità ed eticità formano un circolo , come sostiene anche Carmelo Vigna , un essere umano , che non è solo trascendentalità , ma anche empireia , non apparterrebbe al mondo dell'etica se il rapporto tra il suo lato trascendentale e quello empirico non implicasse una certa necessità. Se possiamo indicare un'inevitabile relazione tra l'uomo e la natura, guardando al

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lato della corporeità , allora , in certo modo , anche la natura entra nel cerchio dell'eticità , perché proprio a causa del nesso con la corporeità , entra nella trascendentalità.

L'etica dell' ambiente pone , come basi di tutta la sua logica , tre concetti :

RISPETTO , che si ha per tutto quello che deve essere lasciato essere , cioè per tutto quello che reca in sé il sigillo della trascendentalità . In questo senso è sempre fine e mai mezzo .

CURA responsabile , che si ha per qualcosa che dipende , in qualche modo da noi o qualcosa che ci appartiene o ci è affidato.

AMORE per la natura , il rispetto e la cura responsabile da soli , infatti , non sono sufficienti .

L'etica è sempre una dottrina dell'amore per l'altro oggetto.

Etica ed Economia

La separazione fra economia ed etica consiste nel fatto che l'economia generalmente non discute dei fini, ma dei mezzi per realizzare i fini. La normatività dell'economia consiste nel fatto che essa deve cercare di ottenere i suoi fini col minor costo possibile (cioè esiste indubbiamente una ricerca di efficienza). Di fatto l'efficienza ha delle implicazioni in termini di etica delle istituzioni e dei comportamenti. Il punto di partenza dell'analisi economica è l' individuo considerato come essere razionale e di massimizzare tali preferenze. Ora, le preferenze fanno certamente riferimento al miglioramento nella disponibilità di beni e di servizi. In questo modo l'efficienza non viene

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giudicata in base ai criteri della giustizia distributiva. Esiste un dibattito a proposito dell'etica e del mercato economico. Infatti sotto il profilo del rapporto tra mezzi e fini, il mercato si presenta come un mezzo e l'etica che ne deriva è un'etica dei mezzi. Da ricordare come le sperimentazioni, oggi,generalmente , necessitano di ingenti risorse finanziarie.

J. Locke attribuiva al mercato un valore morale in nome di una teoria della legge naturale . In economia il fine assegnato al mercato è l'efficienza nella produzione e nello scambio di beni privati tra individui le cui preferenze sono basate sull'interesse proprio. Qualsiasi intervento pubblico, secondo tale visione, che ostacolasse il libero svolgere degli scambi dei diritti privati di proprietà, entrerebbe in conflitto con la stessa legge naturale. Completamente opposta a tale visione, quella che vuole l'operare di istituzioni di controllo del mercato (controllo tra le imprese, tra le imprese e i consumatori, tra le imprese e i lavoratori) e che altrettanto chiama a gran voce lo sviluppo di codici etici, senza i quali gli stessi risultati di efficienza sono destinati a essere messi in crisi.

Etica del lavoro

Negli ultimi due secoli il concetto di lavoro è venuto a scontrarsi con quello di etica dando origine a due posizioni davvero interessanti:

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Critica all'alienazione nel lavoro; si tratta della speculazione derivante dal filone marxista e neo-marxista . Segue la logica di svuotamento del lavoro e di alienazione rese idee concrete da Marx , secondo cui il lavoratore viene ad essere uno strumento dello strumento. Critica dell'alienazione da lavoro ; questa denuncia la connotazione alienata di un lavoro non misurato nella sua giusta dimensione e portato a schiacciare l'umano , e con esso l'ambiente naturale. Ne deriva che l'imperativo sia quello di avere una comprensione del lavoro come momento parziale dell'umano. Infatti l'alienazione da lavoro non può essere superata se non guardando e proiettandosi in ciò che è altro-dal-lavoro, operando cioè, come sostiene Francesco Totaro , una "ricalibratura della prassi" rispetto al lavoro e alla persona.

Il modello ideale del lavoro deve soddisfare ad una triplice relazione:

CON il proprio mondo , CON il mondo degli oggetti prodotti , CON il mondo degli altri soggetti.

Il lavoro, secondo le correnti di etica del lavoro, è autentico (in senso heideggeriano) solo se offre al soggetto la motivazione per esprimere la propria personalità in ciò che fa lavorando.

Cenni storici

La storia dell'etica è costituita dalla successione delle riflessioni sull'uomo e sul suo agire . I filosofi hanno da sempre riservato un notevole spazio ai problemi etici. Tra

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essi si ricordano in particolare Socrate , Platone , Aristotele ,Ugo Grozio , Jean Jacques Rosseau , E Kant , Furono interessati al tema anche Giambattista Vico, Johann Gottfried Herder, Friedrich Schiller, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Ralph Waldo Emerson, Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud.

La riflessione occidentale sull'etica nasce con Socrate , Platone ed Aristotele , viene approfondita dalla Scolastica , ma si afferma in modo deciso soprattutto con l' Illuminismo e in particolare con Kant , che tenta di definire i presupposti razionali dell'agire morale dell'uomo, richiamandosi alla necessità di un'etica del tutto svincolata da ogni finalità esteriore e impostata su un rigoroso senso del dovere e del rispetto della libertà altrui.

Per quanto riguarda le culture extraeuropee , grande rilevanza ha il pensiero filosofico cinese . I filosofi cinesi hanno sempre dato una grande importanza all'etica , trattando di essa con maggior interesse e profondità rispetto ad altri argomenti filosofici. I più importanti filosofi cinesi che si sono interessati di etica sono Confucio , sicuramente il più importante , Mencio , Laozi , Mozi . Poiché nelle culture orientali la distinzione tra filosofia e religione spesso non è chiara e netta , molto importanti per il pensiero etico furono anche il Taoismo e il Buddhismo .

Senofane e Solone

Senofane , Solone e i poeti della comunità, misero in rilievo come il valore del virtuoso si delinei attraverso l'arte del buon governo. La virtù diviene capacità di esprimere e seguire le leggi. La civiltà ateniese è la patria, dunque, della virtù e dei virtuosi, dal momento che spiccava per la sua

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stabilità. Atene era basata su buone leggi fatte da persone che si potevano affiancare per virtù ai guerrieri omerici.

Pitagora ed Empedocle

L'etica , secondo Pitagora , è dotata di una forte valenza conoscitiva : virtuoso è colui che possiede la sapienza, in particolare il matematico . In Pitagora sono pure presenti elementi della tradizione orfica esoterica.

Empedocle fornisce una testimonianza di quanto sia la dottrina orfico-pitagorica sia incentrata sull'etica, parlando di una pena dolorosa che l'anima deve scontare per una colpa (amartema) dovuta a uccisione o spergiuro (si pensi al mito di Prometeo). La caduta nel corpo mortale è dunque una punizione conseguente e alla colpa, ma è anche l'unico mezzo di riscatto per arrivare alla salvezza. È solo mediante l'esercizio ascetico , infatti, praticato durante la vita corporea, che l'anima può purificarsi, scontare la sua colpa, uscire dal ciclo delle reincarnazioni e tornare presso il divino da cui proviene.

I Sofisti

I Sofisti svolgono un ruolo importante. Essi distinguono fra virtù arcaiche e virtù del cittadino. Il compito del cittadino è, nella loro visione, quello di porsi come mediatore fra i cittadini comuni e la legge (ognuno deve essere giudice di sé e degli altri). I sofisti sono dunque i primi educatori civili, perché sono i primi a sostenere che le virtù sono molteplici e insegnabili. I sofisti sono dei relativisti morali ossia ritengono che le leggi siano relative all'uomo che le emana; essi pertanto le contestualizzano, privandole dell'aura di Assoluto e di Universalità di cui fino

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ad ora esse godevano. Le leggi, e quindi la morale, sono convenzioni che dobbiamo creare per il buon vivere civile.

