The Italian Job: 1895 - 1898

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1895 - 1898 THE ITALIAN JOB

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Un viaggio lungo più di cent'anni per ripercorrere la storia del Calcio italiano. Dal primo campionato del 1898 fino ai giorni nostri. Storie, aneddoti e statistiche di ogni campionato: l'opera più completa da collezionare!!

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Un viaggio lungo più di cent'anni per ripercorrere la storia del

Calcio italiano. Dal primo campionato del 1898 fino ai giorni

nostri.

Storie, aneddoti e statistiche di ogni campionato: l'opera più com-

pleta da collezionare!!

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Sommario

Introduzione 4

CAPITOLO I - Arriva il pallone…

Edoardo Bosio e gli albori del calcio Italiano 6

Francesco Gabrielli ed il primo Regolamento 8

I primi tornei: 1896 – 1898 13

La nascita della Federazione Italiana Foot-Ball 19

CAPITOLO II - Il primo campionato: 8 maggio 1898

Il primo campionato di calcio: 8 maggio 1898 22

Il Genoa campione 25

Ritratto di un capitano: James Spensley 30

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Introduzione

Le due figure importantissime di Edoardo Bosio e di Francesco Gabrielli, i veri "padri" del

calcio italiano.

La creazione, proprio da parte del prof. Gabrielli, del primo Regolamento ufficiale.

I primi tornei che danno la spinta verso quello che sarà il primo campionato nazionale, pro-

prio all'indomani della nascita della Federazione Italiana Foot-Ball, ovvero l'antenata

dell'attuale FIGC.

E poi, esattamente l'8 maggio 1898, nell'arco di una giornata sola, prende il via il primo

campionato di calcio italiano.

Quattro squadre ai blocchi di partenza, tantissima euforia ed il primo trionfo per un Genoa

destinato a dominare negli anni a seguire.

Tante piccole, grandi storie, a partire da quella del Capitano e uomo simbolo di quel Grifo-

ne: James Spensley.

Un viaggio lungo tre anni tra il 1895 ed il 1898 per non perdersi i primi passi del calcio in

Italia.

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Arriva il pallone…

CAPITOLO

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Edoardo Bosio e gli albori del calcio Italiano

e si esclude il Calcio Fiorentino, conosciuto anche come Calcio in livrea o Calcio in

costume, un’attività sportiva più simile al rugby di cui si hanno notizie già sul finire

del Quattrocento, si può affermare che il football in Italia vide la luce sul finire

dell’Ottocento grazie, soprattutto, ad un certo Edoardo Bosio.

Ma chi era Edoardo Bosio?

Nato a Torino nel 1864, Bosio può essere definito sicuramente

il “padre” del calcio in Italia. Dopo essersi diplomato come ra-

gioniere viene assunto dalla ditta inglese Thomas & Adams, di

Nottingham, che opera in campo tessile. E’ un grande sportivo,

ed il canottaggio è sicuramente l’altra sua passione come di-

mostra la sua partecipazione a diverse regate con la Società

Canottieri Armida; di lui parla così la “Gazzetta del Popolo

delle Domenica” del 14 giugno 1891:

“Il signor Bosio Edoardo, 3° voga, partecipò col Nicola alle re-

gate di Venezia e Casale, vincendo nelle prime il 2° premio in

canoa e il 1° in jola alle seconde. Nel 1888 a Torino, partecipò alle gare di canoa a quattro e

a due, vincendo i primi premii. Partecipò alla gara della Coppa alle regate di campionato a

Stresa. Ha 24 anni, pesa 72 chilogrammi, misura metri 1,81 d’altezza.”

La sua importanza all’interno della Canottieri Armida si rivela subito importante in quanto,

poco dopo diventa Direttore Sportivo della società stessa. Ma è soprattutto l’esperienza di

lavoro in Inghilterra, che gli permette di entrare in contatto con l’atmosfera tipicamente

anglosassone già contagiata dal football, a cambiare per sempre la

sua storia.

Di ritorno dalla terra di Albione, con un pallone di cuoio (novità

pressoché assoluta nel nostro Paese) e la determinazione necessa-

ria per dar vita al “movimento calcio” anche in Italia, decide di

fondare, insieme ad alcuni colleghi d’oltre Manica, la prima società

calcistica italiana.

E’ il 1887 quando prende vita il Torino Cricket & Football Club,

una società che pratica il canottaggio d’estate ed il calcio

d’inverno. La divisa ufficiale prevede: camicia a strisce verticali

rosse e nere con colletto bianco, berretto in testa e calzoni lunghi.

S

EDOARDO BOSIO

LA CANOTTIERI ARMIDA

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Da qui in poi il gioco del calcio inizia a prendere piede in Italia e le società iniziano a molti-

plicarsi. Varie fusioni portano a formare società nuove come l’Internazionale Football Club

di Torino o Internazionale Torino, nata dalla fusione tra il Torino Cricket Football Club ed

il Nobili Torino, formazione piemontese capeggiata dal Duca degli Abruzzi e composta da

giovani nobili. Più tardi ecco la comparsa del Football Club Torinese, ma la passione per

questo nuovo sport esce dai confini piemontesi toccando città come Genova, Udine, Milano e

Roma.

Un discorso a parte lo merita l’appellativo di “prima squadra di calcio italiana”. La maggio-

ranza degli esperti associa questo appellativo al Genoa.

Nato il 7 settembre 1893, il Genoa Cricket and Footbal Club, è la squadra con “l’attestato

di nascita” più antico del nostro calcio. Tuttavia si sprecano i dibattiti sulle varie società

nate, soprattutto tra Torino e dintorni, in quegli anni. In effetti, come abbiamo visto, di-

verse società sono state fondate tra il 1887 ed il 1893, ma nessuna di queste si occupava

solamente di calcio, erano per lo più delle polisportive e questa è la discriminante che va a

favore del Genoa.

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Francesco Gabrielli ed il primo Regolamento

l gioco del calcio in Italia inizia ad espandersi sempre di più e diventa necessario re-

golamentare questa nuova disciplina sportiva. Tra il 1895 ed il 1896, quindi, appare il

primo regolamento sul calcio, sulla spinta di Francesco Gabrielli, altro personaggio

fondamentale nella storia del football italiano.

Francesco Gabrielli nasce a Bologna nel 1857 ed all’età di diciannove anni si trasferisce in

Polesine, dove poi rimane ad insegnare ginnastica per ventitré anni nelle scuole di Rovigo e

dintorni.

Al pari del già citato Edoardo Bosio, Gabrielli è considera-

to uno dei padri del calcio nostrano; ma non solo, visto che

al termine del XIX secolo è considerato anche uno dei più

grandi studiosi di educazione fisica e sport al pari di De

Coubertin, Schmidt, Pecile e Mosso, il primo italiano della

storia a far parte del CIO. Studioso, educatore e divulga-

tore del nuovo “movimento calcistico” in Italia, sfrutta an-

che le sue conoscenze estere, soprattutto la lingua tede-

sca, per promuovere il metodo della Football Association,

inserendola addirittura nelle scuole di Rovigo già a partire

dal 1983, ed affiancandosi così alla corrente inglese già

presente nelle zone di Genova e Torino.

