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CAPITOLO IV TRAUMI DEL TORACE D. Coppeta; C. Aprea; S. De Rosa; G. Barrella OBIETTIVI Evidenziare come ricercare e gestire quelle condizioni che sono immediatamente o potenzialmente pericolose per la vita del paziente Come diagnosticare e trattare il pneumotorace iperteso una delle principali cause di morte nel politraumatizzato.

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Page 1: TRAUMI DEL TORACE - aslnapoli1centro.ittrauma... · PERCORSO TRAUMA CAP. IV TRAUMI DEL TORACE TRAUMI DEL TORACE Il trauma toracico determina il 25% dei decessi per politrauma.

CAPITOLO IV

TRAUMI DEL TORACE

D. Coppeta; C. Aprea; S. De Rosa; G. Barrella

OBIETTIVI

Evidenziare come ricercare e gestire

quelle condizioni che sono

immediatamente o potenzialmente

pericolose per la vita del paziente

Come diagnosticare e trattare il

pneumotorace iperteso una delle

principali cause di morte nel

politraumatizzato.

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PERCORSO TRAUMA CAP. IV TRAUMI DEL TORACE

TRAUMI DEL TORACE

Il trauma toracico determina il 25% dei decessi per politrauma. Tale evenienza va

sospettata, anche in assenza di segni esterni di trauma sulla parete toracica, in base alla

dinamica dell’evento e di un ipotetico meccanismo di lesione (es deformazioni della

sterzo, incarceramento ecc.). In conseguenza di un evento traumatico che coinvolge il

distretto toracico si possono manifestare molteplici quadri clinici:

• ostruzione delle vie aeree • contusione polmonare

• pneumotorace iperteso • pneumotorace aperto

• emotorace massivo • lembo toracico mobile

• tamponamento cardiaco • rottura tracheo bronchiale

• contusione miocardica • rottura aortica

• rottura diaframmatica • rottura esofagea

Alcune di queste condizioni sono immediatamente letali e lasciano poco spazio a

tentativi terapeutici (rottura aortica). Altre condizioni invece possono condurre all’

evoluzione fatale se non immediatamente riconosciute e trattate (ostruzione delle vie

aeree, pneumotorace iperteso, pneumotorace aperto, emotorace massivo,

tamponamento cardiaco, lembo toracico mobile). In queste condizioni si giunge

all’esito fatale per una grave ipossiemia e/o ipovolemia. Spesso la semplice

individuazione e il trattamento immediato dell’ipossiemia e dell’ipovolemia, senza

ulteriori manovre invasive, è sufficiente a garantire la sopravvivenza nel traumatizzato

toracico nelle prime fasi del soccorso. In altri casi occorre mettere in atto procedure

invasive, seppur relativamente semplici, come la detensione di un pneumotorace

iperteso che rappresenta, come evidenzieremo più volte, la patologia che più spesso

risulta essere misconosciuta e non trattata adeguatamente nelle fasi di soccorso sul

territorio ed in pronto soccorso. Altre lesioni, infine, non sono immediatamente

pericolose per la vita, ma possono condurre al decesso nelle ore successive se non

riconosciute (contusione polmonare, contusione miocardica, rottura diaframmatica,

rottura albero tracheo bronchiale, rottura esofagea).

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PERCORSO TRAUMA CAP. IV TRAUMI DEL TORACE

La frattura di 2 o più coste o dello sterno si associa a notevole aumento di morbilità e

mortalità. In particolare la frattura delle prime tre coste è costantemente associata a

traumi con elevata energia cinetica; le lesioni dalla quarta alla nona costa possono

essere associate a danni parenchimali polmonari, mentre la frattura delle ultime coste

può associarsi a danni degli organi parenchimatosi sottodiaframmatici (fegato e milza).

Pneumotorace iperteso

Si determina per il progressivo accumulo di aria

sotto tensione nello spazio pleurico (fig. IV-1).

L’aria può provenire da una ferita o della parete o

della superfice del polmone con l’instaurarsi di un

meccanismo a valvola. Ciò determina collasso del

polmone omolaterale e nelle fasi più avanzate lo

sbandamento del mediastino controlateralmente

con compromissione del ritorno venoso e anche

della ventilazione controlaterale.

La diagnosi di pneumotorace iperteso è clinica e non radiologica e questo può essere

sospettato in presenza dei seguenti segni:

• enfisema sottocutaneo

• riduzione o assenza del murmure vescicolare monolaterale con iperfonesi

• ipossiemia e tachipnea e molto tardivamente cianosi conclamata

• shock circolatorio

• deviazione della trachea ed ingorgo delle giugulari

In presenza di un fondato sospetto si procede già alla detensione provvisoria del

pneumotorace inserendo, per tutta la sua lunghezza, un ago-cannula di grosso calibro

(14-16 Gauge) al secondo spazio intercostale, leggermente di lato all’emiclaveare,

seguendo il margine superiore della costa sottostante.

La manovra va effettuata appena sospettato il PNX

iperteso anche in ambiente extraospedaliero, in attesa

poi di posizionare un drenaggio definitivo. E’

possibile collegare alla cannula, da cui si è estratta

l’ago metallico, un meccanismo a valvola tipo

Heimlick.

Nel caso vi siano dubbi sulla diagnosi, la stessa può

essere confermata effettuando la cosiddetta puntura

fig. IV-1

fig. IV-2

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PERCORSO TRAUMA CAP. IV TRAUMI DEL TORACE

esplorativa (fig. IV-2) che consiste nell’inserire, nello

stesso punto di repere di cui sopra, un ago di piccolo

calibro (21 Gauge) attaccato ad una siringa priva di

stantuffo e riempita con 2-3 cc di soluzione fisiologica. Si

osserverà la eventuale fuoriuscita di bolle aeree (fig. IV-3)

attraverso la soluzione, indice di aria sotto tensione nel

cavo pleurico; in tal caso, estratto l’ago di piccolo calibro,

si inserisce quello di grosso calibro per la detensione.

Recentemente viene proposta la minitoracotomia per la decompressione del PNX

iperteso; questa viene effettuata praticando una incisione della parete toracica

sull’ascellare media tra IV e V costa fino all’apertura con il

dito esploratore del cavo pleurico; si determina in tal modo

un PNX aperto che può essere gestito al meglio solo se il

paziente è già intubato e ventilato a pressione positiva ed

avendo già diagnosticato il PNX con la puntura esplorativa.

In alternativa, in caso di paziente non intubato occorre

almeno posizionare una medicazione a lembo chiusa su tre

lati (fig. IV-4) che permetterà la fuoriuscita dell’aria

sottotensione ma non il rientro della stessa nel cavo

pleurico durante l’inspirazione.

Emotorace massivo

Si parla di emotorace massivo quando si verifica lo stravaso di più 1500 ml di sangue

nella cavità toracica; ciò è dovuto di solito alla lacerazione delle arterie intercostali e/o

della mammaria interna.

Sul territorio l'emotorace può solo essere sospettato in base alla dinamica dell’evento

lesionale ed ai segni clinici quali riduzione del murmure vescicolare monolaterale con

ipofonesi, shock circolatorio con giugulari deplete o talora turgide per l’alterato ritorno

venoso nonostante l’ipovolemia.

In questo caso la corretta gestione precoce prevede la correzione dell’ipovolemia e

dell’ipossia e l’allertamento dell’unità di chirurgia toracica di riferimento per il

drenaggio decompressivo.

Tamponamento Cardiaco

Dovrebbe essere sospettato in presenza di un trauma, specie se penetrante, che

interessa il collo, l’area centrale del torace sia anteriormente che posteriormente o

l’epigastrio con probabile coinvolgimento del cuore.

fig. IV-3

fig. IV-4

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PERCORSO TRAUMA CAP. IV TRAUMI DEL TORACE

L’accumulo di sangue nel sacco pericardio determina un alterato riempimento del

ventricolo sinistro con riduzione della gittata cardiaca.

I segni clinici suggestivi di tamponamento cardiaco sono l’ottundimento

all’ascoltazione dei toni cardiaci, un aumento della pressione venosa giugulare durante

l’inspirio (fenomeno di Kussmaul) e il calo della P.A. sistolica di almeno 10 mmHg in

fase inspiratoria (polso paradosso).

Nel caso di sospetto tamponamento la gestione sul territorio prevede un adeguato

riempimento volemico onde compensare il ridotto ritorno venoso ed una adeguata

ossigenazione. L'esecuzione di manovre invasive va rimandata all'arrivo in ospedale,

dove è comunque raccomandata una toracotomia e solo in casi particolari una semplice

pericardiocentesi, possibilmente Eco guidata.

Conclusioni

Il trauma del torace va sospettato anche in assenza di palesi segni esterni di trauma del

distretto ed in particolare va sempre ricercata la eventuale presenza di PNX iperteso

che rappresenta una delle principali cause di morte nel traumatizzato, spesso

misconosciuta.

I segnali di allarme in tal senso sono sicuramente l’enfisema sottocutaneo o la

riduzione del murmure vescicolare monolaterale associato a alterazione della

meccanica cardiorespiratoria. La gestione del PNX iperteso va iniziata sul territorio

con una immediata detensione dell’aria pleurica sotto tensione.

In caso di trauma toracico sono comunque fondamentali in tutti casi un adeguato

riempimento volemico ed una adeguata ossigenazione. E’ fondamentale infine un

adeguato indirizzamento del malato presso la struttura ospedaliera adeguata alla

gestione di tale problematica.

bibliografia

1. Prehospital Trauma Care - Italian Resuscitation Council – Manuale 2007

2. Linee guida per un centro di rianimazione – G. Nardi, E. De Blasio, R. Ciraolo –

Antonio Delfino Editore – anno 2008

3. European Trauma Course – European Resuscitation Council 2008

4. Diagnosis and tretment of blunt thoracic aortic incurie: changing perspectives- D.

Demetriodes et al.; Journal of trauma, infection and critical care, USA, June

2008 , 1415-1419

5. Diagnostic dilemmas and current controversiesin blunt chest trauma – D.

McGillicuddy, M.D.; P. Rosen, M.D.; Emerg Med Clin N Am 25(2007) 695-711

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Capitolo V

Shock

F. Paladino; E. Mirante; E. Cavuoto; P. Zannetti

OBIETTIVI

Riconoscere i segni precoci di shock.

