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LA COLLABORAZIONEdell’abbigliamento

Tessere il Noi nello sviluppo

nel settore della Moda

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SOMMARIOParte 1 pag. 3

Parte 2 pag. 6

S t r u m e n t i pag. 8

P r o c e s s o pag. 9

Approfondimenti pag. 12

I n t r o d u z i o n e pag. 4

P e r s o n e pag. 7

C o n c l u s i o n i pag. 11

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Parte 1

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MA CHE COS’È LA COLLABORAZIONE?

La collaborazione non è qualcosa che si fa, bensì qualcosa che si

raggiunge. Se la collaborazione fosse un filato, si tratterebbe di un tre capi i cui fili sarebbero le persone, gli strumenti e il processo, ossia gli elementi basilari dello

sviluppo del prodotto. Unendo questi elementi essenziali, la collaborazione è pertanto di estrema utilità nell’affrontare le grandi sfide del settore abbigliamento, ossia la rapidità, i costi e la qualità.

Che si tratti di un semplice cambiamento o di una totale riorganizzazione del processo, lo scopo della collaborazione consiste nel trasformare il frustrato e oberato Io in un membro dell’ispirato ed efficace Noi.

OGNUNO, AD OGNI L IVELLO DEL SET TORE ABBIGLIAMENTO, AFFRONTA SF IDE DIFF IC IL I

La tecnologia e le tendenze possono cambiare, ma l’obiettivo principale delle aziende di abbigliamento rimane lo stesso:

consegnare il prodotto giusto, al momento giusto e al giusto prezzo. Il time-to-market e i costi sono ancora collegati come aspetti prioritari e per molti la qualità riveste un ruolo di pari importanza. Ampia, stretta, freelance, interna, in Europa, in Asia o nelle Americhe: in materia di collaborazione nessuno è insensibile alle sfide legate all’allineamento delle esigenze creative e tecniche, alla trasmissione accurata di enormi quantità di dati o alla reazione a circostanze economiche imprevedibili. Anche le conseguenze di un ritardo nella consegna, di un errore di progettazione o di una scarsa vestibilità sono le stesse per tutti.

“Un’unica solida rete”

SIETE ARENATI SU UN’ ISOLA DESERTA O STATE PROSPERANDO IN UN ARCIPELAGO?

Sfortunatamente, le persone che lavorano nello sviluppo dei capi d’abbigliamento spesso agiscono come isole che, escluse dal resto del processo, gettano i loro messaggi in mare sperando che giungano integri ai giusti destinatari. Sistemi e strumenti inefficenti complicano la loro giornata lavorativa, costringen-dole a svolgere noiose routine. Isolate e oberate di lavoro, queste persone fanno del loro meglio, ma senza riuscire a vedere oltre la loro isola, non potendo quindi contribuire al massimo del loro poten-ziale. Cosa accadrebbe se le aziende costruissero ponti tra queste isole?

La moda è il regno del paradosso: al tempo stesso creativa e tecnica, ar-

tistica e lucrativa, locale e globale, fa in-contrare una miriade di persone diverse, per trasformare una visione creativa in qualcosa di tangibile e remunerativo.

“Siete un’isola?”

O meglio, cosa succederebbe se costruis-sero non solo un ponte tra un’isola e l’altra, bensì un sistema di ponti tale da generare una rete solida e rinforzata e creare contatti attraverso lo sviluppo?

Ebbene, le aziende possono farlo. È proprio ciò che signif ica creare col-laborazione nel cuore dello sviluppo della moda.

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I metodi di lavoro collaborativi allineano queste differenze accompagnandole

verso un obiettivo comune. Si incomincia definendo un’idea singola, sia essa una nuova collezione, un nuovo segmento di mercato o un marchio completamente inedito. Questa idea viene trasmessa a tutte le altre azioni del processo, dalla definizione del prodotto alla consegna, ed esige che tutto - taglio e colore, vestibilità, date di consegna, budget, ecc. - venga eseguito nel rispetto del “ disegno generale”.