Il primo regolamento completo sul gioco del calcio nasce

nel 1895, stampato dalla casa editrice Hoepli di Milano e si intitola: “Giuochi Ginnastici”.

Il prof. Gabrielli apre la sua opera facendo risalire il football agli antichi giochi con la palla

di greci e romani, arrivando poi fino al Calcio Fiorentino. Innanzitutto indica

nell’Association e non nel Rugby la prosecuzione naturale di questo percorso, in quanto pre-

senta meno violenza. Il primo aspetto su cui ci si sofferma nell’opera è il “campo dei giuo-

chi”: entrando nello specifico, lo spazio di gioco prescelto va delimitato con paletti, bandie-

rine, solchi o strisce di gesso; il campo non è del tutto identico a quello degli inglesi

dell’International Board, in quanto entrano in gioco le esperienze dirette maturate nella sua

Rovigo, oltre alle influenze passate del Calcio Fiorentino.

Il regolamento illustra precise misure, traslate dalle iarde inglesi ai centimetri europei, e

leggermente arrotondate: 110x74 metri è la misura, identica a quella adottata

dall’International Board per le gare internazionali, del terreno, preferibilmente un prato;

dei paletti che intersecano le linee di fondo e di fallo segnalano i quattro angoli; appaiono

I

FRANCESCO GABRIELLI

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altre linee come quelle di punizione di rigore, del mezzo che divide i due “compartimenti” e

del principio del gioco; infine il centro del campo è segnato, ma a differenza del regola-

mento ufficiale dell’IB che prevede un cerchio attorno ad esso con un raggio di 10 iarde,

qui il cerchio scompare definitivamente.

Grazie a questo regolamento in Italia arrivano nuove terminologie, come le “porte”: secondo

il manuale si tratta di due pali del diametro di 6 cm, alti 2.50 metri e posti a 7.30 metri di

distanza l’uno dall’altro; anche qui si nota una differenza sostanziale con l’IB in quanto in

Inghilterra è prevista, già dal 1882, una traversa rigida con tanto di rete, mentre il prof.

Gabrielli parla di una corda bianca che funge da collegamento tra i pali.

Altro concetto introdotto è quello della “palla da calcio”: una vescica di gomma rivestita di

cuoio, del peso variabile tra i 380 e i 440 gr e del diametro tra i 21 e i 25 cm. E si parla an-

che di numeri visto che i giocatori che compongono un “partito” sono 11 “per le gare di im-

portanza”, numero che può salire fino ad un massimo di 31 per le altre gare.

Ma in questo regolamento spicca anche la prima tattica di gioco introdotta in Italia: lo

schieramento infatti, che prende il nome dalla famosa squadra del Preston North End e che

rimane la tattica principe fino agli anni Venti, è la “piramide Preston” o altrimenti conosciu-

ta come “piramide di Cambridge” che prevede 5 primi, 3 secondi e 2 terzi.

Questo sistema di gioco innovativo merita un approfondimento che esula dal regolamento pubblicato

dal prof. Gabrielli. In epoca pionieristica, il calcio in Inghilterra veniva anche detto “Kick and run”,

ovvero “calcia e corri”; non esistevano quindi alcune “regole tattiche” da seguire ma solamente

l’obiettivo principale da perseguire e cioè calciare il pallone in rete. I primi a voler dare una disposi-

zione tattica più rigida sono i componenti della squadra di college di Cambridge che danno vita alla co-

siddetta “piramide”. Si tratta, visivamente, di un cono rovescia-

to che ha come vertice il portiere. In questo schieramento, a

formare la prima linea erano gli avanti, i “forwards”: ce n’erano

cinque e prendevano i nomi di “wings” (ali), i due esterni, di

“inside-forwards” (mezze-ali), i due più interni, e “centre-

forward” (centravanti), l’attaccante centrale. Il quintetto di-

fensivo, i “backs”, gli indietro, era a loro volta diviso in seconda

e terza linea. La seconda linea, quella dei mediani detti “half-

backs”, era formata da tre elementi: il mediano destro, il cen-

tromediano ed il mediano sinistro. La terza linea invece, quella

della difesa detta “full-backs”, era composta da due terzini.

Ovviamente a chiudere la piramide c’era il “goalkeeper”, il por-

tiere. Interessante infine capire anche la numerazione. Sebbene

a volte giocatori importanti richiedevano, ed ottenevano, numeri

a cui erano affezionati nonostante ruoli diversi, la regola era

abbastanza ferrea e prevedeva dei cardini come il numero 1 fis-LA PIRAMIDE DI CAMBRIDGE

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so per il portiere o il 4 per il mediano oppure ancora il 9 per il centravanti. Completavano la numera-

zione il numero 2 ed il numero 3 per i due terzini; il 5 ed il 6 rispettivamente per il centromediano e

per il mediano destro; il numero 7 per l’ala destra ed il numero 11 per l’ala sinistra, oltre al 10 ed al

numero 8 per le due mezzeali, sinistra e destra.

Qui però il regolamento del prof. Gabrielli si discosta di molto da quello dell’IB. Innanzitut-

to spariscono le varie terminologie inglesi e si adatta il gioco alle necessità dei ginnasti.

All’epoca infatti, oltre all’atto puramente agonistico, era necessaria anche un’esecuzione

dell’esibizione, la cosiddetta “gara di classificazione”: le squadre infatti dovevano schie-

rarsi in campo dividendosi per linee, ognuna guidata da un caposquadra, a loro volta agli or-

dini del capopartito (il capitano dei giorni nostri) cui tutti dovevano obbedire; una giuria

giudicava la disposizione dello schieramento e decideva se ammettere la squadra alla com-

petizione vera e propria. Si trattava di una sorte di “esame di ammissione” per evitare alle

varie compagini un punteggio troppo penalizzante.

Altro aspetto analizzato sono i movimenti sul campo. Innanzitutto si raccomanda a tutti di

mantenere la propria posizione cooperando con il resto della squadra, mentre l’unico che

può e deve muoversi è il capitano, posto al centro della seconda linea (centromediano). Il

custode (portiere) può prendere la palla con le mani e scambiarsi con un suo compagno, ma

tuttavia non può compiere più di un passo con la sfera stessa tra le sue mani. La palla va

“colpeggiata”, cioè colpita leggermente, verso i propri compagni; va “cacciata” invece per i

difensori, tattica utile per rilanciare il pallone dalla terza alla prima linea.

Sono due i modi per segnare un goal, definito “partita”: il primo, il più comune e ad oggi

l’unico consentito, è calciare la palla all’interno della porta avversaria. Il secondo non trova

alcun riscontro nell’IB e scava le sue radici nel Calcio Fiorentino: si tratta cioè di accumula-

re due falli laterali.