Identificare i tipi di shock e classificarne la

gravità.

Discutere gli interventi terapeutici (fluidi e

controllo delle fonti emorragiche).

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PERCORSO TRAUMA CAP. V SHOCK

SHOCK

Lo shock può essere definito come una situazione di inadeguata perfusione d’organo

con insufficiente ossigenazione tissutale che determina un alterato metabolismo

cellulare e acidosi metabolica.

Esiste pertanto un effetto domino che, partendo dall’ipoperfusione tissutale, può

condurre alla morte del paziente (fig V-1).

Le condizioni che conducono allo shock sono: inadeguato apporto di O2, bassa

pressione di perfusione o maldistribuzione del flusso ma spesso le precedenti

condizioni possono coesistere.

La più precoce manifestazione dello shock è il ridotto consumo di O2(VO2). Questo è

causato da basso flusso nello shock emorragico o cardiogeno, da deficit cellulare o

metabolico nello shock settico e da alterata distribuzione del flusso in tutti i tipi di

shock.

L’organismo è in grado di mettere in atto dei meccanismi di compenso che possono

non rendere clinicamente evidente lo shock nelle fasi iniziali (cosiddetto shock

compensato) con normale pressione arteriosa.

Infatti in presenza di ipovolemia significativa il sangue viene dirottato verso i

cosiddetti organi vitali (cervello, cuore, reni); gli altri organi soffrono di ischemia

relativa (per es. lo splancnico) e ciò predispone alla MOF e allo shock settico che

possono insorgere tardivamente.

Ipossia cellulareIpossia cellulare

Metabolismo anaerobioMetabolismo anaerobio (aumento lattati)(aumento lattati)

Morte cellulareMorte cellulare

Disfunzione d’organoDisfunzione d’organo

Morte del pazienteMorte del paziente

Fig. V-1

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PERCORSO TRAUMA CAP. V SHOCK

CLASSIFICAZIONE

Esistono molte classificazioni dello shock "alcune basate sulla fisiopatologia altre sulle

entità cliniche"; spesso, soprattutto nelle fasi finali, vi è una sovrapposizione delle

tipologie.

Nel paziente politraumatizzato possiamo considerare 2 tipi principali di shock:

• EMORRAGICO: è il più frequente; la storia clinica e dell’evento sono

fondamentali per la diagnosi;

• NON EMORRAGICO: legato prevalentemente ad un alterato ritorno venoso

o a squilibrio tra contenuto e contenente:

1. PNX iperteso

2. Cardiogeno (tamponamento cardiaco)

3. Neurogeno (lesione midollare)

4. Settico (tardivo)

E’ importante sottolineare che un paziente traumatizzato in shock, fino a prova

contraria, è un paziente in shock emorragico (ipovolemico).

Ovviamente nel politraumatizzato non si può escludere che più situazioni abbiano

contribuito allo shock (es. pz con PNX iperteso ed emorragia).

Le emorragie possono essere esterne da lesione dei tessuti molli o dei vasi sanguigni e

interne (cavità pleurica, peritoneale, spazio retro peritoneale o interstiziale da

fratture). E’ possibile stimare la perdita ematica a seconda dei distretti ossei interessati

da fratture. (tab. 1)

OSSO EMORRAGIA INTERNA APPROSSIMATIVA (ml)

Costa 125

Radio o Ulna 250-500

Omero 500-750

Tibia o Perone 500-1000

Femore 1000-2000

Bacino 1000-massiva

VALUTAZIONE PERDITE EMATICHE

La valutazione di alcuni semplici parametri permette di effettuare una stima orientativa

delle perdite ematiche che ci può guidare nella terapia:

• Frequenza cardiaca

• Pressione arteriosa

Tabella 1

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PERCORSO TRAUMA CAP. V SHOCK

• Frequenza respiratoria

• Livello di coscienza

L’insieme di tali parametri ed eventualmente la diuresi hanno permesso di classificare

lo shock in 4 classi principali.

E’ importante tener conto di alcuni fattori legati al paziente (età, terapie concomitanti

ecc.) che possono interferire con la valutazione e dare una stima errata delle perdite.

Tipi di shock

Tipo di shockGittata

cardiacaVolume ventricolare

sinistroResistenze vascolari

sistemiche

Ipovolemico

Cardiogeno

Settico

Anafilattico

Neurogeno

Legenda: . = ridotto = aumentato

TRATTAMENTO

• Controllo delle emorragie esterne

• Ripristino volemico

Incannulare 2 vene con cateteri di grosso calibro (14-16 G) .

Controllo delle emorragie esterne con:

• pressione diretta con pacchi di garze

• elevazione dell’ arto

Classe I Classe II Classe III Classe IV

Perdita ematica(% massa circolante)

< 750 mL (< 15%)

750-1500 mL(15-30%)

1500-2000 mL(30-40%)

> 2000 mL(> 40%)

Frequenza cardiaca (battiti/min)

Normale o legg.aumentata

> 100 > 120 > 140

Frequenza respiratoria (atti/min) normale 20-30 30-40 > 40

Pressione sistolica(mm Hg) normale normale Ridotta (<90) molto ridotta

Sensorio normale ansia agitazione Sopore coma

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PERCORSO TRAUMA CAP. V SHOCK

• tourniquet come ultima risorsa e per breve periodo per il rischi di ischemia a

valle della lesione

Il ripristino volemico tiene conto della risposta al test di riempimento e dei target

pressori da raggiungere. Effettuare un test di riempimento con cristalloidi in bolo

rapido (1000-2000 ml per gli adulti e 20 ml/Kg nei bambini). L’obiettivo terapeutico è

di mantenere la perfusione degli organi vitali e la pressione sistolica da raggiungere

dipende dal tipo di trauma:

trauma cranico PAS 110

trauma chiuso PAS 90

trauma penetrante PAS 70

In caso di trauma chiuso o penetrante si pensa che un’aggressiva volemizzazione possa

aumentare l’emorragia interna e quindi peggiorare la prognosi del paziente.

Nella fase preospedaliera il raggiungimento degli obiettivi terapeutici è da realizzare

solo con i fluidi evitando l’utilizzo di amine.

Per quanto riguarda il tipo di fluido da infondere in letteratura non ci sono dati chiari,

ma la maggior parte delle società scientifiche raccomandano l’utilizzo di cristalloidi;

tenendo conto della successiva compartimentalizzazione degli stessi, la quantità da

infondere sarà aumentata di circa il triplo.

I colloidi rimangono nel compartimento ematico più a lungo e pertanto potranno essere

utilizzati nella quantità di 1/1.

Le soluzioni glucosate al 5% tendono a distribuirsi rapidamente nelle cellule e pertanto

non andrebbero mai utilizzate.

Le soluzioni ipertoniche (NaCl 7.5%) sfruttano l’effetto osmotico e mobilizzano i

fluidi dall’interstizio al compartimento vascolare; l’attuale interesse verso tali

soluzioni è legato alle piccole quantità da infondere infatti 250 ml di soluzione

ipertonica corrispondono all’infusione di circa 1500-2000 ml di cristalloidi.

Bibliografia essenziale

1. Hess JR, Holcomb JB, Hoyt DB: Damage control resuscitation: the need for

specific blood products to treat the coagulopathy of trauma. Transfusion 2006;

6:685–686

2. Bickell WH,Wall MJ Jr, Pepe PE, et al. Immediate versus delayed fluid

resuscitation for hypotensive patients with penetrating torso injuries. N Engl J

Med 1994;331(17):1105–9.

3. The SAFE Study investigators.Acomparison of albumin and saline for fluid

resuscitation in the intensive care unit. N Engl J Med 2004;350:2247–56.

4. Sanson G Nardi G et al. Prehospital Trauma Care IRC 2007

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CAPITOLO VI

TRAUMA ADDOMINALE E IN GRAVIDANZA

M. Guarino; M. Izzo; V. Helzel; S. Cuomo

OBIETTIVIComprendere l’importanza di sospettare la

lesione di organi endoaddominali

Comprendere l’importanza della

cinematica nella valutazione dei pazienti

con trauma addominale

Stabilire la corretta valutazione ed il

trattamento dei traumi addominali chiusi e

penetranti

Descrivere le differenze nella valutazione

e nel trattamento delle pazienti in

gravidanza vittime di trauma addominale

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

TRA TRAUMA ADDOMINALE

E IN GRAVIDANZA

Nell’ambito della valutazione secondaria particolare attenzione deve essere rivolta alla

ricerca e al trattamento di danni derivanti da traumi addominali. In particolare, la

nostra valutazione deve focalizzarsi sulle eventuali lesioni degli organi

endoaddominali e se queste richiedono un intervento chirurgico immediato.

La maggior parte delle vittime con trauma addominale sopravvive fino all’arrivo in

ospedale e la maggior parte delle morti avviene per “exanguinatio” ed è pertanto

critico il fattore tempo di accesso alla sala operatoria. Le morti evitabili, in genere,

sono imputabili ad un ritardo della diagnosi e della terapia intra-ospedaliera. E’ quindi

estremamente importante considerare sempre la possibilità di lesioni intraddominali e

monitorare continuamente i parametri vitali durante il trasporto.

CCLASSIFICAZIONELASSIFICAZIONE

I traumi addominali vengono classificati in chiusi e aperti e, questi, in penetranti e non

penetranti a seconda se superano o meno la barriera peritoneale con interessamento

Trauma AddominaleTrauma Addominale

ChiusoChiuso ApertoAperto

Non PenetranteNon Penetrante

PenetrantePenetrante (interessamento del peritoneo e degli organi endo-addominali)

“stay & play”

“scoop & run”“scoop & run”

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

degli organi endoaddominali. Da questa classificazione deriva anche il nostro

approccio al traumatizzato, attuando la strategia “scoop & run” nel trauma aperto

penetrante e quella “stay & play” nel trauma chiuso.

O PIGLIO E ‘O PORTO E CORSE MME STONGO E ‘O TRATTO

TRAUMI CHIUSI

Circa i ¾ dei traumi addominali chiusi sono dovuti ad incidenti automobilistici, i

restanti sono dovuti a precipitazioni, incidenti motociclistici, traumi sportivi e

percosse. La lesione degli organi endo-addominali può avvenire per:

• compressione e lesione da schiacciamento dei parenchimi;

• trazione con rottura dei parenchimi e/o dei peduncoli vascolari (accelerazione

e/o decelerazione);

• aumento improvviso della pressione addominale con rottura di organi cavi.

