Tesi_lo scarso Rendimento

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tesi di laurea in merito allo scarso rendimento dei lavoratori e possibilità di licenziamento per giustificato motivo e/o giusta causa

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    Indice

    Capitolo primo

    LO SCARSO RENDIMENTO NELLA GIURISPRUDENZA 1.1. Il problema della rilevanza giuridica del rendimento ............................................................. 3

    1.2. Lo scarso rendimento come violazione del dovere di diligenza ............................................. 7

    1.3. La prova della negligenza del prestatore .............................................................................. 12

    1.4. Le clausole di rendimento minimo ....................................................................................... 17

    1.5. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: lonere di repchage............................ 23

    1.6. La natura anfibia dello scarso rendimento ....................................................................... 28

    Capitolo secondo

    IL RENDIMENTO NELL'OBBLIGAZIONE DI LAVORO

    2.1. La regola di diligenza e la sua portata .................................................................................. 37

    2.2. Diligenza e contenuto della prestazione ............................................................................... 41

    2.3. Lobbligazione di lavoro come obbligazione di mezzi ........................................................ 47

    2.4. La rilevanza del risultato allinterno del rapporto di lavoro ................................................. 51

    2.5. Diligenza e profili quantitativi della prestazione ................................................................. 56

    2.6. Intensit minima della prestazione e rendimento ................................................................. 61

    Capitolo terzo

    IL CONCETTO DI RENDIMENTO NEL SETTORE PUBBLICO: LA C.D. PERFORMANCE

    3.1. La privatizzazione della pubblica amministrazione come rimedio alla sua scarsa produttivit ..................................................................................................................................................... 67

    3.2. La valutazione della performance nella riforma Brunetta .................................................... 70 3.3. Lo scarso rendimento del dipendente pubblico .................................................................... 77

    3.4. La mancata realizzazione di obiettivi: la responsabilit dirigenziale ................................... 85

    Conclusioni................................................................................................................................. 95

    Bibliografia ................................................................................................................................ 99

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    Capitolo primo

    LO SCARSO RENDIMENTO NELLA GIURISPRUDENZA

    1.1. Il problema della rilevanza giuridica del rendimento

    Si pu constatare come, nella pratica, la giurisprudenza si trovi di frequente di fronte a dei casi di sanzioni disciplinari o anche di licenziamenti irrogati invocando a propria giustificazione uno scarso rendimento del prestatore di lavoro. Sorge allora spontanea la domanda circa linquadramento giuridico del concetto di rendimento, ovvero se esso possa farsi legittimamente rientrare in uno degli obblighi cui il lavoratore tenuto nellesecuzione del contratto, se consista in un obbligo a s stante, oppure se rimanga del tutto fuori dal rapporto di lavoro. Ancora prima, si rende necessaria una definizione di tale concetto e la verifica della sua eventuale correlazione con quello di risultato.

    Il rendimento nel linguaggio comune esprime il profilo quantitativo dellattivit di lavoro1 e pu definirsi come il rapporto tra il tempo dedicato alla prestazione e il risultato conseguito2. Si dice anche che il rendimento misura concretamente la massa di sforzo e di impegno impiegata dal lavoratore subordinato allinterno dellorganizzazione datoriale3. infatti intuitivo che la prestazione lavorativa dovrebbe essere svolta secondo un certo ritmo, utile al suo coordinamento allinterno del sistema produttivo creato dal datore di lavoro.

    Se di primo acchito la questione della rilevanza giuridica del rendimento pu sembrare facile, si vede come cos non risulti ad uno sguardo un po pi approfondito. Se ne resa conto anche la dottrina, che ha largamente affrontato il problema dellesigibilit di un predeterminato rendimento da parte del lavoratore, al fine di verificare la sua sanzionabilit in caso di mancato raggiungimento del livello di produzione dovuto. Essa ha in sostanza tentato di verificare la connessione tra

    1 F. MORTILLARO, Sul rendimento del prestatore nella obbligazione di lavoro, in Dir. Lav., 1971, I, p.

    125, parla di criterio quantitativo di misura della prestazione dovuta. 2 G. GIUGNI, Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, Napoli, 1983, p. 125.

    3 A. MATTEI, Licenziamento per scarso rendimento: un percorso giurisprudenziale, in Lav. Giur., n.

    8, 2011 , p. 790 ss..

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    rendimento e obbligazione di lavoro. Tale problematica si pone in particolar modo nellambito del lavoro subordinato, perch nel lavoro autonomo, coordinato o a progetto lutilit della prestazione comunque suscettibile di venire valutata dal datore, indipendentemente dalla questione dellautonoma rilevanza giuridica del rendimento4.

    Esistono sostanzialmente due ragioni che rendono difficile lindagine volta ad accertare la rilevanza giuridica del rendimento5. La prima ragione tecnica ed attiene al fatto che la prestazione di lavoro subordinato viene tradizionalmente considerata unobbligazione di mezzi. Dalla constatazione che il raggiungimento del risultato finale avuto di mira dal creditore pu essere condizionato da fattori indipendenti dalla condotta del debitore, infatti derivata la convinzione che il risultato sia estraneo al vincolo contrattuale. Linserimento dellobbligazione di lavoro tra le obbligazioni di mezzi rende di conseguenza difficile attribuire una rilevanza giuridica, oltre che al comportamento del debitore, anche al risultato materiale cui la prestazione funzionale. Ecco perch quando si parla di rendimento come correlato al risultato che il prestatore deve produrre nellunit di tempo, si chiarisce anche che il risultato non viene considerato come loggetto dellobbligazione, ma solo come un termine di misura del quantum della prestazione6. Si tratter allora di vedere se e in che misura i profili quantitativi dellattivit lavorativa siano importanti ai fini della corretta esecuzione della prestazione.

    In secondo luogo, si oppone al riconoscimento di una rilevanza giuridica del rendimento una ragione ideologica7. infatti particolarmente diffusa la convinzione che il lavoratore subordinato, in quanto soggetto socialmente debole e privo di mezzi di produzione, debba essere sostanzialmente deresponsabilizzato dai risultati del suo lavoro 8 , imputando piuttosto il suo rendimento a colui che organizza i mezzi di produzione. Tanto pi che, essendo il lavoratore una mera parte di unorganizzazione pi complessa predisposta da altri, si rischia, ritenendolo responsabile della sua

    4 Ai sensi dellart. 67 del d.lgs. 276/2003, il creditore di lavoro autonomo pu infatti recedere prima della

    scadenza del termine, oltre che per giusta causa, secondo le diverse causali o modalit stabilite nel contratto. 5 M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, in Arg. Dir. Lav., 2004, p. 540 e ss..

    6 G. GIUGNI, Mansioni e qualifica, cit., p. 125.

    7 M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, cit., p. 541.

    8 R. SCOGNAMIGLIO, Diritto del lavoro, Bari, 2003, p. 59.

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    insufficiente produttivit, di imputargli le inefficienze dellorganizzazione stessa9, alle quali il suo scarso rendimento potrebbe essere collegato.

    Per meglio affrontare il problema della rilevanza giuridica del rendimento, si possono fare alcune distinzioni preliminari. Il rendimento pu infatti assumere rilevanza giuridica sotto due diversi punti di vista, ossia per quantificare il compenso del lavoratore o per verificare lesatto adempimento dellobbligazione10. Nel primo caso il rendimento sicuramente esterno al debito di lavoro, ma pu assumere rilevanza giuridica per effetto di manifestazioni di autonomia contrattuale al fine di far partecipare il lavoratore alle sorti dellazienda (premi di produttivit collettivi, cottimo collettivo) o, relativamente al rendimento del singolo lavoratore, per premiare quello che si distingue per la sua produttivit individuale (premi di produttivit individuali, cottimo individuale). Non c in questo campo, tranne rare eccezioni, alcun limite allautonomia privata (sia collettiva che individuale); al contrario, lordinamento garantisce delle agevolazioni fiscali e contributive per i premi di produttivit e per le forme di retribuzione variabile, perch per loro tramite si introducono trattamenti pi favorevoli per il lavoratore. Dal secondo punto di vista il rendimento costituisce invece un momento essenziale nella verifica della corrispondenza tra quanto effettivamente prestato e quanto dovuto: il mancato raggiungimento del livello atteso pu costituire inadempimento dellobbligazione.

    Sembra in realt fuori di dubbio, ed confermato dalla stessa giurisprudenza, che in via generale il rendimento sia rilevante nelladempimento della prestazione di lavoro11, indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia retribuito a economia o a cottimo 12 e che le parti abbiano stabilito in modo esplicito nel contratto il livello minimo di produzione che il lavoratore deve raggiungere. La possibilit di utilizzare il rendimento del lavoratore come parametro di valutazione del corretto adempimento dipende in fin dei conti dal particolare contesto dellobbligazione di lavoro subordinato, inserita nellorganizzazione tecnica dellimpresa. Lobbligazione di lavoro si distingue

    9A. VISCOMI, Diligenza e prestazione di lavoro, Torino, 1997, p. 293. 10

    Distinzione che, come si vedr, correlata allevoluzione del pensiero giuridico in materia di lavoro a cottimo. 11

    In questo senso F. MORTILLARO, Sul rendimento, cit., p. 128; P. ICHINO, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, II, Milano, 1985, p. 255; M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, cit., p. 322. 12

    Il lavoratore a cottimo fornisce una promessa di attivit non diversa da quella del prestatore retribuito a tempo, che, si rammenti, pur sempre tenuto a svolgere un quantum sufficiente di prestazione, cos G. GIUGNI, Mansioni e qualifica, cit., p. 82.

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    infatti, allinterno della categoria delle obbligazioni di mezzi, per la subordinazione del debitore al potere direttivo del creditore. Lesercizio da parte del datore di lavoro delle sue prerogative e in particolare del suo potere di dirigere lattivit dei suoi dipendenti, gli consente lindividuazione del risultato che il lavoratore diligente deve produrre, sia dal punto di vista della qualit che della quantit. Il risultato quindi, pur rimanendone estraneo, evidentemente connesso allobbligazione di lavoro, che risulta ad esso finalisticamente tesa, sia pure in seguito allintervento coordinativo del creditore. Dato che la prestazione di lavoro subordinato, per essere utile allorganizzazione, deve garantire quella modificazione della realt materiale di volta in volta richiesta dal datore attraverso la sua organizzazione del lavoro, il problema della rilevanza giuridica del rendimento si sposta, in fondo, allindividuazione del livello di rendimento concretamente esigibile con riferimento ad uno specifico rapporto di lavoro, rendendosi necessario evitare di consegnare nelle mani del datore di lavoro uno strumento arbitrario di valutazione dellutilit della prestazione.

