"Tradire Gramsci", por Giuseppe Prestipino

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    Giuseppe Prestipino

    TRADIRE GRAMSCI

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    I. TRADIRE GRAMSCI

    1 . Perch non possiamo non tradire Gramsci.Capisco gli avvertimenti di coloro che, in ossequio al rigore filologico, ci mettono in

    guardia dalle non infrequenti manipolazioni arbitrarie del pensiero di Gramsci, in specie

    se dettate da contingenti calcoli politici o da effimere mode culturali1

    . E tuttavia ritengoche la grandezza di un pensatore ci si mostri anche nella nostra sempre inappagata seteintellettuale di interpellare e di interpretare, o reinterpretare, le sue categorie mettendolea raffronto con contesti storici e teorici diversi da quelli entro i quali sono sorte. Laperigliosa legittimit di una tale rilettura dei testi pu forse trovare nelle tendenzeermeneutiche che si richiamano a Gadamer o a Ricoeur quel conforto che non trovaaltrettanto nella tradizione storicistica pi ligia ai dettami del rigore filologico (pur se diCroce la convinzione che la storia sempre storia contemporanea). Se ammettiamo, conRicoeur, che i diversi sistemi filosofici (classici), bench diversamente orientati, non siescludano a vicenda, ma siano tra loro compossibili in senso leibniziano (perch ildiscorso filosofico privo di referenti esterni immediati si distingue da altri discorsi

    scientifici in quanto un discorso di secondo livello)2, considerazioni analoghe possonoforse valere per lapertura polisemica di ciascuna filosofia: differenti interpretazionidel pensiero di uno stesso filosofo potrebbero (beninteso, entro limiti ragionevoli)essere ugualmente lecite. Resta da chiarire se Gramsci , come io ritengo, un filosofo (ese alla sua filosofia si possono attribuire caratteri di classicit).

    Capisco dunque, e condivido, se quelle esortazioni al rispetto dei testi voglionorichiamarci, appunto, ad alcune regole generali. E tuttavia considero gli scritti di Gramsci(segnatamente, i Quaderni) un corpus speciale, che pu essere (che vuol essere?)interpretato anchecon altro animo e con altri criteri. Si osservi, in primo luogo, che iltermine traduzione un elemento-cardine del lessico concettuale di Gramsci: lastoricit trans-temporale delle forme di vita, e quindi delle forme di pensiero, consiste

    per Gramsci nel loro disporsi naturalmente a subire alcuni travisamenti non arbitrari,perch suggeriti da nuovi contesti storici essenziali, o da mutamenti profondi intervenutinelle cose e nella lettura delle cose. Inteso cos, il termine traduzione acquista uncarattere pi forte di quello che possiamo cogliere nei canoni dellermeneuticafilosofica (non mai interamente emancipata, anche nei suoi odierni esponenti maggiori,dalle origini teologiche che privilegiavano, con il protestantesimo, i soggetti individuali

    1 Considero anzi salutare la denuncia di ogni illecita distorsione dei concetti gramsciani, distorsionedettata dal bisogno di attualizzarli o, peggio, di adattarli alle contingenze attuali. Alla denuncia (essastessa gramsciana prima che di Eugenio Garin) dellabitudine di sollecitare i testi si associa oraAntonio Santucci, curatore della pi rigorosa e pi ampia edizione italiana delle Lettere dal carcere(Palermo, Sellerio editore, 1996, p. XVIII).

    2 Cfr. P. Ricoeur, Irrationality and the Plurality of Philosophical Systems, in dialectica, 4, 1985, pp. 312-313.

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    dellinterpretazione, piuttosto che i nodi storici dellintelligenza collettiva ointersoggettiva).

    Si osservi, in secondo luogo, che processi di traduzione (sia pure in grado minore)si svolgono anche lungo litinerario di un medesimo pensatore individuale, in speciequando egli si accinga a interpretare se stesso tramutando suoi pensieri privati, sparsitra fogli di annotazioni provvisorie, in pensieri volutamente pubblici (ossia ordinati perun confronto pubblico e predisposti a misurarsi con il proprio tempo storico). Ebbene, i

    Quaderni gramsciani contengono annotazioni che lautore ha raccolto nellattesa dipoterle egli stesso tradurre in pensieri pubblici. Gramsci non pot accingersi a quellavoro. Potranno gli odierni interpreti di Gramsci avventurarsi anche nella ricostruzionedei possibili passaggi concettuali che quella mancata traduzione interna lascia ancor piaperti alle traduzioni esterne? Se poi ammettiamo, con un certo adagio proverbiale, cheogni traduttore sempre e senza scampo un traditore, nessuno chiede forse quantoGramsci dessere tradito.

    Un amico argentino, Leandro Ferreyra, mi scriveva benevolmente, tempo addietro,che io sarei tra coloro che, per et e per esperienze maturate, possono testimoniare sututto larco di una vicenda segnata dal primo apparire delleredit teorica gramsciana, dalrigoglio delle ricerche e delle elaborazioni storico-politiche ispirate in Italia dal pensierodi Gramsci fino ai primi anni Settanta, dal successivo declino della sua influenza e infinedalla rimozione della stessa memoria del suo lascito nella cultura italiana odierna,persino in contrasto con il perdurante interesse che possibile constatare in altri paesi.Che io abbia vissuto quella vicenda anche come unintensa esperienza interiore e comeun grande alveo in cui si sia riversata la mia piccola esistenza individuale, innegabile. Einvece fuor di luogo attribuirmi la capacit di tracciare un profilo storico della fortuna diGramsci in Italia (lo si trova, peraltro, esente da tentazioni autobiografiche che non

    sarebbero consone alla giovane et dellautore, in un libro di Guido Liguori3

    ).Il solo tentativo che mi possibile ora di mettere ordine nelle mie precedentiriflessioni sul pensiero di Gramsci (mi accorgo che esse ricorrono in una trentina dititoli da me variamente dati alle stampe), con una scelta impietosa e con rielaborazioniche facciano emergere un filo conduttore nella mia faticosa proposta di traduzione.Sulla quale bene precisare subito un paio di cose. Gli appunti carcerari di Gramscicontengono, accanto alle tesi innovative, anche alcuni riferimenti a formule canonichedella tradizione marxista o, per converso, della cultura dominante negli anni venti etrenta. Ritengo che tali riferimenti possano essere, almeno in parte, ignorati da chiripensa oggi Gramsci, a condizione a) che essi appaiano oggettivamente in contrastocon le tesi prevalenti e/o innovative delle note carcerarie; b) che essi siano tacitamente

    presupposti (che sia presupposta, nei lettori, la conoscenza di quegli stessi riferimenti e,pi in generale, dei testi gramsciani nella loro integralit). Valga un solo esempio: laformula canonica del deperimento dello Stato o, con terminologia gramsciana, del suoriassorbimento nella societ civile senza dubbio presente nei Quaderni, ma pi spessoappare come un fossile, ovvero come un relitto (diremmo con lo stesso Gramsci),trasferito in quella sorta di senso comune, pregiudizialmente acritico, che suoleaffiancarsi, come un contrappunto gradualmente attenuantesi, a ogni elaborazioneteorica innovatrice4.

    3 Gramsci conteso. Storia di un dibattito 1922-1996, Roma, Editori Riuniti, 1996.4 Pregevole e molto utile , a mio parere, il volume Antonio Gramsci, Filosofia e politica. Antologia dei

    Quaderni del carcere, a cura di Franco Consiglio e Fabio Frosini, Firenze, La Nuova Italia Editrice,

    1997. Mi lascia un poco dubbioso, tuttavia, la preferenza solitamente manifestata dai curatori per i testi

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    Non a caso ho scelto lesempio della formula relativa al deperimento dello Stato.Negli scritti che seguono, infatti, linterpretazione tende a restringersi enucleando, nelpi vasto orizzonte gramsciano, i temi della politicit e della statualit. Sono, in effetti, itemi sui quali si esercitata e continua a esercitarsi 5 buona parte della critica edellermeneutica gramsciane in Italia e altrove. E per sono convinto che i nodigramsciani della politicit e della statualit possano essere affrontati soltanto se sitengano sempre ben presenti, sia pure di scorcio, le altre forme storiche. E indubbio,infatti, che il Gramsci filosofo parli sempre e soltanto di relazionitra forme (che per luile forme si dissolvano, se si pretenda di coglierle indipendentemente dalle lororelazioni). In ci risiede anche una peculiare differenza tra la filosofia politica di Gramscie ogni altra filosofia politica del nostro tempo.

    2. Una dialettica gramsciana della lunga durata.Gramsci innova profondamente la concezione della dialettica storica. Vorrei

    anticipare questo tema che esaminer pi analiticamente (e con lo sguardo rivolto ancheal nostro presente) nellultimo capitolo. Marx aveva enunciato il concetto di unanecessaria inversione della dominanza (o della subordinazione), ad esempio, quando avevaosservato, tra i mutamenti che diversificano dal premoderno il moderno, il passaggio daunindustria che parte dellagricoltura (e le subordinata) a unindustria che subordinae incorpora lagricoltura come una sua parte. Il capitalismo non ha distrutto i modi diproduzione antecedenti, ma li ha inglobati e li ha rimodellati sotto la propria egida:perci si fatto valere storicamente e perci vigoreggia ancora. Il passato parte delpresente. E anche il futuro vi si insinua come una latenza. Se nel presente capitalisticodomina la logica del profitto privato mediante lo scambio mercantile, quella logicainclude in s come un suo opposto subordinato la logica (futura) dei vincolisociali. Jacques Bidet afferma infatti che ogni moderna societ di mercato, pur nellacentralit del contratto interindividuale, contiene in s elementi di piano (di contrattosociale) a lei subordinati. Potremmo dire che il modo capitalistico subordina a s unpresagio postcapitalistico e dunque, pi in generale, che non vi sono nel concretostorico forme pure, ma soltanto intrecci di relazioni tra forme.

    Tuttavia, Marx aveva erroneamente, nella sua previsione degli eventi rivoluzionari,ipotizzato una antecedente situazione estrema nella proletarizzazione (presso che) totalee nella (presso che) totale concentrazione monopolistica dei mezzi di produzione.

    Alcuni teorici della Seconda Internazionale privilegiavano in seguito uninterpretazionedella dialettica storica che possiamo cos schematizzare: se il socialismo mira allanegazione totale del sistema vigente, esso deve adoprarsi perch il sistema vigente

    raggiunga il suo apice, ovvero tocchi il limite estremo di una sua assolutezza senzaresidui. In Lenin, la rivoluzione poteva non attendere che il capitalismo avesse raggiuntoin Russia la sua perfezione, ma anche in Lenin (prima della NEP) troviamo un

    gramsciani di prima stesura (per i testi A o B, rispetto ai testi C, come si dichiara del resto nellampiaintroduzione, a p. LXXXI). La preferenza accordata forse per il sospetto che nei testi di secondastesura, rielaborati negli ultimi e pi penosi anni di prigionia o di sofferenza fisica e psichica, possanoessere avvenite anche le tracce di un declino intellettuale. A me pare, invece, che nella maggior parte diquei testi, malgrado le condizioni dolorose di crescente depressione psicologica, Gramsci perseveri inquellincessante approfondimento dei concetti e delle analisi che caratterizza i Quadernicome, appunto,un grande workin progress.