UN SOLO OBIET T IVO

UN INSIEME DI PRIORITÀ

Nello sviluppo dei capi d’abbigliamento può essere difficile stabilire dove

finiscono le responsabilità di un individuo e dove iniziano quelle di un altro perchè le persone sono estremamente interdipen-denti in termini di informazioni: il design non può scegliere i tessuti senza conoscere il budget, ai modellisti serve ben più di un rapido schizzo per abbozzare un modello e i fornitori necessitano di precise in-formazioni sui colori per consegnare il tessuto giusto. Al tempo stesso, però, ogni elemento - design, sviluppo, merchandising, ecc. - è influenzato da diverse priorità che spesso sono in conflitto l’una con l’altra. Il design è creativo, lo sviluppo è orientato alla tecnica e il merchandising è concentrato sui costi. Quando lavorano separatamente, ciascuno di essi punta a soddisfare le proprie esigenze, ma siamo certi che sia sempre in grado di rispondere all’esigenza primaria, ossia il prodotto giusto al momento giusto e al giusto prezzo?

Dai discorsi sulla collaborazione emerge di continuo una sola parola:

comunicazione. Si potrebbe affermare che trasmettere le informazioni da un elemento all’altro della catena del valore è l’unica cosa davvero importante nello sviluppo dei capi d’abbigliamento e che il modo di comunicare queste informazioni è altrettanto o addirittura più importante di ciò che si vuole

comunicare. Comunicare con precisione le informazioni, siano essere concettuali o tecniche, alle persone giuste e nelle fasi preliminari del processo di sviluppo è sostanzialmente il fattore più importante nella realizzazione del prodotto giusto al momento giusto e al giusto prezzo, altrimenti come si sa che è giusto? Una comunicazione informata è una comunicazione intelligente, senza la

quale non vi è modo di sapere, se non troppo tardi, come gli eventi legati ad uno stadio dello sviluppo influenzeranno gli altri stadi. Ricordate le isole isolate di cui parlavamo? Ebbene, non si può gestire ciò che non si vede; quando si ha visibilità, si ha il controllo, il che significa che è possibile agire per evitare i problemi anziché reagire convulsamente alle difficoltà.

LA COLLABORAZIONE A IUTA A R ISOLVERE PROBLEMI UNIVERSALI

Un marchio di fascia alta con una lunga storia artigianale si è ritrovato ad affrontare problemi di qualità e time-to-market.Non è stato necessario guardare molto lontano per trovare una spie-gazione: senza un calendario princi-pale non si capiva chi fosse respon-sabile di quali decisioni o quando queste dovessero essere prese. Peggio ancora, le informazioni venivano conservate in fogli elettronici o, nel caso dei campionari, ammucchiate in raccoglitori e bloc notes. Al suo arrivo, il nuovo direttore artistico ha minacciato di andarsene se il sistema non fosse stato migliorato.L’azienda sapeva di avere un serio problema di comunicazione, che scaturiva dalla mancanza di organizzazione, e per di più non disponeva degli strumenti giusti per riuscire a gestire un

processo così complicato. I fogli elettronici non offrivano alcuna visi-bilità tra i reparti né consentivano di rafforzare la responsabilità, le convalide doppie e con-trastanti erano all’ordine del giorno, bloc notes e raccoglitori finivano negli armadi e l’eredità del marchio scompariva con l’avvicendamento dei designer.

Per risolvere in modo duraturo i problemi di comunicazione riducendo sostanzialmente il time-to-market e mantenendo il livello qualitativo offerto dal marchio, l’azienda ha deciso di implementare una soluzione PLM che facilitasse la gestione dello sviluppo.Dopo avere analizzato l’intero processo, si è provveduto a definire un calendario principale con relativi punti di riferimento, che è poi stato condiviso con tutti. Le informazioni provenienti dal line planning, come gli obiettivi finanziari, rappresentavano altrettanti vincoli per lo sviluppo del prodotto già dal kickoff delle

collezioni. Improvvisamente le cose hanno incominciato a procedere più spesso con puntualità e si è visto che in effetti i “vincoli” conferivano maggiore flessibilità al processo decisionale: se un tessuto era perfetto ma troppo costoso, lo sviluppo del prodotto poteva fare un passo indietro per vedere se fosse possibile compiere aggiustamenti anziché forzare l’accettazione di un compromesso. Il design ha così avuto la certezza che le proprie idee creative non sarebbero state calpestate per motivi di budget.

U N E S E M P I O P R A T I C O

. . .

Senza un chiaro messaggio per unire i vari team fin dall’inizio, ognuno seguirà la propria direzione e il risultato sarà un caos di informazioni e di confusione. Se si esagera in tal senso, le imprese potrebbero anche ritrovarsi a perdere dei talenti, come è capitato a un’azienda.

