Tricologia - diagnostica e terapia

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INTRODUZIONE - pag. 5 Valutazioni psicologiche ed antropologiche sulla calvizie - pag. 5 RICHIAMO ENDOCRINOLOGO - pag. 8 Terminologia - pag. 8 Ricordi di biochimica degli steroidi - pag. 8 ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL FOLLICOLO PILOSEBACEO pag. 10 Richiami di embriologia del follicolo pilosebaceo - pag. 10 Generalità sulla cute e sul tessuto sottocutaneo - pag. 12 Struttura del capello e dei follicoli piliferi - pag. 13 Ghiandola sebacea - pag. 21 Muscolo pilo-erettore - pag. 22 Costituzione chimica del capello - pag. 23 Il ciclo del capello - pag. 24 Il ciclo “ideale” del capello - pag. 27 SOMMARIO EDIZIONI "TricoItalia" (Firenze) dicembre 2002 Andrea Marliani -diagnostica e terapia- parte prima edizione 2002 Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

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Libro di Andrea Marliani docente di spicco della scuola di Medicina Estetica di Bartoletti a Roma e Prof. a contratto presso il Master di Scienze Tricologiche dell'Università degli Studi di Firenze. Questi 9 (10) volumetti rappresentano i capitoli di un manuale dal titolo: “Tricologia -diagnostica e terapia-”. La dovizia di schemi, di figure e di foto istologiche e cliniche, di tipo esplicativo, in compagnia di un’elegante veste grafica fanno di questa opera un prodotto di qualità.

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INTRODUZIONE - pag. 5Valutazioni psicologiche ed antropologiche sulla calvizie - pag. 5

RICHIAMO ENDOCRINOLOGO - pag. 8Terminologia - pag. 8Ricordi di biochimica degli steroidi - pag. 8

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL FOLLICOLO PILOSEBACEO pag. 10Richiami di embriologia del follicolo pilosebaceo - pag. 10Generalità sulla cute e sul tessuto sottocutaneo - pag. 12Struttura del capello e dei follicoli piliferi - pag. 13Ghiandola sebacea - pag. 21Muscolo pilo-erettore - pag. 22Costituzione chimica del capello - pag. 23Il ciclo del capello - pag. 24Il ciclo “ideale” del capello - pag. 27

SOMMARIO

EDIZIONI "TricoItalia" (Firenze) dicembre 2002

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte prima

edizione 2002Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia

(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

“TRICOLOGIA”-diagnostica e terapia-

edizione 2002parte ITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoGuido Vito Trotter

SOMMARIO:INTRODUZIONE - pag. 5Valutazioni psicologiche edantropologiche sulla calvizie - pag. 5

RICHIAMO ENDOCRINOLOGICO - pag. 8terminologia - pag. 8Ricordi di biochimica degli steroid i- pag. 8

RICHIAMI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA - pag. 10Richiami di embriologia e fisiologia - pag. 10Generalità sulla cute e sottocutaneo - pag. 12Struttura del capello e dei follicoli piliferi - pag. 13Ghiandola sebacea - pag. 21Muscolo piloerettore - pag. 22Costituzione chimica del capello - pag. 23Il ciclo dei capello - pag. 24Il ciclo “ideale” del capello - pag. 27

EDIZIONI “Tricoitalia” Firenze

dicembre 2002

INTRODUZIONEa cura di Guido Vito Trotter

La biologia ci insegna che i capelli non hannoscopo funzionale per la razza umana chep ot rebbe soprav v i ve re benissimo anche sefosse completamente calva. Forse gli uomini del futuro considereranno icapelli e i peli come annessi inutili, assoluta-mente poco igienici e si abitueranno a depi-larsi in tutte le parti del corpo, testa compre-sa. Perché allora gli umani di oggi, poveri pri-mitivi, "tengono" tanto alla capigliatura dasoffrire per essa? Perché hanno per la perditadei capelli sensazioni di angoscia così impor-tanti da portarli ad accettare cure dispendio-se, spesso inutili e tentativi, anche dolorosi, diricostruzione di un qualcosa che in fondo èbiologicamente inutile, non avendo più signi-ficato né di termoregolazione né di protezio-ne? Una risposta possono offrircela la psicolo-gia e l'antropologia.

Una diversa lunghezza dei capelli fra maschioe femmina fa parte del nostro patrimonio cul-turale anche per motivi biologici. Sebbene laloro crescita in lunghezza avvenga nei duesessi quasi alla stessa velocità, nel maschio siha un ricambio di capelli a velocità doppia otripla di quella che si ha nella femmina; lafase anagen dei capelli di un uomo dura infat-ti mediamente circa 3 anni mentre nelladonna dura fra i 6 e i 10 anni. Il capello delmaschio cade pertanto ad una lunghezza teo-rica di circa 30-35 cm mentre quello delladonna può raggiungere anche i 100-120 cm.In natura la lunghezza dei capelli è un attri-b u to imp o rta n te del dimorfismo sessuale.Siamo perta n to ancest ra l m e n te abituati aconsiderare femmina l’individuo con i capellilunghi e maschio quello con i capelli corti.

E se i capelli non ci sono più? Allora è comese ci fosse una regressione ad una condizioneanaloga a quella infantile, nella quale non sisono ancora ben differenziati i due ruoli, con

i diritti ed i poteri che essi comportano.La perdita dei capelli può essere pertantoinconsciamente vissuta dal maschio come per-

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dita di virilità o castrazione e dalla donnacome perdita di femminilità.

E' significativo a questo proposito l'esempio di"evirazione" subita da Sansone che fù sconfit-to dai Filistei solo dopo il tradimento da partedella propria donna, venuta a conoscenza chela sede della sua immensa forza era nei capel-li.Nella storia e nella mitologia i riferimenti aicapelli come sede di forza, di energia, di ferti-lità e virilità sono innumerevoli e li ritrovia-mo praticamente in tutte le culture umane,per una sorta di memoria mitico - storicacomune le cui radici si perdono nella nottedei tempi.Tornano in mente le usanze iniziatiche, pro-prie delle culture anteriori alla formazione dicaste, che si ritrovano in tutti i continenti main particolare nelle isole dell'Oceano Pacifico,

dove ai neofiti non veniva permesso di lasciar-si crescere i capelli che dovevano essere tenu-ti rasati o, in tempi successivi, dovevano esse-re nascosti da una calotta di pelle che mima-va una calvizie e che non doveva essere toltase non ad iniziazione completa; in particolarenon era permesso ai giovani di mostrarsi alledonne senza tale copricapo. Si riteneva che lacrescita dei capelli permettesse la fertilità e lapotenza sessuale e levarsi il copricapo di pelleera quindi contrassegno del passaggio dallacondizione di fanciullo a quella di uomo.Così, ancora, per i monaci orientali il craniorasato è simbolo di castità. I sacerdoti Hodelle tribù della Africa occidentale concepi-scono i capelli come sede del loro Dio. I Masaiposseggono la magia di "far pioggia" solo fin-ché non si tagliano barba e capelli. In alcunezone della Nuova Zelanda, quando si ritenevaindispensabile accorciare i capelli, si conside-rava il giorno del taglio come il più sacro del-l'anno.Anche nella nostra cultura occidentale unagran massa di capelli costituiva patrimonioindispensabile alla potenza di un sovrano.Basta pensare alla stupenda parrucca di ric-cioli inanellati di Luigi XIV ed al fatto chel'appellativo di "Cesare", "Kaiser", "Zar", attri-buito nel corso dei secoli a sovrani o condot-tieri, ha anche un risvolto etimologico riferitoa lunghi capelli da tagliare. Così se GiulioCesare si ritrovò di volta in volta costretto aricorrere ad un riportino o ad una corona dialloro, l'imperatore Adriano non esitò a dissi-mulare con una parrucca quello che i suoic o n te mp o ranei consideravano una gravedeformità. La stessa corona regale del restocon lo scopo dichiarato di abbellire la capi-gliatura del sovrano serve (anche) a dissimula-re una incipiente calvizie. La calvizie dellaregina Nefertiti e la preoccupazione del popo-lo per la chioma della sovrana, indicano quan-ta importanza fosse data dagli antichi abitan-

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ti dell'Egitto alla loro capigliatura. Lo scalpo è stato a lungo l'espressione delvalore del guerriero, la prova del coraggio inbattaglia, il segno tangibile di una vendettaottenuta. Lo scalpo dei nemici uccisi era quin-di un ambito trofeo nella tradizione bellicadegli Sciti e dei Giudei di Maccabeo e lodivenne poi in quella dei pellerossa americaniche pensavano che Manitù portasse in cielo iguerrieri uccisi in battaglia afferandoli per icapelli. Con l'avvento della religione cristiana la ton-sura divenne pratica abituale per i monaci,convinti così di rendersi sessualmente nonattraenti ed esprimere umiltà, obbedienza edistacco dai beni del mondo. Imporre invece il taglio dei capelli è semprestato segno di profondo disprezzo. Gli antichiRomani tagliavano i capelli dei prigionieri,delle adultere e dei traditori.capelli sono sempre stati considerati simbolo

di virtù muliebre, sicché la ricchezza di unafulgida chioma consentiva a Lady Godiva diapparire virtuosa quando a cavallo percorrevanuda le strade di Coventry, mentre, al tempodella seconda guerra mondiale, donne accusa-te di facili costumi o di collaborazionismo conil nemico venivano rasate e poi costrette amostrarsi ai concittadini. Anche le streghe,nel nostro medioevo, prima di essere giustizia-te venivano rasate sia per esporle alla pubbli-ca vergogna ed al disprezzo di tutti sia perchési riteneva che nei capelli fosse riposta granparte della loro potenza malefica, sicché, rasa-te, non potessero più nuocere.Nell'immaginario collettivo la calvizie conferi-sce inoltre un'idea di prematuro invecchia-mento ed un esplicito segno di declino ed èspesso per l'individuo causa di insicurezza nelsuo inserimento sociale.

Concludendo: la diversa durata della fase ana-gen nell'uomo e nella donna ha fatto sì che la

lunghezza dei capelli sia diventata simbolo didimorfismo sessuale. L'essere umano ha poiriposto nei capelli significati simbolici semprepiù complessi, sicché la loro caduta è spessovissuta inconsciamente come uno stato diregressione ad una condizione infantile edasessuata, come perdita di forza e potenza,come invecchiamento, come disonore, comecastrazione. Nella storia umana nessuna cul-tura mai è rimasta indifferente ai problemidei capelli.

Nell'essere umano i capelli hanno la funzionedi essere visti per esprimere, fra conscio edinconscio, complessi messaggi sociali!

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R I CHIAMO ENDOCRINO LO G I COterminologia

E' opportuno ricordare il significato di alcunitermini che spesso verranno usati nel testo:

autocrino: (aggettivo) dicesi di una protei-na ad azione ormonale che agisce sulla cellu-la stessa che l'ha prodotta, si tratta cioè di unormone endocellulare;paracrino: (aggettivo) dicesi di una protei-na ad azione ormonale prodotta da una cellu-la e che agisce su cellule contigue o vicine; gliesempi più conosciti sono la famiglia delleInterleuchine e l'Epidermal Grow Factor;fattore di crescita: (sostantivo) dicesi diuna proteina ad azione ormonale capace dimodulare in senso di crescita o inibizione lavita della cellula che l'ha prodotta (azioneautocrina), di cellule vicine o contigue (azio-ne paracrina) o di cellule lontane (azioneormonale in senso classico. Gli esempi piùnoti sono l'Insulina e la Somatomedina),calone: (sostantivo) è un fattore di crescitaad azione inibitoria. Gli esempi più noti sonol ' i n te rfe rone (o gli Inte rfe roni) ilTransforming Growth Factor beta, il Fattoredi Necrosi Tumorale;ormone: (sostantivo) in senso classico è unaproteina (o comunque una sostanza organica)che, prodotta da cellule specifiche ed a ciòdeputate, viene riversata nel torrente circola-torio per agire su "cellule bersaglio" anchemolto lontane.

E' importante inoltre ricordare che, in sedi edin circostanze specifiche e a seconda della cel-lula bersaglio, anche tutti gli ormoni in sensoclassico come gli ste roidi, il TS H - R H ,l'Insulina ecc, possono avere attività autocrinao paracrina o agire antiteticamente come fat-tori di crescita in senso di stimolo o di inibi-zione.

Ricordi di Biochimica degli steroidi

Gli ormoni prodotti dall'ipofisi sono di naturaproteica. Di contro gli ormoni di origine ova-rica e surrenalica sono di natura steroideacome la quasi totalità dei composti ormonaliutilizzati in terapia tricologica.

Il nucleo steroideo di base è il ciclo-pentano-peridro-fenantrene, costituito da 17

atomi di carbonio che occupano posizioninumerate da 1 a 17.Per addizione di radicali su questo compostotetraciclico si formano tre nuclei steroideiprincipali, costituenti di base dei tre gruppisteroidei sintetizzati dall'organismo.

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ESTRANO, a 18 atomi di carbonio(addizione di un radicale metilico in posizio-ne 13, che rappresenta il carbonio 18), è labase dei componenti ad azione estrogenica.estrogenica.

ANDROSTANO, a 19 atomi di carbonio (addi-zione di due radicali metilici in posizione 10

e 13, che rappresentano rispettivamente i dueatomi di carbonio 19 e 18), è la base dei com-ponenti ad azione androgenica.

PREGNANO, a 21 atomi di carbonio(addizione di due radicali metilici in posizio-ne 18 e 19, che rappresentano rispettivamen-te i due atomi di carbonio 13 e 10, e di unradicale a due atomi di carbonio in posizione17, che rappresentano gli atomi di carbonio20 e 21), è la base del progesterone e dei cor-ticosteroidi surrenalici.

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"TRICOLOGIA"Scienza che studia i fenomeni della fisiologiae della patologia del capello (e del pelo) inrelazione al "conoscere" in quanto tale.

R I CHIAMI DI ANATOMIA E FISIOLO-GIA DEL FO L L I CO LO PILO S E BAC E O

Richiami di embriologia del follicolopilosebaceo

Per comprendere l’anatomia e la fisiologia delfollicolo pilifero è necessario anche conoscerele fasi del suo sviluppo embrionale. Granparte di queste fasi embrionarie si ripetonoquasi identiche ad ogni nuovo anagen duran-te tutta la vita adulta.

Nell'embrione al terzo mese di gestazione nonesiste follicolo pilosebaceo ed il derma è rico-

perto soltanto da un’epidermide molto sottile.

Al quarto mese, in punti geneticamente pre-fissati (gene Eda-A1), alcune cellule epidermi-che proliferano e poi si approfondiscono nelderma spinte da uno specifico "messaggio",verosimilmente un fattore di crescita dellafamiglia dell'Epidermal Growth Factor (EGF)che definiamo Hair Growth Factor (HrGF)

prodotto dai cheratinociti stessi.

Queste cellule si aprono la strada fino alderma papillare, finché una papilla dermicanon si trova a fronteggiarle e ne inibisce laproliferazione e la discesa con un "messaggioparacrino", presumibilmente un calone (fatto-re inibitorio) della famiglia dei TransformingGrowth Factor: il TGF beta.A questo punto la discesa nel derma della

colonna di cellule epiteliali si arresta brusca-mente e, come trascinate dallo slancio, le cel-lule epidermiche più periferiche della colon-na stessa avvolgono la papilla dermica che nerimane inglobata a campana. Si è costituitoun bulbo pilifero rudimentale e siamo ormaial quinto mese di gestazione. Le cellule epi-dermiche all'esterno del bulbo, spinte dal"messaggio proliferativo" e più lontane dal"messaggio inibito rio", continuano comun-que, seppure più lentamente, a proliferare e

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danno origine alla matrice del pelo.

Via via che originano dalla matrice del pelo lecellule più vecchie vengono spinte verso l'altoe vanno incontro al processo di cheratinizza-zione. Lungo questa migrazione verso l'alto le cellu-le in cheratinizzazione incontrano una zonanella quale la membrana basale, all'esternodel follicolo, si è ispessita ed ha formato unmanicotto rigido (guaina vitrea) che, comeuna filiera, le modella a formare un cilindrocompatto (il pelo) che man mano emerge dal-l'epidermide.Al sesto mese il follicolo presente esternamen-te una guaina vitrea, una guaina epite-liale esterna e una guaina epitelialeinterna (che corrispondono ai vari strati cel-lulari dell'epidermide), nonché del fusto (checorrisponde allo strato corneo dell'epidermi-de). Compare ora anche l'abbozzo della ghian-dola sebacea.

Esula dallo scopo di questo lavoro descriveredettagliatamente tutte le fasi dello sviluppoembrionario dell'apparato pilosebaceo (per lequali rimandiamo ai lavori riportati in biblio-grafia) ma è comunque importante sottolinea-re che al sesto e settimo mese il feto è comple-tamente coperto di fine lanugine (vello feta-le), priva di midollo, che cade, in gran parte,

poco prima della nascita verso la fine dell'ot-tavo mese. Comunque il neonato a termine haancora una quantità variabile di peli che poiperderà rapidamente anche se in maniera gra-duale e progressiva.Alla formazione di questa lanugo fetale non èprobabilmente estranea la particolare situa-zione endocrina della surrene fetale ch e ,verso la fine della gravidanza, produce anche200 mg di steroidi al giorno, in particolareDHEA-S (ricordiamo anche che una steroido-solfatasi mitocondriale fa parte del patrimo-nio enzimatico del follicolo pilifero). Questo èdovuto ad una inibizione della 3-beta-idrossi-ste ro i d o d e i d ro genasi, diret ta conseguenzadella enorme quantità di estrogeni prodottadall'unità feto-placentare. Alla nascita, con ladrastica riduzione degli steroidi placentari ela conseguente rimozione del blocco sulla 3-beta-HSD, si ha un'onda di muta. Inoltre,anche le grandi quantità di estrogeni e di pro-gesterone che il feto ha a disposizione posso-

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no non essere estranee alla crescita dei capel-li primitivi. Quest'onda di alopecia ora descritta è sincro-na per tutti i peli del corpo, come la mutadegli animali da pelliccia, e solo dopo la nasci-ta si stabilisce la tipica crescita a mosaico deipeli e dei capelli. E' importante notare che sequesta onda di alopecia porta alla caduta delpelo non porta certo alla scomparsa del folli-colo pilifero.

Dopo la nascita i peli lanugo vengono via viarimpiazzati da peli terminali e sul cuoiocapelluto compaiono veri capelli, che diventa-no col tempo sempre più lunghi e più grossi.A questa evoluzione contribuisce sicuramentel'azione del somatotropo, forse attraverso ilsuo tipico mediatore il fattore di crescitaIGF1 (somatomedina C), o forse attraverso lamediazione dell'Hair Growth Factor o di una l t ro fa t to re di cre s c i ta della fa m i gl i adell'EGF.

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Generalità sulla cute e sul tessutosottocutaneo

La pelle, o cute, è formata dall'EPIDERMIDEo parte superficiale, e dal DERMA sottostan-te. Più profondamente si trova l'IPODERMAo tessuto adiposo sottocutaneo. L'epidermideè separata dal derma da una MEMBRANABASALE.L'epidermide (tessuto epiteliale di rivestimen-to) è formata da vari stipiti cellulari dei quali

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il più specifico e rappresentativo, costituitodai "cheratinociti", si distribuisce in numero-se file di cellule sovrapposte suddivise in 5strati: basale, spinoso, granuloso, lucido (pre-sente solo sul palmo della mano e sulla pian-ta del piede) e corneo; i cheratinociti si ripro-ducono solo nella parte più profonda, lo stra-to basale, e da qui, "invecchiando", risalgonoverso la superficie (in un tempo medio di 28giorni) elaborando nel loro interno una fibro-proteina (cheratina) dotata di particolare resi-stenza nei confronti delle aggressioni esterne.Il distacco delle cellule ormai morte, dallasuperficie epidermica, avviene generalmentein maniera invisibile; se invece, per qualchemotivo, si formano degli ammassi cellulari (dimilioni di elementi), il distacco diventa visibi-le sotto forma di squame (l'esempio più cono-sciuto in tricologia è la forfora). L'epidermideè priva di circolazione arteriosa e venosa, lostrato basale è l'unico ad avere bisogno dinutrimento e lo riceve, per diffusione, dalderma sottostante. La membrana basale è unastruttura complessa, di forma ondulata, cheha il compito sia di ancorare l'epidermide alderma sia di permettere e regolare gli scambi(nutritivi e di rifiuto) ed i "messaggi" fra que-

sti due tessuti.Nel derma (tessuto connettivale) le cellulesono più scarse e di vario tipo. Fra questeri c o rdiamo i fi b ro b l a sti, che pro d u c o n ocostantemente fibre reticolari, collagene edelastiche (servono sia da impalcatura di soste-gno sia per conferire elasticità e morbidezzaal tessuto) e alcuni componenti quali zucche-ri e proteine, nonché una sostanza gelatinosa,d e fi n i ta "sostanza fo n d a m e n tale" (fo rm a taanche da sali ed acqua), nella quale le cellulestesse e le fibre si trovano immerse. Il dermaè ricco di vasi sanguigni, linfatici, fibre e ter-minazioni nervose.

L'ipoderma (tessuto adiposo sottocutaneo) è,infine, composto principalmente da fasci digrosse fibre intrecciati fra loro (in diretta con-tinuazione di quelli del derma) che delimita-no una serie di spazi (logge adipose) occupatida cellule adipose; cellule e terminazioni ner-vose sono più scarse mentre abbondante sipresenta l'irrorazione sanguigna. Sotto l'ipo-derma si trovano infine le fasce muscolari coni relativi muscoli.

Struttura del capello e dei follicolipiliferia cura di Marino Salin

La cheratinaLa sostanza fondamentale che costituisce ilcapello ed il pelo è la cheratina, una sclero-proteina che per le sue caratteristiche di com-pattezza, resistenza, elasticità, insolubilità edurezza viene definita come "cheratina dura"(fibrocheratina).

La cheratina del pelo è composta da 18 ami-noacidi. All'analisi cromatografica di peli nor-mali si trovano in abbondanza cistina, cistei-na, serina, glutammina, arginina, asparagina,prolina, glicina, valina, leucina, isoleucina e

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in quantità minori altri aminoacidi come trip-tofano, treonina, tirosina, fenilalanina, argini-na, alanina, metionina.

AMINOACIDI INDIVIDUATI NELLA CHE-RATINA DURA DEL CAPELLO (in %).

aminoacidi con catena laterale di tipo idrocarburo:1 glicina 4,1 - 4,22 alanina 2,83 valina 5,5 - 5,94 leucina 6,4 - 8,35 isoleucina 4,7 - 4,86 fenilalanina 4,1 - 4,27 prolina 4,3 - 9,6aminoacidi con catena laterale di tipo idrossilico:8 serina 7,4 - 10,69 treonina 7,1 - 8,510 tirosina 2,2 - 3,0aminoacidi con catena laterale di tipo acido:11 acido aspartico 3,9 - 7,712 acido glutammico 13,6- 14,2aminoacidi con catena laterale di tipo basico:13 arginina 8,9 - 10,814 lisina 1,9 - 3,115 istidina 0,6 - 1,2aminoacidi con catena laterale di tipo eterociclico:16 triptofano 0,3 - 1,3

aminoacidi con catena late rale con conte n u to di zolfo :17 cistina 16,6- 18,018 metionina 0,7 - 1,0

In realtà la molecola di cheratina, assai com-plessa, è essenzialmente costituita da due pro-teine assai diverse tra loro sia per il contenu-to aminoacidico che per la organizzazionemolecolare, sequenziale, ripetitiva, cristalli-na.

Uno dei due costituenti proteici della cherati-na è formato da un filamento non molto riccodi aminoacidi solforati, la cheratina filamen-tosa, a sua volta costituita da una quota linea-re (beta cheratina) e da una quota organizza-

ta ad alfa elica (alfa cheratina) in cui si trova-no gli aminoacidi solforati (soprattutto cistei-na). L'alfa cheratina ha forma elicolidale condiametro dell'elica di circa 9,8 Å e passo dicirca 5,1 Å.L'altro costituente proteico della cheratina èinvece molto ricco di aminoacidi solforati,non ha forma filamentosa, e viene definitoc h e ratina amorfa o anche m a t ri c eamorfa della cheratina perché si trova ariempire gli spazi, altrimenti vuoti, fra la com-ponente filamenosa. E’ su questo che agiscel'acconciatore con i liquidi ondulanti dellapermanente.La cheratina amorfa è costituita da tre grup-pi di proteine che possiamo chiamare: 1) adaltissimo contenuto di zolfo, per 1/3 cistina,2) ad alto contenuto di zolfo, 3) ad alto conte-nuto di tirosina e glicina.

La resistenza e le proprietà fisiche del capello

sono legate alla stretta interazione fra le che-ratine filamentose e la matrice amorfa (chera-tina amorfa) che le ingloba.

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Il fusto del capelloA livello dell'epitelio germinativo del bulbopilifero la matrice del capello si dovrà trasfor-mare nei tre diversi componenti del fusto delpelo: cuticola, corteccia, midollo.La cuticola è costituita da una sola filieradi lunghe cellule cheratinizzate, prive di pig-

mento e di forma quadrangolare che, embri-candosi con il bordo libero rivolto verso l'alto,formano il tipico disegno "a tegolato" dellasuperficie del capello.Per sovrapposizione delle cellule della cutico-

la questa appare, in sezione microscopica, for-mata da 7 - 12 filiere cellulari.Il test della spiga è un esame semeiologicomolto semplice ma utile per evidenziare difet-

ti della struttura cuticolare dei capelli, ingenere dovuti ad agenti fisici o chimici (disor-dine cheratinico) od a fatti malformativi con-geniti. Consiste nel far ruotare e scorrere uncapelli sfregandolo fra pollice ed indice: l'e-stremità prossimale di un capello normale siallontana dalle dita mentre quella distale siavvicina per la posizione “a spiga” o “a tego-lato” delle cellule della cuticola. Se le cellulecuticolari sono danneggiate o asportate que-sto ovviamente non avviene.La corteccia o “corticale” è costituita da cel-lule cheratinizzate e pigmentate, cioè trasfor-mate in cheratina e ricche di melanina, cheformano i cosiddetti “fusi” o “cellule fusifor-mi”. La cheratina dei fusi si forma per tappe suc-

cessive. Alla prima tappa si legano "testa-coda"le catene proteiche filamentose di cheratinabeta. Successivamente, come seconda tappa,si formano ponti disolfuro tra le molecole dicisteina (che diventa cistina) del filamentocheratinico; si costituisce così la tipica alfa

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elica della cheratina (cheratina alfa).

La terza tappa si realizza per il legame tra fila-

menti diversi di cheratina alfa tramite pontidisolfuro fra molecole di cistina.Si formano così lunghe catene di alfa cherati-na legate insieme tre alla volta a costituire il“protofilamento” o “protofibrilla”.Alla quarta tappa più protofilamenti (sei osette) vengono cementati fra di loro dalla

matrice amorfa proteica della cheratina (che-ratina amorfa), ricca di aminoacidi solforati,sempre mediante ponti disolfuro, a costituirel'entità elementare della struttura cheratini-

ca: il tonofilamento o microfibrilla di circa 85A° di diametro.

La cheratina è dotata di una struttura secon-

daria data da legami di idrogeno e salini chesi instaurano fra i vari aminoacidi e consentel'avvolgimento ad alfa elica (destrorsa) dellecatene proteiche dei capelli. In pratica ognigruppo carbossilico -CO è legato mediantelegame ad idrogeno al gruppo -NH che sitrova sopra di lui, sul giro di spirale contiguo.Tutti i legami ad idrogeno sono allineatilungo l'asse maggiore dell'elica; un giro dell'e-lica impegna mediamente 3,6 aminoacidi emisura 0,54 nm; sappiamo da Linus Pauling(che lo notò mediante autoradiografia a raggiX) che l’elica si ripete ogni 5 giri, cioè ogni 18aminoacidi.

Infine, un grande numero di tonofilamenti,sempre uniti fra di loro da ponti disolfuro,costituiscono un “fuso” o “cellula fusiformedella corticale”; molti fusi formeranno infinela corticale del capello.Tra un fuso e l'altro si trova la cheratinaamorfa (matrice amorfa proteica della chera-tina), granuli di pigmento melanico e bollici-ne d'aria; la densità del pigmento e la quanti-tà delle bollicine determineranno il colore delcapello. Il processo di cheratinizzazione sicompleta solo a livello del colletto del pelo.Il capello è quindi una complessa treccia dicheratina, di lunghezza variabile, prodotta da

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una particolare struttura epidermica che siaffonda a dito di guanto nel derma: il follico-lo pilifero.

Il midollo, quasi assente sopra la zona della

matrice, è ben rappresentato in prossimità delbulbo e tende poi a diminuire distalmente nelfusto, è costituito da grandi cellule cheratiniz-zate, lassamente connesse, disposte in filiereo rd i n a te contenenti granuli di melanina,“bollicine” d'aria e soprattutto filamenti dicheratina amorfa.

Il pelo è quindi una struttura cheratinica diforma cilindrica, con diametro, nei latini, dicirca 65-78 micron (1 micron = 1 millesimo dimillimetro); deriva da una invaginazione epi-dermica detta follicolo pilifero, appositamen-te specializzata. Il follicolo pilifero forma conil piano cutaneo un angolo acuto di circa 75°.La struttura del follicolo pilifero consta didue porzioni, una superiore stabile ed unainferiore caduca o ciclica; il punto di confinefra queste due parti è detto colletto del pelo. Alla base di questa complessa struttura trovia-mo un piccolo bottone dermico che la compe-netra: la papilla. La papilla dermica, con lasua ricca vascolarizzazione, nutre uno stratodi particolari epiteliociti (tricocheratinociti)che sono con questa in stretto contatto e daiquali prende origine il pelo; questa strutturaepiteliocitica è detta matrice del pelo. Le cel-lule della matrice, moltiplicandosi, si sospin-gono verso l'alto all'interno del follicolo e,ch e ratinizzandosi (zona ch e ra to gena delbulbo), danno luogo alla formazione del pelo.La moltiplicazione cellulare dei tricocherati-nociti e la sintesi della cheratina avvengonoverosimilmente sotto la spinta di un “messag-gio autocrino”, presumibilmente un fattore dicrescita (non ancora definito) della famigliadell'EGF che potremmo definire come HairGrowth Factor (HrGF), e sono più attive nellezone periferiche della matrice, forse perchépiù lontane da un “messaggio paracrino inibi-

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torio” prodotto dalla papilla dermica (verosi-milmente il TGF beta); così il pelo assume lasua caratteristica forma a tubo e si crea lazona midollare.Matrice del pelo e zona cheratogena costitui-scono il bulbo. Nel pelo normale, fra la matri-ce e la zona cheratogena, si nota, più o menoaccentuata, una strozzatura del bulbo stessoche assume un aspetto leggermente a clessi-dra. I melanociti, presenti subito al di sopradelle cellule germinative della matrice, cedo-no pigmento melanico alle cellule in via dicheratinizzazione ed il pelo prenderà il suocaratteristico colore via via che avanza lungoil follicolo e via via che i cheratinociti che locompongono si trasformano in cellule cornee.Il pelo, come già accennato, ha tre strati: lacuticola, la corteccia ed il midollo. Il follicoloha una guaina connettivale, una guaina epite-liale esterna (guaina propria del follicolo) eduna guaina epiteliale interna (guaina propriadel pelo) che, presente dalla matrice al collet-to, si trova all'esterno della cuticola del pelo eche al colletto, precisamente a livello dellosbocco della ghiandola sebacea, scompare condesquamazione delle sue cellule cheratinizza-te che si mescolano col sebo. Annessa alla por-zione superiore e stabile del follicolo vi è laghiandola sebacea il cui, secreto grasso, dettosebo, e lubrifica il pelo aprendosi nel follicolostesso poco sopra colletto.Attaccato al derma papillare ed a livello dellaparte inferiore del terzo medio del follicolo viè anche un piccolo muscolo: il muscolo eret-tore del pelo, dotato di fibre motorie, si con-trae sotto stimolo adrenergico ed è responsa-bile del fenomeno dell'orripilazione (la “pelled'oca”).Ogni follicolo pilifero è dotato di un riccoplesso nervoso nel quale sono state ben iden-tificate fibre sensitive (Montagna W.). L'altacapacità percettiva della pelle umana è ingran parte correlata con l'innervazione dei

suoi follicoli piliferi; l'uomo è l'unico mammi-fero i cui follicoli piliferi sono tutti dotati dicapacità tattile e dolorifica (capacità che neglialtri mammiferi è presente solo nelle vibris-se). Pa rte cospicua del plesso nervoso del fo l l i-colo pilife ro è però cost i t u i ta da fi b re simp a t i-che nora d re n e rg i che ed è sta to dimost ra to ch ela simp a t i c e c tomia provoca una più rapida cre-s c i ta dei peli (Balus I.) attribuibile all'elimina-zione di un effet to inibito rio o all'aumento delflusso ematico locale (Fe rguson K. A. ) .I follicoli piliferi sono distribuiti su tutta lasuperficie cutanea, mancano solo sul palmodelle mani, sulla pianta dei piedi, sulle falan-gi distali, sulla cute del pene e sulle semimu-cose. I peli che ne derivano sono fondamen-talmente di due tipi:- peli piccoli e quasi invisibili, lanugine o vel-lus, che troviamo sulle orecchie, sulla fronte,sul tronco e sulle guance delle donne - peli grossi e pigmentati, peli terminali, pre-senti solo in alcune sedi e con caratteristichediverse da zona a zona: lunghi e morbidi sulcuoio capelluto (capelli), corti ed irregolarialle ascelle ed al pube, corti e rigidi alle pal-pebre (ciglia) e sulle arcate orbitarie (soprac-c i glia), discreta m e n te lunghi e grossi alleguance maschili (barba).

Il CAPELLO, che fa parte dei peli termina-li, si trova in un particolare alloggio dellapelle, a forma di sacco, inclinato di circa 75°rispetto alla linea della superficie cutanea,denominato FOLLICOLO PILIFERO. Laparte inferiore del follicolo pilifero si trovanormalmente nella parte più profonda delderma ma il livello è variabile da capello acapello (la profondità media è di circa 0,6 - 1cm). In corrispondenza del terzo superioredel follicolo pilifero sbocca la ghiandola seba-cea, per cui l'insieme viene più propriamentedefinito follicolo pilosebaceo. Al di sotto della

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ghiandola sebacea, sulla parete esterna delfollicolo, è ancorata l'estremità inferiore delmuscolo erettore del pelo. Sia il muscolo chela maggior parte della ghiandola sono sempreposti dalla parte dell'angolo ottuso formatodall'asse del follicolo con la superficie oriz-zontale dell'epidermide (in questo modo lacontrazione del muscolo fa assumere al pelouna posizione verticale).

Nel follicolo, dalla superficie scendendo inprofondità si distinguono:

a) uno sbocco sulla superficie cuta n e a ,OSTIO;b) una zona compresa fra ostio e colletto,INFUNDIBOLO, dove fra pelo e parete delfollicolo è presente uno spazio libero, normal-mente riempito di aria, sebo e detriti cellula-ri;c) una strozzatura a livello del terzo superio-re, C OLLETTO, nel cui punto inferioresbocca la ghiandola sebacea e termina, des-quamando, la guaina epiteliale interna; d) una parte intermedia o ISTMO, fra collet-to e punto di attacco inferiore del muscoloerettore del pelo;

e) infine, al di sotto dell'istmo stesso, unaPARTE PROFONDA, alla cui base, cioèalla base del follicolo stesso, è presente un'in-cavatura rivolta verso l'alto, delimitata dallecellule della matrice e contenente una struttu-ra connettivale, una specie di “gomitolo” divasi sanguigni, linfatici e strutture nervose, laPAPILLA, che ha il compito di provvedereal nutrimento ed al controllo endocrino eparacrino delle cellule della matrice del pelo.

Sempre nel follicolo, dall'esterno verso l'inter-no, si riconoscono:1) la GUAINA CONNETTIVALE, che è lapiù esterna, ricca di vasi sanguigni e termina-zioni nervose e formata da strati concentrici elongitudinali di fibre collagene con numerosecellule (fibroblasti);2) la MEMBRANA VITREA, diretta conti-nuazione della membrana basale cuta n e a(rispetto alla quale ha perduto il caratteristicoaspetto ondulato);3) la GUAINA EPITELIALE ESTERNA,diretta continuazione degli strati profondidell'epidermide che si invaginano seguendo lamembrana vitrea; le cellule che la compongo-no, in corrispondenza della papilla, assumonole caratteristiche proprie della matrice delpelo. La guaina epiteliale esterna presenta dallato in cui il follicolo forma con il piano cuta-neo un'angolo ottuso, un'apertura irregolar-mente circolare attraverso cui passa il dottoe s c reto re della ghiandola sebacea; più inbasso questa guaina diventa più spessa for-mando una sporgenza sulla quale si trova ilpunto inferiore di ancoraggio del muscoloerettore del pelo;4) la GUAINA EPITELIALE INTERNA,formata da tre strati di cellule che originano,come quelle del pelo, dalle cellule della matri-ce; il suo compito è quello di ancorare ilcapello al follicolo e formare un involucro piùrigido rispetto al pelo che contiene in modo

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da modellarlo ed orientarlo correttamente. Laguaina epiteliale interna, che è quindi a diret-to contatto con il pelo, termina in corrispon-denza del colletto dove le sue cellule desqua-mano all'interno dell'infundibolo e si mesco-lano al sebo.

Nel capello (o nel pelo) normalmente svilup-pato si distinguono tre parti:I) una esterna al follicolo, visibile, STELO oFUSTO. Ha uno spessore nel capello dell'adul-to medio di 65 - 78 micron; II) una interna al follicolo stesso, fra l'ostiodel follicolo e l'attacco inferiore del muscoloerettore del pelo, RADICE, immersa nellacute e quindi normalmente non visibile; III) una sottostante, alloggiata nella porzionepiù profonda del follicolo, BULBO, caratteriz-zata alla sua base da due - tre file di cellulesovrapposte a rapida riproduzione che costi-tuiscono la MATRICE. Queste sono le sole cel-lule capaci di mitosi nel pelo.Le cellule della matrice, via via che si riprodu-cono, spingono verso l'alto quelle più vecchie;durante la risalita in modo analogo a quelledell'epidermide, elaborano nel loro interno lacheratina, vanno cioè incontro al cosiddetto“processo di cheratinizzazione”, diventandoprogressivamente sempre più rigide. Di que-ste cellule, all'inizio tutte uguali, alcune, chevanno a costituire la guaina epiteliale interna,si cheratinizzano ed induriscono in anticiporispetto al resto del pelo (cuticola, corteccia emidollo) e così il pelo mentre cresce si model-

la nella guaina come in uno stampo ed assu-me la sua forma definitiva. Subito al di sopradelle cellule delle matrice sono presenti alcu-ni melanociti che hanno il compito di “colo-rare”, immettendovi la melanina, le celluleche diventeranno la “corteccia” del capello.Le ve re cellule ge rm i n a t i ve staminali delcapello non sono quelle della matrice ma sitrovano nella così detta “zona protuberante”(bulge) più alta nel follicolo, a livello dell'ist-mo (Cotsarelis G.).Quando si arriva alla fase catagen la matrice,comunemente intesa, degenera e la papillarimane unita al bulbo solo mediante una spe-cie di “sacco”, formato dalla guaina epitelialeesterna che contiene le ultime cellule prodot-te dalla attività mitotica sotto forma di unalunga colonna di cellule epiteliali.Questo sacco di cellule epiteliali poi si decon-nette dalla papilla, risale verso l'istmo ed inqualche modo attiva la produzione di HrGFdalle cellule germinative della zona protube-rante. Queste ultime, con un processo moltosimile a quello che si osserva nella formazio-ne embriologica del pelo primitivo, entranoin rapida mitosi e migrano verso il basso colo-nizzando nuovamente la zona della matrice edanno inizio al nuovo anagen.

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Sezionando un capello in senso oriz-zontale se ne può vedere la struttura, sud-divisibile in tre parti:a) CUTICOLA, è la parte esterna del capello.Al microscopio a scansione appare formata da4 - 7 filiere di cellule trasparenti e sottili, dis-poste verticalmente a livello della radice ed alivello del fusto obliquamente a scaglie embri-cate, con l'estremità inferiore attaccata allacorteccia e quella superiore staccata, conaspetto quindi a spiga di grano o forasacco. All'interno del follicolo la cuticola del pelonasce, in realtà, come un unico strato cellula-re. Le cellule divengono cuboidali e quindipiatte via via che salgono nel follicolo e con-temporaneamente si aprono verso l'alto e, rag-giunto lo stato di completa cheratinizzazione,si sovrappongono come le tegole di un tetto(embricazione). Nel pelo definitivo le sezioni mostrano la cuti-cola come una struttura pluristratificata com-posta da sette strati all'estremità inferioredella radice. In realtà è costituita da un solostrato di cellule allungate ciascuna approssi-mativamente lunga 40 - 50 micron e spessa da0,5 a 10 micron con molteplici sovrapposizio-ni e con il margine libero delle cellule super-ficiali aperto verso l'alto. Si ha così un aspettomicroscopico pluristratificato simile ad unapasta sfoglia.Data la posizione in cui si trova, la cuticola èla prima ad essere danneggiata quando ilcapello viene sottoposto a shampoo inadegua-ti, permanenti, spazzolature eccessive ecc;b) CORTECCIA, intermedia, è la parte piùabbondante; è formata da cellule più grosse,completamente cheratinizzate, di forma fusa-ta, lunghe 90 micron e larghe 5 micron, dis-poste verticalmente in file parallele; contengo-no un pigmento, la melanina, che tende aridursi con l'età facendo diventare bianco ilcapello (incanutimento);c) MIDOLLO, interno, formato da cellule

arrotondate, disposte a colonne, generalmen-te separate fra loro da spazi d'aria. L'aria trat-tenuta ha funzione determinante per la prote-zione dal freddo e per questo motivo il midol-lo supera negli animali il 50% dello spessoretotale del pelo mentre è scarsamente rappre-sentato e talora assente nella specie umana.

Ghiandola sebacea

E' posta, in gran parte, lateralmente al follico-lo pilifero e ha il compito di produrre ilSEBO, sostanza grassa acida a pH medio 3,5.Il sebo di superficie è così composto: triglice-ridi 30 - 42%, cere 20 - 25%, acidi grassi libe-ri 15 - 25%, squalene 9 - 12%, idrocarburiramificati 4 - 8%, colesterolo esterificato 2 -3%, colesterolo libero 1 - 1,5%, altre sostanzecome di e monogliceridi, glicerolo ecc. 3 - 5%. Il sebo ha due funzioni principali:la prima è di contribuire, con il sudore, allaformazione del film idro-lipidico di superfi-cie, una emulsione acqua/olio che protegge lasuperficie cutanea dalle aggressioni chimiche( d ete rgenti, solventi ecc.) e batte ri che; laseconda è di lubrificare e impermeabilizzarela superficie esterna del capello via via chequesto allunga. Il dotto escretore della ghiandola sebacea siapre nella parte superiore del follicolo inmodo da lubrificare il capello prima ancorache questo compaia sulla superficie cutanea.Sul cuoio capelluto la produzione totale disebo è di 650 - 700 mg nelle 24 ore. Il filmidrolipidico (emulsione acqua/olio formatadall'unione del sebo con l'acqua del sudore)dopo asportazione con detergente si ricostitui-sce in un tempo relativamente breve (3 - 6 ore)ma la ghiandola sebacea non sembra, al con-t ra rio di qu a n to spesso affe rm a to, pote raumentare la propria attività rispetto ai valo-ri basali per lavaggi frequenti. Il sebo non hala possibilità di spostarsi in modo autonomo

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lungo il fusto del capello. Il fatto che i capellipossano rapidamente e nuovamente “unger-si” dopo un lavaggio è dovuto alla riduzionedella tensione superficiale fra le tegole chera-tiniche della cuticola associata al continuosfregamento fra i capelli. La velocità di migra-zione del sebo aumenta se i capelli vengonocontinuamente toccati con le mani o pettina-ti. Inoltre, nei soggetti con capelli particolar-mente e rapidamente untuosi, il sebo è piùfluido e quindi ha più alta capacità di migra-zione. In questi soggetti l'abbondanza di seboprovoca inconvenienti estetici dovuti alla faci-le adesione delle polveri ambientali, dei resi-dui cheratinici, delle sostanze di rifiuto veico-late dal sudore. Il tutto, troppo spesso, accen-tuato dall'applicazione di cosmetici.

La secrezione delle ghiandole sebacee è con-

trollata dagli ormoni steroidei, circolanti oprodotti localmente dal follicolo pilosebaceo a

partire dai precursori di origine gonadica esurrenalica (il più attivo in tal senso sembraessere l'androstandiolo). Le ghiandole sebaceeproducono abbondantemente sebo durante lavita fetale (vernice caseosa del feto), sono atti-ve nei primi mesi di vita, passano in una fasedi relativa quiescenza fino ai 9-10 anni di etàper ri a t t i va rsi all'adre n a rca, ri t rovano poipiena attività alla pubertà e sono causa difenomeni di piccola patologia dermatologica,di cui è prototipo il fenomeno dell'acne poli-morfa comune giovanile. La produzione disebo subisce una brusca riduzione nelladonna alla menopausa mentre nel maschio,ed in modo assai personale, diminuisce solomolto lentamente dopo i 60 - 70 anni di età.

Muscolo pilo-erettore

E' disposto obliquamente sullo stesso latodella ghiandola sebacea, dalla parte dell'ango-lo ottuso formato dall'asse del follicolo con lasuperficie orizzontale dell'epidermide.Delle due inserzioni, quella profonda è sullaguaina epiteliale esterna, a livello dell'istmo,sulla parte inferiore del terzo medio del folli-colo (zona protuberante o bulge), mentrequella superficiale si ancora al derma papilla-re con un sistema di fibre dissociate su un'a-rea relativamente vasta. Il BULGE non è una singola protuberanza(Misciali C.) ma è costituito da multiple for-mazioni digitiformi che prendono origine dauna porzione della circonferenza dell'istmo;ognuna di queste appendici è connessa ad unfascio del muscolo erettore del pelo.La funzione del muscolo erettore è di raddriz-zare il pelo, contraendosi (“orripilazione”):l'aria che rimane intrappolata fra i peli siriscalda a contatto con la superficie corporeaed essendo una cattiva conduttrice di caloreprotegge la cute dal freddo ambientale. Secondo alcuni Autori la contrazione del

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muscolo pilo-erettore potrebbe favorire, percompressione, lo svuotamento della ghiando-la sebacea. Il muscolo erettore è assente neipeli di tipo lanuginoso.

Costituzione chimica del capello

All'analisi chimica i costituenti principali delcapello, oltre all'acqua, sono: cheratina, lipi-di, minerali e pigmenti.Cheratina: è una proteina contenuta prin-cipalmente nella corteccia (della quale costi-tuisce la massima parte); gli aminoacidi pre-senti in maggiore quantità nella cheratinasono la cisteina e la cistina (derivata dalla con-densazione di due molecole della prima conperdita di acqua e formazione di legami disol-furo), la serina, l'acido glutammico, la glicina,la tretionina, l'arginina, la valina, la leucina el'isoleucina. La cheratina presente in maggio-re quantità nel capello è quella alfa, fibrosa, abasso contenuto di zolfo, con Peso Molecolaredi circa 45.000, insolubile in acqua. Le catene polipeptidiche sono rese stabili datre tipi di “ponti”: legami idrogenati (conferi-scono solidità), ponti fra catene acide e catenebasiche (si rompono con gli acidi forti) e pontidisolfurici (quando sono lesi, ad esempionelle “permanenti”, il capello si arriccia). Lacheratina può essere deformata con il vaporeacqueo (“messa in piega”).Il processo di cheratinizzazione, in particola-re quello dei peli, è regolato da ormoni, vita-mine, fattori genetici e metabolici e sembralegato al metabolismo del colesterolo e allasua esterificazione con acidi grassi sintetizza-ti dall'epidermide. Ne consegue che carenzedietetiche e/o difetti enzimatici delle vie disintesi del colesterolo e degli acidi grassi pos-sono provocare una cheratinizzazione anoma-la con conseguenti difetti strutturali del fusto.Lipidi: costituiti da trigliceridi, cere, fosfoli-pidi, colesterolo, squalene ed acidi grassi libe-

ri sono quantitativamente documentabili conestrema difficoltà in quanto in massima partederivati da quelli del sebo.M i n e ra l i (oligoelementi): ra p p re s e n ta n ouna componente essenziale dei sistemi protei-co-enzimatici. Esiste una correlazione direttafra la quantità di oligoelementi presenti nelsangue e quelli presenti nel capello.a) ferro (media 4-12 mg/gr di capelli): è piùabbondante nei capelli rossi rispetto a quellibiondi e neri.b) m a g n e s i o (media 30-45 mg/gr): è piùabbondante nei capelli di colore nero (fino a170 mg/gr). Catalizza la tra s fo rm a z i o n edell'ATP in cAMP, in seguito alla attivazionedella adenilciclasi, e la degra d a z i o n edell'cAMP in 5-AMP ad opera della fosfodie-sterasi (vedi).c) zinco (media 150-180 mg/gr): è indispensa-bile per la corretta funzione dei fattori di cre-scita e quindi per la attività delle cellule ger-minative della matrice. In sua carenza ilcapello si indebolisce e rallenta il ritmo di cre-scita. L'eccesso di zinco determina carenza di ramea causa dell'induzione dell'enzima tioneurinache, a livello intestinale, lega il rame in modopreferenziale rallentandone o impedendonel'assorbimento.d) ra m e (media 16-50 mg/gr): è indispensabileper cata l i z z a re la conve rsione della tirosina aD O PA (nel processo di sintesi della melanina) eper consentire l'ossidazione della cisteina in cist i-na con fo rmazione dei ponti disolfuro .e) piombo (media 10-30 mg/gr): è più abbon-dante nei capelli di colore castano. Dato chela quasi totalità del piombo presente nell'orga-nismo deriva da quello esogeno e poiché ilcapello ne rappresenta la sede principale diaccumulo, la sua misurazione a livello dellaparte distale del fusto viene utilizzata pervalutare la presenza di questo metallo nell'in-quinamento ambientale.

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La carenza di proteine e/o sali minerali potràe s s e re ev i d e n z i a ta, al microscopio, da unfusto sottile associato a bulbi molto piccoli (seil capello è costituzionalmente sottile i bulbiappariranno invece normali).

Pigmenti: sono rappresentati dalle melani-ne (sostanze colorate), presenti nella corticaledel pelo in forma diffusa o granulare. Sonoinsolubili in acqua, solubili negli acidi forti,decolorabili con acqua ossigenata.I melanociti, utilizzando la tirosina come pre-cursore, sintetizzano due principali tipi dimelanina: l'eumelanina, scura e presente neicapelli neri e la feomelanina, più chiara e pre-sente nei capelli dorati, biondi o rossi.

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Il ciclo del capello

Il cuoio capelluto di un individuo adulto hauna superficie oscillante fra 550 e 650 cm2.La quantità di follicoli per cm2 varia con l'età:1135 alla nascita, 635 a 30 anni, 415 a 60anni.Nei calvi gran parte dei follicoli scompare equesti valori possono essere anche notevol-mente inferiori; questo rende anche discutibi-le la collocazione della alopecia androgeneti-ca avanzata fra le alopecie non cicatriziali edin effetti il termine “defluvio androgenetico”è esplicativo.I capelli veri e propri sono in media 160 - 240per cm2 (cioè solo un follicolo su tre è “abita-to” da un vero capello mentre negli altri dueè presente solo un piccolo pelo vellus). Ilnumero totale dei capelli in un giovane adul-to varia pertanto da 90.000 a 150.000 e scen-de a 60.000 - 100.000 con l'avanzare dell'età.Il diametro medio, come già precedentementeaccennato, è 65 - 78 micron (meno di 50micron nell'età senile).Il tasso di crescita normale varia da 0,30 a0,35 millimetri al giorno.

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Nel follicolo si alternano cicli di crescita ecicli di riposo: normalmente ogni volta che uncapello in telogen è caduto il follicolo neforma uno nuovo in anagen. Solo di rado lo stesso follicolo da origine a piùdi un pelo

Il ciclo riproduttivo del capello (e delpelo) viene suddiviso in tre fasi.Fase di crescita, anagen. E' suddiviso a suavolta in 6 sottofasi che iniziano con l'avvio del-l'attività mitotica delle cellule staminali dellazona protuberante, proseguono con la discesadella parte inferiore del follicolo che va a rag-giungere la papilla, con la colonizzazionedella matrice, poi con la comparsa della guai-na epiteliale interna e infine con la comparsadel pelo che via via si allunga fino a raggiun-gere e superare l'ostio follicolare. Il periodoanagen dura in media 2 - 4 anni nell'uomo e3 - 7 anni nella donna. Dato che il capello siallunga di circa 1 cm al mese ma può, nelladonna, arrivare a 1,5 cm, si comprende comele lunghezze massime raggiungibili nei capel-li possano essere assai differenti nei due sessi.Questo capello, ben ancorato con le sue guai-ne, può essere asportato solo esercitando unaforte trazione ed il trauma sarà accompagna-to da dolore.

Fase di progressivo arresto delle varie funzio-

ni vitali, catagen. Inizia con l'arresto dell'at-tività dei melanociti seguita da quella dellecellule della matrice e poi dalla scomparsadella guaina epiteliale inte rna; successiva-mente la guaina epiteliale esterna forma un“sacco” che circonda le ultime cellule prodot-te (in movimento verso l'alto), e rimane colle-gato alla papilla da una colonna di cellule,residuo della matrice (al microscopio il capel-lo assume il caratteristico aspetto a “coda ditopo”). Questa fase dura in media 15 giorni.

Fase di riposo funzionale, telogen. E' il

periodo terminale del ciclo durante il quale ilcapello si trova ancora nel follicolo piliferoma in cui le attività mitotiche sono completa-mente cessate. Il capello in telogen prima dicadere rimane sul cuoio capelluto per ancora90-100 giorni. Questo è infatti il tempo neces-sario perché scompaiano gradualmente i siste-mi di ancoraggio con il follicolo (cioè le guai-ne). Questi capelli possono essere asportati(senza dolore!) se si esercita una trazioneanche modesta. Il bulbo, ormai atrofico, è diaspetto traslucido e si presenta tipicamente “aclava”, come una capocchia di spillo alla basedel capello, facendo preoccupare spesso ilpaziente che crede, a torto, di averne perdutola parte vivente, cioè quella germinativa chein realtà è rimasta allogata in profondità, nelbulge, pronta, se tutto procede regolarmente,a dare inizio ad un nuovo ciclo.

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Nell'essere umano, a differenza degli animali,il ricambio dei capelli avviene a “mosaico”,cioè ogni follicolo produce il suo capello indi-pendentemente da quelli vicini; in questomodo non si alternano, come per gli animali,periodi in cui si hanno i capelli a periodi incui questi non ci sono (muta). Una accelera-zione del ricambio è tuttavia presente nellamaggioranza degli individui in primavera eautunno (effluvium stagionale fisiologico). Ilcapello in telogen può cadere da solo o esseresospinto fuori da quello nuovo in crescita.Per percentualizzare la quantità dei capelli inanagen o in telogen è universalmente diffuso

il “tricogramma” e sulla base di questoesame si afferma che su un cuoio capellutonormale circa l' 85% dei capelli è in anagen,il 13 - 15% in telogen e l' 1 - 2% in catagen. In realtà, osservando quello che è l'andamen-

to dei telogen nel corso dell'anno, si vede chequel teorico 13 - 15% di capelli in telogen,considerato normale e diagnosticato spessocome “tranquillizzante”, si ha solo tre volteall'anno: all'inizio di febbraio, all'inizio dimaggio e a fine ottobre. Nel mese di luglio untricogramma normale dimostrerà che ben il30% dei capelli sono in telogen e solo il 70%in anagen. Un altra picco ma meno alto ditelogen si ha anche in gennaio quando questiraggiungono circa il 25%. La caduta dei capel-li avviene dopo circa tre mesi dall'inizio dellafase telogen e pertanto sarà massima ad otto-bre ed ad aprile, bassa fra gennaio e febbraioe minima fra giugno e luglio.

Dal punto di vista funzionale, tuttavia, le fasidel ciclo sono solo due (Rebora A.). Una proli-ferativa, dominata dalla proliferazione versoil basso della colonna cheratinocitaria, cheoccupa la parte iniziale dell'anagen, piuttostobreve (fasi anagen 1° - 5°); l'altra differenzia-tiva, che occupa la maggior parte dell'anagen(anagen 6°), nella quale i cheratinociti si tra-sformano in cheratina e l'attività mitotica siriduce al ritmo minimo necessario a rimpiaz-zare le cellule differenziate. Nel catagen l'atti-vità mitotica cessa e la differenziazione inve-ste tutti i cheratinociti rimasti. Il telogen èuna fase di silenzio mitotico e differenziativo

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la cui finalità è quella di dare al nuovo pelo iltempo necessario di crescere senza lasciare ilfollicolo vuoto.La durata del ciclo del pelo varia a secondadella regione corporea. Al cuoio capelluto edalla barba il ciclo dura da 3 a 6 anni, occupa-to quasi totalmente dall'anagen 6°, con untelogen di tre mesi, mentre al pube ha unadurata molto più breve con un telogen piùlungo dell'anagen. Anche ciglia e sopraccigliahanno anagen brevi e, nell'ambito del cuoiocapelluto, le regioni temporali ed occipitalihanno telogen più lunghi delle regioni parie-tali. La diversa durata delle fasi rende contodi alcune caratteristiche della patologia pila-re.A differenza di altri mammiferi, nell'uomoogni pelo ha un suo ciclo individuale. Fa ecce-zione il primo ciclo intrauterino che è collet-tivo e da luogo ad una vera “muta neonatale”.Una relativa sincronizzazione può verificarsinell'adulto in condizioni fisiologiche (gravi-danza), patologiche (defluvio androgenetico)o farmacologiche (pillola estroprogestinica)per variazioni della durata dell'anagen 6°.Anche queste circostanze sono importanti percomprendere alcuni aspetti della patologiapilare.

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Il ciclo ideale del capello

Vediamo ora come appare il ciclo “ideale” delcapello confrontando le immagini istologichecon l'aspetto dei capelli estratti ed osservati inmicroscopia a luce polarizzata.Da qu e sto ra ff ro n to scaturiscono alcuneacquisizioni di notevole interesse nosologico enon prive di importanza anche su piano tera-peutico.Va precisato che parliamo di un capello idea-le, un anagen perfetto, cioè di un capello condurata della fase anagen di 4 - 10 anni, tipicodel sesso femminile, del bambino pre pubere,della donna giovane e/o gravida, con guainemassicce e ben conformate, massima profon-dità bulbare, fra 7 e 8 mm, massima rapiditàdi crescita (circa 400 micron al giorno, 12

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mm al mese).I capelli comuni, quelli di quasi tutti noi,sono, nel migliore dei casi, anagen imperfetti:pseudo displasici.Alcune immagini che qui Vi mostriamo sonooriginali, altre le abbiamo tratte da atlanti didermatologia o anatomia. (09 - 10)

l ciclo del capello e del pelo con le sue fasi(anagen, catagen, telogen) è quel ricambionecessario ad impedirne una crescita conti-nua ed indefinita, ad evitare cioè che nel sog-getto di 50 anni peli e capelli possano rag-giungere una lunghezza di circa 6 metri.Classicamente leggiamo e diciamo che la faseanagen dura mediamente 1000 giorni, la fasecatagen 10 giorni, la fase telogen 100 giorni.(15 - 22).Se consideriamo che quando il capello è in

telogen il follicolo è già in anagen IV, c o m-

p rendiamo che l'anagen ed il cata gen sono fa s idel follicolo mentre il te l o gen è solo una fa s edel capello, che cade fi s i o l o g i c a m e n te . (19 - 21 -26)

Fondamentalmente il capello controlla il suociclo attraverso il metabolismo degli androge-ni.Il capello, durante l'anagen, tramite la 5 alfariduzione del testosterone provoca decremen-to di attività della adenilciclasi e quindi dellaesochinasi, che permette al glucosio di acce-dere alla glicolisi, con riduzione di attività di

questa via metabolica fino al blocco dellemitosi della matrice ed al telogen.In modo bilanciato, attraverso la 17 beta ste-ro i d o d e i d ro genasi e l'aro m a tasi, pro d u c eanche estrone solo quanto gli è sufficiente amantenere l'attività fisiologia della adenilci-clasi, cioè le mitosi della matrice e la duratadell'anagen.Facciamo subito notare come tutti i tentatividi terapia medica della così detta “alopeciaandrogenetica” si sono fino ad oggi limitati altentativo di incrementare la durata dell'ana-gen o bloccando la 5 alfa riduzione con inibi-tori ormonali o mimando il fattore di crescitadel bulge con il minoxidil. (01- 03 - 08 - 20 - 28 - 34)

Nella donna il diidrotestosterone, necessarioal telogen, dovrà essere prodotto dal follicolomediante riduzione a testosterone del princi-pale androgeno circolante nel sesso femmini-

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le, l'androstenedione.Il testosterone potrà poi prendere la via della5 alfa riduzione a diidrotestosterone.Nel maschio la via della 5 alfa riduzione partedirettamente dal testosterone.E' quindi chiaro come nel maschio la viametabolica privilegiata è quella della 5 alfariduzione a diidrotestosterone, mentre nellafemmina è assai facile la aromatizzazione del-l'androstenedione ad estrone.Appare comprensibile perché la durata dell'a-nagen del maschio è circa metà di quella dellafemmina e perché nel sesso femminile l'alope-cia androgenetica è assai più rara. (14 - 20 - 24 - 27- 29 - 30 - 31 - 32)

Un’immagine clinica di un soggetto con capel-li anagen perfetto. (06 - 07 - 09)

A l l ’o s s e rvazione istologica il bulbo di uncapello anagen perfetto appare circondato dacellule adipose, quindi profondo nell'ipoder-ma sot to c u taneo circa 7 mm, cioè 7000micron. (06 - 07 - 09)

Notiamo anche abbondante innervazione diun capello anagen. (07 - 09)

In questo capello anagen perfetto estratto edosservato a fresco al microscopio in luce pola-rizzata notiamo la guaina epiteliale internaben evidente ed alta sul colletto: la lunghezza

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della guaina, che va dall'infundibulo al bulbo,è ben misurabile e ci rivela la profondità delcapello nella cute. Osserviamo come le celluledella matrice, mitoticamente attive e non che-ratinizzate, fanno apparire il bulbo nero. (09)

Terminata la fase di crescita, anagen, ha ini-zio la fase catagen che è suddivisibile in tresottofasi: catagen I, II, III.Osservando un capello estratto in catagen lostato e la lunghezza della guaina ci fannofacilmente conoscere la profondità del bulboe quindi la fase (I - II - III) catagen che stiamoosservando.Il catagen inizia nel momento in cui cessanole mitosi delle cellule della matrice che raccol-te in una specie di sacco formato dalla guainaepiteliale esterna collegano un bulbo, ora che-ratinizzato, alla papilla e vanno incontro, tut-t'altro che inerti, ad un tipico processo di“apoptosi” che fa di loro qualcosa di moltosimile ad una ghiandola endocrina a secrezio-ne paracrina.(04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 34)

Durante il catagen la 5 alfa reduttasi è com-pletamente bloccata perché il NADPH, che ènecessario come fonte di idrogenioni per la 5alfa riduzione, si forma nello shunt degli eso-somonofosfati solo durante l'anagen.

Il metabolismo del follicolo è ora deviatoobbligatoriamente verso l'aromatizzazione el'alto tasso di estrogeni blocca la fosforilasi ela fosfofruttochinasi, enzimi chiave della gli-colisi. Ora, come già scrivevano Frank Parkere Robert Williams negli anni 60, le cellule delsacco da precursori come testosterone, andro-stenedione ed estradiolo producono abbon-dantemente estrone; da cortisolo produconocortisone; da glucosio glicogeno.Queste tre sostanze sono indispensabili per laqualità del prossimo anagen:- sarà l'estrone, con la mediazione di un fatto-re di crescita, ad attivare l'adenilciclasi e quin-di le mitosi delle cellule staminali del bulge,- il cortisone è “fattore permissivo” per l'atti-vazione del sistema delle proteine chinasi ecioè per l'attività della esochinasi, quindi perl'utilizzo di glucosio e glicogeno,- il glicogeno, che viene accumulato in granu-li in quel che resta della guaina epitelialeesterna, sarà la prima ed unica fonte di ener-gia metabolica per le cellule del bulge quan-

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do, in discesa mitotica, non hanno ancorapreso contatto fisico con la papilla.

Per l'accumulo del glicogeno, a ridosso dellamembrana vitrea, la guaina epiteliale esternasembra ispessirsi e diventa fortemente PASpositiva. (12 - 14 - 20 - 24 - 27 - 29 - 30 - 31 - 32 - 35)

Nell'aspetto istologico di un capello catagen Inotiamo come le guaine sono ancora intattema il bulbo deconnesso dalla papilla e lamatrice che sta già formando il tipico “sacco”del catagen dimostrano inequivocabilmenteche l'anagen è finito.Notiamo come questo capello, se estratto perun tricogramma convenzionale, viene facil-mente confuso con un anagen.La presenza di cellule adipose ci dimostra cheil bulbo è ancora allogato nell'ipoderma sotto-cutaneo, cioè a non meno di 7 mm di profon-dità: 7000 micron.

Da questo momento il capello non potrà più

crescere alla velocità di 400 micron al giorno,poiché non vi sono più le mitosi della matri-

ce, ma dovrà risalire nel follicolo alla velocitàben più modesta del ricambio della cute,circa 65 micron al giorno, e per raggiungerel'infundibulo dovrà percorrere circa 6.500micron e non potrà farlo in meno di 80 - 90giorni.Questa considerazione era già stata fatta neglianni 60 da Isidoro Bosco. (04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 34)

Immagine di una catagen I estratto ed osser-vato a fresco in olio da immersione al micro-scopio in luce polarizzata. La cheratinizzazio-ne del bulbo, luminoso e colorato, dimostrache le mitosi sono cessate.

In microscopia convenzionale, la forma delbulbo, la pigmentazione del fusto fino al col-letto la guaina intatta e profonda, che ancora

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contiene citrullina ed arginina e si colora concinnamaldeide, farebbero facilmente scam-biare questo capello con un anagen. (04 - 05 - 13- 16 - 24 - 34)

Istologia di un capello catagen II.(a destra)Il “sacco”, ora ben evidente, è composto dicellule che prendono i colori vitali.Queste cellule, tutt'altro che inerti, stannopreparando con la loro attività endocrino -metabolica un nuovo anagen.

Osserviamo ancora, intorno al “sacco”, la pre-senza di cellule adipose. (01 - 02 - 03 - 08 - 11 - 14 - 20- 24 -29 - 30 - 31 - 32 - 34)

Particolare del “sacco” in catagen II.(pagina sucessiva) E' suggestivo osservare come l'istologia delsacco tenda ora ad assomigliare alla zona cor-donale della ghiandola surrenale.(01 - 02 - 03 - 08 - 11 - 14 - 20 - 24 -29 - 30 - 31 - 32 - 34)

Catagen II estratto ed osservato a fresco inolio da immersione al microscopio in lucepolarizzata.(pagina successiva a destra).

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Questo è il catagen “classico”, descritto sem-pre come difficile da reperire e da riconosce-re.

Notiamo come la presenza della guaina anco-ra ben conformata ci dice inequivocabilmen-te che questo capello è in catagen e come lacheratinizzazione del bulbo ci esclude com-pletamente la possibilità di scambiarlo con unanagen. (04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 34)

Istologia di un capello catagen III.(a destra sotto)

Il capello, risalito nel follicolo per 5000 -6000 micron, ha raggiunto ora l'infundibulo,all'altezza dell'inserzione del muscolo piloe-rettore, e sta attivando le cellule staminali del

bulge, quasi per contatto.E' suggestivo sapere che il bulge è ricco di

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mastociti ed è attraversato da un assone che loconnette con l'interno del follicolo.La guaina connettivale e la membrana vitreaPAS positiva e ricca di glicogeno sono collas-sate. (17)

Catagen III estratto. Il bulbo è clavato e laguaina è ormai distinguibile solo con il micro-scopio in luce polarizzata.Solo la scomp a rsa della guaina epite l i a l einterna segna la fine delle attività metaboli-che ed il passaggio del capello alla fase telo-

gen. In microscopia convenzionale qu e stocapello appare come un telogen. (04 - 05 - 13 - 16 -24 - 34)

Attivazione del “bulge”. Questa è una imma-gine ormai classic a ripresa e parzialmenterielaborata dallo splendido Atlante della pro-fessoressa Antonella Tosti.Vediamo come il capello in catagen III attivail bulge per dare l'avvio al nuovo anagen. In

questo momento la papilla dermica appare“risalita” dall'ipoderma nel derma;l'attivazione del bulge da il via alle mitosidelle cellule staminali che con una discesa

mitotica, quasi neoplastica, riguadagnano lapapilla, riformano la matrice e danno inizioal nuovo anagen.Vediamo anche che, quando il capello è intelogen, il follicolo è già in anagen IV. (04 - 05 -13 - 16 - 24 - 33 - 34)

Questa è la stessa immagine precedente mamodificata. In un ciclo ideale la papilla nonrisale nel derma, questo avviene solo se, alricambio, segue un peggioramento della qua-lità dell'anagen.

Osserviamo come, al momento del catagenIII, la guaina connettivale e la membrana

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vitrea (PAS positiva perché ricca di glicogeno)sono collassate sotto il bulbo, come il catagenIII sia contemporaneo al momento di attiva-zione delle cellule staminali (anagen I), alladiscesa mitotica cellulare (anagen II) ed allacolonizzazione della nuova matrice (anagenIII).Il grado di displasia di ogni nuovo anagenappare in larga parte determinato dalla quali-tà metabolica del catagen che lo precede:- ad una carenza di estrone conseguirà unaattivazione insufficiente del bulge,- ad una carenza di cortisone conseguirà unaa t t i vazione insuffi c i e n te della adenilciclasicon scarso metabolismo del glucosio e diffi-coltoso utilizzo del glicogeno,- durante la discesa mitotica verso l'ipodermala sola fonte di energia metabolica per le cel-lule in anagen II è data dal glicogeno accumu-lato nella guaina epiteliale esterna, se questoè insuffi c i e n te, obbligherà ad un anage nmeno profondo, cioè più involuto, con risalitadella papilla dermica.

Il catagen è quindi il momento metabolica-mente più delicato e più attivo di tutto il ciclofollicolare. (04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 33 - 34)

Istologia di un capello telogen I.(a destra sopra)Il capello ha ora perso ogni attività metaboli-ca, e si trova praticamente inserito nell'infun-dibulo, fra il muscolo piloerettore e la ghian-dola sebacea. Questo capello non ha più alcu-na connessione né ancoraggio al follicolo.(33)

Telogen I estratto.(a destra sotto)Si vede bene, in luce polarizzata, la completamancanza di guaine e la cheratinizzazione delbulbo. (04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 34)

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Istologia del nuovo capello anagen IV. (04 - 05- 13 - 16 - 24 - 34)

Questa (a destra in alto) è l’immagine prece-dente che mostra il momento del ricambio: ilnuovo capello anagen IV sta spingendo fuoridal follicolo il vecchio telogen I. (04 - 05 - 13 - 16 -24 - 34)

Telogen II estratto.(a destr in basso))Fra telogen I e telogen II possono essere pas-

sati solo pochi giorni.Questo elemento cade o rimane fra le dita sesolo si passa una mano fra i capelli.Ovviamente il telogen II non ha un corrispon-dente istologico. (04 - 05 - 13 - 16 - 24 - 34)

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Da queste osservazioni emergono alcune con-siderazioni interessanti sia su piano teoreticoche pratico:a) la fase catagen è certamente sottovalutatasia nella sua durata temporale che nella suaimportanza funzionale. La sua durata dipen-de ovviamente dalla profondità del follicoloma non sarà mai di 10 - 15 giorni, se non inun vellus;b) la durata della fase telogen è fortementesopravvalutata e da quando Van Scott, nel1957 standardizzò il tricogramma, ci stiamoportando dietro un errore inveterato;c) fino ad oggi tutti i tentativi medici di tera-pia di una alopecia o di un defluvio androge-netico mirati a bloccare la 5 alfa reduttasisono stati indirizzati unicamente ad allungarel'anagen, non a migliorarne la qualità.La terapia medica, pena il suo “proverbiale”fallimento, dovrà ora spostare l'obiettivo dal-l'anagen al catagen.I nostri tentativi terapeutici saranno rivolti ad“ottimizzare il catagen” perché ogni capelloha l'anagen che si è “guadagnato” con il cata-gen che lo ha preceduto. (05 - 18 - 34 - 35)

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APPUNTI...........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICADEL CAPELLO E DEL PELO - pag. 5

Controllo steroideo - pag. 6Controllo metabolico - pag. 10Controllo autocrino-paracrino - pag. 18

Alopecie in endocrinopatie - pag. 24

“DIETA” E CAPELLI - pag. 25Aminoacidi e proteine - pag. 28Acidi grassi essenziali - pag. 30Le vitamine e i capelli - pag. 30Il ruolo degli oligoelementi per i capelli - pag. 50Conclusioni - pag. 55

SOMMARIO

EDIZIONI "TricoItalia" (Firenze) aprile 2003

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte seconda

edizione 2002Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

“TRICOLOGIA”-diagnostica e terapia-

edizione 2003

parte IITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoGuido Vito Trotter

EDIZIONI “Tricoitalia” Firenzeaprile 2003

SOMMARIO:

FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICADEL CAPELLO E DEL PELO - pag. 5

Controllo steroideo - pag. 6Il recettore citosolico del diidrotestosterone - pag. 10Controllo metabolico - pag. 10Controllo autocrino-paracrino - pag. 18Il controllo del ciclo del capello (sintesi) - pag. 20

Alopecie in endocrinopatie - pag. 24

“DIETA” E CAPELLI - pag. 25Aminoacidi e proteine - pag. 28la cistina - pag. 28la metionina - pag. 29Istidina, glicina, fenilalanina, tirosina - pag. 29Acidi grassi essenziali - pag. 30Le vitamine e i capelli - pag. 30

- Vitamina A (retinolo) e retinoidi - pag. 31- Vitamina D - pag. 36- Vitamina E - pag. 38- Vitamina K - pag. 40- Vitamina B1 (tiamina) - pag. 41- Vitamina B2 (riboflavina) - pag. 42- Vitamina PP (B3, niacina) - pag. 42- Vitamina B5 (acido pantotenico) - pag. 43- Vitamina B6 (piridossina) - pag. 44- Vitamina H (B8, biotina) - pag. 45- Vitamina B12 (cobalamina) - pag. 46- Acido folico (folacina, vit. M dei vecchi Autori) - pag. 46- Vitamina C (acido ascorbico) - pag. 47- Acido lipoico (acido tioctico) - pag. 50

Il ruolo degli oligoelementi per i capelli - pag. 50- Ferro - pag. 50- Zinco - pag. 52- Rame - pag. 53- Magnesio - pag. 54- Selenio - pag. 54

Conclusioni - pag. 55

FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICA DEL CAPELLO E

DEL PELO

Questo è uno dei capitoli più difficili e menostudiati della tricologia ma la sua importanzaè enorme; non esito a dire che compreso benequesto capitolo il resto della tricologia vieneda sé. L’argomento è anche in parte nebulosoperché la fisiologia del capello e la patogene-si delle alopecie sono ancora in larga partesconosciute ma leggendo la letteratura e sullabase delle conoscenze di endocrinologia emetabolismo possiamo costruire un modelloche, senza la pretesa di essere né certo né defi-nitivo, può rendere ragione di quanto osser-viamo nella pratica clinica e può guidarenelle scelte te ra p e u t i che. Questo modello,volutamente semplificato, viene presentato inqueste pagine.La vita del capello è contro l l a taattraverso tre vie: steroidea, glicidi-co-metabolica, autocrino-paracrina.

Gli ormoni steroidei-androgeni permettono ilrealizzarsi del messaggio genetico, permetto-no cioè che il genotipo “calvo” diventi fenoti-po. Questo controllo steroideo si attua

essenzialmente attraverso il metabolismo deltestosterone con una serie di eventi a catena:la 5 alfa riduzione, la formazione del diidrote-sto ste rone, la captazione di qu e st’ u l t i m o(DHT) da parte di uno specifico recettore pro-teico citosolico con trasporto attivo nel nucleodel tricocheratinocita (il cheratinocita dellamatrice del pelo), la coniugazione del DHTcon la cromatina nucleare e la successivaderepressione di uno o più geni portatori delmessaggio ereditario, a cui segue la formazio-ne di mRNA che porta l’informazione ai ribo-somi dove avviene la sintesi proteica che rea-lizza il messaggio genetico.Il controllo steroideo provoca la miniaturizza-zione androgenetica del capello.

Per le sintesi proteiche necessarie alla costru-zione del pelo ed alla riproduzione cellularedel tricocheratinocita occorre energia. Questaenergia è fornita da glucosio attraverso pro-prie vie metaboliche che controllano la vitaciclica del capello. Il controllo metaboli-co si attua tramite l’attivazione dell’adenilci-clasi di membrana cellulare, la formazione diAMP ciclico (cAMP), l’attivazione della glico-lisi e del ciclo di Krebs. Alterazioni del controllo metabolico sono allabase degli effluvi.

Le mitosi delle cellule della matrice sonosotto un controllo autocrino-paracri-no. Si tratta dell’azione tonica, continua, diun fattore di crescita, Hair Grow Factor, cheesse stesse producono e di quella un caloneinibitorio, prodotto dalle cellule della papillad e rmica, pre s u m i b i l m e n te il Tra s fo rm i n gGrow Factor beta. Dal “dialogo” fra questidue fattori dipende la quantità e la qualitàdelle mitosi nella matrice del capello.Il controllo auto c ri n o - p a ra c rino regola lavelocità e la regolarità della crescita del capel-lo.

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CONTROLLO STEROIDEO

Il nodo centrale del controllo steroideo sulpelo e sul capello è il metabolismo intracellu-lare del testosterone.Il testosterone, il più importante ormoneandrogeno nell’uomo, è secreto dai testicoli esolo in quantità insignificante dalle ghiando-le surrenali. Nella donna il principale androgeno circolan-te nel plasma è invece l’androstenedione,s e g u i to dal deidro e p i a n d ro ste rone, dall’an-drostenediolo ed infine dal testosterone, tuttidi origine surrenalica ed ovarica. Anche nelladonna comunque l’androstenedione, l’andro-stenediolo, il deidroepiandrosterone possonovenir metabolizzati a testosterone a livellodegli organi bersaglio.Gli androgeni circolano nel plasma in massi-ma parte legati a proteine: l’androstenedione,l’androstenediolo ed il deidroepiandrosteronesono legati debolmente e reve rs i b i l m e n teall’albumina; l’andro geno più pote n te, iltestosterone, circola invece nel plasma legatoper il 99% circa ad una betaglobulina specifi-ca: Sex Hormone Binding Globulin (SHBG).Solo la quota libera degli androgeni è metabo-licamente attiva e pertanto può penetrare pas-sivamente e reversibilmente nel citoplasmadelle cellule bersaglio dove può venire meta-bolizzata a testosterone, questo per poteragire deve essere trasformato in diidrotestoste-rone da un enzima: la 5 alfa reduttasi. Ilvero androgeno attivo a livello della matricedel pelo e del capello (ed anche a livello dialtri organi bersaglio come la prostata) èquindi il diidrotestosterone che permet-te la crescita dei peli sessuali sul viso, sulpetto, sul dorso e sulle spalle, mentre crea lecondizioni per la caduta dei capelli. Il diidro-testosterone intracellulare si lega quindi aduna specifica proteina recettrice, il recetto-re citosolico, ed il complesso diidrotesto-

sterone+recettore è capace di penetrare attiva-mente nel nucleo della cellula dove, a livellodi specifici recettori, si unisce alla cromatinae dereprime uno o più geni portatori delcarattere “calvo”. I geni derepressi induconola formazione di RNA messaggero che,uscito dal nucleo, a livello ribosomiale, nonconsente la sintesi delle proteine costituenti ilcapello mentre permette la produzione delleproteine costituenti i peli sessuali maschili. Sirealizza così il messaggio genetico (il concettoè espresso più chiaramente e diffusamentenelle pagine che seguono).

Variazioni della frazione di testosterone libe-ro, conseguenza delle variazioni della protei-na legante (SHBG), comportano variazionianaloghe della quantità intra c e l l u l a re delmetabolita attivo: il diidrotestosterone. LaSHBG aumenta in ra p p o rto all’aumento( fisiologico, patologico o iatro geno) degl iestrogeni e degli ormoni tiroidei con conse-guente diminuzione della frazione libera, atti-va e metabolizzabile, del testosterone. LaSHBG diminuisce in caso di aumento degliandrogeni plasmatici, fisiologico (pubertà, età18 - 26 anni ecc.) o iatrogeno (somministrazio-ne di anabolizzanti ecc.).

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Va subito rilevato che di fatto nell’individuosano ed in condizioni normali la capacità dilegame della SHBG per il testosterone, intor-no a 14 ng/ml, è sempre ben superiore allatestosteronemia e l’ormone libero è semprefrazione costante dell’ormone totale.A n c o ra l’aumento dell’attività intra c i to p l a-smatica della 5 alfa reduttasi e degli enzimiche metabolizzano gli altri androgeni a testo-sterone può essere causa di una più intensaattività androgena periferica.In passato fu ipotizzato che l’ipofisi regolassel’attività della 5 alfa reduttasi e della 17 betai d ro s s i ste ro i d o d e i d ro genasi attrave rso un“ormone sebotropo” (Ebling F.J.), oggi sipensa che questo ipotetico ormone sia ilsomatotropo e/o la prolattina; si pensi all’ac-ne terribile dei ragazzi altissimi (acne da gio-catore di pallacanestro), al defluvio ed allaseborrea delle donne amenorroiche ed iper-prolattinemiche, al defluvio delle balie.

La trasformazione del pelo lanuginoso in peloterminale all’epoca della pubertà è attribui-bile ad un aumento degli androgeni circolan-ti ed al metabolismo del diidrotestosterone alivello dei follicoli piliferi. Purtroppo in moltigiovani oltre a questa trasformazione fisiolo-gica potranno verificarsi anche effetti indesi-derabili come, ad esempio, acne, irsutismo,seborrea, defluvio androgenetico.Nella cute di giovani acneici è stata riscontra-ta una concentrazione di diidrotestosteronesino a 20 volte superiore a quella rilevabile insoggetti sani della stessa età. L’attività 5 alfare d u t tasica del cuoio capelluto affet to dadefluvio androgenetico è più elevata di quelladel cuoio capelluto normale (Bingham eShaw) e nelle radici dei capelli della regionefrontale dei soggetti calvi l’attività 5 alfareduttasica è risultata aumentata rispetto aquella di soggetti di controllo con capelli inte-gri. Come indice della attività della 5 alfa

reduttasi può essere preso il tasso del 5 alfa-a n d ro sta n - 3 a l fa - 17 b eta-diolo (3 alfa Ad ),primo metabolita del diidrotestosterone, ed inp a rt i c o l a re del 3 a l fa - d i o l o - gl i c u ro n i d e(3 alfa AdG) sia circolante che urinario. Il 3alfa AdG proviene dal metabolismo del diidro-testosterone nella misura del 50% nell’uomo edel 100% nella donna.*La disponibilità di nicotinamideadenildinu-cleotidefosfatoridotto (NADPH) controlla econdiziona la 5 alfa riduzione e quindi la tra-sformazione del testosterone in diidrotestoste-rone. Il diidrotestosterone vedremo che inibi-sce la attività della adenilciclasi (AdachiK.) e quindi la disponibilità di AMP ciclico(cAMP) e, in ultima analisi, l’utilizzo del glu-cosio e la disponibilità di energia per le sinte-si proteiche del tricocheratinocita.Il NADPH ed il diidrotestosterone, rappresen-tano i due principali punti di interferenza fracontrollo steroideo e controllo metabolicodella vita del capello.

Da quanto detto fino ad ora appare verosimi-le attribuire la calvizie, nell’uomo come nelladonna, all’ interazione fra ormoni androgeni,una predisposizione genetica, una regolazio-ne ipofisaria.Ricordiamo inoltre che l’ipofisi è regolata dal-l’ipotalamo tramite ormoni specifici (relea-sing hormones) e che quest’ ultimo è in stret-ti contatti con la sostanza reticolare, il sistemalimbico, la corteccia cerebrale; è quindi com-p rensibile come anche alte razioni neuro -caratteriali (ed anche lo stress) possano altera-re questo delicato meccanismo: pensiamo, adesempio, alla alopecia neurologica dei malatidi mente.

* Abbiamo motivo di ritenere che, mentre l’ormo-ne attivo a livello del follicolo pilifero è il diidrote-stosterone, l’ormone attivo a livello della ghiandolasebacea sia l’androstandiolo (3 alfa Ad).

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IL RECETTORE CITOSOLICO DELDIIDROTESTOSTERONE (A.R.P.)

Sawaya (Miami 1988) ha evidenziato che ilrecettore citosolico (Androgen ReceptorProtein) del diidrotestosterone (DHT), cioè laproteina vettrice che legandosi al DHT lo tra-sporta nel nucleo cellulare, esiste nel citosolsotto forma di tetramero e di monomero.Il tetramero non si lega all’ormone e nonentra nel nucleo, è cioè inattivo.La forma attiva è rappresentata dal monome-ro che si lega al DHT e lo trasporta fino alDNA nucleare.E’ stata anche evidenziata la presenza di unac a tena enzimatica in grado di conve rt i rereversibilmente il tetramero in monomero ela presenza di una proteina regolatrice, adeffetto inibitorio, per il legame dell’ormonecol recettore citosolico.

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CONTROLLO METABOLICO

Il controllo metabolico della vita del capello(e del pelo) si attua attraverso il metabolismodel glucosio.La prima tappa che porta all’utilizzo delglucosio da parte del follicolo pilifero, cioèalla produzione di energia per le sintesi pro-teiche del tricocheratinocita, passa attraversol’attivazione della adenilciclasi di membranada parte di una tropina ormonale. Non sap-piamo con certezza quale sia questa tropina,né se si tratti di una sola sostanza o di molte,ipotizziamo comunque che sia in causa unfattore di crescita della famiglia dell’EGF, pro-dotto dai cheratinociti stessi della matriceche, attraverso questo, “dialogano” con le cel-lule della papilla dermica (HrGF). Pensiamoinoltre che l’adenilciclasi di membrana deltricocheratinocita possa essere attivata da sva-riate sostanze ormonali, proteiche e steroidee,in particolare ci riferiamo alle catecolamine(effetto beta) al somatotropo, alla tiroxina,all’istamina, all’estrone, al cortisone (anche sesi tratta di un meccanismo d’azione insolitoper gli ormoni steroidi). Ognuna di questesostanze pare sia in grado di attivare a dosis ov ra fi s i o l o g i che (ma non necessari a m e n tefarmacologiche) l’adenilciclasi del tricochera-tinocita, forse anche attivando la produzionedi HrGF.

Per le catecolamine ipotizziamo che questepossano svolgere un ruolo primario nel con-trollo metabolico della vita del capello. Questiormoni agiscono mediante il controllo dell’a-denilciclasi del cheratinocita con stimolo edincremento dell’cAMP (adenosina monofosfa-to ciclico) quando prevale l’effetto beta, inibi-zione e decremento quando prevale l’effettoalfa.Forse l’effetto beta1 delle catecolamine è fragli induttori fisiologici più importanti della

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crescita del capello (e del pelo).Inoltre il ricco plesso nervoso simpatico di cuiè dotato il follicolo pilifero e che avvolge lamatrice e la papilla del pelo, sembra inutileper la vita del pelo stesso perché capelliespiantati e quindi denervati continuano acrescere più o meno alla stessa velocità e conlo stesso diametro, nonostante la denervazio-ne e lo shock chirurgico ed ipossico, tanto dapermettere i così detti “trapianti ad isole”.Questo plesso potrebbe aver funzione di “con-trollo negativo”. Le fibre nervose simpaticheproducono noradrenalina, mediatore simpati-co della trasmissione nervosa, che è la piùpotente catecolamina ad effetto alfa.

Pensiamo che il somatotropo non attivi l’ade-nilciclasi a livello della matrice e della papilladel pelo e del capello ma che più verosimil-mente agisca tramite il fattore di crescitaHrGF il quale poi attiverebbe la proteina-chi-nasi, forse anche senza intervento della ade-nilciclasi. Comunque sia, i soggetti con deficit somato-tropinico hanno capelli radi e peluria rara oassente. La secrezione fisiologica del somato-tropo è considerata responsabile del gradualeaumento di diametro del fusto dei peli degliarti e dei capelli che si verifica durante la cre-scita, dalla nascita alla pubertà, ed anche nel-l’età adulta (Williams).

Gli ormoni tiroidei, in particolare la tiroxina,sembrano avere importanza particolarmentenelle prime fasi dell’anagen; la carenza ditiroxina nell’ipotiroidismo fa sì che i capellisiano ruvidi, secchi, fragili e cadano in telo-gen in modo ta lvo l ta imp o n e n te (te l o ge neffluvium ipotiroideo).

Anche il progesterone è probabilmente impor-tante per iniziare la fase anagen (Williams).

Fra gli attivatori della adenilciclasi del capel-lo sicura importanza fisiologica ha l’estrone.Durante il catagen i follicoli piliferi metabo-lizzano attivamente l’estradiolo (non attivosulla adenilciclasi del capello) in estrone, conaumento delle concentrazioni di cAMP deicheratinociti della zona protuberante fino adare il via ad una attiva moltiplicazione cellu-lare e ad una nuova fase anagen. I follicoli inanagen trasformano invece il testosterone indiidrotestosterone, con inibizione della ade-nilciclasi fino alla fase telogen. Le donne che hanno, rispetto agli uomini,livelli molto più alti di estrogeni hanno anchei capelli con anagen di durata assai più lunga. Questo modello spiega l’effluvio post parto,dovuto a caduta improvvisa del tasso estroge-nico nel sangue con conseguente caduta deitassi di cAMP nel citosol del tricocheratinoci-ta. L’estradiolo benzoato è stato proposto anchecome terapia del defluvio androgenetico insoluzione alcolica allo 0,005% per gli uominied allo 0,15% per le donne, ma occorre tene-re presente i possibili effetti dovuti al sicuroassorbimento percutaneo dell’ormone. In talsenso molto più fisiologico, probabilmenteassai più efficace e certamente più sicuroappare l’uso dell’estrone solfato.

La cute umana trasforma attivamente il corti-solo in cortisone (idrocortisolo) che ha attivi-tà antinfiammatoria meno spiccata ma chesembra avere azione permissiva sulla attiva-zione della adenilciclasi del cheratinocita.L’effetto curativo dei corticosteroidi infiltratilocalmente in una chiazza di alopecia areatapuò essere attribuito, in parte, anche a questacapacità.

Anche l’istamina è un attivatore della adenil-ciclasi che potrebbe giocare un ruolo fisiologi-

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co nella regolazione della crescita di peli ecapelli. Dell’istamina ricordiamo che è unmediatore della trasmissione nervosa, anchese con funzioni fisiologiche non del tuttochiarite. Ricordiamo anche che essa causa unaumento della permeabilità vasale associata acostrizione delle venule post capillari e conse-guente vasodilatazione (eritema passivo).Ricordiamo che la medicina popolare ha dasempre usato l’ortica come rimedio dei deflu-vi e delle alopecie.

I recettori di membrana sono estremamentedinamici e l’attività recettoriale è regolata dadiversi meccanismi.Controllo del numero dei recettori: in presen-za di elevate concentrazioni della tropinaormonale il numero dei recettori di membra-na si riduce, mentre aumenta a basse concen-trazioni Il complesso ormone-recettore, unavolta formatosi, viene “internalizzato” condiminuzione del numero dei recettori dispo-nibili sulla membrana. In presenza di elevatequantità di ormone, la ri s p o sta biologicatende a ridursi nel tempo. Questo meccani-smo di regolazione è stato dimostrato per ilrecettore beta-adrenergico.

Controllo della affinità dei recettori per la tro-pina ormonale: quando un recettore si legaall’ormone l’affinità dei recettori adiacentiper lo stesso ormone diminuisce. Questo mec-canismo di regolazione è stato dimostrato perl’insulina.C o n t rollo dell’accoppiamento del re c et to recol sistema di trasduzione: quando l’adenilci-clasi è attivata ed i livelli di cAMP sono eleva-ti, l’affinità per l’ormone diminuisce, l’inibi-zione sembra legata ad ioni Ca++ liberati nelc i tosol dai mito c o n d ri sot to l’infl u e n z adell’cAMP.

A livello del tricocheratinocita, dopo che ilrecettore si accoppia con la tropina ormonale,si avrebbe l’attivazione dell’enzima adenilci-clasi mediante l’interazione di una prosta-glandina E2.Questo spiega perché gli antiinfiammatorinon steroidei, specie i più potenti inibitoridella sintesi delle prostaglandine (salicilati,indometacina, butazolidina ecc.) sono tuttiritenuti cause possibili di effluvio in telogened alopecia secondaria non cicatriziale.Dopo l’attivazione della adenilciclasi, l’cAMPviene sintetizzato a partire da adenosina trifo-sfato (ATP). Questa reazione di sintesi dicAMP necessita di Mg++ (o di Mn++), la cuidisponibilità nel citosol condiziona e limita lareazione catalitica stessa.

Si conoscono numerose molecole capaci dii n i b i re l’adenilciclasi. Alcune di qu e stesostanze sono ormoni, altre sono compostichimici non ormonali. Fra le sostanze ormonali inibitrici l’adenilci-clasi due presentano un particolare interessenella patologia tricologica: le catecolamine adeffetto dominante alfa adrenergico ed il dii-drotestosterone.Non sappiamo se questi ormoni inibiscanodirettamente l’enzima adenilciclasi, se compe-

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tano con la tropina ormonale fisiologica nellaconiugazione con il recettore di membrana,se inibiscano la produzione di HrGH o seabbiano altre modalità di azione.

Un ipotesi che ci sembra interessante ed atten-dibile per le catecolamine è che queste agisca-no legandosi al recettore di membrana dellaguanilciclasi catalizzando la formazione diguanosin-3’,5 monofosfato ciclico (cGMP) chelibera ioni Ca++ nel citosol dai mitocondri,con inibizione della adenilciclasi. E’ possibileche gli effetti delle catecolamine sulla attivitàdella adenilciclasi siano mediati dalle modifi-cazioni delle concentrazioni locali del calcio odi altri ioni. Si è pensato che l’cAMP ed ilcGMP funzionino in correlazione inve rs a(ipotesi Yin-Yang).

L’azione inibitoria delle catecolamine sullaadenilciclasi rende ragione degli effluvi dastress. Si tratterà di effluvi in anagen, in ana-gen distrofico o in telogen (alopecia areata otelogen effuvio) a seconda della intensità delfattore stressante e quindi della violenza del“colpo d’ariete” delle catecolamine sul recet-tore ormonale.

Uno stress forte, improvviso, di breve durata,potrà provocare un effluvio in anagen (con l’a-spetto clinico della alopecia areata incognitao a chiazze); uno stress più blando ma dilunga durata o cronico provocherà un efflu-vio in telogen (un telogen effluvio di Kligmano un telogen effluvio cronico). Naturalmenteil sistema di trasduzione tenderà a difenderese stesso riducendo il numero dei recettoriper le catecolamine (desensibilizzazione recet-toriale per riduzione del numero dei recetto-ri) fino alla risoluzione spontanea del quadroclinico, anche senza che sia rimossa la causache lo ha provocato, ma non sempre questosistema di controllo sarà sufficiente. Vogliamo sottolineare come l’alopecia areatasia ben spiegata come secondaria al “colpod’ariete” da catecolamine sul sistema di tra-sduzione dell’adenilciclasi. Le tipiche altera-zioni istologiche possono tutte essere inter-pretate come secondarie al blocco delle mito-si, per carenza di cAMP, con degenerazionea c u ta della matrice del pelo. L’ i n fi l t ra toinfiammatorio, costituito da linfociti, istiocitie mastociti che si addensano intorno ai vasidella papilla ed intorno a ciò che resta del fol-licolo pilifero non è di per sé prova di malat-tia autoimmune.

Il 5 alfa diidrotestosterone è in grado di inibi-re l’attività della adenilciclasi del capello(Adachi K. e Kano M.) probabilmente iniben-do la produzione di HrGF. Il diidrotestostero-ne è il metabolita attivo periferico più cono-sciuto del testosterone. Fino a non molti annifa si pensava che fosse prodotto solo alla peri-feria per l’attività della 5 alfa reduttasi deglio rgani bers a glio, ma è sta to dimost ra toabbondantissimo anche nella vena spermati-ca, a dimostrazione di una importante attività5 alfa reduttasica testicolare.

I follicoli piliferi delle zone di alopecia andro-

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genetica, a differenza di quelli delle zonepelose, producono una notevole quantità didiidrotestosterone che, se non prontamentemetabolizzato, si accumula con inibizione delsistema di trasduzione adenilciclasi-cAMP econseguente riduzione di tutte le attività enzi-matiche che da questo dipendono, in partico-lare si avrebbe una limitazione delle attivitàdelle proteinechinasi, una riduzione della gli-cogenolisi e della glicolisi e quindi dell’ener-gia per le sintesi proteiche necessarie alla cre-scita dei capelli. Anche per tale motivo nellearee di calvizie i capelli non riusciranno a cre-scere come peli terminali ma solo come finelanugine che si rinnova senza allungarsi concicli piliferi ad anagen di durata sempre piùbreve.

Fra i farmaci ritenuti responsabili di alopeciamolti sono inibitori della adenilciclasi delcapello.Fra i più importanti ricordiamo ancora gli ini-bitori delle prostaglandine, che ostacolano laformazione della PGE2 mediatrice fra recetto-re ed enzima; gli oppioidi che causano alope-cia di frequente riscontro nei tossicodipen-denti; l’acido nicotinico molto usato in passa-to per il “benefico rossore”; forse anche l’epa-rina, i cumarinici, il clofibrato ed i destranipossiedono questa capacità e comunque pro-vocano alopecia iatrogena (telogen effluvio),reversibile.

La seconda tappa che porta all’utilizzodel glucosio da parte del follicolo pilifero ini-zia con la trasformazione dell’adenosina trifo-sfato (ATP) in adenosina monofosfato ciclico(cAMP). La reazione è, come abbiamo visto,catalizzata dall’enzima adenilciclasi attivatoed avviene in presenza di Mg++, la cui dispo-nibilità è fattore limitante per lo svolgersidella reazione stessa. Ovviamente anche la

disponibilità di ATP è un altro fattore limitan-te della sintesi di cAMP. Ormai sappiamo chel’cAMP interviene nel controllo della moltipli-cazione cellulare delle cellule della matricedel capello, e quindi nella crescita del capellostesso. Il meccanismo fondamentale con cuil’cAMP agisce sulle cellule dei mammiferi èben documentato e consiste nella attivazionedi una proteina-chinasi.

La proteina-chinasi è costituita da una sub-unità regolatrice (R) e da una subunità catali-tica (C). Unite queste subunità non sono atti-ve. L’cAMP si lega alla subunità R e libera lasubunità C in forma attiva. La subunità C atti-va è in grado di dare il via a tutta una serie direazioni (e controregolazioni) a cascata chepermettono (o limitano) il metabolismo ener-getico del tricocheratinocita.

L’incremento della sintesi di esochinasi avvie-ne probabilmente con bassi livelli di cAMP ebassi livelli di proteina-chinasi attivata (C).L’esochinasi trasforma, nel citosol, il glucosioin glucosio 6-fosfato con consumo di ATP e dacosì il via alla glicolisi anaerobia. Il glucosio

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6-fosfato stesso ha la capacità di rallentarel’attività esochinasica controregolandola. Adopera della glicolisi si formano 2 moli di ATPper ogni mole di glucosio trasformata in acidopiruvico.

Verosimilmente a livelli più alti di proteina-chinasi attivata avviene la glicogenolisi del gli-cogeno immagazzinato come riserva, con ulte-riore incremento della glicolisi. Non si cono-scono con certezza le tappe metaboliche cheportano alla glicogenolisi a livello del follico-lo pilifero ma in analogia a quanto avvienenel fegato si può pensare che la proteina-chi-nasi attivata attivi a sua volta una fosfo-fosfo-rilasichinasi in presenza di Ca++ ed ATP eche quest’ultima attivi una fosforilasi chescinde il glicogeno a glucosio 1-fosfato; unafo s fo gl i c o m u tasi fo rma quindi glucosio 6-fosfato, che entra nella glicolisi. Siamo difronte a reazioni catalitiche a cascata che ten-dono ad autoincrementarsi per produzione equindi aumento di disponibilità di ATP. Lealtre attività della proteina-chinasi attiva (C)tenderanno ad una controregolazione.

La prima funzione a controregolazione della

proteina-chinasi che prendiamo in considera-zione è l’inibizione della fosfofruttochinasi(PFK). La fosfofruttochinasi è un enzimachiave della glicolisi: Mg++ dipendente, per-mette la trasformazione del fruttosio 6-fosfatoin fruttosio 1,6-difosfato con consumo di ATP.La fosfofruttochinasi è anche inibita da alteconcentrazioni di ATP che quindi rappresen-ta sia il substrato donatore di energia di fosfa-to, sia un modulatore, cosiddetto allosterico.Ad alte concentrazioni di ATP, infatti, l’enzi-ma è inibito e tale regolazione permette dimodulare la velocità della glicolisi legandolaalle necessità energet i che della cellula.L’inibizione della PFK da parte della protei-na-chinasi attiva risponde alla stessa esigenzae devia la glicolisi verso lo shunt degli esoso-monofosfati, attraverso cui si formano pento-si utilizzati nella sintesi di acido nucleico en i c ot i n a m i d e a d e n i l d i n u c l e ot i d e fo s fa to ri d ot to(NADPH). Il NADPH è il coenzima la cui dis-ponibilità controlla la 5 alfa reduttasi con tra-sformazione del testosterone in diidrotestoste-rone, che se non viene metabolizzato mentreche si forma, si accumula con inibizione dellaadenilciclasi. L’inibizione della PFK da partedella proteina-chinasi avviene certamente alivelli di chinasi attivata più alti di quellinecessari ad incrementare la sintesi di esochi-nasi e necessari ad attivare la glicogenolisi.Livelli così alti di cAMP possono portare ilcapello in prematura fase telogen, e bassilivelli provocano la fase telogen per mancanzadell’energia necessaria alle sintesi proteiche.

La seconda importante funzione a controre-golazione della proteina-chinasi attiva (C) è l’i-nibizione della sintesi delle proteine a livelloribosomiale, cioè a livello della trascrizionedell’mRNA. L’inibizione delle sintesi protei-che è di per sé sufficiente a spiegare come altilivelli di cAMP interferiscano col ciclo cellula-re nelle fasi G1, S, G2, con rallentamento

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delle mitosi della matrice. Non possiamocomunque escludere anche un effetto inibito-rio diretto sulla replicazione cellulare ma l’i-nibizione, da un lato, della sintesi delle protei-ne che compongono i sistemi tubulo-fibrillariche guidano il fuso mitotico e, dall’altro, delleproteine necessarie per la sintesi di nuovi cro-mosomi ci sembra sufficiente a spiegare il ral-l e n ta m e n to delle mitosi. Ancora ve d i a m ocome alti livelli di cAMP possano esitare in unprematuro telogen del capello, ma d’altraparte è chiaro che se lo stesso cAMP è insuffi-ciente il capello va in telogen per mancanza dienergia. Queste considerazioni possono inparte spiegare le molte contraddizioni che tro-viamo in letteratura.In altre parole l’cAMP intracitoplasmatico deltricocheratinocita non deve essere né tropponé troppo poco, potendo variare entro margi-ni forse non molto ampi.

Il catabolismo dell’cAMP prodottosi dopo l’at-tivazione dell’adenilciclasi è opera di un enzi-ma, la fosfodiesterasi, che demolisce il nucleo-tide ciclico a 5-AMP (nucleoside 5-monofosfa-to). Non si può escludere che l’cAMP possa essere

metabolizzato anche attraverso altre vie chenon implicano l’intervento della fosfodiestera-si, ma questa è l’unica dimostrata e documen-tata. Si conoscono alcune sostanze in grado di ini-bire la fosfodiesterasi, fra queste le più attivesembrano essere le metilxantine, in particola-re caffeina e teofillina. Molto attiva nell’inibi-re la fosfodiesterasi risulta essere anche lapapaverina

La terza tappa dell’utilizzo del glucosio daparte del follicolo pilifero comincia ovviamen-te dalla glicolisi.

Nel follicolo in anagen l’utilizzo del glucosioè aumentato del 200% rispetto al follicolo inte l o gen. Pa ra l l e l a m e n te anche la gl i c o l i s irisulta incrementata del 200%; l’attività delciclo degli esosofosfati dell’ 800%, il metaboli-smo glucidico attraverso altre vie del 150%.Il cambiamento metabolico più importantenel passaggio dalla fase telogen alla fase ana-gen sembra consistere nella attivazione delloshunt degli esosofosfati che produce grandiquantità di NADPH, essenziale per la sintesidei grassi e degli steroidi ed in particolare per

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la trasformazione del testosterone in diidrote-stosterone. Inoltre i pentosi che si formanolungo questa via rappresentano le “pietreangolari” per la costruzione dei nucleotidi.Inoltre la quantità di ATP che si forma allafine del processo metabolico lungo la catenarespiratoria dipende anche dalla quantità diNADPH convertita in NADH e poi ossidata.