    5 Si veda, tra gli altri, il volume Gramsci filosofo della politica, di Michele Martelli, Milano, Edizioni Unicopli,

    1996.

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    concetto filosofico e soprattutto un progetto politico basati sulla presunta necessit diacutizzare al massimo la tesi per poter convertirla nellantitesi, a sua volta concepitacome negazione totale della tesi: spettava, infatti, alla stessa rivoluzione portare atermine un capitalismo monopolistico (di Stato) per poter attuarne la negazioneradicale in una compiuta societ socialista. Stalin, a sua volta, vagheggiava uncollettivismo integrale (ossia applicato a ogni unit produttiva e a ogni altro campo diattivit) che scaturisse da quella forma estrema di capitalismo monopolistico di Stato ecoltivava a suo modo un sogno libertario (proteso cio verso lestinzione dello Stato)che facesse leva su unesasperazione estrema delle funzioni repressive, militari epoliziesche, gi sommariamente giudicate funzioni precipue e caratterizzanti, anziesclusive, dello Stato borghese.

    Non soltanto nelle sue riflessioni storiche, ma anche (e particolarmente) nei suoienunciati teorici Gramsci mira a interpretare, tradurre, riformulare e riformare ladialettica hegeliana. A suo giudizio, la conservazione (o controrivoluzione) pu operare

    in modo storicamente consolidato se si mostra capace di captare alcune istanze propriedella parte rivoluzionaria, ovvero se mette in atto una rivoluzione passiva. Ma, si badi,nel modello teorico gramsciano, anche la rivoluzione, se vuol approdare a conquistedurevoli e scongiurare linsuccesso finale , dovr adeguatamente recuperare alcunisegmenti ancora vitali dellavversario (e, presumiamo, alcuni segmenti dello stesso modocapitalistico), in quanto subordinati alla (e egemonizzati dalla) forma politico-socialesuperiore. Gramsci scrive infatti che la dialettica consiste nella necessit, per ciascunadelle parti impegnate in un antagonismo storico, di comprendere le ragioni dellaltra. Equi comprendere significa capire, ma significa anche includere (come elementosubordinato, appunto).

    E vero che, in specie nei luoghi o nei tempi in cui i rivoluzionari sono costretti a

    praticare una guerra di movimento, essi hanno lobbligo di agire come sedovessero epotessero distruggere lavversario, avverte lo stesso Gramsci, ma anche in quei luoghio dopo quei tempi, se i rivoluzionari otterranno alfine di poter rovesciare i rapporti diforza, soltanto lungo la via del consenso potranno conseguire conquiste durature opermanenti. Prolungare il movimento oltre la fase della lotta da condizioni di minorit odi subalternit e, con il movimento, prolungare quel transitorio intento didistruggere laltro giova soltanto a propiziare la resurrezione dellaltro dalle sueceneri (o dalle nostre ceneri). La superiorit della guerra di posizione sulla guerra dimovimento sta proprio nel fatto che la guerra di movimento diretta, o costretta, asopprimere lavversario conseguendo il risultato probabile di ritrovarselo innanziinatteso, ma pi pugnace e capace di riscossa, mentre la guerra di posizione soltanto

    pu sperare di avere partita vinta in modo definitivo perch, dicevo, la guerra diposizione soltanto pu rovesciare i rapporti di forzainstaurando insieme rapporti storicidi consenso. Dalle riflessioni sulla dialettica siamo condotti a riflettere, in particolarare, suirapporti storici tra comunismo e liberalismo.

    Gramsci forse il solo pensatore marxista classico che, anche nella sua opera pimatura, cerchi di delineare un rapporto dialetticamente rigoroso tra comunismo (odemocrazia socialista) e liberalismo. Il titolo di un bel libro di Domenico Losurdo ,appunto,Antonio Gramsci dal liberalismo al comunismo critico6.Dopo una crisi profonda cheabbia vanificato i tentativi di tradurre in pratica la teoria, ogni intellettuale collettivodovrebbe avvertire il bisogno di un ritorno alle origini, ma avvertire anche e soprattutto

    6 Cfr. D. Losurdo,Antonio Gramsci dal liberalismo al comunismo critico, Roma, Gamberetti Editrice, 1997.

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    il bisogno di sottoporre a un esame critico gli errori originari che pur si annidano nel pisolido tra gli impianti teorici. Qui mi limito a indicare due fra i peccati, a mio avviso,originariamente imputabili a Marx e a Engels e perduranti in Lenin: un peccato pertroppo liberalismo e uno, al contrario, per troppo poco liberalismo.

    Troppo liberalismo. Ritengo anchio (come lo stesso Losurdo sostiene in altri suoiscritti) che lutopia liberale-libertaria dellestinzione dello Stato, recepita dal marxismocon unapertura di credito eccessiva, abbia originato la comprovata negligenza dei partiticomunisti al potere, impegnati in tutto fuorch nellelaborare una radicale e convintariforma delle istituzioni: per qual ragione quei partiti avrebbero posto mano a una solidariforma democratica delle istituzioni, se le giudicavano prossime ad estinguersi?

    Troppo poco liberalismo. Daltra parte, lutopia giacobina di una democrazia integrale,anchessa recepita dal marxismo in sede teorica dapprima e poi nella pratica delmovimento operaio di estrazione marxista, alle origini dellomissione di ogniconnotato liberale, riconducibile a uno Stato di diritto, e della conseguente repressione

    di ogni libert civile o personale, nelle dittature scaturite dalla rivoluzione sovietica.I due errori teorici hanno una comune motivazione storica. In Marx e in Engels

    lutopia libertaria negatrice dello Stato e, per contro, lutopia democratico-giacobina,convertita nella parola dordine della dittatura del proletariato, avevano ricevutoalimento in egual misura dalla constatata ipocrisia dello Stato liberale ottocentesco, dalsuo cinismo di classe ammantato di falso universalismo: Luciano Canfora vede oggi nelmassacro parigino dei comunardi levento emblematico evocato quasi per unagiustificazione preventiva dei futuri misfatti, di segno contrario, che sarebbero statiperpetrati dai rivoluzionari. In Lenin e nei suoi continuatori lo Stato in generale, ogniStato, era identificato con quel suo specifico e-semplare storico che aveva generato dallesue viscere la guerra totale. E poich lottobre leniniano fu soprattutto radicale ripulsa

    della guerra totale, apparve inevitabile accomunare nella ripulsa ogni sorta di Stati, nonsoltanto quelli di forma zarista o prussiana, ma anche quelli di forma vagamente liberale,a quel tempo localizzabili in Francia, in Inghilterra o negli Stati Uniti.

    La tragedia storica del leninismo consiste nel fatto che il rifiuto rivoluzionario dellaguerra totale (e dello Stato totalitario che, durante la guerra, si era insediato anche neipaesi di tradizione liberale) assumeva esso stesso inevitabilmente i caratteri della guerratotale, ossia di quella realt- mostruosa contro la quale Lenin aveva chiamato le masse aribellarsi, e insieme assumeva i caratteri del totalitarismo e della militarizzazionepermanente (non a caso anche una delle manifestazioni meno riprovevoli della TerzaInternazionale, la dedizione o labnegazione nellimpegno di partito, prendevano laforma e il nome della militanza, come fa notare oggi un testimone autorevole, Pietro

    Ingrao). A provocare un tal esito concorrevano non soltanto quellattrazione mimeticache la guerra totale (con il successivo assedio controrivoluzionario) aveva esercitato suisuoi avversari pi radicali, ma anche larretratezza economica, sociale, politica dellaRussia e lassenza, in quel paese e nelle sue istituzioni, di una tradizione liberale (assenzasulla quale mette laccento Norberto Bobbio, nel commentare il controverso Libro nerodel comunismo).

    Fare i conti con il proprio passato storico, per la teoria della rivoluzione, implicadunque emendarsi dalla malattia infantile dellestremismo teorico. Contro gli eccessidi spirito liberal-libertario, occorrer ripensare in termini positivi, e propositivi, allaforma-Stato. Nello stesso tempo, contro ogni tentazione illiberale, occorrer recepirenellalveo primario di una democrazia compiutamente socialista, concretizzante (diremocon Galvano della Volpe) la libertas major di una volont o progettualit collettiva,

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    listanza seconda(seconda, ma nonsecondaria e perci irrinunciabile) delle garanzie liberalio dei diritti civili in quanto individuali o personali.

    Se anche la lotta pi aspra ha successo quando i rapporti di forza (sfavorevoli) siconvertono in rapporti di consenso (a noi favorevoli), ossia quando unodierna guerramanovrata si trasforma in una successiva guerra di posizione, sia pure radicalizzataper tenacia di sforzi e chiarezza di obiettivi, nulla sarebbe pi stolto che immaginare ilcontrario: cio una guerra di posizione oggi combattuta sul terreno dellegemoniacon lintento e allo scopo di poter domani distruggere (non pi, dunque, egemonizzare)ogni sopravvivenza, e persino i valori pi vitali, dellaltro. Un disegno egemonico, infatti,potr dispiegarsi soltanto come progetto-previsione epocale: non tollerer dessere

    viziato da stru-mentalismo deteriore, ma vorr essere proiettato sulla lunga duratastorica.

    E chiaro che legemonia si dispiega nel lungo periodo: linfluenza della scuola, adesempio, perdura ben oltre let dellapprendistato e si prolunga nella futura prole degli

    odierni adolescenti, mentre il controllo sociale ottenuto per mezzo della violenza duraquanto dura la violenza (o la minaccia di ricorrere alla violenza). Nel lungo periodo,dunque, se soltanto la guerra di posizione praticabile, soltanto legemonia larma conla quale ciascuna delle parti pu condurre vantaggiosamente la sua guerra di posizione.Ev questa la grande lezione che Gramsci ha appreso in seguito alla prima grandesconfitta subita, negli anni venti e trenta, dal movimento operaio europeo-occidentale.

    Legemonia , nel pensiero di Gramsci, la forma nella quale la direzione politica siesercita su un insieme sociale articolato e complesso, in specie quando non si facciasoverchiarne ricorso a pratiche di costrizione o di coercizione o, pi semplicemente,alluso della forza. Legemonia la forma etico-politica politica in quanto etica

    della direzione sociale: la sperimentazione di norme e valori la cui dichiarata e-

    stensibilit generale incontri un consenso parimenti generale. Legemo-nia daGramsci ancora attribuita a un soggetto sociale (a una classe). Tuttavia nei Quadernitroviamo forse unimplicita revisione teorica, perch ci sembra che, nellauspicare unfuturo primato della forma etico-politica, Gramsci ritenga possibile attribuire funzioneegemonica, appunto, a una forma (non pi a un soggetto).

