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sione. È necessario, quindi un ap- proccio più vigoroso al paziente che contempli anche indicazioni precise sullo stile di vita e che si associ ad una corretta informazio- ne sulle condizioni cliniche e sui rischi correlati. Da un punto di vista farmacologico, è necessaria una maggiore attenzione all’im- piego dei farmaci, ai giusti dosag- gi ed un maggiore impiego delle associazioni che hanno dimostra- to, rispetto alla monoterapia, i mi- gliori risultati in termini di effica- cia e sicurezza”. A riguardo, un importante contributo è stato por- tato da Gordon McInnes, Direttore della Divisione di Farmacologia Clinica dell’Università di Glasgow, in Scozia, che ha individuato due tipi di non-compliance: quella del paziente e quella del medico. “Che spesso il paziente sia non com- pliante”, ha detto McInnes, “è cosa risaputa; ma quali siano le ragio- ni di questo scarso allineamento al regime curativo è tutt’oggi materia di studio e discussione. (segue a pag. 6) CardioLink Periodico trimestrale di informazione scientifica medico-cardiologica SCIENTIFIC NEWS Sped in Abb. post. 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 Reggio Emilia Anno VI - N. 3 - luglio-settembre 2002 A Praga il coro è unanime: il risul- tato raggiunto non è assoluta- mente soddisfacente. Il 19° Meet- ing dell’ISH (International Society of Hypertension) ed il 12° del- l’ESH (European Society of Hyper- tension) svoltisi insieme dal 23 al 27 Giugno, hanno sancito, per bocca dei tanti esperti internazio- nali presenti, la scarsità dei risul- tati raggiunti e la necessità di dare avvio a programmi di pre- venzione più aggressivi per inci- dere maggiormente sui risultati di controllo pressorio. Il campa- nello d’allarme dei dati epidemio- logici di rilevazione della pressio- ne arteriosa, su popolazioni di pa- zienti ipertesi in trattamento, è a dir poco deludente: soltanto il 24,4% dei soggetti trattati e moni- torati dallo studio NHANES III, negli USA, raggiunge l’obiettivo di controllo pressorio <140/90 mmHg e la situazione non è mi- gliore in altri paesi in cui sia stato possibile rilevare lo stato di salute della popolazione (vedi tabella). In Europa le cose non vanno meglio. Numerosi studi di rilevazione, condotti su ampia casistica, han- no mostrato che meno di un quar- to dei pazienti risulta efficacemen- te controllato, con punte negative del 4%, del 5,7% e del 6% rispetti- vamente in Polonia, Russia ed Inghilterra. L’Italia non brilla nel panorama europeo. Lo studio PA- MELA, coordinato dal gruppo di Giuseppe Mancia dell’Università di Milano, il cui head quarter è situato a Monza all’Ospedale San Gerardo dei Tintori, ha misurato, già qualche anno fà, lo stato del- l’arte italiano. Solo il 9% della popolazione trattata raggiunge livelli di pressione <140/90. Pur- troppo non si può dare la colpa neppure alla misurazione, in quanto lo studio ha rilevato che non esistono differenze qualora il dato pressorio fosse stato rilevato clinicamente, ambulatorialmente o a casa. Niente effetto camice- bianco, dunque. “La situazione è ancora più grave di quanto appa- re”, ha rincarato il segretario del- l’ESH Renata Cifkova, Direttore del Dipartimento di Cardiologia Preventiva dell’Istituto di Clinica Sperimentale di Praga. “L’iperten- sione si accompagna, nella mag- gior parte dei casi, ad altri fattori di rischio quali dislipidemie, intol- leranza al glucosio o diabete, obe- sità, iperinsulinemia e iperurice- mia che incrementano la situazio- ne di rischio cardiovascolare dei pazienti. Proprio nei soggetti con più fattori di rischio e quindi con rischio cardiovascolare elevato, il controllo pressorio dovrebbe esse- re più accurato e gestito all’inter- no di una strategia più ampia che consideri anche il controllo degli altri parametri anomali, fino ad arrivare, nei pazienti diabetici ipertesi o con pregressi infarto miocardico e stroke; a parame- trarsi su livelli di pressione arte- riosa pari a 130-135 mmHg per la sistolica e 80-85 mmHg per la dia- stolica”. Alle parole della Cifkova fanno eco quelle di Lennart Hans- son, dell’istituto Clinical Hyper- tension Research dell’Università di Uppsala in Svezia, editor di Blood Pressure e chairman di nu- merosi studi internazionali quali il CAPPP, lo STOP-Hypertension e l’HOT study. “Tutti i grandi studi d’intervento, pubblicati di recente, dal Syst-Eur all’HOT study, dal CAPPP al- l’INSIGHT fino allo UKPDS ed al PROGRESS, ci hanno mostrato come il controllo pressorio sia tanto più benefico quanto più alto è il rischio cardiovascolare del pa- ziente. Tuttavia la percentuale di soggetti che raggiungono i para- metri ideali di pressione arteriosa sono la minoranza di quelli tratta- ti e questo risulta tanto più grave quanti più fattori di rischio conco- mitanti si aggiungono all’iperten- Non può finire nel dimenticatoio l’estate di discussioni e polemiche nate a seguito delle vicende di atleti, più o meno famosi, colti con le mani nel sacchetto dei farmaci per migliorare le prestazioni sportive. Purtroppo abbiamo assistito ad una partita a due, con la magistratura da una parte e atleti, società sportive dall’altra. Il ruolo oscuro di stregoni, traffican- ti di farmaci illeciti e preparatori di dubbia estrazione culturale e pro- fessionale hanno oscurato la figura del medico sportivo, infangando il ruolo fondamentale di questo specialista così fortemente legato al mondo cardiologico. Sono tanti i cardiologi che ogni giorno danno sup- porto ad atleti e società per affrontare competizioni e campionati e non riteniamo giusto che questa passione e duro lavoro svolto nell’ombra delle figure di spicco, che coprono le pagine dei giornali e le cronache dei programmi televisivi, vengano così facilmente e repentinamente can- cellati. Il problema esiste e non può essere giustificato con la scusa degli interessi miliardari che ruotano dietro alle competizioni. La pericolosità delle sostanze impiegate per il sistema cardiovascolare è noto a tutti. I rischi di trombosi, infarto, crisi ipertensive per gli atleti che fanno uso ed abuso di questi preparati è reale e tanto più grave quanto maggiore è l’incompetenza e la superficialità di chi li somministra e li consiglia. Un atleta morto non è un business per nessuno. Probabilmente il coin- volgimento in traffici sporchi riguarda anche i medici. Tuttavia, proprio per questo motivo, è necessario fare chiarezza e ribadire il ruolo della medicina e della cardiologia a favore dello sport pulito. CardioLink Scientific News si rende disponibile a fare da portavoce a Istituzioni Mediche, Associazioni Scientifiche e agli specialisti che vogliano ristabi- lire il giusto rapporto tra sport e medicina ed avviare una maggiore sen- sibilizzazione, di tutti i protagonisti del mondo sportivo, al rispetto di un valore che è profondamente radicato nella nostra cultura di medici e di uomini. mailto: [email protected] DOPING & MEDICINA di Nino Lo Pacio 4 10 16 13 17 Scuola di management del rischio cardiovascolare Approccio “Office-Based” al rischio cardiovascolare La polizza assicurativa della protezione cardiaca Post-infarto in linea A Pavia oltre 200 pazienti infartuati monitorati grazie alla telecardiologia Diabete e Anti-GPIIb/IIIa: un legame indissolubile e necessario >90 PAD 95 110 100 mmHg 220 180 190 PAS 230 175 195 abpm 24h CardioLink SCIENTIFIC NEWS CardioLink SCIENTIFIC NEWS www.cardiolink.it www.cardiolink.it nel cuore della cardiologia italiana Alta pressione ESH e ISH d’accordo sullo scarso controllo pressorio raggiunto nei pazienti ipertesi. Le nuove strategie terapeutiche per ottenere migliori risultati. <140/90 mmHg <160/95 mmHg Canada 16% Australia 19% India 9% Finlandia 23.5% Korea 5% Germania 22.5% Cina 3% Scozia 17.5% Zaire 2.5% Belgio 25% Repubblica Ceca 17.8% Inghilterra 6% Francia 33% Ungheria 27.8% Italia 9% Polonia 4% Russia 5.7% Spagna 16.3% Pazienti con pressione arteriosa controllata nei vari paesi.

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sione. È necessario, quindi un ap-proccio più vigoroso al pazienteche contempli anche indicazioniprecise sullo stile di vita e che siassoci ad una corretta informazio-ne sulle condizioni cliniche e suirischi correlati. Da un punto divista farmacologico, è necessariauna maggiore attenzione all’im-piego dei farmaci, ai giusti dosag-gi ed un maggiore impiego delleassociazioni che hanno dimostra-to, rispetto alla monoterapia, i mi-gliori risultati in termini di effica-cia e sicurezza”. A riguardo, unimportante contributo è stato por-tato da Gordon McInnes, Direttoredella Divisione di FarmacologiaClinica dell’Università di Glasgow,in Scozia, che ha individuato duetipi di non-compliance: quella delpaziente e quella del medico. “Chespesso il paziente sia non com-

pliante”, ha detto McInnes, “è cosarisaputa; ma quali siano le ragio-ni di questo scarso allineamentoal regime curativo è tutt’oggimateria di studio e discussione.

(segue a pag. 6)

CardioLinkPeriodico trimestrale

di informazione scientificamedico-cardiologica

SCIENTIFIC NEWSSped in Abb. post. 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 Reggio Emilia

Anno VI - N. 3 - luglio-settembre 2002

A Praga il coro è unanime: il risul-tato raggiunto non è assoluta-mente soddisfacente. Il 19° Meet-ing dell’ISH (International Societyof Hypertension) ed il 12° del-l’ESH (European Society of Hyper-tension) svoltisi insieme dal 23 al27 Giugno, hanno sancito, perbocca dei tanti esperti internazio-nali presenti, la scarsità dei risul-tati raggiunti e la necessità didare avvio a programmi di pre-venzione più aggressivi per inci-dere maggiormente sui risultati

di controllo pressorio. Il campa-nello d’allarme dei dati epidemio-logici di rilevazione della pressio-ne arteriosa, su popolazioni di pa-zienti ipertesi in trattamento, è adir poco deludente: soltanto il24,4% dei soggetti trattati e moni-torati dallo studio NHANES III,negli USA, raggiunge l’obiettivodi controllo pressorio <140/90mmHg e la situazione non è mi-gliore in altri paesi in cui sia statopossibile rilevare lo stato di salutedella popolazione (vedi tabella). In

Europa le cose non vanno meglio.Numerosi studi di rilevazione,condotti su ampia casistica, han-no mostrato che meno di un quar-to dei pazienti risulta efficacemen-te controllato, con punte negativedel 4%, del 5,7% e del 6% rispetti-vamente in Polonia, Russia edInghilterra. L’Italia non brilla nelpanorama europeo. Lo studio PA-MELA, coordinato dal gruppo diGiuseppe Mancia dell’Universitàdi Milano, il cui head quarter èsituato a Monza all’Ospedale SanGerardo dei Tintori, ha misurato,già qualche anno fà, lo stato del-l’arte italiano. Solo il 9% dellapopolazione trattata raggiungelivelli di pressione <140/90. Pur-troppo non si può dare la colpaneppure alla misurazione, inquanto lo studio ha rilevato chenon esistono differenze qualora ildato pressorio fosse stato rilevatoclinicamente, ambulatorialmenteo a casa. Niente effetto camice-bianco, dunque. “La situazione èancora più grave di quanto appa-re”, ha rincarato il segretario del-l’ESH Renata Cifkova, Direttoredel Dipartimento di CardiologiaPreventiva dell’Istituto di ClinicaSperimentale di Praga. “L’iperten-sione si accompagna, nella mag-gior parte dei casi, ad altri fattoridi rischio quali dislipidemie, intol-leranza al glucosio o diabete, obe-sità, iperinsulinemia e iperurice-mia che incrementano la situazio-ne di rischio cardiovascolare deipazienti. Proprio nei soggetti conpiù fattori di rischio e quindi conrischio cardiovascolare elevato, ilcontrollo pressorio dovrebbe esse-re più accurato e gestito all’inter-no di una strategia più ampia checonsideri anche il controllo deglialtri parametri anomali, fino adarrivare, nei pazienti diabetici

ipertesi o con pregressi infartomiocardico e stroke; a parame-trarsi su livelli di pressione arte-riosa pari a 130-135 mmHg per lasistolica e 80-85 mmHg per la dia-stolica”. Alle parole della Cifkovafanno eco quelle di Lennart Hans-son, dell’istituto Clinical Hyper-tension Research dell’Universitàdi Uppsala in Svezia, editor diBlood Pressure e chairman di nu-merosi studi internazionali qualiil CAPPP, lo STOP-Hypertensione l’HOT study.“Tutti i grandi studi d’intervento,pubblicati di recente, dal Syst-Eurall’HOT study, dal CAPPP al-l’INSIGHT fino allo UKPDS ed alPROGRESS, ci hanno mostratocome il controllo pressorio siatanto più benefico quanto più altoè il rischio cardiovascolare del pa-ziente. Tuttavia la percentuale di

soggetti che raggiungono i para-metri ideali di pressione arteriosasono la minoranza di quelli tratta-ti e questo risulta tanto più gravequanti più fattori di rischio conco-mitanti si aggiungono all’iperten-

Non può finire nel dimenticatoio l’estate di discussioni e polemiche natea seguito delle vicende di atleti, più o meno famosi, colti con le mani nelsacchetto dei farmaci per migliorare le prestazioni sportive. Purtroppoabbiamo assistito ad una partita a due, con la magistratura da una partee atleti, società sportive dall’altra. Il ruolo oscuro di stregoni, traffican-ti di farmaci illeciti e preparatori di dubbia estrazione culturale e pro-fessionale hanno oscurato la figura del medico sportivo, infangando ilruolo fondamentale di questo specialista così fortemente legato almondo cardiologico. Sono tanti i cardiologi che ogni giorno danno sup-porto ad atleti e società per affrontare competizioni e campionati e nonriteniamo giusto che questa passione e duro lavoro svolto nell’ombradelle figure di spicco, che coprono le pagine dei giornali e le cronachedei programmi televisivi, vengano così facilmente e repentinamente can-cellati. Il problema esiste e non può essere giustificato con la scusa degliinteressi miliardari che ruotano dietro alle competizioni. La pericolositàdelle sostanze impiegate per il sistema cardiovascolare è noto a tutti. Irischi di trombosi, infarto, crisi ipertensive per gli atleti che fanno usoed abuso di questi preparati è reale e tanto più grave quanto maggioreè l’incompetenza e la superficialità di chi li somministra e li consiglia.Un atleta morto non è un business per nessuno. Probabilmente il coin-volgimento in traffici sporchi riguarda anche i medici. Tuttavia, proprioper questo motivo, è necessario fare chiarezza e ribadire il ruolo dellamedicina e della cardiologia a favore dello sport pulito. CardioLinkScientific News si rende disponibile a fare da portavoce a IstituzioniMediche, Associazioni Scientifiche e agli specialisti che vogliano ristabi-lire il giusto rapporto tra sport e medicina ed avviare una maggiore sen-sibilizzazione, di tutti i protagonisti del mondo sportivo, al rispetto di unvalore che è profondamente radicato nella nostra cultura di medici e diuomini. mailto: [email protected]

DOPING & MEDICINAdi Nino Lo Pacio

4 10 1613 17

Scuoladi managementdel rischio cardiovascolare

Approccio“Office-Based”

al rischiocardiovascolare

La polizzaassicurativa

della protezionecardiaca

Post-infarto in lineaA Pavia oltre 200 pazienti infartuati monitorati graziealla telecardiologia

Diabetee Anti-GPIIb/IIIa:

un legame indissolubile

e necessario

>90PAD

95 110

100mmHg

220

180

190PAS

230

175

195

abpm

24h

CardioLinkSCIENTIFIC NEWS

CardioLinkSCIENTIFIC NEWS

www.cardiolink.itwww.cardiolink.it

nel cuore della cardiologia

italiana

Altapressione

ESH e ISH d’accordo sullo scarso controllo pressorio raggiunto nei pazienti ipertesi.

Le nuove strategie terapeutiche per ottenere migliori risultati.

<140/90 mmHg <160/95 mmHgCanada 16% Australia 19%India 9% Finlandia 23.5%Korea 5% Germania 22.5%Cina 3% Scozia 17.5%Zaire 2.5%Belgio 25%Repubblica Ceca 17.8%Inghilterra 6%Francia 33%Ungheria 27.8%Italia 9%Polonia 4%Russia 5.7%Spagna 16.3%

Pazienti con pressione arteriosa controllata nei vari paesi.

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2 • CardioLink

Dall’alto della sua esperienza, Pe-ter Sleight, ex Direttore del Dipar-timento di Medicina Interna del-l’Università di Oxford, in Inghil-terra e tutt’ora responsabile delcentro ricerche “Oxford TrialsGroup” che sta coordinando im-portantissimi trial quali l’HOPE-TOO, l’ONTARGET ed il TRANS-CEND, ha moderato, insieme aNorman Sharpe, Direttore dellaScuola di Medicina dell’Universitàdi Auckland, in Nuova Zelanda, ilsimposio tutto dedicato al ruolodel sistema Renina-Angiotensinanon solo nell’ipertensione ma, ingenerale, nell’evoluzione del ri-schio cardiovascolare in diversetipologie di pazienti.L’interesse dei moltissimi parteci-panti è stato subito sollecitato dal-le teorie sulla selezione dei pa-zienti con ipertensione arteriosa esulla loro stadiazione in funzionedi una migliore e più corretta te-rapia antipertensiva. “Partendo dal presupposto che lecause dell’ipertensione arteriosaessenziale sono tutt’ora sconosciu-te”, ha detto Morris Brown, del Di-partimento di Farmacologia Cli-nica dell’Università di Cambridge,in Inghilterra, “i pazienti possonoessere divisi in due grossi gruppi:quelli con alti livelli plasmatici direnina, come i giovani di razzacaucasica, e quelli con bassa reni-na, come gli anziani o gli indivi-dui di razza afro-caraibica edorientale.Allo stesso modo, possiamo suddi-videre i tanti farmaci antipertensi-vi, disponibili nel mercato, in duegrosse categorie: AB e CD. Il gruppo AB comprende tuttiquei farmaci che agiscono diretta-mente o indirettamente sulla sop-pressione del RAS quali: ACE-ini-bitori, antagonisti dell’angiotensi-na II (sottogruppo A) e beta-bloc-canti (sottogruppo B). Viceversa, il gruppo CD è costitui-to da tutti quei farmaci che agi-scono attraverso la vasodilatazio-

ne diretta e la natriuresi e quindistimolano il sistema Renina-An-giotensina. Tra questi, calcio-an-tagonisti (sottogruppo C) e diure-tici (sottogruppo D). Diversi studi cross-over hannodimostrato che i pazienti con iper-tensione arteriosa ed alta reninarispondono meglio ai trattamentifarmacologici compresi nel grup-po AB; mentre gli ipertesi a bassarenina sono maggiormente re-sponsivi ai farmaci del gruppoCD. Inoltre, la sostituzione di untrattamento con un altro, apparte-nente allo stesso gruppo, non con-sente grossi miglioramenti in ter-mini di riduzione pressoria, men-tre l’associazione tra farmaci digruppi diversi permette di aumen-tare l’efficacia complessiva deltrattamento. “Se, per esempio”, hacontinuato Brown, “trattiamo unindividuo a bassa renina, ad altorischio cardiovascolare, con far-maci del gruppo CD, stimoliamo,in questo soggetto, una rispostaindotta del sistema RAS che ne-cessita di essere bloccata. Per questo motivo, anche in casodi pressione arteriosa ben control-lata, le evidenze scientifiche relati-ve ai benefici del blocco del siste-ma Renina-Angiotensina, in indi-vidui anche non ipertesi ad altorischio, impongono l’associazionecon un farmaco del gruppo AB,meglio se del sottogruppo A”. Morris Brown ha poi proseguito,mostrando i dati di un recente stu-dio che identifica l’iperaldostero-nismo primario come la causadella resistenza al trattamentocon associazioni AB-CD. “In questisoggetti”, ha concluso Brown, “incui l’ipertensione rimane non con-trollata nonostante l’associazionetra farmaci di gruppi diversi, ènecessario aggiungere lo spirono-lattone. Meglio sarebbe partirecon ACE-inibitori o antagonistidell’angiotensina II, aggiungen-do, dopo valutazione dei livelli cir-colanti di renina, farmaci per il

blocco totale del RAS e per l’elimi-nazione del sodio”. Il simposio non ha conosciuto atti-mi di tregua e, dopo lo splendidointervento di Hermann Haller, Di-rettore del Dipartimento di Nefro-logia dell’Università di Hannover,in Germania, tutto dedicato alruolo dell’endotelio nell’iperten-sione e al delicato equilibrio con ilsistema RAS, è proseguito con lapresentazione di Alistair Hall suinuovi dati inediti dello studioAIREX. “Dopo un follow-up mediodi oltre 15 mesi”, ha detto il pro-fessore dello Yorkshire HeartCentre di Leeds, in Inghilterra, “lostudio AIRE (the Acute Infar-ction Ramipril Efficacy study) hadimostrato l’efficacia del ramiprilnel trattamento dei pazienti infar-tuati con scompenso cardiaco.L’ACE-inibitore è stato in grado diridurre la mortalità per tutte lecause dal 22,6%, nel gruppo pla-cebo, al 16,9% raggiungendo unariduzione del rischio relativo del27% (p=0,002). In Inghilterra, i 30 centri coinvol-ti nello studio hanno proseguitol’osservazione dei pazienti, dopo lachiusura dello studio, continuan-do il regime di trattamento clinicodefinito dai propri medici curanti.Per 3 e 5 anni, è stata valutata lasopravvivenza e la mortalità in603 pazienti ottenendo dati parti-colarmente interessanti. Il 38,9%dei pazienti, nel gruppo placebo,non è sopravvissuto contro il27,5% nel gruppo ramipril. L’ACE-inibitore era stato in grado,anche dopo 8 anni dall’inizio dellostudio, di ridurre del 36% ilrischio relativo di morte per tuttele cause. Questi risultati sono stati ottenutianche in pazienti ad altissimo ri-schio quali diabetici ed ipertesi”. Sull’argomento dei pazienti adalto rischio e, in particolare, diquelli con danno renale, è interve-nuto anche Giuseppe Remuzzi, Di-rettore del Dipartimento di Ne-

frologia e Dialisi degli OspedaliRiuniti di Bergamo. “Numeroseteorie”, ha riportato Remuzzi, “so-no state proposte per spiegare laprogressione del danno renale.Quella più accreditata parte dalruolo chiave della pressione diperfusione glomerulare nei nefro-ni superstiti di reni con vaste areedi parenchima ischemico. L’ipertensione intracapillare, inqueste condizioni, incrementa l’ul-trafiltrazione glomerulare delleproteine plasmatiche che possonosvolgere un ruolo nefrotossico. Inquesto delicato equilibrio glome-rulare, l’angiotensina II svolge unruolo chiave nelle modificazioniemodinamiche arteriolari e quindila modulazione del sistema RASrappresenta un target terapeuticofondamentale.Gli ACE-inibitori hanno dimostra-to di essere in grado di svolgereun effetto protettivo nelle nefropa-tie diabetiche e non diabetiche. Lo studio REIN (the Ramipril Ef-ficacy In Nephropathy study) hamostrato che il ramipril è stato ingrado di rallentare la progressioneverso l’insufficienza renale termi-nale e di rallentare il declino dellafunzione filtrante glomerulare.Tuttavia, gli ACE-inibitori, som-ministrati in monoterapia, non so-no in grado di normalizzare l’e-screzione delle proteine e di arre-stare il declino della filtrazioneglomerulare.Altri farmaci possono sinergizza-re con gli ACE-inibitori contribu-endo a limitare il traffico proteico,interferendo con il riassorbimentotubulare, massimizzando così lanefroprotezione. Tra questi farma-ci, sono da annoverare sicuramen-te i calcio-antagonisti non diidro-piridinici, quali il verapamil, e gliantagonisti dell’angiotensina II”.Giuseppe Remuzzi ha concluso lasua relazione auspicando, per af-frontare meglio il rischio cardio-vascolare, un rapido quanto mas-siccio ricorso alla “multi-drugstrategy” che tante soddisfazioniha dato nell’ambito oncologico.Sui benefici della modulazione delRAS ed in particolare sugli effettiintrinseci del ramipril, oltre quel-li ottenibili con la riduzione dellapressione arteriosa, si è sofferma-to anche Jan Ostergren, del Dipar-timento di Medicina del Karolin-ska Hospital di Stoccolma, in Sve-zia. “Il blocco del sistema Renina-Angiotensina è auspicabile anchein soggetti ad elevato rischio car-diovascolare ma con normali livel-li di pressione arteriosa” ha affer-mato Ostergren nell’ultima rela-

zione del simposio. “Lo studioHOPE (Heart Outcome Preven-tion Evaluation) ha dimostratoche, in pazienti anziani (66 anni dietà media) con pressione sistolicamedia di 139 mmHg e diastolicadi 79 mmHg, il trattamento conACE-inibitori ha ridotto PAS ePAD solo di 3,8 mmHg e 2,8mmHg rispettivamente, mentreha ridotto il rischio combinato diStroke ed attacchi ischemici tran-sitori del 23%. Questi dati rappre-sentano una solida evidenza afavore dell’utilizzo degli ACE-ini-bitori, nei pazienti ad alto rischiocardio-cerebrovascolare, a pre-scindere dai livelli di pressionearteriosa”.

