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Dipartimento Impresa e Management Cattedra di Finanza Aziendale Avanzato
Export Credit Agencies:strumenti e forme di supporto alla finanza
d’impresa nei processi di internazionalizzazione
RELATORE CANDIDATO Prof. Ernesto Monti Flavio Quattrucci Matricola 653131
CORRELATOREProf. Marco Vulpiani
ANNO ACCADEMICO 2013 - 2014
1
INDICE
Introduzione..................................................................................................................4
Capitolo 1: Export Credit Agency: definizioni ed inquadramento normativo.................7
1.1 ECA: Player fondamentali nello sviluppo del commercio e degli investimenti internazionali.................................................................................................................7
1.2 Framework legislativo delle ECAs: legislazione internazionale, comunitaria e nazionale......................................................................................................................32
Capitolo 2. I principali strumenti offerti dalle ECA e loro caratteristiche tecnico-finanziarie....................................................................................................................41
2.1 Credito all’esportazione e project finance.............................................................41
2.2 Protezione degli investimenti diretti all’estero: Political Risk Insurance...............53
2.3 Le garanzie finanziarie...........................................................................................55
2.4 Assicurazione del Credito......................................................................................58
2.5 Cauzioni e rischi ....................................................................................................60
2.6 Il Factoring.............................................................................................................65
2.7 Strumenti di finanza agevolata come ulteriore fonte di supporto all’internazionalizzazione.............................................................................................70
Capitolo 3. Benchmark tra i diversi players .................................................................75
3.1 Le ECAs nel mondo................................................................................................76
3.2 Benchmark.............................................................................................................85
3.2 Conclusioni............................................................................................................92
Capitolo 4: Case Study - “Export Banca” ......................................................................94
4.1 L’importanza del supporto bancario per lo sviluppo dell’export e dei processi di internazionalizzazione..................................................................................................96
4.2 Il ruolo di CDP all’interno del “polo finanziario per l’internazionalizzazione”........97
4.3 Aspetti normativi e tecnici del sistema “Export Banca”........................................100
4.4 Un caso pratico: il finanziamento al gruppo Maccaferri ....................................108
Nell’ottobre del 2013 il gruppo Maccaferri ha ottenuto, nell’ambito del sistema “Export Banca”, un finanziamento di circa 36 milioni di Euro per lo sviluppo delle attività internazionali del gruppo industriale italiano. La Maccaferri ha una lunga tradizione nel panorama industriale italiano: ha oltre un secolo di operatività, con attività ben diversificate ed una presenza internazionale di rilievo. Il gruppo fornisce prodotti, servizi e tecnologia a mercati presenti in tutto il mondo, con una presenza focalizzata in varie aree di business che spaziano dal settore ambientale a quello energetico a quello alimentare e biotecnologico. .....................................................108
Nel 2012 la Maccaferri ha presentato un fatturato consolidato di circa 1.366 milioni di Euro, dei quali più della metà realizzati all’estero, con circa 4.700 dipendenti dislocati in 53 stabilimenti industriali, di cui 18 in Italia, 9 in Europa, 4 in Nord America, 10 in
2
Centro e Sud America, 1 in Africa, 11 in Asia. Il finanziamento ottenuto riguarda lo sviluppo di alcune attività estere del Gruppo, detenute tramite la holding SECI Spa e relative ai settori dell’ingegneria ambientale, dell’energia e dell’agroindustria. Nell’ambito del finanziamento, una linea di credito da 25 milioni di euro è erogata da CDP con garanzia SACE al 100%, mentre i restanti 11 milioni di euro sono forniti da BNL Gruppo BNP Paribas, per un importo totale di 36 milioni di Euro.......................108
Lo schema seguito da questa operazione ricalca le modalità operative definite: la maggior parte del finanziamento (25 milioni di Euro) è stata erogata dalla CDP, che ha agito quindi come direct lender, mentre la rimanenza è stata versata dalla BNL, banca aderente all’iniziativa, tutto coperto da garanzia SACE. Il tasso concordato è di tipo variabile, con una restituzione del prestito variabile tra 5 e 20 anni..........................109
Capitolo 5: Conclusioni ..............................................................................................110
Indice figure...............................................................................................................117
Bibliografia................................................................................................................119
3
Introduzione
Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire un quadro quanto più possibile
completo ed aggiornato delle ECAs (Export Credit Agencies – Agenzie di Credito
all’Esportazione), istituzioni che possono essere di natura sia privata che
governativa (in alcuni casi, anche a partecipazione mista), che operano come
intermediari tra i governi nazionali e le aziende esportatrici per supportare e
incentivare al meglio l’export delle imprese nazionali. Diversi possono essere i
benefici apportati da queste agenzie: a titolo di esempio, si può considerare come
in Italia, in presenza di uno scenario economico in cui il sistema bancario è ancora
poco propenso ad erogare finanziamenti alle imprese, il ruolo del merito creditizio
assume un importante rilievo. L’export e, più in generale, le operazioni di
internazionalizzazione, rappresentano in effetti importanti modalità di
miglioramento del merito creditizio delle imprese, favorendo quest’ultime
nell’accesso al credito. Inoltre, in quanto istituzioni preposte a favorire gli scambi
commerciali internazionali e gli investimenti all’estero, le export credit agencies,
facilitando le operazioni di esportazione delle imprese, hanno un forte impatto
sulle economie nazionali, migliorando la bilancia dei pagamenti del proprio paese.
Le ECAs rappresentano uno degli aspetti, a mio parere assolutamente prioritario,
delle politiche di sviluppo industriali di un paese; la crescita economica dipende
soprattutto dalle produzioni di beni e servizi che, se di qualità, non possono
rimanere limitati alla regione od alla nazione che li produce. La fornitura di questi
beni o servizi ad altre nazioni può essere un fattore di crescita importante ma per
farlo occorre superare una serie di barriere.
Tali forme di impedimento possono avere diversa natura: la possibilità di
esportare un bene o servizio dipenderà da vincoli di tipo normativi, dalla presenza
e dall’entità dei dazi doganali, dal livello delle infrastrutture, dalla cultura locale
ecc.
Storicamente, per vedere come fin dall’antichità si sia cercato il modo di superare
le principali barriere ad un commercio effettuato fuori dai confini del proprio
paese, si può riportare l’esempio degli antichi mercanti fenici che, mediante il
4
commercio della porpora, del vetro e dei metalli, riuscirono a divenire uno dei più
grandi popoli in termini di commercio internazionale. Questi commercianti, che
su piccole imbarcazioni si avventuravano in tutto il Mar Mediterraneo e
probabilmente anche nell’ Atlantico, lungo le coste africane ed iberiche, per
superare la barriera logistica creata dalla lontananza dei mercati di sbocco,
fondarono dei piccoli empori, dove effettuare gli scambi di merci, che diventarono
via via delle vere e proprie colonie. Oppure, per quello che riguarda gli scambi
finanziari internazionali, si potrebbe riportare l’esempio della creazione da parte
dei banchieri fiorentini del Rinascimento, di una rete relazionale con banchieri di
altri Paesi in grado di procurare moneta locale a mercanti e viaggiatori con la
presentazione di una “lettera di credito”, per evitare i rischi connessi al trasporto
di valuta o di oro in contrade afflitte da banditismo.
Si ricordi inoltre come il commercio estero abbia stimolato le grandi esplorazioni.
Basti pensare ai lunghissimi viaggi dei mercanti medioevali sulla via della seta e
delle spezie orientali o alla stessa scoperta dell’America, dovuta ad un tentativo di
accorciare i tempi del commercio con i Paesi dell’Oriente.
Naturalmente non ci sono solo luci nello sviluppo del commercio internazionale:
non sono pochi gli esempi delle guerre provocate da interessi commerciali
contrastanti tra due o più nazioni, che ai giorni nostri (guerre medio-orientali per il
controllo delle fonti di approvvigionamento energetico) continuano a funestare il
percorso di sviluppo dell’umanità.
Lo scopo delle ECAs è quindi quello, con normative e regole armonizzate per
tutti, di facilitare il commercio internazionale e creare, sotto un certo aspetto,
maggiore prosperità in un auspicato clima di pacifica cooperazione, anche se pur
sempre in concorrenza gli uni con gli altri.
In questo elaborato, si è cercato di tracciare nel primo capitolo una descrizione
esaustiva delle ECAs e del loro ruolo nel mondo del commercio internazionale,
anche attraverso le diverse normative nazionali che le contraddistinguono nei vari
compiti ed i framework di regole internazionali entro i quali sono tenute ad
operare. Nella parte centrale del lavoro si descrivono i vari strumenti operativi e
competenze che queste agenzie hanno sviluppato in un arco temporale di diversi
5
decenni, basati sull’ esperienza maturata da ciascuna di esse nello sviluppo dei
progetti realizzati.
Il lavoro non poteva non effettuare le necessarie comparazioni tra le principali
ECAs nel mondo; una particolare rilevanza è stata data alla SACE, l’Agenzia di
Credito all’Esportazione del governo Italiano, che supporta ed incentiva migliaia
di aziende italiane nelle loro vendite all’estero, attività complessivamente indicate
con la denominazione “Made in Italy” che, come un vero e proprio brand, viene
universalmente riconosciuto ed apprezzato per la qualità offerta. E’ pur vero che
in questi due ultimi decadi si è incominciato a parlare sempre di più del “Made by
Italy”, considerato che nel prodotto finito, a causa principalmente della
globalizzazione e della delocalizzazione delle produzioni, sono incorporati diversi
componenti fabbricati in altri paesi. Ovviamente il prodotto finito è in realtà un
“melting pot” di semilavorati od accessori prodotti all’estero ed assemblati in
Italia; la SACE, che in passato dimostrava una certa chiusura nel supportare le
esportazioni di prodotti non interamente fabbricati in Italia, in questi ultimi anni
ha invece mostrato una inversione di tendenza.
Per concludere, vorrei utilizzare queste parole, scritte da Costantino Bresciani
Turroni, economista italiano e ministro del commercio con l’estero nel 1954, con
le quali auspicava nei primi anni ‘60 un accordo di regolamentazione delle ECAs
: «I sincerely hope..…that goverments of Europe……agree to abolish excessive
export facilitations, thus putting an end to what is after all an absurd competition,
the purpose of which appears to be to see who can make the most generous
presents to foreign customers. If this agreement can be reached, a great deal will
already have been done to achieve the economic peace which, together with
political peace, is the ardent desire of the Italian people and Government»
(articolo di C.B. Turroni, 2011)
6
Capitolo 1: Export Credit Agency: definizioni ed
inquadramento normativo
1.1 ECA: Player fondamentali nello sviluppo del commercio e degli
investimenti internazionali
In un mondo globale in cui i trasporti sono sempre più rapidi ed efficienti e le reti
di comunicazione hanno abbattuto ogni barriera nazionale, i mercati delle varie
nazioni sono divenuti sempre più accessibili ad aziende straniere in cerca di nuove
opportunità di crescita. Al contrario, è divenuto più difficile per le società operanti
esclusivamente nei mercati nazionali mantenere le proprie quote di vendita.
Queste difficoltà hanno comportato un riposizionamento di tali aziende, che per
necessità hanno dovuto, o dovranno per forza di cose, avviare sia un processo di
miglioramento qualitativo dei propri servizi/prodotti, sia organizzarsi a loro volta
per assumere un ruolo internazionale ed essere in grado di competere ad armi pari
su tutti i fronti, compreso quello domestico.
L’internazionalizzazione è dunque una scelta strategica necessaria per le imprese
che vogliono puntare ad obiettivi di crescita; è inoltre, assieme all’innovazione ed
alla qualità, tra le prime soluzioni che una società possa porre in essere rispetto
alle sfide sempre più impegnative date dal contesto competitivo globale. Collocare
un azienda, soprattutto se PMI, su uno o più mercati esteri è una attività
complessa che genera rischi e difficoltà dello stesso tenore di quelli riscontrabili
nella partenza da zero di una nuova attività industriale. E’ necessaria quindi un
attenta pianificazione, che tenga fortemente in conto il ruolo dei dipartimenti di
risk management per una analisi puntuale dei rischi legati ai processi di
internazionalizzazione ed alle metodologie più opportune ed efficaci per la loro
copertura.
7
I principali rischi legati all’ internazionalizzazione possono essere brevemente
riassunti in:
• Rischio commerciale. È il rischio connesso ad alcuni fattori dell’attività
d’impresa come ad esempio l'andamento della domanda sui mercati
internazionali, che può essere legato, come ad esempio nei Paesi
caratterizzati dai maggiori tassi di crescita, ad elevati livelli di
indeterminatezza e di volatilità. Ciò può innescare, rapidamente, fenomeni
di contrazione della domanda.
• Rischio operativo. Sono i rischi che, legati all’attività propria
dell’impresa o a fattori di natura esogena, sono causati dall’ iniziale
insufficiente conoscenza del mercato, della concorrenza, della propria
organizzazione, della logistica, dei canali distributivi, ecc. oltre che dalla
posizione di iniziale handicap che l’impresa si trova ad avere nella fase
iniziale.
• Rischio di cambio. L’azienda, quando stipula un contratto con un cliente,
stabilisce condizioni e prezzi in determinate valute che vengono stabiliti e
concordati in quel particolare momento. Se dovessero verificarsi ritardi nei
pagamenti, l’impresa potrebbe trovarsi a fronteggiare rischi connessi a
svalutazioni o perdite di valore della moneta stabilita come base dei
pagamenti. Si pensi a ritardi di pagamenti in Paesi con inflazione superiore
di un ordine di grandezza (15-40%) a quella della zona Euro.
• Rischio paese. Una qualsiasi impresa operante all'estero è soggetta alle
leggi del paese straniero. Se la stabilità politica, sociale ed economica del
paese non è sicura, l’azienda si espone a rischi legati al repentino
cambiamento delle condizioni e delle regole del mercato in cui opera. Ad
esempio, se in Europa, in Nord America, in Australia ed in Giappone ed in
pochi altri Paesi la possibilità di drastici mutamenti dei governi in campo
economico è ormai molto limitata, non si può dire lo stesso per la gran
parte dei Paesi emergenti (America latina, Cina, Sud Est Asiatico ecc.), nei
quali leggi protezionistiche improvvise, crisi politiche o sociali, revisioni
dei dazi, svalutazione della moneta, sono estremamente verosimili.
8
Sul fenomeno dell’internazionalizzazione sono state sviluppate diverse teorie
scientifiche, ma cercare di definire qualcosa che cambia continuamente nel tempo
in funzione delle variabili economiche e dei mercati è abbastanza arduo. Negli
ultimi decenni, in particolare, le condizioni dell’internazionalizzazione hanno
subito dei profondi cambiamenti portando gli studiosi a discorrere di un nuovo
paradigma della concorrenza internazionale. Nel vecchio pattern, la produzione
risultava integrata verticalmente, concentrata geograficamente con scambi che
avvenivano nella maggior parte dei casi tra beni di tipo finale. Invece nel nuovo
paradigma, (Fig.1) molti dei processi produttivi risultano sempre più frammentati
e dislocati geograficamente.
Figura 1 : Vecchio e nuovo paradigma della competizione fonte: Baldwin (2006)
Il c.d. great unbundling dei processi produttivi comporta un livello crescente di
importanza delle funzioni logistiche, strategiche e di pianificazione al fine di
mantenere un livello ottimale di efficienza. Si sviluppano così le c.d. Global
Value Chain (catene globali del valore) portando quindi ad un aumento del rilievo
dei beni intermedi. In uno scenario che vede il fenomeno
9
dell’internazionalizzazione incrementare il suo livello di complessità1, dove
l’export rappresenta solo uno dei tanti aspetti, bisogna quindi considerare la
necessità di avere politiche di supporto adeguate che possano sostenere le imprese
nei processi di internazionalizzazione.
Le Export credit agencies (ECAs), risultano quindi essere i maggiori player nello
sviluppo del commercio internazionale e degli investimenti, fornendo alle imprese
sostegno soprattutto per le transazioni su larga scala.
Le ECAs possono essere definite come “enti privati o semi-governativi che
svolgono un'attività di intermediazione tra i governi nazionali e gli esportatori,
con la finalità di favorire le esportazioni da e verso il determinato paese di cui
sono rappresentanti.”2
Queste agenzie di credito, pilastri fondamentali nelle politiche a sostegno
dell'esportazione di ogni nazione, forniscono tre funzioni di base. In primo luogo,
aiutano gli esportatori a competere con la concorrenza internazionale mediante
strumenti di copertura dei rischi sulle operazioni aziendali effettuate all’estero. In
secondo luogo, le ECAs possono erogare finanziamenti anche quando gli istituti
di credito privati non possono o non vogliono finanziare tali vendite
all'esportazione, in particolar modo quando i rischi connessi sono elevati. In terzo
luogo, e forse con la loro funzione più importante, le ECA possono assumere
rischi ben superiori a quelli che possono essere accettati da finanziatori privati. In
realtà le ECA non competono con le istituzioni finanziarie private. Al contrario,
esse migliorano la capacità degli istituti di credito del loro paese di competere a
livello internazionale. Va inoltre notato che non offrono assistenza allo sviluppo
in altri Paesi; altre agenzie in genere svolgono questo ruolo.
Nel mondo, le circa 100 agenzie di credito all'esportazione ufficialmente
riconosciute condividono caratteristiche comuni nei loro processi applicativi, nei
criteri di ammissibilità al finanziamento, nelle classificazioni di rischio, nei
1Si consideri, ad esempio, tutte le declinazioni degli Investimenti Diretti Esteri (IDE), il loro crescente livello di
complessità ed il ruolo che essi giocano nei processi di internazionalizzazione. Per approfondimenti si veda Caroli M. (Gennaio 2012) Gestione delle imprese internazionali (2 ed.) McGraw-Hill
2 Sbrana F., Portare l'Italia nel mondo. L'IMI e il credito all'esportazione 1950-1991, Il Mulino, 2006
10
termini ed in prima approssimazione, anche nei prezzi. Esse hanno anche
sostanzialmente la stessa missione: aumentare l'occupazione di un paese
attraverso le esportazioni, non mettendosi assolutamente in competizione con il
settore privato. Le somiglianze tra le ECA sono il risultato di una comune buona
pratica commerciale, così come del fare tutte riferimento ad un trattato
internazionale firmato dalla maggior parte dei governi e conosciuto come
l'accordo OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Questa ultima è l'organizzazione attraverso la quale sono promulgate le normative
relative alle agenzie ufficiali di credito. Generalmente le ECA sono accessibili
tramite gli istituti bancari della nazione, dove le rispettive divisioni internazionali
in genere hanno una persona o un team specializzato nel loro impiego, anche se,
sempre più spesso, le ECA lavorano direttamente con gli esportatori o tramite
consulenti o avvocati specializzati. Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti,
dove l'intermediazione finanziaria tende ad essere più frammentata e non più di
pertinenza esclusiva degli istituti bancari. Come esempio, la Ex-Im Bank
statunitense permette alle aziende di ottenere impegni preliminari di
finanziamento direttamente senza alcun coinvolgimento di un istituto finanziario.