    La revisione , a mio avviso, tanto pi necessaria se ci appare investita da una crisiepocale, insieme con la razionalit classica, anche la centralit (epistemologica, sociale epolitica) del soggetto moderno. Condivido con Andr Tosel7 la constatazione che lidea

    vetero-marxista, certamente non estranea a Marx, di una classe-soggetto, o di unsoggetto-partito, ormai datata e devessere pertanto inverata o superata (cos comedevessere superata laltra idea, tipicamente vetero-marxista, di un progresso illimitato

    delle forze produttive8). Perci in alcuni miei lavori, nel ragionare di blocchi logico-storici, ho ritenuto di poter supporre che ciascun blocco si caratterizzi essenzialmenteper legemonia che vi e-sercita un modo o unaformadellattivit umana: un modo desseredella produzione economica o della produzione culturale, una forma del coesistere diindividui nelle relazioni sociali o del con-sistere societario nelle istituzioni. Per quella miaipotesi non cerco protezione nella pagina gramsciana, ma trovo nellitinerario teorico di

    7 Cfr.tudes sur Marx (et Engels). Vers un communisme de la finitude, Paris, ditions Kim, 1996, p. 140.8 Non pi tempo (se mai lo fu) di candidarsi, come riformisti, a gestire la modernizzazione (cfr. A.

    Tosel, ibidem) facendo, con migliori intenzioni, le veci di coloro che ne sono i veri agenti storici. Ilconcetto di una tale supplenza, infatti, derivava dallerroneo presupposto di un progresso illimitato

    delle forze produttive.

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    Gramsci (nelle posizioni via via conquistate da lui) lindispensabile premessa per unaricerca ulteriore che segni il superamento della centralit moderna del soggetto. Neglianni Sessanta e Settanta, un marxismo delle formeparve ad Althusser (e, per certi aspetti,a Luporini) un approdo necessario da raggiungere senzaGramsci. Ritengo invece chepossa essere raggiunto conGramsci.

    3. Le categorie gramsciane oggi.Il movimento socialista e la prospettiva comunista subiscono anche oggi una grande

    sconftta. Artefice della sconfitta , soprattutto, legemonia che, dopo aver affidato ilproprio destino allultima grande rivoluzione tecnologica, il modo capitalistico (modo difare cultura e quindi di produrre) ha potuto esercitare grazie ai nuovi mezzi diinformazione e di comunicazione. Diffondendo la propria logica e/o ideologia,produttivistica o neoliberistica, individualistica ovvero consumistica, il modocapitalistico ha saputo parzialmente occultare9 i suoi effetti perversi (sul terreno sociale,

    su quello ecologico ecc.) e portare a termine la mercificazione universale dei beni(materiali o immateriali) che, a sua volta, retroagisce sulla diffusa mentalit consumisticacon il blandire e dilatare i gusti o i bisogni indotti nelle masse. Legemonia pu infattiesercitarsi anche in forme di suggestioneinsinuante o prevaricatrice o corruttrice, oltre cheaccattivante. Althusser e Foucault lo sapevano.

    Legemonia sociale del modo culturale capitalistico si caratterizza appunto perch siesercita pi spesso in maniera obliqua o per vie indirette su una societ fattasi, nelfrattempo, complessa e insieme frammentata (o addirittura atomizzata); una societ nellaquale, in luogo del principio roussoiano, marxiano e, oggi, forse anche rawlsiano di uneguaglianza come mezzo al fine della libert (maggiore), vige al contrario la regolanon scritta di una libert (minimale) il cui scopo sia la crescita delle disuguaglianze; una

    societ nella quale la crescente disoccupazione di massa, da un lato, concorre al declinodei livelli salariali e delle protezioni sociali per gli occupati, dallaltro lato (ed il colmodironia della sorte) fa di questi ultimi in quanto minoranza che conservaun impiego,un salario o una pensione sia pure decurtata i nuovi privilegiati e perci i nuoviconservatori. I produttori diminuiscono e crescono invece a dismisura i consumatori: tuttisono ormai consumatori, se accanto a quelli effettuali annoveriamo i virtuali (ovveroquelli che sono, appunto, suggestionati e catturati soltanto dalle immaginidel consumoagognato o di quello perduto). Anche i poveri, privati di ogni bene necessario, sono oggicondannati a vivere (o a morire) come consumatori virtuali. E gli stessi consumi realicatturano le incerte prede del domani possibile (saccheggiando le risorse dei pronipoti).Un altro mio amico argentino, Edgardo Logiudice, riflette sulla sempre pi diffusa

    vendita di cose future. In fondo, tutti ormai siamo soliti nutrirci a credito, ovveroipotecando future ricchezze della terra e dei suoi (futuri) abitanti.Oggi i tempi lunghi, vorrei qui precisare per inciso, non sono soltanto la dimensione

    temporale che lespandersi o il consolidarsi del modo capitalistico impongono allazionedelle forze antagoniste sul terreno economico-sociale; sono anche la dimensionetemporale nella quale potranno conseguire risultati (e visibilit) gli interventi dirisanamento ecologico, inseparabili nel nostro tempo da ogni strategia che avversi larazionalit capitalistica, perch questultima insieme ostile alla liberazione delle

    9 Gli innegabili vantaggi materiali o edonistici che ci sono offerti dalle incessanti innovazioni tecnichenei sempre pi sofisticati oggetti personali o domestici ci inducono a chiudere gli occhi,volontariamente o non, davanti alle pi rovinose perdite. Le meraviglie tecniche rendono sempre pi

    improponibile ogni altro valore.

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    moltitudini umane oppresse e inconciliabile con linteresse permanente della nostraspecie e con gli equilibri naturali o ambientali necessari alla vita in generale10. Lacomponente ecologica del nuovo antagonismo politico e sociale riattualizza infatti lelotte che, in tempi passati e in paesi o strati sociali miseri, scaturivano dai bisognielementari e miravano alle cose necessarie. Le riattualizza anche in tempi e in paesi neiquali il progresso tecnologico e il consumismo diffuso sembrerebbero lasciareinsoddisfatti soltanto i bisogni indotti e rendere appetibili soltanto le cose superflue.

    Si suol ripetere, dagli interpreti di Gramsci, che nella guerra di posizione decisiva(pi che nella guerra manovrata) la scelta delle alleanze. Quali le alleanze auspicate ieri equali auspicabili oggi? Il Gramsci della Questione meridionale al pari di Lenin esortava soprattutto allalleanza tra operai e contadini. Oggi una siffatta alleanza tralavoratori produttivi divenuta inattuale, sia perch la classe operaia di tipo tradizionale, nei paesi capitalistici avanzati, una frazione decrescente del mondo del lavoro, siaperch (negli stessi paesi) i contadini tradizionali sono presso che scomparsi dalla scena,

    sia perch la crisi ecologica ha reso improponibili le ideologie produttivistiche nella loromatrice borghese-capitalistica e anche nella loro (speculare) versione marxista, che restapur sempre tributaria dellilluminismo e del progressismo borghesi 11. Perci non hatorto chi sostiene12 che la nuova alleanza dovrebbe essere stipulata, non pi tra ilavoratori produttivi, ma tra i lavoratori necessari, ossia tra quelli che (producano onon producano merci) forniscono alla societ beni o servizi necessari: beni materiali oservizi immateriali dei quali la societ stessa, nella fase storica attuale, non pu privarsisenza perdere alcune conquiste individuali e collettive di civilt o, daltra parte, senzacorrere gravi rischi ambientali e biologici.

    Ho accennato prima tenendo presente lurgenza della questione ecologica alfatto che, nel nostro tempo, si riattualizza la lotta per le cose necessarie, anche se oggi

    son divenute necessarie cose che non lo erano in passato. Poich si allarga il concetto dinecessit (storico-sociale), il valore corrispondente altrove lho denominato valore disostenibilit potrebbe forse, in un domani a dir vero problematico, occupare il postoche appartiene oggi al valore di scambio (pur sempre ancorato al dispendio di orelavorative) e anche quello che appartiene, o appartenne, al valore duso: anche luso olutilit, infatti, possono concernere tanto i beni necessari quanto quelli non necessari oaddirittura nocivi, mentre il valore di sostenibilit sarebbe misura di un pi generaledispendio di forze naturali che solo la produzione della vita (o della vita buona)potrebbe giustificare13.

    Se la guerra di posizione con il suo corollario di una saggia politica delle alleanzeera, nel pensiero di Gramsci, la strategia di lungo periodo delliniziativa rivoluzionaria

    pi appropriata in Occidente, non si creda, peraltro, che quella formula fosse in luisinonimo di un inevitabile attestarsi sulla difensiva. Bench vi approdasse dopo laconstatazione della sconfitta subita dal movimento operaio in Italia, in Germania e

    10 Gramsci forse il pi vivo tra i classici del marxismo; peraltro, egli anche il pi alieno da ogniesplicita tematica ecologica.

    11 Si vedano, tra le altre provenienti dallodierna cultura verde, le critiche al produttivismo marxistamosse da Carla Ravaioli, in La crescita fredda. Occasione storica per la sinistra, Roma, Datanew, 1995, e daPaolo degli Espinosa (La contraddizione antropologica, in critica marxista, nuova serie, 1995, n. 1).

    12 N. Cipolla, in Un nuovo giorno dello stato sociale. Lavoro produttivo e lavoro necessario, Roma, Datanew, 1995.13 Vorrei rinviare a tal proposito a un altro mio lavoro, che sta per essere pubblicato presso La Citt del

    Sole e che sviluppa gli argomenti da me trattati in un seminario tenuto a Napoli, presso quellIstituto

    Italiano per gli Studi Filosofici.

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    altrove, Gramsci vi condensava la strategia di una controffensiva possibile, che fosse,insieme, una difesa delle posizioni minacciate e la conquista di posizioni pi avanzate.Per Bernstein, come per il neo-kantismo dellepoca, il fine poteva apparire soltantocome unidea regolativa. Il movimento, delle riforme parziali, era invece tutto. AncheGramsci riteneva che, nei paesi di capitalismo maturo, fosse percorribile soltanto lastrada delle riforme graduali? Probabilmente la strada era quella, a suo giudizio, ma acondizione che nelle riforme lievitasse la presenza, immanente e costitutiva, della metastrategica. Le riforme erano per lui una strada possibile, forse la strada obbligata, acondizione che non si perdesse di vista come meta da raggiungere la metarivoluzionaria. Perci egli aveva in mente riforme rivoluzionarie.

    Oggi possiamo dire di pi. In virt dellodierna mondializzazione, il capitalismoavanzato si espande ovunque, mentre il sottosviluppo non si colloca pi fuori, ma ormai dentro la nuova geografa di un Occidente divenuto globale 14. Se limportazionedi forza lavoro su scala planetaria dilata fino alle stesse metropoli le aree del

    sottosviluppo, assume carattere preminente e soverchiarne il processo inverso: ilcapitalismo metropolitano esporta se stesso nelle periferie (esporta capitali, pur senzaesportare in egual misura benessere). Si compie in tal modo la mondializzazionedelleconomia e lomologazione culturale dei popoli. In questa fase, la guerra diposizione, ovvero il gradualismo rivoluzionario, diviene verosimilmente una strategia(lunica strategia?) possibile, non solo in Occidente, se vogliamo far uso dellaterminologia gramsciana, ma anche in Oriente, ossia anche nei paesi fino a ieri e/otuttora sottosviluppati. Del resto, a unopzione generalizzata per il gradualismorivoluzionario sarebbe lecito e forse doveroso pervenire dopo le disfatte e le delusioni,rispettivamente, dei rivoluzionari sprezzanti di ogni strumentazione riformista e deiriformisti alieni da ogni finalit rivoluzionaria.