Francesca Cionini

attualità

[AB/CD=Angiosteina-, Beta- / Calcio-, Diuretici

Bloccanti/inibitori

ETÀ

ReninaGiovani[<55]

Anziani[>55]

STEP:

Resistenzaalla terapia

antipertensiva4: Aggiungere / sostituire �-bloccante

5: Riconsiderare cause secondarie ± spironolattone

1:

2:

3:

A o B C o D

+

C o D A o B

A o B C o D

Lo schema AB/CD per ottimizzare la terapia antipertensiva.

RAS: il play-maker del rischiocardio-cerebrovascolare

Periodico trimestraledi informazione scientifica

medico-cardiologica

Registrazione Tribunale di Roma N. 00590/97

del 06/11/97

Direttore responsabileFrancesco Pelliccia

VicedirettoreGiuseppe Rosano

RedazioneCinzia CianfroccaFrancesca CioniniMichele GabrieleGiuseppe MarazziSimone Mininni

Giampiero Patrizi

Grafica e stampaGrafiche STEP

Via F. Barbacini, 10/B43100 Parma

EditoreEuro Medica s.r.l.

Via T. Inghirami, 8500179 Roma

Amministratore unicoGiuseppe Rosano

Responsabile commercialeCinzia Frilli

E-mail: [email protected]

I dati sono trattati elettronicamente e utilizzatidall’editore per la spedizione della presentepubblicazione e di altro materiale medico-scien-tifico. Ai sensi dell’art. 13 legge 675/96 è possi-bile in qualsiasi momento e gratuitamente con-sultare, modificare e cancellare i dati o sempli-cemente opporsi al loro utilizzo scrivendo a:

Euromedica - CardioLink Scientific News Viale Città d’Europa, 664 - 00164 Roma.

CardioLinkSCIENTIFIC NEWS

Il Sistema Renina-Angiotensina gioca a tutto campo nell’arena

del rischio cardiovascolare.Peter Sleight:

“fondamentale il blocco del RAS...”

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NUOVE FRONTIERE in MEDICINACARDIOVASCOLARE

4 • CardioLink

Contenuti e numeri di alta scuoladurante il simposio “Global RiskFactor Management Strategies:where are we now and where arewe going” moderato da KarelHorky, Direttore del Laboratoriodi Cardiologia Molecolare allaCharles University di Praga e daNorman Kaplan, decano dell’iper-tensione americana, membro delJNC VI e docente di MedicinaInterna alla Texas University diDallas. Proprio loro, fin dall’ini-zio, hanno colto il nocciolo delproblema collegato alla gestionedei pazienti ipertesi. “Ormai”, haaffermato Kaplan, “la maggiorparte dei pazienti presenta un ri-schio cardiovascolare determinatoda più di un fattore di rischio,oltre l’ipertensione; pertanto lastrategia diagnostica e terapeuti-ca non può basarsi sul solo con-trollo dei livelli pressori ma su unapproccio globale teso alla ridu-zione del rischio assoluto. In que-sto approccio, oltre ai fattori dirischio, vanno considerati l’età, ilsesso e lo stile di vita del pazienteoltre che la sua storia familiare.Inoltre, un ruolo importante, ai fi-ni prognostici e terapeutici, è svol-to dal danno d’organo che influen-za in modo determinante l’evolu-zione clinica, l’approccio diagno-stico e terapeutico del paziente equindi anche l’andamento del ri-schio cardiovascolare. La gestio-ne, quindi, dei vari fattori di ri-schio si deve basare su una strate-gia che contempli una aggressivariduzione pressoria, attraverso te-rapie mirate, il più delle volte co-stituite da più farmaci o da asso-

ciazioni fisse. Questo è tanto piùvero quanto maggiori siano i fat-tori di rischio concomitanti, peresempio in pazienti diabetici o ne-fropatici, dove gli obiettivi di pres-sione arteriosa sono fissati rispet-tivamente a <130/85 mmHg e<125/75 mmHg. Importantissimonei soggetti con conclamato dan-no d’organo o chiara familiarità,l’utilizzo di farmaci che, al di làdell’effetto antipertensivo, possa-no vantare benefici intrinseci utilia rallentare il decorso e l’evoluzio-ne della malattia”. Proprio su que-sto argomento Stephen MacMa-hon, Direttore del Dipartimento diMedicina ed Epidemiologia Car-diovascolare dell’Università di Sid-ney, in Australia, ha intrattenuto inumerosi partecipanti. “Recentemente”, ha riportato Mac-Mahon, “i benefici intrinseci dialcuni trattamenti farmacologici,oltre la riduzione dei valori dipressione arteriosa, sono statimessi in rilievo da studi clinici diampie dimensioni eseguiti su po-polazioni ad alto rischio quali dia-betici, pazienti con stroke, cardio-patia ischemica e danno renale. Ildato più eclatante di queste espe-rienze è stato il beneficio ottenutoda farmaci antipertensivi ed ipo-colesterolemizzanti anche in pa-zienti normotesi e con normale co-lesterolemia”. Altra considerazio-ne importante del professore au-straliano ha riguardato la variabi-le età nell’approccio al paziente.“Nuove evidenze scientifiche” haconcluso MacMahon, “hanno rile-vato che i fattori di rischio nonsono, in genere, costanti nei vari

gruppi di età. L’effetto relativo del-la pressione arteriosa, della cole-strolemia, dell’indice di massa cor-porea, del diabete e del fumo sul-l’incidenza di malattie cardiovasco-lari è maggiore nei più giovanirispetto agli anziani. Dobbiamo te-nere in altissima considerazionequeste evidenze per migliorare ilnostro sistema di valutazione delrischio cardiovascolare, pesandol’importanza dei vari fattori di ri-schio in funzione del paziente. Inquesto, le grandi rilevazioni epide-miologiche in corso ed i nuovi si-stemi di calcolo del rischio ci da-ranno un grosso aiuto”.Lanciata la sfida sull’“asses-sment” del rischio cardiovascolaredall’Australia, risponde l’Europacon Guy de Backer, Direttore delDipartimento di Salute Pubblicaall’Università di Ghent. “È chia-ro”, ha affermato de Backer, “chela valutazione del rischio cardio-vascolare deve guidare ogni stra-tegia preventiva e d’intervento eche maggiore è il livello di rischiomaggiore dovrà essere l’aggressi-vità terapeutica. Un corretto “as-sessment”, inoltre, consente unapianificazione terapeutica ed eco-nomica più attenta e personalizza-ta, con possibilità di valutare irisultati raggiunti dal pazientenel tempo. Tuttavia”, ha continua-to de Backer “i modelli di valuta-zione del rischio cardiovascolaredisponibili oggi sono molto lonta-ni dall’ideale. I risultati dello stu-dio Framingham sono spesso uti-lizzati come base per gli algoritmi,nonostante le tante limitazioni diquesto studio. Il modello ideale divalutazione dovrebbe derivare daun’ampissima coorte di soggettiapparentemente sani, in cui sianostati misurati tutti i fattori di ri-schio con metodi validi, precisi eduniformi. Questo gruppo di sog-getti dovrebbe essere seguito perun tempo sufficiente a determina-re eventi maggiori e minori dai

quali poi calcolare i livelli di ri-schio. Per rendere il modello divalutazione utile al fine pratico,dovrebbero essere considerati soloquei fattori che contribuiscono inmodo significativo ed indipenden-te a predirre un evento cardiova-scolare maggiore. Infine, lo stru-mento di assessment, dovrebbeessere semplice e facile da usare,in modo che possa entrare nellapratica clinica di tutti i giorni”.All’intervento di de Backer sonoseguiti quelli del danese TroelsThomsen, (vedi articolo a pagina5) sui modelli di previsione e pre-venzione cardiovascolare, dell’in-glese John Betteridge sull’atero-sclerosi nel paziente diabetico edell’americano Gerald Reaven sul-la resistenza insulinica nell’iperte-so. Il simposio si è chiuso con lerelazioni di Morris Brown sull’uti-lizzo di multiterapie per raggiun-gere il controllo della pressionearteriosa e di Neil Poulter suitrials clinici in corso di realizza-zione. Proprio quest’ultima rela-zione ha disegnato importantifuturi scenari di prevenzione car-diovascolare che saranno resi pos-sibili dai risultati di alcuni grandistudi in corso. “Attuando una po-litica preventiva molto aggres-siva” ha riferito il vice presidentedella British Hypertension So-ciety, “si pone il problema di dareindicazioni molto pratiche, aimedici di medicina generale edagli specialisti, su quale sia, peresempio, la miglior terapia di pri-mo impiego nel trattamento dell’i-pertensione. Sarebbe un erroreconsiderare la questione un argo-

mento vecchio e sorpassato, inquanto l’approccio multifattorialeal rischio cardiovascolare e l’utiliz-zo delle associazioni per con-trollare meglio la pressione arte-riosa, necessita idee chiare ed evi-denze scientifiche solide per evita-re inutili sprechi di risorse, di far-maci e di tempo. Lo studio ALL-HAT (Antihypertensive and Li-pid-Lowering treatment to pre-vent Heart Attack Trial) è statodisegnato per rispondere a questadomanda. Il trial confronterà glieffetti di un alfa-bloccante, di uncalcio-antagonista, di un diureticoe di un ACE-inibitore sulla preven-zione cardiovascolare in oltre40.000 pazienti ipertesi. Sul ver-sante dell’impiego delle associazio-ni, nessuno studio, ad eccezionedel LIFE, ha affrontato l’argomen-to del confronto tra differenti asso-ciazioni. Lo studio ASCOT (An-glo-Scandinavian Cardiac Out-comes Trial) confronterà gli effet-ti dell’associazione tra beta-bloc-cante e diuretico con quelli del-l’associazione tra calcio-antagoni-sta ed ACE-inibitore, in oltre19.000 ipertesi. Inoltre i pazienti,tutti con colesterolemia <250mg/dl, saranno randomizzati a ri-cevere atorvastatina o placebo. Si-curamente” ha concluso Poulter,“questi studi ci aiuteranno a com-prendere meglio gli effetti di unapproccio più globale ai pazienti arischio cardiovascolare e darannopreziose informazioni su comeimpostare strategie preventive nelprossimo futuro”.

Andrea Colella

attualità

Approccio globale ai fattori di rischio e nuove strategie

per la valutazione, stratificazione e trattamento dei pazienti.

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Un gesto di cura. Un atto d’amore.

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sildenafil citrato

5CardioLink •attualità

Già da qualche anno, le principalisocietà scientifiche europee che sioccupano di cardiologia, si eranoposte il problema dell’utilizzo disistemi di valutazione del rischiocardiovascolare non adatti allostile di vita ed alle caratteristichedelle popolazione europea. Tuttavia la European Society ofCardiology così come la EuropeanSociety of Hypertension e la Eu-ropean Atherosclerosis Societyhanno sempre raccomandato l’uti-lizzo di algoritmi di calcolo chepotessero aiutare il medico ad in-quadrare meglio il rischio cardio-vascolare dei propri pazienti. Lepiù diffuse “tavole del rischio” sibasano sui dati statunitensi delFramingham Heart Study chetendono a sovrastimare la previ-sione, soprattutto nella popolazio-

ne europea a basso-medio rischio.Inoltre, per quanto utili e conside-rati una pietra miliare nella car-diologia moderna, i dati dello stu-dio Framingham costituiscono undata-set relativamente piccolo enon riconducibile, in termini diend-points, a dati di altri studi. Ariguardo Troels Thomsen, Diret-tore del Centro di Medicina Pre-ventiva dell’Università di Cope-nhagen, in Danimarca, ha affron-tato il tema della prevenzione car-diovascolare evidenziando i fortigap esistenti tra situazione reale eobiettivi teorici, indicando le nuo-ve strategie preventive e di calcolodel rischio cardiovascolare.“Lo studio EUROASPIRE (EURO-pean Action on Secondary Pre-vention through Intervention toReduce Events)”, ha detto Thom-

sen, “ha ampiamente dimostratocome sia fallito il modello attualedi prevenzione cardiovascolareper ridurre l’incidenza di mortali-tà e morbilità. La stessa cosa pos-siamo dire per i pazienti con pre-gressi eventi o ad altissimo ri-schio. Sono necessarie strategiealternative per migliorare sia qua-litativamente che quantitativa-mente la cardiologia preventivaeuropea. Sono questi i motivi chehanno mosso la comunità scienti-fica ad avviare il progetto SCORE(Systemic COronary Risk Eva-luation) che si pone l’obiettivo disviluppare un sistema di valuta-zione del rischio cardiovascolareperfettamente adatto a tutta lacomunità europea. I dati di oltre200.000 individui, provenienti datutti i paesi, saranno utilizzati percreare la base di un nuovo algorit-mo di calcolo che tenga in consi-derazione età, sesso, fumo, pres-sione arteriosa, profilo lipidico delpaziente e tutti quei fattori cherisulteranno determinanti nel mo-dificare l’aspettativa di vita dei pa-zienti arruolati. Nel frattempo”,ha continuato il professore dane-se, “per migliorare l’approccio

preventivo al paziente a rischioelevato, è stato messo a punto ilPRECARD program. Lo strumen-to consiste in un software di cal-colo che, pur essendo basato suglialgoritmi attualmente disponibili,consente di ottenere la graficizza-zione della situazione di rischiodel paziente valutato e la distribu-zione dei fattori di rischio in ungrafico a torta. Questo sistemapermette di individuare meglio epiù rapidamente se il paziente ne-cessiti o meno di un interventopreventivo e quale sia il fattore o ifattori di rischio che maggior-mente sostengono il rischio car-diovascolare. PRECARD, consen-te, inoltre, di stampare un docu-mento riepilogativo da consegna-re al paziente in cui possono esse-re incluse anche le indicazioniaggiuntive del medico. La versati-lità del sistema è eccezionale; pos-sono essere introdotti nuovi fatto-ri di rischio, end-points diversi,scale quantitative differenti peradattare maggiormente il calcoloalle caratteristiche della popola-zione valutata. Anche la linguapuò essere scelta”. Da Gennaio del2002 il progetto SCORE e il soft-

ware PRECARD sono stati accetta-ti come “standard europeo per laprevisione del rischio cardiovasco-lare” da numerose società ed asso-ciazioni scientifiche, tra cui: laEuropean Society of Cardiology, laEuropean Society of Hyperten-sion, la European AtherosclerosisSociety, l’associazione europea deimedici di famiglia, la EuropeanAssociation for the study of Dia-betes. Il programma PRECARD èstato lanciato dalla Task Force onPrevention of Cardiovascular Di-seases in Clinical Practice e saràaggiornato nell’Agosto del 2003 emesso a disposizione attraverso imaggiori siti delle più importantiassociazioni scientifiche cardiolo-giche europee. “Speriamo”, haconcluso Thomsen, “che fattori dirischio quali: attività fisica, edu-cazione e assunzione di alcool pos-sano essere inclusi nel program-ma in modo da rendere questostrumento estremamente flessibi-le ed adattabile a tutte le realtàeuropee, in attesa che il progettoSCORE consenta a tutti i medici dicalcolare il rischio cardiovascola-re europeo”.

A.C.

La via europea al calcolodel rischio cardiovascolare

Anche a Praga, emerge il bisogno di un modello

di calcolo adatto alla popolazione europea.

Il progetto SCORE.

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6 • CardioLink attualità

Continua a stupire il pluridecora-to verapamil, conosciuto da tuttied utilizzato da tanti anni in tuttoil mondo. Come in un celebre filmdi Robert Zemekis, il famoso inter-prete, Michael J. Fox, riusciva aviaggiare nel tempo, sistemando,dopo innumerevoli peripezie, ognitipo di problema, anche il verapa-mil, incurante del tempo e graziealle nuove forme a rilascio con-trollato ed alle imminenti associa-zioni fisse con ACE-inibitore, con-tinua a rimanere protagonista del-la scena ipertensivologica inter-nazionale. La straordinaria lon-gevità non è frutto del caso maconseguenza di un costante svi-luppo e della continua sperimen-tazione che, anche a Praga, hannoconsentito, a diversi opinion lea-der, di presentare nuovi datiscientifici di grande interesse. Traquesti Athanase Benetos, Diretto-re del Dipartimento di Epidemio-logia del Centro di Ricerca Pre-ventiva e Clinica, dell’Universitàdi Parigi, che ha parlato di iper-tensione arteriosa nei pazienti conmalattia coronarica. “La monote-rapia” ha detto Benetos, “consenteil controllo della pressione arterio-sa solo in un piccola parte deipazienti ipertesi e quindi l’utilizzodelle associazioni è fortementeindicata per ottenere un più altocontrollo, soprattutto per quantoriguarda la pressione arteriosasistolica (PAS). L’HOT study hachiaramente dimostrato che leassociazioni devono essere utiliz-zate nella maggior parte dei pa-zienti. Per quanto riguarda i pa-zienti cardiopatici ipertesi, nonesistono dubbi sull’utilità dei beta-bloccanti; tuttavia altri farmacihanno recentemente dimostrato diaggiungere benefici importantisoprattutto nei pazienti con altrifattori di rischio concomitantiquali diabete e dislipidemie. GliACE-inibitori, per esempio, sono iltrattamento chiave per i diabeticiipertesi ma anche per i pazienti adalto rischio cardiovascolare, dia-betici, non ipertesi. Anche i calcio-antagonisti non diidropiridinici,come il verapamil, hanno dimo-strato effetti favorevoli in questacategoria di pazienti e, al contra-rio dei beta-bloccanti, non sembra-no presentare effetti negativi suiparametri metabolici. Recentemente è stato avviato lostudio INVEST (INternationalVErapamil SR/trandolapril STu-dy), il primo grande trial, rando-mizzato, nel quale la strategia te-rapeutica a base di beta-bloccante

viene confrontata all’approcciobasato su calcio-antagonista nellaprevenzione della mortalità e mor-bilità cardiovascoalre in pazientiaffetti da ipertensione arteriosacon malattia coronarica. Dei 22.599pazienti arruolati in 874 centri”ha continuato Benetos, “il 27%erano diabetici, il 53% avevanodislipidemie e l’87% era già sottotrattamento antipertensivo al mo-mento dell’arruolamento. Il fol-low-up sarà di 2 anni e solo fraqualche mese potremo conoscere irisultati di confronto tra i dueapprocci terapeutici. Tuttavia, idati alla fine del primo anno, rife-riti all’intero gruppo di pazientiarruolati, ci indicano una riduzio-ne media di ben 19 mmHg dellaPAS e 10 mmHg della PAD. Inoltre il controllo della PAS,secondo i principi del JNC VI, èstato raggiunto nel 64% deipazienti (contro il 21% all’arruola-mento) e quello della PAD nel 88%dei casi (contro il 51% all’arruola-mento). Il miglioramento globaledel controllo pressorio è stato pos-sibile, in tutte le categorie di pa-zienti, inclusi i diabetici, grazie allargo impiego di associazioni difarmaci. L’80% dei pazienti, infat-ti, è attualmente in terapia con

associazioni contro il 40% all’ar-ruolamento”. Largo spazio, du-rante il simposio “HypertensionManagement and Target OrganProtection: How Might LandmarkTrials Influence Clinical Prac-tice?” è stato dedicato al tratta-mento del rischio cardiovascolarenei diabetici ipertesi. A riguardoBernhard Hess, Direttore dellaDivisione di Medicina Interna del-l’ospedale di Zurigo, ha tracciatoil profilo di rischio di questi pa-zienti sottolineando che un diabe-tico di tipo II, senza pregressoinfarto del miocardio (IMA), correlo stesso rischio cardiovascolaredi un non diabetico con pregressoIMA; inoltre, il paziente diabeticose ha anche un pregresso IMA,raddoppia il rischio cardiovascola-re. È chiaro, quindi, che in questaimportante fetta della popolazionedebba essere speso ogni sforzo alfine di ridurre il rischio cardiova-scolare. Uno dei marker più pre-coci e sensibili del danno d’organoin questi pazienti è rappresentatodalla microalbuminuria. Numerosi trials hanno dimostratoche una riduzione del 30% dellaproteinuria correla con una mar-cata riduzione della progressionedel danno renale. Agire sul danno

renale, negli ipertesi con nefropa-tia diabetica, è altrettanto impor-tante del controllo pressorio. Considerando il fatto che l’ 80% ditutti i diabetici di tipo II e oltre il90% di quelli che hanno anchemacroalbuminuria, sono ipertesi,sarà fondamentale scegliere ap-procci terapeutici che includanofarmaci non solo neutri da unpunto di vista metabolico, ma an-che fortemente anti-proteinurici.Tra questi, sicuramente, gli ACE-inibitori che non solo riducono lapressione arteriosa ma sono ingrado di svolgere un marcatoeffetto anti-proteinurico, indipen-dente dalla riduzione pressoria.Caratteristiche simili sono statedescritte recentemente per alcuniinibitori dell’angiotensina II e, percerti versi, anche per il verapamil.Quest’ultimo, infatti, ha dimostra-to di possedere le stesse proprietàprotettive del lisinopril in pazientidiabetici di tipo II con marcataproteinuria e di essere sicuramen-te migliore dell’atenololo. Unamaggiore protezione renale, ri-spetto ai singoli farmaci ad altidosaggi, si può ottenere con l’as-sociazione tra verapamil e trando-lapril”. Sull’argomento protezionerenale nessuno meglio di Giusep-

pe Remuzzi, Direttore del Di-partimento di Nefrologia e Dialisidegli Ospedali Riuniti di Berga-mo, nonché coordinatore del-l’Istituto di ricerca Mario Negri diBergamo, potrebbe dare un contri-buto importante sull’argomento. “ACE-inibitori e calcio-antagonistinon diidropiridinici, quali il vera-pamil, hanno specifiche proprietànefroprottettive” ha detto Remuz-zi. “Ciò che stiamo valutando nellostudio BENEDICT (the BErgamoNEphrologic DIabetes Complica-tions Trials) è la capacità dell’as-sociazione tra verapamil e trando-lapril di prevenire meglio la mi-croalbuminuria, rispetto ai singo-li farmaci ed al placebo, in pazien-ti diabetici di tipo II, ipertesi, connormale escrezione di albumina(<20 mg/min). I 1.209 pazienti del-lo studio saranno seguiti per treanni e suddivisi in quattro grup-pi: nel primo i pazienti sarannotrattati con verapamil SR 240mg/die, nel secondo con trandola-pril 2 mg/die, nel terzo con l’asso-ciazione verapamil 180 mg/die +trandolapril 2 mg/die e nel quartocon placebo. Ovviamente altri trat-tamenti antipertensivi sono con-cessi per mantenere livelli di pres-sione arteriosa costantementesotto i 120/80 mmHg in tutti i pa-zienti. A questo prima fase dellostudio ne seguirà un’altra in cui sivaluterà la progressione a macro-albuminuria (albuminuria >200mg/min), da microalbuminuria,nei pazienti arruolati nella primafase dello studio o in quelli già tro-vati microalbuminurici nello scre-ening della prima fase. Tutti que-sti pazienti saranno randomizzatia ricevere o trandolapril 2 mg/dieo l’associazione tra trandolapril everapamil agli stesi dosaggi dellaprima fase dello studio. I risultatidella prima fase dello studio BE-NEDICT”, ha concluso Remuzzi,“saranno disponibili alla fine del2003, mentre quelli della secondafase a fine 2005”.