Per glicolisi si intende la demolizione del glu-cosio ad acqua e CO2.

Esula dallo scopo di questa lavoro spiegaredettagliatamente i passaggi metabolici delladegradazione del glucosio e del metabolismointermedio, dobbiamo solo soffermarci supochi punti essenziali, che semplifichiamorimandando per maggiori dettagli ai trattatidi fisiologia medica.

Il catabolismo del glucosio segue due vie, unaattraverso la scissione in triosi, detta via diEmbden-Meyerhof, l’altra attraverso la suaossidazione e decarbossilazione a pentosi, edè lo shunt degli esosomonofosfati.Il metabolismo del glucosio attraverso la viadi Embden-Meyerhof fino ad acido piruvico sisvolge nel citosol cellulare e produce modestequantità di energia: 3 moli di ATP per moledi glucosio se si parte da glicogeno, solo 2 sesi parte da glucosio. Produce però anche 2idrogenioni (H+) che verranno utilizzatiper laproduzione di 6 moli di ATP nella catenarespiratoria mitocondriale anaerobica. Questidue idrogenioni si formano al passaggio meta-bolico della fosfogliceraldeide ad acido fosfo-gl i c e rico con tra s fo rmazione di NAD inNADH. Ricordiamo che per ogni mole di glu-cosio si formano 2 moli di fosfogliceraldeide. L’ossidazione del NADH, che avviene sia nellacatena respiratoria mitocondriale sia nellatrasformazione di acido piruvico acetil-Co A,produce 6 moli di ATP.

La trasformazione dell’acido piruvico in ace-til-Co A alimenta, all’interno dei mitocondri,il ciclo di Krebs che produce 8H+ ad ogni giroper mole iniziale di glucosio, questi produr-ranno24 moli di ATP lungo la catena respira-toria.Pertanto la produzione netta di ATP per moledi glucosio metabolizzato lungo la via diEmbden-Meyerhof ed il ciclo di Krebs è di 38moli (2+6+6+24 = 38).

La catena respiratoria mitocondriale è costi-tuita da una serie di reazioni a cascata chetrasferiscono idrogeno all’ossigeno; ciascunenzima della cascata viene ridotto e poi riossi-dato, mentre l’ossigeno scende lungo la casca-ta stessa.Questo è associato alla formazione di ATP daADP. Tutto il processo dipende da un adegua-to apporto di ADP e quindi tanto più rapida-mente viene utilizzato l’ATP nei tessuti tantopiù grande è la disponibilità di ADP e conse-guentemente tanto più rapida decorre la cate-na respiratoria, o fosforilazione ossidativa.

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Lo shunt degli esosomonofosfati è la piùimportante alternativa metabolica alla glicoli-si anaerobica.Per il capello esso sembra costituire una via dia s s o l u ta imp o rtanza poiché nel passaggiodalla fase telogen alla fase anagen risultaincrementato dell’ 800%. Attraverso lo shunt degli esosomonofosfati siformano i pentosi per la sintesi di acidinucleici e pertanto il capello non può cresce-re, poiché la cellula non può riprodursi, senon è attiva ta qu e sta via meta b o l i c a .Attraverso questo shunt si forma il NADPHche la cellula utilizza nel corso delle sequen-ze biosintetiche riduttive.Quando però l’attività della proteina-chinasied il conseguente blocco della fosfofruttochi-nasi è tale da deviare gran parte della glicoli-si lungo lo shunt esosomonofosfatico, la gran-de quantità di NADPH prodotta porta ad untale incremento della 5 alfa riduzione che ildiidrotestosterone supera le capacità di meta-bolizzazione e si accumula con inibizione del-l’adenilciclasi, con freno della produzione dicAMP della glicolisi e con riduzione della pro-duzione di energia, fino a provocare il telogendel capello. A questo punto il follicolo comin-

cia a metabolizzare attivamente testosteronein andro stenedione, andro stenedione edestradiolo in estrone fino a attivare ancora l’a-denilciclasi e la produzione di energia per ilnuovo anagen.Così il ciclo vitale del capello periodicamentesi chiude e si riapre.

CONTROLLOAUTOCRINO-PARACRINO

Le mitosi delle cellule della matrice sonosotto il controllo tonico di un fattore di cresci-ta che esse stesse producono, Hair GrowFactor, e di un calone inibitorio, prodottodalle cellule della papilla dermica, individua-bile nel Trasforming Grow Factor beta. Il“dialogo” fra questi due fattori modula lemitosi della matrice del capello e controlla lasintesi della chratina e la velocità di crescitadel pelo . Nel feto, intorno al quarto mese di vita gesta-zionale, in punti geneticamente prefissati,alcune cellule epidermiche proliferano e si

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approfondiscono nel derma spinte dall’attivi-tà pro m i totica dell’Hair Grow th Fa c to r(HrGF), pro d ot to dai ch e ratinociti ste s s i .Q u e ste cellule si appro fondiscono fino alderma papillare, finché vengono fronteggiateda una papilla dermica che ne inibisce la pro-liferazione e la discesa con un messaggio ini-b i to rio para c rino, pre s u m i b i l m e n te con ilcalone Tra n s fo rming Grow th Fa c tor beta(TGF beta). Questo evento si ripete poi quasiuguale durante tutta la vita estrauterina, adogni ciclo pilare, al momento del catagen.Dopo la nascita i peli lanugo vengono via viarimpiazzati da peli terminali e sul cuoiocapelluto compaiono veri capelli, che diventa-no col tempo sempre più lunghi e più grossi,compaiono sul cuoio capelluto. A questa evo-luzione contribuisce sicuramente l’azione delsomatotropo, forse attraverso il suo tipicomediatore, il fattore di crescita IGF1 (somato-medina C), o più verosimilmente attraverso lamediazione dell’Hair Growth Factor.Durante tutta la vita estrauterina, quando ilpelo arri va alla fase cata gen, la matri c e ,comunemente intesa, degenera e la papillarimane connessa al bulbo solo mediante unacolonna vuota di cellule epiteliali; in seguitoquesta colonna risale fino ad entrare fisica-mente in contatto con le cellule germinativedella zona protuberante (bulge) e in qualchemodo ne attiva la produzione di HrGF. Le gel-lule staminali del bulge, con un processom o l to simile a quello della fo rm a z i o n eembriologica del pelo primitivo, migrano dinuovo verso il basso ricolonizzando la zonadella matrice e, ripreso contatto con la papil-la dermica danno inizio al nuovo anagen. Laproduzione di HrGF da parte delle cellule delbulge è verosimilmente attivata dall’estroneabbondantemente prodotto dal metabolismodel follicolo dalla fine dell’anagen.Per quanto riguarda la struttura dell’HrGFpossiamo pensare che, in analogia con la

struttura dell’insulina, sia un polipeptide dicirca 50 - 52 aminoacidi, formato da due cate-ne l’una di 20 - 22 e l’altra di circa 30 aminoa-cidi unite da due ponti disolfuro. Il peso mole-colare totale dovrebbe aggirarsi intorno ai6000 dalton. Le singole unità si assemblereb-bero fra loro a formare dimeri di forma cilin-drica in una struttura tridimensionale rom-boide con al centro due atomi di zinco circon-dati da tre coppie di HrGF. Questa struttura,veicolata dall’albumina, verrebbe trasportatanel sangue. Solo il monomero sarebbe biologi-camente attivo.

L’ HrGF è prodotto dal feto al 4°- 6° mese e dacellule tumorali programmate in senso endo-crino e di probabile origine neuroectodermi-ca, vedi sistema APUD (Amine PrecursorUptake and Decarboxylation).E’ presumibile che possa essere reperito nelliquido amniotico e nel siero di pazienti affet-ti da ipertricosi lanuginosa acquisita.

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Il controllo del ciclo del capello(sintesi)

Mentre la moltiplicazione delle cellule dellamatrice del capello e la sintesi di cheratinasono tonicamente sotto il controllo e l’intera-zione di due fattori di crescita, uno stimolan-te (HrGF) ed uno inibente (TGF beta), il cicloa n a ge n - c a ta ge n - te l o gen è contro l l a to dalmetabolismo del glucosio, gli ormoni steroidi,androgeni ed estrogeni, determinano la dura-ta dell’anagen e la differenziazione in peli ter-minali o vellus.

Androgeni ed estrogeni permettono cioè cheil genotipo “calvo o non calvo” diventi fenoti-po. Dopo la pubertà ai maschi crescono labarba, i peli sul torace e sul dorso e, contem-poraneamente, cominciano a cadere i capelli(Hamilton J.). Nelle donne l’ipertricosi è unsintomo importante di molte endocrinopatieassociate ad iperproduzione di androgeni. Idifferenti effetti degli androgeni sui vari grup-pi piliferi umani nelle diverse sedi portanoall’ipotesi che esistano differenze nella tra-s c rizione nucleare indot ta dal messaggio

o rmonale, intesa come dere p ressione orepressione di geni, o a quella che l’aromatiz-zazione ad estrogeni possa essere molto piùa t t i va in certe zone ri s p et to ad altre(Schweihert H.U.).La conversione intracitoplasmatica del testo-sterone nel metabolita attivo diidrotestostero-ne, ad opera dell’enzima 5 alfa reduttasi,nodo centrale del controllo steroideo del ciclodel capello, avviene in presenza del coenzimaNADPH2 la cui disponibilità è fattore di con-trollo e regolazione del metabolismo dell’or-mone maschile. Il diidrotestosterone si combi-na quindi con un recettore citosolico, di natu-ra proteica, a formare un complesso che entraattivamente nel nucleo cellulare, si coniugasuccessivamente con la cromatina, a livello diun recettore specifico, e tramite la formazio-ne di mRNA deprime (o induce) la sintesi pro-teica a livello ribosomiale (Farthing M.J.). Inc a renza di NADPH2, ma in presenza diNADH2, il testosterone può essere convertitoin androstenedione dalla 17 beta idrossisteroi-do-deidrogenasi (Adachi K.) e poi aromatizza-to ad estrone (Schweihert H.U.). L’energia perla sintesi proteica nel follicolo in anagen è for-nita dal metabolismo del glucosio, che costi-tuisce il secondo sistema fondamentale di con-trollo del ciclo del capello. Nel follicolo inanagen l’utilizzo del glucosio è aumentato del200% rispetto al follicolo in telogen. Anche laglicolisi risulta aumentata del 200%, l’attivitàdel ciclo degli esosofosfati dell’ 800% e ilmetabolismo glucidico attraverso altre vie del150% (Halprin K.M. - Parker F.). Il cambia-mento metabolico più importante nel passag-gio dalla fase telogen alla fase anagen sembraconsistere nell’attivazione dello shunt degliesosofosfati (Parker F.) che produce grandiquantità di NADPH2, essenziale per la tra-sformazione del testosterone in diidrotestoste-rone, realizzando così un primo fondamenta-le controllo a retroazione sulla durata dell’a-

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nagen.La scissione del glicogeno, di cui è ricca lapapilla del pelo alla fine del telogen, l’attiva-zione della glicolisi ed in definitiva la fornitu-ra di energia al follicolo pilifero, sono in fun-zione della disponibilità di fosforilasi chedipende dai livelli intracellulari di AdenosinMonofosfato Ciclico (cAMP) (De Villez.R.L).L’cAMP è così un altro fattore che mediaattraverso una diversa via gli effetti degliormoni sessuali sul follicolo pilifero ( AdachiK.).La teoria dell’cAMP “secondo messaggero”pone che il primo messaggero, un ormone insenso classico, sia trasportato nel plasma finoal suo recettore sulla membrana della cellulabersaglio. Con l’intermediazione di una pro-staglandina PGE2 (Sauk J.J.) ed in presenzadi Mg++ o Mn++, una subunità catalitica dellaadenilciclasi produce cAMP da ATP. L’cAMPinizia la fisiologica cascata di attivazione dip roteine chinasi che porta all’attiva z i o n edella fosforilasi. Durante l’anagen anche l’at-tività (o la disponibilità) della esochinasi, chetrasforma il glucosio ematico in glucosio 6-fosfato, dipende dai livelli di proteina chinasiattiva.

Sappiamo che:il diidrotestosterone, ma non il testosteronené l’androstenedione, è in grado di inibire l’a-denilciclasi e riduce la disponibilità di cAMPa livello dei follicoli piliferi (Adachi K.);l’estrone, ma non l’estradiolo, attiva invecel’adenilciclasi aumentando l’cAMP nelle cel-lule follicolari (Parker F.);le cellule della matrice del pelo sono in gradodi metabolizzare, in presenza di NADH2, iltestosterone ad androstenedione (De VillezR.L.);il follicolo pilifero è in grado di aromatizzarel’androstenedione ad estrone (Schweikert H.U.).

C’è una stretta relazione fra follicoli in ana-gen che producono diidrote sto ste rone datestosterone con calo dei livelli di cAMP finoal telogen e follicoli in telogen che metaboliz-zano te sto ste rone in andro stenedione (DeVillez R.L.), andro stenedione (Sch we i ke rtH.U.) ed estradiolo in estrone (Parker F.), conl’aumento delle concentrazioni di cAMP, finoal via di un nuovo anagen.I processi di aromatizzazione del follicolo pili-fero sono essenziali, in particolar modo nelmaschio, a mantenere l’anagen.Dunque l’cAMP modula la fornitura di ener-gia necessaria alla sintesi della cheratina inne-scando un sistema di proteine chinasi che atti-va la fosforilasi e controlla la funzione dellaesochinasi. Tutto ciò in presenza di Ca++ eMg++ e con consumo di ATP.

La proteina chinasi, la cui attivazione costitui-sce la prima tappa della cascata, consta di unasubunità regolatrice (R) e di una subunitàcatalitica (C). Se unite fra loro queste subuni-tà non sono attive. L’cAMP lega la subunità Re libera la subunità C che così può innescarela catena metabolica.

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La subunità C attivata controlla però anchealcuni sistemi di controregolazione di cui ilpiù imp o rta n te è l’inibizione dell’enzimafosfofruttochinasi che, nella glicolisi, presiedealla trasformazione del fruttosio 6-fosfato infruttosio 1,6-difosfato. L’inibizione della fosfofruttochinasi devia ilmetabolismo del glucosio verso lo shunt deglie s o s o m o n o fo s fati con produzione diNADPH2, incremento della attività della 5alfa reduttasi e maggior produzione di diidro-testosterone che, a retroazione, inibisce l’ade-nilciclasi e quindi la produzione di cAMP.Inoltre la subunità C attiva rallenta la sintesidelle proteine a livello della tra s c ri z i o n edell’mRNA ed interferisce con il ciclo cellula-re nelle fasi G1 ed S (Voorkees J.J.).Così alti livelli di cAMP possono esitare inprematura fase telogen del capello (Adachi K.)e bassi livelli provocano ancora il telogen percarenza dell’energia necessaria alle sintesiproteiche (Comaish S.).

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ALOPECIE IN ENDOCRINOPATIE

Lo sviluppo dei peli ed il loro ciclo sono con-dizionate, in gran parte, dalle ghiandole endo-crine i cui ormoni esercitano sul complessopilosebaceo influenze regolatrici spesso oppo-ste. Non sorprende perciò che disendocriniedi varia natura si riflettano sullo sviluppo del-l’apparato pilifero e sul ciclo vitale dei capel-li.

Malattie dell’ipofisiTipica l’alopecia che si manifesta nel nanismoipofisario e che inizia al centro del capillizioestendendosi successivamente verso la perife-ria fino ad interessare tutto il cuoio capelluto;anche le regioni ascellari e pubiche sono tipi-camente coinvolte.Nella sindrome di Sheehan (necrosi ipofisariapost partum) i peli al pube ed alle ascelle siassottigliano e cadono ed il cuoio capellutoviene interessato da una caratteristica ipotri-chia.Ipotrichia progressivamente ingravescente siosserva anche nella sindrome della sella vuotae frequentemente anche in presenza di adeno-mi ipofisari.

Malattie della tiroideTipico il defluvio in telogen dell’ipotiroidi-smo che interessa i capelli, la barba, i pelipubici ed ascellari. Si tratta di una grave ipo-trichia che al cuoio capelluto interessa parti-colarmente i bordi del capillizio con una alo-pecia marginale reversibile con terapia sosti-tutiva.Nell’ipertiroidismo i capelli ed i peli diventa-no sottili e fragili ma è rara una vera alopecia.Sia nell’ipotiroidismo che nell’ipertiroidismoè frequente l’alopecia areata e talvolta si asso-

cia anche la vitiligine .Malattie delle paratiroidiNell’ipoparatiroidismo cronico è costante unaipotricosi generalizzata; i capelli diventanosecchi, sottili , fragili e cadono diffusamente oin chiazze fino all’alopecia, dimostrando cosìclinicamente l’importanza del calcio nel trofi-smo del pelo.

Malattie delle surreniNelle sindromi surrenogenitali femminili dac a renza enzimatica (iperplasia surre n a l i c acongenita) si osservano alopecia androgeneti-ca, irsutismo ed acne che sono presenti anchenel Morbo di Cushing e nei tumori virilizzan-ti del surrene.Nell’ insufficienza surrenalica cronica (M. diAddison) tutto il sistema pilifero appare com-promesso ed in particolare i capelli si dirada-no e scuriscono mentre i peli ascellari e pubi-ci si diradano fino a scomparire.

Malattie delle ovaieAlla menopausa i capelli si diradano e puòcomparire un innalzamento della linea fron-tale, i peli ascellari e pubici diventano semprepiù scarsi fin quasi a scomparire e spesso si haun lieve irsutismo.Ne l l ’ovaio policist i c o ( s i n d rome di Ste i n -Leventhal) è caratteristico l’irsutismo accom-pagnato da defluvio in telogen.Nei tumori ovarici secernenti androgeni (arre-n o b l a stoma, gonadoblastoma, ley d i g i o m a ,ipernefroma ovarico, luteoma) è caratteristicala sindrome da virilizzazione con amenorrea,perdita dei caratteri sessuali secondari, modi-ficazione della voce, irsutismo ed alopecia.

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DIETA E CAPELLI

Gli integratori alimentari: generalità eloro possibile utilizzo in tricologia

Un lungo capitolo sui principi qualitativinutrizionali può, a prima vista, sembrare dif-ficile, eccessivo o addirittura inutile in unmanuale di tricologia e la tentazione di saltar-lo a piè pari è certamente forte.E’ importante però far rilevare come unadieta inappropriata e come stati carenziali,specie qualitativi, possono provocare un efflu-vio e contribuire ad aggravare un defluvio giàin atto, talvolta in modo irreparabile.Poiché oggi il laboratorio ci permette di inda-gare sullo stato nutrizionale e di evidenziarecon relativa facilità almeno le carenze nutri-zionali più grossolane e poiché queste posso-no quasi sempre essere corrette, le conoscen-ze di base su “nutrienti e capelli” diventanoindispensabili per chi vo glia dav ve ro fa redella tricologia una scienza.Ormai da decenni è dimostrato ciò che dasempre si era intuito, cioè che esiste un diret-to rapporto fra stato nutrizionale e sintesidelle cheratine dure dei peli e delle unghie.Già secondo Rook: “diete troppo rigide e male qu i l i b ra te hanno contri b u i to all’aumentodelle alopecie e delle ipotrichie riscontratonegli ultimi anni, specie nelle donne”.

CONSEGUENZE DI UNA CARENZAPROTEICA

Bradfield ha dimostrato, su volontari sani sot-toposti a dieta aproteica, che il diametro delbulbo dei capelli si riduce notevolmente doposoli 11 giorni con marcata riduzione del pig-mento melanico verso il 14° giorno, seguitada atrofia e successiva perdita delle guaine

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interna ed esterna.E’ importante notare che le alterazioni delbulbo e poi dello stelo del capello si verifica-no quando ancora non sono evidenti segniematici di carenza, quasi che l’organismo,finalisticamente, risparmiasse le proteine perle funzioni essenziali togliendole a tutte quel-le sintesi di cui può fare a meno.Dopo dieta aproteica una modesta trazionesul capello provoca la rottura intrafollicolaredel fusto del capello, il quale dimostra cosìuna netta riduzione della sua resistenza allatrazione e della sua tipica elasticità.In tutti i casi aggiungendo proteine alla dietale alte razioni si dimost rano ra p i d a m e n tereversibili.Distinguiamo una carenza proteica acuta eduna carenza proteica cronica.

Carenza proteica acutaNella carenza proteica acuta (Kwashiorkor) lapercentuale dei capelli in anagen scende al26-30%. All’esame microscopico i capellimostrano severi segni di atrofia rappresentatidalla riduzione del diametro dei bulbi, ugua-le ad 1/3 del normale (circa 25 micron invecedi 80) con presenza di una tipica strozzaturacentrale a clessidra, dalla perdita della guainainterna ed esterna, dalla marcata riduzionedel pigmento.Inoltre la quantità di tessuto pilare prodottagiornalmente risulta ridotta a circa 1/10 e lavelocità di crescita in lunghezza ad 1/4 delnormale.

Carenza proteica cronicaNella carenza proteica cronica (marasma) l’or-ganismo tenta di adattarsi alla situazione dimalnutrizione conservando le proteine per lefunzioni essenziali alla sopravvivenza e le alte-razioni sul capello sono ancora più drammati-che.In uno studio di Bradfield in bambini affetti

da malnutrizione proteica cronica solo l’1%dei capelli era in anagen e mancavano tuttidelle guaine esterna ed interna. Il colore eran et ta m e n te alte ra to, rossiccio, il diamet roridotto a meno di 30 micron. La velocità dicrescita risultava di 1/10 di centimetro almese e la sua discontinuità dava al capello unaspetto a tipo pseudo moniletrix. La resisten-za dei bulbi alla trazione era, ovviamente,estremamente scarsa e gli steli si rompevanocon grande facilità. L’aspetto generale deifusti era quindi quello che si riscontra anchenella aplasia moniliforme, nei capelli fusifor-mi o nella tricorressi nodosa ma il loro diame-tro era assai minore di quanto lo è in questealterazioni.Altre carenze nutrizionali genericheSempre da Bradfield, a dimostrazione che ilpelo non ha bisogno solo di aminoacidi, sonostati osservati sperimentalmente mutamentidel pelo in animali tenuti a dieta non ipocalo-rica ma priva di tutti i fattori nutrienti cono-sciuti, ad eccezione delle proteine.In questi animali il ritmo di crescita del peloera ancora una volta rallentato, la resistenzadei fusti alla rottura era significativamentepiù bassa anche a parità di diametro, checomunque era quasi sempre ridotto. Tutte le alterazioni si dimostravano reversibi-li reintroducendo i principi mancanti nellaalimentazione.

Dal punto di vista pratico è importante chie-dere al paziente che presenta caduta di capel-li se ha seguito diete particolari, se soffre didisturbi intestinali che possano condizionareun malassorbimento, se fa uso di lassativi, seusa farmaci diretti ad inibire l’assorbimentodi sostanze alimentari (clofibrato, destrano,fitati ecc.), se ha avuto una perdita di pesonell’ultimo anno o negli ultimi mesi.

Comunque un semplice esame microscopico

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dei capelli potrà evidenziare un ridotto diame-tro dei fusti, i bulbi facilmente si presenteran-no come pseudodistrofici (piccoli e “strozza-ti”) e potrà esservi una riduzione in spessoreo la perdita completa delle guaine nei capellistrappati in anagen.E’ significativo che queste alterazioni morfo-logiche potranno manifestarsi quando ancoranon vi sono variazione significative del rap-porto anagen/telogen al comune tricogram-ma e che tutto questo può essere osservato,nelle forme larvate e tipiche dei paesi evoluti,senza alterazione seriche delle proteine ema-tiche totali né del protidogramma né in pre-senza di decise carenze seriche minerali ovitaminiche.Solo successivamente, se la situazione malnu-tritiva perdura, si osserverà un aumento nettodei capelli in telogen, con alterazione del rap-porto anagen/telogen al tricogramma, e com-pariranno i segni ematologici tipici della mal-nutrizione come la diminuzione delle protei-ne totali, delle albumine, del colesterolo, dellasideremia, zinchemia, magnesiemia, calcemiae delle vitamine dosabili.

I nutrizionisti calcolano che un uomo adultonecessiti di 0,75 gr. di proteine per Kg di pesocorporeo al giorno. Questo dato, a nostro avvi-so, pecca per difetto e può essere sicuramenteconsiderato minimale e non ottimale.Tenendo poi conto che almeno due terzi delleproteine introdotte con gli alimenti sono,comunemente, di origine vegetale ed hannoquindi un valore biologico inferiore a quelledi origine animale perché prive degli aminoa-cidi essenziali (aminoacidi cioè che l’organi-smo non è in grado di sintetizzare ma deveassumere preformati), si può tranquillamentefi s s a re il fabbisogno proteico per l’uomocomune ad almeno un grammo al giorno perKg di peso corporeo.Un giovane poi ha un fabbisogno proteico

ancora maggiore e inversamente proporziona-li alla sua età: basti pensare a quanto èaumentata la statura media di ogni popolazio-ne (dall’Italia al Giappone) quando la dieta siè arricchita in proteine.Se il fabbisogno proteico è più elevato nei gio-vani in crescita lo è anche di più nella gravi-danza, nelle malattie febbrili ed aumentaancora col lavoro muscolare e con l’attivitàsportiva (per la necessità di riparare i micro-scopici ma continui danni muscolari).E’ quindi più facile di quanto comunementesi creda incorrere in modesti deficit proteici,senza certo arr ivare al Kwashiorkor od almarasma, anche nella vita comune di unasocietà evoluta.Questi modesti deficit proteici disturberannoben poco lo stato globale di salute ma potran-no sicuramente essere causa di un “inspiega-bile” effluvio, aggravare un defluvio in atto,ridurre la velocità di crescita dei capelli edelle unghie, essere causa o concausa di unaonicoclasia e di una onicodistrofia.In definitiva in Tricologia i “parametri sericidi normalità” di tutti i nutrienti sono assaipiù ri st retti di qu a n to considera to dallaMedicina Generale.

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AMINOACIDI E PROTEINE

Fra i vari aminoacidi alcuni appaiono partico-larmente importanti per la formazione dellecheratine dure dei peli e delle unghie: la cisti-na, la metionina, l’istidina, la glicina, la feni-lalanina, la tirosina e gli altri aminoacididella gelatina di collagene.

La cistinaE’ l’aminoacido a più alto peso molecolare(240,23) e si caratterizza per il contenuto inzolfo (27%) superiore a tutti gli altri aminoa-cidi solforati. La cistina presenta un legame S-S molto stabile che, utilizzato nella strutturadelle cheratine, conferisce a queste tenuta eresistenza.La presenza di cistina è, ovviamente, indi-spensabile per il processo di cheratinizzazio-ne ed è presente in grandi quantità nello stra-to esterno della cuticola del pelo.Nell’animale si è dimostrato che una alimen-tazione priva o povera solo di cistina determi-na una netta diminuzione nella produzione ditessuto pilare.Esami istologici cutanei praticati ad animali adieta cistino-priva hanno evidenziato una pre-valenza di follicoli in catagen circondati da uninfiltrato linfocitario.Per quanto riguarda la pigmentazione delpelo è stato visto che la cistina facilita la sin-tesi di eumelanine. Importanti sono i rappor-ti fra cistina e vitamina B6 perché in caso didifetto di questa vitamina il tasso di cistina incircolo diminuisce.Il grado di cheratinizzazione aumenta e siperfeziona con l’aumentare del tasso di cisti-na nei tessuti e col diminuire del contenuto incisteina. Salendo dagli strati profondi dellacute e del follicolo pilifero l’ossidazione deigruppi -SH liberi della cisteina dà luogo aiponti disolfurici -S-S della cistina, necessari

per la stabilità e la resistenza delle cheratine.Non esiste un definito fabbisogno giornalierodi cistina nell’uomo, ma comunque questoaminoacido è stata proposto in terapia per leaffezioni della cheratinizzazione alla dose di1-1,5 gr. al giorno. La cistina è abbondantenelle uova e nel latte vaccino.

La metioninaE’ un altro aminoacido solforato proposto interapia per le affezioni della cheratinizzazio-ne. Appare di efficacia inferiore alla cistina eormai sembra di poter affermare che è utilesolo perché può essere facilmente convertitain cistina in presenza di vit. B12 e/o acidofolico.Cistina e metionina (ed in minor misuraanche gli altri aminoacidi solforati: cisteina,taurina, acido cisteico, cistationina) hannoanche una non trascurabile attività antiossi-dante. Sono cioè in grado di neutralizzare iradicali liberi (H202, 0+, H-) prima che possa-no reagire con le molecole biologiche, in talsenso si sono dimostrate valide come agentiprotettivi da radiazioni ionizzanti e in gradodi impedire una alopecia da radiazioni.Cistina e metionina sono anche capaci di

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impedire l’alopecia dopo intossicazione da tal-lio.

Istidina, glicina, fenilalanina, tirosi-naSono tutti contenuti nella gelatina di collage-ne che somministata per via orale favorisce ilturnover del collagene umano e, associata allacistina, migliora il processo di cheratinizza-zione ed aumenta il contenuto di zolfo nelpelo per incremento della disponibilità deiprecursori. Ricordiamo che la gelatina di col-lagene contiene quntità transcurabili di cisti-na.

Contenuto medio di aminoacidi della gelatinadi collagene (in %)

glicina 25,5cistina 0,1alanina 8,7tirosina 0,5leucina 3,2arginina 8,1isoleucina 1,4idrossiprolina 14,1treonina 1,9

serina 0,4ac glutammico 11,4metionina 1,0istidina 0,8fenilalanina 2,2prolina 18,4ac aspartico 6,6valina 2,5lisina 4,1

L’istidina si trova abbondante nella carne dimaiale, nel glutine ed in alcune farine. Vienea t t i va m e n te incorp o ra ta nella ch e ratina alivello dello stato granuloso.La glicina è forse il più importante degli ami-noacidi del collagene per il trofismo del capel-lo. L’effetto, talvolta sorprendente, riscontratosulla cheratinogenesi per somministrazionedi gelatina sembra possa essere in gran parteattribuito all’azione della glicina, che è anchel’aminoacido quantitativamente più impor-tante del collagene. Fra gli alimenti è abbon-dante anche nel latte.La fenilalanina e la tirosina rivestono unagrande importanza per la produzione di mela-nina e quindi per la pigmentazione del capel-lo e la loro carenza è in gran parte responsa-bile della depigmentazione dei capelli cheritroviamo nel marasma. Fenilalanina e tirosina sono abbondanti nellefarine e nel glutine.

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ACIDI GRASSI ESSENZIALI

Vengono chiamati anche vitamina F e sonocostituenti essenziali di membrana. La lorocarenza destabilizza il trasporto ionico attra-verso la membrana stessa. Le fonti alimentarisono le stesse della vitamina A e probabilmen-te molti dei sintomi attribuiti a carenza diretinolo sono in gran parte attribuibili acarenza di acidi grassi essenziali. Sappiamooggi che sono necessari per una corretta che-ratinizzazione ma non si conosce quale sia ilfabbisogno nell’uomo.Una sindrome carenziale di acidi grassi èstata descritta in pazienti in alimentazioneparenterale prolungata. Si presenta con erite-ma e desquamazione del cuoio capelluto edelle sopracciglia, caduta di peli e di capelli;quelli che rimangono appaiono depigmentati,secchi e con alterazioni strutturali. Il riscon-tro nel siero di un alto livello di acido cicosa-trianoico a bassa concentrazione di acido ara-chidonico ava l l e rà il sospet to diagnost i c o .L’applicazione topica di olio di zafferano, checontiene oltre il 65% di acido linoleico, farapidamente regredire le alterazioni cutanee.

LE VITAMINE E I CAPELLI

Dal punto di vista biochimico le vitaminesono un gruppo di sostanze eterogenee, senzacontenuto energetico proprio, attive a dosigeneralmente molto piccole, necessarie all’or-ganismo e alla sua crescita, che non possonoessere in genere sintetizzate e devono pertan-to venire introdotte con gli alimenti (in alcunicasi la flora batterica intestinale ne produceuna certa quota).A seconda delle loro caratteristiche vengonodistinte in liposolubili (A, D, E, K) e idrosolu-bili (B1, B2, B3, B5, B6, B8, acido folico,B12, C, acido lipoico). Alcune sostanze non

rientrano fra quelle propriamente definitevitamine (B4, B7, B10, B11, B13 o acido oro-tico, B14, B15 o acido pangamico, inositolo,rutina o vit. P, carnitina o vit. T, coenzima Q),e non saranno perciò descritte nei dettagli.

Alcune vitamine (A, E, B5, B6, PP, H) sonosicuramente coinvolte nell’attività follicolare.La presenza di anomalie dei capelli e dei pelipuò in certi casi essere ricondotta a carenzevitaminiche imputabili spesso a drastici regi-mi dietetici perseguiti con eccessiva disinvol-tura.

Il concetto di vitamina ha la sua origine nellaconstatazione che i principi alimentari fonda-mentali (proteine, grassi, carboidrati) nonbastano a tenere in salute l’organismo.Sebbene da tempo i navigatori si fossero resiconto della necessità di portare dei limoni neiviaggi di lunga durata e da tempo fosse rico-nosciuta l’utilità dell’olio di fegato di merluz-zo, la nozione del bisogno di una certa quali-tà nell’alimentazione rimase un concet tomolto vago ed empirico fino all’inizio del XX°secolo.Nel XIX° secolo si era potuto stabilire che lamancanza di certi fattori nell’alimentazioneera all’origine di malattie che da sempre ave-vano accompagnato l’uomo nella sua storia.Scorbuto, pellagra, beriberi avevano decimatogli equipaggi delle navi, piegato eserciti poten-ti, distrutto nazioni.

Il nome “vitamina” fu dato per la prima voltaalla tiamina nel 1911, per indicare che questasostanza aveva la struttura di un amina e cheera indispensabile alla vita.A partire dagli anni trenta si sono prodotteper sintesi le vitamine in quantità sufficientead assicurare il trattamento preventivo e cura-

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t i vo delle malattie da care n z a .Successivamente si sono estese, talvolta esage-ratamente, le loro indicazioni terapeutiche.In seguito, per reazione, si è passati a discute-re su certe loro indicazioni ed anche a mette-re in dubbio il loro interesse come farmacinei paesi evoluti, nei quali la popolazionedovrebbe beneficiare di una alimentazionesufficiente ed almeno teoricamente equilibra-ta.Al giorno d’oggi le moderne metodiche diindagine hanno messo in evidenza stati dicarenza vitaminica anche in gruppi di popola-zioni appartenenti alle società più industria-lizzate; si è riacceso quindi l’interesse e laricerca intorno a queste sostanze e molte diesse stanno sempre più riconfermando la loroefficacia come veri medicamenti dotati di atti-vità farmaco-dinamica.Oggi si sta rivalutando l’utilità di un apportoextra alimentare di vitamine ed inoltre questestanno dimostrando insospettate capacità far-macologiche che probabilmente saranno unadelle novità della medicina degli anni futuri.Si è anche visto come, in certi casi, l’assunzio-ne esasperata di una sola vitamina può provo-care carenze relative delle altre, con conse-guenti disturbi pseudo-carenziali e pertanto,nella prevenzione, si deve dare la preferenza acomposti multivitaminici in dosi equilibrate.

Riteniamo che una supplementazione di vita-mine non sia mai dannosa (sempre che non siecceda in vitamine liposolubili capaci di accu-mularsi nel tessuto adiposo) e quasi sempreutile anche per i capelli.Purtroppo nel tentativo di capire i rapportifra cute e vitamine si è tentato, inadeguata-mente, di trasferire in campo umano i nume-rosi dati relativi agli animali e, come conse-guenza, la letteratura abbonda di affermazio-ni discordanti e contraddittorie.Vediamo cosa si può dire di certo o di suffi-

cientemente accettato.

Vitamina A (retinolo) e retinoidiLa vit. A (retinolo) è un alcool a catena lungache si trova in natura prevalentemente sottoforma esterificata con acidi grassi in 16 diffe-renti isomeri di cui solo 6 sono noti. E’ inso-lubile in acqua, facilmente solubile in etere,cloroformio, acetone, grassi ed oli. Si trovasolo in prodotti di origine animale: olio difegato di pesce, fegato di mammiferi (soprat-tutto orso bianco) e, in minore quantità, inburro, latte, formaggio, uova.

Le provitamine A o carotenoidi, di cui il rap-presentante più importante e conosciuto è ilbeta-carotene, si trovano soprattutto nei vege-tali verdi e nella buccia dei frutti, a cui dacolore. In laboratorio è possibile scindereesattamente una molecola di beta-carotene,fortemente liposolubile, in due di vitamina A.Q u e sta divisione matematica non è peròattuabile dalle cellule della parete intestinaleche, solo in condizioni particolarmente favo-revoli, riescono ad ottenerne almeno una; daqui la necessità di somministrare quantità dibeta-carotene e carotenoidi assai più elevaterispetto alle apparenti necessità teoriche.La vit. A viene misura ta in U.I. (Un i t àInternazionali):__________________________________

1 U.I. vit. A = 0,344 microgrammi di vit. A acetato

(terminale molecola:CO-CH3)

= 0,550 microgrammi di vit. A palmitato(terminale molecola:

CO-(CH2)14-CH3)L’attività della vit. A palmitato è pertanto circa il 75% di quellaacetato.

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1 U.I. provitamina A = 0,600 microgrammi di beta-carotene (1microgrammo = 1 millesimo di milligrammo)

Non essendoci una relazione precisa fra U.I. di vit. A e di beta-carotene, dal 1969 il contenuto di vit. A o provitamina A vieneespresso in microgrammi di retinolo o retinolo equivalenti:1 retinolo equivalente= 1 microgrammo o 3,33 U.I. di retinolo;= 6 microgrammi o 10 U.I. di beta-carotene;= 12 microgrammi di carotenoidi diversi.

Si tiene cioè conto, per carotene e derivati, della loro effettiva

capacità di trasformarsi in vit. A nell’organismo.

__________________________________

Dato che il fabbisogno medio giornaliero divit. A è 3300-5000 U.I. (cioè 1000-1500 micro-grammi o 1-1,5 milligrammi) quella di beta-carotene è pertanto: 1000-1500 x 6 = 6000-9000 microgrammi (6-9 milligrammi).Per quanto riguarda la quantità di vitaminacontenuta nei cibi si possono fare i seguentiesempi: 100 gr carota = 12 mg beta-carotene(circa 6600 U.I.); 100 gr albicocca = 2,7 mgbeta-carotene (circa 1485 U.I.); 100 gr burro =1 mg vit. A (3300 U.I.).In condizioni normali l’assorbimento di vit. A(sotto forma di retinolo libero o esteri del reti-nolo) a livello della parete intestinale è com-pleto e può portare a ipervitaminosi, mentreper i carotenoidi questo non succede in quan-to l’intestino li trasforma in vit. A solo per laquota che necessita all’organismo. Il fegatoaccumula grandi riserve di vit. A e quindi l’i-povitaminosi non si manifesta per lunghiperiodi anche in assenza di assunzione con glialimenti. La vit. A circola nel sangue legata aduna proteina specifica, R.B.P. (proteina legan-te il retinolo), sintetizzata dal fegato.

Funzioni della vit. AMeccanismo della visione.

La vit. A partecipa alla formazione della por-pora retinica (rodopsina), recettore della luceparticolarmente importante per la visione inbassa intensità luminosa (visione crepuscola-re).

Integrità di pelle e mucose.La vitamina A è un costituente della membra-na cellulare e si può affermare che in ogni cel-lula deve esistere una quantità adeguata divitamina, al di sopra o al sotto della quale lastabilità della membrana, e quindi della cellu-la, si altera. Ne deriva che sia condizioni diipovitaminosi che di ipervitaminosi sono dan-nose. Infatti nella clinica vediamo che ipo edipervitaminosi A portano ad alterazioni dellacheratinizzazione con caduta di capelli intelogen negli stati di carenza ed in anagennegli stati di intossicazione acuta.La vit. A favorisce la sintesi dei mucopolisac-caridi (componenti essenziali del derma edelle guaine del pelo) e la secrezione di muco,è quindi indispensabile per il mantenimentod e l l ’ i n te grità degli epiteli di ri ve st i m e n to .Regolerebbe inoltre la sintesi delle cheratineattraverso una azione specifica sui radicalisulfidrilici ma, se assunta in eccesso, potrebbeinvece inibire questa sintesi (impedendo con-seguentemente che l’ossidazione dei gruppisulfidrilici (-SH) liberi della cisteina dia luogoai ponti disolfurici (-S-S) della cistina, necessa-ri alla stabilità ed alla resistenza del pelo. L’effetto protettivo del beta-carotene nei con-fronti dei raggi solari associato ad abbronza-tura “dorata” si verifica per dosaggi abbastan-za elevati (50-70 mg/die) difficilmente otteni-bili con le comuni preparazioni commerciali.- Ha funzione di coenzima in alcuni passaggi

metabolici nella sintesi degli ormoni steroidi:cortisolo, corticosterone, colesterolo, ormonisessuali.- La vitamina A è anche una sostanza antios-

sidante, impedisce l’ossidazione precoce dellavitamina C assunta con l’alimentazione ed ècertamente capace di neutralizzare nell’orga-nismo la presenza di radicali liberi che sonouna delle cause dell’invecchiamento e delledegenerazioni neoplastiche e che presumibil-

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mente contribuiscono alla caduta dei capellidal IV° decennio di vita in poi, quando ildefluvio è certamente meno “androgenetico”.Esistono attualmente dati sperimentali ches e m b rano confe rm a re un’azione protet t i vadella vit. A e dei retinoidi sullo sviluppo deitumori maligni e in qualche caso addiritturaregressione. Questi studi preliminari necessi-tano tuttavia di ulteriori conferme.

Un breve discorso a parte merita il betacarotene.Se fino a pochissimi anni fa si riteneva che ilbeta carotene giocasse il solo ruolo biologicodi precursore della vitamina A, oggi si vaormai delineando anche un sua diversa edautonoma funzione.E’ in gran parte a questo pigmento che si devela capacità dell’organismo di difendersi daidanni ossidativi indotti dai radicali liberi(H2O2, H-, O2+) che si formano in quasi tuttii distretti durante la loro specifica funzione(come ad esempio a livello broncopolmonaredurante la respirazione, nell’intestino duran-te i processi digestivi e nei muscoli durante losforzo fisico). Questi danni vanno da unaminore efficienza dell’organo, ad un vero eproprio invecchiamento, fino alla mutageno-genesi.Il suo meccanismo biologico si esplica sostan-zialmente nella capacità di neutralizzare l’os-sigeno singoletto (O+, ossigeno con attivitàtossica per le cellule che si forma nella pelle,ad esempio, in seguito a prolungata esposizio-ne ai raggi ultravioletti, dando luogo a conse-guenze anche molto gravi e non solo per lastessa pelle ma per tutto l’organismo).Il banale accorgimento di fornire all’organi-smo un apporto farmacologico estra-alimenta-re di beta carotene viene oggi valutato positi-vamente da biologi, biochimici e nutrizioni-sti. Una dose giornaliera estra-alimentare di20 mg di beta carotene sembra consentire l’e-

sposizione alla luce solare o ad una fonte diraggi ultravioletti con molta più tranquillità,pare minimizzare in gran parte dei danni dafumo di sigaretta sull’apparato broncopolmo-nare, ridurre l’incidenza di coronaropatie, ditumori del seno, di carcinomi dell’apparatodigerente e, in campo sportivo, di contenere ildanno indotto dallo sforzo atletico sulle fibro-cellule muscolari riducendo i tempi di recupe-ro e migliorando la qualità e l’efficacia dell’al-lenamento.Gli effetti del beta carotene vengono poi esal-tati e moltiplicati non aumentandone la dose,ma associandolo ad altri classici antiossidanti,assunti anch’essi a dosi fa rm a c o l o g i ch e :essenzialmente la vitamina C (500 mg al gior-no) e la vitamina E (100 mg al giorno).

Deficit di vit. A:Può verificarsi per insufficiente apporto ali-mentare, malassorbimento intestinale, insuf-ficiente produzione di R.B.P. da parte delfegato o eccessivo consumo.

Sintomi oculariNei casi di deficit lieve si osserva emeralopia(diminuzione della visione al crepuscolo o incaso di scarsa illuminazione), nei casi di defi-cit grave si ha invece inizialmente xeroftalmia(secchezza ed atrofia della congiuntiva bulba-re che può causare opacità della cornea) es u c c e s s i va m e n te ch e ra tomalacia (ra m m o l l i-mento e deformazione della cornea che puòp o rta re, se si sov rappongono comp l i c a n z einfettive, ad ulcerazione della stessa con asso-ciate lesioni dell’iride e del cristallino).

Sintomi cutaneiSi ha essenzialmente secchezza cutanea (peri p ot ro fia pro gre s s i va fino all’atro fia delleghiandole sebacee e sudoripare) ed iperchera-tosi (ispessimento dello strato corneo conpelle rugosa e ruvida). Le sedi più colpitesono gli arti e le regioni posteriori del collo. Icapelli si presentano aridi, fragili, opachi

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facilmente estraibili con ridotta resistenzaalla trazione per insuffi c i e n te ancora g g i odelle guaine dovuto a deficit di formazionedei mucopolisaccaridi, loro componente fon-damentale.

La somministrazione terapeutica di vit. A pre-vede dosaggi abbastanza elevati:50000 U.I./die (16 mg vit. A acetato) per 15-20 giorni nell’emeralopia;150000 U.I./die per 60 giorni nella xeroftal-mia;150000 U.I./die per 45-60 giorni nell’acne(l’effetto benefico si ha a livello dell’iperchera-tosi follicolare);150000-200000 U.I./die per 60-90 giorn inelle discheratosi cutanee (malattia di Darier,pitiriasi rubra pilare, psoriasi);200000 U.I./die per 120 - 180 giorni nellacheratomalacia.I dosaggi dovranno essere adeguatamente ele-vati anche per la somministrazione di beta-carotene la cui assunzione, a scopo terapeuti-co, dovrà variare fra 90 e 360 milligrammi algiorno.In molti preparati commerciali il contenutoin beta-carotene è talmente basso da rasenta-re il ridicolo: se un confetto contiene l’equiva-lente di 1000 U.I. di vit. A la somministrazio-ne terapeutica dovrebbe infatti oscillare da 50a 150 confetti al giorno! Dovranno quindiessere utilizzate preparazioni nelle quali lequantità contenute siano chiaramente indica-te evitando quelle nelle quali complessi giri diparole e di percentuali sembrano scritti volu-tamente per confondere le idee invece cheper chiarirle. Se integrando l’alimentazionecon beta-carotene si viene a determinare rapi-damente una pigmentazione giallastra dellacute, e soprattutto del palmo delle mani, sideve sospettare un ipotiroidismo o un diabetelatente, poiché chi è affetto da queste patolo-gie ha difficoltà a trasformare la provitamina

in vitamina.L’attività della vitamina A è ottimale se vienesomministrata insieme al complesso B, allevitamine D, E, al calcio, al fosforo.Lo zinco che è necessario a livello epatico per-ché possa venire mobilizzata la vitamina Aimmagazzinatavi.

Ipervitaminosi AE’ un’evenienza rara a verificarsi nelle nostreregioni (si diagnostica per va l o ri > 500U.I./100 ml di sangue) e la si vede solo “iatro-gena”, quando volutamente provocata conl’uso di retinoidi orali. Ipervitaminosi sponta-nea si trova descritta in letteratura solo negliEsquimesi che fanno largo uso alimentare difegato di orso e di foca.L’ipervitaminosi A si manifesta con sintomigenerali (astenia, ipereccitabilità, anoressia,disturbi del sonno, nausea e vomito), epatici( i p e rt ri gl i c e ridemia, iperc o l e ste ro l e m i a ,aumento della fosfatasi alcalina, epatomega-lìa con steatosi) e cutanei, fra i quali parados-salmente gli stessi sintomi della carenza vita-minica: secchezza cutanea, desquamazione,prurito, ragadi, indebolimento e caduta dipeli e capelli e danno nella formazione delleguaine. I disturbi regrediscono rapidamentese si sospende la somministrazione.Occorre fare quindi attenzione, a sommini-strare come “placebo” vitamina A ad alte dosia chi perde i capelli, perché si potrebbe otte-nere un, sia pur reversibile effluvio iatrogeno.Per evitare accumuli dannosi di vitamina èutile somministrarla per soli 5 giorni alla set-timana ed interrompere quindi per 2 giorni.Quando in dermatologia si desidera usarevitamina A a dosaggi farmacologici la sinto-m a tologia da iperv i taminosi è comunqu esempre inevitabile!Oggi, qualora si ritenga utile questa terapia, èpiù conveniente e più maneggevole fare uso diretinoidi, informando il paziente degli inevi-

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tabili e reversibili effetti collaterali.

RetinoidiComprendono le forme naturali e gli analoghidi sintesi della vit. A. Dato che la molecoladella vit. A è composta da tre parti (un grup-po ciclico, una catena polienica e un gruppopolare) e che ognuna di esse può essere varia-mente modificata il numero finale di combi-nazioni è pressoché illimitato.- I retinoidi di prima generazione compren-

dono tutti i metaboliti naturali della vit. A, inparticolare la tretinoina (Airol®) acido tuttotrans retinoico o vit. A acida (terminale pola-re COOH invece che CH2OH) e il suo metabo-lita isotretinoina (Roaccutan®) o acido 13 cisretinoico.- I retinoidi di seconda generazione, ottenuti

per trasformazione del gruppo ciclico (retinoi-di aromatici), hanno come capostipite l’etreti-nato (Tigason®).- I retinoidi di terza generazione, ottenuti perciclizzazione della catena polienica, compren-dono la famiglia degli arotinoidi.L’indice terapeutico (per indice terapeutico,secondo Bollag, si intende il rapporto fra ladose più bassa in grado di provocare una iper-vitaminosi A e la dose, somministrata per 14giorni, che provoca una regressione del 50%del volume dei papillomi) dell’isotretinoina è2,5 volte superiore a quello della tretinoinamentre quello dell’etretinato è 10 volte supe-riore. Ancora maggiore, da 10 a 50 volte,quello degli arotinoidi (che arrivano fino a8000 per quanto riguarda i soli papillomi).

Effetti biologici principali dei retinoidi- Controllo della proliferazione e della diffe-

renziazione delle cellule epiteliali.A livello epidermico quest’attività determinamodificazioni dei cheratinociti sia citoplasma-tiche (fragilità lisosomiale, deposito di sostan-ze mucino-simili) sia della parete (riduzione

del numero e della dimensione dei desmoso-mi), con conseguente assottigliamento e perdi-ta di coesione dello strato corneo; si ha inol-tre aumento dell’attività germinativa dei che-ratinociti dello strato basale (e conseguenteispessimento dell’epidermide) e stimolazionedelle cellule del Lange rhans (ad attività“difensiva”).- Attività sui tessuti connettivali.

A livello dermico si ha stimolazione dei fibro-blasti, neoangiogenesi e incremento della des-quamazione all’interno dei follicoli; riduzio-ne di volume e di attività delle ghiandole seba-cee (soprattutto isotretinoina) e inibizionedella motilità dei granulociti neutrofili edeosinofili (etretinato e isotretinoina).

Applicazioni terapeutiche:Sono in generale quelle della vit. A rispettoalla quale alla maggiore attività si associanodosaggi di utilizzo più bassi che consentonodi ridurre al minimo gli effetti tossici (perl’acne grave ad esempio si possono utilizzare20-30 mg/die di isot retinoina al giorn o ) .L’utilizzo dei retinoidi appare particolarmen-te appropriato nei casi di acne grave resisten-te ad altre terapie (isotretinoina a dosaggivariabili fra 0,3 e 1 mg/kg/die per un perio-do medio di 15-20 settimane), nelle formegravi e soprattutto generalizzate di psoriasi( et ret i n a to a dosi va riabili fra 0,3 e 1mg/kg/die partendo con la dose più alta e sca-lando via via ogni 3-4 settimane fino a trovarela terapia di mantenimento più opportuna),ittiosi e stati ittiosifo rmi, ch e ra to d e rm i apalmo-plantare, discheratosi follicolare ecc.In alcuni casi la terapia può indurre remissio-ni anche prolungate (come l’ isotretinoinanell’acne), mentre in altri la malattia si ripre-senta quasi subito dopo la sospensione dellaterapia (ad es. l’etretinato nella psoriasi) purin assenza degli effetti “rebound” tipici deicorticosteroidi.

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Effetti collaterali dei retinoidi:Gli effetti collaterali dei retinoidi sono quellidella vitamina A sopradosata ma hanno dura-ta più lunga.In primo luogo occorre ricordare che i reti-noidi sono teratogeni (ma non mutageni).Non sono pertanto da prescrivere in corso digravidanza ed è indispensabile evitare unagravidanza per almeno 3 mesi dal termine diun trattamento con isotretinoina e per alme-no 2 anni dopo etretinato, che è dotato di unaemivita superiore a 150 giorni.Le manifestazioni più comuni e fastidiose, manon intollerabili, sono comunque quelle cuta-neo-mucose e, specie con l’uso di isotretinoi-na, il nostro paziente facilmente, nel 90% deicasi, lamenterà cheilite (secchezza delle lab-bra e piccole ragadi agli angoli della bocca),nel 30% dei casi dermatite eritematosa cen-tro-facciale, nel 15% dei casi secchezza ed irri-tazione oculare con congiuntivite, nel 5 - 10%dei casi (ed a dosi alte di farmaco) un telogeneffluvio che potrà impaurire ma che, addirit-tura, potrebbe dimostrarsi utile per lo statogenerale dei capelli, appena risoltosi.Soprattutto con l’etretinato, nel 35% dei casi,il paziente lamenterà secchezza cutanea conprurito e, nel 50% dei casi, desquamazionepalmo-plantare.Con una incidenza più o meno equivalentesia per l’etretinato che per l’isotretinoina, nel40% dei casi si avrà secchezza della mucosadel naso (con possibili fenomeni di epistassi) edella bocca.Nel 15% dei casi e sia con isotretinoina checon etretinato, potranno manifestarsi alcunid i sturbi ge n e rali cara t te rizzati preva l e n te-mente da sete, nausea, vomito, cefalea e dolo-ri addominali.Più subdoli, ma generalmente accettabili, glieffetti ematoclinici che si presentano circa nel10% dei casi con aumento delle transaminasi,dei trigliceridi e del colesterolo (attenzione ai

diabetici). Nel maschio è descritta oligosper-mia con teratospermia (ovviamente reversibi-le) la cui incidenza appare sottostimataLa regressione di tutti gli effetti collaterali èsicura ma avviene lentamente con la sospen-sione della terapia in uno - sei mesi.

Vitamina DEsiste in due forme attive, una di sintesi cuta-nea, vit. D2 o ergocalciferolo, ottenuta peri rradiazione ultrav i o l et ta dell’erg o ste ro l o(provitamina D2) e una naturale, vit. D3 ocolecalciferolo, estratta dall’olio di fegato dipesce e ottenuta per irradiazione ultraviolettadel 7 deidro c o l e c a l c i fe rolo pre s e n te nelderma.La vit. D è insolubile in acqua, poco solubilenei grassi e negli oli, facilmente solubile inalcool e soprattutto in etere e cloroformio.

L’U.I. di vit. D corrisponde a 0,025 micro-grammi (cioè 1 microgrammo = 40 U.I. e 1milligrammo = 40000 U.I.). Il fabbisognomedio giornaliero del nostro organismo è 400U.I.Una parte di vit. D viene introdotta con gli ali-menti (fegato, pesce, tuorlo d’uovo, burro,latte ed in quantità minima verdure) ma laquota più abbondante viene direttamente sin-tetizzata dall’organismo in seguito ad irradia-zione ultravioletta del 7 deidrocolecalciferolopresente nel derma e sintetizzato a partire dalc o l e ste rolo ed altri deri vati ste ro l i c i .Qualunque sia l’origine, alimentare o dermi-ca, la vit. D circola nel plasma legata ad unaproteina che la protegge dall’ossidazione (equindi dall’inattivazione). Dopo varie elabora-zioni metaboliche, prima epatiche e successi-vamente renali (idrossilazioni), viene raggiun-ta la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalcifero-lo. Occorre sapere che l’idrossilazione epatica

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richiede una sufficiente funzionalità del fega-to e che idrossilazione renale è androgeno -

estrogeno dipendente e diventa assai difficol-tosa nelle donne dopo la menopausa.Depositi di vit. D si hanno nei muscoli, neltessuto adiposo ma soprattutto nel fegato.L’escrezione avviene sia con le feci che con leurine.

Funzioni della vit. D- A livello intestinale regola e permette l’as-

sorbimento del calcio e dei fosfati.- A livello osseo consente la corretta minera-

lizzazione e quindi la stabilità del tessuto.- A livello renale controlla e inibisce l’escre-

zione del calcio.La regolazione del livello plasmatico di calcioe fosfati non dipende solo dalla vit. D ma com-porta anche l’intervento dell’ormone parati-roideo che normalmente regola i processi dicalcificazione e decalcificazione. In caso dicarenza di vit. D si determina un’ipocalcemiasecondaria che porta ad aumento della secre-zione dell’ormone paratiroideo con azione

osteolitica (cioè prelievo di calcio e fosfatidallo scheletro per alzare la scarsa quantitàpresente nel sangue). L’azione dell’ormoneperò, non bilanciata dalla vit. D, aumenta,anche a livello renale, l’escrezione di questisali. In questo modo la situazione non è maicompensata e si assiste ad una progressivademineralizzazione dello scheletro (rachiti-smo ed osteomalacia).

Deficit di vit. DNel bambino determina il rachitismo, nell’a-dulto l’osteomalacìa. La differenza è dovuta alfatto che nell’adulto mancano le cartilagini dic o n i u gazione, cioè quelle cartilagini ch eri p roducendosi e ossificandosi pro gre s s i va-mente permettono l’accrescimento dello sche-letro.- RACHITISMO: a seconda dell’età di insor-

genza può manifestarsi con rammollimentodel cranio, difetti di ossificazione delle fonta-nelle, alterazioni della gabbia toracica, curva-tura delle tibie e dei femori, ipotonia deimuscoli e dei legamenti ed infine nanismo.Sono inoltre tipici l’ipotrichia, la xerodermia(cute spiccatamente arida) e la cheratosi pila-re.Oggi la causa più frequente di rachitismo èun difetto di assorbimento intestinale dellavitamina che, peraltro, in caso di sospetto,può essere dosata nel sangue.- OSTEOMALACIA: si manifesta con demine-

ralizzazione ossea, rammollimento dello sche-letro soprattutto a livello della colonna verte-brale, del bacino, delle coste e delle ossa lun-ghe degli arti inferiori. Contemporaneamentesi ha ipotrichia, xerodermia e prurito talvoltaintollerabile.Oggi le cause più frequenti di osteomalaciasono l’iperparatiroidismo per un adenomadelle paratiroidi, che spesso viene sospettatosolo per il riscontro casuale di ipercalcemia, el’insufficienza renale cronica che comporta

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impossibilità della idrossilazione renale dellaprovitamina (nei dializzati, ad esempio).I deficit vitaminici possono verificarsi ancheper un insufficiente apporto alimentare e/odi esposizione solare, per malattie gastrointe-stinali con malassorbimento, per gravi malat-tie epatiche.I dosaggi terapeutici variano da 400 a 16000U.I./die secondo necessità (in casi estremi ledosi d’urto possono arri va re a 200000-600000 U.I./die). Oggi si utilizza, in pratica,la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalciferolo.E’ opportuno somministrare contemporanea-mente sali di calcio a dosaggio moderato (400-600 mg/die).

Ipervitaminosi DEssendo la vitamina liposolubile, e quindifacilmente immagazzinabile dall’organismo,può verificarsi ipervitaminosi per sovradosag-gio (quantità giornaliere di 100000 U.I. nell’a-dulto e di 4000 U.I. nel lattante).Le manifestazioni cliniche derivano dal fattoche, come già sappiamo, l’eccesso di vit. Ddetermina liberazione di calcio dalle ossa conconseguente ipercalcemia Clinicamente l’ipercalcemia si manifesta concefalea, astenia, nausea, vomito, diarrea edapparenti turbe del carattere. Persistendo l’i-percalcemia saranno possibili danni ben piùgravi causati dalla fissazione del calcio nel tes-suto renale e nelle pareti dei vasi, con lesioniirreversibili.

Vitamina E (tocoferolo)Vitamina E è il termine generalmente utiliz-zato per indicare i diversi tocoferoli. L’alfa-tocoferolo è quello che si trova maggior-mente in natura e con la più alta attività bio-logica.

L’U.I. di vit. E corrisponde a:- 1 milligrammo di dl, alfa-tocoferolo-acetato

(R = CO-CH3) forma più stabile;- 0,97 milligrammi di dl, alfa-tocoferolo;- 0,73 milligrammi di d, alfa-tocoferolo

(forma più attiva).

- Il beta-tocoferolo, isolato dall’olio di germedi grano, ha attività vitaminica pari al 30% diquella dell’alfa-tocoferolo.

- Il g amma-tocoferolo, isolato dall’olio digerme di mais, ha attività pari a solo il 15% diquella dell’alfa-tocoferolo.- Il delta-tocoferolo, estratto dall’olio di soia,

è praticamente inattivo.

I diversi tocoferoli si distinguono fra loro peril numero e la posizione dei gruppi metilicipresenti nel nucleo.La vit. E è insolubile in acqua, solubile neigrassi, negli oli, nei solventi organici (etere,acetone, cloroformio). E’ termostabile, resi-stente agli acidi e agli alcali, sensibile all’ossi-dazione e alla luce, in particolare modo ai

raggi ultravioletti. E’ presente negli alimentisotto forma di esteri del tocoferolo, viene idro-lizzata nell’intestino tenue ed assorbita, comele altre vitamine liposolubili, attraverso lamucosa intestinale in presenza di sali biliari.Circa il 35% della vitamina ingerita passanella circolazione generale mentre il restoviene eliminato con le feci. Circola nel plasmalegata alla frazione beta delle lipoproteine(tasso plasmatico medio 0,7-1,6 mg/100 ml).All’interno dell’organismo la ritroviamo depo-sitata principalmente a livello del fegato (chene possiede una piccola scorta), del tessuto

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adiposo, dell’ipofisi, delle ghiandole surrena-li, dell’utero e dei testicoli.La vitamina E si trova soprattutto negli olivegetali, nel burro, nell’uovo e nei cibi checontengono anche vitamina A con la qualeesercita un ruolo sinergico.

Funzioni della vit. EE’ la vitamina antiossidante per eccellenza edè implicata nella protezione delle membranesia cellulari che intracellulari, questo per l’a-zione stabilizzante dei gruppi metilici, conte-nuti nella sua molecola, nei confronti deifosfolipidi che “catturando” molecole di ossi-geno ne riducono il consumo cellulare.Un deficit di vit. E associato ad eccesso diacidi grassi nell’alimentazione determina lacomparsa di perossidi (che formano con leproteine complessi molecolari presenti in varitessuti sotto forma di lipo-pigmenti) in gradodi danneggiare la struttura dello strato lipidi-co di tutte le membrane cellulari.Con meccanismo analogo la vitamina E pro-tegge anche dall’ossidazione la vit. A, i carote-ni, gli acidi grassi poliinsaturi e le altresostanze ad azione enzimatica ed ormonalecon struttura, anche parzialmente, lipidica.Mantenendo la stabilità della membrana cel-lulare dei globuli rossi la vitamina E è essen-ziale nella regolazione della sintesi dell’eme.Nella regolazione della spermatogenesi e delricambio dell’epitelio delle vie seminali.Nella formazione e nel ricambio delle fibrecollagene, della sostanza fondamentale delconnettivo, della muscolatura liscia e striata.La vitamina E è inoltre implicata anche nellarespirazione cellulare e livello mitocondrialeed é quindi necessaria alla produzione dienergia per le sintesi proteiche cellulari.

Deficit di vit. ESi manifesta essenzialmente con anemia emo-litica, ipotrofia e distrofia muscolare (presen-

za nelle cellule muscolari di lipo pigmentidovuti alla polimerizzazione dei perossidi chesi formano a spese degli acidi grassi poliinsa-turi) e, nei casi gravi, con encefalomalacia edanni alle fibre muscolari del cuore.Il fabbisogno giornaliero si aggira intorno a15 mg. (cioè 15 U.I. per l’acetato di alfa-toco-ferolo) ma nel caso di somministrazione tera-peutica i dosaggi dovranno essere molto piùelevati e vengono comunemente prescritti:- 100-150 milligrammi al giorno nella disme-

norrea e nelle turbe funzionali della meno-pausa;- 300 milligrammi al giorno nell’azoospermiae nell’oligospermia;- 400-800 milligrammi al giorno nei disturbi

cardiaci da anomalie delle fibre miocardiche.

IpervitaminosiNonostante che il tocoferolo sia una vitaminaliposolubile, in grado quindi di accumularsinel tessuto adiposo, non sono dimostrati dis-turbi da eccesso di assunzione nell’uomo enon si verificano problemi con un sovradosag-gio di 1200 mg/die e oltre!Nella speri m e n tazione animale sono sta t isegnalati aumento della creatinuria (dannorenale?) ed un potenziamento delle antivita-mine K con complicanze emorragiche.

Da quanto abbiamo appreso è facile compren-dere come la vit. A e la vit. E integrano avicenda i loro effetti sul metabolismo e le loroproprietà terapeutiche specie nelle alterazionidegenerative dei vasi, del tessuto connettivo edegli organi di riproduzione. Per questo moti-vo nelle preparazioni commerciali è spessoassociata alla vitamina A.

Relazione fra vitamina E coenzima QGli ubichinoni o coenzima Q hanno unastruttura chimica molto vicina a quella deitocoferoli e sicuramente una funzione molto

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importante a livello della catena dei trasporta-tori di idrogeno. Il coenzima Q non può esse-re considerato una vitamina dato che l’organi-smo può sintetizzarlo partendo da un aminoa-cido, la tirosina, con l’intervento di numerosienzimi e coenzimi fra cui le vit. C, PP, B6 eB12, l’acido pantotenico e l’acido folico. Perle sue proprietà antiossidanti la vit. E potreb-be proteggere anche il coenzima Q dall’ossida-zione.

Vitamina KIl termine generico di vit. K (dal danese “koa-gulation”) comprende la vit. K1, fitomenadio-ne o fillochinone, di origine vegetale, il grup-po delle vitamine indicate come vit. K2,menachinone, prodotte da microrganismi, lavit. K3, menadione o menachinone-O, sinteti-ca e infine la vit. K4, menadiolo, anch’essasintetica.Tutte le vitamine K hanno in comune ilnucleo 2-metil-1,4-naftochinone.

Sono liposolubili, stabili all’ebollizione marapidamente degradate dalla luce solare. Laformazione di un sale mediante la fissazionedi un radicale sodico o solfato consente diottenere sostanze che, pur conservando l’atti-vità vitaminica, diventano idrosolubili e pos-sono pertanto essere iniettate per via intramu-scolare.Nel plasma la vit. K1 circola alla concentra-zione media di 0,16 nanogrammi/ml (1 nano-grammo = 1 milionesimo di milligrammo) e siaccumula essenzialmente nel fegato (in mino-re quantità in muscoli, ossa e cute) che nepossiede una riserva sufficiente per 8 giorni.L’eliminazione avviene sia attraverso le feciche le urine in quantità pressoché equivalen-ti.

Fonti di vit K- La vit. K1 viene assunta con alimenti come

fegato, carne, cavolo, spinaci, broccoli, lattu-ga, fagioli, crescione e molte verdure;- la vit. K2 viene fornita dalla flora batterica

i n te stinale, in particolar modo dall’Escherichia Coli, in quantità variabili dal 10al 100% del fabbisogno quotidiano, compen-sando così quella che viene introdotta con l’a-limentazione.Il fabbisogno medio giornaliero di vit. K1 èstimato in 1-2 microgrammi per chilo di pesocorporeo.

Funzioni della vit. KLa vit. K è fondamentale per la coagulazionedel sangue, dove interviene a vari livelli (atti-vazione dei fattori II, VII, IX, X e delle protei-ne C e S), e per la carbossilazione di alcunep roteine fo n d a m e n tali per la cost ru z i o n edella matrice ossea.

Deficit di vit. Ki sintomi di carenza possono verificarsi se:- ad un insufficiente apporto alimentare si

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associa una massiccia e prolungata terapiacon antibiotici;

- esiste una compromissione epatica cosìgrave da impedire la sintesi delle proteine sin-tetizzate dal fegato dalle quali derivano i fat-tori della coagulazione vit. K dipendenti;- esiste un’ipervitaminosi A (la vitamina A

agisce in modo competitivo a livello epaticocon la vit. K).Clinicamente si osserva essenzialmente unagrave sindrome emorragica (prevalentementemuscolare e sottocutanea) mentre gli studieffettuati non hanno ancora accertato conchiarezza i danni a livello di altri tessuti.

Ipervitaminosi KNon vi sono a tutt’oggi segnalazioni. I dosaggi terapeutici in caso di carenza varia-no da 20 a 100 mg/die (vit. K1 somministrataper via intramuscolare).

Vitamina B1 (tiamina)E’ indispensabile per l’utilizzo del glucosioper cui la sua carenza determina problemisoprattutto per quei tessuti che utilizzanoquesto zucchero come fonte principale dienergia (primo fra tutti il tessuto nervoso maanche il capello). Chimicamente è un alcool,completamente solubile in acqua, insolubilein acetone e cloroformio.

E’ termolabile e si denatura completamente a100°C (per cui la cottura di alcuni cibi puòdistruggerla).La dose quotidiana oscilla fra 8 e 15 mg. Soloin minima parte viene sintetizzata dalla florabatterica intestinale e il fabbisogno viene

quindi coperto con l’assunzione dei cibi: lievi-to di birra, cereali (riso e grano), pane integra-le, soia, carne di maiale, fegato, rene, uova,latte e pesce. La vit. B1 viene eliminata conl ’ u rina e, dato che l’o rganismo non puòimmagazzinarla, non esiste possibilità di iper-vitaminosi.La carenza può manifestarsi in seguito all’uti-lizzo di cibi particolarmente raffinati (farinabianca, riso brillato) o che comunque abbia-no subito manipolazioni (per la necessità diconservazione e sterilizzazione di frutta, ver-dura, carne) che ne abbiano impoverito il con-tenuto, in seguito a fattori che ne aumentanoil fabbisogno (febbre, ipertiroidismo) o che neaumentano l’escrezione con le urine (poliu-ria, diabete mellito, prolungati trattamenticon diuretici). I sintomi iniziali sono anores-sia e vomito a cui seguono astenia muscolare,perdita di peso e, successivamente, sintomicorrelabili ad alterazioni del tessuto nervosoperiferico (dolore alla pressione del polpac-cio, riduzione dei riflessi tendinei, riduzionedi sensibilità, parestesie, alterazioni del trac-ciato elettrocardiografico, tachicardia) e deltessuto nervoso centrale (perdita di memoria,difficoltà di concentrazione, irritabilità, statidepressivi). Mentre tutt’oggi carenze di picco-la entità sono frequenti da riscontrare, quellagrave, “beriberi”, è rarissima nei paesi occi-dentali.Il “beriberi” viene distinto in una formasecca (polinevrite e difficoltà alla deambula-zione fino a paralisi flaccida, simmetrica,degli arti inferiori), una forma umida (conprevalente compromissione cardiovascolare,tachicardia, dispnea, palpitazioni, ipertrofiacardiaca) e una forma encefalopatica (degene-razione delle cellule del cervelletto con impos-sibilità a mantenere l’equilibrio, emorragiecerebrali).

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Vitamina B2 (riboflavina)Questa vitamina è un cofattore enzimaticoessenziale per una grande quantità di reazio-ni metaboliche nella maggioranza dei tessuti.Nel sistema della catena respiratoria mitocon-driale, dove si forma la gran parte dell’ATPnecessario alla vita della cellula (e del capello)ciascun enzima è costituito da una proteina eda un gruppo prostetico. Il gruppo prosteticodelle flavoproteine è la riboflavina.La dose quotidiana necessaria è di circa 1-2mg. La vitamina B2 è scarsamente solubile inacqua e assai resistente all’aumento di tempe-ra t u ra ma si decompone ra p i d a m e n te inseguito ad esposizione ultravioletta.La maggior parte degli alimenti animali evegetali sono ricchi di vit. B2, in particolarelievito, frattaglie, latte, albume, pesce, carne evegetali verdi. Nel latte la vitamina è in formalibera mentre nella maggior parte degli ali-menti si trova coniugata a proteine. Se il latterimane esposto al sole circa l’85% della vita-mina viene distrutta.L’escrezione avviene attraverso sia le feci chel’urina. La carenza si manifesta con disturbidella cute e delle mucose, particolarmente incorrispondenza degli orifizi corporei (bocca,ano ecc.) nei punti di transizione fra questidue tessuti (come gli angoli delle labbra) confatti infiammatori. Non si conoscono sintomida iperdosaggio.

Vitamina PP ( B3, niacina)Comprende due metaboliti principali, l’acidonicotinico e la nicotinamide (peso molecolare122), ambedue stabili chimicamente e solubi-li in acqua ed alcool. L’attivazione della vit. PP conduce a NAD(nicotinamide-adenina-dinucleotide) e NADP( n i c ot i n a m i d e - a d e n i n a - d i n u c l e ot i d e - fo s fa to )implicati in tutte le reazioni di ossidoriduzio-ne dell’organismo, cioè di perdita o di acqui-sizione di uno ione idrogeno (NAD -> NADH -> NAD e NADP -> NADPH -> NADP), reazio-ni che avvengono costantemente a livello ditutti i tessuti e fondamentali nel metabolismodel capello per la riduzione del testosterone adiidrotestosterone (ad opera della 5 alfa redut-tasi) e per l’ossidazione del testosterone adandrostenedione (ad opera della 17 beta idros-sisteroidodeidrogenasi).

La dose quotidiana e necessaria di vitaminaPP è compresa fra 10 e 20 mg.In parte l’organismo è in grado di sintetizzar-la (dal triptofano), ma ne sono comunque ric-chi i lieviti, i cereali (la vitamina è tuttavia inquesto caso molto meno biodisponibile per-ché sotto forma di nicotinil-estere, non idro-lizzabile dall’organismo), ed è comunque benpresente nelle verdure, nella frutta fresca edanche secca, nelle carni e nel fegato, nelpesce, nel latte e nei formaggi.L’eliminazione avviene per via renale.Il suo deficit provoca, nella sua espressione

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più grave, la pellagra, che si manifesta condisturbi cutanei (cute arrossata e secca, des-quamante, iperpigmentata, talvolta edemato-sa soprattutto a viso ed estremità degli arti),gastrointestinali (stomatite, glossite, gastrite,diarrea) e nervosi (delirio, confusione menta-le, allucinazioni).Dosaggi eccezionalmente elevati di vit. PP,ottenuti sperimentalmente, sono risultati epa-totossici.

Vitamina B5 (acido pantotenico)Come dice il suo nome (pantotenico) si trovain tutti i tessuti animali e vegetali. Fontiabbondanti sono i lieviti, il fegato, la carne, leuova, il pesce, la verdura, la frutta e, per ilbambino, il latte materno (nel latte artificialeviene comunemente aggiunta Vit. B5 in ragio-ne di 1-3 mg per 100 gr di polvere).La vit. B5 è il precursore del coenzima A (vit.B5 + ATP + cisteina) che tutte le cellule del-l ’o rganismo utilizzano per il meccanismorespiratorio, per la sintesi di acidi grassi, diormoni, di colesterolo e in genere di tutte lereazioni necessarie alla “vita” stessa delle cel-lule. La sua assenza è quindi improponibilein un organismo vivente. Il fabbisogno quoti-diano è stimato intorno a 4 -7 mg.Sebbene nei ratti sia stato dimostrato che l’a-cido pantotenico è in grado di prevenire l’in-canutimento e la caduta dei peli, nell’uomoquesta azione non si è mai potuta dimostrareed il proliferare di prodotti per capelli a basedi pantotenolo è del tutto priva di fondamen-to scientifico!Una sindrome carenziale umana si è potutaottenere solo in volontari alimentati con unadieta sintetica ed ha provocato: mal di testa,affaticabilità, parestesie, crampi muscolari,disturbi intestinali (duodeniti ed ulcere duo-denali). Invece quadri dermatologici, come ladermatite seborroica, classicamente attribuiti

a carenza di acido pantotenico, non sono statiriscontrati. L’eliminazione della vitamina avviene per viarenale e non si conoscono disturbi da ipervi-taminosi.

Vitamina B6 (piridossina)Con questo nome vengono identificati 3 com-posti simili fra loro: piridossina, piridossale(gruppo CHO al posto del CH2OH della piri-dossina) e piridossamina (gruppo CH2NH2 alposto del CH2OH della piridossina).

Tutti i tessuti dell’organismo possono trasfor-mare, mediante l’enzima piridossal-chinasi, i3 composti in piridossal fosfato, che rappre-

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senta la forma attiva e che serve da coenzimaper un grande numero di reazioni enzimati-che a livello epatico, cutaneo, cerebrale (neu-rotrasmettitori).Il fabbisogno quotidiano di questa vitaminaidrosolubile (peso molecolare 206), stabile alcalore ma degradabile alla luce, è circa 2-2,5mg. Una piccola quota di vitamina è fornitadalla flora batterica intestinale. Nel latte arti-ficiale in commercio viene aggiunta unaquantità di vit. B6 variabile da 0,2 a 0,4 mgper 100 grammi di polvere.Con l’alimentazione troviamo vitamina B6nel fegato, nelle carni, nella farina di granointero, nel mais, nel pesce, nelle uova, nellatte, nella frutta e nella verdura.I deficit di vit B6 sono rari ed in genere dovu-ti a:- alcoolismo cronico (per inibizione dell’atti-

vità dell’enzima piridossal-chinasi e accelera-ta distruzione del piridossal-fosfato da partedei prodotti di ossidazione dell’etanolo, inparticolare dell’acetaldeide),- trattamento con isoniazide in soggetti affet-

ti da TBC (il farmaco si lega al piridossal-fosfato che perde la sua attività vitaminica),- uso di contraccettivi orali (aumentato consu-mo di vit. B6).I sintomi principali di carenza (in pratica mairiscontrabili se non sperimentalmente) sono:perdita di appetito, vomito, diarrea, lacrima-zione, degenerazione delle cellule cerebrali,neuropatia periferica, anemia microcitica ipo-cromica.L’iperdosaggio è anch’esso rarissimo in quan-to, per ottenerlo, bisogna somministrare 2-4gr. di vitamina al giorno per molti mesi pareche provochi una neuropatia periferica ditipo sensitivo prontamente regredibile sospen-dendo la somministrazione della vitaminastessa.L’utilizzo te rapeutico di vit. B6 (50-500mg/die) è stato proposto per polinevriti, nevri-

te ottica, parestesie, crampi, tremori, “sindro-me delle gambe senza riposo”, morbo diParkinson (senza associare contemporanea-mente L-Dopa che ha effetto antagonista).

Vitamina H (B8, biotina)La vitamina H (peso molecolare 244), pocosolubile in acqua ed alcol e molto di più inetere, è stabile al calore in soluzione acquosama viene distrutta dai raggi ultravioletti.Possiede un’affinità molto elevata con una gli-c o p roteina dell’albume dell’uovo, l’av i d i n a(peso molecolare 70000) con la quale si legachimicamente (legame non covalente) renden-done impossibile l’utilizzazione e quindi favo-rendo le manifestazioni da carenza. La cottu-ra delle uova distrugge l’avidina per cui il pro-blema sussiste solo nel caso di ingestione mas-siccia e continua di uova crude (la “dieta” dialcuni frequentatori di palestra prevede dibere albume crudo anche di 10-12 uova algiorno!).Leggere differenze nella configurazione dellacatena laterale permettono di distinguere dueisomeri: la forma alfa, che si trova più abbon-dante nel tuorlo d’uovo, e la forma beta, pre-sente nel fegato.

La biotina , come già detto, è presente inquantità elevata nel fegato e nel tuorlo d’uovoma anche, seppure in quantità minore, nel

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cioccolato, arachidi, piselli secchi, funghi elieviti e per una certa quota è sintetizzataanche dalla flora batterica intestinale.Il fabbisogno quotidiano è stimato in 150-200microgrammi ma, dato che il fegato ne possie-de un’elevata riserva (circa 25-30 milligram-mi) e che la f lora batterica intestinale puòsopperire in buona parte alle necessità, unacarenza si verifica assai difficilmente in pato-logia umana.La biotina (vit. B8) è essenziale per la sintesidegli acidi grassi in quanto, come gruppo pro-stetico, rappresenta la componente funziona-le dell’acetil-CoA-carbossilasi, enzima chiavenei processi lipogenetici. E’ quindi indispen-sabile per molte reazioni del metabolismointermedio in particolare di carbossilazione edesaminazione dei carboidrati, dei lipidi edelle proteine. Interviene inoltre in manieraindiretta in numerose reazioni chimiche cheinteressano la biosintesi delle purine, dellepirimidine e di certi aminoacidi.La carenza può verificarsi solo in condizionilimite ed assai improbabili (come prolungateterapie antibiotiche associate ad assunzionedi elevate quantità di albume crudo) e simanifesta con dermatite desquamativa, colo-re grigiastro e secchezza della cute e dellemucose, atrofia delle papille linguali, nausea,astenia ed anoressia, mialgie e parestesie loca-lizzate.Negli animali, in condizioni sperimentali, siha alopecia, perdita del pelo, dermatite simil-seborroica, arresto della crescita corporea edisturbi neurologici di variabile entità fino adattacchi spastici e paralisi progressiva. Daqueste sperimentazioni si è voluto arguire chela vitamina abbia precise indicazioni terapeu-tiche come l’alopecia, l’acne e la dermatiteseborroica e le si è voluto attribuire un effet-to positivo particolare nella crescita dei capel-li.Comunque nel caso di sospetta o comprovata

c a renza la posologia consigl i a ta è 10 - 2 0mg/die. (nel latta n te le dosi te ra p e u t i ch evanno dimezzate rispetto all’adulto).Non è mai stata descritta una ipervitaminosi.

Vitamina B12 (cobalamina)Si tratta di un composto organico la cui for-mula di struttura è molto complessa. E’ moltostabile, solubile in acqua e resiste al calorefino a 120° C.Esistono varie forme di cobalamina presentinell’organismo umano, tutte con il nucleocentrale formato dall’atomo di cobalto legatoa 4 atomi di azoto; fra le principali ricordia-mo la cianocobalamina, la idrossicobalamina,la metilcobalamina e l’adenosilcobalamina.

La vit. B12 è presente negli alimenti di origi-ne animale sotto forma di complesso proteicoe viene resa libera nel tubo digerente pereffetto del calore, dell’acido cloridrico gastri-co e degli enzimi gastro-intestinali.Nell’uomo, a differenza di alcuni animali, lasintesi di vit. B12 da parte della flora batteri-ca intestinale è praticamente nulla ma, consi-derando che la dose quotidiana necessaria è 4microgrammi (cioè 0,004 milligrammi) e cheil fegato ne ha di riserva 2-3 milligrammi,anche in caso di non assunzione completa e

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prolungata, i sintomi di carenza non possonomanifestarsi prima di un paio di anni.La vit. B12 è un indispensabile cofattore didue reazioni enzimatiche, quella di transmeti-lazione e quella di isomerizzazione. La primaconsente la conversione dell’omocisteina inmetionina, sostanza base per il metabolismodei folati; la carenza dete rmina diffi c o l t ànella sintesi delle basi pirimidiniche e conse-guentemente del DNA. La seconda riguardala isomerizzazione del metilmalonil CoA, fon-damentale per il ciclo di Krebs, cioè per la sin-tesi di energia.La carenza grave di vit. B12 si manifesta conl’anemia perniciosa.Il disturbo è ematologicamente caratterizzatoda alterazione dei globuli rossi ridotti pernumero e poveri in emoglobina ma con volu-me net ta m e n te aumenta to (mega l o b l a st i ) ,riduzione numerica dei globuli bianchi (leu-copenia) e delle piastrine (trombocitopenia),compromissione neurologica per degenerazio-ne dei nervi periferici dei cordoni laterali eposteriori del midollo spinale e a volte dellasostanza cerebrale.Clinicamente si osservano pallore, tachicar-dia, dispnea da sforzo, astenia, anoressia,diarrea, parestesie e disturbi della sensibilità,glossite (in genere dolorosa con aumento divolume della lingua), anormale pigmentazio-ne della cute, impotenza (nell’uomo) e sterili-tà (nella donna).Vi è tendenza alla caduta e all’incanutimentodei capelli anche nelle forme carenziali larva-te o minori.Dato che la vitamina B12 è sintetizzata daibatteri e che il regno vegetale non ne ha biso-gno, le fonti sono rappresentate solo dagli ali-menti di origine animale: fegato, carne, pesce,uova, formaggio, latte.Fra le possibili cause di carenza, pertanto,oltre alle anomalie ereditarie e ai difetti diassorbimento e/o di elaborazione della vita-

mina, vanno ricordate le diete vegetarianeperseguite, troppo spesso, con leggerezza erigidità.

Vitamina B9 o Acido folico (folacina, vit. Mdei vecchi Autori)I folati, o acidi folici, sono un gruppo di com-posti sintetizzati dal regno vegetale e daimicrorganismi. L’acido folico non esiste cometale in natura. Ha peso molecolare 441,4, èdegradato dalla luce e dai raggi ultravioletti esi presenta come una polvere gialla, cristalli-na, facilmente solubile in acqua, insolubile inalcool, acetone, etere e cloroformio. La fami-glia degli acidi folici, il cui capostipite è l’aci-do folico (o acido pteroil-glutammico), com-prende, fra gli altri, l’acido pteroil-diglutam-mico, il diidrofolato, il tetraidrofolato, il N5m etil tet ra i d ro fo l a to, il N5-N10 met i l e n etetraidrofolato, il N10 formil tetraidrofolato,il N5 formil tetraidrofolato (acido folinico).

Gli acidi folici sono indispensabili per la sin-tesi, l’interconversione e l’utilizzo di alcuniaminoacidi, per la sintesi delle purine e dellepirimidine, per la riproduzione e la normalecrescita delle cellule (in particolar modo quel-le del sangue).Fonti naturali di acidi folici sono il latte fre-sco (si ha il 50% di distruzione della vitaminadopo bollitura di 5 minuti), il latte pastorizza-

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to (la pastorizzazione, a differenza della bolli-tura, non comporta una importante perditadel contenuto in vitamina), le patate, le caro-te, gli asparagi, i fagiolini, gli spinaci (per que-sti ultimi quattro la distruzione della vitami-na con la cottura supera l’80%), il germe digrano ed il lievito, il fegato, la carne di pollo(si ha distruzione di vitamina con la cotturavalutata intorno al 20%), le uova.La dose quotidiana necessaria di vitamina B9è 200 microgrammi e solo una piccola partepuò venire prodotta dalla flora batterica inte-stinale.Un deficit di folati può pertanto verificarsiper disturbi (generalmente ereditari e rara-mente acquisiti) dei meccanismi enzimaticipreposti all’assorbimento intestinale, per unaumentato fabbisogno (gravidanza ad esem-pio), per chiara carenza nutrizionale, per l’al-colismo, per l’utilizzo di particolari farmaci(sostanzialmente anticonvulsivanti ed antime-taboliti).

La carenza acuta si manifesta conturbe digestive (anoressia, nausea, diarrea),alterazioni della cute (porpora), alterazionidelle mucose (emorragie, ulcerazioni a livellodella bocca e della faringe) e con telogeneffluvio.

La carenza cronica è simile a quelladescritta per la carenza di vit. B12, comparep ro gre s s i va m e n te con astenia, turbe delsonno e della memoria, irritabilità e determi-na successiva m e n te anemia mega l o b l a st i c ap s e u d o p e rn i c i o s i fo rme (con leucopenia etrombocitopenia), neuropatie periferiche, dis-turbi cerebellari e psichici, telogen effluviocronico.Non sono descritte sindromi da sovradosaggiodi vitamina B9.

Vitamina C (acido ascorbico)Ampiamente distribuita nel mondo vegetale è

la più popolare delle vitamine. E’ comune-mente accettato che la vitamina C acceleri laguarigione delle ferite ed il decorso dellemalattie infettive. La vitamina C (acido ascorbico) ha peso mole-colare 176,1, è solubile in acqua, poco inalcool, insolubile in etere e cloroformio. Insoluzione acquosa rapidamente si ossida inpresenza di metalli, alcali, luce, ossigeno.

Alcuni animali possono sintetizzare la vit. Cpartendo dal D-glucosio. Nella specie umanaciò non è possibile e il fabbisogno giornalierodeve pertanto essere coperto con gli alimenti. L’acido ascorbico, propriamente detto, è informa chimica ridotta e può ossidarsi adacido deidroascorbico passando per unaforma intermedia, radicale ascorbico libero.Questa possibilità di ossido-riduzione dellavitamina è alla base delle sue attività fisiologi-che. L’acido ascorbico per la sua capacità di ossi-darsi e ridursi reversibilmente partecipa aiprocessi di respirazione cellulare (insieme alglutatione, al citocromo P, agli enzimi flavini-ci e pirimidinici). Interviene quindi nello svi-luppo dei fibroblasti, degli osteoblasti e degliodontoblasti ed inoltre nel metabolismo inter-

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medio di numerose sostanze (ad esemp i onella idrossilazione della prolina ad idrossi-prolina, nella sintesi del collagene, nell’ossida-zione della tirosina, nella formazione degliormoni surrenalici). L’acido ascorbico è inol-tre in grado di favorire l’assorbimento delferro e degli altri metalli (Zn, Mg, Ca ecc) dal-l’intestino ed è cofattore importante per latrasformazione dell’acido folico in acido foli-nico.Il compito antiossidante della vitamina C èben conosciuto; la sua attività deriva dallariduzione del ferro trivalente:

Fe3 + Vit C—-> Fe2 + Vit C* + 2H+

Da questa reazione si forma il radicale dellavitamina (Vit C*) che è relativamente nonreattivo. Esso decade per sproporzionamentoed interrompe le reazioni a catena dei radica-li liberi. La vitamina C viene quindi rigenera-ta con formazione di deidroascorbato che èinvece una molecola pro-ossidante.

2 Vit C* + 2H+ —-> Vit C + DHA

La vitamina C rafforza la funzione dei fagoci-ti, aumenta la produzione di anticorpi edinoltre stimola la sintesi di interferone, unb a l u a rdo contro le aggressioni dei viru s .Potenzia quindi le difese immunitarie insie-me alle vitamine A, E, D, il gruppo B il sele-nio e lo zinco.Come la vitamina B1 e la cisteina, può preve-nire i danni provocati dal formolo, contrastagli effetti tossici della nicotina, del benzoato,dei composti azotati, degli agenti citotossici,delle radiazioni ionizzanti ed è in grado diinattivare le tossine batteriche.

Elenchiamo di seguito le altre funzioni piùimportanti:- trasporto di ossigeno ed elettroni, indispen-

sabile per alcune attività vitali di tutte le cel-lule,- sintesi di collagene, mediante idrossilazione

di due aminoacidi, prolina e lisina, che con-sentono la trasformazione del protocollagenein collagene,- altre reazioni di idrossilazione, fra cui la tra-sformazione del colesterolo in acidi biliari, lasintesi degli ormoni corticoidi ecc,- biosintesi della carnitina che, sintetizzata

dal fegato a partire da un aminoacido, la lisi-na, è necessaria per l’ingresso degli acidi gras-si nei mitocondri (dove vengono ossidati) equindi per la produzione di energia (soprat-tutto delle cellule muscolari),- biosintesi dell’adrenalina e della noradrena-

lina, ormoni prodotti dalla ghiandola surrena-le, neurotrasmettitori fondamentali per tuttol’organismo,

- prevenzione dell’accumulo di ista m i n a(sostanza responsabile di numerose reazioniallergiche),- modulazione della sintesi delle prostaglandi-ne (mediatori dei processi infiammatori),- distruzione dei radicali liberi ossigenati,

quali il radicale idrossile, il radicale di ossige-no e il radicale superossido responsabili direazioni degenerative cellulari (fra cui i pro-cessi di invecchiamento). In particolare que-ste reazioni di eliminazione sono particolar-mente importanti a livello dell’occhio e deipolmoni dove assicurano una protezione con-tro altri agenti ossidanti, come l’ozono (O3),- altre funzioni immunologiche ed antibatte-

riche aumentando la mobilità dei globulib i a n chi, prote g gendone la membrana daidanni ossidativi e attivando la sintesi di ener-gia endocellulare. La vit. C è inoltre indispen-sabile per la produzione degli anticorpi datoche le catene proteiche, di cui gli anticorpistessi sono formati, sono tenute insieme daponti disolfuro (cioè di due molecole di zolfo)per sintetizzare i quali è necessaria la conver-

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sione dell’aminoacido cistina, di origine ali-mentare, nella sua forma solforata, cisteina;per qu e sta reazione di ossidoriduzione ènecessaria appunto la vit. C.

Il fabbisogno quotidiano di vit. C è circa 75-9O milligrammi e l’organismo ne possiedeuna piccola ri s e rva (1,5-3,5 gra m m i ) .L’assorbimento, come per le altre vitaminei d rosolubili, avviene per via inte st i n a l e .L’escrezione è quasi esclusivamente urinaria(1-2% con feci e sudore).Fonti principali di vit. C sono la verdura, lafrutta ma anche le frattaglie (fegato e reni);insignificante invece l’apporto del latte (quel-lo destinato ai lattanti è obbligatoriamentearricchito di vitamina C in ragione di 50-100milligrammi/litro) e della carne. La conservazione della verdura, anche infrigo, e la cottura, riducono drasticamente ilcontenuto della vitamina.L’espressione clinica conclamata di deficit divitamina C è rappresentata dallo “scorbuto”(edema emorragico delle gengive, caduta deidenti, tumefazione e dolore delle articolazio-ni, astenia, anoressia, profonde alterazionidegli annessi cutanei e decadimento dellecondizioni generali fino alla morte), malattiache ha ormai quasi solo interesse storico.Quadri di ipovitaminosi meno grave sono tut-tavia più frequenti di quanto comunemente sipensi e si manifestano clinicamente con aste-nia, dimagrimento, cefalea, dolori ossei, ridot-ta resistenza alle infezioni, edemi malleolari,porpora, emorragie nasali e gengivali. Il labo-ratorio mostra un quadro di anemia a tiposideropenico. Vi può essere anche un quadrodi telogen effluvio cronico dovuto sia allacarenza delle attività proprie della vitaminache al r idotto assorbimento intestinale dimetalli essenziali. Sintomi carenziali possonomanifestarsi anche alla sospensione non gra-duale di supplementazioni di vitamina C, ad

esempio in individui che, seppure sani, neassumono continuamente ad alte dosi.Non esiste, in pratica, ipervitaminosi C inqu a n to se l’assunzione satura le capacitàricettive dei tessuti (circa 3 grammi/die), lavitamina in eccesso viene eliminata immodifi-cata con le urine.

Acido lipoico (acido tioctico)Di recente scoperta, è un cofattore (coenzima)necessario, nell’uomo, al corretto funziona-mento degli enzimi deidrogenasi (indispensa-bili ad esempio per la sintesi ed il catabolismodella glicina, per la sintesi delle prostaglandi-ne) e per l’ingresso dei glucidi nel ciclo diKrebs (per la sintesi di energia).

Può essere sintetizzato dall’organismo (soprat-tutto dal fegato, dai reni e dalla milza) conuna serie di reazioni poco conosciute e non sitratta quindi di una vitamina in senso strettoma l’apporto con gli alimenti (animali e vege-tali) è comunque indispensabile per coprire ilfabbisogno quotidiano. Anomalie funzionalidel metabolismo dell’acido lipoico determina-no acidosi lattica, aciduria e accumulo di ami-noacidi ramificati (leucinosi). L’acido lipoiconon è attualmente disponibile come specialitàcommerciale.

Le vitamine sono quindi tutte necessarie, inqualche modo, al mantenimento della omeo-stasi cutanea e per una normale cheratogene-si. Rimane da sottolineare che l’omeostasivitaminica dell’organismo ha bisogno di un

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orchestrato apporto di tutti questi elementi eche l’eccesso di una vitamina, somministratasconsideratamente, può provocare una caren-za relativa di un’altra vitamina che ha rappor-ti metabolici stretti con la prima.

IL RUOLO DEGLI OLIGOELEMENTIPER I CAPELLI

Il 4% del peso del corpo umano (cioè circa2,5-3 Kg) è rappresentato da minerali. Unadulto contiene circa 1200 gr di calcio, 68Ogr di fosforo, 150 gr di potassio, 7O gr disodio, 21 gr di magnesio, 5 gr di ferro. I minerali sono l’ultimo grande costituentedell’alimentazione che dobbiamo ora prende-re in considerazione. Esplicano funzioniimportantissime senza le quali nessuna vitasarebbe possibile. Infatti i metallo-enzimi per-dono completamente le loro capacità reattivese privati dell’atomo di metallo a cui sonolegati.Anche se è ancora poco noto il ruolo specifi-co svolto da tutti gli oligoelementi, riteniamoche vi siano decise correlazioni tra qualità equantità di minerali ed elementi traccia conlo stato di salute dei capelli.

FerroIl ferro, peso atomico 55.8, è presente nelcorpo umano nella quantità di 4-5 gr, trequarti dei quali utilizzati per la formazione diemoglobina, metallo-proteina essenziale per iltrasporto dell’ossigeno ai tessuti. Viene intro-dotto nell’organismo con gli alimenti sia ani-mali che vegetali e la vitamina C, come abbia-mo già visto, ne favorisce l’assorbimento.Il ferro è presente nella composizione chimi-ca del capello ed è ovviamente necessario allavita del cheratinocita perché, in carenza diossigeno, la catena respiratoria mitocondriale

rallenta e conseguentemente diminuisce laproduzione di energia, sotto forma di ATP,necessaria alle sintesi proteiche.E’ ormai diventato un classico somministrareferro a chi perde i capelli ed in effetti vi è con-cordanza nel ritenere che la carenza di ferro,anche in assenza di anemia, possa esserecausa di defluvio generalizzato in telogen.Comunque l’iposideremia è una condizionemolto comune ed è quindi facile la sua asso-ciazione, più o meno fortuita, con un deflu-vio. Se comunque viene scoperta una defi-cienza di ferro in chi perde i capelli, questad eve essere tra t ta ta. Inoltre è imp o rta n tericordare che una deficienza di ferro (iposide-remia) è spesso spia della carenza di altrimetallo-ioni come zinco e magnesio.Il ferro, oltre ad essere un componente essen-ziale della emoglobina, è costituente di moltimetallo-enzimi e fra questi ricordiamo:

la catalasi che ci protegge dal peros-sido di idrogeno (H202);

le aldeidossidasi, necessarie alla ossi-dazione aerobica dei carboidrati;

i citocromi, necessari al trasferimen-to degli elettroni nella già ricordata catenarespiratoria.La sideremia normale oscilla fra 0,6 e 1,5mg/ml di siero, ma è suscettibile di variazionifisiologiche in rapporto a svariate condizioni:età, sesso, gravidanza, lavoro muscolare etc. Ilfabbisogno giornaliero di ferro si aggira sui18-2O mg.

metabolismo del ferroIl ferro ingerito con l’alimentazione soprattut-to come composti di eme e sali organici che,s ot to p o sti all’azione dell’acido clori d ri c onello stomaco (pH 1,5), sono scissi a formareioni ferrici. Gli ioni ferrici reagiscono con gliagenti riducenti e con la gastroferrina. Solo ilferro legato con la gastroferrina può andareincontro ad assorbimento che si ha prevalen-

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temente nel duodeno e nella porzione prossi-male del digiuno.La maggior parte di questo ferro si depositacome ferritina soprattutto nel fegato (ma rile-vabile anche nel plasma) o viene utilizzato daimitocondri per le sintesi enzimatiche. Il rima-nente viene trasferito al plasma dove si legastrettamente, nello stato ferrico, alla beta1globulina transferrina.Il ferro lascia il plasma entrando nella serieeritroide, da cui c’è un considerevole feed-back nel plasma, soprattutto attraverso le cel-lule reticoloendoteliali Nelle cellule eritroidiin via di sviluppo del midollo osseo gli ioniferrosi si combinano con la protoporfirina aformare l’eme.Il 18% circa del ferro che esce ed entra nelplasma è in equilibrio con la transferrina deiliquidi extracellulari, la formazione e la scis-sione della mioglobina e degli enzimi eme,l’assorbimento del ferro ed i depositi di ferri-tina.Il ferro viene eliminato o perso attraverso ilnormale ricambio dell’emoglobina con l’uri-na, col sudore, con la desquamazione cuta-nea, con le feci quanto non assorbito e quan-to deriva dalle piccole continue ed inapparen-ti emorragie del tratto gastroenterico, con lemestruazioni.

IperdosaggioUna tossicità acuta marziale è la secondacausa di avvelenamento nei bambini ed èspesso dovuta ad eccessiva somministrazionedi supplementi a base di ferro da parte deifamiliari.Il sovraccarico marziale determina:- emosiderosi, caratterizzata da un aumento

tissutale generalizzato di ferro senza alterazio-ni di tipo fibrotico,- emocromatosi, in cui a livello del fegato,

milza e pancreas si determinano alterazionifibrose.

Queste patologie sono secondarie a malattieemolitiche, patologie epatiche, pluritrasfusio-ni o ingestione di quantità eccessive di ferroper periodi prolungati.

ZincoL’organismo umano contiene circa 1 - 2,5 mgdi zinco presente soprattutto nelle ossa, neidenti, nella pelle, nel fegato, nei muscoli e neicapelli (che possono anche essere usati pervalutare con il mineralogramma lo st atusgenerale dello zinco) La maggior parte delle proteine include delleregioni con struttura secondaria (e le fibro-proteine lo sono integralmente) che avvolgen-dosi, danno luogo alla configurazione tridi-mensionale globale della proteina.La struttura secondaria più comune è l’alfa-elica (in cui lo scheletro della proteina siavvolge a formare l’elica caratteristica) e ilfilamento beta (in cui l’impalcatura di soste-gno è completamente distesa); i residui di isti-dina e cisteina vengono uniti da un atomo dizinco, che serve essenzialmente a fissare assie-me il filamento beta e l’elica.Lo zinco, peso atomico 65, è indispensabileper la crescita corporea, per i processi ripara-tivi dei tessuti, è importante per una normalerisposta immunitaria, interviene come cofat-tore anche nella sintesi dei collagene, agiscecome cofattore in oltre settanta reazioni enzi-matiche conosciute ed è presente nella mole-cola di circa cento metallo-enzimi.Il fabbisogno giornaliero è stimato in 10-15mg per l’adulto, 20 mg per le gestanti, 30 mgper le nutrici.La carenza di zinco provoca disturbi gravi intutti gli organismi viventi. L’uomo soddisfa ilsuo fabbisogno, di circa 15 mg al giorno,attraverso una alimentazione variata. Lo zinco è contenuto nella carne, nel pesce,nei cereali e nei legumi. L’assorbimento dello

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zinco si attua a livello duodenale ed intestina-le con meccanismo attivo, ad opera di unaproteina trasportatrice che lo veicola attraver-so la parete intestinale.La carenza grave del metallo o della proteinacarrier intestinale determina l’acrodermatiteenteropatica, malattia che realizza in naturail quadro della carenza cronica di zinco condiarrea costante ed abbondante con steator-rea e manifestazioni tipiche cutanee distali eperiorifiziali vescicolobollose o crostose impe-tiginizzate, perdita totale dei capelli, delleciglia e sopracciglia, lesioni ungueali, perio-nissi, grave ritardo staturo-ponderale. Questarara alterazione ereditaria, autosomica reces-siva, spesso si manifesta nel bambino allos ve z z a m e n to e risponde ra p i d a m e n te allasomministrazione orale di solfato di zinco, 50-200 mg al giorno, con remissione della diar-rea, rapida ricrescita dei capelli e delle cigliae sopracciglia.Nell’adulto un quadro simile si può vederesolo in pazienti alimentati da mesi solo pervia parenterale.Pa re comunque giust i fi c a to somminist ra resupplementazioni di zinco a chi perde capelliper defluvio androgenetico, infatti una buonazinchemia inibirebbe una eccessiva 5 alfariduzione periferica. Se si somministra zincoa scopo tricologico occorre fare attenzioneall’assorbimento intestinale del rame che, percompetizione sullo stesso carrier intestinale,può venire gravemente ridotto da una eccessi-va somministrazione di zinco.In alcune zone dell’Egitto e dell’Iran dove ladieta carente di zinco comporta alterazionidella crescita e dello sviluppo sessuale, nonpare vi siano comunque evidenti alterazionidei capelli e dei peli nella popolazione.In base a parecchi studi fatti in USA, inEuropa ed in Canada si è visto che una nonpiccola percentuale di bambini al di sopra dei4 anni ha un basso livello di zinco, associato

con scarso appetito, ridotto accrescimento edalterazioni del gusto (ipogeusia). Pare proprioche la frequenza della ipozinchemia sia fre-quente e pressoché diffusa come la carenza diferro. Potrebbe essere responsabile di taledeficit un alto consumo di latte che è un ali-mento carente di zinco. Comunque sia, nellamaggior parte dei casi la carenza di zinco èmoderata e causata da apporto insufficiente,più raramente è secondaria a patologie damalassorbimento. Con un trattamento a base di solfato di zincol’appetito migliora, il gusto torna normale e siraggiunge un normale accrescimento.Lo zinco è un inibitore delle lipasi dei batterie dei lieviti, saprofiti della cute umana, (parti-colarmente evidente risulta la sua capacitàinibente sulle lipasi del propinebacterium).