    Daltra parte, una guerra di posizione praticata su scala mondiale (non pi confinatanel solo Occidente), pur percorrendo la via delle riforme graduali, avrebbe altricaratteri, nuovi e diversi da quelli che Gramsci, nellintervallo tra le due guerre, cisuggeriva: per la sua sopravveniente dimensione globale, avrebbe caratteri di radicalitsempre meno paragonabili ai profili del riformismo socialdemocratico, sia pureosservato nei suoi percorsi nazionali pi felici e nella sua stagione migliore. E dunquelecito ritenere, bench appaia a prima vista paradossale, che gradualit e radicalitpossano essere, nella situazione odierna, compiutamente componibili.

    Innanzi tutto conviene rammentare che gradualit non implica moderatismo e cheradicalit non sinonimo di estremismo. Si suol ritenere che estremismo e moderatismosiano due scelte antitetiche per le loro premesse teoriche e per il loro atteggiarsi pratico.

    Ma, se osserviamo pi attentamente, ci accorgiamo che in esse pi forte lelementounificante che la somma dei fattori divaricanti. Nella storia del movimento operaio, vi un estremismo ispirato dalla versione economicistico-deterministica del marxismo: unatteggiamento che si astiene da ogni intervento corretrivo sui meccanismi delle societcapitalistiche perch ritiene vi sia una legge storica implacabile nel decretare, per la fasein corso, lo sviluppo (o il progresso) della formazione capitalistica e, per una fasesuccessiva, il suo declino o il suo collasso senza riparo (che sarebbe insieme preludio oinstaurazione della nuova societ). In una tale ottica lazione pu, anzich proporsi come

    14 Cfr. S. Latouche, Loccidentalizzazione del mondo, trad. it., Torino, Bollati Boringhieri, 1992. Secondo G.Labica oggi appare superata la distinzione tra Oriente e Occidente (e perci dovrebbe generalizzarsi lalotta democratica): cfr. Gramsci, Lenin, la rivoluzione, in Aa. Vv., Gramsci e la rivoluzione in Occidente, a

    cura di Alberto Burgio e Antonio A. Santucci, Roma, Editori Riuniti, 1999, p. 46.

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    sussidiaria, rivendicare un valore soltanto simbolico di semplice bench talvoltaclamorosa testimonianza o, pi spesso, apparire persino superflua: il caso dellacosiddetta attesa messianica e della sua inerzia, sulla cui ambivalenza, specie in epoche diripiegamento e di frustrazione, Gramsci ha scritto pagine memorabili, ispirate dalle noteriflessioni weberiane sugli inizi della moderna impresa individuale capitalistica, sulla suaascesi e sul conforto alle proprie attese venuto dalla nuova etica protestante e dallacongiunta dottrina della predestinazione.

    Non molto diversa la fenomenologia del moderatismo, del suo convertirsi dapremessa teorica in criterio pratico. Anche il moderatismo presuppone la versioneeconomicistico-deterministica del marxismo. Anche il moderatismo confida in una leggestorica che prescriva necessari sviluppi (progressi) allassetto capitalistico, comecondizione necessaria e sufficiente per una successiva apertura a migliori criteri di equitnelle chances individuali di vita, almeno per la fasce sociali pi deboli. Il moderatismodiverge dallestremismo soltanto nel ritenere che quella legge storica non escluda

    compiti di anticipazione (sui tempi dello sviluppo capitalistico) per la sinistra riformista;che quella legge possa essere assecondata o sollecitata, per cos dire, a farsi avanti da unasinistra chiamata ora ad aiutare ora a condizionare il dominio del capitale o lasovranit del mercato. Quando la leadership moderata della sinistra italiana di governo sidichiara fiduciosa nel destino di emancipazione (ad esempio, per il lavoro dipendentedelle periferie asiatiche o altre) che sarebbe insito negli attuali processi espansivi delcapitale finanziario mondializzato, par di riascoltare una vecchia canzone non ignota aglistessi iniziatori del marxismo: anche Marx, specie in pagine di epistolario o in articoli digiornale, aveva talvolta accreditato come progressi salutari alcuni episodi dellapenetrazione inglese in India e, pi in generale, dellespansione capitalistica in terrelontane. Il nostro Labriola aveva espresso giudizi simili sulle imprese coloniali dellItalia

    unita. Altri marxisti, come il vecchio Lukcs, non hanno mancato di additare nelmercato mondiale, in quanto realizzazione storica progressiva del capitale, la basestrutturale per la costruzione di una societ socialista mondializzata anchessa. Bene, ame sembra che chi oggi ripete (o rimastica) quelle formule possa essere classificato, adispetto delle intenzioni, un vetero-marxista.

    Marxismo critico invece quello che dubita, come Leopardi, delle magnifiche sorti eprogressive cui dovremmo inchinarci per assecondarle o, tuttal pi, per affrettarne ilcorso naturale. Francamente non credo che tutti i mali vengano per nonnuocere, anziper convertirsi in benefici, secondo una teodicea riconducibile allhegelismo, peraltro

    volgarizzato e immiserito. E invece lecito ritenere, ad esempio, che unamondializzazione come quella messa in atto dalla razionalit moderno-capitalistica, nelle

    forme che essa assume al giorno doggi, non solo non costituisca la naturale premessaper un mondo migliore, ma anzi possa essere di ostacolo a quanti si adoperano percostruire una ben altrimenti desiderabile coesione civile e morale (coesione etico-politica in senso gramsciano, non selvaggiamente econmico-corporativa) tra i popolidella terra.

    Il riformismo classico, infatti, poteva ancora sperare di muoversi in sincronia contaluni passaggi storici necessitati o anche di anticipare passaggi prevedibili. Gli odierniassertori delle riforme radicali, invece, non possono ignorare lirreversibilit di alcuniguasti prodotti dalla modernizzazione per la sorte, che circostanze storiche anche casualile hanno propiziato, di prolungare il proprio dominio fino alle sue conseguenze estreme.I maggiori guasti ecologici o ecosistemici sono, essi soltanto, irreversibili? Temo che lamondializzazione quale si attuata ai nostri giorni abbia provocato perdite irreparabili

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    anche di beni sociali o di beni culturali e abbia, sul terreno sociale, culturale e politico,provocato moti di rigetto deviati (rigetto della migliore cultura universalistica 15, rigettodellinternazionalismo solidale allinsegna di arcaiche identit etniche o razziali oconfessionali, rigetto della politica come progettualit emancipatrice ecc.) checostituiscano ostacoli presso che insormontabili sulla via delle riforme, oltre che sulla

    via della rivoluzione. Perci le riforme oggi allordine del giorno non potranno piricalcare il modello delle compatibilit che fu congeniale alla fase del compromesso diclasse caratterizzante il Welfare. Le riforme oggi allordine del giorno, anche seconseguite mediante parziali compromessi, dovranno mirare a destabilizzare gliequilibri attuali, a insidiare la mondializzazione capitalistica nei suoi meccanisminevralgici16.

    Reinterpretare Gramsci oggi significa, inseparabilmente, tentare una lettura nuova delsuo approccio teorico e cercar di capire se il suo approccio teorico autorizzi, oggi, unnuovo progetto di azione, sul terreno politico-statuale in specie. Il nesso teoria-prassi

    vale per tutti i classici, anche per quelli apparentemente pi devoti alla loro missionespeculativa; quel nesso vale a maggior ragione per Gramsci, che ne fa un caposaldodella sua concezione del mondo. Del resto, in lui, la filosofia non solo filosofia dellapolitica, ma filosofia che fa politica, anzi che si fa politica17.

    15 E, inoltre, tendenza allomologazione culturale: per uninformazione che, come nota anche Tosel, siriversa su di noi in quantit insopportabili a prezzo di uno scadimento nella superficialit (o nellavolgarit) diffusa.

    16 In specie, la riduzione dellorario di lavoro (che in passato fu sempre compatibile con lespansionecapitalistica mediante il progresso tecnologico) oggi diviene un momento di rottura. La riduzionedellorario di lavoro a parit di remunerazione, se riproposta tendenzialmente in quasi tutti i paesi,incrinerebbe oggi alcuni tra i postulati dai quali discende oggi lorganizzazione del mercato-mondo:accrescimento, su scala planetaria, dellesercito di riserva della forza-lavoro accrescimentoparzialmente occultato dalla parallela contrazione metropolitana della stessa forza-lavoro necessaria

    alla produzione, ma pur sempre atto a ridurre il potere contrattuale degli occupati e mantenimentodi forti dislivelli salariali tra le diverse regioni del globo, a beneficio delle infaticabili trasmigrazioni delcapitale finanziario a caccia di pi alti profitti. La riduzione dellorario di lavoro, se rivendicata oggi aquel modo, costringerebbe forse a sperimentare nuove forme di regolamentazione del mercato (nonsoltanto del mercato del lavoro) e nuove forme di intervento pubblico (non soltanto nei servizi sociali)che potrebbero preludere a nuovi equilibri orientati verso il predominio, appunto, dellinterventopubblico, pur senza lillusione (che fu del socialismo reale) di poter abolireogni economia privata.

    17 Che la filosofia della praxis non sia solo filosofia della politica opinione condivisa forse da U.Cerroni nella voce Filosofo democratico del suo Lessico gramsciano, Roma, Editori Riuniti, 1978.Leggiamo nei Quaderni del carcere, edizione critica a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, pp.1331-1332: una delle maggiori rivendicazioni dei moderni ceti intellettuali nel campo politico stataquella delle cosi dette libert di pensiero e di espressione del pensiero (stampa e associazione)perch solo dove esiste questa condizione politica si realizza il rapporto di maestro-discepolo [...] e un

    nuovo tipo di filosofo che si pu chiamare filosofo democratico.

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    II. GRAMSCI E IL NEOIDEALISMO ITALIANO

    1 . Bergsonismo e antideterminismo.La rivoluzione leniniana del 1917 fu giudicata e salutata da Gramsci come unarivoluzione contro IlCapitaledi Marx. Qual il significato filosofico di quel giudizio?

    La concezione materialistica della storia aveva rintracciato nella produzione della vitamateriale il fondamento delle attivit umane e sociali e aveva integrato il presuppostodarwiniano di una processualit evolutiva della vita con lipotesi di forme evolutive dellaproduzione (sociale). Di pi: Marx e la tradizione marxista avevano enunciato ilprincipio di uno sviluppo discontinuo delle forme che le scienze della vita avrebberofatto proprio soltanto molto tempo dopo Darwin. Ma quellimplicito riduzionismobiologistico si affiancava ancora a un riduzionismo, per cosi dire, fisicalistico diimpronta quasi laplaciana o newtoniana. Nella Prefazione del 1859 al Per la critica

    delleconomia politica, infatti, Marx aveva concepito lo sviluppo delle forze produttive quasialla stregua di un moto (uniformemente) accelerato o di una ricorrente pressionetermodinamica capace di infrangere luno dopo laltro per una sorta di leggedeterministica i suoi involucri protettivi, ossia le successive forme sociali.