Socrate e Platone

Socrate è considerato il padre fondatore dell'etica: la sua riflessione è antropologica ( ànthropos,"uomo") ed etica ( èthos,"comportamento") , quindi incentrata sul comportamento dell'uomo. Non ha lasciato nessuno scritto, la conoscenza della sua teoria etica è resa possibile solo attraverso i dialoghi di Platone . L'interrogazione sul tò agathòn ("Bene") avviene ricercando la sophia ("sapienza") attraverso criteri razionali basati su una concezione universale della morale, in antitesi alla sofistica. La sua etike theoria ("teoria etica") consiste nel noto intellettualismo etico, secondo cui il bene si realizza praticando la virtù del sapere : per fare il bene occorre conoscerlo. La ricerca del bene finalizzato alla verità si attua nel dialogos argomentare della conversazione che utilizzava lo strumento critico del elenchos , confutazione , applicandolo prevalentemente all' esame in comune (extazein) di concetti morali fondamentali , tendendo alla verità su sé stessi (dàimon) per perseguire sia il bene privato, sia quello della polis.

Ciò è possibile sviluppando in sé l'areté (virtù o disposizione) che consiste nella sapienza, ovvero nella scienza del bene e in un legame di solidarietà e giustizia tra gli uomini . Socrate vuole combattere sia il relativismo etico dei sofisti , sia l'atteggiamento dei cosiddetti eristi , dediti al discorso basato sulla pura convenzionalità del linguaggio senza alcuna preoccupazione per il suo contenuto di verità . Per realizzare il suo scopo Socrate

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ritorna , in un certo senso , alla tradizione , al fine di estrapolare da essa gli elementi che rendono l'uomo migliore , recuperando la concezione di ordine morale inteso come riflesso dell'ordine del cosmo. Socrate tenta di stabilire la natura della virtù, si pone il problema della definibilità della virtù e giunge alla determinazione concettuale della definizione attraverso il τι εστι (la domanda "che cosa è?"). Non si preoccupa di stabilire quali sono i casi particolari in cui si esprime la giustizia, ma è interessato alla giustizia in sé, a partire da un'ottica universale. L'argomentazione di Socrate si basava sulla famosa maieutica socratica, rivolta all'interpretazione della natura umana, ma a differenza dei sofisti per Socrate l'etica non è insegnabile: il filosofo può solo aiutare gli allievi a partorirla da soli.

La riflessione di Platone , pur essendo anche metafisica e ontologica , è analogamente incentrata sull'uomo e sulla etica . Le principali opere che vertono sull'etica sono : Apologia di Socrate , Repubblica , Gorgia , Filebo . Per Platone il tò agathòn (bene o buono) consiste nell' idea (eidos) del Bene , origine di tutto, che è la conoscenza massima, situata al di sopra della conoscenza discorsiva o razionale (diànoia) : come in Socrate, pertanto, essa non può essere insegnata o trasmessa verbalmente, non essendo sottoponibile a una discussione pubblica intorno alla sua essenza ; soltanto il sapiente potrà riconoscere l' assoluta indefinibilità del bene , possedendo la scienza di ciò che è utile per la comunità intera.

Se non è possibile dire cosa è il bene, si può almeno dire cosa non è : esso è diverso dal Piacere come grattarsi una

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ferita che prude ; è diverso dal bello perché non è automaticamente utilità o vantaggio. Per giungere a conoscere l'idea del Buono occorre fare uso del dialogo socratico , al fine di purificare il sapere tipico della dianoia (ragione) e del nous (intelligenza) , elevandosi al di sopra della doxa (opinione) per giungere infine alla episteme (scienza) , passando attraverso quattro gradi del conoscere :

1.Immagini sensibili (eikasia); 2.Credenza (pistis); 3.Ragione discorsiva (dianoia); 4.Intellezione (nous o noesis).

Si arriva così alla fine a conoscere la relazione tra tutte le idee (dialettica) fino all'idea suprema di Bene, Una e Universale , "al di là dell'essere" (epekeina tes ousias) , cercata per sé stessa poiché compiuta (teleon).

Rifacendosi alle concezioni orfico-pitagoriche, Platone gioca sulla assonanza sema e soma ("corpo" e "tomba" dell'anima, costretta a espiare una colpa attraverso la caduta nel corpo) ; nel FEDRO egli sostiene che l' anima possa uscire provvisoriamente dal ciclo delle reincarnazioni , per poi tornarvi in forma degenerata , oppure , in alternativa uscirne definitivamente e tornare presso gli dei. Nel Fedone, invece , Platone si mantiene più vicino alla tradizione orfica e sostiene che l'anima o raggiunge gli dei o si reincarna sempre. Non si può essere felici senza essere morali . Ritorna inoltre in Platone l' intellettualismo etico , perché l'aretè ("virtù") consiste per i filosofi nella sophia ("sapienza") , mentre per i guerrieri nell' andreia ("coraggio"), e per la classe dei produttori nella sophrosyne ("temperanza") , secondo la sua concezione dello Stato

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filosofico. La dikaiosyne ("giustizia") scaturisce per la città dalla conoscenza e dall'armonico conseguimento del rispettivo bene da parte di ognuna delle tre classi.

Aristotele e la sua Etica

Aristotele ha dedicato molti scritti alla questione dell'etica, di cui ha anche coniato il termine etiké theoria o techné. La sua riflessione è antropologica e ontologica . Opere da Lui scritte sono :

Etica Nicomachea , Etica Eudemia , Grande Etica , conosciuta anche come Magna Moralia , Περι Αρετων και Κακιων, conosciuta come De Virtutibus et vitiis.

In realtà, della paternità aristotelica del' Etica Nicomachea ha dubitato Cicerone e , nel XIX secolo si è cominciato a pensare che l' Etica Eudemia fosse stata scritta da Eudemio Rodio , un discepolo di Aristotele. I Magna Moralia sono comunemente considerati uno scritto di scuola, probabilmente successivo agli anni dell'insegnamento di Aristotele. Tralasciando le questioni di autenticità, possiamo sostenere che le opere di Aristotele hanno una struttura simile e i temi principali vengono affrontati sempre nella medesima successione:

Il concetto del Bene Supremo e della Felicità La virtù etica in generale e le virtù etiche in particolare Le virtù dia-noetiche o intellettuali I vizi, la mancanza di autocontrollo L'amicizia La virtù perfetta, la felicità completa.

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Lo scopo dell'etica aristotelica è la realizzazione di ciò che è il bene per il singolo individuo. Egli non pensa che il fine dell'etica sia il raggiungimento del bene assoluto come lo intendeva Platone, di quell'idea del bene supremo principio della realtà e del mondo delle idee e quindi estraneo alla vita pratica dell'uomo. Tuttavia il bene supremo è alla portata dell'uomo con il conseguimento della eudaimonia, la felicità, che si può conseguire solo quando questa è autosufficiente, nel senso che la felicità ad esempio non può essere la ricchezza poiché questa è un mezzo da utilizzare per altri fini. Per Aristotele la felicità deve essere qualcosa di desiderabile per se stessa, e questa è solo «l'opera (o attività) propria dell'uomo» cioè l'esercizio di quella facoltà che caratterizza l'uomo, l'attività razionale, un agire pratico secondo la ragione che però arrecherà felicità solo se compiuto in modo eccellente . Per l'uomo quindi la felicità sarà l'esercizio eccellente di opere conoscitive e pratiche della ragione. In Aristotele cade l'idea platonica per cui il bene del singolo è il bene assoluto che è l' ESSERE . L'etica non è più scienza dell'essere, ma scienza del DIVENIRE . Aristotele, dunque si propone la fondazione dell'etica come sapere pratico autonomo. Egli, dunque è un cognitivista etico, al pari di Kant . La filosofia deve, quindi, formare l'uomo nel suo scoprire il modo di agire per raggiungere il bene . L' Etica Nicomachea , innanzi tutto non è destinata alla lettura dei giovani , per la mancanza della esperienza necessaria alla comprensione dell'opera e per il loro lasciarsi trasportare dalle passioni. L'opera è rivolta a chi già possiede le virtù, ma è incapace di operare una scelta morale. Il testo parte proprio dal concetto di praxis, poiché in essa è insita l'etica stessa.

