Tribuna di Lodi - 5 Novembre

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il prossimo numero sarà in edicola sabato 19 novembre www.tribunadilodi.it | [email protected] Spedizione in abbonamento postale art. 2 , comma 20 , lettera C , legge 662 / 1996 - EURO 1,00 La Tribuna di Lodi QUINDICINALE D’INFORMAZIONE NAZIONALE E LOCALE ANNO 13 | No. 16 | Sabato 5 Novembre 2011 Ci accontentiamo! Sono arrivate le giornate incerte di quest’au- tunno ormai inoltrato. L’impianto naturalmen- te produce a basso regime. In due settimane sono stati prodotti circa 1.000 Kw, di cui nel- la linea monitorata sul display di Viale Pavia circa 600. Non è molto, ma ci accontentiamo. OPERAZIONE SOLE Potenza Istantanea kW Energia Prodotta MWh Emissioni Evitate t (CO 2 ) 2.725 31.927 16.953 Ilaria Rossetti “Io, i giovani, Lodi e Fiorani” Intervista alla giovane scrittrice lodigiana in occasione dell’uscita del suo secondo e controverso romanzo, dal titolo “Happy Italy” CRISI ECONOMICA Merkel e Sarkozy hanno poco da ridere. Perché la crisi di credibilità non è solo italiana PETIZIONE Firma anche tu per l’abolizione (o perlomeno per una sensibile riduzione) della tariffa di termi- nazione dei telefoni cellulari a pag. 2 a pag. 8 di Francesco Cancellato a pag. 4

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Quindicinale di politica locale

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il prossimo numero sarà in edicola sabato 19 novembre

www.tribunadilodi.it | [email protected]

S p e d i z i o n e i n a b b o n a m e n t o p o s t a l e a r t . 2 , c o m m a 2 0 , l e t t e r a C , l e g g e 6 6 2 / 1 9 9 6 - E U R O 1 , 0 0

La Tribuna di Lodi Q U I N D I C I N A L E D ’ I N F O R M A Z I O N E N A Z I O N A L E E L O C A L E

ANNO 13 | No. 16 | Sabato 5 Novembre 2011

Ci accontentiamo!Sono arrivate le giornate incerte di quest’au-tunno ormai inoltrato. L’impianto naturalmen-te produce a basso regime. In due settimane sono stati prodotti circa 1.000 Kw, di cui nel-la linea monitorata sul display di Viale Pavia circa 600. Non è molto, ma ci accontentiamo.

OPERAZIONE SOLE

Potenza Istantanea kW

Energia Prodotta MWh

Emissioni Evitate t (CO2)

2.72531.92716.953

Ilaria Rossetti“Io, i giovani,

Lodi e Fiorani”Intervista alla giovane scrittrice lodigiana in

occasione dell’uscita del suo secondo e controverso romanzo, dal titolo “Happy Italy”

CRISI ECONOMICAMerkel e Sarkozy hanno poco da ridere. Perché la crisi di credibilità non è solo italiana

PETIZIONEFirma anche tu per l’abolizione (o perlomeno per una sensibile riduzione) della tariffa di termi-nazione dei telefoni cellulari

➜ a pag. 2 ➜ a pag. 8

di Francesco Cancellato

➜ a pag. 4

La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 2011 La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 20112 3

Crisi economica

Cari Merkel e Sarkozy,c’è poco da ridere

Spesso in prima fila a criticare l’establishment statuni-tense, le incongruenze ed enormi contraddizioni di quel Paese non posso ora esimermi dallo scrivere qualche

riga sul Nostro. E con questa parola non mi riferisco all’Ita-lia, bensì all’Europa Unita. Mai come dall’entrata in vigore della moneta unica si sarebbe dovuto ragionare, programma-re, investire, coordinare, ovvero governare, come se l’Europa - oggi dei 27 - fosse un unico grande Paese, non solo un unico mercato. Le risatine e gli ammiccamenti sarcastici fra Sarkozy e la Merkel – in una scena alla “Gianni e Pinotto” come li ha definiti la Mussolini – hanno pubblicamente sbeffeggiato l’Italia. Lo stesso Presidente francese ha poi dichiarato, una volta raggiunto l’accordo che ha portato a mille miliardi il Fondo salva Stati, che la Grecia è stata salvata per non do-ver poi salvare l’Italia. Ora queste due episodi ci mostrano chi guida l’Ue oggi: non un reale governo ma il solo asse franco-tedesco, che di fatto poco di buono ha realizzato. La Grecia poteva essere salvata allo stesso modo 8 mesi addietro e ancora a luglio, evitando il crollo delle borse europee di questa esta-te; la Merkel solo a settembre si è resa conto che se uno Stato esce dall’euro, salta l’Ue intera; Sarkozy si dimentica sempre che le banche più esposte ai titoli di Stato greco sono le sue, e che ciò nonostante i miliardi di ricapitalizzazione che quel-le francesi dovranno recuperare dopo la svalutazione dei bot greci saranno solo 9 a fronte dei 15 di quelle italiane…e si potrebbe continuare a lungo. Inoltre il piano appena messo a punto lascia la Banca Centrale europea ai margini e quindi, nonostante il nuovo Fondo salva Stati, rimane assente quello che esiste in altri sistemi finanziari, cioè un garante di tutto il debito dell’area monetaria. Come si scrive su Corriere.it “I sistemi finanziari si basano sulla fiducia da parte di chi investe che i prestiti siano restituiti. Storicamente le banche centrali sono nate per evitare il panico finanziario dovuto alla paura dei creditori sulla possibilità che questo non avvenga. In caso di panico, il collasso del sistema finanziario è evitato dalla certezza che la banca centrale interverrà come prestatore di ul-tima istanza. Il solo fatto di sapere che questa possibilità esiste, limita il panico e crea stabilità. L’euro non ha una istituzione che svolge questa funzione. Il dollaro e la sterlina sì.” Si tratta quindi di un piano che ridà ossigeno all’Europa, ma sarà solo questione di tempo prima che gli investitori tornino a consi-derare insufficienti i mille miliardi messi sul piatto e, come è successo con l’accordo di luglio, le autorità europee saranno costrette a nuovi negoziati per mobilitare ulteriori risorse. Non stiamo andando nella direzione di una reale ristrutturazione dell’architettura della governance dell’uero - che anche se a piccoli passi è evidentemente ed inequivocabilmente necessaria – ma stiamo solo mettendo delle pezze qua e là. La Merkel e Sarkozy stanno fallendo, e con loro il Nostro Paese, l’Europa. Signori, c’è poco da ridere.