    Contro un siffatto determinismo (contro il presupposto che un dato grado disviluppo delle forze produttive debba essere raggiunto necessariamente perch una dataforma sociale possa essere spezzata e quindi oltrepassata) Gramsci scrisse quel famosoarticolo del 1917. Ma la sua polemica antideterministica non parve attenuarsi neppurequando, in diversi passaggi deiQuaderni,volle rivalutare le implicazioni realistiche perchstoricistiche delle due proposizioni che, nella Prefazione del 1859, avevano vincolatola possibilit della rivoluzione alla presenza di adeguate condizioni materiali (una data

    forma sociale necessariamente perdura finch permane la sua idoneit a consentireulteriori sviluppi delle forze produttive).La formazione culturale di Gramsci avvenne in un periodo nel quale la reazione

    filosofica contro lo scientismo e contro il marxismo assunse i caratteri di unaritraduzione vitalistica dello scientismo (ad esempio, in Bergson) e di unaritraduzione idealistica del marxismo (specialmente in Croce, secondo linterpretazioneche ne propose lo stesso Gramsci). Che il giovane Gramsci fosse, a suo modo,bergsoniano non vi sono dubbi. Il bergsonismo gli consenti di conservare, quando siaccost alla concezione marxista della storia, una tendenziale riduzione metodologica almodello biologico, recepito da lui tuttavia in termini anti-deterministici, e gli consenti dirifiutare, invece, qualsiasi ulteriore riduzione al determinismo fisico.

    Del resto, sappiamo che nei primi decenni del secolo vennero a maturazionerivolgimenti profondi che in seguito avrebbero portato anche la fisica la fisica deiquanti a uninterpretazione indeterministica degli stessi processi che hanno luogo tra

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    le particelle elementari delluniverso. Peraltro, si pu incidentalmente osservare che inseguito, nella seconda met del nostro secolo, la fisica quantistica non avrebbe piofferto alle altre scienze una sua indiscussa esemplarit. I naturalisti, certo, avrebberodovuto ancora fare i conti con lindeterminismo dei fenomeni microfisici, prima che conil ruolo affidato al caso nella biologia molecolare; ma nella biologia innanzi tutto sisarebbe consolidato un neo-darwinismo ricco di stimoli anche per una versioneaggiornata della dialettica storica. Oggi sappiamo meglio che la storia (anche quella dellanatura) procede, non per aggregazioni cumulative e progressi lineari, ma per rotture 1,biforcazioni o mutazioni accelerate; e che procede per tentativi ed errori.

    Michele Ciliberto ha mostrato lincidenza negli scritti pre-carcerari di un lessicomutuato dalla scienze della vita, o dal bergsonismo, e il suo permanere, sia pure con

    pi accentuate connotazioni metaforiche, negli scritti carcerari: si considerilopposizione vita/forme, soprattutto in relazione alla problematica di quella nuovaforma statuale che, come totalit organica, dovr secondo Gramsci incanalare loslancio vitale della futura societ dei produttori. Si noti, a questo riguardo, che anche ilgiovane Lukcs di Lanima e le forme aveva compiuto il suo apprendistato vitalista, siapure in un clima culturale non bergsoniano, ma pervaso dalla Lebensphilosophie. Certo, ilgiovane Gramsci faceva i conti con il vitalismo da posizioni gi dichiaratamente marxistee, quando rifletteva come scrive Ciliberto2 sul momento della pura spontaneit,delle nuove energie che premono sulle vecchie forme avviandole a definitivadissoluzione, molto probabilmente pensava al nesso marxiano tra forze produttive, cheappunto premono o incalzano, e rapporti sociali, che organizzano, disciplinano o invece

    infrenano (e, in tal caso, si avviano a deperire e a decomporsi). Ma nuova era inGramsci, soprattutto, la convinzione che i rapporti sociali, entro i quali si sviluppano leforze produttive, non esaurissero il dominio delle forme e che unattenzione eguale omaggiore dovesse rivolgersi al mondo etico-istituzionale, in particolare alle forme dellostato, che il corpo vivente e plastico della societ, come egli scriveva nellOrdine nuovo3.

    Nella stagione dei consigli di fabbrica torinesi, lo Stato era concepito da Gramscicome un vasto organismo4 (al limite, destinato a coincidere con tutto il genere umano,nella Internazionale comunista) che radunasse in s come altrettante cellule,

    1 Cfr. un compendio storico della biologia contemporanea in M. Cerruti, Evoluzione senza fondamenti,RomaBari, Laterza, 1995.

    2 Cfr. M. Ciliberto, Gramsci e il linguaggio della vita, in Studi storici, n. 3, 1989, p. 681.3 Cfr. A. Gramsci, LOrdine Nuovo. 19191920, a cura di V. Gerratana e A. Santucci, Torino, Einaudi,

    1987, p. 49.4 II termine organico possiede, anche in Gramsci, una connotazione vitalistica e si connette con il

    concetto di totalit organica. Qualche esempio: un gruppo sociale, che ha una sua propriaconcezione del mondo [...] si muove come un insieme organico (cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere,edizione a cura di V. Gerratana, cit., p. 1379). Se il rapporto tra intellettuali e popolo-nazione, tradirigenti e diretti, tra governanti e governati, dato da una adesione organica in cui il sentimento-passione diventa comprensione e quindi sapere (non meccanicamente, ma in modo vivente), solo allorail rapporto di rappresentanza, e avviene lo scambio di elementi individuali tra governati e governanti,tra diretti e dirigenti, cio si realizza la vita dinsieme che sola la forza sociale, si crea il bloccostorico (ivi, pp. 1505-1506: i corsivi sono miei: G.P.). Il moderno principe [...] non pu essere unapersona reale, un individuo concreto, pu essere solo un organismo; un elemento di societ complesso[...]. Questo organismo gi dato dallo sviluppo storico ed il partito politico, la prima cellula in cui siriassumono i germidi volont collettiva che tendono a divenire universali e totali (p. 1558; i corsivi

    sono miei: G.P.). Il concetto di organico si contrappone a quello di tradizionale: Il punto centraledella quistione rimane la distinzione tra intellettuali, categoria organica di ogni gruppo socialefondamentale, e intellettuali come categoria tradizionale (ivi, p. 1521).

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    riorganizzandole a livelli pi complessi, le singole fabbriche e i singoli rami dellaproduzione, ma nello stesso tempo si modellasse esso stesso sulla disciplina della singolafabbrica (tutto il mondo sia come una sola e immensa fabbrica 5) e sulla divisione dellavoro fra i singoli rami della produzione. In quel concetto possiamo cogliere, da un lato,gli echi della engelsiana amministrazione delle cose (che per Engels avrebbe dovutoprendere il posto dello Stato), dallaltro lato, quasi un auspicio di quel potere politicoche, nella successiva vicenda sovietica, si sarebbe modellato fin troppo sulla disciplina difabbrica (adombrando piuttosto lo Stato-caserma di un prolungato comunismo diguerra che Gramsci avrebbe poi criticato apertamente6).

    Nei Quaderni del carcere, invece, non pi la fabbrica ma il partito cellula di quelsuperiore e pi complesso organismo che lo Stato; il partito politico la prima

    cellula in cui si riassumono dei germi di volont collettiva che tendono a diventareuniversali e totali7. Cio la parzialit del partito superata e ricompresa per laricorrente identificazione gramsciana tra lo Stato e la sfera degli interessi (virtualmente)universali dalla superiore compiutezza della forma statuale, come forma etico-politica.Dal tentativo giovanile di estendere il modello della razionalizzazione produttiva anchealla sfera politica8 il Gramsci dei Quaderni si discosta ormai, per ricercare un modelloautonomo di istituzionalizzazione dellegemonia etico-politica, in quanto statuale.

    Siamo ora in grado di intendere, io credo, un momento decisivo della vicendaintellettuale e politica di Gramsci. Gli studiosi si sono spesso interrogati sui significatipalesi e su un possibile intento allusivo delle ampie notazioni critiche a commento delBucharin, che assumono particolare rilievo nei Quaderni del carcere. Vi , tra le righe, un

    bersaglio indiretto nella teoria e nella pratica staliniane? Pi in generale, possono iantistaliniani? Vorrei anticipare una mia risposta: Gramsci non consapevolmenteantistaliniano, non lo almeno nella misura in cui, dalla sua prigionia e dal suoisolamento forzato, egli indotto ad attribuire a Stalin al gruppo dirigente sovieticoscelte teoriche e politiche che gli paiono convergenti con le proprie scelte filosofiche(antideterministiche) e con le proprie scelte etico-politiche (antiburocratiche).

    Nicola De Domenico ha richiamato lattenzione su un resoconto del Labour Monthly,firmato nel 1931 dallesule Mirskij, nel quale una recente discussione teorica svoltasi inURSS, e conclusasi con la disapprovazione delle tesi di Bucharin, presentata come undeperimento del fatalismo e del meccanicismo. Gramsci lesse quel resoconto conintima soddisfazione e credette di poter attribuire alla nuova politica culturale staliniana

    una svolta che facesse giustizia anche per chi, come lo stesso Gramsci, era stato accusatodi bergsonismo e di volontarismo9. Certo, dal resoconto del Mirskij risultano vincenti, inUrss, anche le tesi che proclamano la subordinazione dellattivit teorica alle istanzedelloperare pratico e che ribadiscono lobbligo di considerare la teoria come posta alservizio della pratica. E tali espressioni, che per noi suonano significativa confermadella nota diagnosi ripetutamente enunciata alcuni decenni dopo dal vecchio Lukcs(nello stalinismo, la strategia sempre escogitata in funzione delle scelte tattiche

    5 Cfr. A. Gramsci, LOrdine Nuovo. 1919-1920, cit., p. 433.6 Cfr. A. Gramsci,Quaderni del carcere, cit., p. 2164.7 Ivi, p. 1558.8 Il tentativo sottolineato da J. Texier (cfr. Razionalit rispetto allo scopo e razionalit rispetto al

    valore nei Quaderni del carcere, in Modem Times. Gramsci e la critica dellamericanismo, a cura di G.

    Baratta e A. Catone, Milano, Cooperativa Diffusioni, 1989, p. 184).9 Cfr. N. De Domenico, Una fonte trascurata dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci: il Labour

    Monthly del 1931, inAtti della Accademia Prioritaria dei Pericolanti, v. LXVII, Messina, 1991.