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Aristotele si domanda in primo luogo cosa è il bene per l'uomo, cosa è l'ευδαιμονια (generalmente tradotta come "felicità", ma forse questa è una traduzione un po' riduttiva). E il bene per l'uomo è "ciò verso cui ogni cosa per natura tende". Ogni cosa, per Aristotele è in costante evoluzione, proprio perché ogni cosa si evolve, cerca di raggiungere un fine superiore alla posizione in cui si trova, tende, dunque, ad un fine ultimo che è il suo proprio fine naturale. Ogni cosa tende a realizzare sé stessa, per essere sé stessa. Aristotele propone una distinzione fondamentale fra virtù etiche e virtù dianoetiche :

sono etiche quelle virtù della orexis, della zona desiderante e passionale; Sono dianoetiche tutte quelle virtù che si conseguono attraverso lo insegnamento , per cui il loro spazio è quello della scuola e del sapere teorico.

Ciò che è fondamentale per Aristotele è la phronesis, la prudenza, perché questa è il sapere che orienta all'azione e solo la phronesis, facendosi habitus (o disposizione morale) , consente non solo di discernere i fini da perseguire, ma anche di individuare i mezzi con cui realizzarli. Aristotele critica duramente Platone e la sua concezione della morale. Platone sosteneva che l'immortalità dell' anima è il vero soggetto della felicità morale ; Aristotele rinuncia ad una concezione dell'anima come individualmente immortale. Il premio per chi agisce bene è , per Aristotele , la felicità in questa vita e in questo mondo e , di conseguenza , non vi sarà altro dolore e punizione per chi agirà male che l'infelicità in questa vita ed in questo mondo . Aristotele critica Platone anche per la sua idea che il bene sia

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qualcosa di comune che si dice con una sola idea . Per Aristotele ogni forma di sapere , ogni praxis, ogni scelta sono orientate ad un loro specifico fine e , dato che il bene è ciò verso cui ogni cosa tende , la molteplicità fattuale di questa tendenza produce un altrettanto irriducibile molteplicità di fini , e quindi , di beni. Non è possibile parlare di bene in senso unitario se non per analogia , come di una posizione fondamentale comune che designa ciò che costituisce il fine di ogni singola azione orientata . Infatti per Aristotele ci sono tre tipi di bene:

Il bene in sé , vale a dire l'eudaimonia Il bene per altro, ossia un effetto desiderato in funzione di un altro fine, per cui questo bene risulta essere un mezzo più che un vero e proprio fine. Il bene universale, dei molti, dei cittadini della polis che vale più del singolo bene per cui la politica viene a coincidere con la ricerca del bene di tutti.

Stoicismo ed Epicureismo

Il termine di riferimento nella speculazione stoica ed epicurea è principalmente la natura .

Per gli stoici l'etica consiste nel conformarsi alle leggi della natura, che per l'uomo si traducono nel vivere secondo ragione ; il cosmo è retto da un ordine razionale e l'uomo può entrare far parte di questo ordine tramite le virtù dell'autocontrollo, dell' ascetismo e del distacco dalle passioni. "Vivere secondo natura" significa dunque "vivere secondo virtù". La virtù è qualcosa di razionale, è tutto ciò che si oppone alle emozioni. Essa è Una, perché le altre virtù non sono altro che manifestazioni dello stesso Logos

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in situazioni diverse e con scopi diversi. Le emozioni che vengono a turbare l'anima sono, per gli stoici, quattro:

DOLORE , PIACERE , DESIDERIO , PAURA

L'uomo deve saper dominare queste emozioni e vivere secondo dovere. Il dovere è una prescrizione, una regola.Per gli epicurei, invece, la natura è indifferente all'uomo, essa non può né salvarlo, né danneggiarlo. Essi vivono la natura come qualcosa di causale, per cui non distinguono tra vizio e virtù. Le azioni dell'uomo vanno valutate in se stesse, per la loro immediata fruibilità. Il criterio di misura attraverso cui giudicare le azioni è il piacere . Esso è principio e fine della vita beata e consiste fondamentalmente nella mancanza di dolore. Il piacere è , così , direttamente collegato con , la pace interiore L'unica possibilità di vita serena, e nello stesso tempo non solitaria, è vivere con un gruppo di amici con i quali discutere pacatamente, evitando qualsiasi desiderio e bisogno non strettamente necessario.

Confucianesimo

Il più importante e influente filosofo cinese è senza dubbio Confucio Il suo pensiero è alla base stessa della cultura orientale e in particolare egli si è soffermato sull'etica e la morale. Secondo lui, la virtù deriva dall'armonia nel rapporto con gli altri. Alla base di ogni rapporto e società c'è il lĭ, traducibile con rito, ovvero quella serie di comportamenti o tradizioni che regolano i rapporti sociali e permettono la stabilità e prosperità della società. Al fianco del lĭ vi è lo yì, cioè la rettitudine, intesa come perseguimento del bene superiore, il fine di ogni cosa. La

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differenza tra lĭ e yì è sottile: secondo il lĭ la ricerca del proprio bene particolare non è condannabile finché non entra in contrasto con le regole della società, ma per lo yì sarebbe preferibile la ricerca del bene comune. Fondamentale è anche il concetto di rén, la benevolenza, cioè la virtù di adempiere perfettamente ai doveri verso gli altri, che contiene quindi i nostri concetti di umanità, pietà, compassione. Da ciò deriva quindi secondo il CONFUCIANESIMO La regola d' Oro non fare agli altri ciò che non vorremmo per noi.

Pietro Abelardo

Il pensiero medioevale vede come uno dei massimi problemi la diatriba dialettica fra fede e ragione . Il compito che la filosofia scolastica si propone è proprio quello di risolvere tale questione. Abelardo insegna , per un lungo periodo , logica a Parigi. Egli segna l'avvio ad una teologia sistematica attraverso l'applicazione che egli fa dell'analisi logica alla riflessione del dato rivelato. Nel testo Sic et Non , Abelardo esamina 158 casi in cui le autorità patristiche e conciliari si trovano in disaccordo e, per risolvere tali questioni, propone di mettere in atto una ricerca personale, la sola capace di portare alla scoperta della verità. L'applicazione di tale metodo è definibile "socratica" ed è rintracciabile nella tipica disputatio dei XIII-XVI secolo. Vale a dire che dato l'argomento di discussione (Quaestio) si studiano le argomentazioni ad essa favorevoli (videtur quod sic) e quelle contrarie (sed contra) per arrivare poi alla conclusione (Respondeo). Abelardo non intende in questo modo mettere in discussione le autorità o sottomettere la fede alla ragione , dal momento che egli

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difende costantemente la superiorità del dato rivelato , mentre invoca la dialettica per definire le questioni non chiaramente stabilite dalle sacre scritture. Per Abelardo , dunque , il criterio della moralità degli atti non è fissato dalla sola norma esteriore , ma anche dalla coscienza , dall'intenzione con cui il soggetto compie un'azione : buono è solo l'atto che sia rettamente inteso e voluto tale.