Nella valutazione iniziale riveste grande importanza la dinamica dell’impatto e lo

studio della scena, al fine di ricevere numerosi ed importanti informazioni sulle

possibili conseguenze sugli organi interni. Siccome i traumi addominali pongono

problemi di circolo, la nostra attenzione (nella valutazione primaria e anche nelle

continue rivalutazioni successive) deve essere focalizzata sull’emodinamica del

paziente, individuando la classe di shock e raggiungendo, per poi tenere stabile, il

target pressorio sistolico più adatto:

• 70 mm/Hg oppure mantenimento della coscienza con GCS stabile, per il

trauma aperto penetrante

• 90 mm/Hg per il trauma chiuso

• 110 mm/Hg in caso di coesistenza di trauma cranico (GCS <13).

ESAME OBIETTIVO

L’esame clinico rappresenta, al momento, l’unico strumento a nostra disposizione sulla

scena del trauma; opportunamente condotto esso ci consentirà di indirizzare il paziente

ad una laparotomia sulla scorta di questi segni:

• instabilità emodinamica con notevole distensione addominale;

• segni di irritazione peritoneale.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

La presenza anche di uno solo di questi segni deve indirizzare il paziente alla

laparotomia immediata. Sebbene la sensibilità dell’esame clinico nel paziente

traumatizzato sia ridotta (alterazione della coscienza, alcool, droghe, farmaci, shock

spinale ecc.), la ricerca ripetuta di segni di lesione interna la incrementa notevolmente.

Il paziente con lesione degli organi addominali può presentare segni di ipoperfusione

(problema di circolo) con:

• agitazione oppure ottundimento del sensorio con riduzione del GCS,

• cute fredda,

• ritardato tempo di riempimento capillare,

• ipotensione.

In presenza di questi segni bisogna immediatamente sospettare una perdita occulta.

Nel paziente traumatizzato, l’auscultazione e la percussione dell’addome non sono

utili. L’unica tappa utile dell’esame obiettivo è la palpazione. Se, come già indicato, la

presenza di distensione e/o di irritazione peritoneale è associata a lesione dei visceri

cavi, anche la presenza di difesa generalizzata della parete addominale è una precisa

indicazione per la laparotomia esplorativa. Invece, una dolorabilità addominale

localizzata o diffusa senza segni di peritonite rappresenta un’indicazione per la

valutazione strumentale (eco-FAST ed eventuale TC).

Inoltre, devono essere sempre ricercate:

• sospette fratture delle ultime coste (possibile lesione

di milza e fegato);

• segno di Kehr (dolore spontaneo riferito alla spalla

sinistra in assenza di dolore evocato dalla

mobilizzazione dell’articolazione scapolo-omerale);

• abrasioni, tumefazioni, dolorabilità localizzate al

fianco, al dorso e al perineo (lesione di organi endo-

addominali);

• fratture di bacino.

Il traumatizzato con trauma addominale e sospetto di

lesione degli organi interni deve “uscire” dalla valutazione

secondaria con target pressorio individuato e stabilizzato

attraverso 2 accessi venosi; il target deve essere mantenuto

attraverso continue rivalutazioni.

TTRAUMIRAUMI APERTIAPERTI

Sono causati, in genere, da proiettili o da arma bianca

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

(coltelli, punteruoli, lame ecc.). L’interessamento del peritoneo distingue i traumi

aperti in penetranti e non penetranti. Le lesioni da proiettili richiedono molto più

spesso una laparotomia rispetto alle ferite da arma bianca. Gli organi maggiormente

coinvolti sono: fegato, milza, stomaco, colon, piccolo intestino e vasi. In generale, una

ferita penetrante localizzata in un piano passante anteriormente tra i capezzoli e

posteriormente dal margine inferiore delle scapole sino al bacino, deve far sospettare,

fino a prova contraria, una lesione di organi endo-addominali. Come nei traumi chiusi,

anche nei traumi aperti la nostra attenzione deve essere rivolta alla identificazione

della classe di shock alla quale appartiene il paziente e al target pressorio da

raggiungere.

Esame Obiettivo

Nel paziente emodinamicamente stabile (classe di shock < 3°) è possibile procedere

all’ispezione per la ricerca dei fori d’ingresso e di uscita (in caso di numero dispari è

evidente che si tratta di un proiettile ritenuto). Cercare di individuare la traiettoria dei

proiettili è fondamentale per riconoscere l’eventuale organo colpito. In caso di

eviscerazione, non tentare di far rientrare i visceri, ma ricoprirli con telini sterili

imbevuti di fisiologica. Il paziente instabile deve essere immediatamente trasportato

alla camera operatoria disponibile più vicina (scoop & run) .

CONCLUSIONI

Nel trattamento del trauma addominale è fondamentale:

• valutare bene la scena e la dinamica del trauma per sospettare gli organi

coinvolti;

• individuare la classe di shock e il target pressorio di riferimento;

• raggiungere e mantenere il target pressorio attraverso infusioni di colloidi e

cristalloidi ricontrollando ripetutamente i parametri vitali;

• al momento del passaggio di consegne bisogna comunicare tutti i dati al

collega in ambiente intra-ospedaliero.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

Trauma in Gravidanza

Le cause più frequenti di trauma in gravidanza sono gli incidenti stradali (50% circa),

mentre le cadute domestiche hanno una maggiore incidenza nel 3° trimestre. In

gravidanza ci sono importanti modifiche fisiologiche:

• aumento della frequenza respiratoria (circa 40-50%);

• incremento della PaO2 legato all’iperventilazione;

• riduzione della PaCO2 con conseguente alcalosi respiratoria;

• aumento del volume corrente (circa 40%);

• aumento del consumo di ossigeno (circa 15-20%);

• rallentamento dello svuotamento gastrico con rischio di “ab-ingestis”;

• incremento della frequenza cardiaca (circa 20%);

• riduzione della pressione arteriosa dal secondo trimestre (circa il 20%);

• incremento del volume plasmatico (circa 30-50%);

• aumento della gittata cardiaca (circa 1-1.5 litri);

• sindrome da ipotensione supina,

Sebbene la valutazione iniziale e il primo trattamento della paziente non differiscano

dall’algoritmo normale (ABCDE), a causa di queste fisiologiche variazioni, il

successivo trattamento del trauma in gravidanza richiede particolare attenzione nella

stabilizzazione della paziente.

In particolare:

• in tali pazienti l’ipossia si verifica precocemente; è necessario, quindi, garantire

quanto prima la pervietà delle vie aeree e somministrare ossigeno

precocemente ad alti flussi e alla massima fiO2 possibile (reservoir);

• evitare il rischio di ab-ingestis da inalazione secondaria al ritardato tempo di

svuotamento gastrico;

• poichè la gravida perde maggiori quantità di liquido, prima che si evidenzino i

segni di ipoperfusione e shock saranno necessari maggiori quantità di liquidi

per compensare le perdite;

• in posizione supina, la compressione della cava inferiore da parte dell’utero

determina una riduzione del ritorno venoso e della gittata cardiaca. E’

indispensabile, quindi immobilizzare la paziente su spinale inclinando l’asse

sulla sinistra della gravida con cunei o spessori (rotolo di lenzuolino, garze

ecc.) in maniera da facilitare il ritorno venoso. Tale posizione deve essere

mantenuta anche durante un’eventuale RCP.

Un trauma anche non significativo per la madre potrebbe aver determinato traumi

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PERCORSO TRAUMA CAP. VI TRAUMA ADDOMINALE

importanti al feto. Per tale motivo si dovrebbe pensare alla presenza di un servizio di

Neonatologia nell’ospedale di destinazione.

Bibliografia

1. “Trauma” H. Bonatti, J. Forrest Calland Emerg Med Clin N Am 26 (2008) 625-

648

2. “Advances in abdominal trauma” J.L. Isenhour, J. Marx Emerg Med Clin N

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3. “Investigation of blunt abdominal trauma” J.O. Jansen, S.R. Yule, M.A.

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4. “Clinical review: Initial management of blunt pelvic trauma patients with

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8. “Trauma in pregnancy” S.S. Cusick, C.D. Tibbles Emerg Med Clin N Am 25

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9. “Pre-hospital trauma care” IRC 2007

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Capitolo VII

TRAUMA CRANICO E VERTEBRO MIDOLLARE

G. Savoia; A. E. Rossi; F. Paladino; M. Loreto

OBIETTIVI

Definire il concetto di danno

cerebrale primario e danno

secondario.

Discutere quali segni clinici possono

suggerire una lesione cerebrale

traumatica (LCT) Discutere il

trattamento di una sospetta lesione

cerebrale traumatica.

Tempestivo trasporto verso la

struttura più idonea al trattamento del

paziente.

Allertamento precoce della struttura

ricevente.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

IL TRAUMA CRANICO

Il trauma cranico è un problema clinico con significative implicazioni in termini di

salute pubblica. Ogni anno 250 pazienti ogni 100.000 abitanti vengono ricoverati in

Italia per trauma cranico. La mortalità è di circa 17 casi per 100.000 abitanti per anno.

La tempestività e la correttezza del soccorso immediato del traumatizzato cranico e la

sua corretta gestione "nella comunità" possono avere importanti ripercussioni sull'esito

a breve, medio e lungo termine.

Viene segnalato ovunque in Europa un aumento dell'incidenza del trauma cranico in

età avanzata. I pazienti anziani, spesso afflitti da malattie concomitanti pre-esistenti o

complicati da patologie insorte durante il ricovero, richiedono ospedalizzazioni almeno

4 volte più prolungate di quelli in età pediatrica.

Oltre ai suoi costi diretti, il trauma produce anche perdite di introiti in tasse, in

produttività e in anni di vita. In questi casi, i rischi di perdita di tempo e di

appropriatezza dell'assistenza devono essere ridotti al minimo.

La "catena" del trattamento del paziente con trauma cranico è infatti estremamente

complessa e va dall'assistenza sul luogo dell'incidente, al trasporto all'Ospedale

appropriato, al primo trattamento nell'Ospedale "periferico", alla diagnostica

specialistica, al trattamento in fase acuta, alla riabilitazione precoce e tardiva. La

"debolezza" fino alla "rottura" anche di un solo anello in questa catena è in grado di

alterare irrimediabilmente il risultato finale.