La Tribuna di Lodi - Quindicinale di politica e d’informazione edito dalla Cooperativa Ettore Archinti OnlusAnno 13 - No. 16 del 5/11/2011 - Autorizzazione del Tribunale di Lodi n° 306 del 7/12/99 Spedizione in abb. postale art. 2, comma 20, lettera C, legge 662/1996

Direttore responsabile: Vittorio Valenza - Coordinatore di Redazione: Francesco CancellatoRedazione: Elisa Bettinelli, Gian Franco Colombi, Daniele Germiniani, Gian Marco Locatelli (corsivi), Domenico Ossino, Angela Regina Punzi, Angelo Stroppa, Bernadette Zerella - Impaginazione: Claudio Cortivo

Direzione, redazione e amministrazione: presso il Circolo E. Cerri, associato AICS 26900 Lodi - Viale Pavia, 26 - Tel. 0371 35879 - Fax 0371 432740 - e-mail: [email protected] annuale e 15,00 - Abbonamento sostenitore e 25,00 - Benemerito per importi superiori - Conto corrente postale n° 13762240 intestato a Coop. Ettore Archinti

Stampa: Fotlito 73 - Via Gramsci, 17 - 26812 - Borghetto Lodigiano - LO

L'autobiografia di una città

commenti (Fc)

Signor SinistroFRA RENZI E LO-RENZI CI SON

TROPPE DIFFERENZERagazzi, alla Leopolda c’erano proprio tutti-tutti-tutti. C’era

Renzi che ha spiegato a modo suo come si fa a governa-re l’Italia, l’Europa e il Mondo e magari dice anche cose

interessanti, ma alla fine di tre giorni mica ho ancora capito quali sono e in cosa consistono. Arriveranno entro tre mesi,

come le misure salva bilancio del Berlusca.Ma le vere chicche erano nel parterre: c’erano i modem di

Veltroni, i post-mortem di Fioroni, i sine-curam di Gentiloni e qualche ds folgorato sulla via di Bagnasco.

I capataz del PD di Lodi, ovvero quella pletora di garantiti senza molta arte ma con molta parte, confidenzialmente

detti i Lo-Renzi, si sono guadagnati una posizione importan-te. Il più autorevole fra loro ha dichiarato sul Cittadino che

“La linea è quella di provare a spingersi su strade nuove, cercare di guardare al futuro dell’Italia e non continuare ad

ergersi come strenui difensori del passato”. Hanno annuito vigorosamente a queste sante parole i più

che settuagenari presidenti e consiglieri da lui ripetutamen-te nominati nelle varie società lodigiane; una scrollatina a

giunture anchilosate e via ! che la coraggiosa linea lodigiana del rinnovamento propagandata dal Nostro ha trovato in loro

autorevolissima conferma.In effetti, è da almeno vent’anni che questi giovanotti

settantacinquenni, tutti di rigorosa osservanza lo-renziana, vengono “confermati”, sempre loro, sempre negli stessi

posti, a dispetto dei disastri che combinano.Chiamati a declamare pubblicamente i loro successi, i Lo-Renzi non si sono fatti pregare, spiegando al colto e

all’inclita i grandi successi ottenuti da Eal nella gestione del deposito di rifiuti di Terranova (costato al centrosinistra una Provincia e agli abitanti dello sciagurato paese l’olfat-to), nonché il dinamico sviluppo del Business Park, (dove

l’unico ”bisnisso” è quello della gramigna che vi cresce prosperosa).

Ma ai dubbiosi il Grande Leader ha spiegato che certi in-terrogativi sono solo il residuo di una cultura di sinistra che è ormai obsoleta e che Lui e Lui solo, con l’ausilio dei suoi gerontocrati, garantisce un futuro e il rinnovamento al PD

lodigiano.Un bel rinnovamento, non c’è che dire.

Da decenni negli stessi posti, a fare lo stesso mestiere e magari nemmeno benissimo.

E ora ci vengono anche a dire che loro sono gli innovatori. Ma va là, Lo-renz !

Il rinnovamento, o almeno un tentativo, lo sta facendo Pisapia a Milano sostituendo le competenze alle fedeltà, i

pensanti agli obbedienti, le speranze alle mummie. Proprio come dice Renzi.