Bernardo di Chiaravalle

B. di Chiaravalle è in un primo ordine di considerazioni un mistico medioevale. Ciò significa soprattutto che per Bernardo non è così importante parlare di Dio o dimostrarne l'esistenza , ammesso che si possa , ma è importante parlare con Dio , discretamente , in silenzio . Essere un mistico nel medioevo significa anche e soprattutto credere nella "mortificazione del corpo" (il termine ASCESI è direttamente collegato al "mortum facere corpum", ossia al distacco dal corpo e da tutto quello che ad esso è collegato). L'uomo per questo autore, non si salva se non attraverso la mistica e l'ascesi. In Bernardo di Chiaravalle l'uomo è rappresentato dal basso, è "generato dal peccato , peccatore e generatore di peccatori . È ferito fin dall'ingresso in questo mondo , quando ci vive , quando ne esce . Dalla sommità del corpo alla punta dei piedi non ha nulla di sano".

Gioacchino da Fiore

Nel XIII secolo G. da Fiore esercitò una notevole influenza sulla Filosofia Scolastica , soprattutto quella di origine francescana, ed esercitò un ruolo di importanza strategica fra Papi e sovrani, che lo consideravano quasi un profeta o

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un indovino. Fu così clamoroso il suo annuncio dell'imminente fine del mondo. Il monaco cistercense scrisse un testo in cui espose un'Apocalisse nuova. Nella sua escatologia , Gioacchino da Fiore insiste in modo particolare sul fatto che l' Antico Testamento anticipi il Nuovo e che il Nuovo Testamento sia , di certo , compimento dell'Antico. Egli sostiene la fine di una vecchia Chiesa, di un vecchio mondo e di una vecchia età. Ne seguirà necessariamente l'avvento di una nuova spiritualità.

Tommaso d'Aquino

Nel quarto libro della sua SUMMA CONTRA GENTILES , Tommaso spiega il concetto di etica e quello di felicità come concetti cristiani, teonomizzati, ossia sotto la legislazione di Dio , non autonomi. Dio è il sommo bene che dà la felicità suprema. La concezione della vita non si riferisce ai beni immediati, materiali, ma a quelli superiori , alle virtù che in Aristotele sono soprattutto virtù dia-noetiche . Per Tommaso d'Aquino la felicità suprema dell'uomo non si realizza su questa terra. La morale, l'etica, vanno quindi, in Tommaso d'Aquino, oltre la prospettiva rigorosamente intellettualistica aristotelica, anche se la concezione dell'uomo è ripresa in gran parte proprio da Aristotele.

Montaigne

Nel Rinascimento abbiamo una corrispondenza fra microcosmo e macrocosmo. L'uomo è al centro del mondo. Nasce la scienza e con essa, l'etica si ritira nei luoghi della saggezza. Montaigne costruisce una "morale del dotto",

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secondo cui gli uomini agiscono in base alle abitudini acquisite. Egli opera un'accurata descrizione dell'uomo nella sua variabilità d'animo. Montaigne nutre una smisurata sfiducia nel fatto che la scienza possa stabilire un rapporto univoco fra microcosmo e macrocosmo: la parte, secondo il filosofo, non può conoscere il tutto di cui è parte. Variabilità e varietà sono, dunque le due caratteristiche della conoscenza morale, proprio in quanto consustanziali dell'uomo.

Il giusnaturalismo

Il giusnaturalismo ricerca fondamentalmente una legge dell'agire umano come descrizione (ossia una legge con valenza conoscitiva dell'etica) ed una legge dell'agire umano come prescrizione (ossia una legge con valenza regolativa). Questa linea di pensiero si basa sul presupposto che il diritto abbia un fondamento oggettivo insito nella natura stessa. Ne deriva che è necessario prescrivere a ciò che è, ciò che deve essere. Il diritto , quindi, ha fondamento nella costituzione naturale dell'uomo.

Ralph Waldo Emerson

R. W. EMERSON è stato tra i primi a proporre un'etica individuale basata sulla fiducia in sé e della messa in discussione dei valori tradizionali , e uno dei pochi ad averlo fatto mantenendo il rispetto per la vita e l'esistenza , contrariamente, ad esempio, ad alcuni pensatori del nichilismo europeo .

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L'etica materiale di MAX SCHELER

In MAX SCHLER è rintracciabile non una generica rivalutazione dei sentimenti, ma una precisa delimitazione di un sentire intenzionale su cui fondare l'etica. Se per Kant il discorso morale era universale proprio in quanto formale, in M. Scheler si basa su di una legge del' individuo , su di un dover essere individuale che non è soggettivo o relativista in quanto è materiale cioè fondato nella sfera del sentire. Fine dell'etica è la formazione del sentire intenzionale della persona, che si articola in un preciso ordo amoris, attraverso l'esemplarità dell'altro. I valori non sono oggetti ideali, ma dati di fatto, fenomeni originali , che vengono colti dal sentire alle spalle e prima della rappresentazione e del giudizio. Scheler distingue tra valori e beni: mentre i primi sono qualità assiologiche, i secondi sono le singole cose concrete mediante le quali vengono veicolati i valori (ad esempio: l’amicizia è un valore; l’amico è un bene). E mentre i valori possono diventare universali, i beni sono contingenti: se infatti l’amicizia è e resta tale, l’amico può tradire. A Kant Scheler imputa l’aver confuso indebitamente beni e valori. Il sentire intenzionale rivela inoltre l'esistenza di leggi a priori che determinano una gerarchia oggettiva tra i valori, appresa attraverso l'atto del preferire, sul quale si fondano le scelte e correlata a gradi diversi della sfera affettiva. Scheler scrive espressamente che “il regno dei valori, tutt’intero, è sottomesso a un ordine che gli è costitutivo”. I valori sono più alti quanto più si allontanano dalla chiusura ambientale. Esaminiamo in concreto la gerarchia dei valori:

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I sentimenti sensibili o della sensazione, a cui sono correlati , i valori sensibili compresi nella gamma tra gradevole e sgradevole; I sentimenti corporei, legati allo stato del corpo, correlati ai valori del nobile e del volgare, dell'utile e del dannoso, su cui si fonda anche la vita associata, e i sentimenti vitali, legati alle funzioni del corpo, ai quali sono correlati i valori vitali come la generosità, il coraggio e così via;

I sentimenti legati all'anima o all'io, a cui sono correlati i valori spirituali e conoscitivi del vero e del falso, del bello e del brutto, del giusto e dell'ingiusto;

I sentimenti propri della persona ai quali sono correlati i valori religiosi del sacro.

Questi sono i valori più alti e sono colti ad esempio . dagli atti dell'amare e odiare. Gli atti di amore hanno infatti la prerogativa, stando a Scheler, di essere intenzionalmente diretti sempre verso persone, e la persona si colloca ad un livello superiore rispetto all'io ed è legata alla sfera del sacro; in questa sfera il valore è fondamentalmente personale. La gerarchia dei valori è disposta secondo strati che vanno dal livello corporeo a quello spiritualmente più puro della persona. Su questa base Scheler può criticare Husserl per aver posto al vertice l'io trascendentale che è una funzione universale puramente conoscitiva e impersonale: ciò significa, per Scheler, non riconoscere il primato della persona, ridotta a pura esemplificazione empirica di questa funzione conoscitiva universale. La vita morale consiste, invece, nella piena realizzazione della persona umana e, quindi, include costitutivamente

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sentimenti ed emozioni, in particolare la simpatia e l'amore. La persona è, per usare le parole di Scheler, “l’unità immediata del vivere per l’esperienza vissuta”: è, detto altrimenti, una “unità immediata convissuta”, ossia un’immediatezza unitaria avvertita tramite le molteplici esperienze che il soggetto vive rapportandosi agli altri. Anche nella definizione del concetto di persona , Scheler si oppone a Kant , per il quale la persona era riducibile all’Io ed era contraddistinta da una totale aseità trascendentale. Per Scheler , al contrario , il concetto di persona deve essere distinto da quello di anima , la quale implica il dualismo anima/corpo : la persona è una “unità bio-psichica” di anima e corpo.