L’obiettivo primario delle ECA è quindi quello di promuovere l’esportazione e gli
investimenti esteri dei Paesi che rappresentano, fornendo strumenti di supporto
alle imprese che sono alla ricerca di opportunità di business in mercati stranieri, in
particolare verso Paesi in via di sviluppo (PVS) e mercati emergenti.
Le principali attività3 delle ECAs sono quindi relative a fornire:
• Credito all’esportazione, nella sua duplice forma del credito acquirente e
del credito fornitore, a favore di esportazioni di beni e servizi;
• Assicurazione degli investimenti, a copertura dei rischi di natura politica
e creditizia connessi ad investimenti esteri4;
3 Per una trattazione più ampia si veda il cap.24 “Il rischio politico viene anche definito "rischio paese" e consiste nell'eventualità che un determinato paese si trovi in condizioni tali da non poter onorare gli impegni finanziari assunti dai propri residenti nei confronti di soggetti non residenti a causa di una mancanza di risorse o per qualsiasi altro motivo (guerre, insurrezioni, catastrofi naturali, ecc.).” (http://www.itint.gov.it/ice/cda/templates/valutazione4_restyle.jsp)
11
• Garanzie Finanziarie, su finanziamenti a favore delle imprese
domestiche interessate in progetti di internazionalizzazione oppure a
supporto sia dell’attività di export sia per sostenere investimenti in settori
ritenuti strategici per la nazione.
Con il passare degli anni e all’aumentare delle competenze di tali players, i
prodotti a supporto delle imprese domestiche e gli ambiti di intervento delle
export credit agencies hanno registrato una importante crescita dovuta, molto
probabilmente, alle armonizzazione delle normative nazionali portate a livello
internazionale per favorire la collaborazione tra le varie ECAs e,
contemporaneamente, far crescere sia quantitativamente che qualitativamente gli
strumenti di trade finance.
Quest’ultimo può essere inteso come l’insieme di tutti quegli strumenti nati per
finanziare il commercio internazionale. Il trade finance include tutte le attività
come i prestiti, le lettere di credito, il factoring, l’export credit e le assicurazioni.
Oltre le figure principali dell’esportatore e dell’importatore, altri soggetti
prendono parte a queste attività, come ad esempio l’Export Credit Agency, le
banche ed altri enti che erogano servizi ancillari. Il trade finance riveste ai giorni
nostri un ruolo di importanza fondamentale per l’economia globale: infatti uno
studio del World Trade Organization (WTO) stima che dall’ 80 al 90% del
commercio mondiale si basi su questa tecnica5.
Nonostante il commercio internazionale esista da secoli, il trade finance si è
sviluppato come tecnica con il fine di semplificarlo. L’ ampio utilizzo di questa
tecnica ha per certo contribuito in modo sostanziale negli ultimi decenni alla
crescita registrata in termini di transazione commerciali a livello internazionale.
Nella sua forma più semplice il trade finance rappresenta un punto di incontro e di
equilibrio tra i bisogni divergenti dell’esportatore e dell’importatore; l’esportatore
avrebbe tutto l’interesse ad essere pagato in anticipo dall’importatore rispetto alla
spedizione di una fornitura, mentre il rischio dell’importatore è che l’esportatore
incassi il prezzo pattuito e non spedisca la merce. D’altro canto, se l’esportatore
dilazionasse il pagamento, si esporrebbe al rischio di credito ovvero alla
5 http://www.wto.org/english/thewto_e/coher_e/challenges_e.htm
12
possibilità che in maniera completamente autonoma l’importatore potrebbe non
pagare la fornitura o pagarla in modo avulso da quanto stabilito contrattualmente.
Nonostante la presenza di soluzioni per la salvaguardia degli interessi di entrambe
le parti come la lettera di credito, il ruolo delle ECAs riveste una primaria
importanza nel risolvere questa tipologia di conflitto. L’utilizzo di forme
assicurative sui crediti o forme di garanzia riesce a stabilizzare la fiducia tra le due
parti ed a contribuire in modo sostanziale alla crescita delle transazioni
commerciali su scala globale.
Diverse sono state le critiche mosse nei confronti di tali istituzioni proprio a causa
della loro natura pubblica e del loro supporto (mediante fondi statali) alle grandi
corporate. Ma indubbi sono stati i benefici apportati ai flussi di transazioni e
soprattutto al supporto dato alle piccole e medie imprese (PMI) “spina dorsale” di
molte nazioni.
Prima dello scoppio della crisi economica e finanziaria, quando si era in presenza
di abbondante liquidità, l’accesso al credito era molto più conveniente e gli
scambi commerciali tra i paesi aumentavano di anno in anno. In tale periodo il
ruolo delle ECAs nel supportare le imprese era reputato da molti come
anacronistico, tanto da cominciare a discutere di un loro smantellamento. Dopo lo
scoppio della crisi, in un momento in cui le transazioni globali subirono una forte
battuta d’arresto, le ECAs e le altre istituzioni finanziarie riuscirono a placare il
calo che colpì gli scambi commerciali internazionali evitando quindi che gli effetti
della crisi potessero divenire ancora più gravi.
Considerando che nel 2012 più del 10% dei flussi commerciali internazionali, il
cui valore ammonta a circa 1.9 trilioni di dollari, erano supportate dalle export
credit agencies e che, nel periodo precedente la crisi economica, tale valore
ammontava a meno di 1 trilione di dollari, è possibile affermare che esiste una
correlazione negativa tra la situazione economica di un paese e l’utilizzo di tali
agenzie.
In effetti durante il periodo di crisi, in cui il livello di liquidità era basso, la morsa
del credito aumentava sempre di più e i rischi associati ai paesi avanzati
tendevano ad aumentare, si è potuto osservare un maggior utilizzo degli strumenti
offerti dalle ECAs.
13
Come vedremo nel prossimo paragrafo, le ECAs sono nate in un particolare
momento storico, legato alle trasformazione dei maggiori Paesi da economie
prevalentemente agricole ad economie prettamente industriali ed ad un passaggio
da mercati relativamente chiusi ad un mercato via via sempre più globalizzato. Il
punto di svolta avviene alla fine di un evento drammatico e destabilizzante in tutti
i campi quale fu la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), ripreso e rafforzato da
quell’altra grande tragedia in campo economico e sociale che fu la Grande Crisi
del 1929.
1.1.1 Cenni storici e costituzione delle prime ECAs
Storicamente il primo programma di assicurazione del credito all’esportazione
risale al 1919. Il governo britannico decise di supportare la ripresa dei commerci
internazionali, fortemente rallentati a causa della prima guerra mondiale che colpì
l’Europa negli anni precedenti. Il razionale alla base di tale scelta fu quello di “
aiutare i disoccupati e di ristabilire il commercio internazionale”. Inoltre, in
aggiunta all’assicurazione del credito all’esportazione, il governo britannico
stabilì anche un programma di trade finance, offrendo un finanziamento
all’esportazione fino a 6 anni ad un tasso agevolato (1% al di sotto del tasso della
Bank of England oppure ad un tasso minimo pari all’ 8%).
Successivamente anche altre nazioni europee6 intuirono la necessità di dotare i
rispettivi Paesi di schemi assicurativi e di garanzie al fine di rivitalizzare sia le
esportazioni sia le industrie devastate dalla Grande Guerra.
Con l’inizio della depressione economica mondiale dopo il 1929, fu necessario
per molti Paesi costituire delle strutture ufficiali per ciò che riguardava il credito
all’esportazione, le garanzie e le assicurazioni. Così facendo si diede stimolo ai
flussi di scambi, all’occupazione e alla produzione. Durante gli anni ’30 diversi
Paesi tra cui Giappone, Stati Uniti ed Irlanda diedero vita a tali programmi. Vale
la pena notare che gli Stati Uniti e la sua Export-Import Bank (Ex-Im Bank) non
6 Belgio (1921), Denimarca (1922), Paesi Bassi (1923), Finlandia (1925), Germania (1926), Austria e Italia (1927), Francia e Spagna (1928), Norvegia (1929).
14
offriva inizialmente alcun servizio assicurativo o di garanzia; fu solo dopo diversi
anni che la ECA statunitense cominciò ad offrire tali servizi.
Una data molto importante nella cronologia dello sviluppo delle ECAs fu il 1934.
In questo anno fu creata a Berne (Svizzera) una nuova organizzazione
internazionale: la Berne Union (International Union of Credit and Investment
Insurers).
Gli scopi primari di tale organizzazione erano quelli di:
- Incoraggiare la cooperazione tra le diverse export credit agencies;
- Promuovere lo scambio e la fruizione di informazioni su acquirenti, Paesi
e tecniche utilizzate;
- Stimolare il livello di competenza dei Paesi membri.
Fu chiara sin dalla costituzione delle prime ECAs la necessità di dotarsi di una
struttura sovranazionale che potesse porre le basi per una crescita sostenibile nel
tempo. Questo fu quindi possibile mediante la costituzione di un network globale
di agenzie che avesse lo scopo di individuare soluzioni comuni, produrre e
scambiare informazioni rilevanti per una migliore acquisizione di competenze da
parte delle agenzie membro.
Durante la seconda metà degli anni ’30, la maggior parte dei crediti assicurati
provenivano dall’allora Unione Sovietica e nonostante lo scenario economico
avverso, molte della ECAs si dimostrarono essere molto profittevoli.
Per ciò che riguarda la proprietà, durante quegli anni, molte delle ECAs erano
possedute e gestite interamente dai governi. Esistevano però talune eccezioni che
riguardavano quattro agenzie, classificate come “semiprivate” e gestite da privati
assistiti però in termini finanziari e amministrativi dai rispettivi governi
(Cecoslovacchia, Germania, Paesi Bassi e Spagna).
Allo scoppio della seconda guerra mondiale (1939-1945), come intuibile, il livello
delle esportazioni si ridusse e questo pose un freno allo sviluppo delle nuove
export credit agencies. Quelle già esistenti guardarono con forte interesse al
finanziamento di attività che avrebbero potuto contribuire alla vittoria della
guerra. Ad esempio negli Stati Uniti, Ex-Im Bank finanziò esportazioni che
avrebbero aiutato lo sviluppo in America Latina delle industries, i cui output
15
risultavano vitali per l’industria bellica statunitense7. Si vuole anche ricordare
l’importante finanziamento fatto da Ex-Im Bank per supportare la costruzione
della Burma Road in Cina. Progetto dalla grande importanza strategica, in quanto
era una delle pochissime strade con cui trasportare provvigioni e armamenti per
combattere l’avanzata del nemico giapponese.
Alla fine della seconda guerra mondiale, le potenze dell’Asse (Germania, Italia e
Giappone) dovevano non solo confrontarsi con la ricostruzione totale del territorio
e delle rispettive economie domestiche, ma anche con la ristrutturazione del
proprio commercio estero. Verso la fine degli anni ’40 ed inizio degli anni ’50, il
Giappone creò un ampio pacchetto di assicurazioni e finanziamenti al fine di
aiutare la rigenerazione delle esportazioni e dare assistenza per la ricostruzione
post-bellica. Germania, Italia e Austria per ragioni similari istituirono nuovi
programmi di credito all’esportazione, garanzie ed assicurazioni. A partire dalla
seconda metà del 1950, furono realizzati in alcuni Paesi in via di sviluppo (PVS),
diversi programmi di assicurazione del credito all’esportazione. A partire poi dal
1960 un elevato numero di PVS8 si dotò di programmi similari per supportare il
livello di competitività internazionale, incrementare il livello di esportazioni e
rafforzare la bilancia dei pagamenti.
Gli anni ’90 sono stati testimoni della grande crescita di tutti gli apparati legati
alle ECAs ufficiali. Dall’Europa Centrale e quella dell’Est e nella ex Unione
Sovietica, si istituirono nuove agenzie in rep. Ceca, Ungheria, Lituania, Polonia,
Russia, Slovacchia e Slovenia. In Kazakhistan, Ucraina ed altri Paesi, le banche
per il commercio con l’estero furono riconfigurate affinchè potessero offrire
servizi e strumenti simili a quelli offerti dalle altre ECAs. In America Latina,
diversi Paesi trasformarono la loro struttura di agenzie per il finanziamento
dell’export, e Paesi come ad esempio il Brasile, la Colombia, il Venezuela ed il
Cile aprirono le porte a compagnie private straniere di assicurazione del credito
per l’export. In Africa invece, al fine di stimolare le varie nazioni ad istituire
programmi e strutture per lo sviluppo del commercio internazionale con la
7 Si fa riferimento principalmente all’enorme potenziale dell’industria mineraria latino-americana. Basti pensare che gli USA allo scoppio della seconda guerra mondiale, fecero richiesta alla Colombia di tutto il platino da loro prodotto.8 Sud Africa, India, Marocco, Egitto, Indonesia, Tunisia, Turchia, Ecuador, Jamaica, Malesia, Filippine, Singapore, Sri Lanka, Taiwan, Uruguay e Venezuela
16
formazione di ECAs nazionali, si diede vita ad una banca regionale di export-
import. In Asia, sia la Cina che la Tailandia istituirono una banca di import-export
per consolidare le dinamiche di crescita all’estero delle loro imprese. Negli anni
’80 molti dei Paesi OECD9 subirono forti perdite operative sui loro crediti, sulle
loro garanzie ed assicurazioni legati all’ esportazione. Queste perdite furono
parzialmente causate dalla crescente disparità tra gli interessi sui finanziamenti dei
loro programmi e quelli che furono invece concessi per finanziare l’export. Allo
stesso tempo, le sofferenze nel settore raggiunsero livelli elevati a causa dei
problemi derivanti dall’eccessivo indebitamento dei Paesi in via di sviluppo, della
ristrutturazione del loro debito e, nei casi più estremi, del loro default. Fu solo
negli anni ’90 che la maggior parte delle ECAs dei Paesi industrializzati tornarono
a livelli accettabili di profittabilità, in concomitanza con il graduale abbattimento
del debito delle nazioni del Terzo Mondo, aggiustamenti delle quote e delle
sottoscrizione delle polizze, portando ad un innalzamento degli interessi sul
credito fino a valori prossimi a quelli di mercato. Molte ECAs di Paesi
industrializzati operano sul mercato da più di 50 anni. Più della metà delle ECAs
dei Paesi in via di sviluppo invece hanno una vita media di circa 10 anni, e
possono pertanto essere considerate perfettamente in grado di valutare ed
amministrare i crediti, le garanzie e le assicurazioni fornite a supporto
dell’esportazione. Le differenze in questo campo tra i Paesi industrializzati e le
nazioni in via di sviluppo, che furono enormi nei primi anni, si stanno riducendo. I
Paesi industrializzati hanno cessato di espandere eccessivamente il credito anche
nei mercati marginali, mentre i Paesi in via di sviluppo cercano di affrontare più
rischi sulle vendite, mettendone a rischio l’integrità finanziaria.
Entrambi gli schieramenti hanno comunque innalzato i loro tassi d’interesse
approcciando quelli di mercato ed il loro interesse comune nel voler evitare una
guerra sul credito ha portato ad una maggiore armonizzazione di programmi,
politiche e procedure. Con poche eccezioni, le ECAs dei Paesi in via di sviluppo
hanno raggiunto livelli di profittabilità in questi anni e, come gruppo, hanno
mostrato un sostanziale surplus. Le ECAs dei Paesi industrializzati hanno 9 L’ OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) è un organizzazione internazionale dove i governi di 34 nazioni lavorano in modo congiunto e concordato per uno sviluppo comune di politiche economiche, sociali e di governo globali, così come per l’ottimizzazione delle opportunità offerte dall’ integrazione internazionale.
17
mostrato costanti miglioramenti dei loro risultati finanziari durante gli anni ’90, e
nel 1996, per la prima volta come gruppo in 17 anni, hanno registrato profitti.
1.1.2 La creazione in Italia di SACE
Al pari di tutte le altre ECAs, SACE nasce come uno strumento di politica
commerciale ed industriale il cui obiettivo primario è quello di supportare le
imprese domestiche in un contesto internazionale caratterizzato da “mercati
finanziari poco sviluppati, da asimmetrie informative e da un sostanziale
fallimento del mercato privato”10. Le ECAs venivano quindi viste come
“assicuratori di ultima istanza” che si sostituivano spesso agli operatori privati,
non in grado di dare la propria disponibilità per operazioni con un più alto livello
di rischio. Inoltre le export credit agencies a differenza degli istituti di credito non
operano necessariamente in una “ottica di ricerca del profitto”. Tale peculiarità
veniva infatti riflessa nei premi richiesti alle imprese. Questi ultimi risultavano
essere in molti casi “inferiori al minimo richiesto per coprire le perdite attese,
mentre l’attività a condizioni di mercato era lasciata agli operatori privati per
evitare fenomeni di spiazzamento”11.
La necessità di dotarsi di strutture adeguate al sostenimento delle imprese
nazionali che realizzavano progetti in Paesi ad alto rischio politico e commerciale,
creò quindi le basi per la costituzione di un istituto che assicurasse il commercio
all’estero. Questo bisogno trovò una sua naturale soddisfazione con l’emanazione
della Legge 227/77 che andava a costituire una sezione speciale dell’Istituto
Nazionale Assicurazioni (INA) denominata appunto Servizi Assicurativi del
Commercio Estero (SACE). Dopo 27 anni, la SACE, in seguito al decreto legge
269/2003 venne ufficialmente trasformata in una società per azioni, controllata al
100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Una importante svolta nel ruolo della SACE, si ebbe in seguito al forte sviluppo
dei mercati finanziari che portò ad una più aspra competizione tra gli operatori
privati e alla nascita di strumenti innovativi che semplificarono l’accesso al
10 http://www.iai.it/pdf/global_outlook/iai-sace070509_docsace.pdf pag.711 http://www.iai.it/pdf/global_outlook/iai-sace070509_docsace.pdf pag.7
18
credito da parte degli emerging markets. La successiva marginalizzazione
dell’export credit pose le basi per un riposizionamento da parte della SACE e di
tutte le ECAs a livello OCSE che le condusse ad una importante revisione del
proprio ruolo, incentivando quindi lo sviluppo di un business model
maggiormente orientato al mercato e al profitto.
