TMCA I - 05 - Polimeri -...

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182 MATERIALI POLIMERICI I materiali polimerici sono formati da numerose unità ripetitive (chiamate monomero) legate chimicamente tra loro. n CH 2 =CH 2 (-CH 2 -CH 2 -) n Monomero: Etilene Polimero: Polietilene n = grado di polimerazione

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MATERIALI POLIMERICI

I materiali polimerici sono formati da numerose unità ripetitive (chiamate monomero) legate chimicamente tra loro.

n CH2=CH2 → (-CH2-CH2-)n

Monomero: Etilene Polimero: Polietilene n = grado di polimerazione

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I monomeri vengono polimerizzati tramite una reazione a catena innescata da un iniziatore radicalico e che avviene secondo tre fasi: Iniziazione:

OR 2 ROOR

2222 HCCHORCHCH OR Propagazione:

22222222 HCCHCHCHORCHCHHCCHOR Terminazione:

ROCHCHORHCCHCHCHOR 2 4222222

La struttura dei polimeri è quindi formata da molte catene di lunghezza differente e quindi di peso molecolare differente.

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Esisterà perciò una distribuzione dei pesi molecolari ed un peso molecolare medio:

i

iim x

MxM

mM = peso molecolare medio del polimero Mi = peso molecolare di ogni singola catena Xi = frazione ponderale

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Tra le catene coesistono deboli legami secondari che permettono la loro compattazione. Inoltre si possono formare ramificazioni laterali che diminuiscono l’impacchettamento delle catene e favoriscono la formazione di una struttura non cristallina. Le ramificazioni quindi indeboliscono i legami secondari tra catene e abbassano la resistenza meccanica.

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I copolimeri sono formati da catene polimeriche costituite da due o più unità ripetitive chimicamente differenti disposte con sequenze differenti (p. es. ABS = acrilonitrile, butadiene e stirene). Si distinguono copolimeri casuali, statistici, a blocchi ed a innesto.

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La presenza di un sostituente (nell’esempio in figura il CH3) definisce l’isomero isotattico (sostituente sempre dalla stessa parte, caso b), quello sindiotattico (sostituente alternativamente dalla una parte e dall’altra: caso c) oppure quello atattico (casuale, caso a)

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La cristallinità dei polimeri dipende dalla disposizione delle singole catene e dall’ordine delle catene tra loro.

La lunghezza massima delle regioni cristalline (detti cristalliti) è in genere compresa tra i 5 ed i 50 nm, ovvero una piccola percentuale della lunghezza di una macromolecola estesa che può raggiungere 5000 nm. Un primo modello per la struttura cristallina dei materiali polimerici è quello a micelle frangiate che prevede lunghe catene disposte in successione di regioni ordinate e disordinate per tutta la lunghezza della molecola polimerica.

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Un altro modello è quello della catena ripiegata che rappresenta spezzoni delle catene molecolari ripiegati su se stesse in modo da formare regioni cristalline (pacchetti o lamelle) e non cristalline. Le zone amorfe sono schematizzabili mediante un gomitolo casuale.

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Il grado di cristallinità nei polimeri lineari, varia tra il 5 ed il 95% del loro volume totale. Anche con polimeri altamente cristallizzabili non si può ottenere una completa cristallizzazione a causa delle sovrapposizioni delle molecole. La percentuale di cristallinità influenza le proprietà meccaniche, nel senso di un aumento di resistenza con l’aumento del grado di cristallinità.

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Il comportamento dei polimeri è molto particolare in quanto formano dei liquidi ad elevata viscosità cristallizzabili con difficoltà. Esistono dei polimeri dalla struttura molecolare talmente irregolare da non poter cristallizzare. A bassa temperatura i liquidi non cristallizzabili, formano dei vetri che conservano la struttura disordinata dei liquidi (assenza di ordine a grande distanza). Nei liquidi cristallizzabili, il passaggio dallo stato solido cristallino è segnato da una variazione marcata e discontinua del volume del sistema ed il passaggio avviene ad una temperatura di fusione Tm ben determinata. Nel caso dei polimeri la transizione solido-liquido è molto meno marcata. Quando si abbassa la temperatura di un polimero liquido non cristallizzabile, i tempi di riadattamento per la formazione dei cristalliti, sono molto grandi (al punto di diventare infiniti) a causa delle dimensioni delle catene polimeriche.