    La rilevanza del rendimento assume inoltre un significato ancora pi forte in una fase come quella attuale, in cui lesigenza della economicit della prestazione di lavoro e la sua redditivit sono soggette ad un controllo crescente. quello che avvenuto in particolare nel settore pubblico, dove le amministrazioni si sono nel tempo dotate di sistemi sempre pi complessi per monitorare e valutare la produttivit dei propri dipendenti. In tale settore si pu notare una modifica nel modo di intendere il rendimento, il quale non pi considerato solo come un parametro per valutare lesattezza delladempimento sul piano quantitativo, o la capacit produttiva del lavoratore, ma sta a indicare la corretta prestazione sotto ogni aspetto. Tale visione ampliata dello scarso rendimento introduce per anche nuovi problemi, in primis quello su come intendere dal punto di vista qualitativo lo scarso rendimento, che a sua volta rinnova la questione del rapporto intercorrente tra rendimento e risultato.

    Alla luce di tali considerazioni, ci si propone di affrontare il problema della rilevanza giuridica del rendimento analizzando innanzitutto lapproccio giurisprudenziale in tema, al fine di verificare quali tipi di conseguenze la giurisprudenza ammetta a fronte di uno scarso rendimento del prestatore e a quali parametri essa ricolleghi la definizione della soglia minima di produttivit cui egli tenuto. Coinvolgendo nella questione anche la dottrina, si rende poi necessaria

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    unanalisi sul contenuto stesso dellobbligazione di lavoro, in modo da comprendere il ruolo che il rendimento assume al suo interno e in particolare se esso possa farsi rientrare nel dovere di diligenza previsto in capo al lavoratore dallart. 2104 c.c. Lindagine verter in particolare sul contenuto di tale obbligo, allo scopo di appurare se esso abbia una mera valenza qualitativa, oppure se assorba anche i profili quantitativi della prestazione e di conseguenza il rendimento. Non si potr nemmeno prescindere da una valutazione della rilevanza del risultato allinterno dellobbligazione di lavoro, tentando in particolare di accertare se tale rilevanza sia preclusa del tutto a causa dello storico inserimento dellobbligazione di lavoro tra le obbligazioni di mezzi. chiaro infatti che il rendimento, definito come il risultato raggiunto nellunit di tempo, risulta ad un qualche risultato pur sempre correlato. Dando infine uno sguardo al settore pubblico, si potr rilevare se effettivamente in tale settore il rendimento assuma una rilevanza diversa e pi pregnante rispetto al privato, in relazione soprattutto degli accurati sistemi di valutazione del rendimento del personale e delle strutture introdotti dalla c.d. riforma Brunetta.

    1.2. Lo scarso rendimento come violazione del dovere di diligenza

    Dallindagine dellatteggiamento della giurisprudenza derivano le prime indicazioni su come considerare il rendimento del lavoratore subordinato. Nella maggior parte delle sentenze concernenti tale questione, si trova infatti affermato come non sia punibile lo scarso rendimento ex se, ma solo quando esso sia correlato alla violazione del dovere di diligenza cui il prestatore tenuto in base allart. 2104 c.c.13. In tali sentenze, in particolare, i giudici confermano la legittimit di una sanzione disciplinare conservativa o di un licenziamento irrogati invocando a propria

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    I precedenti fanno spesso riferimento ai produttori delle compagnie assicurative, ai propagandisti scientifici e ai prestatori addetti alle lavorazioni in serie. Si veda ad es. Cass. 1 dicembre 2010, n. 24361, in Dir. e Gius., 2010, 0, p. 514, con nota di M. F. FERRARI, Legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia provata un'evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente; Cass. 22 gennaio 2009, n. 1632, in Riv. It. Dir. Lav., 4 , 2009, p. 862, con nota di S. DI STASI, Lo scarso rendimento come presupposto del recesso datoriale per giustificato motivo soggettivo: prova della negligenza del lavoratore in chiave presuntiva; Cass. 17 settembre 2009, n. 20050, in Guida al dir., 2009, p. 46; nella giurisprudenza di merito v. Trib. Perugia 12 ottobre 2010, n. 732, in Guida al dir., 3, 2010, p. 63.

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    giustificazione lo scarso rendimento del prestatore, quando risulti provato, oltre al dato oggettivo del mancato raggiungimento del minimo di produttivit dovuto, anche che tale scarsa produttivit sia stata causata da un atteggiamento negligente del lavoratore stesso14. Lindividuazione del minimo dovuto correlata dalla giurisprudenza a dei parametri concreti, quali la produttivit media dei lavoratori dello stesso settore, o al fatto che il contratto (collettivo o individuale) contenga una c.d. clausola di rendimento, con la quale il prestatore si obbliga a raggiungere un determinato livello di produttivit o degli obiettivi ben precisi. Anche in questo caso, infatti, la giurisprudenza non fa discendere dal mancato rispetto della clausola di per s la legittimit del licenziamento, rendendosi necessaria la prova ulteriore che tale disobbedienza sia connessa ad una negligenza colpevole del lavoratore15. La clausola si porr tuttal pi come mero indice sintomatico16 di un comportamento colpevole, che andr supportato e integrato da ulteriori elementi perch laccertamento giudiziale sia completo. Solo la contemporanea presenza dellelemento oggettivo e di quello soggettivo giustifica quindi lirrogazione della sanzione disciplinare, che sia essa conservativa o espulsiva.

    In tale prospettiva, la giurisprudenza fa dunque rientrare lo scarso rendimento in quel notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro, prescritto dallart. 3 della legge n. 604 del 1966 ai fini della legittimit del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ma solo in via indiretta, ovvero in quanto esso ricompreso nellobbligo di diligenza al quale il prestatore gi ex lege tenuto, sulla base dellart. 2104 c.c. Allo stesso modo essa intende lo scarso rendimento che pu dar luogo allirrogazione di una sanzione disciplinare conservativa, la quale infatti giustificata, come previsto dallart. 2106 c.c., solo dallinosservanza degli obblighi di diligenza o di fedelt che il prestatore di lavoro deve rispettare nellesecuzione della sua attivit. Lo scarso rendimento solo in questo senso pu dunque

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    Se, cio, potendo fare, il lavoratore non ha voluto fare. Cos A. VISCOMI, Diligenza, cit., p. 293. Secondo lA., lo scarso rendimento costituisce di per s inadempimento, mentre lelemento soggettivo sarebbe necessario in sede di valutazione della gravit dellinadempimento, arrivando in ogni caso alla conclusione che il rendimento quantitativamente o qualitativamente inferiore al dovuto fonte di responsabilit solo se imputabile a colpevole negligenza. 15

    Come conferma ad es. Cass. 3 maggio 2003, n. 6747, in Arg. Dir. Lav., 2004, p. 375 ss., con nota di A. PRETEROTI, Scarso rendimento: indice sintomatico e segno non equivoco della negligenza? 16

    A. PRETEROTI, Scarso rendimento: indice sintomatico e segno non equivoco della negligenza?, cit., p. 383.

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    costituire una forma di inadempimento, oppure di parziale adempimento della prestazione lavorativa17.

    Alla luce delle sentenze in materia, lo scarso rendimento per la giurisprudenza non va quindi a qualificare una categoria autonoma e autosufficiente ai fini sanzionatori18, ma solo un elemento di una valutazione pi complessa che il giudice deve compiere prima di decidere circa la legittimit del provvedimento datoriale. Dato che per il diritto vivente lunico inadempimento sanzionabile sembra essere solo quello che consiste nella violazione del dovere di diligenza previsto dallart. 2104 c.c., alcuni autori giungono addirittura ad affermare che lespressione licenziamento per scarso rendimento19 sarebbe impropria, non avendo il rendimento una rilevanza giuridica a s stante20, mentre si dovrebbe pi correttamente e semplicemente parlare di licenziamento per inesatto adempimento21.

    Secondo la dottrina, latteggiamento della giurisprudenza in tema di scarso rendimento dimostrerebbe la sua adesione alla storica distinzione che vede contrapposte due categorie di obbligazioni: quelle di mezzi e quelle di risultato, ciascuna dotata di un proprio autonomo sistema di responsabilit. Nelle obbligazioni di mezzi, tra cui viene fatta rientrare lobbligazione di lavorare22, il debitore tenuto unicamente ad un facere, ad un comportamento diligente, a prescindere dal fatto che tramite la sua attivit il datore si proponga di raggiungere un risultato diverso e ulteriore rispetto allattivit in s e per s. Nelle obbligazioni di risultato, al contrario, il debitore tenuto non ad un comportamento determinato, ma al raggiungimento, tramite lutilizzo delle proprie 17

    Cos Cass. 20 agosto 1991, n. 8973, in Riv. Giur. Lav., 1992, con nota di A. VISCOMI, Sul licenziamento per scarso rendimento: una conferma (opinabile) della S. C., secondo la quale il licenziamento per scarso rendimento costituisce una fattispecie di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, ossia per giustificato motivo soggettivo ai sensi dellart. 3 della l. n. 604 del 1966, che a sua volta si pone come specie della risoluzione per inadempimento prevista dagli artt. 1453 e ss. c.c.. 18

    A differenza, come si vedr, che nel settore pubblico. 19

    Si deve alla negoziazione interconfederale luso del termine licenziamento per scarso rendimento: si veda infatti lart. 17 acc. int. 29 aprile 1965 sui licenziamenti individuali. 20

    Per il diritto vivente il rendimento esterno al rapporto obbligatorio. Cos M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, in Arg. Dir. Lav., 2004, p. 547. 21

    Se il licenziamento dovuto a inesatto adempimento si dovrebbe evitare di denominarlo come per scarso rendimento, considerato che di un dovere di rendimento da aggiungere al dovere di prestazione non vi traccia nella legge, cos L. NOGLER, La disciplina dei licenziamenti individuali nellepoca del bilanciamento tra i principi costituzionali, in Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind., 116, 2007, p. 626, che a sua volta richiama le concezioni di M. NAPOLI, La stabilit reale del rapporto di lavoro, Milano, 1980, p. 184. 22

    La giurisprudenza afferma infatti che nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore non obbligato al raggiungimento del risultato ma alla esplicazione delle energie nei modi e nei tempi stabiliti, cos Cass. 2 febbraio 2002, n. 1365, in Orient. Giur. Lav., 2002, I, p. 88.

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    energie, di un risultato ben preciso. La conseguenza di tale distinzione una diversa distribuzione dellonere della prova: nelle obbligazioni di risultato sufficiente per il creditore dimostrare il mancato raggiungimento del risultato atteso, gravando poi sul debitore lonere di provare che linadempimento deriva da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.), mentre nelle obbligazioni di mezzi il creditore deve provare il comportamento negligente del debitore23.