La SACE, attraverso diverse operazioni di acquisizioni e fusioni, riuscì ad
ampliare i propri ambiti operativi potendo così offrire un maggior numero di
strumenti a supporto degli operatori nazionali. SACE entrò nel mercato
dell’assicurazione del credito a breve termine (2004) attraverso la costituzione
della controllata SACE BT. In seguito mediante l’acquisizione di ASSEDILE
specializzata nel ramo “cauzioni” e nelle “garanzie per i rischi della costruzione”
(2005) la SACE BT aumentò i propri ambiti operativi con la successiva istituzione
di SACE SRV (2007), società specializzata in acquisizione di “informazioni
commerciali, gestione istruttorie e recupero crediti”. Una ultima fondamentale
operazione fu effettuata nel 2010 con la costituzione di SACE Fct. Mediante tale
azione il gruppo SACE s.p.a. attraverso la controllata SACE Fct si assicurò la
possibilità di operare anche nel settore del factoring.
Una importante modifica dell’assetto proprietario avvenne il 9 Novembre 2012
con l’acquisizione del 100% delle azioni di SACE, originariamente detenute dal
MEF, da parte di Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Nell’ambito di tale
trasferimento di partecipazione, l’art.23-bis, comma 5, del decreto legge 95/2012
fa intuire come nonostante l’acquisizione del controllo da parte di CDP “non
implica alcun mutamento dell’oggetto sociale e delle concrete attività di SACE,
19
Figura 2 : Cronologia dell’evoluzione del business di SACE fonte: SACE
anche con riferimento alle peculiari funzioni ad essa attribuite dalla normativa
speciale”12
Considerando i forti elementi di comunanza tra le varie Export Credit Agencies
(ed anche taluni elementi di divergenza), possiamo individuare quattro categorie
di azioni che la SACE S.p.a può porre in essere al fine di adempiere ai suoi
obiettivi istituzionali.
La prima categoria riguarda il sostegno delle esportazioni mediante coperture
assicurative, come ad esempio le polizze “credito fornitore” o “credito
acquirente”. Nel primo caso, SACE assicura un’impresa italiana contro il rischio
di mancato incasso e di revoca del contratto, per le vendite all’estero mediante
dilazioni di pagamento. Nel caso di credito acquirente, invece, l’export credit è
fornito da un istituto di credito che, mediante un finanziamento all’importatore,
permette il pagamento del bene esportato dal fornitore italiano. In questo caso
SACE garantisce la banca dal rischio di mancato pagamento, totale o parziale, da
parte dell’impresa estera.
La seconda categoria riguarda l’attività di Investimenti Diretti all’Estero (IDE) e
le cauzioni.
Questa tipologia di strumenti non risultano regolamentate da alcuna normativa
internazionale e per tale ragione SACE utilizza una molteplicità di strumenti, tra i
quali le “coperture assicurative inerenti a operazioni di investimento all’estero;
cauzioni, fideiussioni e altri depositi cauzionari a garanzia della realizzazione e
della performance di impianti ed opere”.
Una terza categoria di strumenti, è rappresentato dalle garanzie per “operazioni
non necessariamente collegate all’esportazione ma comunque collegate ai processi
di internazionalizzazione”13. In tale caso il supporto di SACE si manifesterebbe
mediante credit insurance tools, permettendo l’accesso al credito delle imprese,
specialmente PMI. SACE assicurerebbe la banca da eventuali perdite qualora
l’impresa a cui sia stato erogato il credito non fosse poi in grado di ripagarlo.
12 http://sace.it/GruppoSACE/export/sites/default/download/normativa/InfoMemo_SACE.pdf pag.213 Terzulli S. (Febbraio 2013) Internazionalizzazione delle imprese e crescita economica. Il ruolo di SACE
20
L’istituto di credito beneficerebbe così di una riduzione degli accantonamenti 14ed
avrebbe a disposizione un maggior volume di crediti da poter erogare.
L’ultima categoria riguarda le attività di rilievo strategico per il paese. SACE
potrà quindi “operare per attività di rilievo strategico sotto i profili della sicurezza
e della competitività economica e dell’attivazione di processi produttivi e
occupazionali sul territorio nazionale”.
In ultima analisi, a seguito di diversi provvedimenti normativi15, l’attività della
ECA italiana è stata ulteriormente ampliata e nel medesimo tempo è stato
possibile favorire l’accesso al credito alle imprese e garantire liquidità in un
periodo di forte stress finanziario a livello internazionale. Inoltre, al fine di
“agevolare la riscossione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei
confronti della Pubblica Amministrazione, vengono concesse garanzie su
anticipazioni accordate dal sistema bancario a imprese italiane” (Terzulli S. 2013).
1.1.3 Overlook storico sull’andamento dell’export italiano e degli IDE
L’Italia, dopo la ricostruzione dalle macerie morali, politiche, sociali ed
economiche della seconda guerra mondiale, è diventata una potenza industriale ed
economica appartenente al club ristretto delle prime sette nazioni più
industrializzate del pianeta (il cosiddetto G7, che rappresenta oltre il 63% della
ricchezza mondiale). Negli ultimi tre decenni però l’Italia è entrata in una fase
estremamente delicata per la sua economia, prevalentemente basata sull’industria
manifatturiera, e di riflesso, per la sua struttura sociale. A seguito della grande
crisi economica mondiale innescata dalle bolle speculative finanziarie generate
dall’economia statunitense, pesanti contraccolpi paragonabili ad un vero e proprio
tsunami finanziario hanno colpito in forma progressiva le economie di tutti i Paesi
del mondo. Tra questi, l’Italia, che nonostante il suo notevole apparato industriale,
sta purtroppo enormemente soffrendo a causa del suo gigantesco debito pubblico
14 Secondo la normativa attuale, gli istituti di credito dovrebbero accantonare un Minimum Capital Requirement pari all’8% delle attività ponderate per il rischio (RWA). Tali accantonamenti ridurrebbero l’entità delle risorse disponibili per nuovi impieghi. Per approfondimenti si veda http://www.bis.org/publ/bcbs128b.pdf15 Decreto anti-crisi, Salva-consumi e DPEF
21
pari a circa il 120% del PIL ed a varie carenze nella sua organizzazione politica ed
industriale.
Per non cadere nella perversa spirale innescatasi nella seconda metà del 2011 di
una crescente sfiducia degli investitori finanziari esteri e di continui e costanti
innalzamenti degli interessi pagati sul finanziamento del debito pubblico, i
governi degli ultimi tre anni hanno dovuto mettere in campo immediate riforme
sia per sanare un insostenibile situazione di bilancio pubblico che per cercare di
rendere più efficiente il processo organizzativo e sociale del paese e creare quindi
condizioni favorevoli ad una crescita economica del paese e del suo sistema
produttivo. Questo processo è ancora in atto, ed in questi giorni si sta assistendo
alla realizzazione di una prima riforma istituzionale di riorganizzazione delle
istituzioni parlamentari (riforma del Senato) e territoriali (eliminazione delle
Province).
Nel corso del 2011 e del 2012, sempre per contrastare la crisi, l’allora governo
Monti ha messo in atto una serie di misure per sanare il bilancio, con l’incremento
delle entrate dovuto ad un innalzamento della pressione fiscale ed ad una
riduzione delle spese, ma ad oggi, attraverso il governo Letta ed il governo Renzi,
si è solo timidamente cominciata la seconda fase, che è quella di creare le
condizioni perché il Paese possa superare questi difficili momenti creando
maggiore ricchezza. E’ un compito arduo perché è chiaro che per una nazione
come l’Italia, priva di materie prime, l’unica ricchezza può venire dalla
manifattura e dai servizi. Per creare nuova ricchezza, quindi, con un mercato
interno sempre più fiacco ed in crisi profonda da quasi un quinquennio, le aziende
italiane non possono, se vogliono sopravvivere e prosperare, che diventare:
• Più efficienti (in termini di costi interni e di condizioni al contorno, questi
ultimi che spetta al governo migliorare);
• Produrre prodotti apprezzati in termini di qualità, di innovazione e di stile;
• Investire commercialmente nell’apertura di nuovi mercati, in particolare
quelli in forte crescita economica e dove le economie ed il benessere della
popolazione – non di tutta, ma di una consistente parte di essa, appaiono
più promettenti.
22
L’Italia non è stata l’unica nazione colpita dalla crisi; in effetti la ripresa
economica mondiale nella seconda metà del 2014 appare ancora incerta, con i dati
raccolti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che presentano dei ritmi di
crescita positivi, ma inferiori a quanto si è potuto osservare nel periodo che ha
preceduto la crisi del 2008.
Per quanto riguarda la posizione dell’Italia come nazione esportatrice è da
registrare il suo arretramento dal nono all’undicesimo posto, con la Cina che si
conferma saldamente in prima posizione con una quota dell’11,8% sul valore
globale delle esportazioni mondiali.
23
Figura 2 : Variazioni % annuali del PIL mondiale per area geo-economica fonte: ICE su dati FMI
A conferma della debole situazione italiana, basti pensare al solo andamento,
comunque ancora molto eterogeneo, delle economie della zona Euro con le recenti
stime del FMI (World Economic Outlook Update del 24 Luglio 2014) che vedono
la crescita del PIL italiano prossima allo zero, se non in recessione, molto al di
sotto della media europea mentre le economie più forti della zona UE, come la
Germania o la Francia, hanno invece ricevuto un outlook migliore, ma
sicuramente non entusiasmante, se non addirittura preoccupante.
24
Figura 3 : I primi 20 esportatori mondiali di merci fonte: ICE su dati OMC
E’ stato reso noto, secondo stime Unctad (United Nations Conference on Trade
and Development,), che la maggior parte dell’interscambio mondiale, pari a circa
l’80% del totale, avviene all’interno di network produttivi internazionali con alla
base imprese multinazionali, dalle loro consociate e dai loro fornitori, collocati in
aree geografiche diverse. Questo facilita lo sviluppo simultaneo di zone
geograficamente distanti, ma rende tutto interconnesso ed integrato, aumentando
l’esposizione e la sensibilità del sistema globale a crisi anche non globali,
provenienti ad esempio da singole nazioni.
25
Figura 4 : Esportazioni di merci per area geografica fonte: ICE su dati OMC
Figura 5 : IDE in entrata per aree geo-economiche fonte: ICE su dati UNCTAD
Gli IDE, che hanno sempre registrato dalla metà degli anni novanta fino all’inizio
della crisi, forti trend di crescita per poi calare bruscamente, sono ancora inferiori
ai livelli raggiunti nel 2007. Nel corso del 2013 gli IDE hanno registrato un
incremento del 9%, con dati che indicano chiaramente flussi via via crescenti di
capitali verso i Paesi emergenti, superando per il secondo anno consecutivo i
flussi destinati ai Paesi più industrializzati, indice chiaro di una ridistribuzione in
atto a favore dei Paesi meno sviluppati.
I dati relativi al prodotti interno lordo italiano, indicano chiaramente una brusca
caduta negli anni della crisi seguita negli ultimi due anni da una parziale ripresa
ma con valori attesi a fine 2014 che si attestano in valore assoluto ai livelli
dell’anno 2000. Infatti nel 2013 il volume del PIL si è contratto dell’1,9% ancora
causata dalle riduzioni dei consumi e degli investimenti, in ultima analisi dalla
riduzione dei redditi a disposizione delle famiglie e delle imprese, con in più
l’aggravante di una caduta di fiducia generale ed il fenomeno ancora persistente
del credit crunch16.
Come già riportato, nell’anno 2014 si attende un incremento nullo o addirittura
negativo del PIL, in una durevole situazione di precarietà e debolezza del mercato
16 Con il termine credit crunch, si vuole far riferimento alla situazione di “stretta creditizia” che avviene al termine di una fase espansiva. Tale fenomeno può quindi accentuare maggiormente la fase recessiva.
26
Figura 6 : Variazioni annuali del PIL Italianofonte: ISTAT
interno. Per cui le uniche speranze di una crescita più rapida e soprattutto
stabilizzata, continuano a risiedere in un incremento delle esportazioni.
Gli investimenti diretti all’estero relativi all’Italia, risultano incrementati nel corso
del 2013, con investimenti italiani all’estero aumentati da 6 a 24 miliardi di Euro,
27
Figura 7 : Competitività e quote di mercato delle esportazioni Italiane fonte: ICE su dati Banca d’Italia, Eurostat, OMC
Figura 8 : Flussi IDE in entrata verso i principali Paesi destinatari fonte: ICE su dati OMC
mentre gli investimenti esteri in Italia sono passati da un valore prossimo allo 0
nel 2012 a circa 12 miliardi di Euro nel 2013, che rappresentano circa l’1% dei
flussi di IDE generali nel mondo. La quota percentuale degli investimenti italiani
all’estero passa invece all’1,6% del totale che mal rappresenta la potenzialità
economica del nostro paese.
Questo scarso appeal dell’Italia è probabilmente dovuto non solo alle condizioni
economiche e sistemiche ma anche legato alla complessità di “fare e gestire
impresa”, alla lentezza del sistema giudiziario, ai pesanti ritardi nei processi di
approvazioni burocratiche, ai fenomeni di corruzione, che causano ulteriore
problematiche nel momento in cui devono essere fornite risposte certe alle
esigenze delle aziende soprattutto quando gli scenari economici mondiali sono
così mutevoli e gli investitori sempre più avversi al rischio17 e di conseguenza
meno propensi ad affidare il proprio capitale in progetti il cui environment risulta
ancora incerto.
17 Da una studio condotto dalla Franklin Templeton Investments nel sondaggio “Global Investor Sentiment Survey 2014” oltre il 52% degli intervistati, si è detto ancora troppo incerto circa l’andamento dell’economia globale e di conseguenza adotterà strategie maggiormente difensive con minore assunzione di rischi.
28
Figura 9 : Flussi IDE in uscita dai principali Paesi fonte: ICE su dati UNCTAD
L’Italia ha una struttura industriale basata principalmente sulle PMI; la
dimensione dell’azienda limita le possibilità di strutturarsi in modo adeguato per
affrontare mercati distanti e ciò è confermato dal fatto che la maggior parte delle
esportazioni italiane si riversi in Europa o nei Paesi nordafricani.
La crescita maggiore, viene registrata nei cosiddetti RGM (Rapid Growth
Markets) che, ai quattro grandi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) aggiunge
altre 21 economie con variazioni annuali medie del PIL che superano il 5,8 %.
Molti di questi Paesi appartengono ad aree tradizionalmente poco presidiate dalle
aziende italiane ed i costi per organizzarsi in queste nazioni o per accedere ai loro
mercati sono notevoli, specie per una PMI.
C’è però un importante fattore che può contribuire alla maggiore penetrazione
delle imprese italiane: il cambiamento dello stile di vita di notevoli fasce della
popolazione di questi Paesi, sulle quali l’appeal dello stile italiano e dei suoi
prodotti potrebbe giocare un notevole ruolo.
29
Figura 10 : I Paesi a maggiore crescita (in giallo) secondo E&Yfonte: Ernst&Young
Diventa quindi di fondamentale importanza “assicurare” le produzioni italiane
verso questi Paesi, “rassicurando” gli imprenditori ed i manager delle PMI
impegnati nello sviluppo delle loro aziende con copertura il più possibile facile e
semplice dei rischi associati al commercio con queste nazioni.
E’ comunque rassicurante il fatto che ci sia stata nel 2013 una crescita totale pari
al 2% del numero degli esportatori, determinato in massima parte da micro-
esportatori (export < 75.000 Euro), mentre al contrario gli esportatori maggiori
hanno visto diminuire la loro quota di valore del 2,5%.
30
Figura 11 : Quote di mercato dell' Italia per aree geografiche fonte: ICE su dati FMI- Dots
Figura 12 : Internazionalizzazione commerciale/produttiva delle imprese Italiane fonte: ICE su dati ISTAT e ICE
A fronte della delicata congiuntura economica e per favorire la ripresa, il governo
Italiano nel 2013 ha stanziato maggiori risorse a favore dello sforzo di
internazionalizzazione delle imprese, con una serie di servizi finanziari.
Attraverso le azioni congiunte di misure messe in campo dal Ministero dello
sviluppo Economico (MISE), della ICE (Agenzia per la promozione all’estero e
l’internazionalizzazione delle imprese italiane), le CCIAA (Camere di Commercio
Industria ed Artigianato) e le Regioni, sono stati messi in campo una serie di
interventi mirati ad incentivare e a supportare le attività legate all’export. Per
quello che riguarda i servizi finanziari, la CDP (Cassa Depositi e Prestiti) ha
acquisito direttamente sia la SACE (l’ECA Italiana) che la SIMEST (la finanziaria
del governo italiano per l’internazionalizzazione delle imprese), creando di fatto
un polo integrato assicurativo-finanziario a sostegno dei processi di export delle
aziende italiane. Anche in questo settore si registrano incrementi delle operazioni
sull’export, che per la CDP ha visto aumentare da 1,2 (anno 2012) a 2,2 miliardi
(anno 2013) di Euro il loro valore, mentre per la SACE gli impegni assicurativi si
attestano, crescendo, a 399 milioni di Euro, con la SIMEST che ha continuato ad
espandere le proprie attività, con un valore che passa da 4,5 a 5,1 miliardi
impegnati, nonostante un calo del numero di imprese che hanno chiesto il loro
supporto.
31Figura 13 : Sostegno pubblico all’internazionalizzazione delle imprese Italianefonte: Ministero dello Sviluppo Economico
L’inizio della fase di crescita deve quindi passare anche attraverso una maggiore
capacità delle aziende italiane di esportare, ed è quindi auspicabile che vengano
ricreate al più presto le condizioni macroeconomiche e fiscali necessarie alla
ripresa, ma soprattutto, che si creino maggiori e migliori condizioni per
incrementare le esportazioni nazionali (come ad esempio il costo dei fattori
produttivi, i tassi di cambio, la pressione fiscale, le infrastrutture logistiche e
comunicative, e tutti gli altri parametri che sono stati già elencati nei paragrafi
precedenti), tenendo in debito conto la crescente concorrenza internazionale. Le
imprese devono da parte loro impegnarsi ad organizzarsi in modo più efficace,
mettendo in campo prodotti di qualità ed innovativi e scegliendo strategie e canali
distributivi più adatti ai mercati di sbocco, in azione sinergica con le istituzioni
pubbliche già menzionate. Probabilmente con il migliorare della situazione
economica e con il mettere in campo questi cambiamenti alle condizioni
macroeconomiche, si potranno attrarre maggiori investimenti diretti esteri,
innescando a questo punto la tanto auspicata uscita dalla crisi.
1.2 Framework legislativo delle ECAs: legislazione internazionale,
comunitaria e nazionale.
Nella definizione stessa di una qualsiasi ECA è insito lo scopo dell’agenzia;
quello cioè di supportare ed aiutare le attività all’esportazione di una nazione. Le
condizioni di tale supporto sono dettate da politiche governative che non sempre
sono state armonizzate con l’azione di altri governi. Ci sono stati casi in passato
dove aziende i cui prodotti non erano della migliore qualità e neanche economici
che sono state scelte per ingenti forniture a Paesi in via di sviluppo perché le
forme di finanziamento offerte erano estremamente vantaggiose. In realtà questo
non meritato vantaggio competitivo era una stortura sia per il paese esportatore, i
cui contribuenti dovevano pagare il conto delle sovvenzioni, sia per il paese
importatore, attratto dalle ottime condizioni di acquisto a comprare merce non di
qualità.
