Testimoni L’intervista · Uva Passa - Unione Volontari Al Pratello ASSociazione d'Aiuto – è...

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Testimoni L’intervista 20 MISSIONE MARIA - SETTEMBRE 2016 21 MISSIONE MARIA - SETTEMBRE 2016 più grande, semplice ed evidente, che è quella di pas- sare del tempo in maniera diversa, e per questo pro- poniamo attività di animazione di vario genere: ma- nuali, ludiche, sportive, di approfondimento, di con- fronto... L’attività principale è stare con loro, esserci, anche se loro non riescono a capire come questo sia possibile. Che cosa non riescono a capire? Non capiscono perché noi, che siamo solo di qualche anno più grandi di loro, scegliamo volonta- riamente di entrare in carcere e di spendere del nostro tempo in loro compagnia. Il nostro agire, per i dete- nuti, non ha senso, è fuori dalla loro logica e dal loro schema di pensiero. Perché dovremmo stare lì senza essere pagati? Qual è il nostro secondo fine? E qual è il senso del vostro servizio? È la gratuità. È il mostrare che è possibile fare una scelta di questo tipo, dedicare tempo e attenzione agli altri gratuitamente, senza pretendere nulla in cambio, senza pretendere risultati, che spesso sono nulli. È il dire loro che, nonostante tutto, possono scegliere, possono decidere dove spendere il loro tempo e le lo- ro energie. Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate nel rapporto con i giovani detenuti? La difficoltà maggiore quando si entra in carcere è rendersi conto che il loro sistema di riferimento è molto diverso dal nostro; che in quel contesto i si- gnificati cambiano e tutto, anche ciò che a noi sem- bra banale e scontato, acquista un senso e un valore diverso, spesso amplificato. Bisogna anche stare mol- to attenti a rapportarsi con tutti nello stesso modo, senza fare distinzioni, e per questo non chiediamo a nessuno la sua storia, per evitare condizionamenti. Un’altra difficoltà enorme da superare è la frustrazio- ne del servizio, nel senso che quasi sempre non c’è un ritorno immediato della nostra attività, non vediamo un reale cambiamento nei ragazzi. È palese che get- tiamo semi che potremmo non vedere mai germo- gliare, ma questo ci spinge a interrogarci continua- mente sul senso del nostro esserci. E la gratificazione maggiore che questo servizio vi offre? È molto bello quando con un ragazzo si crea, per quanto possibile, un rapporto vero, non ambiguo. Quando si riesce a chiacchierare guardandosi negli occhi e cogliere, nel loro sguardo, la tranquillità e la serenità nella relazione; quando le tue parole sembra- no lasciare un segno. Il più delle volte si tratta di un attimo, che non avrà conseguenze dirette perché gli eventi della vita saranno più forti e travolgenti di quel momento emozionale, ma anche solo per quello sguardo vale la pena passare del tempo in carcere. Che idea ti sei fatta del carcere come pena per i reati? Non saprei dire quale potrebbe essere la modalità giusta alternativa, ma credo che il carcere non fun- zioni, soprattutto per i minori, come testimonia l’alto tasso di recidività. Mentre sono lì, è come se la loro vita si fermasse, venisse congelata, ma quando escono la ritrovano tale e quale, ritornano a vivere nelle stesse situazioni, con gli stessi strumenti. Non sono messi nella condizione di fare scelte diverse e spesso la loro buona volontà, l’intenzione di cambiare vita, i loro sogni si scontrano con la realtà, con l’esigenza di mangiare, dormire… che li spinge all’illegalità. Nell’anno del Giubileo straordinario della Misericordia, cosa può testimoniare la vostra esperienza nel carcere minorile? Mi viene in mente il brano di Zaccheo quando sale su un albero per farsi vedere da Gesù. Gesù alza lo sguardo, lo vede, lo riconosce per quello che è, non lo allontana e va a casa sua. Tutti i ragazzi in carcere sono per me come Zaccheo. Ecco, con il mio servizio in carcere vorrei essere questo sguardo, vorrei essere uno specchio della loro bellezza, vorrei far loro capire che essere lì, condivi- dere del tempo con loro ha senso e ha un significato perché, nonostante le azioni che hanno fatto, sono degni di perdono e di essere guardati. Alessandra, ci puoi presentare l’Associazione Uva Passa? L’associazione ha compiuto 10 anni di attività qualche mese fa. È un’associazione laica, anche se strettamente collegata all’esperienza sociale dei De- honiani e si occupa di volontariato, sia nel car- cere dei minori di Bologna – il Pratello – sia in una comunità di minori stranieri non accom- pagnati. Si pone obiettivi molto alti di solida- rietà, accompagnamento e formazione, perché desidera affiancare le persone, in particolare i minori, nel loro percorso di crescita, portandoli a essere individui adulti, responsabili e solidi, Alzare lo sguardo Uva Passa - Unione Volontari Al Pratello ASSociazione d'Aiuto – è una giovane associazione di volontariato di Bologna, impegnata nell’ambito del disagio giovanile. Attivi in una comunità di accoglienza per minori e nel carcere minorile della città, i volontari cercano di essere per i giovani un punto di riferimento nel loro percorso di crescita. Ce lo racconta Alessandra, vice-presidente dell’Associazione, che a dispetto delle difficoltà cerca sempre di alzare lo sguardo. di Caterina Pastorelli educati nella legalità. Oltre a essere attivi direttamente all’interno di queste realtà, siamo impegnati in atti- vità di formazione e sensibilizzazione verso l’esterno, per esempio nelle scuole, dove si riscontra una certa ignoranza e mancanza di conoscenza rispetto al mon- do del carcere. In cosa consiste la vostra attività nel carcere minorile? Da quando siamo nati a oggi, la nostra presenza all’interno del carcere è cambiata molto, anche in ba- se ai rapporti con l’Istituzione e il Direttore della struttura. Cerchiamo di rispondere alla loro necessità