    Nella prospettiva soggettiva, lo scarso rendimento pu essere fatto valere come inadempimento a fini sanzionatori o risarcitori. Se si sceglie la strada del provvedimento disciplinare, non necessario giungere per forza allestinzione del rapporto, essendo sempre possibile lirrogazione di una sanzione disciplinare conservativa, ex art. 2106 c.c., nei confronti del lavoratore resosi inadempiente24 . La sanzione sar rivolta ad ammonire il dipendente, invitandolo a migliorare il suo rendimento, senza giungere allextrema ratio della risoluzione del contratto25.

    Nel caso in cui il datore scelga la via del licenziamento, esso dovr essere preceduto da una specifica contestazione disciplinare26, come previsto dallart. 7 Stat. Lav. 27 . La dottrina considera infatti il licenziamento come la massima sanzione disciplinare, cos che di queste esso dovr seguire il procedimento 28 . Perch il

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    Il datore di lavoro che intende far valere la insufficienza della prestazione lavorativa non pu limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma onerato della dimostrazione di un colpevole inadempimento degli oneri contrattuali da parte del lavoratore, sempre Cass. n. 1365/2002, cit. 24

    Qualora le parti abbiano individuato un determinato risultato produttivo la mancata realizzazione delle quantit promesse configura un inadempimento disciplinarmente sanzionabile, cos R. DE LUCA TAMAJO, La diversificazione della prestazione ai confini e nel cuore del diritto del lavoro subordinato, in Lavoro subordinato e dintorni, a cura di M. PEDRAZZOLI, Bologna, 1989, p. 118. Secondo F. MORTILLARO, Sul rendimento, cit., p. 135, in caso di scarso rendimento non dato al datore ricorrere alle sanzioni disciplinari, ma ai rimedi previsti dal diritto comune e in particolare alla diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.. G. GIUGNI, Diritto sindacale, Bari, 1980, p. 243, precisa invece che in genere lo scarso rendimento analiticamente regolato nella contrattazione collettiva nelle sue conseguenze disciplinari. 25

    Sulla legittimit di una sanzione disciplinare causata dallo scarso rendimento del lavoratore, v. Pret. Torino 4 ottobre 1989, in Riv. It. Dir. Lav., 1990, II, p. 661 ss., con nota di P. LAMBERTUCCI, Sui criteri di determinazione del rendimento dovuto. 26

    S. CANALI DE ROSSI, Licenziamento per scarso rendimento, nota a Cass. Sez. Lav. 3 maggio 2003, n. 6747, in Dir. Prat. Lav., n. 38, 2003, p. 2593 ss.. Conformemente, Trib. Milano 8 ottobre 1994, in Or. Giur. Lav., 1994, III, p. 327, ha dichiarato illegittimo il licenziamento per inadempimento intimato dal datore di lavoro senza aver preventivamente invitato il dipendente a migliorare il rendimento. 27

    Legge 20 maggio 1970, n. 300. Lart. 7 prevede anche che il codice disciplinare deve indicare per ogni condotta vietata la corrispondente sanzioni applicabile e deve essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in un luogo accessibile a tutti. 28

    Cass. 20 aprile 1999, n. 3905, in Giust. Civ. Mass., 1999, p. 888, ha precisato che la disposizione di cui allart. 11 dellaccordo interconfederale 18 ottobre 1950, reso efficace erga omnes con d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011, la quale prevedeva per le aziende appartenenti al comparto dellindustria, nel caso di scarso rendimento del prestatore di lavoro, il procedimento di ammonizione da parte del datore di lavoro e

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    procedimento disciplinare non violi il principio di legalit il datore di lavoro sar obbligato a specificare nel codice disciplinare la possibile infrazione e la corrispondente sanzione applicabile. Nellindividuazione della sanzione, al fine di rispettare il principio di proporzionalit enunciato dallart. 2106 c.c., occorrer far riferimento allintensit dellinadempimento e quindi alla differenza tra il risultato effettivamente raggiunto e quello atteso e alleventuale reiterazione dellinfrazione. In ogni caso, se lo scarso rendimento talmente grave da costituire una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto29, esso potr integrare gli estremi del recesso per giusta causa, senza necessit di preavviso30.

    Lo scarso rendimento pu anche essere fonte di responsabilit contrattuale. Il ricorso alla sanzione civile del risarcimento dei danni per, proponibile nella teoria, nella pratica risulta nella maggior parte dei casi impraticabile perch appare poco credibile, nella realt della media e della grande impresa, che lo scarso rendimento di un singolo lavoratore abbia prodotto dei danni nella sfera del datore di lavoro31, per non parlare del fatto che la dimostrazione della rilevanza del comportamento del debitore finirebbe per costituire una sorta di probatio diabolica, dato che nella moderna organizzazione del lavoro il rendimento del singolo risulta collegato con quello di qualsiasi altro soggetto che partecipi al processo produttivo.

    stato infine precisato32 che la valutazione del rendimento del lavoratore non rientra nellambito delle ragioni tecniche e produttive che costituiscono uno dei criteri di scelta dei lavoratori da coinvolgere in un licenziamento collettivo per riduzione di personale e pertanto non possibile procedere allindividuazione di tali lavoratori sulla base del requisito dello scarso rendimento.

    lintervento della Commissione interna, deve ritenersi abrogata dalla normativa, a carattere cogente, posta dalla l. n. 604/1966 e dallo Statuto dei lavoratori. In senso conforme, Cass. 20 novembre 2000, n. 14964, in Giust. Civ. Mass. 2000, p. 2375. 29

    Art. 2119 c.c.. 30

    Come confermato gi da Cass. 30 marzo 1987, n. 3062, in Dir. Lav., 1987, II, p. 384 ss., con nota di M. N. BETTINI, Sul licenziamento per scarso rendimento. 31

    C. ZOLI, Inadempimento e responsabilit per colpa del prestatore di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1983, p. 1288. 32

    Cass. 22 aprile 1992, n. 4814, in Or. Giur. Lav., 1992, p. 700; Cass. 3 luglio 1990, n. 6804, in Riv. Giur. Lav., 1990, II, p. 441, con nota di CHIACCHIERONI; Cass. 4 maggio 1983, n. 3070, in Giust. civ. Mass., 1983, p. 5.

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    1.3. La prova della negligenza del prestatore

    Lonere della prova dellinadempimento del lavoratore grava, ex art. 5 della l. n. 604 del 1966, sul datore di lavoro. La giurisprudenza richiede in particolare una prova rigorosa della colpa del prestatore33, nellambito della quale dovr essere dimostrato, oltre al mancato raggiungimento del rendimento minimo previsto, che linsufficienza del risultato conseguito non sia dovuta a mancanze organizzative riconducibili allorganizzazione del lavoro o a fattori esterni, che hanno variamente influito sul rendimento del lavoratore 34 . La Cassazione afferma infatti che il mancato raggiungimento dei risultati fissati nel contratto di lavoro, laddove non sia provata la negligenza, ma solo la rilevanza dellinadempimento, non determina il sorgere di responsabilit in capo al lavoratore, potendo dipendere da fattori a lui non imputabili e, come tali, non idonei a giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro35 . Tale principio il naturale corollario della subordinazione che caratterizza il rapporto di lavoro: dato che il datore organizza come meglio crede le energie lavorative dei propri dipendenti, su di lui ricade il rischio dellinfruttuosit della prestazione, non causata da mancanze dei lavoratori.

    Una volta accertato in questo modo linadempimento del lavoratore, ovvero il fatto che egli non ha adempiuto ai suoi oneri contrattuali, si proceder allulteriore valutazione se linadempimento rivesta il carattere notevole richiesto dallart 3 della legge n. 604/1966, con onere probatorio ancora una volta in capo al datore. La prova della notevolezza dellinadempimento e quella della colpa tendono in realt a

    33

    Cos come la definisce Cass. 9 settembre 2003, n. 13194, in Mass. Giur. Lav., 2004, p. 71 ss., con nota di L. RUGGIERO, Scarso rendimento ed inidoneit attitudinale sopravvenuta per modernizzazione tecnologica dell'impresa. Come prova liberatoria pu rilevare, oltre ai motivi riconducibili allorganizzazione dellimpresa, anche la sopravvenuta inidoneit fisica del prestatore. Cos Cass. 5 agosto 2000, n. 10339, in Foro It., 2000; Cass. 7 agosto 1998, n. 7755, in Foro It., 1999, I, p. 197. invece esclusa la rilevanza a fini giustificatori di una situazione di minorit psico-fisica, ove al lavoratore siano state affidate mansioni compatibili con il suo stato, v. ad es. Pret. Milano 8 giugno 1990, Dir. Prat. Lav., 1991, p. 266. 34

    Contra L. NOGLER, La disciplina dei licenziamenti individuali, cit., p. 627, il quale, distaccandosi dallorientamento maggioritario, ritiene che siccome lart. 5, l. n. 604 del 1966 non contempla uninversione dellonere della prova, a ben vedere, il lavoratore a dover provare che linadempimento dipeso da un fatto a lui non imputabile ovvero che dovuto allorganizzazione. Il datore di lavoro, oltre allesigibilit del risultato (che, in genere, si prova in via presuntiva sulla base della media delle attivit dei vari dipendenti), deve dimostrare, non la causa, ma il carattere notevole dellinadempimento. 35

    Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Riv. It. Dir. Lav., 1997, II, p. 189, con nota di G. MARTINUCCI, Licenziamento per scarso rendimento: una nuova pronuncia della Cassazione; Cass. 24 maggio 1999, n. 5048, in D&L, 1999, p. 921 ss.; Cass. 2 febbraio 2002, n. 1365, in Not. Giur. Lav., 2002, p. 342; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3876, in Not. Giur. Lav., 2006, 4, p. 497.

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    sovrapporsi, visto che nella dimostrazione del carattere consistente dellinadempimento possono assumere una rilevanza determinante anche lesistenza e la misura della colpa, cos come, viceversa, nellanalisi della sussistenza della negligenza del debitore verr valutata anche la dimensione dellinadempimento: la prova del giustificato motivo (soggettivo) di licenziamento, qual richiesta al datore di lavoro (artt. 3 e 5 della l. n. 604/1966) non pu che consistere nella dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, quale fatto complesso alla cui valutazione, nella particolare ipotesi di scarso rendimento, deve concorrere anche lapprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, fra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato36.