Un ruolo particolare lo ha la giuria. In quanto il prof. Gabrielli non determina in 90 minuti,

come da regolamento anglosassone, la durata di un match, essa deve dare il consenso per la

durata della gara stessa dopo l’accordo tra i due capitani (solitamente si tratta di due tem-

pi da 30 minuti ciascuno). Altro compito importante, oltre a quello già visto di giudicare le

gare di classificazione, è quello di sovrintendere l’operato del Direttore di Gioco, coadiuva-

to da due assistenti lungo le linee laterali. La terminologia inglese indica quella che è

l’attuale terna arbitrale come “referee”, l’arbitro, e “linesmen”, giudici di linea, affidando

pieni poteri al direttore di gara.

Nel regolamento italiano del calcio ginnastico, invece, succedeva qualcosa di inconcepibile

se paragonato ai giorni nostri. Il Direttore di Gioco infatti, aveva solamente un ruolo di ar-

bitrato sui reclami. In caso di fallo, il capitano del partito (squadra) che l’aveva subito, fi-

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schiava interrompendo il gioco; a quel punto il Direttore di Gioco doveva decidere, in una

frazione di secondo, se ci fossero gli estremi per accogliere le proteste del capopartito, e

in tal caso accordare la punizione soffiando dentro ad un “cornetto”, oppure ignorare

quell’intervento e far riprendere l’azione come se nulla fosse accaduto. Tutto filava liscio

senza alcuna protesta: eravamo davvero nell’era del “fair play”!!!

Continuando a sfogliare il regolamento si apprende che solamente in caso di interruzione

straordinaria, il Direttore di Gioco deve far riprendere il gioco scodellando il pallone. Le

punizioni concesse sono solo di due tipi: semplice o di rigore. Con una differenza enorme ri-

spetto all’IB che riguarda il calcio di rigore o “penalty kick”: secondo il regolamento inglese

la trasformazione del calcio di rigore deve essere diretta, nella trascrizione italiana invece

con nessuna punizione concessa si può segnare direttamente.

Altro tema trattato, nei Preliminari del libro, riguarda il vestiario. Si consiglia di utilizzare

casacche di diversi colori o di usare un berretto per distinguere i compagni dagli avversari;

è consigliato anche l’utilizzo di un contrassegno numerato sulla maglia di ogni componente

del partito, mentre non si fa nessun accenno ad eventuali cal-

zature, calze o calzoni.

L’ultima cosa da sottolineare di questa immensa ed importan-

tissima opera è l‟assenza totale di termini inglesi. Si inizia a

parlare dei termini tecnici a noi notissimi come la porta, il

fallo di rigore, il centro del campo, la rimessa in gioco. E con

il passare del tempo, anche grazie alle cronache scritte dei

giornali dell’epoca, si passa dal custode al portiere, dai terzi

ai terzini, dal compartimento alla metà campo, dalla partita al

gol o punto, e così via.

Nel 1896 viene pubblicato il primo manuale d divulgazione dedicato al calcio, intitolato “Il

Giuoco del calcio o Football Association” edito dalla Tipografia Minelli di Rovigo. Una cu-

riosità: per la pubblicazione del manuale, il prof. Gabrielli decide di accollarsi le spese pari

a 160 lire. Nessuna copia di quel manuale è mai stata ritrovata ma è pressoché sicuro che si

trattasse di un approfondimento tecnico sulle nuove regole del calcio.

Gabrielli è considerato da tutti il primo autentico “tecnico” ed istruttore di calcio in Italia.

Trasforma la sua Rovigo in una sorta di “piccola Coverciano” già a partire dall’agosto del

1894 quando organizza degli stage formativi per tutti gli insegnanti di ginnastica interessa-

ti ad approfondire le loro conoscenze in materia.

LA COPERTINA DE “GIUOCHI GINNASTICI”

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Francesco Gabrielli muore prematuramente, a soli 41 anni, pochi mesi dopo il primo campio-

nato ufficiale organizzato dalla neonata Federazione Italiana Foot-ball, antenata della no-

stra FIGC.

L’ultimo aspetto da considerare è l’esempio vero di fair play lasciato da questo grande uo-

mo di quell’epoca e sintetizzato in un piccolo aneddoto: il professore infatti propone di ri-

conoscere all’arbitro la possibilità di decretare una squadra vittoriosa al termine di una ga-

ra terminata in pareggio, sulla base della correttezza mostrata sul campo da entrambe le

compagini. Un insegnamento ormai perso e diventato pura utopia ai giorni nostri ma che, so-

prattutto a Rovigo, vige da insegnamento: basta recarsi allo stadio del Rovigo, ribattezzato

ovviamente “Francesco Gabrielli”, e scorgere al suo ingresso una targa commemorativa che

recita “A Francesco Gabrielli, Maestro di calcio a Rovigo per l‟Italia”.

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I primi tornei: 1896 – 1898

l testo scritto dal prof. Francesco Gabrielli venne adottato durante quello che si può

in qualche modo definire il “primo campionato di foot-ball” disputatosi in Italia. Sia-

mo a Treviso, più precisamente in Piazza d’Armi a Santa Maria del Rovere, quando tra

il 6 e l’8 settembre del 1896 la Federazione Italiana di Ginnastica indice un torneo, orga-

nizzato dalla Società Ginnastica Velocipedistica Trevigiana alla quale partecipano anche

altre due formazioni di Treviso, l’Istituto Turazza ed il Vittorio Veneto, oltre alla Società

Udinese Scherma e Ginnastica ed alla Società Ginnastica Ferrara.

Tra le varie “discipline” proposte durante il torneo, come la palla vibrata, il giavellotto, il

lawn-tennis o il tamburello, quella che attira il pubblico più numeroso è proprio il foot-ball.

Le gare si disputano nell’arco di sole cinque ore, dalle 8 alle 13, e vedono imporsi la Società

Udinese Scherma e Ginnastica che prima batte per 3-1 in semifinale i giovani dell’Istituto

Turazza di Treviso, e poi trionfa in finale

battendo 2-0 la Società Ginnastica Ferrara.

I giovani udinesi, tutti ragazzi di sedici e

diciassette anni capitanati da Antonio Dal

Dan, in quel caso allenatore-giocatore della

sua squadra, si aggiudicano così il premio in

palio: un gonfalone di seta, eseguito su di-

segno dall’ingegner Vincenzo Gregori, rica-

mato in fili d’oro ”dalle mani delle gentili si-

gnorine di Cavinato” recante gli stemmi del

Comune e della Delegazione di Treviso.

Un’iscrizione appare sotto i due stemmi e recita: “Prima Gara Nazionale di Giuochi Ginnasti-

ci – Campionato nel Giuoco del Calcio (Foot-Ball)”. Di questo gonfalone, conservato per alcu-

ni anni ad Udine, si sono perse le tracce.

Questi i nomi degli undici “campioni” udinesi: Giovanni Bissatini, Gino Chiussi, Giovanni Bat-

tista Kösnapfel, Ugo Pellegrini, Emilio Milanopulo, Luigi Del Negro, Gino Plateo, Friulano

Spivach, Antonio Dal Dan, Augusto Tam, Efisio Tolu. Nessuna cronaca dell’epoca riporta i

nomi dei marcatori delle due gare, né tantomeno eventuali tabellini; tuttavia ci è dato sape-

re che Augusto Tam si impose anche nel torneo di tennis.