"La moralità non è propriamente la dottrina del come renderci felici , ma di come dovremmo diventare degni di possedere la felicità." (Emanuele Kant))

L’uomo è l’unico organismo vivente in grado di porsi domande sul senso della propria esistenza: una possibilità unica , che lo può elevare ben oltre la semplice necessità di sopravvivere. Tale ricerca conferisce dignità al suo esistere e, nei millenni della sua storia, gli ha permesso di evolvere verso forme sempre più sofisticate di organizzazione sociale, scientifica e tecnologica. Riteniamo che la ricerca di sé , intesa come l’interrogarsi sul senso del proprio esistere , sia ciò che fa di un uomo un “essere umano” completo, in grado di camminare autonomamente nella vita , e di essere utile agli altri e alla società in cui vive e opera. Tuttavia , dobbiamo riconoscere che , a fronte delle indubitabili conquiste sul piano dell’organizzazione sociale, scientifica e tecnologica , non sia proporzionalmente

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cresciuta nell’essere umano la comprensione degli aspetti più “esistenziali” di sé, tanto che , oggi come migliaia di anni fa , assistiamo alle stesse sopraffazioni, discriminazioni e conflitti che hanno caratterizzato la storia dell’umanità fin dagli inizi. È come se , quando l’uomo indaga su di sé, perdesse quella lucidità che gli ha permesso di sistematizzare le leggi del mondo materiale, precipitando in una condizione in cui altri elementi prendono il sopravvento , annebbiando l’intelligenza e ogni possibilità di libero pensiero.

Stiamo ponendo un problema : perché , in generale, ogni individuo al mondo cerca il “vero” e il “giusto”, e ci troviamo invece a vivere un’epoca travagliata, in cui la menzogna e l’ingiustizia la fanno da padroni ? Forse che verità e giustizia non esistono come possibilità reali? O forse , piuttosto , che l’uomo non è in grado di coglierle nella loro valenza di principi universali ? E , in questo caso , perché ?

Chiunque abbia a cuore una ricerca sul senso della vita non può non giungere a queste domande “chiave”. È importante soffermarsi , indagare , procedere sperimentando , senza accontentarsi di una risposta qualsiasi , né di una soluzione preconfezionata , convincente sul piano logico , ma inefficace su quello pratico. Noi lo stiamo facendo da anni e , proprio per questo , non vogliamo dare risposte. Ci limiteremo a fornire degli stimoli, delle suggestioni, dei percorsi di ricerca, frutto della nostra esperienza d’indagine personale.

Partiamo dunque dalla domanda su che cos’è il “vero” e il “giusto”. E qui incappiamo subito nel primo problema:

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come mai ciò che, qui da noi, sembra inoppugnabilmente vero e giusto, non lo è altrettanto in una società diversa? Come mai i valori che stanno alla base della civiltà occidentale , non sono tenuti nella medesima considerazione in una società per esempio araba , o di matrice cinese , africana o quant’altro?

Evitiamo le semplificazioni e la scappatoia del “diverso = barbaro , infedele, ecc.”… Non è forse che esiste un qualcosa alla base della nostra possibilità di osservare che ci influenza, che , frappone un filtro tra ciò che realmente è e ciò che noi vediamo? E, se non ce ne accorgiamo, deve essere qualcosa di estremamente raffinato, che ci appartiene fin dalla prima infanzia, e che fa parte a tal punto del nostro mondo, da diventare un tutt’uno con noi stessi e la nostra capacità di osservare e definire gli oggetti osservati.L’ambito di pensiero filosofico che indaga il “vero” e il “giusto” è quello dell’etica. Un termine oggi abusato nel linguaggio comune, che ha progressivamente sostituito quello più consueto di morale. Ma che cosa sono l’etica e la morale? E si può parlare di un’etica (e di una morale) universale, che non si limiti alle visioni parziali di un’epoca o di una civiltà? Procediamo con ordine, e analizziamo i concetti da più punti di vista.

Etimologicamente, etica e morale sono solo la traduzione dal greco e dal latino dello stesso termine: “etica” deriva dal greco ethikos – ovvero “abituale”, “consueto”, “di abitudine” , derivante a sua volta da ethos (costume). Mentre in latino, il termine greco ethikos si traduce con moralis, morale, derivante da mos, moris (costume, comportamento). In epoca greca arcaica, il termine ethikos

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era strettamente connesso alle attitudini personali del guerriero (vedi Iliade e Odissea), alle sue scelte di comportamento, che lo portavano ad agire in un modo piuttosto che in un altro, cercando di attenersi il più possibile al codice di valori allora vigente, ispirato all’eroismo e alla gloria individuale, non collettiva. Etiche erano, in questo senso, le regole, le norme cui gli eroi e i personaggi di alto lignaggio nell’ambito delle comunità dovevano ispirarsi. Se non lo facevano, se trasgredivano queste leggi non scritte, venivano puniti dagli dèi, e non solo: incorrevano nell’aspro biasimo della popolazione sulla quale esercitavano la propria autorità. Da allora in avanti , per molti secoli la condotta dell’uomo, dell’eroe, è stata suggerita e guidata dall’opinione che la comunità si formava su di lui. In questo senso, l’Etica si identificava propriamente con il giudizio, la morale del popolo.

In ambito filosofico, il termine ethikà (neutro plurale dell’aggettivo ethikos) entrò nell’uso con Aristotele, che con esso intitolò le sue trattazioni di filosofia della pratica; poco più tardi lo stoicismo designò con lo stesso aggettivo la terza e suprema parte della filosofia, che, dopo la logica (dottrina della conoscenza) e la fisica (dottrina della realtà) , stabiliva come l’uomo si dovesse praticamente comportare rispetto a questa realtà. Da allora in poi, il termine è rimasto acquisito alla filosofia, che l’ha consacrato come termine tecnico per designare ogni dottrina che si venga elaborando speculativamente intorno al problema del comportamento pratico dell’uomo.

Nell’antichità non si distingue dunque tra etica e morale, essendo i due termini equivalenti e semmai collegati alle

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diverse “consuetudini” del mondo greco e romano: il comportamento “pratico” dell’uomo sembra essere legato all’abitudine, ai costumi del mondo in cui vive. Bisogna aspettare fino alla fine del Settecento, con Hegel , per trovare una distinzione tra eticità e moralità: Hegel identifica con il termine moralità l’aspetto soggettivo della condotta (ad esempio l’intenzione e la disposizione interiore), mentre definisce eticità quell’insieme di valori morali che l’uomo ha realizzato e realizza nella sua esistenza (ad esempio le istituzioni, la famiglia, la società civile, lo stato, ecc.).

Fino a due secoli fa, dunque, non esiste una vera e propria distinzione tra etica e morale, termini equivalenti che corrispondono al valore dei costumi di ogni singola società: ovvero alla consuetudine consolidata. Non si può quindi parlare di etica universale, bensì di etica greca, romana, cristiana, araba, ecc., né di un comportamento morale valido per ogni uomo, ma piuttosto di morale vedica, ebraica, taoista, e così via. Ogni singola civiltà elabora il proprio sistema di valori, e quando questi hanno una provenienza trascendente (vengono cioè indicati da Dio) assurgono, per quella stessa civiltà, a valore universale. Gli “altri” – gli stranieri – sono via via indicati come infedeli, pagani, eretici, barbari, ecc. e tutto ciò che è diverso dal proprio sistema di valori non viene indagato, ma temuto e combattuto aspramente. Le religioni la fanno dunque da padrone, tanto più quelle portatrici di una visione monoteista, in grado di fornire un’autorità universale alle proprie prescrizioni morali.