    Latteggiamento della giurisprudenza per quanto riguarda la fisionomia della prova della negligenza ha daltra parte subito nel tempo una progressiva modificazione. Si infatti presa coscienza delle difficolt insite nella dimostrazione dellatteggiamento del lavoratore, di difficile rilevazione se non tramite un controllo diretto e continuo sul suo comportamento, che evidentemente non sempre praticabile, soprattutto quando il lavoratore lavora fuori dalla sede dazienda. Per ovviare a tale problema stato enunciato il principio per cui la negligenza sottesa allo scarso rendimento pu essere provata anche mediante semplici presunzioni37. Tra queste, assumono valore decisivo proprio la rilevante sproporzione tra gli obiettivi fissati, la produttivit superiore degli altri colleghi e quanto dal lavoratore effettivamente realizzato38, cos come il mancato raggiungimento del risultato previsto nella clausola di rendimento eventualmente inserita nel contratto. Tali fatti passano perci da semplici indici oggettivi di una violazione, che per essere tale deve essere integrata dallelemento soggettivo della negligenza, a indici presuntivi di un atteggiamento negligente del lavoratore, comportando uninversione dellonere della prova della colpa. Una volta accertato il mancato raggiungimento del livello minimo dovuto, toccher infatti al lavoratore dimostrare che tale mancanza non a lui imputabile. La Cassazione aggiunge talvolta la

    36

    Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Not. Giur. Lav., 1996, p. 405; confermato da Cass. 10 novembre 2000, n. 14605, in Not. Giur. Lav., 2001, p. 207; Cass. 19 agosto 2000, n. 11001, in Riv. It. Dir. Lav., 2001, II, p. 346 ss., con nota di S. BARTALOTTA, Scarso rendimento e prova per presunzioni della sua imputabilit a condotte negligenti del lavoratore. 37

    Cass. 19 agosto 2000, n. 11011, cit.; Cass. 3 maggio 2003, n. 6747, in Dir. Lav., 2005, II, p. 98, con nota di M. DI PERNA, Sul licenziamento per scarso rendimento; in Arg. Dir. Lav., 2004, p. 375 ss., con nota di A. PRETEROTI, cit.; Cass. 22 gennaio 2009, n. 1632, cit.. 38

    Cass. Sez. Lav. 22 gennaio 2009, n. 1632, cit., p. 868.

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    precisazione che le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti, affermando che esse rispondono a tali requisiti quando il rendimento del lavoratore valutato considerando non medie astratte, ma la media concreta degli altri addetti allo stesso lavoro operanti in identiche condizioni39. La prova per presunzioni ritenuta dalla Cassazione particolarmente indicata specialmente in quei tipi di contratti, caratterizzati da scarsa aleatoriet, in cui il risultato pu essere previsto con una certa precisione, dato che esso prodotto da azioni ripetitive e di esecuzione meccanica. Gi nei primi anni novanta, ad esempio, la Corte ha qualificato per scarso rendimento il licenziamento di un operaio di una casa automobilistica40 trascurando laspetto soggettivo della condotta, poich il mancato raggiungimento del risultato atteso dal datore costituirebbe di per s un segno non equivoco di oggettivo inadempimento. Tale prova costituisce comunque una valutazione di fatto di competenza del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimit se adeguatamente motivata e priva di vizi logici e di errori manifesti.

    Una parte della dottrina41 prende le mosse dallammissione della giurisprudenza della prova della colpa in via di presunzioni per rigettare la distinzione storica tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato. Tali autori affermano in particolare che la giurisprudenza, pur continuando a tributare un formale omaggio alla dicotomia, dallaltro lato sembra adottare un sistema della responsabilit contrattuale che ne presuppone il superamento42. Questa parte della dottrina sottolinea limportanza del risultato allinterno del rapporto di lavoro: il comportamento dovuto e il risultato atteso concorrono entrambi a determinare loggetto dellobbligazione di lavoro, visto che, naturalisticamente parlando, non esiste un comportamento che non comporti alcuna modificazione della realt materiale.

    Effettivamente, la giurisprudenza sembra ammettere che in certe obbligazioni di mezzi43 ladempimento non coincida con il solo comportamento diligente, ma con il conseguimento del risultato finale atteso dal creditore. Si tratta di quelle obbligazioni il cui contesto esterno evidenzia un nesso causale oggettivo tra il comportamento dovuto e il risultato che esso dovrebbe determinare, nel senso che tale risultato la normale 39

    Cos Trib. Milano 26 aprile 2004, in Lav. Giur., 2004, n. 309. Appare invece pi permissiva Cass. 22 gennaio 2009, n. 1632, cit., nella quale viene fatto il raffronto con la produttivit media di lavoratori disomogenei per zona e condizione. 40

    Cass. 20 agosto 1991, n. 8972, cit.. 41

    V. in particolare M. MARAZZA, Saggio sullorganizzazione del lavoro, Padova, 2002, p. 325 ss. 42

    A. PERULLI, Il lavoro autonomo, Milano, 1996, p. 456 ss.. 43

    Si parla delle prestazioni dopera intellettuale e in particolar modo di quella del medico.

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    conseguenza dellesecuzione diligente dellattivit cui il prestatore tenuto 44 . Al contrario, in mancanza di un contesto noto in cui inquadrare lobbligazione, linteresse giuridicamente protetto del creditore non pu che coincidere semplicemente con lesecuzione diligente del comportamento stabilito. Viene del resto rilevato come anche in questi ultimi casi il risultato assuma rilevanza allinterno del rapporto: non si potr ad esempio discutere di inadempimento se il comportamento del debitore, se pure non diligente, abbia comunque permesso il raggiungimento del risultato sperato 45 . Il risultato si rivela inoltre determinante per la quantificazione del compenso dovuto dal creditore in caso di recesso del prestatore dal contratto per giusta causa46.

    Tale differenziazione allinterno delle obbligazioni di mezzi va ad incidere sulla ripartizione dellonere della prova: mentre tradizionalmente il creditore deve provare linadempimento deducendo che il debitore non ha posto in essere il comportamento richiesto o usato la diligenza dovuta, nelle obbligazioni di mezzi caratterizzate da un risultato sufficiente dedurre il mancato conseguimento del risultato atteso e toccher al debitore dimostrare la sua non imputabilit (ai sensi dellart. 1218 c.c.).

    La dottrina che evidenzia laspetto della finalizzazione dellattivit del lavoratore a un risultato ulteriore, afferma che nulla osta al fatto che i principi affermati

    dalla giurisprudenza in materia di professioni intellettuali possano essere applicati anche al rapporto di lavoro subordinato47 . Nel caso in cui sia accertato un nesso causale oggettivo tra comportamento e risultato (e quindi anche la necessit di un predeterminato livello di rendimento per raggiungere quel risultato), il datore di lavoro potr provare linadempimento del lavoratore dimostrando semplicemente che egli sta offrendo un rendimento inferiore al minimo duso o contrattuale. Se invece non individuabile un minimo di rendimento duso rispetto al quale comparare il rendimento tenuto dal lavoratore, il che accade quando il risultato caratterizzato da forte aleatoriet (ad esempio nel lavoro del produttore di assicurazione), la prova dovr 44

    Ad esempio, in tema di chirurgia estetica, v. Cass. 25 novembre 1994, n. 10014, in Foro It., 1995, I, p. 2913: nel contratto avente ad oggetto una prestazione di chirurgia estetica, il sanitario pu assumere una semplice obbligazione di mezzi, ovvero anche una obbligazione di risultato, da intendersi questultimo non come dato assoluto ma da valutare con riferimento alla situazione pregressa ed alle obiettive possibilit consentite dal progresso raggiunto dalle tecniche operatorie. 45

    A. PERULLI, Il lavoro autonomo, cit., p. 453 fa lesempio del chirurgo che commette un errore tecnico che salva il malato, o dellavvocato che vince la causa nonostante lerrore processuale. 46

    Stando a quanto prescrive lart. 2237 c.c., nel caso in cui il prestatore receda dal contratto per giusta causa, egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente. 47

    M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, cit., p. 569.

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    consistere nella anormalit del comportamento solutorio48, ossia nella violazione del dovere di diligenza o di osservanza delle direttive, ricadendo sul lavoratore la controprova che tale anormalit dipende da causa a lui non imputabile.

    In realt, senza arrivare a rinnegare del tutto la distinzione delle obbligazioni in due categorie, tuttavia da riconoscere che latteggiamento dei giudici si rivela pi articolato di quanto linserimento dellobbligazione di lavoro tra le obbligazioni di mezzi possa far pensare49 , e questo si riverbera anche sullatteggiarsi dello scarso rendimento come ragione soggettiva di licenziamento. Il comportamento che viene richiesto al lavoratore non infatti un facere qualsiasi, ma, alla luce del contesto in cui esso si svolge, un comportamento qualificato dal fatto di dover essere inserito allinterno di una data organizzazione, per essere concretamente utilizzabile dal datore ai fini del raggiungimento del suo interesse finale. Ecco perch il comportamento deve essere conforme a certi criteri (perizia, professionalit, adattabilit) che lo rendono utile allorganizzazione in cui inserito50, tra i quali pu benissimo farsi rientrare anche il rispetto di un certo ritmo di lavoro51. Lo scarso adempimento negligente del lavoratore va perci misurato oggettivamente, alla luce dellinteresse del datore e dellimpresa. sulla base di tali considerazione che si spiega come, nonostante si renda necessaria, per addurre lo scarso rendimento come giustificazione di una sanzione conservativa o del licenziamento, la prova della la colpa del prestatore, tale prova non verter in un mero accertamento del suo comportamento, inteso in senso soggettivo come sforzo e impiego di energie, ma al contrario consister in una verifica oggettiva, ovvero nella comparazione del suo rendimento con quello medio dei lavoratori che svolgono la stessa mansione.

    48

    M. MARAZZA, Saggio, cit., p. 331. 49

    CESTER C., La diligenza del lavoratore, in Il Codice Civile. Commentario (fondato da P. SCHLESINGER), 2007, p. 203. 50

    Cass. 30 marzo 1987, n. 3062, cit., afferma: alla stregua dellart. 2094 c.c. lobbligazione di lavorare non consiste in un mero dispendio di energie fisiche, ma si configura come obbligo di collaborare mediante lo svolgimento di unattivit che sia utile, cio idonea a realizzare gli interesse del datore di lavoro. 51

    Stando a quanto afferma A. PERULLI, Obbligazione di lavoro, diligenza e rendimento, in Diritto del Lavoro. Il rapporto di lavoro subordinato. Costituzione e svolgimento, a cura di C. CESTER, Torino, 2007, p. 593 ss., la prestazione lavorativa deve essere svolta dal lavoratore secondo un certo ritmo, utile ad un coordinamento della medesima nel sistema produttivo, cos da ritenere giustificato un licenziamento in ipotesi di attivit prestata ad un ritmo pi blando di quanto dovuto.