Per evitare queste distorsioni, si è prima arrivati nel 1976 ad un accordo informale
tra alcuni Paesi OCSE, seguito nell’ Aprile del 1978 da un accordo sulla base di
32
un “gentlemen agreement” che stabilisce le linee guida sui crediti all’esportazione
entro dei limiti accettabili che ogni ECA dovrebbe recepire ed introdurre. Per
quello che riguarda invece le ECA appartenenti a Paesi dell’Unione Europea,
l’accordo risulta vincolante in seguito al recepimento nelle singole legislazioni
nazionali della direttiva 98/29/CE.
Nei prossimi paragrafi verranno quindi esaminate l’insieme di regole e l’ambito
operativo entro il quale le ECA sono autorizzate ad operare. Si ricorda altresì che
tali insieme di norme a livello sia europeo che nazionale tendono a regolare le
attività di supporto all’esportazione nei singoli Paesi, al fine di evitare fenomeni
discorsivi della concorrenza.
1.2.1 Normativa internazionale tesa a regolare le attività delle ECAs
La crescita del commercio internazionale è generalmente attribuibile a due fattori
fondamentali: il primo è riconducibile alle capacità intrinseca dell’impresa di
avere successo sui mercati diversi da quelli domestici, capacità che dipendono
dalle risorse e competenze possedute dall’azienda e da componenti di tipo
esogeno ( condizioni della domanda, la situazione socio-politica, concorrenza
etc.), mentre il secondo dipende dalle agevolazioni ed in senso più ampio, il
sostegno, che lo Stato fornisce alle proprie aziende.
Quest’ultimo, come abbiamo già ricordato in apertura di paragrafo, può
comportare fenomeni distorsivi della concorrenza, anche se l’altra faccia della
medaglia presenta indubbi vantaggi per quanto riguarda lo sviluppo in taluni
settori considerati di importanza strategica per il paese.
La fine della seconda guerra mondiale (1945) vede la nascita o la riorganizzazione
delle principali agenzie, con il chiaro intento di far riprendere economie devastate
dalla distruzioni belliche, come nel caso della Germania, dell’Italia e del
Giappone, o di assicurare nuovi e più promettenti mercati, come nel caso degli
USA e del Regno Unito. E’ da allora che si avvertì la necessità di dare regole
comuni entro cui poter svolgere attività di supporto alle esportazioni in un clima
di pacifica cooperazione. Attraverso gli anni e come frutto di un incessante lavoro
di organizzazioni sovranazionali, si pervenne nel 1978 ad una “Intesa sui crediti
33
all’esportazione ufficialmente sostenuti”, meglio conosciuto come “Consensus”
sottoscritto nell’ambito dell’OCSE e ad un “Accordo in materia di sussidi e
misure protettive” concluso nell’ambito del WTO.
1.2.1.1 Accordo in materia di sussidi e misure protettive
L’ “Accordo in materia di sussidi e misure protettive, genera due effetti principali:
disciplina l’uso dei sussidi e regola le azioni che i Paesi possono porre in essere al
fine di contrastare gli effetti distorsivi delle sovvenzioni18.
Si parte da una puntuale definizione di sussidio (art.1), individuato come forma di
contributo finanziario erogato dal governo o da qualunque altro ente pubblico o
sotto il controllo statale che conferisce una forma di vantaggio attraverso:
trasferimento diretto di fondi (sovvenzioni, prestiti, iniezione di capitale),
potenziali trasferimenti di fondi o obbligazioni ( ad esempio il prestito garantito)
oppure altre tipologie di benefici (ad esempio incentivi fiscali quali i crediti
d’imposta). Andando poi a definire le circostanze in cui un sussidio può essere
considerato specifico (art.2): una forma di contributo finanziario il cui vantaggio
derivato andrebbe a beneficio esclusivo di una sola impresa, gruppo di imprese
oppure ad uno o più settori. Viene quindi sancito che l’applicabilità di tale
normativa sia estesa ai soli “sussidi specifici”, andando poi a stabilire quali
possano essere le azioni e le procedure utilizzabili dai Paesi membri per
contrastare, quando possibile, le azioni distorsive delle importazioni
sovvenzionate.
A tal proposito, la “Parte II” e la “Parte III” dell’Accordo, individuano e
suddividono tutte le tipologie di specific subsidy in due categorie e per ogni
categoria vengono individuate tutte le procedure ed i requirements di cui un paese
membro necessiterebbe affinché possa porre in essere azioni protettive al fine di
contrastare l’effetto negativo derivante dalle subsized imports. Vengono così
definite le:18 Per una trattazione più ampia dell’argomento, si veda http://www2.dse.unibo.it/naghavi/Krugman%20Obstfeld%208%20(b).pdf
34
• Prohibited subsidies: in tale categoria rientrano tutte quelle tipologie di
sussidi il cui utilizzo sarebbe teso esclusivamente alla distorsione del
commercio internazionale. L’applicazione di una tale tipologia di sussidio
manifesterebbe immediatamente una chiara e palese volontà del paese
membro di favorire il prodotto domestico a scapito di quelli esteri. In tale
caso, una volta accertata la natura distorsiva della sovvenzione, essa verrà
immediatamente contrastata mediante una sua eliminazione oppure
attraverso misure protettive da parte del paese che ne abbia sofferto gli
effetti negativi.
• Actionable subsidies: in questa categoria rientrano quei sussidi che si sono
dimostrati dannosi per gli interessi del paese membro che ne reclami
l’ingiusta applicazione. In tale caso è quest’ultimo a dover dimostrarne
l’effetto distorsivo: in ogni altro caso il sussidio è permesso. L’accordo
quindi definisce le tre diverse modalità di danno che il sussidio può
causare. La prima modalità riguarda il danneggiamento dell’industria nel
paese importatore, la seconda fa riferimento al danneggiamento
dell’esportatore di un certo paese, quando questo competa in un paese
terzo con un esportatore di altro paese i cui prodotti siano stati sussidiati.
La terza farebbe quindi riferimento alla situazione in cui un esportatore si
trovi a competere in un mercato di un altro paese, in cui sono presenti
sussidi distorsivi che ne danneggino l’operato.
Si è avuto quindi modo di comprendere come, in certi casi, i sussidi possano
garantire indubbi benefici al paese che ne faccia ricorso ed allo stesso tempo
andare a danneggiare gli interessi degli altri membri. L’accordo, come brevemente
anticipato, è quindi teso a definire, individuare e descrivere quali misure possano
essere utilizzate per neutralizzare gli effetti negativi dei sussidi. Infatti, a titolo
esemplificativo, qualora venga provata la natura dannosa del sussidio, il paese
danneggiato sarà autorizzato ad utilizzare misure protettive quali l’introduzione di
dazi doganali più elevati per le importazioni sussidiate.
L’importanza di questo accordo è stato fondamentale dal punto di vista dello
sviluppo del commercio internazionale proprio perché andando a disciplinare
35
l’uso delle sovvenzioni statali all’esportazione, si è trovato il giusto compromesso
tra gli aiuti governativi a supporto dei produttori nazionali e gli effetti negativi che
le sovvenzioni generano. L’ ”Accordo in materia di sussidi e misure protettive”,
insieme all’ ”Intesa sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti”
rappresentano quindi i pilastri fondamentali su cui si sono poi armonizzate le
diverse normative comunitarie e nazionali.
1.2.1.2 L’intesa sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti
L’ “Intesa sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti”, meglio conosciuta
come “Consensus”, fu sottoscritto da diverse nazioni19 nel 1978. Lo scopo
principale di tale accordo, (che non risultando vincolante era configurabile come
“Gentlemen’s Agreement”), è quello di fornire un framework di regole,
applicabile a tutte le ECAs delle nazioni sottoscriventi, al fine di stimolare un
utilizzo equilibrato del credito all’esportazione ufficialmente supportato20.
L’accordo ha l’obiettivo di incoraggiare una sana competizione tra gli esportatori
che basino i loro vantaggi sulla qualità ed i prezzi dei beni e servizi esportati e non
più su chi ha ottenuto il trattamento migliore sui termini contrattuali dei supporti
governativi.
Il Consensus viene applicato di riflesso a tutti i crediti all’esportazione
ufficialmente sostenuti che presentino termini di rimborso non inferiore ai due
anni. L’ ”Intesa sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti” pone dunque
delle limitazione sui terms and conditions del credito all’esportazione che
beneficia di un supporto ufficiale da parte di un governo. Tali limitazioni
riguardano in particolar modo:
• I termini massimi di rimborso sul credito ufficialmente supportato: per i
Paesi appartenenti alla “Categoria I” il termine massimo è di 5 anni con
possibilità di estensione fino ad 8,5 anni. Per i Paesi appartenenti alla”
Categoria II” il termine massimo è di 10 anni;21
19 USA, Giappone, Australia, alcuni Paesi della Comunità Europea,ecc..20 Nonostante nel “Consensus” non esista alcuna definizione di “supporto ufficiale”, è comunque palesato il riferimento al supporto garantito dal governo per il credito all’esportazione21 Per l’elenco ufficiale http://www.oecd.org/tad/xcred/2013-ctryclass-en-as-of-20-july-2013.pdf
36
• Il premio minimo in caso di assicurazione contro il rischio di credito;
• Tasso di interesse minimo quando una transazione beneficia di supporto
finanziario ufficiale da parte del governo. In particolare, per i Partecipanti
che erogano finanziamenti ufficialmente supportati, essi dovranno
applicare un tasso di interesse che non potrà mai essere inferiore al c.d.
Commercial Interest Referance Rate (CIRR)22. Quest’ultimo è stabilito per
ogni singolo paese partecipante all’accordo ed è aggiustato mensilmente al
fine di essere quanto più vicino possibile ai tassi di mercato.
E’ inoltre possibile osservare, in riferimento all’art.33 del “Consensus”, specifiche
regole in materia di tied aid credits23. La necessità di regolare l’utilizzo di tale
forma di credito nasce principalmente per evitare eccessive distorsioni nel
mercato. Infatti, considerando che i finanziamenti erogati sono indissolubilmente
legati a progetti che utilizzano beni e servizi del paese donatore, risulta palese
come questo possa da un lato migliorare i livelli di esportazioni del donor country
ma dall’altro creare effetti distorsivi sul mercato del paese cd. recipient proprio
perché quest’ultimo non ha possibilità di utilizzare il finanziamento per altri
progetti o essere in grado di scegliere autonomamente le risorse necessarie.
In effetti, come è possibile concludere dall’analisi effettuata dal centro studi
dell’OECD24, i tied aid credits, sono maggiormente legati a questioni politiche
piuttosto che economiche. Gli interessi geopolitici, le relazioni commerciali ed i
legami culturali sarebbero solo alcuni degli esempi delle motivazioni politiche alla
base di tali “aiuti”.
Il “Consensus” va quindi a colmare tale lacuna e stabilisce alcune regole il cui
fine sarebbe appunto quello di minimizzare gli effetti distorsivi provocati da tale
forma di aiuti finanziari.
I tied aid credits possono essere erogati dal donor country se:
22 E’ possibile osservare l’evoluzione del CIRR riferendosi a: http://www.oecd.org/trade/xcred/rates.htm 23 Tied aid credits o crediti di aiuto legato, sono “crediti concessionali” destinati a Paesi in via di sviluppo (PVS). Vengono definiti “tied” proprio perché legati al fatto che i progetti, per cui tale credito viene erogato, utilizzino prodotti e/o servizi del paese finanziatore (anche detto donor country). 24 Jepma C.J., “The Tying of Aid” (1991), OCSE, http://www.oecd.org/development/pgd/29412505.pdf
37
• Il paese, verso cui tale credito viene stanziato, rientra nella classifica dei
lower medium income countries25 stilata annualmente dalla World Bank;
• “I progetti finanziati non devono essere commercialmente viabili”26;
• “I soggetti beneficiari sono rappresentati da: stati, banche centrali o enti di
Stato in Paesi in via di sviluppo”27.
Vengono inoltre stabilite le condizioni finanziarie dei tied aid credits: “I termini e
le condizioni di tali crediti (tasso d’interesse, durata del credito, periodo di grazia)
sono connessi al livello di concessionalità attribuito al Paese in funzione del suo
reddito pro-capite. Ad esempio i Paesi con reddito pro-capite annuale “medio-
basso” (compreso tra dollari 1.036 e dollari 4.085) hanno una concessionalità
minima del 35% e massima del 60%. A titolo esemplificativo si riportano le
condizioni finanziarie corrispondenti ad una concessionalità del 60% nel 2013:
- tasso d’interesse 0,0%; periodo di rimborso 32 anni di cui 21 di grazia.”
In ultima analisi, “L’intesa sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti”
vincola i Paesi partecipanti ad un utilizzo razionale e corretto dei crediti
all’esportazione evitando fenomeni distorsivi della concorrenza e contribuendo
quindi ad uno sviluppo sostenibile e cooperativo del commercio internazionale.
1.2.2 Normativa comunitaria che regola le attività delle ECAs: la direttiva UE
98/29 sull’armonizzazione delle pratiche assicurative del credito all’esportazione
a medio e lungo termine
Come è stato già riportato in precedenza, ogni nazione appartenente all’Unione
europea (UE), ha a disposizione differenti sistemi di export credit. Le differenze 25 Per visionare l’elenco completo della classifica redatta annualmente dalla World Bank http://data.worldbank.org/about/country-and-lending-groups#Lower_middle_income 26 http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/LeggiProcedure/Strumenti/intro.html#crediti 27 http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/LeggiProcedure/Strumenti/intro.html#crediti
38
riscontrabili nei diversi sistemi in termini di premi, politiche di copertura e
caratteristiche della garanzia, “possono portare a notevoli distorsioni in materia di
concorrenza fra le imprese dell’UE”28. Con la direttiva 98/29/CE, l’Unione
Europea tenta quindi di realizzare due importanti cambiamenti:
• Eliminare o quantomeno ridurre la presenza di distorsioni della
concorrenza, generate dalla divergenza delle singole legislazioni nazionali;
• Rendere il sistema di regole armonizzato e trasparente.
Il primo capitolo della direttiva è suddivisa in quattro sezioni, dove vengono
sanciti i principi comuni che devono essere rispettati da tutti gli enti che
“forniscono direttamente o indirettamente una copertura sotto forma di
assicurazione, di garanzie o di rifinanziamento di credito all'esportazione per
conto o con il sostegno del paese UE”29
Tali principi concernono:
• Principi generali e definizioni delle caratteristiche dell’assicurazione dei
crediti all’esportazione (Sezione I);
• Ambito ed estensione della garanzia (Sezione II);
• Cause di sinistro ed esclusione della responsabilità dell’assicuratore
(Sezione III);
• Disposizioni relative all’indennizzo (Sezione IV).
Il secondo capitolo, è invece relativo ai “premi” che devono essere applicati
quando le iniziative poste in essere assumono le caratteristiche di operazioni di
assicurazione del credito all’esportazione. Nella fattispecie, la direttiva individua i
principi generali per la fissazione del premio, rifacendosi alle direttrici generali
del “Consensus”.
Il terzo capitolo, dedicato alle “politiche di copertura per paese”, stabilisce anche
gli ambiti operativi in cui “l’assicuratore” può operare, tenendo in considerazione
il cosiddetto rischio paese. Infatti la stessa direttiva, all’art.41, precisa che il
28 http://europa.eu/legislation_summaries/external_trade/l24041_it.htm 29 http://europa.eu/legislation_summaries/external_trade/l24041_it.htm
39
soggetto assicuratore, potrà alternativamente decidere di “applicare restrizioni alla
sua politica assicurativa” quando il rischio paese è elevato oppure “garantire
alcune operazioni per ragioni di politica bilaterale o di interesse nazionale”. In
questo caso tali deroghe permetterebbero una maggiore flessibilità per gli enti
assicuratori.
Il quarto capitolo infine concerne le “procedure di notifica”. Queste ultime sono
quattro ed hanno l’intenzione di creare un grado maggiore di trasparenza:
• “Notifica annuale per informazione” documento annuale in cui vengono
descritte le politiche di copertura adottate durante l’anno e quelle che
invece verranno adottate per l’anno successivo;
• “Notifica preventiva per informazione” nel caso in cui si vogliano
accordare condizioni più vantaggiose mediante una garanzia per
operazioni di debitori in Paesi in cui normalmente essa non viene
accordata;
• “Notifica ex post per informazione” si ha qualora l’assicuratore decida di
offrire condizioni meno favorevoli ovvero più favorevoli rispetto a quanto
disposto dalla direttiva;
• “Notifica per decisione” prodotta in caso di disaccordo (con altri
assicuratori) sulla natura giuridica del debitore.
1.2.3 Normativa nazionale che regola le attività delle ECAs: il decreto legislativo
143/1998
Per ciò che concerne il riferimento normativo in Italia, si fa riferimento al decreto
legislativo 143/1998 che rappresenta la legge istitutiva della export credit agency
italiana: l’Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE). Il
decreto individua quindi quelle che sono le funzioni dell’istituto italiano:
• Supporto alle esportazioni;
40
• Sostegno alle attività di internazionalizzazione delle imprese italiane, delle
controllate o delle collegate estere;
• Sostegno alle operations di interesse strategico per il paese.
Il legislatore ha deciso però di individuare le sole norme di carattere generale,
lasciando poi spazio alle delibere del Comitato Interministeriale per la
Programmazione Economica (CIPE)30, dando la possibilità di adeguare in maniera
più rapida gli strumenti a disposizione dell’ECA italiana.
Vige attualmente la delibera n. 62/2007 in cui vengono individuati e
periodicamente aggiornati i rischi assicurabili da SACE, nel “rispetto della
normativa comunitaria e nazionale”.
Inoltre, il sostegno alle attività di internazionalizzazione delle imprese italiane,
trova un fondamento normativo nella Legge 80/2005. In tale legge, vengono
individuati i requisiti affinché i finanziamenti prestati dalle banche possano
godere della garanzia di SACE:
• Si deve avere un collegamento con il processo di internazionalizzazione;
• Il prestito erogato deve essere per oltre 50% in favore di piccole e medie
imprese e restante parte in favore di società con un fatturato inferiore i 250
milioni di euro;
• Pricing effettuato a livelli di mercato.