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L’allungamento del tempo di riadattamento si accompagna ad una diminuzione del volume specifico e permette di definire una temperatura di transizione vetrosa (Tg), alla quale il polimero perde le proprietà del liquido (come quella di scorrere) e diventa rigido e fragile come un solido vetroso.

Alla temperatura di transizione vetrosa la struttura dello stato liquido si fissa bloccando i movimento delle catene.

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La temperatura di transizione vetrosa non è un punto rigorosamente definito come la temperatura di fusione, ma dipende dalle condizioni di raffreddamento che vengono utilizzate.

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I polimeri possono essere divisi in tre classi: termoplastici, termoindurenti ed elastomeri. Termoplastici: Richiedono l’intervento del calore per essere formati e dopo raffreddamento mantengono la forma in cui sono stati modellati. Possono essere ulteriormente riscaldati e rimodellati in nuove forme mole volte. Sono formati da catene principali molto lunghe e le interazioni tra le catene avvengono tramite legami secondari. Sono termoplastici il poli-etilene, il poli-propilene, il poli-vinil cloruro (PVC) il nylon.

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Termoindurenti: Una volta modellati in una forma, vengono reticolati ed induriti attraverso una reazione chimica (attivata dall’aumento della temperatura) ed il loro successivo riscaldamento non permette di rimodellarli, ma provoca il degrado e la decomposizione. La maggior parte dei polimeri termoindurenti è formata da una rete di atomi di carbonio legati in modo covalente per formare un solido rigido. Esempi tipici di polimeri termoindurenti sono le resine fenoliche, le resine epossidiche e quelle poliestere. Elastomeri: Sono materiali polimerici le cui dimensioni possono variare enormemente sotto sforzo e poi ritornare ai valori originali quando lo sforzo viene rimosso. Esempi tipici sono la gomma naturale, il poliisoprene e la gomma stirene-butadiene. Per migliorare le prestazioni meccaniche degli elastomeri, viene effettuato un processo di reticolazione mediante “ponti” di zolfo detto vulcanizzazione. Il processo ha lo scopo di limitare i movimenti molecolari.

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Comportamento meccanico dei polimeri Il comportamento meccanico dei polimeri è fortemente influenzato dalla temperatura, come evidenziato dalla variazione del modulo elastico in funzione della temperatura.

In genere i polimeri sono materiali viscoelastici. La viscoelasticità dipende dalla anisotropia del campo di forze inter ed intramolecolare provocato dalla presenza di legami deboli tra le catene rispetto ai legami covalenti della struttura della catena.

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Per questo motivo il valore del modulo elastico cambia al passare del tempo di applicazione del carico. Normalmente il modulo viene misurato dopo un tempo di 10 secondi dall’applicazione del carico. Di norma si osserva una rapida variazione del modulo vicino alla temperatura di transizione vetrosa, poi un successivo rallentamento (plateau gommoso) ed un ulteriore aumento quando ci si avvicina alla temperatura di fusione. La curva b riporta la stessa curva per un polimero parzialmente cristallino.

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La curva sforzo-deformazione è fortemente influenzata dalla temperatura e può avere un comportamento duttile o fragile a seconda che ci si trovi al di sopra o al di sotto della temperatura di transizione vetrosa. La deformazione è caratterizzata dallo stiramento dei legami covalenti. Superato il carico di snervamento le catene cominciano a scorrere tra loro, attraverso la rottura e la riformazione dei legami secondari. L’applicazione del carico provoca lo stiramento delle catene che si allineano tra loro.

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La zona centrale, dove si verifica di preferenza questo allineamento e dove si manifesta una strizione, diventa un punto di forza del provino che manifesta quindi una resistenza meccanica superiore rispetto al resto del provino. In questo modo la strizione si propaga a tutto il provino. Quando una percentuale significativa delle catena si è stirata, incominciano a rompersi i legami primari ed i provino velocemente arriva a rottura.

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