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    1.4. Le clausole di rendimento minimo

    I parametri per valutare ladeguatezza della prestazione possono essere definiti attraverso lapposizione al contratto di esplicite clausole di rendimento con le quali le parti fissano un determinato livello minimo di produzione e quindi lutilit attesa dal datore.

    stato da alcuni osservato52 come lutilizzo delle clausole di rendimento sia dovuto ad un mutamento nel modo di intendere la prestazione lavorativa, causato a sua volta da un cambiamento del contesto economico-sociale in cui essa si inserisce. La nostra legislazione del lavoro riflette un modello di organizzazione della produzione in cui lintensit della prestazione vincolata a un flusso rigido di operazioni53, dove di conseguenza non sono contemplate carenze individuali di capacit, n daltra parte degli apporti lavorativi personali superiori al livello standard previsto. Oggi molto cambiato rispetto a questo modello: maturata lidea che nel rapporto di lavoro deve essere data al singolo la possibilit di valorizzare le proprie abilit e quindi di offrire eventualmente una prestazione pi intensa di quella media; in questo modo i lavoratori sarebbero incentivati e coinvolti maggiormente negli obiettivi perseguiti dallazienda. La capacit lavorativa non si definisce pi in maniera standard e impersonale, ma si ormai delineata una diversificazione e personalizzazione dellatteggiamento dei singoli lavoratori nei confronti del proprio lavoro e della propria carriera54. Nellottica di un tale mutato contesto lavorativo, lordinamento pu garantire al creditore di lavoro, come diritto derivante implicitamente dal contratto, un livello di rendimento della prestazione abbastanza ridotto. Ecco perch il perseguimento di livelli di rendimento superiori viene affidato alla capacit dellimprenditore di porre in essere delle misure idonee a sollecitare i dipendenti a dare in azienda il meglio di s: tra queste misure rientra anche la negoziazione, collettiva o individuale, dei livelli di intensit della prestazione e del rendimento, e dei corrispondenti compensi economici.

    Ci si trova quindi talvolta di fronte allipotesi di una pattuizione individuale tesa ad incrementare il debito del lavoratore rispetto al livello normale di rendimento o

    52

    P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, Milano, 2003, p. 268 ss.. 53

    Essa risulta ancora espressione di una cultura industriale legata al modello della fabbrica fordista, della catena di montaggio, delloperaio-massa, cos P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, cit., p. 269. 54

    P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, cit., p. 269.

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    rispetto allintensit minima garantita55. Si rende allora necessaria unindagine volta ad accertare se ed entro quali limiti il perseguimento della maggiore intensit della prestazione sia legittimo e lordinamento accordi tutela alla relativa pattuizione, nonch le conseguenze che ne derivano.

    Sotto il primo profilo la giurisprudenza consolidata56 concorde nel ritenere legittime le clausole di rendimento minimo in omaggio allautonomia negoziale e in virt dellart. 41 Cost. I limiti che incontra lautonomia individuale in tale campo sono dati innanzitutto dal principio generale di tutela della salute (art. 2087 c.c.), che deve essere applicato tenendo conto delle condizioni psico-fisiche del lavoratore e delle sue capacit effettive. In secondo luogo, allaumento del carico di lavoro assegnato al lavoratore rispetto al rendimento normale deve corrispondere un aumento della retribuzione rispetto a quella fissata in sede collettiva (regola desumibile dallart. 36 Cost., nonch dallart. 2100 c.c.). Devono infine essere rispettati i limiti posti da norme inderogabili ai carichi di lavoro individuali, stabiliti per alcune categorie di lavoratori dalla stessa legge57, mentre la contrattazione collettiva a volte stabilisce i carichi di lavoro massimi a livello aziendale. Se tali limiti sono rispettati, la pattuizione individuale valida ed efficace58.

    La giurisprudenza fa gravare sul datore, nel caso in cui il lavoratore non raggiunga il livello di rendimento pattuito, la dimostrazione che tale livello era realmente raggiungibile senza uno sforzo eccessivo nelle condizioni concrete in cui il suo dipendente operava59. La clausola che fissa un minimo contrattuale di rendimento oggettivamente non raggiungibile infatti affetta da nullit (ex art. 1419 c.c.) in quanto 55

    P. ICHINO, Il tempo della prestazione, cit., p. 277 ss., secondo il quale solo tramite una clausola del genere perseguibile il risultato in senso stretto, cio quello che a volte potrebbe non essere legittimamente richiesto in base alla diligenza prescritta allart. 2104. Nello stesso senso A. VISCOMI, Diligenza, cit., p. 199. 56

    Cass. 13 luglio 2000, n. 9292, in Foro It. Mass., 2000; Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Not. Giur. Lav., 1996, p. 405. Per la giurisprudenza in materia di produttori di assicurazioni, normalmente tenuti ad un rendimento minimo: Cass. 26 novembre 1987, n. 8759, in Or. Giur. Lav., 1988, p. 180; Cass. 30 marzo 1987, n. 3062, in Not. Giur. Lav., 1987, p. 473; Cass. 21 novembre 1984, n. 5967, in Foro It. Mass., 1984; Cass. 23 aprile 1983, n. 2797, in Riv. It. Dir. Lav., 1983, II, p. 647. 57

    Per i minori provvede la legge 17 ottobre 1967 n. 977, come modificata dal d.lgs. 4 agosto 1999 n. 345, mentre la legge 19 gennaio 1955 n. 25 si occupa degli apprendisti e il d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151 delle lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. 58

    P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, cit., p. 273, ne trae una conferma dallo stesso art. 2100 c.c., che prescrive lobbligo della retribuzione a cottimo quando, in conseguenza dellorganizzazione di lavoro, (loperaio) vincolato allosservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione fatta in base al risultato della misurazione di tempi di lavorazione. 59

    Cass. Sez. Lav. 9 settembre 2003, n. 13194, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, con nota di L. NANNIPIERI, Imperizia, scarso rendimento, oneri di prova e di repchage a carico del datore di lavoro.

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    la sua apposizione determinerebbe lirrealizzabilit della causa del contratto. inoltre oggetto di valutazione critica la clausola contrattuale che vincola lintensit della prestazione a circostanze variabili nel tempo e sottratte al controllo del lavoratore, esponendolo a carichi di lavoro potenzialmente eccessivi60.

    Si affermato che il datore di lavoro non pu invocare quale giustificato motivo soggettivo di licenziamento il mancato conseguimento da parte del lavoratore di un livello di produzione che non risulti stabilito n convalidato in alcuna sede sindacale o in contraddittorio con la collettivit dei lavoratori61. Tale orientamento si basa sulla convinzione che, rimettendo ad una determinazione unilaterale la funzione di parametro obbligatorio del rendimento minimo dovuto, si finirebbe per affidare ad una delle parti un arbitrio non compatibile con il principio del contemperamento degli interessi, che presiede alla corretta esecuzione dei contratti. Si pu per obiettare a tale opinione che lesigenza di tutelare i lavoratori da arbitrarie imposizioni datoriali non pu essere salvaguardata introducendo limiti non previsti dallordinamento alla loro capacit contrattuale e subordinando lefficacia dei negozi giuridici da loro conclusi a convalide da parte di terzi62.

    La c.d. clausola di rendimento stata ritenuta compatibile con la struttura del rapporto di lavoro subordinato soprattutto quando lattivit del prestatore di lavoro sia caratterizzata da particolare autonomia operativa e non sia soggetta a vincoli di orario n a specifiche disposizioni concernenti la frequenza e le modalit dazione 63 . Si riconosce in particolare che, quando il lavoratore opera fuori dalla sede dellimpresa (esempio tipico sono i produttori delle compagnie assicurative, incaricati di promuovere la conclusione di contratti in determinate zone), risulta difficile accertare la sua negligenza, costituendo allora la predeterminazione di un rendimento economico minimo lunica possibile forma di controllo da parte del datore di lavoro.

    La pattuizione di tali clausole per diffusa anche nellambito delle lavorazioni in serie, nelle quali, al contrario, dato il carattere tendenzialmente elementare e

    60

    P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, cit., p. 273, fa lesempio del cameriere che si obbliga a servire tutti gli avventori di volta in volta presenti. 61

    Pret. Milano, 18 dicembre 1993, in Dir. Lav., 1994, p. 403. 62

    S. BARTALOTTA, Scarso rendimento e prova per presunzioni della sua imputabilit a condotte negligenti del lavoratore, nota a Cass. Sez. Lav. 19 agosto 2000, n. 11001, in Riv. It. Dir. Lav., 2001, II, p. 346 ss.. 63

    Cass. 30 marzo 1987, n. 3062, cit..

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    ripetitivo dellattivit svolta, possibile predeterminare con sufficiente precisione i risultati raggiungibili applicando un impegno medio.

    Per quanto riguarda gli effetti da riconnettersi alla clausola, la giurisprudenza ha sempre negato la possibilit di far derivare, dal mancato raggiungimento di un risultato ex se, la risoluzione del rapporto64. Si afferma in particolare che le clausole del contratto individuale, in base alla quali si faccia discendere dal mancato raggiungimento di un minimo di affari la risoluzione, ipso iure, del contratto di lavoro, sarebbero nulle per violazione di norme imperative (art. 2119 c.c.), dato che non rientra nellautonomia negoziale la valutazione a priori della gravit di un determinato comportamento del lavoratore65. Nel settore dei produttori assicurativi tale atteggiamento viene motivato con la considerazione che lo sforzo impiegato nellattivit di ricerca di potenziali nuovi clienti e di convincimento alla stipula non sempre direttamente proporzionale ai risultati raggiunti. Sembra quindi ancora una volta confermata la necessit di provare non solo il dato oggettivo dello scarso rendimento rispetto ai minimi contrattualmente stabiliti, ma anche che tale inadempimento sia dovuto a una negligenza colpevole del lavoratore.