Obiettivo

La mortalità in seguito ad un evento traumatico si distribuisce con un incidenza che è

del 50% nei primi minuti dall’evento traumatico (immediata), del 30% nelle prime 4

ore dall’evento e del 20 % dopo 2-5 settimane dall’evento (tardiva).

Il primo intervento sul luogo dell’incidente è perciò di fondamentale importanza nel

modificare l’incidenza della mortalità in una fase particolarmente vulnerabile e quindi

la prognosi del paziente, attraverso:

• l’allertamento precoce della struttura ricevente

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

• l’identificazione delle lesioni potenzialmente mortali

• l’esecuzione di interventi terapeutici fondamentali

• l’estricazione rapida quando indicata

• il tempestivo trasporto verso la struttura più idonea al trattamento del paziente

Gli obiettivi nella gestione del paziente con trauma cranico includono la prevenzione e

il trattamento delle cause che portano a un danno cerebrale secondario, che può

derivare da cause intracraniche o da cause sistemiche. La rimozione chirurgica delle

masse intracraniche rappresenta la priorità assoluta della gestione e non può essere

sostituita da alcun trattamento alternativo, la prevenzione ed il trattamento dei fattori

extracerebrali alla base del danno secondario costituisce l’obiettivo fondamentale del

trattamento medico rianimatorio.

Nella valutazione di un paziente con trauma cranico deve essere sempre eseguita una

valutazione primaria secondo lo schema ABCDE.

Lo shock in un paziente traumatizzato raramente è dovuto al solo trauma cranico:

sospettare (e trattare) sempre un possibile shock ipovolemico!

Monitoraggio neurologico

Nella valutazione di un evento traumatico bisogna valutare sempre la dinamica

dell’evento e tener presente la presenza di alcune dinamiche particolarmente a rischio

come pedone investito da un veicolo a motore, la proiezione di un passeggero da un

veicolo a motore, la caduta da un’altezza >1 metro, il GCS, la comparsa di

convulsioni, vomito ed amnesia.

Segni clinici di frattura della base cranica (fig. VII-1 e 2):

presenza di ecchimosi peri-orbitale o periauricolare, emotimpano, otorragia, otorrea,

rinorrea, “occhi da panda”.

fig. VII-1 fig. VII-2

Il paziente con trauma cranico va incontro ad un aumento della pressione intracranica

che produce riduzione della pressione di perfusione cerebrale e alterazione del livello

di coscienza; il deterioramento neurologico si potrà apprezzare con variazioni maggiori

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

di 2 punti della GCS, asimmetrie pupillari, comparsa di segni neurologici focali

(ipostenia, epilessia).

Il monitoraggio neurologico mediante GCS richiede una metodologia costante ed

omogenea

• Si considera la risposta motoria migliore dal lato migliore e solo degli arti

superiori.

• Lo stimolo doloroso deve sempre seguire il richiamo verbale. Lo stimolo deve

essere di durata ed intensità adeguati, portato bilateralmente e sia nel distretto

cefalico (sopraorbitale) che al tronco (con le nocche sullo sterno) o

preferibilmente sul letto ungueale. Considerare sempre la possibilità di lesione

midollare cervicale e di lesioni nervose periferiche.

• È opportuno documentare e trasmettere il GCS totale e scomposto nelle sue tre

componenti (O V M).

• Nel paziente in coma, in cui per definizione il punteggio Apertura Occhi è = 1 e

quello Verbale = 1 o 2, il GCS varia praticamente solo a secondo della risposta

Motoria allo stimolo doloroso, che ha quindi notevolissima importanza clinica

e prognostica. Per convenzione, in presenza di edema periorbitario tale da

impedire l'apertura anche passiva degli occhi, si indica O =1 (E); in presenza di

tubo endotracheale la risposta Verbale è = 1 (T).

• In presenza di sedazione attendere 10-20 min oltre l'emivita dei farmaci

somministrati

• La flessione abnorme (M3) è caratterizzata da adduzione del braccio, e/o

flessione del polso e/o incarceramento del pollice (vedi la classica

"decorticazione")

• L'estensione (M2) è caratterizzata dall'ipertono in adduzione del braccio con

pronazione e flessione del polso (vedi classica "decerebrazione")

• È opportuno rilevare il GCS iniziale dopo aver corretto l'ipotensione, l'ipossia

ecc. Il GCS può migliorare drasticamente dopo una adeguata rianimazione

Tabella 1. Glasgow Coma Scale

Eye response (risposta oculare)

1. il paziente non apre gli occhi

2. apre gli occhi con stimolo doloroso

3. apre gli occhi con stimolo verbale (a comando)

4. apre gli occhi spontaneamente

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

Verbal response (risposta verbale)

1. nessuna risposta verbale, nessun suono

2. suoni incomprensibili

3. pronuncia parole singole, ma incoerenti

4. pronuncia frasi sconnesse, stato confusionale

5. risposta orientata ed appropriata

Motor response (risposta motoria)

1. nessun movimento

2. estensione al dolore (adduzione dell'avambraccio esteso sul braccio al tronco,

associato alla pronazione della mano: risposta decerebrata)

3. flessione al dolore (errata flessione: adduzione del braccio al tronco e lenta

flessione dell'avambraccioche risale strisciando lungo il tronco con la mano che segue

in flessione carpale, risposta decorticata)

4. retrazione al dolore (abduzione del braccio con sollevamento dell'avambraccio

come per evitare uno stimolo non localizzato)

5. localizzazione del dolore (allontana lo stimolo doloroso applicato in più punti del

corpo)

6. in grado di obbedire ai comandi

Una singola valutazione del GSC ha limitata validità ed è preferibile la ripetizione

seriata. Infatti è stato riportato che un basso score di GCS che rimane tale o uno score

elevato che si riduce nel tempo predice un outcome peggiore rispetto ad uno score

persistentemente alto o ad uno basso.

Va considerata ai fini della classificazione della gravità del trauma cranico la prima

GCS "attendibile" dopo stabilizzazione, cioè dopo il ripristino dell'omeostasi

circolatoria e respiratoria.

Il GCS deve essere registrato:

nei primi 30 minuti dal trauma

ogni 30 minuti per le prime due ore

ogni ora per le successive 4 ore

successivamente ogni 2 ore, nei pazienti sedati va aperta una "finestra" di valutazione

ogni 8 ore durante le prime 72 ore.

Lo Stato pupillare deve essere segnalato in modo da risalire al diametro ed alla

reattività pupillare alla luce (riflesso fotomotore). In caso di midriasi considerare ed

annotare la presenza di farmaci (adrenergici, atropinici) e la presenza di stress e dolore,

oltre alla possibilità di lesioni periferiche del II o III nervo cranico. La miosi può

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

essere causata da farmaci anestetici e oppioidi; la luce deve essere di adeguata intensità

e il locale non sovrailluminato.

Diametro pupillare: 1 2 3 4 5 6 7 8

Possibili fattori di confondimento (che possono interferire con una valutazione

accurata):

• Alcoolemia;

• Abuso droghe - farmaci;

• Trauma oculare;

• Disturbi della fasìa;

• Sedazione/stato post-critico.

Si raccomanda che l'esame obiettivo sia volto ad evidenziare ferite del cuoio capelluto

e i segni clinici di frattura della base cranica (ecchimosi in regione mastoidea e in

regione periorbitaria, la presenza di ematotimpano e di rinoliquorrea). È diffusamente

accettato che la presenza di segni neurologici focali sia altamente predittiva di

complicanze rilevanti dopo TCL e che, pertanto, è essenziale un attento esame

neurologico. Poiché il TCL è una delle più comuni cause di deficit isolato del 4° e 6°

nervo cranico, l'esame neurologico deve comprendere una attenta valutazione della

motilità oculare estrinseca volta a ricercare segni di paralisi. L'esame neurologico

negativo non esclude la presenza di lesioni cerebrali.

Stratificazione del rischioIn base alla scala GCS il trauma cranico viene classificato in tre categorie:

Il Trauma cranico lieve dell'adulto viene definito come qualsiasi evento traumatico

che interessa il distretto cranio encefalico in soggetti di età maggiore di 14 anni con

punteggio Glasgow Coma Scale (GCS): 15 e 13.

Il Trauma cranico moderato dell'adulto viene definito come qualsiasi evento

traumatico che interessa il distretto cranio- encefalico in soggetti di età maggiore di 14

anni con punteggio GCS da 12 a 9. Questa categoria rappresenta circa il 10% dei

pazienti ricoverati e presenta una mortalità dal 10% al 23%.

Il Trauma cranico grave dell'adulto viene definito come qualsiasi evento traumatico

che interessa il distretto cranio encefalico in soggetti di età maggiore di 14 anni con

punteggio Glasgow Coma Scale (GCS) uguale a o minore di 8. Questi sono i pazienti

giunti in Ospedale in coma e rappresentano circa il 10% dei ricoveri. La mortalità varia

dal 20% al 30-40% dei casi.

A seconda della presenza o meno di alcuni fattori di rischio si modifica la morbilità e

mortalità legata al trauma:

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

Fattori di rischio

Fattori preesistenti al trauma: Fattori conseguenti al trauma:

Intossicazione da alcool e droga Cefalea diffusa ingravescente

Coagulopatie e trattamenti anticoagulanti

Perdita di coscienza (PdC, associata ad altri fattori)

Storia di epilessia Vomito

Età > 65 anni Amnesia (APT)

Crisi convulsiva post-traumatica

Dinamica del trauma

Frattura cranica

tTRAUMA CRANICO LIEVE

La gestione clinica del trauma cranico lieve dovrebbe essere basata sulla probabilità di

sviluppare complicanze neurochirurgiche (rischio evolutivo), tenendo conto

dell'assenza o della presenza di uno o più fattori di rischio preesistenti o conseguenti al

trauma. A seconda della presenza o meno di questi fattori, possiamo definire il rischio

evolutivo come segue:

• basso

• intermedio

• alto

Rischio basso:GCS 15 e nessun fattore di rischio preesistente e conseguente al trauma

Si procederà alla valutazione clinica che se sarà negativa, sarà seguita da

dimissione con foglio informativo.