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    momentanee), vennero deplorate da Gramsci10

    .La rozzezza di quelle e di altre manifestazioni della cultura sovietica fu peraltro daGramsci spiegata e giustificata (in polemica con Croce) mediante il ricorso al confrontotra Rinascimento e Riforma protestante11, tra Erasmo e Lutero: la Riforma protestantecorrispose a un temporaneo imbarbarimento, che tuttavia conteneva i germi e lepremesse di una successiva fioritura intellettuale (la filosofia classica tedesca),superiore a quella della pur raffinata cultura erasmiana rinascimentale in genere. InGramsci, tali modelli di sviluppo culturale (cosi li denominava egli stesso) potevanoforse derivare da una radicata tradizione idealistica italiana: non da Croce, ma direi dallateoria vichiana, che aveva affermato la storica fecondit dei tempi barbari ciclicamenteritornati. Riforma protestante e filosofia classica sono, in Germania, momenti diversi di

    uno sviluppo diacronico. Lanalisi gramsciana, osserva De Domenico, trasferiva ladiacronia nella sincronia quando, sulla scorta di uno Hegel mediato da Croce, stabilivaun confronto incrociato, sul terreno politico, tra la Germania arretrata e la coevaFrancia avanzata e, sul terreno filosofico, viceversa, tra la Francia arretrata e la coevaGermania avanzata. Gramsci riteneva persino che, nel proprio tempo, la filosofia e lapolitica dello stesso Croce si ponessero, nei confronti della politica e della filosofiasovietiche, in un rapporto analogo a quello osservato tra la Germania e la Francia delsecolo scorso. La recente discussione in Urss gli faceva sperare che anche i livelliraggiunti dalla filosofia idealistica di Croce potessero ben presto essere col ritradottinella filosofa della prassi?

    2. Il confronto con Croce e con Gentile.Nel concepire il blocco storico come unit organica di struttura e superstruttura 12,Gramsci attribuiva anche alle superstrutture la capacit di guidare, in talune fasi storiche,il movimento complessivo13: le lotte che mirano alla creazione di un nuovo bloccostorico si propongono nello stesso tempo lo scopo, sempre pi consapevole, diconferire al momento etico-politico una conclusiva supremazia sugli interessi e suimoventi economico-corporativi. Utopia? Speranza in un futuro remoto eimprevedibile? Gramsci osava dichiarare: Si pu persino giungere ad affermare chementre tutto il sistema della filosofia della prassi pu diventare caduco in un mondounificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sonoutopistiche durante il regno della necessit, potrebbero diventare verit dopo il

    passaggio ecc.14

    . Solo in un (futuro) mondo unificato? Ma Gramsci polemizzavacontro linterpretazione materialistica della filosofia della prassi anche quando pensavaal mondo presente (e non ancora unificato): Non esatto che nella filosofia della praxislidea hegeliana sia stata sostituita con il concetto di struttura, come afferma ilCroce. Lidea hegeliana risolta tanto nella struttura che nelle soprastrutture15. Eaggiungeva: noto, daltra parte, che il caposcuola della filosofia della pratica non hachiamato mai materialistica la sua concezione [...]. Cosi non adopera mai la formula di

    10 Quaderni del carcere, cit., pp. 1386-1387.11 Ivi,p. 893.12 Cfr.Quaderni, cit., p.1569.13 Al riguardo, si pu menzionare, tra gli altri: G. Lencan Stoica, Gramsci, cultura si politica, Bucarest,

    Editura Politica, 1987, p. 114.14 Quaderni, cit., p. 1490.15 Ivi,p. 1420.

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    dialettica materialistica ma razionale in contrapposto a mistica16

    .Dialettica razionale:la razionalit (nel senso weberiano del termine) costituisce infattiuna traduzione pertinente del nuovo e pi specifico regno della necessit che (nellinguaggio marxiano) prende il sopravvento quando si dispiega la dialettica del mondomoderno. Unanalisi neo-marxista della modernit, attenta alla lezione gramsciana,dovrebbe forse rovesciare i presupposti materialistici della storia precedente: dovrebbeappropriarsi del nucleo valido dellidealismo. Il passaggio dal premoderno al moderno un passaggio cartesiano. Senza la supremazia della sovrastrutturale razionalitcalcolistica, ci suggerisce Gramsci, non intelligibile neppure la modernizzazioneproduttiva da lui acutamente osservata nel taylorismo e nel fordismo. Senza il primatodella ratio illuministica, come sappiamo gi da Hegel, non pu esservi modernit. E

    dopo? Senza lalbeggiare del primato di unetica pubblica statuale o sovrastatuale,vorremmo aggiungere dal canto nostro (sulle orme di Gramsci), non potr esservi unfuturo transmoderno, ovvero una possibile transizione verso il (marxiano) regno dellalibert.

    Sappiamo che secondo Gramsci, nel cammino dal partito allo Stato, operano germidi volont collettiva che tendono a diventare universali e totali 17. In altro contesto,Gramsci scriveva: Non pu esistere associazione permanente e con capacit disviluppo che non sia sostenuta da determinati principi etici [...]. Pertantoquestassociazione non si pone come un qualche cosa di definitivo e di irrigidito, macome tendente ad allargarsi a tutto un raggruppamento sociale, che anchesso concepito come tendente a unificare tutta lumanit. Tutti questi rapporti danno

    carattere [tendenzialmente] universale alletica di gruppo che devessere

    concepita comecapace di diventare norma di condotta di tutta lumanit 18. Le ultime parole sono dichiara ispirazione kantiana. Non si dimentichi che leticit era stata definita da Croce, intermini kantiani, come volizione delluniversale nella sua distinzione-opposizionerispetto alleconomicit, definita invece come volizione dellindividuale19.

    La nozione della forma etica come forma di una volont universale in Gramscidebitrice della lezione di Kant, mediata da Croce; la rivalutazione delletico-politico propiziata dallopera storiografica dello stesso Croce; ladesione alla teoria dello Statoetico e al concetto di uno Stato capace di esprimere la totalit ci rinviano invece a unpercorso filosofico che da Hegel perviene a Gentile? Si osservi che il carattere di totalitattribuito da Gramsci allo Stato torna tuttavia a modellarsi sulla filosofia dei distinti

    crociana pi che sullattualismo gentiliano: a modellarsi sul carattere di totalit cheCroce ravvisava, ad esempio, in ogni espressione artistica. E anche il termine catarsi,che Gramsci accoglie, se designa il superamento della politica-passione nella sua valenzapi elementare e il conseguimento di una sintesi etico-politica superiore 20, anche quel

    16 Ivi, p. 1411.17 Quaderni del carcere, cit., p. 1558.18 Ivi, p. 750.19 Cfr. R. Finelli, Universale concreto e universale astratto nel pensiero di Antonio Gramsci, in Aa. Vv.,

    Modem Times, cit., p. 218.20 Cfr.Quaderni del carcere, cit., p. 1244. Gramsci rifiuta (le cose non sono cos semplici nella storia come

    nellarte) un piatto parallelismo tra eticit e artisticit; rifiuta soprattutto linterpretazione crocianadella storia come, eminentemente, storia (della catarsi) etico-politica in quanto separata, o distinta, da

    tutto il resto: si veda a p. 1222. E cfr. A. Tosel (Americanismo, razionalizzazione, universalit secondoGramsci, in Modem Times, cit., pp. 240-242), il quale definisce la catarsi in senso gramsciano ildiventare forma delle forze.

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    termine mutuato, per analogia, da una reminiscenza della poetica aristotelica qual siritrova tradotta nella teoria crociana dellarte (la poesia trasvaluta il mondo dellepassioni, convertendolo nellespressione artistica, ma non abolisce la distinta spiritualitdelle passioni in quanto tali).

    Lo Stato , per Gramsci, il livello dellunit dei fini economici e politici e insiemedellunit intellettuale e morale, non perch esso attingerebbe una potenziale voracitonnivora di impronta gentiliana, ma perch in esso si ritrova quel che una puntualenozione crociana dichiarava carattere precipuo delletica, nel sancirne la superiorit suglialtri gradi della vita spirituale: ossia la vocazione di far valere, e di garantire, la distintaautonomia e quindi la costitutiva libert spettante a ogni altro grado o a ogni altraattivit. Ebbene, io credo che la radice filosofica del concetto gramsciano di egemonia

    debba rintracciarsi in quella suggestione crociana forse pi di quanto la sua radicestoriografica non sia reperibile nelle vicende del giacobinismo a partire dalla rivoluzionefrancese e la sua radice politica nel leninismo rivisitato alla luce di una strategia validaper il movimento operaio italiano o europeo.

    La concezione dello Stato come totalit, dunque, non deriva a Gramsci soltanto dallaversione gentiliana dello hegelismo. In realt, essa appartiene a una tradizione dipensiero e di impegno politico che, forse, riceve in Rousseau nel Rousseau teoricodella democrazia la sua prima espressione coerente e appassionata. La concezionedello Stato come totalit non solo non pu venire confusa con il totalitarismo teorico ocon la corrispondente pratica di governo, ma deve considerarsi radicalmente estraneaalla teoria o alla pratica totalitarie. In quella tradizione democratica, e in Gramsci, lo

    Stato non tutto, ma si relaziona a una molteplicit di modi e forme, lo specificointeragire con le quali definisce lo Stato nella sua essenza: lo Stato non possiede unapresunta essenza propria che non si esaurisca in quella specificit di relazioni interattive.Il totalitarismo, invece, muove dalla convinzione che lo Stato tutto,non lascia nientefuori di s, non costretto a fare i conti con una ricchezza di mondi che sono altri,amisurarsi incessantemente con essi, a trarre profitto dalla loro alterit e dalla loroautonoma produttivit: il totalitarismo non riconosce alcuna autonomia ai mondi(sociali, economici, culturali, etico-istituzionali) che spaziano fuori della cerchia statuale;anzi, nel caso-limite, non ammette che vi siano mondi situati fuori. Il contrasto tra lafilosofia politica di Gramsci e quella gentiliana e/o fascistica esprimibile nei terminisuddetti. Il concetto gentiliano dello Stato come il vero uomo, come vita dellindividuo

    umano in ogni suo atto, e le critiche gentiliane allo statalismo imperfetto perchlimitativo dellambito statuale che si riscontrerebbe in Hegel21, appartengono a un bendiverso orizzonte teorico-politico. Nondimeno, possibile trovare in Gentile alcuniconcetti olistici ad esempio quello della tradizione nazionale e popolare22 o quellodella inscindibilit tra poesia e non poesia (o struttura) nel poema dantesco 23 cheritroveremo in Gramsci. E il reciproco confronto fra lattualismo e la filosofia dellapraxis si faceva avvertire, forse, anche quando Gentile si serviva a sua volta di nozionitipicamente materialistiche: ad esempio, nel definire lo spirito come auto-

    produzione24.

    21 Cfr. F. Valentini, La controriforma della dialettica. Coscienza e storia nel neoidealismo italiano, Roma, EditoriRiuniti, 1966, pp. 126-128.

    22 Ivi, p. 129.23 Cfr. G. Gentile, La filosofia dellarte, Firenze, Sansoni, 1937, pp. 126-127.24 Cfr. G. Gentile, La filosofia dellarte, cit., p. 55. Sul confronto con Croce e Gentile,

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    Nel far propria la definizione crociana della filosofia come momento metodologico dellastoriografia (conferendole una maggiore coerenza), Gramsci sembrava tuttavia sensibileanche alle critiche anticrociane di Gentile25. In specie, pot influire sulle riflessionigramsciane la critica che Gentile aveva mosso ai distinti crociani 26. Per Gramsci, ladistinzione tra le forme o tra i gradi era davvero metodologico-filosofica, noneffettualmente storico-concreta, e quindi immediatamente certificabile in sedestoriografica. Ad esempio, nel riferirsi alla riforma intellettuale e morale, egli tendeva asfumare, infatti, anche la distinzione tra i due aspetti della riforma, distinzione che forsegli richiamava troppo manifestamente i vecchi dualismi psicologico-metafisici traintelletto e volont, o tra teoresi ed eticit.