Somministreremo quindi, a scopo profilatti-co, solfato di zinco a dosaggi fisiologici, circa20 mg al giorno.Un apporto superiore sarà riservato solo apazienti in cui sia accertato un basso livelloplasmatico del metallo.Ricordiamo che alcuni farmaci possono pro-vocare un deficit di zinco determinando unasoppressione dell’assorbimento, aumentando-ne l’escrezione o interferendo con nutrientiad azione sinergica come la vitamina B6 ed ilmagnesio. questi farmaci sono:- etambutolo ed isoniazide- anti MAO- corticosteroidi- diuretici tiazidici

La zinchemia normale è di 0,7-1,5 mg/l disiero.

RameIl rame, peso molecolare 63, è necessariocome cofattore del ferro nella formazione

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della emoglobina e per l’attività di enzimicome la citocromo C ossidasi e soprattutto lasuperossidodesmutasi (CuZnSOD) che proteg-gono l’organismo dai radicali liberi.

2 (O2* + 2H+ ——SOD——-> H20) + O2(O2 = radicale superossido)

Per quanto riguarda i capelli sappiamo che ilrame è indispensabile per catalizzare la con-versione della tirosina a diidrossifenilalanina(DOPA), ad opera della tirosina-idrossilasi,durante il processo di formazione delle mela-nine. Il rame inoltre ha notevole importanzaper i processi di cheratinizzazione, catalizzan-do l’ossidazione della cisteina a cistina conformazione di ponti disolfuro.Anche la catena respiratoria mitocondriale,mediante la quale l’energia degli alimenti èu t i l i z z a ta per pro d u rre AT P, dipende dalrame.Nell’uomo adulto il fabbisogno di rame è dicirca 4 mg al giorno e viene soddisfattos o p ra t t u t to con carne e legumi.L’assorbimento avviene sia a livello dello sto-maco che dell’intestino e viene ridotto da unelevato apporto di zinco che compete per lastessa proteina di trasporto endoluminale ed èin grado di indurre la produzione di “tioneu-rina” che lega il rame intestinale in modo pre-ferenziale rendendone difficoltoso l’assorbi-mento.La carenza di rame è rara e si manifesta comestato di anemia, lieve o grave, specialmente inbambini la cui dieta è costituita essenzialmen-te da latte vaccino. Può coesistere diarrea cro-nica. Nell’adulto carenza di rame è stataosservata in soggetti lungamente sottoposti anutrizione parenterale o in soggetti trattaticon forti dosi di sali di zinco.La malattia di Menke realizza il quadro della

carenza cronica di rame. I bambini colpitihanno bassi livelli di rame e di ceruloplasmi-na che portano a progressiva degenerazionecerebrale, ritardo dell’accrescimento, faciescaratteristica, alterazioni arteriose e alterazio-ni ossee simil-scorbutiche. I capelli sono radi,sottili, fragili, con tricorressi fino alla ipotri-chia ed alla alopecia. La malattia, che vieneereditata tramite il cromosoma X, permetteuna sopravvivenza di soli 1 - 2 anni, Il rames o m m i n i st ra to pre c o c e m e n te endovena hamigliorato tale condizione ma non si conosceuna terapia veramente efficace.Anche per il rame occorre molta prudenzanella somministrazione prolungata di dosis o p ra fi s i o l o g i che. L’ av ve l e n a m e n to cro n i c o ,che pare sia frequente negli Stati Uniti mararissimo in Italia, è stato descritto in lavora-tori industriali e molto si discute circa lapotenziale tossicità degli alimenti cotti in reci-pienti di rame. La sintomatologia è a caricodell’apparato digerente. La somministrazionedi rame, sotto forma di solfato di rame,andrebbe fatta solo dopo dimostrazione diuna carenza plasmatica. La cupremia nell’a-dulto è di 0,8-1,5 mg/l, mediamente superio-re nella donna rispetto all’uomo. Nei casi dideficit accertato di rame è indicata la sommi-nistrazione di 0,05 mg/Kg di metallo, comesolfato, al dì.

MagnesioIl magnesio, peso atomico 24.312, esplica unruolo fondamentale in un gran numero difunzioni cellulari. Fra i cationi intracellulariè secondo per quantità solo al potassio.Un gran numero di reazioni enzimatichedipendono o sono attivate dal magnesio maquelle che più ci interessano per i capelli sonocatalizzate dalla adenilciclasi e dall’esochina-si. Non ci risulta che in carenza cronica di

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magnesio vi siano vistose alterazioni dell’ap-parato pilifero nell’uomo ma se questa vieneaccertata in chi perde i capelli deve esseretrattata. Ciò risulta evidente se solo si pensaai ruoli fondamentali dei due enzimi cheabbiamo sopra citato.La concentrazione normale del magnesio nelsiero è compresa fra 1,4 e 2,3 mEq/l. Il fabbi-sogno giornaliera è relativamente alto, dell’or-dine di 320 mg nell’uomo adulto. Si trovacome alimento in quasi tutti i tessuti animalie vegetali.

SelenioIl selenio, peso atomico 58.9, è stato preso inconsiderazione negli ultimi anni per la suafunzione intracellulare antiossidante. E’ infat-ti un componenente della glutatione perossi-dasi (GSH-Px), un enzima che riduce il peros-sido di idrogeno e gli idroperossidi organici eche agisce quindi come potente antiossidante.

ROOH + 2GSH ——GSH-Px——>ROH + H2O + GSSG

E’ stato dimostrato che la carenza di selenioessere causa di cardiomiopatia. Gli individuimantenuti per lunghi periodi in nutrizioneparenterale completa sono a rischio di deficitdi selenio.La correlazione fra bassi livelli di selenio edaumentato rischio di neoplasie è stata ipotiz-zata per il riscontro di una aumentata fre-quenza di tumori nelle zone con basse con-centrazioni dell’oligoelemento negli alimenti.Il fabbisogno giornaliero per un adulto siaggira intorno a 70 mg. Le fonti principali diselenio sono carne e pesce.Non si conosce una sindrome da iperassunzio-ne.

CONCLUSIONI

Vi sono dati sufficienti per ammettere unacorrelazione diretta fra stato nutrizionale estato dei capelli.

- Gli aminoacidi sono sicuramente necessarial trofismo del capillizio ed in particolare lacistina, forse la cisteina, la istidina, la glicina,la tirosina.- Le vitamine devono avere nel siero un livel-

lo ottimale e bilanciato e, in caso di carenze diapporto o di malassorbimento, questo dovràottenuto farmacologicamente.

- Metalli essenziali ed oligoelementi sonoaltrettanto indispensabili e saranno sommini-strati, in modo mirato, in caso di carenzaaccertata.

Una valutazione razionale del paziente affettoda caduta di capelli non potrà prescinderedalla osservazione del suo stato di nutrizione.Dovrà essere raccolta un’anamnesi dettagliatasulle abitudini alimentari, sullo stato dell’alvoe su variazioni di peso. Indicativo, in molticasi, potrà essere un esame microscopico delcapello in luce polarizzata.

Nel caso di un telogen effluvium a difficileinquadramento etiologico deve sempre esseresospettata una sindrome carenziale seconda-ria ad una dieta inappropriata o ad un malas-sorbimento, anche larvato, talvolta selettivoe/o inapparente.

Poiché oggi il laboratorio ci permette di inda-gare sullo stato nutrizionale e di rilevare, conrelativa facilità, almeno le carenze nutriziona-li più grossolane e poiché queste possono,quasi sempre, essere corrette farmacologica-mente o con la dieta, le conoscenze di base su“nutrienti e capelli” diventano indispensabili

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per chi voglia davvero fare della tricologiauna scienza.Ormai da decenni è dimostrato ciò che dasempre si era intuito, cioè che esiste un diret-to rapporto fra stato nutrizionale e sintesidelle cheratine dei peli e delle unghie. Vi sonodati sufficienti per ammettere una correlazio-ne diretta fra stato nutrizionale e stato deicapelli.A tal proposito ricordiamo come in Tricologiai valori ideali di nutrienti, vitamine ed oligoe-lementi serici e/o plasmatici siano più ristret-ti di quanto lo sono in medicina generale(riportiamo di seguito alcuni esempi significa-tivi) e ricordiamo come uno stato carenzialepossa far precipitare irreparabilmente ancheun defluvio androgenetico.

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APPUNTI..........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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La papilla dermica del capello - pag. 5Anomalie del fusti del capello - pag. 11Anomalie delle guaine del capello - pag. 23Anomalie del follicolo - pag. 24Ipotricosi ed alopecie genetiche - pag. 26Alterazioni del colore - pag. 31Editoriale - pag. 34

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) novembre 2003

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte terza

edizione 2003

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2003

parte IIITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoGuido Vito Trotter

EDIZIONI Tricoitalia Firenzenovembre 2003

SOMMARIO:

LA PAPILLA DERMICA DEL CAPELLO - pag. 5

ANOMALIE DEL FUSTO DEL CAPELLO - pag. 11Fratture del fusto - pag. 12Alterazioni della regolarità del fusto - pag. 16Arricciamenti del fusto - pag. 20Altre alterazioni traumatiche - pag. 22Anomalie delle guaine del capello - pag. 23Anomalie del follicolo - pag. 24

IPOTRICOSI ED ALOPECIE GENETICHE - pag. 26Forme isolate non cicatriziali - pag. 26Forme isolate cicatriziali - pag. 27Displasie ectodermiche - pag. 28Sindrome ittiosiche - pag. 29Sindromi da invecchiamento precoce - pag. 30Sindromi metaboliche - pag. 30

ALTERAZIONI DEL COLORE - pag. 31Eterocromia - pag. 31AIbinismo e piebaldismo - pag. 31Poliosi - pag. 31Canizie - pag. 32Eterocromia esogena - pag. 32

EDITORIALE - pag. 34

LA PAPILLA DERMICA DEL CAPELLO

La papilla dermica del capello (da non con-fondere con le papille dermiche del dermapapillare della cute) è una struttura mesenchi-male connettivo-vascolare, di cui i fibroblastisono le cellule dominanti ed essenziali.

Durante l’anagen la papilla dermica del capel-lo si trova nel sottocutaneo (ipoderma superfi-ciale), avvolta da una invaginazione dellamatrice del capello.

Durante l’anagen la papilla è ben sviluppata:al microscopio ottico i fibroblasti appaiono diforma fusata con citoplasma vacuolizzato econ un grosso nucleo ovoidale e poco colora-to. Il loro apparato del Golgi è ben evidente, ilreticolo endoplasmatico rugoso è ricco diribosomi, il loro asse maggiore è generalmen-te parallelo all’asse papillare.

All’inizio dell’anagen le cellule papillarimostrano un marcato incremento di RNA.Pare esserci una stretta relazione tra l’attivitàcitogenetica delle cellule della papilla e quel-la della matrice del bulbo. All’inizio della faseanagen l’attività cellulare della papilla seguequella della matrice e questo conforta l’ideache non sia la papilla a dare il via all’anagenbensì la matrice in anagen ad attivare la pro-liferazione cellulare della papilla.Sembra comunque che la papilla contribuiscaa determinare il ritmo ciclico del follicolomediante la produzione di ormoni ad attivitàparacrina di cui il più importante potrebbeessere il TGF beta, calone ad attività inibito-ria sulle mitosi della matrice.Le cellule della matrice senza il controllo delTGF beta avrebbero probabilmente una mol-tiplicazione sregolata, simile a quella dellecellule neoplastiche.Esiste una unità papilla-pilare-guaina-mesen-

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chimale del follicolo che produce nuovi fibro-blasti papillari: è proprio la guaina che nelcorso dei cicli pilari successivi sembra assicu-rare un numero costante di cellule papillari.

La papilla è riccamente vascolarizzata: le arte-riole nascono dal plesso dermo-ipodermicoche circonda a canestro il follicolo in anagen,discendono lungo il bulbo anastomizzandositra di loro e poi entrano nella papilla sfioccan-dosi in numerosi capillari fenestrati; il nume-ro di vasi che entrano ed escono dalla papillaè direttamente correlato con la sua grandez-za.Attraverso questi vasi arrivano alla matricequegli ormoni (in senso proprio) che in granparte determinano il ciclo follicolare. Al con-tempo non pare che questi vasi siano essenzia-li alla sua nutrizione né alle sue necessitàaerobiche.Le cellule endoteliali dei capillari della papil-la in anagen vanno incontro ad attività mito-

tica ma anche questo si verifica in un periodosuccessivo all’inizio della proliferazione dellecellule della matrice del bulbo.

Nei follicoli umani in anagen VI il rapportonumerico fra le cellule papillari e quelle dellamatrice è approssimativamente di una a nove.La sostanza fondamentale intercellulare dellapapilla appare ialina ai normali coloranti: sicolora però con l’Alcian Blu e con il Blu diToluidina, quindi contiene glicosaminoglica-ni non solfatati come l’acido ialuronico, fon-damentale per controllare il contenuto diacqua intercellulare, e glicosaminoglicani sol-fatati come il condroitin-6-solfato, necessarioper controllare gli scambi ionici fra i compar-ti intra ed extracellulari (e forse fonte di zolfoper la sintesi della cheratina).Fibre longitudinali circondano il bulbo e siproiettano all’interno della papilla e la sostan-za fondamentale è come racchiusa in una reteformata da fibrille collagene e da fibre elasti-che.Alla microscopia elettronica nella fase anagenla papilla è separata dalla matrice da unamembrana basale trilaminare, in continuitàcon la membrana vitrea del follicolo, quindicon la guaina epiteliale esterna.

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I fibroblasti della papilla hanno espansionicitoplasmatiche multiple che sono apparente-mente in contatto con le cellule epitelialidella matrice, contemporaneamente le celluleendoteliali della papilla dimostrano una note-vole attività pinocitosica.I capillari poggiano su una membrana basalemultilaminare che, ad ogni ciclo pilare equindi ad ogni nuova vascolarizazione, fungeda supporto al loro sviluppo.Attorno ai vasi si trovano spesso dei mastociti.

Durante il catagen nella papilla iniziano feno-meni apoptotici, che però non arrivano maialla scomparsa completa della papilla. Lapapilla è situata ora sotto la colonna epitelia-le formata dalle cellule residue della matrice.Essa è ridotta ad un ammasso di cellule inapoptosi pochissimo vascolarizzate ed i capil-lari sembrano scomparire del tutto quando ilvecchio capello è in fase catagen 3 e telogen 1ed il nuovo capello, in fase anagen 1 e 2, nonha ancora ricolonizzato con le sue cellule lazona della matrice.

La membrana basale che, in continuità con lam e m b rana vitrea (basale dell’epiderm i d e ) ,separava la papilla dalla matrice, si ispessiscesempre di più con il progredire del catagenformando delle pliche.I fibroblasti perdono le loro espansioni cito-plasmatiche, hanno scarso citoplasma ed il

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loro nucleo diventa rotondeggiante, conden-sato, ipercromico, irregolare ed essi aderisco-no gli uni agli altri tramite strutture simildesmosomiali. Nel loro citoplasma si possonoanche osservare lisosomi e vacuoli autofagicitipici della classica apoptosi. Le colorazioniper i glicosaminoglicani sono diventate nega-tive.

Nell’embriogenesi del capello sembra ormaidimostrato il ruolo induttore della papilla pri-mitiva nel corso della tricogenesi embriona-ria, anche se restano sconosciuti sia il tipo disegnale che inizia tale induzione che le suemodalità di azione.

Lo studio in vivo della papilla umana dell’in -dividuo adulto è reso estremamente difficileper le sue ridottissime dimensioni e quasitutta la letteratura è costruita sul modellodelle vibrisse del ratto.Nelle vibrisse del ratto la papilla, assai piùgrande e più facile da osservare e quindi dastudiare, sembra rivestire un ruolo fondamen-tale anche per la nutrizione (e quindi per lacrescita?) delle vibrisse stesse.Nel ratto la papilla adulta sembra conservare,come nell’embriogenesi, un ruolo tricogeni-co, anche se la letteratura è in parte discor-dante affermando che papille intere impianta-te sotto l’epitelio follicolare non sono in gradodi indurre la formazione di follicoli ma al con-

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trario fibroblasti papillari coltivati in vitro edimpiantati possono dare origine ad una vibris-sa, perdendo poi questa loro capacità dopo laterza generazione di cultura.

Il fibroblasto papillare del capello umano èstato studiato in comparazione col fibroblastodermico e con quello della guaina mesenchi-male perifollicolare (fibroblasto avventiziale).In coltura il fibroblasto dermico resta semprein monostrato, è fusiforme e bipolare, al con-trario il fibroblasto papillare si dispone inmonostrato alla periferia ed in due o tre stra-ti al centro. Inoltre il fibroblasto papillare hauna più bassa velocità di mitosi, presenta incoltura un citoplasma striato con numeroseespansioni e delle inclusioni nucleari abastoncino visibili al microscopio elettronico.Il fibroblasto avventiziale è invece costituitoda cellule fusiformi con espansioni moltoallungate.

Si è anche visto che in vitro il fattore di cresci-ta epidermico (EGF) ed il fattore di crescitafibroblastico (FGF) stimolano la moltiplicazio-ne dei fibroblasti papillari del capello.Il minoxidil non modifica la crescita dei fibro-blasti papillari in vitro mentre l’idrocortisonela rallenta ed il testostrone ed il diidrotestoste-rone, a concentrazioni molto elevate, la inibi-scono. Questi ultimi sembrano non averealcuna influenza né sui fibroblasti pilari nésu quelli della barba.

Recettori ormonali sono presenti sui fibrobla-sti e nella papilla.Gli androgeni regolano la crescita dei capellie dei peli: la loro azione varia a seconda dellalocalizzazione. Essi stimolano la crescita dellabarba, hanno poco o nessun effetto sullesopracciglia e possono indurre regressionepilare sul cuoio capelluto in soggetti genetica-mente predisposti.

Gli androgeni una volta fissati ai recettoriregolano l’espressione genica in manieradiversa a seconda della zona e dell’ormone. Igeni coinvolti non sono a tutt’oggi noti.Forse proprio studiando i fibrobrasti papillarisi riuscirà a comprendere l’effetto paradossodegli androgeni che trasformano i peli dellabarba in peli terminali mentre determinanola involuzione dei capelli a peli folletto. Perora possiamo solo ipotizzare che la chiave dicomprensione di questa apparente contraddi-zione sia nella diversa capacità di aromatizza-zione dei tessuti periferici.

La matrice extracellulare della papilla è a tut-t’oggi molto poco conosciuta. La fibronectinaè ben presente nella matrice extracellularedella papilla in anagen e scompare durante ilcatagen. Essa facilita la migrazione dei fibro-blasti durante la fase di crescita. Il collageneIV e la laminina sono sempre presenti duran-te il ciclo pilare e sono responsabili dellacoesione dei fibroblasti in unità funzionali. Icollageni interstiziali (collagene III ed I) sonoanch’essi presenti in tutto il ciclo pilare.In fase anagen la matrice extracellulare dellapapilla è composta da condroitin-6-solfato, da

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condroitina non solforata, da dermatan solfa-to, da eparan-solfato e probabilmente da con-droitin-4-solfato.In fase catagen mancano sia il condroitin-6-solfato che la condroitina non solforata. Unanuova glicoproteina della matrice extracellu-lare, la tenascina, è stata recentemente sco-perta e risulta presente durante tutto il ciclopilare ma non se ne conoscono le funzioni.

Anomalie della papilla pilare sono presentinelle malattie del capello.Nella così det ta “alopecia andro ge n et i c a ”(telogen defluvio) si ritrova una diminuzionedelle dimensioni della papilla e della matricenelle zone colpite. In queste zone il rapportotra il volume della matrice e quello dellapapilla è di 3 a 1, mentre normalmente è di10 a 1.Nelle così dette “zone attiniche” di soggettiaffetti da alopecia androgenetica le papilleassumono un aspetto “a diamante”, mentrenormalmente esse sono oblunghe. I contornisono mal definiti ed i fibroblasti perdono illoro assetto parallelo all’asse maggiore dellapapilla. In microscopia elettronica il loro cito-plasma appare rarefatto, il nucleo è globoso esi ritrovano anche anomalie a livello dellegiunzioni intercellulari. Inoltre vi è ancheuna perdita dell’espressione del condroitin-6-solfato nei follicoli delle zone attive.E’ quindi possibile pensare che una delle ano-malie primitive della alopecia androgeneticaabbia sede nella papilla oppure a livello dellagiunzione papilla-matrice.Nella “sindrome dei capelli impettinabili” lapapilla ha delle angolazioni anomale chedeterminano la forma triangolare o reniformedei capelli.Nella “sindrome tri c o - ri n o - fa l a n gea diGiedion” il rapporto volumetrico matrice-papilla è perturbato.Nei “pili multigemini”, che comunque hanno

forma normale, la papilla è indentata.Nella “tricotillomania” si possono facilmenteosservare disinserzioni matrice-papilla, emor-ragie e depositi di melanina.Nelle anomalie malformative del capello lapapilla ha forma anomala e possiamo facil-mente intuire che sia alterata la sua funzione(paracrina) di regolazione del ritmo di cresci-ta della matrice.

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ANOMALIE DEL FUSTO DEL CAPELLO

Il modo più semplice per studiare il fusto delcapello è la sua osservazione a secco conmicroscopio ottico a luce trasmessa. Questo èsufficiente ad evidenziare la maggior partedelle anomalie dei capelli. Per una osservazio-ne più accurata i capelli possono essere osser-vati in immersione con olio ottico.

Il microscopio in luce polarizzata permette lostudio della architettura del fusto nei suoiparticolari, di valutare le anomalie più fini edi osservare lo stato di danneggiamento dellacuticola.Un altro metodo economico che può dareulteriori informazioni è l’osservazione dellareplica dei capelli in esame. I capelli vengonomessi su alcune gocce di cianoacrilato postesu un vetrino; avvenuta la polimerizzazionedopo circa 30 secondi, i capelli vengonorimossi dal vetrino su cui rimane, visibile almicroscopio ottico, la replica negativa delfusto. Le anomalie del fusto sono spesso responsabi-li di alcune forme di alopecia e una descrizio-ne che ne faciliti il riconoscimento appare

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pertanto assai opportuna.Descriviamo le alterazioni più significativedopo una breve classificazione.

Distinguiamo:- Fratture del fusto- Alterazioni della regolarità del fusto- Arricciamenti del fusto- Altre alterazioni traumatiche- Anomalie delle guaine del capello- Anomalie del follicolo

Fratture del fusto

Tricorressi nodosa acquisitaE’ la più comune alterazione del fusto, uncomune artefatto causato da traumi, anchem o d e sti, fisici e/o chimici (phon, pet t i n ecaldo, spazzole, acconciature, perm a n e n t i ,tinture, lavaggi troppo frequenti con deter-genti aggressivi ecc.), che provocano, in alcu-ni tratti del fusto, prima una perdita dellacuticola (diagnosi differenziale con lo pseudo-moniletrix con cui peraltro è imparentatastrettamente) e successivamente una dissocia-zione e una separazione delle cellule della

corteccia con formazione di rigonfiamentitondeggianti, fragili e facilmente soggetti afrattura, che avviene con aspetto tipicamentesfrangiato a pennello.

Si sono volute distinguere tre fasi: la prima èrappresentata da aree bianche visibili solo almicroscopio a luce polarizzata, la seconda danodi o rigonfiamenti dovuti a lassità dellastruttura corticale corrispondenti alle areebianche, la terza dalla rottura a spazzola delfusto.

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Tricorressi nodosa congenitaEsiste anche una rara forma congenita, eredi-taria, recessiva e non traumatica, più frequen-te nei bambini che migliora spontaneamentecon l’età ed anche, si è detto, con la supple-mentazione dietetica di aminoacidi solforati.Diviene evidente già qualche mese dopo lanascita: i capelli sono fragili e si spezzano perminimi traumi provocando anche vaste areedi alopecia. Si può facilmente porre diagnosidifferenziale con la forma traumatica perchéla tricorressi congenita è prossimale, interessacioè il capello vicino alla cute, mentre laforma acquisita è un artefatto distale che inte-ressa i capelli lunghi a distanza di almeno 5cm dalla cute.

TricoclasiaE’ una frattura trasversale del fusto che inte-ressa midollo e corteccia ma non la cuticola,dando al capello l’aspetto di un legno verdespezzato. Può essere associata o meno ad altrealterazioni e consegue in genere a traumi fisi-ci o chimici di modesta entità.Nelle fasi iniziali il capello non si presentaparticolarmente fragile ma può diventarlo secon il passare del tempo la cuticola non si

mantiene perfettamente integra.

TricoptilosiE’ una comunissima alterazione acquisita: lafissurazione longitudinale del fusto interme-dia o terminale (doppia punta) che si verificasolo per danni fisici o chimici (anche ripetutespazzolature e pettinature) dopo una primafase di perdita della cuticola.

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TricoschisiE’ una frattura trasversale netta del capellosenza rigonfiamenti causata in genere dagravi carenze proteiche. Il capello presentaforte deficit di di zolfo.

Se l’affezione è familiare e si associa ad altrealterazioni (distrofie ungueali, ittiosi, ritardodello sviluppo psicofisico ecc.) si parla diTricotiodistrofia.I capelli e, più raramente, gli altri peli delcorpo, si presentano appiattiti, secchi, irrego-larmente conformati e ruvidi.

TricotiodistrofiaE’ una rara genodermatosi autosomica reces-siva. I capelli presentano anomalie strutturalidel fusto con grave carenza di contenuto dizolfo per ridotta incorporazione di aminoaci-di. Il fusto è assottigliato a nastro con aspettoa zigzag e tricoschisi. L’alterazione è evidentefino dalla nascita ed interessa ciglia, sopracci-glia e capelli che sono appiattiti, fragili, fram-mentati, corti e radi. Sono inoltre presentifratture del fusto a tipo tricorressi nodosa etricoschisi. Alla microscopia in luce polarizza-ta il fusto presenta una tipica marezzatura dicolore “a coda di tigre”.

Nella tricotiodistrofia i capelli hanno un con-tenuto di aminoacidi solforati, essenzialmentecisteina, inferiore al 50% del normale. Laquantità di cistina è marcatamente diminuitasoprattutto a livello della cuticola, della matri-ce e della corteccia. I capelli sono abnorme-mente fragili e si spezzano per l’insulto deinormali agenti esogeni. La tricotiodistrofiapuò essere associata ad altri difetti neuroecto-dermici come ritardo mentale, ittiosi, altera-zioni ungueali e dentarie, cataratta congeni-ta, fotosensibilità, spasticità, atassia, diminui-ta fertilità. Vi può essere anche un difetto deimeccanismi di riparazione dei danni prodottidalla luce sul DNA, simile a quanto si osservanello Xeroderma Pigmentoso.

Fratture fusiformiSi verificano nei “capelli affusolati” (vedi) opiù raramente negli “anagen distrofici” del-l’alopecia areata. La frattura avviene a livellodei restringimenti e la porzione residua delcapello si presenta con aspetto “a punta dimatita”.

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Tricorressi invaginataE’ un rigonfiamento del capello prodottosi inseguito ad un difetto transitorio della cherati-nizzazione del fusto che provoca dapprima ildistacco della cuticola del pelo dalla cuticoladella guaina e successivamente la penetrazio-ne della parte superiore, rigida, del fusto inquella sottostante, non ancora cheratinizzata,che si dilata elasticamente per accoglierla(come una antenna estensibile di un apparec-chio radio portatile che rientra su sé stessa).

La tricorressi invaginata può essere la conse-guenza di traumi fisici o chimici oppure, piùraramente, può colpire la maggioranza deicapelli e dei peli ed essere associata ad altreanomalie come ittiosi ed atopia.

La sindrome di Netherton, definita dalla asso-ciazione di tricorressi invaginata, ittiosi (disolito nella forma lineare circonflessa) ed ato-pia, è una rara anomalia ectodermica a proba-bile trasmissione autosomica recessiva checolpisce soprattutto il sesso femminile.

Nei pazienti affetti da sindrome di Nethertonle alterazioni del fusto compaiono già duran-te la prima infanzia e possono interessare siai peli vellus che i peli terminali arrivando acoinvolgere, nelle forme più gravi, tutti i pelidel corpo. I capelli, particolarmente nellearee di frizione, sono sottili, opachi, fragili ec o rti. Si può ave re alopecia anche dellesopracciglia e delle ciglia.

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L’ittiosi lineare circonflessa è caratterizzatada chiazze eritemato-squamose rilevate chepresentano bordi policiclici rilevati. Le lesionitipicamente migranti tendono a confluire inchiazze di maggiori dimensioni con risoluzio-ne centrale.Non esiste una terapia efficace per la sindro-me di Netherton. I capelli tendono a migliora-re spontaneamente con l’età adulta allorchépersistono spesso solo alterazioni a caricodelle sopracciglia. L’efficacia dell’etretinatonon è costante e l’uso di questo farmaco èri s e rva to a pazienti con grave ittiosi.L’etretinato può indurre peggioramento dellecondizioni cutanee nei pazienti con atopia.

Alterazioni della regolarità del fusto

MoniletrixA l te razione del fusto ge n etica, ere d i ta ri a ,autosomica, dominante ad espressività varia-bile. Il moniletrix può colpire anche i peli ditutti i distretti cutanei.

Se in alcuni pazienti tutto l’apparato piliferoè coinvolto dalla malformazione in altri puòessere interessata solo una modesta percen-tuale di capelli, anche meno del 5%, e la dia-gnosi può essere difficile. Il fusto ha complessivamente un aspetto chelo fa assomigliare ad un monile, ad una cate-na di rosario oppure ad una collana (monile-trix) in quanto presenta, a distanza regolare

l’uno dall’altro, rigonfiamenti ellittici di 0,7-1mm di lunghezza, detti “nodi”. Questi sonospesso privi di cuticola e sono separati fra loroda restringimenti affusolati detti “internodi”(Whiting) che presentano scanalature longitu-dinali in cui le cellule cuticolari sono presen-ti ma alterate; negli internodi il midollo èassente. A livello degli internodi si verificanopiù frequentemente le fratture (clasie).

Anche il follicolo, strutturalmente normale,può presentare a livello della zona cheratoge-netica allargamenti e strozzature con la stessamorfologia del fusto. Nel moniletrix il capel-lo si spezza con grande facilità ad 1 - 2 cmdalla cute dando origine ad una pseudo-alope-cia diffusa che interessa soprattutto le zone dimaggior sfregamento come la nuca.

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Verosimilmente il moniletrix è la conseguen-za di una alterazione funzionale fra papilla ematrice e spesso migliora trattando il pazien-te con etretinato ma i risultati regredisconoalla sospensione della terapia.Il cuoio capelluto presenta tipiche papule fol-licolari cheratosiche.Il moniletrix si manifesta nei primi mesi divita e tende a migliorare con l’età, senza tut-tavia risolversi mai completamente.

PseudomoniletrixSi presenta simile al moniletrix ma i rigonfia-menti del fusto (“pseudonodi”) sono didimensioni variabili l’uno dall’altro, con lecellule cuticolari conservate, disposti a distan-za irregolare e con tratti intermedi (“pseu-dointernodi”) privi di scanalature. Inoltre,sempre a differenza del moniletrix, l’alterazio-ne non è ereditaria ma consegue a traumi frai quali anche quello legato alla preparazionedei capelli sul vetrino portaoggetti.Lo pseudomoniletrix è un artefatto, non visono anomalie del follicolo e le fratture avven-gono quasi esclusivamente in corrispondenzadei nodi.

Capelli impettinabiliLo stelo, provvisto di cuticola, si presenta insezione trasversa di forma triangolare o reni-forme con scanalature longitudinali lungo itre lati e superficie appiattita che riflette laluce (pili trianguli e canaliculi).

L’alterazione è talvolta sporadica e talaltrafamiliare con trasmissione autosomica domi-nante a penetranza incompleta.

I capelli, di colore bianco argento o paglieri-no o giallo-grigiastro, non possono essere inalcun modo pettinati e ta lvo l ta neppureschiacciati. Le manifestazioni cliniche sonogeneralmente evidenti a 2-3 anni di età emigliorano con la crescita.E’ possibile che la causa primaria sia da ricer-

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care in una irregolare cheratinizzazione dellaguaina epiteliale interna che diventa in qual-che punto precocemente troppo rigida defor-mando il capello in crescita e facendogli assu-mere la caratteristica forma. Ciglia e sopracci-glia sono normali. La diagnosi di certezza èmicroscopica.

Pili annulatiIn questi capelli il fusto, fornito di una cutico-la regolarmente strutturata che talvolta pre-senta lievi scanalature, si presenta a bandechiare e scure alternate dovute a microbolledi aria che si trovano fra le cellule della corti-cale. Queste aree risultano chiare se osservatea luce incidente e diventano invece scure se lasorgente di luce è posta dietro al capello(microscopio, ripiano illuminato) conferendoal capello un caratteristico aspetto zebrato.

Il difetto quasi sempre ereditario, trasmessocome autosomico dominante ri s i e d e re b b enella unità papilla-matrice che, per anomalaattività, darebbe origine, ad intervalli regola-ri, a cellule corticali non giustapposte ma dis-poste irregolarmente (sono state definite “adacciottolato” per il loro aspetto al microsco-pio a scansione) e frammiste a spazi libericontenenti le microbolle d’aria.

Il capello cresce più lentamente del normalee presenta gradi variabili, ma modesti, di fra-gilità.

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L’effetto ottico, nel complesso esteticamentegradevole, è quello di una capigliatura “lucci-cante”.

Pseudopili annulatiA differenza dei pili annulati non ci sonodifetti corticali ma una parziale torsione deifusti di sezione non perfettamente circolareche, ripetendosi ad intervalli più o meno rego-lari, non consente una riflessione omogeneadella luce facendo comparire apparenti bandechiare e scure in successione. L’effetto si ridu-ce notevolmente o scompare se il capelloviene osservato su un piano illuminato.

Capelli affusolatisi presentano con restringimenti a fuso lungoil fusto, indice di rallentamento temporaneodell’attività mitotica delle cellule della matri-ce (in modo analogo ai solchi trasversi diBeau delle unghie).

Le cause possono essere varie, fra le piùcomuni i farmaci citostatici, le malattie feb-brili, alopecia areata, l’ulcera peptica, i trau-mi ripetuti da trazione come nella tricotillo-mania.

Una variante di capelli affusolati è il fenome-

no di Pohl-Pinkus. In questo caso la porzioneprossimale del fusto presenta un assottiglia-mento dovuto ad un arresto mitotico dellamatrice. Può coincidere con l’insorgenza diuna malattia sistemica, di un intervento chi-rurgico, di un incidente , di una emorragiaecc.

Un’ altra variante minore sono i Peli a baio -netta. Sono capelli o peli con fusto affilato econ una globosità iperpigmentata della cor-teccia che precede l’assottigliamento.

Sono tipici dell’ittiosi ma si possono reperireanche nella dermatite seborroica ed in corsodi radioterapia e di terapia citostatica.

Pili bifurcatiDal follicolo fuoriesce un pelo che si biforcadando origine a due peli distinti ognuno conla propria cuticola (diagnosi differenziale conla Tricoptilosi nella quale la cuticola è assen-

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te). Si tratta probabilmente di una forma cir-coscritta di peli multigemini.

Scanalature longitudinaliPossono essere reperite saltuariamente in sog-getti con capelli altrimenti normali o, più fre-quentemente, in portatori di altre anomalie(tricotiodistrofia, moniletrix, pili torti etc.).

Non rivestono significato patologico e sembrasiano determinate da difetti zonali (talorate mp o ranei) di attività delle cellule dellamatrice. A livello della scanalatura la cuticolaè normalmente rappresentata mentre lo spes-sore della corteccia è ridotto.

Arricciamenti del fusto

Capelli lanosiAnche nei caucasici si possono avere capellicrespi, lanosi come quelli della razza negra.Nei capelli lanosi i fusti, a sezione ovoidale edi spessore solitamente ridotto, non sono ret-tilinei ma presentano curvature o torsioniassiali modeste o totali (pili torti) con il risul-

tato finale di un notevole arricciamento. Nonsono pettinabili ma nell’età adulta possonospontaneamente diventare meno arricciati efragili.

A livello della matrice del capello lanoso sinotano delle differenze di indice mitotico trala parte centrale della matrice e quella latera-le. La parte centrale della matrice possiede unindice mitotico maggiore di circa il 50%rispetto alla parte laterale.

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Questo squilibrio nella velocità di crescitadetermina anomalie di cheratinizzazione chemacroscopicamente determinano la lanositàdel capello.Si distinguono 4 forme. Nella forma ereditaria dominante l’anomaliacoinvolge solo la capigliatura ed è già eviden-te alla nascita o comunque nei primi mesi divita. La crescita è normale ma, a causa dellaloro fragilità e forse anche per una riduzionedella fase anagen, difficilmente i capelli rag-giungono una lunghezza normale. La crescitatotale è di pochi centimetri.Possono associarsi anomalie dentarie ed ocu-lari e la situazione può migliorare con l’età.

La fo rma fa m i l i a re sporadica re c e s s i va ècaratterizzata da capelli chiari con ciclo tal-volta accorciato e può interessare anche i pelidi altri distretti.

Il nevo a capelli lanosi è una zona circoscrittadi capelli crespi, sottili e chiari. Spesso si asso-cia ad un nevo verrucoso lineare pigmentatodel collo o degli arti.

Ne l l ’a rri c c i a m e n to acqu i s i to dei capelli, icapelli delle zone occipitale e temporale ini-ziano a scurirsi e ad arricciarsi durante l’ado-lescenza; il fenomeno, tipico dei maschi, puòcoinvolgere l’intero cuoio capelluto e talvoltaanche regredire. Varianti minori dei capellilanosi sono:Peli a cavaturacciolo: quando peli o capellipresentano torsioni a spirale ed appiattimen-to del fusto.

Peli circolari od a spirale: se i peli sono con-torti a spirale nel contesto dello strato corneo.Sono facilmente estraibili e mantengono laloro struttura a spirale anche dopo lo stira-mento. Talvolta si accompagnano a cheratosipilare.

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TriconodosiL’alterazione si può avere anche nei caucasicima è tipica della razza nera e comunque deicapelli crespi. I capelli lanosi (crespi) facil-mente formano veri e propri nodi.

Le cellule cuticolari possono mancare all’al-tezza dei nodi, si può avere danneggiamentodella corticale e si può arrivare fino alla rottu-ra del fusto. La patogenesi è traumatica (lega-ture strette dei capelli).

Pili tortiCome indica il termine il fusto non è rettili-neo ma lungo l'asse longitudinale e ad inter-valli regolari presenta delle torsioni di 180°su se stesso, di solito da 3 a 5. In questi trattila sezione da circolare diventa ellittica ed èpresente notevole fragilità. Il capello general-mente si spezza a 4 - 5 cm dallo sbocco del fol-licolo. L'anomalia è rara ed ereditaria. Scarsesono le segnalazioni di pili torti acquisiti (datraumi ripetuti).

Istologicamente i follicoli presentano alcunecurvature anomale. La diagnosi è facile con ilmicroscopio ma possibile già ad occhio nudoosservando i capelli a luce incidente. La luceviene rifratta in modo irregolare.

L'associazione dei pili torti con la tricorressinodosa viene definita Sindrome di Menkes.

Pili pseudotortiIl fusto presenta torsioni irregolari ed incom-plete.

Altre alterazioni traumatiche

Bubble hairAll’interno del fusto sono presenti delle bolled’aria. Bubble hair possono trovarsi in aree dicapelli fragili e spezzati. Le cause possonoessere svariate: tigne, calore, tallio, traumati-smi ecc.

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TricomalaciaE’ un reperto quasi esclusivo della tricotillo-mania.

Le trazioni ripetute su capelli in fase anagenp rovocano fra t t u re nella continuità dellam a t rice e distacco della guaina epite l i a l eesterna da quella connettivale con successiveemorragie intra ed extrafollicolari. Il bulbo ela radice si pre s e n tano conseguente m e n tedeformati e contorti.

Anomalie delle guaine del capello

Le anomalie delle guaine sono meno rare diquanto comunemente si creda. Ricordiamo leguaine peripilari e la sindrome dell’anagenlasso.

Guaine peripilari (hair cast)Il termine è generico e comprende sia gli arte-fatti dovuti a depositi di prodotti cosmetici siaa vere e proprie formazioni cheratiniche amanicotto intorno al fusto. Le guaine peripi-lari si presentano come manicotti bianco-gial-lastri che avvolgono, senza aderirvi, il fustodei capelli.

Secondo l’articolo originale di Kligman(1957) le guaine peripilari vere derivano dal-l’accumulo delle cellule della guaina epitelia-

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le interna che, a causa di un processo para-cheratosico (aumentata velocità di risalitadelle cellule stesse con parziale conservazionedi frammenti di nucleo e mancata perdita dicoesione) non si distaccano, come abitual-mente, a livello del colletto del follicolo dandoinvece origine a degli ammassi di varia gran-dezza. Questi ultimi si distaccano solo quan-do hanno raggiunto una certa dimensione eseguono via via l’allungarsi del fusto. Le guaine peripilari devono essere differen-ziate dalle lendini (uova di pidocchio) che sitrovano da una sola parte del fusto e sono sal-damente incollate (non si spostano quindi sesi fa scivolare il capello fra due dita).

S i n d rome dell’anagen lasso (loose anage nsyndrome)E’ tipica dell’infanzia: per lo più si tratta dibambine bionde tra i 2 ed i 5 anni, tuttaviapossono essere colpiti anche soggetti di sessomaschile con capelli scuri e persino degliadulti. I capelli si staccano a ciuffi e con faci-lità lasciano ampie zone glabre. I capelli nonsono fragili né vi sono anomalie del fusto.All’esame istologico i capelli appaiono comeanagen malformati in quanto carenti dellaguaina epiteliale esterna , che è solo abbozza-ta o manca del tutto, ma non sono distrofici.

All’esame microscopico i capelli appaionocome anagen che, dopo l’estrazione, conserva-no la guaina epiteliale interna, perché nonancorati alla guaina epiteliale esterna. Il difet-

to di ancoraggio sembra in gran parte conse-guire ad una precoce cheratinizzazione deglistrati di Henle e di Huxley.La lunghezza e la densità dei capelli aumentacon l’età ma anche negli adulti i capelli sistaccano con grande facilità.L’anomalia ha carattere familiare ma nonsono state stabilite le modalità di trasmissio-ne.

Anomalie del follicolo

Pili multigeminiFino a sei, otto peli distinti e completi esconoda uno stesso follicolo. E’ un’anomalia di svi-luppo del follicolo pilifero piuttosto rara,nella quale numerose matrici e papille forni-te di guaine epiteliali interne proprie (la guai-na epiteliale esterna rimane invece unica)producono peli a sezione non rotonda mairregolare che escono da un solo ostio follico-lare, probabilmente a causa di compressionimeccaniche non omogenee fra le varie guai-ne. A differenza della tricostasi spinulosa tuttii peli sono di solito contemporaneamente inanagen.

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Tricostasi spinulosaCome nei pili multigemini, un ciuffo di peliesce da un solo ostio follicolare. A differenzaperò dei pili multigemini la papilla con relati-va matrice è unica e spesso si tratta non dipeli formatisi contemporaneamente ma tratte-nuti via via all’inte rno del fo l l i c o l o .Caratteristicamente in questo caso uno solosarà in anagen e tutti gli altri in telogen. Pilim u l t i gemini e tri c o stasi spinulosa sonocomunque reperibili quasi esclusivamente alivello del volto e dell’area della barba.

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IPOTRICOSI ED ALOPECIE GENETICHE

Una alopecia ed una ipotrichia possono avereuna origine genetica e, a rigore, anche la stes-sa alopecia androgenetica comune può esseregiustamente considerata in questo gruppo.Tuttavia scolasticamente vi si include unaserie di sindromi, molte di queste sovrapponi-bili, che hanno fra i loro sintomi l’ipotricosi ol’alopecia.Queste situazioni genetiche vanno conosciuteper evitare a questi pazienti cure farmacologi-che chiaramente inutili e speranze seguite dainevitabili delusioni.Ricordiamo qui solo le forme principali o piùcuriose e subito notiamo come l’assenza tota-le o parziale dei capelli può presentarsi comefattore genetico isolato o, al contrario, in asso-ciazione ad anomalie di altri organi e ad ano-malie della struttura del fusto pilare.

Forme isolate non cicatriziali

Atrichia congenitaDetta anche “alopecia universale congenita”,non accompagnata da anomalie ectodermichené da difetti mentali è una fo rma ra ra .

Sembrano esistere diversi genotipi che condi-vidono il fenotipo della assenza totale perma-nente di capelli e di peli.

L’ipotrichia congenita è una forma menosevera della stessa sindrome in cui i peli sonopresenti ma scarsi e sottili.

Nella maggior parte dei casi atrichia ed ipotri-chia congenita sono trasmesse come carattereautosomico recessivo, anche se sono descrittefamiglie con trasmissione autosomica domi-nante, e non si associano ad altre anomalie.

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Alla nascita il bambino può presentarsi com-pletamemte calvo o può essere presente lanormale lanugine che poi cade, di solito entroil primo anno di vita, senza più essere rim-piazzata. Esiste anche una forma a sviluppopiù tardivo nell’infanzia.L’ipotrichia con cisti cheratiniche del cuoiocapelluto e del volto è una variante di atrichiacongenita nella quale si sviluppano numerosecisti cheratiniche della grandezza di una testadi spillo dapprima sul cuoio capelluto ed allapubertà anche sulle guance. Si tratta di unaalopecia totale a trasmissione auto s o m i c arecessiva. I capelli sono generalmente presen-ti alla nascita e l’alopecia si sviluppa dopo l’ef-fluvio post natale durante i primi mesi di vita.Fra i 5 ed i 18 anni si formano progressiva-mente le piccole papule cornee in corrispon-denza di malformazioni cistiche dei follicoli.

Ipotrichia ereditaria sempliceE’ una forma rara trasmessa per lo più comecarattere autosomico dominante; raramente èsporadica autosomica recessiva.E’ caratterizzata da un rallentamento della

velocità di crescita dei capelli. L’alopecia inte-ressa esclusivamente il cuoio capelluto, non è

presente alla nascita ma inizia a comparireverso i 5 - 7 anni di età ed evolve in una gravealopecia diffusa all’età di 24 - 28 anni. Il qua-dro istologico e clinico è sovrapponibile aquello della alopecia androgenetica tanto dainquadrarla come una androgenetica estrema-m e n te precoce ed aggre s s i va (“ C a lv i z i ePrecoce”).

Forme isolate cicatriziali

Ipotrichia di Marie-UnnaE’ una rara sindrome trasmessa come caratte-re autosomico dominante. L’alopecia puòessere già presente alla nascita o rendersi evi-dente durante l’infanzia. Coinvolge non soloil cuoio capelluto ma anche ciglia, sopracci-glia e peli del corpo. Dopo la pubertà granparte del cuoio capelluto diviene alopecico eatrofico. L’ipotrichia progredisce con gli annie può arrivare ad una alopecia cicatriziale.

I capelli superstiti sono radi, torti, fragili conil caratteristico aspetto a crine di cavallo.Frequenti sono gli hair cast.

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Aplasia cutis congenita familiareTrasmessa come carattere autosomico domi-nante o più raramente recessivo in cui, perarresto di sviluppo nella vita fetale, mancanoepidermide e/o ipoderma. Il cuoio capellutopresenta una o più lesioni ovalari o lineari.

Alla nascita la regione del vertice presenta un’area cicatriziale di forma irregolare o unalesione ulcerativa che evolve successivamentein una cicatrice atrofica.L’aplasia cutis congenita può associarsi ad

altre anomalie di sviluppo quali displasieectodermiche ed anomalie degli arti.Da tenere separata la forma non familiare lacui causa sembrerebbe invece dover risaliread un’aderenza tra la membrana amniotica ela cute fetale o un trauma od una infezioneavvenuta durante la vita intrauterina.

Alopecia triangolare temporaleSi tratta di una area di forma triangolare concute normale glabra o con pochi peli vellussolitamente situata nella zona temporale oanche frontale.L’affezione è presente fin dalla nascita anche

se spesso viene diagnosticata più tardivamen-te. Talvolta sono associate altre malformazio-ni. E’ considerata da molti autori una formanevica.

Forme associate ad anomalie di altriorgani: displasie ectodermiche

Sono situazioni sopratutto di interesse pedia-trico. Il termine displasia ectodermica defini-sce un gruppo di sindromi ereditarie dello svi-luppo in cui sono interessate le strutture di

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origine ectodermica. Per rientrare in questogruppo l’anomalia deve rispondere ai seguen-ti criteri: deve essere congenita e diffusa, devecoinvolgere la cute o almeno uno degli annes-si cutanei, non deve essere progressiva. Ildifetto sembra manifestarsi all’inizio dello svi-luppo embrionario dopo circa 3 settimane dalconcepimento allorquando si distingue l’ecto-derma dal mesoderma e dall’entoderma eprima del terzo mese quando le cellule ecto-dermiche si differenziano in strutture deriva-te specifiche. Le cellule ectodermiche duran-te questo periodo (fra tre settimane e tre mesi)hanno la capacità di svilupparsi in neuroecto-derma o in ectoderma di superficie. Una qual-siasi anomalia dello sviluppo che danneggi lecellule ectodermiche nel periodo antecedentela differenziazione può essere causa di altera-zioni fetali in un gran numero di organi. Ingenere i feti che sopravvivono spesso manife-stano alterazioni dei capelli, delle unghie, del-l ’ e p i d e rmide, dei denti e delle ghiandoleeccrine. Tali anomalie formano la base per laclassificazione delle displasie ectodermiche.Altre anomalie che possono essere presentiincludono: facies caratteristica, sordità, ritar-do mentale, ipolasia delle mammelle, schisidel labbro e del palato, sindattilia, ectrodatti-lia,anomalie scheletriche. La presenza di ano-malie ossee, benché rifletta una anomalia deitessuti di deri vazione mesenchimale, nonesclude una diagnosi di displasia ectodermi-ca.Essenzialmente si distinguono displasie ecto-d e rm i che anidrot i che ed euidrot i ch e .Ricordiamo solo le principali

Displasia ectodermica anidrotica di Christ-Siemens-TouraineLa trasmissione è di solito recessiva legata alsesso ma sono state descritte anche l’autoso-mica recessiva e quella dominante. Il quadrocompleto, di solito maschile, comprende ani-

drosi, ipotricosi, anodonzia. Sono inoltre pre-senti onicodistrofia, ipopigmentazione pilare,a volte opacità corneale, facies dismorfica,dermatoglifi anomali, ritardo mentale.

Displasia ecto d e rmica anidrotica di Ra p p -HodgkingLa trasmissione è autosomica dominante, icapelli crescono lentamente, sono talora torti,la sudorazione è assente e la dentizione difet-tosa, le unghie sono piccole e displasiche,sono presenti palatoschisi, labioschisi, ipospa-dia, bassa statura.

Displasia ectodermica tipo GreitherPresenta alopecia quasi totale con anodonzia,opacità corneale e del cristallino, distrofiaungueale, ch e ra to d e rmia palmoplanta retransgrediens ed anidrosi oltre che un quadroKlinefelter simile.

Displasia ectodermica idrotica di CloustonA trasmissione autosomica dominante, associalopecia totale, cheratodermia palmoplanta-re, ispessimento delle unghie, iperpigmenta-zione della cute e delle articolazioni, deficien-za mentale. I peli residui, sottili e chiari,hanno ridotta resistenza alla trazione ed unastruttura fibrillare disorganizzata. Il funzio-namento delle ghiandole sudoripare e seba-cee è normale. I denti sono particolarmentesoggetti alle carie.

Sindromi ittiosiche

In tutti i quadri di ittiosi è presente, in gradovariabile, ipotrichia o alopecia.Ricordiamo:Ittiosis nigricans: può occasionalmente asso-ciarsi a chiazze di alopecia cicatriziale.Ittiosi lamellare: anch’essa può associarsi achiazze di alopecia cicatriziale.Collodion baby: i peli sono assenti o molto

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radi ed anche nei soggetti che sopravvivonoresidua ipotrichia.Ittiosi istrice grave tipo Rheydt: i pazienti svi-luppano eritrodermia ittiosiforme con alope-cia, displasie ungueali e sordità.Sindrome di Netherton: Caratterizzata da tri-corressi invaginata con netta ipotrichia, ittio-si e diatesi atopica. Si trasmette con carattereautosomico recessivo ed è più frequente nelsesso femminile.

Sindromi da invecchiamento preco-ce

Progeria di Hutchinson-GilfordLa trasmissione ereditaria non è del tuttochiara ma sembra essere autosomica recessi-va. E’ caratteristica della progeria la grave eprecoce senilità che può portare a morteprima dei 10 anni per fatti cardiocircolatori.Il nanismo con facies da uccello è caratteristi-co e precoce nei soggetti affetti dalla malattiache si manifesta entro i primi 2 anni di età.Tutti i peli del corpo possono essere assenti.

Pangeria di WernerLa trasmissione della malattia è autosomicarecessiva. La statura è bassa. Il volto è preco-cemente invecchiato con naso a becco. E’ pre-s e n te una pseudosclero d e rmia degli art i .L’arteriosclerosi è precoce. La canizie inizia a15 - 18 anni e l’alopecia è rapidamente pro-gressiva.

Sindromi metaboliche

Deficit di biotinidasiMalattia di interesse pediatrico in cui sonodeficienti alcune carbossilasi mitocondrialibiotina dipendenti. Sono presenti ipotoniageneralizzata, ritardo dello sviluppo psicomo-torio con mialgie, parestesie, anoressia, nau-

sea, capelli secchi-crespi-lanosi, radi, corti,sottili, schisi e fratture del fusto.Il tipo 1°, neonatale a carattere autosomicorecessivo, è dovuto a deficit dell’olocarbossila-si sintetasi.Il tipo 2°, dell’infanzia, con deficienze multi-ple delle carbossilasi, associa alopecia delcuoio capelluto, ciglia e sopracciglia con eru-zioni cutanee, ipoidrosi, atassia, sviluppomotorio ritardato, ipotonia.La somministrazione di biotina è terapeutica.

OmocistinuriaMalattia di interesse pediatrico caratterizzatada deficit dell’enzima cista t i o n i n a - s i n teta s iche si trasmette geneticamente come caratte-re autosomico recessivo. L’enzima catalizza lacondensazione da omocistina e serina a cista-tionina. La metionina non viene trasformatain cisteina per cui si accumula nelle urine eviene escreta omocistina in eccesso.Frequente è la calcolosi urinaria. Sono colpi-ti l’occhio, i vasi, l’apparato scheletrico ed ilsistema nervoso centrale. I capelli sono radi,sottili, fragili e chiari per anomalia dei pontidisulfuro.La diagnosi è legata alla ricerca degli aminoa-cidi nell’urina.

Acrodermatite enteropaticaMalattia autosomica recessiva legata a difettointestinale dell’assorbimento dello zinco percarenza o difetto strutturale di una proteinavettrice.Nella forma classica l’alopecia è totale e con-genita e si associano dermatite periorifiziale,diarrea, deficit di accrescimento e deficitimmunologici complessi.R i teniamo che siano fre quenti e sove n temisconosciute le forme parziali ad espressio-ne tardiva ed incompleta, più tipiche del sessofemminile, che portano ad un telogen effluviocronico.

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Relativamente frequenti e di varia gravità,sono anche le forme alimentari da carenteintroduzione di zinco, tipiche in pazienti ali-mentati per via parenterale ma possibili e lar-vate anche come conseguenza di diete incon-grue e prolungate. Un dosaggio dello zincoserico orienterà la diagnosi (una zinchemiainferiore a 60 mcg/dl è da considerare giàsignificativa per una forma parziale tardiva) ela somministrazione cronica di zinco per os èprontamente terapeutica.

ALTERAZIONI DEL COLORE

Il colore dei capelli dipende dalla presenza dieumelanina e feomelanina, dal numero, dalledimensioni e dalla forma dei granuli di mela-nina e dalla loro distribuzione nel fusto delpelo. Ciascuno di questi fattori è probabil-mente controllato da più geni, il che spiega lavasta gamma di colori dei capelli normali. Iceltici con capelli rossi ed efelidi possiedonoquasi esclusivamente feomelanina; neri edasiatici hanno un’elevata quantità di melani-na; i bianchi hanno proporzioni variabili dientrambi i tipi di melanina, il che determinaun range di colore di capelli variabile dalbiondo al bruno ed al nero.

EterocromiaIn alcuni casi una apparente eterocromia èdovuta alle decolorazioni o alle tinture deicapelli ma la reale presenza di peli di duecolori diversi in uno stesso individuo non èinsolita. Una certa diversità tra i capelli e ipeli della barba o tra i capelli e i peli pubici èquasi la regola. Alcuni soggetti possono averedelle striature naturali di un diverso coloreche attraversano la loro capigliatura e spessoalla base di queste strie vi è un nevo melano-citico. Quando il capillizio è indenne e biso-gna ipotizzare un mosaicismo. Un tipo parti-

colare di eterocromia è stato descritto in giap-ponesi con anemia sideropenica. I pazientiavevano capelli in cui si alternavano ciocchescure (di colore normale) ad altre chiare. Conla somministrazione di ferro, i capelli ricre-scevano tutti con lo stesso colore bruno: perquesto fenomeno è stato proposto il terminedi canizie sideropenica segmentata.

AIbinismo e piebaldismoI pazienti affetti da albinismo presentanodeficit in una delle tappe metaboliche dellasintesi di melanina. Nel vero albinismo condeficit di tirosinasi vi è una mancanza totaledi melanina e i capelli sono completamentedepigmentati. In varianti minori di albinismosi possono avere piccole quantità di melaninache determinano una colorazione di capelliche va dal giallo chiaro al castano chiaro.Nel piebaldismo vi è una zona localizzata incui la melanina è congenitamente assente,spesso nella regione frontale, il che dà originead una ciocca di capelli bianchi. Sono statedescritte anche famiglie con ciocche di capel-li bianchi nella zona occipitale.

PoliosiArea acquisita e circoscritta di capelli depig-mentati, bianchi, nettamente separata daicapelli scuri normali. La causa più comune èprobabilmente la vitiligine. Simili alterazioni

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di colore si osservano in una ricrescita dicapelli dopo un’alopecia are a ta, pro c e s s iinfiammatori (come lo zoster), traumi, ustionio irradiazioni con raggi X. In questi ultimicasi i capelli possono anche ricrescere piùscuri, come risultato di una focale iperpig-mentazione. La soluzione più semplice è quel-la di tingere i capelli depigmentati.

CanizieProcesso fisiologico che porta a colorazionegrigia o bianca dei capelli. I capelli grigi inrealtà non esistono. Il colore grigio deriva dauna commistione di quantità va riabili dicapelli bianchi e di capelli normali più scuri.Nelle persone con sfumature chiare, il passag-gio al grigio è meno definibile. Nelle fasi ini-ziali di canizie si riscontra una ridotta attivitàdella tirosinasi nel bulbo pilifero e fenomenidegenerativi dei melanociti. Più avanti i mela-nociti scompaiono del tutto e non si ha piùdeposizione di melanina nei capelli, ch edivengono così bianchi. Esistono diversi tipidi canizie.Canizie fisiologica. Quasi tutti incanutiscono.L’età in cui il processo inizia è molto variabi-le: tra l’inizio del secondo decennio di vitafino ai 60 o 70 anni, in media avviene tra i 40e i 50 anni. Tipicamente, i primi ad incanuti-re sono i capelli delle tempie, poi il processosi estende all’intero capillizio. I peli dellabarba possono dive n ta re grigi prima deicapelli o al contrario rimanere pigmentatiancora per anni. I peli ascellari, pubici e dellesopracciglia sono gli ultimi a perdere il colo-re. Non esiste terapia per la canizie bisognasolo accettare il nuovo aspetto dei capelli ot i n ge rli. L’acido pantotenico, che può fa rripigmentare i peli grigi in alcuni roditori,non ha effetto sull’uomo.Canizie precoce. Quando la canizie insorgeprima dei 20 anni nei soggetti bianchi o dei30 in quelli di colore, si parla di canizie pre-

coce. Spesso questo fenomeno viene ereditatocon modalità autosomica dominante. Nellasindrome di Böök, la canizie precoce si asso-cia ad iperidrosi ed anomalie dentarie. Inmolte delle sindromi da invecchiamento pre-coce, la canizie è uno dei primi segni.Canizie sintomatica. La canizie si può associa-re ad ipertiroidismo, malnutrizione, anemiaperniciosa, alla piressia indotta dalla chemio-terapia, ed anche alla malaria. Si legge talvol-ta di soggetti in cui i capelli diventano bianchinell’arco di una notte o comunque in unbreve periodo di tempo. Siccome sono neces-sari dei mesi per la crescita dei capelli la solaspiegazione possibile di un tale evento è che in o rmali capelli colorati cadano all’im-provviso, lasciando i capelli bianchi che sonopiù resistenti. Questo insolito fenomeno avvie-ne nel corso di un’alopecia areata.Canizie farmaco-indotta. La clorochina, manon l’idro s s i c l o ro china, può indurre unoschiarimento dei capelli già biondo chiaro orossi ma ha scarsa influenza sui capelli scuri.Altri farmaci implicati sono i retinoidi, lamefenesina e il triparanolo.

Eterocromia esogenaPuò accadere che dopo una tintura la personache l’ha fatta cambi idea e desideri subitodopo un colore diverso. I tentativi per schiari-re o tingere nuovamente i capelli possono esi-tare in colori insoliti che lasciano sconcertati.Nei forti fumatori i capelli bianchi possonoacquisire un colore giallastro. Il rame conte-nuto nell’acqua delle piscine può conferireun colore verdastro ai nuotatori abituali. Ilrame può essere contenuto naturalmente nel-l’acqua, essere aggiunto a sostanze alghicide oessere rilasciato dalle tubature. Lo stesso feno-meno si può verificare occasionalmente incase con impianti idraulici in rame. I soggettipiù a rischio sono quelli con capelli grigi obiondi. Possono essere trattati con svariati

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agenti chelanti, inclusi l’EDTA e la penicilla-mina, usati in formulazioni tipo shampoo.Anche l’esposizione industriale al rame puòportare a una colorazione verdastra dei capel-li. L’esposizione occupazionale a cobalto edindaco può conferire un colore blu ai capelli,mentre l’acido picrico produce tonalità gialla-stre. Antralina e resorcinolo macchiano icapelli chiari di colore bruno-bluastro mentreil benzoilperossido può scolorire i capelliscuri. Alcuni microrganismi di rado possonoscolorire i capelli: i due esempi più eclatantisono la piedra e la tricomicosi ascellare.

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EDITORIALE

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Guido Vito Trotter

La scienza è imparziale!Ma gli scienziati hanno i loro miti.

Verità inattaccabili. Pregiudizi.Teorie dimostrate “oltre ogni dubbio”.

Si dovrebbe partire dai dati di fatto e arrivarealle teorie. Invece spesso si parte dalle teorieper negare i dati di fatto.La gente crede che gli scienziati siano semprealla ricerca di nuove scoperte e nuove teorie.Ma è falso, perché essi sono profondamenteconservatori. Hanno troppi dogmi da rispetta -re. Verità inattaccabili, fatti “dimostrati persempre”. E prima di rinunciarvi “l’ortodossiascientifica” usa tutte le sue armi.“Esiste una carta geografica del 1513, sicura -mente autentica, che riporta con precisione iconfini dell’Antartide”. Daniele Papi, carto -grafo del Politecnico di Milano, ha l’ariaannoiata di chi spiega una cosa ovvia. Il pro -blema è che il Polo Sud fu scoperto nel 1818.Quella carta insomma, in base alle conoscen -ze attuali, non può esistere. Come ha affron -tato, la scienza, questa evidente contraddizio -ne? “Semplice”, risponde Papi. “L’ha ignora -ta”. Perché? “Perché per spiegarla si sarebbe -ro dovute stravolgere troppe verità che si con -siderano acquisite per sempre. Vede, la cartadi Piri Reis non si limita a most ra rc il’Antartide. Ce la mostra priva di ghiacci; cioècome appariva molte migliaia di anni fa.Questo vuol dire che, in epoche che noi consi -deriamo preistoriche, qualcuno era in gradodi disegnare mappe estremamente complesse.Doveva esistere una civiltà sviluppata... Maquesta idea va contro troppi punti fermi dellascienza”.Accadde che quando Charles Hapgood, unm e m b ro della Royal Geographic Societ y,cercò negli anni Cinquanta di spiegare ilmistero, fu trattato come un pazzo. Quando

poi Albert Einstein si schierò apertamente alsuo fianco la strategia della scienza ufficialecambiò: non potendo più irridere Hapgood,lo ignorò. Ma per fortuna ogni ortodossia, hai suoi eretici. E allora ecco Judah FoIkman, ilricercatore americano che vuol combattere ilcancro bloccando la formazione dei vasi san -guigni. È stato ignorato per trenta anni: oggiè in odore di Nobel.Ecco la ricerca della “fusione fredda” degliatomi. Liquidata come una bufala ai tempidell’annuncio di Sta n l ey Pons e Mart i nFleischmann ma oggi considerata così interes -s a n te da fi n i re al centro di un pro get todell’Enea diretto da Carlo Rubbia.Ecco Halton Arp, astronomo del CaliforniaInstitute of Technology a cui, per aver postoin dubbio la teoria del Big Bang, è stato vieta -to di usare il telescopio (e si è dovuto trasferi -re in Germania).Ecco ancora Kary Mullis e Peter Duesberg,secondo i quali il virus Hiv non sarebbe lavera causa dell’Aids. La cosa può sembrareassurda ma lo diventa meno se si pensa cheMullis è un premio Nobel (ha trovato il modoper moltiplicare all’infinito piccole porzionidi Dna) e Duesberg è il più importante virolo -go d’America. O perlomeno lo era, prima chela sua teoria controcorrente lo facesse diven -tare vittima di una congiura del silenzio (nellemigliaia di articoli, ricerche, conferenze cheparlano di Aids, quanti citano Duesberg?).Ortodossia. Eresia. Termini religiosi, da cuinasce il dubbio che la scienza non sia impar -ziale e oggettiva come proclama di essere. Eche abbia anch’essa miti, dogmi, sacerdoti,luoghi comuni, punti di vista.Mentre Stephen Hawking poté proclamare, trail plauso generale dei colleghi, che tra pochianni sapremo tutto dell’unive rso, a Ka rlPopper, che sosteneva l’impossibilità di dimo -strare definitivamente la verità di qualsiasiteoria, non furono risparmiate dure critiche.

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In modo simile Kurt Gödel ha provato chenon si può dimostrare la coerenza globale delsistema matematico. Per non parlare degliinfiniti paradossi sollevati dalla fisica quanti -stica. che minano alla base il principio dicausa ed effetto. Persino il metodo sperimen -tale è sta to messo sot to accusa: secondoThomas Kuhn gran parte della ricerca scienti -fica serve solo ad aggiungere particolari a ciòche si sa già ma le vere rivoluzioni nascono daerrori o anomalie. Paul Feyerabend ha propo -sto addirittura di creare un metodo dell’erro -re, da affiancare a quello tradizionale. Perchélo scienziato è solo apparentemente imparzia -le in realtà si muove all’interno di un sistemadi teorie e “verità accettate” (“paradigmi” perKuhn) che funziona come un paraocchi: per -mette di vedere facilmente ciò che concordacol suo credo ma rende incomprensibile ciòche invece lo contraddice. Confermando cosìquel che già alI’inizio del secolo diceva MaxPlanck, il padre della fisica quantistica: “Unaverità scientifica non trionfa perché i suoioppositori si convincono e vedono la luce maperché alla fine muoiono e nasce una genera -zione per cui i nuovi concetti diventano fami -liari”. Non ci sono, però, solo condizionamen -ti culturali. Ne esistono anche di molto piùconcreti. La scienza ha mangiato la mela del -l ’ i n te resse economico, accusa il fi s i c oGiuliano Preparata, che ha condotto studisulla fusione atomica fredda. Multinazionali ecolossi di ogni tipo finanziano la ricerca e laindirizzano verso i settori per loro più remu -n e rativi. Come prete n d e re che soste n ga n ostudi che vanno contro i loro interessi? Eccoallora che appena esci daI seminato i finanzia -menti si prosciugano. E pochi soldi, ovvia -mente, significano pochi risultati.Dopo essere stato per una vita uno dei fisicipiù stimati d’Italia, anche Preparata ha dovu -to affrontare la trafila che trasforma un acca -demico in un eretico. “È un processo diaboli -

co, perché assolutamente impersonale”, rac -conta: “prima cominciano a scarseggiare ifondi, poi si diventa bersaglio di sprezzantiironie. Poi i tuoi collaboratori ti lasciano, per -ché capiscono che a fianco di un outsider nonfaranno mai carriera... Una vicenda di un’a -marezza incredibile. Quando ho cominciato aoccuparmi della fusione fredda avevo un’équi -pe di venti persone. Ora non c’è più nessuno”.Per sua fortuna, anche la fusione fredda hatrovato i suoi sostenitori: da una parte i Verdie gli ecologisti, affascinati dall’idea di poterp ro d u rre energia pulita; dall’altra Carl oRubbia, che con l’autorevolezza del Nobel hamesso fine alle polemiche. Così Preparata faràparte dell’équipe che a Frascati, nei laborato -ri dell’Enea, condurrà esperimenti sulla fusio -ne.Esiste dunque una casta scientifica che isola ecombatte le idee controcorrente? Federico DiTrocchio, storico della scienza all’Universitàdi Lecce e autore per Mondadori di due best-sellers (Le bugie della scienza e Il genioincompreso) è convinto di sì. Anche se il feno -meno è in gran parte strutturale ed inconsa -pevole. Per intenderci: non esiste un GrandeVecchio che, in una stanza dei bottoni, decidequali teorie vanno sostenute e quali no. Ciònon toglie che i danni siano enormi: si pensisolo cosa significa, nel campo medico o inquello dell’energia, ritardare di anni unaricerca valida... e parte della colpa va data allecosiddette “ricadute pratiche”.Negli ultimi cinquant’anni quando il governoamericano si accorse (con la bomba atomica,ahimè) delle enormi ricadute pratiche dellaricerca cominciò a finanziarla in manieramassiccia, seguito dagli altri Paesi e dalleindustrie private. Ma il sistema dei finanzia -menti a pioggia rischia, paradossalmente, distrangolare la ricerca pura e di favorire letruffe. Per esempio quelle di chi si inventarisultati inesistenti, solo per ottenere fondi.

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Di questo passo la scienza arriverà prima opoi a un punto di stallo, di inefficienza evi -d e n te. Allora bisognerà ri p e n s a re l’inte rosistema.Giulio Giorello, filosofo della scienza e profes -sore all’Università Statale di Milano, è piùfiducioso: “È vero, la scienza non è imparzia -le. Ma è comunque l’attività umana che più siavvicina a qualcosa di assolutamente oggetti -vo e imparziale. Sviste e resistenze esistono,ma nel lungo periodo si consolida la verità.Nessuno può negare, oggi, che la Terra giraattorno al Sole, o che la fissione nucleare pro -duce energia. Anche le difficoltà fanno partedel sistema e sono necessarie a farlo progredi -re. La colomba, per rubare un esempio aKant, odia la resistenza dell’aria; ma senza l’a -ria non potrebbe volare. La scienza può esse -re fallibile e presuntuosa ma ha dentro di ségli anticorpi per non diventare mai una reli -gione moderna”.Restano problemi spinosi, come quello delcontrollo. Un politico viene giudicato daglielettori, ma chi può giudicare il lavoro di unoscienziato, se non un altro scienziato? E checosa succede se a scegliere le ricerche dafinanziare sono, in pratica, le stesse personeche le conducono? Un circolo vizioso dalquale sembra impossibile uscire. Ma nonmancano le proposte. La più semplice è que -sta: finanziamo anche gli eretici dice DiTrocchio. Se solo il 5% dei finanziamentidestinati alla ricerca fosse riservato a tutti glistudi in conflitto con le teorie dominanti,potremmo tenere aperti filoni di ricerca cheoggi sono come tanti rami secchi. Inoltre sip ot rebbe re c u p e ra re l’antico sistema deipremi: lo Stato promette un compenso a chirisolve un certo problema, che sia il motoreelettrico perfetto o la conservazione degli ali -menti senza additivi. A chi dice che così sipenalizzerebbe la ricerca tecnica, rispondo:non ci può essere applicazione pratica senza

teoria. Quello che più oggi manca alla scienzaè il confronto. Nel suo “Dialogo”, Galileoprende un tolemaico, un copernicano e li faparlare di fronte a una terza persona, arbitroimparziale. È giunto il momento di seguire ilsuo esempio. Basta con l’esperto che sale incattedra e, come un sacerdote, diffonde ilVerbo agli adepti silenti. Organizziamo incon -tri tra gli scienziati che la pensano diversa -mente in televisione, nelle università e sianogli spettatori imparziali a dare credito a uno oall’altro. Democratizzare la scienza potrebbeessere la sola soluzione.

DA LEGGERE

David Blatner: “Le gioie del p greco” Garzanti.Luc Bùrgin: “Erroridella scienza” Bompiani.B rian Butte rwo rth: “Inte l l i genza mate m a t i c a ”Rizzoli.K. C. Cole: “L’universo e la tazza da tè” Longanesi.Keith Deviln: “Dove va la matematica” BollatiBoringhieri.Federico Di Trocchio: “Le bugie della scienza”Mondadori.Fe d e rico Di Tro c chio: “Il genio incomp re s o ”Mondadori.Peter Duesberg: “Aids, il virus inventato” Baldini &Castoldi.PauI Feyerabend: “Dialogo sul metodo” Laterza.Charles Hapgood: “Maps of the Andent Sea Kinp”Chilton Books.Paul Hoffrnan: “L’uomo che amava solo i numeri”Mondadori.John Horgan: “La fine della scienza” Adelphi.Robert Klaplan: “Zero, storia di una cifra” Rizzoli.Thomas Kuhn: “La st ru t t u ra delle ri vo l u z i o n iscientifiche” Emaudi.Piergiorgio Odifredi: “il Vangelo secondo la scien -za” Emaudi.A rmando To rno: “La tru ffa del te mp o ”Mondadori.David Welles: “Numeri memombili” Zanichelli.

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AFFEZIONI DEL CUOIO CAPELLUTO DI FREQUENTE RISCONTROForfora - pag. 5Seborrea - pag. 10Dermatite seborroica - pag. 11Psoriasi - pag. 13Tigne - pag. 15Pseudotigna amiantacea - pag. 19Pediculosi - pag. 19Tricotillomania - pag. 24Dismorfofobia - pag. 27Principi generali di trattamento - pag. 28

LE ALOPECIE: DEFINIZIONE e CLASSIFICAZIONE - pag. 31

NOTE DI FISIOPATOLOGIA PILAREEffluvio e Defluvio - pag. 32Considerazioni - pag. 36

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) aprile 2004

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte quarta

edizione 2004

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2004

parte IVTutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoGuido Vito Trotter

EDIZIONI Tricoitalia Firenzeaprile 2004

SOMMARIO:

AFFEZIONI DEL CUOIO CAPELLUTO DI FREQUENTE RISCONTRO

Forfora - pag. 5Seborrea - pag. 10Dermatite seborroica - pag. 11Psoriasi - pag. 13Tigne - pag. 15Pseudotigna amiantacea - pag. 19Pediculosi - pag. 19Tricotillomania - pag. 24Dismorfofobia - pag. 27Principi generali di trattamento - pag. 28

LE ALOPECIE:DEFINIZIONE e CLASSIFICAZIONE - pag. 31

NOTE DI FISIOPATOLOGIA PILAREEffluvio e Defluvio - pag. 32Considerazioni - pag. 36

AFFEZIONIDEL CUOIO CAPELLUTO

DI FREQUENTE RISCONTRO

Forfora (pitiriasis simplex capitis)

GeneralitàLa “forfora”, affezione di poco conto ma nonbanale, insorge normalmente fra i 10 ed i 25anni e migliora spontaneamente verso i 45-55; può tuttavia persistere fino alla vecchiaia.E’ causata da un accelerato ricambio delle cel-lule epidermiche che, a causa dell’aumento divelocità di migrazione, non riescono a rag-giungere la completa maturazione prima didistaccarsi. Si formano pertanto delle squamebianche o grigiastre (ammassi di cellule cor-nee), localizzate in chiazze o, più spesso, dif-fusamente distribuite su tutto il cuoio capel-luto. Il prurito è scarso o assente.

A causa della irregolare disposizione delle cel-lule cornee nella forfora, a differenza di quan-to comunemente si ritiene, lo strato corneo èpiù permeabile di quello di un cuoio capellu-

to normale e si dovrebbe pertanto tenerneconto nel valutare una possibilità di assorbi-mento indesiderato di sostanze farmacologi-camente attive applicate localmente.

Le cause sono ancora discusse e, in particola-re, oscura rimane un’ i p otetica infl u e n z a“ a n d ro gena” sugge ri ta da alcuni Au to ri .Neppure hanno alcun fondamento le tantospesso citate responsabilità dell’apparato dige-rente e in particolar modo del fegato. Piùinteressante appare il dato, scientificamenteaccertato, che nelle squame e fra i capelli deisoggetti con forfora è spesso presente in quan-tità massiva un micete, il Pityrosporum Ovale,il cui ruolo patogenetico non è tuttavia defini-tivamente chiarito. La forfora può anche esse-re presente in assenza di elevati quantitatividi Pityrosporum per cui non è ancora deltutto chiarito se sia il micete responsabiledella forfora o, al contrario, un cuoio capellu-to con forfora costituisca un terreno favorevo-le al suo sviluppo.C l i n i c a m e n te si distinguono una pitiri a s isecca o semplice, nella quale il cuoio capellu-to è coperto da piccole squame molto fini, difacile distacco, che impolverano gli abiti, concute normale e modesto prurito, da una piti-riasi grassa o steatoide, nella quale squamepiù grosse, untuose e giallastre, aderiscono adun cuoio capelluto talvolta leggermente erite-

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matoso e trasudante; in questo caso il pazien-te può riferire un modesto prurito.

Aspetti clinici ed istopatologiciLa forfora è un processo desquamativo delcuoio capelluto che non si accompagna adaltre patologie cutanee localizzate sul capilli-zio od in altre sedi. I vari studi la consideranocomunque una anomalia, in quanto alcunepersone non presentano assolutamente forfo-ra (Van Ebbe, 1964; Leyden and Kligman,1979). La facilità di separare tale condizionedalla psoriasi e dalla dermatite seborroica èstata ripetutamente ribadita da svariati auto-ri (es. Ackerman and Kligman, 1969) ma ilmotivo per cui sia lecito tenere separate que-ste condizioni non ci è del tutto chiaro. Nonsi può affermare che la psoriasi e la dermati-te seborroica di moderata gravità presentinoaspetti clinici distinguibili da quelli della for-fora.I vari reperti istopatologici sono confusi ed incontrasto tra loro. Lo studio di Ackerman eKligman (1969) che ha stabilito una nettaseparazione della forfora dalla psoriasi e dalladermatite seborroica pare essere stato succes-sivamente ritrattato dallo stesso Kligman ecollaboratori (1979), i quali, riesaminandotutti i reperti istologici che avevano costituito

il pre s u p p o sto del loro pre c e d e n te st u d i o(Alexander, 1967; Plewig and Kligman, 1970),ritengono che esistano aspetti comuni adentrambe le condizioni.Gli studi sinora eseguiti non sono sufficientied adeguati a dimostrare se la forfora abbia omeno una sua specifica connotazione istopa-tologica e se possa essere tenuta distinta dallapsoriasi e dalla dermatite seborroica di mediagravità in base a specifici criteri clinici o isto-patologici.

MicrobiologiaA dispetto della differenza tra i vari studi ese-guiti, la maggioranza degli autori concordanell’affermare che i principali organismi chesi riscontrano sono i batteri aerobi, il bacillodell’acne ( Corynebacterium acnes) e svariatiPitirospori (Reddish, 1952; Vanderwyk andRoia, 1964; Roberts, 1969; Vanderwyk, 1969;McGinley et al., 1975; Leyden et al., 1976;P ri e st l ey and Savin, 1976; Leyden andKligman, 1979 e altri). La presenza più fre-qu e n te è indubbiamente quella delPityrosporum Ovale, e tanto più grave è ladesquamazione tanto maggiore è il numero dimicrorganismi reperibili. Non è nota la rela-zione con gli altri Pitirospori; parimenti nonsi conosce la relazione con microrganismi disuperficie o a localizzazione follicolare e conforme libere e filamentose. Ne consegue cheper molti anni il punto fermo della microbio-logia della forfora è stato la stretta relazionet ra la fo rfo ra e la costa n te presenza delPiyrosporum Ovale (es. Keddish, 1952).

Pityrosporum ovale: primitivo o secondario?Esistono a tale proposito svariati studi didiverso tipo. La maggioranza di essi tenta dirisolvere il problema utilizzando antimicoticie si tratta comunque per lo più di studi aper-ti condotti su un numero ristretto di pazienti.Ciononostante è difficile sottrarsi alla conclu-

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sione che il Pityrosporum è la causa immedia-ta della squamosità e non viceversa. Gli unicidati che supportano la tesi contraria sonoquelli del gruppo di Kligman (Ackerman andKligman, 1969; Kligman et al., 1974; Leydenet al., 1975; McGinley et al., 1975; Leyden etal. 1976) e del gruppo di Imokawa (1981) chetratteremo successivamente. In generale unadiminuzione della forfora (valutata clinica-mente o misurata in termini di desquamazio-ne) ed una diminuzione del PityrosporumOvale è stata riscontrata dopo trattamentocon sulfide di selenio (Leyden et al., 1976;Leyden and Kligman, 1979), zinco piritione(Imokawa Ct al., 1981), anfotericina (Barber,1977), nistatina (Vanderwyk and Roia, 1964),ed econazolo (AronBrunetier, Dompmartin-Pernot and Droubet, 1977).L’unico punto in comune tra tutti questi trat-tamenti consiste nella loro azione antimicoti-ca. Trattamenti antimicrobici sembrano inve-ce essere inefficaci (Leyden et al., 1976 ;Leyden and Kligman, 1979).

Esperimenti di Gosse e Van Der Wyke (1969)Sono esperimenti particolarmente degni dinota perché dimostrano che, nonostante l’usoprolungato di un agente antimicotico quale lanistatina, una reinfezione sperimentale delcapillizio mediante un ceppo di PityrosporumOvale resistente alla nistatina comporta unarecidiva della forfora in pazienti che avevanoprecedentemente risposto alla nistatina. Talevalidissimo esperimento non ha peraltro rice-vuto tutta l’attenzione che sicuramente meri-ta. Esso dimostra con estrema semplicità cheè la presenza o l’assenza del solo micete adessere critica e rappresenta una delle più evi-denti affermazioni contro la convinzione chegli agenti antiforfora agiscano mediante unmeccanismo di tipo citostatico.

La forfora come difetto di replicazione dellecellule epidermicheLa convinzione che la modalità d’azione deinumerosi agenti antimicotici sulla forfora siadi tipo citostatico e non legata alla loro azio-ne sul Pityrosporum Ovale è stata propostadai ricercatori del gruppo di Kligman quandonon sono riusciti a dimostrare il miglioramen-to della forfora con l’applicazione topica dell’

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a n t i m i c otico anfote ricina (Leyden Ct al.,1976; Kligman et al, 1979), nonostante essi, alpari di altri, riscontrino un miglioramento colsulfide di selenio e con lo zinco piritione.Fatta eccezione per Imokawa et al. (1981),altri autori supportano quel punto di vista.Ancora nessuno dei lavori che sostengono l’e-sistenza di un meccanismo di tipo citostaticofornisce soddisfacente evidenza che gli agentiantimicotici agiscono mediante virtuale sop-pressione della replicazione delle cellule epi-dermiche.

ConclusioniLe conclusioni che derivano dalla revisionedella letteratura sono le seguenti:1 - il Pityrosporum Ovale è il più comunem i c ro rganismo qu a n t i ta t i va m e n te associatoalla forfora;2 - una diminuzione del Pityrosporum Ovaleda parte di un ampio spettro di agenti antimi-cotici comporta una diminuzione sia dell’a-spetto clinico della forfora sia della misurazio-ne oggettiva della desquamazione;3 - la ricolonizzazione con il microrganismocomporta la ricomparsa della forfora.

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Seborrea

Si intende con questo termine l’eccesso diproduzione di sebo. La seborrea o cute oleosaè un fenomeno comune che viene raramentediagnosticato, forse per il fatto che viene con-siderato una condizione normale o comun-que parafisiologica. La cute del seborroico,nelle aree ricche di ghiandole sebacee, è luci-da; le pieghe naso-sogeniene, la fronte o lazona retro-auricolare risultano al tatto grasseed oleose ed i pazienti, specialmente sedonne, si lamentano di questo aspetto. Anchei capelli sono spesso grassi, difficili da pettina-re e sul cuoio capelluto possono svilupparsidelle squame. Se la seborrea si associa a forfo-ra, con formazione di squame giallastre eduntuose, si parla di pitiriasi steatoide.

Soprattutto durante il periodo estivo e neiclimi caldi la seborrea può essere causa digrave disagio. Spesso, inoltre, è accompagnatadall'aumento della sudorazione (iperidrosi)tanto da risultare difficile stabilire se il prin-cipale responsabile delle sgradevoli condizio-ni cutanee sia il sebo o il sudore. Nei mesiinvernali o nei climi asciutti il problema appa-re meno rilevante.

La seborrea è un fattore predisponente versoaltre dermatosi, come l'acne volgare, le follico-liti, la dermatite seborroica e la rosacea.Inoltre la produzione eccessiva di sebo talvol-ta porta allo sviluppo di un odore corporeorancido e sgra d evole (bro m i d rosi). Ne gl ianziani la seborrea tende a diminuire macomunque il problema può permanere pertutta la vita.Anche i fattori emozionali hanno la loroimportanza. In molti casi la seborrea è soloun fatto soggettivo ed è il paziente che, peruna sua personale valutazione estetica, riferi-sce di avere seborrea in assenza di realeriscontro clinico.I soggetti con calvizie lamentano spessountuosità del cuoio capelluto. Sia la seborreache l’alopecia androgenetica sono legate allaattività andro gena (diidrote sto ste rone edandrostandiolo) ma non c’è un rapporto diconnessione diretto fra le due condizioni.

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Esistono soggetti con forte seborrea ma maicalvi, perché la calvizie androgenetica è eredi-taria. La predisposizione genetica è il fattorepiù importante anche nella determinazionedel grado di seborrea. Seborrea e defluvioandrogenetico sono pertanto spesso contem-poranei ma non sono l’uno conseguenza del-l’altro.Gli ormoni androgeni stimolano la produzio-ne di sebo mentre gli estrogeni la bloccano.Le sostanze antiandro gene eserc i tano unblocco ormonale a livello ghiandolare iniben-do l’attività delle stesse ghiandole sebacee. Ilprincipale inibitore terapeutico della produ-zione di sebo è comunque l'isotretinoina oacido 13-cis-retinoico. Sia l'utilizzo di estroge-ni, di solito sotto forma di pillola antifeconda-t i va, che l'isot retinoina dete rminano unmiglioramento delle condizioni del paziente.Il dosaggio di acido 13-cis-retinoico necessarioper migliorare una condizione di seborrea èmolto inferiore rispetto a quello utilizzato neltrattamento dell’acne volgare. La prescrizionedi un'unica dose orale di acido 13-cis-retinoi-co da 10 mg ogni tre o quattro giorni spesso ès u ffi c i e n te a pro d u rre un migl i o ra m e n tonotevole.

BIBLIOGRAFIA

Braun-Falco O. ed Al : “Dermatologia” EdItaliana, Springer, Milano, 2002, 1053.

Panconesi E: “Manuale di Derm a to l o g i a ”USES, Firenze, 1981, 16.

Dermatite seborroica

E’ un’affezione molto comune caratterizzatadalla presenza di squame giallastre e untuoseche, a differenza di quanto avviene nella piti-riasi steatoide, si associano ad eritema, a pic-cole formazioni crostose ed a prurito talvoltaintenso. La dermatite seborroica è patologiaben conosciuta ma di non facile inquadra-mento. È constatazione obbligata per il der-matologo che esistono individui che dallapubertà presentano una cute grassa, untuosa,lucida, lievemente ispessita e con gli orifizifollicolari più evidenti, specialmente ai solchinaso-genieni, alla fronte, al torace, al cuoiocapelluto (con presenza di “forfora grassa”).E’ in questi soggetti seborroici che compare ladermatite seborroica. E’ costituita da chiazzeeritematose rosee, o roseo-giallastre, o rossocupo, coperte da squame di piccola e mediagrandezza spesse e untuose (seborro i ch e ) ,talora simulanti formazioni crostose e con ele-menti vescicolosi di solito diffi c i l m e n teapprezzabili. L'istologia è aspecifica: mostraaree di paracheratosi talvolta sovrastanti pic-coli focolai di spongiosi. I limiti delle chiazzesono sfumati e irregolari, spesso figurati.

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Una espressione tipica della dermatite sebor-roica, di solito circoscritta alla regione sterna-le e interscapolare, è quella detta, in passato,“eczema seborroico” con aspetto figurato perla confluenza di varie chiazze rotonde a limi-ti netti e margini convessi. È possibile ancheuna forma diffusa in chiazze pitiriasiformi ep s o ri a s i fo rmi. L'eczematizzazione è fra lecomplicanze più comuni. Vengono anche con-siderate complicanze della dermatite sebor-roica: l’otite esterna, l'eczema occipitale edella nuca, l'eczema ombelicale (spesso bioti-co), l'eczema delle areole mammarie delladonna, perfino l'eczema periano-genitale cheha peraltro le più varie origini (biotiche, psi-cosomatiche, psoriasiche ecc.).

Frequentemente la dermatite è localizzata alcuoio capelluto ed ai suoi margini e spesso dalcapillizio emerge sulla fronte una chiazzafestonata, la “corona seborroica”. Il rapportodella dermatite seborroica con il cosiddetto“ d e fluvio seborroico” preva l e n te m e n temaschile che valorizzerebbe l'idea di unagenerica predisposizione del seborroico allaalopecia androgenetica è casuale: la dermati-te seborroica non è di per sé alopecizzante.Per cause non precisate la dermatite decorre

cronicamente con fasi subcliniche e periodi diesacerbazione solo parzialmente influenzatidalla terapia.La diagnosi diffe renziale della derm a t i teseborroica si pone soprattutto con l'eczema, lepiodermiti (impetigine), la psoriasi (minorenettezza dei limiti, assenza di squame tipichee dei tre segni caratteristici della goccia dicera, della membrana lucida, della rugiadasanguigna ecc.), la pitiriasi rosea (untuositàdella squama, assenza di medaglione iniziale,diverse localizzazioni), le micosi, talvolta conil pemfigo eritematoso. Da notare una certafrequenza di associazione fra dermatite sebor-roica ed acne, rosacea, psoriasi che frequente-mete complica il quadro clinico.L’eziopatogenesi non è del tutto chiara: si sup-pone che fattori infettivi, sia batterici chemicotici (Pityrosporum Ovale in particolare),meccanici, irritativi, psicosomatici e soprat-tutto una non chiarita “disfunzione sebacea”verosimilmente ereditaria, siano alla base delcosiddetto “stato seborroico”. Nella dermatites e b o rroica l’incre m e n to del Pityro s p o ru mOvale è maggiore rispetto a quanto abbiamodetto per la forfora mentre la velocità di secre-zione sebacea non è necessariamente aumen-tata. La composizione qualitativa del sebo èinvece modificata: alla riduzione di trigliceri-di, squalene e cere esterificate si contrapponel’aumento degli acidi grassi e del colesterolo(con formazione di prostaglandine - soprattut-to PGE2 - attivazione del turn-over cellulareper attivazione dell’adenilciclasi di membra-na, attivazione della glicolisi e infine incre-mento della moltiplicazione cellulare in modonon dissimile da quanto presunto per la forfo-ra).La terapia controlla ma non domina la situa-zione. Tutta una serie di rimedi locali antise-borroici vorrebbero una trattazione special-mente per le lozioni e gli shampoo. I cortiso-nici non alogenati, esclusi dal trattamento

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generale se non in pazienti selezionati e perprevi periodi, sono spesso utilizzabili con suc-cesso, specialmente come gel e lozioni, even-tualmente associati ad antibiotici ed antifun-gini, quale trattamento locale. L’acido 13-cis-retinoico, analogamente a quanto detto per laseborrea, è spesso capace di migliorare note-volmente la situazione. Gli antifungini peruso generale, come il ketoconazolo, risultanospesso molto ma brevemente efficaci.

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Psoriasi

La psoriasi è una frequente dermatosi croni-ca eri te m a to - s quamosa con squama tipica(psoriasica), circoscritta o diffusa con sedipreferenziali (gomiti, ginocchia, cuoio capel-luto), geneticamente determinata con pene-tranza variabile (non tutti i componenti diuna famiglia manifestano cioè la malattia o la

presentano a vari livelli di gravità), con istolo-gia tipica (dilatazione capillare papillare ,microascessi epidermici sterili, iperparache-ratosi) e accelerato turn-over della cheratoge-nesi, di difficile trattamento.

L ' e l e m e n to cara t te ri stico è inconfo n d i b i l e :una chiazza eritematosa a limiti netti copertada un cumulo sguamoso formato da squamebianco-argentee, friabili ed evidenziabili conuna piccola manov ra di gra t ta m e n to ch erende più bianca la chiazza (per penetrazionedi aria fra squama e squama) e che libera pic-coli frammenti micacei dalla squama stessa(segno della goccia di cera, per similitudinecol tentativo di grattare via una goccia di cerada un tessuto). Continuando il grattamento( gra t ta m e n to metodico di Brocq) tutto ilcumulo squamoso viene allontanato: rimaneuna membranella lucida (umida) trasparente(si intravedono i vasi dilatati), detta membra-na di Duncan-Bulkley, estremamente fragile,la cui asportazione o rottura anche parzialeprovoca la comparsa di una fine punteggiatu-ra emorragica (segno della rugiada sanguignao di Auspitz).Le singole chiazze di figura rotondeggiantepossono essere di varia grandezza ma di soli-

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to sono abbastanza uniformi nello stesso caso:da qui le varietà morfologiche di psoriasipunctata (chiazze puntiformi), di psoriasi gut-tata (come gocce), psoriasi nummulare (comemonete). Per l’estensione, possiamo avere unapsoriasi circoscritta (localizzata, accantonata)e una psoriasi diffusa o addirittura generaliz-zata o universale. In quest'ultimo caso, cherappresenta l'estensione massima della der-matosi, la presenza di qualche piccola “isola”di cute sana la differenzia, insieme con altrisegni, dalla eritrodermia.Ne deriva che qualunque zona può essere col-pita dalla psoriasi ma nella grande maggio-ranza dei casi la localizzazione preferenziale,già accennata, costituisce un criterio diagno-stico: la psoriasi preferisce infatti le regioniestensorie e le “sommità”, i punti di appoggioin particolare le regioni del ginocchio, delgomito, la regione sacrale ed il cuoio capellu-to (prevalentemente ai margini di inserzionedel capillizio).

La psoriasi si presenta sul cuoio capelluto conchiazze rossastre coperte da cumuli compattidi squame color bianco-argenteo. Nelle formepiù gravi tutto il cuoio capelluto può essernecoperto (psoriasi a “calotta” o a “caschetto”)

ma l’estensione oltre il margine di inserzionedei capelli è inferiore rispetto alla dermatiteseborroica. Il prurito è nella maggioranza deicasi presente ma scarso. Solo raramente c’èperdita dei capelli dato che la papilla germi-nativa e la matrice del pelo si trovano più pro-fonde e non sono quindi disturbate dal pro-blema cutaneo di superficie. Solo di rado siassiste, a livello delle chiazze psoriasiche, adun incre m e n to dell’effluvium in te l o ge nsenza tuttavia che si associno fenomeni invo-lutivi del follicolo pilifero. L’associazione diaumentato flusso ematico locale con anoma-lie della cheratinizzazione cellulare determi-na, in genere, un’aumentata penetrazionedelle sostanze applicate sul cuoio capellutocon maggiore probabilità effetti collaterali.Quanto alla terapia, secondo la nostra espe-rienza, il miglior principio antipsoriasico dausare sul cuoio capelluto è il calomelano all’8 - 10% incorporato in una base cremosa. Lacrema al calomelano viene massaggiata sulcuoio capelluto e lavata non prima di 4 - 6 orecon uno shampoo genericamente “antiforfo-ra”.

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Le tigne

Le tigne sono derm a to fi tosi solita m e n teinfantili del cuoio capelluto, dovute all’ag-gressione del capello da parte di un miceteparassita, caratterizzate da eritema, desqua-mazione, talora pustole, croste ed alterazionidel capello che si tronca originando alopecia.La tigna del cuoio capelluto (tinea capitis) sipresenta con una o più chiazze eritematose,desquamanti, nelle quali i capelli sono spezza-ti e di aspetto impolverato (spore del fungo). Aseconda del tipo di micete in causa le chiazzepotranno essere singole o poco numerose, alimiti netti, rotondeggianti, di diametro fino a5 cm, con capelli troncati 2 - 3 mm sopra l’e-mergenza (tigna microsporica), oppure piùnumerose, a limiti indistinti, di disegno irre-golare e larghezza non superiore a 1 - 2 cm,con capelli troncati all’emergenza (punti neri)associati ad altri “superstiti” all’interno dellachiazza (tigna tricofitica). Il contagio puòderivare dal contatto con animali domestici( M i c rò s p o rum canis...), animali da sta l l a( Tri c o p hy ton menta gro p hy tes, Tri c o p hy to nve rrucosum...), suolo (Micrò s p o ru mgypseum...), altri esseri umani (Micròsporumaudouinii, Tri c o p hy ton to n s u ra n s ,Tricophyton violaceum...). La tigna, se bencurata, regredisce e si risolve definitivamentein 4-6 settimane.

Tigna microsporicaLa tigna microsporica, frequente nell'età sco-lare, si presenta con evidenti grandi chiazzetalora eritematose ma soprattutto desquama-tive ed alopeciche con peli tronchi a pochimillimetri dall'emergenza, talora associata aepidermomicosi delle parti glabre.Spesso è soltanto il barbiere o la madre delpiccolo paziente che si accorgono di una o piùchiazze, nei casi tipici rotonde o ovalari, di 5- 6 cm di diametro, a limiti netti, prive di

capelli o con capelli di aspetto “impolverato”che si “strappano” facilmente: il cuoio capel-luto colpito può apparire eritematoso, comun-que coperto da fine e abbondante desquama-zione pitiriasica. Una lente ci aiuta a scorgerenell'ambito della stessa chiazza, oltre ai pochifragili capelli interi residui di color grigioimpolverato, i frammenti di capello troncatoo peli tronchi lunghi 3 - 4 mm, spesso circon-dati da un manicotto di forfora biancastra.

Alla luce di Wood peli tronchi e squame pos-sono mostrare una fluorescenza verde-gialla-stra specie se la lesione è di vecchia data.L'esame micologico del capello ammalato edelle squame mostrerà spore e filamenti (spe-cialmente piccole spore attorno al capello,tipo ectotrix, od anche all'interno del capello,tipo endot rix e/o filamenti ed art ro s p o renelle squame) mentre l'esame colturale per-metterà la diagnosi eziologica: frequente è ilriscontro del Microsporum canis, per conta-gio da animali domestici, del Microsporumaudouinii nei contagi interumani fra i bambi-ni stessi, del Microsporum gypseum per conta-gio, diretto o indiretto, dal suolo. Un Kerionmicrosporico viene descritto molto raramen-te.

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Concomitanti alla localizzazione del capillizioci potranno essere chiazze della cute glabracon aspetto eritemato-pitiriasico “a cerchio”oppure, più rare, con morfologia follicolitica.

Tigna tricofiticaLa tigna tricofitica, più frequente nella popo-lazione rurale, si presenta con piccole chiazzeeritemato-desquamative di diradamento alo-pecico, con peli tronchi all'emergenza (visibi-

li come punti neri), spesso associata (anchenei familiari) a epidermomicosi delle partiglabre dovuta allo stesso fungo.

Qualche volta è la presenza di “volatiche”, adesempio in un vitello, che spinge l'agricoltorea guardare la sua barba (sicosi tricofitica), lesue unghie (onicomicosi) o addirittura la testadel nipotino per cercare qualche chiazzettaalopecica sospetta.Fonti di contagio possono essere: i bovini, iconigli, le cavie, i criceti e perfino il cavallo ele galline.Meno contagiosa della tigna microsporica, latigna tricofitica può trasmettersi dall'animale,ma anche da bambino a bambino in età scola-re e prescolare, con preferenza per i maschicon i capelli corti, anche attraverso oggettid'uso, soprattutto pettini e cappelli.Le chiazze eri te m a to - s quamose, come giàaccennato, sono di solito multiple, con limitiindistinti meno grandi di quelle microspori-che. Il capello malato, grigio-biancastro, sinota tra i capelli sani o troncato all'emergen-za (o subito al di sopra) lasciando residuiquasi puntiformi (punti neri).All'esame microscopico il capello tricofiticomostra nel suo interno numerose artrospore

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in catene parallele e filamenti col tipico aspet-to endotrix (capello “a sacchetto di noci”),mentre altre spore sono visibili anche all'e-sterno, di varia dimensione, in posizione ecto-trix; nelle squame si notano artrospore e fila-menti.

L'esame colturale permetterà la diagnosi ezio-logica.

Da noi sono più frequenti alcune specieantropofile quali il Tricophyton tonsurans e ilTri c o p hy ton violaceum, o zoofile quali il

Tricophyton mentagrophytes e il Tricophytonverrucosum. Le lesioni non sono fluorescentialla luce di Wood.Frequente l'associazione di tricofizia delleparti glabre, per la quale possono essere ripe-tute le stesse considerazioni fatte per la micro-sporia.

KerionNel Kerion alcuni dermatofiti, ed in particola-re i tricofiti zoofili sopra ricordati, determina-no perifollicoliti e follicoliti profonde e sup-p u ranti che successiva m e n te si fo n d o n odando origine a chiazze rilevate fortementeeritematose, sormontate da formazioni papu-lo-nodulari e pustolose dalle quali fuoriescepus in quantità abbondante in seguito a pres-sione anche modesta.

I capelli che si trovano all’interno delle chiaz-ze vengono inizialmente troncati dal micete esuccessivamente eliminati definitivamente dalprocesso suppurativo cicatriziale.

Tigna favosaLa tigna favosa, oggi eccezionale in Italia, èuna micosi del cuoio capelluto determinata disolito dal Tricophyton schonleinii, antropofi-

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lo, e, più raramente, dai Tricophyton quinc-keaneum e gallinae.

Si presenta con chiazze eritemato squamoseperifollicolari centrate da una pustola (abba-stanza grande) che successivamente si aprelasciando una patognomonica depre s s i o n egiallastra a scodellina (scutulo), di 5-7 mm didiametro, dallo sgradevole odore di “urina ditopo”, cost i t u i ta da ammassi di fi l a m e n t imiceliali, spore e lamelle cornee disposte inmodo concentrico attorno al follicolo.

L’esame alla luce di Wood evidenzia una fluo-rescenza giallo-verdastra. Gli scutuli possonoestendersi in modo centrifugo raggiungendo i2-3 cm di diametro e confluire poi in ampiemasse crostose giallo-verdastre, stratificate efriabili, all’interno delle quali si possono tro-vare dei capelli assottigliati, opachi, decolora-ti, “impolverati” e facilmente asportabili. Laterapia è prolungata e, se non effettuata cor-rettamente e precocemente, può non impedi-re l’evoluzione finale in alopecia cicatriziale(caratteristicamente all’interno delle chiazzepermangono ciuffi di capelli superstiti).

Per la terapia antimicotica sono disponibiliattualmente molti farmaci dimostratisi inibi-tori della crescita di dermatofiti e/o di lieviti.Nella tigna del cuoio capelluto è necessarioun trattamento sistemico ed a nostro parere ilfarmaco di elezione è tutt’oggi la griseofulvi-na: essa, attiva soltanto sui dermatofiti, ècapace di penetrare nella cheratina dove eser-cita azione fungistatica; ha peraltro ancheun'azione antimitotica simile a quella dellacolchicina e può provocare anemie e leucope-nie (fortunatamente reversibili) dopo terapieprolungate. Il dosaggio medio giornaliero è di0,5 g-1 g nell'adulto e di 10 mg/kg nel bambi-no, per una durata di 20-30 giorni. Altri effet-ti collaterali sono la cefalea, l'anoressia, lanausea, la diarrea e le reazioni orticarioidi; cipuò essere interferenza con una eventualeterapia con anticoagulanti orali, la cui posolo-gia deve essere aumentata per conservarnel'efficacia. La griseofulvina è assolutamentec o n t ro i n d i c a ta nei porfi rici essendo sta t isegnalati casi di attivazione di porfiria cuta-nea tarda e acuta intermittente dovuti a que-sto farmaco.