Si raccomanda che i pazienti che rientrano nella categoria di rischio basso, dopo una

valutazione clinica e delle condizioni sociali e assistenziali possano essere dimessi con

un foglio informativo sulle modalità di comportamento a domicilio. Non è indicato

alcun esame radiologico del cranio.

Si raccomanda che nessuno venga dimesso senza che abbia raggiunto la normalità

neurologica (GCS 15 e sintomi risolti). Il paziente deve essere affidato ad una persona

in grado di farsi carico del paziente e di osservare le indicazioni contenute nel foglio di

istruzione. Va sempre valutata l'affidabilità dell'accompagnatore. In caso contrario o in

sua assenza il paziente va trattenuto.

Rischio intermedio:

1) GCS 15 accompagnato da: amnesia retrograda, dinamica del trauma ad alto rischio

ed amnesia anche di breve durata, abuso di alcol o droghe, coagulopatie o trattamenti

anticoagulanti, cefalea grave o ingravescente

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

2) osservazione clinica per più di sei ore, esecuzione della Tac cranio nelle 6 ore

3) se c’è lesione cranica: consulenza NCH, osservazione per 24 ore ed esecuzione della

TAC cranio di controllo

4) se non c’è lesione cranica: dimissione con foglio di istruzioni

Si raccomanda che a pazienti che rientrano in questo gruppo siano sottoposti ad una

osservazione clinica di almeno 6 ore dal trauma. È indicata l'esecuzione di TC del

cranio con finestra ossea entro il periodo di osservazione. Per i centri sprovvisti di

neurochirurgia si raccomanda di eseguire la TC il prima possibile. Nel caso vi sia

evidenza di frattura ossea alla TC, pure in assenza di lesioni endocraniche, è indicata

l'osservazione per 24 ore e TC di controllo con studio del parenchima cerebrale prima

della dimissione. L'osservazione protratta fino a 24 ore e la ripetizione della TC è

indicata in presenza di coagulopatie o di trattamenti anticoagulanti.

Nelle condizioni di cui sopra (TC con finestra ossea) non è indicato eseguire

radiografia del cranio. Nei casi in cui non sia disponibile la TC, è indicata l'esecuzione

immediata della radiografia del cranio; in caso di riscontro di frattura è indicata

l'esecuzione di TC del cranio, presso un centro provvisto di neurochirurgia. Nei casi in

cui la radiografia del cranio sia negativa è consigliata un'attenta osservazione per 24

ore. Nei casi in cui interviene il sistema 118 è indicato il trasporto del paziente presso

una struttura provvista di TC. In presenza di una lesione intracranica documentata alla

TC è necessaria la consulenza NCH. In assenza di lesione intracranica il paziente deve

essere dimesso con foglio di istruzione.

Si raccomanda che nessuno venga dimesso senza che abbia raggiunto la normalità

neurologica (GCS 15 e sintomi risolti). Il paziente deve essere affidato ad una persona

in grado di farsi carico del paziente e di osservare le indicazioni contenute nel foglio di

istruzione. Va sempre valutata l'affidabilità dell'accompagnatore. In caso contrario o in

sua assenza il paziente va trattenuto.

Rischio alto:

1) GCS 15 con crisi convulsiva post-traumatica, oppure perdita di coscienza, vomito

ripetuto e cefalea persistente o GCS 14

2) valutazione clinica e TAC cranio il più presto possibile

3) se c’è lesione cranica: valutazione NCH, osservazione per almeno 24 ore e TAC

cranio di controllo

4) se non c’è lesione cranica: osservazione per 24 ore ed eventuale TAC cranio di

controllo.

Si raccomanda l'esecuzione di TC del cranio con finestra ossea, il prima possibile e

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

un'osservazione clinica di almeno 24 ore dal trauma. È indicata la ripetizione della TC

se permangono o si aggravano la cefalea o il vomito, se si deteriora lo stato di

coscienza o compaiono deficit neurologici focali. I pazienti affetti da coagulopatia o in

trattamento con anticoagulanti e i pazienti con crisi convulsiva postraumatica devono

ripetere la TC prima della dimissione. Nei casi in cui non sia disponibile la TC valgono

le stesse indicazioni riportate per la categoria di rischio intermedio.

In presenza di una lesione intracranica documentata alla TC è necessaria la consulenza

NCH. In assenza di lesione intracranica, il paziente asintomatico alla fine del periodo

di osservazione, viene dimesso con foglio di istruzione.

Si raccomanda che i pazienti che fanno parte di questo gruppo debbano essere

sottoposti a TC del cranio il prima possibile, posti in osservazione continuativa e

dimessi quando neurologicamente indenni. I pazienti in terapia anticoagulante o con

disturbi della coagulazione, quelli con frattura del cranio e quelli in cui il punteggio

GCS non migliora nelle successive 24 ore, ripetano la TC del cranio.

TRAUMA CRANICO MODERATODal punto di vista clinico, per trauma cranico moderato si intende un paziente che si

trovi con un punteggio alla GCS compreso tra 9 e 13.

Tutti i pazienti con trauma cranico moderato dopo aver eseguito le manovre per la

correzione respiratoria e cardiocircolatoria devono essere sottoposti a TAC cerebrale,

studio rachide cervicale e studio multidistrettuale (politrauma).

Va considerata ai fini della classificazione della gravità del trauma cranico la prima

GCS "attendibile" dopo stabilizzazione, cioè dopo il ripristino dell'omeostasi

circolatoria e respiratoria. Occorre specificare l'ora delle rilevazioni e registrare chi le

ha effettuate.

Successivamente va effettuata una GCS:

• all'atto del ricovero

• tutte le volte che compare una variazione neurologica

• almeno ogni 2 ore e tutte le volte che avviene una variazione del quadro

neurologico

• nei pazienti sedati va aperta una "finestra" di valutazione ogni 8 ore durante le

prime 72 ore

In tutti i traumatizzati cranici di grado moderato vanno eseguiti:

• TC del cranio e dell'encefalo all'ingresso;

• Studio completo del rachide cervicale con particolare attenzione ai passaggi

C0-C2 e cervico dorsale;

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

• Studio multidistrettuale nel politrauma (Rx torace, Rx pelvi, eco fast, TC

torace/addome).

TC del cranio e dell’encefalo

Si fa riferimento alla prima TC eseguita e a quelle successive che modificano nella

fase acuta, qualitativamente o quantitativamente, la diagnosi iniziale. L'evidenza di

alcune lesioni traumatiche (soprattutto chirurgiche) si ha, infatti, in alcuni casi dopo un

intervallo di tempo in cui il paziente viene sottoposto a più di un esame TC. Lo scopo è

quello di poter "classificare" in modo corretto i pazienti secondo il tipo di lesione

"iniziale". Per uniformità di descrizione si fa riferimento alla classificazione di

Marshall (modificata) con l'aggiunta dell'indicazione del tipo di lesione unica o

multipla

Tabella 3. Classificazione della TC secondo Marshall, modificata dal Consorzio

Europeo di Traumatologia (European Brain Injury Consortium)

Classe Definizione

Lesione diffusa Inessuna patologia intracranica visualizzabile alla TC

Lesione diffusa II

cisterne visibili con shift di 0-5 mm e/o: lesioni ad alta-media densità <25 cc. (compressi osso o corpi estranei)

a) una sola lesione b) due o più lesioni unilaterali c) lesioni bilaterali

Lesione diffusa III(swelling)

cisterne compresse od assenti shift della linea mediana di 0-5 mm lesioni ad alta-media densità <25 cc.

Lesione diffusa IV(shift)

shift della linea mediana > 5 mm lesioni ad alta-media densità < 25 cc.

Lesione con effetto massa

lesioni alta-media densità volume >25 cc. a) Ematoma extradurale b) Ematoma subdurale c) Ematoma intraparenchimale d) Lesioni multiple

Emorragia subaracnoidea

presente/assente

È importante inoltre segnalare la presenza di aria intracranica e se il trauma è chiuso o

aperto. I controlli successivi programmati vanno eseguiti a 72 ore ed a 5-7 giorni dal

trauma:

• In tutti i casi di deterioramento clinico (peggioramento di 2 punti GCS

globale, o 1 punto motorio, o anomalie pupillari)

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

• In caso di variazioni, variazione della pressione intracranica (PIC) al di sopra

dei valori soglia.

Vi sono notevoli limiti del monitoraggio; è dimostrato che lesioni endocraniche

possono a volte subire importanti variazioni volumetriche senza significative

variazioni della PIC per lungo tempo. La combinazione del monitoraggio clinico e

strumentale con i controlli programmati della TC consentirà il miglior controllo

dell'evoluzione dei processi occupanti spazio. L'esecuzione di una TC precoce è

indispensabile per la diagnosi di masse di interesse chirurgico; a volte, tuttavia, la

precocità della TC non permette di evidenziare lesioni in formazione. Una prima TC

negativa non deve quindi instaurare un pericoloso senso di tranquillità e far trascurare

la necessità di controlli successivi e dell'osservazione clinica, secondo i protocolli

sopra esposti.

TRAUMA CRANICO GRAVE

Primo soccorso con valutazione primaria (ABCD) che consente l’identificazione ed il

trattamento di lesioni che espongono a un imminente pericolo di vita

Priorità nel trattamento: ossigenazione

La priorità è l'ossigenazione, che deve essere mantenuta o immediatamente ripristinata

(se inadeguata). Iniziare immediatamente le manovre di BLS e quindi garantire la

pervietà delle vie aeree, che devono essere protette da aspirazione di materiale

estraneo e da ulteriori ostruzioni, e la ventilazione.

Protezione delle vie aeree - Intubazione

Il paziente in coma non è in grado di mantenere una adeguata pervietà e protezione

delle vie aeree. La protezione delle vie aeree deve partire dal presupposto che vi sia

una frattura instabile della colonna cervicale, quindi deve essere evitato ogni

movimento del collo.