    Daltro canto, si trova affermato che il mancato raggiungimento del risultato stabilito assume un particolare valore come indice sintomatico della negligenza del lavoratore66. Almeno con riferimento al settore delle lavorazioni in serie infatti, dove vi sono limitati margini di incertezza riguardo il risultato delle operazioni, possibile attribuire al dato statistico il valore di segno non equivoco o con limitati margini di equivocit delloggettivo inadempimento 67 . La clausola acquisterebbe cos un

    64

    Un determinato risultato economico non assume valore di elemento del sinallagma contrattuale, ma costituisce un elemento contrattuale, sia pure rilevante, ai fini della concreta valutazione del giustificato motivo di recesso, sicch dal mancato raggiungimento del minimo di produzione non pu discendere automaticamente la risoluzione del rapporto. Cos Cass. 22 febbraio 2006, n. 3876, in Not. Giur. Lav., 2006, 4, p. 497; ripresa da Trib. Milano 28 aprile 2009, in Dir. Rel. Ind., 2010, p. 181 ss., con nota di M. DELFINO, Il licenziamento per scarso rendimento e la rilevante negligenza imputabile al lavoratore. 65

    L. ANGIELLO, Brevi note su un caso di licenziamento per scarso rendimento, nota a Cass. 23 aprile 1983, n. 2797, in Riv. It. Dir. Lav., 1983, II, p. 648 ss.; in senso conforme Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Riv. It. Dir. Lav., 1997, II, p. 189. 66

    A. VISCOMI, Sul licenziamento per scarso rendimento: una conferma (opinabile) della S.C., nota a Cass. 20 agosto 1991, n. 8973, in Riv. Giur. Lav., 1992, p. 187; in senso conforme Cass. 3 maggio 2003, n. 6747, in Arg. Dir. Lav., 1, 2004, p. 375 ss., con nota di A. PRETEROTI; in Dir. Lav., 2, 2003, p. 98, con nota di DI PERNA. 67

    Cass. 20 agosto 1991, n. 8973, cit., con nota di A. VISCOMI. In tale pronuncia, come lA. fa notare in senso critico, sembra che la prova della negligenza non sia affatto presa in considerazione e addirittura sia considerata inutile, proprio perch il lavoratore svolge mansioni in serie.

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    connotato rilevante perch renderebbe esplicito un parametro alla luce del quale risulta immediato in sede giudiziaria il controllo sullesatto adempimento.

    Nello specifico, se nel contratto di lavoro non vi nessuna clausola di rendimento e la natura del rapporto non presenta caratteristiche particolari, il datore deve dimostrare non solo il mancato raggiungimento degli obiettivi e lesigibilit oggettiva della prestazione, ma anche la concreta e immotivata negligenza del lavoratore nelladempimento dellobbligazione. Nellassenza di tale prova si presume che linadeguatezza della prestazione dipenda da fattori socio-ambientali o dallincidenza dellorganizzazione dellimpresa, ossia da fattori non dipendenti dalla volont del lavoratore. Questo secondo la Cassazione in linea con il dato normativo (art. 5 della legge 604/1966) che esige dal datore la prova della sussistenza del giustificato motivo di licenziamento, non derogando nemmeno ai principi generali in tema di responsabilit ex art. 1218 c.c., che accolla al debitore lonere di provare che il notevole inadempimento dellobbligazione dipeso da causa a lui non imputabile68. Se invece nel contratto di lavoro presente una clausola di rendimento minimo, lonere della prova potrebbe atteggiarsi diversamente, ovvero potrebbe ritenersi sufficiente per il datore di lavoro provare il notevole inadempimento, ricadendo poi sul prestatore lonere di dimostrare che linadempimento non sia a lui imputabile69. La clausola si porrebbe insomma come una sorta presunzione iuris tantum superabile con la prova contraria del lavoratore70 . Di conseguenza, una volta che il datore di lavoro abbia provato che il dipendente ha lasciato inadempiuta in misura notevole la prestazione, lunico onere residuale a suo carico sarebbe quello di fornire al giudice elementi di valutazione circa la sussistenza in azienda delle condizioni obiettive per il raggiungimento del risultato atteso. Basterebbe quindi per il datore provare che altri dipendenti operanti in condizioni analoghe hanno raggiunto i livelli minimi di

    68

    Cass. 20 agosto 1991, n. 8973, cit.: quando si afferma che il mancato raggiungimento del risultato non sufficiente a dimostrare lesistenza del giustificato motivo soggettivo e che spetta al datore provare che esso dipeso da negligenza del prestatore, non si deroga ai principi generali sullonere della prova in tema dinadempimento perch in tali particolari ipotesi la carente diligenza del lavoratore attiene alla stessa oggettivit dellinadempimento. Contra S. PATTI, Prove, disposizioni generali, 1987, p. 140 ss.: se il datore di lavoro deve provare ex art. 5 della legge n. 604 del 1966 il notevole inadempimento e il presupposto soggettivo di esso, tale articolo determina uneccezione alla regola generale della presunzione di colpa in materia di inadempimento posta dallart. 1218 Cod. Civ.. 69

    In contrario A. VISCOMI, Sul licenziamento per scarso rendimento, cit., p. 186 ss., che ritiene sempre necessaria la prova della negligenza. 70

    A. PRETEROTI, Scarso rendimento: indice sintomatico e segno non equivoco, cit., p. 390.

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    produttivit che il lavoratore licenziato non ha conseguito71. La presunzione dovrebbe inoltre ritenersi raggiunta in tutti i casi in cui i minimi di produttivit sono fissati da un accordo sindacale, poich si ritiene che in tali ipotesi la verifica delle condizioni organizzative e ambientali che rendono esigibile la prestazione richiesta sia gi stata fatta allatto della stipula, previo contraddittorio con le organizzazioni dei lavoratori72.

    In definitiva, quando sono stabiliti dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con quella diligenza e professionalit medie, proprie delle mansioni affidate, il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per s inadempimento, bens mero segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione. Sar poi compito del giudice stabilire se ci integra inadempimento, stando attento a non scambiare il segno (mancato raggiungimento del parametro) con loggetto dellaccertamento (inesatta, incompleta esecuzione della prestazione), perch altrimenti la sentenza da lui emessa sarebbe affetta da vizi per carenza di motivazione e illogicit73.

    La clausola non comporta dunque linsorgere di unobbligazione di risultato74, nonostante il fatto che il datore, se il lavoratore non raggiunge lo standard previsto, possa sollevare la questione se egli sia inadempiente o no. Linosservanza della clausola ha solo la funzione di segnalare un deficit nelladempiere, rappresentando uno soltanto degli elementi da valutare ai fini dellaccertamento della negligenza, il quale

    71

    Cass. 3 maggio 2003 n. 6747, cit., con nota di A. PRETEROTI. In questo caso il datore di lavoro ha provato la negligenza della produttrice assicurativa sulla base di un complesso univoco di elementi presuntivi, consistenti nel fatto che altri due produttori operanti nella medesima zona avevano raggiunto e superato gli obiettivi annuali, che la lavoratrice licenziata, quando venne affiancata nelle visite ai possibili clienti da un altro collega, aveva raggiunto gli obiettivi prefissati e che ella effettuava visite a potenziali clienti solo nel suo comune di residenza. 72

    Cos Pret. Nola 25 novembre 1995, in Or. Giur. Lav., 1996, p. 157. Contra Cass. Sez. Lav. 19 agosto 2000, n. 11001, cit., con nota di S. BARTALOTTA, in cui la S. C. non ha tenuto in alcuna considerazione il fatto che il lavoratore licenziato era stato inserito in un reparto produttivo per il quale erano stati pattuiti sindacalmente precisi indici di produttivit ed ha quindi dichiarato il recesso illegittimo perch il datore di lavoro non avrebbe provato la negligenza del dipendente. 73

    Cass. 20 agosto 1991, n. 8973, cit., p. 190. 74

    Cass. 27 marzo 1987, n. 3014, in Dir. Lav., 1987, II, p. 384 e 388. Contra A. PRETEROTI, Scarso rendimento, cit., p. 385, secondo il quale come il lavoro autonomo pu atteggiarsi come obbligazione di mezzi, cos la clausola di rendimento comporterebbe una trasformazione dellobbligazione di lavoro subordinato da obbligazione di mezzi a obbligazione di risultato, il che sarebbe confermato dalla stessa giurisprudenza, v. ad es. Cass. 13 luglio 2000, n. 9292, in Riv It. Dir. Lav., 2001, II, p. 220 ss., con nota di M. TIRABOSCHI, Lavoro dirigenziale e novazione simulata: la clausola non intacca la qualificazione giuridica del rapporto; non si pu infatti negare unobbligazione di risultato da conseguire mediante la conclusione di un contratto di lavoro subordinato. Preteroti ne conclude che in questo caso non sarebbe assurdo isolare il rendimento e dare ad esso una autonoma rilevanza, poich il mancato rendimento finirebbe per confondersi con linadempimento.

  • 23

    coinvolger tutti gli aspetti dellinadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, soggettivi e oggettivi.

    Si pu infine osservare che alcuni autori distinguono una clausola di intensit minima della prestazione dalla clausola di rendimento minimo inteso in senso proprio, concernente cio il raggiungimento di un determinato risultato aziendale75 (clausola che ricorre soprattutto nel settore dirigenziale e in quello degli addetti al settore delle vendite). Questultima pattuizione sicuramente valida se essa si limita a ricollegare al raggiungimento di un risultato ulteriore la percezione di un premio, essendo invece priva di effetti se pone la stessa condizione per il godimento della retribuzione base dovuta ex art. 36 Cost.

    1.5. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: lonere di repchage

    Nonostante appaia tuttora prevalente la prospettiva soggettivistica76, negli ultimi

    tempi la giurisprudenza ha iniziato a considerare lo scarso rendimento anche ai fini della sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non dipendente da uninadempienza del lavoratore, ma correlato a ragioni organizzative e produttive.

    Le iniziali resistenze circa la configurazione di una ipotesi di licenziamento per scarso rendimento come giustificato motivo oggettivo77 , erano motivate portando a proprio supporto tutta la serie di pronunce in cui la giurisprudenza afferma che la prova del giustificato motivo di licenziamento per scarso rendimento non pu che consistere in un notevole inadempimento degli oneri contrattuali78.

    75

    Ad es. P. ICHINO, Il contratto di lavoro, II, cit., p. 263 ss.. 76

    Al riscontro casistico, laffermazione per cui un licenziamento sarebbe giustificato da scarso rendimento viene formulata, in assoluta maggioranza, nel quadro dei motivi soggettivi. Cos M. PEDRAZZOLI, Sul licenziamento per scarso rendimento e per il sopravvenire di incompatibilit personali, in Licenziamenti e sanzioni nei rapporti di lavoro (a cura di M. PEDRAZZOLI), Padova, 2011, p. 86. 77

    V. ad esempio L. ANGIELLO, Brevi note su un caso di licenziamento per scarso rendimento, cit., p. 651, afferma che lo scarso rendimento, indipendente dalla volont del lavoratore, non pu costituire giustificato motivo, n di tipo soggettivo (il che ovvio), n di tipo oggettivo. 78

    Ad es. Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Lav. Giur., 1997, p. 294; Cass. 19 agosto 2000, n. 11001, in Or. Giur. Lav., 2000, p. 752.