“E questa la chiami organizzazione?!”

UN CASO D I COL L AB ORA Z I ONE

L’azienda aveva bisogno di creare collaborazione a livello organizzativo. Si è così trovato il modo di riportare l’attenzione sul disegno generale anziché sul pezzo del puzzle gestito da ogni singolo reparto.

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È dalle persone che nascono le in-formazioni, sia che si tratti di un

progetto o di un prezzo. La sfida più grande consiste nel portare queste informazioni dove devono andare. La moda procede ad un ritmo acce-lerato e nessuno vuole più lavoro con il rischio di rallentarla. I nuovi strumenti e il cambiamento dei processi, benché

mosso da buone intenzioni, vengono spesso guardati con sospetto o scetti-cismo: la maggior parte delle persone ha paura di cambiare, anche se in meglio. L’introduzione di nuovi strumenti, so-prattutto tecnologici, nei nostri con-solidati processi lavorativi è per molti un cambiamento difficile. Ma è gi-usto mettere in discussione il cam-

biamento: questa offensiva è ciò che stimola l’innovazione e la perfezione. Creare collaborazione significa solita-mente apportare un cambiamento, che sia in un processo o uno strumento. La rilut-tanza può essere superata mostrando alle persone il valore di ciò che si offre loro.

P E R S O N E

Dopo che uno dei troppi incidenti analoghi è arrivato sugli scaffali, l’azienda di Tim ha deciso di investire in consulenza e tecnologia di gestione del colore. Tim se ne è occupato sin dall’inizio. Il suo primo passo è stato definire una guida ai colori, sostanzialmente costituita da una serie di istruzioni di semplice compren-sione per esprimere i colori.Dopodiché, gli standard cromatici sono stati ela-borati e condivisi nell’intero reparto di sviluppo e con i fornitori. Ad ognuno è stato chiesto di atte-nersi alle indicazioni riportate nella guida e di

utilizzare valori numerici per parlare del colore.Tim era curioso ma ancora scettico in merito alla precisione dell’abbinamento cromatico digitale. Per 6 mesi ha lavorato su un processo parallelo: ogni volta che un colore tornava indie-tro, lo confrontava con il colore standard sia visivamente che mediante uno spettrofotome-tro. Operando in questo modo, Tim si è accorto che anziché sostituire la sua valutazione, questo metodo gli consentiva di concentrarsi prima sui colori difficilmente abbinabili, evitando costosi scambi con i fornitori.

Tim è così passato gradualmente e poi total-mente all’abbinamento cromatico digitale, prima con i fornitori principali e quindi con tutti. Al termine di questa transizione, il tempo di sviluppo è risultato ridotto del 70% e i costi di spedizione sono apparsi dimezzati. Poiché tutte le macchine e le stampanti sono state calibrate, Tim è riuscito ad inviare e ricevere informazioni quasi istantaneamente e a fornire un feedback privo di incertezze.

Il colore è forse la sfida più grande, e probabilmente una delle più strategiche, nello sviluppo dei capi d’abbigliamento. Non è un segreto che il colore sia anche uno degli elementi più difficili da gestire, se non altro per il semplice motivo che ognuno lo percepisce in modo diverso. Lo sviluppo del colore è una problematica che ogni azienda di moda, sia essa grande o piccola, di abbigliamento o accessori, deve affrontare, ma è anche un grande esempio di come le resistenze delle persone devono cambiare e di come la collaborazione possa fare un’enorme differenza.

UN ESEMP I O COLORATO

Tim è un designer. Attual-mente la cosa che gli procura maggiore frustrazione è il co-lore. Ogni giorno Tim riceve da uno stabilimento dell’Asia un pacco contenente i campio-nari di tessuto per la tavolozza stagionale.

Tim non è mai sicuro di come apparirà il conte-

nuto, quindi incrocia le dita e spera che stavolta il rosso che ha chiesto assomigli più ad un vino brillante che ad una macchia di rossetto (ultimamente il risultato è stato abbastanza casuale). Sa che c’è un problema, ma le barriere linguistiche e

gli stretti tempi di consegna gli impediscono di trovare il tempo per esaminarlo una volta per tutte. Ad esempio, Tim utilizza un catalogo colori Pantone nuo-vo, ma non può essere certo che quello dello stabilimento non sia rimasto al sole su uno scaf-fale per mesi. Tim continua ad inviare le proprie richieste e ad attendere il postino con un misto di curiosità e paura. In

questo modo, Tim e il suo fornitore si scambiano più volte le informazioni per diversi mesi, ogni volta al prezzo di un’attesa di 10 giorni e di una spedizione postale.