Ovvero l’esatto contrario di ciò che praticano i Lo-renzi.Quindi, Renzi e Lo-Renzi, mettetevi d’accordo: chi dei due

sta facendo il furbo?

Credo sia la prima volta, in dodici anni, che la Tribuna di Lodi sbatte un libro in prima pagina. Per quanto possa sembrare inusuale, tuttavia, vi sono diverse ragioni per farlo. Di certo, non perché Ilaria Rossetti è un’amica. Né perché, per alcuni mesi, ha scritto su queste colonne. E nemmeno per lo sciovinismo legato

al suo essere giovane ed emergente scrittrice lodigiana. Per quello ci sono premi e benemerenze civiche. Parliamo di Ilaria Rossetti e del suo “Happy Italy” perchè è un libro che dice tante cose, forse anche più di quelle che vorrebbe dire. Soprattutto, perchè è un libro che affronta con coraggio - e forse anche con una punta di sfrontata avventatezza - il vero grande trauma, tuttora irrisolto, della nostra città: l’ascesa e la caduta di Giampiero Fiorani e della Banca Popolare di Lodi. Lo fa con un soggetto molto forte - un complotto per uccidere il banchiere lodigiano ordito da tre “vittime” dello scandalo denominato “Bancopoli” - e con un punto di vista altrettanto severo e indignato nel giudicare le vicende di quegli anni e le loro conseguenze. Si può essere d’accordo o meno con Ilaria e con la sua indignazione. Opinioni che, tuttavia, nulla tolgono al valore e all’importanza di un libro che obbliga alla riflessione.Così come uno dei protagonisti di Happy Italy dice che noi italiani “siamo tutti Berlusconi”, così noi lodigiani, in qualche modo, “siamo tutti Fiorani”. Lo siamo nel nostro affrontare e talvolta fronteggiare le scelte strategiche sullo sviluppo di Lodi e del lodigiano - centrali e discariche, università e aree edificabili - che furono decise allora, quando la banca era un attore imprescindibile nel costruire scenari e visioni territoriali. Lo siamo nella scelta dei protagonisti della vita economica e politica della città e del territorio, molti dei quali, debitamente spolverati, sono gli stessi di allora. Lo siamo nella triste parabola declinante dell’istituto di Via Polenghi Lombardo, ormai succursale veronese, spogliata di ogni potere decisionale ed autonomia territoriale, fra gli sbadigli della città e delle sue supposte élite. Lo siamo nella nostra incapacità di andare oltre quella stagione, quasi come fosse la nostra stessa vergogna a impedirci anche il minimo sussulto d’orgoglio. Il libro di Ilaria Rossetti, senza mai nemmeno nominare Lodi, racconta tutto questo. Applauditelo o criticatelo, quindi. Ma, per quel che può valere il mio consiglio, non ignoratelo.

fosse altro perchè affronta il più grande trauma irrisolto della nostra città: quello di vedere la propria banca salire a livelli inimmaginabili e precipitare a fondo, nel biasimo e nella vergogna generali. Peral-tro, da lodigiano, ho la sensazione è che il romanzo sia prevalentemente rivolto ai tuoi concittadini, a persone che conosci bene. Anche perchè diversi lodigiani, a vari livelli, possono essere perlomeno ri-tenuti corresponsabili nell’epopea di Fio-rani. Che opinione hai in merito? E per-chè Lodi non appare mai nel romanzo?“Lodi è Fiorani, sono i lodigiani, è tutto il non-detto che nel romanzo si divincola e si contrae fino a diventare una pistola comprata per ucci-dere un uomo. Lodi non è l’ambientazione fisi-ca della storia, ma è il suo nucleo reale: volevo raccontare del mare, di un luogo pieno di sale e vento, come la Liguria, che d’un tratto diven-tasse, con tutta la sua bellezza, il posto dove smaltire lutti e rancore e dove pianificare una vendetta. Tuttavia, chiunque sia a conoscenza dei fatti di Bancopoli sa di che città realmente si sta parlando. Volevo riportare a galla tutto il mutismo di questo territorio, quel “trauma ir-risolto”, come dici giustamente. Avevo sedici anni, quando scoppiò lo scandalo. Ricordo, di quel periodo, un grande silenzio e un grande

imbarazzo, e tutte le prepotenze venute dopo (vedi la vicenda dello spettacolo teatrale, ndr). E io mi sono vergognata di Lodi.”

Ho di recente moderato un dibattito sul-la crisi economica. Durante il dibattito, uno dei partecipanti, un noto impren-ditore lodigiano, ha affermato che la si-tuazione sociale si sta facendo esplosiva e che, come negli anni settanta, rischia di scapparci il morto. Queste sue parole mi sono tornate in mente, leggendo il tuo romanzo. E mi è venuto in mente pure Tartaglia, lo squilibrato della statuetta a Berlusconi. Chi sono Ettore, Alice e Vir-ginia? Una cellula in nuce di terrorismo politico? Degli squilibrati come Tarta-glia? O qualcos’altro? E anche tu pensi che prima o poi, nella situazione attuale, possa scapparci il morto?“Alice, Virginia ed Ettore sono persone nor-mali. Non sono né squilibrati, né potenziali terroristi. Ed è questo, credo, il grottesco del romanzo, grottesco che poi diventa tragedia: persone normali, che hanno sempre fatto una vita normale, in procinto di uccidere qualcuno. Perchè? Per farsi giustizia, in qualche modo, per risarcirsi da soli. Alice, Virginia ed Ettore scelgono un atto criminale come presa di re-

sponsabilità: non si tratta solo di vendicare un lutto personale, ma anche di fare piazza pulita del disonesto che si è fatto assassino. Che poi, se il vero crimine sia il loro, oppure un altro, perpetrato da altri, resta la questione di fondo del romanzo: la citazione di De André in aper-tura non lascia dubbi, “qual è il crimine vero per non passare da criminali”. Non c’è rispo-sta.”