Capitolo 2. I principali strumenti offerti dalle ECA e
loro caratteristiche tecnico-finanziarie
2.1 Credito all’esportazione e project finance
In questo capitolo verranno descritti i principali strumenti offerti dalle export
credit agencies alle imprese al fine di supportare i progetti commerciali e di
investimento all’estero. Già a partire dai primi programmi di finanziamento e
30 “Il CIPE è un organo collegiale presieduto dal Presidente del Consiglio e composto dai c.d. Ministri economici che predispone gli indirizzi della politica economica nazionale”
41
supporto del commercio internazionale, si era intuito quanto fosse necessario
doversi dotare di strumenti appropriati che evolvessero in sincronia con il mutare
dello scenario economico. Infatti, come è stato possibile osservare nel tempo, i
servizi, ed in generale tutti gli strumenti offerti, sono aumentati di numero e di
complessità. Questo è stato possibile sia considerando la letteratura in materia di
internazionalizzazione, sia considerando la crescita delle relazioni e degli scambi
di informazioni tra le stesse ECAs, che riunite all’interno della “Berne Union”31,
hanno l’obiettivo di aumentare il valore delle competenze mediante scambi di
informazioni e best practices. Come accennato in precedenza, il credito
all’esportazione si configura come strumento “facilitatore” del commercio
internazionale. Non sono pochi i casi di imprese italiane che per mezzo di tale
forma di credito sono riusciti a penetrare mercati esteri mediante condizioni di
acquisto, di beni e/o servizi, più vantaggiose rispetto a quelli della concorrenza.
Inoltre bisogna considerare che nei processi di internazionalizzazione, la
realizzazione di progetti complessi in nazioni straniere (ad esempio la costruzione
di grandi complessi infrastrutturali o nuovi impianti produttivi) pone una serie di
problematiche. Innanzitutto la natura capital intensive di molti progetti può
richiedere diverse fonti di finanziamento al fine di reperire le risorse necessarie al
pagamento dei fornitori di beni strumentali come macchinari o attrezzature.
I committenti del progetto, inoltre, dovranno confrontarsi con fornitori esteri che
siano in grado di soddisfare i requisiti e le specifiche progettuali, cercando di
ottenere le migliori condizioni contrattuali in termini di dilazione di pagamento e
tassi di interesse praticati. Il ruolo delle ECAs in tale caso risulta fondamentale sia
per venire incontro alle esigenze della committenza, sia per garantire al fornitore
la solvibilità del credito sino al completamento degli obblighi contrattuali.
Come meglio descritto nei prossimi paragrafi, le agenzie di credito
all’esportazione assicurano le dilazioni di pagamento per la «fornitura di beni
strumentali fino a un massimo dell’85% del prezzo della fornitura» (Monti 2009)
permettendo così un maggiore bilanciamento dei rischi sia per il compratore che
per il venditore, favorendo in questo modo lo sviluppo dei progetti internazionali.
31 La Berne Union è l’organismo internazionale che raggruppa 79 ECA di diverse nazioni e il cui scopo è quello di sviluppare al proprio interno argomenti e strategie per l’industria del credito all’esportazione ed assicurazione degli investimenti. Per una descrizione più dettagliata si rimanda a http://www.berneunion.org/about-the-berne-union/
42
2.1.1 Il credito acquirente
Il credito acquirente (in inglese Buyer’s Credit) è una forma di finanziamento
della durata variabile (dai 2 ai 10 anni), concessa all’acquirente estero di beni e
servizi offerti dall’imprese esportatrice. Mediante tale forma di finanziamento il
prenditore è così in grado di pagare in contanti l’esportatore e ripagare il debito in
forma dilazionata.
Tale strumento è quindi di fondamentale importanza per lo sviluppo del
commercio internazionale. Basti infatti pensare che molti esportatori non sono in
grado di sopportare dilazioni di pagamento di medio-lungo periodo.
Come è possibile osservare dallo schema del credito acquirente (Figura 15),
l’esportatore stipula un contratto commerciale con l’acquirente estero che
specifica beni e/o servizi della fornitura, prezzo, termini di pagamento ecc.
L’importatore ottiene poi un credito da un istituto finanziario che provvede ad
erogare il finanziamento necessario a pagare i beni o servizi acquisiti. L’export
credit agency del paese di origine dell’esportatore, provvede a garantire la banca
erogatrice dal rischio di default dell’acquirente. Una volta che l’esportatore
spedisce i beni o servizi, la banca erogatrice effettua il pagamento all’esportatore
così come stabilito nei termini contrattuali. L’importatore invece rimborsa il
capitale ed interessi all’istituto finanziario erogatore nei termini stabiliti nel
contratto di finanziamento fino a quando, ovviamente, il debito non risulti estinto.
43
Figura 14 : Schema del credito acquirente
Diversi sono quindi i soggetti che traggono beneficio da tale tipologia di
strumento. L’importatore trae vantaggio dall’ottenimento di migliori condizioni di
finanziamento in termini di durata, costo e tassi di interesse praticati.
L’esportatore, invece, beneficia di un immediato pagamento in contanti mediante
il finanziamento che l’acquirente riceve dalla banca. La banca altresì avrà
interesse a praticare tale tipologia di finanziamento per due principali motivi:
• La banca potrà godere di una copertura totale dei rischi a fronte della
garanzia rilasciata dalla ECA;
• La banca non dovrà accantonare capitale (come previsto dalle norme di
Basilea) proprio perché il rischio di credito e il rischio paese sono coperti
dalla garanzia dell’ECA. Ciò si traduce in una maggiore capacità della
banca di poter utilizzare le proprie risorse per ulteriori impieghi.
Il ruolo della export credit agency, è critico per il successo del meccanismo del
buyer’s credit dato che la garanzia che l’ECA rilascia all’istituto finanziario rende
tale finanziamento completamente protetto dal rischio di credito
dell’importatore/prenditore. L’ECA altresì provvede alla copertura della banca dai
rischi derivanti da fonti quali:
• Rischio paese;
• Rischio economico;
• Rischio commerciale.
Per quanto riguarda i termini e le condizioni del finanziamento, quest’ultimo così
come previsto dagli “Accordi in materia di credito all’esportazione ufficialmente
sostenuto (Consensus)” non può superare l’85% dell’importo del contratto
commerciale stipulato tra l’esportatore e l’importatore. Il restante 15% dovrà
quindi essere saldato anticipatamente dall’acquirente al venditore.
Trattandosi in ultima analisi di un finanziamento di medio/lungo termine, il
periodo utile per il rimborso potrà essere esteso fino ad 8,5 anni per i Paesi
appartenenti alla Category I (rappresentati dalle nazioni con reddito pro-capite
44
annuale pari o superiore a USD 5,345) mentre per tutti gli altri Paesi, appartenenti
in via residuale alla Category II (rappresentati dalle nazioni con reddito pro-capite
annuale inferiore a USD 5,345) tale termine di rimborso potrà essere fissato fino
ad un massimo di 10 anni32. Il tasso di interesse applicato al finanziamento, potrà
essere variabile oppure fisso:
• Nel caso di tasso variabile, al tasso di riferimento prescelto (che potrà
essere EURIBOR o LIBOR) verrà applicato uno spread con il vincolo di
un limite massimo;
• Nel caso di finanziamento a tasso fisso, invece, sarà possibile applicare il
tasso Commercial Interest Reference Rate (CIRR)33.
Il compenso dell’ECA per la garanzia all’ente finanziatore a copertura dei rischi, è
rappresentato dal premio pagato dall’importatore. Tale premio viene calcolato in
base alle regole stabilite nell’accordo cd. Consensus sottoscritto dalle maggiori
economie mondiali.
La formula per calcolare il premio risulta essere:
MPR = { [ (ai * HOR + bi) * max (PCC, PCP) / 0.95 ] * (1-LCF) + [c in * PCC /
0.95 * HOR * (1-CEF) ] }* QPFi * PCFi *BTSF34
Dove:
ai = coefficiente del rischio paese nella “country risk category” i (i = 1-7);
cin = coefficiente di rischio del compratore nella “buyer category” n (n = SOV+,
SOV/CCO, CC1-CC5) e nella “country risk category” i (i = 1-7);
bi = costante per la “country risk category” i (i = 1-7);
32 A titolo di esempio è possibile consultare il seguente documento OECD che classifica i paesi nelle predette categorie http://www.oecd.org/tad/xcred/2013-ctryclass-en-as-of-20-july-2013.pdf 33 La costruzione di tale indice viene descritta nell’art. 20 del Consensus34 Tale formula è inserita nell’ Annex VI dell’ accordo dei crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti. Il testo completo è scaricabile all’indirizzo http://www.oecd.org/officialdocuments/publicdisplaydocumentpdf/?doclanguage=en&cote=tad/pg(2014)1
45
HOR = orizzonte temporale del rischio;
PCC = percentuale di copertura del rischio commerciale (compratore);
PCP = percentuale di copertura dal rischio politico;
CEF = fattore di credit enhancements;
QPFi = qualità del fattore prodotto nella “country risk category” i (i = 1-7);
PCFi = percentuale del fattore di copertura nel “country risk category” i (i = 1-7);
BTSF = migliore del “fattore sovrano”;
LCF = fattore moneta locale.
Così come previsto dall’art. 24 dell’ ”Accordo in materia di sussidi e misure
protettive”35, la determinazione del coefficiente di rischio del pase (a i) e della
costante (bi) si ottiene dalla seguente tabella:
La determinazione del coefficiente del rischio acquirente (cin) è invece ricavata
dalla combinazione delle categorie di rischio del paese e dell’acquirente come
risulta dalle seguenti tabelle:
35 E’ possibile scaricare l’intero testo dell’accordo al seguente indirizzo: http://www.oecd.org/officialdocuments/publicdisplaydocumentpdf/?doclanguage=en&cote=tad/pg(2014)1
46
Figura 15 : Classificazione del rischio paese fonte: Arrangement on Officially Supported Export Credits OECD
Il fattore HOR (orizzonte temporale del rischio) viene calcolato come segue:
• Per profili standard di rimborso (rate con cadenza massima semestrale,
quota capitale di uguale importo, interessi decrescenti) il fattore HOR=
(durata del periodo di rimborso* 0,5)+ durata del periodo di rimborso;
• Per profili non standard di rimborso, il fattore HOR= (durata del periodo
di rimborso*0,5) + [(media ponderata della vita del rimborso – 0,25)/0,5].
Per tale fattore, l’unità di misura del tempo risulta essere l’anno.
Per quanto riguarda il fattore del valore del credit enhancement (CEF), esso sarà
pari a 0 per ogni transazione che non sia soggetta a nessun credit enhancements
del rischio associato all’acquirente mentre non dovrà superare il massimo di 0.35
per tutte le transazioni in cui siano soggette a credit enhancements del rischio
associato all’acquirente36.
36 Tale valore massimo viene stabilito nell’Annex XII del Consensus, con le dovute limitazioni descritte nell’art. 31 c)
47
Figura 16 : Country Risk Category fonte: Arrangement on Officially Supported Export Credits OECD
Figura 17 : Buyer risk category/ Country risk category fonte: Arrangement on Officially Supported Export Credits OECD
Per il calcolo del fattore QPF si utilizza la seguente tabella:
Il PCF è determinato come segue:
• Per (max(PCC, PCP) ≤ 0.95; PCF = 1);
• Per [max(PCC, PCP) > 0.95; PCF = 1 + ( ( max(PCC, PCP) - 0.95) / 0.05 )
* (percentuale del coefficiente di copertura)].
La percentuale del coefficiente di copertura viene quindi calcolata a partire dalla
seguente tabella che individua per ogni categoria di rischio paese una prestabilita
percentuale:
Figura 19 : Percentuale del coefficiente di copertura
fonte: Arrangement on Officially Supported Export Credits OECD
48
Figura 18 : Product Quality/ Country Risk Category fonte: Arrangement on Officially Supported Export Credits OECD
Quando il debitore è classificato better than sovereign (SOV+) nella buyer risk
category allora il BTSF = 0,9 altrimenti BTSF = 1.
Infine, per quanto riguarda il fattore LCF, esso non dovrà superare il valore 0,2 se
le transazioni utilizzano tecniche di mitigazione del rischio sulla moneta locale.
Per tutte le altre transazioni tale valore sarà pari a 0.
2.1.2 Il credito fornitore
Nei loro compiti istituzionali, le ECAs provvedono a fornire polizze assicurative
ai fornitori a copertura dei rischi di credito legati alle loro operazioni di
esportazione. In tal modo le aziende esportatrici possono ottenere una copertura
assicurativa fino al 100% dell’importo stabilito nel contratto di fornitura. Tale
strumento permette alle aziende fornitrici di:
• Concedere dilazioni di pagamento più lunghe agli importatori;
• Trasformare i crediti in contanti tramite la cessione della polizza
assicurativa ad una banca mediante sconto pro-soluto dei titoli di credito;
• Avere la certezza che in breve tempo si potrà essere indennizzati per
eventuali sinistri (la SACE per esempio offre 90 giorni per la costituzione
del sinistro e 30 giorni per la liquidazione dell’indennizzo).
I rischi coperti da questa polizza assicurativa, sono fondamentalmente quattro:
1. Rischio di credito;
2. Rischio di produzione;
3. Rischio di indebita escussione di fideiussione;
4. Rischio di distruzione, danneggiamento, requisizione o confisca.
Il primo punto (rischio di credito), copre i rischi derivanti da mancati o incompleti
pagamenti da parte dell’importatore. Il rischio di produzione è invece legato al
mancato recupero dei costi di produzione a causa di eventi di natura politica,
49
commerciale o per un mancato ritiro delle merci da parte dell’acquirente. Il terzo
fattore di rischio è legato alla possibilità di una indebita escussione delle
fideiussioni rilasciate nell’ambito contrattuale dall’esportatore all’importatore,
non connessa alla mancata osservanza dei termini contrattuali da parte
dell’esportatore. Infatti nell’esecuzione di un contratto, il venditore spesso deve
emettere diverse polizze fideiussorie sia in fase commerciale (bid bond37) sia in
fase contrattuale (advance payment bond, performance bond38) o di garanzia dopo
l’accettazione della commessa da parte del cliente (retention money bond o
guarantee bond39). Il quarto e ultimo fattore di rischio considerato, è legato ai
rischi di distruzione, danneggiamento, requisizione o confisca dei beni esportati.
L’importo ammesso alla copertura assicurativa è dato dal valore dei beni risultanti
alla data della spedizione.
Il costo di questa polizza viene effettuato dall’ECA sulla base di valutazioni
relative a:
• Rating del paese, le caratteristiche ed il rating del buyer e la
tempistica contrattuale;
• Termini di pagamento contrattuali;
• La policy commerciale dell’ECA e le percentuali di copertura del
rischio sovrano politico e commerciale.
Da questo è possibile individuare diversi vantaggi per l’azienda esportatrice. Dal
punto di vista commerciale e finanziario, la possibilità di assicurarsi contro i rischi
sopramenzionati permette una maggiore competitività data dalla possibilità di
concedere al cliente termini di pagamento con dilazioni più lunghe e quindi
operare con maggiore flessibilità. Con tale strumento è altresì possibile evitare di
37 Si tratta di una fideiussione rilasciata in fase commerciale in cui il potenziale venditore si impegna ad adempiere a quanto proposto se la sua offerta viene accettata dall’acquirente38 L’advance payment bond è la fideiussione rilasciata dal venditore a copertura di un eventuale anticipo ricevuto dal cliente. Il performance bond, invece, è una fideiussione che copre la corretta esecuzione di tutti i termini contrattuali previsti.39 Il retention money bond, in alcuni contratti definito anche guarantee bond, è una fideiussione rilasciata dal venditore che in modo può incassare anticipatamente, al termine del collaudo positivo, l’ammontare previsto dal cliente al termine del periodo di garanzia.
50
inserire nel bilancio crediti a medio-lungo termine data la possibilità di ottenere
presso l’istituto finanziario uno sconto pro-soluto dei suddetti crediti.
2.1.3 La polizza lavori
La polizza lavori è uno strumento assicurativo nato per tutte quelle imprese e le
loro controllate che debbono eseguire all’estero lavori civili o infrastrutturali con
installazioni in loco e i cui contratti prevedono come termini di pagamento
fatturazioni basate sui Stati di Avanzamento Lavori (SAL) o a Milestones.
Questa tipologia di assicurazione si differenzia da quelle viste in precedenza
(credito acquirente e credito fornitore) perché queste ultime si basano su una
vendita di beni e/o servizi le cui fasi di produzione si svolgono in Paesi diversi da
quello dell’importatore. Al contrario la polizza lavori si utilizza per quei progetti
che vengono per la maggior parte realizzati in loco. Le imprese possono quindi
assicurarsi con la polizza lavori, contro tutti quegli eventi legati al paese in cui
operano di natura politica o commerciale. In genere queste tipologie di vendite
sono legati a contratti che prevedono esecuzione di lavori civili, infrastrutturali
(ad esempio strade, dighe, ferrovie, raffinerie, centrali di produzione energetica
ecc.) i cui termini di pagamento sono spesso legati a SAL (fatturazioni legate ad
un periodo temporale specifico, ad esempio mensili) saldati nel breve periodo (30-
60 gg dalla data della fattura) oppure a Milestones (fatturazioni periodiche basate
sul completamento di eventi o fasi contrattuali ben dettagliate che liberano una
determinata percentuale del valore totale del progetto).
Anche in questo caso la polizza lavori è uno strumento dedicato alla protezione e
copertura dei rischi aziendali legati all’attività internazionale. La natura dei rischi
coperta da questa polizza assicurativa è molteplice. Gli eventi che possono essere
assicurati, definiti come Eventi Generatori di Sinistro (EGS) si possono
distinguere in due principali tipologie: quelli di natura politica e quelli di natura
commerciale. Gli EGS legati ad eventi politici possono essere riassunti nelle
seguenti categorie:
• Eventi di esproprio, nazionalizzazione o qualsiasi altra restrittiva da parte
del governo;
51
• Peggioramenti della situazione valutaria o fluttuazioni del tasso di cambio
della valuta del paese, per ragioni politiche o commerciali;
• Sospensione dei lavori per altri motivi legati alla sfera politica;
• Embargo decretato da altre nazioni o associazioni sovranazionali;
• Guerre, rivoluzioni, disordini civili ed eventi di forza maggiore.
Gli EGS di natura commerciale invece includono eventi di natura legati
all’acquirente quali ad esempio l’insolvenza o l’inadempimento degli obblighi di
pagamento o contrattuali. Oltre questi la polizza lavori copre anche la risoluzione
di contratti, sospensioni, revoche, mancata accettazione delle merci o dei servizi o
rifiuti ad adempiere compiuti in modo arbitrario o ingiustificato da parte
dell’acquirente.
2.1.4 Le condizioni di accettabilità per il rilascio delle polizze
Le export credit agencies prima di procedere all’emissione di uno qualsiasi degli
strumenti sopramenzionati deve necessariamente verificare e controllare le
condizioni di assicurabilità del progetto nel caso della polizza lavori oppure delle
vendite di beni e/o servizi nel caso di credito acquirente o fornitore.
Le condizioni di assicurabilità rappresentano quindi le valutazioni delle ECAs sui
rischi sostenuti per le coperture dei progetti presentati dai richiedenti.