“Non è quello che avevo chiesto...”

Siamo di fronte ad un caso di sviluppo del colore senza strumenti specifici né processi standardizzati. Un flusso di lavoro con gestione del colore e abbinamento cromatico digitale può rivoluzionare il processo di sviluppo, ma non vi è da stupirsi che la resistenza sia un atteggiamento comune. Una tipica affermazione è: “Sono 20 anni che mi occupo di valutazione del colore. Non ho bisogno di un computer che mi dica come si fa.”

Quando però i grandi problemi attirano l’attenzione del management, solitamente è il momento di chiedersi come vengono fatte le cose. Alla maggior parte delle persone basta una chiara spiegazione del modo in cui un nuovo strumento o processo migliorerà loro la vita senza privarle della loro autonomia, fornendo una prova tangibile. Quanto più si dedicheranno alla prova, ad esempio svolgendo un processo parallelo, tanto maggiori saranno le probabilità che riescano da sole ad acquisire fiducia nel nuovo sistema.

. . .

LA MORALE DELLA STORIA

Una decisione gerarchica che stabilisce di fare le cose di-

versamente è certamente un modo per costringere le persone ad accettare un cambiamento. La costrizione non è però neces-sariamente la tattica migliore o più efficace. Il contributo degli utenti gioca un ruolo fondamentale nell’intraprendere un cambiamento a lungo termine di sicuro successo. Quando i designer sono in grado di fornire un feedback, ad esempio, su un nuovo sistema PLM, non soltanto contribuiscono a rendere lo strumento più efficace per l’intero processo, ma si sentono parte attiva nel cambia-mento. L’introduzione di una nuova tecnologia può risultare particolar-mente stressante per alcuni, quindi creare l’opportunità per renderli partecipi può aiutarli a superare il disagio iniziale.

U N E S E M P I O P R A T I C O

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Gli strumenti validi vengono realiz-zati senza mai perdere di vista il

processo. Il loro scopo è quello di elimi-nare le inefficienze che sono inevitabili nel lavoro manuale. Gli strumenti non

devono però aumentare la comples-sità, bensì contribuire a portare ordine nel caos e a dare un senso al groviglio di informazioni che i professionisti dell’abbigliamento affrontano ogni gior-

no, ogni ora, addirittura ogni minuto. Gli strumenti tecnologici migliori si in-seriscono perfettamente nell’universo degli utenti e parlano la loro lingua.

S T R U M E N T I

Quando qualcuno ci mostra una soluzione, è come se fosse un regalo: guadagniamo tempo e ci liberiamo della frustrazione che può portare al panico. Liberati dall’inefficacia, i nostri metodi lavorativi portano vantaggi effettivi anche agli altri anelli della catena: un product manager che tiene aggiornato un database conferisce maggiore flessibilità allo sviluppo del prodotto, per rispondere più precocemente ai vincoli di bilancio; un designer che prepara i colori con valori numerici elimina le congetture dal processo di prova del laboratorio di tintura; un modellista che si avvale della tecnologia di prototipazione 3D può controllare direttamente il progetto per vedere se lo stile è giusto.

Jen è capo design in un’azienda di accessori che sviluppa collezioni per vari brand, soprattutto nell’ambito della maglieria. Jen collabora regolar-mente con i clienti per trovare il modo migliore per equilibrare i vincoli di bilancio e l’idea progettuale. Sfortu-natamente, talvolta il ritmo di lavoro non le ha dato il tempo di realizzare i campioni, facendole temere ad ogni occasione che i suoi designer non pre-sentassero lavori abbastanza profes-sionali. Cosa ancor più preoccupante è il fatto che abbia ricevuto da molti fornitori progetti completamente diversi da ciò che aveva chiesto, ma è difficile sapere se si è trattato di scarsa comunicazione da parte del team di Jen o di cattiva ricezione da parte del fornitore. In entrambi i casi ne sono conseguiti un notevole dispendio di denaro e un’elevata percentuale di stili non usati.