Cristiana Vitale

VERAPAMIL:ritorno al futuro

Dall’ESH nuove prospettive per il calcio-antagonista non diidropiridinico.

Da solo o in associazione con ACE inibitori.

Giuseppe Remuzzi

Solo un terzo dei pazienti assumecorrettamente e regolarmente ifarmaci prescritti; un terzo liassume in modo irregolare e unaltro terzo non li assume affatto.La conseguenza di ciò è che i bene-fici correlati al controllo dellapressione arteriosa siano assailontani dall’essere raggiunti nellamaggior parte dei casi. Addossaretutte le responsabilità al pazientesarebbe, tuttavia, assai semplici-stico. Spesso anche l’approccio delmedico al problema ipertensioneevidenzia luci ed ombre. Non sem-pre si riscontra la stretta osser-vanza delle linee guida e della evi-dence-based medicine, per nonparlare della gestione globale delpaziente in termini di educazionesanitaria, di informazioni sullostato di salute e del rischio cardio-vascolare legato alle proprie con-dizioni cliniche. Oltre al monito-raggio degli effetti collaterali edal controllo dei dosaggi dei farma-ci prescritti, il medico deve instau-rare un “link” più stretto con ilpaziente, coinvolgendolo mag-giormente nel piano di trattamen-to, fissando obiettivi concreti,adattando il trattamento a specifi-che esigenze personali, assicuran-do un frequente controllo e feed-back sul proseguimento della

terapia”. Non ci sono dubbi sullaproposta di McInnes e sull’effica-cia di un approccio integratomedico-paziente ma, ad oggi, lasituazione è molto lontana da unacondizione ideale. Uno studio pre-sentato al congresso di Praga,condotto dal Dipartimento di Me-dicina Interna dell’Università del-l’Aquila, ha messo in luce la situa-zione nel centro Italia. Su 1.290pazienti ipertesi, osservati nelcorso del 2000, il 45,7% assumevaun farmaco antipertensivo, il34,3% due farmaci, il 14,7% trefarmaci ed i 5,3% da quattro in su.L’8,3% seguiva trattamenti nonfarmacologici e solo il 15,5% se-guiva indicazioni relative allo stiledi vita. I risultati dello studio sonoin linea con i dati epidemiologicieuropei ed americani: solo il 24%dei pazienti aveva la pressione ar-teriosa nei limiti di 140/90 mmHgmentre il 76% non era adeguata-mente controllato. Di questi 412pazienti, pari al 31,9%, aveva unapressione arteriosa compresa tra i140/90 mmHg ed i 160/95 mmHged altri 124, pari al 9,6%, eranooltre i 160/95 mmHg. Il 34,4% deipazienti aveva o la diastolica oltre95 mmHg, a fronte di una sistoli-ca normale, o la sistolica >160mmHg con diastolica <90 mmHg.

Probabilmente, come rilevato danumerosi realtori e sostenuto daMcInnes, un approccio più inte-grato tra paziente e medico con-sentirà di ottenere migliori risul-tati, ma anche una più stretta os-servanza dell’evidence-based medi-cine potrebbe, da subito, consenti-re i raggiungimento di risultatimigliori. Una meta-analisi, con-dotta dall’Istituto di Farmaco-epidemiologia dell’Università diValladolid, in Spagna, eseguitamediante una ricerca su med-linerelativa a studi controllati, in dop-pio cieco, di confronto tra associa-zioni e monoterapia, ha consentitodi selezionare 54 lavori da cuiemerge chiaramente che le asso-ciazioni di antipertensivi consen-tono una maggiore efficacia clini-ca, in termini di riduzione presso-ria, una maggiore percentuale dipazienti controllati, rispetto allamonoterapia, ed una uguale inci-denza di effetti collaterali. A con-ferma di ciò, un gruppo di ricer-catori del Broussais Hospital diParigi, ha condotto uno studio supazienti ipertesi utilizzando duediversi approcci terapeutici: ungruppo è stato trattato con mono-terapia sequenziale, ossia trattan-do i pazienti in monoterapia e so-stituendo il farmaco, dopo unmese, con monoterapia diversa eproseguendo così fino al follow-upfinale a tre mesi; nell’altro braccioè stato utilizzato l’approccio del-

l’associazione basata sulla monote-rapia, cioè di passare all’associa-zione se il singolo farmaco, utiliz-zato in prima istanza, non avevadato risultati soddisfacenti. I risul-tati, dopo tre mesi di trattamento,hanno confermato la netta supre-mazia delle associazioni versusmonoterapia. L’81% dei pazienti,del gruppo associazione, rientravanei limiti di 140/90 mmHg controil solo 60% della monoterapia conuna P<0,02. Il 71% dei pazienticontrollati nel primo gruppo erastato trattato con associazione didue farmaci, mentre nel gruppomonoterapia solo il 30% dei pa-zienti aveva raggiunto il goal pres-sorio con il primo trattamento.Anche a Praga tutti i maggioriesperti mondiali di ipertensionehanno concordato sulla necessitàdi una maggiore attenzione al con-trollo della pressione arteriosa. Le linee guida sull’IpertensioneWHO-ISH dal 1999, anno di primapubblicazione, sono state aggior-nate, a seguito dei risultati deigrandi trials, per consentire unmigliore approccio al pazienteiperteso, al fine di ridurre il ri-schio cardiovascolare. Grazie allaricerca farmacologia, disponiamooggi di farmaci in grado di con-sentire il raggiungimento dei li-velli ottimali di pressione arterio-sa. Non possiamo permetterci più imodesti risultati fin qui raggiunti.

Giuseppe Rosano

ALTA PRESSIONE(Segue da pagina 1)

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7CardioLink •

HDL e trigliceridi in altalena

Sebbene il ruolo centrale della ridu-zione del colesterolo LDL man-tenga una posizione centrale nellastrategia preventiva delle malattiecardiovascolari, la sindrome meta-bolica che più spesso affligge ipazienti diabetici di tipo II e gliobesi “addominali” è quella caratte-rizzata da bassi livelli di colesteroloHDL e da ipertrigliceridemia. Considerando i numeri che l’epide-

miologia sottopone alla nostraattenzione, il fenomeno di questasindrome metabolica potrebbe co-stituire una problematica molto co-mune nella pratica clinica quoti-diana. Secondo le più recenti rile-vazioni dell’organizzazione mon-diale della sanità entro il 2010 cisaranno più di 300 milioni di dia-betici di tipo II, di cui l’80% concomplicanze cardiovascolari con-nesse con l’aterosclerosi. “È vitale”,ha affermato Gorge Steiner delToronto General Hospital, in Cana-da, durante il 6° congresso inter-nazionale “Global Risk” della Fon-dazione Lorenzini, tenutosi a Fi-renze dal 12 al 15 Maggio, “ridur-re il rischio cardiovascolare dei pa-zienti diabetici di tipo II secondo

precise strategie terapeutiche checonsentano di colpire i fattori mag-giormente implicati nell’evoluzionedelle complicanze cardiovascolari.

La classe dei fibrati ha dimostratodi ridurre l’incidenza di eventi co-ronarici nello studio HHS (Helsin-ki Heart Study) e di ridurre ulte-riori eventi coronarici in pazienticon pregresso infarto nello studioVA-HIT (Veterans Affaires Highdensity lipoprotein cholesterolIntervention Trial). Molti studihanno dimostrato che i pazientidiabetici beneficiano della terapiaipolipidemizzante, qualunque essasia. Tuttavia nessuno studio erastato mai condotto su pazienti dia-betici di tipo II valutando contem-poraneamente sia gli “hard” end-poit che il substrato ateroscleroti-co, sotteso alla malattia coronarica,attraverso l’analisi angiograficaquantitativa (QCA). Lo studio

DAIS (Diabetes AtherosclerosisIntervention Study), recentemen-te pubblicato su Lancet, ha coinvol-to 418 pazienti di cui il 30% avevagià subito interventi coronarici ecirca il 50% aveva storia di malat-tia coronarica. I pazienti dovevanoavere un rapporto LDL-c/HDL-cmaggiore di 4 e una delle seguenticondizioni: trigliceridemia > di 460mg/dl e LDL-c compreso tra 135 e174 mg/dl oppure trigliceridemiapiù bassa ma non inferiore ai 150mg/dl e stesso LDL-c. I soggettiarruolati sono stati randomizzati afenofibrato micronizzato 200mg/die o placebo per un periodo di3 anni. Il quadro lipidico deipazienti era omogeneo nei duegruppi. I risultati dello studio han-no mostrato l’effetto specifico delfenofibrato nei diabetici di tipo IIriducendo del 29% la trigliceride-mia ed innalzando le HDL-c del 5%rispetto a placebo (figura 1). Questirisultati si abbinano, inoltre, conl’analisi angiografica effettuata altermine dello studio. Fenofibrato èstato in grado di limitare la perditamedia del diametro minimo dellume vasale e di rallentare l’evolu-zione della stenosi (figura 2). Purnon essendo stato disegnato per larilevazione di differenze significa-tive nel numero di eventi”, ha con-cluso Steiner, “lo studio DAIS hafatto registrare un più basso nu-mero di eventi (morte, stroke, in-farto miocardico, PTCA, CABG) nelgruppo fenofibrato rispetto algruppo placebo. I risultati dello

studio, ottenuti anche nei pazienticon modeste alterazioni del qua-dro lipidico, fanno pensare ad uneffetto più ampio dei fibrati sulmetabolismo delle lipoproteine esui rapporti con la parete vasale” Questa tesi, alquanto interessan-te, è stata sviluppata da Jean Clau-de Fruchart, dell’Istituto Pasteurdi Lille in Francia, che ha analiz-zato il meccanismo vincente deifibrati nella sindrome metabolicadel diabetico. “Il meccanismo d’a-zione dei fibrati a livello molecola-re coinvolge i recettori PPARa

(Peroxisome Proliferator Activa-ted Receptor alpha) nel fegato enei macrofagi. Agendo come agonisti su questirecettori, i fibrati riducono le con-centrazioni plasmatiche di trigli-ceridi aumentando l’espressione

di lipoprotein-lipasi e riducendo leconcentrazioni di apolipoproteinaC-III. L’incremento del colesteroloHDL è legato,invece, all’incremen-to dell’espressione di apo A-I e apoA-II che avviene sempre attraver-so l’attivazione delle PPARa. Fenofibrato, inoltre”, ha conclusoFruchart, “è in grado di aumenta-re l’espressione di recettori perl’HDL-c, di recentissima scoperta,chiamati CLA-1/SRBI, nei macro-fagi residenti nel core lipidicodelle placche aterosclerotiche. L’analisi immunoistologica di le-

sioni ateromasiche ha confermatoil ruolo attivo dei fibrati nel ral-lentamento dell’evoluzione dellaplacca attraverso il potenziamentodell’attività di trasporto inversodel colesterolo HDL”.

N.L.P.

attualitàColesterolo HDL basso e trigliceridi alti

condizione comune nei diabetici.Il ruolo delle PPAR e dei fibrati.

Colesterolototale

10

0

-10

-20

-30LDL-C HDL-C Trigliceridi

PlaceboFenofibrato

Var

iazi

on

e %

STUDIO DAIS: MODIFICAZIONE DEI PARAMETRI LIPIDICI

STUDIO DAIS: MODIFICAZIONI ANGIOGRAFICHEDOPO TRATTAMENTO CON FENOFIBRATO

Diametro minimodel lume vasale

Stenosi % Diametro mediodel segmento vasale

Variaz. %p = 0.029 p = 0.020 p = 0.171mm mm

-0.10

-0.08

-0.06

-0.04

-0.02

-0.00

-0.10

-0.08

-0.06

-0.04

-0.02

-0.00

-40% -42% -25%4.00

2.00

0.00

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8 • CardioLink

Dopo la crisi post-cerivastatina,gli inibitori del HMG-CoA reduttasi

si riprendono di diritto il ruolo chiave della prevenzione cardiovascolare.

Dopo il congresso mondiale diCardiologia di Sidney, anche il 73°congresso della European Athero-sclerosis Society, tenutosi dal 7 al10 Luglio a Salisburgo ha sancitoil ritorno delle statine al primoposto nella hit-parade dei farmaciper la prevenzione delle malattiecardiovascolari. Non che, da un

punto di vista scientifico, ci fosse-ro stati dubbi sull’efficacia clinicadi questi farmaci. Però, dopo la“confusione” cerivastatina, si eraassistito ad un brusco, quanto re-pentino, calo di sensibilità (più deipazienti che dei medici, per la veri-tà) che rischiava di tramutarsi, seprolungato, in un effetto catastro-fico per la prevenzione delle malat-tie coronariche e cerebro-vascolari.Se dovessimo esprimere il momen-to contingente con una espressio-ne borsistica diremmo che siamoin pieno “toro”, con una grandissi-ma attenzione da parte di opinionepubblica, società scientifiche edaziende farmaceutiche al temadelle dislipidemie ed al loro ruolonella determinazione del rischiocardiovascolare.Le carte del rischio sono state pub-blicate a più riprese su tutti gli or-gani di stampa scientifica. A tutti icongressi nazionali ed internazio-nali non si perde l’occasione persensibilizzare i partecipanti sul-l’importanza di valutare il rischio

cardiovascolare dei pazienti. Sia-mo entrati nel rinascimento dellaprevenzione cardiovascolare e sia-mo pronti a vivere una nuova sta-gione ricca di novità e, speriamo,di grandi risultati. A riguardo an-che a Salisburgo si è parlato dilivelli target dei lipidi circolanti.Herbert Shuster, della HumboldtUniversity di Berlino, ha affronta-to il tema del moderno manage-ment dei pazienti ad alto rischio.“Il NCEP-ATP III (National Cho-lesterol Education Program –Adult Treatment Panel III)” hariportato Shuster, “ha identificatoi livelli di lipidi circolanti per ipazienti con rischio cardiovascola-re superiore al 20% proiettato a 10anni (ricordiamo comunque chenel gruppo con target <100 mg/dlci sono anche pazienti che hannogià sofferto di CAD). Il goal tera-peutico in questi pazienti si rag-giunge con colesterolo LDL <100mg/dl, colesterolo HDL >40 mg/dle trigliceridi <200 mg/dl. Tra lorosi trovano soggetti con ipercoleste-

rolemia familiare, diabetici, pa-zienti con vasculopatie perifericheo aneurismi addominali aortici edaterosclerosi carotidea. La terapiaipolipidemizzante in questi sog-getti è fondamentale; basti pensareche i pazienti con ipercolesterole-mia familiare eterozigote, se nontrattati, sviluppano malattie coro-nariche già nel 5% dei casi, entro i30 anni di età, e nel 50% dei casinei maschi di 50 anni di cui uno suquattro, circa, muore di infarto delmiocardio. Nei pazienti diabetici lasituazione è ancora più drammati-ca, in quanto questa popolazionerappresenta una fetta più ampia dipopolazione, per altro, in rapidoincremento (cfr, CardioLink n°22002). L’80% dei diabetici di tipo IImuore per problemi legati all’ete-rosclerosi; di questi il 75% per pro-blemi coronarici. Di solito il diabe-te si accompagna ad altri fattori dirischio, quali: ipertensione, fumo,obesità, dislipidemia, che induco-no ad un trattamento con più far-maci. Il problema più grosso inquesti pazienti ad alto rischio è loscarso controllo che non permettedi individuare situazioni criticheprima che sfocino in eventi cardio-cerebrovascolari maggiori. Il secondo ostacolo da superare è ilmancato raggiungimento dei livel-li target dei lipidi plasmatici o dipressione arteriosa. Nei pazienticon ipercolesterolemia familiare

attualità

Il Rinascimento della pr

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9CardioLink •

eterozigote (HeFH), per esempio,sarebbe assolutamente importantescreenare i familiari per identifica-re altre situazioni critiche e perverificare differenze di colesterole-mia all’interno della stessa fami-glia. In questi pazienti, poi, l’uti-lizzo delle statine è assolutamentenecessario per ridurre i livelli diLDL circolanti. Per raggiungere ilivelli target delle linee-guida” haconcluso Schuster, “è indispensa-bile utilizzare i farmaci che garan-tiscano le più ampie riduzioni dicolesterolemia, quali atorvastatina

e rosuvastatina (quest’ultimamolecola attualmente in fase diregistrazione), a dosaggi adeguati.Un recente trial internazionale,eseguito su 622 pazienti affetti daHeFH, ha valutato gli effetti diquesti due farmaci sui parametrilipidici dopo 18 settimane di trat-

tamento. Rosuvastatina ha fattoregistrare i risultati migliori a 6,12 e 18 settimane con differenzestatisticamente significative ri-spetto ad atorvastatina.Prima di Salisburgo, a Sidney, inAustralia, durante il 14° congres-so mondiale di cardiologia, An-drew Tonkin della National HeartFoundation of Australia, aveva af-frontato il problema del rischiocardiovascolare in popolazioni ap-parentemente meno a rischio. “Purtroppo”, aveva detto Tonkin,“i primi segni di malattia cardio-

vascolare, in una larga fetta diindividui, sono costituiti dallamorte improvvisa e da infarto mio-cardico fatale, dovuti a rottura diplacca. È evidente che esiste unnotevole gap nel monitoraggiodella popolazione a rischio che de-ve essere colmato. Altro limite al

monitoraggio dei lipidi è costituitodal considerare solo la colesterole-mia totale ed il colesterolo LDL. Idati del Framingham Heart Stu-dy ci hanno mostrato che il 35%dei pazienti con malattie cardiova-scolari avevano livelli di colestero-lemia totale inferiori a 200 mg/dl(grafico). Lo stesso studio ci haanche dimostrato che bassi livellidi colesterolo HDL sono associatiad un aumentato richio di malattiecoronariche. L’HDL-c, infatti con-tribuisce al trasporto inverso delcolesterolo dalle cellule della pare-te vasale al fegato, inibisce l’ossi-dazione delle LDL-c e previene l’a-desione dei monociti alle celluleendoteliali. Altro fattore che in-fluenza fortemente ed indipenden-temente lo sviluppo di coronaropa-tia è costituito dai trigliceridi pla-smatici.Nonostante queste evidenze, alcu-ni noti algoritmi per il calcolo delrischio cardiovascolare non tengo-no in considerazione variabili qua-li Body Mass Index (BMI), triglice-ridi, familiarità o stile di vita. Lostudio AFCAPS/TexCAPS (AirForce/Texas Coronary Athero-sclerosis Prevention Study) hadimostrato che la terapia con lova-statina in pazienti con LDL-c nor-male e bassi livelli di HDL-c era ingrado di prevenire un evento fata-le o non fatale ogni 89 pazientitrattati in 5 anni”. Sull’importanza

del parametro HDL-c si è espressoa Sidney anche Leif Erhardt, delMalmo University Hospital, inSvezia. “Si è stimato”, ha riportatoErhardt, “che un aumento di 1mg/dl di HDL-c corrisponda aduna riduzione del rischio di eventicardiovascolari pari al 2% negliuomini e del 3% nelle donne. Lo studio di prevenzione seconda-ria VA-HIT (Veterans Affaires-High Density Lipoprotein Chole-sterol Intervention Trial) ha di-mostrato che il gemfibrozil, in pa-zienti con basso HDL-c, era ingrado di ridurre del 22% il rischiodi eventi senza modificare il cole-sterolo LDL ma alzando del 12% leHDL-c e riducendo del 31% i trigli-ceridi”.Recentissimamente il NCEP-ATPIII ha inserito anche i livelli targetper HDL e trigliceridi evidenzian-

do l’importanza del controllo diquesti parametri lipidici. Proprio sul raggiungimento delgoal terapeutico, costituito dallenuove linee-guida del NCEP-ATPIII, Erhardt ha concluso “Oggigrazie a nuovi e più efficaci farma-ci inibitori del HMG-CoA reduttasi,abbiamo la possibilità di ottenererisultati clinici migliori. Rosuvastatina è stata in grado diraggiungere il target fissato dalNCEP-ATP III, in pazienti dislipi-demici, nel 76% dei casi a dosag-gio base. In pazienti diabetici ditipo II con ipertrigliceridemia sem-pre rosuvastatina, al dosaggio di10 mg/die, più fenofibrato 67mgtds avevano ridotto il colesteroloLDL del 46,7%, aumentato l’HDL-cdel 6,4% e ridotto i trigliceridi del30,3%”.

Giuseppe Rosano

attualità

A distanza di 4 anni dall’ultimoappuntamento tenutosi a Rio deJaneiro nel 1998, si sono svolti aSidney, Australia, nei primi giornidi maggio, i lavori del XIV Con-gresso mondiale di Cardiologia. Durante il convegno sono statiaffrontati a 360° le problematichecollegate con le malattie cardiova-scolari: dai fattori di rischio, allaterapia acuta, alla terapia cronicadi mantenimento.Sul trattamento delle dislipidemieè stata portata l’esperienza riguar-do all’uso contemporaneo di stati-ne e di un inibitore dell’assorbi-mento intestinale, l’Ezetimibe, di-mostrando come tale associazionesia capace di determinare unariduzione altamente significati-va di LDL (-49,9%) e trigliceridi (-24,1%) con un contemporaneo si-gnificativo aumento delle HDL(+9.3%). Tali dati permettono diaprire un nuovo capitolo soprat-tutto nei casi più gravi, in parti-colare nell’ipercolesterolemia fa-miliare omozigote.Altro capitolo che interessa davicino tutti è quella che riguardala terapia con anticoagulanti.