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Pseudotinea amiantacea o Psoriasiamiantanea

Ciuffi di capelli integri inglobati ed agglutina-ti da un materiale morbido bianco-grigiastrodella lucentezza dell’amianto definiscono lapseudotinea amiantacea.

La dermatite, frequente ma più noiosa chegrave, non è di facile inquadramento. In pas-sato era invariabilmente inquadrata fra le pio-dermiti o considerata una sorta di eczemaseborroico o una forma di dermatite atopica.Lo stafilococco può invariabilmente essereisolato dalle lesioni come pure corinebacteri epitirospori. Le stigmate della dermatite atopi-ca o della dermatite seborroica sono spessopresenti nei pazienti con pseudotinea amian-

tacea come pure segni di psoriasi minima olatente. Istologicamente è presente un quadrosimil ezematoso, c’è un ispessimento epitelia-le ed una notevole ipercheratosi che ingloba ipeli. Non c’è alopecia. I capelli non sono dan-neggiati e mantengono una resistenza norma-le alla trazione. Oggi la pseutotinea amianta-cea viene per lo più considerata una partico-lare forma accantonata di psoriasi, soprattut-to infantile, in cui una infezione localizzatada stafilococco agisce da stimolo kebneriano.Dopo la terapia la pseudotinea amiantaceaspesso non recidiva e le recidive, quando cisono, sono capricciose e spesso il pazientenon presenta successivamente la psoriasi. Riteniamo che la pseutotinea amiantacea rap-presenti una particolare reazione della cutedel cuoio capelluto a stimoli infiammatori divaria natura, più spesso stafilococcici, su unterreno predisponente come la psoriasi, ladermatite atopica, la dermatite seborroica, illichen ecc.La terapia, invariabilmente valida, è analogaa quella della psoriasi: una crema che incor-pora calomelano all’ 8 - 10% lavata poi conuno shampoo “antiforfora”.

BIBLIOGRAFIA

Panconesi E: “Manuale di Derm a to l o g i a ”USES, Firenze, 1981, 174.

La pediculosi del capo

La pediculosi del capo è una parassitosi cau-sata da un insetto ematofago specie-specificodell'ordine Anoplura, il Pediculus humanuscapitis, comunemente chiamato pidocchio.Negli ultimi 30 anni in tutto il mondo ed inItalia il numero di persone colpite da pedicu-

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losi del capo è enorm e m e n te aumenta to .Sono interessati, oltre agli adulti, soprattuttoi bambini fra i 3 e gli 11 anni con continueepidemie nelle comunità scolastiche dove sistima che almeno il 25% dei bambini, indi-pendentemente dallo stato sociale, venga col-pito.

La pediculosi del capo si manifesta solitamen-te con intenso prurito alla regione occipitalee retroauricolare e che talvolta si estende finoalla zona posteriore del collo e del torace.L'intensità del prurito è caratterizzata da unaforte componente soggettiva ed a parità diinfestazione, alcuni lo sentono come intenso einsopportabile, mentre altri quasi non loavvertono affatto. Se il prurito è molto inten-so e persistente alle lesioni da grattamento sipossono associare alterazioni cutanee di tipoeczematoso con infezioni batteriche seconda-rie e non di rado partecipano al processoinfiammatorio le linfoghiandole della nuca edel collo con adenopatia retroauricolare e cer-vicale posteriore. Il prurito è legato alle lesio-ni cutanee prodotte dal pidocchio, che nel tra-figgere la cute inietta saliva ed emette feci: lelesioni sono di tipo eritematoso o papuloso.Sia le lesioni che il prurito sono dovute alla

ipersensibilità agli antigeni, presenti nellasaliva del parassita. Un altro segno frequentedella pediculosi sono le feci dei pidocchi chesi trovano spesso al mattino sul cuscino comeuna polvere secca e nerastra.

Guardando attentamente i capelli (preferibil-mente alla luce naturale) è possibile vedere leuova, chiamate lendini, del diametro di menodi 1 mm e di colorito biancastro opalescente.Le lendini sono di forma ovale o lenticolare, alacrima.

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Esse sono tenacemente attaccate al capello a3 - 4 mm dal cuoio capelluto, si trovanosoprattutto alla nuca e sopra e dietro le orec-chie; assomigliano alla forfora ma da questa sidistinguono facilmente perché fissate ai capel-li. In generale, le lendini vicino al cuoio capel-luto sono vitali, mentre quelle più lontanedalla testa sono solo gusci vuoti, non vitali.

In una persona affetta ci sono al massimo 10- 12 pidocchi e centinaia di lendini, vive emorte. I pidocchi si vedono solo raramente. Ilpidocchio compie il suo intero ciclo vitalesulla testa della persona parassitata in 1 - 2mesi. La femmina deposita ogni giorno 8 - 10uova, per un totale di circa 300 uova nell’ar-co della vita; le lendini sono deposte, forte-mente attaccate ai capelli, a circa 1 cm dellaemergenza dal cuoio capelluto dove la tempe-ratura di 37° C è ottimale per la loro matura-zione. Dalle lendini, dopo 7 - 10 giorni, nascela giovane ninfa, che inizia a nutrirsi del san-gue dell'ospite e matura in una settimanadiventando in grado di deporre a sua volta le

uova. Ogni 4 - 6 ore, per nutrirsi, il pidocchioappoggia alla pelle la sua bocca da cui fuorie-sce una struttura tubulare che penetrandoattraverso la pelle secerne una sostanza anti-coagulante e vasodilatatrice che facilita lasuzione del sangue. Al di fuori del proprioambiente, cioè la testa dell'uomo, e senzanutrirsi il pidocchio sopravvive solo 1 - 2 gior-ni mentre le uova possono rimanere vitali peruna decina di giorni senza arrivare alla schiu-sa. Il parassita non vola né salta, ma si muovevelocemente fra i capelli. La trasmissionedella pediculosi è solitamente per contagiodiretto testa contro testa fra i bambini. Ipidocchi si trasmettono però anche in modoindiretto, con lo scambio di spazzole, pettini,berretti, cappelli, sciarpe, o biancheria delletto. La diagnosi si basa ovviamente sulriscontro sulla testa dei pidocchi, delle ninfe,o di lendini vitali adese ai capelli.

La pediculosi del capo non è pericolosa per lasalute, in quanto il Pediculus capitis non èvettore di malattie infettive. E' necessario avvi-sare sia la scuola frequentata dal bambino sial'operatore sanitario di riferimento, al fine diprocedere al controllo dei contatti che potreb-bero essere stati contagiati.

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Il bambino affetto da pediculosi non può fre-quentare la collettività scolastica fino a chenon ha iniziato il trattamento specifico.

E' importante controllare accuratamente ognimembro della famiglia per escludere il conta-gio ed effettuare il trattamento contempora-neamente in tutti i membri affetti. Il tratta-mento corretto della pediculosi del capo sibasa su tre punti fondamentali:1) applicazione sui capelli di prodotti antipa-rassitari specifici;2) asportazione delle lendini dai capelli;3) disinfestazione degli oggetti veicolo dell'in-festazione.

TrattamentoSfortunatamente molti medici e pediatri con-siderano la pediculosi della testa come unacondizione alla quale non meriti prestareeccessiva attenzione. E d'altra parte spessomancano le conoscenze di base sia sull'epide-

miologia che sulla diagnosi e infine sul tratta-mento della pediculosi: vengono completa-mente ignorati l'efficacia e i pericoli dellediverse sostante, soprattutto dei pesticidi e untrattamento efficace viene spesso intrapresotardivamente quando l'infestazione si è giàdiffusa nella famiglia e nella comunità. Lariluttanza dei genitori a comunicare la pre-senza di pidocchi nella testa del proprio figliofa il resto.Nessun agente topico è risultato essere ovici-da al 100%. Ne consegue che per eliminare ipidocchi dobbiamo ripetere il trattamentodopo 10 - 15 giorni allo scopo di uccidere leninfe che siano nel frattempo fuoriuscite dal-l'uovo.Il trattamento della pediculosi va intrapresoquando vi sia la sicurezza che il soggetto nesia effettivamente colpito. I pediculocidi nondevono essere utilizzati per la profilassi masolo per il trattamento. Trattare la testa delbambino soltanto perché un amico o un com-pagno di comunità è affetto da pidocchi è unerrore perché ogni pediculocida ha comun-que un pur minimo potenziale di tossicità edil rischio aumenta quando la madre ripete iltrattamento in modo continuativo o comun-que ravvicinato.La profilassi consiste nell'esame attento dellatesta, nelle sedi classiche. Il reperto di uova adistanza ravvicinata dal cuoio capelluto (1 cmo meno) in un soggetto non trattato, equivalealla diagnosi di pediculosi e quindi indica lanecessità del trattamento.

Il malation è un pesticida organofosforicomolto usato in agricoltura in USA. Agiscecome inibitore irreversibile delle colinesterasied è probabilmente il prodotto pediculocidaed ovicida ad azione più rapida: pidocchi euova sono uccisi in 3 secondi. E’ sicuro quan-do viene correttamente impiegato ma è statoritirato dal mercato americano dallo stesso

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produttore per il suo odore sgradevole, per ilveicolo alcoolico che produce dolore quandogiunga a contatto con la congiuntiva e per lasua infiammabilità. E’ disponile in Ita l i acome gel all'1% e viene consigliato in dueapplicazioni di dieci - venti minuti ciascuna adistanza di una settimana.

La permetrina è una piretrina sintetica pocoassorbita dalla cute e dotata di un eccellenteattività sui pidocchi e sulle uova. Il suo mec-canismo di azione risiede nella sua capacità diagire sulle membrane neuronali degli insetti(analogamente al DDT). Il piretro, come i suoiderivati, è dotato di bassa attività tossica neimammiferi per la rapida biotrasformazioneda parte dell'idrolisi esterica e/o dell'idrossila-zione. La lenta biotrasformazione negli inset-ti è la causa della forte attività pediculocida.Gli effetti tossici diretti sono rari ma esiste lapossibilità d'indurre reazioni di tipo allergico(dermatite da contatto e allergia respiratoria).Il suo uso è quindi controindicato in soggettiche abbiano presentato reazioni da ipersensi-bilità verso la stessa permetrina o verso altripiretroidi o piretrine. La sua azione sul pidoc-chio non è immediata come quella del mala-tion ma richiede qualche minuto per cui,dopo l'applicazione, possono essere ancoraosservati pidocchi morenti che presentanoqualche movimento.Per molti pediculocidi un certo grado di atti-vità rimane sui capelli dopo l’applicazione eper la permetrina l'attività residua, attiva siasui pidocchi che sulle uova, si prolunga peroltre 2 settimane. Per questa ragione la secon-da applicazione può essere considerata super-flua anche se molti Clinici raccomandanocomunque una seconda applicazione dopo 1 -2 settimane.Il prodotto si trova in commercio in Italia,come prodotto da banco, in crema liquidaall'1% per uso esterno. Una crema al 5%, dis-

ponibile in USA per l'uso su tutto il corponella cura della scabbia, non è in commercioin Italia. Tutta la letteratura recente affermache, "grazie alla sua sicurezza e alla sua effica-cia, la perm et rina viene considera ta oggicome il trattamento di scelta del pidocchiodella testa".

Il lindano o gamma-benzene esacloruro, èun'altra sostanza di sicura efficacia, usata perdecenni, nel passato, per la cura della pedicu-losi. Si tratta di una sostanza organoclorata,come il DDT, che, fino alla diffusione dellapermetrina, ha rappresentato il trattamentodella pediculosi della testa più diffuso nelmondo. Il lindano è un pesticida ad azionelenta, che viene immagazzinato nel tessutonervoso e nel tessuto adiposo. Viene usatocome shampoo all'1%, con un'applicazione disolo 4 minuti, dopo la quale i capelli sono sot-toposti a una buona risciacquatura. La lozio-ne all'1% va tenuta invece più a lungo, peroltre 8 ore, cioè per tutta una notte. Poichél'attività ovicida è bassa, il trattamento varipetuto dopo una settimana per uccidere leninfe uscite da poco dalle uova.“Il lindano è pro b a b i l m e n te innocuo, seimpiegato secondo le istruzioni” così dice laMedical Letter. Solo in caso di uso eccessivo escorretto o d'ingestione accidentale si è verifi-cata tossicità neurologica con crisi epilettichee danno del midollo osseo.

Le piretrine naturali con piperonil butossidosono sostanze ricavate dai fiori di crisantemo,abitualmente associate in terapia con il pipe-ronil butossido che conferisce loro stabilità epotenzia il loro effetto. Questi prodotti posso-no essere venduti direttamente al pubblico,sono innocui e cosmeticamente accettabili. Laloro applicazione richiede solo 10 minuti. Nelpassato sono stati molto usati contro i pidoc-chi del capo. In Italia è in commercio una

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piretrina naturale con piperonil butossido, inshampoo potenziato alla sumitrina. Le piretri-ne non uccidono tutte le uova non dischiuse enon hanno un'attività residua, come la perme-trina, per cui richiedono un trattamento da 5a 7 giorni dopo il primo per uccidere le ninfe.

L'ivermectina è un efficace pediculocida, nondisponibile in Italia, da somministrare per viaorale in una dose singola di 200 mg/kg, conscarsissimi effetti collaterali (in USA è in com-mercio sotto il nome di Stromectal). E' statodimostrato che questa sostanza può essereutile anche per applicazione locale in soluzio-ne allo 0,8%, ma nemmeno in USA sono incommercio formulazioni del genere.

Nessun prodotto è tuttavia in grado di stacca-re le lendini dai capelli. L'adesione delle len-dini ai capelli è assicurata da materiale chera-tinico, prodotto dal pidocchio, difficilmenteaggredibile senza danneggiare i capelli, chesono anch'essi costituiti di cheratina. Per l'a-sportazione delle lendini dai capelli, dopo unimpacco di acqua e aceto, si usa un pettine adenti fitti (0,3 mm fra i denti) di plastica o dimetallo o, più efficacemente, si sfila manual-mente dai capelli una lendine alla volta.La disinfestazione degli oggetti veicolo dell'in-festazione, pettini e spazzole, è un altro puntoimportante per un trattamento corretto dellapediculosi e per evitare le recidive. I pidocchie le lendini sono molto sensibili alle alte tem-perature e quindi, per ucciderli, è sufficienteil lavaggio a 60° C.

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La tricotillomania

La tricotillomania è una comune dermatiteartefatta. E' una forma di alopecia non cicatri-ziale da trazione legata all'impulso di strap-parsi i capelli. A torto è considerata una pato-logia poco comune. L'alopecia da tricotilloma-nia può essere indefinita o nettamente demar-cata, con peli assenti, fusti spezzati e peli chericrescono di diverse lunghezze. Il danno este-tico è variabile. Più frequentemente coinvoltaè la regione frontotemporale e parietotempo-

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rale nei bambini, ma possono essere interessa-te anche le ciglia, le sopracciglia e la barba.

La tricocriptomania rappresenta una variantein cui l'alopecia è dovuta allo sfregamento edalla rottura dei peli più che allo strappamen-to. Alcuni soggetti masticano e deglutiscono ipeli rimossi, evento che può determinare lac o mp a rsa di tri c o b e z o a ri ed ost ru z i o n egastrointestinale, ittero ostruttivo, pancreatiteacuta o emorragia gastroenterica.

La diagnosi di tricotillomania non sempre èfacile. La clinica comunque è di solito diri-mente. Si tratta più spesso di bambini maanche di adulti che, più o meno cosciente-mente, attorcigliano, tirano e strappano cioc-che di capelli con le dita. Si osserva con piùfrequenza in chiazze di forma irregolare e biz-zarra nelle quali i capelli sono assenti o spez-zati, come barba ispida. Se si asportano icapelli presenti nelle chiazze alopeciche e siosservano al microscopio o anche con unasemplice lente, si potrà facilmente notare chesono tutti anagen. Nei casi di diagnosi dubbiasi potrà radere una piccola area di cuoiocapelluto interessato dalla pseudo-alopecia:osservando la normale ricrescita dei capelli,avremo la certezza diagnostica. La diagnosidifferenziale comprende, tra le altre, l'alope-cia areata, l'alopecia androgenetica, la tineacapitis, l'ipotiroidismo e la sifilide secondariama queste forme dovrebbero essere facilmen-te escluse grazie ad una attenta osservazioneed una buona anamnesi.

Più di un terzo dei pazienti nega che l'alope-cia sia autoindotta. La diagnosi spesso vieneposta grazie al tipico quadro di alopecia ma,

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per fornire dati obiettivi, può essere ancherichiesta una biopsia del cuoio capelluto.Alterazioni istologiche caratteristiche si osser-vano con maggiore probabilità in campionibioptici di 4 o 5 mm prelevati da un'area alo-pecica datante non più di 8 settimane.Sezioni istologiche tipiche mostrano peli incatagen, raccolte di pigmento e osti follicolaridilatati e zaffati di cheratina. La presenza dibulbi piliferi traumatizzati è diagnostica maquesto reperto non è di frequente riscontro.Si osserva inoltre un'assenza significativa diflogosi attorno al bulbo pilifero, a differenzadell'alopecia areata che è caratterizzata dallapresenza di bulbi infiammati e peli atrofici inanagen.

La tricotillomania è attualmente classificatacome un "disturbo del controllo degli impul-si". Un senso di aumentata tensione primadello strappamento dei peli, la sensazione digratificazione e la diminuzione della tensionein seguito a tale atto sono componenti diagno-stiche che spesso però non si riscontrano,

soprattutto nei bambini. Non è chiara lacausa di questa affezione che in genere è cro-nica, resistente alla terapia e soggetta a recidi-ve. I bambini tendono a strapparsi i capellidurante la lettura, lo studio o il riposo a letto.Questo atteggiamento dovrebbe essere diffe-renziato da altri disturbi del comportamentocome la suzione del pollice o la morsicaturadelle unghie, che sono patologie di solitobenigne e autolimitanti. Sia nei bambini sianegli adulti è stata descritta un'associazionesignificativa tra ansia, disturbi comportamen-tali e tricotillomania. Con minore frequenzasi riscontrano contemporaneamente disturbidell'alimentazione, abuso di sostanze, distur-bi della personalità, intelligenza subnormale,schizofrenia o un disturbo dissociativo. Si èipotizzato che lo strappamento cronico deipeli rappresenti una variante di nevrosi osses-sivo-compulsiva, tuttavia questa compare piùfrequentemente nel sesso maschile e le dueaffezioni presentano caratteristiche differentialla tomografia ad emissione di positroni(PET). Nei preadolescenti i problemi emozio-nali tendono a essere meno gravi e più spessoassociati a rapporti conflittuali genitore-figliood a eventi carichi di tensione come la nasci-ta di un fratellino o la perdita di una personacara. La terapia si baserà sulla “parola delmedico”, sul colloquio con il paziente, sull’u-so di ansiolitici e antidepressivi (di solito ben-zodiazepine e triciclici), dovrà essere persona-lizzata e talvolta affidata alla competenza delmedico-psichiatra. Il trattamento della trico-tillomania si è avvalso di terapie comporta-m e n tali, ipnosi, psicoanalisi, psicote ra p i aintensiva, antipsicotici e antidepressivi. Unostudio di 10 settimane in doppio cieco ha rile-vato che la clomipramina (un bloccante par-zialmente selettivo della ricaptazione dellaserotonina) risulta più efficace della desipra-mina (un bloccante della ricaptazione dellanoradrenalina) nel migliorare i sintomi pro-

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babilmente per via delle sue proprietà antios-sessive. Uno studio successivo, tuttavia, hamostrato che i pazienti in trattamento a lungotermine con clomipramina possono recidiva-re.

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La dismorfofobia(ovvero la "non-malattia")a cura di Guido Vito Trotter

Sono sempre più frequenti i pazienti derma-tologici e segnata m e n te tricologici che sivedono affetti da dermatite, malattie dermato-logiche, alopecia o disturbi cutanei che li ren-dono ai loro occhi brutti ... ma obiettivamen-te tutto questo non c'è! Una volta si sarebbeparlato di una "fissazione".La dismorfofobia è definita come l'ossessioneper un difetto immaginario dell'aspetto este-riore.L ' e c c e s s i va preoccupazione comp o rta unasignificativa tensione emozionale, isolamentosociale e una deficitaria funzione nella vita direlazione, nel lavoro e nell'istruzione.I pazienti sviluppano comportamenti rituali-stici ripetitivi e ossessivi, come il guardarsialla specchio, l'acconciarsi in modo eccessivoe il porre frequenti domande per ottenere ras-sicurazioni dalla famiglia, dagli amici e dai

medici. L'autoconsapevolezza può essere di grado ele-vato, inesistente o variabile nel tempo. Lacomparsa del disturbo avviene generalmentedurante l'adolescenza ma la patologia puòdiventare cronica.

L'incidenza è sconosciuta, si ritiene che ne siaaffetto fino all' 1% della popolazione degliUSA ma l'affezione è ubiquitaria.La non-malattia dermatologica consta spessoanche di disturbi dolorosi caratterizzati da" b ru c i o re" nella sede corp o rea affet ta, inassenza di un'evidente patologia cutanea. Lavariante delirante è considerata un disturbodistinto, una psicosi ipocondriaca monosinto-matica.I pazienti con dismorfofobia sono in genereossessionati dalle sedi corporee più importan-ti nell'immagine esteriore e le fissazioni piùfrequenti riguardano il volto, il cuoio capellu-to e i genitali. Le donne sono più propense afocalizzarsi sui capelli, sul volto e sulle mam-melle, mentre gli uomini tendono a concen-trare la propria attenzione sui genitali. I pro-blemi di natura dermatologica comprendonorughe, cicatrici, acne, eccessiva peluria sulvolto, cute untuosa e alopecia. I pazienti pos-sono lamentare inoltre intenso bruciore, spes-

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so invalidante, sul cuoio capelluto, sul volto,sulla bocca, sulle labbra, sulla lingua o suigenitali, senza che esista una patologia der-m a tologica signifi c a t i va. L' 80% circa deipazienti risulta ossessionato da più di unaregione corporea.Il disturbo psichico più frequentemente asso-ciato alla dismorfofobia è la depressione, chesi sviluppa però nella maggior parte deipazienti in seguito alla comparsa della dis-morfofobia e può rappresentare una rispostaal disturbo.I pazienti sono spesso molto irascibili e talvol-ta pre s e n tano idee suicide (sopra t t u t to ledonne con problemi al volto) o di aggressività.Altri problemi psichiatrici segnalati in asso-ciazione a questa condizione comprendono ildisturbo ossessivo-compulsivo, i disturbi bor-derline della personalità, il narcisismo, lafobia sociale ed i problemi coniugali.La diagnosi di dismorfofobia è in genere faci-le. Se interrogato, il paziente riferisce preoc-cupazioni riguardo la comparsa, o lamentaun eccessivo bruciore in determinate sedi cor-poree, nonché tensioni emozionali ed effettinegativi della sua situazione sulla propriavita.All'anamnesi, si possono spesso riscontrareuna famiglia e amici stressati, isolamentosociale e atteggiamenti rituali ripetitivi.Spesso vengono richiesti ingiustificati inter-venti di chirurgia plastica o trattamenti medi-ci derm a tologici. La visita derm a to l o g i c arisulta nei limiti della norma.Quando il paziente lamenta "bru c i o re" èimportante escludere la presenza di dolorepregresso, porfiria (nel caso di sintomi alvolto) e, se il paziente lamenta orodinia,occorre ricercare l'eventuale concomitanza didiabete mellito, di carenza di ferro, di acidofolico, di vitamine B2, B6 e B12 e di steator-rea.Il trattamento dei pazienti con dismorfofobia

può risultare particolarmente difficile per viadel comp o rta m e n to irascibile e ta lvo l taaggressivo o suicida. Questi soggetti richiedo-no una costante rassicurazione, telefonanofrequentemente e prenotano lunghe visitespecialistiche. Possono o meno presentarsiagli appuntamenti di controllo, generalmenterifiutano un referente psichiatrico ma posso-no essere disposti ad accettare la consulenzapsichiatrica nel contesto della visita dermato-logica.Si ritiene che la terapia di scelta consista nelsomministrare a lungo termine un inibitoreselettivo della ricaptazione della serotonina aun dosaggio maggiore rispetto a quello usatoper il trattamento della depressione. La gran-de maggioranza dei pazienti presenterà unarisposta parziale con diminuzione della ten-sione, dell'ossessione e del comportamentoritualistico. Pochissimi soggetti non mostre-ranno alcun cambiamento nella capacità dicomprensione. In associazione agli inibitoridella ricaptazione della serotonina possonorisultare utili la psicoterapia di supporto e unt ra t ta m e n to comp o rta m e n tale cognitivo. Icasi resistenti possono richiedere la sommini-strazione aggiuntiva di clomipramina o persi-no pimazide (quando è presente una compo-nente delirante).

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P R I NCIPI GENERALI DI TRAT TA-MENTO

Prima di intraprendere una terapia è semprenecessario fare una diagnosi corretta. Spessoè impossibile porre una diagnosi differenzialefra dermatite seborroica e psoriasi, il dubbiopotrebbe essere teoricamente risolto da unesame istologico (nella psoriasi: ipercheratosicon paracheratosi focale, pustole spongifor-mi, leucociti polimorfonucleati nell’epidermi-de, ascessi di Munro-Sabouraud, sterili, all’in-te rno dello st ra to corneo, papillomato s i ,incremento emodinamico con creazione dishunt arte ro - venosi etc.; nella derm a t i teseborroica: acantosi irregolare con strato cor-neo sottile orto e paracheratosico, spongiosi,vescicole spongiotiche, exocitosi dei linfociti)ma spesso questo è difficilmente proponibilee anche l’istologia non risulta sempre diri-mente (una diagnosi differenziale “grossola-na” può essere fatta con l’osservazione delcuoio capelluto in luce di Wood per la tipicafluorescenza giallo arancio della dermatites e b o rroica, dov u ta al Pityro s p o rum, se ilcuoio capelluto non è stato lavato); di fattomolto spesso dermatite seborroica e psoriasisi sovrappongono e l’una, per il ben noto feno-meno di Kebner, condiziona l’evoluzione del-l’altra, sicché si è coniato il termine di “sebo-psoriasi”.R i teniamo opportuno sot to l i n e a re ancorauna volta che diagnosi e trattamento terapeu-tico della psoriasi e della dermatite seborroi-ca sono di competenza esclusivamente medi-ca.

Terapia localeLe sostanze più conosciute e impiegate sonol’acido salicilico, i catrami vegetali e minerali,il solfuro di selenio, lo zinco piritione, i corti-sonici, gli imidazolici-antifungini, lo zolfo, gliantiandrogeni, il glicole propilenico.

acido salicilico: potente cheratolitico (a con-centrazione superiore al 3%), viene utilizzatoper la rimozione delle squame ma, prima diusarlo, è opportuno valutare, almeno clinica-mente, se la struttura dei capelli del pazienteè in grado di tollerarlo per evitare danni.

catrami: il catrame è la frazione oleosa delliquido condensabile prodotto per distillazio-ne secca (fuori dal contatto con l’aria) disostanze organiche. I catrami vengono classi-ficati in due gruppi principali: - catrami vegetali (dal legno di pino, abete,larice, ginepro, betulla, faggio, tiglio etc.): atti-vità antibatterica, antiprurito, antiinfiamma-toria;- catrami minerali che comprendono:a) catrami di schisti bituminosi (per distilla-zione frazionata degli schisti bituminosi; l’o-lio di catrame trattato con acido solforico edammoniaca dà origine all’Ittiòlo -Merck®-):attività antiseborroica, ri d u c e n te (ra l l e n ta-mento della velocità riproduttiva delle celluledell’epidermide), antiinfiammatoria;b) catrami di carbone fossile (coaltar): attivitàriducente e antiseborroica.

solfuro di selenio e zinco piritione: prevalenteazione antimicotica e moderatamente ridu-cente.

z o l fo: azione fungicida e antiseborro i c a ;modesta azione cheratolitica e riducente.

imidazolici: azione fungicida e moderatamen-

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te antibatterica. L’utilizzo topico in adeguatoveicolo unisce alla praticità d’uso la pratica-mente completa assenza di effetti collaterali(fenomeni irritativi di vario genere sono inve-ce frequenti con catrame, zolfo, solfuro diselenio e zinco piritione).

cortisonici: usati in crema, gel o lozione, sonop a rt i c o l a rm e n te attivi sulla comp o n e n teinfiammatoria e sul prurito. I noti effetti di“rimbalzo” sono causati quasi esclusivamentedai deri vati fl u o ru rati (sopra t t u t to se lasospensione è brusca), assai più maneggevolisono invece i derivati non fluorurati dell’idro-cortisone. Altri dati saranno forniti nel capito-lo relativo alla terapia della calvizie.

antiandrogeni (progesterone, spironolattone,ciproterone acetato, finasteride, acido azelai-co etc.): vengono impiegati per ridurre lasecrezione sebacea. Anch’essi, come i cortiso-nici, saranno descritti in maniera più appro-fondita nel capitolo relativo alla terapia deldefluvio in telogen androgenetico. La scarsareperibilità sul mercato per alcuni di essi informulazioni adatte all’applicazione sul cuoiocapelluto li rende, talvolta, di difficile utiliz-zo.

glicole propilenico: usato in genere come “vei-colo” di sostanze attive possiede in realtàun’attività antimicotica particolarmente spe-cifica per il Pityrosporum ovale.

Terapia generaleA seconda dei casi, in pazienti selezionatipotranno essere utilizzati gli imidazolici, icorticosteroidi, i sali di zinco e magnesio, gliintegratori dietetici. Gli estroprogestinici e gliantiandrogeni verranno usati solo nel sessofemminile ed in situazioni attentamente valu-tate.

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LE ALOPECIE:DEFINIZIONE e CLASSIFICAZIONE

Ogni classificazione è sempre ardua, riduttivaed incompleta ma purtroppo classificare è unmale necessario. Facendo una classificazioneinvariabilmente si fanno errori ma ciò chenon è classificato non si può teorizzare néinsegnare e quindi, anche se non ci piace,dobbiamo farlo.

Il termine defluvio (o “defluvium” dal latino)dovrebbe essere utilizzato quando si vuoleindicare una caduta anormale di capelli piùper qualità che per quantità, caduta di capel-li che porterà ad ipotrichia o calvizie per per-dita di follicoli.Il termine di effluvio (o “effluvium”) andreb-be riservato a quei casi in cui la caduta,numericamente molto elevata (anche moltecentinaia di capelli al giorno) è qualitativa-mente omogenea (tutti i capelli caduti sono intelogen maturo o in catagen/anagen distrofi-co ecc.) e non implica una prognosi sfavorevo-le.Per alopecia si intende l’assenza o la carenzadi peli o capelli nelle aree di cute in cui essisono normalmente presenti. Il termine alope-cia comprende, nell’uso medico comune, sial’ipotrichia, che indica la carenza di peli ocapelli, sia la calvizie, che indica la mancanzairreversibile di capelli.Classicamente le alopecie vengono distinte intemporanee (transitoria inibizione funzionaledella papilla del pelo) e definitive (scomparsadel follicolo e della papilla germinativa).Da queste vanno differenziate le pseudo-alo-pecie, nelle quali i capelli sono stati strappativia o si sono spezzati (tricoclasia) in seguitoad eventi traumatici, chimici, infettivi o peranomalie congenite del fusto.S c o l a st i c a m e n te possiamo ri te n e re ancoravalide la seguente CLASSIFICAZIONE:

ALOPECIE NON CICATRIZIALIALOPECIE CICATRIZIALIPSEUDO ALOPECIE

ALOPECIE NON CICATRIZIALI

androgenetica(o calvizie comune) )fronto parietale maschile )post gravidica )uetica ) cadutada trazione ) inda traumi psicofisici ) telogenneurologica )da denutrizione )post anestesia generale )

infettiva ) caduta in telogenatrogena ) catagen o anagen

areata) caduta in catagen o anagen distrofico

ALOPECIE CICATRIZIALI

cicatricipseudoarea di Brocqmucinosi follicolareneoplasieradiazioni ionizzantiaplasia cutis verticis

sclerodermia ) forme ad lupus eritematoso discoide ) improntalichen planus ) autoimmune

follicolite decalvante) infettiva/immunitaria

tigna favosa )kerion ) forme infettive

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PSEUDO ALOPECIE

Anomalie congenite del fustocon aumento di fragilità

Anomalie acquisite del fustocon aumento di fragilità

TricotillomaniaTigne tonsuranti

NOTE DI FISIOPATOLOGIA PILAREEffluvio e Defluvio

EffluvioLa caduta dei capelli costituisce spesso l’uni-co vero sintomo di calvizie incipiente. D’altraparte quanto più questa è vistosa tanto menocorrisponde, nella quasi totalità dei casi, adun reale pericolo di calvizie.La caduta di alcune centinaia, ta lvo l tamigliaia, di capelli al giorno definisce il feno-meno dell’effluvio, eve n to imp re s s i o n a n te ,spesso fonte di ansia e disperazione, ma gene-ralmente benigno, autolimitato, reversibile,senza mai vera involuzione del pelo verso ilvellus o perdita dell’annesso cutaneo per atro-fia del follicolo. Nell’effluvio non c’è quindiuna vera perdita di capelli.L’effluvio è comunissimo, tanto che possiamoaffermare che non esiste persona che non loabbia sperimentato almeno una volta nellavita, e la sua benignità rende ragione dell’effi-cacia di tante “cure” empiriche e irrazionali.Nonostante le cure quasi sempre l’effluvio siarresterà e regredirà spontaneamente con sod-disfazione di tutti: paziente e terapeuta.Distinguiamo un effluvio in telogen (telogeneffluvium) ed un effluvio in anagen (anageneffluvium).

Effluvio in telogenIl te l o gen effluvio, quale descri t to daKligman, è un fatto acuto che segue un episo-dio emotivamente importante. E’ caratterizza-to dalla caduta in telogen di centinaia e talvol-ta migliaia di capelli al giorno. All’esamemicroscopico si potrà osservare che si trattaquasi esclusivamente di capelli in fase telo-gen, perfettamente formati (terminali) e senzasegni di involuzione (non vellus): “telogenmaturi”. Si tratta in pratica di un’ “onda dimuta”.Generalmente la causa di un telogen effluvioacuto è un evento “stressante”, forte e dibreve durata, che colpisce i capelli nella sotto-fase anagen 6 costringendoli a “rifugiarsi” intelogen.L’evento può colpire un numero altissimo dicapelli, fino all’85% (cioè tutti gli anagen 6),provocandone una caduta diffusa che iniziadopo 12-15 settimane per protrarsi circa 3mesi (cioè la dura ta della fase te l o ge n ) .Successivamente la caduta dei capelli si arre-sta spontaneamente ed i capelli ricrescono. La maggior parte dei pazienti con telogeneffluvio lamenta “dolore alla base dei capelli”o la “sensazione di punture di spillo sul cuoiocapelluto”. La causa di questa sensazione nonè affatto chiara ma è troppo semplicisticodefinirla di natura nevrotica o psicologica.Durante l’effluvio il rapporto fra anagen ete l o gen (tri c o gramma) si alte ra in modoimpressionante: almeno il 25% fino all’85%dei capelli si trova in questo periodo in fasetelogen. La conta dei capelli caduti (Washtest) raggiunge i 600 - 1000 capelli ed oltre.Infilando le dita fra i capelli del paziente etirando delicatamente (Pull test) si possonoc o n ta re ta lvo l ta centinaia di capelli ch erimangono fra le dita. I test ematochimicisono raramente utili, se non sono presenti isintomi di una malattia sistemica, ma talvolta(nelle forme post infettive) ci può essere una

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linfocitosi superiore al 33% con punte di4500 linfociti /ml.L’unico tra t ta m e n to razionale del te l o ge neffluvio acuto è quello di allontanare la causache lo ha provocato, ma spesso si rende neces-sario fornire al paziente preoccupato unaqualsiasi terapia che dimostrerà l’interessa-mento del medico e farà trascorrere il temponecessario a che l’effluvio si risolva sponta-neamente.Possiamo comunque affermare che i cortico-ste roidi giovano! Solita m e n te pre s c ri v i a m ol’applicazione locale di un derivato non aloge-nato dell’idrocortisone (ad esempio idrocorti-sone butirrato) e, nelle forme più gravi, unainiezione intramuscolare ogni 7 - 10 giorni dimetilprednisolone da 40 mg per una - trevolte. Spesso i risultati a breve sono rapidissi-mi con arresto dell’effluvio e ripresa dell’ana-gen dei follicoli.

Cause comuni di Telogen Effluvio acuto

- stress acuti fisici o psicologici- interventi chirurgici- parto e allattamento

- malattie febbrili- avvelenamenti

- emorragie- lutti- ecc.

Nel telogen effluvio cronico il paziente, piùspesso una donna, lamenta da mesi o da anniuna rilevante caduta di capelli senza variazio-ni stagionali e la causa dovrà essere ricercatain un evento perturbante del ciclo pilare adandamento cronico, spesso senza tendenzaalla risoluzione spontanea. Il tricogramma èalterato: almeno il 20% dei capelli si trova infase telogen. Al Wash test il numero dei capel-li caduti si attesta intorno a 200. Al pull testsi potrà contare qualche decina di capelli fra

le dita. Con il tempo si rende evidente unaipotrichia più o meno spiccata. Malattie infet t i ve cro n i che, collage n o p a t i e ,stati carenziali, disturbi endocrini, situazioninevrotiche o depressive, uso o abuso cronicodi farmaci sono tutte cause possibili di telo-gen effluvio cronico e vanno ricercate. Ci sof-fermiamo qui solo su alcuni aspetti particola-ri. Talvolta si potrà dimostrare una leucope-nia ed in questo caso sarà necessaria la ricer-ca degli anticorpi antinucleo La presenza nelsiero di anticorpi antinucleari, a titolo gene-ralmente basso, non dovrà essere sottovaluta-ta perché un telogen effluvio cronico puòe s s e re causato da tutte le collage n o p a t i eautoimmuni e può anche essere il segno d’e-sordio di un lupus eritematoso sistemico, tal-volta anche “minimo”, di cui l’effluvio puòessere il sintomo predominante. Sarà perciòsempre necessario indagare anamnesticamen-te il paziente, di solito una donna, su un even-tuale fenomeno di Raynaud, artralgie, afteorali, pleuriti, nefriti, aborti ripetuti: questisintomi devono essere chiesti esplicitamenteperché è difficile che il paziente li riferisca.Nei casi in cui si sospetta una condizione di“pre-lupus” o di “lupus minimo” si può tenta-re un ciclo di prednisone o di clorochina. Lasideropenia è di riscontro frequente specienelle donne, il suo ruolo come causa di efflu-vio è oggi indiscutibile e può anche essere ilsegnale della carenza di altri oligoelementi lacui importanza è basilare nella fisiologia pila-re come il magnesio ed ancor più lo zinco. Ilfabbisogno giornaliero di zinco è stimatointorno a 10-15 mg per l’adulto. La zinchemianormale è di 0,8-1,5 mg/l di siero (0,082 -0,158 mg/dl). Valori di zinchemia sotto 0,6mg/l si accompagnano a telogen effluvio cro-nico e sono causati da un insufficiente appor-to del metallo con la dieta o un difetto diassorbimento intestinale. A quei pazienti incui sia accertato un basso livello plasmatico di

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zinco prescriveremo quindi supplementi disolfato di zinco. Se la zinchemia, corretta dal-l’apporto del metallo, non si manterrà norma-le nel tempo, dovremo sospettare un deficit diassorbimento che dovrà essere cronicamentecorretto. I deficit di minerali ed elettroliti(ferro, magnesio, zinco, calcio, sodio, potas-sio) dovranno comunque tutti essere ricercati,indagati e corretti. Nelle giovani donne è benefar attenzione alla qualità e alla quantitàdella alimentazione. Sono frequenti oggi leforme palesi e larvate di anoressia nervosa ele diete incongrue e deficitarie intraprese perconvinzioni pseudo-salutistiche, “morali” oreligiose.

Cause comuni di Telogen Effluvio cronico

- malattie sistemiche croniche(infettive metaboliche o neoplasiche)- donazioni di sangue frequenti- uso cronico di alcuni farmaci

- gravi malattie psichiche- distiroidismi

- ecc

Effluvio in anagenQuando l’evento stressante che colpisce la

fase anagen 6 è di intensità tale da non per-mettere al capello di “rifugiarsi” in telogen,questo cade in anagen. Si tratta di un effluviodi molte centinaia o migliaia di capelli al gior-no che si manifesta dopo pochi giorni dall’e-vento che lo ha provocato. In questo caso altricogramma il rapporto anagen e telogenpuò essere normale ma all’esame microscopi-co si potrà facilmente osservare che buonaparte (fino all’85%) dei capelli caduti sonoanagen distrofici o catagen iniziali.Sono naturalmente frequenti anche forme dipassaggio fra effluvio in telogen ed effluvio inanagen, quando lo squilibrio metabolico checolpisce il capello non è sufficientementeforte da far cadere tutti gli anagen ma permet-te ad una parte di questi di arrivare al telo-gen. Il tricogramma in questi casi non sarànormale ma sarà simile a quello di un deflu-vio in telogen, però l’esame microscopicomostrerà che i capelli caduti sono, in numeroelevato, anagen distrofici o catagen iniziali.L’esempio clinico di gran lunga più importan-te di anagen effluvio è l’alopecia areata, qua-dro che è ampiamente trattato in un capitolodedicato. Anche l’anagen effluvio è, il piùdelle volte, ad andamento benigno e sponta-neamente reversibile ed il trattamento di scel-ta consiste ancora nell’allontanamento dellacausa scatenante, quando questo è possibile.

Cause comuni di Anagen Effluvio

- chemioterapia antineoplastica- radiazioni ionizzanti

- forti rialzi termici- alopecia areata- dieta aproteica- avvelenamenti

- farmaci(arsenico, bismuto, colchicina,

tallio, citostatici ecc.)

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DefluvioIl defluvio è una caduta di capelli, per lo piùdi entità modesta ma definitiva per la progres-siva involuzione del capello verso il pelo velluso per la perdita progressiva del follicolo persclerosi o atrofia. Nel defluvio i capelli checadono vanno pertanto in gran parte perduti.

Defluvio in telogenPer defluvio in telogen intendiamo una cadu-ta di capelli in telogen, per lo più di intensitàmodesta, ma con le caratteristiche tipiche delcapello in involuzione. Il defluvio in telogensi identifica pra t i c a m e n te con il defl u v i oa n d ro ge n etico. Nel defluvio in te l o gen laconta dei capelli caduti non supera il numerodi 100. Con il pull test si ottengono di solitosolo due o tre capelli. Il tricogramma apparealterato in modo modesto con valori dei capel-li anageni intorno all’80% per la riduzionetemporale della fase anagen del follicolo. Acausa di un anagen di breve durata, una per-centuale variabile fra il l0 ed il 60% dei capel-li caduti sono corti, appaiono poi sottili e conbulbi di diametro ridotto e sono allogati piùsuperficialmente nel derma rispetto ai capellicon sviluppo normale. Questi capelli presen-tano cioè caratteristiche intermedie fra il peloterminale ed il pelo vellus. Sono pertanto daconsiderarsi capelli in involuzione ad anagenbreve: “telogen prematuri” che cadono pre-maturamente, piccoli ed involuti dopo unanagen di breve durata e sono patognomonicidi questa forma. Il follicolo rimane a lungoistologicamente presente, anche se sempremeno profondo e con un capello sempre piùinvoluto, solo tardivamente va in ialinosi e l’a-lopecia che ne consegue tende pian piano adassomigliare ad una forma cicatriziali conperdita degli annessi.

Cause comuni diDefluvio in Telogen maschile

alopecia frontoparietale maschilealopecia androgenetica

Cause comuni diDefluvio in Telogen femminile

- alopecia androgenetica (ereditaria)- alopecia carenziale della postmenopausa

- alopecia androgenetica da deficit enzimati -co surrenalico

- alopecia androgenetica da tumore secernen -te androgeni

- alopecia androgenetica da ovaio policistico- alopecia androgenetica da iperprolattine -

mia- alopecia androgenetica da anoressia nervo -

sa

Defluvio in anagenPer defluvio in anagen intendiamo una cadu-ta di capelli in anagen dovuta a perdita pro-gressiva del follicolo. Si ha come conseguenzadi vari processi patologici che comportanocomunque tutti la distruzione finale del folli-colo pilifero. Spesso il capello cade portandocon sé quel che resta della guaina follicolareinterna per una perdita di coesione fra questae la guaina esterna. Ricordiamo fra le formepiù comuni il lupus eritematoso discoide, illichen alopecizzante, la follicolite decalvante,la pseudoarea di Brocq.

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Cause comuni di Defluvio in Anagen

- lichen planus decalvante- LED e del LES- sclerodermia

- follicolite decalvante- pseudoarea di Brocq

- radiazioni- tricomalacia

ConsiderazioniIl termine telogen effluvio fu introdotto daKligman (1961) per indicare una caduta deicapelli benigna ed acuta che fa seguito ad unost ress di va ria natura, intenso e breve .Successivamente Rebora ha introdotto il con-cetto di telogen effluvio cronico e ha definitoi rapporti nosologici fra effluvi, alopecia area-ta e alopecia androgenetica.Il telogen effluvio può essere acuto o cronico.Nel primo caso la caduta di capelli, improvvi-sa ed intensissima, segue ad uno fatto “stres-sante” breve e violento (incidenti stradali,morte di familiari, interventi chirurgici, feb-bre elevata, parti difficili ecc.) che, bloccandole mitosi cellulari della matrice, spinge icapelli dall’anagen in telogen. Il fenomenodura da 2 a 3 mesi (cioè il tempo che impiega-no a cadere i capelli che si sono “rifugiati” intelogen) e si risolve generalmente con la sosti-tuzione dei capelli caduti con nuovi anagen.Nel secondo caso la causa “stressante” èmolto più sfumata (problemi di adattamento,stati di ansia, somministrazione cronica ditaluni fa rmaci, diete inadeguate, malattiedebilitanti croniche ecc.) e si assiste ad unacaduta di capelli numericamente elevata permesi o anni, senza importanti variazioni sta-gionali, senza tendenza alla remissione spon-tanea che, con il tempo, porta ad una ipotri-

chia diffusa di varia gravità. La distinzione fra telogen effluvio ed alopeciaareata, apparentemente così netta sul pianoclinico, è invece molto difficile e sfumata sulpiano nosologico, anche se nell’un caso ilcapello cade in telogen e nell’altro in anagendistrofico. Nell’alopecia areata l’insulto causa-le provoca rapido arresto delle mitosi dellamatrice del pelo in anagen e quindi la suacaduta come anagen distrofico (o catagen).Perché la caduta dei capelli si manifesti achiazze occorre ammettere che l’insulto cau-sale trovi, in quelle chiazze, capelli più sensi-bili rispetto alle altre aree del cuoio capellutoe, dato che la sensibilità delle cellule ad uni n s u l to “cito statico”, qu a l u n que esso sia,dipende dal grado di attività mitotica dellecellule della matrice, i capelli che cadono nel-l’alopecia areata devono obbligatoriamentetrovarsi tutti in quella fase dell’anagen a piùalta attività, cioè in anagen 6. Se così nonfosse i capelli dell’area non cadrebbero tutti el’alopecia non sarebbe areata ma sarebbe,probabilmente, una alopecia areata “incogni-ta” o, se l’insulto fosse appena meno violentoe/o le mitosi cellulari appena meno rapide,un telogen effluvio. I capelli del vertice e del margine posterioredi inserzione del cuoio capelluto, che hannoun anagen più lungo, hanno pertanto maggio-re probabilità di incorrere nella alopecia area-ta e di cadere come anagen distrofici; la chiaz-za di alopecia areata può allargarsi perché,persistendo lo stimolo citostatico, altri capelli,nella zona circostante, raggiungeranno la fasedel ciclo vitale nella quale sono maggiormen-te sensibili allo stimolo stesso (anagen 6). L’alopecia areata è più rara in chi ha già un’a-lopecia androgenetica per vari motivi: in casodi una alopecia androgenetica la fase anagenè accorciata e molti più capelli si trovano infase telogen, ci sono quindi meno capelli chepossono cadere come anagen. Inoltre nella

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alopecia androgenetica i capelli tendono a“sincronizzare” i loro cicli come negli anima-li a pelo lungo, cioè tendono ad “animalizzar-si”. In questa situazione sarà assai meno pro-babile che l’insulto citostatico trovi i capellinel periodo anagen 6 più sensibile mentresarà più facile che lo stesso insulto determiniun’accelerazione verso la fase telogen e, dopocirca tre mesi, una massiccia caduta di capel-li con le caratteristiche cliniche di un “telo-gen effluvio acuto”. Può anche verificarsi che lo stimolo causaledi un telogen effluvium colpisca i capelli diun cuoio capelluto con normale asincroniadei cicli fra follicoli vicini, determinandoprima un repentino passaggio alla fase telo-gen e quindi un telogen effluvio, successiva-mente una “sincronizzazione”, poiché questicapelli “rinasceranno” tutti più o meno nellostesso momento in anagen. Lo stesso stimoloripetuto ora potrà provocare una alopeciaareata totale. Come abbiamo visto la sincro-nizzazione favorisce infatti il persistere delte l o gen effluvium piutto sto che l’alopeciaareata.

BIBLIOGRAFIA

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CLASSIFICAZIONE CLINICO DIAGNOSTICADEGLI EFFLUVI E DEI DEFLUVI - pag. 5Effluvio - Defluvio - pag. 5Il pull test - pag. 6

IL TELOGEN EFFLUVIO - pag. 8Anemie - pag. 16Ipotiroidismo - pag. 23La tiroidite cronica autoimmune - pag. 25

L’ALOPECIA AREATA - pag. 27Cenni storici - pag. 27Generalità sulla alopecia areta - pag. 29Le terapie della alopecia areata - pag. 38

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) novembre 2004

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte quinta

edizione 2004

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2004

parte VTutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoRoberto D’OvidioGuido Vito Trotter

EDIZIONI TricoItalia Firenzenovembre 2004

SOMMARIO:

CLASSIFICAZIONE CLINICO DIAGNOSTICADEGLI EFFLUVI E DEI DEFLUVI - pag. 5Effluvio - Defluvio - pag. 5Il pull test - pag. 6

IL TELOGEN EFFLUVIO - pag. 8Telogen effluvio acuto - pag. 8Telogen effluvio subacuto e cronico - pag. 9Approccio al telogen effluvio - pag. 9Anemie - pag. 16Ipotiroidismo - pag. 23La tiroidite autoimmune - pag. 25

L’ALOPECIA AREATA - pag. 27Cenni storici - pag. 27Generalità sulla alopecia areata - pag. 29Malattie associate - pag. 30Studio della immunità cellulomediata - pag. 30Esordio ed aspetti clinici - pag. 31Decorso - pag. 33Diagnosi - pag. 34Prognosi - pag. 35Aspetti istologici - pag. 35Laboratorio - pag. 36Cenni di terapia - pag. 37Le terapie della alopecia areata - pag. 38

CLASSIFICAZIONE CLINICO DIAGNOSTI-CA DEGLI EFFLUVI E DEI DEFLUVI

Una classificazione che sia al contempo prati-ca e soddisfacente degli effluvi e dei defluvinon è mai stata proposta.Questo, forse, perché solo oggi la “Tricologia”comincia ad essere accettata e riconosciutacome una seria materia di studio e quindi atrovare dignità di fronte al medico - dermato-logo.La Tricologia, nonostante vi siano stati in pas-sato dei grandi maestri anche in Italia, èmateria nuova per il dermatologo, non è stataancora codificata né tanto meno scolarizzatao insegnata ed il termine stesso “Tricologia”,che appare sul dizionario della lingua italianaZingarelli Zanichelli solo dall’edizione del1997, non è ancora presente nei dizionarimedici.

Fino ad oggi le alopecie sono state classificatein base all’istologia (come cicatriziali e noncicatriziali), in base alla prognosi (come rever-sibili e definitive), in base all’anatomia delcapello che cade (come in telogen ed in ana-gen) e secondo molti altri criteri tutti larga-mente insoddisfacenti specie sul piano clini-co.

Qui vogliamo proporre una classificazionepratica che si basa sul più semplice esame deicapelli, il pull test, e che potrei definire come“classificazione clinico-ambulatoriale”.

In presenza di una caduta di capelli l’esameobiettivo dermatologico ed il banale pull testpermettono un semplice inquadramento clas-sificativo del paziente che il più delle volteporta ad una diagnosi di massima.Solo dopo aver fatto una diagnosi, pare impos-sibile doverlo rammentare, so potrà prescrive-re una terapia causale.

Vale anche la pena di ricordare che i termini“effluvio” e “defluvio” sono stati ormai defi-niti da Kligman (1961) e dalla letteraturainternazionale.

EffluvioLa caduta di alcune centinaia, ta lvo l tamigliaia, di capelli al giorno, tutti nella stessafase (telogen, catagen o anagen) o sottofase,definisce il fenomeno dell’effluvio; si tratta diun evento tanto comune quanto impressio-nante ma generalmente benigno, autolimitatoe reversibile. Non c’è mai atrofia dell’annessopilifero né della cute.

DefluvioUna caduta di capelli in telogen (più frequen-te) o in anagen (più rara), per lo più di inten-sità modesta e continua ma generalmentei rreve rsibile, cara t te rizza il fenomeno deldefluvio.

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I capelli, se cadono in telogen (defluvio intelogen), presentano le caratteristiche tipichedell’involuzione verso il pelo vellus.Se cadono in anagen (defluvio in anagen) èl’annesso pilifero con l’epidermide che varapidamente verso l’atrofia e la cute prende,istologicamente, l’aspetto tipico della alopeciacicatriziale.

Il pull testIl pull test è un semplice esame semeiologicoambulatoriale che si compie facendo scorrerele dita fra i capelli e tirandoli dolcemente: icapelli si staccheranno dai follicoli in numeroe st re m a m e n te va riabile. Ne deri ve ra n n oimmediatamente alcune considerazioni dia-gnostiche.

1) Se con una modesta trazione si ottengononumerosi capelli, 20 - 50 - 100 ed oltre, con iloro bulbi conservati, siamo certamente inpresenza di un effluvio. Osservando poi i bulbi è facile distinguere,anche ad occhio nudo, un effluvio in telogenda un effluvio in anagen.

a) Nell’effluvio in telogen, che può essere

caratterizzato dalla caduta in telogen di centi-naia ed anche migliaia di capelli al giorno, sipotrà osservare che i capelli caduti sono esclu-sivamente elementi in telogen senza segni diinvoluzione.L’anamnesi facilmente ci farà distinguere uneffluvio in telogen acuto da un effluvio intelogen cronico. L’effluvio in telogen acuto èun’onda di muta dovuta ad un evento “stres-sante” generico che colpisce anche tutti glianagen 6°.L’effluvio in telogen cronico (di durata supe-riore ai 3 mesi) è invece dovuto ad un evento“perturbante” ad andamento lungo o croni-co, anche misconosciuto, che altera il norma-le ciclo del pelo.

b) Se i capelli si staccano con bulbi piccolianageni o catageni, visivamente distrofici,siamo certamente di fronte ad un effluvio inanagen: quasi sempre si tratta di alopeciaareata, talvolta si tratta dell’esito immediatodi una terapia citostatica o di una intossica-zione acuta ma l'anamnesi sarà in questi casifacilmente dirimente.

2) Se i capelli che si staccano alla trazione coni loro bulbi conservati sono in numero mode-sto ma il paziente presenta una chiara ipotri-chia o una franca alopecia, siamo quasi certa-mente in presenza di un defluvio: si tratteràcioè di una caduta di capelli per lo più esiguama assai più grave per la progressiva ed irre-ve rsibile involuzione dell'annesso cuta n e overso il pelo vellus o della cute stessa versouno stato cicatriziale.a) Se ora osserveremo, fra i capelli staccati, lapresenza di telogen miniaturizzati (ovvero dis-plasici: Orfanos C.E.; ov ve ro pre m a t u ri :Marliani A.) potremo porre diagnosi di deflu-vio in telogen di tipo maschile, sinonimo didefluvio androgenetico.

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b) Se i capelli si staccano in anagen portandocon sé le guaine, indice di un danno a livellodel clivaggio della membrana vitrea, possiamoporre diagnosi di defluvio in anagen; cioèsiamo di fronte ad una alopecia cicatrizialelegata ad una patologia dermatologica cica-trizzante: LED, lichen, pseudo area, follicoli-te decalvante ecc.

3) Se i capelli si staccano senza bulbi sonochiaramente capelli che si fratturano per mal-formazioni, parassitosi o per maltrattamentifisici e/o chimici.

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IL TELOGEN EFFLUVIO

Il termine di “effluvio” o “effluvium” indicauna situazione in cui la caduta di capelli ènumericamente molto elevata (anche moltecentinaia di capelli al giorno) e qualitativa-mente omogenea come fase del ciclo (tutti icapelli cadono in telogen maturo, in anagendistrofico, in catagen 1 ecc).

Con il termine “telogen effluvio” indichiamouna caduta di capelli in telogen abnormemen-te abbondante.II telogen effluvio è la causa più frequente divisita tricologica ed è ancora spesso miscono-sciuto. E’ così frequente che ognuno lo speri-menta su di sé più volte nel corso della vita.La caduta dei capelli interessa diffusamentetutta la testa, comprese le parti laterali eposteriori. Quando l’effluvio è sufficiente-mente importante da provocare un dirada-mento l’alopecia che ne risulta è omogenea sututto il cuoio capelluto.

Distinguiamo un telogen effluvio acuto, sub-acuto e cronico.

Telogen effluvio acutoIl telogen effluvio acuto segue episodi fisica-mente o emotivamente importanti: febbre ele-vata, interventi chirurgici, incidenti stradali,emorragie, parto, avvelenamenti, sommini-strazione di eparina, di citostatici ecc.

Il suo inquadramento clinico è relativamenterecente (Kligman nel 1961) ma il sintomo cheesso descrive, il rapido e diffuso diradamento,compariva già nella letteratura medica fin dal-l’inizio del secolo scorso. La caduta di capelliè imp rovvisa, violenta, qu a n t i ta t i va m e n temolto elevata, qualitativamente omogenea es o sta n z i a l m e n te diffusa su tutto il cuoiocapelluto. Nel telogen effluvio acuto il pazien-te, di solito una donna, lamenta l’improvvisacaduta di capelli a partire da un periodo, dauna data o da un evento spesso ben ricordatoed indicato con precisione.Il paziente è quasi sempre fortemente preoc-cupato della brutalità e dell’intensità con lequali la patologia ha esordito e viene dalmedico a chiedere aiuto. Spesso arriva conuna busta o un sacchetto contenente i capellicaduti. Un tricogramma eseguito in questafase mostrerà che fin oltre l’85% dei capellisono in fase telogen. La caduta dura due o tre

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mesi, quindi s’arresta spontaneamente e tal-volta improvvisamente, come tutto era inizia-to. Poi i follicoli ritorneranno alla normalità eseguirà la lenta ricrescita, più o meno comple-ta, dei capelli. Si è avuta cioè un’ “onda dimuta”. L’evento causale del telogen effluviodura pochi giorni o addirittura poche ore.Il recupero e il ritorno alla densità normale èinvece molto lento e spesso può impiegaremolti mesi.

Telogen effluvio subacuto e cronicoNel telogen effluvio cronico il paziente o piùspesso la paziente lamenta da mesi (telogeneffluvio subacuto) o da anni (telogen effluviocronico) una anomala, abbondante caduta dicapelli senza variazioni stagionali, senza ten-denza alla remissione spontanea e, con iltempo, la comparsa di miniaturizzazione ed i ra d a m e n to diffuso di va ria gravità. Dalpunto di vista cosmetico la capigliatura ècome “spenta”, anelastica, non “tiene lap i e ga”, non “accet ta” tra t tamenti estet i c i .L’evento causale il più delle volte non puòessere ricordato. La causa o le cause non sonointuitive e sono spesso sfumate: problemi psi-cologici persistenti, diete inadeguate, sommi-

nistrazione di farmaci, malattie autoimmunicroniche quali il LES, la colite ulcerosa ecc.Fra le cause di telogen effluvio molto frequen-ti ed insidiose sono le anemie croniche di ogninatura e le tiroiditi autoimmuni con ipotiroi-dismo.

Frequentemente la tricodinia accompagna iltelogen effluvio. Si tratta di una sensazionesoggettiva di dolenzia fastidiosa e continuariferita alla base dei capelli o al cuoio capellu-to. La tricodinia scompare quando l’effluviosi risolve o sta per risolversi. La sua causa èdiscussa ma ci pare troppo semplicistico attri-buirla solo alla emotività od alla labilità psi-chica del paziente.Il meccanismo con il quale si ha la caduta deicapelli nel telogen effluvio non è chiaro masembra probabile che si possa ricondurre adun problema nell’utilizzo della fonte prima dienergia cellulare, il glucosio, con danni allaformazione della guaina interna ed arrestodelle mitosi nella matrice pilare.

Approccio al telogen effluvioIn presenza di una caduta di capelli abbon-dante e diffusa il medico deve essere in gradodi eseguire una corretta diagnosi basata sul-

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l’indagine anamnestica, sull’esame clinico,sugli esami di laboratorio e su eventuali osser-vazioni micro s c o p i che (se occorre anch emediante biopsia ed istologia).

L’approccio al paziente, come spesso avvienein dermatologia ed a differenza di quantosempre si fa in medicina generale, potràcominciare con l’esame obiettivo.Per prima cosa verificheremo se i capelli sononormali per quantità e qualità, anche in rela-zione ad età e sesso del soggetto che stiamoesaminando.Facilmente potremo verificare se si è in pre-senza di un diradamento diffuso o localizzato(ipotrichia) e se tale diradamento è stato omeno pre c e d u to da assot t i gl i a m e n to deicapelli (miniaturizzazione).Dopo un parto, ad esempio, si verifica fre-quentemente un effluvio diffuso senza che icapelli si assottiglino (telogen effluvio acutopost parto). Durante una dieta dimagrantesquilibrata, con carenze proteiche, si può assi-stere invece ad un assottigliamento dei capelliseguito poi da caduta di capelli in telogen conbulbi che appaiono al microscopio spessostrozzati, come a clessidra (telogen effluviosubacuto o cronico carenziale).

Il test della carezza è un primo esame clinicoche consiste nel far scorrere la mano sopra ilcuoio capelluto come per accarezzare la testaed i capelli. Piccole alterazioni, di solito subi-to evidenti, ci daranno un primo immediatoorientamento.

Facciamo alcune considerazioni solo a titolodi esempio.Potremo renderci contofacilmente di quantisono i capelli corti e sottili, “miniaturizzati”,se i capelli sono particolarmente sottili, sesono sottili in toto o solo in zone particolari,se vi sono elementi fratturati ecc.Si potrà subito, grossolanamente, determina-re il rapporto fra capelli miniaturizzati (cortie sottili) e capelli normali. Un eccesso dicapelli miniaturizzati indica una riduzionedel tempo di anagen ed un aumento delnumero dei telogen che, se accompagnato dairregolare distribuzione con prevalente rare-fazione del vertice e risparmio della nuca, cifarà, specie in un uomo, porre diagnosi didefluvio in telogen o ipotrichia o alopeciaandrogenetica.Se la miniaturizzazione è regolare su tutto ilcuoio capelluto senza zone di particolare pre-valenza ci orienterà verso un telogen effluviocronico.Una rarefazione dei capelli senza miniaturiz-zazione, omogenea sulla nuca, sulle tempie esul vertice orienterà verso un effluvio acuto osubacuto.La rarefazione isolata della zona fronto-parie-tale, la così detta “stempiatura”, sarà oltremo-do orientativa per una alopecia fronto-parie-tale maschile.Una alopecia areata sarà, il più delle volte,subito evidente.La presenza di capelli fratturati, simili abarba ispida, farà pensare a danni provocatida trattamenti cosmetici, a malformazioni delfusto, alla tricotillomania, alla tigna. Saranno

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cioè diagnostici di una pseudo alopecia.Capelli assottigliati ma non da sempre geneti-camente sottili, specie se con irregolari assot-tigliamenti fusiformi e strozzature lungo ilfusto, potranno far pensare ad uno statocarenziale.

L’esperienza del medico sarà in tricologia,come in tutta la dermatologia (branca “visi-va” della medicina), spesso decisiva per unadiagnosi corretta e, di solito, immediata.

L’osservazione del cuoio capelluto potrà poievidenziare la presenza di comuni disturbidermatologici come la pitiriasi secca (forfora),la dermatite seborroica, la psoriasi ed anchecicatrici, atrofie, ustioni, infezioni, tumoriecc.

Il pull test verrà eseguito subito dopo.Quando con il pull test ci rimane fra le ditaun numero elevato di capelli con i loro bulbiin telogen è di per se già diagnostico per untelogen effluvio.

Se la caduta dei capelli costituisce per ilpaziente l’unico sintomo di calvizie incipien-te, paradossalmente, tanto più questa è visto-

sa tanto meno corrisponde, nella maggiorparte dei casi, ad un reale pericolo di calvizie.L’ e ffluvio, come ormai ben sappiamo, èimpressionante e comunissimo e la sua beni-gnità rende ragione della apparente efficaciadi tante “cure” irrazionali. Nell’effluvio intelogen acuto la caduta è abbondate, anche dicentinaia e migliaia di capelli in telogen,senza segni di involuzione. Nell’effluvio intelogen cronico la caduta è più modesta, sem-pre in telogen, sempre accompagnata da dira-damento più o meno obiettivo, talvolta anchespiccato, e da un certo grado di miniaturizza-zione.

AnamnesiL’anamnesi richiede un’attenta valutazionedella storia familiare, degli stati fisiologici e/op a ra fisiologici, delle abitudini alimenta ri ,delle malattie passate o in corso, dell’uso difa rmaci o cosmetici (tinture, colora z i o n i ,lavaggi ecc.).

-Se con l’esame obiettivo abbiamo posto dia-gnosi di effluvio in telogen (caduta di capelliabbondante ed omogenea) l’anamnesi facil-mente ci farà distinguere un effluvio in telo-gen acuto da un effluvio in telogen cronico

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(durata temporale dell’effluvio).L’evento causale dell’effluvio acuto spessoviene riferito dal paziente stesso. Se invece l’a-namnesi non è già di per sé dirimente chiede-remo al nostro paziente una serie di esami,nel tentativo di trovare la causa dell’effluvio.Fra le cause di telogen effluvio cronico dob-biamo sempre sospettare una anemia, un dis-tiroidismo, una carenza alimentare o vitami-nica ma anche la lue, una epatite, una leuce-mia, una collagenopatia sistemica con anda-m e n to clinicamente iposintomatico ecc.Dobbiamo cioè ricordare anche le cause piùtemibili, di difficile diagnosi e spesso, almenoinizialmente, misconosciute.

La diagnosi di telogen effluvio acuto e/o cro-nico impone quindi una serie minima diesami che permettano di escludere od indivi-duarne le origini più gravi.

- Esami clinici minimi di base in caso di telo-gen effluvio:emocromo, sideremia, ferritina, zinchemia,protidogramma, glicemia, fT4, TSH, acidofolico, vitamina B12, VES.

- Esami di secondo livello:Ra Test, proteina C, VDRL, HAV, HBsAg,HCV, dye test, mono test, HIV, esame dellefeci, calcemia, magnesiemia, tra n s fe rri n a ,anticorpi antigliadina, test delle resistenzeglobulari, fetoemoglobina, glucosio-6-fosfatodeidrogenasi, ricerca di autoanticorpi antinu-cleari.

TerapiaNel telogen effluvio acuto la terapia è inutile:è essenziale rassicurare il paziente. Eventualifarmaci responsabili devono essere sospesi, ameno che non siano indispensabili. Il telogeneffluvio è un sintomo, non una malattia; l’u-nico trattamento razionale è ovviamente quel-lo di allontanare la causa che ha scatenato l’e-vento ma spesso si renderà necessario fornireal paziente terrorizzato una terapia di suppor-to (anche solo un placebo) che gli dimostreràl’interessamento del medico al suo caso e faràtrascorrere il tempo necessario perché l’efflu-vio si risolva spontaneamente.

E’ comunque interessante notare come dopoil superamento di un grave telogen effluvio visia sempre un periodo più o meno lungo, tal-volta anche di anni, in cui, con grande soddi-

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s fazione del paziente, cadono poch i s s i m icapelli perché tutti gli elementi in telogen e/oche si avviavano al telogen sono caduti. Il nor-male ciclo annuale è alterato, il numero dianagen al tricogramma può superare il 95% .

Nel telogen effluvio cronico, invece, è sempreo p p o rtuna una te rapia. Di solito qu e st ipazienti hanno già affrontato una quantità ditrattamenti locali e generali e ne sono statidelusi. Non è sufficiente, quindi, rassicurarli.La prima cosa sarà sempre la ricerca dellacausa (o delle cause) che ha provocato l’efflu-vio per poterla risolvere quando possibile.

La terapia sintomatica del telogen effluvio, daeffettuare nella impossibilità o in attesa diuna terapia causale, è fondata sull’uso dei cor-tisonici topici (in lozione) o/e per via genera-le. Spesso anche una sola fiala intramuscolaredi 40 mg di metilprednisolone da risultati sor-prendentemente buoni. Inizialmente dovreb-be essere tentata l’applicazione locale di uncortisonico a bassa/media potenza e possibil-mente non fluorurato. La terapia per viagenerale seguirà in caso di fallimento. Ildosaggio non dovrebbe comunque superare

0,25 mg/kg/die di prednisone. Anche l’ACTHa dosi basse (0,5 ml ogni 5 giorni) può rivelar-si utile. Ovviamente quando fosse in giocouna malattia sistemica quale il lupus eritema-toso sistemico il dosaggio dovrà essere adegua-to alla gravità. Nei casi nei quali una sintoma-tologia a tipo Raynaud, una leucopenia o unafotosensibilità facciano sospettare una condi-zione di pre-lupus, si può tentare un ciclo diclorochina, 500 mg/die, diminuendo il dosag-gio appena possibile.

Nelle giovani donne è bene far attenzione alladieta. Ci può essere una anoressia nervosa oun quadro similare o una dieta intrapresa perdimagrire. Nel primo caso, difficilissimo dagestire, è opportuno richiedere il parere diuno psichiatra.

Fra le cause più frequenti di telogen effluviovi sono le anemie, anche sfumate. Occorrefare molta attenzione alla emoglobina, all’e-matocrito, alla ferritina, alla vit B12, all’acidofolico. Chi si occupa di tricologia deve cono-scere le forme principali di anemia.Altra causa frequente e spesso misconosciutaè l’ipotiroidismo.

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Anemiea cura di Fiorella Bini

Tutte le forme di anemia, qualunque ne sial’origine (l’anemia è un sintomo), possonoprovocare, innescare o mantenere un telogeneffluvio cronico. Molte forme di anemia sonotanto gravi da mettere l’effluvio su un pianon et ta m e n te secondario. Altre anemie piùbanali e comuni hanno nell’effluvio la conse-guenza più clamorosa.

DefinizioneSi parla di “anemia" tutte le volte che l’emo-globina si riduce sotto i 13 grammi % nell’uo-mo e 12 grammi % nella donna, a prescinde-re dal numero dei globuli rossi, di norma5.000.000 nell’uomo e 4.500.000 nelladonna.Nell’anemia è comune la riduzione dell’ema-tocrito, rapporto tra plasma e parte corpusco-lata del sangue, normalmente 40 - 45% neimaschi e 37 - 47% nelle donne.L’anemia è un sintomo, non una malattia edil trattamento è subordinato alla definizionedella patologia di base.

Distinguiamo:- Anemie da diminuita produzione diglobuli rossi;- Anemie da aumentata distruzione;- Anemie da perdita.

Anemie da diminuita produzione diglobuli rossi

1) Anemie dovute a carenza di fattori nutri -zionali: ferro, vit. B12, folati, Vit. B6, protei-ne.2) Anemie secondarie a malattie endocrine:i p ot i roidismo, insufficienza ipofi s a ri a ,Malattia di Addison, iperestrismo ecc.L’ipotiroidismo e la tiroidite cronica autoim-

mune, per la loro frequenza e la loro impor-tanza, sono trattati successivamente dopo leanemie.3) Anemie in corso di insufficienza renale: inquesti pazienti va anche esclusa la carenza diferro perché possono coesistere perdite occul-te di sangue dal tratto gastroenterico edi fola-ti che vengono rimossi dalla dialisi.4) Anemie aplast i ch e o da insuffi c i e n z amidollare.

Anemie carenzialiLe anemie ferrocarenziali sono fra le piùcomuni cause di telogen effluvio cronico ecolpiscono sopratutto i bambini e le donne inetà fertile. Possono essere provocate da caren-ze alimentari, emorragie acute o croniche,situazioni infettive o tossiche.L'organismo trae la quota necessaria di ferro

dagli alimenti. Questi ne devono conteneregiornalmente da 20 a 50 milligrammi. Laparte assorbita si distribuisce nei vari organie principalmente nella emoglobina che è laproteina trasportatrice dell'ossigeno nel san-gue.Il controllo del metabolismo del Fe è stretta-mente e finemente regolato mediante molte-plici meccanismi sia a livello sistemico checellulare. Nonostante la sua abbondanza il

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ferro biologicamente disponibile è scarso etutti gli organismi utilizzano complesse strate-gie per acquisirlo e conservarlo. Gli animalisuperiori lo assorbono dal cibo e hanno svi-luppato molecole dedicate al suo accumulo: leferritine. Esse hanno il duplice ruolo di accu-mulare, in forma compatta e biodisponibile, ilferro intracellulare e di sequestrare il ferro“libero”, potenzialmente tossico che, intera-gendo con l'ossigeno, va a formare radicalialtamente reattivi. L'ipoferritinemia oltre arappresentare una situazione di anemia ipo-cromica sembra determinare indirettamenteun'aumentata produzione di radicali libericon la conseguenza di accelerare i processi diinvecchiamento. Riteniamo che per una cor-retta “salute tricologia” la ferritinemia nondebba scendere sotto i 25 ng/ml e consideria-mo questo valore già un valore “limite” sottoil quale è quasi inevitabile il verificarsi di un“effluvio in telogen cronico”.Ricordiamo come in Tricologia tutti i micro-nutrienti abbiano un range di normalità piùri st ret to di qu a n to ci ha insegnato laMedicina Generale.

La vitamina C (acido ascorbico) favorisce l'as-similazione del ferro e facilita la sintesi dell'e-moglobina.

Le proteine sono essenziali per la sintesi diferritina, trasferrina, emoglobina e non devo-no mancare.

Le vitamine del complesso B necessarie allaformazione dei globuli rossi e della emoglobi-na sono la Vi tamina B6 (piri d oxina), laVitamina B9 (acido folico) e la Vitamina B12(cobalamina).Mentre la vitamina B12 è fornita solamenteda nutrienti di origine animale, le altre due sitrovano anche nei vegetali.Le Anemie megalocitiche, caratterizzate da

globuli rossi immaturi e di grandezza maggio-re del normale, sono originate da carenza divitamina B12 spesso associata alla carenzanella dieta di proteine.La scarsità di questi nutrienti provoca questotipo di anemia, denominata anche perniciosaper la sua gravità.

L’anemia da carenze di folati (B9) è simile allaanemia perniciosa. Posta la diagnosi di ane-mia da carenza di folati occorre escludere ilcontemporaneo deficit della Vit B12 perchéin questo caso la somministrazione di solifolati può peggiora re il qu a d ro anemico.Questa anemia è comune nell’alcolismo, nelmorbo celiaco, nella steatorrea idiopatica,nell’emodializzato, nelle anemie emolitichecroniche.

Anemie da insufficienza midollare- Anemia aplastica o arigenerativa: si caratte-rizza per pancitopenia o depressione dellaserie rossa e/o bianca e/o piastrinica. Puòverificarsi quale reazione tossica a diversesostanze chimiche, a medicamenti (benzoli,a rsenobenzoli, anticonv u l s i vanti, ch i n i n o ,piramidone, solfoni, chemioterapici, radiazio-ni ionizzanti). E’ accompagnata da febbre efatti settici concomitanti.Il laboratorio mostra emazie < 1.000.000, glo-buli bianchi < 2.000/mm3, neutropenia e lin-focitosi relativa;

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- Aplasia pura della serie rossa: si associa atumori timici nel 30 - 50% degli adulti. Sonostati descritti anticorpi contro i precursori deiglobuli rossi.- Anemie mielodisplastiche: dette anche ane-mie refrattarie con eccesso di blasti, preleuce-mia, sindrome dismielopoietica o mielosi eri-tremica cronica. Hanno in comune una pri-mitiva anomalia del midollo con disordine dimaturazione ed insufficienza a produrre unadeguato numero di globuli rossi maturi.- Anemia sideroblastica: è una condizione pre-leucemica, anche se può essere ereditaria osecondaria a farmaci o altre malattie (neopla-sie, disordini del midollo, malattie infiamma-torie).

Anemie da aumentata distruzione

a) Anemie emolitiche dovute ad una accelera-ta dist ruzione di globuli rossi per causeintrinseche al globulo stesso.b) Anemie emolitiche dovute ad una accelera-ta distruzione di globuli rossi per cause estrin-seche al globulo.

Anemie emolitiche per cause intrinseche alglobulo rosso

- Anemie emolitiche congenite da alterazionidella membrana del globulo rosso:sferocitosi ereditaria è dovuta alla carenza diuna proteina, la spectrina, che consente unassetto di membrana tra lipidi e proteine. Sicaratterizza per anemia, ittero e splenomega-lia, micro s fe ro c i tosi, diminuita re s i ste n z aosmotica delle emazie, turricefalia, ulcere cro-niche alle gambe;ellissocitosi ereditaria: ha quadro clinico simi-le a quello della sferocitosi; le emazie hannouna forma ellittica, ed il colesterolo si collocaai due estremi del globulo rosso.

- Anemie emolitiche enzimopeniche:d e ficit di gl u c o s i o - 6 - fo s fa to deidro ge n a s i(G6PDH) è caratterizzato da crisi emoliticheacute a seguito di episodi di ingestione o ina-lazione di pollini, di fave (favismo), di compo-sti chimici ossidanti (acido acetilsalicilico, clo-ramfenicolo, trimethoprim, PAS, sulfametos-sipiridina, isoniazide, metildopa, ac. nalidixi-co, piperazina ecc.). La crisi emolitica hacome sintomatologia malessere, brivido, feb-bre, vomito, dolori addominali e lombari. Aldi fuori della crisi si ha ittero o subittero edanemia di varia gravità. La forma è frequentein Sardegna.

- Emoglobinopatie:anemia emolitica drepanocitica o a cellule fal -ciformi, trasmessa come carattere autosomicorecessivo, caratterizzata da drepanociti (ema-zie a falce) per la presenza di una emoglobinaanomala (HbS dal 15 al 90%);anemia microdrepanocitica è dovuta ad unadoppia eterozigosi per il gene HbS e per quel-lo della betatalassemia. Le crisi di falcizzazio-ne sono innescate da infezioni, acidosi, feb-bre, ipossiemia. Si dovrebbe prevenire ogniepisodio febbrile con paracetamolo;

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Emoglobinuria parossistica notturna: è carat-terizzata da episodi recidivanti di crisi emoli-tiche acute con brividi, febbre, dolori ed emo-gl o b i n u ria che iniziano preva l e n te m e n tedurante il sonno e si accompagnano a compli-canze trombotiche. E’ dovuta ad una partico-lare ipersensibilità alla lisi da parte del com-plemento e caratterizzata da emoglobinemia,emosideruria.

Talassemie: sono un gruppo di emoglobinopa-tie trasmesse con carattere autosomico domi-nante caratterizzate da deficiente produzionedelle catene beta o alfa.La talassemia maior o Morbo di Cooley è lega-ta al gene disvitale in stato di omozigosi: l’e-moglobina è costituita da HbF in quantitàvariabile dal 15 al 90%. La forma maior sicaratterizza per un’anemia grave, con spicca-ta spleno-epatomegalia, ittero, anemia micro-citica ed ipocromica, emazie a bersaglio, eri-t ro b l a sti, emoglobina fetale in circ o l o .Radiologicamente le ossa del cranio sonodeformate (cranio a "spazzola") e così pure leossa lunghe perché il midollo (deputato allaeritropoiesi) è ipertrofico, mentre la corticaleè ridotta; la facies è caratteristica con zigomis p o rgenti, naso incava to, fro n te alta ecc(facies orientaloide).La talassemia minor o Morbo di Rietti-Greppi-Micheli (2 - 6% di HbF) e la talassemia mini -ma o microcitemia costituzionale, sono comu-ni condizione di portatore sano con emoglobi-na fetale (HbF) praticamente assente ma notedi ipocromia e subittero. L’emocromo mostral’alto numero dei globuli rossi ( > 5.000.000)di piccole dimensioni e la riduzione dell’emo-globina ( < 12 ). Le donne con anemia medi-terranea in forma minor hanno purtroppospesso capelli diradati e sottili.

Anemie emolitiche per cause estrinseche alglobulo rosso

Dipendono da fattori che agiscono al di fuoridel globulo rosso (estrinseci) e ne determina-no la lisi (emolisi).

- Anemie emolitiche da prodotti chimici o dafarmaci: BAL, isoniazide, metildopa, blu dimetilene, chinino, acido ascorbico, PAS, aspi-rina, furazolidone, piperazina, pro b e n i c i d ,chinidina, penicillina, clorpromazina, clor-propamide, fenacetina, insulina, sulfamidiciecc.- Anemie emolitiche da infezioni batteriche oinfestazioni parassitarie.Sono dovute ad attivazione del complementoed alla produzione di emolisine e tossine bat-teriche varie in corso di setticemie ecc.- Anemie emolitiche autoimmuni.Rappresentano un gruppo importante di ane-mie secondarie alla formazione di autoanti-corpi contro determinanti antigenici globula-ri; gli anticorpi sono detti “freddi” o “caldi”,a seconda della capacità di reagire a freddo oa caldo e di dare lisi.Anticorpi "caldi", così definiti perché gli anti-corpi reagiscono a 37 °C con antigeni protei-ci e sono IgG, solo di raro IgA ed IgM: ciòaccade a seguito di neoplasie del sistemaimmunitario (linfoma di Hodgkin, collageno-vasculiti, LES).Anticorpi "freddi", così definiti perché la rea-zione avviene a freddo, cioè a 4°C. Sonoforme più rare. Fra queste l'emoglobinuriap a ro s s i stica a fri g o re di Donath eLandsteiner, dovuta ad un'emolisina presentenel siero e fissata sulle emazie che determinacrisi emoglobinuriche alle esposizioni al fred-do, con dolori ossei e mialgie intense, diarrea,vomito e disturbi vasomotori con vasospasmotipo fenomeno di Raynaud. Le urine sonorosso sangue per la presenza di emoglobina. Il

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test di Rosenbach (immersione della mano inacqua ghiacciata stretta da un laccio) provocacrisi emoglobinurica.Anticorpi a freddo si possono avere nella gam-mopatia monoclonale, nella mononucleosiinfettiva, nelle infezioni da Mycoplasma pneu-moniae.Anemie emolitiche acquisite acute da autoan-ticorpi possono seguire ad infezioni virali(polmonite atipica primaria, mononucleosiinfettiva, influenza, malattia da coxsachie,rosolia, varicella ecc.); neoplasie (linfomi),carcinomi metastatizzati del midollo, malattiadel collagene, LES.Anemie emolitiche acqu i s i te cro n i che daautoanticorpi insorgono in corso di patologiecome tubercolosi, collagenopatie, cirrosi epa-tica, sarcoidosi.Le indagini di laboratorio da effettuare perdiagnosticare le anemie emolitiche sono- dosaggio dell'aptoglobina, che sarà ridotta;- test di Coombs diretto che ricerca nel sierodel paziente gli anticorpi adesi sulle emazie;- il dosaggio dell'emoglobina libera nel siero;- l'emosiderinuria.

Anemie dovute a perdita

Possiamo avere perdite dal tubo digerente chesi manifestano con:emottisi, (sputo di sangue, àima + ptiùo) peremorragia dal faringe, varici esofagee, esofa-go, trachea, bronchi, polmoni ecc;ematemesi (vomito di sangue di color caffè,dal greco = aima + emesis dovuta a gastriteemorragica, ulcera gastrica, cancro dello sto-maco, duodenite, ulcera duodenale, variciesofagee, esofagite emorragica ecc;melena (sangue nero digerito nelle feci, dalgreco = melanos + àima), significa che c’è san-gue digerito nelle feci e la causa è da ricerca-re in una emorragia digestiva del tratto alto;

rettorragia (sangue rosso vivo dal retto), peralterazioni organiche rettali, emorroidi, poli-pi, cancro, Morbo di Crohn, malattie infiam-matorie intestinali, malattie del collagene,enterocoliti.Le forme di anemia dovute a sanguinamentoocculto sono frequenti ed insidiose. Se l’emor-ragia non è evidente si può ricorrere a testspecifici come la ricerca del sangue occultonelle feci.

- la celiachia è causata da un danno allamucosa dell’intestino provocato da una iper-sensibilità al glutine alimentare, un compo-nente di cereali come grano, segale, avena eorzo. Il danno conduce a un alterato assorbi-mento degli alimenti.Nella maggior parte dei casi l'intolleranza sirende evidente nel bambino, dopo qualchemese dall'introduzione del glutine nella dieta,cioè tra i 6 mesi e l’anno e mezzo.Il quadro clinico esordisce con diarrea, vomi-to, anoressia, irritabilità, arresto della cresci-ta o calo ponderale.Nelle forme che si manifestano tardivamente,dopo il secondo - terzo anno di vita, la sinto-matologia gastroenterica è più sfumata e ingenere prevalgono altri sintomi quali il deficitdell'accrescimento, il ritardo dello sviluppopuberale, i dolori addominali ricorrenti e l'a-nemia che non risponde alla somministrazio-ne di ferro per via orale. Il quadro è sempremeno frequente grazie alla diagnosi semprepiù precoce della malattia.La diagnosi si fa con la ricerca degli anticorpiantigliadina e antiendomisio. Da poco tempo,però, è possibile anche effettuare un test anco-ra più specifico: il dosaggio degli anticorpiper la transglutaminasi. Se gli anticorpi sonopresenti, si conferma la diagnosi con il prelie-vo di un frammento di mucosa intestinale nelcorso di una endoscopia digestiva.La celiachia non ha cure. La si può tenere

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sotto controllo efficacemente attraverso l’eli-minazione del glutine dalla dieta. Una voltarimosso il glutine dalla dieta, entro alcune set-timane, le infiammazioni dell'intestino tenueregrediscono. All'inizio può essere necessarioprendere integratori vitaminici e minerali peraiutare a correggere le deficienze alimentari.La guarigione e una significativa ricrescitadei villi avviene in parecchi mesi nei più gio-vani e in 2 o 3 anni negli individui adulti.

- Emorragie per alterazioni delle piastrine pertrombocitopenie e per porpora trombocitope-nica idiopatica.

Le indagini di laboratorio da effettuare percaratterizzare una anemia sono:- esame emocromocitometrico completo: (pervalutare l’ematocrito, il tasso di Hb, il nume-ro dei globuli rossi, dei globuli bianchi, le per-centuali di distribuzione tra granulociti, linfo-citi, monociti, eosinofili, ecc).L’emocromo ci fornisce il numero dei globulibianchi o leucociti e la loro ripartizione ingranulociti o polimorfonucleati (suddivisi inbasofili, eosinofili), linfociti e monociti; essisono mediamente 5.000 - 9.000 per l’uomo e4.000 - 7.500 per la donna e determinano laformula leucocitaria così costituita:-granulociti neutrofili 55-70%-granulociti eosinofili 1-4%-granulociti basofili 0,1 -1%-monociti 2-8%L’aumento dei granulociti neutrofili, si puòavere nelle malattie dovute ad infezioni batte-riche da gram positivi, nelle suppurazioni(carie dentarie, tonsilliti ecc), nelle neoplasie,nell’infarto del miocardio, nelle ustioni, nelleaffezioni del polmone;leucopenia si può avere nel Kala-azar, tuber-colosi, malattie infettive come tifo, paratifo,m e l i tense, influenza, LES, ipers p l e n i s m o ,

radiazioni, shock, ipotiroidismo, iposurrenali-smo)Un aumento degli eosinofili si avrà nelle ane-mie perniciose, leucemia eosinofila, morbo diHodgkin, psoriasi, infestazioni da parassiti,allergopatie, gastroenterite eosinofila.- reticolocitemia: per valutare la presenza direticolociti in circolo, espressione di rigenera-zione dei globuli rossi dopo un episodio emor-ragico o emolitico se l'organismo è in grado diripristinare la massa eritrocitaria circolante.Di norma i reticolociti sono il 2%, ma il loronumero aumenta se vi è emolisi o emorragie.- resistenze osmotiche: In condizioni normaliessa oscilla tra 0,45 e 0,35 per le soluzionisodio-cloruro, cioè il globulo rosso mantienela sua integrità in queste situazioni limite,grazie ai sistemi di pompa di cui è dotato.Tuttavia la resistenza osmotica aumenta nellesindromi talassemiche, nelle anemie drepano-citiche, si riduce invece nelle anemie emoliti-che acquisite, secondarie ad epatopatie, nelleneoplasie, nell’anemia perniciosa.- VES: aumenta nelle anemie, nelle infezioni,nelle leucosi acute, nelle epatopatie con ipoal-buminemia, nei tumori, dopo interventi chi-rurgici, durante la febbre; si riduce nelle poli-globulie, nel morbo di Vaquez, nelle iperalbu-minemie.- bilirubina indiretta: aumenta nella emolisiin quanto è prodotta dal catabolismo dellaemoglobina.- sideremia: di norma è di 65 - 185 micro-grammi %. Condizioni di iposideremia sono:insufficiente apporto di ferro con la dieta( ve geta riani), disturbo dell’assorbimento ,splenectomia, malattie infettive, epatopatie,emorragie acute e croniche. Condizioni diipersideremie sono l’emocromatosi, l’anemiaperniciosa, la cirrosi epatica, le sindromi emo-litiche congenite, l’ipertiroidismo.- transferrina: la quota insatura è indica l’avi-dità con cui l’oganismo capta il ferro e si

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incrementa nelle anemie sideropeniche; laforma satura rappresenta la quota di ferro nelplasma;- ferritinemia: rappresenta le forme di deposi-to del ferro.- aptoglobina: si incrementa nelle forme emo-litiche.- test di Coombs diretto ed indiretto: valuta lapresenza do eventuali anticorpi nelle formeemolitiche autoimmuni.- dosaggio della Vit. B12 e dell’acido folico:permette la diagnosi nelle forme macrociti-che.

Cenni di terapiaNon esiste una terapia unica per tutte le ane-mie.La somministrazione di ferro è essenzialenelle forme ferrocarenziali è invece sconsiglia-ta nelle forme emolitiche. Nelle forme macro-citiche e/o megaloblastiche si somministranoVit B12 (1000 gamma/die per brevi periodi)ed acido folico (1 - 5 mg/die).Nelle anemie croniche gravi, per es. la talasse-mia maior, è indicata la somministrazione diemazie concentrate, talora associando plasmao albumina; nei bambini con rischio di infe-zione da citomegalovirus o nei pazienti chehanno avuto reazioni trasfusionali (orticarie efebbre) si impiegano emazie congelate; leemazie lavate sono impiegate nei pazienti chehanno avuto ipersensibilità verso i componen-ti plasmatici.Nelle forme autoimmuni si impiegano gliimmunosoppressori (ciclosporina); si ricorretalora alla splenectomia o al trapianto dimidollo.I cortisonici sono usati nelle anemie aplasti-che refrattarie.I chelanti di ferro si impiegano, nelle formedove c’è ipersideremia e rischio di emosidero-si.

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Ipotiroidismo

L’ipotiroidismo può essere la conseguenza diuna tiroidite, di un intervento chirurgico, diuna terapia radiologica. Nell’ipotiroidismocronico franco la cute e gli annessi cutaneisono fra le strutture che vengono compromes-se. La cute è pallida e secca. Le unghie sonofragili e sottili. I capelli anch'essi fragili, sec-chi e sottili, si diradano cadendo in telogenma senza determinare mai una vera calvizie(effluvio cronico in telogen da ipotiroidismo).E’ descritta come caratteristica la perditadella metà temporale delle sopracciglia e lararefazione dei peli ascellari e pubici.

Nell’ipotiroidismo è costante l’ipercolesterole-mia e frequente l’ipoproteinemia. Vi è inoltreanemia ferrocarenziale ed ipozinchemia, dasole sufficienti a giustificare l’effluvio.L’effluvio si manifesta anche perché la tiroxi-na, per la sua azione sui fattori di crescita,svolge un ruolo essenziale nelle prime fasi dicrescita del capello (anagen 1 - 2).TRH e TSH sono molto alti. La prolattina altaper effetto dei valori elevati di TRH stimola lasurrene alla produzione di androgeni conver-tibili in testosterone.

Per la carenza di tiroxina anche la globulinalegante il testosterone nel sangue, SHBG pro-dotta dal fegato sotto stimolo tiroideo, dimi-nuisce e diminuisce anche la sua affinità peril testosterone, pertanto una maggiore quanti-tà di ormone si ritrova libero nel sangue conla possibilità di trasformarsi in diidrotestoste-rone. Questo meccanismo patogenetico, ipo-tizzabile solo in presenza di ipoproteinemia,rappresenterebbe la causa dell'ipertricosi edella perdita androgenetica dei capelli checomunque può manifestarsi solo in presenzadi ereditarietà per alopecia androgenetica.

In un soggetto sano questo meccanismo pato-ge n etico lega to all’aumento della fra z i o n elibera del testosterone è comunque assai pocoimportante nel determinare alopecia perché,in condizioni fisiologiche, la capacità di lega-me della SHBG è tale da essere sempre lonta-na dalla saturazione. Inoltre la sua affinitàper il testosterone è talmente elevata che legacirca il 99% dell'ormone ed aumentarla odiminuirla di poco non modifica di fatto ladisponibilità della frazione libera. La frazionelibera del testosterone è, nei soggetti sani,sempre funzione del suo valore totale (intornoall’1%), non hanno quindi alcuna logica gliesami di valutazione del testostrone libero edella SHBG. Diversa è la situazione in pazien-ti ipoproteinemici o disprotidemici. Un dosag-gio della testosteronemia, se le proteine sononella norma, ci dà anche il valore della frazio-ne libera dell'androgeno.

L'alopecia nell’ipotiroidismo ha un decorsomolto lento e graduale e colpisce diffusamen-te tutto il cuoio capelluto sotto forma di"effluvio cronico". Al tricogramma si osservaun aumentato numero di bulbi distrofici e/oin telogen, il che significa che la fase di cresci-ta attiva dell'anagen è ridotta, così un nume-ro sempre maggiore di capelli passa alla fase

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catagen e quindi alla fase telogen in un tempopiù breve del normale. Questa situazione defi-nisce il telogen effluvio cronico. Clinicamentei capelli appaiono ruvidi, secchi e fragili. Taleaspetto è probabilmente dovuto anche ad unaalterata secrezione sebacea.

L'ipotiroidismo subclinico è uno stato asinto-matico in cui l'iperstimolazione tireotropini-ca, secondaria a riduzione dei livelli circolan-ti di ormoni tiroidei, garantisce un apparenteeutiroidismo. Talvolta vi è iperplasia dellatiroide cun un gozzo più o meno evidente.Talvolta questi pazienti hanno come unicosegno l'ipercolesterolemia. Inoltre l'assorbi-m e n to inte stinale di metalli come fe rro ,zinco, magnesio, rame, calcio e di vitaminecome la B12 ed i folati è rallentato, con con-seguente anemia sideropenica e talvolta concaratteri di macrocitosi (anemia pseudo per-niciosiforme).In questi soggetti sono spesso presenti anticor-pi anti TG (anti tireoglobulina) e/o soprattut-to anti TPO (anti perossidasi microsomialetiroidea). I livelli di TSH sono di norma eleva-ti in condizioni basali e, se non lo sono, pre-sentano una iper risposta allo stimolo conTRH. I livelli di ormoni tiroidei sono spessoancora nella norma, sia pur nella fascia deivalori bassi. La prolattina è frequentementeelevata come conseguenza dei valori alti diTRH. Frequentemente elevato è il colesterolo.L'effluvio è conseguenza della anemia e dellaridotta attivazione dei fattori di crescita.

Si può porre diagnosi di ipotiroidismo dosan-do l'ormone stimolante la tiroide (TSH) e latiroxina (T4). Un ipotiroidismo primitivo ècaratterizzato da alti valori plasmatici di TSHe bassi o normali di T4. I valori plasmaticinormali di T4 sono compresi fra 5 e 12 mg/dlo 65 - 155 nanomoli/L. I valori normali diTSH sono compresi fra 0,5 e 4 mU/L. Ogni

qualvolta osserviamo pazienti, specie di sessofemminile, affetti da alopecia a tipo androge-netico o da ipotrichia diffusa a tipo telogeneffluvio cronico, richiediamo di routine fra ivari esami anche il dosaggio del fT4, il TSH ela colesterolemia.

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La tiroidite cronica autoimmune

Nel 1912 Hashimoto descrisse i casi clinici diquattro donne nelle quali la tiroide apparivanotevolmente ingrandita ed istologicamentetrasformata in tessuto linfoide. Diede a taleaffezione il nome di "struma linfomatoso". Altempo, in queste pazienti, non si riscontrava-no altre alterazioni. Solo dopo 40 anni si pote-rono rilevare in analoghi pazienti anticorpiantitiroide e attualmente si conosce la malat-tia, primariamente descritta da Hashimoto,come "tiroidite cronica autoimmune".Clinicamente la tiroidite può essere caratte-rizzata sia dalla presenza di un voluminosogozzo sia da una tiroide atrofica ridotta divolume e di consistenza aumenta ta .Entrambe le forme comunque sono caratte-rizzate dalla presenza nel siero di autoanticor-pi rivolti contro antigeni tiroidei e da varigradi di disfunzione ormonale.La tiroidite autoimmune è una patologia rela-tivamente frequente. Colpisce preferenzial-mente (5/1) il sesso femminile e viene di soli-to diagnosticata tra i 30 e i 60 anni. In unostudio autoptico condotto negli Stati Uniti edin Inghilterra risulta che quasi il 45% delledonne ed il 20% degli uomini presenta varigradi di tiroidite autoimmune. La tiroiditeautoimmune anche subclinica è la più fre-quente causa di ipotiroidismo nell'adulto. Lapresenza di anticorpi antitiroide e TSH eleva-to è fortemente predittiva di un successivo svi-luppo di ipotiroidismo franco.Il processo autoimmune inizierebbe con l'atti-vazione di linfociti CD4+ o helper, da parte dilinfociti T specifici per gli antigeni tiroidei.Attualmente esistono due ipotesi sulla genesidella attivazione dei linfociti CD4. Secondoalcuni autori una iniziale infezione causatada virus o batteri contenenti proteine similialle proteine tiroidee determinerebbe l'attiva-zione di cloni di linfociti helper specifici per

antigeni tiroidei che darebbero origine aduna cro s s - reazione. Un ' i p otesi alte rn a t i vasostiene che le cellule tiroidee presentanoalcune loro proteine intracellulari ai linfocitiT helper. Il meccanismo alla base della inizia-le attivazione dei linfociti T in tale modellonon è chiaro. Comunque attivati i linfociti Tpossono stimolare i linfociti CD4 alla produ-zione di anticorpi. I tre antigeni target per larisposta immune sono: la tireoglobulina (pro-teina di deposito degli ormoni tiroidei), laperossidasi tiroidea (enzima limitante nellasintesi di T3 e T4) ed il recettore per il TSH.Il ruolo principale nella distruzione del tessu-to tiroideo è giocato senz'altro dall'azione cito-tossica diretta dei linfociti CD8 killer recluta-ti dai linfociti CD4. Comunque, anche gliautoanticorpi potrebbero essere responsabilidell'ipotiroidismo.L'autoimmunità tiroidea è familiare. Più del50% dei parenti di primo grado di soggettiaffetti da tiroidite cronica autoimmune pre-senta anticorpi antitiroide.Un ruolo importante nella genesi della tiroidi-te di Hashimoto è giocato dall'apporto iodico.La prevalenza è più alta nei paesi con maggio-re apporto come gli Stati Uniti ed il Giappone.La supplementazione di iodio può inoltreindurre un ipotiroidismo transitorio e reversi-bile poiché viene inibita la biosintesi ed il rila-scio dell'ormone e aumentata l'autoimmunitàtiroidea. La terapia con amiodarone ad esem-pio è una causa frequente di ipotiroidismoindotto dallo iodio che è presente nella mole-cola farmaceutica in percentuale del 35%.Anche il litio può determinare un ipotiroidi-smo transitorio in 1/3 dei pazienti, con osenza anticorpi antitiroide, mediante un mec-canismo inibitorio diretto sul rilascio degliormoni tiroidei. Anticorpi antitiroide possonoritrovarsi in numerose altre condizioni clini-che: pazienti affetti da cancro, malattie mielo-p ro l i fe ra t i ve, sindromi mielodisplast i che e

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particolarmente interessante è il caso deipazienti affetti da epatite virale trattata coninterferone alfa che nel 20% dei casi sviluppa-no anticorpi antitiroide e nel 5% vanno incon-tro ad ipotiroidismo.Il gozzo tipico della tiroidite autoimmune ècaratterizzato da un diffuso infiltrato linfoci-tario con rari centri germinativi. I follicolitiroidei sono ridotti di grandezza, contengonocolloide dispersa e sono circondati da fibrosi.Le singole cellule follicolari appaiono conampio citoplasma roseo contenente granuli(trasformazione ossifila) e prendono il nomedi cellule Askanazy.I pazienti affetti da tiroidite cronica autoim-mune, con o senza gozzo, presentano i segniclinici dell’ipotiroidismo. La maggior parte diloro riferisce una sensazione di fastidio nellaregione tiroidea. Nella classica tiroidite diH a s h i m oto la tiroide ri s u l ta diff u s a m e n teingrandita, di consistenza aumentata e consuperficie irregolare. In più del 13% dei casi,particolarmente negli anziani, l'estrema fibro-si può esitare in un voluminoso gozzo che puòessere confuso con una patologia maligna.Il sospetto clinico di tiroidite cronica autoim-mune deve essere confermato dalla presenzadi anticorpi antitiroide nel siero e dai valoridel TSH. In quasi il 60% dei pazienti affetti siritrovano anticorpi antitireoglobulina (TGAb)e nel 95% anticorpi antiperossidasi (TPOAb)associati o meno al dato clinico di gozzo esegni di ipotiroidismo. Il titolo anticorpale,inoltre, tende ad essere più elevato nelleforme di tiroidite atrofica autoimmune che inquelle con gozzo. Bassi titoli di anticorpi anti-tiroide possono ritrovarsi anche nel siero dipazienti affetti da altre patologie tiroidee mal'alta positività degli anticorpi antiperossidasioffre praticamente la certezza che si tratti ditiroidite autoimmune. Circa il 50 - 75% deisoggetti con positività agli anticorpi TPOAb /TGAb sono eutiroidei ma il 25 - 50% di que-

sti presenta segni di ipotiroidismo subclinicoe una buona percentuale (dal 5 al 10%) ha unipotiroidismo manifesto che necessita di trat-tamento farmacologico. Altri segni di labora-torio sono la VES elevata, un'ipergammaglo-bulinemia policlonale, una ga m m o p a t i amonoclonale ed anche anticorpi antinucleo.Le indagini strumentali non sono in realtànecessarie nella diagnosi di tiroidite cronicaautoimmune e vengono eseguite solo per lostudio di un gozzo.L'ecografia tiroidea conferma la diagnosi giàfatta con le indagini di laboratorio. Gli aspet-ti ecografici sono quelli di un'aspecifica ipoe-cogenicità e disomogeneità del parenchimag h i a n d o l a re, un ingra n d i m e n to diffuso incaso di gozzo e una riduzione del volumetiroideo nelle forme atrofiche.L'esame scintigrafico e la captazione possonoindurre in errore poiché si possono avere deiquadri simili al morbo di Graves, al gozzomultinodulare e al nodulo autonomo. La cap-tazione del radionuclide è caratteristicamentenormale o elevata nei pazienti con tiroiditeautoimmune con gozzo, persino in presenzadi ipotiroidismo, mentre nelle tiroiditi sub-acute o silenti senza gozzo la captazione èbassa.L'agoaspirato è indicato nei casi in cui ci sia ilsospetto di carcinoma.Poiché i pazienti con tiroidite cronica autoim-mune sviluppano spesso un ipot i ro i d i s m osubclinico o conclamato la terapia deve mira-re essenzialmente alla correzione di quest'ul-timo. Tutti i soggetti affetti vengono general-mente trattati con L-tiroxina (Eutirox) il cuidosaggio va aggiustato monitorando i valoridel TSH fino a ristabilirli entro il range dellanormalità (0,5 - 4,0), talvolta vengono utilizza-ti farmaci immunosoppressori e corticosteroi-di. Il dosaggio dell’fT4 può essere utile all'ini-zio della te rapia perché qu e sto aumentaprima che il TSH si normalizzi e poi, nelle

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fasi successive, è indice della compliance delpaziente al trattamento.La terapia con L-tiroxina si accompagna allanormalizzazione del TSH, alla riduzione delgozzo e del titolo anticorpale. La dose del far-maco va stabilita a seconda dell'età del pazien-te, del peso corporeo ed in base alla presenzadi alcune controindicazioni re l a t i ve. Ne ipazienti anziani e nei cardiopatici il tratta-mento va iniziato ed aumentato lentamenteper evitare la slatentizzazione o la riacutizza-zione di una cardiopatia ischemica. Ci sonomolte buone motivazioni a favore del tratta-mento dei pazienti anziani con ipotiroidismoanche subclinico:- la sintomatologia di un lieve ipotiroidismomigliora nel 50% dei pazienti trattati con L-tiroxina,- il metabolismo lipidico, quasi sempre altera-to, viene migliorato,- la contrattilità cardiaca, ridotta nell'ipotiroi-dismo subclinico, si normalizza con la tera-pia,- il 25% dei pazienti trattati è più attivo men-talmente,- i livelli di FT4 anche se normali potrebberonon essere sufficienti per quel particolareindividuo.