Deve essere garantita la pervietà delle vie aeree, deve essere erogato ossigeno

supplementare e deve essere assicurata una ventilazione adeguata. Nel paziente non

cosciente con trauma cranico grave la protezione delle vie aeree viene ottenuta con la

intubazione tracheale. L'intubazione tracheale deve avvenire posizionando

accuratamente il paziente, mantenendo il rachide cervicale in posizione neutra, onde

evitare lussazioni del rachide cervicale; per questo motivo l'estensione del capo sul

collo deve essere evitata. Una instabilità del rachide cervicale deve sempre essere

sospettata nel traumatizzato in coma; manovre incongrue di flessione, rotazione o

eccessiva estensione del capo possono determinare danni al rachide ed al midollo. La

stabilizzazione in linea deve essere mantenuta fino al posizionamento del collare

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

cervicale e dopo aver fissato il tubo tracheale.

La intubazione d'emergenza è indispensabile qualora il paziente sia asfittico o presenti

un'ostruzione evidente delle vie aeree come nel caso di trauma facciale con presenza di

frammenti, denti, materiale estraneo, vomito, nel cavo orale. Il controllo della stabilità

del rachide deve comunque essere sempre garantito. Dopo la intubazione, al malato

deve essere posizionato un sondino naso-gastrico oppure oro-gastrico se ci sono lesioni

palesi o sospette del massiccio facciale.

Meno drammatico è lo scenario nel quale si ritiene necessaria l'intubazione, che può

però essere programmata. In queste condizioni deve essere garantito un accesso venoso

(catetere venoso e infusioni), il paziente può essere preossigenato con la ventilazione

in maschera.

Ventilazione

Il secondo requisito per una buona ossigenazione è la ventilazione. Gli obiettivi di una

ventilazione artificiale dopo intubazione sono:

• garantire una buona saturazione arteriosa di emoglobina (il parametro di

riferimento che deve essere garantito è una saturazione superiore al 95% con

una tensione di ossigeno nel sangue arterioso superiore a 90 mmHg.);

• garantire un valore di CO2 vicino alla norma.

Non c'è nessuna indicazione a iperventilare il paziente appena intubato, se non in

presenza di segni incipienti di deterioramento, quali la comparsa o la accentuazione

della anisocoria.

Nella grande maggioranza dei casi una tensione di CO2 arteriosa fra i 35 e i 40 mmHg

è un target condivisibile.

Punti chiave:

• rimuovere secrezioni o corpi estranei mentre si mantiene l’allineamento della

colonna;

• sospettare sempre lesione cervicale nei traumi con alterato stato di coscienza,

lesioni sopra la clavicola, meccanismo di lesione sospetto con fratture o danno

dei tessuti molli intorno al rachide;

• le fratture della mandibola sono frequentemente associate a lesioni dei tessuti

molli che possono compromettere le vie aeree;

• segni di sospetta frattura tracheale o laringea: raucedine, enfisema

sottocutaneo, edema ed ecchimosi del collo;

• segni di pneumotorace: trauma toracico, asimmetria all’ascoltazione,

rigonfiamento vene giugulari, ipotensione e bradicardia.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

La presenza di pneumotorace iperteso, diagnosticabile clinicamente qualora ci sia un

trauma toracico con i segni fisici di un pneumotorace e ispettivamente un

rigonfiamento delle vene giugulari, rappresenta un'emergenza. Deve essere drenato sul

luogo del soccorso perché di per sé può causare conseguenze (insufficienza

respiratoria e insufficienza emodinamica) che possono essere fatali.

C circolo e perfusione

La seconda priorità è la perfusione. Per garantire una adeguata perfusione cerebrale è

indispensabile mantenere una buona pressione arteriosa. Il flusso ematico cerebrale

dipende infatti dalla differenza tra la pressione arteriosa e la pressione intracranica, ed

è inversamente proporzionale alle resistenze vascolari cerebrali. Nella fase di primo

soccorso è molto difficile poter agire sulle resistenze vascolari cerebrali e non è

possibile agire, se non in casi limitati, sulla pressione intracranica che comunque non è

misurabile: di conseguenza diventa una priorità assoluta mantenere una pressione

arteriosa normale.

L'obiettivo di pressione arteriosa da mantenere non è precisabile in assenza di misure

adeguate di pressione di perfusione cerebrale: si conviene però in letteratura che un

livello "normale" simile al livello che normalmente il paziente ha prima del trauma

costituisca un obiettivo ragionevole.

In termini generici si ritiene che per l'adulto debba essere garantita una pressione

arteriosa sistolica di almeno 110 mmHg, ben consapevoli però che tanto più è elevata

la pressione arteriosa che si ottiene, tanto più possono essere facilitati i sanguinamenti

da sedi extracerebrali.

Per preservare la volemia è indispensabile procedere ad una diagnosi precoce delle

fonti di emorragia esterna. Tutte le emorragie esterne, in particolare al cuoio capelluto

o agli arti, che siano individuabili, devono essere trattate con compressione o con

mezzi fisici che impediscano il sanguinamento.

Nei pazienti con lesione della colonna cervicale si può avere shock neurogeno

caratterizzato da ipotensione e bradicardia, altri reperti neurologici associati sono la

paralisi flaccida, la perdita di riflessi alle estremità ed il priapismo.

Almeno una vena periferica deve essere incannulata con un catetere venoso di grosso

calibro e corto, attraverso il quale somministrare soluzioni saline isotoniche per

correggere l'ipovolemia associata al trauma e ripristinare un circolo adeguato.

Per quanto riguarda le emorragie interne, ovviamente la diagnosi sul luogo

dell'incidente rappresenta un obiettivo auspicabile ma non realizzabile. Qualora si

sospetti seriamente una grave ipovolemia causata da una emorragia interna, e in

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

particolare si sospetti che ci possano essere lesioni viscerali addominali (milza,

fegato), questa è una indicazione per una vigorosa infusione di liquidi accompagnata

dalla scelta dell'ospedale più vicino per procedere alla correzione chirurgica del

sospetto sanguinamento.

L'uso delle amine è indicato solo qualora il livello minimo di pressione arteriosa

sistolica indicato (110 mmHg) non sia raggiungibile tramite il controllo delle

emorragie esterne e l'infusione di fluidi. I vasopressori indicati sono farmaci agonisti

quali la noradrenalina, a dosaggi compresi tra 0.02 e 0.2 gamma/kg/minuto. Qualora il

paziente si presenti iperteso va sempre considerata la possibilità che la ipertensione

arteriosa rappresenti o una risposta adrenergica al dolore (che va trattata con

analgesici) o una risposta di Cushing alla ipoperfusione cerebrale, che in genere

include anche bradicardia.

La risposta di Cushing è un riflesso protettivo, che salvaguarda l'encefalo sofferente

per ipertensione intracranica. Per tale motivo la ipertensione arteriosa, in questo caso,

non va combattuta con farmaci anti-ipertensivi ma con analgesia, sedazione e con la

pronta identificazione delle cause di ipertesione intracranica.

Valutazione neurologica

L'obiettività neurologica deve essere valutata associando alla Glasgow Coma Scale

l'esame delle pupille. La Glasgow Coma Scale deve essere descritta separatamente

nelle sue tre componenti (apertura occhi, verbale, risposta motoria).

Il punteggio totale, infatti, può risultare da diverse combinazioni delle singole

componenti, ed è meno informativo del dato relativo ad ogni specifica risposta.

Quanto alle pupille, devono essere notati diametro e reattività.

Queste informazioni devono essere scritte per poter disporre di un dato di partenza

documentato sia nell'osservare i cambiamenti nella fase di soccorso, sia nel passaggio

di consegne ai successivi curanti che si faranno carico della fase intra-ospedaliera.

Al momento della valutazione devono essere annotate la pressione arteriosa e la

ossigenazione. La ipotensione arteriosa e la ipossia causano infatti di per sé uno

scadimento della obiettività neurologica, ed una valutazione definitiva potrà avvenire

solo dopo aver ripristinato ossigenazione e perfusione.

La sedazione, la analgesia e la miorisoluzione alterano profondamente l'esame

obiettivo neurologico. La somministrazione di tali farmaci deve pertanto essere

documentata, e il loro effetto sospettato nei casi che giungano alla osservazione con

quadri gravissimi che poi migliorano inaspettatamente.

Se il malato non richiede intubazione immediata per asfissia, è necessario effettuare e

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

registrare una valutazione neurologica prima di somministrare i farmaci necessari alla

intubazione.

Questa informazione, "pulita" dagli effetti confondenti della sedazione e della

miorisoluzione, costituirà il primo punto di osservazione nei cui confronti verificare

l'andamento della risposta neurologica.

Durante la fase del soccorso e del trasporto, che a volte può durare ore, la valutazione

neurologica deve essere ripetuta.

Tutti i pazienti con segni di deterioramento neurologico in atto devono essere trasferiti

in ospedali con neurochirurgia.

Trauma cervico-midollare

Ogni anno si verificano dai 15.000 ai 20.000 traumi spinali, la fascia di età più colpita

è compresa tra i 16 e i 35 anni. L’assenza di deficit neurologici periferici non esclude

la presenza di danni alle strutture ossee ed ai legamenti della colonna, o di condizioni

che abbiano sollecitato il midollo oltre al limite.

La valutazione della dinamica dell’incidente potrà orientare in maniera specifica sul

tipo di meccanismo lesionale (caricamento assiale, eccessiva flessione,

iperestensione, iperotazione, flessione laterale o distrazione). Esistono anche

situazioni sospette quali:

• Impatto violento sulla testa, sul collo, sul dorso o bacino

• Incidenti che creano improvvise accelerazioni, decelerazioni o spostamenti

laterali

• Cadute da altezza (> tre mt.) che determinano caricamento assiale o

compressione

• Paziente intrappolato o sbalzato da veicolo capottato

• Vittime di incidenti da tuffo in acque basse

• Danni significativi a casco o elmetto protettivo

E’ necessario:

• Prevenire ulteriori danni

• Presumere sempre una lesione finchè non sia esclusa

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

• Immobilizzazione totale di tutta la colonna

Mentre si controlla lo stato di coscienza, applicare un collare cervicale a tutti i pazienti

non coscienti o con forte dolore in regione cervicale, mantenendo sempre la testa in

asse.

Manovre:

• Iniziale immobilizzazione manuale in asse

• Valutazione primaria (ABCDE)

• Valutazione secondaria

Il collare cervicale è solo un ausilio, non immobilizza. Il collare deve essere applicato

dopo aver riportato la testa in posizione neutrale allineata, a meno di controindicazioni,

deve essere rigido e della misura corretta e non deve impedire l’apertura della bocca.