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    Oggi tuttavia c chi considera errato far derivare da questi orientamenti giurisprudenziali una assoluta incomunicabilit tra larea soggettiva e quella oggettiva79, dato che appare evidente come la fattispecie costituita dallo scarso rendimento sia astrattamente idonea a fondare entrambi i giustificati motivi di licenziamento di cui allart. 3 della l. n. 604/1966. Qualcuno poi trova utile distinguere anche terminologicamente le due ipotesi, parlare cio di un rendimento scarso quando esso deriva da negligenza del lavoratore ed quindi fonte di responsabilit disciplinare e di un rendimento insufficiente, nel caso in cui il lavoratore sia oggettivamente incapace di adeguarsi a un determinato assetto produttivo, indipendentemente da un suo difetto di diligenza80.

    Nel caso in cui lo scarso rendimento non sia imputabile a un comportamento colpevole del lavoratore, ma sia dovuto a ragioni inerenti all'attivit produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa81, esso pu dunque integrare gli estremi di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento ed in tale veste esso sembra assumere un ruolo sempre pi importante nella pi recente giurisprudenza di legittimit.

    La sentenza considerata come punto di riferimento in materia quella che ha riguardato la legittimit del licenziamento di una cameriera dalbergo, la quale, poich affetta da ernia lombosacrale, non era pi in grado di rassettare lo stesso numero di stanze rassettate delle colleghe82. In tale pronuncia, il recesso del datore (che, anche se non detto in modo esplicito, sembra essere stato configurato come giustificato motivo oggettivo) stato ritenuto privo di valida giustificazione perch la cameriera era ancora in grado di svolgere i compiti attinenti alla sua qualifica, anche se con un rendimento minore rispetto ai livelli di produzione stabiliti dallazienda. La riduzione di rendimento non comportava infatti limpossibilit della prestazione, ma solo una difficolt

    79

    R. DEL PUNTA, Disciplina del licenziamento e modelli organizzativi delle imprese, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1998, p. 713 s.; nello stesso senso L. CALCATERRA, La giustificazione oggettiva del licenziamento tra impossibilit sopravvenuta ed eccessiva onerosit, Napoli, 2009, p. 208 ss.. 80

    A. FEDERICI, Lo scarso rendimento e il rendimento inadeguato nelle causali di giustificazione del licenziamento, nota a Cass. Sez. Lav., 5 marzo 2003, n. 3250, in Riv. Giur. Lav, 2003, II, p. 509 ss. 81

    Art. 3 legge n. 604/1966. 82

    Cass. Sez. Lav. 5 marzo 2003, n. 3250, in Riv. It. Dir. Lav., 2003, II, p. 689 ss., commentata da L. CAVALLARO e P. ICHINO, Un caso interessante per la riflessione sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento: due opinioni; in Riv. Giur. Lav., 2003, II, p. 512 ss. commentata da A. FEDERICI.

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    superabile, residuando nella cameriera una capacit lavorativa idonea a soddisfare linteresse del datore.

    La Cassazione afferma in tal senso che la rilevanza dello scarso rendimento ai fini della risoluzione del rapporto pu essere riconosciuta solo se cagioni la perdita totale dellinteresse del datore di lavoro alla prosecuzione del rapporto. Si vede quindi come i giudici si pongano ancora una volta in maniera garantista nei confronti del lavoratore, ritenendo che i parametri di valutazione dello scarso rendimento come disfunzione oggettiva devono essere non meno rigorosi di quelli che vanno valutati per poter invece configurare il giustificato motivo soggettivo, dato che in entrambi i casi linadeguatezza della prestazione pu essere dovuta allorganizzazione dellimpresa.

    Lindagine che va condotta deve in particolare tener conto di tutte le circostanze concrete e soprattutto del comportamento del datore di lavoro, che in base agli obblighi di collaborazione nellesecuzione del contratto tenuto a predisporre i mezzi per ladempimento dellattivit lavorativa e ad attivarsi per prevenire o rimuovere situazioni ostative allo svolgimento della prestazione. La Corte in vari casi 83 riconduce il fondamento del dovere di cooperazione che grava in capo al creditore nellart. 2087 c.c.84, letto nella sua valenza di fonte generica di obblighi negoziali, in relazione quindi ai doveri di correttezza e buona fede imposti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. 85 . Tale valutazione dellincidenza del contesto aziendale sul comportamento del lavoratore si fa tanto pi importante nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dove maggiore la discrezionalit del creditore e minore la possibilit di difesa per il debitore.

    Una sopravvenuta inabilit fisica del lavoratore non pu dunque costituire una ragione ostativa alla prosecuzione del rapporto di per s, ma solo nel caso in cui gli impedimenti fisici non siano superabili con differenti modalit operative di esecuzione dellattivit lavorativa, che siano compatibili con lorganizzazione aziendale. Andr quindi provata, oltre che lesigenza oggettiva legata alle ragioni organizzative e 83

    Ad es. in Cass. 22 luglio 1993, n. 8152, in Mass. Giur. Lav. 1994, p. 63. 84

    Il cui precetto, se impone sempre di adottare le necessarie misura per ladeguata tutela dellintegrit fisica e della personale dignit del lavoratore, nel caso di un dipendente di pi debole capacit lavorativa assume una particolare connotazione, obbligando il datore di lavoro medesimo a operare in modo che il lavoratore sia messo in grado di svolgere le mansioni assegnate in modo confacente al suo stato, in considerazione anche del suo diritto-dovere, costituzionalmente protetto (art. 4 Costituzione) di svolgere un lavoro secondo le proprie possibilit. Cos Cass. n. 8152/1993, cit.. 85

    Richiamati anche dalla successiva Cass. Sez. Lav. 2 maggio 2003, n. 6714, in Orient. Giur. Lav., 2003, I, p. 326.

  • 26

    produttive, anche ladeguatezza della condotta datoriale, che abbia tentato di ovviare alle difficolt del dipendente. In particolare il datore deve dimostrare limpossibilit di collocare il lavoratore in unaltra posizione in modo da utilizzare diversamente le sue energie (c.d. onere di repchage); in caso contrario si potrebbe invece presumere lesistenza di un interesse residuo a ricevere la prestazione.

    Tale onere della prova in capo al datore spiegato ancora una volta dal fatto che la comune presunzione di imputabilit dellinesatto adempimento al debitore, ai sensi dellart. 1218 c.c., va letta nel caso di rapporto di lavoro subordinato alla luce della natura della prestazione del lavoratore quale obbligazione di facere, caratterizzata per di pi dal suo inserimento allinterno dellorganizzazione produttiva. Il fatto che limprenditore abbia la direzione dellazienda e possa perci utilizzare e collocare come meglio crede le energie dei lavoratori allinterno del ciclo produttivo, porta ad addossargli il rischio di infruttuosit (o comunque inferiorit rispetto al risultato sperato) della prestazione causata da difetti imputabili allorganizzazione aziendale o comunque a fattori non dipendenti dal lavoratore.

    Allobiezione che il controllo del comportamento del datore sarebbe in contrasto con il principio di insindacabilit delle scelte aziendali86 si pu rispondere87 che quando il giudice controlla se la mera difficolt nellespletamento delle mansioni non sia superabile mediante ladozione di diverse modalit di esecuzione del lavoro, compatibili con lorganizzazione aziendale non interferisce con le scelte organizzative dellimprenditore, ma sta solo verificando il nesso di causalit tra lorganizzazione e la scelta di procedere allestromissione del lavoratore. Tale verifica imposta in tutti i contratti a prestazioni corrispettive, dato che lobbligo di buona fede cui le parti del contratto sono tenute comporterebbe anche un obbligo di salvaguardia dellaltrui utilit, nei limiti di un tollerabile sacrificio88.

    Si obietta ancora che la regola secondo cui solo la perdita totale di interesse alla prestazione giustificherebbe il licenziamento per motivo oggettivo rischia di costituire

    86

    P. ICHINO, Un caso interessante per la riflessione sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento: due opinioni, nota a Cass. Sez. Lav. 5 marzo 2003, n. 3250, in Riv. It. Dir. Lav., 2003, II, p. 690 s.. 87

    L. CAVALLARO, Un caso interessante, cit., p. 691 ss.. 88

    Cos infatti C. M. BIANCA, Il contratto, Milano, 1984, p. 476 ss..

  • 27

    un criterio indecifrabile e arbitrario89. Si critica in particolare unaccezione meramente soggettivistica della nozione costo-oppurtunit 90 , che finirebbe per alterare profondamente non solo il nostro sistema del diritto del lavoro, ma in generale il principio di causalit dei rapporti giuridici patrimoniali91. Il principio di causalit del recesso (enunciato dallart. 2119 c.c. e dallart. 1 l. n. 604/1966) non pu che significare che linteresse al recesso e lapprezzamento individuale dellinteressato sottostanno, qui, alla critica della controparte e al controllo del giudice 92 , non si tratta di conseguenza di un motivo rimesso allarbitrio di una delle parti, ma si richiede una valutazione oggettiva e quindi tipica, anche se differenziabile in base alla variet della fattispecie. E ci si rende tanto pi necessario poich se limprenditore sbaglia i conti di un licenziamento non paga di tasca propria93, ma al contrario il primo (e forse lunico) a pagare il lavoratore licenziato94.

    Dato che la mancanza di interesse non pu essere definita secondo una incontrollata discrezionalit del datore di lavoro, la sua sussistenza stata fatta oggetto, da parte del legislatore, del controllo di cui allart 3 della legge 604/1966. La situazione di scarsa produttivit non riguarda infatti ladempimento in s, come nellipotesi di giustificato motivo soggettivo, ma la modalit con la quale il lavoratore pu eseguire la sua prestazione. Per non rischiare di consentire al datore di lavoro di esercitare unilateralmente il recesso in base ad una valutazione basata solo sul mancato raggiungimento del risultato utile che egli si aspettava, senza alcuna verifica dello stato soggettivo del lavoratore e della sua colpevolezza, la Cassazione ha ribaltato 89

    P. ICHINO, Un caso interessante, cit., ripreso poi in Il contratto di lavoro, vol. III, Milano, 2003, p. 435 ss., afferma che il vero criterio seguito dal giudice nella scelta circa la legittimit o meno del licenziamento ha come oggetto di accertamento lentit della perdita attesa dal datore: esemplificando, se una cameriera un po meno efficiente rispetto alle altre rassettasse invece che 30 solo 29 camere al giorno, nessuno riterrebbe che ci giustifichi il suo licenziamento, nonostante rimanga fuori di dubbio che il datore subisce una perdita; se invece una cameriera meno efficiente delle altre in seguito alla perdita di un arto in un incidente stradale riesce a rassettare solo 10 stanze al giorno, senza che sia possibile renderla pi produttiva, quasi tutti i giudici riterranno che ci giustifichi il licenziamento, proprio perch in questo caso la perdita 20 volte maggiore della precedente. Per interesse alla prestazione non si pu dunque intendere lassenza di qualsiasi perdita attesa, n al contrario per perdita totale dellinteresse si pu intendere linutilit totale della prestazione. 90

    Secondo L. CAVALLARO, Un caso interessante, cit., il giudice ragiona invece non sullentit, ma sulla sussistenza della perdita. Egli critica lopinione di P. Ichino perch lautore sembra sottintendere che, riguardo la perdita che il datore si aspetta, nessuno meglio del datore stesso pu valutarne lesistenza e lentit. 91

    Influirebbe ad es. sullapprezzabile interesse alladempimento parziale della prestazione di cui allart. 1464 c.c. Cos L. CAVALLARO, Un caso interessante, cit., p. 693. 92

    E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1960, p. 180. 93

    Come sostiene P. ICHINO, Il contratto di lavoro, vol. III, p. 458. 94

    L. CAVALLARO, Un caso interessante, cit., p. 693.

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    diametralmente lincidenza dellelemento soggettivo sulla legittimit del licenziamento95, legando la prova della legittimit del licenziamento non alla condotta del lavoratore, ma a quella del datore. Il datore infatti, nella sua posizione di creditore della prestazione lavorativa, gravato da un fondamentale onere di cooperazione al fine di rendere possibile e non eccessivamente gravoso ladempimento da parte del lavoratore-debitore96.