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Molti filosofi si sono interrogati sui fondamenti dell’etica e della morale, ma è solo con l’Illuminismo che che ha luogo il tentativo di svincolarsi da una visione religiosa, verso la formazione di un pensiero laico. In questo periodo comincia ad affermarsi un atteggiamento orientato alla libertà di pensiero dell’uomo in un contesto in cui la scienza, la tecnica e le scoperte geografiche cominciano ad avere un rilievo, ed in cui l’uomo diventa cosciente del suo impegno nel mondo.

Fin dalla fine del ’600 le fondazioni morali basate sul comando divino o su una decisione demandata ad una autorità entrano in crisi: religione e sistemi di governo ancora influenzati da eredità feudali cominciano ad avvertire il peso di nuove idee e possibili visioni del mondo. Per i nuovi pensatori non esistono che due possibili soluzioni: negare qualsiasi struttura già consolidata o concentrarsi su nuove procedure, con una rinnovata analisi della natura umana.

In questa indagine sulla natura dell’uomo si possono individuare tre modelli proposti rispettivamente dagli inglesi Hobbes e Hume, e dal tedesco Kant. Hobbes ritiene che il movente fondamentale dell’individuo sia la ricerca del proprio benessere, e per poter giungere a una vita morale propone una soluzione contrattualistica, capace di mediare le diverse inclinazioni egoistiche. Hume si chiede: «dove risiede la facoltà pensante nell’uomo? Da dove provengono i concetti? Esistono già da sempre? No! Vengono acquisiti dall’esperienza». E così Hume sviluppa una teoria che descrive il modo in cui i concetti vengono appresi. Egli arriva a sostenere che nell’uomo sia presente

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una “benevolenza” di fondo e il consolidamento di questa inclinazione non egoistica conduce a “convenzioni” etiche.

Diversamente da Hobbes (la cui procedura contrattualistica viene garantita dall’autorità), Hume insiste sull’inclinazione generosa dell’uomo (anche se limitata) che si consolida attraverso il lento processo della civilizzazione.

Hume offre in primo luogo una spiegazione alla certezza che ogni effetto abbia comunque una causa. Secondo lui, si tratta di un’abitudine acquisita da lungo tempo. Proprio a questo proposito, Immanuel Kant si trova a riconoscere: «David Hume mi ha svegliato dal sonno dogmatico». Egli si riferisce anzitutto alla spiegazione di quello che , a partire da quell’epoca, viene chiamato “principio di causa”, ossia quella regola secondo cui ogni effetto ha una causa.

Kant, venuto a contatto con i testi di Hume, riconosce subito che in essi c’è qualcosa di vero : il punto di partenza della sua riflessione è l’indagine sul contributo dell’esperienza e su quello dei concetti basici .

Kant comprese che non si può prescindere dalla esperienza L’esperienza è senza alcun dubbio la base di tutto il sapere , scrive nella Critica della ragion pura), ma non si sogna di dire che i concetti con cui noi “pensiamo” sono acquisiti anche essi dall’esperienza” impostazione di Hume e dell’empirismo .Egli mostra invece che i concetti hanno sempre una “necessità costitutiva” per l’esperienza stessa: ricondurre infatti ogni evento, ogni mutamento della natura, a una propria causa, non rientra nel campo dell’esperienza, bensì è proprio ciò che la rende possibile: «I concetti, con cui facciamo esperienza, non sono a loro volta nozioni che

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provengono dall’esperienza, ma necessarie condizioni di possibilità della nostra esperienza» . Per poter fare esperienza , insomma , devono già esserci domande, in forma di concetti “a priori”. Questi sono ciò che rende possibile l’esperienza, e pertanto non possono essere a loro volta spiegati ricorrendo a quest’ultima; sono gli “a priori” che devono spiegare l’esperienza. Questa fu la grande svolta di Kant. Sviluppando in seguito la sua filosofia morale, Kant ha indicato l’esistenza “a priori” di imperativi categorici, ai quali appartiene anche la forma imperativa più esplicita: «Tu devi considerare ogni altro essere umano come un fine in sé». Ogni uomo è “in sé” già libero, cioè è a lui che vanno imputate le sue azioni, allo stesso modo in cui i miei pensieri dipendono da me. Ma possiamo concepire noi stessi come esseri pensanti soltanto se ciò implica anche questa componente morale, che fa di noi persone responsabili. È su questo che si fonda la società e ogni possibile teoria del diritto.

Naturalmente l’imperativo categorico è un comando che non ammette alcuna deroga. Questo è il senso dell’imperativo categorico: non c’è alcuna condizione in cui, per esempio, ho il diritto di trattare l’altro come uno strumento, un mezzo, senza che egli accondiscenda. Questo non significa che qualcuno non possa servire da mezzo per l’altro, bensì che nessuno dev’essere usato come strumento senza il proprio consenso, senza la sua disponibilità. La soluzione kantiana, quindi, non è fondata sull’indagine della natura umana come nelle proposizioni dei filosofi inglesi, ma sull’analisi della struttura e del funzionamento a priori della volontà. Kant definisce così le regole che configurano la volontà come legge universale.

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Molti altri filosofi hanno affrontato i temi dell’etica e della morale, ma Kant è sicuramente lo spartiacque che permette di osservare un mondo più ampio: indipendentemente dalle sue conclusioni sull’imperativo categorico, è qui interessante notare quanto la sua analisi (rigorosissima e assai più articolata di queste poche note) si ponga il problema di qualcosa che sta “prima” delle regole convenzionali applicate in ogni società. Inoltre, il suo contributo si fonda su una disamina puramente logica: egli indaga la ragione dell’uomo, senza venire influenzato da presupposti culturali o religiosi.

Alla luce di tutto ciò, possiamo ora porci nuovamente la domanda da cui eravamo partiti: ogni individuo al mondo apparentemente cerca il “vero” e il “giusto”, e tutto ci porta invece a constatare che questi concetti sono alquanto dissimili da luogo a luogo, e persino da individuo a individuo. Esistono dunque un “vero” e un “giusto” validi per tutti? Ovvero: esiste un’etica universale? E se esiste, perché non si è ancora imposta come criterio unico per tutta l’umanità?

Hume dice che i concetti vengono acquisiti dall’esperienza, e con lui concordano molti altri. Ciò significa che, in primis, è l’educazione a produrre il nostro senso morale: la famiglia, i comportamenti parentali, la scuola, il contatto con le altre figure adulte e con i coetanei, sono questi i contenuti delle nostre prime esperienze. E quindi, se nasco in un paese arabo avrò un certo tipo di “senso morale”, diverso da quello che avrei avuto se fossi nato in Cina, in America, in Italia o chissà dove . Ma se è così , ed è ragionevole pensarlo , allora non c’è scampo: non avremo

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mai un’etica universale per tutto il pianeta, a meno che una civiltà o una religione non prenda il sopravvento su tutte le altre. Oppure, proviamo a fare lo sforzo di pensiero che ha fatto Kant, e immaginiamo dei principi “a priori”, che stanno prima dell’esperienza, ovvero prima di ogni condizionamento, di ogni parzialità culturale o religiosa… Dei principi etici davvero universali, al di là di tutti i credi, di tutti i sistemi possibili, di tutte le fedi ideologiche o le dottrine politiche e religiose. Se è così, se esistono dei principi etici veramente universali, allora è possibile intraprendere il percorso verso il fondamento di una morale valida per ogni uomo, in qualunque parte del mondo. Riteniamo sia questa la sfida dell’uomo nell’era moderna.