Una vecchia massima dell’economia af-ferma che “gli scarafaggi non vengono mai da soli”. La crisi economica, del re-sto, ce l’ha confermato: se non altro, che Fiorani non era il solo - né il peggiore, forse - all’interno di un mondo finanzia-rio popolato di gente come Bernard Ma-doff. Chi è Fiorani, quindi? L’impunito, che descrivi tu in “Happy Italy”, che ha violato la legge e non ha pagato? Il be-nestante, amato dalla gente, in grado di condurre un’esistenza normale? Oppure è il capro espiatorio, lo scarafaggio so-litario, quello che ha pagato per tutti, additato come il demonio della finanza, fatto fuori per aver giocato con le regole del mondo di cui faceva parte? Come ri-leggi la sua parabola, nel contesto di tut-to quel che è successo dopo?“Fiorani, e tutti quelli che rappresenta, è per me quello che è stato nella sostanza - ossia uno dei tanti furbetti italiani -, ma non solo. E’ la cifra di un Paese, di un popolo, di un atteggia-mento civile: è il termometro di questi anni, il nome e la storia che mi hanno concesso di foto-grafare un’Italia fatta di moltissime cose. Asse-diata, pure, da moltissime malattie: la colpa di Fiorani, nel romanzo, è in realtà anche quella degli individui che hanno scelto d’ignorarlo o di stimarlo; la sua vicenda è italianissima, c’entrano banche, una situazione economica e politica difficile, ma anche un degrado cultu-rale profondo, una mancanza di punti di rife-rimento e di una qualunque parvenza di etica. Volevo, con Fiorani, raccontare uno dei dram-mi di fondo di questo Paese: il fatto che ormai, inesorabilmente, ci stiamo abituando tutti, a tutto.”

La storia, innanzitutto. Quella di Virginia e Alice, rispettivamente figlia e madre di una donna finita sul lastrico a causa delle spericolate operazioni finanziarie

della banca e morta mentre cercava di rapi-narne uno sportello, armata di una pistola gio-cattolo. E di Ettore, fratello di un uomo morto suicida per il medesimo motivo, che sta scri-vendo una biografia di Berlusconi. I tre, Virgi-nia, Alice ed Ettore se ne stanno in una casa a Moneglia, in Liguria, progettando di uccidere l’uomo che ritengono essere la causa di tutti i loro guai, Giampiero Fiorani. Un soggetto al tempo stesso ostico e suggestivo, quello scelto da Ilaria Rossetti, ventiquattren-ne scrittrice lodigiana già vincitrice di Subway Letteratura e del Campiello Giovani, giunta al suo secondo romanzo dopo l’esordio con “Tu che te ne andrai ovunque”. Una storia di cui parliamo proprio con lei, approfittando del suo ritorno in Italia - Ilaria vive e studia a Londra - per un breve tour promozionale.

All’inizio del tuo libro, la madre di Vir-ginia assalta una banca armata di una pi-stola giocattolo per riprendersi ciò che la banca le aveva tolto con le sue speri-colate operazioni finanziarie. La guardia giurata, convinta di trovarsi di fronte ad una minaccia reale, la uccide. Trovo in-teressante questo parallelismo tra realtà e finzione. Soprattutto, in relazione ad una letteratura morale, “di denuncia”, come la tua, in cui usi la finzione per raccontare la realtà. Anche tu, per stare dentro la metafora, rapini la banca con una pistola giocattolo. Non hai paura del-la guardia giurata? Che qualcuno scambi la tua arma giocattolo con una minaccia reale?“La questione non è tanto pensare ai frainten-dimenti, quanto chiedersi se quello che si è scritto possa davvero fare una differenza. Parti-re dalla realtà per creare una trama di finzione è un gioco vecchio, che può avere differenti sco-pi. Il mio è stato quello di rivangare una storia fredda, che ci aveva riguardato tutti ma di cui nessuno, all’epoca, si era occupato abbastanza, almeno secondo il mio parere. Una storia fred-da, di banche e furbetti, che in realtà è stata anche la chiave per fotografare, negli intenti, la situazione sociale e culturale (e politica) di un Paese intero. Credo di aver scritto una sto-ria chiara: se qualcuno vuole vederci minacce, piuttosto che inviti alla riflessione, parte forse da presupposti già malati. Fare cultura “di de-nuncia” - che sia letteratura, teatro, musica o cinema - è una forma d’impegno, ma in ogni caso, anche da lettrice, sono sempre stata in sintonia con un verso del poeta inglese Robert Brownie, che diceva: “Ci interessa il versante pericoloso delle cose/ Il ladro onesto, il tenero assassino/ L’ateo superstizioso”. Il resto, per me, ha pochi stimoli.”