Sono stati presentati numerosidati riguardo l’esperienza acquisi-ta con una nuova molecola, loXimelagatran, inibitore direttodella trombina. È stato evidenziato come, rispettoal warfarin, tale farmaco abbia unprofilo farmacologico sulla cartanettamente migliore, in quanto èal pari dell’altro efficace per os manon richiede nessun monitorag-gio; a differenza del warfarin, èefficace in un largo range di con-centrazione, non risente del con-temporaneo trattamento con altrifarmaci o della contemporaneaassunzione di alimenti e la suaefficacia si evidenzia prontamentedopo le prime dosi e l’effetto cessavelocemente dopo la sospensionedella terapia. Tali caratteristiche sono state poisupportate dai primi risultati otte-nuti con alcuni studi eseguiti supazienti ad alto rischio, come glioperati per problemi ortopedici, inparticolare di protesi d’anca, i por-tatori di trombosi venosa profon-da ed i pazienti con fibrillazioneatriale cronica. Il limite piùimportante fino ad ora emerso è

quello della tollerabilità epatica,poiché l’incidenza di innalzamen-to delle transaminasi è stato del5% con necessità di interruzionedella terapia nel 3% dei casi.Largo spazio è stato poi lasciatoalla presentazione di alcuni trials.Tra questi, per numerosità delcampione, è da ricordare l’INTERHEART, che ha interessato 260centri in 50 paesi dei 5 continen-ti. Sono stati presentati i datiriguardo i fattori di rischio dicirca 12.000 casi di infarto mio-cardico.Sebbene i dati non siano partico-larmente nuovi in senso qualitati-vo, di particolare interesse il fattoche il fumo di sigaretta (indipen-dentemente dal tipo e dall’uso omeno di filtro) è stato dimostratoavere un peso del tutto sovrappo-nibile a quello del diabete, con unrischio aumentato di oltre 3 volte.Tra gli altri elementi negativiindividuati da ricordare, oltre allaclassica ipertensione, l’obesità ad-dominale e la depressione, chesoprattutto nei paesi occidentalisempre più sta emergendo comeun reale fattore di rischio. Dagli

stessi dati è emerso poi come unmoderato consumo di alcool siaun significativo fattore di prote-zione in tutto il mondo eccetto chenei paesi arabi. È stato ipotizzato che il motivo diquesto andamento “regionale” deidati risieda nella storica astinenzadalle bevande alcoliche dei paesiarabi per motivi religiosi che haridotto la concentrazione epaticadell’enzima necessario alla meta-bolizzazione dell’alcool.Un altro studio presentato conuna immediata applicazione nellapratica clinica è stato l’AFFIRM(The Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Ma-nagement): sono stati confrontatii risultati riguardo alle due diver-se strategie possibili nella gestio-ne dei pazienti con fibrillazioneatriale persistente, ossia se sia mi-gliore una terapia aggressiva conantiaritmici per “forzare” il piùpossibile il ritmo sinusale o se in-vece sia da preferire una terapiapiù conservativa basata prevalen-temente sui farmaci (digitale, dil-tiazem e beta-bloccanti in partico-lare) che si limitano a controllarela frequenza. I dati sono eloquen-ti, in termini di mortalità, connetto incremento del rischio nelbraccio dei farmaci antiaritmici. Tra questi il più sicuro si è dimo-strato l’amiodarone, mentre non

evenzione cardiovascolare

Il cuore pulsa nel“Nuovo Mondo”

Importanti novità dal XIV Congresso Mondiale di Cardiologia su antitrombotici e ipolipidemizzanti

sono emerse differenze significati-ve tra tutti gli altri, sotalolo com-preso.Riguardo la terapia dell’infartomiocardico acuto sono stati pre-sentati i dati del DANAMI-2 (TheDanish Multicenter RandomizedTrial on Thrombolytic TherapyVersus Acute Coronary Angio-plasty in Acute Myocardial In-farction), che ha dimostrato comel’angiopalstica primaria, se ese-guita in centri altamente specia-lizzati con una breve latenza dall’i-nizio della sintomatologia siasicuramente da preferire alla tera-pia trombolitica con rTPA. La differenza è eclatante nel breveperiodo con tendenza poi, nei mesisuccessivi, ad assottigliarsi purrimanendo sempre significativa.In un contesto così importantenon poteva certo mancare un ac-cenno alla terapia genica, con lapresentazione di incoraggianti da-ti nel campo dell’ischemia criticaagli arti inferiori. Un ultimo accenno va fatto ri-guardo l’organizzazione che è sta-ta esemplare, sicuramente aiutatadalla rinomata calma e cordialitàdel popolo australiano, ma che inogni caso deve essere di esempioper tutti coloro che voglionoriunire un così grande numero dicongressisti.

Simone Mininni

Colesterolo totale (mg/dl)

Pop

ola

zio

ne

(%) 50

40

30

20

10

CoronaropaticiNon coronaropatici

150 200 250 300 350

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penso cardiaco. Sebbene sisia assistito negli ultimi 30

anni ad una progressiva ridu-zione, in tutti i gruppi di età,

della mortalità globale per infartomiocardio, ictus e malattie cardio-vascolari in generale, l’incidenzadi tali patologie nell’ambito dellapopolazione anziana è in costanteaumento. Le malattie cardiovasco-lari rappresentano ad oggi nonsolo la principale causa di mortenell’anziano ma anche e soprattut-to la principale causa di morbilitàe di inabilità. Negli anni a venire la popolazioneanziana presenterà uno spettro digravità di malattie cardiovascolariche andrà dai gradi più severi diinsufficienza cardiaca a quei sog-getti, geneticamente favoriti, sen-za fattori di rischio cardiovascola-re o con un elevato rischio cardio-

Nei paesi in-dustrializzatisi sta assistendoad un progressivoprocesso di invecchia-mento della popolazione gene-rale in cui gli anziani costituisco-no il gruppo di età a più elevatacrescita in termini numerici.Inoltre, a causa di tale processo diinvecchiamento, la popolazione disoggetti con età superiore ad 80anni (grande vecchio) sta progres-sivamente aumentando. Il grandevecchio presenta uno spettro dipatologie cardiovascolari differen-te rispetto a quello presente neisoggetti più giovani. Infatti, men-tre nei soggetti adulti l’infartomiocardico rappresenta la princi-pale causa di morte per cardiopa-tia, nel grande vecchio la patologiacardiaca più frequente è lo scom-

di prevenzione cardiovascolare”,ha detto Simon, “si potrebbero am-pliare ulteriormente le attualiindicazioni agli ipolipemizzanti;tuttavia un trattamento, per cosìdire, globale con le statine rappre-senta una strada poco praticabileper ovvie motivazioni di ordineeconomico. Pertanto, più che cu-rare preventivamente tutta la po-polazione, la strada più logica daseguire sembra quella di identifi-care quei pazienti con stadi di ate-rosclerosi iniziale che presentinoun aumentato rischio per la for-mazione di placche ateromasicheche, pur non causando significati-ve alterazioni emodinamiche, pos-sono però complicarsi e determi-nare eventi acuti”.Metodi per valutare gli stadi ini-ziali dell’aterosclerosi sono, a par-te l’ecografia vascolare con valu-tazione dello spessore mio-intima-le, l’ecografia intravascolare, la to-mografia computerizzata ad alta

10 • CardioLink speciale

vascolare ma che, per motivi anco-ra da interpretare, non sviluppa-no malattia aterosclerotica se nonin tarda età. È indubbio pertantoche l’approccio preventivo deveessere prioritario in tutte le popo-lazioni a rapido invecchiamento inmodo da garantire una popolazio-ne anziana in salute e con piùbassa incidenza di malattie cardio-vascolari.La prevenzione di tali malattienon può prescindere dalla valuta-zione del rischio globale finalizza-ta alla correzione dei fattori di ri-schio quali fumo, diabete mellito,dislipidemie, ipertensione arterio-sa, obesità e sedentarietà. A talproposito le società scientifichecardiologiche e di medicina inter-na hanno messo a punto le Racco-mandazioni sulla Prevenzione del-la Cardiopatia Ischemica nella

Pratica Clinica. Tali raccomanda-zioni, che suggeriscono una stra-tegia di prevenzione rivolta all’in-tera popolazione e fondata sullariduzione del tabagismo, sullascelta di cibi sani e sull’aumentodell’attività fisica in tutta la popo-lazione, non sembrano tuttaviacompletamente applicabili al gran-de vecchio. Sebbene nel grande vecchio la pre-venzione primaria rivesta un’im-portanza relativa, le modifichedello stile di vita sono di fonda-mentale importanza non soltantoai fini della prevenzione delle ma-lattie cardiache ma anche e so-prattutto ai fini di una miglioreefficienza fisica e quindi miglioreautonomia funzionale. Oltre allaattenzione sul fumo, qualità deicibi e attività fisica, è di fonda-mentale importanza combattere

sovrappeso (che si ha quando l’in-dice di massa corporea supera i 25Kg/m2) e obesità (caratterizzato daindice di massa corporea superio-re a 30 Kg/m2). Soprattutto quan-do l’obesità è centrale cioè localiz-zata alla regione vita-fianchi, ilrischio cardiovascolare è moltoalto e perdere peso aiuta a ridurreanche pressione arteriosa, coleste-rolemia e glicemia. Un “giro-vita” maggiore di 94 cmnegli uomini e 80 cm nelle donneè una indicazione a ridurre il pesocorporeo, mentre un “giro-vita”superiore a 102 cm negli uomini ea 88 cm nelle donne richiede unintervento medico con l’impiego,se necessario, anche di farmaci. L’esercizio fisico regolare di tipoaerobico riduce l’incidenza dellemalattie cardiovascolari a tutte leetà sia direttamente sia attraversoun’azione benefica sui fattori dirischio.Per quanto attiene alla iperlipide-mia non è chiaro se i valori limitedei livelli di colesterolo e triglice-ridi stabiliti per la popolazione

Si è svolto a Roma dal 20 al 22Giugno 2002, organizzato da KimFox e Giuseppe Rosano, il corsodella Società Europea di Cardio-logia sulla Prevenzione delRischio Cardiovascolare. Il corsoha visto la partecipazione di unafaculty di livello intenazionale eduna platea di partecipanti costitui-ta da cardiologi provenienti damolti paesi della Unione Europea.Il corso, seguendo la strada già datempo tracciata dalle raccomanda-zioni europee, si è basato princi-

palmente sull’utilizzo del calcolodel rischio globale come guida altrattamento dei pazienti con au-mentato rischio cardiovascolare.Dal corso è emersa la necessità diindividualizzare caso per casol’appropriatezza e l’intensità dellaterapia anti-ipertensiva ed ipolipe-mizzante per poter ridurre la pro-babilità di eventi cardiovascolarimaggiori nei successivi 10 anni.Ovviamente particolare enfasi èstata data al colesterolo, come fat-tore di rischio, e alla riduzionedella colesterolemia per ridurre lamortalità e la morbilità cardiova-scolare. Infatti è noto che i benefi-ci derivanti dalla terapia ipolipe-mizzante sono ovviamente mag-giori nei pazienti con un rischiocardiovascolare più elevato masono comunque presenti anchenei soggetti a basso rischio.“Tuttavia”, ha detto Troels Thom-sen, “le linee guida americane nonpossono esser ritenute valide per

la popolazione europea che con unvariegato quadro di rischio car-diovascolare necessita di una indi-vidualizzazione della terapia infunzione del rischio calcolato. Contale approccio è oggi possibile af-frontare finalmente con successolo spinoso problema della preven-zione primaria, identificando cor-rettamente i pazienti che possonobeneficiare della terapia con far-maci ipolipemizzanti. “È ormaiaccertato”, ha affermato infattiKim Fox, “che, in caso di aumen-tato profilo di rischio, il tratta-mento ipolipemizzante riduce si-gnificativamente gli eventi cardio-vascolari anche nei soggetti asin-tomatici con livelli di colesteroloconsiderati nella media dellapopolazione.” Questo è in lineacon quanto ultimamente dimo-strato dal trial HPS (Heart Pro-tection Study), il più vasto studioclinico mai effettuato con un far-maco ipolipemizzante. In questo

studio la simvastatina è risultataridurre significativamente il ri-schio di attacco cardiaco e di ictusin un’ampia gamma di pazienti,indipendentemente dall’assetto li-pidico. I benefici della simvastati-na, infatti, si sono manifestati intutti i casi ad alto rischio, compre-si quelli il cui livello di colestero-lemia era nella media o addirittu-ra al di sotto dei valori normali.Un importante contributo è statofornito da Tabassome Simon cheha evidenziato come per ottimizza-re in futuro la prevenzione prima-ria sarà cruciale identificare etrattare aggressivamente le formeprecoci di aterosclerosi che, puressendo solo iniziali, espongonosoggetti, peraltro asintomatici, adaumentato rischio di complicanzetrombotiche. Tale valutazione puòoggi esser effettuata mediante mi-surazione dello spessore mio-inti-male della arteria carotide comu-ne. “Per migliorare l’attuale opera

Giuseppe Mercuro.

Al San Raffaele di Roma il Corso della Società Europea di Cardiologia sulla Prevenzione del Rischio Cardiovascolare. Troels Thomsen:

”I pazienti europei non sono quelli delle linee-guida USA”.

Il Cuore delGrande vecchio

Approccio “OFFICE-BASED”

Cardiovascular Diseasein Special Populations:Elderly, Diabetics & Women.CAPRI 1-3 maggio 2003Centro Congressi Grand Hotel Quisisana

Chairmen:KIM FOX (London)G.M.C. ROSANO (Roma)

In collaborazione con

Infoline:[email protected]

[email protected] 0521.941693

Il progressivo innalzamento dell’età si pone all’attenzione della cardiologia moderna

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definizione e la risonanza magne-tica nucleare. A differenza dell’an-giografia, sia l’ecografia che la to-mografia computerizzata consen-tono di rilevare le caratteristichedella parete arteriosa e sono quin-di utili metodiche per la valutazio-ne degli stadi iniziali della atero-sclerosi. Accurata sembra ancheessere la risonanza magnetica nu-cleare che consente la valutazionein vivo delle placche ateromasicheriuscendo a caratterizzare le diffe-renti componenti parietali dimolte arterie, comprese le corona-rie. Oltre alla presenza di calcio,già oggi la metodica consente divisualizzare le principali compo-nenti di una placca, come il ‘core’lipidico, la quota e la presenzaeventuale di fibrosi. Presto saranno anche disponibiliagenti di contrasto, appositamen-te studiati per la nuova tecnica,che miglioreranno ulteriormentelo studio morfologico delle placceaterosclerotiche aprendo così unanuova era nella diagnostica com-pletamente invasiva dell’ateroscle-rosi. Insieme alle metodiche diimaging, un approccio sicura-mente importante per predire ilrischio di eventi coronarici futuriconsiste nella ricerca di ‘marker’

ematochimici di rischio. “La pro-teina C-reattiva” ha affermato Fi-lippo Crea, “è un marker che ciaiuterà, in un prossimo futuro, astratificare meglio il rischio deinostri pazienti. Al momento, però,i vari test di laboratorio non sonoancora sufficientemente standar-dizzati per poterli proporre per lepopolazioni asintomatiche oltre adover ancora definire se nelle po-polazioni a basso rischio abbianoun significato prognostico real-mente decisivo in aggiunta a quel-lo dell’ormai tradizionale profilolipidico.”Atro tema di notevole interesse,trattato durante il corso, è statoquello del diabete e rischio cardio-vascolare. Il Prof Giuseppe Mercu-ro ha affermato che “Gli aumentidi glicemia si associano in generea paralleli aumenti dei valori dipressione arteriosa, colesterolo-LDL e trigliceridi e, sebbene nonsiano stati ancora ben chiariti imeccanismi che sono alla base diqueste variazioni, è comunqueormai accertato che ogni condizio-ne di insulino-resistenza si asso-cia a molteplici altri fattori dirischio che concorrono a peggio-rare la prognosi del paziente dia-betico.”

“Poiché la causa principale dimortalità nei pazienti diabetici edin quelli con iperinsulinemia èrappresentata dalle malattie car-diovascolari, per migliorare laprognosi del paziente diabetico”,ha affermato Karen Schenck-Gustaffson, “è essenziale diagno-sticare e trattare aggressivamenteogni condizione di iperglicemia edi ipercolesterolemia se associata.A dimostrarlo vi sono i risultatirecentemente ottenuti con la sim-vastatina nel recente trial HPS.”“L’analisi del gruppo di pazientidiabetici inclusi nello studioHPS”, ha affermato Schenck-Gu-staffson, “ha messo in evidenzache la terapia a lungo termine consimvastatina alla dose di 40mg/die riduce del 25% l’incidenzaa 5 anni di eventi cardiovascolarimaggiori.” L’interesse dei medici,tuttavia, è stato di recente richia-mato non solo sul diabete maanche sulla iperinsulinemia. Èquesto il caso della sindromemetabolica, una nuova condizionepatologica contraddistinta dall’as-sociazione tra intolleranza gluci-dica e numerose altre alterazionimetaboliche. “Infatti gli studifinora disponibili” ha commentatoKim Fox “dimostrano che anche

in caso di alterazioni inizialidel metabolismo glicidico laterapia con simvastatina èin grado di modificare favo-revolmente la prognosi.Riclassificando i pazientiarruolati nel 4S secondo inuovi criteri diagnosticidell’American DiabetesAssociation, 678 pazientierano affetti da ‘alterataglicemia basale’, cioèavevano una glicemia adigiuno compresa tra111 e 125 mg/dl. Ilconfronto tra i pazien-ti con alterato meta-bolismo glucidico,rattati con simvasta-tina o con placebo,ha evidenziato unariduzione statisti-camente significa-tiva del 46% nellamortalità totale,del 56% nellamortalità perischemia miocardica, del40% per il rischio associato di mor-te cardiaca e infarto e del 43% perla necessità di rivascolarizzazione.”“Tuttavia bisogna considerare” hacontinuato Kim Fox “che nei pa-zienti diabetici così come in quelli

con alterato metabolismo glucidicola terapia di scelta rimane ancoraquella con fibrati”.

Cristiana Vitale

11CardioLink •

adulta debbano valere anche nelgrande vecchio. Inoltre, la decisio-ne di ricorrere ad un farmaco vabasata sul rischio coronarico asso-luto così come sui livelli lipidici, ilprofilo lipoproteico e la storiafamiliare di infarto miocardico oaltra patologia ateroscleroticainsorta precocemente (prima di 55anni in un parente di sesso ma-schile o prima di 65 anni in un pa-rente donna). Il suggerimento del-le società scientifiche di utilizzarefarmaci ipolipemizzanti quando ilrischio coronarico supera il 20% edopo tre mesi di dieta durante iquali non si è raggiunto il targetdi un colesterolo totale inferiore a190 mg/dl e di un colesterolo-LDLminore di 115 mg/dl non sembraproponibile ad una popolazione disoggetti con età superiore agli 80anni. In questi soggetti è moltoprobabile che gli effetti del cole-sterolo nella formazione dellaplacca aterosclerotica abbiano unaimportanza molto minore rispettoagli elevati valori pressori.Le linee-guida sull’ipertensionearteriosa, diffuse negli ultimi an-ni, hanno sottolineato quanto siacruciale la stratificazione del ri-schio per la quantificazione dellaprognosi dell’iperteso. Non è piùsufficiente usare farmaci che nor-malizzino i valori pressori. Biso-gna puntare a far regredire le al-terazioni organiche, quali quellerenali, che possono aggravare lacompromissione generale dellostato di salute del grande vecchio. Un discorso diverso va fatto circala prevenzione secondaria nelgrande vecchio con malattia atero-sclerotica manifesta o che abbiagià avuto un infarto miocardio odun ictus cerebrale. In tali pazientioltre alla correzione dei fattori dirischio, è essenziale la scelta diuna terapia appropriata ed effica-ce. Quando un paziente con angi-na pectoris è iperteso la preferen-

za va accordata ai beta-bloccanti oai calcio-antagonisti a lunga dura-ta di azione, visto che i farmaci diqueste due classi abbassano lapressione e migliorano i sintomi.Importante è poi abbassare i livel-li di colesterolo totale anche sepure in questo caso i limiti di 190mg/dl per il colesterolo totale e di115 mg/dl per il colesterolo LDL,suggeriti dalle società internazio-nali di cardiologia, sembrano nonessere appropriati per il grandevecchio in cui ci si potrebbe accon-tentare di valori più elevati.Come già accennato a differenzadi quanto avviene nella popolazio-ne adulta, ove l’infarto miocardicorappresenta la più frequente cau-sa di morte, nel grande vecchio lapatologia più frequente è lo scom-penso cardiaco. Ciò è dovuto alfatto che se da un lato si migliorala sopravvivenza per eventi acutidovuti a malattie ischemiche car-diache, cardiomiopatie e patologievalvolari dall’altro si modifica solola storia naturale di tali patologieche esitano invariabilmente nelloscompenso cardiaco a causa dei ri-petuti danni ischemici o del pro-gressivo deteriorarsi delle condi-zioni emodinamiche. Anche in as-senza di dati, ottenuti da studi cli-nici in popolazioni di pazienti al disopra degli 80 anni, la terapia far-macologia e fisica dello scompen-so cardiaco nel grande vecchionon dovrebbe differire da quellache viene effettuata nel pazientepiù giovane.Le malattie cardiache dovute a pa-tologia coronarica nel grande vec-chio hanno una evoluzione diffe-rente rispetto a quanto avvienenei pazienti più giovani. Nel gran-de vecchio la patologia coronaricaè nella gran parte dei casi l’evolu-zione cronica di una patologia ini-ziata molti anni prima e caratte-rizzata da stenosi coronarichefisse e calcifiche con minore pro-

babilità di instabilizzazione. Nelgrande vecchio una attività fisicalimitata riduce la probabilità dimanifestare i sintomi da ridottariserva coronarica. Molti pazientianziani hanno la concomitantepresenza di arteriopatia perifericao di artropatie che, limitando lecapacità di esercizio, riduconoanche la possibilità di far precipi-tare il dolore toracico. Inoltre ilquadro clinico della malattia coro-narica nel grande vecchio puòessere mascherato da patologieconcomitanti quali la demenza, lepatologie respiratorie croniche ele artropatie. Bisogna tener pre-sente, tuttavia, che la terapia perle malattie cardiovascolari nelpaziente anziano si inserisce in unquadro di politerapia spesso diffi-cile da gestire. Pertanto è di fondamentale impor-tanza la possibilità di istituire inquesti pazienti una terapia chenon solo sia efficace ma sia anchefacilmente gestibile e sommini-strabile. Le opzioni terapeutiche,per il paziente anziano con malat-tie cardiovascolari, devono esservalutate in base alla loro efficacia,alla possibile presenza di eventiavversi ed alla loro accettazione daparte del paziente. La rivascolariz-zazione miocardia per via transca-tetere o per via chirurgica rappre-sentano una importante opzioneterapeutica per il paziente anzianocon cardiopatia ischemica. Tuttavia per poterne valutare ap-pieno le possibili applicazioni è ne-cessario soppesare la loro efficaciain termini di aumento di soprav-vivenza ed i possibili rischi opera-tori in quanto la presenza di angi-na non rappresenta per il pazienteanziano una importante limitazio-ne della qualità di vita.La rivascolarizzazione chirurgicasi è dimostrata efficace nel miglio-rare la sopravvivenza del pazienteanziano con cardiopatia ischemica

e dati sovrapponibili a quelli dellapopolazione anziana si stannoaccumulando anche per i pazienticon età superiore agli 80 anni. Bi-sogna tener presente, tuttavia,che l’interevento di rivascolarizza-zione è gravato da una mortalitàperi-operatoria ancora elevata(circa 6%), da una incidenza diinfarto perioperatorio e necessitàdi reintervento di circa il 4%.Inoltre l’incidenza di stroke perio-peratorio (3.5%) rappresentaun’importante limitazione per laqualità di vita futura del pazientespesso già limitato nella sua auto-sufficienza dalla presenza dellecomorbidità. La rivascolarizzazio-ne mediante PTCA non aumenta,se non nell’infarto miocardio esolo quando effettuata in neiprimi 90 minuti dalla insorgenzadei sintomi, la sopravvivenza deipazienti con cardiopatia ischemicae nel paziente anziano è gravatada una mortalità procedurale ele-vata (3%). Pertanto la PTCA nel-l’anziano con malattia coronaricadovrebbe esser riservata soltantoa quei pazienti con angina refrat-taria alla terapia medica massima-le. In questi pazienti la rivascola-rizzazione può anche non esserecompleta in quanto è spesso suffi-ciente garantire un modicoaumento della riserva coronaricaper soddisfare le necessità meta-boliche miocardiche del pazienteanziano. Lo studio AVERT, cheera stato disegnato per paragona-re l’efficacia della terapia con sta-tine rispetto alla PTCA ma che inrealtà ha paragonato la terapiamedica massimale con la PTCA inpazienti con cardiopatia ischemi-ca, ha dimostrato che atorvastati-na, era in grado di ridurre del36% l’incidenza di eventi totalirispetto alla PTCA e che, inoltre,era in grado di ridurre la necessi-tà di rivascolarizzazione chirurgi-ca e di ri-ospedalizzazione.