In effetti esistono differenti configurazioni che permettono alle ECAs di valutare i
rischi. Per taluni Paesi, come ad esempio quelli appartenenti alla Category I
(reddito annuale pro-capite uguale o superiore a USD 5,345) definita dall’OECD,
di norma non sono previste condizioni particolarmente severe circa l’emissione
della copertura assicurativa. Diverso è il caso in cui, a fronte di accordi con
istituzioni internazionali (si pensi ad esempio alle condizioni definite dall’
International Monetary Fund per i programmi di prestito o ancora le direttive
OCSE in merito al sustainable lending) oppure a causa di eventi quali il perdurare
di una situazione di default, l’emissione della copertura contro i rischi può essere
compromessa. Ciascun paese, il suo sistema bancario e la qualità dell’azienda
52
importatrice (nel caso di vendita) o della committenza (nel caso di progetti), viene
valutato sulla base di criteri sviluppati da ogni ECA con dati di partenza dalle
tabelle OCSE e dalle proprie banche dati.
2.2 Protezione degli investimenti diretti all’estero: Political Risk
Insurance
Molto spesso le imprese, le multinazionali e le banche, possono affrontare un
considerevole numero di rischi quando operano sui mercati esteri. Alcuni di questi
rischi possono essere rimossi o mitigati effettuando una corretta due diligence su
tutte le parti coinvolte e sulla fattibilità economica degli investimenti ipotizzati.
Non tutti i rischi possono essere facilmente valutabili; si prenda ad esempio il
rischio di natura commerciale e quello di natura non commerciale come il rischio
politico o quello legato alla situazione generale del paese.
Le ECAs forniscono anche in questo caso supporto alle aziende che intendono
investire in Paesi stranieri tramite strumenti assicurativi a protezione dei rischi da
loro sostenuti. Gli investimenti all’estero realizzati con apporti di capitale possono
essere destinati a:
• Costituzione di nuove imprese all’estero;
• Rafforzamento di consociate mediante nuovi apporti di capitale;
• Partecipazioni in società già costituite anche in seguito a processi
di privatizzazione di enti pubblici.
Il conferimento di capitale può avvenire sia mediante liquidità che attraverso beni
strumentali, tecnologie o licenze di brevetti. Le polizze assicurative rilasciate dalle
ECAs, meglio conosciute con il nome di Political Risk Insurance (PRI) possono
coprire i rischi di natura politica cui sono soggetti gli Investimenti Diretti
53
all’Estero (IDE). Questo tipo di polizza può coprire anche i prestiti dei soci (detti
shareholder loans40) e le garanzie del socio41.
I rischi normalmente coperti da tale polizza assicurativa riguardano
principalmente:
• Atti espropriativi diretti ed indiretti;
• Restrizioni valutarie;
• Guerra e disordini civili;
• Breach of contract42.
Ovviamente ognuno dei rischi sopramenzionati può causare perdite all’investitore
che ha tutto l’interesse a ridurre al minimo ogni fonte di rischio.
Le perdite che possono colpire gli investimenti sono legate principalmente ai
diritti di partecipazione alla impresa estera, la perdita della proprietà o la
disponibilità di beni, dividendi, profitti, etc, oppure, in casi estremi, l’impossibilità
per l’impresa estera di operare. Le coperture offerte dal PRI permettono dunque di
ricevere un indennizzo ogni qual volta le fonti di rischio già menzionate
provocano danni agli investimenti effettuati dall’assicurato.
Per ciò che riguarda la copertura degli shareholder loans, l’indennizzo
riguarderebbe solo il capitale e gli interessi che gli azionisti vanterebbero nei
confronti della loro società e non ancora rimborsati. La SACE, ad esempio,
individua l’ammontare dell’indennizzo rispetto alle perdite generate da ogni
singolo rischio.
Il rimborso si avrà in presenza di eventi quali:
1. Atti espropriativi diretti ed indiretti – In caso di perdita della
partecipazione, dell’impossibilità dell’impresa di operare o della perdita
dei diritti derivanti dalla partecipazione in una società estera, l’indennizzo
40 Gli shareholders loans sono prestiti da parte degli azionisti alla propria società estera. Tale forma di finanziamento viene fatta rientrare nella categoria di junior debt del portafolio debiti della società ed in quanto tale ha la più bassa priorità di rimborso. 41 Le garanzie del socio sono fidejussioni rilasciate dall’azionista a sostegno di finanziamenti concessi alla società estera da parte di terzi 42 Si fa riferimento all’inadempimento di qualsiasi termine o clausola individuata nel contratto.
54
viene calcolato tenendo conto del valore della partecipazione nel bilancio
dell’assicurato;
2. Restrizioni valutarie – Nel caso di impossibilità di conversione o di
trasferimento delle somme depositate presso istituti finanziari del paese di
riferimento, l’indennizzo può arrivare a coprire la totalità dell’importo;
3. Guerre e disordini civili – Nel caso di distruzioni dovute a guerre o
disordini civili che colpiscano i beni della società estera o influenzino la
sua capacità produttiva od operativa, l’indennizzo è calcolato come segue:
• Per i beni materiali è il minore tra il book value del bene ed il
suo market value; se il bene è stato riparato verranno
esclusivamente rimborsati i soli costi di ripristino;
• In caso di impossibilità ad operare in condizioni di normalità,
ovvero in presenza di situazioni che non permettano l’ottimale
operatività dell’impresa quali guerre o disordini civili,
l’indennizzo viene calcolato in base al valore del patrimonio
netto della società come rilevato precedentemente alla
manifestazione di dette situazioni;
4. Breach of Contract – Se la controparte è un ente pubblico o sovrano, ed il
danno deriva da una violazione di un contratto di fornitura o di acquisto,
l’assicurato potrà avere diritto ad un indennizzo pari al valore del danno
provocato dalla violazione contrattuale.
2.3 Le garanzie finanziarie
Come ampiamente descritto nei capitoli precedenti, il compito istituzionale di
ogni ECA è quello di sostenere l’export della propria nazione, mediante delle
semplificazioni e facilitazioni nelle pratiche commerciali offerte dagli esportatori
ai clienti di altre nazioni. Questo supporto offerto alle aziende si basa su un
principio molto semplice: coprire con la maggiore estensione possibile i rischi di
un esportatore che possano verificarsi su un determinato mercato estero. Il
principale rischio che una qualsiasi azienda teme è quello naturalmente di non
55
essere pagati dopo la consegna della merce. A questo, ed a molti altri rischi, le
ECA fanno fronte con una serie di prodotti di natura assicurativa che rendono
molto più semplice per un azienda lavorare in altri Paesi. In questo paragrafo
analizzeremo il ruolo fondamentale che le garanzie finanziarie offerte dalle ECAs
ricoprono nelle coperture dei rischi sostenuti dalle imprese. Si tenga presente che
tali garanzie sono in genere fornite a “prima richiesta”, di genere “irrevocabile” ed
“autonome”: a prima richiesta vuol dire che la ECA è tenuta a corrispondere al
beneficiario della polizza che ne fa richiesta a corrispondere il relativo importo,
senza nessuna obiezione o rifiuto ad ottemperare al pagamento. Il termine
irrevocabile significa che la ECA non può recedere unilateralmente dalla garanzia
data, mentre autonoma vuole dire che la garanzia stipulata non dipende dal
contratto di finanziamento sulla base del quale è stata concessa.
2.3.1 Le garanzie per l’internazionalizzazione delle imprese
Quando un’azienda opera ha bisogno di essere finanziata per le sue operazioni
correnti ed in genere l’ente finanziario che presta denaro all’azienda è una banca,
alla quale l’azienda prevede di saldare il debito con i pagamenti che riceverà dal
cliente. Ma se quest’ultimo non è in condizioni di versare quanto pattuito,
l’azienda si espone nella situazione debitoria nei confronti della banca, con ovvie
ripercussioni sulla sua tenuta operativa. Questa situazione, quando l’azienda opera
su mercati internazionali, può presentare, a seconda del paese e della sua
condizione, maggiori complicazioni dovute al diverso contesto. Si pensi ad
esempio solo alle diversità del sistema legale, di quello normativo o addirittura
delle semplici consuetudini commerciali che possono notevolmente variare da
paese a paese. Per venire incontro alle esigenze delle aziende esportatrici, le ECAs
offrono pertanto coperture assicurative sui crediti che queste vantano nei confronti
dei loro clienti stranieri. Una banca che pertanto finanzia una determinata impresa
operante in campo internazionale ed in possesso di una polizza di una ECA, potrà,
nel caso la società importatrice non dovesse ottemperare ai suoi obblighi
contrattuali di pagamento, chiedere alla ECA di corrispondere l’importo garantito.
56
La garanzia finanziaria dell’ECA diventa pertanto uno strumento che permette
alla banca di vedere alleviato il rischio derivante da un mancato pagamento di
qualche cliente straniero ad una sua azienda debitrice impegnata in attività di
internazionalizzazione. Le garanzie offerte dalle ECAs servono per l’appunto a
favorire tali attività, tese ad incrementare o rafforzare il posizionamento
commerciale delle imprese nazionali su altri mercati. Queste attività non sono solo
connesse a semplice vendite di beni o di servizi, ma possono riguardare anche
l’acquisto di società locali o la creazione di joint venture con partner o la
creazione di un nuovo stabilimento produttivo nella nazione in cui si opera.
2.3.2 Le garanzie per settori strategici
Le garanzie offerte dalle ECAs non riguardano solo aspetti puramente
commerciali o destinati alla copertura del rischio finanziario delle aziende
esportatrici. In realtà esse perseguono, attraverso la loro missione istituzionale di
sostenere l’export della propria nazione, anche fini strategici di natura politica,
volti ad aumentare la competitività globale del sistema nazionale. Le
considerazioni di tipo strategico possono essere di diversa valutazione a seconda
del paese interessato. Ad esempio, per l’Italia, nazione notoriamente povera di
materie prime e di fonte energetiche in generale, ma tra le prime al mondo come
numero e produzione di industrie manifatturiere e di trasformazione43, le attività di
una ECA come la SACE, direttamente riconducibili a considerazioni di tipo
strategico possono essere così raggruppate:
• Approvvigionamento di materie prime, comprese quelle energetiche, con
attività di copertura a garanzia su finanziamenti legati all’acquisto
all’estero di materie prime necessarie a processi di trasformazione in
prodotti finiti e destinati all’esportazione o a rendere più efficienti i cicli
43 L’Italia rappresenta il nono paese al mondo in termini di valore della produzione industriale, come riportato dal CIA “World Factbook” consultabile all’indirizzo: https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/it.html
57
produttivi delle società italiane, con un conseguente miglioramento per la
competitività del “Sistema Italia”;
• Garanzie su finanziamenti connessi alla costruzione di infrastrutture
destinate ad aumentare l’efficienza del “Sistema Italia” (si pensi alla
costruzione ad opera dell’ENI dei lunghissimi sistemi di pipelines destinati
al trasporto di gas e di petrolio da nazioni come la Russia o l’Algeria
necessari all’ approvvigionamento nazionale italiano);
• Garanzie su finanziamenti connessi a progetti di interesse strategico per
l’Italia, come ad esempio la realizzazione da parte dell’ENEL di progetti
per energie rinnovabili come ad esempio parchi fotovoltaici o parchi
eolici;
• Garanzie su finanziamenti forniti da banche italiane a loro analoghe estere
per favorire l’interscambio commerciale tra le rispettive nazioni.
2.4 Assicurazione del Credito
L’assicurazione del credito è un tipico strumento con il quale le imprese riescono
a coprire i loro ricavi dal rischio di mancato pagamento di fatture per lavori o
consegne di merce o servizi effettuate al loro buyer. L’utilizzo più frequente di
tale forma assicurativa riguarda le vendite con pagamenti dilazionati.
Naturalmente più è ampia la dilazione temporale, maggiore è l’orizzonte del
rischio di natura commerciale e politico sostenuto dall’impresa nell’ambito delle
sue operazioni estere.
Il rischio commerciale riguarda:
• Insolvenza di diritto, in presenza di procedure concorsuali;
• Insolvenza di fatto, quando risulta impossibile assoggettare beni a
sequestro;
• Inadempimento del cliente, a fronte di mancati pagamenti alle scadenza
concordate nei termini contrattuali.
58
Mentre il rischio politico, come già analizzato nei paragrafi precedenti,
riguarderebbe il rischio associato al mancato pagamento da parte del debitore per
cause non imputabili a quest’ultimo, ma bensì attribuibili ad eventi legati al paese
(nazionalizzazioni, embarghi, guerre, etc).
Come è possibile intuire, questa forma di assicurazione si configura esattamente
come uno strumento gestionale del credito, che permette di beneficiare di effetti
positivi in termini di minore rischio sostenuto dall’impresa, maggiore
informazioni sullo stato del rating della controparte e possibilità di sfruttare i
diritti associati alla polizza mediante la sua cessione a terzi, come ad esempio
istituti di credito, al fine di ottenere migliori condizioni finanziarie per l’accesso al
credito, come ad esempio sconti od anticipazioni sulle fatture.
Tra le diverse forme di assicurazione del credito, quelle più utilizzate riguardano
le assicurazioni di credito vantati nei confronti di un numero definito di clienti
oppure garantendo la copertura alla totalità del proprio fatturato dilazionato.
L’utilizzo dell’una o dell’altra forma assicurativa dipendono dalle caratteristiche
specifiche dell’azienda. Nel caso di una società che abbia transazioni ripetute
verso un numero ben definito di nazioni, in ragione della sua operatività in tali
mercati, e che rappresenti una percentuale di minore importanza sul totale del
proprio fatturato, avrebbe convenienza a stipulare una polizza che copra dai rischi
di credito e politico esclusivamente per quella quota di fatturato.
Viceversa, un’azienda che presenti un peso notevole del proprio export riferito al
fatturato totale, avrebbe convenienza a stipulare una polizza che copra dai rischi
politici e commerciali l’intero fatturato dilazionato sia all’estero che nel paese di
origine.
Lo schema che viene così a configurarsi, riguarderebbe tre soggetti coinvolti:
l’assicurato che da un lato, attraverso la fornitura di beni o servizi ad un altro
soggetto (l’azienda debitrice), genera dei crediti con durata relativa alla dilazione
concessa e dall’altro stipula una polizza assicurativa sui crediti generati, con la
export credit agency presente sul suo territorio.
59
Come già detto, nel caso di mancato pagamento da parte della controparte
debitrice, l’impresa esportatrice verrà indennizzata da parte dell’ECA.
2.5 Cauzioni e rischi
Qualsiasi progetto, esecuzione di lavori o vendita di beni e servizi da realizzare,
deve essere strutturato in modo da bilanciare i rischi delle due o più parti in causa.
Da un lato c’è l’esigenza per il compratore di assicurarsi una corretta esecuzione
dell’opera o della vendita secondo le proprie specifiche e richieste, dall’altra
l’esigenza del fornitore di essere compensato per il lavoro eseguito dal
bilanciamento di queste due esigenze nasce la struttura contrattuale che opera e
gestisce l’accordo. In tale struttura, al fine di coprire i rischi della parte acquirente
che di quella venditrice, nasce una insieme di diverse tipologie cauzionali (in
inglese surety bond) che analizzeremo più approfonditamente nei prossimi
paragrafi.
Le cauzioni o surety bonds rappresentano impegni (per la maggior parte
incondizionati) di pagamento da parte del venditore (seller o contractor) o chi per
lui si assuma tale obbligo (garante o surety) nei confronti dell’acquirente
(beneficiario) in situazioni di inadempienza contrattuale. Con l’evolversi dello
scenario economico e lo sviluppo sempre più sostenuto di transazioni commerciali
60
Figura 20 : Assicurazione del credito
e di progetti su scala internazionale e nazionale, si è arrivati ad una struttura
generalmente accettata in tutto il mondo di surety bonds. Le export credit
agencies, nella loro mission di sostenere e promuovere le aziende domestiche
all’estero, assumono un peso determinante nel garantire che tale struttura
cauzionale sia efficacemente implementata. Infatti queste ultime assumono,
quando richiesto (ed ovviamente quando tale incarico viene accettato dall’ECA),
la veste di garante dell’impresa domestica impegnata nel progetto o nella vendita.
Nella loro operatività, le ECA possono intervenire a supporto delle imprese
domestiche:
• Attraverso emissione diretta di surety bonds;
• Prestando apposita controgaranzia alle banche che emettono bond contro
l’inadempimento del contractor;
• Prestando apposita controgaranzia o riassicurazione a favore delle
compagnie assicurative estere, le quali emettono surety bonds.
Nel caso della garanzia diretta, un’ECA può emettere il bond a protezione della
committenza estera. Lo schema che viene a configurarsi vede come richiedente
l’impresa domestica, controparte dell’azienda estera in forniture o prestazioni
d’opera, l’ECA che emette il bond ed indennizza il richiedente nel caso di
inadempimento del venditore, ed il compratore, che vede coperti i suoi rischi
legati alla ricezione di quanto richiesto.
Nel secondo caso (controgaranzia alla banca), la ECA interviene a copertura della
banca che ha erogato la garanzia alla parte acquirente, su richiesta del venditore.
Detta copertura riguarda solo una parte del rischio, in genere non superiore al
70%, per cui la banca vede ridotta la propria esposizione.
Nell’ultimo caso lo schema prevede un quarto soggetto, denominato Surety,
compagnie assicurative locali, che emettono apposite garanzie a favore del
beneficiario. La peculiarità di queste compagnie è quella non solo di porsi come
garante, ma, in alcuni Paesi come ad esempio gli USA, in caso di inadempienza da
parte del richiedente, si impegnano in modo diretto al completamento del
contratto. L’ECA, in questo caso, interviene riassicurando o controgarantendo i
61
bond emessi dai Surety, con una copertura massima del rischio che può arrivare al
100% dell’importo.
Vediamo adesso quali sono le caratteristiche delle principali garanzie che possono
essere richieste in un tipico accordo contrattuale tra un venditore, in seguito
denominato anche contractor ed un acquirente.