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Testimoni L’intervista

20 MISS IONE MAR IA - S ETTEMBRE 2 0 1 6 21MISS IONE MAR IA - S ETTEMBRE 2 0 1 6

più grande, semplice ed evidente, che è quella di pas-sare del tempo in maniera diversa, e per questo pro-poniamo attività di animazione di vario genere: ma-nuali, ludiche, sportive, di approfondimento, di con-fronto... L’attività principale è stare con loro, esserci,anche se loro non riescono a capire come questo siapossibile.

Che cosa non riescono a capire?Non capiscono perché noi, che siamo solo di

qualche anno più grandi di loro, scegliamo volonta-riamente di entrare in carcere e di spendere del nostrotempo in loro compagnia. Il nostro agire, per i dete-nuti, non ha senso, è fuori dalla loro logica e dal loroschema di pensiero. Perché dovremmo stare lì senzaessere pagati? Qual è il nostro secondo fine?

E qual è il senso del vostro servizio?È la gratuità. È il mostrare che è possibile fare una

scelta di questo tipo, dedicare tempo e attenzione aglialtri gratuitamente, senza pretendere nulla in cambio,senza pretendere risultati, che spesso sono nulli. È ildire loro che, nonostante tutto, possono scegliere,possono decidere dove spendere il loro tempo e le lo-ro energie.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontratenel rapporto con i giovani detenuti?

La difficoltà maggiore quando si entra in carcereè rendersi conto che il loro sistema di riferimento èmolto diverso dal nostro; che in quel contesto i si-gnificati cambiano e tutto, anche ciò che a noi sem-bra banale e scontato, acquista un senso e un valorediverso, spesso amplificato. Bisogna anche stare mol-to attenti a rapportarsi con tutti nello stesso modo,senza fare distinzioni, e per questo non chiediamo anessuno la sua storia, per evitare condizionamenti.Un’altra difficoltà enorme da superare è la frustrazio-ne del servizio, nel senso che quasi sempre non c’è unritorno immediato della nostra attività, non vediamoun reale cambiamento nei ragazzi. È palese che get-tiamo semi che potremmo non vedere mai germo-gliare, ma questo ci spinge a interrogarci continua-mente sul senso del nostro esserci.