L’azienda di Jen ha così deciso di investire in un software di progettazione tessile per armoniz-zare il metodo di condivisione delle informazio-ni. Il risultato è stato impressionante: innanzi-tutto, le simulazioni del software sono apparse molto più realistiche di quanto fossero stati in grado di fare i designer con un editor di immagi-ni generiche, il che ha dato all’azienda maggiore

fiducia nel presentarsi ai clienti, che a loro volta si sono mostrati più fiduciosi nell’investire nei progetti. La collaborazione tra designer e cliente si stava così svolgendo su informazioni visive affidabili, cosicché era più facile porre domande esplicite e modificare i progetti prima di creare costosi campioni.

Un altro punto di forza del software è il fatto che compili resoconti tecnici collegati ai progetti e inoltrabili ai fornitori. Ora tutti ricevono la stessa serie di istruzioni, per cui quando da uno o due fornitori arrivano campioni non coerenti, Jen può andare direttamente al cuore del pro-blema e interrompere la richiesta di campioni dai fornitori che non hanno consegnato.

“Non è quello che avevo chiesto...”

LO STRUMENTO G IUSTO PER I L LAVORO G IUSTO

Se vi è mai capitato di iniziare a fare qualcosa con uno strumento per poi scoprire che esiste qualcosa di meglio, potrebbe sembrarvi ovvio che non tutti gli strumenti si equivalgono: i fogli elettronici per la compilazione dei dati tecnici sono difficili da tenere aggiornati, le descrizioni verbali soggettive per la comunicazione del colore sono spesso causa di confusione anziché di chiarezza e la prototipazione manuale è una procedura lunga e noiosa. Molti di noi però sono costantemente pressati dalle consegne e pertanto, lasciati soli nell’intraprendere nuovi metodi lavorativi, non hanno molto tempo da dedicare alla ricerca di soluzioni migliori ai problemi esistenti.

LA MORALE DELLA STORIA

Il pericolo della tecnologia è che la velocità e l’efficacia che essa

comporta possono essere talmente allettanti da farci dimenticare di pensare al processo. Gli strumenti non possono sostituire le compe-tenze, ma possono permettere di utilizzarle meglio. Gli strumenti giusti aiutano a realizzare il lavoro più rapidamente e lasciano più tempo a disposizione per le intera-zioni umane che fanno veramente la differenza, come discutere la ves-tibilità di un abito, concordare sulle combinazioni di colori e stabilire se i tempi sono realistici. Proprio come l’impegno umano ha i suoi limiti, così ne ha anche la tecnologia. Applicare le competenze umane alla tecnologia è ciò che rende potente uno strumento.

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Il processo più importante nello sviluppo dei capi d’abbigliamento

è la condivisione delle informazioni. Questo avviene tra design e modellistica, tra modellistica e prototipazione, tra merchandiser e fornitori, tra fornitori e produttori, in entrambe le direzioni. Raramente questi soggetti si trovano tutti nello stesso paese e solitamente

non parlano la stessa lingua. Nella maggior parte dei casi le informazioni trasmesse sono soggettive (come il colore) o altamente dettagliate (come stili, modelli e specifiche tecniche). Avere un processo significa stabilire una struttura di guida e una lingua comune per trasferire queste informazioni da un soggetto all’altro. Spesso i

processi nascono da soli o cambiano con l’evolversi delle aziende, senza formalizzazioni, ma sfortunatamente non sempre rappresentano il modo migliore per fare qualcosa. E il più delle volte le persone sono talmente occupate a cercare di concludere una cosa da non avere il tempo di riflettere sul modo in cui la fanno.

P R O C E S S O

UN INCO NTRO PA RA D I S I A CO TRA D ES IGN E M O DELL IST IC A

Il design e la modellistica hanno spesso un rapporto di amore-odio: non possono stare l’uno senza l’altra, ma hanno difficoltà a comunicare.

Greg è un designer. L’azienda per cui lavora possiede vari marchi e Greg progetta per uno di essi. Essendo in ogni momento responsabile di decine di stili, si è abituato a lavorare contemporaneamente su 3 stagioni, acquisendo la sensazione di essere sempre indietro. Greg cerca di essere paziente, ma il costante avanti e indietro con lo svilup-po dei modelli gli causa frustrazione. I modellisti lavorano in “pool” in un altro reparto. A differenza dei designer, i modellisti non sono assegnati ad un marchio specifico e quindi Greg non lavora sempre con la stessa persona. Parte della sua frustrazione scaturisce dal dovere rispiegare la sua idea creativa ogni volta che lavora con una persona nuova. Sembra sempre di adottare una serie infinita di ade-guamenti da ambo le parti prima di trovare la giusta vestibilità. E an-che allora, dalla sala campioni non ritorna mai giusta al primo colpo. Dall’altra parte...