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L’ALOPECIA AREATA

Cenni storicia cura di Roberto D'Ovidio

La “storia” dell'alopecia areata; storia profon-damente legata a quella della medicina e inp a rt i c o l a re al nascere della derm a to l o g i aquale arte coltivata da medici e non (già daallora!), nel tentativo di carpire, intuire, attra-verso gli sfoghi della pelle, le tribolazionid e gli umori inte rni di ciascun individuo.Medici, addirittura specializzati in “malattiedella testa” (indicati dai Greci come iatroikefalés) sono segnalati già nell'antico Egitto. ATee sono stati scoperti papiri medici risalential 1550 a.C. nei quali vengono descri t temalattie della pelle identificabili con suffi-ciente attendibilità e fra queste si descrive giàl'alopecia areata. Il primo ad adoperare il ter-mine “alopecia” fu il grande Ippocrate, natoa Coo intorno al 450 a.C. A lui, peraltro, sideve gran parte della terminologia dermatolo-gica tuttora adottata (ectima, lichen, psoriasi,e s a n temi ecc...). Conoscito re dell'opera diIppocrate, e suo degno successore, fu AuloCornelio Celso, che prestava la sua opera dimedico a Roma negli anni a cavallo dellanascita di Cristo. Celso fu autore di un tratta-to, il “De Re Medica”, di capitale importanzaper la medicina in generale e per la dermato-logia in particolare, nei cui libri IV e V vienedescritta l'alopecia areata, nella varietà ofiasi-ca, e viene già distinta dal defluvio. Seguì unab a t t u ta d'arre sto poiché la medicina delMedio Evo non conobbe l’opera di Celso.Bisogna arrivare al Rinascimento per ritrova-re le tracce dell’alopecia areata o area diCelso, come veniva chiamata all'epoca. FuNicolò V, Papa dal 1471 al 1484, a riscopriree divulgare il “De Re Medica”. In quegli anniun famoso derm a tologo di Fe rra ra, ta l eGiovanni Mainardi, cultore in special modo

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delle malattie del cuoio capelluto, tenne a sot-tolineare la differenza tra l'area celsi, veramalattia, e l'alopecia “volgare” (la nostra alo-pecia androgenetica) nella quale i capellicadono, scrisse il Mainardi, probabilmenteper scarsità di “umori”. A metà del 1600nasce il microscopio e Marcello Malpighi fu ilprimo a studiare la pelle con questo nuovostrumento. Negli anni successivi egli e altricercarono di carpire il segreto delle malattiedermatologiche analizzando capelli, squame,forfore. Nel 1840 si verifica in Francia unaepidemia scolastica di perdita di capelli achiazze. La malattia venne descritta dal der-matologo Cazenave che la chiamò: “herpestonsurans capillitii”. Fu David Gruby, unghe-rese, di stanza a Parigi e fanatico microscopi-sta, a descrivere le spore di un fungo (il micro-sporum) in questa particolare forma di alope-cia. Si trattava di una epidemia di tignamicrosporica (cioè di un’ infezione provocatada un fungo, il microsporum appunto, che simanifesta con perdita di capelli a grandichiazze circ o l a ri), ancora sconosciuta inE u ropa e ve ro s i m i l m e n te imp o rta ta dallecolonie francesi del sud-est asiatico dove lamalattia era endemica (cioè presente e cono-sciuta da tempo) dai figli degli amministrato-ri e dei diplomatici. Cosa c'entra l'alopeciaareata in tutto ciò? Nel descrivere il fungo, ilGruby, con una frase infelice, collegò l'epide-mia di herpes tonsurans con “una certa varie-tà decalvante detta area di Celso”. Ancora neiprimi anni del 1800 l'alopecia areata stentaad avere una ben precisa collocazione. Nel“Tra t ta to comp i u to delle malattie dellapelle”, scritto dal Barone Alibert (allora medi-co in capo del parigino ospedale di San Luigi)e tradotto in italiano nel 1835, si fa cennoall'alopecia areata nel capitolo delle dermato-si tignose, cioè: “di quelle eruzioni aventi perspecial sede il derma capelluto” con riferi-mento alle porrigini, cioè alle infiammazioni

del cuoio capelluto con o senza perdita dicapelli. La varietà con perdita di capelli pren-de il nome di porrigo tonsoria o decalvante.Nel descrivere questa forma, l'autore crea unacerta confusione poiché da un lato sottolineala presenza di numerosi casi negli ospizi e inmolti collegi di Parigi (la famosa epidemia ditigna micro s p o rica) e aggiunge che fo rs eCelso abbia voluto comprendere queste (leporrigini tonsorie) in un genere da esso crea-to col nome di area. Dall'altra lo ste s s oAlibert, nel descrivere l'area celsi, paragona ilcuoio capelluto dei pazienti a terreni sterilisimili alle lande (pianura prevalentementesabbiosa con scarsa vegetazione) dove nonpuò crescere nulla, conseguenza di qualchemalattia linfatica o l'effetto di una certa nutri-zione anormale. E' necessario sottolineare,d'altro canto, che, a quell'epoca, la spintaall'osservazione microscopica porta tutti a tro-vare, a torto o a ragione, funghi dappertutto enon solo nell'alopecia areata. Il fungo consi-derato causa, a torto, dell'alopecia areata nonè altro che il Pityrosporum, agente causaledella pitiriasi versicolore. Ma affinché si chia-risca tutto ciò è necessario arrivare ai primianni del 1900. Il fatto di aver dimostrato inmodo inequivocabile la natura non infettivadella malattia non apporta certo elementi dichiarimento. In tutti i trattati di dermatologiadegli anni 40 e 50 si fa riferimento, in temadi patogenesi, ad un ipotetico spasmo (restrin-gimento) dei vasi sanguigni nelle zone colpitedalla perdita dei capelli, associato a fattorigenerali quali disfunzioni della tiroide o del-l'ipofisi o delle ghiandole genitali o del timo.Secondo un illustre dermatologo dell'epocaun buon numero di casi, specialmente quellipiù gravi, potevano essere la risultante di unapregressa sifilide congenita. Negli anni 60 leconoscenze in campo immunologico ci offro-no una nuova e più circostanziata chiave dilettura di tante malattie, alopecia areata com-

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presa, ma questa è un'altra storia ...

Generalità sulla alopecia areataL’alopecia areata è molto frequente, ha spessoremissione spontanea ed è caratterizzata dallaimprovvisa comparsa di chiazze prive di peli,di forma per lo più rotondeggiante, di nume-ro e di dimensioni variabili. Non mostra par-t i c o l a re predilezione di sesso e colpisces o p ra t t u t to soggetti di razza caucasica edorientale. L’alopecia areata può esordire aqualsiasi età, ma sembra più frequente nel-l’infanzia e nella adolescenza, comune nell’e-tà adulta e rara nell’anziano.

L’eziologia della malattia è ancora ignota.E s i ste indubbiamente una pre d i s p o s i z i o n egenetica familiare e nei gemelli monozigoti sipresenta solitamente alla stessa età e con glistessi aspetti clinici.E’ stata sottolineata la alta frequenza di anti-geni del sistema maggiore di istocompatibili-tà, HLA-DR4 e HLA-DR5 in pazienti affettida alopecia areata (Orecchia G.). Il sottotipoDPW4 sembra ra p p re s e n ta re il subst ra togenetico per una maggiore suscettibilità adammalarsi di forme gravi.

Il ruolo svolto da fattori emotivi e caratterialiè ancora discusso. e molti pazienti presentanosicuramente tratti nevrotici della personalitàdi gravità variabile. La nostra personale espe-rienza ci fa affermare che questi pazientihanno spesso disturbi del sonno e comunquedormono molto poco, anche se talvolta sonore stii ad ammet te rlo. L’alopecia are a ta ècomune in chi lavora la notte come i guardia-ni notturni e i disc jockey ed è comunissimain chi per lavoro altera continuamente ilritmo giorn o - n ot te, luce-buio, sonno-ve gl i acome i turnisti in terza o in quinta; tanto che,a nostro parere, potrebbe configurarsi comemalattia professionale.

Negli ultimi decenni numerosi dati clinici esperimentali hanno mostrato la sensibilità delsistema immunitario nei confronti di eventiemozionali e stressanti e la possibilità chequesti possano influenzare sia l’immunità cel-lulomediata che anticorpomediata.

E’ difficile capire perché l’alopecia è areata! Ilfollicolo è tanto più suscettibile ad una noxapatogena quanto maggiore è la sua attivitàmitotica. L’evento patogeno che provoca lacaduta di capelli nella alopecia areata colpi-sce solo i follicoli in anagen, che è la fase piùvulnerabile del ciclo.Nella alopecia areata si osserva che i follicolicolpiti mantengono l’attività ciclica senzaperò riuscire a completare la loro fase di cre-scita (Messenger A.G.). Si è ipotizzato che l’a-

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lopecia areata colpisca solo i follicoli che sitrovano simultaneamente in quella sottofasedell’anagen con la più alta attività mitotica.La distribuzione topografica dei follicoli inquesta fase, al momento dell’evento patogeno,c o n d i z i o n e rebbe la fo rma della ch i a z z a(Rebora A.). Questa ipotesi è suffragata dal riscontro clini-co che l’alopecia areata è rara nei pazienticon alopecia androgenetica, nei quali l’ana-gen è di breve durata ed il ciclo follicolareaccelerato.

Oggi si è propensi a ritenere che l’alopeciaareata sia fondamentalmente una malattiaautoimmune a patogenesi autoanticorpale ecellulomediata.A sostegno di questa ipotesi, si citano nume-rosi dati:

1) l’alopecia areata non è una malattia stretta-mente limitata al follicolo pilifero;2) i pazienti con alopecia areata hanno spessoautoanticorpi circolanti;3) i reperti istologici mostrano la presenza diun infiltrato infiammatorio linfocitario diaspetto “aggressivo” verso i follicoli affettidalla malattia;4) è descritta l’associazione dell’alopecia area-ta con tutte le patologie autoimmuni.

Le malattie associate a patogenesi autoimmu-ne che più frequentemente si accompagnanoalla alopecia are a ta sono: la tiro i d i te diHashimoto, la vitiligine, il diabete mellito ditipo I°, il morbo di Haddison, l’anemia emoli-tica autoimmune, la gastrite cronica atrofica.I pazienti con alopecia areata presentanospesso alterazioni dell’immunità umorale conpresenza di autoanticorpi circolanti organo enon organo specifici, in particolare antimu-scolo liscio, nel 40% dei casi (Tosti A.).

Studi di immunofluorescenza diretta hannodimostrato la presenza di depositi granularidi C3, in minore misura IgG e IgM, lungo lamembrana basale della porzione inferiore deifollicoli piliferi di molti pazienti: questi depo-siti sono più facilmente osservabili al bordodelle chiazze. Depositi simili, inte re s s a n t iperò soprattutto la parte infundibolare, sonoperò dimostrabili anche in pazienti affetti dadefluvio androgenetico e pertanto rimanedubbio se siano veramente espressione di unaazione lesiva verso il follicolo o solo un epife-nomeno della normale regolazione del ciclofollicolare (Bystryn J-C.).

Lo studio della immunità cellulomediata neipazienti con alopecia areata mostra variazionisia del numero totale dei T linfociti che dellesottopopolazioni linfocitarie nel sangue peri-ferico.L’ i n fi l t ra to peri b u l b a re è cost i t u i to qu a s iesclusivamente da T linfociti con un aumentodel rapporto T helper/T suppressor. Il rappor-to Th/Ts è particolarmente alto nelle fasi diattività della malattia.La composizione dell’infiltrato si modificanelle chiazze che non sono più in fase di atti-vità o che rispondono alla terapia (Orkin M.).Molti linfociti T dell’infiltrato sono attivati edesprimono gli antigeni DR. E’ quindi plausibile che i linfociti attivati pos-sano “aggredire” i cheratinociti della matricedel bulbo innescando il processo patologico.I linfociti T attivati hanno capacità di rilascia-re linfochine come: interferone gamma, fatto-re alfa di necrosi tumorale, tra n s fo rm i n ggrowth beta factor. Queste linfochine, che ini-biscono la proliferazione dei cheratinociti invitro, potrebbero in vivo agire sulle celluledella matrice arre stando le mito s i(Baadsgaard O.).

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Un quesito tuttora irrisolto è quale sia, a livel-lo follicolare, la cellula target della malattia.Alcuni autori ritengono che la noxa colpiscaprimitivamente i cheratinociti della matriceche danno origine alla corteccia del pelo(Messenger A.G.).Altri autori ritengono possibile un ruolo deimelanociti. Questa ipotesi spiegherebbe lam a g g i o re re s i stenza alla malattia dei pelibianchi. I melanociti sono presenti a livellodella matrice del pelo solo durante la fase ana-gen, scompaiono quando il follicolo entra incatagen, rimangono assenti durante tutto iltelogen e diventano nuovamente evidenti soloalla ripresa dell’attività follicolare in coinci-denza con l’anagen 4°. E’ ipotizzabile un“dialogo” paracrino fra cheratinociti e mela-nociti, la cui funzionalità verrebbe vicende-volmente attivata. Questo aiuta anche a capi-re perchè i peli ricrescono bianchi all’iniziodella fare di risoluzione della alopecia areata(Messenger A.G.).Alcuni autori ritengono che le cellule endote-liali del plesso vascolare possano essere primi-tivamente colpite dal processo autoimmune(Nickoloff B.J.) che determina la malattia conpassaggio dei leucociti mononucleati dai vasiagli spazi perivasali.L’ipotesi che l’alopecia areata sia una condi-zione che colpisce primitivamente la papilladermica è invece suggerita dal riscontro dialterazioni nei proteoglicani della matriceextracellulare della papilla nei follicoli colpiti(Mc Donagh A.J.G.).Personalmente riteniamo che il target dellamalattia possa essere il cheratinocita o unaproteina della guaina epiteliale interna e cheil danno primitivo da cui origina l’alopeciaareata possa essere di natura metabolica. Solosuccessivamente, per la presentazione di anti-geni prima coperti, si innescherebbe il feno-meno autoimmune cellulomediato che deter-minerebbe la cronicizzare la malattia. Questa

ipotesi ci permette di comprendere come unaalopecia areata possa svilupparsi in pocheore, fatto non conciliabile, a nostro parere,con una stretta patogenesi autoimmunitaria.I capelli (o i peli) colpiti dalla malattia, dopola distruzione del sistema di ancoraggio delleguaine, cadono sia in anagen che in catagenpare cioè che i capelli tentino, senza riuscirci,di “rifugiarsi in telogen”, stadio i cui la noxapatogena all’origine della malattia non puòpiù colpirli. Questo è in accordo con le osser-vazioni istologiche che mostrano un nettoaumento della quota dei capelli catagen albordo di espansione di una alopecia areata.L’autoimmunità entrerebbe in gioco successi-vamente, nella cronicizzazione della malattia.Se questo non avviene abbiamo un telogeneffluvio.

L’esordio della alopecia areata è caratteristi-camente acuto e questo fatto è, come giàdetto, in contrasto con l’ipotesi di una patoge-nesi autoimmune “pura” della malattia.

Il paziente, o spesso chi gli vive vicino o il par-rucchiere, si accorge della comparsa di una opiù chiazze tipicamente “areate”, completa-mente prive di peli, circolari o ovalari. Lacute non presenta alterazioni ma talvolta puòapparire leggermente depressa, simil atrofica,oppure, al contrario, edematosa e leggermen-

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te eritematosa.Le chiazze di alopecia areata possono interes-sare qualsiasi zona del corpo ma sono più fre-quenti al cuoio capelluto ed alla barba, zonepiù coinvolgenti emotivamente.

Seppure raramente la alopecia areata puòinteressare solo le ciglia, le sopracciglia ed ilpube, zone cioè con anagen di breve durata ec a ta ge n / te l o gen re l a t i va m e n te lungo. Sulcuoio capelluto la zona più colpita sembraessere quella parietale. Quando la malattia silocalizza in zona temporo-occipitale si parladi ofiasi.In base alla localizzazione ed all’estensione sisuole distinguere una alopecia in chiazze sin-gole o multiple, una alopecia totale che coin-volge tutto il cuoio capelluto, una alopeciauniversale che interessa tutti i peli del corpo.Ai margini delle chiazze in fase attiva si nota-no i “peli a coda di topo”: sono peli corti,tronchi a circa 3 mm dall’ostio follicolare, condiametro e colore che si riducono progressiva-mente in senso prossimale, destinati a cadere

in 1 - 2 settimane; questi stessi una voltaestratti, per la loro tipica forma, vengono detti“a punto esclamativo”: si tratta di elementianagen distrofici o catagen, risultati da unaalterazione transitoria del processo di cherati-nizzazione e sono patognomonici della alope-cia areata.

Tipico anche il “pelo cadave ri z z a to” ch eappare come un punto nero sulla cute alope-cica. Si tratta di un pelo che non supera l’o-stio follicolare. Quando la malattia è in fase dirisoluzione sono visibili, nelle chiazze, gli ostifollicolari aperti.

I capelli bianchi sono più resistenti al traumaalopecizzante ed alla malattia. Quando questaha un esordio acuto in soggetti con capellibrizzolati, talvolta il paziente si ritrova con isoli capelli bianchi. La relazione fra coloredei capelli ed alopecia areata è evidenziata

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anche dalla predilezione della malattia per isoggetti con capelli scuri e dal fatto che quan-do i capelli ricrescono sono spesso bianchi ocomunque di un colore più chiaro di quellooriginario. Talvolta una ciocca bianca puòpersistere per anni dopo la guarigione.

Non sempre però la malattia si presenta, inmaniera tipica, ma può esordire con un efflu-vio acuto, alopecia areata incognita, e puòporre problemi differenziali con un telogeneffluvio. La presenza di capelli in catagen o inanagen distrofico all’esame attento o al con-trollo microscopico dirime i dubbi diagnosti-ci.La alopecia areata si accompagna sovente-mente anche ad alterazioni ungueali, a dimo-strazione che la noxa patogena che colpisce ipeli colpisce anche le unghie, ma queste nonappaiono correlate con la gravità e con la pro-gnosi della malattia di base.

I danni ungueali possono presentarsi in variomodo: il pitting è l’alterazione più comune, sitratta di depressioni cupuliformi disposte “ad i tale da cucito” in modo ge o m et ri c o .Talvolta si osservano anche linee di Beau, pro-

babilmente in relazione ad una noxa patoge-na più forte che ha agito in uno spazio ditempo più ristretto. In un numero limitato dipazienti, valutato intorno al 3%, l’alopeciaareata si associa ad onicopatia grave che coin-volge tutte le venti unghie “twenty nail dis-trophy” o “trachionichia” (tracus = ruvido).Nella trachionichia la lamina ungueale assu-

me un aspetto simile a quello di una superfi-cie trattata con la carta vetrata. La trachioni-chia è più frequente nei bambini ed il suoesordio può precedere o seguire quello dellaalopecia areata anche di anni ed il suo decor-so non appare necessariamente legato a quel-lo della alopecia areata. La trachionichia hacomunque andamento benigno e tende aduna lenta regressione spontanea nel giro diqualche anno.

Il decorso della alopecia areata è imprevedibi-le. Nella maggior parte dei pazienti e nelleforme a chiazze i peli ricrescono spontanea-mente, ma il decorso della affezione è capric-cioso, tipicamente recidivante e le recidivesono più gravi dell’episodio iniziale. Spesso,

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mentre i capelli ricrescono in una chiazzaaltre chiazze si aprono in altre sedi.Effettuando una trazione con le dita su ciuffidi capelli (pull test) ai bordi di una chiazzaattiva e “contando” il numero dei capelliestratti si può avere un’ idea della evoluzionedella malattia, quando il numero di capelliche si estraggono è elevato (5 - 15 ed oltre) èverosimile che la chiazza stia ingrandendosi.Se il test è positivo su tutto il cuoio capellutoè prevedibile che il paziente svilupperà unaforma severa di alopecia areata.La alopecia areata si associa spesso a sindro-mi malformative o disordini immunitari. Neipazienti atopici l’alopecia areata spesso esor-disce nei primi anni di vita, ha un decorsomolto lungo, con molte ricadute e può evolve-re verso le forme più gravi.La sindrome di Down si associa con alta fre-

quenza alla alopecia areata che in questipazienti assume un andamento cronico conscarsa risposta alla terapia. I pazienti con sin-drome di Vogt-Koyanagi-Harada, caratterizza-ta da uveite, ipoacusia, manifestazioni neuro-logiche e vitiligine, presentano spesso ancheuna alopecia areata. Questa sindrome potreb-be essere espressione di un interessamento

polidistrettuale dei melanociti, che oltre che alivello dell’epidermide e dei follicoli sono pre-senti anche a livello dell’uvea, dell’orecchiointerno e delle meningi. Alcuni studi hannodimostrato che i pazienti alopecici presentanoalterazioni a carico del cristallino, del fundused anomalie morfologiche funzionali dell’epi-telio pigmenta to retinico. Alcuni auto rihanno descritto anomalie gonadiche ed anti-c o rpi antigonadi a titolo signifi c a t i vo inpazienti giovani con alopecia areata.

La diagnosi di alopecia areata nelle sue formetipiche non presenta difficoltà. Talvolta peròla malattia può presentarsi clinicamente conaspetti difficili e “mascherati”.Come già abbiamo accennato l’alopecia area-ta può esordire con un quadro senza chiazzealopeciche ma simile al “telogen effluvium” esi parla in questi casi di “alopecia areata inco-gnita”. Un esame microscopico dei capelli checadono mostrerà che nella alopecia areata lamaggior parte degli elementi che cadono sonocatagen o anagen distrofici assottigliati nellaloro porzione prossimale (a punto esclamati-vo), nel telogen effluvio sono telogen maturi.Di fronte a una chiazza alopecica localizzataa livello fronto-temporale bisogna tenere pre-sente la “alopecia triangolare congenita”, cosìdi fronte a una chiazza del vertice bisognaconoscere la “aplasia cutis verticis” che tutta-via si differenziano per l’assenza di peli acoda di topo (o a punto esclamativo) e per ildato anamnestico della presenza della chiazzafin dalla nascita.Le chiazze di lunga durata possono porre pro-blemi differenziali con le alopecie cicatrizialinella fase di remissione, con il LED, il lichenruber planus, con la pseudoarea di Brocq,con le cicatrici. Tu t te qu e ste condizionihanno comunque un aspetto francamente piùatrofico.

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Talvolta difficile ed importante è la diagnosidifferenziale con le alopecie metastatiche spe-cialmente da carcinomi mammari, che altatto sono però più dure ed aderenti.L’eritema cronico migrante è molto simile,nelle sua fase di estensione, alla alopecia area-ta ma al centro della chiazza è comunementevisibile la necrosi cutanea dovuta alla pinzatu-ra di zecca.La tricotillomania si distingue per l’aspettospesso bizzarro delle chiazze, la presenza dipeli spezzati e di colpi d’unghia.

La prognosi della alopecia areata è difficile evariabile da soggetto a soggetto. Si può affer-mare che è in relazione all’età di insorgenza,alla familiarità, alla superficie coinvolta, alladurata, alla presenza di atopia e di altremalattie autoimmuni, alla risposta a prece-denti trattamenti.La guarigione delle forme a chiazze è general-mente sicura e spontanea. La prognosi peg-giore è legata alle forme totali, universali,a l l ’o fiasi ma la guarigione spontanea ècomunque sempre possibile.

Ancora oggi può essere considerata valida,soprattutto dal punto di vista prognostico, laclassificazione di che divide l’alopecia areatain quattro tipi:tipo comune, molto frequente, tipico dellatarda adolescenza o dei primi anni della vitaadulta, ha decorso inferiore a 3 anni, laregressione delle chiazze avviene comune-mente in meno di 6 mesi, non vi è nessunaassociazione signifi c a t i va con malattieautoimmuni;tipo atopico, esordisce quasi sempre nell’in-fanzia, ha decorso prolungato e prognosi sfa-vorevole. Può evolvere verso una alopeciatotale,tipo preipertensivo, colpisce giovani adulti,

con diatesi ipertensiva ed evolve rapidamenteverso una alopecia totale,tipo auto i m m u n e, si associa a malattieautoimmuni soprattutto endocrine, esordiscecomunemente dopo i 40 anni, ha decorso per-sistente ed evolve nel 10% dei casi verso l’alo-pecia areata totale.

L’aspetto istologico della alopecia areata variaa seconda delle fasi della malattia. Nello stadio acuto, quando i capelli cadono

per la prima volta o al margine di una chiaz-za che si sta allargando si osserva un elevatonumero di follicoli in catagen-telogen circon-dati da un infiltrato infiammatorio linfocita-rio. I follicoli in anagen possono essere sia didimensioni normali con il bulbo situato nell’i-poderma che di piccole dimensioni con il

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bulbo superficializzato.Nelle chiazze alopeciche in stadio cronico,

presenti da lungo tempo, si osserva comun-que una normale densità follicolare ma i folli-coli sono di piccole dimensioni.

Talvolta i follicoli appaiono istologicamente

sostituiti da tratti fibrosi con quadro simile aquello di una alopecia cicatriziale.I follicoli, quando sono visibili, appaiono siain telogen che nelle prime fasi dell’anagen, al3° - 4° stadio, e sono circondati da un densoinfiltrato linfocitario peribulbare definito “asciame d’api”.

Nello stadio di remissione, nelle aree di ricre-scita iniziale, si notano follicoli in anagen dimaggiori dimensioni contenenti un sottilefusto senza midollo. L’infiltrato linfocitario sifa scarso o è assente.

Non esistono esami di laboratorio utili adindividuare la possibile eziologia dell’alopeciaareata ma sarà opportuno prescrivere quegliaccertamenti volti ad evidenziare possibilimalattie autoimmuni associate: Emocromo,VES, Ra-test, TSH, fT4 autoanticorpi antinu-cleari. Talvolta un dosaggio urinario nelle24h dell’acido vanilmandelico mostra valoricollocabili nella fascia alta della normalità.Per la maggior parte degli Autori è inutileprescrivere al paziente accertamenti radiolo-gici per la ricerca di foci dentari e sinusali, inquanto sembra ormai accertato che non esisterelazione fra alopecia areata e patologie foca-li.Il d e c o rs o n a t u rale della alopecia are a ta ,

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costellato di remissioni e recidive, rende diffi-cile la valutazione di qualsiasi terapia. Nellaalopecia che coinvolge meno del 40% delcuoio capelluto c’è una alta probabilità diricrescita spontanea dei capelli entro un annodall’esordio, probabilità valutata nel 40% neibambini e nel 70% negli adulti (Tosti A.). Nonè quindi sempre opportuno instaurare tratta-menti impegnativi in qu e sti pazienti dalmomento che il rapporto rischio/beneficiosuggerisce spesso un comportamento di atte-sta.Molte delle terapie comunemente utilizzatedevono forse essere considerate solo un place-bo utile a dare alla malattia il tempo necessa-rio a risolversi spontaneamente. Fra questericordiamo la crioterapia, il minoxidil, i vaso-d i l a ta to ri, le vitamine, gli aminoacidi, lozinco. Possiamo però affermare che il placebo è lapiù valida terapia della alopecia areata e l’usodi un placebo come la crioterapia con anidri-de carbonica solidificata (neve carbonica) dàal paziente la misura dell’interessamento delmedico al suo caso e lo tranquillizza. La nostra quotidiana esperienza ci dice poiche il paziente con alopecia areata presentacostantemente disturbi della sfera affettiva,acuti o cronici, che quasi sempre lo portano adormire poco e/o male e ci siamo convintiche sia utile ripristinare, anche farmacologi-camente, un sonno qualitativamente e quanti-tativamente soddisfacente. Ansia e depressio-ne sono in qualche modo legate alla malattiae la loro valida terapia costituisce il presuppo-sto per rompere il cerchio delle continue rica-dute. Talvolta il paziente con alopecia areatap re s e n ta disturbi psichici maggiori ch ed ov ranno essere opport u n a m e n te tra t ta t i .Saranno quindi utili presidi terapeutici dellaalopecia areata gli ipnoinducenti, gli ansioliti-ci, gli antidepressivi, gli antiallucinatori e tal-volta la psicoterapia.

La terapia farmacologica con corticosteroidilocali ci sembra utile, sia che questi venganosomministrati topicamente con medicazioneaperta, sia che si voglia ricorrere alla terapiaocclusiva, sia che si preferisca la terapia iniet-tiva intralesionale. Una infiltrazione di triam-cinolone alla concentrazione dello 0,5 - 1mg/ml in una chiazza alopecica dà risultatipositivi nel 95% dei casi questi potranno esse-re seguiti da recidiva se contemporaneamenteil “male psichico” che accompagna l’alopecianon è stato adeguatamente affrontato.Anche la PUVA terapia si è dimostrata effica-ce ma è sicuramente scomoda per il pazientee spesso economicamente troppo onerosa. Unsoggiorno marino è comunque consigliabile espesso si dimostra utile sia per l’elioterapianaturale, inevitabilmente connessa, che per ilriposo. E’ comunque comune osservare larisoluzione di forme anche gravi durante levacanze estive come la recidiva nei periodiinvernali.Si è dimostrato anche utile l’uso prudente dicatrame medicale, ad azione fotosensibiliz-zante, in pomata o in stick durante il soggior-no marino o semplicemente durante la stagio-ne estiva. L’antralina topica, alla concentra-zione dello 0,1 - 0,5%, utilizzata durante leore notturne e lavata al mattino è una delleterapie più adatte al trattamento della alope-cia areata in età pediatrica in quanto scevrada effetti collaterali importanti, eccetto l’ine-vitabile irritazione.Le terapie sensibilizzanti ed immunostimo-lanti possono essere efficaci nelle forme piùgravi e di lunga durata. Si utilizzano sostanzead elevata capacità sensibilizzante allo scopodi indurre una dermatite allergica da contat-to sul cuoio capelluto affetto da alopecia.Anche se il reale meccanismo di azione diqueste terapie è discusso si ritiene che l’im-munostimolazione locale possa agire attraver-so due possibili vie: da un lato un nuovo anti-

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gene artificialmente fornito può competerecon l’antigene ancora sconosciuto che causala malattia, “distraendo” la risposta immuni-taria; dall’altro una immunostimolazione pro-tratta può determinare indirettamente la pro-duzione di linfociti T suppressor che contra-stano la ri s p o sta immunita ria fo l l i c o l a re(Happle R.). Storicamente la prima sostanzau t i l i z z a ta è sta ta il dinitro c l o ro b e n z e n e(DNCB), poi abbandonato per le sue proprie-tà mutagene. Oggi viene usato il dibutilesteredell’acido squarico (SADBE) ed il difenilciclo-propenone (DFC) che rispondono ai requisitinecessari; cioè sono apteni in grado di sensi-bilizzare praticamente la totalità degli indivi-dui esposti, non sono presenti nell’ambiente,non sono muta geni. La sensibilizzazioneviene indotta applicando la sostanza sceltaper 48 ore al 2% in acetone con un cerotto dapatch test a contatto della cute del paziente;dopo 3 settimane si comincia ad applicarla ascopo terapeutico sul cuoio capelluto ad unaconcentrazione sufficiente a determinare unalieve dermatite da contatto.Recentemente si è usato, nelle forme gravi dialopecia areata, la ciclosporina A. Questa si èd i m o st ra ta di efficacia discutibile solo adosaggi relativamente alti per via sistemica,completamente inefficace per via topica. Ilrazionale di questa terapia risiede nella capa-cità della ciclosporina di indurre il rilascio dilinfochine dai linfociti T e/o di bloccare lareazione autoimmune che sarebbe alla basedella malattia.Qualunque sia la terapia scelta per un’ alope-cia areata grave questa dovrà comunque esse-re protratta per un tempo lungo (almeno unanno o più) prima di poterne decretare l’inu-tilità e purtroppo non esiste alcun criteriosicuro che ci permetta di predire se il pazien-te ne trarrà beneficio. Esistono anche pazien-ti “non-responders” nei quali ogni accani-mento terapeutico è del tutto frustrante.

Personalmente riteniamo che l’alopecia area-ta sia in qualche modo psico-determinata eche ogni terapia, per quanto corretta e benei mp o sta ta, sia dest i n a ta al fa l l i m e n to, seprima non si è riusciti a risolvere o a rimuo-verne la causa condizionante.

Le terapie della alopecia areataa cura di Roberto D’Ovidio

Negli ultimi anni molto si è aggiunto allaconoscenza degli eventi patogenetici che sot-tendono la comparsa della alopecia areata ecome diretta conseguenza si è assistito ad unperfezionamento dell’approccio terapeutico.Tuttavia un rimedio sicuramente efficace,soprattutto per quanto attiene le forme piùestese, a tutt’oggi non esiste. Questo perché citroviamo a gestire una malattia che può esita-re in guarigione anche senza terapia, cosìcome evolvere in una forma severa resistentea qualunque trattamento. Abbiamo inoltreuna letteratura prodiga di dati, difficili peròda confrontare e valutare perché si riferisco-no a gruppi di pazienti arruolati con criteri diinclusione differenti da un gruppo di studioad un altro, valutati con criteri di efficaciaspesso soggettivi, sottoposti a terapie con ilmedesimo farmaco ma con protocolli diversi.P remesso ciò, l’aproccio te rapeutico devebasarsi su una strategia organizzata, in qual-che modo plasmata sul singolo paziente edeve tenere conto di alcune regole general-mente valide: la alopecia areata associata adatopia, la varietà ofiasica, l’alopecia areatache esordisce in età pediatrica presentanotutte una minore risposta alla terapia. Pertracciare quelle che si vanno configurandocome linee guida di terapia, possiamo perc o nvenzione considera re due gruppi dipazienti, a seconda che l’area di alopecia inte-

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ressi più o meno del 50% del cuoio capelluto.

Nelle forme di alopecia areata con interessa -mento inferiore al 50% sono proponibili leseguenti opzioni:

Astensione terapeuticaDiscutibile ma contemplata è anche l’asten-sione terapeutica, considerando la frequentepossibilità di una ricrescita spontanea.

CortisoniciSi utilizzano in prima battuta steroidi di clas-se I di potenza, in occlusiva. A livello dellesopracciglia o della barba (zone più resistential trattamento) steroidi di classe II: il numerodei tubi utilizzati mensilmente quantifica laterapia. Sebbene esista un solo studio control-lato, la corticoterapia topica è ampiamenteutilizzata nella pratica clinica, soprattutto neibambini. Unico effetto collaterale degno dirilievo la follicolite. Con la terapia intralesio-nale i corticosteroidi vengono somministratiattraverso una siringa da 2,5 ml con ago 30Gauge. Si inietta nell’area alopecica il triam-cinolone acetonide (1 - 5 mg/ml) a dosi pari oi n fe ri o ri a 0,1 ml in corrispondenza delderma medio, a distanza di un cm l’uno dal-l’altro. Le sedute vanno ripetute ogni 4 - 6 set-timane. La massima dose di steroide sommini-strabile per singola seduta è di 20 mg per ilcuoio capelluto, di 1,25 mg per sopracciglio edi 7,5 mg per la barba. Per rendere la proce-dura meno dolorosa, si può effettuare unap remedicazione con anestetico locale increma, in occlusiva, un’ora prima della sedu-ta. Questa terapia è praticabile tanto negliadulti quanto nei bambini. Uno studio con-dotto su 62 pazienti di età varia, sottoposti adinfiltrazioni mensili, riferisce la totale ricre-scita al quarto mese nel 63% dei pazienti. Isoggetti che maggiormente si giovano di que-sta terapia sarebbero i giovani adulti, con

meno di 5 aree, inferiori a 3 cm di diametro,comparse da meno di un mese. E’ però unostudio condotto senza casi di controllo conplacebo. I pazienti atopici sembrano rispon-dere meno a questa terapia. Nei pazienti conalopecia areata totale le infiltrazioni possonoessere utili per promuovere la ricrescita inaree importanti dal punto di vista cosmeticocome le sopracciglia. Occorre tenere presenteil rischio di una atrofia da steroidi se la con-centrazione del triamcinolone è troppo alta.La trombosi dell’arteria retinica da parte dicristalli steroidei è un’evenienza descritta manon più riscontrabile dato che in commercionon esistono più preparati con cristalli delledimensioni sufficienti a produrre il proble-ma.

MinoxidilSi applica 1 ml di minoxidil al 5% due volte algiorno, in occlusiva o in associazione a pro-dotti che ne aumentino l’assorbimento (antra-lina, tretinoina). Può essere applicato anchesulle sopracciglia, sempre due volte al giorno,facendo attenzione a localizzare bene il pro-dotto tenendo un batuffolo di ovatta a prote-zione dell’occhio. I risultati sono variabili:sicuramente è più efficace del placebo, con il50% di ri s p o sta te rapeutica a sei mesi.L’effetto terapeutico è proporzionale alla dose(il 5% è più efficace dell’ 1%). E’ indicatoanche nei bambini. Gli effetti secondari sonorari: eczema da contatto al minoxidil o al gli-cole propilenico, ipertricosi. Gli effetti cardio-vascolari non si palesano nei soggetti sani,malgrado l’aumento del debito cardiaco, magiustificano una particolare cautela in caso dipazienti cardiopatici. Il risultato terapeuticosi produrrebbe tramite un’ azione immuno-modulatrice sull’infiltrato infiammatorio; disecondaria importanza sarebbe la vasodilata-zione locale.Ditranolo

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Di rinnovato interesse la terapia con sostanzeirritanti o rubefacenti. Rispetto all’olio di cro-ton, al laurilsolfato di sodio, alla tretinoinatopica, numerosi lavori documentano l’effica-cia del ditranolo in short-contact, con tempidi posa e concentrazione variabili ma tali daprodurre e mantenere una “ dermatite irrita-tiva visibile”. L’esistenza di una nuova formu-lazione permette oggi di utilizzare al megliola molecola superando per diversi aspetti ilimiti della vecchia preparazione galenica. Ilditranolo, incorporato fra due strati lamellaridi cristalli, mantiene e migliora la sua effica-cia per una maggiore stabilità della molecola.Inoltre, fatto non trascurabile, è facilmenteasportabile con acqua tiepida e ciò si traducein una maggiore compliance da parte delpaziente. Nonostante il farmaco non sia regi-strato per la terapia dell’alopecia areata e lascheda tecnica ne limiti l’uso in età pediatri-ca, trova indicazione nella terapia della alope-cia areata tanto dei bambini quanto degliadulti. La risposta in media si ottiene in 11settimane nel 67% dei casi, con ricrescitac o s m et i c a m e n te accet tabile nel 30% deipazienti con interessamento fino al 70% delcuoio capelluto. Gli effetti secondari sono:iperpigmentazione, irritazione locale, adeno-patia satellite. Il ditranolo non agirebbe dairritante ma attraverso la formazione di radi-cali liberi che inibiscono i linfociti T, la pro-duzione di interleuchina 2, la tossicità direttasulle cellule di Langerhans, esercitando unc o mp l e s s i vo effet to immunosoppre s s o re .L’impiego del ditranolo in associazione con icortisonici o con il minoxidil sfrutta il sinergi-smo positivo fra molecole con diverso mecca-nismo d’azione. In merito all’associazioneminoxidil/ditranolo, uno studio condotto su51 pazienti con alopecia areata resistente adentrambi i farmaci adoperati singolarmenteha documentato una ricrescita cosmeticamen-te valida nell’ 11% dei 45 soggetti che comple-

tavano le 24 settimane di terapia. I respon-ders mostravano ricrescita entro la dodicesi-ma settimana. La determinazione dei livellisierici ed urinari di minoxidil evidenziava unmaggiore assorbimento del farmaco senza evi-denze cliniche di un effetto sistemico. Questaterapia è generalmente ben tollerata a parte ilrischio di reazioni irritative piuttosto violen-te, anche se, ricordiamolo, una dermatite irri-tativa di grado lieve /moderato deve necessa-riamente prodursi.

Nei pazienti non-responders ai trattamenti finqui discussi potranno essere prese in conside -razione le opzioni terapeutiche generalmenteutilizzate per i pazienti con interessamentodel cuoio capelluto maggiore del 50%:

Immunoterapia topicaNelle forme con interessamento maggiore del50%, unitamente alla PUVA, alla corticotera-pia sistemica ed alle terapie topiche prese giàin considerazione, trova il suo impiego l’im-m u n ote rapia con sostanze sensibilizzanti.Sebbene sia a tutt’oggi praticata in pochi cen-t ri ri teniamo opportuno soffe rm a rci sullametodica perché l’efficacia di questa terapia èormai ben documentata, soprattutto nelleforme cliniche più impegnative. Il principioattivo è un agente sensibilizzante, cioè unasostanza chimica che oltre ad essere forte-mente immunogena deve possedere alcunirequisiti fondamentali:a) non essere presente in natura o nell’am-biente in cui l’uomo vive o lavora;b) non cross-reagire con altre sostanze, così daevitare reazioni allergiche non controllate.Tre sono gli agenti sensibilizzanti idonei alloscopo:il dinitroclorobenzene (DNCB),il dibutilestere dell’acido squarico (SADBE),il difenilciclopropenone (DPC).Il DNCB, ampiamente utilizzato in un primo

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te mpo, è sta to successiva m e n te messo daparte per le sue proprietà mutagene nel test diAmes. Viene rapidamente assorbito dopo l’ap-plicazione ed il 53% è riscontrabile nelleurine.Il SADBE è fortemente sensibilizzante, non èmolto stabile in acetone, necessita di refrige-razione, e forse dell’aggiunta di additivi permantenere l’efficacia perché tende all’idrolisi.Non è mutageno. E’ molto costoso.Il DPC non sembra avere un assorbimentosistemico significativo dopo applicazione topi-ca. Gli ultravioletti e il calore possono causar-ne la degradazione, ma diluito in acetone econservato in bottiglie scure ed a temperaturaambiente è attivo per sei mesi.Tutte le sostanze summenzionate non sonoregistrate in Italia per scopi terapeutici e, seb-bene il DPC sia disponibile in Inghilterrapresso le farmacie in concentrazioni variabilidallo 0,001 al 6%, sia meno costoso e sia il piùvantaggioso dei tre sul profilo di sicurezza, ilSADBE è l’agente sensibilizzante maggior-mente utilizzato in Italia. Indipendentementedall’agente sensibilizzante adoperato si proce-de con la seguente metodica: si induce la sen-sibilizzazione applicando l’agente scelto allaconcentrazione del 2% in un’ area di 4 cmcirca di cuoio capelluto. La comparsa di unarisposta eritematosa dopo cinque o più giorniindica l’avvenuta sensibilizzazione. La suaassenza non implica necessariamente che lasensibilizzazione non si sia verificata, bisognainfatti praticare dopo 10 - 20 giorni un test diprovocazione con l’allergene opportunamentediluito (fase di elicitazione). L’ 1 - 5% deipazienti non si sensibilizza. Si procede quindiapplicando settimanalmente su metà cuoiocapelluto la soluzione. La concentrazione diallergene varia dallo 0,0001% al 2% e vienestabilita in base alla risposta ottenuta. Per unbuon risultato terapeutico deve necessaria-mente prodursi una reazione con eritema,

d e s quamazione e pru ri to di grado lieve .L’applicazione su un emilato del cuoio capel-luto permette di evidenziare sia la ricrescitaspontanea (che può verificarsi nel 7% del casi)sia il fenomeno di “arroccamento” (castlingphenomenon), cioè la ricrescita dei capelli adistanza dal sito di applicazione del topico(4%). Una particolare variante di questo feno-meno fu osservata e documentata nel 1986 daPanizza presso la Clinica Dermatologica diC a tania: in cinque pazienti con AlopeciaUniversale l’applicazione del SADBE venneeffettuata sulla regione sottoscapolare sini-stra, interessando una superficie cutanea di10 cm2 circa. Nei tre pazienti responders laricrescita fu preponderante e precoce all’emi-scalpo, alle ciglia e al sopracciglio controlate-rali (destra). In un altro caso trattando la zonamediana del dorso si ottenne la ricrescitanella zona mediana del cuoio capelluto .Ottenuta la ricrescita nel lato trattato, si pro-cede ad applicare il prodotto su tutto il cuoiocapelluto. Per minimizzare gli effetti collate-rali, le applicazioni vengono generalmentep ra t i c a te da personale sanita rio. Questadescritta è una metodica standard, che puòvariare sulla base dell’esperienza personale:alcuni sensibilizzano applicando il prodottosul braccio (area di 1 cm2), altri, stabilita ladiluizione ottimale, lasciano che il pazienteesegua le applicazioni a domicilio. Se la ricre-scita si presenta stabile per un periodo di 3mesi, si inizia a rallentare la terapia fino allatotale sospensione nell’arco di 9 mesi; al finedi evitare le recidive, alcuni procedono consedute di mantenimento. Si consiglia di nonsuperare i 3 anni di terapia. Con le opportu-ne cautele è possibile trattare l’area dellesopracciglia. Se non si ottiene alcuna rispostadopo 30 settimane, la maggior parte degliAutori considera la terapia inefficace, sebbe-ne in casi isolati siano state segnalate ricresci-te anche dopo periodi più lunghi. Se durante

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il corso della terapia si verifica la tolleranzaall’allergene e cioè sono necessarie concentra-zioni superiori al 2% per ottenere una reazio-ne adeguata, si può ricorrere alla sommini-strazione di 1,2 gr di cimetidina per os alloscopo di ristabilire la sensibilizzazione. Lapercentuale di efficacia nei vari studi variadal 4% all’ 85% con il DPC, al 17% - 70% conil SADBE, al 25% - 80% con il DNCB. Questidati si riferiscono a pazienti che dopo la tera-pia hanno potuto togliere la parrucca. Glistudi di follow-up condotti su pazienti trattatisono pochi e riportano percentuali di succes-so variabili; mediamente si può considerareche a 6 mesi dalla sospensione, il 10% recidi-va totalmente; il 43% recidiva a chiazze e il37% mantiene la ricrescita. Nei pazienti conalopecia areata in chiazze con interessamentoinferiore al 40% l’immunoterapia non si èdimostrata più efficace del placebo (si presu-me per la spiccata tendenza alla risoluzionespontanea di queste forme). Gli effetti collate-rali contemplano: la linfoadenopatia cervicaledolorosa, reazioni eczematose localizzate oge n e ra l i z z a te, ort i c a ria, depigmenta z i o n e ,iperpigmentazione, edema del cuoio capellu-to, febbre, artralgie. Il meccanismo d’azioneipotizzato è quello della competizione antige-nica: la reazione allergica prodotta generereb-be linfociti T suppressor che interferirebberoin modo aspecifico sulla reazione autoimmu-nitaria contro i costituenti del follicolo pilife-ro, probabilmente attraverso la produzione dicitochine come la interleuchina 10. La cutetrattata con l’immunostimolante mostra unariduzione del rapporto CD4/CD8 peribulbareche passa da 4:1 a 1:1 ed una diminuzione deilinfociti CD6 e delle cellule di Langerhans.Una variante di questa ipotesi suggerisce chel’agente sensibilizzante possa attrarre nellazona una nuova popolazione di linfociti T,provocando così una maggiore clearance delp re s u p p o sto auto - a n t i gene fo l l i c o l a re .

L’applicazione ad un emidorso con la ricresci-ta nell’emiscalpo controlaterale permette disupporre l’implicazione di neurotrasmettito-ri. Del resto alcune vecchie esperienze aveva-no dimostrato l’utilità terapeutica dell’irra-diazione dei gangli nervosi paravertebrali inalcuni casi di alopecia areata. Una recentevariante giapponese di questo tipo di tratta-mento consiste nel provocare la risposta ecze-matosa non sul dorso, ma sulle radici di tuttie quattro gli arti (su una superficie di 2,5 cm2circa), cambiando sede ogni settimana. Con lapossibilità di proseguire un trattamento ester-no (steroidi o crioterapia) la terapia avrebbesuccesso nel 70% dei casi di alopecia areatasevera, con la frequente osservazione dell’ar-resto dell’effluvium già a tre settimane.

Puva terapiaPer molti costituisce ancora la prima sceltanella alopecia areata grave dell’adulto ed esi-ste a tal riguardo una vasta documentazionescientifica. Consiste nella assunzione per os(0,6 mg/kg 2 ore prima) o nella applicazionelocale (allo 0,1% - 0,15%) di uno psoralene enella successiva irradiazione con UVA (340 -380 nm). I due prodotti utilizzati sono l’ 8-metossipsoralene (8 MOP) ed il 5-metossipso-ralene (5 MOP). Si effettuano tre sedute setti-manali, la dose iniziale di UV si attesta gene-ralmente su 1 J/cm2 e viene progressivamen-te aumentata di mezzo Joule ogni 2 seduteper un trattamento total body. Nel caso di untrattamento locale si inizia con 0,2 - 0,5J/cm2, da aumentare di 0,2 -0,5 J a seduta.Alcuni cercano di mante n e re un eri te m aavendo cura di evitare l’ustione. La massimadose somministrata varia da 8 a 20 J/cm2, aseconda degli Autori. La dose totale è di 300 -700 J/cm2. Una sua variante è la balneo-PUVA terapia che consiste nell’immergere per15’ il paziente in un bagno di 100 litri diacqua dove si è disciolto il contenuto di 2 fla-

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coni di 8 MOP e nella successiva esposizioneagli UVA. E’ un’interessante alternativa per ladose dieci volte inferiore di farmaco, così daporre il paziente al riparo dai danni ocularied epatici da terapia long-term con psoraleni.I risultati riportati in letteratura per quantoattiene la PUVA terapia sono però contraddit-tori, con percentuali di successo variabili dal20 all’ 80% ma i gruppi studiati non sonocomparabili per una diversa selezione deipazienti, differenti dosi cumulative raggiunte,differenti criteri di valutazione dell’efficacia.Alcuni studi ret ro s p ettivi considerano laP U VA te rapia addiri t t u ra ineffi c a c e .Globalmente si può valutare un 50% di suc-cesso terapeutico con ricrescita completa perle alopecie totali ed universali ma con altapercentuale di recidiva dopo la sospensione.Una recente revisione di 10 anni di esperien-za su 70 pazienti conferma quanto sia diffici-le mantenere la ricrescita: il 50% dei pazienticon forme totali o universali “guariti” recidi-vano alla sospensione, quindi un trattamentodi mantenimento si rende necessario. Menodel 15% gode di una remissione duratura. LaPUVA terapia total body è più efficace dellaPUVA terapia localizzata. L’assenza di rispo-sta alla trentesima seduta o una risposta dis-omogenea alla quarantesima depongono perun fallimento della terapia. E’ assolutamentecontroindicata nei bambini e non è da consi-derare di prima scelta nei giovani, per glieffetti cancerogeni degli UV ed anche per que-sto è poco adatta ai fototipi chiari che vannoparticolarmente sorvegliati. Va istituito undiario di terapia che indichi la dose di UVsomministrata per ciclo di terapia e la dosecumulativa che non deve superare i 1500J/cm2. La fototerapia con UVB non ha pro-dotto effetti degni di nota. La Kellina topicacon esposizione ad UVA in uno studio noncontrollato sarebbe risultata efficace nel 50%dei pazienti trattati. La PUVA agirebbe non

tanto per il suo effetto irritante primario,quanto per la tossicità su alcune popolazionidi CD4+ e ancor di più sulle cellule diLangerhans. L’effetto si esplica là dove arriva-no gli UV, tant’è che si assiste alla ricrescitadelle sopracciglia ma non delle ciglia che ven-gono sempre coperte durante l’esposizione.

Corticosteroidi sistemiciSi sono dimostrati efficaci nella terapia delleforme severe di alopecia areata. Nella mag-gior parte dei casi si assiste però ad una rapi-da recidiva una volta sospeso il trattamento.In considerazione inoltre degli effetti secon-dari a lungo termine andrebbero riservati acasi particolari: alopecie con rapida evoluzio-ne in forma totale/universale. Lo schema diterapia a dosi scalari prevede da 0,5 a 1mg/Kg/die di prednisone per una decina digiorni, da diminuire gradatamente e sospen-dere in otto settimane. Gli effetti collateralisono prevedibili ma transitori: aumento dipeso e alterazioni dell’umore. Viene riportatauna efficacia inferiore al 40% ed un alto tassodi recidiva alla sospensione o già alla riduzio-ne della dose somministrata, per questo moti-vo viene considerata una terapia di emergen-za, da associare ad una strategia terapeutica apiù ampio respiro con i trattamenti topici o laPUVA-terapia. Un esempio lo si trova in unostudio in doppio cieco su pazienti con formeestese di alopecia, trattati per 6 settimane conprednisone a dosi scalari. Per altre 14 settima-ne a seguire un gruppo applicava 3 volte algiorno una lozione a base di minoxidil 2%, unsecondo gruppo una lozione placebo. Unterzo gruppo applicava 2 volte al giorno lalozione di minoxidil 2% contestualmente esuccessivamente alla terapia corticosteroidea.Il trattamento attivo si dimostrava realmenteefficace nel limitare la perdita dei capellip o st - te rapia ste roidea, mentre non vi eraalcun effetto terapeutico additivo nell’associa-

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zione tra i due trattamenti. Un protocollo diterapia proponibile nelle forme attive/estensi-ve, per pazienti di peso maggiore ai 60 Kgpotrebbe essere il seguente: una dose inizialedi 40 mg di prednisone/die per una settima-na, da ridurre inizialmente di 5 mg a settima-na fino al raggiungimento dei 20 mg, e di 5mg ogni 3 giorni fino alla sospensione. Siassociano: l’applicazione di minoxidil 5% duevolte al giorno e infiltrazioni di triamcinoloneacetonide ogni 4 - 6 settimane. La terapia topi-ca, con o senza le infiltrazioni, andrebbe pro-tratta ben oltre la sospensione del cortisone.Nelle forme attive ma meno estensive si puòiniziare con 20 mg di prednisone fino alla sta-bilizzazione del quadro clinico, da ridurresuccessivamente di 1 mg/die fino alla sospen-sione. Un recente impiego degli steroidi siste-mici è rappresentato dalla somministrazionein boli. La terapia in boli mensili è stata fattaoggetto di numerosi studi che hanno fornitorisultati incoraggianti tanto negli adulti quan-to nei bambini. Diversi gli schemi di terapiaproposti: uno dei più collaudati prevede pergli adulti 250 mg di metilprednisolone endo-vena 2 volte al giorno per 3 giorni e di 5mg/kg 2 volte al giorno per 3 giorni consecu-tivi nei bambini, con risposte positive rispetti-vamente in 6 mesi e in 12 mesi ed effetti col-laterali di lieve entità. In particolare i pazien-ti con alopecia multifocale most rano lamigliore risposta e le recidive comparse inalcuni si giovano di un secondo ciclo di tera-pia. I pazienti con ofiasi rispondono parzial-mente ad un primo ciclo di terapia, ma posso-no migliorare i risultati dopo un secondociclo. I pazienti con alopecia totale/universa-le sono i meno responsivi, con effetti parzialidopo un mese, miglioramenti al terzo ed alsesto mese. In alcuni soggetti considerati nonresponsivi si è osservata la ricrescita tra ilnono ed il sedicesimo mese dopo la sospensio-ne della terapia. Un secondo schema prevede

un unico bolo mensile di 300 mg di predniso-lone per bocca nei pazienti di età superiore aidodici anni e di betametasone sodio fosfatoalla dose equivalente a 5 mg/Kg di predniso-lone nei bambini di età superiore ai tre anni.I boli vengono ripetuti fino ad ottenere unaricrescita cosmeticamente valida, che si verifi-ca già a 6 mesi nel 60% dei casi. Gli effetti col-l a te rali sono minimi: ve rtigini tra n s i to ri e ,cefalea, bruciore epigastrico. Infine è da cita-re la pulse-therapy con miniboli di steroidi. Sisomministrano 5 mg/die di desametasone peri pazienti di età superiore ai dodici anni e 2,5-3,5 mg nei bambini, per due giorni consecuti-vi la settimana e per un periodo minimo di 3mesi. Anche con qu e sto schema ve n g o n oriportati successi in oltre la metà dei casi. Glieffetti collaterali sono frequenti ma di lieveentità: dolore epigastrico, aumento di peso,alterazioni dell’umore. Sebbene il successosia assicurato solo se la terapia viene instaura-ta entro le prime 8 settimane dall’esordiodella patologia, molti Autori propongono lapulse-therapy come una delle modalità di trat-tamento delle forme estensive di non recenteinsorgenza, soprattutto nei soggetti giovani enei bambini nei quali la PUVA terapia è con-troindicata e quando la immunoterapia non èlogisticamente praticabile.

Alternative terapeutiche

ZincoUno studio recente in doppio-cieco su pazien-ti con interessamento minore del 50% hadimostrato un risultato statisticamente positi-vo a favore del gluconato di zinco (60 mg/diedi Zn metallo) sul placebo. A parte i disturbidigestivi, nessun effetto collaterale, sebbenelo zinco in eccesso sia tossico. Agirebbe daimmunomodulatore tramite l’attivazione dilinfociti CD8+.

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InosiplexE’ un immunomodulatore timo-mimetico, ingrado di attivare anche i macrofagi e di indur-re la produzione di interleuchina 1 e 2. E’stato utilizzato anche in forme gravi di alope-cia alla dose di 50 mg/kg/die in tre sommini-strazioni quotidiane ed uno studio in doppiocieco ha dimostrato la sua lieve superioritàrispetto al placebo. Funzionerebbe meglionelle donne e nei soggetti con autoanticorpiorgano-specifici.

Ciclosporina ALa ciclosporina per via sistemica necessitereb-be dell’impiego di dosi elevate (6 mg/Kg/die)per ottenere una ricrescita accettabile coneffetti secondari piuttosto marcati e ricadutaalla sospensione. Contraddittori sono i datiottenuti dalla associazione con piccole dosi diprednisone. L’effetto terapeutico si esplica perla sua attività immunosoppressiva con dimi-nuzione elettiva dei linfociti CD4+ e delle lin-fochine ad essi correlate. Sulla cute alopecicainverte rapidamente il rapporto CD4+/CD8+,evento ritenuto fondamentale per ottenere laricrescita.

Tacrolimus (FK506)Inefficace per via sistemica, si è dimostrataefficace per uso topico su modelli animali,alla dose di 0,05 ml di soluzione allo 0,1%(pari a 25 microgrammi di farmaco/cm2)dalle 2 alle 5 applicazioni la settimana. Comeper la Ciclosporina, l’effetto si esplica tramitela soppressione della produzione di citochineda parte dei linfociti T helper. Fino ad oggiperò nell’uomo non sono stati evidenziatirisultati significativi.

CalcipotrioloLa sua azione come induttore della produzio-ne di interleuchina 10 dovrebbe essere in

grado, a somiglianza di quanto ipotizzato perla terapia sensibilizzante, di ridurre l’attiva-zione dei linfociti citotossici intralesionali.Nei casi con alopecia più severa non ha datoperò successi significativi. Dati più recenti sucasi meno gravi sembrano invece deporre peruna certa attività terapeutica della formula-zione in crema del calcipotriolo.

CrioterapiaE’ una vecchia terapia che ha ancora i suoie st i m a to ri. E’ sta ta utilizzata anche nelleforme gravi di alopecia areata. Fino all’iniziodegli anni ottanta si è utilizzata la neve carbo-nica, successiva m e n te l’azoto liquido, consimili modalità di applicazione. In genere ven-gono praticate applicazioni ogni 2 settimaneper 2 - 3 volte consecutive sulla stessa area.Agirebbe in modo non chiaro attraverso l’a-zione rubefacente e attraverso qualche azionesull’infiltrato infiammatorio perilesionale.

Farmaci vasoattiviOltre al Minoxidil sono stati utilizzati altri far-maci vasodilatatori, nella convinzione che ildanno vascolare rientri nella patogenesi del-l’alopecia areata. Sostanze rubefacenti comenicotinati, fenolo, canfora, capsico ed altresono utilizzate da tempo, ma non esistonostudi scientifici controllati. E’ interessante lasegnalazione dell’utilità della pentossifillinanei pazienti che presentano deficit emoreolo-gici.

AromaterapiaUno studio in doppio cieco condotto su 86s o g getti, pubblicato negli Arch i ves ofDermatology nel 1998, ha evidenziato l’effica-cia di una lozione tonica composta da unamiscela di oli essenziali di timo (2 gocce),lavanda (3 gocce), rosmarino (3 gocce) e cedro(4 gocce) diluiti in 3 ml di olio di jojoba e 20ml di olio di semi di vinacciolo. L’olio va mas-

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saggiato per 2 minuti almeno e, per favorirnel’assorbimento, il capo va tenuto coperto conun asciugamano caldo per almeno un’ora. Leessenze possiedono tutte un fo rte pote reantiossidante, germicida ed antiparassitario.Nessun effetto collaterale ad eccezione diqualche follicolite.

ImiquimodL’ I m i quimod è un fa rmaco antivirale edimmunostimolante per uso topico. Già utiliz-zato con successo anche in patologie infiam-matorie cutanee croniche e tumorali, si è pen-sato di utilizzarlo con le stesse modalità ditrattamento in una patologia che essendo subase pro b a b i l m e n te autoimmune pot re b b eesserne addirittura aggravata. Ma lo stessoragionamento dovrebbe valere per le terapie“sensibilizzanti” con cui invece si registranonumerosi successi. I risultati preliminari fino-ra ot tenuti sembrano contra d d i t to ri. Un anostra recente esperienza su pazienti volonta-ri affetti da alopecia areata totale/universale enon responsivi alle altre terapie ne ha dimo-strato la sostanziale inefficacia, pur con indi-zi di una qualche attività terapeutica, cheandrebbe valutata su forme meno gravi tenen-do però presente il rapporto costo/beneficio.

SulfasalazinaE’ un farmaco antinfiammatorio sviluppatonel 1938 per la terapia dell’artrite reumatoi-de, di cui rappresenta ancora oggi un presidiote rapeutico imp o rta n te. Viene utilizzatoanche per altre artropatie, in campo enterolo-gico e nella psoriasi. Inibisce il rilascio diInterleuchina 2 e l’attivazione di subset linfo-citari, con riduzione della produzione di cito-chine e della chemiotassi. L’esperienza nell’a-lopecia areata ha dimostrato successi signifi-cativi in un quarto dei pazienti affetti daforme gravi. E’ scarsamente efficace nelleforme totali/universali. Il dosaggio deve aggi-

rarsi intorno ai 3 grammi al giorno, da rag-giungersi gradualmente per la possibile com-parsa di effetti collaterali gastroenterici oeffetti più gravi a livello epatico o ematologi-co. La cura va protratta per un minimo di 3mesi e va praticata una terapia di manteni-mento a dosi più basse nei soggetti a rischiodi recidive. Sembra agire con un meccanismodel “tutto o nulla” e questo potrebbe essereindizio di una qualche differenziazione nellapatogenesi della malattia nei soggetti respon-ders.

Psicofarmaci e psicoterapieE’ a tutti noi noto come una malattia qualel’alopecia areata, che comporta nelle formepiù gravi un importante inestetismo, anche inassenza di condizioni cliniche minacciose perla vita, evochi spesso nel paziente reazioni dinegazione, astio, ansia, sensi di colpa e di ina-deguatezza, depressione. In particolare i bam-bini alopecici sviluppano un profilo psicopa-tologico complesso: ansia o depre s s i o n e ,aggressività. A ciò si associano somatizzazio-ni, difficoltà di relazione e nell’attenzione,con diminuzione del rendimento scolastico,della capacità di socializzazione, blocco dellamaturazione emotiva. Senza contare che glieventi stressanti nel 50% - 60% dei casi posso-no giocare un ruolo importante come fattoriscatenanti la malattia e le sue recidive. Lacomorbilità dei disordini psichiatrici è alta el’intervento terapeutico è di vitale importan-za. Un supporto psicoterapeutico di base puòessere sufficiente per molti pazienti e potreb-be essere gestito dallo stesso dermatologo,opportunamente “addestrato”. Altri pazientinecessiteranno di un trattamento specialisticopsicofarmacologico con l’impiego di antide-pressivi e/o ansiolitici, o psicoterapeutico, incui anche l’ipnosi può avere il suo ruolo.

Conclusione

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L’attento monitoraggio della malattia, il giudi-zioso ma tempestivo ricorso alle terapie, senzalasciare nulla di intentato, sfruttando la com-binazione di più trattamenti, devono costitui-re i cardini di una corretta condotta terapeu-tica. Il successo terapeutico deve essere perse-g u i to con ancora più dete rminazione neibambini, per le considerazioni fatte in prece-denza. Compito del medico è conoscere tuttigli aspetti della alopecia areata, così da inte-grare il programma di assistenza al paziente,la cui gestione può essere piuttosto impegna-tiva. Anche per questo, a partire dall’esperien-za americana della National Alopecia AreataFoundation, sia pazienti che medici hannoritenuto che possa essere utile anche in que-sta patologia la creazione di associazioni egruppi di supporto.

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ALOPECIA ANDROGENETICADefinizione e generalità - pag. 5Epidemiologia - pag. 6Fra ereditarietà e difetto enzimaticoo - pag. 8Fisiologia endocrino metabolica - pag. 9Alopecia frontoparietale - pag. 13Aspetti clinici della alopecia androgenetica - pag. 14Evoluzione negli uomini - pag. 14La regola degli angoli frontoparietali - pag. 16Evoluzione nelle donne - pag. 17Ma ... esiste davvero l'alopecia

androgenetica femminile? - pag. 19Il controllo del ciclo del capello - pag. 21Fisiologia del catagen - pag. 22Eziologia della alopecia androgenetica - pag. 26Gli androgeni - pag. 27La conversione degli androgeni - pag. 29La 5-alfa-reduttasi - pag. 31

Il recettore citosolico degli androgeni - pag. 31

Anatomia patologica - pag. 32

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) aprile 2005

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte sesta

edizione 2005

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2005

parte VITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoRoberto D’OvidioGuido Vito Trotter

EDIZIONI TricoItalia Firenzeaprile 2005

SOMMARIO:

ALOPECIA ANDROGENETICA"Calvizie Comune" - pag. 5Definizione e generalità - pag. 5Epidemiologia - pag. 6Fra ereditarietà e difetto enzimatico - pag. 8Fisiologia endocrino metabolica - pag. 9Controllo steroideo - pag. 10Controllo metabolico - pag. 10Controllo autocrino-paracrino - pag. 11Alopecia frontoparietale - pag. 13Aspetti clinici della alopecia androgenetica - pag. 14Evoluzione negli uomini - pag. 14La regola degli angoli frontoparietali - pag. 16Evoluzione nelle donne - pag. 17Ma ... esiste davvero l'alopecia

androgenetica femminile? - pag. 19Il controllo del ciclo del capello - pag. 21Fisiologia del catagen - pag. 22Eziologia della alopecia androgenetica - pag. 26Gli androgeni - pag. 27La conversione degli androgeni - pag. 29La 5-alfa-reduttasi - pag. 31Il recettore citolosolico degli androgeni - pag. 31Anatomia patologica - pag. 32

ALOPECIA ANDROGENETICA"Calvizie Comune"

Definizione e generalità

É la più frequente delle alopecie definitivenon cicatriziali: da cui il termine di “CalvizieComune”.L'Alopecia Androgenetica è condizione croni-ca, geneticamente determinata, caratterizzatadalla progressiva involuzione in miniaturizza-zione dei follicoli piliferi del cuoio capelluto edei capelli che ne derivano.É detta anche, con termini sempre inadegua-ti, seborroica, precoce, maschile. Lo stessotermine di “androgenetica” è da considerarecomunque riduttivo.L'alopecia androgenetica è la conseguenza delDefluvio Androgenetico che consiste in unaprogressiva superficializzazione, depigmenta-zione e miniaturizzazione fino alla totale atro-fia, dei follicoli dei capelli dell'area frontopa-rietale e del vertice.Clinicamente è definita (secondo Hamilton)da un progressivo arretramento della linea diinserzione dei capelli, dalla apertura degliangoli frontoparietali (stempiatura) che dàalla linea fro n tale la cara t te ri stica fo rm amaschile a M, dalla lenta perdita dei capellidel vertice fino al coinvolgimento alopecico ditutta la parte alta del cuoio capelluto con tipi-co risparmio della nuca e delle zone tempora-li sopra auricolari, per arrivare infine alla“calvizie a corona”.L'alopecia andro ge n etica è accomp a g n a taspesso ma non costantemente da seborrea edesquamazione furfuracea.

É ormai accettato che il complesso follicolo-pilo-sebaceo, con le sue funzioni e disfunzio-ni, è condizionato dallo stimolo androgeno.L'alopecia androgenetica è sostenuta dallapresenza dei normali ormoni androgeni nel

plasma, da una ereditarietà multigenica fami-liare (da cui il termine androgenetica), dallaattività nei follicoli piliferi di enzimi capaci diconvertire gli androgeni in ormoni attivi versoil follicolo stesso. In particolare risulta deter-minante l'attività dell'enzima 5-alfa-reduttasi,convertitore del testosterone in diidrotestoste-rone (DHT).

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Epidemiologiaa cura di Daniele Campo

Studi epidemiologici ufficiali sulla alopeciaandrogenetica, di solito considerata più unproblema estetico che sanitario, non sono maistati effettuati. Inoltre, la maggior parte deidati disponibili sono basati su piccoli campio-ni non randomizzati che, per di più, usanospesso classificazioni diverse: di Hamilton, diNorwood, di Ebling, di Camacho, di Ludwig(per le donne) oppure quella di Sav i n(Rushton, 1999).Comunque l'incidenza della perdita dei capel-li a tipo androgenetico si avvicina, nel corsodella vita, al 100% negli uomini di razza cau-casica.I primi dati percentuali su età e modalitàdella perd i ta dei capelli risalgono adHamilton. Secondo Hamilton nel 96% degliuomini e nel 79% delle donne dopo la puber-tà, si riscontrano i segni di iniziale perdita dicapelli evidenziata da un arretramento uni-forme della linea di inserzione frontale (tipoIl della scala di Hamilton). Questo tuttavianon significa necessariamente l'inizio dellavera alopecia androgenetica né rappresenta ilprimo stadio della calvizie: in questo caso noip re fe riamo parl a re di “A l o p e c i aFro n to p a ri etale Fisiologica”. Lo ste s s oHamilton rileva l'esistenza di una alopeciapiù pronunciata (grado V - VII della scala diHamilton) nel 58% degli uomini di oltre 50anni.A n che secondo uno studio successivo diNorwood si ha calvizie di tipo maschile inoltre il 50% degli uomini adulti.Una percentuale simile (42%) è stata ottenuta,tramite autovalutazione, in uno studio sullacalvizie in relazione all'infarto del miocardiosu 772 uomini tra i 24 ed i 54 anni (Lesko,1993).Sono state osservate anche rilevanti differen-

ze razziali: gli uomini di razza nera hannouna probabilità quattro volte più elevata diavere una folta capigliatura rispetto ai cauca-sici. Gli uomini orientali hanno una più bassaincidenza di perdita di capelli a tipo maschilerispetto ai caucasici ed un inizio di alopeciaritardato; addirittura, nei maschi cinesi, laperdita dei capelli risulta non comune, di soli-to lieve e più tardiva. É probabile, ma finoranon confermato, che queste differenze razzia-li siano presenti anche nella popolazione fem-minile.Nel maschio l'alopecia comincia, di norma,dopo la pubertà, verso i 18 - 20 anni, con unarecessione simmet rica bipari etale, spessoaccompagnata da una netta perdita di capelliall'inserzione sulla fronte.

Solo nelle forme più gravi, descritte da VeraPrice come “forme precoci” (EAGA = EarlyAndro Genetic Alopecia) e definibili anchecome “Ipotrichia Ereditaria Semplice”, l'alo-

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pecia inizia già verso i 15 - 18 anni con undecorso molto più rapido che poi porta allo

stadio estremo della calvizie ippocratica (sta-dio IV e V di Hamilton) prima dei 25 anni.Nella donna la calvizie ha un inizio più tardi-vo, una progressione molto più lenta con dira-damento diffuso, meno evidente e più ampiosul cuoio capelluto; inizia, di solito, dieci annipiù tardi, talvolta a seguito di alterazioniormonali, gravidanze, menopausa, dopo l'usodi estroprogestinici o in seguito ad importan-ti variazioni ponderali. Resta comunque dastabilire se quella della donna sia una veraalopecia androgenetica o qualcos'altro.É da stabilire anche se l'alopecia androgeneti-ca sia una malattia vera e propria o una con-dizione parafisiologica in parte anche dovutaall'invecchiamento cronologico, cioè all'invec-chiamento intrinseco. Non esiste molta lette-ratura sull'argomento ma si può citare unlavoro di Kligman, nel quale si distinguono e

si comparano due situazioni, l'alopecia andro-genetica e la “alopecia da invecchiamento”(AIA = Aging Alopecia). Secondo Kligman l'a-lopecia androgenetica è familiare, si presentaprima dei 50 anni, colpisce il vertice del cuoiocapelluto con assottigliamento evidente delfusto del capello e diradamento del capillizioed arriva a portare la cute ad essere completa-mente glabra. L’istologia ci mostra un follico-lo miniaturizzato e dislocato in piani semprepiù superficiali che da origine ad un capellosempre più sottile, più corto ed in parte depig-mentato. Nella ”alopecia da invecchiamento”l'assottigliamento del fusto del capello iniziasolo dopo i 50 anni d'età e non vi è evidentefamiliarità nella sua origine. Il diradamentointeressa tutta la capigliatura e non esita maiin un cuoio capelluto completamente glabro.Istologicamente si rileva che il follicolo, puressendo più piccolo rispetto a quelli presentiin un soggetto giovane con tutti i suoi capelli,non arriva mai alle ridotte dimensioni dei fol-licoli colpiti da alopecia androgenetica e nonsembra interessato, a differenza di quantoavviene nella alopecia androgenetica vera, daimportanti fatti infiammatori.Con l'avanzare dell'età, le due condizioni fini-scono comunque per coesistere.

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Fra ereditarietà e difetto enzimatico

La patogenesi dell'alopecia androgenetica èancora in gran parte sconosciuta ma è ormaiaccettato che sia dovuta ad un messaggiogenetico che per realizzarsi ha bisogno degliormoni maschili (Hamilton). Il genotipo (l'ere-ditarietà per calvizie) diventa cioè fenotipo (lacalvizie si manifesta clinicamente) solo in pre-senza di andro geni. Nu m e rosi studi, daHamilton in poi, hanno confermato che inassenza di androgeni l'ereditarietà per calviziemaschile non si manifesta, per questo motivosi parla di “androgenetica”.I livelli ormonali necessari a provocare la cal-vizie sono quelli normali del maschio adultosano. Nei maschi calvi non c'è alcuna altera-zione degli androgeni ed i valori ormonalisono identici a quelli dei soggetti non calvi.Solo nelle donne calve si può talvolta riscon-trare un eccesso di ormoni maschili. Maschiprecocemente castrati non vanno incontro acalvizie (Hamilton).Le ri c e rche sull'ere d i ta ri età della calv i z i esono rese difficili dal fatto che il caratteresembra avere una penetranza estremamentevariabile. Se in un albero genealogico è faciledefinire calvo chi ha una vera calvizie, assaipiù difficile è inquadrare chi presenta solo undiradamento, magari lieve. Comunque anchela sola esperienza di ogni giorno ci fa vedereche molti alberi genealogici presentano unasuccessione di individui calvi e che il figlio diun calvo ha molte probabilità di diventare asua volta calvo: ciò dimostra che la calvizie èereditaria.Per quanto le modalità di trasmissione del“carattere calvizie” non siano ancora bendefinite e sia ormai chiaro che questo caratte-re è l'espressione di un mosaico di geni, pos-siamo a fini pratici ancora accet ta re unmodello, peraltro inesatto, secondo il qualeun singolo paio di geni autosomici (CC) con-

trollerebbe il carattere calvizie nel seguentemodo:

genotipo fenotipo M fenotipo FCC calvo calvaCc calvo non calvacc non calvo non calva

Gli uomini (M) omozigoti o eterozigoti per ilgene autosomico C perderanno pertanto icapelli; le donne (F) invece perderanno icapelli solo se omozigoti CC.Il gene C si comporta quindi come dominan-te nel maschio e come recessivo nella donna.Possiamo pertanto ipotizzare che il gene Cmanifesti il suo effetto solo in presenza degliormoni androgeni; gli eunuchi ben raramen-te diventeranno calvi, mentre donne portatri-ci di tumori ormonosecernenti possono svi-luppare un androgenismo e diventare calveanche in pochi mesi.Nel mondo animale sono ben conosciutimodelli genetici analoghi: un esempio è quel-lo delle corna della pecora che crescono soloin presenza di ormoni maschili.Nel maschio la possibilità di diventare calvo èpertanto notevolmente superiore rispetto allafemmina ed il target è rappresentato dallamedia fra lo stato del padre e la situazione delnonno materno a 40 anni.Una donna può ave re una ve ra alopeciaandrogenetica solo se il padre e la madre nesono affetti.

Dal punto di vista pratico ad un giovane chelamenta caduta dei capelli e teme una futuracalvizie (ma che non presenta ancora un'ob-biettiva ipotrichia) chiederemo notizie sullostato dei capelli del padre e del nonno mater-no. Ci impegneremo in una vera terapia solonel caso che risulti dalla anamnesi una eredi-ta ri età per calvizie. Un tri c o gramma, un

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esame microscopico dei capelli in luce pola-rizzata, un esame dei capelli caduti ci potran-no fornire altre informazioni. Se non risulte-rà esserci un'ereditarietà per calvizie e se gliesami che abbiamo ricordato risulterannonella norma, il nostro giovane paziente dovràaccontentarsi di un sano placebo.

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Fisiologia endocrino metabolicaa cura di Paolo Gigli

Mentre la differenziazione dei peli in termina-li o vellus, la sintesi della cheratina e la molti-plicazione delle cellule della matrice delcapello sono sotto il controllo e l'interazionedi fattori di crescita stimolanti ed inibenti, ilciclo anage n - c a ta ge n - te l o gen è contro l l a todagli steroidi sessuali e dal metabolismo delglucosio.

Conviene qui ancora ricordare quelli chesono i meccanismi di regolazione della vitaciclica del capello rimandando anche al capi-tolo "FISIOPATO LOGIA ENDOCRINO -M E TA BO L I CA DEL CA P E L LO E DELPELO".

Esistono tre vie di controllo della crescita delpelo: una steroidea, l'altra metabolica e laterza autocrino-paracrina.

Riferimenti:

Marliani A.: "MANUALE di TRICOLOGIA" -diagnostica e terapia - Firenze, TricoItalia:fascicolo 2 - 2003.

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Controllo steroideo

Qualunque sia l'ormone androgeno che dalsangue passa all'interno della cellula germina-t i va del capello (tri c o ch e ra t i n o c i ta), unatappa metabolica imprescindibile è sempre laformazione di testosterone. Un enzima, 5-alfa-reduttasi, trasforma il testosterone in diidrote-stosterone (DHT) ormone realmente attivo sulcapello che, all'interno del citoplasma dellacellula, si lega ad un recettore citosolico,viene in qualche modo attivato e penetra conquesto nel nucleo; qui se il messaggio ormo-nale trova il re c et to re specifico sul DNA(acido desossiribonucleico), viene decodifica-to e, tramite la formazione di un mRNA(acido ribonucleico messagge ro), tra s c ri t tosecondo il messaggio del DNA stesso, determi-na la qualità dell'anagen e la miniaturizzazio-ne del capello.

Alcune zone, margini laterali e posteriori delcuoio capelluto, perché non sensibili a que-st'ormone, non diventano quasi mai calve. Latrasformazione del pelo lanuginoso in peloterminale all'epoca della pubertà è attribuibi-le ad un aumento degli androgeni circolantied allo specifico metabolismo del testosteronea livello dei follicoli piliferi. Il DHT poi anco-ra 3-alfa ridotto a 3-alfa androstandiolo, a suavolta captato da uno specifico recettore e

penetrato nel nucleo, provoca dopo trascrizio-ne nucleare l'attivazione secreto ria dellaghiandola sebacea (seborrea).

In molti giovani queste trasformazioni fisiolo-giche potranno portare ad acne, irsutismo,seborrea, defluvio androgenetico ecc. Secondo alcuni autori l'attività 5-alfa-redutta-sica del cuoio capelluto affetto da calviziesarebbe più elevata per cui si può avere accu-mulo di diidrotestosterone anche in assenzadi incremento ormonale nel sangue (dove siritrova il metabolita 3-alfa ridotto, il 3-alfaandrostandiolo già menzionato, indice dellaattività 5-alfa-reduttasica).

Controllo metabolico

Interessa la produzione dell'energia necessa-ria alla sintesi delle proteine per la “costruzio-ne” del capello e alla riproduzione delle cellu-le germinative. Questo meccanismo funzionautilizzando il glucosio, la cui demolizione,attraverso i meccanismi di glicolisi, shunt deipentosofosfati e ciclo di Krebs, porta alla for-mazione di varie molecole di ATP (adenosin-trifosfato), cioè di energia. Per utilizzare ilglucosio occorre l'intervento di una proteina-chinasi che può essere attivata direttamente(da un fattore di crescita che provvisoriamen-te possiamo chiamare Hair Growth Factor,

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HGF, forse dall'ormone somatotropo e forseanche dal minoxidil che mimerebbe l'effettodell'HGF) o indirettamente attraverso unospecifico recettore che ricevuto lo stimolo( e st rone, tiroxina, istamina, cate c o l a m i n ebeta-1-adrenergiche ecc), in presenza di pro-staglandine (PGE2) attiva un enzima, l'adenil-ciclasi, che trasforma l'ATP in AMPc (adeno-sinmonofosfato-ciclico) responsabile appuntodell'attivazione stessa (la reazione necessitadello ione magnesio).

La proteina-chinasi-attiva, attraverso un mec-canismo a cascata di vari sistemi enzimatici(la reazione necessita dello ione calcio), avviainfine la glicolisi.

L'enzima adenilciclasi è attivato dall'estrone,inibito dal diidrotestosterone e dalle catecola-

mine alfa adrenergiche (che aumentano adesempio nello stress con conseguente cadutadei capelli).

Controllo autocrino-paracrino

La moltiplicazione delle cellule della matricedel capello è attivata da un ormone ad azionelocale, un fattore di crescita (Hair GrowthFactor) che esse stesse producono, e frenatada un calone (ormone inibitorio) prodottodalla papilla dermica e probabilmente indivi-duabile nel Transforming Growth Factor beta.L'interazione fra HrGF e TGF beta determinala dimensione e la struttura del pelo (ed inparte la sua profondità nel derma e la duratadell'anagen).Ad ogni catagen la matrice del capello degene-ra e la papilla dermica si deconnette dalbulbo. Una colonna sacciforme di cellule epi-teliali circondate da quello che resta dellaguaina epiteliale esterna rimane dapprima acollegare il bulbo con la papilla, poi questosacco si stacca dalla papilla e risale fino alivello dell'istmo, prende contatto con la zonaprotuberante ed in qualche modo attiva laproduzione di HrGF dalle cellule germinativedel bulge. I cheratinociti staminali presentinel bulge entrano in rapida moltiplicazione,migrano di nuovo verso il basso, ricolonizza-no la zona della matrice e riprendono contat-to con la papilla dermica che ne controlla lamoltiplicazione mediante l'azione del TGFbeta. Così inizia il nuovo anagen. La produ-zione di HrGF da parte delle cellule del bulgeè verosimilmente attivata dall'estrone, abbon-dantemente prodotto dal metabolismo del fol-licolo dalla fine dell'anagen.

Da queste poche conoscenze essenziali nasco-no le possibilità attuali di terapia "endocrina"dell'alopecia androgenetica.

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Dunque la calvizie "androgenetica" è eredita-ria, a carattere dominante con penetranzaincompleta androgenodipendente!Ma quello che si eredita è verosimilmente undifetto (o un "atteggiamento" ?) enzimatico alivello della matrice del pelo: un eccesso diattività di NADP reduttasi, un deficit di 17-beta-steroido-ossido-reduttasi, di 3-alfa-idrossi-steroido-deidrogenasi (3-alfa-reduttasi) oppuredi aromatasi possono provocare la calviziemaschile.Un deficit di 3-alfa-steroido-deidrogenasi o diaromatasi possono provocare la calvizie fem-minile.

Il diverso atteggiamento enzimatico delle cel-lule del follicolo pilosebaceo indirizza inmodo diverso o addirittura contrario il meta-bolismo degli steroidi in zone diverse delcuoio capelluto o in zone diverse del corpocon la conseguenza che una diventa glabra,una pelosa, una indiffereante ad un medesinostato ormonale.

Un deficit enzimatico può venire parzialmen-te corretto somministrando gli steroidi a valledel blocco, ma anche così la via metabolicaresa preva l e n te dalla carenza enzimaticarimane preferenziale e non si corregge l'ecces-so di produzione di diidrotestosterone edandrostandiolo se non inibendo anche la 5-alfa-reduttasi e/o la NADP reduttasi.

Riferimenti

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Alopecia frontoparietale

Dalla alopecia androgenetica vera deve essered i st i n ta l'alopecia fro n to p a ri etale masch i l efisiologica.Per capire cosa è l'alopecia frontoparietale èimportante considerare come progredisce laperdita di capelli nell'uomo e nella donna.Nell'uomo si ha dapprima un innalzamentodella linea frontale dei capelli accompagnatoda diradamento del vertice, poi un dirada-mento alle tempie che dà al taglio dei capellila caratteristica forma maschile a M. Fin qui la caduta di capelli maschile può esse-re considerata fisiologica e non obbligatoria-mente un preludio alla calvizie, preferiamopertanto parlare di “alopecia frontoparietalemaschile fisiologica”.

La considerazione che ci sono uomini stem-piati ma non calvi e uomini calvi ma nonstempiati, e l'osservazione che gli inibitoridella 5-alfa-reduttasi hanno scarso effetto nelridurre la velocità di progressione della alope-cia frontoparietale fa supporre che quest'ulti-ma sia indotta dal testosterone mentre la cal-vizie (vera) dal suo metabolita diidrotestoste-rone.Nella calvizie maschile il vertice lentamente sisvuota e l'alopecia progressivamente conflui-sce con le zone calve frontoparietali, lascian-do dapprima un'isola di risparmio al di sopradella fronte, per arrivare infine alla "calvizie acorona".

A questo punto, in genere, il defluvio si stabi-lizza con risparmio delle zone temporo occipi-tali ed il processo si arresta.

Che la caduta dei capelli in zona frontoparie-tale e la regressione della linea frontale (lacosiddetta stempiatura) siano dovute ad azio-ne diretta del testosterone, a differenza dellaalopecia androgenetica vera che interessa ilvertice e che è dovuta alla azione del diidrote-stosterone, è dimostrato da alcune cosidera-zioni di ordine clinico:

1) Tutti gli uomini sono, di norma, stempiati(per effetto del testosterone).2) Non tutti gli uomini sono calvi (la calvizievera, del vertice, è ereditaria e dovuta al dii-drotestosterone; la presenza del testosteronenon basta a provocare la calvizie).3) Le donne calve (per effetto del diidrotesto-sterone) non sono, di norma, stempiate (lapresenza del DHT provoca loro la calvizie manon la stempiatura).4) Quando una donna ha un tumore testoste-rone secernente si stempia (la presenza deltestosterone è sufficiente a provocare la stem-piatura) ma non obbligatoriamente diventacalva (la calvizie vera, del vertice, è ereditariae dovuta al diidrotestosterone, la presenza deltestosterone non basta).

Riferimenti:

Marliani A.: "La calvizie comune" SIMCRE,Firenze, 1986.

Marliani A. et al: "I Capelli" Firenze, EtruriaMedica, 1989.

Marliani A.: "TRICOLOGIA" - diagnostica eterapia - Firenze, TricoItalia 1996.

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Aspetti clinici della alopecia androgenetica

L'alopecia androgenetica si presenta clinica-mente diversa nei due sessi.La progressione della alopecia è comunquelenta e, se non complicata da altre condizioniche ne aggravino il decorso, segue degli sche-mi obbligati e diversi nei due sessi.

Evoluzione negli uominia cura di Paolo Gigli

Negli uomini la caduta dei capelli inizia dopola pubertà quando i livelli sierici degli andro-geni salgono sopra i valori prepuberi. Il primoc a m b i a m e n to consiste, di norma, in unarecessione frontale biparietale presente nel96% dei maschi caucasici sessualmente matu-ri, anche in coloro nei quali la caduta dicapelli non è destinata a progredire (alopeciafrontoparietale maschile fisiologica).

La recessione frontoparietale, quindi, puòdipendere da meccanismi differenti da quellidella tipica calvizie del vertice. La classica“androgenetica” comincia verso i 17 - 18anni; la caduta è più o meno costante, dinorma mai elevata quantitativamente e pre-senta saltuarie, brevi poussées durante lequali ogni giorno cadono alcune centinaia dicapelli. Il problema del defluvio androgeneti-co in telogen non deriva però dal numero dicapelli che cadono ma dal fatto che molti diquesti sono progressivamente sostituiti da ele-menti più corti, sottili, meno profondi, minia-turizzati, che sono il preludio alla scomparsadefinitiva del capello stesso.James Hamilton, negli anni 50, classificò itipi di calvizie basandosi sul grado di recessio-ne frontoparietale e frontale e sul diradamen-to del vertice.O'Tar Norwood, più di 25 anni dopo, perfezio-nò e completò questa “classificazione per illu-strazioni” dell'alopecia androgenetica.Benché la densità dei capelli tenda a diminui-re con l'età secondo uno schema noto è diffi-cile predire quale grado di alopecia assumeràalla fine un giovane che presenta una inizialeandrogenetica. In generale, nei soggetti checominciano a perdere capelli prima dei 20anni l'alopecia pro gre d i rà maggiorm e n te(androgenetica ad evoluzione rapida). In alcu-ni maschi la caduta dei capelli può insorgereanche tardivamente (androgenetica ad evolu -zione lenta) al termine della terza o durantela quarta decade di vita. Inoltre si possonoverificare aspetti differenti dovuti alla razzaed al tipo di diradamento. Si è notato comenegli orientali e nei nativi americani sia spes-so conservata l'attaccatura frontale, vi sia uninizio posteriore ed una minore estensionedella calvizie. Anche i maschi afroamericanihanno una minore incidenza ed estensionedella calvizie, con una minore frequenza dialopecia frontoparietale rispetto ai caucasici.

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Secondo Hamilton (1951) si possono distin-guere 5 stadi:stadio I: arretramento simmetrico frontopa-rietale con eventuale e successivo arretramen-to della linea frontale; non rappresenta, comegià detto, un preludio obbligatorio alla calvi-zie;stadio II: accentuazione dello stadio I con leg-gero arretramento della linea frontale e dira-damento del vertice;stadio III: le due zone alopeciche, anteriore eposteriore, tendono a confluire e persiste solouna stretta striscia di capelli;stadio IV: alopecia definitiva frontoparietale edel vertice con permanenza di una alta “coro-na” di capelli nella zona temporo-occipitale;stadio V: come il IV ma con “corona” residuadi ridotte dimensioni.

Norwood ha modificato (1975) la classificazio-ne di Hamilton, proponendo una “scala” di 7stadi, alcuni dei quali ulteriormente fraziona-ti in modo da ottenere in tutto 12 possibilità:stadio I: corrisponde al soggetto normale; stadio II: corrisponde al I di Hamilton consolo arretramento frontoparietale;stadio IIa: come il II con associato arretra-mento della linea frontale;stadio III: corrisponde semp re al I diHamilton ma con arretramento frontoparieta-le più accentuato;stadio IIIa: come il III con associato arretra-mento della linea frontale;stadio III vertex: al III o al IIIa si associa dira-damento della zona del vertice (corrispondepiù o meno al II di Hamilton);stadio IV: rimane una larga striscia di capellisuperstiti fra le zone alopeciche anteriore eposteriore (cioè uno stadio III di Hamiltonpoco accentuato);stadio IVa: notevole arretramento della lineadi attaccatura anteriore che arriva grossomodo alla linea virtuale che congiunge la

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sommità delle due orecchie; la presenza didiradamento del vertice non è obbligatoriama in ogni caso è assente la striscia di capellisuperstiti;stadio V: come il IV più accentuato (corri-sponde al III di Hamilton);stadio Va: come il IVa più accentuato (corri-sponde al IV di Hamilton poco accentuato);stadio VI: corrisponde al IV di Hamilton;stadio VII: corrisponde al V di Hamilton.

In pratica con questa scala, comunementeusata, si può cominciare a parlare di calviziesolo dagli stadi IIa e IIIa perché l'I, il II e ilIII, pur presenti in molti uomini, non neces-sariamente progrediscono nel tempo.

La regola degli angoli frontoparietaliA cura di Marino Salin

Pur tenendo distinta l'alopecia frontoparieta-le dalla alopecia androgenetica vera, quest'ul-tima inizia sempre e comunque con arretra-mento simmetrico fronto-parietale.

In rapporto all'età, l'apertura degli angoli dialopecia frontoparietale (stempiatura) è diret-tamente proporzionale alla velocità e la pro-fondità proporzionale alla gravità della futuraevoluzione androgenetica.

Valutando in un ragazzo giovane questi dueparametri (apertura e profondità) insieme allastoria familiare si può prevedere se ed inqu a n to te mpo il nost ro giovane pazientediventerà calvo e potremo decidere l'aggressi-

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vità dell'intervento terapeutico.

Nel maschio distinguiamo una calvizie ad evo-luzione rapida ed una calvizie ad evoluzionelenta.La calvizie ad evoluzione rapida (che può por-tare agli stadi VI - VII) inizia in genere, versoi 17 - 18 anni, si concretizza verso i 19 - 20 (ilragazzo tende ad incolpare di questo il servi-zio militare, il cappello, il casco della motoci-cletta ecc), nei casi tipici e gravi già a 22 - 23anni si raggiungono gli stadi V - VI diNorwood ed è completamente evoluta verso i28 - 30 anni. Questi soggetti presentano pre-cocemente angoli di alopecia frontoparietaleprofondi e molto aperti.La calvizie ad evoluzione lenta inizia verso i27 - 35 anni in soggetti che già mostrano unostadio II o IIa di Norwood e progredisce len-tamente per decenni, senza superare in gene-re lo stadio III vertex (nel 10 - 15% dei casi siarriva al IV o al V, sempre secondo la scala diNorwood). Questi soggetti presentano angolidi alopecia frontoparietale profondi ma pocoaperti.

Evoluzione nelle donnea cura di Daniele Campo

Nelle donne l'alopecia androgenetica si pre-senta in genere tra i trenta ed i quarant'anni(rispetto ai venti-trenta anni degli uomini). Iproblemi dei capelli possono cominciare ini-z i a re in coincidenza di un cambiamentoormonale come l'assunzione o la sospensionedi un contraccettivo, nel post parto, in perio-do perimenopausale o post m e n o p a u s a l eoppure in conseguenza di una sensibile varia-zione ponderale. La recessione frontoparieta-le avviene comunque al momento della matu-razione sessuale nell'80% delle donne (comenella maggior parte degli uomini) e spesso inconcomitanza con l'assunzione di un estro-

progestinico orale (che può non essere estra-neo a questo) ed è generalmente molto menoevidente di quella maschile. La presenza diuna recessione frontoparietale profonda èperò probabilmente correlata con una mag-giore produzione testosterone piuttosto checon l'accentuata conversione di questo in dii-drotestosterone. In entrambi i sessi l'area arischio è l'intera parte superiore del cuoiocapelluto ma nelle donne, a differenza deimaschi, si ha generalmente una diffusa perdi-ta di densità di tutta la capigliatura, anche sepiù evidente nella zona del vertice. Si determi-na così una diminuzione ovalare della densitàdei capelli nell'area centrale del cuoio capellu-to diet ro la frangia fro n tale conserva ta .Questo conservarsi dell'attaccatura frontale èun'altra differenza tipica tra l'alopecia andro-genetica femminile e maschile.

Erich Ludwig divise l'alopecia androgeneticafemminile in tre stadi basati sulla densità deicapelli (1977).Le donne del primo gruppo costituiscono lagrande maggioranza e la perdita di capellipuò essere avvertita solo paragonando la den-sità sulla sommità del cuoio capelluto conquella dell'occipite.Il secondo gruppo raggiunge un diradamentomaggiore e meno mascherabile.Le donne del terzo gruppo sono più rare e,come quelle che in periodo premenopausalesviluppano una alopecia a pattern maschilecon profonda recessione frontale, richiedonoun accerta m e n to endocrinologico per unpotenziale stato androgeno patologico. Anchenello stadio III di Ludwig tuttavia, a differen-za del maschio, l'area non è mai completa-mente calva e persistono molti capelli “nor-mali” insieme ai miniaturizzati.Sulzberger, Witten e Kopf per primi riporta-rono alcune importanti osservazioni cliniche:nelle donne con “alopecia diffusa” i capelli

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sono diventati più sottili, la capigliatura menodensa e talvolta più untuosa. Soggettivamentei capelli sono meno trattabili cosmeticamente.Altri sintomi riferiti dalle pazienti sono: “fra-gilità, formicolio, sensazione di pelle d'oca,bruciore, prurito ed una spiacevole ipersensi-bilità del cuoio capelluto”.L'incidenza dell'alopecia androgenetica nelledonne è stata valutata tra l'8 ed il 25%, maquesti calcoli possono aver escluso i soggetticon diradamento leggero e facilmente camuf-fabile. Nelle donne, una diminuzione delladensità di capelli diventa spesso visibile dopola menopausa e può essere associata ad un'ul-teriore recessione biparietale. Non è oggichiaro se questa perdita di capelli postmeno-pausale sia dovuta all'alopecia androgenetica.Sembrerebbe collegata ai cambiamenti ormo-nali causati dall'anovulazione e dall'insuffi-ciente sintesi di estrogeni e/o progesterone.Anche il fatto che la ghiandola surrenale vadaincontro a dei cambiamenti nella produzioneandrogena delle donne dopo i cinquanta annipuò avere un ruolo in questa perdita di capel-li. Resta da comprendere con esattezza cometutti questi dati siano in connessione.

Riferimenti

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Ma ... esiste davvero l'alopecia androgeneticafemminile?

L'alopecia androgenetica è il risultato di unprocesso combinato androgeno-dipendente edi una trasmissione genetica.É ormai comunemente accettato che l'alope-cia androgenetica maschile è associata ad una u m e n to dell'attività della 5-alfa - re d u t ta s i ,con incremento locale della produzione di dii-drotestosterone, oppure ad una maggiore sen-sibilità locale all'azione del DHT. Questo èstato dimostrato principalmente, se non esclu-s i va m e n te, negli uomini e poi, ri te n i a m oimpropriamente, esteso alle donne.L'incremento dell'attività 5-alfa-reduttasica odella sensibilità locale al DHT spiega la bennota efficacia degli inibitori della 5-alfa-redut-tasi.Il meccanismo attraverso il quale dall'aumen-to del diidrotestosterone locale si arriva allaminiaturizzazione e poi alla perdita dei capel-li non è affatto chiarito. Personalmente rite-niamo che la chiave per comprendere il pro-cesso di miniaturizzazione sia nella produzio-ne locale di ormoni durante il catagen.Comunque, se si considera il processo di cal-vizie come androgeno dipendente, l'alopeciaandrogenetica deve essere limitata alle solearee recettrici degli androgeni. Nel cuoiocapelluto questi recettori sono stati individua-ti solo nell'area frontale e nel vertice, e nonnell'area temporale ed occipitale. In effettinegli uomini è così e l'alopecia androgeneticasi presenta solo in queste zone, mentre nelledonne la caduta dei capelli è raramente loca-lizzata a queste sole aree, anche quando conl'avanzare dell'età vi sono ampie zone calve.Nelle donne l'alopecia è, di solito, diffusaanche alle zone non androgeno dipendenti.Inoltre i livelli ormonali degli androgeni nelladonna sana sono sempre molto più bassi diquelli presenti nel maschio. Anche il maschio

in terapia con finasteride ha livelli di DHTcirca 10 volte superiori a quelli della donnacon alopecia, il che la fa malamente definirecome “androgenetica”.In sostanza gli inibitori della 5-alfa-reduttasiappaiono inefficaci nelle donne.Dosi farmaceutiche di estrogeni (gravidanza,contraccezione) hanno spesso un effetto bene-fico su molti casi di alopecia probabilmentea t t rave rso meccanismi non anti-andro ge n i .Dosi farmacologiche di estrogeni, di solitoassociate ad agenti antiandrogeni simili alp ro ge ste rone, vengono amp i a m e n te usati,nella alopecia femminile, con buoni risultatiche tuttavia non sono stati provati da trial cli-nici. É importante anche precisare che lapapilla dermica ha un'aromatasi, specifica-mente nell'area occipitale, la cui funzionenon è stata ancora ben definita nell'ambitodell'alopecia femminile.Nelle donne, fatta eccezione per qualche rarocaso di anomala produzione ormonale surre-nalica o ovarica per difetto enzimatico o pertumore secernente, l'alopecia appare moltodiversa da quella maschile ed i meccanismiappaiono differenti ed, anche se non ancoradel tutto chiariti, quasi sempre assimilabili aquelli del telogen effluvio cronico o ad unasituazione da carenza locale di estrone.I casi di quelle ragazze con capelli fini e dira-dati su tutto il cuoio capelluto (ma più sul ver-tice e nella zona frontale) con la madre (spes-so) nelle stesse condizioni ma con mestruo efertilità normale, senza eccesso di androgenicircolanti ed in cui non è possibile reperirechiari elementi clinico laboratoristici che cifacciano deporre per un telogen effluvio cifanno pensare a una resistenza perifericafamiliare del follicolo alla azione degli estro-geni (deficit di 17 steroido ossidoriduttasi,aromatasi, 3 alfa riduttasi). Sono cioè alope-cie carenziali!

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Tutto questo ha risvolti terapeutici fondamen-tali:- gli inibitori della 5-alfa riduttasi sono ineffi-caci nelle donne;

- una terapia topica con estrone o 17 alfaestradiolo può risultare efficace in molti casi;- se invece l'alopecia della donna interessarealmente e solo il vertice con la “chiericamaschile” ed ancor più la zona frontoparieta-le con chiara “stempiatura” a pattern maschi-le si dovrà sospettare una fonte di androgeni esi dovranno effettuare le seguenti indagini:

Testosterone17 OH progesteroneEcografia addominale e pelvica

Non basta la presenza di un comune “ovaiomicropolicistico” (che non è una malattia!) aprovocare un'androgenetica femminile a pat-tern maschile ma occorre qualcosa di ben piùgrave come un tumore ovarico o surrenalico

secernete androgeni o un deficit enzimaticosurrenalico come quello di 21 idrossilasi.

Riferimenti

Amy McMichael: “le cause più comuni dellacaduta dei capelli nelle donne e l'importanzadi una diagnosi precoce nel trattamento”American Academy of Dermatology 57° mee-ting annuale, New Orleans, 2002.

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Simpson N.: "Classificazione e trattamentodelle alopecia" in: "Derm a to l o g y: ClinicalUpdate" Upjohn, 1986.

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Il controllo del ciclo del capello

Il ciclo del capello è necessario per impedireche i capelli ed i peli crescano indefinitamen-te cioè per impedire che un individuo di 50anni abbia i capelli lunghi 6 - 7 metri (in natu-ra il taglio dei capelli non è previsto).Il ciclo è controllato dagli ormoni steroidi ses-suali: non dagli ormoni circolati ma da quellip ro d otti in loco dal follicolo ste s s o .Rimandiamo ancora al capitolo "FISIOPATO-LOGIA ENDOCRINO - M E TA BO L I CA DELCAPELLO E DEL PELO”.