Questo rimane quindi per l’Udinese uno scudetto simbolico, in quanto indetto dalla Federa-

zione Italiana di Ginnastica e quindi non riconosciuto da quella che è l’attuale FIGC.

I

LA SOCIETA’ UDINESE DI SCHERMA E GINNASTICA

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Dopo questo primo torneo, i rapporti tra le squadre di football delle varie città iniziano ad

intensificarsi, grazie anche a personaggi storici come la bandiera del Genoa dell’epoca,

l’inglese James Spensley. A lui si deve l’organizzazione di quello che è “il primo incontro uf-

ficialmente documentato della storia del calcio in Italia”.

L’incontro si disputa giovedì 6 gennaio 1898, a Genova, sul campo della Velocipedistica di

Ponte Carrega e mette di fronte il Genoa padrone di casa all’F.C. Torinese. In realtà gli

ospiti sono una sorta di “rappresentativa” in quanto scendono in campo, con la stessa maglia,

giocatori appartenenti a due club differenti: l’Internazionale Torino ed il Torino Football

Club.

Grazie ai giornali dell’epoca sappiamo che l’incontro, terminato con il risultato di 0-1, viene

deciso dalla rete nei primi minuti di gioco del marchese Savage, capitano dei piemontesi.

Interessante notare anche la stranezza riguardante il Genoa che schiera il capitano Spen-

sley, che negli anni a seguire si rivelerà un pilastro come centrale difensivo, in porta. Da

segnalare anche altri episodi di cronaca: innanzi tutto, durante lo svolgimento della gara,

Edoardo Pasteur, conosciuto anche come Pasteur I, si frattura il naso finendo contro un

palo della recinzione del campo; poi c’è da segnalare come sia un socio del Genoa a svolgere

il compito di guardalinee ed infine, a rimarcare il carattere amichevole del match, ecco la

presenza del genoano Ghigliotti tra le fila ospiti al fine di poter schierare due squadre da

undici elementi ciascuna.

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Ecco quindi il primo tabellino ufficiale della storia del calcio nel nostro Paese:

Amichevole

GENOA vs F.C.TORINESE Giovedì 6 gennaio 1898 – Ponte Carrega (Genova)

0:1

(C) Spensley 1 Beaton

De Galleani 2 Cavalchini

Marshall 3 Beltrami

Ed. Pasteur 4 Dobbie

Venturini 5 Ghigliotti

Reed 6 Stevens

Leaver 7 Ferrero (C)

MacIntosh 8 Nasi

Chalners 9 Bontù

Tweedy 10 Bosio

Wilkey 11 Savage

--- All. ---

SOSTITUZIONI

Arbitro: L.R. Daiglas

Marcatori: Savage nei primi minuti

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L’ultima considerazione da fare su questo storico incontro è puramente economica. Esistono

fonti discordanti sul numero di spettatori presenti all’incontro (si va da 179 a 208 biglietti

venduti), tuttavia è possibile risalire alla “relazione finanziaria” riguardante la gara con

tanto di entrate, uscite e saldo finale, eccola:

ENTRATE USCITE

154 biglietti ingesso a L.1 L. 154 Tram L. 2.90

84 sedie numerate a L. 1 L. 84 Permesso in carta bollata L. 7.20

23 ingressi soci a metà prezzo L. 11,50 Tassa spettacoli L. 8

6 ingressi al signor Fawcus L. 6 Lavori sul campo L. 3

5 ingressi al signor Gianello L. 5 Lavori Terreno L. 13

12 ingressi al signor Blake L. 12 Custode L. 1

4 ingressi al sigg. Grenet e Bown L. 4 Affitto sedie L. 40

4 ingressi al signor Spensley L. 4 Bigliettai L. 18

Totale entrate L. 280,50 Taglio erba L. 25

Servizio polizia L. 5

Piccole spese L. 2.40

Timbro gomma L. 5

Al signor Perrasso per orifiamme L. 8

Rinfreschi L. 1.45

Sig. Blake, trasporto L. 0.20

Fischietto L. 2.50

Biglietti L. 13

Al signor Fawcus, segretario L. 3.40

Totale uscite L. 179.05

INCASSO TOTALE: L. 101.45

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Passano solamente due mesi ed ecco la tanto attesa rivincita. Sul terreno del Velodromo

Umberto I di Torino le due compagini danno vita ad un altro incontro che, questa volta, va

appannaggio dei liguri con l’identico risultato di 0-1. A decidere il match, come ci racconta-

no le cronache dell’epoca, è tale Shaffhauser di cui si sa ben poco.

In realtà in questo 6 marzo 1898, al Velodromo non scendono in campo solo Genoa e Tori-

no, ma anche altre due formazioni piemontesi, visto che si tratta di un torneo. Tuttavia non

arrivano fino ai giorni nostri cronache riguardanti altri incontri.

E’ affascinante però sapere cosa c’è dietro l’organizzazione di questo torneo. In questo ca-

so ci viene in aiuto l’Archivio Storico di Torino che conserva alcuni documenti davvero inte-

ressanti. Il più interessante di questi è una lettera inviata al sindaco del capoluogo piemon-

tese da Alfonso Ferrero di Ventimiglia, vicepresidente del Football Club Torinese: egli ri-

chiede la presenza di otto guardie municipali per garantire la sicurezza all’interno del Velo-

dromo. Per tutta risposta il sindaco si dice favorevole, a patto che le guardie siano pagate

dal club stesso; una lunga trattativa porta al compromesso finale che prevede l’”ingaggio” di

sole tre guardie per le quali il club torinese si dichiara “pronto a soddisfare il regolare pa-

gamento” che ammonta a 6 lire.

Altro documento storico molto importante è il dispaccio telefonico fornito dal Vice Briga-

diere Torchio alle ore 17.20 del 6 marzo 1898. È questa la conferma che quel giorno non

sono scese in campo solamente Genoa e Torino, ed è anche la testimonianza di un evento

sportivo svoltosi senza alcun problema da parte di giocatori e pubblico. Ecco il testo inte-

grale del dispaccio:

“La sfida al Foot Baal, Velodromo Umberto I, cominciò alle 14,15 e terminò verso le 16,30.

Intervenne scarso ma speciale pubblico circa 500 persone, composto da studenti e persone

di nazionalità estere. Nessun inconveniente.”

Vice Brigadiere Torchio

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Ecco quindi il tabellino completo della gara tra Genoa e Toro:

Amichevole

Rappr. TORINO vs GENOA Domenica 6 marzo 1898 – Velodromo Umberto I (Torino)

0:1

Beaton 1 Baird

Cavalchini 2 De Galleani

Franz 3 MacIntosh

Dobbie 4 Ed. Pasteur

Weber 5 Spensley (C)

Stevens 6 Passadoro

Ferrero (C) 7 Leaver

Nasi 8 Shaffhauser

Montù 9 Dapples

Bosio 10 Ghigliatti

Savage 11 Le Pelley

--- All. ---

SOSTITUZIONI

Arbitro: Adolf Jourdan

Marcatori: Shaffhauser nel secondo tempo

Ormai il calcio era una realtà italiana e di li a poco ci fu la nascita della Federazione Ita-

liana Football.