    In Croce, anche la volont politico-statuale era stata identificata con leconomico (o

    grado dellutile, del vitale, della forza), mentre ai valori etici erano stati accostatialcuni elementi di quel che per Gramsci costituiva la societ civile 27. Solo in una fasesuccessiva Croce nellasua opera storiografica in specie aveva accennato a scindere la(storia) politica in due distinti aspetti, dei quali luno restava confinato nella sferaeconomica e laltro era assegnato alla sfera etica, allora appunto denominata etico-politica. In una nota del quaderno 6 sembra che Gramsci si accostasse a Croce perch anchegli distingueva tra societ civile e societ politica o Stato in sensostretto contro Gentile, il quale invece aveva teorizzato la loro identificazione 28. Ma ladistinzione tra societ civile e societ politica egli affermava metodica, nonorganica29. E inoltre rovesciava il rapporto posto dal primo Croce tra societ politica esociet civile, rapporto che da Croce era stato assimilato a quello tra il grado economico

    inferiore e il superiore grado etico: per Gramsci, la societ politica (o lo Stato in sensostretto) costituiva, al contrario, il momento superiore, nellambito di una nozioneallargata dello Stato (cio comprendente o implicanteanche la societ civile); la societpolitica era egemonia corazzata di coercizione30, ovvero era il luogo in cui la forzarisultava sottomessaallegemonia.

    Se per Gramsci la politica-partito, inscritta nella societ civile, configurava unattivitetica pi elementare, la politica-Stato esprimeva invece unattivit etica di livellosuperiore perch dotata di organicit e di sistematicit (di universalit e ditotalit). Ma allora linterpretazione dei testi gramsciani che attribuisce allo Statonientaltro che luso della forza o coercizione e alla societ civile (quindi al partito) il

    cfr. anche M. L. Salvadori, Gramsci e il Pci: due concezioni dellegemonia, in Mondoperaio, n. 11,1976. Nel dibattito su egemonia e pluralismo, si distinguono i contributi di N. Bobbio (Quale socialismo,Torino, Einaudi, 1976) e il quaderno diMondoperaio dedicato a Il marxismo e lo Stato.

    25 Quaderni del carcere, cit., p. 1429.26 Si veda, ad esempio, in La filosofia dellarte, cit., pp. VIII, 43-44, 49-51 e 369-372.27 Gramsci rovescia nei Quaderni dir tra poco il rapporto posto da Croce tra societ

    politica e societ civile: cfr. R. Finelli, in op. cit., p. 212. Negli scritti giovanili, invece, riteneva ancorache lordine politico dovesse modellarsi su quello sociale, anzi sulla disciplina di fabbricamodernizzata. Su questultima e sul suo significato progressivo in Gramsci si impegna A. Burgio, inAa. Vv., Gramsci e la rivoluzione in Occidente, cit.

    28 Quaderni, cit., p. 691.29 Ivi, p. 1590. Ma in questo testo di seconda stesura laffermazione meno perentoria (e pi indiretta)

    che nel corrispondente testo di prima stesura del quaderno n. 4, ove leggiamo: Ma in realt questadistinzione puramente metodica, non organica e nella concreta vita storica societ politica e societ

    civile sono una stessa cosa (ivi, p. 460).30 Ivi, p. 764; il corsivo mio. Il rapporto tra i due momenti non pi riducibile a quello tra

    spontaneit e disciplina.

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    ricorso al consenso o allegemonia, uninterpretazione che o fraintende e capovolge ildivario realmente postulato da Gramsci tra Stato e societ civile (in particolare, tra Statoe partito) o, pi verosimilmente, coglie in Gramsci una contraddizione irrisolta,derivatagli dalle tracce della teoria, marxiana e crociana, dello Stato-forza (e dai ruderidellincauta previsione, marxiana, di un incipiente deperire o dissolversi dello Stato nellasociet).

    3. Il circolo della filosofia della prassi.A volte, Gramsci tendeva dunque a relegare nella parte caduca, perch pi

    palesemente speculativa, del pensiero di Croce la dialettica delle forme distinte. Inrealt, tendeva a modificare profondamente, non a rigettare, la problematica crociana

    delle forme. Infatti, era per lui necessario restituire piena legittimit a taluni gradi oforme inferiori che lidealismo ignorava o deprezzava e concepire il circolo comeun movimento svolgentesi tra natura e spirito, non soltanto nello spirito, tra formepopolari e forme auliche della vita spirituale, non soltanto tra queste ultime (bench ilmovimento possa risultare un innalzarsi della natura a spirito e della spiritualitpopolaresca dimessa o disgregata a spiritualit coerente o sistematica). Peraltro, quelmovimento non un disincarnato trapassare delle forme luna nellaltra, ma uncondizionatamente umano agire da e per mezzo di una forma sulle strutture e sullemodificazioni dellaltra: se vero che in principio era lazione, la prassidegli uomini(singoli o associati) ancora e sempre mediatrice, e risolutrice, delle trasformazioni cheavvengono nel reale e nelle sue forme.

    Il circolo crociano della vita spirituale quadripartita, con il suo ruotare sempre nelmedesimo verso, diveniva in Gramsci una figura pi complessa: diveniva per cos dire un quadrilatero nel quale ogni vertice entrava in rapporto di interazione circolarecon ciascun altro. Quali erano, per Gramsci, le distinzioni metodologiche fondamentali?Il principio (riformatore) intellettualee quello morale interagiscono certamente tra loro.Ma, prima ancora (in via principale), essi interagiscono rispettivamente con l economico-

    produttivo e con leconomico-sociale, ossia con le due corrispondenti modalit dellastruttura.

    Lideale gramsciano collocava la riforma intellettuale entro un ordinamentoeconomico-produttivo riformato nel quale avrebbero potuto emergere nuove categorie ditecnici, in quanto intellettuali organici alla produzione, e affermarsi, per un processo

    intensivo di emancipazione culturale del lavoro, nuovi operai o lavoratori manualitrasformati essi stessi in tecnici o in dirigenti. Sia pure attraverso la fase di una routinefordista e taylorista, avrebbero potuto prodursi effetti di indiretta liberazione dellamente e del pensiero rivoluzionario (resi possibili proprio dalla ripetitivit meccanicadelle nuove operazioni manuali). Un tale rivolgimento avrebbe fatto un tuttuno con ilradicarsi nel mondo del lavoro di una nuova coscienza filosofica individuale identificabile con la stessa, rinnovata, filosofia della praxis e di una nuova,corrispondente visione storica.

    Similmente, la riforma morale sarebbe possibilmente scaturita dalla decisionedellintellettuale collettivo, e pi in generale delle masse, di innalzarsi dalleconomico-sociale, che Gramsci designava nei Quaderni come economico-corporativo, forse

    ripensando ai limiti storici della nostra formazione nazionale, dai Comuni fino alRisorgimento incompiuto; di innalzarsi al superiore livello che, con espressionecrociana, Gramsci denominava etico-politico. E sarebbe per tal via conquistata una

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    universalit umana materiata, non esangue ed evasiva come nel cosmopolitismodellintellettualit italiana tradizionale.Pu esserci riforma culturale e cio elevamento civile degli strati depressi della

    societ, senza una precedente riforma economicae un mutamento nella posizione socialeenel mondo economico? Perci una riforma intellettualee moralenon pu non essere legataa un programma di riforma economica, anzi il programma di riforma economica appunto il modo concreto con cui si presenta ogni riforma intellettuale e morale 31. Hosottolineato con il corsivo, nelle parole di Gramsci, il quadrilatero non crociano, anzianti-crociano, costituito da economia e societ, per un verso, (riforma) intellettuale emorale, per laltro; ma rinsaldato e bloccato dai vincoli circolari tra nuovi processieconomico-produttivi e nuove figure di intellettuali-specialisti, da un lato, tra

    rivendicazioni sociali-corporative e istanze etico-politiche, dallaltro.Allidealismo crociano e gentiliano Gramsci obiettava il carattere fondativo eprimigenio dellelemento strutturale o materiale; al marxismo tradizionale, o almarxismo volgare, egli opponeva invece la funzione attiva delle superstrutture.Giova forse qui ricordare che il suo pensiero, per quella rivalutazione delle funzionisovrastrutturali, si ritrover in relativa sintonia, nella seconda met di questo secolo, conindirizzi diversi dal suo, in specie con alcuni orientamenti post-strutturalisti. Valga, atitolo di esempio, un libro di M. Godelier, Lideale e il materiale, dove lautore osserverdi sfuggita, che infrastruttura e sovrastruttura traducono male i termini Grundlage eberbau impiegati da Marx. Lberbau la costruzione, ledificio che si eleva sullefondamenta, Grundlage. Ma nella casa che si vive, e non nelle sue fondamenta.

    Pertanto, lungi dal ridurre le sovrastrutture a una realt impoverita, una diversatraduzione di Marx avrebbe potuto mettere laccento sulla loro importanza32.La sorte di impersonare il marxismo volgare non del tutto meritata per Bucharin.

    Certo, nonostante la profonda avversione di Gramsci allimpianto complessivo del Testopopolaredi Bucharin, vi sono indubbie affinit tra i due per quanto riguarda la distinzionetra diversi livelli nellambito della superstruttura e la concezione del rapporto tra quelche Gramsci denominava senso comune e quelle che egli definiva sovrastrutturecomplesse, tra la filosofia dei semplici e la filosofa sistematica 33. Anche Bucharinsegnalava la frammentariet del pensiero comune34: scienza e arte egli affermava sistemano, rispettivamente, i pensieri isolati in concetti rigorosi e i sentimenti confusi inimmagini. Egli denominava ideologia il sistema dei pensieri, dei sentimenti o delle regole di

    condotta (norme); denominava invece, con espressione plechanoviana, psicologia sociale ipensieri non sistematizzati o poco sistematizzati35: la psicologia sociale sarebbe unserbatoio in cui si depositano i cristalli delle ideologie e queste sarebbero coaguli diquella36.

    Gramsci, accanto alle componenti conservatrici del senso comune, metteva in rilievo(con Marx) la possibilit e anzi la prevedibilit di un nuovo senso comune (nonsoltanto, dunque, di una nuova filosofia) che potesse radicarsi nella coscienza popolare

    31 Quaderni del carcere, cit.,p.l561.32 Cfr. M. Godelier, Lideale e il materiale. Pensiero, economie, societ, trad. it., Roma, Editori Riuniti, 1985, p.

    16.33 Si veda ad esempio in N. I. Bucharin, La teoria del materialismo storico. Testo popolare della sociologia marxista,

    a cura di G. Mastroianni, Milano, Edizioni Unicopli, 1983, pp. 231-232.