Mentre sua figlia muore, Alice, la nonna di Virginia, sta recitando Ibsen, tra i fi-schi. Lavoro di fantasia e penso che stia recitando “Un nemico del popolo”, sto-ria di un dottore che scopre che le terme

pubbliche sono inquinate, ma la cui de-nuncia non trova ascolto né fra i potenti né fra il popolo. Il dottore, disgustato, vuole scappare dalla città, ma alla fine si accorge che la risposta migliore che può dare è la conoscenza: decide quindi istruire i giovani, poveri o ricchi che sia-no, per aiutarli a comprendere meglio la realtà. Quanto c’è in te di quel dottore, che sei “scappata” a Londra e da lì hai scritto un romanzo che si chiama “Hap-py Italy”? “Happy Italy” in realtà è nato ben prima del mio trasferimento a Londra. E’ nato in Italia, tra Lodi e Pavia, tra un viaggio in Marocco e uno in Ecuador. Non voglio essere il dottore di Ibsen, a dirla tutta: me ne sono andata per co-gliere delle opportunità, ma penso che lasciare questo Paese, per quanto comprensibile, non sia una soluzione. Vorrei tornare. E resistere.”

Alice, la nonna, ha sempre vissuto un esistenza normale, “come si doveva” e non le è valsa ad evitare la sofferenza più grande che c’è, quella di sopravvivere alla propria figlia. Morta, per giunta, a causa di un ingiustizia perpetrata proprio da quel sistema cui lei si è sempre dili-gentemente uniformata.Virginia, invece,

quell’esistenza da “manuale”, la sogna. Oggi, la nostra generazione vive in mez-zo a queste due opposte tensioni: quella di non accettare la normalità e di voler cambiare il mondo; e quella di riuscire a trovare un posto decente, normale, nel mondo attuale. Dal tuo punto di vista, come si risolve questa tensione?“Io credo che le due cose potrebbero accom-pagnarsi bene. La normalità è vissuta male da molti giovani, quasi come fosse una rinuncia alla vita vera, alle vere pulsioni: però è esat-to, bisogna anche trovare un proprio posto nel mondo. Il problema tra queste due tensioni na-sce nel momento in cui il “posto nel mondo” diventa un incasellamento forzato, un percor-so prestabilito, studio-lavoro-famiglia, quasi da contratto, e ogni dubbio al riguardo, ogni deviazione, sono visti come mancanza di re-sponsabilità. Il dramma peggiore, poi, accade quando qualcuno che ha seguito fedelmente questo percorso viene tradito dal proprio Pae-se. Che è quello che capita ai miei personaggi. Traditi nelle attese e nelle promesse. Derubati di persone e dignità, e mai risarciti. E la que-stione sussite nel fatto che non succede solo nei romanzi.”

C’è tanta Lodi nel tuo romanzo. Non

La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 20114 5l'intervista

Ilaria Rossetti "Happy Italy"Giulio Perrone Editore

Anno di pubblicazione 2011Pagine: 150 Prezzo 13,00 euro

Ilaria Rossetti“Io, i giovani,

Lodi e Fiorani”Intervista alla giovane scrittrice lodigiana in

occasione dell’uscita del suo secondo e controverso romanzo, dal titolo “Happy Italy”

intervista di Francesco Cancellato

Benvenuti al Coffee Move, caffetteria cosmopolita nel

cuore di Lodi

Le foglie ingiallite iniziano a cadere, le sciarpe avvolgono i colli più freddolo-si e il sole sembra sempre più lontano e nascosto dalle nuvole. La gente pas-

seggia, si ferma, chiacchiera, pedala veloce in questo inizio inoltrato di autunno cittadino. Al di là di una grossa vetrata si intravedono due ragazzi che sorseggiano un caffè in una tazza fumante mentre armeggiano con i loro PC, una ragazza legge un libro accoccolata nella poltrona, al bancone si prepara l’aperi-tivo per la serata imminente. Immagini tipi-che di una città in movimento e in evoluzione, dove il bar non è più un semplice luogo di ritrovo per fare due parole, ma diventa anche possibilità di connessione, di scambio e di in-contro, tranquillità, silenzio, ricerca e relax.New York? Londra? Berlino? No, Corso Maz-zini 64, Lodi.Gennaio 2011: tre ragazzi lodigiani (Mattia Paparella, Andrea Bignami e Antonio Fer-rara) aprono il Coffee Move che descrivono come “un ambiente rilassante fatto di cul-tura, eventi, ristoro e concentrazione. Si può entrare e sedersi per prendere un caffè, bere un bicchiere di vino, navigare in Internet o curiosare tra i libri. Ci si può abbandonare alle proprie passioni e condividere quelle de-gli altri.” Un investimento importante che, ci racconta Mattia, li porta ad essere imprendi-tori, baristi, magazzinieri, uomini delle puli-zie, contabili e organizzatori di eventi tutto in una volta sola. La mole di lavoro è tanta, ma la passione e la soddisfazione sono ottimi car-buranti. Il Coffee Move si propone come una valida opportunità di respiro internazionale in una cittadina di provincia come Lodi: si parte dal menù, che oltre a pranzi e cocktail, offre colazioni di tutto rispetto con pancakes e muffin, latte e cereali, torte e crepes. La caffetteria alterna il gusto italiano alla va-rietà di miscele anglosassoni. Il progetto del Coffee Move è quello di riproporre un luogo amichevole, dinamico, dove una piccola sosta si trasforma a seconda delle proprie esigenze. Insieme ad un caffè americano da asporto, il coffe Move offre tutta una serie di opportuni-tà comuni all’estero, ma vera novità per i bar della nostro territorio:1) internet for free: la connessione alla rete è gratuita e illimitata, si può stare al Move quanto si vuole e navigare in internet senza limiti di tempo. L’idea è quella di offrire un luogo di pausa, dove poter sostare senza fretta e avere la libertà di fare un po’ come se fossi a casa.2) book sharing: porti un libro che hai già let-to e puoi prenderne uno da portare via, sen-