Il danno midollare può provocare ipostenia (debolezza) o paralisi, dolore, parestesie

(formicolio, intorpidimento), o perdita totale della sensibilità.

Nei pazienti con lesione della colonna cervicale si può avere shock neurogeno

caratterizzato da ipotensione e bradicardia. Nelle lesioni cervicali alte si ha totale

insufficienza respiratoria, nelle lesioni cervicali basse si ha insufficienza dei muscoli

intercostali ma non del diaframma.

Segni di lesione midollare alta:

• Areflessia flaccida

• Respiro diaframmatico

• Capacità di flettere, non estendere, il gomito

• Risposta al dolore solo sopra le clavicole

• FC e P.A. senza ipovolemia (shock spinale)

• Priapismo e (rilasciamento sfinteri)

La valutazione della sensibilità fornirà indicazioni sul livello dermatomerico del

danno:

T4 linea mammillare

T10 ombelicale trasversa

L’estricazione rapida (asse spinale + collare) è realmente necessaria solo nel 5% dei

casi, e’ ottimale nelle seguenti situazioni:

• scenario non sicuro od evidente pericolo per i soccorritori od il paziente

• condizioni instabili del paziente che richiedono un immediato intervento sul

paziente supino

• quando un paziente impedisce l’accesso del soccorritore a pazienti più gravi.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Oltre ai farmaci necessari per la intubazione/ventilazione ed i farmaci necessari alla

correzione della ipovolemia (con infusioni di salina isotonica e l'eventuale uso di

amine), non ci sono trattamenti farmacologici indicati per il primo trattamento del

trauma.

Mannitolo

Non vi sono indicazioni all'uso di routine del mannitolo. In caso di deterioramento

neurologico acuto, quali la comparsa o il peggioramento di una anisocoria, la

comparsa di midriasi bilaterale, lo scadere della risposta motoria al dolore, ecc. è

indicato somministrare mannitolo (dosaggio consigliato nelle linee guida è di 1 g/Kg).

Soluzioni ipertoniche saline

Negli ultimi anni è aumentato l'interesse verso l'impiego delle soluzioni saline

ipertoniche a concentrazioni variabili (3-7.5-23.5%). L'infusione di queste soluzioni si

è dimostrata capace di migliorare la portata cardiaca e di ridurre la pressione

intracranica. I vantaggi rispetto al mannitolo sarebbero costituiti dalla possibilità di

somministrazione in infusione continua e dal contemporaneo aumento della massa

ematica circolante.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRALE

Trasporto

Il traumatizzato grave deve essere trasportato in modo protetto. La fase di trasporto,

infatti, presenta rischi anche nei pazienti stabilizzati; tali rischi devono essere prevenuti

e trattati nel traumatizzato cranico in fase acuta. Il trasporto richiede personale

addestrato e strumentazione adeguata, e sono state allo scopo pubblicate specifiche

linee-guida.

Una accurata sorveglianza, il supporto delle funzioni vitali, un monitoraggio continuo,

la prevenzione di danni al rachide ed una documentazione completa sono

raccomandati. La esperienza del personale è probabilmente più importante del mezzo.

La scelta del mezzo più idoneo, ed in particolare la scelta tra elicottero e ambulanza,

dipende prevalentemente da fattori organizzativi e logistici.

Bibliografia

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CAPITOLO VIII

TRAUMI MUSCOLO SCHELETRICI

C. Aprea; E. Cavuoto; N. De Falco; G. Franco

OBIETTIVI

Discutere la fisiopatologia del trauma

muscolo-scheletrico.

Discutere il trattamento del trauma muscolo

scheletrico in caso di trauma isolato e nel

trauma multi sistemico.

Riconoscere le lesioni muscolo scheletriche

a cui può accompagnarsi una lesione

associata grave.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

Le lesioni dell'apparato muscolo-scheletrico spesso si presentano

in modo drammatico e si verificano nell'85% dei pazienti che hanno subito un trauma

chiuso, ma raramente costituiscono un immediato pericolo per la vita, tuttavia devono

essere valutate e trattate correttamente per non mettere in pericolo la vita e/o l'integrità

degli arti.

Compito del soccorritore è individuare queste lesioni, proteggere il paziente dal rischio

di invalidità e prevenire le possibili complicanze.

La presenza di lesioni muscolo-scheletriche maggiori indica che il corpo ha assorbito

una notevole quantità di energia durante il trauma.

Ad esempio i pazienti con fratture della ossa lunghe al di sotto o al di sopra del

diaframma presentano una maggiore probabilità di lesioni interne del tronco. Fratture

pelviche instabili e fratture femorali scomposte possono essere associate ad intensa

emorragia con conseguente instabilità emodinamica.

I traumi muscolo-scheletrici (fig. VIII-1) di per sé non determinano una modificazione

delle priorità da seguire durante la rianimazione (ABCDE), tuttavia non possono

essere ignorate né il loro trattamento dilazionato. Al fine di assicurare una prognosi

ottimale, il soccorritore deve trattare il paziente nella sua globalità, incluse le lesioni

muscolo-scheletriche.

Ricorda: è necessaria una continua rivalutazione del paziente al fine di identificare

tutte le lesioni, sia nel trattamento pre-ospedaliero sia in quello intra-ospedaliero

perchè le fratture e le lesioni dei tessuti molli possono inizialmente passare

inosservate.

fig.VIII-1

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

Valutazione primaria e rianimazioneDurante la valutazione primaria, è indispensabile individuare e controllare l'emorragia

determinata da lesioni muscolo-scheletriche. Il controllo è ottenuto al meglio mediante

compressione diretta.

Ricorda: l'emorragia provocata da frattura delle ossa lunghe può essere grave. Alcune

fratture femorali possono causare perdita di 3-4 unità di sangue (1500-2000 ml)

all'interno della coscia, determinando uno shock di classe terza.

Un'adeguata immobilizzazione delle fratture ha come obiettivo il controllo

dell'emorragia, del dolore e di evitare complicanze ulteriori all'arto. Inoltre una terapia

infusionale aggressiva costituisce un importante supporto a questi provvedimenti

meccanici.

NB: I dispositivi di immobilizzazione devono essere applicati il più presto possibile,

ma quest'operazione non deve avere precedenza sulla rianimazione.

Valutazione secondariaLaddove è possibile effettuarla, essa comprende la fase anamnestica e la fase

dell'esame obiettivo.

Durante l'anamnesi è fondamentale acquisire e registrare quante più informazioni

possibili, da riferire al collega del Pronto Soccorso (il meccanismo del trauma, le

condizioni ambientali, le condizioni del paziente prima dell'incidente ed eventuali

fattori predisponenti).

Per quanto concerne il primo punto, la conoscenza del meccanismo del trauma è

molto importante, in quanto può far sospettare la presenza di lesioni non

immediatamente evidenti.

E' utile porsi le seguenti domande:

• Qual era la posizione del paziente nel veicolo prima dell'incidente, era l'autista

o un passeggero?

• Qual era la posizione del paziente dopo l'incidente, era all'interno del veicolo o

era stato eiettato all'esterno?

• Quali deformazioni presentava l'autoveicolo alla carrozzeria, quali danni

all'interno?

• Il paziente indossava cinture di sicurezza e, se sì, in modo corretto?

• (in caso di trauma non da incidente stradale) Il paziente è stato vittima di una

caduta, da quale altezza, è stato schiacciato da un oggetto, qual era la sede del

trauma e la durata dell'applicazione del peso in tale sede?

• Si è verificata un'esplosione? è necessario individuare l'entità dell'esplosione e

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

la distanza del paziente dal punto dove è avvenuta.

• Il paziente è un pedone investito da un veicolo? Le lesioni muscolo-

scheletriche in tal caso possono presentare una tipologia prevedibile in base

all'età e all'altezza dell'individuo.

Per quanto concerne le condizioni ambientali al momento del trauma bisogna chiedersi

se il paziente è stato esposto a temperature estreme, a fumi o agenti tossici, a fonti di

contaminazione batterica e infine se sono stati rinvenuti frammenti di vetro (che

possono causare anche lesioni al soccorritore).

Nondimeno è importante conoscere le condizioni di salute del paziente preesistenti

all'evento traumatico. L'anamnesi AMPLE deve comprendere anche le informazioni

relative a tolleranza agli sforzi e livello di attività fisica svolta, uso di alcool e/o di altre

droghe, problemi psicologici o malattie psichiatriche, presenza di lesioni muscolo-

scheletriche pregresse.

Infine raccogliere informazioni sul luogo dell'incidente può essere di grosso aiuto per

il medico di Pronto Soccorso per continuare l'opera iniziata in sede pre-ospedaliera.

Riferire la posizione in cui il paziente è stato trovato, la quantità di sangue perso o

rinvenuto sul luogo dell'incidente, la presenza di frammenti ossei o di monconi di

frattura esposti, la presenza di ferite aperte in prossimità di fratture evidenti o sospette,

le deformità evidenti o le lussazioni, la presenza o l'assenza delle funzioni motorie o

sensoriali in un arto e, infine, eventuali ritardi nelle procedure di estricazione o nel

trasporto.

Per compiere un esame obiettivo adeguato,

svestire il paziente completamente al fine

di:

• Identificare le lesioni che possono

costituire un pericolo per la vita

(valutazione primaria).

• Identificare le lesioni che possono

costituire un pericolo per l'integrità degli arti (valutazione secondaria).

• Riesaminare il paziente per non misconoscere ogni altra lesione muscolo-

scheletrica (rivalutazione continua).

In particolar modo durante la valutazione secondaria è necessario valutare quattro

elementi: la cute, la funzione neuromuscolare, le condizioni circolatorie e l'integrità

scheletrica dei legamenti.

L'ispezione degli arti deve comprendere la valutazione dei seguenti aspetti: colore e

Fig. VIII-2

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

perfusione, ferite, deformità, edema, pallore o lividi.

NB: Se il paziente è incosciente l'assenza di movimenti spontanei di un arto può essere

l'unico segno di danno funzionale.

Gli arti devono essere palpati per stabilire la sensibilità della cute e le aree contratte.

La perdita di sensibilità al dolore e al tatto dimostra la presenza di una lesione spinale

o di un nervo periferico.