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La nascita della Federazione Italiana Foot-Ball

l calcio inizia ad entrare prepotentemente nella vita degli italiani e così, pochi giorni

dopo il torneo disputatosi al Velodromo Umberto I di Torino, si decide che è giunta

l’ora di costituire un organo di controllo ufficiale delle gara disputate in Italia.

Nasce così, il 16 marzo 1898 a Torino la Federazione italiana Foot-Ball (F.I.F.).

Il primo presidente eletto al termine dei lavori svolti da una

sorta di Costituente presieduta dal conte d’Ovidio è

l’ingegner Mario Vicary. La Federazione nasce allo scopo di

organizzare tutte le attività calcistiche del paese e di garan-

tire il rispetto delle regole.

E’ quindi la città di Torino ad accogliere la prima sede della

neonata Federazione e, più precisamente, l’emporio di Adolf

Jourdan; già proprio lui, colui che ha fatto da arbitro nella

gara tra la rappresentativa di Torino ed il Genoa pochi giorni

prima, titolare di un negozio specializzato nella vendita di

“scarpe, cappelli, chincaglierie in generi di lusso, finticolli,

polsini, cravatte e camicie”.

Il primo atto della Federazione non poteva che essere l’organizzazione del Primo Campiona-

to Italiano di Calcio, dedicato al duca degli Abruzzi, da disputarsi l’8 maggio 1898.

Le prime società che entrano a far parte della F.I.F. sono il Genoa Cricket and Football

Club, il Football Club Torinese, l’Internazionale Torino, la Ginnastica Torino ed infine

l’Unione Pro Sport Alessandria.

Non tutte le società affiliate, tuttavia, partecipano al primo campionato. Gli alessandrini

infatti, insieme ad altre realtà come la milanese Mediolanum, preferiscono disputare i tor-

nei della Federazione Ginnastica Nazionale Italiana (F.G.N.I.), la quale mette in palio

anche un titolo per il gioco del football.

La nuova federazione mantiene la sua denominazione fino al 1909, anno in cui diventa defi-

nitivamente Federazione Italiana Giuoco Calcio cioè l’attuale F.I.G.C..

Poco prima la Federazione Italiana viene riconosciuta, e di conseguenza diventa una affilia-

ta, dalla F.I.F.A., la massima istituzione mondiale del pallone, fondata a Parigi il 21 maggio

1904.

I

IL LOGO FIGC

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20

Da notare come proprio la FIGC, insieme alle federazioni di Francia e Belgio, sia stata tra

le promotrici della nascita di un organo amministrativo e di controllo del calcio europeo: si

parla ovviamente dell’UEFA, nata sotto la spinta delle tre federazioni, il 15 giugno 1954 a

Basilea.

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Il primo campionato:

8 maggio 1898

CAPITOLO

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22

Il primo campionato di calcio: 8 maggio 1898

inalmente arriva il giorno del primo campionato di calcio italiano. I club fondatori del-

la neonata F.I.F. decidono fin da subito che la data ideale per indire il primo cam-

pionato è l’8 maggio 1898.

In occasione dell’Esposizione Internazionale per i cinquant’anni dello Statuto Albertino, si

danno battaglia al Velodromo Umberto I di Torino, nei pressi dell’ospedale Mauriziano, le

quattro squadre partecipanti: il Genoa, il Football Club Torinese, l’Internazionale Torino e

la Società Ginnastica Torino.

I giornali dell’epoca danno molto risalto all’avvenimento

come dimostra un articolo apparso sul quotidiano piemon-

tese “La Stampa” che già molti giorni prima ne parla in

modo approfondito:

“Oltre ai premi in medaglie oro e argento vi sarà una coppa d'o-

nore, la Challenge Cup, offerta dai torinesi alla squadra vincitri-

ce il campionato. Dalle ore 7 alle ore 10 vi saranno le gare di e-

liminazione fra i Clubs: Internazionale, Torinese e Ginnastica di

Torino e il Genoa Cricket & Athletic Club di Genova. Alle 16, 30

la gran gara definitiva”

Come si evince dall’articolo, un ulteriore stimolo, oltre a

quello di diventare i primi campioni d’Italia della storia, lo

fornisce il Duca degli Abruzzi mettendo in palio una coppa, la Challenge Cup per l’appunto,

che sarebbe poi rimasta di proprietà della squadra capace di vincere per tre volte il torneo.

In più, è prevista una percentuale sull’incasso al botteghino per il club vincente.

E’ quindi tutto pronto per lo storico avvenimento ed in mattinata scendono in campo le

quattro formazioni per disputare le gare di semifinale.

La prima gara si disputa alle 9 del mattino e mette di fronte l’Internazionale Torino all’FC

Torinese. E’ l’Internazionale, scesa in campo in completo bianconero a strisce verticali e ca-

pitanata dal marchese Savage, ad imporsi sui gialloneri del marchese Ferrero di Ventimi-

glia. Sull’autore del gol decisivo non c’è la certezza assoluta anche se si ipotizza che il pri-

mo marcatore del nostro campionato possa essere stato Bosio o lo stesso Savage.

Due ore più tardi è il turno di Genoa e Società Ginnastica Torino, che si affrontano nella

seconda eliminatoria. I liguri si presentano in campo con una semplice camicia bianca men-

tre, in questo caso, la parte dei rossoblu la fanno i piemontesi agli ordini del presidente ca-

F

Lo sapevi che…

La Challenge Cup, realizzata nel

1898 dall’orefice torinese Do-

menico Cravero, era in argento

massiccio. Venne donata da Lui-

gi Amadeo di Savoia, Duca degli

Abruzzi, al Genoa nel 1900, do-

po che i rossoblu si aggiudica-

rono il terzo titolo tricolore. Di

essa ne sono sparite le tracce

da più di quarant’anni.

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valier Bertoni. L’incontro termina con un netto 2-0 in favore di Spen-

sley e compagni, grazie alle reti di Leaver e Bocciardo.

Le cronache dell’epoca non parlano di una eventuale finalina di conso-

lazione tra l’FC Torinese e la Società Ginnastica Torino, e così, dopo

un rinfresco offerto sul posto dalla ditta Carpano e con dolci e panini

offerti dalla pasticceria Diley, si arriva alle ore 15.00 quando è in

programma la finalissima.

In campo, davanti a poco più di 100 spettatori (per un incasso di 197

lire) ed agli ordini dell’arbitro, il Reverendo Richard Douglas, ci sono

Genoa ed Internazionale Torino. Una partita emozionante che vede il

Genoa passare in vantaggio nel primo tempo grazie al capitano James

Spensley; l’Internazionale Torino, però, non ci sta a perdere e rag-

giunge il pareggio portando la gara ai supplementari. Qui il Genoa, no-

nostante l’inferiorità numerica, riesce a trovare il gol della vittoria

grazie al solito Leaver che consegna di fatto il primo titolo della sto-

ria alla formazione ligure.