L’approccio clinico al paziente an-ziano con cardiopatia ischemica,pertanto, deve esser quello di ten-tare come prima misura l’ottimiz-zazione della terapia medica. Le patologie cardiache primitiva-mente aritmiche rappresentanonel grande vecchio patologie rara-mente letali ma che possono cau-sare limitazioni della qualità divita e della autonomia funzionale.In molti casi le aritmie sono laconseguenza di rialzi pressori o diinsufficienza coronarica in altricasi sono invece la conseguenza diun processo degenerativo dellamuscolatura miocardica, come nelcaso della fibrillazione atriale.Tale patologia è di gran lunga l’a-ritmia più frequente nel grandevecchio ed è spesso la causa dieventi ischemici cerebrali. Il con-trollo del ritmo cardiaco, nei sog-getti con fibrillazione atriale, nonpresenta problemi terapeutici par-ticolari anche se spesso richiede lanecessità di impiantare un pace-maker per il controllo delle fasi dibradicardia. Più problematica in-vece è la prevenzione degli eventiischemici cerebrali a causa delladifficoltà nella gestione della tera-pia anticoagulante.Pertanto, mentre l’approccio pre-ventivo delle patologie cardiova-scolari nel grande vecchio è diffe-rente rispetto ai soggetti adulti, laterapia delle manifestazioni clini-che di tali patologie è similerispetto a quella dei pazienti piùgiovani. Tuttavia, nel grande vec-chio, l’approccio terapeutico puòesser meno aggressivo sia per lamaggiore mortalità e morbilitàdelle procedure sia per la minorenecessità di una completa rivasco-larizzazione.

Massimo FiniDipartimento di Scienze Mediche

San Raffaele – RomaTosinvest Sanità

speciale

al rischio cardiovascolare

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I dibattiti sulla applicabilità dellaevidence-based medicine accompa-gnati dallo scetticismo dei fautoridell’indirizzo clinico sempre gui-

dato dalla solidità dell’esperienzapersonale rispetto alle perplessitàdegli studi eseguiti su popolazioniselezionate di pazienti, si perdononel nulla quando si parla di pra-vastatina. Le evidenze dei numerie dei dati derivanti dagli studiWOSCOPS, CARE e LIPID sonostate più volte confermate da in-

numerevoli altri trials minori eirrobustite dall’esperienza ambu-latoriale di tutti i medici a livellomondiale. Ancora una pubblica-zione, avvenuta recentissimamen-te sullo European Heart Journal,pone l’attenzione su questo princi-pio attivo dalla vitalità ecceziona-le. Si tratta del Prospective Pra-vastatin Pooling Project che hasvolto un grande lavoro assem-blando i dati dei tre maggioristudi di prevenzione primaria esecondaria eseguiti con l’impiegodi pravastatina. Sono 19.768 i pazienti che, graziealla sovrapponibilità dei protocollidegli studi WOSCOP, CARE eLIPID, in termini di trattamento,dosaggio, durata ed end-point, so-no stati raccolti in uno straordi-nario data-base che ha reso possi-

bile, grazie alla forza dei numeri,considerazioni importanti riguar-danti gli effetti di pravastatina indiverse popolazioni di pazienti. La

riduzione del colesterolo non sem-bra essere il risultato più impor-tante raggiunto dalla terapia ipo-lipemizzante soprattutto quandomesso in relazione allo straordina-rio effetto sulla mortalità cardio-cerebro vascolare. La riduzione del 27% dei livelli dicolesterolemia LDL e l’innalza-

mento del 5% delle HDL-c, purrappresentando un ottimo risulta-to in termini di correzione deiparametri lipidici, sembrano benpoca cosa quando confrontati airisultati sulla mortalità e morbili-tà cardio-cerebro vascolare. Analizzando, infatti, i benefici cli-nici in funzione del colesteroloLDL, si può notare come la ridu-zione di eventi quali infarto nonfatale e morte cardiovascolaresono stati ridotti da pravastatina40 mg/die, nei pazienti con LDL-ccompreso tra 70-134 mg/dl, del22% con significatività pari ap<0,005 rispetto a placebo. Anche nei pazienti con colesterolopiù elevato, compreso tra 135 e174 o tra 175 e 232 mg/dl si è otte-nuta una notevole riduzione dieventi pari rispettivamente al 23%

12 • CardioLink

ed al 32% con significatività eleva-ta (p<0,001)verso placebo ma nontra gruppi aventi colesterolemiadiversa (figura 1). Non è un miste-ro per nessuno che le statine sianoproiettate verso scenari di ricercafuturi improntati all’allargamentodelle indicazioni non più rivoltealla colesterolemia, bensì alla pre-venzione e protezione dalle malat-tie cardiovascolari. Ma allora, perché rimangono ilivelli di colesterolo plasmatici ilmarker di riferimento per iniziareun trattamento anche di fronte aduna documentata aterosclerosicon bassi livelli di LDL-c? Il con-trasto, che emerge in manierasempre maggiore, è tra l’approc-cio endocrinologico, basato suglistudi epidemiologici ed osserva-zionali, che si pone l’obiettivo diraggiungere i livelli “normali” dicolesterolemia e l’approccio basatosull’evidenza del danno d’organoche parte dalla evidence-basedmedicine e considera il beneficiodelle statine un beneficio chesupera il concetto della riduzionedel colesterolo e si rivolge diretta-mente all’aterosclerosi. Anche lo studio HPS, pubblicatodi recente su Lancet, ha evidenzia-to i vantaggi della terapia con sta-tine in pazienti con colesterolemianormale.Tra i pazienti arruolati nello stu-dio con diabete, evidenza di dannocoronarico o aterosclerosi vasco-lare si è ottenuta una riduzionedegli eventi cardiovascolari si-gnificativa anche nei soggetti conLDL-c sotto a 100 mg/dl (figura 2).La differenza tra i due approccidovrebbe essere completamentesuperata dall’adozione degli algo-ritmi per il calcolo del rischio car-diovascolare, attraverso i quali ilpaziente viene valutato assem-blando tutti i fattori di rischio aidati riguardanti sesso, età, fami-liarità e stile di vita. Tuttavia, proprio l’impostazionedel calcolo del rischio è alla ribaltadella cronaca scientifica (cfr art.La via europea al calcolo delrischio cardiovascolare) in quantoil peso che viene dato nel calcolo acondizioni quali l’aterosclerosi, inpazienti senza pregressi eventi,non sempre viene valutato corret-tamente. In attesa che i softwareaffinino le loro potenzialità, lo stu-dio americano CHAMP (Cardio-vascular Hospitalization Athe-rosclerosis Management Pro-gram), svolto dalla UCLA Univer-sity, ha valutato l’approccio misto,basato sulla correzione dei fattoridi rischio quali pressione arteriosae colesterolemia, secondo le più re-centi linee guida NCEP-ATP III(National Cholesterol EducationProgram – Adult Treatment Pan-nel III) e sull’adozione di terapie

anti-aterosclerosi nei pazienti conevidenza documentata di dannod’organo, indipendentemente daifattori di rischio. Tutti i pazienti con aterosclerosi,documentata attraverso i diversistrumenti diagnostici disponibili,venivano avviati ad un program-ma terapeutico comprendente an-tiaggregante piastrinico, ACE-ini-bitore, beta-bloccante, statine, die-ta alimentare ed esercizio fisico. Inpiù, la strategia diagnostico-te-

rapeutica, iniziata in ospedale, ve-niva proseguita a casa attraversoun forte collegamento tra mediciospedalieri e medici di famiglia emediante un programma di educa-zione preventiva comprendentemateriali di informazione per ilpaziente e visite periodiche di con-trollo. Lo studio CHAMP ha datorisultati molto importanti dalpunto di vista dell’approccio dimedico e paziente alla strategiapreventiva. L’utilizzo dei farmaci,ad un anno di distanza dalla di-missione, si è modificato a favoredi un più largo impiego combinatodi statine, ACE-inibitori e beta-

bloccanti. È incrementato anchel’utilizzo di aspirina (figura 3).Quasi il 60% dei pazienti avevaraggiunto livelli di LDL-c <100mg/dl ed un altro 20% circa avevaottenuto importanti riduzioni del-la colesterolemia basale. Il dato più eclatante, però, riguar-da la mortalità e il reinfarto, pas-sati dal 14,8% pre-studio al 6,4%dopo l’applicazione del protocollopreventivo (figura 4).I dati di questo studio sono statipubblicati sull’American Journalof Cardiology alla fine del 2001 erappresentano un monito concretoa riconsiderare in modo moltosemplice l’approccio preventivo eprotettivo al paziente a rischio. Le linee guida sono spesso troppo

dossier

Quale strategiaper i pazienti a rischio?

La complessità delle linee-guida, delle terapie e dei quadri clinici dei pazienti a rischio cardiovascolare obbligano

a scelte guidate solo da evidenze solidissime

Figura 2. Heart Protection Study: effetto della Statina nei pazienti affetti da aterosclerosi documentata.

Figura 3. Variazioni nell’impiego dei farmaci ad 1 anno dall’introduzione del programma CHAMP.

ASA

Beta-bloccanti

Calcioantagonisti

ACE-inibitori

Statine

0 20 40 60 80 100Utilizzo (%)

6894

1857

586

1648

1091

Pre-CHAMP

Post-CHAMP

Pre-CHAMP

18

16

14

12

10

86420

14.8

6.4

p<0.01

Morte o infarto miocardiaco %

Post-CHAMP

Figura 4. Incidenza di mortalità e reinfarto dopo 1 anno di applicazione del programma CHAMP.

Figura 1. Effetto di Pravastatina sugli eventi CV in funzione dei livelli di LDL-c.

Sacks. Circulation. 2000; 102:1883.

BASALE PAZIENTI EVENTI CV RRR (95% CI) PLDL (mg/dl) (MORTE, IMA)

70 – 134 4414 537 22 (34-7) 0.005

135 – 174 8035 987 23 (32-13) <0.001

175 – 232 7318 670 32 (42-21) <0.001

BASALE STATINA PLACEBO STATINA STATINA(10269) (10267) meglio peggio

LDL (mg/dl)

<100 285 360

G100 <130 670 881

G130 1087 1365

Tutti 2042 2606i pazienti (19.9%) (25.4%)

Heart Protection Study0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4

lunghe e ricche di dettagli pocosignificativi per chi esercita quoti-dianamente la professione medicanegli ambulatori e negli ospedali.Un noto opinion leader americano,commentando le nuove linee guidaNCEP-ATP III ha detto: “372 pagi-ne e 260.000 parole sono troppeper poter pretendere che sianolette e seguite”. Auguriamoci che in futuro il pa-ziente ed il medico siano dotati distrumenti facili e semplici da at-tuare che consentano di ridurre ilrischio di andare incontro ad even-ti cardiovascolari.

Andrea Colella

Fonarow. Am J Cardiol, 2001; 87:819-822

Fonarow. Am J Cardiol, 2001; 87:819-822

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È come l’assicurazione che ci pro-tegge dagli infortuni o ci permettedi guardare al futuro con più tran-quillità. Il ruolo chiave svolto dallestatine nei pazienti infartuati è

ormai irrinunciabile e molte evi-denze scientifiche stanno dandospessore all’utilizzo precoce neipazienti che afferiscono alle unitàcoronariche ed alle cardiologie persegni e sintomi di ischemia cardia-ca. Già lo studio MIRACLE (Myo-cardial Ischemia Reduction withAggressive Cholesterol Lowe-ring) aveva dimostrato che l’impie-go precoce, entro le prime 24-96ore dall’evento, di atorvastatina

pravastatina o placebo, oltre allaterapia convenzionale, entro 6giorni dall’evento e per 24 mesi. Altermine dello studio i risultatimostrano una incidenza del 23%di nuovi eventi nel gruppo prava-statina rispetto al 52% nel gruppoplacebo (p<005). (figura 1) Anchedal punto di vista angiografico, a6 mesi e 24 mesi, pravastatina erastata in grado di limitare l’aumen-to del diametro luminale minimorispettivamente a 0,05 mm e 0,13mm contro 0,08 mm e 0,18 mm nelgruppo placebo (p<0,001). Altreconferme provengono dallo studioPRISM (Platelet Receptor Inhi-bition in Ischemic Sindrome Ma-nagement) che ha valutato l’effet-to della terapia con statine, effet-tuata durante il ricovero e conti-nuata alla dimissione, e l’impattodell’interruzione della terapia do-po la dimissione in 3.232 pazienticon malattia coronarica docu-mentata ed insorgenza di doloretoracico nelle 24 ore prima delricovero. A 30 giorni dal ricovero,

ne. (figura 2) La necessità di riva-scolarizzazione è stata inferiorenei pazienti trattati e la durata delricovero significativamente più

la terapia con statine ha dimostra-to di ridurre la mortalità e l’inci-denza di infarto del miocardio nonfatale in modo significativo rispet-to alla terapia convenzionale senzastatine ed al gruppo che avevainterrotto la terapia alla dimissio-

nuto il trattamento rispetto aipazienti che non avevano assuntoterapia o che l’avevano interrotta.

C.V.

13CardioLink •dossier

La polizza assicurativadella protezione cardiaca

60

50

40

30

20

10

0

Eventi CV maggiori

Mesi

% P

azie

nti

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

Terapiaconvenzionale

(n=56)

Terapia convenzionale+ Pravastatina

(n=70)Log rank 0.008

I benefici di pravastatina nell’utilizzo precoce in pazienti con eventi coronarici ed i danni dell’interruzione della terapia

rallentava l’insorgenza di unnuovo evento. Anche lo studio L-CAD (Lipid – Coronary Artery Di-sease) eseguito su pazienti coninfarto miocardico acuto o anginainstabile, sottoposti o meno aPTCA d’urgenza, ha ribadito l’uti-lità della terapia precoce con stati-ne. I pazienti con coleterolemiatotale compresa tra 200 e 400mg/dl e LDL-c tra 130 e 300 mg/dlsono stati randomizzati a ricevere

breve. L’interruzione della terapiadopo la dimissione è stata correla-ta con l’aumento del rischio dimortalità e di incidenza di infartonon fatale rispetto ai pazienti cheavevano continuato. Inoltre anchela necessità di rivascolarizzazionea 7 giorni era stata maggiore nelgruppo che aveva interrotto laterapia rispetto ai continuatori. Danotare che i livelli di colesterolonei gruppi di trattamento eranosimili durante tutto il periodo dellostudio, confermando ancora unavolta il beneficio delle statine oltrela riduzione della colesterolemia.Inoltre i livelli di troponina T, a 24,48 e 72 ore dal ricovero, erano nor-mali solo nei pazienti che avevanoassunto statine ed avevano mante-

18Statina interrotta

Mesi

% E

vent

i CV

0

No statina

Statina continuata

1 2 3 4 5 7

16

1412108

6

42

0

Figura 1. Effetti di pravastatina in pazienti infartuati (Studio L-CAD).

Figura 2. Studio PRISM.

Arntz H-R et al. Am J Cardiol 2000; 86:1293-1298

Heeschen et al. Circulation 2002; 105:1446-1452

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Puntualmentealla fine di maggio si è tenuto

il Congresso dell’ANMCO, un pun-to di incontro obbligatorio per lamedicina italiana. Non a casoparlo di medicina e non di cardio-logia, perché in maniera moltodecisa il congresso di quest’annosi è rivolto non solamente ai car-diologi, ma anche ai medici di altrespecialità e del territorio. L’obiet-tivo strategico che si era posto ilDirettivo Nazionale dell’ANMCOuscente, di cui ho avuto l’onore difar parte, era quello di aprire almassimo i rapporti dell’associazio-ne con il territorio, e quindi il filoconduttore del congresso è stato inquesta direzione. Ci sono stati, in-fatti, simposi congiunti con glipneumologi (Patologia cardiore-spiratoria: percorsi specialisticiintegrati), con gli internisti ospe-dalieri (Verso un’appropriata inte-razione clinica per i cardiopaticiospedalizzati), con i diabetologi (Lacardiopatia ischemica nel paziente

diabetico), con i nefrologi(Insufficienza renale croni-ca e patologia cardiovasco-lare). Inoltre il rapportocon il territorio, presente

in maniera costante in tutte i sim-posi di tipo organizzativo-gestio-nale, è stato sottolineato dalSimposio Organizzativo, che tradi-zionalmente mette in discussionepubblica la linea programmaticadell’ associazione. Il simposio erainfatti intitolato “La cardiologianel sistema di emergenza urgen-za” ed il fine di tale scelta era ed èstato quello di creare stretti lega-mi non solo tra le cardiologie didiversi livelli di un’area geografi-ca, ma soprattutto quello di stabi-lire un legame tra cardiologi ealtri medici sia del territorio chedell’ospedale. Come di consuetonell’ ambito del congresso sonostate ospitate le riunioni delleSocietà di settore; la SIEC (SocietàItaliana di Ecografia Cardiova-scolare), l’AIAC (Associazione Ita-liana di Aritmologia e Cardiosti-molazione), la SICI (Società Ita-liana di Cardiologia Invasiva), ilGIRC (Gruppo Italiano di Cardio-logia Riabilitativa), il GICN (Grup-po Italiano di Cardiologia Nucle-

14 • CardioLink

are) oltre al gruppo di lavoro riso-nanza magnetica cardiovascolareed il gruppo di studio “Atero-sclerosi, trombosi e biologia va-scolare”.Un notevole successo hanno ri-scosso i quattro Up Date ANMCO,che erano al secondo anno di vita.Si tratta di puntualizzazioni com-plete ed aggiornate, dalla anamne-si alla terapia, che vengono svolteda relatori particolarmente espertinel ramo, su patologie di larga dif-fusione. Questi simposi sono statipensati dal comitato scientifico delcongresso, come uno strumentoper fornire una informazione ag-giornata e completa a coloro chenon lavorano quotidianamentenello specifico settore, ma che pos-sono venire a contatto con malati econ tali patologie. Gli argomentitrattati sono stati le valvulopatie,le sindromi coronariche acute, loscompenso cardiaco e le aritmie. Ilgradimento è stato dimostrato dal-la sala stracolma (ed era la salaprincipale del Congresso capace di800-1.000 posti) con presenza deipartecipanti per tutte le due oredel simposio. Altrettanto interesseè stato dimostrato per la novità diquest’ anno cioè i simposi Focus

On. Si tratta di un aggiornamentoestremamente approfondito su tec-niche di recente introduzione o chehanno subito importanti modifica-zioni. Sono stati tre i simposi tenu-ti insieme alle società di ecocardio-grafia, di aritmologia e di cardio-logia interventistica su argomentidi pertinenza delle singole subspe-cialità. Oltre a quelli più sopra ri-feriti ci sono stati altri 35 simposisu vari argomenti di cardiologia,che hanno spaziato dalla cardiopa-tia ischemica cronica allo scom-penso, dalla aritmologia alla riabi-litazione, dalla ecocardiografiaalla emodinamica, dalla preven-zione alla organizzazione sanita-ria. Come di consueto inapertura di congresso, chequest’ anno è stato prolunga-to di una giornata, si sonotenute le Controversie su te-mi di attualità, seguiti dai dati delCensimento delle strutture cardio-logiche italiane (sia ospedaliereche universitarie e private accredi-tate), dai dati degli studi clinicicondotti dall’ANMCO che si sonoconclusi nell’anno in corso, dallaLettura Magistrale tenuta da J.P.Bassand presidente della SocietàEuropea di Cardiologia e dalla pre-

focus on

sentazione delle dieci migliori co-municazioni scelte fra le oltre 700pervenute alla Segreteria delCongresso.La partecipazione al congresso èstata massiccia con circa 4.500iscritti. Di grande soddisfazioneanche la partecipazione del perso-nale infermieristico, prevalente-mente di infermieri delle cardiolo-gie di tutta Italia, ma anche diinfermieri che lavorano in altrisettori, confermando l’estrema at-

tenzione posta dallacategoria alle oc-casioni di incon-tro e di discus-sione sulla loro

professione e sul nuovo ruolo chesta assumendo la categoria sullabase della abolizione del mansiona-rio e del nuovo percorso di studi. Come per gli anni precedenti gliatti del congresso saranno regi-strati su CD e distribuiti a tutti isoci ed a coloro che ne faranno

(segue a pag. 16)