Per mantenere l'anagen e le sintesi proteicheil follicolo ha bisogno di energia sotto formadi ATP. Questa energia è fornita dalla glicoli-si che poi continua nel ciclo di Krebs. La gli-colisi ha un interruttore: l'enzima adenilcicla-si. Bloccando l'adenilciclasi si ferma la glicoli-si. Fermando la glicolisi si spenge l'anagen. Ildiidrotestosterone riduce l'attività della ade-nilciclasi. L'estrone incrementa l'attività dellaadenilciclasi. Perché il follicolo arrivi al cata-gen (e poi al telogen) è necessaria la 5-alfa-riduzione. La 5-alfa - riduzione consumaNADPH ossia è NADPH dipendente. Nelloshunt esosomonofo s fatico, via meta b o l i c aparallela e collaterale alla glicolisi, si formanoil NADPH per la 5-alfa-reduttasi, cioè per tra-sformare il testosterone in diidrotestosterone.

In altre parole: gli idrogenioni per la 5-alfa-riduzione si formano come NADPH nelloshunt esosomonofosfatico, via alternativa ep a rallela alla glicolisi, anch'essa innescatadalla adenilciclasi ed anch'essa bloccata quan-do è ferma la glicolisi.

A partire dalla fine dell'anagen la glicolisi èbloccatta come pure lo shunt esosomonofosfa-tico, il NADPH non è più prodotto, la 5-alfa-reduttasi è bloccata e tutte le vie metabolichesono dev i a te ve rso l'aro m a t i z z a z i o n e .L'estrone abbondantemente prodotto duranteil catagen riattiva l'adenilciclasi, la glicolisiriparte ed il ciclo ricomincia.

Perchè l'anagen della donna è più lungo diquello del maschio? Nel maschio la via meta-bolica più facile è quella che da testosteroneporta a diidrotestosterone. Nella donna la viametabolica più facile porta ad estrone. Cosìl'anagen del maschio dura 3 anni e quello

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della donna 6 anni e più.Ma anagen più corto significa ciclo più velo-ce, non significa involuzione del follicolo néminiaturizzazione del capello! Anagen piùcorto non significa calvizie. Quale è allora lacausa della alopecia androgenetica? La rispo-sta è nel catagen!

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Fisiologia del catagen

Mentre solo pochi anni fa ritenevamo che lafase catagen fosse solo un momento di passag-gio fra l'anagen ed il telogen, oggi siamo con-vinti che proprio il catagen sia la fase più deli-cata di tutto il ciclo follicolare e che la quali-

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tà di ogni anagen dipenda, in larga misura,dalla regolarità e dalla validità della fase cata-gen che lo precede.Rimandiamo anche al capitolo: “Il ciclo idea-le del capello”.

Il Catagen ha inizio con l'arresto mitoticodelle cellule della matrice facilmente eviden-ziabile al microscopio in luce polarizzata perla completa cheratinizzazione del bulbo cheappare luminoso (catagen I).

Quando inizia il catagen la matrice, comune-mente intesa, degenera. Il bulbo cheratinizza-to rimane unito alla papilla mediante una spe-cie di “sacco” formato dalla guaina epitelialeesterna che contiene le ultime cellule prodot-te dalla attività mitotica come una colonna,sempre più lunga, di cellule epiteliali ed il fol-licolo assume un cara t te ri stico aspet to a“sacco di noci svuotato” (catagen II).Questo capello, con la papilla ed il suo saccodi cellule epiteliali, è in lento movimento dirisalita verso l'istmo che deve raggiungere per-correndo (se il capello è profondo) anche6000 / 7000 micron non più alla velocitàdella crescita del capello (400 micron al gior-no ≈ 10 mm al mese) ma a quella, assai piùl e n ta, del ricambio dell'epidermide (65micron al giorno ≈ 2 mm al mese) impiegan-do quindi circa 90 giorni.

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Il sacco si deconnette infine dalla papilla, chenon può più seguirlo, giunge all'istmo (cata-gen III) e si attivano le cellule staminali delbulge.

Queste ultime, in rapida mitosi (anagen I),con un processo molto simile a quello che siosserva nella formazione embrionale del peloprimitivo, migrano di nuovo verso il bassofino a ritrovare la papilla (anagen II) e forma-no la nuova matrice per il nuovo anagen (ana-gen III).

Durante il catagen si assiste progressivamentealla scomparsa delle guaine epiteliali propriedel follicolo; la scomparsa delle guaine segnail passaggio del capello alla fase telogen men-tre il follicolo talvolta è già in anagen IV.

Durante il catagen, se l'attività mitotica dellamatrice è cessata, l'attività metabolica dellecellule del sacco è addirittura esaltata per pre-parare il follicolo al nuovo anagen.

Il catagen è un periodo “delicato”. Quantopiù breve è l'anagen e più veloce è il ciclo, piùspesso il follicolo dovrà affrontare un catagen.La fase catagen ha inizio con la fine dell'ana-

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gen, nel momento in cui per blocco della gli-colisi cessano le mitosi delle cellule dellamatrice. Le cellule della matrice, raccolte inun sacco al disotto del bulbo cheratinizzato,vanno incontro ad un tipico processo di“apoptosi” che fa di loro qualcosa di moltosimile, funzionalmente ed istologicamente, aduna gliandola endocrina a secrezione paracri-na.

Durante il catagen la 5-alfa-reduttasi e la gli-colisi sono fisiologicamente bloccate. La 5-alfa reduttasi è bloccata perché la fonte diidrogenioni, il NADPH, si forma nello shuntd e gli esosomonofo s fati che è attivo solodurante l'anagen. Il metabolismo del follicoloin catagen è quindi deviato verso l'aromatizza-zione.Durante il catagen le cellule del sacco produ-

cono estrone, cortisone e glicogeno. Questi treelementi sono indispensabili per la qualitàdell'anagen successivo. L'estrone si forma peraromatizzazione dai precursori: testosterone,androstenedione, estradiolo. Il cortisone èmetabolizzato dal cortisolo. Il glicogeno siforma dal glucosio e viene accumulato nellaguaina epiteliale esterna.

Quale è allora la causa della miniaturizzazio-ne andro ge n etica? L'attivazione del bulgeavviene alla fine del catagen quando le cellu-le staminali del bulge sono attivate dall' estro-ne. L'estrone attiva l'adenilciclasi, quindi laglicolisi, quindi (forse con la mediazione diun fattore di crescita) le mitosi delle celluledel bulge. Queste cellule in mitosi migrano inbasso verso la zona dove si riformerà la nuovamatrice e durante la loro migrazione hannocome sola fonte energetica il glicogeno accu-mulato nella guaina esterna durante il cata-gen del ciclo precedente. L'utilizzo del glico-geno della guaina è condizionato dalla presen-za di cortisone. Una carenza di estrone, corti-

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sone o glicogeno durante il catagen si traducein una migrazione incompleta, in un anagenmeno profondo cioè miniaturizzato. Un picco-lo errore metabolico durante il catagen si tra-duce in miniaturizzazione dell'anagen succes-sivo e un capello maschile, con ciclo veloce edanagen breve, che deve affrontare frequenticatagen, più facilmente andrà incontro aderrori e quindi a miniaturizzazione.Il grado di displasia di ogni nuovo anagenappare in larga parte determinato dalla quali-tà metabolica del catagen che lo precede:- ad una carenza di estrone conseguirà unaattivazione insufficiente del bulge,- ad una carenza di cortisone conseguirà unaa t t i vazione insuffi c i e n te della adenilciclasicon scarso metabolismo del glucosio e diffi-coltoso utilizzo del glicogeno,- durante la discesa mitotica verso l'ipodermala sola fonte di energia metabolica per le cel-lule in anagen II è data dal glicogeno accumu-lato nella guaina epiteliale esterna; se questoè insuffi c i e n te, obbligherà ad un anage nmeno profondo, cioè più involuto, con risalitadella papilla dermica.

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Eziologia della alopecia androgeneticaa cura di Daniele Campo

L'alopecia androgenetica riconosce un'eziolo-gia multigenica e multifattoriale; questo indi-ca un meccanismo ereditario che riguarda unmosaico di geni ma che dipende anche daaltri fattori (incidenze) che possono avere unruolo concausale: variazioni del peso, ipotiroi-dismo, stati di stress, disturbi dell'alimenta-zione ecc.Il termine Alopecia Androgenetica è statoconiato da Ludwig nel 1962 ed indica i duemaggiori fattori patogenetici della malattia,vale a dire gli ormoni androgeni e l'ereditarie-tà.L'alopecia androgenetica è indotta dall'azionedegli ormoni androgeni su soggetti genetica-mente predisposti.Tale condizione si trasmette con caratteristi-che di poligeneticità ed interessa uomini edonne. L'estrema variabilità della penetranzaprovoca tutta una serie di fenotipi che vannoda forme minime, consistenti in un maggiorarretramento della linea dell'attaccatura fron-tale, fino a forme severe come un'alopeciacompleta della zona centrale del cuoio capel-luto.Quello che verosimilmente si trasmette è ilcorredo enzimatico follicolare interessato allacaptazione ed alla conversione degli androge-ni, più precisamente, per quelle che sono lenostre conoscenze attuali, le due forme isoen-zimatiche della 5-alfa-reduttasi (tipo 1 e tipo2), la P450-aromatasi, le sei forme isoenzima-

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tiche della 17-beta-HSD, i due isoenzimi della3 - a l fa-HSD ed il re c et to re citosolico degl iandrogeni. Il passaggio metabolico più rile-vante nella patogenesi dell'alopecia androge-netica è operato dalla 5-alfa-reduttasi, l'enzi-ma che converte il testosterone in diidrotesto-sterone. Le differenti presentazioni clinichedell'alopecia andro ge n etica nei modellimaschile e femminile possono essere spiegatecon i diffe renti livelli dei re c et to ri degl iandrogeni e degli enzimi convertitori deglia n d ro geni presenti nelle dive rse aree delcuoio capelluto in uomini e donne.Studi degli anni 90 ci dicono che:- uomini e donne hanno più alti livelli di 5-alfa-reduttasi nei follicoli del vertice piuttostoche in quelli occipitali, dove invece sono pre-senti più alti livelli di aromatasi;- i recettori degli androgeni contenuti nei fol-licoli dei capelli delle donne sono approssima-tivamente il 40% in meno che negli uomini;- la P450-aromatasi nei follicoli della zonafrontale è sei volte più abbondante nelledonne;- i follicoli frontali delle donne, rispetto aquelli degli uomini, contengono una quantitàdi 5-alfa-reduttasi tipo 1 e tipo 2, rispettiva-mente 3 e 3,5 volte minore (Sawaya, 1997).

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Gli androgeniA cura di Paolo Gigli

Gli androgeni sono gli ormoni più diretta-mente coinvolti nella patogenesi della calvi-zie. Già la semplice osservazione che gli eunu-chi non diventano mai calvi (Hamilton) e chegli pseudoermafroditi da deficit della 5-alfa-reduttasi tipo 2 sviluppano dopo la pubertàsolo un semplice arretramento della lineafrontale (Imperato), può farci comprendereche per l'espressione dell'alopecia androgene-tica è essenziale il testosterone (assente neglieunuchi) ed è necessaria la 5-alfa-reduttasitipo 2 (assente negli pseudoerm a f ro d i t i ) .Studi relativamente recenti tesi a dimostrarel'esistenza di una maggiore quantità di andro-geni nel plasma dei soggetti calvi (Cipriani,1983) non sono stati successivamente confer-mati. Riteniamo pertanto che per indurre lacalvizie non occorra una quantità superiorealla norma di androgeni nel sangue ma chesiano sufficienti le concentrazioni fisiologi-che. Ci pare invece determinante l'attivitàdegli enzimi necessari a convertire gli andro-geni più deboli in androgeni più potenti alivello dell'unità pilo-sebacea, nonché l'affini-tà dei recettori degli androgeni. Nel maschio,l'androgeno quantitativamente più importan-te è il testosterone che viene prodotto dai testi-coli a partire dalla puberatà. Il testosteronenel plasma è presente in forma libera nellapercentuale fissa del 1% della sua quantitàtotale; per la restante quota è legato ad unaglobulina plasmatica: SHBG (Sex HormonBinding Globulin). Il testosterone libero trovanel follicolo pilifero gli enzimi capaci di con-vertirlo nella forma localmente attiva: il dii-drotestosterone. Nella donna l'androgeno piùimportante è l'androstenedione, prodotto dal-l'ovaio (70%) ed in misura minore dalle surre-ni (30%); questo è convertito in testosteronedalla 17 - b eta - i d ro s s i ste ro i d o d e i d ro ge n a s i .

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Meno importante è il diidroepiandrosterone(DHEA) prodotto quasi esclusivamente dalleghiandole surrenali (95%), ormone ad attivitàandrogena piuttosto debole per il quale è pos-sibile comunque, a livello periferico, un certogrado di interconversione capace di trasfor-marlo in altri androgeni più potenti.

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La conversione degli androgenia cura di Daniele Campo

Sebbene il livello di DHT possa dipenderedirettamente dall'attività della 5-alfa-redutta-si, qu e sto è infl u e n z a to, ev i d e n te m e n te ,anche dalla scorta di precursori androgeni edal metabolismo terminale del DHT stesso.La pelle è un luogo attivo del metabolismoandrogeno dove il testosterone, l'androstene-dione (ed il deidroepiandrosterone) vengonolargamente metabolizzati. In entrambi i sessi,la 17 - b eta - i d ro s s i ste ro i d o d e i d ro genasi (17 -beta-HSD) assume importanza a causa dellapropria capacità di ridurre l'androstenedione,androgeno debole, a testosterone. La 17-beta-i d ro s s i ste ro i d o d e i d ro genasi (17 - b eta-HSD) èanche responsabile della ossidazione del testo-sterone ad androstenedione.Hay e Hodgins dimostrarono come vi fosserodifferenze nei diversi tessuti sensibili agliandrogeni nella direzione predominante del-l'ossidoriduzione 17-beta ed ipotizzarono chequeste fossero basate sulla concentrazionerelativa dei coenzimi ossidati (NAD e NADP)e ri d otti (NADH e NADPH) nei te s s u t i .Istochimicamente l'enzima 17-beta-HSD sem-bra essere localizzato principalmente nellaguaina epiteliale esterna e nella papilla deifollicoli del capello. L'attività della 17-beta-HSD appare, inoltre, maggiore in anagen chein catagen - telogen ma sembra diminuire nelfollicolo anagen con la progressione della cal-vizie.A n che la 3-beta - i d ro s s i ste ro i d o d e i d ro ge n a s i(3-beta-HSD) potrebbe avere una sua impor-tanza determinando l'interconversione di dei-d ro e p i a n d ro ste rone in andro ste n e d i o n e .Sawaya, Honig, Garland e Hsia hanno trovatouna maggiore attività della 3-beta-HSD cito-plasmatica nelle ghiandole sebacee del cuoiocapelluto affetto da calvizie.Il testosterone può evitare la conversione in

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DHT se trasformato dalla 17-beta-idrossiste-roidodeidrogenasi (17-beta-HSD) in androste-nedione e poi dall'enzima aromatasi in estra-diolo. Sawaya, Price e Harris hanno dimostra-to che l'aromatasi è più abbondante nell'areao c c i p i tale, ri s p et to all'area fro n tale, nelledonne con alopecia androgenetica mentre ètrascurabile negli uomini. Ciò può aiutare aspiegare le differenze fenotipiche dell'alope-cia androgenetica tra uomini e donne.La citocromo P450-aromatasi è un enzima ingrado di convertire il testosterone in estrone.È chiaro che la presenza o la carenza di que-sto enzima nei diversi sessi, oppure nellediverse aree del cuoio capelluto di uno stessos o g get to, può dete rm i n a re aspetti dive rs i .Recenti acquisizioni scientifiche (Happle eHoffmann) promosse da un gruppo di ricercatedesco hanno evidenziato come il 17-alfa-estradiolo sia una sostanza in grado di favori-re la conversione mediata dalla P450-aroma-tasi (Hoffman, Happle, 2002). Alcuni ricerca-tori hanno verificato che la formazione di 5-alfa- androstandiolo è più alta nell'area fron-tale affetta da calvizie rispetto a quella noncolpita. Il dosaggio dell'androstandiolo glicu-ronide nel plasma è una misura più attendibi-

le del dosaggio del DHT stesso in quanto pro-viene in larga parte dalla conversione periferi-ca di testosterone o androstenedione in DHT.

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La 5-alfa-reduttasia cura di Daniele Campo

Si tratta di un sistema enzimatico che conver-te il testosterone in diidrotestosterone. La 5-alfa-reduttasi è presente in due forme isoenzi-matiche: il tipo “high affinity” (o tipo 1) è unisoenzima composto di 259 aminoacidi, ha unpH ottimale tra 6 e 9 e rappresenta il “tipocutaneo”; è localizzato principalmente neisebociti ma è presente anche nei cheratinoci-ti dell'epidermide e del follicolo e, in piccolaparte, nella papilla dermica, nelle ghiandolesudoripare, nei fibroblasti della cute genitalee non genitale. La forma isoenzimatica “lowaffinity” (o tipo 2) è composta di 254 aminoa-cidi, ha un pH ottimale di circa 5,5 ed è loca-lizzata principalmente nell'epididimo, nellevescicole seminali, nella prostata e nella cutedei genitali del feto, nonché nella papilla,nella guaina epiteliale interna dei follicolipiliferi e nei fibroblasti della pelle dei genita-li adulti. I geni che codificano le forme isoen-zimatiche della 5-alfa-reduttasi tipo 1 e tipo 2si trovano, rispettivamente, nei cromosomi 5pe 2p (Chen, 1996). Negli ultimi anni moltiagenti steroidei (e non) sono stati sviluppatiper interferire con l'attività della 5-alfa-redut-tasi. La finasteride, che possiede un'alta affi-nità per la forma isoenzimatica di tipo 2, èstata il primo antagonista della 5-alfa-redutta-si entrato nella pratica clinica. L'uso dellafinasteride e di altri inibitori della 5-alfa-reduttasi nel campo tricologico è recente.

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Il recettore citolosolico degli androgeni

Il re c et to re citosolico (Andro gen Re c e pto rProtein) del diidrotestosterone (DHT), cioè laproteina vettrice che legandosi al DHT lo tra-sporta nel nucleo cellulare, esiste nel citosolcellulare sotto forma di tetramero e sottoforma di monomero.Il tetramero non si lega all'ormone e nonentra nel nucleo, è cioè inattivo. Attivo è ilmonomero che si lega al DHT e lo trasportafino al DNA nucleare. Si è affermato che ilrapporto monomero/tetramero è più alto neifollicoli del cuoio capelluto dei soggetti calvi(Sawaya,1988). E' stata anche evidenziata lapresenza di una catena enzimatica in grado dic o nve rt i re reve rs i b i l m e n te il tet ra m e ro inmonomero e la presenza di una proteina rego-latrice, ad effetto inibitorio, per il legame del-l'ormone col recettore citosolico.Esiste un solo recettore per tutti gli androgeniche lega i vari ormoni steroidi in un ordinegerarchico di affinità: DHT > testosterone >estrogeno > progesterone.

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Anatomia patologica

L'alopecia androgenetica è di tipo non cicatri-ziale. Con il progressivo accorciamento deicicli pilari, si assiste alla miniaturizzazione edalla depigmentazione dei capelli fino alla lorotrasformazione da peli terminali in vellus. Ifollicoli subiscono un processo di superficia-lizzazione, cosicchè molti bulbi vengono a tro-varsi nel derma medio o addirittura papillare.Sono inoltre presenti capelli con un fusto didiametro intermedio tra i 30 e 60 micron. Laprogressiva riduzione della durata della faseanagen ma non di quella telogen provoca unaumento della conta dei capelli in telogen. Unrapporto tra capelli terminali e vellus inferio-re a 4 ad 1 è indicativo per uno stato di minia-turizzazione. I follicoli miniaturizzati, diver-samente dai follicoli vellus, conservano fram-menti del muscolo pilifero erettore (Pinkus,1978). Nei follicoli colpiti da alopecia andro-ge n etica si osserva, superfi c i a l m e n te, unmodesto infiltrato linfoistiocitario perifollico-lare nel 40% dei casi contro il 10% nei gruppidi controllo (Lattanand e Whiting, 1997). Solooccasionalmente questo infiltrato infiamma-torio si estende a livello del tratto inferioredel follicolo. Si repertano anche mastcellule eperfino eosinofili. All'osservazione in video-microscopia si osserva un alone eritematosoattorno al follicolo. Nell'alopecia androgeneti-ca si evidenzia inoltre una degenerazioneperivascolare del terzo inferiore della guainaconnettivale a carico dei follicoli in anagenminiaturizzati. Al di sotto dei follicoli, in statoavanzato di miniaturizzazione, è presente uncordone fibroso residuo della guaina connetti-vale. I follicoli sono collegati al tessuto sotto-cutaneo da questi cordoni fibrosi (streamer).Secondo Kligman questo reperto è caratteri-stico dell'alopecia androgenetica. Lungo que-sti cordoni fibrosi è possibile osservare deipiccoli ammassi globulari che derivano dalla

guaina connettivale dei follicoli in anagen deicicli precedenti.

Questi sono i cosiddetti “corpi di Arao”, chesegnano il livello progressivamente raggiuntociclo dopo ciclo dal follicolo, ora miniaturiz-zato.

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LE ALOPECIE CICATRIZIALIInquadramento e criteri diagnostici - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitive - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitive linfocitarie - pag. 7Alopecie cicatriziali acquisite primitive neutrofiliche. - pag. 26

Alopecie cicatriziali acquisite secondarie - pag. 33

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) novembre 2005

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte settima

edizione 2005

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2005

parte VIITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Daniele CampoRoberto D’OvidioGuido Vito Trotter

EDIZIONI TricoItalia Firenzenovembre 2005

SOMMARIO:

LE ALOPECIE CICATRIZIALIInquadramento e criteri diagnostici - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitive - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitivelinfocitarie - pag. 7

Lichen planopilaris - pag. 7La Sindrome di Graham Little - pag. 11Alopecia frontale fibrotica - pag. 12Fibrosing alopecia in a pattern distribution - pag. 14Lupus Eritematoso Cronico Discoide - pag. 16Pseudopelade di Brocq - pag. 20Alopecia parvimaculata - pag. 23Alopecia cicatriziale centrale centrifugae Sindrome degenerativa follicolare - pag. 24

Alopecie cicatriziali ccquisite primitivaneutrofiliche - pag. 26

Follicolite decalvante - pag. 26Acne cheloidea della nuca - pag. 29Dermatosi pustolosa erosiva

del cuoio capelluto - pag. 31Cellulite dissecante - pag. 32

Alopecie cicatriziali acquisite secondarie - pag. 33

Aplasia cutis - pag. 34Mucinosi follicolare - pag. 35Sclerodermia - pag. 37Tigne - Kerion - Tigna favosa - pag. 39Tricotillomania - pag. 42Tumori - pag. 45

LE ALOPECIE CICATRIZIALIInquadramento e criteri diagnostici

Il termine Alopecia Cicatriziale viene usatoper indicare la perdita definitiva dei follicolipiliferi e dei capelli, di solito in chiazze, qua-lunque ne sia stata la causa determinante.L'elemento più significativo che caratterizzal'alopecia cicatriziale è l'irreversibilità del pro-cesso patologico per la distruzione delle cellu-le staminali nella regione della protuberanzadel follicolo pilifero.L'alopecia cicatriziale può essere defi n i tacome “una forma di alopecia permanente abinizio, per distruzione dei follicoli piliferi,con atrofia e sclerosi che coesistono sempreanche se con predominanza diversa”.Compito del medico è porre una corretta dia-gnosi per evitare al paziente cure inutili e perinstaurare, quando possibile, una terapia ade-guata ad arrestare l'evoluzione della malattia.Quando il processo patologico sarà terminatola terapia di queste forme diventerà chirurgi-ca.All'esame obiettivo la cute si presenta atrofi-ca, sottile, liscia e lucente, con pochi singolicapelli che emergono dai follicoli superstiti.Con un dermatoscopio è possibile osservare laperdita degli osti follicolari.Altro segno patognomonico è la possibile pre-senza di più capelli che originano da un sin-golo ostio follicolare in una chiazza cicatrizia-le (pili multigemini o ciuffi di peli). Questofenomeno, prodotto dalla fusione infiamma-toria dei follicoli, non si osserva mai nelle alo-pecie non cicatriziali.

Si distinguono due grandi gruppi di alopeciecicatriziali acquisite: le forme primitive e leforme secondarie.

Alopecie cicatriziali acquisite primitive

Il bersaglio della noxa infiammatoria, nellealopecie cicatriziali acquisite primitive, è ilfollicolo stesso. Al pull test si rileva la cadutadi capelli in anagen: si tratta quindi di deflu-vi in anagen.

Le cause più comuni di alopecia cicatrizialeacquisita primitiva sono il lichen planus, illupus eritematoso discoide, la follicolite decal-vante, la pseudopelade (pseudoarea) di Brocq.Tutte le altre forme sono rare o raramentediagnosticate o nosologicamente più incerte.Il capitolo è uno dei più complessi e contro-versi della Tricologia e della Dermatologia,come dimostra la mancanza di una classifica-zione unanimemente accettata, l'uso di nume-rose denominazioni per indicare una stessa

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patologia e l'impiego di uno stesso nome perindicare differenti entità cliniche (ad esempioalopecia cicatriziale centrale centri f u ga ) .Talvolta la diagnosi differenziale fra le diverseforme, sia sul piano clinico che istopatologi-co, è difficile se non impossibile.Questa confusione riflette la mancanza diuna conoscenza precisa dei fattori eziologici edei meccanismi patogenetici alla base di que-ste malattie.Nella patogenesi delle alopecie cicatrizialiacquisite primitive ha particolare importanzala sede topografica dell'evento infiammatorioperifollicolare che coinvolge, con evoluzionecicatriziale, aree critiche come l'infundibolocon la cosiddetta zona del bulge, dove sonoconcentrate le cellule staminali follicolari.La classificazione è ovviamente complessa edarticolata ma la caratteristica istologica del-l'infiltrato cellulare perifollicolare permettedi distinguere due tipi fondamentali di alope-cia cicatriziale acquisita primitiva: le formeneutrofiliche e le forme linfocitarie, ciascunau l te ri o rm e n te suddivisibile in numero s evarietà.

Alopecie cicatriziali acquisite primitivelinfocitarie:

Lichen planopilaris decalvanteSindrome di Graham- LittleAlopecia frontale fibroticaAlopecia cicatriziale in corso di

Androgenetica

Lupus Eritematoso Discoide

Pseudoarea di BrocqAlopecia parvimaculata

Alopecia cicatriziale centrale centrifugaSindrome degenerativa follicolare

Alopecie cicatriziali acquisite primitiveneutrofiliche:

Follicolite decalvanteTufted hair folliculitisAcne cheloidea della nuca

Dermatosi pustolosa erosivadel cuoio capelluto

Cellulite dissecante

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Alopecie Cicatriziali Acquisite PrimitiveLinfocitarie

Lichen planopilarislichen follicolare decalvante

Il lichen planus è una frequente affezionec u tanea cara t te ri z z a ta dalla comp a rsa dipapule (rilievi cutanei solidi circoscritti) colorrosso - lilla, di forma poligonale, del diametrodi 3 - 10 mm.

Le sedi cutanee più comunemente interessatesono la superficie flessoria degli avambracci edei polsi, il dorso delle mani, i genitali, gli artiinferiori).A livello delle regioni palmo-plantari si mani-festano come semplici rilievi di tipo corneo(simulanti delle callosità o delle verruche);sono spesso coinvolte anche le unghie chediventano distrofiche, con pitting fino alla tra-chionichia.Sulle mucose si presentano come papule bian-castre disposte a nervatura di foglia (sullamucosa geniena) o rotondeggianti (sulla lin-gua).Il cuoio capelluto è coinvolto in meno del 5%

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dei soggetti affetti da lichen planus classicoma fino al 40% dei pazienti con lichen delcuoio capelluto presentano la malattia inun'altra sede cutanea e particolarmente alleunghie.

Sul cuoio capelluto il lichen follicolare decal-vante inizia con una fase abbastanza fugace dipapule dal tipico colorito lilla (associate aderitema, prurito e desquamazione) seguitapoi da cheratosi follicolare (lichen follicolare)

e più tardi da atrofia cicatriziale con perditadefinitiva dei capelli (lichen follicolare decal-vante). La sintomatologia soggettiva è rappre-sentata dal prurito, spesso intenso. Il pull testmostra la caduta dei capelli in anagen.

Quando la chiazza cicatriziale ha tendenza adallargarsi in modo centrifugo la cheratosi fol-licolare è presente ai bordi mentre al centrodomina l'atrofia.

A processo avanzato le lesioni si presentano dicolorito bianco-avorio, irregolari e la diagnosi

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non è più possibile (pseudopelade) se non siritrovano altrove le tipiche lesioni cheratosi-che.

Il lichen decalvante è la più comune forma dialopecia cicatriziale dell'adulto. Circa il 40%dei casi di alopecia cicatriziale acquisita pri -mitiva è dovuto al lichen.

Le caratteristiche istologiche del lichen plano-pilaris sono rappresentate da una “dermatitelichenoide dell'interfaccia” interessante l'in-fundibolo e l'istmo del follicolo. A livello del-l'epidermide si osserva ipercheratosi (aumen-to di spessore dello strato corneo), acantosi(aumento di spessore degli strati spinoso egranuloso) e degenerazione vacuolare dellecellule basali. A livello del derma predominaun infiltrato cellulare, prevalentemente T lin-focitario e macrofagico, aderente all'epider-mide e con margine inferiore nettamente defi-nito, a banda, associato a corpi colloidi eosi-nofili.

Da un punto di vista evolutivo, ad una primafase caratterizzata dalla formazione di unricco infiltrato linfocitario perifollicolare edin misura minore intrafollicolare, segue unafase caratterizzata da un infiltrato più mode-sto e da alterazioni degenerative del pelo cheviene sostituito da formazioni amorfe di che-

ratina. Infine il follicolo viene distrutto conformazione di una fibrosi estesa che rispar-mia solo il muscolo piloerettore.

Anche se la fibrosi perifollicolare non è speci-fica del lichen planopilaris, la presenza di fis-surazioni tra tessuto fibrotico perifollicolare el'infundibolo (spazi di Max Josef), che appareristretto, orienta verso la diagnosi di Lichenplanopilaris ed esclude il Lupus eritematosodiscoide. Anche la presenza di ipergranulosi aforma di V all'interno dell'infundibolo e del-l'acrosiringio è suggestiva per il Lichen plano-pilaris.

In termini generali si può porre diagnosi isto-logica di lichen planopilaris quando sono pre-senti:

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1) degenerazione dello strato basale dell'epite-lio follicolare;2) spazi di Max Josef;3) alterazioni della cute interfollicolare con lecaratteristiche del lichen planus.

In assenza di lichen planus della cute o dellemucose, una biopsia costituisce spesso l'unicomezzo per formulare una diagnosi certa masfortunatamente le caratteristiche istologichesono spesso non diagnostiche e, soprattuttonei casi già stabilizzati, il quadro istologico èdel tutto aspecifico e rappresentato da uni n fi l t ra to linfo m o n o c i ta rio peri fo l l i c o l a re ,associato ad una circostante reazione fibroti-ca.

L ' i m m u n o fl u o rescenza diret ta most ra und e p o s i to gra n u l a re di IgM e difibrinogeno/fibrina in corrispondenza dell'in-terfaccia epitelio follicolare/derma, in elevatapercentuale di casi raggruppato a formarefluorescent bodies sottogiunzionali.

La patogenesi dell'affezione è verosimilmenteimmunodeterminata (probabilmente da linfo-citi T ad attività citotossica diretti contro lecellule dello strato basale dell'epidermide).

La terapia, problematica, viene per lo piùattuata con corticosteroidi per via intralesio-nale o generale. Per via intralesionale si utiliz-za il triamcinolone acetonide alla concentra-zione di 2 mg/ml.

I cort i c o ste roidi sistemici o intra l e s i o n a l imirano a spegnere il processo infiammatorioe in tal modo ad evitare la progressione dell'a-lopecia cicatriziale.

Talvolta anche la ciclosporina sistemica, abasse dosi, è moderatamente efficace.

Promettente appare l'uso della cetirizina abbi-nata ai corticosteroidi. Inizialmente il farma-co fu somministrato ai pazienti con lichenplanopilaris allo scopo di controllare il pruri-to ma poi è stata segnalata la stabilizzazionedella patologia a dosi alte di farmaco impiega-to: 60mg/die per 3 - 4 mesi.

É essenziale informare il paziente che il trat-tamento non porterà alla ricrescita dei capel-li nelle chiazze già presenti ma contrasteràsoltanto il formarsi di nuove aree alopeciche.Una volta che il processo infiammatorio si siastabilizzato, il che può richiedere molti anni,è possibile considerare un trattamento chirur-gico ricostruttivo.

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La Sindrome di Graham Little

Questo quadro descritto per la prima volta daGraham-Little nel 1915 si caratterizza clinica-mente per l'associazione di:1) alopecia cicatriziale progressiva del cuoiocapelluto;2) perdita dei peli ascellari e pubici nonaccompagnata da un'evoluzione cicatriziale;3) cheratosi follicolare delle superfici estenso-rie degli arti.

Colpisce più frequentemente donne tra i 30 ei 70 anni ed è considerata una variante dellichen planopilaris tuttavia, nei casi finoradescritti, non sono mai state documentate letipiche lesioni morfologiche ed i reperti isto-logici del lichen planus né a livello del cuoiocapelluto né alle regioni ascellari o pubiche.

Questa condizione morbosa deve probabil -mente essere considerata una forma di passag -gio, ad evoluzione cicatriziale, fra la cheratosifollicolare ed il lichen planopilaris.

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Alopecia frontale fibrotica

Interessa prevalente le donne dopo la meno-pausa.

Il quadro clinico è morfologicamete simileall'alopecia androgenetica frontoparietale mapresenta una subdola evoluzione cicatrizialefollicolare. Inoltre, ad un'ispezione accurata,si osserva, almeno nelle fasi iniziali dellamalattia, un eritema perifollicolare partico-larmente evidente a livello della linea margi-nale di inserzione dei capelli.

L'affezione evolve in maniera lenta e simme-trica. Colpisce le regioni frontali e parietali,dove rimane generalmente confinata, interes-sando frequentemente anche le sopracciglia.É stato documentato anche l'interessamentodella regione occipitale.

Istologicamente questo quadro è caratterizza-to da:1) infi l t ra to linfo c i ta rio pre fe re n z i a l m e n telocalizzato attorno all'istmo e all'infundibolodel follicolo pilifero;2) fibrosi perifollicolare lamellare concentri-ca;3) degenerazione liquefacente focale degli epi-teliociti basali del follicolo.

L'epidermide interfollicolare risulta del tuttonormale e in nessun caso è stato mai possibi-

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le dimostrare quella prematura perdita deicorneociti della guaina radicolare interna chec a ra t te ri z z e rebbe la cosiddet ta sindro m edegenerativa follicolare.

Con metodi immunoistochimici si è potutodimostrare che le cellule infiltranti perifolli-colari sono soprattutto rappresentate da linfo-citi T CD4 HLA-DR+ attivati.

Secondo la maggior parte degli Autori, questielementi sembrano supportare l'interpretazio -ne che l'Alopecia Frontale Fibrotica sia daconsiderare una variante clinica del Lichenplanopilaris.

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Fibrosing alopecia in a pattern distributionalopecia cicatriziale in corso di a. androgenetica

Zinkernagel e Trueb hanno descritto, nel2000, un quadro clinico di alopecia cicatrizia-le che inte ressa pazienti pre c e d e n te m e n teaffetti da alopecia androgenetica, definendolocome “fibrosing alopecia in a pattern distri-bution”, (alopecia cicatriziale in corso di alo-pecia androgenetica).

In questi pazienti, di età intorno ai 60 anni ein prevalenza di sesso femminile, è presente,su un cuoio capelluto con le caratteristichealterazioni dell'alopecia androgenetica, unaalopecia cicatriziale caratterizzata all'inizio

da un eritema perifollicolare (limitato adun'unica area circoscritta senza la disposizio-ne multifocale caratteristica del lichen plano-pilaris) poi seguito da cheratosi e dalla scom-parsa degli stessi osti follicolari.

Il rilevamento di tale segno è strumentale e siav vale dell'ausilio della derm a toscopia laquale permette di rilevare un alone eritemato-so perifollicolare ed una depressione imbuti-forme centrata dal pelo. Il quadro, talora pre-ceduto da bruciore e dolore, evolve verso l'alo-pecia cicatriziale.

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Oltre alle alterazioni nelle aree dell'alopeciaa n d ro ge n etica, alcuni pazienti most ra n o ,nella regione frontale, una situazione sovrap-ponibile a quella dell'alopecia frontale fibroti-ca.Nella descrizione di Zinkernagel e Trueb l'esa-me istopatologico di lesioni recenti mostravauna miniaturizzazione dei follicoli piliferi eun infiltrato infiammatorio linfomonocitariointorno all'istmo e all'infundibolo del follicolopilifero con degenerazione vacuolare degliepiteliociti follicolari, mentre l'epitelio inter-follicolare e le porzioni più basse dei follicoli,inclusi i bulbi, erano risparmiate. Intorno alleghiandole sudoripare non si osservava né uninfiltrato infiammatorio né un'evidente fibro-si. Le lesioni tardive mostravano invece unafibrosi lamellare perifollicolare con scompar-sa pressoché totale dei follicoli, indistinguibi-le da quella degli stadi tardivi del lichen pla-nopilaris, della pseudoarea o della sindromedegenerativa follicolare.Per questo quadro è stata proposta una pato-genesi immunomediata che in certi suoiaspetti può essere estesa anche ad altre formedi alopecia cicatriziale: l'alopecia cicatrizialein corso di androgenetica dovrebbe essereconsiderata una varietà di alopecia cicatrizia -le acquisita primitiva, caratterizzata da unareazione immunologica mediata da linfociti Trivolti o contro antigeni dell' epitelio follicola -re o contro antigeni biotici intrafollicolari(demodex, batteri, miceti). Questa reazioneinfiammatoria modificherebbe la parete folli-colare e determinerebbe, da una parte, la for-mazione di neoantigeni follicolari (capaci diautomantenere il processo infiammatorio),dall'altra stimolerebbe una reazione fibrobla-stica che andrebbe ad esprimersi con unafibroplasia lamellare concentrica. Frammenticheratinici del capello e componenti degene-rative dell'epitelio follicolare possono taloraprovocare sia una reazione granulomatosa da

corpo estraneo, sia un'ulteriore amplificazio-ne della reazione fibroblastica che evolveverso la formazione di tessuto cicatriziale.Nella terapia di questa forma, oltre a quantodetto per il lichen, pare sia parzialmente utilela finasteride alle dosi comunemente in usoper l'alopecia androgenetica.

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Lupus eritematoso cronico discoideLupus eritematoso discoide alopecizzante

II lupus eritematoso (LE) è una malattiaautoimmune del tessuto connettivo caratteriz-zata dalla presenza di autoanticorpi circolan-ti non organo-specifici diretti contro gli anti-geni nucleari. Si distinguono tre forme dilupus eritematoso e precisamente:lupus eritematoso sistemico (LES),lupus subacutolupus eritematoso discoide (LED)

Nei pazienti con lupus eritematoso sistemico,in elevata percentuale (50% circa) e soprattut-to durante le fasi di attività della malattia, èpresente un Telogen effluvio lupico, non cica-triziale, che si accompagna spesso ad eritemaviolaceo e caduta di capelli tipici, di solito piùevidente nella regione frontale.

I capelli che non cadono appaiono secchi, fra-gili, impettinabili. A livello del cuoio capellu-to possono localizzarsi anche lesioni cutaneenon specifiche, non cicatriziali, rappresentatesoprattutto da manifestazioni di tipo vasculiti-co.

Il lupus eritematoso discoide alopecizzante èuna malattia autoimmune del tessuto connet-tivo che rappresenta circa il 25 - 30% dellealopecie cicatriziali acquisite primitive delcuoio capelluto nelle donne. L'alopecia cica-triziale lupica si osserva nel 30 - 35% deipazienti affetti da lupus eritematoso cronicodiscoide (20% nel sesso maschile, 50% inquello femminile).

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Le lesioni del lupus si manifestano più fre-quentemente nelle zone fotoesposte: volto,arti superiori e parte superiore del tronco.La malattia colpisce più comunemente ledonne (il rapporto donna/uomo è di 8:1 per illupus sistemico e di 2:1 per il lupus discoide)ed è circa tre volte più diffusa nei soggetti dipelle nera.

Quando le lesioni sono presenti sia sul cuoiocapelluto sia in altre sedi cutanee la diagnosiè di solito più facile. Tuttavia spesso il lupuseritematoso cronico discoide si localizza uni-camente al cuoio capelluto. Le chiazze posso-no essere singole o, più raramente, multiple,separate le une dalle altre o confluenti acausa del loro successivo allargamento. Éanche possibile un interessamento di tutto ilcuoio capelluto. La sede più tipica è comun-que il vertice.

La lesione tipica è una chiazza unica, circo-scritta, a limiti netti, eritematosa, associata adipercheratosi follicolare aderente (osti follico-lari dilatati, con fittoni cornei nel loro inter-no). Nei soggetti con fototipo scuro è spessopresente ipercromia. Successivamente le lesio-ni evolvono verso scleroatrofia e diventanolisce, depresse, biancastre.Benché questa modalità di presentazione siaquella di più frequente riscontro, il lupus eri-tematoso cronico discoide può presentarsi

con il quadro clinico descritto come alopeciacicatriziale centrale centrifuga o con i caratte-ri morfologici della pseudopelade di Brocq.Le lesioni stabilizzate, in fase di fibrosi, sonoclinicamente ed istologicamente indistingui-bili dal lichen planus e dalla alopecia diBrocq.

La sintomatologia soggettiva è molto variabi-le. Oltre a prurito e bruciore spesso è presen-te una tipica iperalgesia cutanea nelle areelesionali che se sfregate provocano una sensa-zione soggettiva di dolore e di puntura.

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Le caratteristiche istologiche del lupus erite-matoso cronico discoide del cuoio capellutosono simili a quelle del lupus discoide dellealtre sedi cutanee e sono rappresentate daipercheratosi con ostruzione follicolare, dege-nerazione vacuolare focale dello strato basaled e l l ' e p i telio fo l l i c o l a re e/o dell'epiderm i d einterfollicolare.

Tale degenerazione epiteliale può associarsialla formazione di corpi colloidi ed ispessi-mento della membrana basale. L'infiltratoinfiammatorio linfomonocitario perivascola-re e periannessiale è quantitativamente moltovariabile e in genere interessa l'intero follico-lo. L'interessamento perivascolare superficia-le, con un consistente accumulo di cellule lin-fomonocitarie, rappresenta un criterio dia-gnostico differenziale con l'alopecia che faseguito al lichen planopilaris, così come lapresenza di mucina nel derma. Purtroppo, inmolti casi di lupus eritematoso cronico disco-ide del cuoio capelluto è presente soltantoun'alterazione vacuolare dell'epitelio follicola-re associata ad una modesta infiammazionecronica perifollicolare; in questo caso la dia-gnosi differenziale col lichen planopilaris èmolto difficile. In generale vengono conside-rati elementi utili per la diagnosi differenzia-le l'assenza di ipergranulosi, di fissurazionifibrotiche perifollicolari, di un profilo “a

dente di sega” della giunzione dermo-epider-mica.

L ' evoluzione cicatriziale si manife sta concomparsa di un omogeneo intreccio di fibrecollagene parallele alla superficie cutaneacon perdita completa degli annessi ad eccezio-ne del muscolo piloerettore. In questo omoge-neo ammasso di fibre collagene le fibre elasti-che sono di regola assenti.

I reperti dell'immunofluorescenza possonorappresentare un aiuto alla diagnosi in quan-to in un'elevata percentuale di casi (5 - 95%) èpresente un grossolano deposito di IgG, IgM,e C3 alla giunzione dermoepidermica e parti-colarmente alla giunzione tra l'epitelio follico-lare e il derma sottostante. Questi reperti pos-sono associarsi alla presenza di fluorescentbodies sottogiunzionali disposti di frequentein modo parallelo alla giunzione.

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Facciamo notare che la diagnosi di lupus eri-tematoso discoide è una diagnosi clinica edistologica. Gli esami ematologici e la ricercadegli autoanticorpi nel LED sono costante-mente negativi.

Nell'impostare la terapia deve essere ricordatala possibilità che il lupus sia stato indotto daun farmaco che, in questo caso, dovrà esseresospeso.

Farmaci ritenuti possibile causadel Lupus Eritematoso Sistemico:

Antiipertensiviidralazinaprazosinaclonidinametidopabeta bloccantiACE inibitoridiuretici tiazidici

Antiepiletticifentoinacarbamazepina

Antiartriticipenicillaminaallopurinolosali d'oro

Antibioticigriseofulvinasulfonamiditetraciclinepenicillineisoniazidestreptomicina

Miscellanealitiochinidinaclorpropazinaprocainamidecontraccettivi orali

Farmaci ritenuti possibile causa di LupusEritematoso Alopecizzante Discoide:

isoniazidepenicillaminadapsone

I potenti corticosteroidi applicati per via topi-ca, la somminist razione intralesionale ditriamcinolone (0,1 - 0,5mg/ml) e di predniso-lone per via sistemica (1 mg/Kg) possono arre-stare la progressione del Lupus eritematosodiscoide attivo.Gli antimalarici rappresentano i farmaci piùimportanti nel trattamento del lupus discoidecronico: l'idrossiclorochina, alla dose di 200 -400 mg/die, produce una remissione entro 3mesi nella maggior parte dei soggetti; la dosepuò essere successivamente ridotta con gra-

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dualità. I non responder possono tentare iltrattamento con clorochina.

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Pseudopelade di Brocqpseudoarea di Brocq

La pseudopelade di Brocq è una forma di alo-pecia primitivamente cicatriziale caratterizza-ta fin dal suo esordio dall'assenza di lesioniinfiammatorie clinicamente evidenti. É affe-zione nosograficamente autonoma, immuno-logicamente negativa e istologicamente carat-teristica. Si manifesta tipicamente in soggettiadulti, prevalentemente di sesso femminile(rapporto maschio/femmina di 1:3) di razzabianca, con la comparsa a livello del cuoiocapelluto di aree di alopecia cicatriziale dipiccole dimensioni (pochi centimetri), a limi-ti netti, color bianco-avorio, asintomatiche,distinte le une dalle altre ed abitualmente nonconfluenti.

Il decorso è caratteristicamente cronico-reci-divante, a pousseés, con periodi di riacutizza-zione in cui si assiste alla comparsa di nuovechiazze e periodi di assoluto silenzio clinico.Spesso, anche se dopo molti anni dall'iniziodelle manifestazioni, si ha un arresto sponta-neo dell'evoluzione della malattia. Le singolelesioni, distribuite su gran parte del cuoiocapelluto senza una particolare preferenza

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topografica (anche se le prime lesioni si loca-lizzano frequentemente al vertice), sono lieve-mente depresse, talora ipocromiche ed hannoforma irregolare o allungata a losanga (a dif-ferenza delle chiazze rotondo-ovalari dell'alo-pecia areata).

Sebbene sia classica la descrizione di “ormesulla neve” che si riferisce alla depressionedelle lesioni causata dall'atrofia, le chiazze dipseudopelade di Brocq, almeno nelle fasi ini-ziali, non mostrano un'atrofia clinicamenteevidente. Talora può essere presente, in corri-spondenza del margine della chiazza, unmodesto e transitorio eritema perifollicolare.

Sono caratteristici alcuni elementi istopatolo-gici. Il processo infiammatorio anche nellelesioni recenti è molto modesto, interessa soloi 2/3 superiori del follicolo ed è rappresenta-to da un modesto infiltrato linfocitario cheinvade la parete del follicolo e le ghiandolesebacee. Si rinvengono anche infiltrati peri-follicolari e perivasali, a livello delle papille,costituiti principalmente da linfociti e daalcuni istiociti.

Ben presto queste alterazioni infiammatoriescompaiono. I follicoli piliferi e le ghiandolesebacee sono sostituiti da tumide travate con-nettivali ialinosiche, orientate perpendicolar-mente alla superficie.Al posto dei follicoli si osservano formazionifibrotiche (“fantasmi follicolari”). I muscolierettori dei peli e le ghiandole sudoriparesono conservati anche se, a volte, diminuiti dinumero. L'epidermide è assottigliata, in qual-che caso atrofica, a volte invece del tutto inte-gra; il derma è intensamente fibrotico. Lecolorazioni per le fibre elastiche permettonodi evidenziare un reticolo, un sottile intrecciodi fibre elastiche, ancora ben evidente attornoalla parte inferiore di quelli che erano il fol-licoli; questo reticolo è invece completamentedistrutto in tutte le altre forme di alopeciacicatriziale secondaria.

Alla immunofluorescenza diretta la formaprimitiva di Pseudopelade di Brocq si caratte-

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rizza inoltre per una completa assenza didepositi immunologi.

Per quanto riguarda l'interpretazione patoge-netica, la descrizione di Collier e James dellacomparsa di una pseudopelade di Brocq in 2fratelli di 7 anni e la dimostrazione da partedegli stessi Autori del DNA della Borreliaburgdorferi in cute lesionale, sembrano orien-tare verso un'affezione determinata dall'attivi-tà di fattori genetici predisponenti e di fattoriambientali scatenanti, per esempio di naturainfettiva, operanti con un meccanismo immu-nopatologico.Altra possibile interpretazione è quella chevede la pseudoarea di Brocq come una sortadi lichen decalvante attenuato, quindi comeuna affezione da linfociti T ad attività citotos-sica diretti contro le cellule dello strato basa-le dell'epidermide.

Con il termine “pseudopelade di Brocq” sidovrebbe identificare esclusivamente questap a rt i c o l a re va ri età di alopecia cicatri z i a l edescritta da Brocq nel 1905 escludendo tuttele altre forme secondarie che vengono spessoincluse in questo capitolo per un'accezioneestensiva del termine.

Secondo queste interpretazioni la pseudopela-de di Brocq potrebbe essere considerata, inun gran numero di casi, lo stadio finale dialtre patologie che hanno interessato il cuoiocapelluto (in particolare il lupus eritematosoc ronico discoide e il lichen planopilari s ) .Pertanto, accanto alla forma primitiva vengo-no considerate forme secondarie (“état pseu-do-peladique” di Degos) ed andiamo a distin-guere una pseudoarea di Brocq primitiva dauna pseudoarea secondaria.

In una ricerca di Paolo Fabbri, eseguita su 33pazienti con il quadro clinico caratteristico

d e l l ' a ffezione, l'esecuzione di una biopsiacutanea in corrispondenza del bordo attivodella lesione sulla quale venivano contempo-raneamente praticati un esame istopatologicoe uno immunopatologico, permetteva di docu-mentare nel 66,6% dei casi reperti significati-vi per un Lichen planus o per un Lupus erite-matoso discoide. In queste ricerche veniva sot-tolineata sia l'importanza di scegliere accura-tamente la sede della biopsia, sia la necessitàdi eseguire indagini combinate istopatologi-che e immunopatologiche sullo stesso fram-mento cutaneo, per poter cogliere gli elemen-ti caratteristici di ambedue le indagini da con-siderare complementari.

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Alopecia parvimaculata

È una discussa forma di alopecia cicatrizialetipica dell'infanzia. Si manifesta con improv-visa comparsa di piccole aree alopeciche,aflegmasiche, solitamente multiple, di diame-tro variabile da 1 a 2 cm, irregolarmente ton-deggianti e con angoli acuti.

Spesso coesiste uno stato di grave ansia neigenitori ed è difficile capire se non si tratti divecchie cicatrici traumatiche o postvaricelloseche la madre scopre improvvisamente.

Sono anche descritte piccole epidemie fami-liari o scolastiche ma non è mai stato identifi-cato alcun agente infettivo. Qualcuno la con-sidera una forma infantile di pseudoarea di

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Brocq, anche sulla base dei pochi dati istopa-tologici disponibili, secondo i quali non tutti icapelli di una stessa unità follicolare sonointeressati dalla flogosi e dalla atrofia. Solonel 10% dei casi è chiara la natura cicatrizia-le dell'alopecia. A conferma di questo dato èdescritta la ricrescita dei capelli nel 90% deicasi, anche solo dopo poche settimane.L'istologia evidenzia alterazioni infiammato-rie non specifiche a carico del derma attornoai follicoli. Il terzo inferiore del follicolo pili-fero è atrofico, contorto e la papilla non è piùriconoscibile.Per la diagnosi differenziale gli esami di labo-ratorio devono escludere micosi e sifilidesecondaria; l'anamnesi deve poter scartare gliesiti atrofici di punture multiple di insetto odi infezioni batteriche suppurative.

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Alopecia cicatriziale centrale centrifugae Sindrome degenerativa follicolare

Quella di alopecia cicatriziale centrale centri-fuga è la diagnosi di alopecia cicatriziale piùcomunemente posta negli Stati Uniti (in Italiaquesta diagnosi è piuttosto rara, meno del 5%dei casi). Si tratta in realtà di una diagnosi dicomodo, clinico-descrittiva, che comunque èsempre più appropriata di una diagnosi sba-gliata.

La alopecia cicatriziale centrale centrifuganon è dunque una entità clinica autonomama l'esito fibrotico-cicatriziale di un gruppoeterogeneo di processi patologici che compor-tano la distruzione del follicolo pilifero; com-prende quelle diverse forme di alopecia cica-triziale (soprattutto linfocitarie), tutte di fattocorrelate e probabilmente con possibilità dipassaggio tra loro, non esattamente diagnosti-cabili, soprattutto lichen, LED, pseudoareama anche follicolite decalvante e tufted folli-culitis che presentano le seguenti caratteristi-che cliniche comuni:- perdita permanente di capelli localizzata alvertice del cuoio capelluto;- evoluzione cronica e lentamente progressiva

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che può tuttavia presentare prolungate fasi distazionarietà;- espansione periferica, grossolanamente sim-metrica della lesione con evoluzione scleroa-trofica centrale e con attività della malattia(anche sul piano istopatologico) solo nellaparte più esterna.La diagnosi istologica più frequentementeposta in caso di alopecia cicatriziale centrifu-ga è quella di sindrome degenerativa follicola-re.Il reperto istologico che la caratterizzerebbe(particolarmente evidente in sezioni tangen-ziali) è il prematuro distacco, e quindi l'allon-tanamento, dei corneociti della guaina inter-na che non risulta più apprezzabile nellaparte inferiore del follicolo, al di sotto dell'ist-mo. Questo fenomeno è spesso descritto neilavori di lingua inglese con il termine di “des-quamation”. Sebbene la prematura elimina-zione della guaina radicolare interna sia daconsiderare un'alterazione aspecifica riscon-trabile nei follicoli piliferi in preda ad una flo-gosi intensa, nella sindrome degenerativa fol-licolare può essere osservata anche in follico-li che non most rano evidenti fe n o m e n iinfiammatori e addirittura nel cuoio capellu-to clinicamente normale.La sindrome degenerativa follicolare può pre-sentare un ampio spettro di gravità: da formelentamente progressive (nell'arco di una deci-na di anni) e relativamente non flogistiche, aforme rapidamente progressive (anni) e inten-samente flogistiche.

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Alopecie Cicatriziali Ac qu i s i te Pri m i t i veNeutrofiliche

Follicolite decalvante

La follicolite decalvante è probabilmente lavarietà di alopecia cicatriziale meglio caratte-rizzata sul piano clinico. Si tratta comunquedi una patologia non frequente, che interessaindividui di ambedue i sessi anche se in classidi età diverse: nei maschi l'inizio si può verifi-c a re anche nell'adolescenza, mentre nellefemmine colpisce, di solito, dopo i 30 anni. Lafollicolite decalvante si contraddistingue perla formazione di pustole o di papulo-pustoleche centrano il follicolo (pustole follicolari)più facilmente riscontrabili ai margini dilesioni sclero-atrofiche rotondeggianti od ova-lari. Il cuoio capelluto può essere l'unica sedeinteressata, ma talvolta può associarsi l'impe-gno di altre regioni fornite di peli. La sclero-atrofia è l'evoluzione naturale delle lesionipustolose.Il primo elemento tipico e patognomonicodella follicolite decalvante è la pustola follico -lare.

Per il processo infiammatorio più follicoli ten-dono a fondersi e così i capelli residui fuorie-scono a ciuffi dallo stesso ostio follicolare neipressi delle aree cicatriziali.

I ciuffi di capelli che escono integri da unicoostio follicolare sono il secondo elemento tipi-co (anche se non patognomonico) della folli-colite decalvante.

In questi pazienti, è talora dimostrabile l'asso-ciazione con una dermatite seborroica e l'esa-me colturale delle lesioni pustolose permette

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a b i t u a l m e n te di isolare uno sta fi l o c o c c oaureo il cui ruolo patogenetico è tuttaviaoggetto di discussione.

Il decorso della malattia è cronico-recidivantecon una tendenza alla stabilizzazione solodopo molti anni: le lesioni, di numero edimensioni variabili, tendono lentamente ada u m e n ta re inte ressando pian piano gra nparte del cuoio capelluto.

Il quadro istologico è caratterizzato dalla pre-senza di ascessi follicolari nelle fasi flogisticheacute, con numerosi granulociti neutrofili,eosinofili e plasmacellule che inglobano il fol-licolo e le ghiandole sebacee. Nelle fasi piùtardive si osserva la formazione di granulomida corpo estraneo in risposta alla distruzionedei follicoli, seguiti poi da una fibrosi più omeno estesa.Sul piano patogenetico l'infezione stafilococ-cica sembra essere la condizione iniziale a cuiseguirebbe una risposta immunologica linfo-cito-mediata capace di condizionare l'evolu-zione scleroatrofica della malattia. Questarisposta immunologica da linfociti T sarebbescatenata dalla liberazione di particolari pro-teine derivanti dallo stafilococco che agireb-bero da superantigeni. Secondo un’altra ipo-tesi lo stafilococco produrrebbe una betatossi-na che danneggerebbe i fibroblasti, realizzan-do così il quadro cicatriziale.

La terapia, problematica, mira fondamental-m e n te alla eradicazione dello sta fi l o c o c c oaureo con doxaciclina, minociclina, bacampi-cillina, rifampicina ed infine il ketoconazolo.É tuttora usata con qualche utilità, anche l'i-sotretinoina per os alle stesse dosi impiegateper la terapia dell'acne cistica.A parere di chi scrive, nella terapia della folli-colite decalvante, l'aggiunta del ketoconazoloalla terapia antibiotica, insieme alla sommini-strazione di blande dosi di corticosteroidi pervia generale, ha portato grossi vantaggi in ter-mini di stabilizzazione e raffreddamento dellapatologia.

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Tufted folliculitis follicolite a ciuffi

La follicolite a ciuffi è generalmente conside-rata una variante della follicolite decalvantein cui circoscritte aree del cuoio capellutovanno incontro alla formazione di numerosepustole follicolari confluenti ad evoluzionesclero-atrofica.

A causa di questa evoluzione si verifica lafusione di più follicoli e pertanto numerosicapelli (fino a 15) possono emergere, a ciuffo,da un singolo orificio follicolare. I ciuffi sonocostituiti da un pelo centrale in anagen cir-condato da peli in telogen, ciascuno dei qualiorigina da follicoli indipendenti che convergo-no verso un comune infundibolo follicolaredilatato.

Questo quadro, nonostante il suo caratteristi -co aspetto clinico, non sarebbe da considerareun'entità nosogra fia autonoma, ma unavariante della follicolite decalvante in cui ilfenomeno di fusione follicolare è particolar -mente esaltato e delimitato. È stato comun-que rilevato che la follicolite a ciuffi può rap-presentare lo stadio finale a cui possono per-venire anche altre dermatosi infiammatoriedel cuoio capelluto, sostenute da vari agentibiotici, ad evoluzione cicatriziale.

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Acne cheloidea della nucafolliculitis keloidalis nucae

Q u e sta fo rma colpisce sopra t t u t to giova n imaschi; negli Stati Uniti è stata segnalata inmaniera particolare in soggetti di origineafro-americana. È malattia rara che inizia conla comparsa di papule o di papulo-pustoleconfluenti a livello della regione occipitaledel cuoio capelluto e della regione posterioredel collo. Inizialmente questi elementi papu-lo-pustolosi sono centrati da un capello o daun pelo, sottolineando così l'impegno follico-lare. Successivamente le lesioni tendono a

fondersi e a formare placche più o meno este-se e irregolari ed esitano, dopo settimane omesi, in cicatrici ipertrofiche, simil-cheloidee.

Questa evoluzione comporta la caduta deicapelli e dei peli. Talvolta si può avere la for-mazione di ascessi purulenti e fistole.

L'acne cheloidea può essere asintomatica, matalvolta è presente prurito, bruciore, dolore.I reperti istologici più significativi sono rap-presentati da:1) infiammazione cronica perifollicolare, par-ticolarmente intensa a livello dell'istmo, dellaparte più bassa dell'infundibolo e delle ghian-dole sebacee, caratterizzata da un denso infil-trato di granulociti neutrofili, linfociti e pla-

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smacellule;2) fibroplasia lamellare, maggiormente evi-dente a livello dell'istmo;3) scomparsa delle ghiandole sebacee;4) assottigliamento dell'epitelio follicolare alivello dell'istmo, fino ad arrivare ad unadistruzione epiteliale completa, con frammen-ti residui di capelli senza guaina e dilatazionedel canale follicolare.

Una ricerca di Sperling ha documentato l'as-senza di infezione batterica e una frequentecolonizzazione follicolare da parte del demo-dex folliculorum e sottolineava l'assenza, nel-l'acne cheloidea, di “ingrowing hair” caratte-ristici della cosiddetta pseudofolliculitis bar-bae, che una volta veniva correlata all'acnecheloidea.

La terapia ricalca comunque quella della fol-licolite decalvante ma in questa forma l'isotre-tinoina orale è ritenuta particolarmente effi-cace.

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Dermatosi pustolosa erosivadel cuoio capelluto

La dermatosi pustolosa erosiva è una malattiaassai rara, anche se non così eccezionalecome ritenuto in passato. Interessa soprattut-to soggetti con alopecia androgenetica e che-ratosi attiniche multiple.Clinicamente si caratterizza per la comparsadi lesioni pustolose confluenti ed estese chevanno incontro alla formazione di croste gial-lastre il cui allontanamento mostra la presen-za di erosioni che poi guariscono con esitocicatriziale. Le lesioni, uniche o multiple (illoro numero è comunque sempre modesto),tendono lentamente ad estendersi, anche sein maniera non uniforme e simmetrica, ecompaiono spesso (in oltre il 40% dei casi) inseguito a traumi accidentali o chirurgici.

L'esame colturale delle lesioni evidenzia spes-so la presenza dello stafilococco aureo, talvol-ta di altri microrganismi.

L'esame istologico most ra un'epiderm i d eerosa, un denso infiltrato neutrofilico e linfoi-stiocitario nel derma papillare con qualcheplasmacellula, cellule giganti da corpo estra-

neo e, successivamente, la sostituzione dei fol-licoli piliferi con tessuto cicatriziale.

La patogenesi è sconosciuta, tuttavia è statoipotizzato un meccanismo simile a quelloinvocato per la follicolite decalvante.

L'uso di corticosteroidi sistemici e topici adelevata potenza produce una rapida rispostaterapeutica, mentre gli antibiotici topici esistemici da soli non hanno effetto.

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Cellulite dissecanteperifulliculitis capitis abscedens et suffodiens

È una malattia rara ma clinicamente ben defi-nita, che colpisce prevalentemente giovaniadulti (20 - 40 anni) di sesso maschile special-mente di pelle nera.Le lesioni tipiche sono ra p p re s e n ta te danoduli infiammatori multipli, di color rossovivo, di consistenza duro-elastica, modicamen-te dolenti, localizzati di solito in corrispon-denza del vertice o della regione occipitale. Questi noduli vanno incontro ad un rammol-limento centrale e ad un progressivo allarga-mento con conseguente fusione con quelli piùvicini. Le lesioni assumono così un aspettocerebriforme e sono circondate da un intensoeritema con edema. In seguito alla loro aper-tura, i noduli lasciano fuoriuscire materialepurulento.

La formazione di tragitti fistolosi può deter-minare la fuoriuscita di pus a parecchi centi-metri di distanza dalla regione sottoposta a

compressione.L'evoluzione è lenta e progressiva verso lascleroatrofia con la caratteristica riduzionedell'attività flogistica col passare degli anni.Residuano lesioni cicatriziali multiple, diforma irregolare, talora associate a cicatriciipertrofiche e tragitti fistolosi.

L'aspetto istologico più caratteristico è la dis-tensione dell'infundibolo follicolare con flo-gosi perifollicolare, rappresentata soprattuttoda un infiltrato di granulociti neutrofili e daun numero variabile di linfociti. Anche l'epi-telio follicolare è invaso da queste cellule, conconseguenti gravi alterazioni necrotiche chepossono determinare la distruzione dell'interofollicolo. Nelle fasi infiammatorie acute siapprezzano ampie raccolte perifollicolari der-miche di granulociti neutrofili con numeroseplasmacellule. La permanenza di residui folli-colari con frammenti di cheratina può taloradeterminare una reazione granulomatosa concellule giganti da corpo estraneo, linfociti eplasmacellule. Una volta che i follicoli sonoc o mp l eta m e n te dist rutti, l'infi a m m a z i o n elascia il posto alla fibrosi che interessa ilderma e la parte più superficiale del tessutoadiposo sottocutaneo. La permanenza di folli-

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coli piliferi ancora integri appare essenzialeper la progressione della malattia; è ben noto,infatti, che se tutti i follicoli sono eliminati,ad esempio con la epilazione con raggi X, lamalattia va incontro a completa remissione.L'esame colturale del materiale purulentoprelevato da queste formazioni ascessuali per-mette spesso l'isolamento di vari microrgani-smi (streptococchi, stafilococchi, pseudomo-nas), ai quali tuttavia non è stato attribuitosignificato eziologico.La cellulite dissecante può talora associarsi aidroadenite suppurativa e a acne conglobatacostituendo la cosiddetta “follicular occlusiontriad”.La te ra p i a ricalca quella della derm a to s ipustolosa erosiva del cuoio capelluto con cor-ticosteroidi ed antibiotici a dosi piene.

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Alopecie cicatriziali acquisite secondarie

In queste forme il follicolo è soltanto un“innocent bystander”: una reazione infiam-matoria interessa cioè primitivamente la cuteinterfollicolare e distrugge il follicolo in mododel tutto aspecifico.Sono da considerare esempi tipici di alopeciacicatriziale secondaria le forme che conseguead ustioni, traumatismi, sarcoidosi cutanea,morfea, necrobiosi lipoidica, lupus vulgaris,pemfigoide cicatriziale ecc.Facciamo una classificazione necessariamen-te incompleta ed esaminiamo brevemente leforme più interessanti e comuni.

Alopecie cicatriziali acquisite secondariecongenite da difetti di sviluppo- aplasia cutis- nevi epidermici- amartomi del follicolo pilifero- incontinentia pigmenti- ipoplasia dermica focale- porocheratosi di Mibelli- ittiosi recessiva legata al sesso- cheratosi pilare atrofizzante- malattia di Darier- epidermolisi bollosa distrofica

da cause fisico-chimiche- traumi- ustioni- patomimia- radiodermiti- acidi o alcali forti- farmaci

infettive- protozoarie- fungine- batteriche- virali

neoplastiche

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- carcinomi baso e spinocellulari- tumori connettivali e vascolari- linfomi- metastasi

metabolico degenerative- necrobiosi lipoidica- porfiria cutanea tarda- porfiria eritropoietica congenita- amiloidosi

autoimmuni- sclerodermia/morfea- lichen scleroatrofico- dermatomiosite- pemfigoide cicatriziale

Aplasia cutis

L'aplasia cutanea è una anomalia dovuta adifetto di sviluppo embrionario della cute.Si evidenzia alla nascita o subito dopo come

un'area del diametro 1 - 2 cm priva di cute,rotondeggiante od ovalare, di aspetto erosivoo ulcerato, a fondo liscio o fortemente erite-

matoso.La lesione evolve in alcune settimane verso lacicatrizzazione (atrofica o cheloidea) che puòessere ritardata dalla ripetuta formazione dicroste.Nell'area interessata gli annessi cutanei (peli eghiandole) sono totalmente assenti.L'aplasia circoscritta del vertice si può asso-

ciare ad altre malformaioni: agenesìa delleossa sottostanti, microcefalia e ritardo menta-le, sordità, spina bifida, labio e palatoschisi,ipotiroidismo, insufficienza pancreatica ecc.L’aplasia cutis verticis, interessa la zona delvertice dove è presente nel neonato la cosid-detta fontanella posteriore.L’alopecia triangolare temporale, è una formadi aplasia cutis di forma triangolare con cutenormale, glabra o con pochi peli vellus solita-mente situata nella zona temporale o anchefrontale.La terapia medica è orientata a favorire lariparazione cicatriziale nell'area colpita impe-dendo infezioni opportunistiche. La chirurgiatricologica può ricostruire o eliminare la zonacicatriziale quando l'individuo è adulto.

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Mucinosi follicolareAlopecia mucinosa

Questa malattia, ad eziologia sconosciuta, èstata descritta da Kreibich nel 1926 e daGougerot e Blum nel 1932. Si presenta in tre forme principali:mucinosi follicolare acuta benigna, è caratte-rizzata da chiazze eritematose di qualche cen-timetro di diametro e da papule del coloredella pelle normale, localizzate a viso, collo,spalle e cuoio capelluto (dove i capelli cadonolasciando gli ostii follicolari sporgenti); colpi-sce prevalentemente bambini e giovani adultie risolve senza trattamento;mucinosi follicolare cronica benigna, si pre-senta con lesioni simili alle precedenti, ma

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più numerose e diffuse e associate ad altre diaspetto nodulare; colpisce per lo più individuiadulti ed è benigna nonostante il lungo decor-so e le frequenti esacerbazioni;mucinosi follicolare secondaria o paraneopla-stica (15 - 25% dei casi), sempre associata adun linfoma, è caratterizzata da placche multi-ple generalizzate ed infiltrate, interessa quasiesclusivamente individui fra i 40 ed i 70 annidi età.Nel primo caso l'alopecia è reversibile, nel

secondo e nel terzo caso diventa invece lenta-mente cicatriziale.La terapia si basa sull’utilizzo di corticosteroi-

di per via intralesionale o generale e sull’ap-plicazione locale di gel contenenti antinfiam-

matori non steroidei (ad esempio: diclofenacsodico).Istologicamente si osservano: a livello dell'epi-

dermide, restringimenti nucleari ed alterazio-ni degli organuli intracitoplasmatici; a livellodel derma è presente un infiltrato linfomono-citario più o meno importante.Il danno è comunque sempre evidente a livel-

lo della guaina esterna della radice ed a livel-lo della ghiandola sebacea dove si osservanoinizialmente piccole aree di aspetto cistico,c o n tenenti mucina, che successiva m e n te

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vanno a confluire distruggendo definitiva-mente l'apparato follicolare.

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Sclerodermia

Le sclero d e rmie sono derm a tosi cro n i ch ea u toimmuni, cara t te ri z z a te da insidiosa elenta trasformazione, circoscritta o diffusa,della cute che assume un aspetto cicatriziale,ispessito, non sollevabile in pliche e un coloresimile alla cera o all'alabastro.Nell'ampia dizione di “sclerodermia” rientra-no sia forme localizzate, sia forme diffuse adandamento progressivo in cui lo stato sclero-dermico inizia subdolamente, ad esempio allemani, al torace, al volto, per poi diffondersialle zone adiacenti cost ruendo in ultimointorno al soggetto una specie di “armatura”che rende difficoltosi o impedisce del tutto imovimenti articolari; in un periodo successi-vo vengono interessati altri organi, l'esofago,l'intestino, i polmoni, il cuore ecc. L'esito fina-le è quasi sempre fatale.La patogenesi della sclerodermia è prospetta-ta come immunologica: nel siero dei pazienticon malattia sistemica e progressiva si eviden-ziano con l'immunofl u o rescenza indiret taautoanticorpi (contro collagene, mitocondri,

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apparato del Golgi, centriolo ecc) soprattutto(60 - 80% dei casi) antinucleo cellulare(A.N.A.) principalmente diretti contro i nucleidelle cellule endoteliali dei capillari dermiciche, secondo molti Autori, rappresenterebbe-ro il primitivo bersaglio della sclerodermiasistemica.L'istologia è caratterizzata essenzialmente da

ipertrofia e neoformazione di fasci di collage-ne e da progressiva iperplasia dell'intima deivasi (aumento del numero delle cellule cherivestono la parete interna del vaso, quellacioè a contatto con il sangue), soprattuttoarteriolari, fino a stenosi completa del lume.La terapia, prolungata, spesso inconcludentee di pertinenza reumatologica si basa su cor-ticosteroidi, griseofulvina, farmaci vasoattivied oggi anche sull'uso dei farmaci così dettibiologici (anticorpi monoclonali), gli stessiche vengono usati per la terapia dell’ atritereumatoide.

Le forme localizzate sono quelle che ci inte-ressano di più e di pertinenza puramente der-matologica.Sono forme in chiazze a limiti netti (morfea)

a volte circondate da un caratteristico bordorosso-lilla, con decorso autolimitato e benignoo forme lineari, a banda, che spesso partonodalla radice del naso, attraversano la fronte esi addentrano con atro fia cicatriciale nelcuoio capelluto (sclerodermia a colpo di scia-bola).

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La terapia di queste forme si basa sull'usolocale e generale di corticosteroidi e sull'usodi antimalarici per bocca (di solito idrossiclo-rochina alla dose di 200 - 400 mg al giornoper qualche mese).

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Tigne - Kerion - Tigna favosa

Con il termine tigna si intende l'aggressioneparassitaria del capello (o del pelo) da parte diun micete (“fungo”).La tigna del cuoio capelluto (tinea capitis) sipresenta con una o più chiazze eritematose edesquamanti, nelle quali i capelli sono spezza-ti e di aspetto impolverato (per la presenzadelle spore del fungo). A seconda del tipo dimicete in causa le chiazze potranno essere sin-gole o poco numerose, a limiti netti, rotondeg-gianti, di diametro fino a 5 cm, con capellitroncati 2 - 3 mm sopra l'emergenza dal cuoiocapelluto (tigna microsporica), oppure piùnumerose, a limiti indistinti, di disegno irre-golare e larghezza non superiore a 1 - 2 cm,con capelli troncati all'emergenza (punti neri)associati ad altri “superstiti” all'interno dellachiazza (tigna tricofitica). Il contagio puòderivare dal contatto con animali domestici( M i c ro s p o rum canis), animali da sta l l a( Tri c o p hy ton menta gro p hy tes, Tri c o p hy to nverrucosum), suolo (Microsporum gypseum),altri esseri umani (Microsporum audouinii,Tri c o p hy ton to n s u rans, Tri c o p hy ton viola-ceum).

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Nella tigna microsporica, da noi più frequen-te, l'esame microscopico “a fresco” del capel-lo parassitato e delle squame mostrerà spore efilamenti, specialmente piccole spore attornoal fusto, tipo ectotrix, o anche filamenti all'in-terno del capello, tipo endotrix, e/o filamentied artrospore nelle squame. Nella tigna tricofitica il capello mostra al suointerno numerose artrospore in catene paral-lele e filamenti con il tipico aspetto endotrix(capello a sacchetto di noci) mentre pochespore sono visibili all'esterno in posizioneectotrix.Da segnalare la sia pur rara possibilità di

tigna incognita (tricofitica o microsporica) indonne sopra i 50 anni, quindi ormai in meno-pausa, caratterizzata da caduta di capelli ediradamento senza il formarsi di vere chiazzedi alopecia; questa situazione può mimare unlichen o un LED o un telogen effluvio. Icapelli appaiono diradati, impolverati, fragili.La cute è eri te m a tosa e desqu a m a n te .Soggettivamente può esserci prurito.

Tutte queste forme di tigna, se ben curate,guariscono definitivamente, senza esiti cica-triziali e completa restituzio ad integrum, in4 - 6 settimane.Nel kerion alcuni dermatofiti, ed in particola-

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re i tricofiti zoofili sopra ricordati, determina-no perifollicoliti e follicoliti profonde e sup-p u ranti che successiva m e n te si fo n d o n odando origine a chiazze rilevate fortementeeritematose, sormontate da formazioni papu-lo-nodulari e pustolose dalle quali, in seguitoa pressione anche modesta, fuoriesce unaquantità abbondante di pus. I capelli che sitrovano all'interno delle chiazze vengono ini-zialmente troncati dal micete e successiva-mente eliminati definitivamente dal processosuppurativo e cicatriziale.La tigna favosa, ormai eccezionale in Italia, è

una micosi del cuoio capelluto determinata disolito dal Tricòphyton schonleinii, antropofi-lo; più raramente può essere causata daiTricòphyton quinckeaneum e gallinae. Si pre-senta con chiazze eritemato-squamose perifol-licolari centrate da una pustola (abbastanzagrande) che successivamente si apre lasciandouna patognomonica depressione giallastra ascodellina (scutulo) di 5 - 7 mm di diametro,dallo sgradevole odore di “urina di topo”,costituita da ammassi di filamenti miceliali,spore e lamelle cornee disposte in modo con-centrico attorno al follicolo. L'esame alla lucedi Wood evidenzia una fluorescenza giallo-ver-

dastra. Gli scutuli possono estendersi in modocentrifugo raggiungendo i 2 - 3 cm di diame-tro e confluire poi in ampie masse crostosegiallo-verdastre, stratificate e friabili, all'inter-no delle quali si possono trovare dei capelliassottigliati, opachi, decolorati, “impolverati”e facilmente asportabili. La terapia deve esse-re effettuata correttamente, precocemente eper un tempo sufficientemente lungo se sivuole impedire l'evoluzione finale in alopeciacicatriziale. È caratteristica in questa formadi alopecia la permanenza di ciuffi di capellisuperstiti all'interno delle chiazze.

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Tricotillomania

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(A cura di Guido Vido Trotter)

Il termine indica un disturbo psico-nevroticotalvolta difficile da diagnosticare e ancora piùd i fficile da fa re accet ta re ai ge n i to ri delpaziente quando questo è un bambino.Si tratta per lo più di giovanissimi pazienti

che, più o meno coscientemente, prendonol'abitudine di attorcigliare e tirare i capellicon le dita. L'alopecia si manifesta preferibil-mente nelle aree fronto-parietali con chiazzeirregolari della grandezza anche di diversicentimetri, nelle quali i capelli sono in parteassenti ed in parte spezzati all'altezza di 2 - 3mm (al di sotto di questa lunghezza non è pos-sibile afferrarli con le dita). Il cuoio capellutoappare indenne.Se nell'area interessata vengono prelevati i

capelli superstiti per un esame microscopicosi potrà osservare la completa assenza di telo-gen. Spesso i bambini, se “scoperti” e messi difronte alle proprie responsabilità, desistonodalla mania di strapparsi i capelli. Comunque di solito, in questa età, la tricotil-

lomania ra p p re s e n ta una fase tra n s i to ri adello sviluppo psichico, come il succhiarsi ilpollice.Negli adulti il quadro è invece di difficile riso-

luzione. Possono essere utili gli antidepressiviinibitori della ricaptazione della serotonina e

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talvolta gli antidepressivi maggiori, triciclici.In questi casi la terapia è di competenza medi-co psichiatrica.Istologicamente, nei casi gravi, il follicolo può

andare incontro a fratture nella continuitàdella matrice e distacco della guaina epitelia-le esterna da quella connettivale con successi-ve emorragie intra ed extra follicolari.Ciò determinerà, anche se lo stimolo cessa, la

persistente impossibilità di formare di uncapello normale (tricomalacìa) con quadri didiversa gravità fino alla alopecia cicatriziale.Talvolta la tricofagia accompagna la tricotillo-mania. Il paziente mangia i capelli che strap-pa, talvolta dopo aver estratto il capello concura ne succhia il bulbo e le guaine. Sonodescritti volvoli intestinali di capelli (tricobe-zoari) che hanno portato il paziente sul tavo-lo operatorio con il quadro dell'occlusioneintestinale acuta.

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Tumori

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Il cuoio capelluto è sede frequente di tumori

benigni e maligni, primitivi o metastatici.Frequenti sono i nevi, le cheratosi attiniche,

le cheratosi seborroiche, l'epitelioma basocel-lulare, le metastasi da carcinoma mammarioecc.L'esame clinico e nei casi dubbi quello istolo-

gico, chiariranno la diagnosi.

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Il Laboratorio Ematologico. - pag. 5Screening Generale - pag. 5Sceenig Endocrino - pag. 6Il dosaggio degli ormoni nelle urine - pag. 6Il dosaggio degli ormoni nel plasma. - pag. 8Protocolli Diagnostici in Endocrinologia - pag. 11La Terapia Medica in Tricologia - pag. 15Sostanze Naturali in Tricologia - pag. 17Sostanze Terapeutiche Attuali in Tricologia - pag. 27Associazioni Terapeutiche - pag. 58

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) aprile 2006

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte ottava

edizione 2006

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2006

parte VIIITutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniMarino Salin

Fabrizio FantiniDaniele Campo

Roberto D’OvidioGuido Vito Trotter

EDIZIONI TricoItalia Firenzeaprile 2006

SOMMARIO:

IL LABORATORIO EMATOLOGICO - pag. 5SCREENING GENERALE - pag. 5SCREENING ENDOCRINO - pag. 6Dosaggio degli Ormoni nelle Urine - pag. 6Dosaggio degli Ormoni nel Plasma - pag. 8PROTOCOLLI IN ENDOCRINOLOGIA - pag. 11LA TERAPIA MEDICA IN TRICOLOGIA - pag. 15SOSTANZE NATURALI - pag. 17Serenoa repens - pag. 18Pygeum africanum - pag. 19Tè verde - pag. 20Acidi grassi polinsaturi omega 3 - pag. 21Soia - pag. 22Zinco, Acido Azelaico, Vitamina B6 - pag. 23Vite ed estratto del seme d'uva - pag. 23Orzo e procianidina B3 - pag. 24Ginseng (Parnax Ginseng) - pag. 24Lievito di birra e germe di grano - pag. 25Ortica (Urtica Dioica) - pag. 25Boehmeria Nipononivea - pag. 26SOSTANZE TERAPEUTICHE ATTUALI - pag. 27Estrogeni - pag. 27Progesterone - pag. 30Finasteride - pag. 33Ciproterone - pag. 36Spironolattone - pag. 38Cimetidina - pag. 40Flutamide - pag. 41Melatonina - pag. 42Betasitosterina - pag. 43Cortisone - pag. 44Xantine - pag. 46Minoxidil (e sostanze correlate) - pag. 48Acido retinoico - pag. 53Pentosi - pag. 54Glicole propilenico - pag. 54Ketoconazolo - pag. 56ASSOCIAZIONI TERAPEUTICHE - pag. 58

"TRICHIATRIA"

Disciplina medica che presuppone la cono-scenza della Tricologia e che ha come obietti-vo la diagnosi e la cura delle malattie delcapello e del cuoio capelluto.

IL LABORATORIO EMATOLOGICONELL' APPROCCIO AL PAZIENTE CHE

PERDE I CAPELLI

Gli esami di laboratorio sono molto utili percapire le cause di una caduta di capelli o diuna alopecia altrimenti di non chiara patoge-nesi.Ad esempio di fronte ad una alopecia cicatri-ziale il laboratorio potrà orientare il medicoverso una collagenopatia, di fronte ad un telo-gen effluvium verso una malattia infettiva ouna anemia, di fronte ad una alopecia femmi-nile in telogen accompagnata da segni di viri-lizzazione verso una patologia endocrina ecc.Gli esami più importanti sono esami semplici:emocromo, sideremia, ferritina, zinchemia,protidogramma, glicemia, fT4, TSH, acidofolico, vitamina B12, VES.Gli esami ormonali, complessi, costosi e discu-tibilmente affidabili sono utili solo in situa-zioni mirate. Spesso gli esami ormonali ven-gono richiesti senza razionalità; fra questi ildosaggio del testosterone libero che, in condi-zioni di normoproteinemia, è sempre l'1% delte sto ste rone totale, il dosaggio della SexHormone Binding Globulin (SHBG) che, incondizioni di normoproteinemia, è semprelontana dalla saturazione, il dosaggio del dii-drotestosterone che è pochissimo affidabile enon è espressione della 5-alfa-reduttasi del fol-licolo pilifero.

SCREENING GENERALEIN TRICOLOGIA

Gli esami generali valutano lo “stato di benes-sere” del paziente così da poter impostare laterapia più appropriata.

In Tricologia sono utili sopra t t u t to nelledonne e possono rilevare molte situazioni chedevono essere corrette: stati carenziali causatida diete insufficienti, da malassorbimento, daperdita ecc; malattie infettive (RW, VDRL,HAV, HBsAg, HCV ecc.); malattie ematologi-che (emocromo, piastrinemia, protidogram-ma, biopsia midollare ecc.); coliti (protido-gramma, VES, formula leucocitaria ecc.); sin-d romi da malassorbimento anche larva te ,selettive e/o inapparenti.

A tal proposito ricordiamo ancora una voltacome in Tricologia i margini di normalità deinutrienti, vitamine ed oligoelementi siano piùristretti di quanto lo sono in medicina genera-le e come uno stato carenziale possa provoca-re un telogen effluvio cronico o far precipita-re irreparabilmente un defluvio androgeneti-co (vedi anche il capitolo “DIETA” E CAPEL-LI).

Di fronte ad una alopecia cicatriziale occorresempre valutare la possibilità di una collage-nopatia (Ra test, profilo ANA ecc.) e sarà tal-volta necessaria una biopsia del cuoio capellu-to.

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LO SCREENING ENDOCRINOIN TRICOLOGIA

La diagnosi in Tricologia è quasi sempre unadiagnosi clinica, non una diagnosi di labora-torio. Lo screening endocrino in Tricologiapuò essere talvolta molto utile ma lo è solo incasi complessivamente rari. Di solito si abusadegli esami ormonali come si abusa della dia-gnosi di alopecia androgenetica femminile.Quando una donna lamenta caduta di capellima ha un mestruo regolare e magari un figlio,è molto improbabile che possa avere patologieormonali. Molto frequenti sono invece, nelladonna, i disturbi della funzionalità tiroidea esegnatamente gli stati di ipotiroidismo, anchesubclinico.La alopecia così detta androgenetica femmini-le di Ludwig (FAGA) è quasi sempre conse-guenza di un telogen effluvio cronico oppure,a parere di chi scrive, può essere causata dacarenza di azione intrafollicolare o da resi-stenza periferica alla azione dell'estrone. Inaltre parole è una alopecia carenziale. Alcunicasi ci fanno pensare ad una insufficienzafamiliare del follicolo nel produrre estrone(per deficit parziale di 17-steroido-ossidoridut-tasi, aromatasi o 3-alfa-reduttasi).Ma tutto questo non è certo documentabilecon i normali esami endocrinologici perchénon possono indagare il comparto intrafolli-colare.

Detto tutto questo e ribadito che gli esamio rmonali dov re b b e ro essere pre s c ritti aragion veduta e poi interpretati con intelligen-za, vediamo quali possono inte re s s a re ilMedico Tricologo qualora la sintomatologiaclinica ne suggerisca l'opportunità.

Dosaggio degli Ormoni nelle Urine

Nonostante la possibilità odierna di dosare gliormoni direttamente nel plasma i dosaggiormonali nelle urine delle 24 ore sono tutt'al-tro che superati sia perché di semplice esecu-zione e poco costosi, sia perché consentonouna valutazione della produzione ormonaleindipendente dai ritmi circadiani, eliminandoquindi la possibilità di errore interpretativolegata al momento del prelievo. I dosaggiormonali nelle urine dovrebbero essere, per ilmedico tricologo, gli esami ormonali di primalinea.

Dosaggio dei 17-idrossicorticosteroidi(17 OH CS)Sono steroidi di origine corticosurrenalica a21 atomi di carbonio che presentano un grup-po ossidrilico in posizione 17 e comprendonoessenzialmente il cortisolo, il cortisone, iltetraidrocortisone (metabolita del cortisone),il desossicortisolo (precursore del cortisolo).I valori normali nell'uomo sono compresi fra3 e 9 mg/24 h, nella donna fra 2,5 e 7,5 mg.I 17-idrossicorticosteroidi sono elevati in tuttequelle condizioni che comportano un aumen-to plasmatico degli steroidi glicoattivi.

Dosaggio dei 17-ketosteroidi (17 KS)Sono steroidi a 19 atomi di carbonio che pre-sentano una funzione chetonica in posizione17.Facciamo notare che il testosterone non ècompreso fra i 17 KS. I più importanti 17 KSsono l'androstenedione, l'etiocolanolone ed ildeidroepiandrosterone. Il dosaggio relativa-mente semplice dei 17 KS può essere conside-rato, in prima approssimazione, uno specchiodella produzione androgena generale ed è allaportata di qualsiasi laboratorio.

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I 17 KS urinari, nella donna, sono per laquasi totalità di origine surrenalica e, nelmaschio, sono per 2/3 di origine surrenalicaed 1/3 testicolare. I livelli normali sono da 5a 15 mg nell'uomo adulto e da 3 a 12 mg nelladonna adulta.Un loro incremento indica un’aumentata pro-duzione di androgeni.In prima approssimazione possiamo dire che,se in una donna che stiamo esaminando perun defluvio il tasso dei 17 KS supera i 20 - 25mg/24 h, l'origine patologica degli androgeniè quasi sicuramente surrenalica (iperplasiasurrenalica, sindrome di Cushing, tumoresurrenalico virilizzante ecc), un loro incre-mento più modesto può essere di origine ova-rica (ovaio policistico, ovarite sclerocisticaecc).

Steroidi 17 chetogeni (S 17 K)Questo gruppo comprende tutti i derivati a 21atomi di carbonio del 17 OH progesterone equindi anche il pregnantriolo e gli altri steroi-di di analogo significato: la loro determinazio-ne è utile per la diagnosi di virilizzazione sur-renalica da ostacolata sintesi di cortisolo perd i fet to enzimatico di 21 o 11 idro s s i l a s i .Valori normali 7 - 18 mg/24 ore.Il dosaggio diagnostico degli S 17 K non èmolto usato perché la maggior parte degliautori preferisce dosare direttamente il pre-gnantriolo.

Deidroepiandrosterone (DHEA) I livelli normali urinari sono di 0,2 - 2 mg nel-l'uomo e di 0,2 - 1,8 mg nella donna.L'aumento dei livelli di DHEA e del rapportoDHEA / 17 OH CS tradisce una iperfunzionesurrenalica.

Cortisolo urinario liberoIl dosaggio del cortisolo urinario libero havalore diagnostico nella sindrome di Cushing.Nei soggetti normali i valori di escrezione uri-naria del cortisolo sono di 27,6 - 276 nanomo-li/24 h, nella sindrome di Cushing esso supe-ra ampiamente le 300 nanomoli/24 h.

Pregnantriolo (PTL)E' il metabolita del 17 OH progesterone, pre-cursore degli steroidi glicoattivi.Lo troviamo aumentato solo nelle sindromida virilizzazione surrenalica da difetto enzi-matico (21 e 11 idrossilasi) quando è ostacola-ta la sintesi del cortisolo (iperplasia surrenali-ca congenita).Valori normali < 5,94 micromol/24 h (nelladonna 0,2 - 2,1 mg /24h; nell'uomo 0,4 - 1,8mg 24/h).L'aumento del rapporto PTL/17 OH CS èpatognomonico di un difetto enzimatico sur-renalico.Il pregnantriolo fa parte degli steroidi 17 che-togeni.

Testosterone (T)Nella donna alcuni irsutismi, virilismi, alope-cie si accompagnano a valori alti, urinari eplasmatici, di testosterone. Valori urinari nor-mali nella donna 5 - 20 mg/24 ore.Va l o ri alti di te sto ste rone uri n a rio nelladonna si ritrovano in presenza di tumorio rm o n o s e c e rnenti surrenalici od ova ri c i( a rre n o b l a stoma, ipern e f roma, ley d i g i o m a ,luteoma).Nell'uomo il dosaggio del testosterone è utilesoprattutto nella diagnosi di ipogonadismo.Escrezione urinaria nel maschio adulto nor-male 50 - 100 mg/24 ore.

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Dosaggio degli Ormoni nel Plasma

CortisoloConcentrazioni elevate, specie alla sera, orien-tano per una sindrome di Cushing. Nella sin-d rome di Cushing il cortisolo di base èaumentato e, soprattutto, il ritmo circadianoè scomparso.I valori normali alle ore 8 sono compresi fra0,14 - 0,63 micromoli/L (160 - 690 nanomo-li/L), alle ore 16 fra 0,083 - 0,42 micromoli/L(50 -250 nanomoli/L), alle ore 20 sono infe-riori al 50% del valore delle ore 8.Valori di cortisolo bassi o normali associati aconcentrazioni aumentate di deidroepiandro-sterone (DHEA) e di 17 OH progesterone (17OH P) sono patognomonici di deficit enzima-tico surrenalico (21 o 11 idrossilasi) con sin-drome di virilizzazione.

Deidroepiandrosterone (DHEA)Il deidroepiandrosterone è un debole andro-geno secreto quasi esclusivamente dal surrene(95%) sia in forma libera (DHEA) che comesolfato (DHEAS) nella quantità di 7 mg/die e10 - 20 mg/die rispettivamente. Circola nelsangue soprattutto come DHEAS legato allaalbumina.Nella donna i valori plasmatici normali diDHEAS sono compresi fra 2,1 - 8,8 micromo-li/L e diminuiscono dopo la menopausa scen-dendo nettamente sotto 0,3 -1,6 micromoli/L.Tassi plasmatici compresi fra 15 - 30 micro-moli/L orientano verso una diagnosi di iper-androgenismo normosurrenalico, se associatiad ipercortisolemia orientano verso una sin-drome di Cushing, se superiori a 50 - 100micromoli/L verso una patologia tumorale, seassociati infine ad aumento dei tassi di 17 OHprogesterone ed ipocortisolemia verso unacarenza enzimatica congenita.

Delta 4 androstenedione (D4 A)Questo ormone è il più importante androgenonella donna, è il precursore degli estrogeni edè in gran parte il responsabile della seborreae dell'acne nel sesso femminile.Deriva per il 50% dalla secrezione ovarica,per il 30% dalla secrezione surrenalica e perla quota restante dalla trasformazione perife-rica di precursori. L'ovaio secerne androste-nedione particolarmente nel periodo interme-dio e luteinico del ciclo, ciò può forse spiega-re i periodici peggioramenti dell'acne femmi-nile in fase ovulatoria e premestruale. La pro-duzione di androstenedione può aumentarein premenopausa con conseguente ritornodell'acne e lieve virilizzazione.Dall'androstenedione ad opera dell'enzima 17-beta-idrossisteroido-ossido-reduttasi si formatestosterone. Androstenedione e testosteronerappresentano tappe intermedie della biosin-tesi degli estrogeni.I valori normali di androstenedione nelladonna sono normalmente compresi fra 1,33 e5,27 nanomoli/L e sono più bassi nell'uomo.Valori compresi tra 10 e 20 nanomoli/L, asso-ciati a gonadotropina luteinizzante (LH) ele-vata, orientano verso una possibile diagnosidi ovaio policistico. Valori al di sopra di 30nanomoli/L sono orientativi invece per untumore surrenalico o ovarico ormonosecer-nente.

17 OH progesterone (17 OH P)L'aumento plasmatico di questo ormone al disopra di 15 nanomoli/L nella donna in fasefollicolare, specie se questi tassi elevati siaccompagnano a valori alti di DHEAS e valo-ri bassi o normali di cortisolo, orienta verso ladiagnosi di deficit enzimatico surrenalico di21 o 11 idrossilasi.

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Testosterone (T)Valgono per i dosaggi plasmatici le stesse con-siderazioni che abbiamo fatto per i dosaggiurinari.Valori normali 5 - 10 ng/ml (10,4 - 34,6 nano-moli/L) nell'uomo e 0,02 - 0,8 ng /ml (0,3 - 3nanomoli/L) nella donna.Il testosterone si trova nel plasma legato per il99% circa ad una betaglobulina specifica: SexHormone Binding Globulin (SHBG). Solo laquota libera è metabolicamente attiva.Vale di nuovo la pena di ricordare che la capa-cità di legame della SHBG per il testosteroneè superiore alla testosteronemia (intorno a 14ng/ml) pertanto il dosaggio dell'ormone libe-ro è un esame praticamente inutile e, in sog-getti norm o p roteici, sarà semp re fra z i o n ecostante dell'ormone totale.

Diidrotestosterone (DHT)I valori normali plasmatici sono nell'uomo1,03 - 2,92 nanomoli/L e nella donna 0,14 -0,76 nanomoli/L. Per il 25% l'ormone circo-lante è prodotto come tale dai testicoli e per ilrestante 75% deriva dalla trasformazione deltestosterone ad opera della 5-alfa-reduttasi.Studi metabolici condotti mediante infusionedi steroidi radioattivi hanno dimostrato chetale metabolizzazione avviene solo in piccolaparte dal metabolismo tissutale dell'ormone,mentre la maggior parte proviene da conver-sione in circolo (Serio M.), probabilmente nelfegato.Il suo dosaggio non può quindi (come talvoltasi è voluto fare) essere preso a parametro dellaattività periferica della 5-alfa-reduttasi follico-lare, inoltre questo dosaggio è affidabile soloin pochi laboratori e pertanto non può essereroutinario.

3 alfa-diolo glicuronide (3 al-diol-g)Un discorso metabolico simile a quello delDHT si verifica per il 5 alfa-androstan-3-alfa-17 - b eta-diolo (3 alfa-diolo), meta b o l i ta delDHT, che oltretutto si trova in circolo in posi-zione di equilibrio instabile con il DHT. Daqueste osservazioni risulta che DHT e 3 alfa-diolo (3 al-diol) circolanti non possono esserespia umorale della attività metabolica degliandrogeni a livello dei tessuti bersaglio (ne'tantomeno del follicolo pilifero).Al contrarioè stato dimostrato (Serio M.) mediante infu-sione di T e DHT marcati che il 3-alfa-diologlicuronide circolante proviene in larga misu-ra dalla conversione del DHT e può essereconsiderato un marker più preciso dell'attivi-tà androgenica a livello dei tessuti bersaglio.Purtroppo attualmente il dosaggio del 3 al-diol-g non può essere fatto in modo routinarioma solo come sofisticata indagine di ricerca enessun laboratorio è in grado di dosarlo cor-rentemente, pertanto non siamo neppure ingrado di fornirne i valori normali né tantome-no quelli patologici (ovviamente, non esisten-do un metodo di dosaggio standardizzato,questi variano da laboratorio a laboratorio).Possiamo tuttavia dire che, dalle ricerche spe-ri m e n tali effet t u a te, il 3 al-diol-g ri s u l tacostantemente aumentato in corso di irsuti-smo (e quindi probabilmente in corso di calvi-zie maschile) e pertanto il suo dosaggio avreb-be lo stesso valore pratico di un esame obietti-vo.

Gonadotropine (FSH - LH)I valori normali plasmatici di FSH nell'uomosono da 1,5 a 12 U/L; nella donna in fase fol-licolare da 5 a 20 U/L, al picco ovarico da 15a 30 U/L, in fase luteinica da 5 a 15 U/L.I valori normali plasmatici di LH nell'uomosono compresi fra 4 e 20 U/L; nella donna infase follicolare da 5 a 25 U/L, al picco ovula-

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torio da 30 a 60 U/L, in fase luteinica da 5 a15 U/L.L'aumento della concentrazione plasmatica dientrambe le gonadotropine orienta verso unasindrome climaterica o comunque verso unipogonadismo primitivo. Elevati tassi plasma-tici di gonadotropina luteinizzante (LH) confollicolostimolante (FSH) normale o diminui-ta, congiuntamente ad elevata concentrazionedi androstenedione, orienta verso la sindromedell'ovaio policistico ed impone la richiesta diuna ecografia pelvica.

Ormone adrenocorticotropo (ACTH)L'ACTH stimola la sintesi degli ormoni delleghiandole surrenali. La sua concentrazionenel sangue è massima al mattino e minima lasera. È alterato nella S. di Cushing, nell'ipopi-tuitarismo, nell'insufficienza surrenalica, neidifetti enzimatici surrenalici. Chi deve sotto-porsi al dosaggio dell'ACTH deve sospendere,72 ore prima dell'esame, i farmaci che posso-no influenzare i valori (per esempio, cortiso-ne o estrogeni). Bisogna inoltre sospenderel'attività fisica intensa 24 ore prima del test estare a digiuno per 12 ore prima dell'esame.Valori normali: mattino: 5 - 60 picogrammi /ml di sangue, sera: 5 - 30 picogrammi / ml disangue.

Prolattina (PRL)I valori normali nella donna sono intorno a 9- 20 ng/ml o 75 - 504 mU/L e salgono nelcorso della gravidanza a 150 - 200 ng/ml o3000 - 4000 mU/L. Nell'uomo i valori norma-li sono intorno a 6 - 7 ng/ml o 75 - 288 mU/L.L'iperprolattinemia può essere iatrogena (daestrogeni, da psicolettici ecc.), funzionale (dastress, da allattamento ecc), da adenoma ipo-fisario. La probabilità di un adenoma ipofisa-rio è direttamente correlata con i valori della

iperprolattinemia. Valori di prolattina > 200ng/ml o 5.000 mU/L, al di fuori della gravi-danza e dell'allattamento, sono quasi invaria-bilmente associati alla presenza di un adeno-ma ipofisario e valori fra 100 e 200 ng/ml o2.000 - 5.000 mU/L sono da ritenere assaisospetti. Una iperprolattinemia anamnestica-mente non chiara richiede sempre ulterioriaccertamenti diagnostici.

Ormoni tiroideiL'ipotiroidismo è causa frequente di caduta dicapelli nella donna. Nell'ipotiroidismo la cuteè pallida e secca; le unghie sono fragili e sotti-li; i capelli, anch'essi fragili, secchi e sottili, sidiradano cadendo in telogen (telogen effluvioipotiroideo) senza arrivare mai ad una veracalvizie. Caratteristica è la perdita dei pelidelle sopracciglia (limitata alla metà tempora-le) e la rarefazione dei peli ascellari e pubici.Si può porre diagnosi di ipotiroidismo dosan-do l'ormone stimolante la tiroide (TSH) e gliormoni tiroidei, in particolare la tiroxina(T4). Un ipotiroidismo primitivo è caratteriz-zato da alti valori plasmatici di TSH e bassi onormali di T4.I valori plasmatici normali di T4 sono com-presi fra 5 e 12 mg/dl o 65 -155 nanomoli/L;i valori normali di T3 sono compresi fra 115e 190 ng/dl o 3,54 - 10,16 picomoli/L; i valo-ri normali dell'indice di tiroxina libera (FTI)oscillano fra 3 e 9; i valori normali di TSHsono compresi fra 0,5 e 4 mU/L. Come unipotiroidismo si ripercuota sull'apparato pili-fero non è chiaro.L'ipotiroidismo è causa di anemia ferrocaren-ziale ed ipozinchemia, da sole sufficienti ag i u st i fi c a re l'effluvio. Questo si manife staanche perché la tiroxina, per la sua azione suifattori di crescita, svolge un ruolo essenzialenelle prime fasi di crescita del capello (anagen1 - 2).

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VENTI PROTOCOLLI DIAGNOSTICIIN ENDOCRINOLOGIA DI BASE

le patologie endocrine in cui è facileimbattersi

leggenda:

s = sierou = urinap = plasmaS = sangue interoF = femminaM = maschioTPOAb = anticorpi tiroidei contro la

perossidasi o frazione microsomiale.TGAb = anticorpi tiroidei contro

la tireoglobulinaTSHAb= anticorpi tiroidei contro

il recettore del TSH

1) Protocollo diagnosticoper adenomi ipofisari

Sintomi guida: cefalea, disturbi visivi, segni afocolaio, secrezione endocrina caratteristicadel tipo di tumore ipofisario.Esami di I live l l o: s-GH, u-GH, s-Somatomedina C, s-PRL, p-ACTH, s-Cortisolo,u-Cortisolo, s-LH, s-FSH, s-Testosterone (M), s-TSH, s-fT4, Rx cranio-sella.Esami di II livello: TAC / RMN, visita oculisti-ca / campimetria.

2) Protocollo diagnosticoper amenorrea

Sintomi guida: assenza di flussi mestruali da180 giorni o flussi mai comparsi, dimagri-mento, aumento di peso, traumi cranici, cefa-lea, disturbi visivi, irsutismo.Esami: s-TSH, s-fT4 , s-LH, s-FSH, s-PRL di

base ed a riposo in fase follicolinica precoce.Rx cranio-sella, Ecografia Ovarica.

3) Protocollo diagnosticoper sospetto ipermineralcorticismo(iperaldosteronismo o M. di Conn)

Sintomi guida: sindrome da eccessivo riassor-bimento di sodio causato da ipersecrezione dimineralcorticoidi da adenoma o tumore sur-renalico, iperplasia bilate rale del surre n e ,difetti enzimatici della steroidogenesi o bloc-co della 11 beta idrossisteroidodeidrogenasi alivello renale; ipertensione, ipopotassiemia,alcalosi con tetania latente, poliuria, assenzadi edemi.Esami: s-Potassio, s-Sodio, s-Cloruri.Attività Reninica Plasmatica (ridotta a dietanormosodica per 6 giorni = 100 m Eq die),u-Aldosterone (aumenta a dieta normosodicaper 6 giorni = 100 m Eq die).