D’altro canto, un uomo che marcia a due velocità, lanciato nel futuro dalle incredibili conquiste scientifiche e tecnologiche, e contemporaneamente fermo a un lontano passato, fatto di visioni ristrette, intolleranti e ipocrite non può pensare di andare troppo lontano. La ricerca dell’uomo sul senso del proprio esistere come essere umano è ancora troppo condizionata dalle visioni parziali: l’etica e la morale, concepite ancora come nel mondo greco e romano, rimangono confinate a uno spazio abitudinario, di consuetudine, controllato totalmente dal sistema culturale e religioso vigente.

Nell’ultimo secolo si è assistito al crescente bisogno di trovare delle risposte: il punto di partenza, probabilmente, si può collocare, poco più di cinquant’anni fa, con la proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani, un documento di portata storica, in cui per la prima volta si stabiliscono i diritti dell’essere umano,

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indipendentemente da nascita, sesso, razza o religione – diritti d’uguaglianza nella diversità. Un passo fondamentale, che sottolinea l’importanza della ricerca di un’universalità dell’etica

Cosa è l' etica per me ; l' etica è il modo di comportarsi con i miei simili , con me stesso e con la natura . Principio fondamentale è l' agathòs Socratico , il bene ; la virtù l' aretè , la saggezza , il sapere , amare il prossimo tuo come , oserei dire , più di te stesso . L'amore è il motore di tutti i comportamenti e di ogni evento , senza amore non esisterebbe progresso , occorre essere curiosi amanti della ricerca , del sapere , per progredire , la natura è scritta in linguaggio matematico , e si comprende provando e riprovando , diceva Galileo , se non amassimo la natura la distruggeremmo , infatti oggi molti non amano abbastanza la natura e ne vediamo le conseguenze : siccità , carestie , tifoni , nubifragi , disastri ecologici ed ambientali . Cerchiamo di clonare gli animali con il pensiero rivolto all' uomo . Vogliamo sostituirci all' ente supremo , al creatore , forse , alla natura col suo continuo divenire ? Non esistono scorciatoie , tutto muta ma col suo ritmo , la natura inventa nuovi ibridi , modifica gli esseri viventi , gli OGM tanto decantati dai produttori , aiutano ?, non credo , fino ad ora sono più gli svantaggi , i danni arrecati , che i benefici ottenuti , certo le multinazionali fanno fortune , sono il moloch che tutto divora pur di accumulare danaro , a quale scopo ? Troppo danaro in mano di pochi , genera solo crisi economica , ingordigia umana !

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Dobbiamo rispettare anche noi stessi , come possiamo rubare , uccidere , stuprare , malversare fondi altrui , statali e non , ricevere compensi senza lavorare , dissipare i beni di tutti senza un rimorso , un dolore interno , che ti turba il sonno , la pace interiore , come possiamo camminare a testa alta ?. L' etica non nasce insita in noi , nei cromosomi , e' la famiglia , la scuola , la società in cui vivi che te la proporziona a volte condizionandoti , certo è che l' etica dei popoli mediterranei non è quella degli orientali , secoli di tradizioni hanno creato scuole filosofiche diverse , legami con la famiglia differenti , però ci sono pensieri , comportamenti immutabili , amore per la natura , difesa dei propri figli della propria donna , credere in un ente superiore , politeismo o monoteismo che sia . Più è semplice e primitiva la filosofia di un popolo . maggiore è l'amore per la natura , il rispetto verso i propri simili , vedi gli indio del' Amazzonia , gli abitanti della Papuasia ed altri . Nel' etica è incluso anche il concetto di giustizia , quale ? Quella prevista dalle proprie religioni , quella scritta dagli uomini nelle loro leggi , quella insita nella natura del' uomo ? È certo che la giustizia seppur lentamente è in continua evoluzione , purtroppo in vero la giustizia umana non è giusta , è vendicativa , spesso è di parte , governata sia da lobby di potere che da politici , tutta gente non proprio vestita di bianco , il demone danaro, il diabolico gusto del potere comanda . Non scordiamoci mai di Epicuro e di Orazio il cui pensiero filosofico-etico è sempre valido e di grande attualità .

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TRATTIAMO ORA DELLA POLITICA IN SENSO FILOSOFICO PURO

La filosofia politica è lo studio delle attività dell'uomo legate a tutto ciò che riguarda gli affari dello Stato. Questa disciplina si occupa, soprattutto, della politica intesa come "l'insieme di mezzi che permettono di ottenere gli effetti voluti": era così per Aristotele, il quale, nel suo trattato (dal titolo Politica) oltre a definire le funzioni dello Stato e le sue forme di governo, formula ipotesi per realizzare il buon governo della città.

Un problema fondamentale affrontato dalla filosofia politica è la differenza tra l'agire politico e l'agire in modo moralmente giusto. L'azione umana riconosciuta moralmente giusta non corrisponde necessariamente ad un'azione politicamente valida e viceversa. Questo perché il modo di agire della politica si materializza nell'uso del potere , mentre l'azione moralmente valida si realizza facendo riferimento ad un sentire comune che si basa su principi riconosciuti moralmente giusti dalla comunità .Tutta la filosofia di Platone è legata alla riflessione sulla politica . All'interno del suo pensiero è particolarmente importante l' opera LA REPUBLICA . Qui Platone costruisce uno Stato ideale, una città teorica dove vige una giustizia perfetta. Platone costruisce questa città non solo per studiare la migliore città immaginabile, ma anche per scoprire come gli individui dovrebbero vivere al meglio.

La città deve avere tre classi sociali: aurea (governanti) , argentea (guerrieri) , bronzea (lavoratori) .

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classe dei lavoratori (popolo, caratteristica la temperanza (sophrosúnê); parte dell'anima: concupiscibile)

classe dei guardiani (phylakes o guerrieri, caratteristica il coraggio (andreia); parte dell'anima: irascibile)

classe governativa (filosofi-re, caratteristica saggezza (sophía); parte dell'anima: razionale); Quest'ultima classe deve essere al potere, in quanto classe di innata sensibilità, di inesauribile curiosità intellettuale; i filosofi vogliono capire e non solo constatare, ma anche far funzionare la convivenza .

Nicolò Machiavelli fu il primo a separare la politica (quindi l'agire attraverso il potere) dalla morale (quindi l'agire secondo principi e valori riconosciuti giusti dalla comunità). Secondo Machiavelli la politica era a-morale (cioè priva di morale ma non immorale). Con lui politica diventa una scienza vera e propria, che non segue più la morale religiosa ma ne ha una propria. Nella sua opera più nota, Il Principe , specifica che chi governa (cioè il Principe) , non segue modelli assoluti per legiferare (Positivismo giuridico), ma deve fare tutto ciò che è possibile perché i sudditi vivano bene , anche mentire o uccidere. L'uomo virtuoso per Machiavelli è colui che riesce a trasformare ogni danno in una risorsa. Proprio da questo deriva la famosa massima "il fine giustifica i mezzi" . Ogni situazione particolare può essere analizzata e catalogata in base a caratteri generali. Per ogni problema è possibile quindi risalire ad una soluzione adatta in tutti gli altri casi in circostanze simili, e, rispettando questi criteri, funzionerà sempre. Anche la Fortuna gioca un ruolo importante. È dovere del principe prevenire i colpi della sorte pur non conoscendola. È celebre la metafora del

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fiume soggetto a piene stagionali. Di certo il principe non può sapere se e quando inonderà le terre vicine, né i danni che potrebbe causare, ma il probabile pericolo può essere evitato costruendo degli argini resistenti.