E la gratificazione maggiore che questo servizio vi offre?

È molto bello quando con un ragazzo si crea, perquanto possibile, un rapporto vero, non ambiguo.Quando si riesce a chiacchierare guardandosi negliocchi e cogliere, nel loro sguardo, la tranquillità e laserenità nella relazione; quando le tue parole sembra-no lasciare un segno. Il più delle volte si tratta di un

attimo, che non avrà conseguenze dirette perché glieventi della vita saranno più forti e travolgenti di quelmomento emozionale, ma anche solo per quellosguardo vale la pena passare del tempo in carcere.

Che idea ti sei fatta del carcere come pena per i reati?

Non saprei dire quale potrebbe essere la modalitàgiusta alternativa, ma credo che il carcere non fun-zioni, soprattutto per i minori, come testimonia l’altotasso di recidività. Mentre sono lì, è come se la lorovita si fermasse, venisse congelata, ma quando esconola ritrovano tale e quale, ritornano a vivere nelle stessesituazioni, con gli stessi strumenti. Non sono messinella condizione di fare scelte diverse e spesso la lorobuona volontà, l’intenzione di cambiare vita, i lorosogni si scontrano con la realtà, con l’esigenza dimangiare, dormire… che li spinge all’illegalità.

Nell’anno del Giubileo straordinario della Misericordia, cosa può testimoniare la vostraesperienza nel carcere minorile?

Mi viene in mente il brano di Zaccheo quandosale su un albero per farsi vedere da Gesù. Gesù alzalo sguardo, lo vede, lo riconosce per quello che è, nonlo allontana e va a casa sua. Tutti i ragazzi in carceresono per me come Zaccheo.

Ecco, con il mio servizio in carcere vorrei esserequesto sguardo, vorrei essere uno specchio della lorobellezza, vorrei far loro capire che essere lì, condivi-dere del tempo con loro ha senso e ha un significatoperché, nonostante le azioni che hanno fatto, sonodegni di perdono e di essere guardati.

Alessandra, ci puoi presentare l’AssociazioneUva Passa?

L’associazione ha compiuto 10 anni di attivitàqualche mese fa. È un’associazione laica, anche sestrettamente collegata all’esperienza sociale dei De-

honiani e si occupa di volontariato, sia nel car-cere dei minori di Bologna – il Pratello – sia inuna comunità di minori stranieri non accom-pagnati. Si pone obiettivi molto alti di solida-rietà, accompagnamento e formazione, perchédesidera affiancare le persone, in particolare iminori, nel loro percorso di crescita, portandolia essere individui adulti, responsabili e solidi,

Alzarelo sguardo

“Uva Passa - Unione Volontari Al Pratello ASSociazione d'Aiuto – è una giovaneassociazione di volontariato di Bologna, impegnata nell’ambito del disagio giovanile.Attivi in una comunità di accoglienza per minori e nel carcere minorile della città, i volontari cercano di essere per i giovani un punto di riferimento nel loro percorso di crescita. Ce lo racconta Alessandra, vice-presidente dell’Associazione, che a dispetto delle difficoltà cerca sempre di alzare lo sguardo.

di Caterina Pastorelli

educati nella legalità. Oltre a essere attivi direttamenteall’interno di queste realtà, siamo impegnati in atti-vità di formazione e sensibilizzazione verso l’esterno,per esempio nelle scuole, dove si riscontra una certaignoranza e mancanza di conoscenza rispetto al mon-do del carcere.

In cosa consiste la vostra attività nel carcereminorile?

Da quando siamo nati a oggi, la nostra presenzaall’interno del carcere è cambiata molto, anche in ba-se ai rapporti con l’Istituzione e il Direttore dellastruttura. Cerchiamo di rispondere alla loro necessità

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