XXXIII Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO

Firenze, 18 – 22 maggio 2002

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15CardioLink •focus on

Si è tenuto al Centro Congressi “IlCasale” a Colli del Tronto (AP) dal21 al 23 giugno scorso la secondaedizione delle Giornate Adriatichedi Cardiologia. Il Convegno, accre-ditato dalla Commissione Nazio-nale per la formazione continua-ECM - del Ministero della Salutecon 7 crediti formativi, ha visto lapartecipazione di circa 200 tra car-diologici e medici di medicina ge-nerale. La prima giornata è statadedicata all’aritmologia con parti-colare attenzione per i risvolti cheessa ha nel campo della medicinadello sport. È stato fatto un excur-sus completo partendo dall’epide-miologia e dai meccanismi dellafibrillazione atriale, in assoluto l’a-ritmia più frequente con la suaprevalenza di circa 0.5-1% nellapopolazione generale, fino ad argo-menti molto più specifici come ilcomportamento del ritmo cardiacoin ambienti straordinari comequelli frequentati dai subacquei edagli astronauti. È stato analizzatoanche un evento, la morte improv-visa nell’atleta, che per la suadrammaticità ha sempre un grossoimpatto sull’opinione pubblica. IlDott. Doni di Bergamo ha analizza-to due delle patologie che più fre-quentemente possono essere chia-mate in gioco, la Sindrome diBrugada e la Displasia Aritmoge-

na. Non tutte le aritmie sono datrattare; talvolta il rimedio è peg-giore del male, è questa la conclu-sione a cui è arrivato il Prof.Masini di Lucca nella sua letturamagistrale che ha concluso la ses-sione. Il secondo argomento tratta-to è stata l’ipertensione. Il nodoancora da sciogliere, come analiz-zato dal Prof. Costa di Bologna, ècome riuscire a raggiungere gliobiettivi indicati dalle linee guidainternazionali. Sono stati indicatialcuni mezzi che hanno in ognicaso al centro lo stretto rapportoche deve crearsi tra il medico ed ilpaziente. La terapia personalizzatada una parte aumenta la percen-tuale dei responders e dall’altrariduce drasticamente gli effetti col-laterali. A seguire il Prof. Nami diSiena ha evidenziato come l’utiliz-zo di associazioni precostituite difarmaci antiipertensivi possa farmigliorare i risultati ed ha auspi-cato che presto anche in Italia cosìcome in molti altri paesi sia possi-bile averne un numero maggiore.In particolare ha portato dati mol-to positivi sull’associazione a bassedosi tra Calcio-antagonisti ed ACE-inibitori. La pressione non puòessere adeguatamente curata senon trattiamo i fattori di rischiopresenti. Il Dott. Mazzuoli di Fi-renze ha evidenziato come la pre-

senza dell’obesità sia spesso unostacolo insormontabile. Così comeindicato dal titolo della sua relazio-ne se dobbiamo scegliere se buttaredalla torre prima l’ipertensione ol’obesità dobbiamo trovare un com-promesso ed agire contemporanea-mente su ambedue i fattori. Al ter-mine il Prof. Borghi di Bologna haanalizzato nuovi dati emersi suifarmaci alfa-bloccanti, ribadendola loro ancora piena attualità. Laterza sessione dal titolo ironico:“Sesso, sport ed i piaceri della tavo-la” ha visto la partecipazione coltaed insieme spiritosa del Dott. Spa-gnolo di Firenze che, ripercorren-do la sua vita di studente prima emedico poi, ha analizzato come siaprofondamente cambiato l’approc-cio del medico nei confronti delladisfunzione erettile nel pazientecardiopatico. Siamo passati dal-l’imposizione di stare tra letto epoltrona per alcune settimane, alladimissione precoce dai reparti diterapia intensiva con ripresa im-mediata di tutte le attività dellavita quotidiana, sesso compreso. Atale proposito ha analizzato i far-maci che abbiamo oggi a disposi-zione per combattere tale disfun-zione (il Sildenafil in particolare) equelli che presto saranno immessisul mercato (il Vardanafil ed ilTadalafil). L’altra parte della ses-

sione è stata dedicata alla sport-terapia nella prevenzione-riabilita-zione cardiologica ed agli effettibenefici del vino sull’apparato car-diovascolare. Sull’argomento dellaprevenzione cardiovascolare si èsoffermato anche il Prof. Gensinidi Firenze che con la sua letturamagistrale, commentando i datidello studio HPS ha ribadito con lasua solita maestria il ruolo predo-minate delle statine, della simva-statina in particolare, in questocampo. A seguire il Prof. Perticonedi Catanzaro ha fatto fare a tuttiun volo nel campo nella genetica,dimostrando come già da ora inalcuni campi, nell’ipertensione inparticolare, ci possa fornire unaiuto prezioso. La quarta sessione,dedicata alle patologie vascolari,coronariche e non, è stata ideal-mente divisa in due parti: Laprima è stata dedicata ai mezzi dia-gnostici non invasivi che abbiamooggi a disposizione per lo studiodell’apparato cardiovascolare, dal-l’ecocardiografia alle più sofistica-te apparecchiature di TC spiraleche permettono uno studio veloceed accurato dell’anatomia dei vasi,alle ultime applicazioni della riso-nanza magnetica con la proiezionedi immagini che, così come indica-to dal titolo della relazione delDott. Casolo di Firenze, ci fannorendere conto che in alcuni settorila fantascienza è diventata ormairealtà. La seconda ha analizzato dauna parte una patologia che cilascia, come ribadito a chiare notedal Dott. Bianchi di Milano, sem-pre pieni di dubbi, come l’infarto acoronarie indenni, dall’altra iltema più specifico della terapia. IlDott. Proietti di Roma ha affronta-to il tema degli antiaggreganti,dalla vecchia aspirina al più recen-

Le Giornate Adriatichedi Cardiologia 2002Un appuntamento ANCE che si rinnova

te clopidogrel, mettendo in eviden-za, analizzando in particolare i datidello studio CURE, come l’evolu-zione dei farmaci non si è concre-tizzata solo in una riduzione deglieffetti collaterali ma soprattutto inun netto miglioramento dei risul-tati. Il Dott. Perna di Ancona ha af-frontato un tema, che alla luce delrapido e progressivo invecchia-mento della nostra società, diestrema attualità, ossia il tratta-mento della cardiopatia ischemicanell’età avanzata. Ormai non cisono più limiti legati alla carta diidentità; i rischi di alcune procedu-re invasive crescono sì con il pas-sare degli anni, ma possono resti-tuire una buona qualità di vita.Nell’ultima lettura magistrale laProf.ssa Penco de L’Aquila ha ana-lizzato in modo esaustivo il ruolocentrale dell’ecocardiografia nelladiagnostica della cardiopatia iper-tensiva. Nell’ultima sessione, oltreall’anteprima di un libro di preven-zione cardiovascolare dedicata aibambini delle scuole elementari emedie ideato e scritto dal Dott. Polidi Firenze, il tema principale èstato l’asse cuore-rene, che, comeribadito dal Dott. Cice di Napoli,riveste un ruolo determinante nel-l’ipertensione. In particolare sonostati presentati molti dati sullaterapia dell’ipertensione nei pa-zienti sottoposti a dialisi. L’incontro si è poi concluso conuna vivace discussione interattivasu tre casi clinici di scompensocardiaco, fibrillazione atriale e car-diopatia ischemica. Il bilancio fina-le non può che definirsi ottimo,con una sala sempre piena di colle-ghi attenti e pronti ad intervenireattivamente nelle discussioni.

Simone MininniGabriele Catena

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Il progresso delle nuove tecnolo-gie di comunicazione permette ditrasmettere dati, segnali biologicied immagini, anche tridimensio-

nali, utilizzando un telefono e unalinea di rete. Oggi la telemedicinarappresenta la frontiera superataper garantire prestazioni speciali-stiche continuate, gestire emer-genze, permettere consulti ed in-terventi a distanza. La telemedici-

na è anche, più semplicemente,migliorare la qualità dei pazientipermettendo di monitorarli a do-micilio, aumentando la loro sicu-

rezza e tranquillità, di risparmiaretempo, con costi sostenibili per lapersona e la comunità. Oltre 200 pazienti pavesi, colpitida grave ischemia miocardica (in-farto acuto) o angina instabile, sa-ranno sottoposti per un periodo di6 mesi alla prima indagine pro-mossa in Italia per verificare i van-taggi che l’utilizzo della telecar-diologia presenta nella fase ditrattamento post dimissione dal-l’Unità Coronarica del Diparti-

mento di cardiologia del Policli-nico San Matteo di Pavia.L’indagine consentirà inoltre dimisurare l’impatto economico chela gestione remota del pazientepermette alla struttura sanitariaregionale in termini di riduzionedelle spese di prestazione e, so-prattutto, di decongestione dellevisite ospedaliere.Questa ricerca è stata promossanel comprensorio di Pavia che rac-coglie una utenza di circa 350.000abitanti distribuiti su un territoriorelativamente vasto. In questocontesto, che registra mediamenteogni anno circa 500 ricoveri ur-genti per il trattamento di infartomiocardico acuto e di angina in-stabile, sarà quindi possibile ot-timizzare i tempi di ospedalizza-zione avendo la possibilità di mo-nitorare i pazienti ad alto rischionella fase precoce post – dimissio-ne con l’obiettivo di ridurre i tem-pi di ospedalizzazione e le poten-ziali complicanze successive alladimissione e, soprattutto, di otti-mizzare la gestione degli ingressidell’utenza locale. Ciò al fine dipoter distribuire in modo più ade-guato le risorse per la gestione dei

pazienti che afferiscono da fuoricomprensorio.L’indagine verterà su un monito-raggio continuativo di pazienti,metà dei quali trattati secondo leordinarie procedure mentre l’altrametà farà ricorso alla telecardiolo-gia, utilizzando elettrocardiografitranstelefonici messi a disposizio-ne da SorinLifeWatch, joint ventu-re tra Snia e Card Guard, aziendeleader nel settore della diagnosti-ca e della trasmissione attraversolinee telefoniche. I dati registratisui pazienti verranno direttamen-te trasmesse presso il call centerdella SorinLifeWatch a Milano oveverrà refertato e distribuito al car-diologo referente che adotterà gliinterventi e i trattamenti del caso.“Alla fine di questo studio saràpossibile confrontare il numero e icosti delle utenze sanitarie utiliz-zate dai pazienti in funzione delladisponibilità o meno della telecar-diologia” - dichiara il Prof. EmilioVanoli, Ricercatore Universitariodel Dipartimento di Cardiologia,Servizio di Cure Intensive Corona-riche presso il Policlinico San Mat-teo di Pavia. “Inoltre, l’analisi deitempi di ripresa lavorativa e lo

studio della qualità della vita per-metteranno di quantificare in mo-do più attendibile i costi socialidell’infarto”. Con questa nuovaindagine, che tende quindi a misu-rare in concreto se l’adozione disoluzioni tecnologicamente avan-zate è in grado di migliorare laqualità dei servizi al paziente,riducendo al contempo le speseper la Sanità, Pavia e il Policlinicosi confermano uno dei centri diricerca applicata più avanzati nelsettore della cura dei disturbigravi del cuore, entrando così adoperare fattivamente nei servizi diassistenza post ricovero. I risulta-ti preliminari dello studio condot-to dal Prof. Emilio Vanoli, verran-no comunicati nel corso del pros-simo Congresso della SocietàItaliana di Cardiologia, SIC, che siterrà a Roma dal 14 al 18 Dicem-bre 2002.

C.V.

Post-infarto in lineaA Pavia oltre 200 pazienti infartuati

monitorati grazie alla telecardiologia.

16 • CardioLink focus on

La Mole Antoneliana campeggiasulla copertina dell’annuario dell’Associazione Interregionale Car-diologi e Specialisti Medici Ambu-latoriali (A.C.S.A.) recentementepubblicato. La stampa di questo vo-lumetto, curata dal PresidenteNazionale A.C.S.A. Tommaso Die-go Voci e dal Segretario GeneraleAntonino De Stefano, è una testi-monianza di come volontà e buonaorganizzazione possano portare adottimi risultati formativi ed infor-mativi. “I principi ispiratori delprogetto-ACSA”, ha detto Voci, so-no stati tradotti in realtà. Scor-rendo l’indice della pubblicazione,infatti, si può verificare come lamultidisciplinarietà delle temati-che trattate abbia soddisfatto ap-pieno la filosofia dello statuto so-cietario che sottolinea lo scambioculturale permanente fra tutti glispecialisti di area medica ed abbiaaltresì realizzato l’intenzione diunire, in un unico consenso, spe-cialisti di matrice universitaria,ospedaliera e di territorio”.Nel corso del 2001, l’Associazioneha portato a termine due meetinginterregionali dal titolo: “Betabloc-canti in cardiologia: nuove pro-spettive e indicazioni cliniche” e“Dai grandi trial alla pratica clini-ca” (disponibile attualmente sulsito web dell’Associazione all’indi-rizzo www.acsa-onlus.it).Il I° Meeting “Betabloccanti in car-diologia: nuove prospettive e indi-

cazioni cliniche” – ha sottolineatocome l’importanza che i betabloc-canti hanno assunto nella praticaclinica costituisca un caso emble-matico nella storia della evoluzionedel pensiero cardiologico moderno.In effetti, nell’ultimo decennio lapercezione fisiopatologica dell’im-piego di questi farmaci, sia neltrattamento dell’ipertensione edella cardiopatia ischemica, chedello scompenso cardiaco, è cam-biata radicalmente: da un presup-posto razionale essenzialmente cli-nico ci si è sempre più spostati suun piano squisitamente molecola-re. Al momento attuale i betabloc-canti sono indicati per la cura del-l’ipertensione arteriosa, della car-diopatia ischemica, delle aritmieventricolari e sopraventricolari.Recentemente si è aggiunta anchel’indicazione per il trattamentodello scompenso cardiaco.Inoltre la stessa ricerca farmacolo-gica è tuttora protesa verso lo svi-luppo di farmaci betabloccanti ingrado di utilizzare meccanismi an-tiadrenergici il più possibile fisio-logici, che non riducano la perfor-mance ventricolare sinistra, e do-tati altresì di proprietà modulantipositive a livello endoteliale.Nella pratica quotidiana tuttavia èpalpabile la persistenza di unacerta incertezza nell’utilizzo deibetabloccanti: quello che il meetingsi è proposto di ottenere, at-traverso l’articolazione dialettica

delle tematiche ricordate, è pro-prio, se non di colmare, di accor-ciare almeno la distanza che tutto-ra esiste tra i presupposti teorici el’impiego clinico quotidiano di que-sta classe di farmaci. Non menointeressante il II° Meeting Inter-regionale ACSA - “Dai grandi trialalla pratica clinica” che ha avutocome argomento l’implementazio-ne, attraverso le linee guida, dellestrategie diagnostico-terapeutichesecondo le indicazioni dei risultatiottenuti, nei grandi trial, dallamedicina basata sulle evidenze(EBM: Evidence-Based Medicine).Le basi sulle quali l’EBM posa lapropria credibilità consistono nelleconclusioni di indagini (nella mag-gior parte dei casi studi randomiz-zati, condotti su ampi campioni disoggetti, oppure metanalisi), cheabbiano prodotto risultati di suffi-ciente validità statistica. I detratto-ri di questa “metodica “ sostengonoche quello che i trial clinici control-lati forniscono non costituiscaaffatto lal’evidenza conclusiva del-l’efficacia o dell’inefficacia di untrattamento e, soprattutto, chequesta prova non sia indipendenteda ogni pregiudizio e da ogni ipo-tesi e non sia perciò obiettiva.In effetti, l’epistemologia contem-poranea ha ormai ampiamentedimostrato come i “fatti scientifi-ci” siano costituiti in realtà daenunciati che sono spesso impre-gnati di teorie e che dipendonosempre dalle opinioni o dalleipotesi precedenti, presentinella mente del ricercatore.Il punto, dunque, non è quellodi validare come evidenze asso-lute le conclusioni dei granditrial, bensì di capire se questa

“tecnica di analisi dei dati” possacostituire, al di là di sterili mani-cheismi, uno strumento capace dimigliorare molti aspetti della medi-cina moderna.E la risposta che si è voluto tentaredi dare, attraverso l’articolazionedelle tematiche trattate in questomeeting, è che questa “metodolo-gia della conoscenza scientifica”,pur con le ovvie limitazioni episte-mologiche, costituisce un validomodello di superamento dell’empi-rismo diagnostico e terapeutico e,comunque, rappresenta lo “statodell’arte” della ricerca clinica. Nondimenticando, inoltre, come possaessere utile nello stabilire un ter-mine di paragone (attraverso lelinee guida), ancorché non assolu-to, in tutte quelle situazioni in cuil’aderenza del comportamento me-dico ad un riferimento debba esse-re obiettivamente misurata.

Antonino De StefanoSegretario Generale A.C.S.A.

Onlus

Formazione ed InformazioneACSA Onlus chiude l’anno

con un bilancio molto positivo.Pubblicato l’annuario scientifico.

XXXIIICONGRESSOANMCO(Segue da pagina 14)richiesta, non appena disponibili,mentre i testi delle relazioni degliUp Date sono già stati pubblicaticome supplemento dell’ItalianHeart Journal. Gli atti del congres-so Nursing sono raccolti in unvolume a parte. Parallelamente alcongresso si è svolta la manifesta-zione “Firenze città del cuore”curata della Heart Care Foun-dation. Si è trattato del primo ten-tativo di una manifestazione checoinvolgesse la città in cui si svol-ge il congresso, sottolineando l’im-portanza della prevenzione neltrattamento delle patologie cardio-vascolari. La manifestazione è sta-ta incentrata su 4 elementi: unevento scuola, momento di incon-tro con i giovani ed i professoridelle scuole medie superiori dellaprovincia, un evento sportivo conla corsa del cuore tenutasi sabatosera nel centro storico di Firenze,un evento spettacolo con il concer-to di Bennato al palazzetto dellosport ed un evento salute con laapertura per due giorni di 5 puntinelle principali piazze di Firenze incui permettere un confronto diret-to tra gli operatori sanitari ed i cit-tadini con la finalità di una infor-mazione sulla prevenzione dellemalattie cardiovascolari. La riusci-ta della manifestazione è stata sod-disfacente: in particolare moltointeressante è stato il coinvolgi-mento delle autorità cittadine chehanno collaborato attivamenteall’evento. Estremamente interes-sante è stato il tentativo di instau-rare un collegamento tra un con-gresso scientifico e la gente comu-ne partendo dal presupposto che imedici non si occupano solamentedi curare i cittadini quando siammalano, ma si occupano anchedei sani cercando di aiutarli a nonpassare nell’altra categoria.

Francesco Mazzuoli

Emilio Vanoli

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17CardioLink •focus on

Che i pazienti diabetici con sindro-me coronarica acuta abbiano unaprognosi meno favorevole rispettoa omologhi non diabetici è nozioneuniversalmente accettata. Molte-plici sono, inoltre, ormai le evi-

denze che mostrano un effettoestremamente vantaggioso degliantagonisti recettoriali della gli-coproteina IIb/IIIa, nella sottopo-polazione diabetica, su end-pointsparticolarmente significativi qualila mortalità. A tal proposito MarcoRoffi e coll. hanno pubblicato suCirculation una completa metana-lisi dei 6 principali trials rando-mizzati in cui è stato utilizzato unanti-GP IIb/IIIa in un contestoesclusivamente clinico come quellodel trattamento delle sindromicoronariche acute senza soprasli-vellamento del tratto ST. Con tuttii limiti metodologici caratteristicidelle metanalisi, dallo studio ècomunque emerso un dato forte eincontrovertibile in termini disignificativa riduzione della mor-talità a 30 giorni (figura 1). La mortalità si riduce, infatti, nelsottogruppo di pazienti diabetici,del 26%, dato statisticamentesignificativo (p=0,007), beneficioche si traduce in una vita salvataogni 63 pazienti trattati. Sorpren-dentemente la riduzione percen-tuale di mortalità è numericamen-te identica (26%) sia per i pazientiinsulino-dipendenti, che per quel-li in cui il controllo glicemico siottiene con ipoglicemizzanti oralio semplicemente con il trattamen-to dietetico. Tali dati, già moltopositivi, divengono ancor piùsignificativi se viene preso in con-siderazione il sottogruppo dipazienti diabetici che sono statisottoposti a rivascolarizzazionepercutanea durante l’ospedalizza-zione iniziale. La mortalità a 30giorni rispetto ai pazienti non dia-betici si riduce di ben il 70%, conun p di 0,002 e con una vita sal-vata ogni 36 pazienti trattati(figura 2). In discussione gliAutori hanno fornito alcune pos-sibili spiegazioni a tale effetto par-ticolarmente favorevole. Le pia-strine di pazienti diabetici presen-tano aumentata aggregabilità,probabilmente a causa dei prodot-ti di ossidazione del glucosio, sonogeneralmente di dimensioni mag-giori, espongono una maggiorquantità di recettori glicoproteiciIIb/IIIa e i pazienti diabetici pre-sentano una aumentata popolazio-ne di piastrine attivate circolanti.

Probabilmente nella summa diqueste motivazioni risiede la in-dubbia efficacia dei farmaci anti-GP IIb/IIIa anche in un contestoesclusivamente clinico come quel-lo delle sindromi coronariche

acute e non solo nell’ambito dellaboratorio di emodinamica dovela necessità e l’efficacia di unaantiaggregazione “spinta” emergein modo più immediato.Questi risultati hanno parzial-mente messo in discussione quelsistema estremamente semplice edi facile applicazione che è il TIMIRisk Score. Lo schema è univer-salmente accettato e adottato perottenere una veloce stratificazionedi rischio in un paziente che sipresenta con sindrome coronaricaacuta. Il successo di tale indice èdovuto alla dimostrazione di unacorrelazione lineare tra punteggiodi rischio TIMI e eventi cardiacimaggiori come morte, infarto onecessità di rivascolarizzazioneurgente ad appena 14 giorni dalricovero. Ciò è stato brillantemen-te esposto da Antman e coll. inuno studio apparso su JAMA findal 2000.La successiva dimostrazione, adopera di Roffi, della notevole im-portanza del diabete come fattoreprognostico estremamente nega-tivo ha fatto sì che nella comunitàcardiologica sia ormai chiaro co-me il diabete “pesi”, in termini distratificazione del rischio, in mi-sura nettamente maggiore rispet-to al terzo di punto che gli vienericonosciuto dal sistema del TIMIRisk Score per il quale sono neces-sari almeno 3 fattori di rischiocardiovascolare per ottenere unpunto. Nel “mondo reale” dellapratica clinica quotidiana al diabe-te viene riconosciuta la piena tito-larità di un punto e tale afferma-

zione è stata autorevolmente vali-data in un recente convegno dellaSocietà Europea di Cardiologia dalDr. Wallentin di Uppsala (Svezia)in qualità di principale investiga-tore dello studio FRISC-2.Questo trial, assieme al TACTICS,ha contribuito a chiarire definiti-vamente la superiorità di unastrategia precocemente invasiva einterventistica nei pazienti conangina instabile o IMA non-Q ri-spetto a un atteggiamento più con-servativo o angina-guidato.Da tale studio è stato, quindi, trat-to, sull’esempio del TIMI, un siste-ma, definito FRISC Risk Score,che qui riportiamo e che ha dimo-strato piena validità correlandosiperfettamente con end-points cli-nici come morte/infarto e con datiangiografici come l’estensione del-la patologia coronarica (figura 3). Nello schema del FRISC RiskScore (su una totalità di 7 punti,in analogia al TIMI) la presenza didiabete rappresenta una voce indi-pendente e ha validità di unpunto. Altri parametri sono iden-tici fra i due sistemi (età, presenzaed entità del sottoslivellamento STall’ECG, positività di enzimi mio-cardio-specifici come la Tropo-nina), mentre il FRISC introduceun ulteriore elemento di novitàrappresentato dalla elevazione dialcuni indici quali la proteina Creattiva e l’Interleuchina-6 inomaggio alla teoria della genesiflogistica delle sindromi coronari-che acute.Sempre a firma di Marco Roffi ecoll. è apparsa, recentissimamentesu Circulation, l’analisi del sotto-gruppo di pazienti diabetici trattadal follow-up ad 1 anno dello stu-dio TARGET (cfr. Cardiolink annoVI, n. 2).Innanzitutto va chiarito come ilTARGET sia il trial con farmacianti-GP IIb/IIIa più grande pernumerosità del campione, effet-tuato in pazienti diabetici sottopo-sti ad angioplastica. Ciò accrescelo spessore e la valenza dei datiottenuti anche in ragione del fattoche l’analisi del sottogruppo dipazienti diabetici era stata preven-tivamente specificata e dichiarata.La definizione a priori del sotto-gruppo diabetico ha fatto sì chedurante l’arruolamento si sia pro-ceduto ad una attenta distribuzio-ne dei pazienti nei due gruppi ditrattamento con Tirofiban o conAbciximab, cosa che ha condottoad una perfetta sovrapponibilitàdei sottogruppi sia per caratteri-

stiche basali che procedurali. Irisultati hanno mostrato come ipazienti diabetici randomizzati aTirofiban o ad Abciximab presenti-no simili outcomes; infatti, èriportata un’incidenza di end-point combinato (morte, infarto onecessità di rivascolarizzazione) a30 giorni pari rispettivamente a6,2% (Tirofiban) e 5,4% (Abciximab),differenza statisticamente non si-gnificativa (p=0,540). Tale sostanziale equivalenza vienemantenuta anche negli end-pointssecondari, sia nello stesso end-point combinato valutato a 6 mesicon incidenza pari al 15,7% nelgruppo Tirofiban e pari al 16,9%