Sandy è una modellista, altrettanto frustrata, che ama l’arte della modellistica, ossia il trasformare un’idea creativa in una realtà tec-nica. A Sandy piace vedere la struttura di un indumento prendere forma sullo schermo, ma incomincia ad avvertire alcune limitazioni. Servono ore per realizzare gli adeguamenti richiesti da Greg e dopo vari infruttuosi scambi di idee sullo stile, la cosa non è più divertente. Si sente scollegata dal design, confinata ad eseguire una serie di cam-biamenti che sono o forse non sono ciò che vuole Greg. E quando alla fine lui prende una decisione, lei deve ancora accertarsi che il cam-pione che uscirà sia giusto, cosa che la prima volta non accade mai.

“Un rapporto di amore-odio”

Vi sono alcuni semplici modi per rendere il processo di comunica-zione più affidabile e produttivo ed ottenere le cose giuste già al primo tentativo: struttura e “linguaggio” significano concordare sulla forma che le informazioni assumeranno, individuare le in-formazioni che devono comparire in un pacchetto di specifiche, decidere di utilizzare valori numerici per comunicare i colori, ecc.

Qual è il linguaggio migliore per fare comunicare persone con esigenze diverse in paesi diversi? Come sanno tutti i viaggia-tori, il modo migliore per comunicare un’idea in un paese di cui non si parla la lingua è mostrarla. Ecco perché i dizionari visuali sono così comodi. Lo stesso dicasi per la trasmissione delle in-formazioni in materia di abbigliamento. Ad un processo basato su immagini condivise conseguirà una migliore comunicazione e un minor numero di errori.

La storia di Greg e Sandy è molto comune. Un rivenditore sudafricano ha dovuto affrontare le stesse sfide nei propri reparti di design e progettazione modelli. Un piccolo cambiamento organizzativo ne ha trasformato l’intera esperienza di sviluppo.

Il primo importante cambiamento è stato materiale: l’azienda utilizzava ancora metodi di modellistica manuali, per cui i designer sono stati addestrati su un apposito software specializzato, che li ha liberati dall’ingombrante cartone e da noiosi compiti manuali. Il secondo cambiamento ha riguardato il processo: il pool dei modelli è stato sciolto e i modellisti sono stati decentralizzati e affiancati ai designer. Ora queste due figure operano fianco a fianco, condividendo sin dall’inizio la stessa idea del marchio e il cliente per cui lavorano.

L’integrazione ininterrotta del design e dello sviluppo sembra naturale, ma i modellisti non sono apparsi immediatamente convinti. Dal loro punto di vista, il loro ruolo risultava più utile nelle vicinanze della sala di cucitura, dove potevano aiutare la cucitrice in difficoltà, come spesso accadeva con il vecchio sistema di fare le cose. Ma dopo avere lavorato a stretto contatto con i designer, è parso ovvio che un primo modello accurato generava un numero molto minore di difficoltà ed espedienti nella sala di cucitura. Le sfide della cucitrice svanivano quando il designer e il modellista sviluppavano il modello giusto già al primo tentativo.

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UN M IGL IORE PROCE S S O S INGOLO PER CA MB I A RE I L D ISEGNO GENE RA L E

Un cambiamento di processo all’interno di uno o due reparti può aprire nuove

opportunità di crescita strategica se la motivazione nasce dagli obiettivi legati al disegno generale. Un cambiamento singolo

nella sala progettazione può preparare il terreno per un approccio completamente nuovo al mercato. Lo stesso rivenditore sudafricano de-siderava trasformare il proprio modello di sviluppo passando dall’imitazione degli stili d’oltremare al design creativo interno. L’azienda sapeva che i prodotti creati in casa con uno stile particolare avrebbero riscosso maggiore successo rispetto ad abiti meno originali e pertanto voleva mantenere la produzione il più possibile a livello locale. Ma per riuscirvi, doveva convincere i punti vendita che avrebbe potuto produrre indu-menti alla moda di buona vestibilità, cosa che in passato aveva difficoltà a fare.