Gli articoli di giornale pubblicati nei giorni successivi hanno toni en-

tusiastici per lo spettacolo offerto in campo dalle due squadre. E poi

ci viene riferito un altro fatto di cronaca che rende ancora più “epi-

ca” la vittoria del Genoa: dopo il vantaggio infatti, i liguri si ritrovano

in dieci uomini per l’abbandono da parte del portiere Baird a seguito

di una caduta; il posto tra i pali viene così occupato da capitan Spen-

sley. Purtroppo non ci sono tracce dell’autore del gol del pareggio

piemontese anche se c’è chi lo attribuisce ancora una volta a Bosio.

Possiamo capire l’entusiasmo di quei giorni dall’articolo pubblicato dal

quotidiano genovese “Caffaro” dopo la gara:

“Viva e accanita la lotta da entrambe le parti: basti dire che dopo due ore di

giuoco, le due società si trovavano ad avere un punto pari, così che si dovette

prolungare la partita per altri venti minuti. I nostri genovesi, quantunque si

trovassero con un bravo giocatore fuori combattimento a causa di una cadu-

ta, tuttavia con uno slancio ed una abilità ammirevole, riuscirono a vincere un

altro punto, conquistando la coppa di campionato italiano e suscitando l'am-

mirazione del pubblico che affollava il Velodromo”

13-01-1898

Emile Zola pub-

blica lo J’accuse

in difesa di Al-

fred Dreyfus

15-02-1898

Inizia la guerra

ispano-

americana tra

Spagna e Stati

Uniti

16-03-1898

A Torino viene

fondata la Fe-

derazione Ita-

liana Foot-ball

07-05-1898

Il Generale Bava

Beccaris usa i

cannoni contro

la folla dei mila-

nesi

08-05-1898

A Torino si di-

sputa il primo

Campionato Ita-

liano di Calcio

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L’evento risalta anche sulle colonne della “Gazzetta dello Sport” che il

13 maggio 1898 commenta in questo modo la finale:

"Dopo le gare eliminatorie che ebbero luogo in mattinata, rimasero a conten-

dersi il campionato il Club Genovese e l'Internazionale. Viva e accanita fu la

lotta d'ambo le parti. Dopo due ore di gioco le due società si trovavano ad a-

vere un punto pari così che si dovette prolungare la partita per altri venti mi-

nuti. I genovesi, quantunque si trovassero con un bravo giocatore fuori com-

battimento in causa d'una caduta, riuscirono a vincere con un altro punto con-

quistando la coppa di campionato italiano. L'onore dell'ultimo punto spetta al

socio Leaver"

Interessante anche l’articolo del “Corriere Mercantile” del 9 maggio

1898:

“Ieri si disputarono al Velodromo di Torino il campionato nazionale di Football

le squadre genovesi e torinesi. La vittoria fu della squadra genovese. Vittoria

tanto più bella perché brillantemente disputata alla forte squadra di Torino.

Dopo l’esito della gara i concorrenti si unirono al ristorante, dove, dopo un al-

legro banchetto, tutto schiettezza e cordialità, l’ingegnere Vicary consegnò la

Coppa di Campionato alla squadra vincitrice, bevendo ai capitani e ai giocatori

che avevano dato prova di tanta abilità. Parlarono, in seguito, il signor Weber,

capitano della squadra torinese, bevendo agli amici genovesi. Per questi rispo-

se il signor Pasteur, segretario della società di Genova”

Risulta chiaro che a farla da padrona sono il dilettantismo ed il fair-

play, e ciò è confermato anche dal triplice grido di “Urrah” da parte

di tutti i giocatori al termine della gara (in perfetto “english style”) a

salutare la vittoria dei rossoblu. Nessuna polemica post-partita, nes-

sun litigio ma solamente della sana sportività.

Al Genoa quindi spetta la Coppa generosamente offerta dal Duca de-

gli Abruzzi, oltre ad una medaglia d’oro ad ogni giocatore.

10-06-1898

I Marines du-

rante la guerra

ispano-

americana sbar-

cano a Cuba

13-07-1898

Guglielmo Mar-

coni deposita il

brevetto della

radio

25-07-1898

Gli Stati Uniti

sbarcano a Gua-

nica e invadono

Porto Rico

01-10-1898

I fratelli Louis,

Marcel e Fer-

nand Renault

fondano

l’omonima casa

21-12-1898

Marie Curie e

Pierre Curie

scoprono un e-

lemento chimi-

co: il radio

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Il Genoa campione

il Genoa, con la vittoria dell’8 maggio 1898, a scrivere la prima pagina di storia del

nostro calcio. La vittoria finale contro il Torino laurea campioni undici giocatori ben

lontani dai professionisti dei giorni nostri. Spedizionieri, futuri direttori di banca,

commercianti, negozianti e dottori; persone “comuni” diventate eroi per un giorno, autentici

pionieri del calcio, progenitori dei fuoriclasse moderni che andiamo a conoscere più nel det-

taglio.

WILLIAM BAIRD

Del portiere del Genoa campione si sa davvero poco. Dovrebbe trattarsi di uno scozzese

residente a Genova per lavoro, ma le notizie su di lui sono praticamente inesistenti. In fina-

le lascia il posto a Spensley dopo essersi procurato un infortunio.

ERNESTO DE GALLEANI (1879-1931)

Il terzino destro della squadra è il più giovane di tutto il gruppo. Alto ben 190 cm, e quindi

di molto sopra la media dell’epoca, ama lo sport e si fa valere anche come buon doppista di

tennis. Quello del 1898 non è l’unico alloro conquistato con i rossoblu: infatti compare anche

nelle formazioni vittoriose del 1899 e del 1900.

Il padre italiano, Cesare, è di famiglia nobile e possiede una fabbrica di

maglieria che poi fallisce nel 1913. La madre inglese, Mary Armitage,

proviene dalla regione del Derbyshire. Ernesto è l’unico maschio di

quattro figli; sua sorella Sylvia si guadagna addirittura l’onorificenza di

Membro dell’Impero Britannico per il suo impegno come crocerossina

sul fronte delle Somme nella Prima Guerra Mondiale. Nonostante la re-

ligione anglicana sposa Lela Dawson, cattolica, originaria di Teignmouth,

piccola cittadina nei pressi di Southampton. Dopo la sua breve, ma vit-

toriosa, carriera calcistica si trasferisce in Scozia dove, all’Università Saint Andrews, si

laurea in economia. Diventa addirittura direttore della Manhattan City Bank di New York,

nella sua sede distaccata di Genova dove muore di broncopolmonite a soli 51 anni.

EDOARDO PASTEUR I (1877-1969)

Nel ruolo di mezzo destro Edoardo Pasteur, conosciuto anche come Pasteur I, conquista

ben sei campionati tra il 1898 ed il 1904 condividendo così, con capitan Spensley, il primato

di giocatore con più titoli nazionali della storia del club rossoblù. E’ uno sportivo a tutto

tondo che convince anche il fratello Enrico (Pasteur II), di cinque anni più giovane, ad en-

trare a far parte del club. Oltre ad essere uno dei primi soci del Genoa, difendendolo nei

E’

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più accesi casi di accusa di professionismo, si fa apprezzare anche a livello nazionale propo-

nendo la candidatura di Pozzo come C.T. della squadra azzurra.