nel gruppo Abciximab (p=0,610),sia nella mortalità ad un annoavvenuta nel 2,1% dei pazienti dia-betici trattati con Tirofiban e nel2,9% di quelli arruolati ad Abc-iximab (p=0,436). Come espresso dai valori di p, l’in-versione di tendenza a favore diTirofiban nei risultati a 6 mesi e lariduzione di mortalità nei risulta-ti ad un anno non raggiungono si-gnificatività statistica.Queste recenti acquisizioni hannocomunque una grandissima va-lenza in quanto apportano nuoveevidenze sui benefici sostanzialiriservati a pazienti diabetici sotto-posti ad angioplastica se trattaticon farmaci anti-GP IIb/IIIa.Sempre al gruppo di Marco Roffi,come prima esposto, dovevamogià l’acquisizione dell’efficacia delTirofiban, quando utilizzato in uncontesto elusivamente clinico co-me le sindromi coronariche acute. Inoltre, che l’Abciximab, parago-nato a placebo, avesse un effettoparticolarmente favorevole in la-boratorio di emodinamica su pa-zienti diabetici era già noto da pre-cedenti studi (ad. es, il sottostudiodiabetico dell’EPISTENT, pubblica-to su Circulation nel 1999). Al mosaico mancava la conferma(o la smentita) della efficacia dellepiccole molecole (nella fattispecieil Tirofiban) nei pazienti diabeticisottoposti a procedura di interven-tistica emodinamica. La precedente osservazione dell’ef-fetto di riduzione della restenosiottenuta con Abciximab era stataattribuita a proprietà non anti-GPIIb/IIIa del farmaco e, più in parti-colare, all’inibizione del recetto-

re per la vitronectina, molecolaespressa sulla superficie di diver-se linee cellulari (monociti, celluleendoteliali e cellule muscolari li-sce) che presiedono al meccanismodella restenosi stessa. Il Tirofiban, invece, si lega esclu-sivamente al recettore glicoprotei-co IIb/IIIa e non ha mai dimostra-to effetti “pleiotropici” sulla reste-nosi post-angioplastica. I dati deipazienti diabetici arruolati a Tiro-fiban nel TARGET mostrano unariduzione (seppur non significati-va) della necessità di rivascolariz-zazione a 6 mesi rispetto a quellirandomizzati ad Abciximab (9,5%vs. 11,1%, p=0,366) suggerendo

che le proprietà non anti-GPIIb/IIIa non si traducono necessa-riamente in rilevanti effetti clinicisul processo di restenosi. Anche la mortalità ad un annopresenta una lieve tendenza (nonsignificativa) a favore del Tirofibanrispetto all’Abciximab (2,1%vs2,9%), mostrando come gli effettibenefici dei farmaci anti-GPIIb/IIIa sulla mortalità a lungotermine non possano essere cor-relati a effetti specifici dell’Abci-ximab e non propri delle piccolemolecole.È necessario chiarire che, pur es-sendo stata prespecificata nel di-segno del TARGET l’intenzione dicondurre un’analisi nel sotto-gruppo di pazienti diabetici e purrappresentando questo trial lacoorte di pazienti diabetici piùnumerosa sottoposta ad angiopla-stica, lo studio è comunque sog-getto ai limiti delle analisi per sot-togruppi in quanto il campionenon ha potenza statistica suffi-ciente per far emergere differenzesignificative fra il trattamentocon Tirofiban o con Abciximab so-lo nei pazienti diabetici. Tuttavia, da quanto sopra espostoappare altamente improbabile po-ter evidenziare, nella popolazionediabetica, differenze significativetra i due farmaci in studio e, inol-tre, risulta chiaro come le pro-prietà non anti-GP IIb/IIIa delframmento anticorpale Abciximabnon si traducano in benefici so-stanziali a lungo termine rispettoalla piccola molecola Tirofiban.

Giampiero [email protected]

Mortalità a 30 giorni nei pazienti diabetici

p=0,33

p=0,07

p=0,17

p=0,022

p=0,51

p=0,93

p=0,007

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0

IIb/IIIa meglio Placebo meglio

Trial

PURSUIT(n=2163)

PRISM(n=687)

PRISM PLUS(n=362)GUSTO IV(n=1677)

PARAGON A(n=412)PARAGON B(n=1157)Totale(n=6458)

Placebo IIb/IIIa

6,1%

4,2%

6,7%

7,8%

6,2%

4,8%

6,2%

5,1%

1,8%

3,6%

5,0%

4,6%

4,9%

4,6%

FRISC-score ed effetto sulla strategia invasiva

% mortalità a 1 annoFRISC-score• Età > 65 anni• Sesso maschile• Diabete mellito• Infarto miocardico

pregresso• Sottoslivellamento

tratto ST• Troponina elevata• IL-6 / CRP elevate

ScorenpRR

0–29720.18

0.32 (0.07–1.52)

3–41.0510.74

0.89 (0.46–1.74)

5–7264

0.0060.34(0.15–0.78)

16

14

12

10

8

6

4

2

0

Strategia non invasiva

Strategia invasiva

Mortalità a 30 giorni nei pazienti diabeticisottoposti a PTCA

p=0,57

p=0,50

p=1,00

p=0,037

p=0,31

p=0,06

p=0,002

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0

IIb/IIIa meglio Placebo meglio

Trial

PURSUIT(n=457)

PRISM(n=147)

PRISM PLUS(n=107)GUSTO IV(n=239)

PARAGON A(n=45)PARAGON B(n=284)Totale(n=1279)

Placebo IIb/IIIa

3,3%

2,5%

1,8%

6,5%

7,1%

4,3%

4,0%

2,4%

0,0%

0,0%

1,2%

0,0%

0,7%

1,2%

Diabete e Anti-GPIIb/IIIa: un legame indissolubile e necessario

Figura 1.

Figura 3.

Figura 2.

Page 18: Alta ESH e ISH d’accordo sullo scarso ...web.tiscali.it/cardiolink/medici/cardiolink.pdf ·

18 • CardioLink

Riassunto delle caratteristiche del prodottos i ldenaf i l c i t ra to

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. VIAGRA 25 mg compresse film-rivestite. VIA-GRA 50 mg compresse film-rivestite. VIAGRA 100 mg compresse film-rivestite.2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. VIAGRA 25 mg: ogni compressacontiene 25 mg di sildenafil sotto forma di citrato. VIAGRA 50 mg: ogni compressa con-tiene 50 mg di sildenafil sotto forma di citrato. VIAGRA 100 mg: ogni compressa contie-ne 100 mg di sildenafil sotto forma di citrato. Per gli eccipienti, vedere 6.1. 3. FORMAFARMACEUTICA. Compresse film-rivestite. Le compresse da 25 mg sono film-rivestitee di colore blu, hanno forma di diamante arrotondato e sono marcate “PFIZER” da unlato e “VGR 25” dall’altro. Le compresse da 50 mg sono film-rivestite e di colore blu,hanno forma di diamante arrotondato e sono marcate “PFIZER” da un lato e “VGR 50”dall’altro. Le compresse da 100 mg sono film-rivestite e di colore blu, hanno forma didiamante arrotondato e sono marcate “PFIZER” da un lato e “VGR 100” dall’altro. 4.INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1 Indicazioni terapeutiche. Trattamento della disfunzio-ne erettile, ovvero dell’incapacità a raggiungere o a mantenere un’erezione idonea peruna attività sessuale soddisfacente. È necessaria la stimolazione sessuale affinché VIA-GRA possa essere efficace. Non è indicato l’uso di VIAGRA nelle donne. 4.2 Posologiae modo di somministrazione. Uso orale. USO NEGLI ADULTI. La dose raccomandata è 50mg al bisogno, da assumere circa un’ora prima dell’attività sessuale. In base all’effica-cia ed alla tollerabilità, la dose può essere aumentata a 100 mg oppure ridotta a 25 mg.La dose massima raccomandata è di 100 mg. Il prodotto non deve essere sommini-strato più di una volta al giorno. Se VIAGRA viene assunto insieme ai pasti, l’insorgenzadell’azione può essere ritardata rispetto all’assunzione a digiuno (vedi Sezione 5.2Proprietà farmacocinetiche – Assorbimento). USO NEGLI ANZIANI. Poiché la clearance delsildenafil è ridotta nei pazienti anziani (vedi Sezione 5.2 Proprietà farmacocinetiche), sideve utilizzare una dose iniziale da 25 mg. In base all’efficacia e alla tollerabilità, la dosepuò essere aumentata a 50 mg e 100 mg. USO NEI PAZIENTI CON COMPROMISSIONE DELLA FUN-ZIONALITÀ RENALE. Le raccomandazioni posologiche descritte nel paragrafo “Uso negliadulti” valgono anche per i pazienti con compromissione renale lieve-moderata (clea-rance della creatinina = 30-80 ml/min). Poiché la clearance del sildenafil è ridotta neipazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina < 30 ml/min), sideve prendere in considerazione una dose da 25 mg. In base all’efficacia e alla tollera-bilità, la dose può essere aumentata a 50 mg e 100 mg. USO NEI PAZIENTI CON COMPROMIS-SIONE DELLA FUNZIONALITÀ EPATICA. Poiché la clearance del sildenafil è ridotta nei pazienti concompromissione epatica (es. cirrosi), si deve prendere in considerazione una dose da25 mg. In base all’efficacia e alla tollerabilità, la dose può essere aumentata a 50 mg e100 mg. USO NEI PAZIENTI PEDIATRICI. VIAGRA non è indicato nei soggetti di età inferiore a18 anni. USO IN PAZIENTI IN TRATTAMENTO CON ALTRI MEDICINALI. Con l’eccezione del ritonavir,per il quale la co-somministrazione con sildenafil è sconsigliata (vedi paragrafo 4.4Speciali avvertenze e opportune precauzioni di impiego) una dose iniziale di 25 mg deveessere considerata in pazienti che ricevono un trattamento concomitante con inibitoridel CYP3A4 (vedi paragrafo 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di intera-zione). 4.3 Controindicazioni. In accordo con gli effetti accertati sulla via ossido diazoto/guanosin monofosfato ciclico (cGMP) (vedi Sezione 5.1 Proprietà farmacodinami-che), è stato osservato che il sildenafil potenzia gli effetti ipotensivi dei nitrati e pertan-to la co-somministrazione con i donatori di ossido di azoto (come il nitrito di amile) ocon i nitrati in qualsiasi forma è controindicata. I prodotti indicati per il trattamento delladisfunzione erettile, incluso il sildenafil, non devono essere utilizzati nei soggetti per iquali l’attività sessuale è sconsigliata (es. pazienti con gravi disturbi cardiovascolari,come angina instabile o grave insufficienza cardiaca). La sicurezza d’uso del sildenafilnon è stata studiata nei seguenti sottogruppi di pazienti e pertanto l’uso del prodotto ècontroindicato in questi pazienti fino a quando non saranno disponibili ulteriori informa-zioni: grave compromissione epatica, ipotensione (pressione sanguigna < 90/50mmHg), storia recente di ictus o infarto del miocardio e disturbi ereditari degenerativiaccertati della retina, come retinite pigmentosa (una minoranza di questi pazienti pre-senta disturbi genetici delle fosfodiesterasi retiniche). Ipersensibilità al principio attivo oad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzionid’impiego. Prima di prendere in considerazione il trattamento farmacologico, dovrannoessere effettuati un’anamnesi ed un esame obiettivo al fine di diagnosticare la disfun-zione erettile e determinare le cause che possono essere alla base della patologia.Poiché esiste una percentuale di rischio cardiaco associato all’attività sessuale, primadi avviare qualsiasi trattamento per la disfunzione erettile, i medici dovranno esamina-re le condizioni cardiovascolari dei pazienti. Il sildenafil possiede proprietà vasodilatato-rie che determinano riduzioni lievi e transitorie della pressione sanguigna (vedi Sezione5.1 Proprietà farmacodinamiche). Prima di prescrivere il sildenafil i medici dovrannoconsiderare attentamente se questi effetti vasodilatatori possono avere conseguenzenegative nei pazienti che presentano determinate condizioni di base, soprattutto inassociazione all’attività sessuale. I pazienti maggiormente sensibili agli effetti vasodila-tatori includono i pazienti con ostruzione della gittata sistolica (p. es. stenosi aortica, car-diomiopatia ipertrofica ostruttiva) o quelli affetti da atrofia multisistemica, una sindromerara che si manifesta sotto forma di grave compromissione del controllo autonomicodella pressione. VIAGRA potenzia l’effetto ipotensivo dei nitrati (vedi Sezione 4.3Controindicazioni). Durante la fase di commercializzazione del prodotto, in associazionetemporale all’uso di VIAGRA, sono stati segnalati gravi eventi cardiovascolari, inclusiinfarto del miocardio, angina pectoris intermedia, morte cardiaca improvvisa, aritmieventricolari, emorragia cerebrovascolare, attacco ischemico transitorio, ipertensione edipotensione. La maggior parte di questi pazienti, ma non tutti, presentava preesistentifattori di rischio cardiovascolare. È stato segnalato che molti eventi si sono verificatidurante o subito dopo il rapporto sessuale e alcuni subito dopo l’assunzione di VIAGRAin assenza di attività sessuale. Non è possibile determinare se questi eventi siano diret-tamente correlati a questi o ad altri fattori. I prodotti indicati per il trattamento della dis-funzione erettile, incluso il sildenafil, devono essere impiegati con cautela nei pazienticon deformazioni anatomiche del pene (es. angolazione, fibrosi cavernosa o malattia diPeyronie) o nei pazienti che presentano patologie che possano predisporre al priapismo(es. anemia falciforme, mieloma multiplo o leucemia). La sicurezza e l’efficacia dellacombinazione del sildenafil con altri trattamenti per la disfunzione erettile non sonostate studiate. Pertanto, l’uso di queste combinazioni è sconsigliato. La somministrazio-ne concomitante di sildenafil e ritonavir è sconsigliata (vedi Sezione 4.5 Interazioni conaltri medicinali ed altre forme di interazione). Gli studi con piastrine umane indicano cheil sildenafil potenzia l’effetto antiaggregante del nitroprussiato di sodio in vitro. Non sonodisponibili informazioni relative alla sicurezza della somministrazione di sildenafil neipazienti con disturbi emorragici o con ulcera peptica attiva. Pertanto, il sildenafil deveessere somministrato a questi pazienti solo dopo un’attenta valutazione del rapportorischio-beneficio. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione.EFFETTI DI ALTRI MEDICINALI SUL SILDENAFIL. Studi in vitro: Il sildenafil è metabolizzato princi-palmente dagli isoenzimi 3A4 (via principale) e 2C9 (via secondaria) del citocromo P450(CYP). Pertanto, gli inibitori di questi isoenzimi possono ridurre la clearance del sildena-fil. Studi in vivo: L’analisi farmacocinetica eseguita negli studi clinici indica una riduzio-ne della clearance del sildenafil quando somministrato insieme agli inibitori del CYP3A4(es. ketoconazolo, eritromicina, cimetidina). Sebbene in questi pazienti non sia stato rile-vato un aumento di incidenza degli eventi avversi, quando il sildenafil viene sommini-strato insieme agli inibitori del CYP3A4 si deve prendere in considerazione una dose ini-ziale da 25 mg. Quando il ritonavir, un inibitore delle proteasi dell’HIV ed inibitore alta-mente specifico del citocromo P450, è stato somministrato insieme al sildenafil (100 mgin dose singola), allo stato stazionario (500 mg b.i.d.) è stato rilevato un incremento del300% (pari a 4 volte) della Cmax del sildenafil ed un incremento del 1000% (pari a 11volte) della AUC plasmatica del sildenafil. A distanza di 24 ore, i livelli plasmatici del sil-denafil erano ancora circa 200 ng/ml, rispetto ai circa 5 ng/ml rilevati quando il silde-nafil è stato somministrato da solo. Questo dato è in accordo con gli effetti marcati cheil ritonavir esplica su una vasta gamma di substrati del citocromo P450. Il sildenafil nonha alterato la farmacocinetica del ritonavir. Sulla base di questi risultati di farmacocine-tica, la co-somministrazione di sildenafil e ritonavir non è raccomandata (vedi Sezione4.4 Speciali avvertenze e opportune precauzioni d’impiego), ed in ogni caso la dosemassima di sildenafil non deve superare i 25 mg nell’arco di 48 ore. Quando il saqui-navir, un inibitore delle proteasi dell’HIV ed inibitore del CYP3A4, è stato somministratoinsieme al sildenafil (100 mg in dose singola), allo stato stazionario (1200 mg t.i.d.) èstato rilevato un incremento del 140% della Cmax del sildenafil ed un incremento del210% della AUC del sildenafil. Il sildenafil non ha alterato la farmacocinetica del saqui-navir (vedi Sezione 4.2 Posologia e modo di somministrazione). È prevedibile che gli ini-bitori più potenti del CYP3A4, come il ketoconazolo e l’itraconazolo, possano avere deglieffetti maggiori. Quando una singola dose di sildenafil da 100 mg è stata somministra-

ta insieme all’eritromicina, inibitore specifico del CYP3A4, allo stato stazionario (500 mgb.i.d. per 5 giorni) è stato rilevato un incremento del 182% dell’esposizione sistemica alsildenafil (AUC). Nei volontari sani maschi non è stato riscontrato alcun effetto dell’azi-tromicina (500 mg/die per 3 giorni) su AUC, Cmax, tmax, costante di eliminazione o emivitadel sildenafil o del suo principale metabolita in circolo. La somministrazione concomi-tante di cimetidina (800 mg), inibitore del citocromo P450 ed inibitore non specifico delCYP3A4, e sildenafil (50 mg) in volontari sani, ha causato un aumento del 56% delleconcentrazioni plasmatiche del sildenafil. Il succo di pompelmo è un debole inibitore delCYP3A4 del metabolismo della parete intestinale e pertanto può comportare modestiincrementi dei livelli plasmatici del sildenafil. La somministrazione di dosi singole diantiacido (idrossido di magnesio/idrossido di alluminio) non ha modificato la biodispo-nibilità del sildenafil. Sebbene non siano stati condotti specifici studi di interazione contutti i prodotti medicinali, l’analisi farmacocinetica eseguita sulla popolazione non haevidenziato effetti sulla farmacocinetica del sildenafil in seguito alla somministrazioneconcomitante con gli inibitori del CYP2C9 (es. tolbutamide, warfarin, fenitoina), gli inibi-tori del CYP2D6 (es. inibitori selettivi del reuptake della serotonina, antidepressivi trici-clici), i diuretici tiazidici e simili, i diuretici dell’ansa e i diuretici risparmiatori di potas-sio, gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, i calcio-antagonisti, gliantagonisti dei recettori beta-adrenergici o gli induttori del metabolismo del CYP450 (es.rifampicina e barbiturici). EFFETTI DEL SILDENAFIL SU ALTRI MEDICINALI. Studi in vitro: Il silde-nafil è un debole inibitore degli isoenzimi del citocromo P450: 1A2, 2C9, 2C19, 2D6, 2E1e 3A4 (IC50 > 150 microM). Poiché alle dosi raccomandate si raggiungono concentra-zioni plasmatiche di picco di circa 1 microM, è improbabile che VIAGRA possa alterarela clearance dei substrati di questi isoenzimi. Non ci sono dati sulle interazioni tra il sil-denafil e gli inibitori non specifici delle fosfodiesterasi, come teofillina o dipiridamolo.Studi in vivo: Non sono state osservate interazioni significative quando il sildenafil (50mg) è stato somministrato insieme alla tolbutamide (250 mg) o al warfarin (40 mg),entrambi metabolizzati dal CYP2C9. Il sildenafil (50 mg) non ha potenziato l’incrementodel tempo di emorragia causato dall’acido acetilsalicilico (150 mg). Il sildenafil (50 mg)non ha potenziato gli effetti ipotensivi dell’alcool in volontari sani con livelli ematici mas-simi di alcool corrispondenti in media a 80 mg/dl. L’analisi dei dati relativi alle seguen-ti classi di farmaci antipertensivi non ha evidenziato alcuna differenza nel profilo di tol-lerabilità tra i pazienti che hanno assunto il sildenafil e quelli trattati con placebo: diu-retici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, antagonisti dell’angiotensina II, antipertensivi (vaso-dilatatori e ad azione centrale), bloccanti neuroadrenergici, calcio-antagonisti e bloc-canti degli alfa-adrenocettori. Nel corso di uno studio specifico di interazione, in cui ilsildenafil (100 mg) è stato somministrato insieme all’amlodipina in pazienti ipertesi, lariduzione aggiuntiva sulla pressione sistolica in posizione supina è stata di 8 mmHg. Lacorrispondente riduzione aggiuntiva sulla pressione diastolica in posizione supina èstata di 7 mmHg. Queste riduzioni pressorie aggiuntive sono state sovrapponibili a quel-le riscontrate quando il sildenafil è stato somministrato in monoterapia nei volontari sani(vedi Sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche). Il sildenafil (100 mg) non ha alterato lafarmacocinetica allo stato stazionario degli inibitori delle proteasi dell’HIV, il saquinavire il ritonavir, che sono entrambi substrati del CYP3A4. In accordo con gli effetti accerta-ti sulla via ossido di azoto/cGMP (vedi Sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche), è statoosservato che il sildenafil potenzia gli effetti ipotensivi dei nitrati e pertanto la co-som-ministrazione con i donatori di ossido di azoto o con i nitrati in qualsiasi forma è con-troindicata (vedi Sezione 4.3 Controindicazioni). 4.6 Gravidanza ed allattamento. Nonè indicato l’uso di VIAGRA nelle donne. Negli studi sulla riproduzione condotti sui ratti econigli in seguito alla somministrazione orale di sildenafil non sono stati riscontratieventi avversi rilevanti. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di mac-chine. Poiché nel corso degli studi clinici con sildenafil sono stati segnalati episodi dicapogiro e disturbi della vista, prima di guidare e di usare macchinari i pazienti devonoessere consapevoli di come reagiscono al VIAGRA. 4.8 Effetti indesiderati. Le seguen-ti reazioni avverse (incidenza > 1%) sono state segnalate negli studi clinici in pazientitrattati al regime posologico raccomandato: DISTURBI CARDIOVASCOLARI: cefalea (12,8%),vampate di calore (10,4%), capogiro (1,2%). DISTURBI DELLA DIGESTIONE: dispepsia (4,6%).DISTURBI DELLA RESPIRAZIONE: congestione nasale (1,1%). ORGANI DI SENSO: disturbi dellavista (1,9%; lievi e transitori e principalmente una maggiore intensità dei colori allavista, ma anche una maggiore brillantezza della luce o un offuscamento della vista).Negli studi clinici con dosi fisse, la dispepsia (12%) e i disturbi della vista (11%) si sonoverificati con una maggiore frequenza alla dose di 100 mg piuttosto che con dosaggipiù bassi. Inoltre, ci sono state segnalazioni di dolori muscolari quando il sildenafil èstato somministrato con una frequenza maggiore di quella raccomandata. Le reazioniavverse sono state generalmente di entità lieve-moderata e l’incidenza e la gravità èaumentata con la dose. Nel corso della sorveglianza post-marketing sono stati ripor-tati i seguenti eventi avversi: SISTEMICI: reazioni di ipersensibilità (incluso rash cutaneo).CARDIOVASCOLARI: durante la fase di commercializzazione del prodotto, in associazionetemporale all’uso di VIAGRA, sono stati segnalati gravi eventi cardiovascolari, inclusiinfarto del miocardio, angina pectoris intermedia, morte cardiaca improvvisa, aritmieventricolari, emorragia cerebrovascolare, attacco ischemico transitorio, ipertensione,ipotensione, sincope, tachicardia e palpitazioni. In seguito all’uso di sildenafil in asso-ciazione agli alfa-bloccanti sono state riportate rare segnalazioni spontanee di episodidi ipotensione. GASTROINTESTINALI: vomito. UROGENITALI: erezioni prolungate e/o priapismo.ORGANI DI SENSO: disturbi della vista: dolore oculare e arrossamento/infiammazione ocu-lare. 4.9 Sovradosaggio. Negli studi condotti sui volontari con dosi singole fino a 800mg, le reazioni avverse sono state simili a quelle osservate con dosi più basse, ma lapercentuale di incidenza e la gravità degli eventi è aumentata. La somministrazione didosi da 200 mg non ha determinato un aumento di efficacia, ma l’incidenza delle rea-zioni avverse (mal di testa, vampate di calore, capogiro, dispepsia, congestione nasale,disturbi della vista) è aumentata. In caso di sovradosaggio dovranno essere adottate lenecessarie misure standard di supporto. L’emodialisi non accelera la clearance renaleperché il sildenafil è altamente legato alle proteine plasmatiche e non viene eliminatonelle urine. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1 Proprietà farmacodinamiche.Categoria farmacoterapeutica: Farmaci impiegati per la disfunzione erettile. Codice ATCG04B E03. Il sildenafil rappresenta una terapia orale per la disfunzione erettile. In con-dizioni normali, ovvero in presenza di una stimolazione sessuale, il sildenafil ripristinauna funzione erettile compromessa mediante un aumento del flusso sanguigno al pene.Il meccanismo fisiologico responsabile dell’erezione del pene implica il rilascio di ossi-do di azoto (NO) nel corpo cavernoso durante la stimolazione sessuale. L’ossido di azotoa sua volta attiva l’enzima guanil-ciclasi che provoca un aumento dei livelli di guanosinmonofosfato ciclico (cGMP), producendo il rilassamento della muscolatura liscia nelcorpo cavernoso e consentendo quindi l’afflusso di sangue. Il sildenafil è un potente ini-bitore selettivo della fosfodiesterasi di tipo 5 cGMP-specifica (PDE5) nel corpo caverno-so, dove la PDE5 è responsabile della degradazione di cGMP. Il sildenafil agisce perife-ricamente sulle erezioni. Il sildenafil non ha un effetto rilassante diretto sul corpo caver-noso isolato dall’uomo, ma aumenta in modo efficace l’effetto rilassante dell’ossido diazoto (NO) su questo tessuto. Quando la via NO/cGMP viene attivata, come avviene conla stimolazione sessuale, l’inibizione della PDE5 da parte del sildenafil provoca unaumento dei livelli di cGMP nel corpo cavernoso. Pertanto è necessaria la stimolazionesessuale affinché il sildenafil possa produrre i suoi benefici effetti farmacologici previ-sti. Gli studi in vitro hanno dimostrato che il sildenafil ha una selettività per la PDE5, laquale è coinvolta nel processo di erezione. Il suo effetto è superiore per la PDE5 rispet-to alle altre fosfodiesterasi. Ha una selettività 10 volte superiore per la PDE6, coinvoltanella fototrasduzione della retina.Alle massime dosi raccomandate, ha una selettività 80volte superiore per la PDE1 e oltre 700 volte per la PDE2, 3, 4, 7, 8, 9, 10 e 11. In par-ticolare, la selettività del sildenafil per la PDE5 è 4000 volte superiore a quella per laPDE3, l’isoenzima della fosfodiesterasi cAMP specifico coinvolto nel controllo della con-trattilità cardiaca. Sono stati condotti due studi clinici per valutare appositamente l’in-tervallo di tempo successivo all’assunzione del farmaco entro il quale il sildenafil puòprodurre un’erezione in risposta allo stimolo sessuale. In uno studio condotto con pleti-smografia peniena (RigiScan) in pazienti a stomaco vuoto, il tempo medio di insorgen-za nei soggetti in trattamento con sildenafil che hanno avuto erezioni con una rigiditàdel 60% (sufficiente per un rapporto sessuale) è stato di 25 minuti (range 12-37 minu-ti). In un altro studio con RigiScan, ancora a distanza di 4-5 ore dalla somministrazioneil sildenafil ha prodotto un’erezione in risposta allo stimolo sessuale. Il sildenafil causariduzioni lievi e transitorie della pressione sanguigna che, nella maggior parte dei casi,non si traducono in effetti clinici. La media delle massime riduzioni sulla pressione sisto-lica in posizione supina dopo somministrazione orale di 100 mg di sildenafil è stata di8.4 mmHg. La corrispondente variazione della pressione diastolica in posizione supina