Prima di riorganizzare il design, il time-to-market medio dell’azienda era di 180 giorni. Associando il design alla modellistica, si è riusciti a portare i tempi di consegna a

100 giorni e ad avvicinarsi maggiormente all’obiettivo di 56 giorni. I tempi di sviluppo più rapidi e la realizzazione di capi giusti già al primo tentativo hanno aiutato il centro di design dell’azienda a convincere i punti vendita che avrebbero fornito prodotti com-mercialmente realizzabili e che non avevano bisogno di guardare all’estero per essere im-portanti. I punti vendita si sono leggermente rilassati quando hanno visto che il design ap-plicava le proprie competenze con successo e proponeva stili in grado di vendere. L’intero centro di design si è così entusiasmato, di-mostrando l’importanza del cambiamento di processo e dell’utilizzo accorto della tecnolo-gia. Gli sforzi dell’azienda mirati a mantenere il design e lo sviluppo a livello locale hanno creato posti di lavoro in un settore, quello dell’abbigliamento, che procede lottando costantemente. Anche il governo locale ha dato il proprio supporto, acconsentendo ad investire nella formazione sui nuovi sistemi.“Un incontro paradisiaco”

L A MORA LE D ELL A STOR IA

Quando gli individui smettono di operare in isolamento, concen-

trandosi sul completamento di un singolo compito, ed entrano maggior-mente in connessione con il processo globale, il loro lavoro ben fatto contri-buisce alla realizzazione di un disegno più grande. Quando è in atto un pro-cesso solido, le aziende possono ini-ziare a pensare seriamente ad avanza-menti strategici di alto livello.

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C O N C L U S I O N I

Come abbiamo visto, la collaborazione

non è un’idea unidimensionale, bensì

il risultato dell’utilizzo degli strumenti

giusti in un processo accuratamente

studiato. Naturalmente, le persone sono

gli elementi chiave di questa equazione

e la parte più importante dell’ideazione

di metodi di lavoro collaborativo consiste

nel mostrare loro in che modo la

collaborazione può facilitare le mansioni.

Creare collaborazione significa sostituire

l’Io con il Noi ad ogni stadio del processo di

sviluppo del settore abbigliamento. Collaborare

significa condividere e scambiare da ogni punto

di vista, lungo l’intero percorso, allo scopo di

prendere decisioni migliori e più accorte sin

dall’inizio e di porre domande intelligenti per

dirigere le competenze laddove sono più utili.

Collaborare significa fare luce negli angoli in

cui le informazioni si perdono e aiutare i team

ad acquisire la visibilità di cui hanno bisogno

per passare dal lavoro in condizioni di cecità

alla capacità di prendere decisioni informate

e rimanere in testa al gioco, anziché stare

semplicemente al passo.

Ma ricordate che per creare collaborazione

servono impegno e una squadra per agire.

lectra.com

GRAZIE

Le storie riportate in questo documento sono frutto di fantasia, ma si ispirano all’esperienza vissuta di professionisti del settore

abbigliamento. Desideriamo ringraziare il gruppo di circa 30 persone (designer, product manager, CAD manager, CEO, responsabili

commerciali, modellisti, tecnici del colore, designer tessili, direttori marketing e formatori) di diversi paesi, ovvero Stati Uniti, Francia,

Germania, Sudafrica, Guatemala e Gran Bretagna, che hanno contribuito al progetto.

Guardatevi allo specchio —quasi sicuramente avrete indosso qualcosa creato con la tecnologia Lectra.

SEDE CENTRALE

Con quasi 40 anni di esperienza acquisita nel settore fashion e abbigliamento, la mission di Lectra consiste nel fornire una gamma completa

di soluzioni di design, sviluppo e produzione per affrontare le sfide del XXI secolo. Dalla prima scintilla creativa al prodotto finale, i nostri

servizi professionali sono rivolti ad un processo end-to-end. Per sapere in che modo la nostra offerta per il design, lo sviluppo e la produzione

può aiutarvi a sfruttare il fattore collaborazione, vi invitiamo a contattare una delle nostre sedi internazionali.

CONTATTARE LECTRA

KATE ROBINSONEditor/Ricerche

MARIAM SANOKO Direttore artistico/Design

NATHANAËL NEGRONI Illustrazioni

INFORMAZIONI SU QUESTO DOCUMENTO

Amanda J. Muhammad, Jung E. Ha-Brookshire, (2011). “ Exploring job responsibilities and requirements of US textile and apparel sourcing personnel,” Journal of Fashion Marketing and Management, Vol. 15 Iss: 1, pp.41 – 57.

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Approfondimenti