    34 Ivi, p. 254.35 N. I. Bucharin, op. cit., p. 253 e, sul concetto di psicologia sociale, p. 255.36 Ivi, p. 262.

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    con la stessa saldezza e imperativit delle credenze tradizionali37

    . La riformaintellettuale e morale poteva attuarsi, secondo lui, in ciascuno dei due livelli e nel lororapporto reciproco. Una corretta cognizione del rapporto tra senso comune e filosofia(o scienza), come livelli diversi di attivit intellettiva, presupponeva la storicit etransitoriet dello stesso vero filosofico o scientifico e rifiutava la (buchariniana)contrapposizione sociologico-metafsica tra una presunta sovratemporalit della veritscientifica il cui modello sarebbe attinto esclusivamente dalle scienze naturali e lacaducit dei pregiudizi popolari38. Una tale concezione eternizzante del vero scientificocontrastava, peraltro, con la (altrettanto erronea) convinzione buchariniana secondo laquale i progressi del sapere sarebbero causati, essenzialmente, dallo sviluppo delletecniche materiali e vincolati al loro storico avvicendarsi39.

    Noi conosciamo la realt solo in rapporto alluomo. Oggettivo significa sempre"umanamente soggettivo", ci che pu corrispondere esattamente a "storicamentesoggettivo", cio oggettivo significherebbe "universale soggettivo". Pertanto, la lottaper loggettivit la stessa lotta per lunificazione culturale del genere umano. E pur

    vero, a tale riguardo, che la scienza naturale, o meglio la scienza sperimentale, finoraquella in cui una tale unit culturale ha raggiunto il massimo di estensione 40. La regolasoggettivistica in quanto storicistica vale, a maggior ragione, quando si tratti della

    previsionescientifica: prevedibile soltanto la lotta, non il suo risultato, giacch il risultatodipender dalle contrastanti azioni (e relative previsioni) dei soggetti umani41.Storicismo assoluto e filosofia della praxis sono in Gramsci saldamente correlati42.

    La versione gramsciana dello storicismo ci conduce, da un lato, al complesso rapporto

    che intercorre tra Gramsci e la filosofia speculativa del neoidealismo crociano ogentiliano, dallaltro, attraverso la critica della vulgata buchariniana, allareinterpretazione del marxismo come filosofia della prassi. In altri paesi, altri indirizzineomarxisti hanno posto al centro della loro riflessione il concetto di praxis. M.Markovic, uno dei pi autorevoli tra i marxisti jugoslavi che si radunavano attorno allarivista Praxisdi Zagabria, ha affermato: le cose esistono indipendentemente da noi, manoi le conosciamo quali sonoper noi, cio nel loro essere modificate dalla pratica umana.Noi possiamo conoscere solo ci che in qualche modo entra in rapporto pratico con noi(e possiamo conoscerlo attraverso la mediazione pratica). Quando i risultati dellazionepratica coincidono con le predizioni derivate da una teoria data, allora la teoria trulyrefers to a real object, anche se consta di astratte relazioni matematiche o altre 43. A

    directly known object is what I am direc-tly aware of in the course of a successfullpractical experience [...]. Or [...] is that which is signified by an objective symbol in theprocess of a successfull practical experience44.

    Nel suo libro Filosofia de la praxis, interpretando le Tesi su Feuerbachdi Marx, A. SnchezVzquez45 ha sostenuto che in esse la prassi dapprima fondamento (Tesi I), quindi

    37 Cfr. A. Gramsci,Quaderni del carcere, cit., p. 1400.38 Ivi, pp. 1402 e 1404.39 Ivi, p. 1420.40 Ivi, pp. 1415-1416.41 Ivi, p. 1403.42 Ivi, p. 1437.43 M. Markovic, Dialectical theory of meaning, Dordrecht-Boston-London, D. Reidel Publ. Co., 1984, pp.

    20-21.44 Ivi, p. 65.45 Cfr. A. Snchez Vzquez, Filosofia de la praxis, Mxico-Barcelona-Buenos Aires, 1980, pp. 153.

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    criterio di verit (Tesi II) e infine scopo della conoscenza (Tesi IX). La prassicome attivit umana cosciente che modifica il reale dapprima condizione causaleoggettiva (fondamento) del conoscere: gi Vico aveva affermato che luomo conoscesolo quel che egli stesso fa, e conosce perch fa (cognoscimus quia fecimus).Ma ecco che ilrapporto tra il fare e il conoscere si rovescia. La prassi, aggiungiamo da parte nostra,diviene scopo della conoscenza, gi quando la conoscenza si prefigge di conseguire unaprassi, per cos dire, ancora interna alla conoscenza stessa: la prassi sperimentale.Questa uno scopo del sapere scientifico nel senso che in essa il sapere scientificoconsegue il suo valore di verit, o meglio di validit, anche se la sua validit non siidentifica immediatamente con il suo successo pratico-utilitario, come pretenderebbe uncerto pragmatismo vicino a James. Infine, lo scopo conclusivo della scienza (e della

    stessa prassi sperimentale scientifica) una nuova prassi esterna alla scienza. Il diveniredel mondo (esterno), che era il fondamento o la condizione causale oggettiva dellascienza ne costituisce ora lo scopo, la finalit (interna ed esterna). La conoscenza ora ilfondamento della prassi.

    Nella tradizione italiana instaurata da Vico, scrive De Giovanni46, il concetto marxianodella praxis si ritrova, variamente interpretato, in Labriola, in Gentile, in Mondolfo,prima che nello stesso Gramsci. Mondolfo forse per primo adoper lespressionefilosofia della praxisper indicare la posizione caratteristica del Marx e la premessa ditutta la concezione che egli ha della storia47; ma si rese responsabile di unfraintendimento clamoroso, insieme con Gentile, il quale tradusse con praxis che sirovescia il concetto di prassi rivoluzionaria (Umwlzende Praxis) incontrato nella

    versione engelsiana della terza Tesi suFeuerbach di Marx

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    . E tuttavia, quellerrore nellatraduzione contiene anchesso, a mio modesto avviso, un barlume di verit ermeneutica(bench non certo filologica), se ci lecito attribuire a Marx la convinzione secondo laquale, non solo leducatore devessere educato, ma pi in generale lazionecondizionatrice che la prassi produttiva e quella sociale esercitano sulla scienza e sullacoscienza degli uomini si rovescia nella capacit della scienza, e della coscienza sociale,di operare attivamente sullo stesso mondo della prassi, di suscitare una nuova prassi e ditendere cos, per lappunto, alla trasformazione del mondo. La concezione dellascienza (delloggettivit scientifica) che Gramsci fa propria devessere letta in quelcontesto e alla luce di quella problematica idealistica di remota origine vichiana.

    Un passo gramsciano che ho citato prima si conclude cos: il programma di riforma

    economica appunto il modo concreto con cui si presenta ogni riforma intellettuale emorale. In queste parole il criterio gentiliano della prassi davvero si rovescia: ilconcreto collocato l dove Gentile collocava lastratto ( collocato nella materialit deirapporti economici e sociali, nella scienza applicata e strumentale) e viceversa lastratto nellelemento intellettuale o morale (riguardato da Gentile, invece, come un concretoche atto puro, purezza partenogenetica-mente autoriproducentesi di pensieri o di

    volont).

    46 Marx e la costituzione della praxis, Bologna, Cappelli, 1984, pp. 9 e 14-15.47 Cfr. il saggio del 1909 su Feuerbach e Marx, in R. Mondolfo, Umanismo di Marx. Studi filosofici 1908-

    1966, Torino, Einaudi, 1968, p. 9. Su Mondolfo e il rovesciamento della praxis, si veda tra gli altri E.Garin, Storia della filosofia italiana, v. III, Torino, Einaudi, 1966, pp. 1328-1329.

    48 Lo ricordava Valentino Gerratana (cfr. Marxismo e cultura italiana del Novecento, in Critica marxista,n. 6, 1986), rifacendosi a un saggio del 1973 di Luporini incluso nella einaudiana Storia dItalia(Documenti).

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    Nuove ricerche sul lessico gramsciano potrebbero, a mio parere, mettere in lucealcuni schemi sottesi alle pagine dei Quaderni e alcune esigenze di maggior coerenzasistematica in essi latenti, bench non sempre esplicitate dalle formulazioni letterali che

    vi troviamo. I termini lessicali pi rilevanti sono generalmente proposti in coppie (obinomi) e secondo il principio delle opposizioni polari. La polarit tra struttura esuperstruttura pu considerarsi lopposizione sincronica pi generale tra due aree(verticalmente) sovrapposte di tutta la prassi umana. Nella prassi strutturale, abbiamoosservato, si dispiegano gli interessi economico-corporativi. In quella superstrutturale, sipongono i compiti (della riforma) intellettuale e morale. Sequenze orizzontali sonoadombrate, per la struttura, nel passaggio dagli interessi economici (in quantoproduttivi) agli interessi corporativi (in quanto sociali) e, per la superstruttura, nel

    passaggio dallelemento intellettuale (o culturale) al morale (o istituzionale). Lapolarit sincronica tra vita e forma riformula la prima, pi generale, opposizionearticolandola nelle due coppie, verticalmente sovraordinate, di una vita produttiva versusuna forma culturale e di una spontaneit sociale versus una disciplina istituzionale.

    Si considerino la spontaneit e la disciplina, pi spesso riferite, rispettivamente, allespinte corporative (o ai movimenti sociali) e alle norme morali (o alle regoleistituzionali). Il Gramsci della maturit supera le proprie propensioni giovanili aprivilegiare unilateralmente la spontaneit (o la sincerit: ad esempio, nel poetare onel recitare in teatro) e pone invece laccento su un concetto pi articolato ecomprensivo di disciplina come direzione consapevole delle forze spontanee oelementari. Nella sua rivalutazione della disciplina, Gramsci si distanzia da un

    naturalismo tardoromantico che forse ha in Nietzsche il suo involontario ispiratore: perGramsci non valgono n la incondizionata liberazione delle passioni, inseguita dalpensiero libertino, n la geometria, o meccanica, spinoziana nei suoi corollari pratici(lordine civile e morale farebbe agire positivamente alcune passioni contro altre), ma

    vale il criterio della catarsi, secondo il quale, al livello della responsabilit etica, lepassioni debbono essere trascese, sublimate per cosi dire , e insieme conservate nellaloro forma sublimata.

    Se la disciplina morale si identifica, secondo Gramsci, con il momento etico-politico,il campo etico-politico si polarizza a sua volta in una serie di opposizioni orizzontali(diacroniche) che si traducono anche in opposizioni verticali (sincroniche): politica comecoercizionemediante laforzache, sul versante opposto, si fa conquista del consenso in virt

    di egemonia; strategia (politica) come guerra di movimento (Oriente) che, sul versanteopposto, si fa guerra di posizione(Occidente). Queste ultime opposizioni si presentanoanche nel passaggio, ancora diacronico, dal principe al moderno principe. Il modernoprincipe, in quanto sinonimo del partito politico, si oppone a sua volta sincrnicamenteallo Stato politico e, in quanto elemento costitutivo di una nozione pi ampia, la nozionedi societ civile, si oppone alla societ politica. Ma societ civile e societ politica si ritrovanoentro la sfera etica, ricomprensiva di entrambe, c