4) Protocollo diagnosticoper sospetta S. di Cushing

Sintomi guida: patologico aumento del corti-solo; faccia a luna piena, poliglobulia, obesitàtronculare, striae rubrae, ipotrofia degli arti,i p e rtensione arte riosa, iperp i g m e n ta z i o n ecutanea (se iper ACTH), sintomi psichici.E s a m i: Cortisolo (aumenta to), s-AC T H(aumentato, ridotto o normale), S-VES, S-emo-cromo, s-Potassio, s-Sodio, s-Cloruri.

a) se cortisolo libero aumentato e ACTH ridot-to: Ecografia surrenalica.b) se cortisolo libero aumentato e ACTH nor-male: TAC o RMN.c) se cortisolo libero ed ACTH aumentati: RXtorace ecc.

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5) Protocollo diagnosticoper poliuria polidipsia

S i n tomi guida: pre gresso trauma cra n i c o ,cefalea, disturbi visivi, granulomatosi sistemi-che, poliuria.Esame di I° livello: Bilancio idrico giornalie-ro per conferma della poliuria.a) in caso di conferma della poliuria: esameurina con valutazione u-Glucosio e densità).b) se glicosuria: diabete mellitop-Glucosio basale (cerca iperglicemia)p-Potassio (cerca ipopotassiemia) s-Calcio (cerca ipercalcemia) p-Sodio , p-Cloruric) se assenza di malattie renali primitive, dia-bete mellito, ipopotassiemia, ipercalcemia inviare a centro specializzato.

6) Protocollo diagnosticoper difetti staturali

Sintomi guida: bambini con statura inferioreal 3° percentile; bassa statura senza correla-zione con media genitoriale e velocità diaccrescimento inferiore al 10° percentile.Valutare parametri auxologici parentali delsoggettoEsami: s-Emocromo, Sideremia, Transferrina,Colesterolo, Trigliceridi, s-Glucosio, s-Azoto, s-Proteine totali e Protidogramma, s-ProteinaC, s-fT4, s-TSH, s-Calcio, s-Fosfati inorganici,s - Fo s fa tasi alcalina, s-Oste o c a l c i tonina, RxMano-Polso per età ossea.

7) Protocollo diagnosticoper esoftalmo

Sintomi guida: esoftalmo, diplopia, sensazio-ne di “fastidio” oculare.Esami: s-TSH, s-fT4, s-fT3, TPOAb, TGAb,TSHAB, Visita oculistica, Ecografia orbitaria.

8) Protocollo diagnosticoper sospetto di feocromocitoma

Sintomi guida: ipersecrezione di catecolami-ne da tumore cromaffine; ipertensione arte-riosa stabile od a crisi, ipotensione ortostati-ca, tachicardia, palpitazioni, cefalea, sudora-zione, nausea, vomito, diarrea.Esami: u-VMA e/o u-Metanefrine (da effet-tuarsi i giorni della crisi se l'andamento dell'i-pertensione è variabile).

9)Protocollo diagnosticoper gozzo nodulare

(nodulo singolo o più noduli)

Sintomi guida: aumento di volume della tiroi-de circoscritto ad una o più zone della ghian-dola.Esami: s-TSH, s-fT4, s-fT3, TPOAb, TGAb,Scintigrafia tiroidea, Ecografia tiroidea.- in caso di nodulo ipocaptante o non captan-te lo iodio: Ago-aspirato, s-Calcitonina.

10) Protocollo diagnostico per“incidentaloma” surrenalico

Sintomi guida: massa surrenalica asintomati-ca di reperto occasionale; Esami: s-Potassio, s-Sodio, s-Cloruri,s-Glucosio, s-Creatinina, s-VES, u-Cortisolo, s-DEA-S, s-Testosterone, u-17 Chetosteroidi, u-VMA, TAC o RMN surrenale.

11) Protocollo diagnosticoper sospetto insulinoma

Sintomi guida: sindrome ipoglicemica causa-ta da tumore delle insule pancreatiche (beni-gni multipli / maligno unico) o iperplasiadelle insule; possibile associazione MEN 1;disturbi neuropsichici, obnubilamento visivo,scotomi, diplopia, tremito, amnesie, perdite di

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coscienza, vampate di calore, sudorazioni pro-fuse, crampi addominali, diarrea.E s a m i: s-Glucosio, s-Insulina, s-Pe ptide C,Visita Psichiatrica

12) Protocollo diagnosticoper iper GH:

acromegalia e gigantismo

Sintomi guida: eccessivo accrescimento statu-rale (prepuberi) e/o delle estremità e ossa cra-niche (adulti), ispessimento della cute e delsottocutaneo, macroglossia, diastasi dentaria,disturbi del campo visivo e segni a focolaio.Esami di I° livello: s-GH, u-GH, p-Glucosio, s-Somatomedina C, s-PRL, Rx cranio-sella.- se i dati sono fuori dai parametri inviare acentro specializzato!

13) Protocollo diagnosticoper ipercalcemia

(Calcemia > 11 mg/dl o 2,8 mM/L e/o calcioione > 5,2 mg/dl)Sintomi guida: spesso asintomatica, astenia,disturbi psichici, dolori ossei, nausea, vomito,dolori addominali, calcolosi renale, assunzio-ne di Vit. D.Esami: s-Calcio, s-Calcio Ionizzato, s-Fosfatiinorganici, s-Fosfatasi Alcalina, s-Sodio,s - Potassio, s-Cloru ri, s-Magnesio, s-Prote i n etotali e Protidogramma, s-ALT, s-AST,s-Colesterolo, s-Trigliceridi, s-Ac. Urico,s-Creatinina, s-Creatinina Clearance, s-PTH,s-TSH, s-fT4, Es. Urina (pH), u-Calcio,u-Fosforo, u-Ac. Urico nelle 24h, Esame sedi-mento

14) Protocollo diagnosticoper ipocalcemia

(Calcemia < 8,5 mg/dl o 2,0 mM/L e/o calcioione < 4,3 mg/dl)

(controllare: calcio ionizzato approssimativo =Ca +[ 0,6 (4,5 - Albumina in gr)]Sintomi guida: parestesie, crisi tetaniche.Esami: s-Calcio, s-Calcio Ionizzato, s-Fosfatiinorganici, s-Fosfatasi Alcalina, s-Sodio,s-Potassio, s-Cloruri, s-Magnesio,s-Proteine totali e Protidogramma, s-ALT, s-AST, s-Colesterolo, s-Trigliceridi, s-Ac.Urico, s-Creatinina, s-Creatinina Clearance,Es.Urina (pH), u-Calcio, u-Fosforo, u-Ac. Uriconelle 24h

15) Protocollo diagnosticoper ipopituitarismo

Sintomi guida: arresto della crescita, ipogeni-talismo, imp otenza, irre g o l a rità mest ru a l i ,astenia, torpore, cute pallida/giallognola, ipo-trofia degli annessi cutanei, cefalea, ipotensio-ne saltuaria, ipoglicemia saltuaria.Esami di I° livello: s-Glucosio, s-Colesterolo, s-Trigliceridi, S-emocromo, s-Potassio, s-Sodio,s - C l o ru ri. s-LH, s-FSH, s-ACTH, s-PRL (2determinazioni a 20'), s-Testosterone (M),s-fT4, s-TSH, s-Cortisolo (ore 8 - 16), s-DEA-S,u-17 OH Corticosteroidi, u-17 Chetosteroidi,Rx cranio-sella.- se i dati sono fuori dai parametri inviare acentro specializzato!

16) Protocollo diagnosticoper sospetto iposurrenalismo

(insufficienza surrenalica)

Sintomi guida: ipotensione, astenia profonda,ta lvo l ta fe b b re eleva ta, iperp i g m e n ta z i o n e ,dimagrimento, nausea, vomito, caduta deicapelli e dei peli.Esami: S-emocromo, s-Glucosio, s-Potassio,s-Sodio, s-Cloruri, s-Calcio, s-Fosfati, s-Ureas-ACTH (aumentato o normale), s-Cortisolo(ore 8 - 16) (ridotto), s-DEA-S (ridotto), AttivitàReninica Plasmatica (aumentata)

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17) Protocollo diagnosticoper ipotiroidismo

Sintomi guida: astenia, pallore, freddo, varia-zione del tono della voce, invecchiamentocutaneo, gozzo, ipostaturismo nei bambini.Esami di I livello: s-TSH, s-fT4Orientamento di base:TSH > fT4 < f. primitivaTSH < fT4 < f. secondariaTSH > fT4 > resistenza perifericaEsami di II livello: TGAb, TPOAb, TSHAB

18) Protocollo diagnosticoper irsutismo

Sintomi guida: aumento della pelosità associa-ta o meno a turbe mestruali.Esami: s-LH, s-FSH, s-ACTH, s-PRL entro il 3°giorno del ciclo (2 determinazioni a 20'),s-Testosterone, s-DEA-S, s-17 OH progestero-ne, u-17 Chetosteroidi, RX cranio-sella, eco-grafia ovarica entro il 5° giorno del ciclo, regi-strazione temperatura basale per almeno 3cicli.

19) Protocollo diagnosticoper S. di Klinefelter

Sintomi guida: sindrome disgenetica XX0;fenotipo maschile, azoospermia, ridotto volu-me testicolare, frequente ginecomastia, fre-quente aumento di sviluppo scheletrico.Esami: s-FSH (aumentato), s-LH (aumentato),Spermiogramma, Sesso Cromatinico.

20) Protocollo diagnosticoper pubertà precoce

Sintomi guida: comparsa di segni di matura-zione sessuale prima degli 8 anni nelle femmi-ne e 9 anni nei maschi.VERA: anticipo di maturazione con pubertà

normale.PSEUDO: sviluppo dei soli caratteri sessualisenza maturazione gonadica.Esami: s-fT4, s-TSH, s-DEA-S, s-Testosterone(M), s-17 beta estradiolo, s-17 OH progestero-ne, s-beta HCG, u-Estrone-Glucuronide,u-Pregnantriolo-Glucuronide, Rx Mano-Polsoper età ossea.

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LA TERAPIA MEDICA IN TRICOLOGIATrichiatria

GENERALITÀa cura di Paolo Gigli

Iniziamo ora la vera Trichiatria: un esamedelle possibilità te ra p e u t i che attuali inTricologia.È evidente che a calvizie instaurata, quandosul cuoio capelluto rimane solo una coronci-na di capelli, nessuna terapia medica potràdare risultati in qualche modo soddisfacenti.È a tutt'oggi aleatorio pensare che una terapiamedica possa restituire la chioma ad un calvoo rinfoltire una testa gravemente diradata inmodo esteticamente apprezzabile. La terapiamedica sarà essenzialmente “te rapia deldefluvio” e mirerà soprattutto a conservare laquantità e la qualità dei capelli ancora pre-senti sul cuoio capelluto, anche se un parzia-le recupero è spesso, in qualche misura, pos-sibile in molti casi.È opportuno che il paziente cominci a curarei sui capelli precocemente, quando ancorasono presenti ma si accorge di andare incon-tro a calvizie.La terapia sarà presumibilmente lunga, talvol-ta anche decenni, e sarà spesso seguita edindirizzata con esami tricologici e con unafoto periodica.È anche opportuno non promettere mai alpaziente ciò che pensiamo di non poter man-tenere.Comunque è nostra convinzione che la perdi-ta dei capelli, di qualunque essa sia, possaessere quasi sempre contrastata, spesso ferma-ta e talvolta invertita, con terapia medica ade-guata e instaurata tempestivamente.

Quando si decida di intraprendere una tera-pia occorre ricordarsi, specie se il paziente èdi sesso femminile, che in caso di re a l e

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aumento della steroidogenesi (dimostrabileattraverso i dosaggi degli steroidi urinari edematici) deve essere considerata la possibilitàdi una patologia legata alla presenza di untumore ormonosecernente, di un difetto enzi-matico surrenalico, di un ovaio policisticoecc. L'anamnesi dovrà anche escludere causeiatrogene del defluvio come l'uso di preparatiormonali, anabolizzanti, antifecondativi, anti-coagulanti, inibito ri delle pro sta gl a n d i n e ,anfetaminici, citostatici ecc. Dovrà inoltreessere chiesto al paziente se è dimagrito (cono senza diete dimagranti), se soffre di disturbiintestinali, se fa uso di lassativi che possanocondizionare uno stato cronico di malassorbi-mento ecc. Saranno infine indagate quellemalattie che notoriamente possono provocareeffluvio, come il diabete, le leucosi, la lue ecc.Lo screening di base sarà indirizzato dallostato clinico e potrà comprendere: emocromo,VES, sideremia, magnesiemia, zinchemia, Ra-test, protidogramma, HBsAg, HCV, VDRL,LH, FSH, tiroxina, TSH, 17 OH progesterone,testosterone, DHEAS, prolattina, 17 ketoste-roidi urinari.

La terapia potrà essere effettuata per via gene-rale e locale.La terapia per via generale è spesso oggi pos-sibile ed efficace e dovrà mirare a correggerepatologie dermatologiche e/o squilibri endo-crino-metabolici che possano essere causa oconcausa di calvizie. La te rapia topica ècomunque ancora oggi un pilastro altrettantofondamentale su cui si basa la Tricologia.I farmaci usati nella terapia topica hanno lapossibilità, se liposolubili, di penetrare finoalla papilla e alla matrice del pelo in duemodi: per via tranfollicolare, seguendo inizial-mente il follicolo pilifero fino all'infundibuloper capillarità (a questo livello trovano laguaina epiteliale interna corneificata e rigidache, fusa con la guaina epiteliale esterna,

impedisce una ulteriore penetrazione) e suc-c e s s i va m e n te per diffusione attrave rso laghiandola sebacea; per via transcutanea, pas-sando attraverso gli strati dell'epidermide e lamembrana basale fino al derma papillare eprofondo.Le preparazioni ad uso topico devono averebuona capacità di penet razione, che saràtanto più spiccata quanto più bassa è la ten-sione superficiale del loro ve i c o l o .Preparazioni oleose o acquose hanno pertan-to scarsa capacità di penetrazione, essendodotate di alta tensione superficiale. Il solventemigliore per un farmaco topico ad uso tricolo-gico è ancora oggi l'etanolo a 60 - 70° chepotrebbe essere addizionato con un tensioatti-vo, come il Tween 80 o l'alchilamidobetaina, abassissima concentrazione (0,002%). L'acidoglicolico, noto alfa idrossiacido, diminuendola coesione dei corneociti ed assottigliando lostrato corneo, alla concentrazione del 1 - 2% èben tollerato e potrebbe anch'esso favorire lapenetrazione di principi attivi sciolti nellasoluzione.Un farmaco topico ideale per terapia tricolo-gica dovrebbe essere anche dotato di scarsapossibilità di assorbimento, cioè avere pocheprobabilità di entrare nella circolazione gene-rale per non determinare effetti sistemici.Esamineremo ora quelle che sono le possibili-tà terapeutiche attualmente a disposizione.

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SOSTANZE NATURALI UTILI PER LASALUTE DEI CAPELLI

a cura di Fabrizio Fantini

L'assunzione equilibrata di nutrienti, vitami-ne e oligoelementi è indispensabile per lasalute dei capelli. La calvizie comune ha, ingenere, la particolarità di avere un decorsolungo e graduale che può peggiorare a causadi infiammazioni, telogen effluvium e derma-tite seborroica, oltre che per effetto di un'ali-mentazione e di uno stile di vita inadeguati( c o n s i gliamo di legge re: Fantini Fa b ri z i o :“Prevenire e contrastare la caduta dei capel-li” Tecniche Nuove, 2005, Milano).Numerosi studi hanno dimostrato che alcuniestratti di piante officinali sono in grado diesercitare un'azione antinfiammatoria e anti-microbica ed anche di contrastare la 5-alfa-reduttasi, enzima responsabile della conver-sione del testosterone in diidrotestosterone(DHT) e che, come ormai sappiamo, è il mag-gior responsabile della calvizie comune e deldiradamento maschile dei capelli.Nella storia della medicina, migliaia di farma-ci sono stati sintetizzati a partire da sostanzenaturali ed ancora oggi numerosi ricercatorisi occupano di scandagliare impervie zonetropicali per scoprire nuove specie vegetaliche possano fornire nuovi principi attivi daisolare e riprodurre in laboratorio. Talvolta èperò impossibile sintetizzare chimicamente lenuove molecole scoperte e, poiché non si puòbrevettare una pianta o una sostanza natura-le (che sono patrimonio di tutti), molte voltemanca l'interesse ad investire gli ingenti capi-tali e le risorse che la ricerca richiede. Perquesto motivo raramente le piante officinalipossono vantare la stessa quantità di studicontrollati dei farmaci di sintesi. La sostanzanaturale, una volta stabilita la sua atossicità,presenta però il vantaggio di avere nella suacomposizione un complesso di principi attivi

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che possono agire in sinergia fra loro, deter-minando un'azione antinfiammatoria, antimi-crobica e antiseborroica. Si spiega così come,il più delle volte, la pianta officinale esercitiun'attività meno mirata che coinvolge più dis-turbi e patologie all'apparenza non collegati.La sua azione specifica è quindi sovente menoefficace e potente rispetto a quella di un far-maco che è stato creato per garantire la mas-sima efficacia ma può ugualmente rappresen-tare un valido supporto, soprattutto a livellopreventivo e magari in sinergia con altri trat-tamenti.Esistono sostanze naturali e principi alimen-tari che possono contribuire a mantenere sanii capelli. Il tè verde, i fitosteroli derivati dapiante quali Serenoa repens (palma nanaseghettata), pygeum africanum (prugno afri-cano), l'ortica e la soia contrastano l'azionedel DHT. Altre sostanze, per esempio la vita-mina B6, lo zinco e l'acido azelaico, bloccanola 5-alfa-reduttasi a livello topico. Gli estrattidel seme d'uva e dell'orzo possiedono la pro-prietà di agire sulla riepitelizzazione e sull'in-duzione della fase di crescita del capello. Ilgerme di grano e il lievito di birra possonocostituire una valida integrazione di aminoa-cidi, vitamine, oligoelementi e antiossidanti.Il Ginseng, invece, può aiutare nei momentidi intenso stress fisico e mentale.Alcuni auto ri ipotizzano che i fi to ste ro l iestratti da alcuni vegetali, di cui è stata dimo-strata l'efficacia nel trattamento dell'ipertro-fia prostatica, potrebbero essere utili ancheper la calvizie comune ed auspicano che ven-gano effettuati studi clinici contro l l a t i(Prager, 2002). Il preparato topico di betasito-sterina, estratto dalla serenoa repens, potreb-be essere promettente, in quanto capace con-temporaneamente di inibire la 5-alfa-redutta-si e di occupare i recettori cellulari del diidro-testosterone e degli estrogeni.Le sostanze naturali possono essere utili per

la salute dei capelli a condizione che il loroimpiego avvenga con la supervisione di unbravo specialista e che si abbiano garanziesulle modalità di estrazione dei principi attivi.In questo paragrafo descriviamo una serie diprincipi attivi di origine vegetale potenzial-mente utili in Tricologia. Il loro utilizzo nondeve sostituire la terapia medica, ma puòcostituire una valida e benefica integrazioneper la salute dei capelli.Anche le sostanze di origine naturale possonoavere, pur se meno frequentemente, effetticollaterali e interazioni con i farmaci di sinte-si; proprio per tale ragione è importante sem-pre affidarsi ad un bravo medico.

Serenoa repens

La serenoa repens è una delle piante officina-li più usate per alleviare i sintomi dell'ipertro-fia prostatica benigna. Si tratta di una palmanana che forma densi agglomerati nei terrenisabbiosi e aridi delle zone subtropicali e meri-dionali degli Stati Uniti. Le popolazioni indi-gene americane ne utilizzavano le bacchecome tonico, per regolare la minzione e con-trastare alcuni disturbi della sfera sessuale. Èstato dimostrato che i suoi componenti princi-pali, fitosteroli ed acidi grassi, sono efficacinella cura dell'ipertrofia prostatica benigna.Come si è già detto, l'ipertrofia prostatica e l'a-lopecia androgenetica sono patologie affini,in quanto entrambe correlate all'azione deldiidrotestosterone (DHT) sulla ghiandola pro-statica e sul follicolo pilifero. La serenoarepens ha dimostrato un'attività inibente sulla5-alfa-reduttasi, enzima che catalizza la pro-duzione di DHT. La sua azione è per moltiversi simile a quella della finasteride, farmacousato per curare sia l'iperplasia prostatica chel'alopecia androgenetica. La sua efficacia èdovuta ad un'azione antiandrogena selettiva a

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livello dei recettori periferici, senza interfe-renza con le ghiandole endocrine.I numerosi studi sull'efficacia di sere n o arepens nell'ipertrofia prostatica benigna per-mettono di monitorare gli eventuali effetti col-laterali dei suoi principi attivi, che in ognicaso sono assai rari. Non si sono riscontraticali della libido o problemi della sfera sessua-le. Ta lvo l ta possono manife sta rsi dist u r b igastrointestinali se non assunta a stomacopieno.I risultati clinici confermano l'efficacia dellaserenoa repens nell'alleviare i sintomi dell'i-pertrofia prostatica, con un miglioramentodella qualità di vita e un riequilibrio del flus-so urinario. È importante che le capsuleabbiano una concentrazione titolata di acidigrassi e fitosteroli superiore all'85%.

Meccanismi d'azione della serenoa repens- Contrasta la produzione del diidrotestostero-ne.La serenoa repens inibisce entrambi i coenzi-mi della 5-alfa-reduttasi (tipo 1 e 2), sia nellecellule epiteliali prostatiche sia nelle cellulefollicolari umane, riducendo di fatto la produ-zione di DHT a partire da testosterone.- Impedisce al DHT di legarsi ai recettori dellecellule del follicolo pilosebaceo.Il DHT, una volta prodotto a partire dal testo-sterone, si lega a un recettore delle cellule deifollicoli piliferi. Alcuni fitosteroli, come labetasitosterina, presenti nell'estratto di sere-noa repens, entrano in competizione con ilDHT per legarsi a tali recettori e inattivare inparte l'azione di questo ormone.- Svolge un'azione antinfiammatoria.Alcuni componenti della pianta inibiscono laciclossigenasi, enzima fondamentale per lap roduzione di pro sta glandine, perta n to las e renoa repens eserc i ta anche un'azioneantinfiammatoria.- Ha una blanda azione estrogenosimile.

La betasitosterina, dopo l'inattivazione parzia-le della 5-alfa-reduttasi, si aromatizza, com-portandosi come un estrogeno debole. Lablanda stimolazione estrogenica può, per atti-vazione dell'adenilciclasi di membrana, stimo-lare le mitosi della matrice, contribuire almantenimento dell'anagen ed all'ottimizzazio-ne della fase catagen.La serenoa repens, a differenza della finaste-ride, non modifica i valori dell'antigene pro-statico specifico (PSA). Sembra inoltre chenon alteri il quadro ormonale sistemico, néprovochi disfunzione erettile.Per quanto riguarda l'azione topica, varielozioni tricocosmetiche l'annoverano tra i lorocomponenti.

ConclusioniSerenoa repens è un fitocomplesso presentein commercio sia come specialità medicinalesia come preparato erboristico, con differenzenella percentuale dei principi attivi.Gli studi clinici sull'ipertrofia prostatica chene confermano la buona tollerabilità sonostati effettuati con dosaggi compresi tra 160 e320 mg/die (estratto secco titolato con acidigrassi e fi to ste roli superi o ri all'85%). Hadimostrato di inibire la 5-alfa-reduttasi di tipo1 e 2, pertanto può essere utile per contrasta-re la calvizie comune. Sotto forma di capsulela serenoa repens va utilizzata a dosaggi chevariano tra 90 e 320 mg/die.

Pygeum africanum

Pygeum africanum, il prugno africano, è unalbero sempreverde le cui proprietà benefichesul tratto urinario erano già note alle popola-zioni indigene africane. I principi attivi che siestraggono dalla corteccia sono acidi grassi,steroli come la betasitosterina, triterpeni edue alcoli, il tetracosanolo e il dodecosanolo.

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L'American Journal of Medicine ha di recen-te pubblicato una raccolta di tutti i risultatidisponibili riguardanti 18 trial sull'efficaciadi pygeum africanum: i dati hanno conferma-to che l'estratto determina un riequilibrio delflusso urinario e della sintomatologia irritati-va nel paziente con ipertrofia prostatica.L'azione antiandrogena periferica è simile aquella della serenoa repens, in quanto tra isuoi componenti fi g u ra la beta s i to ste ri n a ,molecola che inibisce la 5-alfa-reduttasi. I tri-terpeni pentaciclici, agendo sull'enzima 5-alfa-lipossigenasi, sono probabilmente respon-sabili di una riduzione nella produzione dil e u c ot rieni, mediato ri dell'infi a m m a z i o n enella dermatite atopica e nella psoriasi.

Meccanismi d'azione del pygeum africanum- Inibizione della 5-alfa-reduttasi.- Azione antagonista recettoriale a livello peri-ferico.- Azione antileucotrienica.- Debole azione similestrogenica.

ConclusioniPygeum africanum è stato spesso studiato inassociazione con l'ortica: l'utilizzo combinatodei due fitocomplessi risulta più efficace. Ilp re p a ra to dov rebbe essere somminist ra tocome estratto liofilizzato con il 30% di compo-nenti lipidici e con una titolazione di n-dode-cosanolo allo 0,4%.Sono disponibili in commercio compresse ocapsule i cui dosaggi variano da 60 a 200 mgal giorno.

Tè verde (Camellia sinensis)

Nella produzione del tè verde, al contrario deltè normale, le foglie non subiscono fermenta-zione, perché dopo l'essiccazione con aria

calda questa viene bloccata mediante torrefa-zione. Si conserva, così, una maggior quanti-tà di sostanze e vitamine antiossidanti. I prin-cipali antiossidanti sono i flavonoidi, numero-se vitamine, i microelementi quali lo zinco eil ferro e soprattutto le catechine, polifenolicaratterizzati da una potente azione antiossi-dante.Gli studi di labora to rio svolti dal dot to rH i rota Fujiuki, dell'Ist i t u to Saitama diRicerca sul Cancro a Komuro (Giappone),hanno dimostrato che il tè verde è un forteantiossidante e inibitore della crescita dellecellule tumorali. La bassa percentuale di casidi tumore della prostata nella popolazionecinese, correlata all'assunzione di tè verde,sembra confermare le proprietà benefiche diquesta pianta medicinale. Uno studio condot-to presso il Medical College di Calcutta ha evi-denziato che il tè verde è in grado di ridurreil colesterolo e di contrastare l'infarto cardia-co.I principi attivi del tè verde hanno proprietàantinfiammatorie e antimicrobiche: secondouno studio dell'Università di Tokyo, contrasta-no l'insorgenza della carie dentale tramiteun'attività batte ricida sullo St re pto c o c c u smutans. Il tè verde, inoltre, contiene epigallo-catechina-3-gallato ed epicatechina-3-gallato:queste due sostanze sono tannini che hannoun'azione di tipo non steroideo e bloccano,con un meccanismo non competitivo, le attivi-tà della 5-alfa-reduttasi di tipo 1. Il tè verde haquindi una potenziale attività antiandrogenasoprattutto a livello della ghiandola sebacea.Quest'azione sulla ghiandola sebacea permet-te di ipotizzare un effetto di modulazione eriequilibrio della produzione di sebo, anchese ciò non è dimostrato a livello topico, comedel resto attualmente succede per quasi tuttele sostanze antiandrogene non ormonali uti-lizzate comunemente nei trattamenti cosmeti-ci.

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Meccanismi d'azione del tè verde- Inibisce la 5-alfa-reduttasi di tipo 1L'inibizione è più evidente a livello dellaghiandola sebacea. Contra sta l'azione delDHT che, prodotto in eccesso, provoca unaumento della secrezione di sebo e soprattut-to uno squilibrio nei suoi componenti.- Svolge una potente azione antiossidante.L'epigallocatechina-3-gallato (EGCG), lo stessopolifenolo in grado di contrastare l'azionedella 5-alfa - re d u t tasi, è pro b a b i l m e n te lasostanza capace di una forte azione antiossi-dante, sia in vitro sia in alcuni studi in vivo. Iltè verde è in grado di inattivare alcuni agenticancerogeni, come le nitrosammine e certiidrocarburi aromatici.- Stimola l'irrorazione sanguigna e la rigenera-zione della pelle.- Esercita un'azione antinfiammatoria e anti-microbica.- Svolge una moderata attività di riduzione deltasso di colesterolo nel sangue.- È un utile integratore di vitamina C, ferro,zinco, fluoro e altri importanti oligoelementi.

Il tè verde non ha effetti collaterali. Il conte-nuto di caffeina è nettamente inferiore rispet-to sia ad altre varietà di tè sia al caffè. È moltoimportante che sia bevuto tiepido, in quanto,in generale, il calore eccessivo disattiva la vita-mina C e l'assunzione di bevande troppo calde(a temperature che variano dai 55 ai 70 °C)potrebbe essere dannosa per la mucosa esofa-gea.Il tè verde è disponibile anche in forma dicapsule e compresse.

ConclusioniIl tè verde inibisce selettivamente l'isoenzimadi tipo 1 della 5-alfa-reduttasi con un mecca-nismo di tipo non steroideo, quindi contrastal'azione del DHT a livello della ghiandolasebacea.

È una bevanda ricca di sostanze e vitamineantiossidanti che dovrebbe essere sempre pre-sente in una dieta ideale, anche per il suominor contenuto di caffeina rispetto sia al tènormale sia al caffè.Studi di laboratorio hanno dimostrato che iltè verde è un inibitore della crescita delle cel-lule tumorali. Altri studi consentono di ipotiz-zare un'azione antinfiammatoria, antimicro-bica, di riduzione del colesterolo e degli even-ti cardiovascolari.

Acidi grassi polinsaturi omega 3

I benefici effetti biologici degli omega 3 sonostati scoperti studiando il rischio cardiovasco-lare di popolazioni eschimesi che consumava-no notevoli quantità di pesce azzurro, salmo-ne e merluzzo. Le stesse popolazioni emigratein Paesi industrializzati, che avevano abban-donato le abitudini alimentari tradizionali,presentavano un maggior rischio cardiovasco-lare e un'incidenza più elevata di dermatiteatopica e psoriasi, malattie cutanee rare neglieschimesi.

Gli acidi grassi omega 3 sono fondamentaliper ot t i m i z z a re i messaggi ormonali delcorpo, in quanto precursori degli eicosanoidi“buoni”, meno infiammatori e maggiormenteva s o d i l a ta to ri. Gli acidi grassi polinsaturisono sostanze cosiddette “essenziali” perchél'organismo non è in grado di produrle e deveintrodurle mediante l'alimentazione.

Meccanismi d'azione degli omega 3- Inibiscono la 5-alfa-reduttasi di tipo 1 e 2grazie all'acido linolenico.- Sono componenti fondamentali delle mem-brane biologiche e del tessuto epiteliale.- Sono costituenti del film idrolipidico, fonda-mentale per l'integrità della pelle e del cuoio

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capelluto.- Esercitano un'azione antinfiammatoria.- Inducono una riduzione del tasso dei trigli-ceridi nel sangue.- Svolgono un'azione vasodilatatoria e antiarit-mogena.

Gli acidi grassi polinsaturi, grazie a un mecca-nismo di inibizione dell'attività della 5-alfa-reduttasi, esplicano anch'essi una parzialeazione antiandrogena e contribuiscono allaformazione del film idrolipidico da partedelle ghiandole sebacee e sudoripare sia sullacute sia sul cuoio capelluto.

ConclusioniL'acido linolenico (ALA) è un inibitore della5-alfa-reduttasi di tipo1 e 2 ed ha dimostrato,in vitro, di ridurre la produzione di diidrote-stosterone. È utilizzato come ingrediente dialcune lozioni cosmetiche, proprio in virtù ditale azione antiandrogena, sebbene per ilmomento non vi siano studi attendibili sull'ef-ficacia del preparato topico.La nostra dieta è spesso povera di questes o stanze, che svolgono numerose attivitàbenefiche riducendo sia i trigliceridi sia ilri s chio card i ova s c o l a re, perciò, a maggiorragione, dovremmo assumerle in adeguataquantità. L'American Heart Association hadivulgato linee guida alimentari per prevenirela mortalità cardiovascolare, consigliando diconsumare almeno due porzioni di pescegrasso alla settimana, frutta secca (per esem-pio, noci) e oli vegetali ricchi di acido linole-nico. È risaputo inoltre che in molte affezionicutanee, quali la dermatite e la psoriasi, lacomposizione del sebo cutaneo subisce unosquilibrio nei suoi componenti e in tal casogli omega 3 possono ristabilire le percentualidi acidi grassi ideali per l'integrità della fun-zionalità epiteliale.Sono disponibili numerosi preparati a base di

omega 3, con differenti concentrazioni diacidi grassi. Nei casi di elevati tassi di triglice-ridi nel post infarto si possono utilizzare lecapsule da 1 g, che devono contenere acidigrassi polinsaturi con una percentuale diacido linolenico e docosaenoico non inferioreall'85%; la loro assunzione deve comunqueavvenire sotto controllo medico.

Soia

La soia è un legume conosciuto da millenni esono ormai noti i suoi effetti benefici sullasalute in generale e sui capelli. I suoi semi,che rientrano nell'alimentazione di base dellepopolazioni orientali, contengono una mag-g i o re percentuale di proteine (40%) conbuone quantità di aminoacidi essenzialirispetto agli altri legumi. La soia apportaanche quantità apprezzabili di vitamine, glu-cidi, lipidi e sali minerali.Altri suoi componenti sono gli isoflavoni, chesi comportano come fitoestrogeni: genisteina,daidzeina, glyciteina, biocanina e formonone-tina. Ben il 90% dei sui grassi è rappresenta-to da acidi grassi insaturi, altra caratteristicache rende la soia un alimento prezioso.La soia esercita un'azione antiossidante eriduce il colesterolo. Nelle popolazioni che sinutrono abitualmente di soia si è osservatauna minor incidenza di disturbi della meno-pausa, di cancro della mammella, del colon edi patologie cardiovascolari. Le donne asiati-che che si sono trasferite negli Stati Uniti ehanno abbandonato l'alimentazione tradizio-nale hanno acquisito la stessa percentuale dirischio per queste malattie delle coetaneeoccidentali. Lo stesso “Progetto Diana”, effet-tuato dall'Istituto Nazionale per lo Studio e laCura dei Tumori di Milano, ha evidenziatoche una dieta ricca di soia ed omega 3 e pove-ra di grassi saturi e glucidi con alto indice gli-

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cemico, è in grado di ridurre alcuni dei prin-cipali fattori di rischio per il cancro dellamammella.La genisteina ha dimostrato di contrastare laproliferazione delle cellule tumorali prostati-che in coltura. Gli isoflavoni agiscono comedeboli estrogeni aumentando la quantità diSHBG circolante. La daidzeina, altro fitoe-strogeno della soia, è convertito dalla floraintestinale nel suo metabolita più importante,l'equol; studi svolti dal Dipartimento delleR i c e rche Biomediche dell'Un i ve rsità delColorado (Stati Uniti) hanno comprovato chel'equol riesce a bloccare l'attività del DHToccupandone il recettore. Senza dubbio lasoia può considerarsi potenzialmente utileper combattere gli effetti negativi del DHT sulciclo del capello e sull'ipertrofia della prosta-ta.In fitoterapia si utilizzano integratori condosaggi di isoflavoni variabili tra 60 e 100 mg,che nel nostro caso vanno assunti solo dopoaver consultato uno specialista, perché gliestratti della soia possono interferire con lafisiologia del ciclo mestruale e con alcuni far-maci come il tamoxifene oltre ad alterare losviluppo delle ghiandole endocrine del feto.Nell'alimentazione si impiegano i semi, chevanno prima messi a bagno in abbondanteacqua per varie ore. Dopo aver scolato l'acquad'ammollo, si fanno cuocere a fuoco lento e ategame coperto.

Zinco, Acido Azelaico, Vitamina B6

Lo zinco, l'acido azelaico e la vitamina B6hanno dimostrato di inibire l'azione della 5-alfa-reduttasi nella pelle umana, quindi si pos-sono considera re pote n z i a l m e n te utili perridurre gli effetti negativi del DHT.Il piridossale, una delle tre forme della vitami-na B6, ha la capacità di inibire la conversione

del testosterone in DHT a livello del follicolopilifero. La vitamina B6 è altresì coinvolta nelmetabolismo degli acidi grassi e modula inparte la secrezione del sebo; potenzia l'effettoantiandrogeno dello zinco e insieme diminui-scono la concentrazione di DHT in circolo.Studi scientifici hanno dimost ra to comeanche lo zinco eserciti un'azione inibitricedella 5-alfa-reduttasi, proteggendo il follicoloe la prostata dagli effetti del diidrotestostero-ne. La sua quantità negli alimenti è minima eciò giustifica una sua supplementazione. Ilfabbisogno giornaliero è di 15 mg; per ottene-re un'azione inibente la 5-alfa-reduttasi, lozinco può essere assunto per sei mesi a dosag-gi maggiori, sempre sotto controllo medico. Inquesti casi occorre controllare l'assorbimentointestinale di rame, che potrebbe essere ridot-to da un eccesso di zinco.Anche l'acido azelaico ha dimostrato di inibi-re localmente la conversione del testosteronein diidrotestosterone. Esercita inoltre un'azio-ne antimicrobica, antinfiammatoria e inter-viene nei processi di cheratinizzazione. Fontinaturali di acido azelaico sono il germe digrano e la segale.

Uno studio conferma un'ulteriore efficaciasull'inibizione della 5-alfa-reduttasi a livellodella pelle umana (fino al 90%) da parte dellozinco, della vitamina B6 e dell'acido azelaicoin associazione.

Vite ed estratto del seme d'uva

L'uva è uno degli alimenti con maggior valorenutritivo. È infatti ricca di vitamine B1, B2, Ae C e di sali minerali quali il magnesio, ilfosforo, il calcio, il potassio, il fluoro. Il chic-co d'uva ha tra i suoi costituenti anche gliacidi grassi polinsaturi, i flavonoidi, gli anto-ciani, i tannini e il resveratrolo, una sostanza

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antiossidante, antimutagena e con attività difitoestrogeno.I proantociani sono sostanze idrosolubili pre-senti nel seme d'uva e conferiscono il colorescuro a vari tipi di frutta. Contribuiscono amantenere l'integrità dell'endotelio, aumenta-no il colesterolo “buono” (HDL), giovano almicrocircolo sanguigno e sono potenzialmen-te utili per contrastare l'insufficienza venosa el'azione dannosa dei radicali liberi.In virtù delle caratteristiche dei suoi costi-tuenti, oltre che per la vinificazione e per lequalità di frutto gustoso e salutare, l'uva è uti-lizzata anche dalla fitoterapia moderna.In fitoterapia va usato l'estratto secco standar-dizzato del seme e del frutto con titolazionedelle proantocianidine al 95 - 98% e del resve-ratrolo allo 0,1%, con dosaggi che variano da200 a 400 mg. L'estratto secco ha dimostratodi promuovere, in vitro, la proliferazionedelle cellule epiteliali del ratto e, in vivo, diattivare lo sviluppo del follicolo del ratto.Sono inoltre disponibili studi sulla buona tol-lerabilità del preparato topico.

Orzo e procianidine B2 e B3

L'orzo è una delle piante più antiche coltivatedall'uomo e i suoi semi sono racchiusi in spi-ghe tipiche delle Graminacee, ricco di fosforoe amido ha proprietà antinfiammatorie edemollienti.L'orzo può costituire una valida alternativa alcaffè in quanto ha buone qualità nutritive enon stimola in modo eccessivo il sistema ner-voso. Nell'orzo sono presenti anche i proanto-ciani, sostanze che sembra possano promuo-vere la crescita delle cellule epiteliali in vitroe indurre l'anagen in vivo.La procianidina B3 isolata nell'orzo sembraessere un agente stimolante la crescita deicapelli.

Conclusioni sulle procianidine B2 e B3Gli studi su queste sostanze naturali sonoancora all'inizio.Le procianidine B2 e B3 sono sostanze poten-zialmente utili perché sembrano in grado siadi promuovere la fase anagen del capello siadi protrarne la durata; favoriscono, quindi,un ciclo di crescita normale. I loro estrattifigurano tra gli ingredienti di varie lozioni eshampoo.

Ginseng (Panax Ginseng)

Il panax ginseng è una delle piante asiatichepiù apprezzate per le sue qualità. La sua radi-ce presenta una singolare conformazione chericorda la figura umana e per tale motivo lapianta viene anche chiamata “radice d'uo-mo”.Il ginseng è considerato un “adattogeno” pereccellenza, in qu a n to eserc i ta un'attivitàarmonizzante sui sistemi nervoso ed endocri-no. Numerosi studi di ricercatori russi e tede-schi hanno dimostrato che è in grado diaumentare le difese dell'organismo, miglio-rando la risposta allo stress fisico e mentale.I suoi costituenti principali sono saponine (iginsenoidi) che hanno una struttura ormono-simile. Alcuni di essi (Rg1) agiscono sull'asseipotalamo-ipofisi-surreni modulando il siste-ma che regola lo stress. In questo modo gliormoni dello stress vengono stimolati con l'in-tensità giusta e al momento opportuno e inseguito riequilibrati nelle loro concentrazioniematiche.Il ginseng è anche un efficace antiastenicofisico e psichico, riduce i tassi ematici di cole-sterolo e trigliceridi, potenzia le difese immu-nitarie. È stata riscontrata anche un'azionerivitalizzante sull'epidermide, con migliora-mento del microcircolo cutaneo. Alcuni fito-steroli del ginseng gli conferiscono anche

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un'attività estrogeno-simile.Il ginseng può essere assunto come antistressoccasionale, per qualche giorno, oppure perun periodo di un mese. Occorre utilizzare l'e-stratto secco standardizzato in ginsenoidi al10 - 15%, a dosaggi che variano tra i 160 e i240 mg al giorno.Il ginseng è annoverato dalla FDA americanatra le piante medicinali considerate sicure. Lasua assunzione è controindicata nei soggettinervosi, iperattivi e ipertesi, nei bambini dietà inferiore a 12 anni e in gravidanza. Se nesconsiglia la somministrazione anche in corsodi terapia con anticoagulanti (warfarin) e anti-depressivi.È importante contrastare lo stress per evitarel'insorgenza di molti disturbi e patologie. Ilginseng non agisce direttamente su una deter-minata malattia, ma ha la capacità di esercita-re un'azione aspecifica sulle risposte di difesadell'organismo, stimolando il sistema immu-n i ta rio e modulando la produzione degl iormoni dello stress.Lo stress può causare la perdita dei capelli,perciò l'utilizzo appropriato del ginseng perb revi periodi può contri b u i re a supera remomenti di difficoltà fisica o psichica e costi-tuire un valido supporto alle strategie di tera-pia tricologica.

Lievito di birra e germe di grano

Il lievito di birra è indubbiamente utile per lasalute della pelle e dei capelli, in quanto costi-tuisce una buona fonte di vitamine del grup-po B e di importanti sali minerali, come ilferro e il magnesio. Grazie a queste caratteri-stiche svolge anche un'azione ricostituente,d i s i n to s s i c a n te e antianemica. Ricord i a m oche uno stile di vita stressante e un'alimenta-zione scorretta possono spesso causare parzia-li carenze vitaminiche e soprattutto di sali

minerali quali lo zinco, il ferro e il selenio. Illievito di birra è una fonte naturale e prezio-sa di tali sostanze, importanti anche per inostri capelli.Il germe di grano può costituire un'ulterioreintegrazione di sostanze preziose per l'organi-smo e i capelli. Tra i suoi componenti annove-ra sali minerali, aminoacidi e numerose vita-mine del gruppo B, tra cui l'acido folico.

Ortica (Urtica Dioica)

L'ortica è un antico rimedio per la cura deicapelli. Conosciuta da sempre per le sue pro-p ri età depura t i ve e antinfi a m m a to rie, hadimostrato di contenere principi tricologiciattivi. La pianta è alta circa un metro ed ècaratterizzata dalla disposizione opposta dellefoglie dotate di peli urticanti nella parte infe-riore. Vive ai margini di sentieri e pietraie edè presente in tutta la macchia mediterranea.Le parti utilizzate sono le radici e le foglie. Leradici contengono fitosteroli quali la betasito-sterina, in grado di inibire la formazione did i i d rote sto ste rone. Studi scientifici hannoconfermato l'efficacia dell'ortica nell'ipertro-fia prostatica in associazione con pygeum afri-canum e serenoa repens.La pianta è ricca di clorofilla, acido gallico,istamina, acetilcolina, carotene, vitamina Ced oligoelementi (silicio, ferro, potassio, cal-cio, manganese ecc.). L'istamina è probabil-mente in grado di attivare l'adenilciclasi dimembrana e quindi l'AMP ciclico, promuo-vendo la sintesi di energia.Le radici contengono anche polifenoli, ligna-ni e lectani, sostanze ad azione antiossidante.

Meccanismi d'azione dell'ortica- Inibizione della 5-alfa-reduttasi.- Azione antinfiammatoria e rimineralizzante.- Azione antiossidante.

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Conclusioni

L ' o rtica svo l ge un'azione ri v i ta l i z z a n te sulcuoio capelluto ed è impiegata spesso neglishampoo e nelle lozioni tonificanti per capel-li. Le radici hanno proprietà antiforfora eantiseborrea. Si utilizza anche in capsule ocompresse con dosaggi da 50 a 100 mg, di soli-to in associazione con pygeum africanum.Non esistono studi specifici sull'efficacia del-l'ortica nelle patologie del capello, tuttavia labetasitosterina ha dimostrato di ridurre la for-mazione di DHT.L'ortica, fin dai tempi antichi, è stata la pian-ta più usata per preparare decotti, infusi eimpacchi per la cura dei capelli.La Urtica Dioica si trova facilmente in erbori-steria. Sono disponibili in commercio anchelozioni pronte per l'uso e la tintura madre pereseguire frizioni anticaduta.

Boehmeria Nipononiveaa cura di Daniele Campo

La boehmeria nipononivea o niponivea koidzè denominata anche kara-musi, karamushi okogane kushi ed appartiene alla famiglia delleUrticaceae. È una pianta perenne originariadel Giappone che cresce sui suoli boscosi finoad un'altezza di 1,5 m le cui foglie sono simi-li a quelle dell'ortica, da qui il nome inglese di“false nettle” cioè falsa ortica, ma non possie-dono peli urticanti. Le foglie sono verdi nellaparte superiore e bianche nella parte inferio-re. I fusti fibrosi sono usati per produrrecarta o abiti. I fiori sono dioici.Non sono noti usi particolari per questa pian-ta e nella medicina popolare viene considera-ta diuretica ed emmenagoga. Le foglie e leradici sono considerate edibili se cotte.La boehmeria nipononivea è una sottospeciedella boehmeria nivea. Tra le specie di boeh-

meria esitono la b. cylindrica, b. japonica, b.macrophylla, b. malabaric, b. platyphylla, b.spicata, b. tricuspiss, b. Boehemeria e la b.nivea che è conosciuta come ramie o ramia edè utilizzata per la produzione di fibre tessili.

Nello studio effettuato sulla boehmeria nipo-nonivea per stabilire le capacità sulla ricresci-ta del pelo dei topi sono stati identificati equ a n t i ficati, nell'est ra t to in acetone dellapianta, degli acidi grassi polinsaturi quali l'al-fa-linolenico, linoleico, palmitico, elaidico,oleico e stearico che hanno azione inibitorianei confronti dell'enzima 5-alfa-reduttasi. Ilcontenuto di questi acidi grassi nella boehme-ria nipononivea è stato confrontato con altrespecie di piante, ed appare essere uno dei piùelevati con un valore attorno al 15% in pesonell'estratto in acetone.

Studi di competizione enzimatica in vitrosulla 5-alfa-reduttasi confermano come certiacidi polinsaturi (alfa, ga m m a - l i n o l e n i c o )siano in grado di inibire l'attività dell'enzima.L'estratto di boehmeria nipononivea ha unapotente attività inibitoria sulla 5-alfa-redutta-si e promuove la ricrescita del pelo nei topi. Ilblocco sull'enzima avviene per via non ormo-nale (come quello della fi n a ste ride), mamediante la modificazione della matrice lipi-dica della membrana cellulare; in tal modol'azione di inibizione dell'enzima non coinvol-ge un meccanismo competitivo verso il testo-sterone e si annulla il rischio di effetti collate-rali.L'attività sulla 5-alfa-reduttasi è da imputarsialla presenza di 6 acidi grassi (alfa-linolenico,linoleico, palmitico e in minor quantità elai-dico, oleico e stearico) mentre l'attività dell'e-stratto di boehmeria nipononivea sulla ricre-scita del pelo è stata attribuita anche alla pre-senza di altri fitocostituenti non identificati.Confermando studi precedenti, è stato verifi-

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cato che nelle frazioni di estratto di boehme-ria nipononivea l'acido alfa-linolenico, linolei-co e oleico sono tra i più attivi nell'inibire la5-alfa-reduttasi. Importante è notare che ilmodello animale usato per l'esperimento nonha una calvizie androgeno-dipendente ed èstata solo misurata la facilitazione alla ricre-s c i ta di pelo pre d e c e n te m e n te ra s a to. Laragione dell'induzione della crescita del pelonei topi non è del tutto chiara ma è stata attri-buita in particolar modo all'acido alfa-linole-nico, elaidico e stearico, e certamente l'altocontenuto in acidi grassi inibitori della 5-alfa-reduttasi nella boehmeria nipononivea, ren-dono questa pianta il candidato ideale perpreparazioni stimolanti la crescita del capello.

La boehmeria nipononivea si utilizza in cap-sule per uso orale da 200 - 250 mg.

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SOSTANZE TERAPEUTICHE ATTUALIIN TRICOLOGIA

Estrogeni

Gli effetti degli estrogeni sui capelli sono benconosciuti e dimostrati anche clinicamente daquello che avviene in gravidanza, quando ifollicoli prolungano l'anagen ed il numero deitelogen si riduce notevolmente. La proprietàdegli estrogeni di prolungare l'anagen spiegaanche la caduta dei capelli che si osservadopo il parto, quando i follicoli che non eranoandati in telogen durante la gravidanza lofanno tutti contemporaneamente con un tipi-co effluvio. In menopausa, quando crollano ilivelli di estrogeni, si osserva spesso perdita ediradamento dei capelli con comparsa di alo-pecia carenziale.Benché siano stati identificati nelle urine didonne gravide oltre 30 steroidi ad attivitàestrogenica, ed almeno 10 siano presenti nelleurine di donne in età fertile al di fuori dellagravidanza, nella pratica clinica hanno impor-tanza solo tre classici estrogeni: estrone (E1),estradiolo (E2), estriolo (E3).L'estradiolo si trova in equilibrio nel plasmacon l'estrone e i due steroidi sono tra lorointerconvertibili; l'estrone può convertirsi inestradiolo irreversibilmente. Nella donna inetà fertile oltre il 90% degli estrogeni ovaricisono secreti come estradiolo che è anche losteroide di gran lunga più potente del gruppo.Per spiegare gli effetti degli estrogeni suicapelli si è pensanto alla loro capacità di dimi-nuire la quota libera e attiva di testosteronenel plasma, favorendo la produzione epaticadi Sex Hormone Binding Globulin (SHBG)ma, come det to pre c e d e n te m e n te, qu e stoeffetto può avere solo una importanza margi-nale; si può pensare che stimolando la produ-zione del fattore di crescita per l'endoteliovascolare (VEGF) inducano il prolungamento

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dell'anagen e la proliferazione delle celluledella papilla dermica. Sappiamo comunqueche a livello del follicolo del capello l'estrone(non l'estradiolo) attiva l'adenilciclasi dellecellule della matrice e della papilla. Finita lafase anagen, fin dall'inizio del catagen, i folli-coli trasformano androstenedione ed estradio-lo in estrone, con aumento delle concentrazio-ni di cAMP fino a dare il via ad una nuovafase anagen ed attivando le cellule staminalidel bulge. I follicoli in anagen produconoinvece diidrotestosterone da testosterone, coninibizione della adenilciclasi e calo dei livellidi cAMP fino a portare il follicolo in catagened il capello in telogen.Un primo tentativo terapeutico del defluvio intelogen carenziale ed androgenetico, riservatoal sesso femminile, potrà basarsi sull'uso diestrogeni per via generale. L'etinilestradioloviene somministrato di norma dal 5° al 21°giorno del ciclo a dosaggi variabili da 0,01 a0,1 mg pro die. Gli estrogeni coniugati vengo-no somministrati a dosi variabili da 0,625 a2,50 mg pro die. Notiamo che questi dosaggi(specie se si considera che l'effetto biologicodell'etinilestradiolo è almeno 10 volte superio-re a quello dell'estradiolo naturale) sono piut-tosto alti paragonati alla quantità fisiologicadegli estrogeni secreta giornalmente dall'o-vaio, che varia, a seconda dei diversi momen-ti del ciclo, da 0,15 mg a 0,5 mg/die (estradio-lo: 0,08 - 0,25; estrone: 0,11 - 0,24). Questidosaggi soprafisiologici possono dar luogo adeffetti secondari: metrorragie, melasma delviso, candidosi vaginale, disturbi vascolariecc. La te rapia orale con est ro geni nelladonna fertile verrà quindi consigliata solo inassociazione con progestinici, con netta ridu-zione degli effetti secondari.Se però consideriamo che il comparto ormo-nale dei follicoli dei capelli non è il compartoematico ci rendiamo conto che, in Tricologia,la principale via di somministrazione degli

estrogeni deve essere la via topica. La terapiatopica con estrogeni, un tempo proscritta,merita una attenta riconsiderazione e unarevisione. Gli estrogeni sono dotati di unbuon assorbimento transcutaneo, valutabile,in occlusione, intorno al 10 - 14%, ed il lorouso topico ha dimostrato spesso un effettosistemico evidente. Pur con questa limitazio-ne il loro utilizzo, soprattutto nel defluviocarenziale postmenopausale della donna etenuto conto delle controindicazioni generaliall'uso di estrogeni, appare razionale e ragio-n evo l m e n te scev ro da effetti indesidera t i .Presupposto teorico di questa terapia topica èche l'alopecia che vogliamo curare sia dovuta,in tutto o in parte, a scarsa impregnazioneestrogenica dei follicoli del cuoio capelluto(alopecia carenziale). Per uso topico l'estroge-no più attivo in senso tricologico sembra poiessere il debole estrone. La fonte principale diestrone nell'essere umano è il tessuto adipososottocutaneo che, sia nel maschio come nellafemmina, lo produce in quantità variabile eproporzionale alla massa grassa, in un indivi-duo medio almeno il doppio in quantità diquanto ne produca l'ovaio femminile, circa0,2 - 0,4 mg/die. Per uso topico l'estrone èattivo, in senso tricologico, a concentrazioniintorno allo 0,02% - 0,05%. L'applicazionetopica a tale concentrazione comporta untotale di 0,2 - 0,5 mg di ormone per ml disoluzione; con un assorbimento del 10% (mas-simo teorico sotto occlusiva) si potrà valutarela dose massima assorbita intorno a 0,02 -0,05 mg/ml e, considerando come questequantità non spostano sensibilmente il poolglobale dell'est rone circ o l a n te, si capiscecome questo potrà essere accettato come sicu-ro sia nella donna che nel maschio. Per laterapia si usa una soluzione idroalcolica (eta-nolo 70°) di estrone applicata sul cuoio a gior-ni alterni, nella quantità di 2 - 3 ml.P ro m et te n te sembra anche l'impiego del

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17alfa estradiolo, isomero sintetico inattivodel 17beta (l'ormone vero) che, in quanto inat-tivo, può essere prescritto anche all'uomo. Il17alfa estradiolo pare capace di diminuire laformazione di DHT ed attivare l'enzima aro-matasi, cioè capace di attivare il metabolismodel testosterone intrafollicolare ad estradioloed estrone. In Germania sono da tempo incommercio, in forma di lozione, specialità far-maceutiche a base di 17alfa estradiolo. InItalia, viene talvolta prescritto in preparazionigaleniche in concentrazioni che vanno dallo0,015 allo 0,1%.

I Tre Classici Estrogeni Naturali

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Progesterone

Il progesterone naturale, i suoi derivati diret-ti e quelli 17 alfa idrossilati si sono dimostra-ti capaci di inibire l'attività 5-alfa-reduttasicaper competizione con il testosterone.I progestativi di sintesi, utilizzati da soli pervia generale, possono trovare indicazione neidefluvi femminili da carenza progestrinicaper anovulazione e tipicamente nel defluviodel periodo premenopausale della donna chesi può vedere 4 - 5 anni prima della menopau-sa. Tale periodo è caratterizzato da cicli ano-vulatori con mestrui irregolari (caratteristi-che l'oligomenorrea e le metrorragie) e coinci-de con deficit progestinico e conservata (sepur ridotta) produzione estrogenica. Il deficitprogestinico comporta da un lato un aumen-to di attività degli androgeni ovarici (perridotta competizione periferica) e dall'altroincremento della secrezione ipofisaria di LHe della secrezione di andro stenedione daparte dello stroma ovarico. Somministreremoretroprogesterone o medrogestone o medros-siprogesterone (derivato del 17 idrossiproge-sterone, metabolita intraghiandolare fisiologi-co del progesterone) alla dose di 5 - 10 - 20 mgdal 14° - 16° al 25° giorno del ciclo.Otterremo una riduzione della produzioneandrogena gonadica, un effetto di inibizionesul metabolismo periferico del testosterone edun ripristino della regolarità del mestruo.Dovrebbe essere evitato l'uso di progestiniciderivati dal 19 nortestosterone (nor-androsta-ni) che possono avere azione androgena diret-ta.Al di fuori del caso della carenza progestinicae del periodo della pre-menopausa i progesta-tivi sono generalmente somministrati insieme

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agli estrogeni, sotto forma di “pillola antife-condativa” (la prima in Italia fu l'ENOVID)che nelle prime versioni ad alto dosaggio diestrogeno (di solito l'etinilestradiolo) da 0,075a 0,1 mg, allora sempre associato ad un proge-stinico non androgenizzante (di norma ilnoretinodrel, il clormadione, il medrossipro-gesterone) davano buoni risultati sull'andro-genismo cutaneo con riduzione della cadutadei capelli, miglioramento della seborrea edell'acne. Successivamente, per il timore dicomplicanze tromboemboliche, si è assistitoad una ricerca di dosaggi steroidei sempre piùbassi e si è preferito non superare il dosaggiodi 0,05 mg di etinilestradiolo accoppiando l'e-strogeno ad un progestativo nor-androstanico(come il noretisterone, il norgestrel, il levo-norgestrel, il desogestrel, il gestodene ecc.)derivato dal 19 nor-testosterone, ad emivitapiù lunga e quindi utilizzabile a dosaggio piùbasso e con maggiore sicurezza contraccettivama talora con effetti androgenizzanti. Si sonocosì ottenuti anticoncezionali orali più sicuri,facilitando la contraccezione, ma anche capa-ci di aggravare o creare un clima androgenicocutaneo con defluvio, ipertricosi ed acne “dapillola”. Alla diffusione della pillola antife-condativa è attribuibile l'aumento della stem-piatura nelle donne giovani che si è manife-stato negli ultimi 25 - 30 anni.L'attività androgena dei progestinici di sintesiutilizzati per la contraccezione orale è assaivariabile da composto a composto: trascurabi-le per i derivati dei metaboliti fisiologici delprogesterone, è invece assai accentuata per iprogestinici più potenti e ad emivita lunga,caratterizzati da 19 o 20 atomi di carbonio ed e ri vati dal te sto ste rone (nor- a n d ro sta n i ) .Ricordiamo che il progesterone naturale ècaratterizzato da una struttura tetraciclica a21 atomi di carbonio.Gli effetti androgeni dei progestinici possonoessere attribuiti a due diversi meccanismi:

1) fissazione diretta sui recettori degli andro-geni;2) fissazione sulla SHBG: il testosterone lega-to alla SHBG viene spiazzato dal progestinicocon conseguente aumento della sua quotalibera.È importante saper distinguere i progestinicidi sintesi a 19 e 20 atomi di carbonio, poten-zialmente androgenizzanti e i progestinici a21 atomi di carbonio, derivati dal progestero-ne naturale, non androgenizzanti e talvolta adeffetto decisamente antiandrogeno e dai qualideriva anche il noto ciproterone. In generepossiamo dire che i progestativi più simili alprogesterone (retroprogesterone, medrogesto-ne, demegestone, promegestone ecc) e quellidella serie del 17 alfa - i d ro s s i p ro ge ste ro n eesplicano azione antiandrogena mentre quellidella serie del 19 nor- te sto ste rone azioneandrogena.Per uso locale il progesterone naturale ed isuoi derivati 17 idrossilati, si sono dimostraticapaci di inibire l'attività 5-alfa-reduttasicadel 70 - 87% nei soggetti trattati (Zappalà F. -Mauvais-Jarvis P.). Dopo applicazione epicuta-nea circa il 10% del progesterone sommini-strato supera lo strato cutaneo, viene concen-trato nei tessuti epidermici, dermici e ghian-dolari e quindi per la massima parte metabo-lizzato gradualmente in derivati inattivi al i vello del complesso fo l l i c o l o - p i l o - s e b a c e o(Fayolle J. - Mauvais-Jarvis P.). Il passaggio nelcircolo sistemico (assorbimento) è estrema-mente ridotto e le concentrazioni serichedello steroide rimangono pressoché invariate(Manfredi G. - Mauvais-Jarvis P.).In passato è stata commercializzata una pre-parazione etica di progesterone per uso topicoma a concentrazione probabilmente troppobassa (0,5%) per poter evidenziare appieno glieffetti terapeutici.Possiamo trattare con soluzione topica di pro-gesterone naturale i pazienti di sesso maschi-

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le affetti defluvio androgenetico e selezionatiper una incipiente alopecia o per una chiaraereditarietà familiare. Il progesterone è statousato in passato a concentrazioni variabili(sempre più alte col passare degli anni) di 0,5- 1,0 - 1,5 - 2% in soluzione idroalcolica (eta-nolo 60 - 70%) nella dose di 4 ml al giorno (20- 40 - 60 - 100 mg die). Si è notata una quasicostante riduzione della percentuale dei telo-gen, tanto più significativa quanto più altaera la concentrazione di ormone nella solu-zione usata.Degna di nota è la quasi assoluta mancanza disegnalazione di effetti collaterali ad eccezionedi quelli imputabili all'eccipiente alcolico delprogesterone: bruciore della cute, secchezzadei capelli, pitiriasi secca (forfora).

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Finasteride

È la prima sostanza registrata per il tratta-mento orale dell'alopecia androgenetica ed èdiventata oggi una delle pietre angolari dellaterapia dell'alopecia androgenetica vera.La finasteride è un composto 4-azasteroidesintetico che rappresenta il capostipite di unarecente classe di inibitori specifici della 5-alfa-reduttasi ed è indicato per il trattamento dellaiperplasia prostatica benigna. È uno steroidei n i b i to re comp et i t i vo della 5-alfa - re d u t ta s iumana di tipo 2, attivo in vitro ed in vivo. Lafinasteride non ha affinità per i recettori degliandrogeni. È una sostanza cristallina di colo-re bianco, solubile in cloroformio e negli alco-li inferiori, insolubile in acqua.Per spiegare il meccanismo d'azione dellafi n a ste ride nella alopecia andro ge n et i c aoccorre ricordare che nel follicolo piliferosono presenti enzimi e sistemi enzimatici checonvertono androgeni più deboli in androge-ni più potenti; tra questi ha forse il ruolo piùimportante nella patogenesi della alopeciaandrogenetica la 5-alfa-reduttasi, di cui esisto-no due isoenzimi. Questi isoenzimi hannolocalizzazione differente nel cuoio capelluto:il tipo 1 è situato a livello delle ghiandole edei dotti sebacei; il tipo 2 è presente a livellodella guaina epiteliale esterna e della papilladermica.Una singola dose di 5 mg di finasteride per osprovoca una rapida riduzione della concentra-zione serica di DHT, con effetto massimoosservabile dopo 8 ore, che raggiunge circal'80% dopo 7 - 10 giorni di terapia e ritorna aivalori di pretrattamento alla sospensione. Lafinasteride non ha effetti sui livelli circolantidi cortisolo, estradiolo, prolattina, ormonetireotropo e tiroxina né sull'assetto lipidico. Inpazienti trattati per 12 mesi è stato osservatoun aumento di circa il 15% dell'ormone lutei-nizzante (LH) e di circa il 9% del follicolosti-

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molante (FSH), rimanendo comunque i livellinei limiti fisiologici. Il quadro metabolico chesi ottiene è simile a quello dei soggetti condeficit genetico di 5-alfa-reduttasi , che pre-sentano livelli di DHT marcatamente ridotti,prostata piccola e, alla nascita, difetti di svi-luppo dei genitali esterni ma non altri distur-bi clinicamente importanti.Una dose orale di finasteride viene escretanelle urine per il 39% sotto forma di metabo-liti e per il 57% nelle feci, sempre come meta-boliti. La biodisponibilità è intorno all'80% enon viene influenzata dal cibo. Le concentra-zioni massime si raggiungono in circa 2 ore el ' a s s o r b i m e n to è comp l eto in 6 - 8 ore .L'emivita plasmatica della sostanza è di circa6 ore. Il legame proteico è di circa il 93%.Dopo somminist razione giorn a l i e ra di 5mg/die la concentrazione plasmatica allostato di equilibrio è di circa 8 - 10 ng/ml erimane stabile nel tempo. Non sono stati rile-vati fatti di tossicità epatica, renale gastrica,respiratoria o cardiovascolare imputabili alfarmaco né è stata osservata alcuna evidenzadi effetti carcinogenetici né mutageni. La suasomministrazione nella donna è potenzial-mente pericolosa per il rischio di femminiliz-zazione dei genitali esterni di un feto maschioin gravidanza. Il blocco della 5-alfa-reduttasifetale comporta il rischio della Sindrome diRe i fe n stein iatro gena. La Sindrome diReifenstein è una forma di pseudoermatofro-ditismo incompleto dovuto a deficit parzialedel meccanismo di azione del testosterone.Questa forma è ovviamente caratterizzata dal-l'incapacità di trasformare il testosterone ind i i d rote sto ste rone. I tessuti bers a glio deltestosterone subiranno una normale differen-ziazione (si formeranno i dotti deferenti, l'epi-didimo, le vescichette seminali) mentre rimar-ranno di tipo femminile i tessuti bersaglio deldiidotestosterone (per esempio lo scroto: nerisulta la persistenza dell'apertura del seno

uro-genitale e la conseguente formazione diuna pseudovagina). Poiché ovviamente i testi-coli non sono discesi e esiste un micropenescambiato per un clitoride, questi soggetti allanascita vengono giudicati delle femmine; almomento della pubertà, lo sviluppo dellemasse muscolari di tipo maschile, direttamen-te testosterone dipendenti ed il micropenecapace di erezione, renderanno evidente lostato di pseudoermatofroditismo. Non vi èvera ginecomastia. Questo modello clinico hadimostrato, per quanto riguarda l'apparatogenitale maschile, che le strutture wolffiane(deferente, epididimo, vescichette seminali)sono sotto il controllo del testosterone mentrei genitali esterni, lo scroto, la prostata, sonosotto il controllo del diidrotestosterone.

Anche per la finasteride, come per quasi tuttigli altri antiandrogeni, fu subito preconizzatoun uso nella terapia del defluvio androgeneti-co che si è concretizzato nel 1999 con l'immis-sione in commercio di una specialità conte-nente 1 mg di finasteride.

Studi clinici della durata superiore a due annihanno dimostrato che la finasteride, al dosag-gio di 1 mg al giorno, rallenta la caduta edincrementa la crescita di capelli (Kaufman,1998). Una ulteriore esperienza multinaziona-le a più lungo termine ha dimostrato che iltrattamento con finasteride (1 mg al giornonell'arco di cinque anni) è ben tollerato,determina miglioramenti persistenti nella cre-scita dei capelli e rallenta l'ulteriore progres-sione della calvizie (Kaufman, 2002). Negliuomini giovani e di media età con alopeciaandrogenetica, la finasteride si è dimostratain grado di far regredire la miniaturizzazionedel capello (Whiting, 1999).In uno studio, la finasteride ha aumentato ilpeso dei capelli in uomini affetti da alopeciaandrogenetica. II peso dei capelli è aumenta-

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to molto di più della loro quantità, il che staad indicare che vi sono altri fattori, oltre alnumero, quali un aumento del tasso di cresci-ta (lunghezza) e dello spessore, che contribui-scono agli effetti positivi della finasteride(Price, 2002).

La dose di 1 mg è somministrata per os inpazienti esclusivamente di sesso maschile. Glieffetti collaterali sembrano essere poco rile-vanti o poco vistosi, intorno al 2% dei pazien-ti trattati e comunque reversibili alla sospen-sione del farmaco. Gli effetti collaterali piùf re qu e n te m e n te ri p o rtati sono ov v i a m e n tequelli correlati alla funzione sessuale: impo-tenza (3,7%), diminuzione della libido (3,3%),diminuzione del volume dell'eiaculato ,(2,8%).

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Ciproterone

Abbiamo visto come un progestinico possaavere un effetto o androgeno o, viceversa,antiandrogeno. Questo ha aperto il capitolodegli antiandrogeni. Ricordiamo, a titolo sto-rico, il 17 metil-nortestosterone, il 17 alfa-pro-piltestosterone ed il clormadione. Oggi l'an-tiandrogeno più usato e più maneggevole è ilciproterone acetato, steroide derivato dal 17idrossiprogesterone, dotato di marcata attivitàprogestativa ed antigonadotropa da bloccoipofisario. Il meccanismo di azione del cipro-terone acetato a livello periferico è legato allacompetizione con il diidrotestosterone per ilre c et to re citosolico intra c i toplasmatico. Siparla pertanto di meccanismo antiandrogeno“recettoriale”. Il ciproterone si lega al recetto-re citosolico con affinità maggiore del diidro-testosterone e ne impedisce, quindi, il traspor-to nel nucleo cellulare. Inoltre il ciproteronepossiede certamente una debole azione ini-bente sulla 5-alfa-reduttasi (azione comunquediscussa e meno spiccata di quella del proge-sterone naturale). E' ormai storico il cosiddet-to “tra t ta m e n to sequenziale inve rso”, diHammerstein e Cupceancu (1969), che furo-no i primi a trattare per via generale le donneaffette da acne, seborrea, irsutismo, con 100mg di ciproterone acetato associati a 0,05 mgdi etinilestradiolo per 10 giorni, seguiti da 11giorni di solo estrogeno.Oggi il dosaggio più usato è quello di 0,035mg di etinilestradiolo e 2 mg di ciproteroneacetato a cicli di 21 giorni, sotto forma di pil-lola antifecondativa, reperibile in commerciocome specialità. Questi bassi dosaggi di cipro-terone acetato, validi nella seborrea e nell'ac-ne, si sono dimostrati però insufficienti, ocomunque di scarsa efficacia, nell'irsutismo enella alopecia femminile e pertanto vienespesso consigliato di associare, nei primi 10giorni di terapia con la specialità commercia-

le, 50 o 100 mg di ciproterone acetato, facen-do poi seguire 11 giorni con la sola specialitàestroprogestinica. È forse superfluo ribadireche, per sperare di ottenere un risultato vali-do e duraturo, questa terapia deve essere pro-tratta per anni e che è strettamente riservataal sesso femminile.Il ciprote rone aceta to sembra possederea n che i re quisiti fo n d a m e n tali per essereusato topicamente a concentrazioni di 0,5 -1% in soluzione idroalcolica. Con l'uso topico,sempre peraltro sconfessato dalla casa produt-trice, si potrebbe forse ottenere nella cute unaconcentrazione di steroide superiore a quellaottenibile con la somministrazione per viaorale evitando al contempo gli effetti sistemi-ci che ne precludono l'utilizzo nel maschio.L'assenza di alterazioni, durante la terapiatopica, delle concentrazioni plasmatiche dellegonadotropine e del testosterone, depone peruno scarso (o assente) assorbimento o per unarapida inattivazione metabolica locale similea quella del progesterone. I netti migliora-menti dei tricogrammi dei pazienti trattatidepongono altresì per l'efficacia topica dell'or-mone (Marliani A.).L'effetto peculiare del ciproterone, essenzial-mente di blocco del recettore citosolico deldiidrotestosterone, spiega anche gli insucces-si, riportati dalla letteratura, nella terapiatopica dell'acne con questo antiandrogeno,p o i ché l'ormone st i m o l a n te la secre z i o n esebacea sembra essere l'androstandiolo (3 alfaAld) e non il diidrotestosterone.L'effetto terapeutico sul defluvio, sull'acne esulla seborrea della associazione orale etinile-stradiolo+ciproterone appare dovuto, a nostroparere, più all'effetto dell'estrogeno ed al bloc-co della steroidogenesi ovarica che al ciprote-rone; inoltre da quando la dose di etinilestra-diolo nella associazione etica è stata portatada 50 a 35 microgrammi l’attività terapeuticasull'acne e sulla seborrea appare assai com-

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promessa (l'efficacia sul defluvio è peraltrosempre stata molto aleatoria e mai dimostra-ta).Rileviamo ancora che, poiché l'azione antian-drogena prevalente del ciproterone è dovutaalla sua affinità col recettore citosolico del dii-drotestosterone, una preparazione per usotopico di progesterone e ciproterone, insieme,dovrebbe poter realizzare una blocco sequen-ziale del metabolismo intra fo l l i c o l a re deltestosterone presumibilmente di buona effica-cia terapeutica e, a nostro parere, di buonamaneggevolezza.

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Spironolattone

Lo spironolattone è un composto steroideosintetico analogo strutturale dell'aldosteronee del progesterone. È il più noto dei progesti-nici lattonici, così detti per la presenza di unanello lattonico in C17. I progestinici lattoni-ci sono anche caratterizzati da un gruppo che-tonico in C3 ed un doppio legame tra C4 e C5.Tipico dello spironolattone è un gruppo tiace-tico in posizione 7 alfa.Lo spironolattone compete con l'aldosterone alivello dei siti recettoriali citoplasmatici doveforma complessi inattivi. Per la sua attivitàa n t i a l d o ste ronica lo spiro n o l a t tone è datempo utilizzato come diuretico ed antiiper-tensivo, effetti che di fatto sono evidenti solose esiste una espansione di volume plasmaticoe/o una ipertensione da iperaldosteronismo.L'uso clinico di questo farmaco ha inoltre evi-denziato una attività antiandrogena e femmi-nilizzante, simile a quella del ciproterone, chesuccessivamente si è dimostrato esplicarsi alivello periferico con un meccanismo compe-titivo (come per il ciproterone acetato) sulrecettore citosolico del testosterone, del dii-drotestosterone, dell'androstandiolo.Lo spironolattone è quindi un potente antian-drogeno recettoriale.La somministrazione orale di spironolattonepuò ri d u rre la te sto ste ronemia anche del50%, dimostrando così anche una azioneantiandrogena centrale il cui meccanismonon è chiaro. Come conseguenza numerosisono gli effetti collaterali sulla sfera sessuale,

quali un calo della libido, impotenza, riduzio-ne della motilità degli spermatozoi, amenor-rea, tensione al seno, cloasma. Una ginecoma-stia dolorosa nell'uomo si riscontra nel 60%dei casi trattati da oltre 6 mesi. Nella donna sipuò evitare la comparsa della maggior parted e gli effetti indesiderati somminist ra n d o l odal 16° al 25° giorno del ciclo a dose variabi-le fra i 25 ed i 200 mg pro die, meglio se abbi-nato ad un estroprogestico, poiché l'attivitàantiandrogena del farmaco potrebbe provoca-re la femminilizzazione di un feto maschio.L'effetto terapeutico nel defluvio androgeneti-co vero si evidenzia dopo 3 - 4 mesi.Nei casi di iperandogenismo la letteraturariferisce che i livelli di androgeni si riduconosolo se superiori alla norma, e tendono allanormalità, pur non arrivando generalmenteai perfetti limiti fisiologici.Tra gli effetti collaterali della terapia con spi-ronolattone potremmo aspettarci la poliuria,la polidipsia, l'ipotensione. Questi invece siverificano raramente e la poliuria, quandocompare, è limitata ai primi giorni di cura.

Considerata la sua attività a livello del recetto-re citosolico degli androgeni lo spironolattonepuò essere usato anche topicamente a concen-trazioni variabili dallo 0,3 al 5%. I risultatioggettivi sull'acne (crema all'1 - 5%) sonobuoni in oltre il 90% dei casi; decisamentebuoni sono anche gli effetti dello spironolatto-ne sulla seborrea del cuoio capelluto (soluzio-ne idroalcolica allo 0,3 - 1%). Nel defluvioandrogenetico lo spironolattone (1%) è statousato anche associato al progesterone (2%) inalcol etilico 80%. L'associazione con progeste-rone dovrebbe poter realizzare un bloccosequenziale sul metabolismo del testosteronee di fatto ha dato risultati migliori di quelliottenuti con solo progesterone ma inferiori aquelli del solo ciproterone acetato.L'uso topico dello spironolattone non ha mai

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portato nella nostra esperienza ad effetti col-laterali riferibili all’azione ormonale, si è peròosservato un effetto aggressivo valutabile nel-l'l,5% dei casi per la crema e nello 0,5% deicasi per la soluzione. Questo effetto aggressi-vo si è manifestato nella maggior parte deicasi con una lieve irritazione che raramenteha richiesto sospensione della terapia ed èregredito poi spontaneamente. In rari casi siè osservato un eczema con le caratteristichedell'eczema allergico da contatto e con patchtest positivo.Un altro “effetto collaterale” dello spironolat-tone per uso topico è il cattivo odore di solfu-ro che lo caratterizza. Questo è dovuto all'i-d rolisi del gruppo tioacetico, debolmentel e ga to allo ste roide in posizione 7 alfa .Quando lo spironolattone viene preparato inc rema (acqua/olio) o in soluzione(etanolo/acqua), libera acido tiacetico il cuiodore è sgradevole. Nelle soluzioni idroalcoli-che l'odore dell'acido tioacetico può esseremascherato con mentolo (0,2%). Lo spirono-lattone potrebbe inoltre essere sostituito concanrenoato di potassio che, privo del gruppotiazoico, non presenta il problema dell'odorema questa molecola è di più difficile reperibi-lità e più costosa.

Spironolattoni

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Fra gli antiandrogeni recettoriali va ricordataanche la cimetidina (Winters S.J.). Questonoto antiistaminico H2 è in grado di compete-re per il recettore citosolico del testosteroneanalogamente al ciproterone ed allo spirono-lattone (Fundre J.W.). Somministrato per os aidosaggi consueti di 800 - 1200 mg può essereutile nell'acne come nella seborrea (BurtonJ.L.), nella ipertricosi (Vigersky R.A.), neldefluvio androgenetico (Houmayon A.) e puòessere somministrata sia a soggetti di sessofemminile che maschile. Gli effetti collateralireali sono trascurabili e l'effetto antiandroge-no appare solo periferico. Durante una tera-pia con cimetidina può essere consigliabilecontrollare i livelli serici di prolattina chefacilmente vengono alterati dal farmaco (VanThiel D.H.); se la prolattina dovessero salireeccessivamente la terapia sarà interrotta per-ché è possibile che questo ormone ipofisariopossa di per sé essere causa di iperandrogeni-smo (Giusti G.- Orfanos C.E.).La cimetidina sembrerebbe avere le caratteri-stiche per un uso anche topico nell'androgeni-smo cutaneo. In letteratura tuttavia si trovanoscarse notizie di un suo uso locale nel deflu-vio androgenetico (Rittmaster R.S.).

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Flutamide

La flutamide, un’acetamide, è un antiandro-geno non steroideo, attivo solo per via orale,caratterizzato da un potente effetto antiandro-geno grazie alla sua capacità di inibire la cap-tazione e/o il legame nucleare degli androge-ni a livello delle cellule dei tessuti bersaglio.La flutamide possiede effetti antiandrogenialtamente specifici. I dati biomedici dimostra-no che la flutamide è altamente specifica neiconfronti delle attività androgeno-dipendenticon scarso effetto sulle altre attività ormonali.La flutamide è priva di attività estrogenica,antiestrogenica, progestativa e antiprogestati-va. Non sembra possedere alcuna attività tera-togena né effetti carcinogenetici. Essendo unantiandrogeno non steroideo non ha effettoantigonadotropo e, inoltre, dal momento cheblocca i recettori androgenici a livello ipotala-mico, si verifica per il meccanismo di feed-back negativo un aumento della secrezione diLH con conseguente iperplasia delle cellule diLeydig e apparentemente paradossale aumen-to delle concentrazioni seriche di testostero-ne. Peraltro si è osservata soppressione dellaspermatogenesi. È impiegata al dosaggio di250 mg al giorno. Somministrato per os, ilfarmaco è rapidamente assorbito e completa-mente escreto attraverso l'emuntorio renalecome 2-amino-5-nitro-4(trifluorometil)-fenolo.

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La flutamide è pericolosamente epatotossicae la sua prescrizione va accuratamente valuta-ta ed attentamente seguita. Il suo utilizzo nonpuò essere protratto nel tempo.

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Melatonina

Alla melatonina è stata attribuita una azioneantiossidante ed antiandrogena e ne è statoproposto l’utilizzo per uso topico nella alope-cia androgenetica e nella alopecia areata.La ghiandola pineale è situata nel cervello,sulla parete posteriore del terzo ventricolo;riceve innervazione afferente di tipo simpati-co che ne regola la funzione. La luce recepitada cellule ga n gl i o n a ri fotosensibili situatenella parte anteriore della retina (e quindidiverse e separate dal sistema visivo) eccitaalcune componenti ret i n o i p ota l a m i che delnervo ottico e il segnale di tipo inibitorio rag-giunge la ghiandola pineale attraverso unacomplessa via nervosa che include il nucleo

sopra chiasmatico, i nuclei paraventricolari, ilmidollo allungato, il ganglio cervicale supe-riore ed infine la ghiandola pineale. La luceinibisce il rilascio di norepinefrina a livellodel pinealocita, mentre la sua mancanzadurante la notte ne stimola la secrezione, conla conseguente attivazione di recettori beta ealfa adrenergici che, a loro volta, attivano lasintesi e secrezione di melatonina.Attraverso questo meccanismo la melatoninaviene prodotta in maniera squisitamente cir-cadiana e funge da sincronizzatore dell'orolo-gio biologico sito nel nucleo soprachiasmaticoallo scopo di adattare l'organismo ai cambia-menti ambientali legati all'alternarsi delle sta-gioni.Gli effetti della melatonina sono quindi mol-teplici e si esercitano su vari organi e cellule( p l e i ot ropia). Tali effetti possono esseremediati da recettori specifici o avvenire inmodo aspecifico grazie all'attività antiradicaliliberi della melatonina e dei suoi metaboliti.Tra gli effetti specifici mediati dai recettorispicca l'azione antiproliferativa che la melato-nina può esercitare sulle cellule epiteliali pro-statiche umane siano esse normali o tumora-li.Questo effetto è mediato dalla capacità dellamelatonina di dislocare il recettore per gliandrogeni dalla sua sede normale nel nucleoal citoplasma della cellula. In questo modo lacellula non risponde più allo stimolo prolife-rativo degli androgeni. Siccome anche neicheratinociti umani si individuata la presenzadi recettori specifici per la melatonina, èragionevole pensare che l'effetto terapeuticoche la melatonina mostrerebbe di possederenell'alopecia androgenetica possa dipendereda un meccanismo molto simile a quellodimostrato nelle cellule prostatiche.È in commercio una preparazione di melato-nina allo 0,1% per l'alopecia androgenetica.

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Betasitosterina

Promettente appare anche l'uso della betasito-sterina di cui si è parlato anche nel paragrafodelle sostanze naturali. È uno steroide, estrai-bile dalla serenoa repens (Sabal Serrulata oPalmetta della Florida) e dal pigeum africa-num, che appare avere le caratteristiche di

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progestinico 17 sostituito ed insieme di debo-le estrogeno.La betasitosterina risulta in grado di impe-gnare contemporaneamente la 5-alfa-reduttasied i recettori citosolici del diidrotestosteronee degli estrogeni.

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Cortisone

Il cortisone ed alcuni suoi derivati, sommini-strati per via orale, sono i farmaci di primascelta per sopprimere l'increzione di ACTHnelle forme di iperandrogenismo di originesurrenalica. Si tratta, per lo più, di deficitenzimatici surrenalici ad espressione incom-pleta e tardiva riguardanti la 21 idrossilasi ola 11 idrossilasi. Queste forme di iperandroge-nismo si osservano soprattutto in pazienti disesso femminile, anche perché nel maschiopassano facilmente indiagnosticate.La te rapia topica cort i c o ste roidea inTricologia veniva generalmente sconsigliatadalla maggior parte degli autori. In passatocortisonici fluorurati hanno provocato, con illoro uso ed abuso, danni cutanei come atro-fia, acne steroidea, dermatite periorale ecc.Riteniamo però che la maggior parte di questidanni siano in realtà da attribuire all'alogenointrodotto nella molecola per esaltarne la

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potenza ed allungarne l'emivita e che i corti-costeroidi debbano essere rivalutati.Esaminiamo le ragioni per cui giudichiamovalido usare corticosteroidi, particolarmentel'idrocortisone (cortisolo) nella terapia localedel defluvio androgenetico:1) in caso di seborrea l'uso di un blando cor-ticosteroide non alogenato è certamente utileper controllare l'eritema e la desquamazioneoltre che per rimuovere il sebo, mettendo cosìla cute in condizioni di poter ricevere megliole altre terapie topiche;2) il cortisolo facilita le attività mediate dacAMP (Iizuka H. - Voorhees J.), probabilmen-te mediante un blocco della fosfodiesterasi(Zanussi C.), forse anche attivando l'adenilci-clasi, e contribuisce così ad attivare il metabo-lismo energetico del tricocheratinocita;3) il cortisolo attiva la neoglicogenesi dellecellule della matrice e della papilla del bulbopilifero, analogamente a quanto avviene nelfegato; il glicogeno si accumula nel citopla-sma cellulare durante il catagen/telogen eviene consumato durante l'anagen (De VillezRU); il cortisolo consente, quindi, una produ-zione di glicogeno tale da garantire l'omeosta-si glicidica ed energetica del capello;4) il glicogeno che si accumula a livello dellamembrana vitrea e della guaina epitelialeesterna durante il catagen, necessario duran-te le prime fasi dell'anagen alle cellule stami-nali che vanno a riformare la nuova matrice,non può essere utilizzato senza cortisolo;5) il cortisolo si lega debolmente ai recettoridegli androgeni, riduce l'attività enzimaticadella 5-alfa-reduttasi e compete, sia pur blan-damente, con il diidrotestosterone per il recet-tore citosolico;6) il cortisolo è probabilmente capace diincrementare i fenomeni di aromatizzazionedel follicolo pilifero, analogamente a quantodimostrato nel tessuto adiposo (Salerno R.);7) il cortisolo ha azione permissiva della atti-

vità degli ormoni in grado di attivare l'adenil-ciclasi (tiroxina, fattori di crescita, effetto betadell'adrenalina ecc);8) il cortisolo ed i cortisonici non fluorurati,usati topicamente, sono in grado di contrasta-re i fenomeni di fibrosi cicatriziale che con-corrono, in tutte le patologie tricologiche, allaperdita definitiva del follicolo.

L'uso topico di cortisonici può quindi risulta-re decisivo in Tricologia e si pone a cavallo frale te rapie antinfi a m m a to rie, endocrine equelle intese a modulare, attraverso il sistemaadeniciclasi-cAMP, il metabolismo energeticodel bulbo pilifero.

I cortisonici risultano particolarmente utilinella terapia degli effluvi quando centinaia dicapelli entrano, quotidianamente e contem-poraneamente, in fase telogen (con cadutaacuta e vistosa di centinaia di capelli al gior-no, tutti nella stessa fase del ciclo vitale).Localmente, per applicazioni quotidiane, sipuò usare l'idrocortisone emisuccinato o ace-tato all'1 - 2% in preparazione galenica idroal-colica 70 - 80% , oppure l'idrocortisone 17-butirrato all'0,1% in alcol isopropilico 50%(specialità etica), il prednacinolone acetonide0,05% in glicole propilenico ed altre prepara-zioni etiche. Spesso l'effluvio si stabilizza e siarresta rapidamente, nel giro di qualche setti-

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mana e ciò è anche strano se si considera cheil periodo catagen+telogen è di circa 100 gior-ni e che questi capelli dovranno comunquecadere. Negli effluvi più intensi (con moltecentinaia e talvolta migliaia di capelli cadutiogni giorno) una fiala intramuscolare di 6-metilprednisolone acetato 40 mg, ripetutaogni 7 giorni per 3 volte, da spesso risultatisorprendenti.

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Xantine

Le xantine appartengono al gruppo chimicodelle basi puriniche che includono alcunesostanze endogene molto importanti quali laguanina, l'adenina, l'ipoxantina, l'acido urico.Il sostantivo “xantine” deriva dal greco xan-thõs, che significa giallo, a causa del coloreche prendono questi composti quando vengo-no essiccati in presenza di acido nitrico.Dal punto di vista medico tre sono le xantinepiù importanti: la teofillina, la teobromina ela caffeina. Si tratta di tre alcaloidi con costi-tuzione chimica simile ampiamente distribui-ti nel mondo vegetale. La caffeina si trova neifrutti della “coffea arabica” e specie similaridalle quali si ricava il caffè; la teobromina ècontenuta nei semi di “teobroma cacao” coni quali si ottiene il cacao ed il cioccolato; lateofillina e la caffeina si trovano nelle foglie di“thea sinensis” da cui si ricava il tè. La caffei-na, la teofillina e la teobromina sono xantinemetilate e vengono spesso denominate metil-xantine. La caffeina è 1,3,7 trimetil-xantina;la teofillina è 1,3 dimetil-xantina; la teobromi-na è una 3,7 dimetil-xantina.Da tempo è noto che le xantine sono capaci diinibire la fosfodiesterasi, enzima che catalizzala conversione dell'cAMP in 5 AMP (inattivo).

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Ne consegue l'incremento intracellulare dicAMP, non per una sua aumentata produzio-ne, bensì per un prolungamento dell'emivitada inibita degradazione.Queste premesse hanno indirizzato diversiautori verso l'utilizzo topico delle xantine neldefluvio androgenetico e nel telogen effluvioa concentrazioni variabili dallo 0,2 al 2% neltentativo di allungare la fase anagen. D'altraparte numerosi studi in vivo ed in vitro hannomesso in evidenza le proprietà di penetrazio-ne transcutanea delle xantine (Bronaugh R.L.- Feldmann R.J. - Rogers J.G. - Zesch A.). Irisultati di questo tipo di approccio terapeuti-co, controllati con il tricogramma, sono statiinteressanti (Seiler W.G.) e pertanto, conside-rata anche la loro assoluta innocuità, possia-mo considerare che le xantine , in particolarela caffeina e la teofillina, possono essere uti-lizzate come farmaci topici nel trattamento dialcune patologie del capello.Le xantine rappresentano il prototipo del far-maco che agisce attivando il sistema delle pro-teine chinasi, modulando la disponibilitàenergetica per le sintesi proteiche del capello.

Le Xantine

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Minoxidil (e sostanze correlate)

Chimicamente il minoxidil è una 2,4 diami-no-6-piperidino-pirimidina-3-ossido con pesomolecolare di 209,25. Attualmente è l'unicasostanza registrata come farmaco anticalvizieper uso topico.Si tratta di un vasodilatatore periferico diret-to, attivo per via orale, senza interessamentodei recettori beta adrenergici che non vengo-no bloccati. È un farmaco ad elevata attività,con emivita media di 4,2 ore, la cui indicazio-ne era, in origine, il trattamento della iperten-sione refrattaria alle comuni terapie.La sua avventura come anticalvizie iniziò nel1979, quando Burton e Marhall descrisserouna ipertricosi interessante la fronte, i padi-glioni auricolari, le tempie, le sopracciglia egli avambracci di un uomo di 50 anni, iperte-so, che assumeva minoxidil al dosaggio di 15mg/die ed ipotizzarono che una formulazione

topica del farmaco potesse stimolare la cresci-ta locale dei capelli e bloccare le forme inizia-li di calvizie.Zappacosta, nel 1980, descrisse un caso di“inversione di defluvio androgenetico” in unpaziente in cura con il minoxidil.Nel 1984, Uno descrisse su modello animale,macaca speciosa, l'effetto anticalvizie di unasoluzione di minoxidil al 5%.La stessa casa produttrice del farmaco, dopoun momento di relativo shock, iniziò quindiuna serie di accertamenti sull'efficacia delminoxidil come anticalvizie, accertamenti checulminarono poi nel riconoscimento da partedella F.D.A. e nell'immissione sul mercato diuna soluzione al 2% e poi al 5% in alcol,acqua e glicole propilenico.L'assorbimento del farmaco per uso topicopare essere molto basso, intorno all'1,4% delladose applicata (con oscillazioni da 0,3 a 4,5%), vale a dire 0,28 mg/die, attenendosi allaposologia consigliata di 2 ml di soluzione al2% al giorno. In circa 4 giorni il 95% delminoxidil viene escreto attraverso le urine.L'efficacia del minoxidil come anticalvizie èormai accettata. Il farmaco sembra in gradodi fermare e talvolta invertire il progressivominiaturizzarsi del capello, cioè l'involuzionedel pelo terminale a pelo vellus tipica deldefluvio androgenetico. È chiaro che il farma-co può agire solo dove esiste un centro germi-nativo, non potrà quindi mai far crescere pelisui polpastrelli o su una zona di alopecia cica-triziale.La valutazione dei risultati ottenuti con ilminoxidil ha sofferto di soggettività e per que-sto le varie casistiche parlano di risultati posi-tivi dal 10 al 70%. L'effetto terapeutico comin-cia a manifestarsi dopo una latenza di 4 - 6mesi. Il minoxidil combatte il sintomo, ossiala miniaturizzazione progressiva dei capellima non agisce minimamente sulle cause gene-tico-endocrine della calvizie, pertanto la sua

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efficacia sembra perdurare solo finché vieneapplicato. Inoltre al momento della sospensio-ne della terapia con minoxidil i follicoli tenu-ti artificialmente in anagen passano rapida-m e n te in cata ge n / te l o gen provocando uneffluvio.Non è completamente conosciuto il meccani-smo d'azione che comunque coinvolge certa-mente le vie di controllo metabolico e non imeccanismi ormonali. In particolare questofarmaco sembra attivare il ciclo di Krebs el'incremento della produzione di substratoenergetico con un conseguente aumento dellasintesi proteica.Nel 1983 Baden e Kubilus hanno segnalatoche colture di cheratinociti umani, trattatecon minoxidil, sopravvivono più a lungo deicontrolli. Questo suggerisce che il minoxidilrallenti la senescenza di queste cellule analo-gamente a quanto accade con il Fattore diCrescita Epidermico (EGF). Se si considerache l'EGF, o un fattore di crescita a lui simile(che provvisoriamente chiamiamo Fattore diCrescita Follicolare: HrGF ?), è verosimilmen-te implicato nel mantenimento della fase ana-gen, si intuisce quale potrebbe essere il mec-canismo d'azione del minoxidil. In definitivail minoxidil mima l'azione di un fattore di cre-scita, inoltre provoca l'apertura dei canaliintracellulari del potassio a livello delle cellu-le muscolari lisce delle arteriole periferiche.Quest'azione produce un effetto vasodilatato-re periferico diretto, che risulta immediata-mente evidente a carico del microcircolo dellapapilla dermica. Non sembra che sia la vaso-dilatazione a promuovere la crescita dei capel-li, ma questo meccanismo, secondo alcuniricercatori, potrebbe in qualche modo favori-re il prolungarsi della fase anagen. Studirecenti indicano, infine, che il minox i d i lp ot rebbe aumenta re la va s c o l a ri z z a z i o n edella papilla dermica inducendo angiogenesi.Una volta penetrato nel follicolo pilifero e nel

derma il minoxidil viene metabolizzato in sol-fato di minoxidil, che pare essere il metaboli-ta attivo.L'emivita del farmaco sulla cute è mediamen-te di 22 ore e ciò giustifica anche la prescri-zione di una sola applicazione giornaliera.Riguardo agli effetti collaterali i casi segnala-ti di ipertricosi e crescita di peli in sedi diver-se dal cuoio capelluto (volto, spalle, orecchi)sono ve ro s i m i l m e n te causati da eccessivaapplicazione del prodotto, da applicazione insedi sbagliate o da diffusione con il sudore.Per il resto gli effetti collaterali non si disco-stano da quelli segnalati con il placebo.Numerosi studi svolti in tutto il mondo hannoconfermato che un'accurata preliminare sele-zione dei soggetti da trattare e l'utilizzo didosaggi non eccessivi evitano la quasi totalitàdegli effetti collaterali. Nella nostra esperien-za, ad eccezione di qualche eritema locale,non abbiamo osservato altre reazioni. Il mino-xidil nelle formulazioni disponibili in com-mercio è al 2% ed al 5% in soluzione glico-alcoolica 70°. L'impiego delle concentrazionipiù elevate aumenta il rischio di effetti colla-terali e, probabilmente, espone il paziente alrischio di telogen effluvium.In conclusione con il minoxidil abbiamo a dis-posizione un’ a rma ancora irri n u n c i a b i l enella terapia contro la calvizie. Il minoxidil èperò un farmaco di non facile utilizzo chedeve essere prescritto solo dal medico e la suautilità è maggiore se i soggetti da trattare ven-gono preventivamente selezionati.

Alcune sostanze chimicamente correlate colminoxidil, in particolare il solfato di minoxi-dil, il dicloridrato di minoxidil e il triaminodil( 2,6 diamino-4-pirrolidino-pirimidina-1-ossi-do) ed altre, sono state proposte in terapia.Il solfato ed il dicloridrato di minoxidil sono,a differenza del minoxidil, solubili in acqua equesto può essere un vantaggio quando sia

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utile una preparazione topica a basso titoloalcolico (20 - 30%). Poiché il solfato di mino-xidil, che del minoxidil è il primo metabolitacutaneo, sembra il metabolita attivo, si suppo-ne che il suo effetto possa essere analogo.Il triaminodil è una sostanza chimicamentemolto simile al minoxidil che è stata usata ilTricologia cosmetica molto prima che il mino-xidil fosse immesso in commercio. Ancoraoggi poiché il minoxidil non può essere usatoin preparazioni cosmetiche e non può essereve n d u to senza ri c et ta medica, l'indust ri acosmetica propone come alternativa il triami-nodil in alcune preparazioni per uso tricologi-co di libera vendita.Il grave handicap di tutte queste sostanze è laquasi assoluta mancanza di studi controllatisulla loro presunta efficacia clinica.

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Acido retinoico

L'acido tra n s retinoico (tretinoina, deri va toacido della vitamina A), da solo o in combina-zione con il minoxidil, è stato oggetto di valu-tazione per la terapia topica della calvizie.Secondo quel che riportano Bazzano G.S. eTerezakis N., dopo un anno di trattamento lacombinazione topica tretinoina 0,025% +minoxidil 0,5% è risultata efficace nel 66%dei casi studiati.Il retinolo, di cui i derivati acidi rappresenta-no la forma attiva, ha dimostrato la sua capa-cità di aumentare e regolare la proliferazionecellulare, di differenziare l'epitelio, di incre-mentare la crescita vascolare (Christophers E.- Kaufman D.G.).Del resto, da studi in vitro, sappiamo che l'a-cido retinoico aumenta il numero dei recetto-ri di membrana per l'EGF fino a sette volte,senza diminuire la loro affinità (Lizuka H.).Dato che il minoxidil probabilmente mima glieffetti dell'EGF e dell'HrGF la sua associazio-ne con la tretinoina renderebbe disponibiliun maggior numero di recettori.Dell'acido retinoico conosciamo inoltre lacapacità di penetrazione attraverso la cuteumana (Schaefer H.) e conosciamo specifici

recettori di membrana cellulare per il retino-lo e per l'acido trans retinoico (Ong D.E. -Puhvel S.M. - Sunderlin J.).Secondo la nostra esperienza l'utilizzo dellasostanza appare utile solo in rari casi nell'alo-pecia androgenetica e talvolta nell'alopeciaareata.I retinoidi devono essere utilizzati in soluzio-ne a concentrazioni molto basse (0,005-0,02%) poiché spesso sono troppo irritanti.

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Pentosi

L'uso topico dei pentosi nella terapia deidefluvi e degli effluvi ha la sua base raziona-le nel concetto che, se lo zucchero può pene-trare nel derma fino alla papilla ed alla matri-ce del pelo, può inibire a retroazione lo shuntdegli esosomonofosfati, moderando la produ-zione di NAPH2 (essenziale per la 5 alfa ridu-zione), ed al contempo può fornire alla glico-lisi anaerobia substrati metabolici che si inse-riscono dopo il blocco della fosfofruttochinasioperato dalla proteina-chinasi attiva (MarlianiA.).I pentosi più usati a questo fine dall'industriacosmetica sono lo xilulosio e lo xilosio, meta-boliti fisiologici dello shunt degli esosomono-

fosfati.Non sappiamo quale sia la capacità di pene-trazione di uno zucchero semplice attraversola cute ma possiamo pensare che non sia infe-riore al 2,5% poiché questa è la quantità teo-rica calcolata per il mannitolo (Rougier A.,Lotte C.)

D-Xilosio

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Glicole propilenico (ed altri batteriostatici efungistatici)

Glicole propilenico, sodio solfofenato, zincopiritione, solfuro di selenio vengono ciclica-mente riproposti nella terapia del defluvioandrogenetico per la loro capacità di ridurrela carica cutanea di malassezia / pityrospo-rum ovalis.La flora cutanea è stata considerata in passa-

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to come un elemento causale della calvizie edin particolare l'attenzione si è sempre puntatasulla malassezia / pityro s p o rum pre s e n tesulla cute e nei follicoli piliferi nel 100% deicasi di seborrea. Vi è netto rapporto fra inten-sità della seborrea e grado di sviluppo e diffu-sione della malassezia / pityrosporum ovalis.Il pityrosporum è in grado di utilizzare i lipi-di apportati dalla seborrea (trigliceridi, cere,squalene, colesterolo e suoi esteri, di normanon attaccabili da altre specie saprofitiche oparassitarie); i prodotti di scissione delle fra-zioni lipidiche (acidi grassi) sarebbero allabase della caratteristica iperreattività dellacute del seborroico. Gli acidi grassi, attraver-so una azione iperemizzante, stimolerebberoun ulteriore richiamo di grassi. Ne consegui-rebbe un circolo vizioso in cui i prodotti dallaseborrea attaccati dal pityrosporum incre-menterebbero sia la seborrea sia lo sviluppodel pityrosporum stesso sino a provocare unafollicolite cronica attenuata, a lentissima evo-luzione, ma potenzialmente distruttiva e cica-triziale, istologicamente caratterizzata dallaspongiosi della parete del follicolo, la cui con-seguenza finale sarebbe la calvizie (PuccinelliV.). La calvizie comune è cioè considerata daquesta concezione patogenetica come un qua-dro attenuato di "follicolite decalvante".Il processo follicolitico inizierebbe fin dallapubertà con l'aumento della seborrea, lo svi-luppo della malassezia / pityrosporum (finoad allora ospite inattivo della cute), l'invasioneprogressiva del follicolo pilifero da parte delfungo, la sofferenza sempre più marcata deitricocheratinociti e delle strutture follicolari(documentata dai fenomeni di spongiosi). Inquesta fase il capello cade facilmente, sponta-neamente o con minima trazione, ed intornoalla radice è evidente una pitiriasi pulverulen-ta e successivamente la presenza di un mani-cotto jalino-gelatinoso costituito dalle guainedi Henle e di Huxley e dalle squame dell'epi-

telio della parete follicolare, il tutto amalga-mato dai grassi della seborrea. Il capello cadu-to ricresce di volta in volta più sottile, più fra-gile e con un anagen sempre più breve, finchéil follicolo atrofizzato scompare lasciando ilcuoio capelluto decalvato ed assottigliato conresidui peli folletti isolati o diffusi.Questa concezione patogenetica che ha avutoin passato largo credito, ha ancora i suoisostenitori e poiché comporta un tipo diapproccio terapeutico di tipo non strettamen-te farmacologico ha trovato larghi appoggi nelmondo della cosmesi. L'industria cosmetico-tricologica ha così proposto trattamenti adeffetto mirato sul pityrosporum: solfuro diselenio, zinco piritione, sodio solfofenato esoprattutto glicole propilenico associati, piùcon fantasia che con scienza, a mucopolisac-caridi, xantine, estratti placentari, liquidoamniotico, esosi ecc. Persino le preparazionietiche di minoxidil al 2% contengono il 20%di glicole propilenico, che essendo difficil-mente evaporabile contribuisce a tenere insoluzione sulla cute la sostanza attiva (forseanche ad aumentarne la solubilità e la biodi-sponibilità) ed il 50% di alcol etilico, questaassociazione ci sembra però nata per casooltre che per scienza: il glicole propilenico è il“denaturante di Stato” americano.