za spese, senza regole se non la condivisione gratuita.3) una ricca selezione di eventi, adatti ad accontentare i diversi gusti della clientela. Presentazioni di libri, con autori presenti per rispondere alle curiosità, inaugurazioni di mostre fotografiche a temi sociali e spesso frutto della collaborazione con il Gruppo Pro-getto Immagine, l’arte ready-made di Pietro Bianchini, la castagnata, il Capodanno Cel-tico ad Halloween con la presenza dell’Asso-ciazione Culturale Celtica CLAN Damhmor e la Presidente Mirella Giuliani. Questi sono solo alcuni degli eventi culturali promossi dal Coffee Move. Se volete far parte di questo mo-vimento, potete iniziare con il concorso foto-grafico Move Around. La quinta tappa è New York: per partecipare al concorso è sufficien-te inviare le proprie fotografie entro sabato 12 novembre 2011 alle ore 24.00 all’indirizzo [email protected] oppure portarle diret-tamente al locale. Il Coffee Move è il posto adatto per conoscere storie, per sentire rac-conti, per conoscere persone, per distrarsi e per vedere cose nuove. Lodi risponde bene, i giovani presenziano e sono attivi, sono curiosi e rispondono con entusiasmo alle proposte di Mattia, Andrea e Antonio. Non tutti certo, c’è chi non è interessato e chi preferisce altro. La mentalità lodigiana è difficile da cambiare, la novità spesso non è vista come un’opportuni-tà da scoprire e conoscere, ma solo l’ennesi-ma trovata di qualche ragazzo sognatore. Il vicinato spesso non scende a vedere perché c’è rumore, ma pensa solo a lamentarsi del chiasso, dimenticandosi che non è una via cit-tadina il luogo dove aspettarsi silenzio o canti di uccellini. Per queste cose esiste la campa-gna, la nostra stupenda e colorata campagna. La città si deve muovere se non vuole rima-nere indietro. Milano è a 30 km, ma sembra sempre più lontana. Il Coffee Move è il segno che le distanze si possono accorciare, che le alternative ci sono e sono a due passi da noi. Gli unici confini sono quelli che continuano a disegnarsi nelle nostre menti.

Eventi di NovembreDom 6 / ore 19.00La Grazia in mostra - dipinti di Grazia Bagan-cavalli. Dom 13 / ore 18.30Happy wine hour - un insolito aperitivo a base di… vino-proiezioni! Mar 15 / ore 21.30Serata in società - Inaugurazione dei giochi di società al CoffeeMove. Dom 20 / ore 19.00MOVE around à inaugurazione mostra foto-grafica su NEW YORK con aperitivo a tema. Martedì 22 / ore 21.45Letture di Mario Luzi con con Stefano Corsi e Nuvola De Capua

La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 20116 La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 2011 7idee per lodi associazioni

Rischio idrogeologico nel nostro Paese: il 70% dei Comuni

Italiani sono soggetti a frane e alluvioni

L’alluvione di pochi giorni fa in Liguria e Toscana, ha riportato alla mente di molti del nostro territorio

l’ultima alluvione del 2002. Nel nostro “io”, abbiamo espresso la più sentita solidarietà all’intera Comunità colpita, per la tremenda sciagura subita, e l’augurio di ave-re la forza ed il coraggio che occor-rono in queste circostanze. Questi ennesimi disastri mi portano ad alcuni “spunti di riflessione” sul rischio idrogeologico in Italia, e sulle cause che lo determinano. Cause che non sempre sono natu-rali. In Italia, sono 1.260.000 gli edifici costruiti in zone a “ad alto rischio – bolino rosso -” per frane e alluvioni, di cui 6000 scuole e 531 ospedali. Ben 6 milioni della popolazione italiana vive in aree a rischio idrogeologico con una situazione allarmante soprattut-to nelle grandi città. Nonostante questo, in decenni di emergenze ambientali poco o nulla si è fatto in termini di prevenzione. Al con-trario, ci si è limitati a tamponare i danni, spendendo nell’arco di 67 anni circa 213 miliardi di euro. Nonostante ciò, in Italia non c’è ancora una legge per il governo del territorio. I danni provocati dall’ondata di maltempo, che ha colpito l’Italia in ottobre, soprat-tutto in Toscana e Liguria, sono un’ennesima dimostrazione dello stato d’incuria in cui è lasciato il nostro Paese: il punto è che si sono spese cifre enormi solo per tampo-nare le catastrofi, ma si è speso “zero” per prevenirle. Dal 1944 a oggi in Italia, infatti, sono stati spesi più di 213 miliardi di euro per danni da dissesto idrogeologi-co e terremoti, di cui ben 27 solo dal 1996 al 2008. Per rimanere in perenne “emergenza”, deve molto far riflettere il fatto, che in Agen-da del Governo sono previsti nuovi tagli al ministero dell’Ambiente che sicuramente avranno un effet-to devastante su un territorio già abbandonato a se stesso. Ricorda-te a Lodi quando si scriveva della delocalizzazione degli immobili? La legge già lo prevede, ma non è mai stata applicata: demolire gli edifici nelle zone a rischio, dove