2.5.1 Il Bid Bond
Lo scopo dei bid bond è quello di assicurare il committente dalla mancata
accettazione dell’incarico da parte del cosiddetto contractor. Quando viene
emesso, il garante assicura che il contractor non solo accetterà l’incarico e si
costituirà come parte del contratto44 ma offrirà ogni altra tipologia di bond
richiesta all’interno dell’arco temporale richiesto dalle specifiche concordate. Se il
contractor non accetta l’incarico senza un valida e giustificato motivo legale, lo
stesso e il garante (surety) saranno ritenuti responsabili per una somma calcolata
come percentuale sul valore del contratto. Questo permetterebbe al committente di
avere delle risorse monetarie indispensabili per poter sostenere il costo necessario
a trovare un nuovo offerente qualificato e poter essere indennizzato per i ritardi
sul progetto causati della mancata accettazione della commessa da parte del
contractor. Nella maggior parte dei casi il bid bond può variare tra il 5 ed il 10%
dell’importo totale contrattuale. C’è un ulteriore forma di bid bond, meno
frequente, definita “actual damages”, dove il contractor concorda il risarcimento
alla committenza di tutti i costi ed i danni che possono risultare come conseguenza
della rinuncia del contractor a firmare il contratto e rilasciare gli altri bonds. La
natura abbastanza aleatoria di questo tipo di bond lo rende non molto diffuso, dato
che la sua applicazione può condurre a dispute legali molto lunghe e complesse,
dispute che inevitabilmente sorgerebbero dal calcolo (che deve essere concordato
tra le parti) degli “actual damages”, ovvero i danni subiti dal cliente.
2.5.2 L’ Advance Payment Bond44 Il bid bond è infatti una forma cauzionale precontrattuale; è molto utilizzato soprattutto nel caso di gare pubbliche, per evitare che i contractors possano offrire dei prezzi molto bassi, falsando così la gara, per poi rinunciare a firmare il contratto.
62
Una volta firmato il contratto, e quindi rilasciato il bid bond, in genere si concorda
tra il contractor e la committenza il pagamento di un anticipo, che consente al
venditore di cominciare i lavori necessari alla preparazione del progetto, come ad
esempio l’ingegneria o l’acquisto di materie prime o semilavorati da trasformare
in prodotti finiti. L’anticipo viene altresì visto dal contractor come un impegno
concreto del cliente nella realizzazione del progetto, oltre che un aiuto nel
miglioramento dei cash flows di commessa. L’anticipo in realtà non corrisponde a
nessuna effettiva prestazione del contractor, per cui il committente richiede allo
stesso, nella maggior parte dei casi, una garanzia, definita appunto “advance
payment bond” a copertura della totalità della somma anticipata per garantirne la
restituzione in caso di inadempienza del contractor. Se non definita nel contratto
in modo diverso, la restituzione di questo bond avviene in genere alla consegna
della merce, ovvero all’accettazione provvisoria dopo il collaudo, in concomitanza
con l’ultimo pagamento effettuato dalla committenza. L’ammontare di questa
garanzia, legata all’anticipo ricevuto, è in genere variabile tra il 5 ed il 30% del
valore totale contrattuale.
2.5.2 Il Performance Bond
Il Performance bond è quella cauzione che viene rilasciata nella fase iniziale del
contratto (in molti casi dopo pochi giorni dalla firma del contratto), dove il
contractor garantisce al cliente le proprie prestazioni contrattuali, da effettuarsi
naturalmente in completa rispondenza con tutti gli accordi sottoscritti tra le parti,
nei tempi stabiliti. Se il contractor non dovesse eseguire il contratto secondo gli
accordi (per proprie colpe tecniche, produttive o gestionali, ma anche a causa di
eventi quali l’insolvenza e la bancarotta dello stesso), la committenza avrebbe la
possibilità di dichiarare il “default” dello stesso, ed escutere il Performance bond,
in genere emesso a prima richiesta ed incondizionato, a compenso delle perdite a
63
cui inevitabilmente andrebbe incontro per la ripresa, con un altro contractor, del
progetto dal punto in cui si era fermato. Ordinariamente il Performance Bond
copre anche le obbligazioni del contractor nei riguardi dei suoi fornitori o
subcontrattisti o delle sue maestranze. Ad esempio, in un progetto dove il
contractor non paghi i suoi fornitori, o non corrisponda ai suoi dipendenti il
salario, la committenza potrebbe essere chiamata a rispondere direttamente di
questi pagamenti. Nel caso di insolvenza o addirittura di fallimento del
contractor, la garanzia offerta dal Performance Bond può alleviare le perdite del
cliente dovuta a queste obbligazioni non soddisfatte dal contractor. In questo
ultimo caso, in alcuni Paesi come ad esempio gli USA, viene richiesto un altro
tipo di garanzia, denominato “Payment Bond” che copre per l’appunto i rischi del
cliente generati da mancati pagamenti del contractor verso terze parti coinvolte
nell’esecuzione del progetto. Nelle altre nazioni, questo tipo di rischio è invece
coperto dal Performance Bond.
Questa tipo di garanzia vale in genere dal 10 al 20% dell’importo totale
contrattuale.
2.5.3 Il Guarantee o Maintenance Bond
Al termine delle prestazioni contrattuali, in genere si procede ad una verifica o
collaudo effettuato in forma congiunta dal contractor e dalla committenza che
tutte le condizioni o specifiche progettuali concordate sono state raggiunte e
soddisfatte. Questa verifica, definita anche “accettazione provvisoria”, consente in
genere al contractor di ottenere, oltre ad un pagamento prestabilito per questo
milestone, la restituzione delle polizze relative all’Advance Payment Bond ed al
Performance Bond. Da questo momento in avanti, l’unica prestazione richiesta al
contractor è quella di soddisfare le condizioni di garanzia stabilite dai termini
contrattuali nel periodo stabilito, in genere variabile da 1 a più anni. A garanzia di
queste obbligazioni, viene richiesta una polizza, definita in alcuni casi come
“Guarantee Bond” mentre in altri come “Maintenance Bond” per la copertura di
eventuali rischi di inadempimento da parte del contractor. La durata di questo
bond è valida per tutto il periodo di garanzia, ed il suo rilascio avviene alla
64
scadenza dello stesso. L’ammontare tipico di questa forma di garanzia è in genere
pari al 10% del valore totale contrattuale.
2.5.4 Il Money Retention Bond
Il Money Retention Bond è una copertura cauzionale della committenza contro i
rischi legati all’inadempienza del contractor a fronte del pagamento di somme a
valere del contratto o ritenute, che possono essere rilasciate solo all’accettazione
definitiva del progetto (atto formale che in genere avviene al termine del periodo
concordato di garanzia e che sancisce la fine delle obbligazioni contrattuali).
L’ammontare di questa garanzia, si attesta in genere attorno al 10% del valore
totale contrattuale.
2.6 Il Factoring
Il factoring può essere definito come una transazione finanziaria con cui un
soggetto cede i crediti da esso generato nell’ambito della sua attività
imprenditoriale ad un altro soggetto denominato Factor che, praticando una
commissione calcolata come percentuale sul valore nominale del credito ceduto, si
impegna a svolgere una serie di attività45, altrimenti di competenza del cedente,
pagando in maniera anticipata allo stesso cedente i crediti ceduti. La sua origine
viene fatta risalire ad un periodo a cavallo tra il XV ed il XIV secolo, quando
furono fondate le prime colonie in America da parte degli Inglesi.
In tale periodo storico nacquero le figure dei Factor. Questi ultimi erano coloro
che, dietro pagamento di una commission, acquistavano e successivamente
vendevano le merci. In taluni casi questi soggetti, che si configuravano come veri
e propri rappresentanti delle imprese, anticipavano ai mandatari i proventi della
vendita offrendone garanzie sui pagamenti.
Oggigiorno, l’utilizzo di questa forma di gestione del credito è utilizzato in molti
settori. In un tipico accordo di factoring, il produttore vende beni e/o servizi e di
conseguenza genera un credito. Il Factor (in questo caso rappresentato dalla
45 Tali attività possono riguardare la contabilizzazione, la gestione, la riscossione dei crediti ceduti e garantire il credito dall’inadempimento dei debitori
65
ECA), acquista il diritto di incassare tale credito e compensa il venditore pagando
il valore nominale di tale credito, decurtato di una determinata percentuale
(tipicamente individuata tra il 2 ed il 6 percento). L’utilizzo di tale forma di
gestione del credito, che risulterebbe una forma non bancaria di finanziamento,
nasce dal bisogno da parte delle imprese di rendere liquidi i crediti generati dalla
loro operatività, e non immediatamente incassabili a causa della dilazione dei
pagamenti ed dei ritardi connessi. Come riportato da uno studio di Intrum
Justitia46, i ritardi dei pagamenti e le sofferenze sui crediti registrate nel 2013 tra le
imprese, hanno raggiunto livelli non sostenibili pari a circa il 3% di tutte le
transazioni effettuate nell’area Euro pari a circa 350 miliardi di Euro. Gli effetti
negativi dei ritardi e delle sofferenze sui crediti impattano sui livelli
occupazionali, sulle capacità di ricerca e sviluppo, sugli investimenti ed in taluni
casi sulla stessa sopravvivenza dell’impresa.
Figura 21 : Percentuale di perdite registrate sui crediti per settore (EUROPA)fonte: EPI 2013 Industry white paper
Nello stesso EPI 2013 Industry white paper, viene posto l’accento sull’importanza
di una corretta gestione dei crediti calcolando l’entità dei costi generati da una
perdita sui crediti. Dalla Figura 23 è possibile osservare come a seconda del
livello dei margini di profitto si generino diverse configurazioni di costo in
riferimento alle sofferenze registrate sui crediti. Ad esempio, per una perdita
registrata di 10.000 € e con un margine di profitto del 5%, l’impresa per
46 La Intrum Justitia è una società europea di recupero crediti. Lo studio a cui si fa riferimento è il white paper “EPI 2013 Industry” visionabile al link http://www.intrum.com/Press-and-publications/European-Payment-Index/
66
compensare tale costo dovrebbe assicurarsi in termini di vendite extra un valore
pari a 200.000 €.
Figura 22 : Effetto delle perdite sui crediti fonte: EPI 2013 Industry white paper
Questo problematica non riguarda esclusivamente ritardi e perdite sui crediti tra
imprese. Si prenda ad esempio il caso dell’Italia, dove il ritardo nei pagamenti da
parte della Pubblica Amministrazione47 è un fenomeno frequente e preoccupante a
cui si sta cercando di porre rimedio con una serie di interventi legislativi48. Il
ritardo nei pagamenti che in un paese si registra nelle PA e negli enti statali può
essere ricondotto alle seguenti cause:
• Inefficienza dell’amministrazione con tempi eccessivamente lunghi nella
registrazioni delle fatture;
• Vincoli normativi (per il caso Italia si veda ad esempio il patto di
stabilità);
• Assunzione di impegni governativi privi di adeguata copertura finanziaria.
Questa forma di inefficienza genera effetti negativi sia a carico delle imprese
operanti sul mercato che per la Pubblica Amministrazione del paese. Infatti le
imprese dovranno affrontare un maggiore livello di indebitamento, maggiori oneri
finanziari ed in genere hanno una minore capacità di offerta. La PA, dal canto suo,
registrerebbe un maggior costo causato dal ritardo nei pagamenti. Esistono quindi
margini di miglioramento e di efficientamento del sistema. Con il factoring,
47 Si consideri che solo in Italia, il contributo della PA al PIL è pari a quasi il 20% di quest’ultimo mentre il valore delle forniture di beni e servizi acquistati dalla PA ammonta a circa 140 miliardi di euro. Dai dati forniti dall’ European Payment Index 2009, l’Italia insieme a Spagna e Grecia rappresentano a livello europeo i peggiori Paesi in termini di ritardi di pagamento.48 Si fa riferimento al Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66. Per visionare l’intero testo: http://www.promopa.it/images/normativa/dl_66_2014_legge_89_2014_cuneo_fiscale.pdf
67
infatti, si avrebbe una maggiore certezza nei pagamenti e nella loro data di
accredito.
Il factoring è una soluzione per rendere liquidi i crediti nel breve termine e si
configura in maniera diversa a seconda del tipo di factoring a cui facciamo
riferimento. Abbiamo quindi due forme di factoring: il factoring pro solvendo ed
il factoring pro soluto. In entrambe le forme esso potrà avere ad oggetto crediti
vantati verso imprese o altri soggetti come ad esempio PA residenti nel medesimo
territorio del produttore oppure in Paesi esteri. Per quest’ultimo caso, un utile
strumento per le imprese esportatrici è costituito dal c.d. export factoring.
Vediamo adesso in dettaglio la differenza tra le due forme di factoring: il
factoring pro solvendo è una forma di factoring con cui il soggetto cedente
consegna la totalità o una parte dei crediti da esso generato al Factor, e si
differenzia dalle altre configurazioni di factoring, perchè il rischio di un eventuale
inadempimento totale o parziale del debitore rimane in capo al soggetto cedente.
Quest’ultimo potrà quindi vedere monetizzato parte del valore facciale del credito
vantato nei confronti del debitore ma rimarrà comunque l’unico responsabile nel
caso in cui questo non tenga fede ai suoi impegni di pagamento. Così facendo il
cedente è a tutti gli effetti l’unico garante dell’esistenza del credito e della sua
esigibilità e nel caso in cui il debitore risulti inadempiente, sarà obbligato a
restituire la totalità delle somme anticipate dal Factor.
Il factoring pro soluto invece prevede che il soggetto cedente nel trasferire parte o
la totalità del credito al Factor, a differenza della formula pro solvendo,
trasferisce a quest’ultimo anche i rischi collegati all’eventuale inadempimento,
parziale o totale, del debitore ceduto. Nella formula pro soluto infatti, si configura
una mutazione del rapporto di obbligazioni contrattuali, per cui il Factor subentra
a completa sostituzione del cedente, con quest’ultimo che non dovrà più
rispondere di un’eventuale inadempienza del debitore. I vantaggi collegati alla
formula pro soluto risultano abbastanza evidenti. Innanzitutto l’impresa potrà
facilmente trasformare il credito ceduto in liquidità; beneficiare di un minor grado
di rischio di inadempienza dato il totale trasferimento di quest’ultimo al Factor;
poter stabilire con l’ECA l’assenza di notifica al debitore dell’avvenuta cessione
68
così da non minare la fiducia tra l’impresa creditrice e quella debitrice per le
eventuali future transazioni.
Le sopracitate configurazioni di factoring nella forma pro soluto e pro solvendo
permettono di comprendere meglio il ruolo centrale che il contratto di export
factoring può assumere nel consentire all’impresa di operare in condizioni più
agevoli.
Come vedremo nel capitolo successivo, non sono poche le export credit agencies
che offrono tale tipologia di strumento.
L’export factoring, similmente a quanto visto con le altre forme di factoring, può
essere definito come il contratto con cui un soggetto esportatore cede ad un
Factor i propri crediti, generati nell’ambito della propria attività su mercati esteri,
in cambio di un anticipo sui pagamenti futuri derivanti dalla conversione del
credito in liquidità. Normalmente la formula applicata è quella pro solvendo ma a
volte può anche essere applicata la formula pro soluto. In questo ultimo caso,
come già espresso in precedenza, il cedente esportatore verrà liberato da
qualunque rischio di inadempienza da parte del debitore. Ovviamente l’impresa
avrà tutto l’interesse ad stipulare tale tipologia di contratto quando:
• Esiste un certo grado di incertezza sullo standing creditizio della
controparte estera;
• La controparte estera risiede in un paese con un grado di rischio tale da
rendere plausibile l’ipotesi di inadempienza per cause non imputabili
direttamente alla controparte debitrice.
Queste potrebbero essere solo alcune delle motivazioni che spingono le imprese
esportatrici ad utilizzare tale forma di gestione del credito. Dovremmo perciò
sottolineare che molte volte, le motivazioni alla base dell’utilizzo di tale
strumento riguardano soprattutto:
• La possibilità di semplificare la gestione del credito;
• Ottenere una maggiore liquidità e, nel caso del pro soluto, una completa
eliminazione del rischio;
69
• Avere maggiore competitività nei mercati.
Da sottolineare che in contratto di export credit con la formula pro soluto è
difficilmente riscontrabile nei mercati dei Paesi sviluppati, per il basso rischio che
questi presentano e per, di contro, l’alto costo delle operazioni di factoring.
Quest’ultimo è in effetti il grande limite dell’export factoring: i costi di questo
genere di operazioni sono in genere quasi il doppio di quelli relativi ad una
normale assicurazione sul credito e pertanto potrebbero risultare proibitivi per
esportatori operanti in segmenti di mercato con margini commerciali molto ridotti.
2.7 Strumenti di finanza agevolata come ulteriore fonte di supporto
all’internazionalizzazione
Le ECAs non sono il solo strumento a disposizione dei governi nazionali per
favorire l’internazionalizzazione delle imprese domestiche. In generale, ogni
paese può infatti dotarsi di un sistema di politiche atte a supportare il tessuto
produttivo interno e a favorirne le politiche commerciali nei confronti dell’estero
con strumenti finanziari agevolativi. Per esaminare più in dettaglio in cosa
consistono gli strumenti di finanza agevolata nel campo dell’export e le loro
caratteristiche, prenderemo naturalmente come esempio il caso dell’Italia.
In termini generali, la finanza agevolata è quell’insieme di provvedimenti o
politiche che generano fonti di finanziamento per le imprese a condizioni
particolari e vantaggiose rispetto a quelle di mercato, utilizzando strumenti
finanziari, sostenuti con fondi di provenienza nazionale o comunitaria, di natura
perlopiù pubblica, che i governi o le autorità mettono a disposizione delle aziende.
Questi fondi sono dotazioni stanziate dalle autorità nell’ambito di politiche di
sviluppo per esempio a supporto di particolari settori economici ritenuti di
interesse strategico per il paese, oppure per eliminare squilibri di natura
commerciale in particolari attività, o per favorire l’occupazione. Per un
imprenditore, il ricorso a tali forme di finanza agevolata è spesso una apprezzata
integrazione con gli altri strumenti tradizionali del credito, che può addirittura
agevolarlo nell’accesso ai tipici canali di finanziamento per il completamento dei
70
suoi investimenti. I finanziamenti ottenibili con queste forme, infatti, possono
essere a tasso agevolato, con tassi molto al di sotto dei valori di mercato e che in
alcuni casi possono essere a “tasso zero”, o a fondo perduto, che in genere sono
messi a disposizione in casi molto particolari (ad esempio, per favorire
l’innovazione e lo sviluppo di nuove tecnologie o incentivare misure di carattere
ambientale).
In entrambi i casi, per l’ottenimento del finanziamento, è richiesto all’azienda di
sostenere, per tutta la durata dell’intervento, un piano ben preciso di investimenti
e/o di milestone che la stessa deve essere in grado di mantenere, anche se
parzialmente, in modo autonomo tramite una quota parte di cofinanziamento o
l’anticipo di parte dei costi da sostenere.
La finanza agevolata può essere quindi vista come un “integratore” alle normali
attività finanziare dell’azienda; nel caso specifico dell’internazionalizzazione, si
riporta di seguito in Figura 22 alcuni esempi di finanziamenti agevolati,
predisposti nell’anno 2010 per particolari misure legate all’export.
Figura 23 : Esempi di strumenti di finanza agevolata per l’internazionalizzazione in Italia fonte: SIMEST
Oltre a queste forme di finanziamento agevolato legato a particolari misure, esiste
in Italia una società governativa, la SIMEST, che gestisce per conto delle Autorità
71
italiane una ulteriore serie di finanziamenti agevolati destinati ad incentivare
l'attività all'estero delle aziende italiane.