Emanuele Kant analizza l'uomo e in lui trova una tendenza egoistica, ovverosia una insocievole socievolezza: gli uomini tendono a unirsi in società, ma con una riluttanza a farlo davvero. Essi si associano per la propria sicurezza e si dissociano per i propri interessi. Ma è proprio questa conflittualità a favorire il progresso e le capacità del genere umano, perché gli uomini lottano per primeggiare sugli altri, come gli alberi: si costringono reciprocamente a cercare l'uno e l'altro al di sopra di sé, e perciò crescono belli dritti, mentre gli altri, che, in libertà e isolati fra loro, mettono rami a piacere, crescono storpi, storti e tortuosi. Secondo Kant, il diritto consiste nella limitazione della libertà di ciascuno alla condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro. La libertà di ognuno coesiste con la libertà degli altri. Ovviamente l'uomo kantiano non può non avere bisogno di un padrone,ma il padrone non è un altro uomo, bensì il diritto stesso. Kant conosce le tesi di J: Locke sul liberalismo ed anch'egli afferma che lo Stato mira a garantire la libertà di ogni persona contro chiunque altro. Lo"Stato repubblicano"che delinea si basa su"Tre principi del ragione":

La Libertà: L'Uguaglianza di tutti di fronte alla legge; L'Indipendenza dell'individuo (in quanto cittadino).

Questa visione dello Stato va in conflitto con un qualsiasi dispotismo presente, anche paternalistico. Secondo Kant

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infatti, «un governo paternalistico è il peggiore dispotismo che si possa immaginare», dato che costringe i sudditi ad attendere che il capo dello Stato giudichi solo mediante la sua bontà. C'è solo una soluzione a questo problema: essere liberi per poter esercitare le proprie forze nella libertà.

Tutti i filosofi sempre trattarono la ''POLITICA'' , in vari e differenti modi , soprattutto nel passato recente , i più si dedicarono maggiormente a tale branchia della filosofia che alle altre branchie , Montesqieu buonista , Marx padre del comunismo , Vico , Croce , per citarne alcuni a caso .

Iniziarono anche gli Americani a pensare , deposte le pistole gli uni , l' arco e le frecce gli altri , affrontarono il problema col liberalismo anglosassone e con la pragmatismo che li distingue , si occuparono molto di filosofia economica , influenzando coi loro pensieri anche la vecchia europa , KEYNES ed altri.

Il mio pensiero sulla politica rispecchia alcuni principi Socratico -Platonici-Aristotelici , non divido certo il popolo in classi , ma sono convinto che a comandare debbano essere persone di provata onestà e moralità , uomini saggi , di cultura elevata e di censo tale da non avere , di primo acchito , intenzioni malandrine , per non dire di peggio , anche l' appetito vien mangiando o come dicono in America del sud , Venezuela : no me den , ponganme adonde haya .

Certamente non chiudo la porta a gente di basso censo e di poca cultura , sempre ciò sia compensato da capacità imprenditoriali , intellettuali , organizzative ; comunque non transigo mai sulla comprovata onestà e moralità .

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Devono essere uomini liberi non vincolati a logiche di partito , gruppo o associazioni di tipo mafioso o para mafioso , logge di potere , per intenderci ; devono avere un profondo amore per la natura , per i nostri laghi , fiumi , boschi , parchi naturali e per le città che devono ritornare allo splendore di altri tempi . Siamo il paese con il maggior numero di opere d' arte , musei , monumenti , palazzi , siti archeologici , ed altro , eppure l' incuria dei governanti , la loro accidia fa si che tutto vada in malora . Da tempo , forse da sempre , nel mondo si assiste solo a litigi , guerre insulse , per avere più potere , dominare i più deboli o sfortunati con la ipocrita scusa di portare la libertà , benessere , eliminare la tirannia . In realtà i paesi ricchi non hanno mai sfamato i paesi più poveri , li hanno depredati , appropriandosi del loro petrolio , gas , oro, pietre preziose , metalli in genere a cambio di quattro sacchi di farina , mentre loro buttavano , distruggevano il surplus alimentare , per sostenere i prezzi di mercato ed arricchire sempre più i soliti noti , le sette sorelle , i sette fratelli, i sette cugini e chi più ne conosce più ne metta . Io penso che ahimè non esiste la tanto declamata democrazia , siamo controllati , comandati , tiranneggiati , da pochi subdoli diabolici individui , pare si divertano a sconvolgere tutto quanto a fatica costruiamo per donare a noi e a chi verrà un futuro migliore . Questa purtroppo è la politica oggi , potere , danaro , soprusi , i filosofi ed i governanti greci si rivoltano nella tomba .

Parafrasando il pensiero di ALMIRANTE , sempre attuale , Io vorrei una PATRIA libera, indipendente ,

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padrona del suolo eroicamente conquistato dai nostri martiri e civilizzato dai nostri predecessori , troppo ci è già stato tolto .

In politica estera , pur facendo parte della Comunità Europea e di varie organizzazioni mondiali , dobbiamo salvaguardare i nostri diritti e partecipare su principi di parità e giustizia . Il popolo è e sarà sovrano , ha e avrà il diritto di eleggere i propri rappresentanti al parlamento , con diritto di chiederne le dimissioni via referendum , allo stesso modo potrà chiedere l' abrogazione di leggi e la formulazione di altre .

La magistratura deve essere apolitica ed indipendente dagli atri poteri dello stato , se uno o più magistrati dimostreranno simpatie politiche , dovrà dimettersi immediatamente o essere automaticamente dimesso dai membri del CSM presente il capo dello stato , presidente di tale organo .

Dovrà essere garantito , dallo stato , il diritto al lavoro autonomo o dipendente , parimenti lo stato dovrà garantire la proprietà privata ed individuale , fondamento della ricchezza nazionale ;

Lo stato dovrà garantire , a chi ne abbia le capacità , il diritto alla istruzione e l'accesso a qualsiasi ordine di studi a spese dello stato .

Lo stato dovrà garantire la più amplia libertà di associazione, di parola e di stampa nei limiti della morale vigente .

Lo stato dovrà garantire a ciascun lavoratore una dimora sana e decorosa

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I diritti dei lavoratori saranno garantiti presso il datore di lavoro , sia questi un privato , una multinazionale o lo stato stesso , da un sindacato i cui dirigenti saranno eletti dai lavoratori

I sindacati avranno il diritto di proclamare scioperi settoriali ma non il diritto di paralizzare la nazione , non dovranno fomentare scandali , disordini o paralizzare il paese . Non potranno indire manifestazioni e cortei per protestare contro una legge legalmente approvata in parlamento e promulgata dal capo dello stato .

La religione ufficiale del paese è la cristiano cattolica romana , saranno permessi altri culti che non contrastino con le vigenti leggi dello stato .

I rapporti tra stato e chiesa saranno governati dal complesso dei Patti Lateranensi .

Personalmente avrei preferito il sano concetto di

''LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO ''

però , purtroppo , la storia non si può riscrivere .

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CREDOCredo in un Dio , pura luce ,Liberatore dalle tenebre del' ignoranza ,Amore , non vendetta , perdono , misericordia .Unico organizzatore e sapiente registaDel continuo , perenne divenire cosmico .Immortale , immensa fonte del sapere ,Antico , nuovo , a l' unisono... senza tempo .Poderoso , pietoso , giusto , saggio .Organizzatore del primordiale caos, Zagara profumata , sparsa ovunque nel cosmo ,Zufolo , tessitore di una melodiosa ,Infinita dolcezza di note , per ogni dove .

GIANLUIGI ATTILIO SAPORITICOMO 26 SETTEMBRE 2011

HO ATTINTO A PIENE MANI INFORMAZIONI DALLA MIA

RACCOLTA DI LIBRI E HO CONSULTATO WIKIPEDIA

CARA AMICA COME HO INZIATO CON UN PENSIERO PER TE , COSÌ CHIUDO L'OPERA , RICORDA , LAST BUT NOT LEAST

L'AMICIZIA È UN VALORE DA COLTIVARE ,

L' AMICO È UN BENE DA CONSERVARE

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