    A differenza dellinidoneit psicofisica alle mansioni, che rende la prestazione impossibile, la mera difficolt per impedimento fisico legittima quindi la risoluzione del contratto di lavoro solo se il datore non abbia un apprezzabile interesse alla prestazione residua97. In questultimo caso la giustificazione del licenziamento non data dal venir meno della capacit del lavoratore a svolgere lattivit lavorativa, che pur presente anche se ridotta, ma dal venir meno dellutilit della prestazione, intesa come mancanza di interesse alla prestazione. In conclusione, se lo scarso rendimento causato da fattori non imputabili al lavoratore, ma riconducibili alla sua attitudine al lavoro, il datore pu ricorrere al giustificato motivo oggettivo di licenziamento se dalla prosecuzione del rapporto derivano costi superiori rispetto allutilit prodotta, determinando allora la minore produttivit una perdita che non si pu ragionevolmente accollare allimpresa. In questo caso, anche se non c un inadempimento del lavoratore, lordinamento fa prevalere sullinteresse del prestatore alla conservazione del posto le esigenze economiche aziendali, che non sono quelle stabilite arbitrariamente dallimprenditore, ma quelle che rispondono ai criteri oggettivi che regolano lo svolgimento delle attivit produttive.

    1.6. La natura anfibia dello scarso rendimento

    Si visto come lo scarso rendimento possa venire valutato sia come inadempimento sia come fattore di disfunzione organizzativa. Ci si dunque 95

    A, FEDERICI, Lo scarso rendimento, cit., p. 517. 96

    Cos Cass. 22 luglio 1993, n. 8152, cit., nella cui motivazione specificato che la lavoratrice era costretta a lavorare in piedi, ben potendo essere adibita alle medesime mansioni, come del resto gi avvenuto, in posizione seduta. 97

    A. FEDERICI, Lo scarso rendimento, cit., p. 515, distingue tra il giustificato motivo soggettivo e il licenziamento per inidoneit fisica come impossibilit sopravvenuta della prestazione, un tertium genus rappresentato dallimpedimento fisico non costituente inidoneit alla prestazione.

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    inevitabilmente trovati ad affrontare il problema del rapporto tra i profili soggettivi (imputabili alla colpa del lavoratore) e i profili oggettivi (legati a ragioni organizzative e produttive e del conseguente rapporto tra i due motivi di licenziamento astrattamente a disposizione del datore98. Sono infatti diverse le procedure e le garanzie per il debitore a seconda della qualificazione scelta: la preferenza per il giustificato motivo oggettivo comporterebbe, oltre allobbligo di repchage, la sussistenza un deficit produttivo assai maggiore rispetto a una parallela ipotesi di colpevolezza99, ma, daltra parte, essa precluderebbe al debitore quelle garanzie costituite, in caso di procedura disciplinare, dallobbligo di contestazione e dal diritto di difesa.

    anche sulla base di tali osservazioni che parte della dottrina ha rifiutato di ammettere la natura anfibia dello scarso rendimento, evidenziando in particolare il rischio che questo comporta, ossia quello di far penetrare surrettiziamente nellarea del giustificato motivo oggettivo ipotesi che, pur appartenendo naturalmente allarea della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, non hanno rilevanza risolutiva sotto questo profilo, in ragione dellirrigidimento legislativo dei limiti di queste due nozioni100. Si anche fatto notare come vi siano previsioni contrattuali collettive che

    espressamente dichiarano che lo scarso rendimento al di fuori dellambito disciplinare: cos previsto ad esempio per gli autoferrotranviari dal r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 27, comma 1, lett. d) all. A). Secondo tale normativa lo scarso rendimento che giustifica lesonero dal servizio non una misura disciplinare, dato che si riferisce allorganizzazione del lavoro e al buon andamento del servizio; per cui i comportamenti del lavoratore, anche se a valenza disciplinare, vengono in rilievo sotto laspetto oggettivo dellincidenza sulla regolarit del servizio101. Tale soluzione non appare per convincente, proprio perch nel caso in cui lo scarso rendimento sia determinato da

    98

    Non facile sottrarsi allidea che lo scarso rendimento sia una situazione ambigua e ambivalente, cos M. PEDRAZZOLI, Sul licenziamento per scarso rendimento, cit., p. 89. 99

    L. NANNIPIERI, Imperizia, scarso rendimento, oneri di prova e di repchage a carico del datore di lavoro, nota a Cass. Sez. Lav. 9 settembre 2003, n. 13194, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, p. 373. 100

    P. TOSI, Il dirigente dazienda, Milano, 1974, p. 193. Nello stesso senso M. NAPOLI, La stabilit reale del rapporto di lavoro, cit., p. 184, osserva che lo scarso rendimento altro non che la figura opposta alla prestazione esattamente eseguita sulla base del criterio obiettivo della diligenza. Conseguentemente esso rilever a fini risolutivi soltanto se in concreto possibile accertare che il lavoratore inadempiente e soltanto se linadempimento assume il carattere notevole. Secondo L. NOGLER, La disciplina dei licenziamenti, cit., p. 627, Cass. n. 3250/2003, su cui poggia questa teoria, ipotizza il g.m.o. solo perch nel caso di specie la lavoratrice aveva subito un impedimento fisico. 101

    Trib. Milano 3 aprile 2003, in Lav. Giur., 2003, p. 1161.

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    contegni imputabili al lavoratore, non sembra corretto escludere il diritto di difesa solo perch quei contegni avrebbero rilevanza in senso obiettivo102.

    Coloro che danno come assodata la natura anfibia dello scarso rendimento103 richiamano invece a loro supporto la giurisprudenza in materia di trasferimento, la quale comunemente afferma che certi comportamenti del lavoratore possono costituire un inadempimento sanzionabile dal punto di vista disciplinare e allo stesso tempo una causa di incompatibilit ambientale e un quindi motivo tecnico-organizzativo di trasferimento 104 . Non si pu tuttavia pacificamente accogliere il criterio di interpretazione analogica con lincompatibilit ambientale, visto che, a parte il fatto che in caso di trasferimento gli interessi coinvolti sono meno rilevanti che nel licenziamento, se linterpretazione fosse generalizzabile si arriverebbe a ritenere che qualsiasi comportamento imputabile al lavoratore possa essere valutato anche per i riflessi che provoca nel regolare svolgimento dellorganizzazione, con il rischio di giustificare i provvedimenti presi dal datore di lavoro sulla mera base delle esigenze aziendali105.

    Il problema della doppia natura dello scarso rendimento si pone con particolare evidenza in quei casi in cui esso non sia provocato da motivi riconducibili ad una colpa del prestatore, ma risulti comunque correlato ad elementi riferibili alla sua persona ed in questo senso soggettivi106. La Cassazione si in particolare, come detto sopra, trovata ad affrontare alcune ipotesi di inidoneit sopravvenuta (totale o parziale) che ha reso il lavoratore inabile allesercizio della sua attivit. In altri casi essa ha invece preso in considerazione delle innovazioni tecnologiche avvenute allinterno dellimpresa e influenti sulle modalit lavorative, con cui il lavoratore non riuscito a stare al passo.

    102

    M. PEDRAZZOLI, Sul licenziamento per scarso rendimento, cit., p. 98. 103

    Non si vede come lelemento della colpevolezza possa far venir meno la rilevanza (anche) oggettiva del fatto, dal punto di vista delle esigenze aziendali economico organizzative, cos P. ICHINO, Sullo scarso rendimento come fattispecie anfibia, suscettibile di costituire al tempo stesso giustificato motivo oggettivo e soggettivo di licenziamento, nota a Cass. Sez. Lav. 5 marzo 2003, n. 3250, in Riv. It. Dir. Lav., 2003, II, p. 694. Nello stesso senso M. MARAZZA, Lavoro e rendimento, cit., p. 567. 104

    Cass. 27 giugno 1998, n. 6383, in Riv. It. Dir. Lav., 1999, II, p. 356, con nota di A. PILATI, Sul trasferimento determinato dal comportamento del lavoratore; Cass. 2 aprile 2003, n. 5087, in Giust. Civ. Mass. 2003, p. 4. In dottrina v. A. LEVI, Il trasferimento disciplinare del prestatore di lavoro, Torino, 2000, p. 187 ss.. 105

    Ecco perch secondo C. CESTER, La diligenza del lavoratore, cit., p. 209, si rende necessario mantenere una netta linea distintiva tra i due rimedi e in particolare limitare il profilo oggettivo al caso in cui lo scarso rendimento derivi da una situazione di inidoneit psicofisica al lavoro, alla luce del fatto che il mero ostacolo ad un rendimento normale si presta a giudizi e valutazioni tutto sommato arbitrarie. 106

    Sul tema C. PISANI, Licenziamento e fiducia, Milano, 2004, p. 150 ss..

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    Riguardo tali cause limitative della capacit fisica o tecnico-professionale allo svolgimento delle mansioni, la dottrina divisa riguardo il tipo di giustificato motivo, soggettivo o oggettivo, configurabile107: secondo una prima impostazione il notevole inadempimento necessario per la configurazione del giustificato motivo soggettivo avrebbe carattere necessariamente colpevole e quindi comporterebbe sempre il procedimento disciplinare, mentre in base ad una diversa prospettiva il notevole inadempimento potrebbe essere visto come fatto obiettivo riguardante la mancata o inesatta esecuzione della prestazione lavorativa, comprendendo quindi pure quelle ipotesi riferibili alla person