possibile, per rilocarli in aree più sicu-re. Un’operazione dai costi minori rispet-to alla messa in sicurezza di ogni singo-la area, considerando che sono 29.500 i chilometri quadrati del territorio italiano considerati a elevato rischio idrogeolo-gico. La messa in sicurezza del territorio deve necessariamente partire. Ad esempio le grandi città: sono le prime a bloccarsi in

caso di alluvione o nubifragi (Roma pochi giorni fa). Bisogna ripensarne il modello. A Lodi, la sera del 26 novembre di 9 anni fa, cosa successe nel quartiere Pratello? A causa del rigurgito della fognatura, prima dell’arrivo dell’acqua del fiume Adda, fu sommerso dalle acque fognarie. Da in-terventi sul sistema fognario e ripristino dei vecchi canali di scolo per far fluire le

acque è necessario iniziare nelle città e paesi a rischio. A Lodi, im-portanti interventi in questa ottica sono stati fatti. In varie città infat-ti i canali non ci sono più perché ci si è edificato sopra. Questo è un problema: con la scomparsa del-le aree verdi nelle città, infatti, le acque non possono più infiltrarsi nel terreno ma solo scorrere in su-perficie, e se non c’è un adeguato sistema di smaltimento, i proble-mi sono enormi. Ma ancora tanti sarebbero gli interventi necessa-ri, a partire anche da una attenta manutenzione ordinaria dei fiumi, oggi del tutto assente. Ovviamen-te, su tutto, resta il problema dei finanziamenti. Secondo una stima del Ministero per l’Ambiente per una manutenzione dell’intero ter-ritorio italiano sarebbero necessa-ri almeno 30-40 miliardi di euro. Pur tenendo conto del momento attuale di crisi, da qualche parte bisognerà partire per la messa in sicurezza del territorio, a secon-da del maggiore grado di rischio. Senza dimenticare, che investire in prevenzione significa anche creare lavoro. La tutela del ter-ritorio è una questione culturale e bisogna essere consapevoli del fatto che il dissesto idrogeologico ha un costo enorme. La sistema-zione idrogeologica del territorio, negli Usa post ‘29 – la grande cri-si americana del secolo scorso -, non fu un costo, ma una grande ri-sorsa, che diede lavoro a 300.000 disoccupati, ed è risaputo che il Presidente di allora, Roosvelt, non era certo un ambientalista. Non siete d’accordo che con la crisi attuale, si potrebbero recu-perare moltissimi posti di lavoro persi, a salvaguardia di noi tutti e del territorio? Concludo con le di-chiarazioni del ministro dell’Am-biente Stefania Prestigiacomo, pronunciate in occasione dell’al-luvione in Liguria e Toscana, ap-pena avvenuta: «no a sgradevoli polemiche sulla tragedia, bisogna attuare subito il piano antidissesto idrogeologico». «Ciò che è acca-duto è l’ennesima, e temiamo non ultima, conseguenza di una con-dizione di dissesto del territorio».

Una penisola bagnata dalle alluvioni Colazione da Tiffany in Corso Mazzini

di Domenico Ossino di Elisa Bettinelli

Italia a rischio alluvione

Italia a rischio frane e alluvione

Lombardia a rischio frane e alluvione

Fonte: ministero dell’Ambiente e Unione province d’Italiaelaborazione Legambiente

La Tribuna di Lodi SABATO 5 NOVEMBRE 20118 circolo enrico cerri

1961 - L’A.I.A. (Associazione Italiana Arbitri) da 30 anni ha in funzione in Lodi un attivo “sottogruppo” (poi se-zione), per 27 anni presieduto dal Cav. Mario Codeluppi, mitico arbitro lodigiano.

Il Sottogruppo di Lodi dell’A.I.A. (Asso-ciazione Italiana Arbitri) viene costitu-ito nel 1931, aggregato al Gruppo Ar-

bitri “Umberto Meazza” di Milano: come primo responsabile viene nominato Natale Borzio, mentre i primi arbitri lodigiani del periodo sono Aiolfi, Bergami, Cattaneo, Danzi, i fratelli Minoietti (Enzo, Franco e Renato), Scaricabarozzi e Pietrabissa. Nel 1947, Lodi ha finalmente una propria Se-zione, la cui prima presidenza è affidata al cav. Mario Codeluppi che la reggerà sino al 1976. La figura più rappresentativa è comunque il Conte Saverio Giulini (nato a Lodi nel 1903) che, oltre ad essere stato un arbitro (dal 1930 al 1933 diresse otto gare di serie “A”), ricopre il prestigioso ruolo di Presidente Nazionale dell’A.I.A. dal 1962 al 1972. Premesso che il 1961 costituisce il trentennio dell’associazione lodigiana, oltre alle brevi note, offre lo spunto per tracciare le figure di arbitri lodigiani (ol-

tre al già citato Conte Giulini) che si sono distinti nell’ambito calcistico nazionale. Mario Codeluppi, nato a Lodi nel 1909, diviene arbitro effettivo nel 1933: l’esordio in serie “B” risale al 1940 e nel 1945 (8 dicembre) debutta in serie “A”, dirigendo Sampierdarena – Modena. Al termine della carriera nel 1950, sono 14 le sue presenze nella massima serie, 59 in serie “B” e 96 in serie “C”: comprendendo altri campio-nati minori in tutto ha diretto 415 incontri!Vito Porcelli è l’altra figura storica degli ar-bitri lodigiani: nato a Lodi nel 1933, scom-parso ancora in giovane età, esordisce in serie “A” nel 1970, dirigendo Roma – Bo-logna (1-2) ed altre undici partite, mentre nella serie “B” arbitra oltre 70 incontri e