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Ketoconazolo

Il ketoconazolo è un derivato imidazolicostrutturalmente correlato ad altri della mede-sima classe come il clotrimazolo, il miconazo-lo, l'econazolo, il tioconazolo, l'isoconiazoloecc.Il ketoconazolo è ben assorbito dopo sommi-nistrazione orale e questa proprietà lo hareso, in pratica, il primo imidazolico utilizza-bile per os nella terapia delle micosi. Il mec-canismo dell'azione antifungina del ketocona-zolo, come del resto degli altri farmaci imida-zolici, è legato all'inibizione della biosintesidell'ergosterolo (principale lipide di membra-na dei funghi e dei lieviti). Il ketoconazolo ini-bisce l'attività della 14 alfa demetilasi dellanosterolo, precursore dell'ergosterolo, bloc-cando il citocromo P 450. Il blocco del cito-cromo P 450 porta anche all'inibizione deglialtri enzimi da esso dipendenti: 17-20 liasi, 11b eta Idrossilasi, 17 alfa idrossilasi, 20-22desmolasi. Questi effetti si evidenziano però adosaggi più alti rispetto a quelli usati solita-mente nella terapia orale delle micosi, da cuiil buon indice terapeutico del farmaco comeantifungino. È comunque ben confermatal'attività di soppressione androgenica del keto-conazolo (De Coster R. - Dunn J. - Pont A.).De Coster per primo (1986) ha dimostrato cheil ketoconazolo, somministrato ogni 8 ore alladose di 400 mg per 14 giorni, produce effettiscarsi sulle concentrazioni plasmatiche di cor-tisolo ed aldosterone, mentre si produce unaelevazione delle concentrazioni plasmatichedi 11-desossicorticosterone, 11-desossicortiso-lo e corticosterone. Questi risultati fanno pen-sare che si possa verificare anche un eccessodi attività mineralcorticoide.In studi controllati contro placebo ed in dop-pio cieco, non solo la somministrazione oraledi ketoconazolo 200 mg/die (Ford G.P.) ha

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portato a notevoli remissioni della dermatiteseborroica del cuoio capelluto e del viso maanche la sola applicazione topica per 4 setti-mane di una crema al 2% di (Skinner R.B.) hadimostrato inaspettatamente analoghi effetti,sicché la ditta produttrice allargò presto leindicazioni della crema a questa patologia epropose in commercio anche una versione al2% ed 1% in shampoo per capelli grassi e conforfora. Questi risultati vengono messi in rela-zione con una netta diminuzione della popo-lazione cutanea in pityrosporum / malassezia.

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ASSOCIAZIONI DI PRINCIPITERAPEUTICI

a cura di Fiorella Bini

Abbiamo già detto come la terapia di undefluvio non possa prescindere dall'aspettoendocrino e dall'aspetto metabolico. È quindirazionale pensare che possa essere usata unaterapia di associazione fra più principi attivi.Già abbiamo detto delle terapie di associazio-ne con etinilestradiolo e ciproterone e dell'as-sociazione fra minoxidil e tretinoina; in lette-ratura troviamo notizie sull'associazione di unestroprogestinico con lo spironolattone pervia orale (Chapmam M.G.), sull'associazioneorale di estrogeni e glucocorticoidi (PochiP.E. - Saihan E.M.), sull'associazione di cipro-terone orale ed estradiolo percutaneo (KuttenF.), sull'associazione topica di estrogeni edantiadrogeni (Weirich G.).Le terapie di associazione che uniscono far-maci attivi sulla via di controllo metabolicodel capello (minoxidil, xantine, solfa to dizinco ecc) con farmaci in grado di agire sullaandrogeno-estrogeno dipendenza (progestero-ne, ciproterone, spironolattone, estrone ecc)danno, a nostro parere, i migliori risultatiterapeutici nel defluivo androgenetico.Ad esempio:Preparazione

(minoxidil solfato 2,5%(minoxidil base 2,5%(progesterone base1%(ac. salicilico 1%(idrocortisone butirrato 0,05%(estrone base 0,02%(alcol 80° qb a ml 200

per uso esternocon contagocce.

Questa preparazione si distribuisce sul cuoiocapelluto due o tre volte alla settimana.

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LA CHIRURGIA TRICOLOGICA

Le opzioni chirurgiche - pag. 6Generalità sull’autotrapianto monofollicolare - pag. 12Le indicazioni all'autotrapianto - pag.16La procedura chirurgica - pag. 18Le fasi dell'autotrapianto - pag. 19Il postoperatorio - pag. 28Risultati e controlli - pag. 29

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) novembre 2006

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- parte nona

edizione 2006

Proprietà letteraria ed artistica riservata all'Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2006

parte IXTutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniCarlo GrassiMarino Salin

Piero TesauroFabrizio FantiniDaniele Campo

Roberto D’OvidioGuido Vito Trotter

Vincenzo GambinoGaetano Agostinacchio

EDIZIONI TricoItalia Firenzenovembre 2006

SOMMARIO:LA CHIRURGIA TRICOLOGICA

CENNI STORICI - pag. 5

LE OPZIONI CHIRURGICHE - pag. 6Rotazione di lembi - pag. 6Riduzione dell'area calva - Detonsurazione - pag. 8L'autotrapianto monobulbare - pag. 9L'impianto di capelli artificiali - pag. 9

GENERALITÀ SULL'AUTOTRAPIANTO MONOFOLLICOLARE - pag. 12Le possibilità dell'autotrapianto - pag. 12I limiti dell'autotrapianto - pag. 13Il prelievo delle unità follicolari - pag. 13La visita preliminare - pag. 15Le indicazioni all'autotrapianto - pag. 16L'autotrapianto nei pazienti giovani - pag. 16L'autotrapianto nelle donne - pag. 16Il preoperatorio - pag. 17Istruzioni preoperatorie per il paziente - pag. 17

LA PROCEDURA CHIRURGICA - pag. 18Note sull'anestesia - pag. 18Le fasi dell'autotrapianto - pag. 19Valutazione e prelievo dell'area donatrice - pag. 19Preparazione dei graft - pag. 22Creazione dei siti di ricezione - pag. 23Inserimento dei graft - pag. 24Aspetti particolari dell'autotrapianto - pag. 26La ridefinizione della linea frontale - pag. 26Il rinfoltimento del vertice e la tonsura - pag. 27Considerazioni - pag. 28Il postoperatorio - pag. 28Prescrizioni ed istruzioni nel postoperatorio - pag. 29Complicanze - pag. 29Risultati e controlli - pag. 29L'autotrapianto nelle aree cicatriziali - pag. 30

LA CHIRURGIA TRICOLOGICA

Con la collaborazione di:Piero Tesauro, Gaetano Agostinacchio,

Carlo Grassi e Vincenzo Gambino

Quando la calvizie si è definitivamente instau-ra ta nessuna te rapia medica, per qu a n toaggiornata, può apprezzabilmente modificarelo stato dei nostri pazienti; solo la ChirurgiaTricologia potrà porre rimedio ridistribuendoi capelli dalle zone superstiti.

CENNI STORICI

Già all'inizio del 1800 Baromio affermò cheera possibile trapiantare pelle e peli ma iprimi veri accenni ad una chirurgia implanto-logica degli annessi cutanei si devono al tede-sco J. Dieffenbach che nel 1822, con la suatesi di laurea, provava la possibilità di unautotrapianto di pelle, piume e peli negli ani-mali.Un secolo più tardi, nel 1939, Okuda descris-se sul Japanese Journal of Dermatology la tec-nica del punch (bisturi circolare) per preleva-re da zone donatrici isole di cute con capelli opeli da reimpiantare nelle aree alopeciche,soprattutto del cuoio capelluto ma anche disopracciglia, baffi e pube.

Sfortunatamente, a causa della 2° guerramondiale, il lavoro di Okuda non fu conosciu-to fuori dal Giappone fino al 1959 quando lasua tecnica fu diffusa in tutto il mondo daNorman Orentreich che da allora è considera-to il padre della moderna chirurgia della cal-vizie.

Orentreich studiò e definì anche il “fenome-no della dominanza” di alcune patologie sullacute sana e viceversa e dimostrò che il bersa-glio dei fattori inducenti la calvizie è un recet-tore a livello follicolare.

Sul suo concetto di “dominanza” e sulle sueidee sul recettore follicolare è basato il razio-

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nale di tutte le tecniche chirurgiche e si ègiunti a negare validità alle teorie, fino adallora diffuse, secondo cui l'alopecia era cau-sata da fatti ischemici del cuoio capelluto.

Nel 1975 l'argentino Juri descrisse la tecnicadi rotazione del lembo temporo-parieto-occi-p i tale, successiva m e n te perfe z i o n a ta daChaijchir e oggi quasi del tutto abbandonata.Nel 1977 Blanchard e Hunger diffusero la tec-nica di riduzione dell'area calva (detonsura-zione) anche associata con l'autotrapianto eKa b a ker dimost rò l'utilità degli espansoricutanei.A part i re dal 1982, con il micro gra ft i n gdescritto da Rolf Nordstrom e Manny Marrit,si ha una nuova svolta, un decisivo perfeziona-mento tecnico e nasce un nuovo concetto:l'autotrapianto monobulbare.

Questa tecnica si basa sulla applicazione dibulbi piliferi ottenuti dall'area occipitale iquali vengono inseriti nell'area ri c eve n temediante un'incisione puntiforme mantenuta

divaricata per qualche secondo.Dal 1990 in poi questa tecnica chirurgica èandata sempre perfezionandosi, fino a con-sentire oggi risultati ritenuti fino a pochi annifa impensabili per naturalità e densità.

Oggi dunque le tecniche per il trattamentochirurgico della calvizie sono molteplici; staall'abilità e all'esperienza del chirurgo utiliz-zarle singolarmente o in associazione per otte-nere il miglior risultato possibile a secondadel paziente, del quadro clinico, delle sueaspettative, del sesso, delle condizioni genera-li e locali. Vediamole in breve.

LE OPZIONI CHIRURGICHE

Rotazione e trasposizione di lembi dicuoio capelluto (tecnica di Juri)

È la tecnica proposta da Juri nel 1975, oggiquasi abbandonata, per ricostruire la lineafrontale. Consiste nell'autonomizzare, in ane-stesia locale e, solitamente, in due sedute ope-ratorie ambulatoriali distanziate di circa 15giorni, un lembo di cute nella regione latero-posteriore del cuoio capelluto. Si tratta di unlembo centrato sull'arteria temporale superfi-ciale, lungo 20 - 25 cm, largo 3,5 - 4 cm. Lasua forma deve essere attentamente valutata ecalcolata in modo da permettere una facilerotazione.Ottenuto il lembo rotante questo deve esserep o s i z i o n a to con l'arte ria te mp o rale sullaregione frontale in anestesia generale. Perfare questo il lembo viene completamenteautonomizzato sul peduncolo anteriore e ruo-tato fino a raggiungere la zona frontale dove,precedentemente, è stata rimossa una strisciaglabra di epidermide profonda 1 - 2 mm, inmodo da fornirgli un alloggio adeguato e rico-struire l'attaccatura frontale.

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Segue sutura, bendaggio non compressivo edrenaggio aspirante (per togliere eventualiraccolte di liquido).Il bendaggio viene rimosso norm a l m e n tedopo 24 ore dall'intervento ed i punti di sutu-ra dopo 10 - 15 giorni.Questa tecnica chirurgica può essere eseguitasu entrambi i lati (sia da destra che da sini-stra) e può essere associata al trapianto adisole per coprire il vertice.Lo scollamento della regione retro auricolare,con lifting esteso al collo, permette una sutu-ra della zona donatrice senza tensione.

I problemi di questo tipo di intervento sono:- quelli, teorici, connessi all'anestesia genera-le,- l'edema e l'ematoma della fronte, comunema non grave,- la temibile necrosi (fino ed oltre 2 cm) dell'e-stremità distale del lembo ruotato che ingenere dipende dalla sua eccessiva lunghezza

e dal conseguente scarso apporto vascolare; inquesto caso il danno estetico è mal riparabile.Questa ultimo rischio può essere evitato conla variante tecnica di Faivre-Rabineau cheprevede l'impiego di due lembi temporali,ovviamente più corti, che si congiungonosulla linea mediana (lunghezza 10 - 12 cm elarghezza 2 - 2,5 cm).

Usando la tecnica di rotazione dei lembi si hail vantaggio di una immediata alta densità dicapelli (difficile ad ottenersi con gli innesti) elo svantaggio di un risultato estetico non sem-pre perfetto. L'attaccatura frontale dei capellispesso assume facilmente un aspetto anorma-le. Infatti se la lunghezza del lembo non è suf-ficiente, per farlo arrivare dalla parte oppostaè necessario disporlo in maniera quasi oriz-zontale determinando una linea frontale deltutto innaturale, cioè priva della stempiaturamaschile (il paziente assomiglia un po' allacreatura del barone di Frankestein); quandola tecnica è eseguita su entrambi i lati i duelembi presentano una direzione dei capellil'uno nel senso contrario all'altro (il capello èinclinato di 75° rispetto al piano cutaneo),contribuendo a dare immediatamente un'im-pressione di innaturalità a tutto il cuoio capel-luto e rendendo arduo qualsiasi tentativo dipettinatura.È una tecnica che ha oggi pochi estimatori e

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viene talvolta utilizzata in chirurgia oncologi-ca, per ricoprire una breccia chirurgica con-seguente all'asportazione di un tumore.

Riduzione dell'area calva(Detonsurazione di Blanchard e Hunger -scalp reduction - scalp lifting - galeoplastica)

In chirurgia tricologica è la tecnica più sem-plice ed intuitiva proposta da Blanchard eHunger nel 1977. Consiste nell'asportare chi-rurgicamente una “losanga” di cuoio capellu-to alopecico e suturarne poi i lembi. Scopodell'intervento è ridurre l'area calva e, unavolta che questa è stata ridimensionata, rifini-re, eventualmente, il lavoro con un autotra-pianto. Prima dell'intervento occorre valutarepalpatoriamente con i polpastrelli delle dital'elasticità del cuoio capelluto per evitare ditrovarsi poi, una volta eseguito l'intervento,nell'impossibilità di chiudere la breccia opera-toria. L'intervento viene effettuato in aneste-sia locale e, se necessario, può essere ripetutopiù volte, sempre con qualche mese di inter-vallo. Sono comuni, dopo l'intervento, l'ede-ma e la cefalea che scompaiono in qualchegiorno. Il lavaggio della testa è in genere con-sentito dopo 3 - 4 giorni.

Una variante tecnica prevede l'uso di “espan-sori cutanei” (secondo Kabaker). Si tratta, inpratica, di “palloncini” di materiale biocom-patibile che vengono introdotti nel tessuto sot-

tocutaneo in vicinanza dell'area da detonsura-re, 45 - 60 giorni prima dell'intervento.L'espansore, posizionato sotto la cute, vienelentamente e progressivamente riempito disoluzione fisiologica con una comune siringaattraverso una valvola monodirezionale, inmodo da espandere la cute soprastante. Inqu e sto modo, al momento dell'inte rve n to ,sarà disponibile un lembo di tessuto (provvi-sto di capelli) da poter utilizzare per coprirel'area calva.Ovviamente la presenza di queste “protube-ranze” sulla testa in preparazione dell'inter-vento, è fonte di problemi estetici e relaziona-li non indifferenti.

Più recente è l'uso dell' “estensore sottocuta-neo” (extender), una sorta di tirante che haminimizzato gran parte dei disagi degli espan-sori classici. Si tratta di uno strumento dellospessore di 0,5 mm, in silicone elastico, conalle estremità degli uncini di titanio che siinseriscono nella galea; la sua lunghezza puòessere diversa in relazione alla dimensionedella zona da ridurre. In corrispondenza dellazona glabra, di solito il vertice, viene pratica-ta una incisione ellittica che permette di inse-rire l'estensore ancorato mediante gli uncinialla galea capitis ed in tensione, poi la feritaviene suturata con filo trasparente e sottile, insostanza invisibile. L'estensore è percepibilesolo al tatto ma praticamente non è visibile epermette una ottima vita di relazione evitan-do l'inconveniente più grave degli espansori.

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Dopo circa un mese la tensione dell'estensoreha notevolmente ridotto la zona calva avvici-nando i margini di cute espansa e coperta dicapelli. Il chirurgo toglie l'estensore, vienerimossa la cute calva ed i bordi allineati esuturati definitivamente.I risultati migliori si ottengono nei casi dimedia calvizie, per superfici da 10 a 13 cm didiametro.

L'autotrapianto monobulbare secondoNordstrom e Marrit.

È la tecnica pro p o sta nel 1982, da Ro l fNordstrom e Manny Marrit, con la quale si èavuta una svolta determinante ed un perfezio-namento tecnico decisivo. Ancora oggi è que-sta la tecnica più utilizzata, più conosciuta equella di cui parleremo più diffusamente inqueste pagine; è ormai divenuta l'opzione diprima scelta da quando sono stati introdotteva riazioni e migl i o ramenti sostanziali ch e

hanno definitivamente sostituito i cosiddetti“trapianti ad isola” (Okuda - Orentreich) che,pur rimpiazzando le zone calve, davano al tra-pianto un aspetto a capelli di bambola (a ciuf-fetti) assolutamente poco estetico e poco natu-rale. L'estetica e la naturalezza l'autotrapiantol'ha conquistata definitivamente con l'avventodei mini trapianti e dei micro tra p i a n t i(micrografting).

L'impianto di capelli artificiali (meto-do Yamada)

Ricordiamo per completezza e soprattutto atitolo storico anche questa tecnica parachi-rurgica, a nostro parere obsoleta ma che haavuto ed ha i suoi estimatori e che viene, quao là, ancora praticata e periodicamente ripro-posta.L ' i mp i a n to di capelli art i ficiali nel cuoiocapelluto è una procedura di mascheramentodella calvizie. Tale metodica si diffuse rapida-

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mente dall'America e dal Giappone versol'Europa approdando in Italia all'inizio deglianni 80.I “capelli artificiali”, nella loro concezioneoriginale (secondo Yamada), sono di polieste-re e colorati con pigmenti inorganici chedanno loro un aspetto naturale. Dapprimaarrivavano direttamente dal Giappone, in con-tenitori sterili, poi sono stati prodotti un po'ovunque. La loro lunghezza originale era di16 cm. Ad una estremità presentano una spe-cie di cappio. Mediante un apposito strumen-to questi capelli vengono afferrati da un agosottile e “sparati”, anche senza necessità dianestesia, nel cuoio capelluto ad una profon-dità di 8 - 15 mm, sempre sopra la “galea capi-tis” (fascia connettivale semi rigida che siestende sopra e a protezione del cranio).

Il “cappio”, in basso al capello, funziona dasistema di ancoraggio quando intorno ad essosi forma tessuto cicatriziale. Durante ogniseduta possono essere impiantati, senza ane-

stesia, alcune centinaia di questi capelli, disolito fino a 500. Il tessuto cicatriziale che siforma intorno al cappio fissa l'estremità delcapello che rimane ancorato al sottocutaneocon una certa stabilità. Tra capello impianta-to e cute avviene inoltre un processo di epite-lizzazione, o di marsupializzazione, che fini-sce per formare una specie di pseudofollicolo,sola barriera che dovrebbe impedire ai germidi invadere il derma. Il capello artificiale,nonostante l'ancoraggio, va comunque incon-tro, come ogni corpo estraneo, ad un proces-so di superficializzazione che finisce con lasua espulsione; una perdita di capelli artificia-li considerata normale oscilla mediamente frail 10 e il 30% all'anno. Occorrono quindiperiodici interventi di rinfoltimento che com-pensino le perdite.

Della tecnica originale di Yamada sono stateproposte numerose varianti ma tutte senzareali vantaggi: differiscono fra di loro per il

tipo di materiale con cui il capello è realizza-to, per il metodo di colorazione più o menosuperficiale della fibra, per il tipo di cappioche dovrebbe fermarlo alla galea, per la formadell'ago infissore ma sopratutto per la prove-

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nienza del kit chirurgico. Una delle tecnichepiù originali prevede l'impianto di capelli a“V”, da inserire con uno strumento ad agoretrattile, dotato di 2 punte, che aggancia ilcapello in corrispondenza del vertice della V elo rilascia ad una profondità di 8 mm. Datoche così ad ogni impianto corrispondono 2capelli e che il metodo di inserimento è velo-cissimo, si arriva fino a 800 capelli all'ora. Ilrisultato estetico immediato, specie nei casi diaree alopeciche limitate con assenza di tessu-to cicatriziale e se la quantità di capelli inse-riti non è troppo grande (2000 - 5000 capelli),è assolutamente buono ed anche la tollerabi-lità del materiale artificiale da parte dellacute è, all'inizio, apparentemente buona.I risultati sono nel tempo, di solito, moltoinferiori alle aspettative.Per un buon esito di questa tecnica occorrecomunque che venga rispettato un precisoprotocollo le cui regole fondamentali sono:- l'implantologo deve essere qualificato, possi-bilmente specialista in dermatologia con espe-rienza di dermochirurgia;- la fibra del capello artificiale deve essere unpolimero medical-grade, registrato nella far-macopea come filo da sutura; - i pigmenti utilizzati nella fibra devono esse-re di origine naturale ed inglobati nel polime-ro ancora allo stato liquido perché non posa-no migrare nel derma;- il sistema di ancoraggio deve essere a nodoreversibile per consentire, se necessario, l'e-strazione della fibra con danni cicatrizialiminimi;- le fasi di attuazione dell'inte rve n to diimpianto debbono essere collegate fra loro inmaniera organica e programmata per ottene-re il meglio che il metodo può offrire;- dopo il momento operatorio il paziente nondovrà essere abbandonato ma verrà seguitonel tempo e da personale medico adeguata-mente preparato;

- l'informazione del paziente sul pre e sul postoperatorio deve essere corretta; deve essereanche chiara e precisa su quanto il metodo diimpianto può dare e su quali sono i suoi difet-ti connaturati ed i suoi limiti e costi.L'inconveniente subito più evidente di questometodo consiste nel fatto che viene espulsofino al 30% dei capelli impiantati ogni anno epoiché è previsto un periodico intervento dirinfoltimento che compensi le perdite, i costisi fanno assai elevati e il soggetto diventa“ d i p e n d e n te” dal “centro tri c o l o g i c o ” .Successivamente ogni capello che viene espul-so lascia una piccola zona di alopecia cicatri-ziale che piano piano finisce per trasformarel'alopecia androgenetica in una alopecia cica-triziale.Sono poi anche drammaticamente frequentifenomeni di reazioni da corpo estraneo conformazione di tipici granulomi infiammatori.Troppo frequente è anche l'infezione dellacute causata da basse cariche di batteri, spes-so anche antibiotico resistenti.

Oltre a tutto questo il costo degli interventi èmolto alto (i preventivi vengono fatti un tantoa capello) e questo prezzo non è giustificatoné dal costo del materiale usato né dai risulta-

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ti ottenuti né spesso, purtroppo, dalla profes-sionalità di chi effettua questi impianti.Q u e sta tecnica, che fu dich i a ra ta illega l enegli USA dalla FDA nel 1983, è ancora spo-radicamente praticata da “tricologi” spessonon meglio qualificati e spesso non medici,per i quali si configura anche il reato di eser-cizio abusivo della professione.Una variante, che riteniamo abbandonata, diquesta tecnica è l'impianto di capelli naturali( “Ti m s ” -Tecnica imp l a n tologica meto d oSanti).Si tratta in questo caso di capelli veri neiquali il bulbo originale viene sostituito conuno pseudobulbo artificiale, polimerico, a“treccia aperta”, che consentirà l'ancoraggioalla cute; dopo la sterilizzazione, con metodosimile a quello dei capelli artificiali, i capellivengono inseriti nel cuoio capelluto con la“pistola implantologica”, in direzione obli-qua, 30 - 35°, ad una profondità di 5 - 8 mm).Ad un test preliminare di valutazione, effet-tuato con 100 - 150 capelli, segue, in generedopo 2 mesi, l'impianto vero e proprio (300 -350 capelli per seduta, sempre ad un costocalcolato sul numero dei capelli e comunqueassai alto). Il risultato estetico della metodicaè migliore di quello ottenibile con i capelliartificiali e la percentuale di perdita annuasarebbe inferiore. Qualunque sia il risultatoestetico dell'impianto di capelli occorre poisempre considerare non solo il problema dellaloro “perdita” annua ma anche quello dellal o ro conservazione. Il dete ri o ra m e n to deicapelli naturali sarà infatti tanto più velocequanto più vengono trattati: shampoo, petti-nature, asciugature, acqua clorata, cappelli,caschi, per non parlare di colorazioni e deco-lorazioni che ne compromettono rapidamentela qualità e l'aspetto. In definitiva il risultatoestetico iniziale (magari buono) verrà perdutopiù o meno rapidamente. Inoltre anche ilcapello naturale è comunque e ovviamente un

corpo estraneo, ancora meno biocompatibiledi una fibra artificiale, pertanto anche questametodica è soggetta a tutti gli stessi inconve-nienti e a tutti i rischi del metodo Yamada.

Solo con pare re dell'8 fe b b raio 1995, ilMinistero della Sanità italiano ha deliberatoche l'innesto di capelli inorganici o naturalideve essere considerato atto medico ed esegui-to da laureati in medicina e chirurgia abilita-ti all'esercizio della professione, inoltre i cen-tri ove l'attività viene eseguita devono essereconsiderati ambulatori ai sensi dell'art. 193Testo Unico LL SS e successive modifiche.Tutto questo sembra ancora largamente insuf-ficiente!

GENERALITÀ SULL'AUTOTRAPIANTOMONOFOLLICOLARE

(micrografting)

Le possibilità dell'autotrapianto

Un autotrapianto non crea nuovi capelli dalnulla, ma si limita a distribuire su una zonapiù ampia quelli presenti sul cuoio capelluto.Po i ché esistono gradi dive rsi di calv i z i e ,anche i risultati dell'autotrapianto variano dasoggetto a soggetto; è evidente che maggiore èl'estensione dell'area priva di capelli, più pic-cola l'ampiezza della zona donatrice, minoresarà la densità finale raggiungibile. La densi-tà ottenibile con un autotrapianto, quindi, èsempre inferiore a quella dei capelli normali.Per ottenere un risultato più naturale possibi-le nella zona fro n tale i capelli ve n g o n oimpiantati molto vicini, mentre si tende aridurre la loro densità nelle zone posteriori.Un autotrapianto consente di ottenere risulta-ti permanenti, poiché i capelli spostati man-tengono le caratteristiche proprie della lorosede di provenienza (nuca) e quindi non cado-

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no o cadono molto avanti degli anni (fenome-no della dominanza di Orentreich). Il numerodi capelli, o meglio il numero di unità follico-lari, che può essere trapiantato in un singolointervento è normalmente compreso tra 1500e 2500, anche se è in teoria possibile raggiun-gere numeri molto più alti (3.000 o anche4.000). Sebbene molti pazienti diano estremaimportanza al numero di capelli trapiantatiper seduta, è bene tenere presente che ingenere il risultato ottenuto con due sedute da1.500 capelli effettuate a distanza di qualchemese è superiore per densità e naturalezzarispetto a quello ottenibile con un'unica sedu-ta da 3.000 capelli, in particolare se l'area darinfoltire non è molto estesa.Indipendentemente dal numero di capelli tra-piantati, l'intervento viene effettuato in ane-stesia locale, senza ricovero, ed ha un periododi convalescenza molto ridotto; già 24 oredopo la sua esecuzione i segni visibili si limi-tano a piccole crosticine in corrispondenzadegli innesti e ad modesto gonfiore nella zonadelle palpebre.

I limiti dell'autotrapianto

Come è ovvio, il limite principale dell'autotra-pianto è costituito dall'ampiezza dell'area darinfoltire e dalla disponibilità di capelli tra-p i a n tabili. Meno ovvio, sopra t t u t to per ipazienti più giovani, è che la calvizie è unfenomeno dinamico, che con gli anni tendeinevitabilmente a peggiorare. Il paziente idea-le è un soggetto con calvizie stabilizzata ealmeno 35 anni di età. Di fatto il chirurgo sitrova spesso a dover operare pazienti anchemolto più giovani, con calvizie ancora in pro-gressione. È imp o rta n te che il ch i ru rg oesponga con onestà i limiti del rinfoltimentoottenibile, ed eviti di utilizzare tutti i capellidell'area di donazione per ricreare, ad esem-

pio in un giovane, un'attaccatura ideale matroppo avanzata. Il risultato estetico di questastrategia potrebbe essere catastrofico a distan-za di anni quando, col progredire della calvi-zie, cadranno i capelli immediatamente poste-riori a quelli trapiantati (che invece, prove-nendo dalla nuca, pers i ste ranno): a qu e lpunto, senza capelli utilizzabili nell'area didonazione, resterebbe ben poco da fare percorreggere l'errore del primo trapianto.La perdita dei capelli è un fenomeno conti-nuo che ha una fase di caduta molto rapidafra i 20 ed i 35 anni ma non si arresta nean-che in età avanzata.

Il prelievo delle unità follicolari

Fondamentalmente sono oggi due le procedu-re alla base dell'autotrapianto:l'escissione di una losanga occipitale di cuoiocapelluto o il prelievo delle singole unità bul-b a ri (pro c e d u ra FUE, Follicular Un i tExtraction), entrambe praticate sulla parteposteriore e/o laterale dello scalpo.

La tecnica FUE (il cosiddetto prelievo “follico-lare” mediante microaspiratore monobulba-re) è ancor oggi oggetto di dibattito e vieneadottata, come pratica abituale dei prelievi,soltanto da pochi chirurghi. Il vantaggio attri-buito a tale tecnica, rappresentato dalle mino-ri dimensioni con conseguente minore visibi-lità delle cicatrici, necessita di ulteriori valu-tazioni. È utilizzabile essenzialmente nelleforme più lievi di calvizie dove possono basta-re 400 - 500 bulbi. Si tratta di una formamoderna di punch, cioè di microbisturi circo-lare in grado di prelevare segmenti minimi dicuoio capelluto contenenti uno o due bulbi. Èun metodo valido per ridurre le stempiaturema poco adatto quando si voglia rinfoltireuna zona ampia: in questi casi prima di rag-

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giungere un risultato soddisfacente dovrannoessere effettuate varie sedute a distanza traloro di qualche mese.

I tempi operatori sono inoltre più lunghi inquanto il prelievo richiede più tempo e quin-di i costi per collocare 400 - 500 bulbi sonoquasi sovrapponibili a quelli necessari peruna seduta “standard” di microinnesti. Lemodalità della pro c e d u ra sono identich e :intervento ambulatoriale in anestesia locale.Il decorso postoperatorio è sovrapponibile inquanto il collocamento degli innesti è identi-co. La ripercussione del prelievo sulla zonaposteriore donatrice è minima anche se i pro-cessi cicatriziali successivi alla guarigione deipiccoli punti dove sono stati prelevati i singo-li innesti possono ridurre la quantità comples-siva dei bulbi prelevabili successivamente.Questo metodo ha in effetti il vantaggio diessere meno traumatico e di non lasciarealcun esito cicatriziale. Richiede però piùpazienza per chi desideri raggiungere rinfolti-menti importanti che potranno avere alla fineun costo complessivo superiore.

La tecnica di prelievo oggi più diffusa è l'escis-sione della losanga occipitale. Al microscopioil lembo cutaneo viene poi sezionato in unitàfollicolari (contenenti da 1 a 4 capelli) e unitàmultifollicolari (contenenti dai 3 ai 6 capelliciascuna). La creazione di unità follicolari

molto piccole consente di poter utilizzareaghi sottili per allestire i siti di ricezione, cosìda non correre il rischio di danneggiare i fol-licoli vicini e provocare eccessivo danno vasco-lare.

Il microtrapianto di unità follicolari (dall'in-glese Follicular unit micrografting) ha per-messo di superare i limiti delle precedenti tec-niche, compreso l'inestetico “effetto bambo-la” (pluggy look) e di allargare il numero dicandidati alla chirurgia della calvizie. Questaprocedura, di grande flessibilità, consente piùdi qualunque altra di ricreare o ridefinire lalinea frontale e temporale in modo talmentenaturale da rendere quasi impossibile la per-cezione che il soggetto si sia sottoposto a ripri-stino chirurgico.

L'affinamento e la personalizzazione da partedei chirurghi delle varie procedure esistentiha portato alla continua messa a punto di tec-n i che individuali, divulga te poi attrave rs opubblicazioni e congressi dedicati. Ma su un

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punto tutti i chirurghi sono sempre concordi,di procedere nei primi millimetri della zonafrontale (praticamente il 5 - 10% del totale deicapelli da trapiantare) con la tecnica di micro-grafting. Per il resto la scelta è discrezionale:dal trapianto totale (autotrapianto di unitàfollicolari) al micro/minitrapianto, dagli inne-sti combinati (slot punch) agli innesti lineari.

La visita preliminare

Il primo contatto tra chirurgo e paziente rive-ste sempre un'importanza fondamentale. È inquesta sede che si dovrà stabilire se la calvizieha raggiunto uno stadio in cui altre terapienon possono più dare risultati soddisfacenti ese è quindi corretto utilizzare la chirurgia.Dal IV stadio della scala di Hamilton la chi-rurgia è spesso la soluzione migliore, anche seoccorre sottolineare che le scale di classifica-zione dell'alopecia sono solo indicative e cheogni paziente deve essere valutato singolar-mente.Per pianificare in maniera corretta l'interven-to è importante, con alcune deroghe, che lacaduta si sia in qualche maniera stabilizzata.È importante che si sondino anche le aspetta-tive che portano il paziente al chirurgo, chesiano realistiche e non legate a desideri irrea-lizzabili o a dismorfofobia. Ai pazienti più gio-vani, in cui ansie e speranze sono in genere

molto pressanti, deve essere illustrata l'evolu-zione che la capigliatura potrà avere nel corsodella vita e come questo sia da considerare infase di programmazione dell'autotrapianto.Spesso ciò che terrorizza un ragazzo cheperde i capelli non è la situazione presentema quella che teme possa accadere più avantinel tempo. Un trapianto dovrà dargli la sicu-rezza che la calvizie non ci sarà. Un bravo chi-rurgo consiglierà la strategia migliore senzapromettere risultati miracolosi, bensì cercan-do la soluzione giusta e prendendo in conside-razione l'età, il grado di calvizie, la densità, ilcolore e la qualità dei capelli dell'area dona-trice. Spesso, nel colloquio con il paziente, sisottolinea che la calvizie non è una malattia,ma un problema estetico e psicologico: il com-pito del chirurgo consiste nel trovare la solu-zione a tale problema.Durante il colloquio preliminare, il pazientericeverà alcune importanti informazioni sullatecnica più adeguata, su come prepararsia l l ' i n te rve n to, sul numero degli inte rve n t inecessari o che potranno essere necessari perlui, sui risultati parziali e finali che si potran-no ottenere, sugli accorgimenti e sulle possibi-li complicanze del postoperatorio, sulla stimarealistica dei costi fisici ed economici. È que-sta l'occasione che il chirurgo ha per rispon-dere a eventuali domande e dubbi. La visionedi materiale illustrativo di casi clinici pre epost chirurgia nonché la sottoscrizione di unconsenso informato chiaro e dettagliato aiute-rà il paziente ad avvicinarsi all'intervento conuna maggiore consapevolezza dei vantaggi edei limiti dell'autotrapianto.Per evitare delusioni il paziente dovrà fonda-mentalmente aver chiaro un concetto base:che l'autotrapianto dei capelli svolge ottima-mente il compito di ridistribuire i capelli esi-stenti ma non può crearne di nuovi.

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Le indicazioni all'autotrapianto

È candidato all'intervento di autotrapianto:- chi presenta alopecia androgenetica di tiposia maschile che femminile;- chi desidera aumentare la densità dei capel-li in un'area diradata;- chi presenta aree cicatriziali causate da trau-mi (anche chirurgici, come ad esempio un lif-ting facciale) o da malattie cutanee;- chi vuole infoltire o ripristinare i peli perdu-ti in parti del corpo come sopracciglia, ciglia,pube, aree ustionate.Candidato alla chirurgia della calvizie puòdefinirsi chi, uomo o donna, a partire daidiciotto anni, abbia rilevato una perdita per-m a n e n te dei capelli (dall'inte rve n to sonoesclusi i diabetici insulinodipendenti ed i car-diopatici gravi). Il rinfoltimento chirurgico ègiustificabile anche in presenza di un'areadiradata di piccole dimensioni, soprattutto seil soggetto vive il problema con forte disagio ecome elemento di disistima.La visita preliminare ha lo scopo di informa-re il paziente sulle possibili soluzioni del pro-blema ma senza spingerlo all'intervento. Se ilpaziente non risulta essere un candidato vali-do all'autotrapianto o è comunque troppo gio-vane per affrontarlo è meglio invitarlo a unsecondo controllo dopo almeno 6 - 12 mesi.

L'autotrapianto nei pazienti giovani

I giovani pazienti sono sempre difficili daaccontentare poiché la volontà di ricorrereall'autotrapianto si carica di una serie diaspettative non sempre obiettive. Spesso vienerichiesta la correzione della normale alopeciafrontoparietale (la ste mpiatura). La calvizieprematura può avere conseguenze psicologi-che pesanti per la qualità della vita. Nei con-fronti di un giovane paziente ed in particola-

re verso chi non è ancora maggiorenne, il chi-rurgo dovrà tenere un atteggiamento rassicu-rante e nel contempo deciso. Dovrà fargli pre-sente che, se la calvizie non è particolarmen-te avanzata, è preferibile attendere e valutar-ne l'ulteriore progressione. Nel frattempo, permantenere il più possibile i capelli presenti,deve essere preso in considerazione il tratta-mento medico: finasteride, minoxidil ecc.Qualora poi si decidesse comunque per unintervento precoce è necessario optare per unapproccio poco aggressivo e prevedere la peg-giore ipotesi possibile di evoluzione dell'alope-cia. Per progettare l'intervento occorre ancheaffidarsi all'anamnesi familiare, valutando icasi di calvizie in famiglia, soprattutto delpadre e del nonno materno.

L'autotrapianto nelle donne

La donna può essere sottoposta al trapiantopurché abbia capelli di buona qualità e suffi-ciente densità nella regione donatrice. Ladonna vive la calvizie come un grave handi-cap non solo per i suoi risvolti estetici masoprattutto per il danno di immagine che que-sta comporta e che si ripercuote, a volte conforme estreme, nella sua vita affettiva, socialee professionale.Nel discutere l'autotrapianto con una donna èo p p o rtuno un approccio dive rso ri s p et toall'uomo. Di notevole importanza è il non ali-mentare aspettative troppo elevate ed irrealiz-zabili che possono sfociare in pesanti delusio-ni e profonda amarezza. L'esposizione saràchiara e senza esagerazioni sui risultati rag-giungibili. Il chirurgo, dopo aver valutatoquali siano le cause che determinano la perdi-ta dei capelli, dovrà stimare se la pazienteabbia una sufficiente densità dell'area dona-trice occipitale e se i capelli siano di diametroadeguato. Occorre infine informare la pazien-

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te sul fatto che, con il periodo perimenopau-sale e postmenopausale, ci potrà essere un'ul-teriore perdita dei capelli e che pertantopotranno dover essere prese in considerazionefuture sessioni di autotrapianto, sempre chel'area donatrice sia in grado di consentirle.

In mancanza dei requisiti necessari si dovràin ogni caso scartare l'ipotesi dell'intervento,dirottando eventualmente la paziente verso ilcamouflage. Confermata al contrario la candi-datura all'autotrapianto, possono essere util-mente prospettate le tecniche che prevedonol'impiego pressoché esclusivo di unità mono-follicolari. Si sconsiglia sempre, nella donna,il prelievo nelle zone laterali e temporali, per-ché è sempre possibile un loro futuro dirada-mento, evenienza che lascerebbe scoperta evisibile la cicatrice operatoria.

Il preoperatorio

Qualche settimana prima dell'autotrapiantoviene consegnata al paziente una scheda con-tenente i suggerimenti ed i consigli da mette-re in atto per facilitare l'intervento stesso el'immediata ripresa della attività.Sebbene l'autot ra p i a n to dei capelli nonrichieda, per la sua natura, grandi indaginipreliminari, molti chirurghi prescrivono alcu-ni esami di routine preoperatori: emocromo,

transaminasi, marker dell'epatite B e C edell'HIV, esami di coagulazione, ECG.È importante che il chirurgo sia a conoscenzadi eventuali farmaci assunti dal paziente, i cuicomponenti possano interagire con il sangui-namento o con i farmaci impiegati nella ses-sione chirurgica.Si chiede al paziente di eventuali allergie (allatice ad esempio) o di reazioni tossiche adanestetici e medicamenti impiegabili durantel'arco della sessione chirurgica.Il giorno stesso dell'intervento si procede alloscatto delle fotografie preoperatorie, vienerivisto ed eventualmente rivalutato, il pianooperatorio personalizzato e compilato duran-te la visita preliminare.Al paziente viene richiesto di sottoscrivere ilconsenso informato, con il quale dichiara diessere a conoscenza delle modalità dell'auto-trapianto nonché delle eventuali complicanzeche da esso potrebbero derivare.

Istruzioni preoperatorie per il paziente

- Astenersi dall'assumere farmaci antinfiam-matori e analgesici nella settimana anteceden-te l'intervento (tali farmaci possono allungareil tempo di sanguinamento).- Astenersi dall'assumere integratori nutrizio-nali una settimana prima dell'intervento.Sospendere ogni terapia locale (fiale, lozioniecc.) una settimana prima dell'intervento.- Non assumere bevande alcoliche, compresovino e birra, nelle 24 ore antecedenti l'inter-vento.- La mattina dell'intervento fare regolarmentecolazione.- Effettuare uno shampoo accurato il giornostesso dell'intervento.- Attenersi ad ogni altra eventuale istruzione eprescrizione data dal chirurgo.

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LA PROCEDURA CHIRURGICAA cura di Vincenzo Gambino

Prima di addentrarci nella descrizione dellaprocedura chirurgica è necessario considera-re alcuni elementi che contribuiscono a deter-minarne il successo e fra questi l'organizza-zione dell'ambulatorio chirurgico, la distribu-zione razionale degli spazi, la strumentazioneutilizzata durante l'intervento.

L'autotrapianto dei capelli deve essere pratica-to in una struttura qualificata, che garantiscala costante presenza dell'anestesista in tutte lefasi dell'intervento e che sia dotata di attrezza-ture per la rianimazione, garantendo così lamassima sicurezza del paziente.

La sala operatoria deve essere sufficientemen-te spaziosa, adeguatamente illuminata, dotatadi poltrone ad altezza regolabile e di un tavo-lo operatorio automatizzato che consenta laposizione di Trendelenburg.

Note sull'anestesia

L'autotrapianto di capelli è un intervento chi-ru rgico ad invasività limita ta che può edovrebbe sempre essere eseguito in anestesialocale. Questa, oltre a consentire la dimissio-ne del paziente praticamente subito dopo l'in-tervento, lo porta a interagire e a collaborarea t t i va m e n te in tutte le fasi ch i ru rg i ch e .L'anestesia pone comunque dei problemi chevanno conosciuti. Primo fra tutti la duratad e l l ' i n te rve n to, che norm a l m e n te preve d ediverse ore di lavoro e anche il paziente piùcollaborante ha spesso necessità di un suppor-to farmacologico che gli consenta di soppor-tarne la lunghezza. Occorre considerare chele moderne tecniche di autotrapianto richie-dono ora sessioni più lunghe rispetto al passa-

to (4 - 6 ore), dovute principalmente al nume-ro di trapianti per ciascuna sessione nonchéalle più piccole dimensioni degli stessi. Tuttoquesto richiede un'anestesia adeguata, chemantenga costante la propria azione e miglio-ri l'emostasi limitando il sanguinamento.La scelta e la somministrazione dell'anesteticora p p re s e n tano quindi un elemento fo n d a-mentale. L'importanza di controllare il dolorein tutte le fasi e di ridurre l'ansia del pazientenon deve essere sottovalutata. Per tale ragioneè necessario che il chirurgo sia a conoscenzadell'azione, del dosaggio, della durata e delleeventuali reazioni tossiche dell'anestetico cheandrà a utilizzare.Tra gli anestetici locali sono oggi preferite lalidocaina clori d ra to 1% con adre n a l i n a1/100.000 e la bupivacaina 0.25% con adre-nalina 1/20.000 che ha una durata d'azionedi 2 - 3 volte più lunga della lidocaina ma èpiù tossica.Le reazioni allergiche a questi anestetici sonomolto rare e dovute per lo più a un conservan-te, il metilparabene, che viene aggiunto nellepreparazioni multidose per le sue proprietàbatteriostatiche e fungistatiche. La tossicitàsistemica è dovuta a due motivi: a un'iniezio-ne accidentale intravascolare, anche in mini-ma quantità, oppure a una somministrazioneeccessiva in dose unica. La casa farmaceuticaraccomanda di non superare la dose di 50 mldi lidocaina 1% con adrenalina 1/100.000 perunica somministrazione; il dosaggio massimoraccomandato per la bupivacaina 0,25% conadrenalina 1/200.000 è invece di 225 mg.

La somministrazione di benzodiazepine ridu-ce gli effetti sul sistema nervoso centrale eaumenta la soglia convulsiva. Sono sufficientisecondo la maggior parte dei chirurghi trico-logi 10 mg per os di diazepam ma qualcunopreferisce una sedazione più profonda per viavenosa; in questo caso per ragioni medico-

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legali si consiglia comunque la presenza di unanestesista. Se si desidera sedare il paziente lascelta dei farmaci cade sulle molecole ipnoti-co sedative di ultima generazione, caratteriz-zate da un favorevole profilo farmacocineticoa rapida azione ed altrettanto veloce cadutadella concentrazione plasmatica al disot todella finestra terapeutica, tale che il rischio disedazione prolungata e di effetti collaterali ad i stanza ri s u l ta pra t i c a m e n te annullato .Queste proprietà permettono, durante l'inter-vento, una sedazione del paziente efficace edestremamente modulabile, conservando intat-ta la possibilità di dimissione a fine procedu-ra. Il Midazolam (Ipnovel®), benzodiazepinaad azione ultrabreve, somministrata in boliretratti fino al raggiungimento dell'effetto cli-nico desiderato, può essere utilizzata contranquillità e rimane a tutt'oggi la molecolam a g g i o rm e n te utilizzata. Il Pro p o fo l(Diprivan®) si rivela prezioso qualora si pre-ferisca l'infusione continua per ottenere unlivello stabile di sedazione, che può variaredalla semplice ansiolisi fino ad un vero e pro-prio stato ipnotico. Le caratteristiche del far-maco, il suo elevato volume di distribuzione ela rapida caduta della concentrazione plasma-tica a fine infusione legata sia a fenomeni did e gradazione che di ri d i st ribuzione, nega rantiscono la cessazione comp l eta degl ieffetti clinici anche dopo infusioni di lungadurata.

Le fasi dell'autotrapianto

L'autotrapianto dei capelli si articola in quat-tro specifiche fasi chirurgiche il cui rispetto èdeterminante per la riuscita dell'insieme:- valutazione e prelievo dell'area donatrice;- preparazione dei graft e delle unità follicola-ri;- creazione dei siti di ricezione;

- inserimento dei bulbi.

Fase 1:Valutazione e prelievo dell'area donatrice

Il paziente viene vestito con una comodavestaglia, poi introdotto in sala operatoria epreparato per il controllo continuo dei segnivitali. Le attuali apparecchiature di monito-raggio rilevano i dati di pressione sanguigna,cuore, polso, polmoni con un sensore noninvasivo sistemato su un dito. A questo puntoviene somministrato un antibiotico ed un leg-gero sedativo. Una compressa da 1 g di amoxi-cillina (che il paziente continuerà ad assume-re dopo l'intervento per 5 giorni al dosaggiodi 1 g 2 volte al giorno) accompagnata da 10mg di diazepam che riduce la tossicità dell'a-nestetico. La somministrazione dell'antibioti-co ha, ovviamente, lo scopo di prevenire even-tuali infezioni anche se queste, dopo un inter-vento di autotrapianto, sono estremamenterare.A paziente seduto su una poltrona simile aquella in uso negli studi dentistici ha inizio lap re p a razione dell'area donatrice. Con unrasoio elettrico si accorciano selettivamente icapelli presenti sulla striscia da prelevare allalunghezza di 2 mm (questo consentirà, aintervento ultimato, di coprire i punti di sutu-ra con i capelli circostanti), poi si disinfetta.L'area donatrice elettiva (SDA, Safe DonorArea) è situata nella regione parieto-occipita-le, dove i capelli sono permanenti. Il criteriodi definizione della SDA tiene conto di unaserie di fattori come l'età del paziente, la suaanamnesi familiare, l'esame obbiettivo.L'approccio più sicuro è comunque semprequello più conservativo, che definisce il mar-gine inferiore a partire dalla protuberanzaoccipitale e prosegue lateralmente verso lazona parietale con una larghezza di prelievo,

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in caso di primo intervento e logicamentedopo aver accertato l'elasticità del cuoio capel-luto, di 2 cm nella zona occipitale, che dimi-nuisce a 1,5 cm nella zona parietale e poi sirestringe.

Valutata l'area donatrice, si procede, semprecon il paziente seduto in poltrona, alla sommi-nistrazione dell'anestetico.

L'anestesia viene effettuata con una siringa da3 ml e un ago da 30 Gauge. Generalmente siinizia dalla protuberanza occipitale iniettan-do lentamente l'anestetico nel derma profon-do e procedendo verso le aree parietali.La quantità di anestetico adoperata in questafase va ria, ov v i a m e n te, in ra p p o rto alladimensione della zona di prelievo che dipen-de dal numero di unità follicolari che si vuole

ottenere. Per un espianto che va da una zonatemporale all'altra si usano 10 - 12 ml di ane-stetico (lidocaina).Fi n i ta l'anestesia, dopo aver abbassato loschienale della poltrona, si fa distendere ilpaziente in posizione prona con il viso appog-giato su un apposito cuscino (prono pillow). Èpratica comune ora infiltrare nell'area di pre-lievo soluzione fisiologica con una siringa da10 ml provvista di ago da 21 Gauge, iniettan-do sia nel tessuto adiposo sottocutaneo sia alivello del derma superficiale. La tumescenzache si ottiene con l'infiltrazione di soluzionefisiologia offe diversi vantaggi:- mantiene ferma e solleva l'area di prelievo, ilche permette di praticare l'incisione dei mar-gini della losanga senza danneggiare le strut-ture vascolari e nervose sottostanti;- aumenta la distanza tra i capelli, aiutando ilchirurgo a non sezionare i bulbi;- aumenta lo spazio tra le unità follicolari,facilitando la loro successiva separazione epreparazione;- riduce il sanguinamento.Il taglio dei margini della losanga deve avveni-re creando il minor danno possibile ai bulbi.La maggior parte degli operatori utilizza unbisturi monolama, più sicuro in quanto con-sente un miglior controllo dell'angolo di cre-scita dei capelli, posizionando la lama paralle-lamente a essi e penetrando nel tessuto di 5 -6 mm.

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Praticate le due incisioni si utilizza una pinzaemostatica curva che, inserita chiusa nei taglichirurgici e successivamente aperta, permetteil distacco della losanga arrecando il minimodanno possibile ai bulbi. Il ricorso al bisturibilama o multilama (questi ultimi consentonoil prelievo di più strisce di larghezza variabilein rapporto ai distanziatori impostati tra lelame), pur favorendo una più rapida prepara-zione dei graft, aumenta il rischio di danneg-giamento dei follicoli.

Scollati i margini della losanga, questa vienedelicatamente sollevata da una sua estremitàe si procede allo scollamento dei piani profon-di con la lama da bisturi o, meglio, con forbi-ci a punta piccola.

Q u e sta fase, est re m a m e n te imp o rta n te ,richiede precisione, attenzione e delicatezzaper scongiurare lo “strappo” della striscia elasciare sufficiente tessuto adiposo attorno aibulbi per proteggerli. Effettuato il prelievo, si

procede all'eventuale emostasi dei vasi (il san-guinamento è comunque ridotto per la tume-scenza e per il vasocostrittore contenuto nel-l'anestetico) e quindi alla sutura.

Come praticare la sutura dell'area di espiantoè ancora oggi fonte di discussione sia per ilmateriale da utilizzare (graffette o fili) che perla convenienza o meno di un doppio piano dis u t u ra (ov ve ro punti sia sot to c u tanei ch esuperficiali).

Non esiste sutura che non lascia traccia mauna cicatrice “invisibile” è il fiore all'occhiel-lo del chirurgo tricologo. Una cicatrice sottile,oltre al vantaggio puramente estetico, è fonda-mentale per preservare una zona donatricepriva di reazione fibrotica e che sia la piùampia possibile a disposizione per eventualiinterventi successivi. Sono comunque vari ifattori che concorrono alla formazione di una“bella” cicatrice.Secondo Richard Shiell esiste una predisposi-zione genetica a cicatrici “non belle”, fre-quente nelle persone originarie del bacino

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Mediterraneo e, più estesamente, dell'Africa.

Cercare di migliorare un brutto 'esito cicatri-ziale il più delle volte riproduce una cicatriceu g u a l m e n te non bella. Predisposizione aparte, per favorire il migliore processo di cica-trizzazione è sicuramente fondamentale sutu-rare con la minor tensione possibile. Perquanto concerne il materiale e la tecnica daadottare, siamo certi che le scelte del chirur-go dettate dalla sua esperienza sortiranno ilmigliore risultato per i suoi pazienti. Volendoentrare nel merito delle graffette, nonostantesiano molti ad adoperarle e con risultati eccel-lenti, sono certamente più fastidiose per ilpaziente. La maggior parte dei chirurghi pre-ferisce una sutura intradermica con punti 3-0vicryl e una cutanea a punti staccati conpunti 4-0 nylon, che vengono rimossi dopocirca dieci giorni.

Fino a qualche anno fa dominava la tendenzadi lasciare la cicatrice di un precedente prelie-

vo sicché, alla conclusione di più sessioni chi-rurgiche, il paziente si ritrovava con 2 edanche 3 cicatrici, tra loro parallele, definitefigurativamente da Russell Knudsen con iltermine di “venetian window blinds” (tendineveneziane). Tale pratica è oggi inaccettabile e,nel caso di un successivo intervento di auto-trapianto, la vecchia cicatrice viene rimossamantenendola al centro della zona del prelie-vo stesso.

Fase 2:Preparazione dei graft e delle unità follicolari

La striscia donatrice, una volta prelevata,viene immersa in soluzione fisiologica in uncontenitore di vetro sterile (Petri-dish) a suavolta adagiato in un contenitore di ghiaccio,che ne mantenga la temperatura di 6 - 10° C(il calore favorisce la disidratazione dei bulbie, con questa, la morte cellulare).

Mentre il chirurgo con calma va a suturare l'a-rea di espianto un assistente prende ora incarico la losanga di cute prelevata e ne iniziala dissezione, sotto microscopio stereoscopico,in tante fettucce dello spessore di 1 o 2 unitàfollicolari. Per facilitare questa prima opera-zione l'assistente, con una pinzetta anatomi-ca, esercita con la mano sinistra una leggeratrazione su un'estremità della striscia adagia-ta su un abbassalingua sterilizzato e fissatacon un piccolo ago, provvedendo quindi con

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la mano destra al sezionamento che così avvie-ne con la massima visibilità dei bulbi.

Ogni strisciolina così prodotta viene immedia-tamente immersa in soluzione fisiologica eaffidata agli altri assistenti che concludono,sempre sotto microscopio, la separazione epreparazione delle unità follicolari. Nel corsodi tutto questo processo, sia la striscia origina-ria che le piccole strisce da essa ricavate ven-gono continuamente vaporizzate di soluzionefisiologica. Il taglio deve essere netto e preci-so, praticato con un bisturi a lama del 10, pre-stando la massima attenzione a preservarel'integrità delle strutture bulbari.L'accorgimento di lasciare del tessuto adiposoattorno alle papille dermiche eviterà di trau-matizzarle durante l'inserimento nei siti diricezione.

La preparazione dei graft e delle unità follico-lari può richiedere alcune ore, secondo ilnumero e l'esperienza degli assistenti e laquantità di unità follicolari da preparare.Durante questo tempo, il paziente rimane

comodamente seduto in poltrona e potrà rilas-sarsi leggendo, ascoltando musica o guardan-do un film.

Fase 3:Creazione dei siti di ricezione

Mentre gli assistenti preparano i graft, il chi-rurgo prepara la zona ricevente; questa vienepulita ed anestetizzata con lo stesso anesteticoutilizzato per la zona donatrice. Utilizzandolidocaina 1% con adrenalina 1/100.000 si ini-zia dalla parte posteriore, meno sensibile, e siprocede a cerchio lungo la linea frontale, conle stesse modalità descritte per la zona di pre-lievo, così da ottenere un blocco anestetico(ring block).Durante questa fase è bene parlare con ilpaziente spiegandogli cosa viene fatto e prepa-randolo a quello che può avvertire: un pizzi-core e una lieve sensazione di bruciore. Nonoccorre e non si deve procedere con fretta. Èimportante che il paziente abbia, alla fine del-l'intervento, un buon ricordo anche della fasedi anestesia, che è poi l'unica realmente spia-cevole.Successivamente si inietta all'interno del ringblock 3 - 5 ml di bupivacaina 0.25% con adre-nalina 1/200.000 e, in maniera estremamen-te superficiale, 1 - 2 fiale da 1,8 ml di lidocai-na 2% con adrenalina 1/50.000. Tale integra-zione ha lo scopo di ottenere un migliore

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effetto vasocostrittivo e anestetico in quantoalcune te rminazioni nervose, specialmentenella regione frontale, decorrono superficial-mente. Il tutto avviene adoperando sempreuna quantità di gran lunga inferiore alla dosemassima consigliata.

Dopo aver atteso per circa 30 minuti, in modoche il farmaco abbia raggiunto il massimo delsuo effetto vasocostrittore, si passa alla crea-zione dei siti di ricezione, provvedendo anchein questo caso a un po' di tumescenza, iniet-tando soluzione fisiologica zona per zona,poco prima di incidere, così da evitarne la dis-persione e sfruttando al massimo il suo effet-to compressivo.I siti destinati ad ospitare i graft possono esse-re realizzati con una varietà di strumenti:lame da bisturi, punch di vario diametro,microlame e aghi di varie dimensioni. Alcunioperatori creano da sé gli strumenti che poiutilizzeranno per fare i siti di ricezione. Nonvolendo nemmeno in questo contesto entrarenel merito di quale sia lo strumento più ade-guato, lasciamo ad ogni chirurgo la persona-lizzazione di tale scelta, in base alla propriapreferenza, esperienza e alla specifica zonasulla quale va ad intervenire.L'incisione deve essere leggermente più picco-la del diametro del graft, preparata in mododa causare un minor trauma e un minordanno vascolare e nel contempo da consenti-re la maggiore vicinanza possibile degli inne-sti e di conseguenza la migliore densità possi-

bile. L'incisione che crea il sito di ricezionedeve altresì essere praticata rispettando ilnaturale angolo di crescita del capello in quel-la area e salvaguardando l'integrità di even-tuali capelli presenti, nel caso il trapianto ser-visse per infoltire un'area diradata.

Crediamo che 40 - 50 incisioni per cm2 sianoadatte al raggiungimento di un ottimo risulta-to. La profondità delle stesse non deve esseretroppo ridotta per via dei problemi di inseri-mento dei graft che ne deriverebbero, né trop-po profonda, ma arrestarsi superficialmenteal tessuto adiposo sottocutaneo.

Fase 4:Inserimento dei graft

Creati i siti di ricezione, si procede all'inseri-mento dei bulbi.

L'impianto avviene per mezzo di pinzette ana-tomiche ricurve o diritte a seconda della pre-fe renza individuale. L'unità fo l l i c o l a re vapresa delicatamente alla base, non a livello

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del tessuto adiposo, facilmente friabile, ma al i vello delle fi b re collagene presenti (ch eappaiono di colore bianco) avendo l'accortez-za di non stringerla più di tanto per non cau-sare traumi (si deve avvertire la sensazione ditenerla senza toccarla).

A tale scopo qualcuno ricorre a pinzette ana-tomiche con un grado di chiusura regolabile.L'inserimento nella profondità del sito rice-vente deve avvenire con un delicato movimen-to del polso e senza forzature. L'unità follico-lare, una volta inserita, va posizionata inmodo armonico con la direzione del capellocorto presente.

Trapiantare innesti molto piccoli all'internodi minime incisioni ed in grande quantitàrichiede abilità ed esperienza da parte del chi-rurgo, che non deve mai perdere il controllodella qualità del lavoro, anche quando l'inse-rimento degli innesti viene delegato agli assi-stenti.La durata di quest'ultima fase chirurgica

varia in rapporto al numero dei graft da inse-rire. Una tipica megasession con 2.000 - 2.500unità follicolari richiede, per un paziente chenon presenta nessuno dei problemi che illu-streremo di seguito, circa 3 - 4 ore con quat-tro assistenti che simultaneamente inizianol ' i n s e ri m e n to delle unità fo l l i c o l a ri .Ricordiamo che in questo lasso di tempo ilpaziente rimane sempre comodamente sedu-to. Attorno a lui, due assistenti si posizionanolateralmente cominciando a inserire i graftlungo la linea frontale mentre gli altri due siposizionano dietro per completare la rima-nente area. Man mano che il campo operato-rio si restringe, stacca di lavorare prima unassistente e poi un secondo, lasciando aglialtri il compito di terminare l'intervento.Normalmente a metà della fase di inserimen-to, e comunque prima che il paziente inizi adavvertire fastidio, si provvede ad un'integra-zione dell'anestesia sia nell'area di prelievoche lungo i bordi dell'area di ricezione.Vediamo ora quali problemi possono insorge-re durante l'inserimento delle unità follicola-ri; essenzialmente parliamo del sanguinamen-to dei siti di ricezione e il fenomeno del pop-ping out.Per quanto riguarda il sanguinamento, siprovvede a infiltrare l'area con lidocaina 2%con adrenalina 1/50.000, eserc i tando peralcuni secondi con garze una pressione decisaed omogenea. Tale manovra, ripetuta piùvolte, consente di poter continuare l'inseri-mento che, ancor maggiormente, deve avveni-re con la massima delicatezza.Il popping out consiste invece nella fuoriusci-ta di graft già inseriti nel momento in cui siprocede all'inserimento di un innesto ad essivicino. Si tratta di un problema legato allapoca elasticità dell'area di ricezione oppure aun eccessivo sanguinamento del paziente ,risolvibile inserendo i graft “a macchia di leo-pardo”, cioè saltando l'inserimento di 3 - 4 siti

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per poi ritornarci successivamente e tenendoeventualmente in loco quelli già inseriti eser-citando una lieve, uniforme pressione con unbastoncino cotonato o una garza.È intuibile come questi piccoli inconvenienti,che sono facilmente ovviabili da uno staffesperto, possano comportare un prolunga-mento, anche se normalmente modesto, delladurata dell'intervento.Terminato l'inserimento delle unità follicola-ri, il campo operatorio viene ripulito da even-tuali grumi di sangue spruzzandovi soluzionefisiologica pura e tamponando con garze. Ilchirurgo procede quindi a un controllo atten-to del lavoro, verificando che tutto risulti esse-re perfet to, spruzzando ancora soluzionefisiologica sulla parte ed asciugando infinecon l'aria tiepida di un phon: ha inizio in que-sto preciso momento il processo di attecchi-mento dei bulbi e la formazione di microsco-piche crosticine, tante quanti sono i graftinseriti.

Aspetti particolari dell'autotrapianto:la linea frontale ed il vertice

La ridefinizione della linea frontale

Affrontiamo ora uno dei momenti più impor-tanti di un intervento di autotrapianto, in cuila sola abilità chirurgica dell'operatore non èsufficiente se non è accompagnata da sensoartistico. Fino a pochi anni fa si tendeva alraggiungimento di una eccessiva perfezionedisegnando una linea frontale troppo simme-trica con immediata densità. L'esperienza ciha invece dimostrato che tale approccio pro-duce risultati innaturali. Un'eccessiva densitàè inoltre sconsigliabile, soprattutto se le riser-ve delle zone donatrici sono limitate.Pur essendo l'intervento di autotrapianto sem-pre il medesimo nella sua esecuzione, il risul-tato finale dovrebbe essere sempre diverso

proprio per il modo in cui il chirurgo affron-ta il disegno personale della linea frontale.

Vi sono varie formule che indicano la colloca-zione ideale della linea frontale. È sempreconsigliabile tuttavia un approccio conservati-vo (8 - 9 cm di distanza dalla glabella) da adat-tare alla forma del viso, all'età, all'estensionedella calvizie, alla densità dell'area donatricedel paziente. Per ottenere la naturalezza del-l'insieme si procede alla creazione dei siti diricezione secondo un percorso irregolare ecasuale. Il chirurgo deve mettersi di continuodavanti al paziente in modo da averne unaprospettiva anche frontale. Deve inoltre, aipazienti che lo desiderano, mostrare “in diret-ta” la realizzazione della hairline affidandoloro uno specchio e ascoltandone commenti esuggerimenti.

Nei primi 2 cm di linea frontale si eseguonoincisioni traverse, coronali, all'interno dellequali verranno inseriti esclusivamente tra-

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pianti con singoli follicoli provenienti dallazona laterale del capo e particolarmente adat-ti per la maggiore sottigliezza dei loro capelli.La distanza tra gli impianti è in rapporto alladensità finale che si desidera raggiungere,fermo restando quel gradiente crescente checonsente di ottenere una maggiore naturalez-za. Il resto delle incisioni sono radiali, sagitta-li, e riceveranno unità follicolari.

Il rinfoltimento del vertice e la tonsura

Negli interventi di autotrapianto viene giusta-mente rivolta una notevole attenzione allaricostruzione della linea frontale. Si parlamolto poco del vertice, che viene spesso tra-scurato.È convinzione comune che l'autotrapianto delvertice in pazienti giovani con tonsura nondovrebbe essere eseguito. Fatta questa pre-messa, per pazienti di età compresa tra i 20 edi 30 anni, raccolta l'anamnesi familiare sullacalvizie e accertato che l'area donatrice siasufficiente per tre interventi, si può procede-re alla correzione della tonsura anche se siipotizza che in futuro la calvizie possa evolve-re fino allo stadio 6 o tra lo stadio 6 e 7 dellaclassificazione di Norwood. Il vantaggio tecni-co che rende possibile questo “azzardo” è iltrapianto di un singolo follicolo. Una strisciadi cute con un migliaio di follicoli, che untempo fruttava 300 - 350 trapianti, oggi rendetutti i sui 1.000 innesti, assicurando la possi-bilità di una copertura più ampia anche sepiù diradata.L'obiettivo è di un “crown” dall'aspetto radonaturale, verosimile. Con il paziente devonoanche essere discussi i benefici ed i rischidelle terapie mediche oggi disponibili.Importante è trattare tutta la tonsura in un'u-nica volta ma lasciare abbastanza zona dona-trice per altri due interventi: per la zona fron-

tale e per il vertice.Qualora il paziente abbia invece 40 o più annie l'esame obiettivo nonché l'anamnesi familia-re indichino che la perdita dei capelli è limi-tata alla sola zona del vertice, si potrà interve-nire con una maggiore densità.

Il rinfoltimento della tonsura esige senso arti-stico ed abilità tecnica uguale se non superio-re a quella richiesta per la linea frontale per-ché in questa zona i capelli cambiano direzio-ne a spirale ed i vortici si presentano conmolte varianti.

Per facilitare l'accesso alla parte inferiore delvertice il paziente viene sistemato in posizio-ne prona, come per la procedura di prelievo.Tale posizione rende più ergonomica e fisica-mente più semplice per il chirurgo la creazio-ne dei siti di ricezione e, per lo staff, l'inseri-mento dei trapianti.I follicoli vengono inseriti verso il basso, cam-biando in un secondo tempo direzione in unacurva di 360°, al fine di ricreare il vortice.

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Una volta raggiunto il centro del vertice, ilpaziente viene fatto tornare seduto in poltro-na. Occorre considerare il centro del vertice, dovei capelli crescono in avanti, un'estensionedella regione frontale, per cui occorre provve-dere in questa sede con una maggiore densi-tà.

Considerazioni

- È di gran lunga preferibile un autotrapiantoconservativo che troppo aggressivo.- L'obiettivo non è rinfoltire il più possibileun'area glabra o diradata, ma ottenere unagraduale densità, massima nell'area centrale ea diminuire man mano che ci si avvicina aiquattro lati periferici.- L'esperienza fa sì che ogni chirurgo adottiun proprio modus operandi con i suoi pazien-ti. È limitativo rimanere rigidi sulle proprieconvinzioni e scettici verso nuovi approcci. Sesi è invece aperti a nuove prospettive si avràuna maggiore possibilità di trovare caso percaso il miglior approccio ch i ru rgico ch erisponde alle singole esigenze.- Anche l'autotrapianto ha i suoi limiti. Il chi-rurgo si deve adattare a quello che ha a dispo-sizione per raggiungere un risultato più com-pleto possibile. Quando la clonazione dei fol-licoli sarà una realtà, sarà possibile ottenere iltotale ripristino dei capelli in tutti i casi di cal-vizie.- Un autotrapianto ben riuscito è quello che,una volta ricresciuti i capelli, non risulta rico-noscibile, nemmeno all'occhio più critico, perla naturalezza dei risultati raggiunti!

Il postoperatorio

Al termine dell'intervento, il paziente control-la il suo aspetto allo specchio e, lasciata lastruttura medica senza la necessità di un ben-daggio, potrà riprendere le normali attivitàgià dopo poche ore dall'intervento.È possibile, nelle 24 - 48 ore successive, avver-tire nell'area donatrice una fastidiosa sensa-zione di stiramento della cute, risolvibile conun blando analgesico. Per i primi giorni,viene consigliato al paziente di dormire inposizione semi-seduta, in modo da prevenire o

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ridurre al minimo edema ed ecchimosi.L'incisione sull'area donatrice guarisce conun esito cicatriziale sottile e trascurabile este-ticamente, anche perché ricoperto dai capellicircostanti. I punti di sutura esterni applicatiin questa sede vanno rimossi intorno alladecima giornata.Le crosticine che si formano nel sito di rice-zione, normale conseguenza del processo dic i c a t rizzazione, pot ranno essere camuffa tepettinando adeguatamente i capelli presenti outilizzando pro d otti per il camoufl a ge ;cadranno senza lasciare segni visibili, in untempo relativamente breve: 4 - 6 giorni quellerelative a singole unità follicolari, entro 10giorni quelle degli innesti multifollicolari.

Prescrizioni ed istruzioni nel postoperatorio

Amoxicillina: 1 cpr al mattino e 1 cpr alla seraper 5 giorniCortisone: posologia a scalare per 3 giorniCrema antibiotica: applicare un sottile stratosolo sui punti di sutura la sera, da rimuovereil mattino successivo con uno shampooAntidolorifico: 1 cps alla seraShampoo consigliato: detergente oleosoAl termine dell'intervento, il paziente riceveuna scheda riportante le istruzioni da osserva-re nelle settimane successive.È auspicabile la costante reperibilità del chi-rurgo per far fronte a qualsiasi problema.

Complicanze

L'autotrapianto dei capelli è una procedurarelativamente poco invasiva, che comportararamente complicanze importanti.- Le complicanze più frequenti sono legate ad

a l l e rgie ai mate riali utilizzati.Occasionalmente può verificarsi attorno alfollicolo trapiantato una lieve infiammazione,simile a quella provocata da un foruncolo oda un pelo incluso, che normalmente rispon-de con la semplice applicazione di compressecalde.- Una minoranza dei pazienti lamenta, a par-tire dal secondo o terzo giorno dal trapianto,un lieve edema dell'area frontale, destinato ascomparire spontaneamente. Per prevenire ofar fronte a questo fenomeno si consiglia didormire per 3 - 4 notti con la testa sollevata dapiù cuscini e di applicare ghiaccio sulla fron-te.- È normale avvertire sulla zona del prelievo (al i vello della cicatrice pari eto - o c c i p i tale) enella parte centrale poste ri o re del cuoiocapelluto una sensazione di intorpidimento,formicolio o insensibilità, che andranno gra-dualmente scomparendo in 2 - 8 mesi.- È comune un effluvio, di solito non impor-tante, dei capelli preesistenti dopo 2 - 4 setti-mane dall'intervento. La ricrescita dei capellicaduti avverrà prima o simultaneamente aquella dei capelli trapiantati.- Estremamente rare sono piccole emorragie.In questo caso il paziente potrà intervenire dasolo, esercitando una pressione diretta per 10- 15 minuti; qualora non avvenisse l'emostasi,si rivolgerà al chirurgo.- Altrettanto e forse più rara è la fuoriuscita diun innesto. In questo caso di “pop-out” delgraft, occorrerà lasciar guarire la parte appli-cando la pomata antibiotica prescritta per lasutura di prelievo. L'innestò verrà rimpiazza-to nel corso di un intervento successivo.

Risultati e controlli

I capelli trapiantati inizieranno a cresceredopo 4 - 6 mesi dall'intervento.

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Di solito si richiede un controllo a 3, 6 e 12mesi dall'autotrapianto.

L'autotrapianto nelle aree ustionate o cicatri-ziali

Le aree alopeciche ustionate e cicatriziali pre-sentano una ridotta vascolarizzazione. Pertale motivo, nel corso dell'autotrapianto, con-viene non creare siti di ricezione troppo ravvi-cinati. Per una maggiore densità del rinfolti-mento sono necessari, di norma, due inter-venti praticati a distanza di almeno 6 mesi.

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Prefazione di Carlo Alberto Bartoletti pag. 5Introduzione di Torello Lotti pag. 5

Indici generali pag. 7Indice alfabetico pag. 17

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) aprile 2007

Andrea Marliani

-diagnostica e terapia- indici

edizione 2007

Proprietà letteraria ed artistica riservata all’Autore.©

EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

-ANDREA MARLIANI-

TRICOLOGIA-diagnostica e terapia-

edizione 2007

IndiciTutti i diritti riservati all’Autore©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniCarlo GrassiMarino Salin

Piero TesauroFabrizio FantiniDaniele Campo

Roberto D’OvidioGuido Vito Trotter

Vincenzo GambinoGaetano Agostinacchio

EDIZIONI TricoItalia Firenzeaprile 2007

PREFAZIONEdi Carlo Alberto Bartoletti

Presento molto volentieri questo ultimo impe-gno del collega Andrea Marliani a cui mi legastima ed amicizia da molti anni.M a rliani, Specialista in Derm a tologia eEndocrinologia, è docente di spicco dellanostra Scuola, sin dai primi albori. Il collega,con notevole capacità didattica, apporta unimportante contributo culturale ai mediciallievi, iscritti alla struttura, sulla tricologia,tema che da sempre lo vede appassionato stu-dioso in prima linea. La Sua competenza spe-cifica è tale da farne un’autorità nazionale edinternazionale. Questi 9 (10) volumetti rap-presentano i capitoli di un manuale dal titolo:“Tricologia -diagnostica e terapia-”.La dovizia di schemi, di figure e di foto istolo-giche e cliniche, di tipo esplicativo, in compa-gnia di un’elegante veste grafica fanno di que-sta opera un prodotto di qualità.Auguro a questa produzione scientifica unsuccesso meritato presso chi, medico espertoo neofita, voglia occuparsi con proprietà ditricologia.

Prof. Carlo Alberto Bartoletti, M.D.D i ret to re della Scuola Inte rnazionale diMedicina EsteticaFondazione Internazionale Fatebenefratelli,Roma

INTRODUZIONEdi Torello Lotti

“Il problema non è far passare idee nuove, madistruggere idee vecchie”.

John Maynard Keynes

L’uomo si è sempre preoccupato per i suoicapelli, qualche volta fino alla nevrosi, comegià sosteneva il più antico specialista in malat-tie dei capelli di cui si ha notizia nel 4000 a.C,l’egiziano Hakiem el Demagh. Solo quando lamedicina occidentale ha creduto di trovare lapropria identità e le proprie specializzazioni,ha poco valorizzato la Tricologia tanto che,s a lvo poche grandi eccezioni, la maggiorparte dei dermatologi ha prestato scarso inte-resse ai problemi dei capelli. Il te rm i n eTricologia compare sul vocabolario della lin-gua italiana Zingarelli solo dal 1997, forse adimostrazione di quanto sopra. La Tricologia,e più in generale la Dermatocosmetologia,sono state a lungo considerate con un pò disospetto dall’Accademia e dal mondo derma-tologico in generale. Sembrava di entrare inun settore in cui le basi scientifiche eranopoco chiare e in cui ancora meno chiara erala distinzione con i cosiddetti “Tricologi nonMedici” e, ov v i a m e n te, non specialist iDermatologi. Se possibile, era ancora menochiara la distinzione fra la prassi ispirata alladeontologia medica e le “esigenze del marke-ting” relative ai cosiddetti “prodotti per capel-li” non sempre deontologicamente accettabili.Questa era l’atmosfera generale durante glianni della mia formazione specialistica chepure si svolgeva in un’isola felice: il Direttore,Professor Panconesi, aveva lungimirantemen-te istituito a Firenze, nell’ambito della ClinicaDermatologica, un Servizio di Cosmetologia,che era diventato da subito molto attivo, ingran parte orientato alla ricerca, alla diagno-si e alla cura delle malattie dei capelli. Ma il

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dermatologo “serio” non doveva occuparsi diTricologia. Chi dei giovani specialisti si volevaoccupare consistentemente di Tricologia lofaceva comunque quasi di nascosto, quasi ver-gognandosi e senza dirlo ai colleghi e soprat-tutto ai docenti; non aveva maestri e quel cheapprendeva lo imparava sul campo. Eranoaltri che si occupavano di capelli... nonne,parrucchieri e tricologi e centri tricologici die st razione imp re c i s a ta ed imp re c i s a b i l e .Questi Centri erano ovviamente criticati dalladermatologia ufficiale che però poco facevaper nobilitare la Tricologia. Lo stesso termineTricologia non veniva pronunziato ma si dove-va parlare di “malattie dei capelli”, operandoun distinguo non banale. Del re sto laTricologia in senso odierno era allora giova-ne. Gli stessi studi di Hamilton con i quali sipuò dire che nasca la Tricologia modernasono del 1942 e le pubblicazioni di Norwooddel 1970. La svolta avviene negli anni 80.Improvvisamente, da quando l’industria far-maceutica inizia a commercializzare i primifarmaci ufficialmente diretti a cambiare ildecorso della calvizie maschile (progesteronee minoxidil prima, finasteride poi) e cominciaa inve st i re in ri c e rca e promozione, laTricologia dive n ta qualcosa di dignito s o .Vengono pubblicati i primi libri. LaDermatologia Accademica ufficiale rivendicai suoi diritti sulla materia e, dal mondo acca-demico, si fa la Guerra ai Centri Tricologici. IProfessori, subito aggiornatisi su nuovi testiamericani, non disdegnano di allargare le pro-prie competenze sulla Tricologia. La SocietàItaliana di Dermatologia e Venereologia pocodopo ist i t u i rà un Gruppo di Studio diTricologia. La svolta è consacrata. La ScuolaFiorentina, forse prima e più delle altre inItalia, ha gloriose tradizioni di Tricologia.Questo lavoro, frutto della competenza diAndrea Marliani, un insigne allievo di quellanostra comune Scuola Fiorentina, che al poco

più giovane sottoscritto confida i primi segre-ti sulle cure dei capelli negli anni dellaSpecializzazione, mira anche alla riscopertadel contributo fiorentino in Tricologia. Lasperanza è che questa fatica possa essere utilenon solo al Dermatologo ma anche, e soprat-tutto, a tutti i medici che desiderano com-prendere i problemi dei capelli e di chi perdeo crede di perdere i capelli, facendo passare leidee nuove e, più che altro le idee vecchie.

Prof. Torello Lotti,Ordinario di Dermatologia e Direttoredell’U.O. di Fisioterapia Dermatologica.Firenze

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Indici dei fascicoli

fascicolo 1

INTRODUZIONE - pag. 5Valutazioni psicologiche ed

antropologiche sulla calvizie - pag. 5

RICHIAMO ENDOCRINOLOGICO - pag. 8terminologia - pag. 8Ricordi di biochimica degli steroidi - pag. 8

RICHIAMI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA - pag. 10Richiami di embriologia e fisiologia - pag. 10Generalità sulla cute e sottocutaneo - pag. 12Struttura del capello e dei follicoli piliferi - pag. 13Ghiandola sebacea - pag. 21Muscolo piloerettore - pag. 22Costituzione chimica del capello - pag. 23Il ciclo del capello - pag. 24Il ciclo “ideale” del capello - pag. 27

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fascicolo 2

FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICADEL CAPELLO E DEL PELO - pag. 5

Controllo steroideo - pag. 6Il recettore citosolico del diidrotestosterone - pag. 10Controllo metabolico - pag. 10Controllo autocrino-paracrino - pag. 18Il controllo del ciclo del capello (sintesi) - pag. 20

Alopecie in endocrinopatie - pag. 24

“DIETA” E CAPELLI - pag. 25Aminoacidi e proteine - pag. 28la cistina - pag. 28la metionina - pag. 29Istidina, glicina, fenilalanina, tirosina - pag. 29Acidi grassi essenziali - pag. 30Le vitamine e i capelli - pag. 30

- Vitamina A (retinolo) e retinoidi - pag. 31- Vitamina D - pag. 36- Vitamina E - pag. 38- Vitamina K - pag. 40- Vitamina B1 (tiamina) - pag. 41- Vitamina B2 (riboflavina) - pag. 42- Vitamina PP (B3, niacina) - pag. 42- Vitamina B5 (acido pantotenico) - pag. 43- Vitamina B6 (piridossina) - pag. 44- Vitamina H (B8, biotina) - pag. 45- Vitamina B12 (cobalamina) - pag. 46- Acido folico (folacina, vit. M dei vecchi Autori) - pag. 46- Vitamina C (acido ascorbico) - pag. 47- Acido lipoico (acido tioctico) - pag. 50

Il ruolo degli oligoelementi per i capelli - pag. 50- Ferro - pag. 50- Zinco - pag. 52- Rame - pag. 53- Magnesio - pag. 54- Selenio - pag. 54

Conclusioni - pag. 55

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fascicolo 3

LA PAPILLA DERMICA DEL CAPELLO - pag. 5

ANOMALIE DEL FUSTO DEL CAPELLO - pag. 11Fratture del fusto - pag. 12Alterazioni della regolarità del fusto - pag. 16Arricciamenti del fusto - pag. 20Altre alterazioni traumatiche - pag. 22Anomalie delle guaine del capello - pag. 23Anomalie del follicolo - pag. 24

IPOTRICOSI ED ALOPECIE GENETICHE - pag. 26Forme isolate non cicatriziali - pag. 26Forme isolate cicatriziali - pag. 27Displasie ectodermiche - pag. 28Sindromi ittiosiche - pag. 29Sindromi da invecchiamento precoce - pag. 30Sindromi metaboliche - pag. 30

ALTERAZIONI DEL COLORE - pag. 31Eterocromia - pag. 31AIbinismo e piebaldismo - pag. 31Poliosi - pag. 31Canizie - pag. 32Eterocromia esogena - pag. 32

EDITORIALE - pag. 34

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fascicolo 4

AFFEZIONI DEL CUOIO CAPELLUTO DI FREQUENTE RISCONTRO

Forfora - pag. 5Seborrea - pag. 10Dermatite seborroica - pag. 11Psoriasi - pag. 13Tigne - pag. 15Pseudotigna amiantacea - pag. 19Pediculosi - pag. 19Tricotillomania - pag. 24Dismorfofobia - pag. 27Principi generali di trattamento - pag. 28

LE ALOPECIE:DEFINIZIONE e CLASSIFICAZIONE - pag. 31

NOTE DI FISIOPATOLOGIA PILAREEffluvio e Defluvio - pag. 32Considerazioni - pag. 36

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fascicolo 5

CLASSIFICAZIONE CLINICO DIAGNOSTICADEGLI EFFLUVI E DEI DEFLUVI - pag. 5Effluvio - Defluvio - pag. 5Il pull test - pag. 6

IL TELOGEN EFFLUVIO - pag. 8Telogen effluvio acuto - pag. 8Telogen effluvio subacuto e cronico - pag. 9Approccio al telogen effluvio - pag. 9Anemie - pag. 16Ipotiroidismo - pag. 23La tiroidite autoimmune - pag. 25

L’ALOPECIA AREATA - pag. 27Cenni storici - pag. 27Generalità sulla alopecia areata - pag. 29Malattie associate - pag. 30Studio della immunità cellulomediata - pag. 30Esordio ed aspetti clinici - pag. 31Decorso - pag. 33Diagnosi - pag. 34Prognosi - pag. 35Aspetti istologici - pag. 35Laboratorio - pag. 36Cenni di terapia - pag. 37Le terapie della alopecia areata - pag. 38

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fascicolo 6

ALOPECIA ANDROGENETICA"Calvizie Comune" - pag. 5Definizione e generalità - pag. 5Epidemiologia - pag. 6Fra ereditarietà e difetto enzimatico - pag. 8Fisiologia endocrino metabolica - pag. 9Controllo steroideo - pag. 10Controllo metabolico - pag. 10Controllo autocrino-paracrino - pag. 11Alopecia frontoparietale - pag. 13Aspetti clinici della alopecia androgenetica - pag. 14Evoluzione negli uomini - pag. 14La regola degli angoli frontoparietali - pag. 16Evoluzione nelle donne - pag. 17Ma ... esiste davvero l’alopecia

androgenetica femminile? - pag. 19Il controllo del ciclo del capello - pag. 21Fisiologia del catagen - pag. 22Eziologia della alopecia androgenetica - pag. 26Gli androgeni - pag. 27La conversione degli androgeni - pag. 29La 5-alfa-reduttasi - pag. 31Il recettore citolosolico degli androgeni - pag. 31Anatomia patologica - pag. 32

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fascicolo 7

LE ALOPECIE CICATRIZIALIInquadramento e criteri diagnostici - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitive - pag. 5

Alopecie cicatriziali acquisite primitivelinfocitarie - pag. 7

Lichen planopilaris - pag. 7La Sindrome di Graham Little - pag. 11Alopecia frontale fibrotica - pag. 12Fibrosing alopecia in a pattern distribution - pag. 14Lupus Eritematoso Cronico Discoide - pag. 16Pseudopelade di Brocq - pag. 20Alopecia parvimaculata - pag. 23Alopecia cicatriziale centrale centrifugae Sindrome degenerativa follicolare - pag. 24

Alopecie cicatriziali acquisite primitiveneutrofiliche - pag. 26

Follicolite decalvante - pag. 26Acne cheloidea della nuca - pag. 29Dermatosi pustolosa erosiva

del cuoio capelluto - pag. 31Cellulite dissecante - pag. 32

Alopecie cicatriziali acquisite secondarie - pag. 33

Aplasia cutis - pag. 34Mucinosi follicolare - pag. 35Sclerodermia - pag. 37Tigne - Kerion - Tigna favosa - pag. 39Tricotillomania - pag. 42Tumori - pag. 45

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fascicolo 8

IL LABORATORIO EMATOLOGICO - pag. 5SCREENING GENERALE - pag. 5SCREENING ENDOCRINO - pag. 6Dosaggio degli Ormoni nelle Urine - pag. 6Dosaggio degli Ormoni nel Plasma - pag. 8PROTOCOLLI IN ENDOCRINOLOGIA - pag. 11LA TERAPIA MEDICA IN TRICOLOGIA - pag. 15SOSTANZE NATURALI - pag. 17Serenoa repens - pag. 18Pygeum africanum - pag. 19Tè verde - pag. 20Acidi grassi polinsaturi omega 3 - pag. 21Soia - pag. 22Zinco, Acido Azelaico, Vitamina B6 - pag. 23Vite ed estratto del seme d’uva - pag. 23Orzo e procianidina B3 - pag. 24Ginseng (Parnax Ginseng) - pag. 24Lievito di birra e germe di grano - pag. 25Ortica (Urtica Dioica) - pag. 25Boehmeria Nipononivea - pag. 26SOSTANZE TERAPEUTICHE ATTUALI - pag. 27Estrogeni - pag. 27Progesterone - pag. 30Finasteride - pag. 33Ciproterone - pag. 36Spironolattone - pag. 38Cimetidina - pag. 40Flutamide - pag. 41Melatonina - pag. 42Betasitosterina - pag. 43Cortisone - pag. 44Xantine - pag. 46Minoxidil (e sostanze correlate) - pag. 48Acido retinoico - pag. 53Pentosi - pag. 54Glicole propilenico - pag. 54Ketoconazolo - pag. 56ASSOCIAZIONI TERAPEUTICHE - pag. 58

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fascicolo 9

LA CHIRURGIA TRICOLOGICACENNI STORICI - pag. 5

LE OPZIONI CHIRURGICHE - pag. 6Rotazione di lembi - pag. 6Riduzione dell’area calva - Detonsurazione - pag. 8L’autotrapianto monobulbare - pag. 9L’impianto di capelli artificiali - pag. 9

GENERALITÀ SULL’AUTOTRAPIANTO MONOFOLLICOLARE - pag. 12Le possibilità dell’autotrapianto - pag. 12I limiti dell’autotrapianto - pag. 13Il prelievo delle unità follicolari - pag. 13La visita preliminare - pag. 15Le indicazioni all’autotrapianto - pag. 16L’autotrapianto nei pazienti giovani - pag. 16L’autotrapianto nelle donne - pag. 16Il preoperatorio - pag. 17Istruzioni preoperatorie per il paziente - pag. 17

LA PROCEDURA CHIRURGICA - pag. 18Note sull’anestesia - pag. 18Le fasi dell’autotrapianto - pag. 19Valutazione e prelievo dell’area donatrice - pag. 19Preparazione dei graft - pag. 22Creazione dei siti di ricezione - pag. 23Inserimento dei graft - pag. 24Aspetti particolari dell’autotrapianto - pag. 26La ridefinizione della linea frontale - pag. 26Il rinfoltimento del vertice e la tonsura - pag. 27Considerazioni - pag. 28Il postoperatorio - pag. 28Prescrizioni ed istruzioni nel postoperatorio - pag. 29Complicanze - pag. 29Risultati e controlli - pag. 29L’autotrapianto nelle aree cicatriziali - pag. 30

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Indice alfabetico degli argomenti

Acidi grassi essenziali fascicolo 2 pag. 30Acidi grassi polinsaturi omega 3 fascicolo 8 pag. 21Acido azelaico fascicolo 8 pag. 23Acido retinoico fascicolo 8 pag. 53Acido folico (folacina, vit. M dei vecchi Autori) fascicolo 2 pag. 46Acido lipoico (acido tioctico) fascicolo 2 pag. 50Acne cheloidea della nuca fascicolo 7 pag. 29Affezioni del cuoio capelluto fascicolo 4 pag. 5Albinismo e piebaldismo fascicolo 3 pag. 31Alopecia cicatriziale centrale centrifuga fascicolo 7 pag. 24Alopecia androgenetica “anatomia patologica” fascicolo 6 pag. 32Alopecia androgenetica fascicolo 6 pag. 5Alopecia androgenetica “controllo autocrino” fascicolo 6 pag. 11Alopecia androgenetica “controllo metabolico” fascicolo 6 pag. 10Alopecia androgenetica “controllo steroideo” fascicolo 6 pag. 10Alopecia androgenetica “definizione e generalità” fascicolo 6 pag. 5Alopecia androgenetica “epidemiologia” fascicolo 6 pag. 6Alopecia androgenetica “eziologia” fascicolo 6 pag. 26Alopecia androgenetica “fisiopatologia” fascicolo 6 pag. 9Alopecia androgenetica “ereditarietà” fascicolo 6 pag. 8Alopecia androgenetica “aspetti clinici” fascicolo 6 pag. 14Alopecia androgenetica “evoluzione negli uomini” fascicolo 6 pag. 14Alopecia androgenetica “evoluzione nelle donne” fascicolo 6 pag. 17Alopecia androgenetica femminile fascicolo 6 pag. 19Alopecia areata fascicolo 5 pag. 27Alopecia areata “cenni storici” fascicolo 5 pag. 27Alopecia areata “generalità” fascicolo 5 pag. 29Alopecia areata “malattie associate” fascicolo 5 pag. 30Alopecia areata “studio della immunità” fascicolo 5 pag. 30Alopecia areata “esordio ed aspetti clinici” fascicolo 5 pag. 31Alopecia areata “decorso” fascicolo 5 pag. 33Alopecia areata “diagnosi” fascicolo 5 pag. 34Alopecia areata “prognosi” fascicolo 5 pag. 35Alopecia areata “aspetti istologici” fascicolo 5 pag. 35Alopecia areata “laboratorio” fascicolo 5 pag. 36Alopecia areata “cenni di terapia” fascicolo 5 pag. 37Alopecia areata “terapie” fascicolo 5 pag. 38Alopecia frontale fibrotica fascicolo 7 pag. 12Alopecia frontoparietale fascicolo 6 pag. 13Alopecia parvimaculata fascicolo 7 pag. 23

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Alopecie cicatriziali fascicolo 7 pag. 5Alopecie cicatriziali acquisite primitive fascicolo 7 pag. 5Alopecie cicatriziali acquisite secondarie fascicolo 7 pag. 33Alopecie cicatriziali “criteri diagnostici” fascicolo 7 pag. 5Alopecie cicatriziali “inquadramento” fascicolo 7 pag. 5Alopecie cicatriziali primitive linfocitarie fascicolo 7 pag. 7Alopecie cicatriziali primitive neutrofiliche fascicolo 7 pag. 26Alopecie genetiche isolate non cicatriziali fascicolo 3 pag. 26Alopecie genetiche cicatriziali fascicolo 3 pag. 27Alopecie in endocrinopatie fascicolo 2 pag. 24Alterazioni del colore fascicolo 3 pag. 31Alterazioni della regolarità del fusto fascicolo 3 pag. 16Alterazioni traumatiche fascicolo 3 pag. 22Androgeni fascicolo 6 pag. 27Androgeni “conversione” fascicolo 6 pag. 29Anemie fascicolo 5 pag. 16Anomalie del follicolo fascicolo 3 pag. 24Anomalie delle guaine del capello fascicolo 3 pag. 23Anomalie del fusto del capello fascicolo 3 pag. 11Aminoacidi e proteine fascicolo 2 pag. 28Anatomia e fisiologia fascicolo 1 pag. 10Antropologia della calvizie fascicolo 1 pag. 5Aplasia cutis fascicolo 7 pag. 34Approccio al telogen effluvio fascicolo 5 pag. 9Associazioni terapeutiche fascicolo 8 pag. 58Arricciamenti del fusto fascicolo 3 pag. 20Autotrapianto “area donatrice “ fascicolo 9 pag. 19Autotrapianto ”aspetti particolari” fascicolo 9 pag. 26Autotrapianto “complicanze” fascicolo 9 pag. 29Autotrapianto “considerazioni” fascicolo 9 pag. 28Autotrapianto “creazione dei siti di ricezione” fascicolo 9 pag. 23Autotrapianto “indicazioni” fascicolo 9 pag. 16Autotrapianto “inserimento dei graft “ fascicolo 9 pag. 24Autotrapianto “istruzioni nel postoperatorio” fascicolo 9 pag. 29Autotrapianto “istruzioni preoperatorie” fascicolo 9 pag. 17Autotrapianto “le fasi” fascicolo 9 pag. 19Autotrapianto “limiti” fascicolo 9 pag. 13Autotrapianto monobulbare fascicolo 9 pag. 9Autotrapianto nei pazienti giovani fascicolo 9 pag. 16Autotrapianto nelle aree cicatriziali fascicolo 9 pag. 30Autotrapianto nelle donne fascicolo 9 pag. 16Autotrapianto “note sull’anestesia” fascicolo 9 pag. 18

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Autotrapianto “possibilità” fascicolo 9 pag. 12Autotrapianto “postoperatorio” fascicolo 9 pag. 28Autotrapianto “preoperatorio” fascicolo 9 pag. 17Autotrapianto “preparazione dei graft” fascicolo 9 pag. 22Autotrapianto “ridefinizione della linea frontale” fascicolo 9 pag. 26Autotrapianto “risultati e controlli” fascicolo 9 pag. 29Autotrapianto “vertice e tonsura” fascicolo 9 pag. 27Autotrapianto “visita preliminare” fascicolo 9 pag. 15Betasitosterina fascicolo 8 pag. 43Biochimica degli steroidi fascicolo 1 pag. 8Boehmeria Nipononivea fascicolo 8 pag. 26Calvizie Comune fascicolo 6 pag. 5Canizie fascicolo 3 pag. 32Cellulite dissecante fascicolo 7 pag. 32Chimica del capello fascicolo 1 pag. 23Chirurgia tricologica fascicolo 9 pag. 5Chirurgia tricologica “cenni storici” fascicolo 9 pag. 5Ciclo dei capello fascicolo 1 pag. 24Ciclo “ideale” del capello fascicolo 1 pag. 27Cimetidina fascicolo 8 pag. 40Cinque alfa reduttasi fascicolo 6 pag. 31Ciproterone fascicolo 8 pag. 36Cortisone fascicolo 8 pag. 44Cistina fascicolo 2 pag. 28Classificazione degli effluvi e dei defluvi fascicolo 5 pag. 5Conclusioni su dieta e capelli fascicolo 2 pag. 55Controllo del ciclo del capello fascicolo 6 pag. 21Controllo autocrinoparacrino fascicolo 2 pag. 18Controllo del ciclo del capello (sintesi) fascicolo 2 pag. 20Controllo metabolico fascicolo 2 pag. 10Controllo steroideo fascicolo 2 pag. 6Conversione degli androgeni fascicolo 6 pag. 29Costituzione chimica del capello fascicolo 1 pag. 23Cute e sottocutaneo fascicolo 1 pag. 12Definizione e Classificazione delle alopecie fascicolo 4 pag. 31Dermatite seborroica fascicolo 4 pag. 11Dermatosi pustolosa erosiva fascicolo 7 pag. 31Detonsurazione fascicolo 9 pag. 8Dieta e Capelli fascicolo 2 pag. 25Dismorfofobia fascicolo 4 pag. 27Displasie ectodermiche fascicolo 3 pag. 28Dosaggio degli Ormoni nel Plasma fascicolo 8 pag. 8

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Dosaggio degli Ormoni nelle Urine fascicolo 8 pag. 6Editoriale fascicolo 3 pag. 3Effluvio e Defluvio fascicolo 4 pag. 32Effluvio Defluvio fascicolo 5 pag. 5Estrogeni fascicolo 8 pag. 27Eterocromia fascicolo 3 pag. 31Eterocromia esogena fascicolo 3 pag. 32Ferro fascicolo 2 pag. 50Fibrosing alopecia in a pattern distribution fascicolo 7 pag. 14Finasteride fascicolo 8 pag. 33Fisiologia pilare “considerazioni” fascicolo 4 pag. 36Fisiopatologia endocrinometabolica fascicolo 2 pag. 5Flutamide fascicolo 8 pag. 41Follicolite decalvante fascicolo 7 pag. 26Forfora fascicolo 4 pag. 5Generalità sull’autotrapianto monofollicolare fascicolo 9 pag. 12Germe di grano fascicolo 8 pag. 25Ginseng (Parnax Ginseng) fascicolo 8 pag. 24Glicina fascicolo 2 pag. 29Glicole propilenico fascicolo 8 pag. 54Fenilalanina fascicolo 2 pag. 29Fisiologia del catagen fascicolo 6 pag. 22Fisiologia pilare fascicolo 4 pag. 32Fratture del fusto fascicolo 3 pag. 12Generalità sulla cute e sottocutaneo fascicolo 1 pag. 12Ghiandola sebacea fascicolo 1 pag. 21Impianto di capelli artificiali fascicolo 9 pag. 9Introduzione alla Tricologia fascicolo 1 pag. 5Ipotiroidismo fascicolo 5 pag. 23Ipotricosi ed alopecie genetiche fascicolo 3 pag. 26Istidina fascicolo 2 pag. 29Ketoconazolo fascicolo 8 pag. 56Laboratorio ematologico fascicolo 8 pag. 5Laboratorio screening endocrino fascicolo 8 pag. 6Laboratorio screening generale fascicolo 8 pag. 5Lichen planopilaris fascicolo 7 pag. 7Lievito di birra fascicolo 8 pag. 25Lupus Eritematoso Cronico Discoide fascicolo 7 pag. 16Magnesio fascicolo 2 pag. 54Melatonina fascicolo 8 pag. 42Metionina fascicolo 2 pag. 29Minoxidil (e sostanze correlate) fascicolo 8 pag. 48

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Mucinosi follicolare fascicolo 7 pag. 35Muscolo piloerettore fascicolo 1 pag. 22Note di fisiologia pilare fascicolo 4 pag. 32Oligoelementi per i capelli fascicolo 2 pag. 50Opzioni chirurgiche fascicolo 9 pag. 6Ortica (Urtica Dioica) fascicolo 8 pag. 25Orzo e procianidina B3 fascicolo 8 pag. 24Papilla dermica del capello fascicolo 3 pag. 5Pediculosi fascicolo 4 pag. 19Pentosi fascicolo 8 pag. 54Pygeum africanum fascicolo 8 pag. 19Poliosi fascicolo 3 pag. 31Prelievo delle unità follicolari fascicolo 9 pag. 13Procedura chirurgica fascicolo 9 pag. 18Procianidina B3 fascicolo 8 pag. 24Progesterone fascicolo 8 pag. 30Pseudopelade di Brocq fascicolo 7 pag. 20Pseudotigna amiantacea fascicolo 4 pag. 19Principi generali di trattamento fascicolo 4 pag. 28Protocolli in endocrinologia fascicolo 8 pag. 11Psicologia della calvizie fascicolo 1 pag. 5Psoriasi fascicolo 4 pag. 13Pull test fascicolo 5 pag. 6Rame fascicolo 2 pag. 53Recettore citosolico del diidrotestosterone fascicolo 2 pag. 10Recettore citolosolico degli androgeni fascicolo 6 pag. 31Regola degli angoli frontoparietali fascicolo 6 pag. 16Ricordi di biochimica degli steroidi fascicolo 1 pag. 8Richiami di anatomia e fisiologia fascicolo 1 pag. 10Richiami di embriologia e fisiologia fascicolo 1 pag. 10Richiamo endocrinologico fascicolo 1 pag. 8Riduzione dell’area calva “detonsurazione” fascicolo 9 pag. 8Rinfoltimento del vertice e la tonsura fascicolo 9 pag. 27Rotazione di lembi fascicolo 9 pag. 6Seborrea fascicolo 4 pag. 10Selenio fascicolo 2 pag. 54Serenoa repens fascicolo 8 pag. 18Sindrome di Graham Little fascicolo 7 pag. 11Sindrome degenerativa follicolare fascicolo 7 pag. 24Sindromi da invecchiamento precoce fascicolo 3 pag. 30Sindromi ittiosiche fascicolo 3 pag. 29Sindromi metaboliche fascicolo 3 pag. 30

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Sclerodermia fascicolo 7 pag. 37Soia fascicolo 8 pag. 22Sostanze terapeutiche attuali fascicolo 8 pag. 27Sostanze terapeutiche naturali fascicolo 8 pag. 17Spironolattone fascicolo 8 pag. 38Struttura del capello e dei follicoli piliferi fascicolo 1 pag. 13Telogen effluvio fascicolo 5 pag. 8Telogen effluvio acuto fascicolo 5 pag. 8Telogen effluvio subacuto e cronico fascicolo 5 pag. 9Terapia medica in tricologia fascicolo 8 pag. 15Tigne fascicolo 4 pag. 15Tigne Kerion Tigna favosa fascicolo 7 pag. 39Tiroidite autoimmune fascicolo 5 pag. 25Tirosina fascicolo 2 pag. 29Terminologia endocrinologica fascicolo 1 pag. 8Tè verde fascicolo 8 pag. 20Trattamento fascicolo 4 pag. 28Tricotillomania fascicolo 4 pag. 24Tricotillomania fascicolo 7 pag. 42Tumori fascicolo 7 pag. 45Uva fascicolo 8 pag. 23Valutazioni psicologiche ed antropologiche fascicolo 1 pag. 5Vitamina A (retinolo) e retinoidi fascicolo 2 pag. 31Vitamina B1 (tiamina) fascicolo 2 pag. 41Vitamina B2 (riboflavina) fascicolo 2 pag. 42Vitamina B5 (acido pantotenico) fascicolo 2 pag. 43Vitamina B6 (piridossina) fascicolo 2 pag. 44Vitamina B6 fascicolo 8 pag. 23Vitamina B12 (cobalamina) fascicolo 2 pag. 46Vitamina C (acido ascorbico) fascicolo 2 pag. 47Vitamina D fascicolo 2 pag. 36Vitamina E fascicolo 2 pag. 38Vitamina H (B8, biotina) fascicolo 2 pag. 45Vitamina K fascicolo 2 pag. 40Vitamina PP (B3, niacina) fascicolo 2 pag. 42Vitamine e i capelli fascicolo 2 pag. 30Vite ed estratto del seme d’uva fascicolo 8 pag. 23Xantine fascicolo 8 pag. 46Zinco fascicolo 2 pag. 52Zinco fascicolo 8 pag. 235alfa reduttasi fascicolo 6 pag. 31

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