La presenza di contrattura, edema e deformità dei tessuti molli sovrastanti un osso

conferma di solito la diagnosi di frattura. Se ad essi è associato un movimento

doloroso preternaturale dell'osso, la diagnosi di frattura è certa.

E' necessario palpare i polsi distali di ciascun arto e valutare il tempo di riempimento

capillare delle dita. La perdita di sensibilità a calza o a guanto è un segno precoce di

danno vascolare.

Nei pazienti emodinamicamente stabili che presentino discrepanze nei polsi, cute

ipotermica, pallore, parestesie ed anche anormalità nelle funzioni motorie, deve essere

sospettata la presenza di una lesione arteriosa.

Lesioni degli arti pericolose per la vita A. Gravi fratture pelviche con emorragia

• si presentano di solito a seguito di una rottura del complesso posteriore osteo-

legamentoso derivante da frattura e/o lussazione sacro-iliaca o da frattura

sacrale.

• si manifestano rapidamente, spesso tramite un'ipotensione inspiegabile, con

instabilità del complesso legamentoso posteriore.

I principali segni sono: progressivo edema ed ecchimosi scrotale perianale e del fianco.

L'instabilità della pelvi può essere apprezzata mediante compressione; questa manovra

deve essere effettuata una sola volta.

Il trattamento iniziale delle fratture pelviche associate ad emorragia richiede il

controllo del sanguinamento ed una rapida infusione di liquidi. L'emorragia può essere

controllata mediante la stabilizzazione meccanica dell'anello pelvico, anche con

semplici tecniche come un telo avvolto a mò di imbracatura.

B. Emorragie arteriose maggioriPossono essere provocate da ferite penetranti negli arti o da traumi chiusi che hanno

causato la frattura di un arto o una lussazione in prossimità di un'arteria.

Valutare in tal caso: l'emorragia esterna (se presente), la scomparsa di un polso

precedentemente percettibile, oltre alla temperatura e al colore della cute.

Il trattamento definitivo di una grave lesione arteriosa è chiaramente chirurgico. In

sede pre-ospedaliera consiste nella compressione diretta su ferita aperta e in

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

un'aggressiva terapia infusionale.

L'uso di un laccio emostatico può essere utile solo a salvare la vita di un paziente.

C. Sindrome da schiacciamento; rabdomiolisi traumatica (Crush Syndrome)La sindrome da schiacciamento riguarda gli effetti clinici causati dalla liberazione di

prodotti nocivi da parte del muscolo lesionato e, se non opportunamente trattata, può

determinare un'insufficienza renale acuta.

La rabdomiolisi può indurre ipovolemia, acidosi metabolica, iperpotassiemia,

ipocalcemia e coagulazione intravasale disseminata (CID).

In sede pre-ospedaliera è necessario avviare un'aggressiva terapia infusionale anche a

scopo preventivo.

Lesioni pericolose per l'integrità degli arti A. Fratture esposte e lesioni articolariLe fratture esposte rappresentano una comunicazione tra l'ambiente esterno e l'osso

esse sono soggette a problemi d'infezione, cicatrizzazione e recupero funzionale. In

sede pre-ospedaliera la ferita non deve essere esplorata in alcun caso. Se vi sono una

frattura ed una ferita aperta nello stesso segmento di arto, la frattura è da considerarsi

esposta, fino a prova contraria.

Il trattamento pre-ospedaliero richiede un pronto riconoscimento ed un'adeguata

immobilizzazione della parte.

B. Lesioni muscolari ed amputazioni traumaticheEsiste un forte sospetto di lesione vascolare se ci si trova in presenza di insufficienza

vascolare associata a trauma contusivo, da schiacciamento, torsione o ferita penetrante

di un arto.

NB: Il rischio di compromissione vascolare sussiste ogni volta che si verifica la

scomparsa o la riduzione del polso in un arto lesionato e immobilizzato. In tal caso

rimuovere rapidamente la fasciatura. fig. VIII-3

L'amputazione è un evento

traumatico per il paziente, sia

sotto l'aspetto fisico sia sotto

quello emotivo. E' in seguito ad

una grave forma di frattura

esposta che si determina la

perdita di un arto (fig. VIII-3).

Ricorda: Un paziente poli-traumatizzato che richiede una rianimazione intensiva ed un

intervento chirurgico d'emergenza, non è candidato al reimpianto. Quest'ultimo viene

effettuato di solito in caso di una lesione isolata di un arto. E' compito del soccorritore

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

lavare con cura la parte amputata con soluzione isotonica, avvolgerla in una garza

sterile imbevuta e successivamente, in un telino sterile imbevuto, sistemarla in un

sacchetto di plastica e infine trasportarla, insieme al paziente, in un contenitore

riempito di ghiaccio tritato.

C. Sindrome compartimentalePuò manifestarsi nelle aree in cui il muscolo è contenuto in uno spazio fasciale chiuso.

In certi casi è la cute stessa a comportarsi come una membrana costrittiva. Zone

tipiche: gamba, avambraccio, piede, mano, gluteo e coscia.

Si verifica quando la pressione all'interno di un compartimento osteo-fasciale provoca

ischemia e necrosi muscolare.

Ad alto rischio sono: fratture tibia e avambraccio, lesioni immobilizzate con fasciature

costrittive, gravi lesioni muscolari da schiacciamento, ustioni di grado elevato.

Segni e sintomi della sindrome compartimentale:

• Dolore eccessivo che si acutizza alle sollecitazione del muscolo interessato.

• Parestesie nell'area di competenza dei nervi periferici interessati.

• Sensibilità ridotta o perdita di funzionalità dei nervi che attraversano il

territorio interessato.

• Edema.

• Possibile presenza di polsi distali.

Tardivamente, quando la pressione intra-compartimentale supera la pressione sistolica,

c'è scomparsa dei polsi, debolezza e paralisi dei muscoli coinvolti. Questa condizione è

correlata al tempo: più prolungata è la pressione, maggiore è il grado di deficit.

Il trattamento definitivo è la Fasciotomia.

D. Lesioni neurologiche conseguenti a fratture scomposteOltre alle fratture, anche e in particolar modo le lussazioni possono causare un danno

neurologico dovuto al rapporto anatomico o alla vicinanza del nervo all'articolazione.

La valutazione del danno neurologico richiede solitamente un paziente collaborante. In

tutti gli altri casi un buon lavoro di anamnesi e una buona valutazione mediante

l'ispezione e la palpazione possono aiutare nel sospetto della diagnosi.

Nel pre-ospedaliero, l'arto lesionato deve essere immobilizzato nella posizione di

lussazione e una volta in Pronto Soccorso deve essere richiesta immediatamente una

consulenza ortopedica.

Trattamento delle lesioni muscolo-scheletricheIl soccorritore deve attenersi alle seguenti priorità, tutte le volte che ha a che fare con

un paziente con un trauma dell'estremità:

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

• Trattare tutte le condizioni pericolose per la vita.

• Trattare tutte le condizioni connesse all'arto traumatizzato.

• Trattare tutto il resto se il tempo lo concede (analgesia).

A. Principi di immobilizzazioneSe le lesioni non costituiscono un pericolo per la vita del paziente, l'immobilizzazione

dell'arto lesionato può essere rinviata alla valutazione secondaria, ma tutte le lesioni

devono essere immobilizzate prima del trasporto del paziente.

Sono disponibili vari immobilizzatori e dispositivi di immobilizzazione:

• stecche rigide

• presidi sagomabili

• presidi per trazione

In generale, la gestione delle fratture sospette include i seguenti passaggi in base alle

reali priorità :

• arrestare qualunque emorragia e trattare gli stati di shock;

• valutare la funzione neurovascolare distalmente;

• supportare la zona lesa aperta e non;

• immobilizzare adeguatamente anche le articolazioni sopra e sotto la lesione;

• rivalutare l'estremità lesa dopo l'immobilizzazione per eventuali cambiamenti

nella funzione neuromuscolare.

Nei pazienti politraumatizzati con sospette lesioni instabili della colonna vertebrale, la

tavola spinale lunga costituisce un dispositivo di immobilizzazione per tutto il corpo.

Una menzione particolare meritano le fratture esposte o sospette tali, dove

l'immobilizzazione, deve avvenire previa protezione della ferita ed isolamento con

garze e telini sterili.

B. Trattamento del doloreE' indicato l'uso di analgesici, tuttavia la somministrazione di tali farmaci deve tener

conto delle condizioni cliniche del paziente e già un'adeguata immobilizzazione riduce

in modo significativo il dolore.

E' previsto l'utilizzo di narcotici per via endovenosa a piccole dosi (morfina o

fentanyl).

Lesioni associateAlcune lesioni muscolo-scheletriche, in relazione al meccanismo del trauma, sono

spesso associate ad una seconda lesione, che può non essere immediatamente evidente.

La procedura che meglio può garantire l'individuazione o il trattamento di queste

lesioni è:

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-SCHELETRICO

• Riesaminare la storia e il meccanismo di lesione.

• Riesaminare a fondo gli arti, in particolare le articolazioni al di sopra e al di

sotto di una frattura o di una lussazione.

• Esaminare il dorso del paziente, compresa la colonna e la pelvi.

• In sede intra-ospedaliera, riesaminare le radiografie e, se necessario, ripeterle.

Possibili problemi ed errori1. Le lesioni muscolo-scheletriche sono, in un paziente emo-dinamicamente

instabile, potenziali cause di emorragie occulte. Sedi tipiche di emorragia

occulta sono lo spazio retroperitoneale per fratture instabili di bacino, la coscia

per fratture di femore ed ogni frattura esposta che presenti gravi lesioni dei

tessuti molli, dove l'emorragia può essere davvero profusa e verificarsi prima

che il paziente raggiunga l'ospedale.

2. La sindrome compartimentale costituisce un pericolo per l'integrità degli arti.

E' necessario, pertanto, riconoscerne i segni clinici, ricordando che nei

pazienti ipotesi tali segni possono non essere presenti.

3. Nonostante un attento esame le lesioni associate possono passare inosservate

durante la valutazione iniziale. E' quindi assolutamente necessario rivalutare il

paziente ripetutamente.

BIBLIOGRAFIA:

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Philadelphia, Wb Saunders 1991;

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