La passione per il football decide di viverla non solo da attore protagonista sul campo ma

anche attraverso altri ruoli: diventa arbitro, dirigente federale, presidente dei rossoblu e

anche giornalista sportivo. Da presidente del Grifone tra il 1904 ed il 1909, succede a Ge-

orge Fawcus conquistando un altro scudetto, prima di rimpossessarsi della poltrona presi-

denziale nella stagione 1910/1911. E’ lui a far rinascere la società dopo la prima guerra

mondiale che vede la tragica scomparsa di Spensley. L’ultimo mandato risale invece al 1946

quando, tra aprile e giugno, viene incontro alla “sua” società come figura di riferimento ap-

pena dopo il secondo conflitto mondiale. In questo periodo attua scelte oculate e molto ap-

prezzate come l’assunzione dell’allenatore inglese William Garbutt, figura storica già pro-

tagonista con la vittoria di tre titoli alla guida dei rossoblu, e l’acquisto dell’ala argentina

Juan Carlos Verdeal, prelevato dai venezuelani del Dos Caminos Caracas, che in coppia con

Della Torre forma un tandem da 29 gol in una sola stagione.

Inoltre è uno dei precursori del giornalismo sportivo e collabora con diverse testate tra le

quali La Gazzetta dello Sport. Proprio per la rosea commenta il primo match in terra stra-

niera di un club italiano: siamo nell’aprile del 1903 e l’incontro mette di fronte i francesi del

Football Velo-Club de Nice al Genoa. La curiosità sta nel fatto che oltre che a vestire i

panni del giornalista, in quel caso Pasteur I veste anche quelli del calciatore visto che è uno

dei titolari inamovibili dell’undici rossoblu di quell’epoca.

Ma lo sport per lui non è solo calcio e così, nel dicembre del 1911, fonda la sezione palla-

nuotistica del Genoa. Ovviamente anche in questo caso la sua intuizione si dimostra felice e

vincente: i rossoblu del nuoto vincono il primo campionato italiano del 1912 imponendosi sui

napoletani della Partenope, bissano il successo l’anno dopo e completano il tris nel 1914. Do-

po la sospensione per la guerra, nel 1919 arriva il quarto titolo consecutivo e dopo di esso lo

scioglimento della sezione pallanuoto. La classe non manca sul terreno di gioco così come in

piscina e per questo è chiamato a difendere i colori azzurri nella spedizione di Anversa du-

rante le olimpiadi, purtroppo senza soddisfazioni, del 1920. Gareggia infine nel canottaggio

ed è un buon tennista, anche se questa volta non esistono archivi ufficiali riguardanti i suoi

record.

Edoardo Pasteur nasce a Genova il 29 maggio 1877 da una famiglia svizzera, imparentata

con il famoso batteriologo francese Louis Pasteur, noto universalmente come il padre della

microbiologia. Compie i suoi studi nelle università svizzere di Berna e Losanna prima di tor-

nare nella sua Genova; oltre a cimentarsi in differenti carriere, apre anche un negozio di

articoli sportivi nel cuore del capoluogo ligure. Muore il 19 settembre 1969, sulla soglia dei

92 anni.

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ETTORE WALLYS GHIGLIONE (1875-1924)

E’ il centrale dei tre mediani nella gara vittoriosa contro il Torino.

Diventa una pedina importantissima per la squadra genovese collezio-

nando ben sei finali consecutive tra il 1898 ed il 1903, portando a ca-

sa cinque titoli. Continua la sua attività nel mondo del football en-

trando come socio nell’Andrea Doria e diventando arbitro federale.

La passione per il calcio è dovuta ai continui spostamenti del padre,

commerciante di oli, tra Italia, Germania ed Inghilterra, ed

all’influenza di sua madre, inglese di origine. Terminati gli studi rimane nella ditta di fami-

glia. Muore a soli 54 anni in circostanze a noi sconosciute.

FAUSTO GHIGLIOTTI (1876-1942)

Mediano davanti a capitan Spensley, Ghigliotti è anche un buon portiere. Sono poche le no-

tizie su di lui anche se compare nelle formazioni genovesi fino allo scudetto del 1903. Nel

suo palmarès figurano quindi ben cinque campionati su sei tra il 1898 ed il 1903.

Genovese di nascita e figlio di uno spedizioniere, si appassiona al football grazie all’attività

famigliare che gli consenti frequenti contatti con l’Inghilterra. Entra a far parte del Genoa

grazie al fratello Emanuele, di ben undici anni più vecchio di lui ed appassionato di sport.

JHON QUERTIER LE PELLEY (1868-1948)

Questo inglese schierato come ala destra figura solamente nella formazione vincente del

1898. Già trentenne, infatti, decide di ritirarsi dal calcio dopo il trionfo in campionato e di

sposarsi poco dopo.

Nato a Guernsey, piccola isola nel canale della Manica a metà strada

tra Regno Unito e Francia, il 24 novembre 1868, Le Pelley si trasferi-

sce prima a Londra per approdare poi a Genova nel 1889. La sua carrie-

ra extracalcistica lo porta ad essere dirigente fino al 1910 della Bri-

tish Bonded, un’azienda che opera nel porto di Genova; in seguito di-

venta socio della Jhon Bonded, armatori navali. Muore il primo febbra-

io 1948 nell’isola natale di Guernsey all’età di quasi 80 anni.

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SILVIO PIERO BERTOLLO (1878-1966)

Schierato come mezzala destra nella sua unica, e vittoriosa, apparizione con la maglia del

Genoa, non si sa null’altro della vita sportiva di Bertollo.

Tuttavia la sua vita è stata tutto tranne che poco movimentata: il pa-

dre, un commerciante italiano, e la madre, francese, decidono di man-

darlo a studiare in Inghilterra proprio nel 1898 dove conosce un pro-

prietario di miniere e ne diventa il rappresentante per il nostro paese.

Durante la prima guerra mondiale è capitano d’artiglieria, ma diventa

ben presto un membro importante del controspionaggio grazie alla per-

fetta conoscenza di ben tre lingue diverse. Decide di lasciare Genova

nel 1929 in seguito al crollo di Wall Street e si trasferisce in Somalia dove apre una fab-

brica di materiali vari. Successivamente, l’ennesimo trasferimento in Argentina nel 1954

dove vive tuttora il figlio. Muore nel 1966 all’età di 88 anni.

HENRY ARTUR DAPPLES (1871-1920)

Il primo centrattacco della storia del calcio italiano è uno svizzero che vince ben cinque ti-

toli con la casacca rossoblu tra il 1898 ed il 1903. All’indomani dell’ultimo trionfo, a soli 32

anni, si ritira mettendo in palio la leggendaria palla d’argento Dapples che appassiona per

sei lunghi anni tutte le società calcistiche italiane.