è stata di 5.5 mmHg. Queste riduzioni pressorie rientrano negli effetti vasodilatatori delsildenafil, probabilmente dovuti ai maggiori livelli di cGMP nella muscolatura vascolareliscia. La somministrazione di dosi singole orali di sildenafil fino a 100 mg in volontarisani non ha prodotto effetti clinicamente rilevanti sull’ECG. In alcuni soggetti, con l’au-silio del test di Farnsworth-Munsell 100 HUE, a distanza di un’ora dalla somministra-zione di una dose da 100 mg sono state rilevate alterazioni lievi e transitorie della per-cezione cromatica (blu/verde), senza effetti evidenti a distanza di 2 ore dalla sommini-strazione. Si suppone che il meccanismo alla base di questa alterazione nella percezio-ne dei colori sia correlato alla inibizione della PDE6, la quale è coinvolta nella fototra-sduzione a cascata nella retina. Il sildenafil non altera l’acutezza visiva o il senso cro-matico. In uno studio controllato verso placebo condotto su un esiguo numero di pazien-ti (n=9) con degenerazione maculare documentata in fase iniziale correlata all’età, l’im-piego del sildenafil (singola dose da 100 mg) non ha evidenziato alterazioni clinicamentesignificative ai test della vista (acutezza visiva, reticolo di Amsler, capacità di percepirei colori con simulazione delle luci del semaforo, perimetria di Humprey e fotostress). Nonè stato osservato alcun effetto sulla motilità o sulla morfologia dello sperma in seguitoalla somministrazione di singole dosi orali di sildenafil da 100 mg in volontari sani.ULTERIORI INFORMAZIONI SUGLI STUDI CLINICI. Negli studi clinici il sildenafil è stato sommini-strato ad oltre 3000 pazienti di età compresa tra 19 e 87 anni. I seguenti gruppi dipazienti sono stati inclusi: anziani (21%), pazienti con ipertensione (24%), diabete mel-lito (16%), cardiopatia ischemica e altre malattie cardiovascolari (14%), iperlipidemia(14%), lesioni del midollo spinale (6%), depressione (5%), resezione transuretrale dellaprostata (5%), prostatectomia radicale (4%). I seguenti gruppi di pazienti non sono statisignificativamente rappresentati oppure sono stati esclusi dagli studi clinici: pazientisottoposti a chirurgia pelvica, pazienti sottoposti a radioterapia, pazienti con grave com-promissione renale o epatica e pazienti con specifiche condizioni cardiovascolari (vediSezione 4.3 Controindicazioni). Negli studi clinici con dosi fisse, la percentuale deipazienti che ha riportato un miglioramento è stata del 62% (25 mg), 74% (50 mg) e 82%(100 mg), rispetto al 25% riportato con il placebo. Negli studi clinici controllati, la per-centuale di interruzione dovuta al sildenafil è stata bassa e simile a quella riportata conil placebo. In tutti gli studi clinici la percentuale dei pazienti che ha riportato un miglio-ramento durante il trattamento con il sildenafil è stata la seguente: disfunzione erettilepsicogena (84%), disfunzione erettile mista (77%), disfunzione erettile organica (68%),anziani (67%), diabete mellito (59%), cardiopatia ischemica (69%), ipertensione (68%),TURP (61%), prostatectomia radicale (43%), lesioni del midollo spinale (83%), depres-sione (75%). La sicurezza e l’efficacia del sildenafil si è mantenuta negli studi a lungotermine. 5.2 Proprietà farmacocinetiche. ASSORBIMENTO. Il sildenafil viene assorbitorapidamente. Le concentrazioni plasmatiche massime vengono raggiunte entro 30-120minuti (media 60 minuti) dalla somministrazione orale a digiuno. La biodisponibilitàmedia assoluta dopo somministrazione orale è del 41% (range 25-63%). Dopo sommi-nistrazione orale di sildenafil, quando il farmaco viene impiegato al range posologicoraccomandato (25-100 mg), la AUC e la Cmax aumentano in proporzione alla dose.Quando il sildenafil viene assunto insieme ai pasti, la velocità di assorbimento si riducecon un ritardo medio nel tmax di 60 minuti ed una riduzione media della Cmax del 29%.DISTRIBUZIONE. Il volume medio di distribuzione del sildenafil allo stato stazionario (Vd),ovvero la distribuzione nei tessuti, è pari a 105 l. In seguito all’impiego di una singoladose orale da 100 mg, la concentrazione plasmatica massima media di sildenafil è dicirca 440 ng/ml (CV 40%). Poiché il sildenafil (ed il suo principale metabolita in circoloN-desmetil) è legato alle proteine plasmatiche per il 96%, questo determina una con-centrazione plasmatica massima media del sildenafil libero pari a 18 ng/ml (38 nM). Illegame proteico è indipendente dalle concentrazioni totali del farmaco. Nei volontarisani che hanno ricevuto sildenafil (dose singola da 100 mg), nell’eiaculato ottenuto 90minuti dopo la somministrazione sono state rilevate quantità inferiori allo 0,0002%(media 188 ng) della dose somministrata. METABOLISMO. Il sildenafil viene metabolizzatoprincipalmente dagli isoenzimi microsomiali epatici CYP3A4 (via principale) e CYP2C9(via secondaria). Il metabolita principale deriva dalla N-demetilazione del sildenafil.Questo metabolita ha un profilo di selettività per la fosfodiesterasi simile a quello del sil-denafil ed una potenza in vitro per la PDE5 pari a circa il 50% di quella del farmacoimmodificato. Le concentrazioni plasmatiche di questo metabolita sono circa il 40% diquelle osservate per il sildenafil. Il metabolita N-desmetil viene ulteriormente metabo-lizzato, con un’emivita terminale di circa 4 ore. ELIMINAZIONE. La clearance corporea tota-le del sildenafil è di 41 l/h e l’emivita terminale è di 3-5 ore. Dopo somministrazioneorale o endovenosa il sildenafil viene eliminato sotto forma di metaboliti, principalmen-te nelle feci (circa l’80% della dose orale somministrata) ed in misura minore nelle urine(circa il 13% della dose orale somministrata). Farmacocinetica in gruppi particolari dipazienti. ANZIANI. Nei volontari sani anziani (G 65 anni) è stata osservata una riduzionenella clearance del sildenafil, con concentrazioni plasmatiche del sildenafil e del meta-bolita attivo N-desmetil di circa il 90% superiori a quelle rilevate nei volontari sani piùgiovani (18-45 anni). A causa delle differenze età-correlate nel legame con le proteineplasmatiche, il corrispondente incremento nelle concentrazioni plasmatiche del silde-nafil libero è stato di circa il 40%. INSUFFICIENZA RENALE. Nei volontari con compromissio-ne renale di grado lieve-moderato (clearance della creatinina = 30-80 ml/min) non sonostate rilevate alterazioni nella farmacocinetica del sildenafil dopo somministrazione diuna singola dose orale da 50 mg. La AUC e la Cmax medie del metabolita N-desmetil sonoaumentate rispettivamente del 126% e del 73%, rispetto ai volontari di età confronta-bile che non presentavano compromissione renale. Tuttavia, a causa dell’elevata varia-bilità inter-soggetto, queste differenze non sono risultate statisticamente significative.Nei volontari con grave compromissione renale (clearance della creatinina < 30 ml/min)è stata osservata una riduzione della clearance del sildenafil, con conseguenti incre-menti medi della AUC (100%) e della Cmax (88%) rispetto ai volontari di età confrontabi-le che non presentavano compromissione renale. Inoltre, la AUC e la Cmax del metaboli-ta N-desmetil sono aumentate significativamente, rispettivamente del 79% e 200%.INSUFFICIENZA EPATICA. Nei volontari con cirrosi epatica lieve-moderata (Child-Pugh A e B)è stata osservata una riduzione della clearance del sildenafil, con un conseguenteaumento della AUC (84%) e della Cmax (47%), rispetto a volontari di età confrontabile chenon presentavano compromissione epatica. La farmacocinetica del sildenafil neipazienti con grave compromissione della funzionalità epatica non è stata studiata. 5.3Dati preclinici di sicurezza. I dati preclinici non hanno evidenziato rischi per l’uomo,come dimostrato dagli studi di sicurezza farmacologica, tossicità a dose ripetuta, geno-tossicità, cancerogenicità e tossicità riproduttiva. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE.6.1 Elenco degli eccipienti. Parte interna: cellulosa microcristallina, calcio idrogenofosfato (anidro), sodio croscaramelloso, magnesio stearato. Ricopertura: ipromellosa,titanio biossido (E171), lattosio, triacetina, lacca di alluminio contenente indaco carmi-nio (E132). 6.2 Incompatibilità. Non pertinente. 6.3 Periodo di validità. 5 anni. 6.4Speciali precauzioni per la conservazione. Conservare a temperature non superioriai 30 °C. Conservare nella confezione originale per tenere al riparo dall’umidità. 6.5Natura e contenuto della confezione. Blister in Aclar/Alluminio in confezioni da 1, 4,8 o 12 compresse. 6.6 Istruzioni per l’impiego e la manipolazione. Nessuna istru-zione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COM-MERCIO.Pfizer Limited – Sandwich, Kent, CT13 9NJ, Regno Unito8. NUMERO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO COMUNITARIO DEI MEDICINALI.1 compressa 25 mg EU/1/98/077/001 AIC n. 034076012/E4 compresse 25 mg EU/1/98/077/002 AIC n. 034076024/E8 compresse 25 mg EU/1/98/077/003 AIC n. 034076036/E12 compresse 25 mg EU/1/98/077/004 AIC n. 034076048/E1 compressa 50 mg EU/1/98/077/005 AIC n. 034076051/E4 compresse 50 mg EU/1/98/077/006 AIC n. 034076063/E8 compresse 50 mg EU/1/98/077/007 AIC n. 034076075/E12 compresse 50 mg EU/1/98/077/008 AIC n. 034076087/E1 compressa 100 mg EU/1/98/077/009 AIC n. 034076099/E4 compresse 100 mg EU/1/98/077/010 AIC n. 034076101/E8 compresse 100 mg EU/1/98/077/011 AIC n. 034076113/E12 compresse 100 mg EU/1/98/077/012 AIC n. 034076125/E9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE.14 settembre 199810. DATA DI REVISIONE DEL TESTO.27 novembre 2001

MEDICINALE SOGGETTO A PRESCRIZIONE MEDICA NON RIPETIBILE.

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Hotel Guglielmo - Copanello di Stalettì (Catanzaro)5- 8 Ottobre 2002

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANZARO

“MAGNA GRÆCIA”Dipartimento di Medicina Interna

Unità Operativa di Malattie Cardiovascolari

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NUOVE FRONTIERE in MEDICINACARDIOVASCOLAREHotel Guglielmo - Copanello di Stalettì (Catanzaro)5- 8 Ottobre 2002

NUOVE FRONTIERE in MEDICINACARDIOVASCOLARE

19CardioLink •congressi

Nuove Frontierein MedicinaCardiovascolare

XIX Congresso Nazionale della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa

Copanello di Stalettì (Catanzaro) 5-8 Ottobre 2002Appuntamento di grande interessescientifico messo a punto da VitoRosano e Franco Perticone in colla-borazione con alcuni tra i piùimportanti nomi della Cardiologia edella Medicina Interna Italiana.Obiettivo del congresso sarà quellodi entrare nel dettaglio dei temi piùimportanti della medicina cardiova-scolare lasciando ampio spazio aicontributi dei più importanti spe-cialisti nazionali e concludendoattraverso la discussione e la pre-sentazione di casi clinici. Il pro-gramma del congresso darà la pos-sibilità ai partecipanti di calarsi inun percorso formativo in grado distimolare l’acquisizione di informa-zioni di grande attualità integran-

dole con le conoscenze già acquisi-te. Il congresso ha ottenuto 12 cre-diti ECM. Durante le sessioniscientifiche sarà utilizzato il tele-voter per rendere interattive le ses-sioni di valutazione dei contenuti edell’apprendimento.Per maggiori informazioni:Stargate incentive e congressi, Via Vigotti, 3 43100 – Parma, tel. 0521.941693; e-mail: [email protected];e-mail: [email protected]

comitato organizzatore, costituitoda Gastone Leonetti, Bruno Tri-marco e Alberto Ferrari, oltre chedal Presidente Ettore Ambrosioni,sarà in grado di allestire una ma-nifestazione capace di coniugareinnovazione, tradizione e scientifi-cità nell’ambito della accoglientecornice bolognese. “L’ampliamento degli orizzontiprogrammatici del Congresso”conclude Ettore Ambrosioni, nelsuo invito a Bologna, “comporteràmodi nuovi di rapportarsi con ilmondo della politica e dell’indu-stria ed entrambi, per quanto diloro interesse e competenza, ver-ranno coinvolti in temi e su pro-getti di attualità e di ampie pro-spettive”.A Bologna dunque, e per maggio-ri informazioni: www.siia.it

scientifico annuale. “Risultati d’ec-cellenza” dice Ettore Ambrosioni,Presidente della SIIA, “dovremoraggiungere per continuare ilcammino fin qui intrapreso. L’originalità della ricerca scientifi-ca, le responsabilità ed i riconosci-menti internazionali, la creazionedi scuole e l’istituzione di centri dialta qualificazione per l’iperten-sione costituiscono la testimo-nianza dei risultati raggiunti e laprincipale ragione per continuarea lavorare. Il Congresso Nazionale2002 offrirà ampio spazio adaspetti di preminente interesse cli-nico con i quali il medico si con-fronta ogni giorno. Essi sarannooggetto di relazioni e dibattiti conesperti di altre Società Scientifichee con i Medici di Medicina Gene-rale”. Non ci sono dubbi che il

Silvio Klugmann ha preparato unmenù di grande rilievo con gliargomenti critici ed i temi piùcaldi all’ordine del giorno. Il pro-gramma, denso di appuntamenti,inizia lunedì 23 Settembre alle ore9.00, presso l’Hotel Executive di

Milano, con un simposio su “linee-guida in cardiologia: valore clinicoe medico legale” e termina Venerdì27 Settembre, al mattino, con ilsimposio “Valvulopatie 2002: unnuovo approccio per un vecchioproblema”. Il programma prevedein ogni giornata gli incontri congli esperti su temi quali cardiopa-tia ischemica acuta, cardiochirur-

gia, aritmie e anche un mini corsosu epidemiologia e statistica medi-ca. Sono previsti anche simposiserali con posti limitati e cenainclusa. È stato chiesto l’accredita-mento ECM. L’edizione 2001 haottenuto 28 crediti.Per maggiori informazioniDEPHA CONGRESS mailto: [email protected]

Continua il progetto culturaledelle precedenti edizioni incentra-te sull’approfondimento degli ar-gomenti più importanti della car-diologia moderna e sulle aree diintegrazione con altre specialitàquali l’angiologia e la neurologia. Giuseppe Mercuro e tutto il comi-tato scientifico daranno vita, dal10 al 12 Ottobre 2002, presso ilForte Village di S. Margherita diPula, ad un congresso che nonsmentirà le aspettative dei parteci-panti, incrementando l’ampio suc-cesso delle precedenti edizioni. Per maggiori informazioni mailto:[email protected] [email protected]

Si terrà Verona dal 23 al 26 Otto-bre 2002, presso il Centro Con-gressi Europa – Veronafiere, ilCongresso della Società Italiana diCardiologia Invasiva. Il PresidenteCiro Indolfi promette un aggior-namento completo sulle più recen-ti acquisizioni in tema di infartoed angina. Da un punto di vista organizzati-vo, l’edizione 2002 vedrà la pre-senza di letture di esperti e con-

Si terrà a Milano, presso il CentroCongressi della Fiera, dal 19 al 22Novembre, il classico appunta-mento annuale di una delle Socie-tà Scientifiche più antiche d’Italia. Il Presidente Alberto Mallia-ni, nel suo invito a tutti gli inter-nisti, non nasconde l’integrazionedi elementi della tradizione con-gressuale quali simposi e letturecon eventi più moderni, destinatia lasciare traccia e ad arricchirel’interesse dei partecipanti. Relatori d’eccezione saranno:Richard Horton, editor della rivi-sta Lancet, e Ron Davis del BritishMedical Journal. L’integrazionecon la comunità scientifica euro-pea sarà al centro dell’attenzionedel congresso e l’alternarsi dimomenti con l’esperto e spazi perle comunicazioni dei giovani spe-cialisti contribuiranno a rendereil congresso il momento culmi-nante delle attività di tutti i soci. Per informazioni mailto: [email protected] [email protected]

Si terrà a Roma, dal 14 al 18Dicembre 2002, nella tradizionalesede dell’Hotel Cavalieri Hilton, la63a edizione del congresso SIC. Paolo Rizzon, coordinatore delleattività ed il Presidente MassimoChiariello hanno l’obiettivo disuperare l’edizione 2001 attraver-so nuove iniziative di carattereorganizzativo e scientifico. L’appuntamento, ormai divenutol’evento cardiologico per definizio-ne della cardiologia italiana, insie-me al congresso ANMCO, richia-

merà numerosissimi Opinion Lea-der anche provenienti dall’estero. Per il primo anno tutti gli abs-tracts dovranno pervenire in for-mato elettronico per consentireuna miglior gestione delle nume-rose comunicazioni e poster. Per maggiori informazioni [email protected]@aisc.itoppure consultare il sito dellaSocietà Italiana di Cardiologia: www.siccardiologia.it

Si terrà a Coverciano, presso ilMuseo del Calcio del Centro Tecni-co Federale, il 9-10 Novembre2002, il XIV incontro regionaledell’Associazione Nazionale deiCardiologi Extraospedalieri. Tuttoil programma, coordinato da Si-mone Mininni, ruoterà intorno altema dell’attività fisica vista siacome strumento di prevenzione

primaria che come mezzo di riabi-litazione dopo un evento morbosocardiovascolare. I protagonistisaranno gli esperti invitati in qua-lità di relatori ma anche i sociANCE che porteranno la propriaesperienza personale di cardiologidel territorio. Informazioni mag-giori potranno essere richieste a:[email protected]

Giornate cardiologichein Sardegna 2002

XXIII CongressoNazionale GISE

63o Congresso Nazionale della

Società Italiana di Cardiologia

103o Congressodella

SocietàItaliana

di MedicinaInterna

Torna a Bologna la Società Italia-na dell’Ipertensione Arteriosa, cheterrà il suo Congresso Nazionalenella città che la vide nascere eche festeggerà, dal 24 al 27 Set-tembre, il suo XIX appuntamento

36o Convegno“Cardiologia 2002”

troversie che affiancheranno isimposi su restenosi, “elutingstents”, aneurismi, interventisticapediatrica ed accreditamento deilaboratori di emodinamica. Unosguardo al futuro sarà assicuratodall’approfondimento su rigenera-zione di cellule cardiache, angio-genesi e trapianto di cellule nelmiocardio.Per informazioni mailto:[email protected]

XIV incontro Regionale ANCE ToscanaAttività Fisica e Patologie Cardiovascolari:dalla Prevenzione alla Riabilitazione

Cardiovascular Diseasein Special Populations:Elderly, Diabetics & Women.Per informazioni:[email protected]@tin.itTelefono 0521.941693

CAPRI 1-3 maggio 2003

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20 • CardioLink

Il Telefono al Servizio della Vita.

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