per la serie “C”, come migliore arbitro, viene premiato dal settimanale “Guerin Sportivo”, cui seguono altri prestigiosi ri-conoscimenti dal Club Panathlon di Lodi e nel 1972 da “Oggi Sport” come “Sportivo dell’anno”. Nel lungo elenco degli arbitri lodigiani di serie “C” e campionati minori figurano anche nomi noti: Ambrogio Sfon-drini (dirigente bancario) ed Angelo Tavaz-zi (commerciante): al di là delle loro pro-fessioni, la passione calcistica li ha portati ad essere arbitri, affrontando – non poche volte – epiteti irosi ed irriverenti dei tifosi. Angelo Tavazzi mi racconta che nella fina-le di un torneo a Bergamo, arbitra Milan – Inter che, ad un minuto dal termine, sono in parità: l’atterramento in area dell’inte-rista Giavardi (lodigiano!) lo costringe a concedere il giusto rigore che viene tra-sformato, dando la vittoria all’Inter. Al termine della gara, l’allenatore del Milan si avvicina a Tavazzi e, con tono pacato, gli dice: “con lei il Milan non riesce mai a vincere!”. Tavazzi, allargando le braccia, non risponde, ma mentalmente – come in un fumetto in cui le parole sono raffigurate in una nuvoletta – pensa: “per forza, sono interista da una vita!”. Anche gli arbitri hanno un’anima, certe volte…….”nerazzurra”. GICOL

Lodi, cinquant’anni fa

Mario Codeluppi Vito Porcelli

La Tribuna di Lodi sostiene l’iniziativa di Altroconsumo per l’abolizione delle

tariffe di terminazione dei telefoni cellulari

da abbassalatariffa.it

Le tariffe di terminazione sono il pedaggio che un operatore di telefonia paga per far tran-sitare la chiamata telefonica di un proprio utente sulla rete di un altro operatore tele-

fonico al fine di completare la telefonata. Si tratta di un meccanismo tariffario diventato necessario a seguito della moltiplicazione di operatori e reti: in un regime di monopolio, infatti, non aveva ragione d’essere in quanto tutti gli utenti erano abbonati ad un medesimo operatore e pertanto i costi di transito si esaurivano nell’ambito della stessa rete. Le tariffe di terminazione, introdotte nel 1997, avevano costi molto elevati e favorivano i nuovi operatori che en-travano sul mercato. Si trattava di una motivazione apprezzabile. Il corrispettivo per la terminazione serviva a incentivare gli investimenti in nuove reti e a creare un mercato di reti mobili concorrenti tra loro. Oggi che la penetrazione delle reti mobili ha raggiunto, in particolare in Italia, livelli elevatissimi, questo meccanismo non ha più ragione di essere. A decidere sulle tariffe di terminazione mobile in Ita-lia è l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Da luglio 2011 la tariffa fissata da Agcom è 5,3 centesimi di euro al minuto. Una tariffa del 50% più costosa della media europea. La Comunità europea fissa però le regole alle quali le singole Au-torità nazionali devono uniformarsi e stabilisce quali sono i parametri in base ai quali deve essere calco-lato il costo della terminazione mobile. Nel 2009 la

Comunità europea ha raccomandato alle singole au-torità nazionali di abbassare le tariffe di terminazio-ne entro il 2012 e di modificare il sistema di calcolo, chiedendo di “basarsi esclusivamente sui costi reali sostenuti da un operatore efficiente per effettuare la connessione”. L’Agcom il 5 maggio 2011, due anni dopo, ha proposto un nuovo piano di diminuzione delle tariffe che eliminerà le distorsioni di prezzo solo nel 2015 invece che nel 2012 come chiesto dalla Ue. Il piano di diminuzione delle tariffe propo-sto da Agcom presenta valori tra il 50% ed il 91% superiori a quelli applicati dagli stati membri che hanno implementato la Raccomandazione europea, ed è in netto contrasto con la Raccomandazione UE che prevede l’applicazione di tariffe di terminazio-ne orientate al costo (secondo un modello basato sui costi di un operatore efficiente) entro la fine del 2012. A questa proposta sono seguite interpellan-

ze alla commissione europea e prese di posizione dell’Antitrust e di altri organismi. Nei prossimi mesi Agcom dovrà prendere la decisione definitiva. Pen-siamo che queste tariffe di terminazione siano ec-cessive e falsino la concorrenza. Chiediamo quindi ad Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, di abbassare le tariffe in modo che riflettano i costi effettivi sostenuti dagli operatori, così come ha chie-sto la Commissione europea e come sta avvenendo in Francia, in Inghilterra, in Germania. Agcom, a maggio, ha proposto un percorso di riduzione delle tariffe di terminazione mobile che è stato giudicato dalla Commissione Europea ritardato e inadeguato e che porterebbe l’Italia nel 2013 ad avere tariffe di terminazione tre volte più care di quelle, per esem-pio, della Francia. Se vuoi farlo anche tu, firma la petizione online sul sito http://abbassalatariffa.it

Abbassa la tariffa: firma anche tu!