Nasce a Ginevra il 4 maggio 1871, è figlio di un banchiere di Losanna ed oltre alle origini al-

to borghesi vanta presenze familiari illustri per il mondo del calcio dell’epoca: gli zii mater-

ni Jean, Charles ed Eugène de Fernex infatti, sono tra i pionieri del calcio italiano a Torino.

Studia agronomia a Zurigo e dopo la sua carriera calcistica si trasferisce nelle campagne

toscane di Grezzano in una villa donatagli dallo zio Edmonde Dapples, chirurgo in pensione.

Nel 1917 si sposa con la cugina Henriette ma tre anni dopo muore per un carcinoma dopo

essersi curato in una clinica svizzera.

GIOVANNI BOCCIARDO (1877-1953)

Mezzala sinistra, a supporto di Dapples, vanta nel suo curriculum anche il titolo di campione

nel 1900, mentre non compare nella formazione vincente del 1899.

Nasce il 17 maggio del 1877 ed è figlio di un industriale genovese proprietario di una impor-

tante conceria di pelli. Viene mandato a studiare a Ginevra dove si appassiona al calcio ed è

compagno di scuola di Alessandro Korageorgevic, futuro re Alessandro I di Jugoslavia e di

suo fratello, futuro principe Giorgio. Abbandona il calcio nel 1900 per dedicarsi alla sua a-

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zienda famigliare introducendo la lavorazione della tomaia per i calzaturifici di tutta Euro-

pa. Muore nel 1953 all’età di 76 anni.

ROBERT “AL” LEAVER

E’ il match-winner della finale scudetto contro il Torino: schierato all’ala sinistra infila il gol

del definitivo 2-1 regalando il primo scudetto al Grifone. Compare anche nella formazione

vittoriosa dell’anno dopo.

Sfortunatamente di lui si sa davvero poco: le notizie sono decisamente scarse e si suppone

sia inglese ed imparentato con i commercianti della ditta di carbone britannica Norman Le-

aver, operante a Genova.

Un capitolo a parte, il prossimo, lo merita invece il capitano della squadra sir James Spen-

sley.

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Ritratto di un capitano: James Spensley

Nonostante non faccia parte del gruppo dei fondatori del club del Grifone, il nome di Sir

James Richardson Spensley è per tutti sinonimo di Genoa.

Figlio del reverendo Williams di Stoke e di Elizabeth Alice Richardson, James Spensley na-

sce a Stoke Newington, un piccolo sobborgo di Londra, il 17 maggio 1867. Grande appassio-

nato di foot-ball fin dalla giovane età, dove si mette in luce come portiere nelle riserve del

Sunderland, indirizza i suoi studi verso la laurea di medicina che, una volta raggiunta, gli va-

le un passaporto verso l’Italia con l’incarico di curare i numerosi marinai e cittadini presenti

sul territorio italiano. Sbarca così al porto di Genova come medico di bordo su una nave in-

glese nel 1896.

La sua passione per il foot-ball, lo porta ad organizzare

partite ogni sabato: recluta i giocatori tra gli equipaggi

delle navi inglesi o tra gli operai, sempre di origine britan-

nica, che lavorano alle ferriere Bruzzo. Questa sua spic-

cata capacità organizzativa è determinante ai fini del suo

ingresso all’interno dello statuto del Genoa dove diventa

uno dei cardini principali.

La prima grande conquista la ottiene con l’assemblea del

10 aprile 1897: la sua mozione per far entrare soci italiani

nel Club (fino ad un numero di 50 inizialmente, senza alcun

limite già alcuni anni dopo) viene accettata all’unanimità,

con grande soddisfazione della comunità italo-svizzera

rappresentata, all’interno del club rossoblu, dai fratelli Enrico ed Edoardo Pasteur.

Seguendo il modello britannico, decide di dare una dimensione più “professionale” al suo

club e così sceglie il campo di Ponte Carrega, nelle vicinanze del torrente Bisagno, come se-

de delle partite del Genoa, giudicando ormai inadeguato il vecchio impianto di Sampierdare-

na.

Parte da lui l’idea di organizzare la prima partita, sul suolo italiano, tra squadre di diverse

città: il 6 gennaio 1898 scendono così in campo il Genoa ed una mista tra Internazionale To-

rino ed FC Torinese. Così facendo getta anche le basi per costruire un’entità in grado di

controllare il calcio in Italia (l’attuale FIGC).

All’interno del Genoa viene nominato fin da subito capitano della squadra che porta alla vit-

toria del primo campionato della storia nel 1898. Fino al 1906 continua a scendere in campo

Carta d‟identità

Nome: James Richardson

Cognome: Spensley

Nato il: 17 maggio 1867

A: Stoke Newington (Ing)

Morto il: 10 novembre 1915

A: Magonza (Ger)

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conquistando ben sei titoli nazionali. Difensore o portiere, compare sempre nei tabellini

vincenti del glorioso Genoa dell’epoca.

Decide di appendere le scarpe al chiodo proprio nel 1906, all’età di 39 anni, rimanendo co-

munque in sella alla società anche l’anno dopo. E’ fondamentale la sua decisione che, nel

1899, cambia di fatto la denominazione del club da Genoa Cricket & Athletics Club a Genoa

Cricket & Football Club.

Il calcio non è però l’unica passione di questo affascinan-

te medico inglese. Rimanendo in ambito sportivo, infatti,

sappiamo che segue e pratica anche il pugilato. Da uomo

di grande cultura qual è conosce ben quattro lingue: ov-

viamente l’inglese, la sua lingua madre, l’italiano, il greco

ed il sanscrito, l’attuale lingua ufficiale dell’India.

Il suo nome è legato anche allo scautismo italiano.

L’amicizia instaurata in Inghilterra con Robert Baden-

Powell, padre fondatore dello scautismo mondiale nel

1907, oltre che scrittore e Maggior Generale inglese, lo

porta a diffondere anche nel nostro paese i principi di

questo movimento: educare i giovani ed aiutarli nel loro

sviluppo fisico, mentale e spirituale.

Il 15 novembre 1910 nasce la sezione genovese dei Ragazzi Esploratori Italiani (REI), pre-

sieduta da Ottavio Reghini con Spensley nelle vesti di Commissario Delegato per la Liguria.

La nascita di questa associazione si deve proprio al medico inglese ed al suo incontro con

Mario Mazza, fondatore della Juventus Juvat, detta anche le Gioiose, la prima associazione

italiana ad avvicinarsi alle esperienze di scout.

Così come un altro grande esponente del foot-ball genovese e genoano, Luigi Ferraris, an-

che Spensley perde la vita durante il primo conflitto mondiale: ferito mentre stava portan-

do soccorso ad un nemico, viene fatto prigioniero e portato nella fortezza tedesca di Ma-

gonza dove muore, il 10 novembre 1915, all’età di soli 48 anni.

La sua tomba è stata rinvenuta da due scout e tifosi genoani, Franco Savelli e Mario Riggio,

nel 1993 nei pressi del cimitero militare britannico di Niederzwehren, vicino a Kassel in

Germania.

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