Questi strumenti coprono il settore dei crediti all'esportazione di beni strumentali,
il finanziamento di progetti di collocazione commerciale su mercati esteri
collocati fuori dai confini dell'Unione Europea, il finanziamento di studi di
fattibilità, la capitalizzazione delle piccole e medie imprese esportatrici.
In effetti, la SIMEST è una finanziaria governativa, che, al pari di SACE,
consente agli exporters (soprattutto fornitori di beni d’investimento) di offrire
dilazioni di pagamento a medio/lungo periodo con tassi d’interesse di pari entità a
quelli individuati nell’accordo sui crediti ufficialmente sostenuti (Consensus), il
cosiddetto tasso CIRR, concordato ed individuato in ambito OCSE, già descritto
nei precedenti paragrafi e riportato a titolo di esempio per le principali valute (per
valori anno 2010) nella Figura 23. L'agevolazione offerta da SIMEST è
rappresentata da un contributo agli interessi sui finanziamenti ottenuti da banche
italiane o estere (già ricordata come “Legge Ossola 227/1977”; essa però non
copre tutti i settori e tutte le scadenze. È infatti riservata a finanziamenti bancari a
medio o lungo termine (minimo 24 mesi) connessi all'esportazione italiana di
macchinari e impianti, mezzi di trasporto pubblico, infrastrutture, sistemi di
telecomunicazione ecc. intesi in senso lato. L'agevolazione può essere rilasciata
sia in forma di credito fornitore che credito acquirente. Pertanto, nel caso del
credito all’esportazione, da un lato la SACE assicura la banca che emette il
finanziamento, mentre la SIMEST offre un contributo agevolato in conto interessi,
che consente al debitore di pagare meno il finanziamento ottenuto.
Ci sono comunque delle condizioni da rispettare: il finanziamento deve essere
effettuato in euro, oppure, in altre valute, purché principali. L’ammontare
concesso copre al massimo l'85% del totale della fornitura; ciò significa che una
parte dell’importo contrattuale, pari ad almeno il 15%, deve essere pagata in
contanti dall'acquirente. Inoltre, se la fornitura da parte della società esportatrice
prevede esborsi all'estero, essi devono essere contenuti nei limiti della quota in
contanti.
Possono essere compresi nel finanziamento (purché inclusi nella fornitura):
• I compensi di mediazione od agenzia, con un massimo pari al 5%;
72
• I compensi corrisposti a società di commercializzazione in relazione a
operazioni di contro acquisto, con un massimo pari al 5%;
• Le subforniture di merci e servizi di origine comunitaria, nei limiti previsti
dalla normativa UE.
E’ inoltre previsto che la durata del finanziamento bancario debba essere uguale o
superiore a 24 mesi dal "punto di partenza del credito" (spedizione/consegna o
collaudo preliminare) come stabilito dagli accordi internazionali (Consensus)
definiti in ambito OCSE.
Altre agevolazioni sono concesse dalla SIMEST nell’ambito di uno sconto pro-
soluto sui titoli di credito rilasciati dal debitore estero. Questo sconto è effettuato
ad un tasso fisso di mercato, con deduzione degli interessi in via anticipata e
pagamento all’azienda esportatrice della somma risultante. La SIMEST
corrisponde all’esportatore un contributo che viene calcolato come differenza tra
il ricavo netto dell’operazione di sconto, al quale viene applicato un tasso che
riflette quello di mercato ed il potenziale ricavo netto che si sarebbe avuto qualora
allo sconto fosse stato applicato un tasso CIRR (più basso rispetto a quello di
mercato). Da tenere presente che il tasso di sconto di mercato viene calcolato in
base al rischio paese e con riferimento al debitore ed al garante.
Sempre nell’ambito degli strumenti di finanza agevolata, la SIMEST offre inoltre
finanziamenti bancari all’esportatore, quando la banca finanzia direttamente il
cliente estero. In questo caso, la SIMEST effettua un intervento di stabilizzazione
sul cambio, calcolando per ogni semestre la differenza tra gli interessi al tasso di
finanziamento concesso dalla banca (in genere calcolati sui tassi Libor/Euribor più
lo spread applicato della stessa banca) e gli interessi calcolati con il tasso CIRR.
Se questa differenza è positiva (cioè il tasso applicato dalla banca è superiore al
tasso CIRR) la SIMEST paga alla banca la differenza, mentre invece se la
differenza è negativa, la incassa.
Agevolazioni sono inoltre previste per quelle aziende che intendano aprire nuove
sedi o condurre attività promozionali in Paesi esteri; in questo caso la SIMEST
può concedere finanziamenti agevolati praticando un tasso di interesse fisso su di
un ammontare che per le PMI deve essere coperto da garanzie pari ad almeno il
50% della somma richiesta (mentre le grandi aziende devono garantire il 100%).
73
La somma finanziabile può arrivare fino all’ 85% delle spese indicate, comunque
non superiore a circa 2,5 milioni di Euro (questa cifra è stabilita in base alla
norma comunitaria definita “de minimis”). Il tasso di interesse praticato, fisso, è
pari al 15% del tasso di riferimento UE vigente alla data di approvazione del
finanziamento e comunque non inferiore allo 0,50% annuo.
Altri finanziamenti a tassi agevolati sono inoltre concessi dalla SIMEST per studi
di fattibilità e servizi di assistenza tecnica collegati ad investimenti in Paesi extra
UE (fino ad un massimo del 100% e comunque non superiori a 100.000 Euro per
studi commerciali, 200.000 Euro per studi legati ad investimenti produttivi e
300.000 Euro per servizi di assistenza tecnica, anche in questo caso l’erogazione è
soggetta alla presentazione di garanzie, per le PMI pari al 50% dell’importo
richiesto, per le grandi aziende pari al 100%) e per la patrimonializzazione delle
PMI in grado di esportare i loro prodotti. In questo caso, il finanziamento
agevolato è concesso fino ad un massimo di 500.000 Euro a quelle PMI che
abbiano esportato in media nell’ultimo triennio almeno il 20% del loro fatturato.
Come esempio dell’agevolazione concessa, si può comparare il tasso di
riferimento UE praticato al 1.09.2011 e pari al 3,05% con il tasso agevolato
concesso per queste due ultime forme di finanziamento pari allo 0,50%.
Tutte le forme descritte, riguardano ulteriori supporti alle attività di
internazionalizzazione delle aziende che vanno viste come strumenti integrativi
alle attività condotte dalle ECAs. Nel caso specifico esaminato, quello relativo
all’Italia, le attività della SACE sono integrate dagli strumenti di finanza
agevolata concessi dalla SIMEST. Entrambe le società rendono esecutive le
politiche commerciali a favore dell’export, dettate dal governo italiano.
74
Capitolo 3. Benchmark tra i diversi players
Le strutture a supporto del credito all’esportazione risultano ampiamente variegate
a seconda del paese preso in considerazione. E’ possibile quindi poter asserire che
non esiste un unico modello di riferimento da potersi utilizzare per cogliere le
caratteristiche di una export credit agency ma, bensì, esistono diverse realtà;
alcune legate a modelli più tradizionali, altre a modelli più “evoluti” rispetto a
quello originario. Il business model tradizionale è improntato al supporto delle
attività di export delle aziende domestiche perché parte di un piano di sviluppo
politico più ampio, che riflette le strategie commerciali ed economiche di uno
stato. Le ECAs nei modelli tradizionali sono maggiormente focalizzate sui grandi
gruppi industriali che operano in settori ritenuti strategici. Infatti, come è possibile
osservare dall’accordo sui crediti all’esportazione ufficialmente sostenuti
(Consensus), vengono diversamente trattati i settori strategici dell’aereospazio,
della difesa, dell’energia e così via.
Diverse invece sono le caratteristiche dei modelli “evoluti”. Alcune ECAs hanno
apportato diverse modifiche al loro originario business model, cambiando
radicalmente la loro struttura proprietaria, i prodotti e servizi offerti così come la
loro organizzazione. Così, distaccandosi sempre di più dal modello tradizionale, le
ECAs si sono trasformate in veri e propri global market player. Non sono pochi
gli esempi di agenzie il cui compito non termina nel supporto delle esportazioni.
Molti di queste, infatti, hanno con il tempo deciso di integrare all’offerta di
prodotti tipici (credito fornitore, acquirente, political risk insurance) una nuova
gamma di strumenti che sia orientata ad offrire un supporto più articolato
all’internazionalizzazione delle imprese domestiche. Promuovendo lo sviluppo
all’estero mediante un mix di programmi tradizionali ed “innovativi”, si potrebbe
infatti concretizzare un maggior flusso di investimenti diretti (IDE), acquisizioni o
partecipazioni in imprese estere, partecipazioni ad importanti progetti
internazionali e così via. Inoltre, grazie al contesto normativo internazionale che
75
delinea gli ambiti operativi delle ECAs, si evita la possibilità che quest’ultime,
mediante il loro operato, possano in qualche maniera contribuire a creare
distorsioni al sistema della concorrenza internazionale.
In questo capitolo, quindi, si andrà a delineare e descrivere le più importanti
export credit agencies, cercando di delinearne un profilo in termini di assetto
proprietario e ambiti operativi cogliendo differenze ed elementi di similitudine.
Lo scopo di questo capitolo è quello di definire le caratteristiche fondamentali per
poter procedere ad un benchmark tra le più importanti ECAs e la SACE (export
credit agency italiana).
3.1 Le ECAs nel mondo
In questo paragrafo, si cercherà di effettuare una descrizione delle export credit
agencies dei più importanti Paesi esportatori49: Cina, Stati Uniti, Germania, UK,
Giappone e Francia. A questi è stata aggiunta anche l’Olanda, la cui agenzia, per
volume di transazioni, è tra le prime al mondo. Tre ECAs europee,
convenzionalmente chiamate “The Big Three”, sono in effetti le tre più grandi al
mondo. Assistiamo comunque in questi anni alla fortissima crescita di altre ECAs,
in modo particolare quella cinese.
Figura 24 : Quote di mercato europee 2006 delle principali ECAs fonte: Swiss Re
49 La lista si basa sui dati riportati dal “World Factbook” redatto dalla Central Intelligence Agency (CIA) degli Stati uniti.
76
Sono state prescelte queste organizzazioni per due ragioni fondamentali: la prima
è la necessità di analizzarne i modelli di business per individuarne eventuali
differenze, la seconda, per comprendere come la composizione degli assetti
proprietari (partecipazione pubblica, privata o mista) possano influenzare le scelte
operative (ricerca di profitto o solo di break-even). Fornendo un quadro iniziale di
carattere generale, il presente lavoro, come già accennato, si propone di
approfondire tutti gli aspetti che riguardano le ECA delle singole nazioni prese in
analisi.
3.1.1 Export credit agency Cinese: SINOSURE
La SINOSURE, è l’agenzia di credito all’esportazione Cinese, dotata di
personalità giuridica e fortemente orientata a trasmettere i principali obiettivi della
politica economica e commerciale della nazione. Al pari delle altre ECAs la
SINOSURE ha una mission ben precisa: promuovere lo sviluppo del commercio
internazionale delle aziende cinesi, e favorire gli investimenti contribuendo in tal
modo al miglioramento della condizione occupazionale e della bilancia dei
pagamenti. Il rallentamento dell’economia cinese, passato da un incremento del
10% nel 2010 al 7,7% nel 2013, se visto come tendenza, potrebbe mettere a
rischio la tenuta stessa del paese e del suo sistema politico, per cui il governo sta
adottando strategie di forte supporto all’export, per stimolare e mantenere la
crescita.
In buona sostanza il mandato dell’ECA Cinese (in accordo con le politiche
industriali, fiscali, finanziarie e diplomatiche espresse dal governo) riguarderebbe
la promozione dell’export di beni, soprattutto ad elevato contenuto tecnologico
come i prodotti elettromeccanici, e supporto degli investimenti oltreoceano per
mezzo dell’assicurazione contro il rischio di non pagamento del credito generato
nei processi di export. Dal 2001, anno della sua fondazione, il contributo di
SINOSURE al supporto del commercio internazionale ed alla cooperazione
economica è divenuto sempre più evidente, soprattutto negli anni successivi allo
scoppio della crisi finanziaria. Alla fine del 2013, SINOSURE ha supportato
esportazioni ed investimenti per un valore totale di 1484.65 miliardi di dollari
77
coprendo dai rischi migliaia di esportatori e centinaia di progetti a medio-lungo
termine. Dalle azioni poste in atto dall’agenzia cinese, si evince chiaramente come
essa sia focalizzata sul servire la strategia dello stato del “go abroad”. E’
possibile definire la SINOSURE come agenzia governativa con mandato al
supporto dell’interesse nazionale in quanto non si configura né come compagnia
privata a controllo statale né come società operante come agente di stato. Per ciò
che riguarda gli strumenti offerti, non sembra che la SINOSURE possa offrire un
portafoglio prodotti molto ampio. Infatti, la maggior parte dell’offerta si concentra
su tipologie di strumenti assicurativi tipici del business model tradizionale.
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond;
• Servizi di rating sui crediti.
Le somme assicurate dalla SINOSURE nel corso dell’ultimo decennio riflettono
un andamento quasi esponenziale, legate come sono all’export cinese. Si veda, a
tale proposito, l’andamento degli importi coperti (in miliardi di USD) da
SINOSURE dalla sua istituzione fino all’anno 2010 (Fig.24).
Figura 25: Importi assicurati da SINOSURE dal 2002 al 2010 fonte: Sinosure
78
3.1.2 Export credit agency Statunitense: EXIM Bank
La Export-Import Bank (EXIM Bank), è la export credit agency ufficiale
statunitense, che agisce come agenzia federale. La mission è quella di: assistenza,
alle imprese americane siano esse grandi o piccole, finanziando le esportazioni di
beni e servizi prodotti negli Stati Uniti verso i mercati internazionali,
contribuendo così al rafforzamento continuo dell’economia nazionale. La EXIM
Bank, opera come agenzia governativa con mandato al supporto dell’interesse
nazionale andando a coprire i gap nel settore del trade financing, evitando così di
competere con il settore del credito privato. Infatti l’ECA Statunitense, assume i
rischi paese e di credito che il settore privato non può o non vuole accettare. A
differenza di altre ECAs, la EXIM Bank si caratterizza per uno spiccato interesse
alle piccole realtà aziendali. Infatti in media, più dell’85% delle transazioni alla
fine del 2013 riguardavano piccole imprese domestiche. Una seconda, importante
caratteristica è quella del finanziamento diretto (effettuando un bypass degli
istituti di credito privati) per l’acquisto di beni e servizi prodotti in USA. I
principali strumenti trattati da questa ECA risultano essere:
• Garanzie sul working capital;
• Assicurazioni sul credito all’esportazione;
• Tied-aid;
• Export Credit di breve periodo;
• Export Credit di medio lungo periodo.
La Exim Bank ha registrato profitti per circa 1,6 miliardi di USD nel periodo
2008-2013, mentre ha autorizzato operazioni di supporto all’export USA per circa
50 miliardi di USD nell’anno finanziario 2012, dei quali ben 6,1 miliardi dedicati
alle PMI USA. Nel 2013, la Exim ha ricevuto dalla rivista TFR (Trade and
79
Forfaiting Review) il primo premio come la “Best Export Credit Agency” nel
mondo.
3.1.3 Export credit agency Tedesca: EULER HERMES
Il caso tedesco è forse, tra le diverse agenzie prese in esame, il più peculiare in
termini di assetto proprietario ed operatività. Infatti la Germania non ha una ECA
ufficiale ma è dotata di un vero e proprio consorzio che offre supporto alle
esportazioni e agli investimenti che coinvolge tre diversi attori: il ministero degli
affari economici e dell’energia, la Euler Hermes (EH) e la
PricewaterhouseCoopers (PWC). La Euler Hermes all’interno di tale consorzio si
configura come la compagnia che provvede ad assicurare i crediti all’esportazione
contro il rischio di credito ed il rischio paese. Euler Hermes a partire dal 2002,
anno in cui fu acquisita da Allianz (con una quota pari al 68%), è divenuta una
sussidiaria di quest’ultima. EH è quotata alla borsa di Euronext Paris ed ha un
rating, assegnato da Standard & Poor’s pari ad AA-. Questa ECA è dotata di un
network di credit intelligence che analizza e monitora costantemente (mediante
più di 6000 dipendenti in oltre 50 Paesi) la stabilità finanziaria di più di quaranta
milioni di business. In effetti la Euler Hermes non opera esclusivamente in
Germania, anzi, essa opera a livello globale presenziando, come già detto, in oltre
50 Paesi con un giro d’affari che la rende una delle prime ECA al mondo. In
quanto global player, offre un ampio range di strumenti:
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond;
• Servizi di rating sui crediti;
• Factoring.
80
Assicurando quindi una copertura dei crediti dai rischi commerciali e politici,
favorisce una sostenibile crescita del livello dell’export tedesco e della sua
economia in generale.
81
3.1.4 Export Credit Agency Inglese: UKEF
UK Export Finance, parte dell’Export Credits Guarantee Department (ECGD),
sezione del Department for Business, Innovation and Skills del governo Inglese
opera come export credit agency ufficiale del paese. Il dipartimento, come
anticipato nel Capitolo 1, fu creato nel 1919 con il fine di promuovere le
esportazioni inglesi, i cui livelli erano stati profondamenti erosi dagli eventi della
prima Guerra mondiale. Successivamente, con l’emanazione del “Export and
Investment Guardantees Act” nel 1991, i poteri e gli ambiti operativi del
dipartimento furono ampliati. La maggior parte delle attività della ECA inglese,
riguarda la sottoscrizione di prestiti a lungo termine a supporto della vendita di
beni strumentali, soprattutto nei settori dell’aereonautica civile, oil and gas
(dall’esplorazione alla produzione energetica). I principali prodotti offerti da
questa ECA sono:
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond.
3.1.5 Export credit agency Giapponese: NEXI
La Nippon Export and Investment Insurance (NEXI) è controllata al 100% dal
governo Giapponese ed è stata predisposta per operare come export credit agency
ufficiale a partire dall’Aprile del 2001 dopo l’emanazione del “Act on General
Rules for Incorporated Administrative Agency”. Mediante tale atto, fu possibile
separare le attività di planning (assegnate al governo) dalle attività di
implementazione assegnate alle cd. Incorporate Administrative Agency (IAA).
Tali agenzie governative, nella fattispecie, andavano a colmare il vuoto che
esisteva in alcuni settori (specialmente in quelli assicurativi) che il settore privato,
per motivi di diversa natura, non offriva. In effetti i servizi assicurativi necessari
allo sviluppo del commercio internazionale e degli investimenti erano di
fondamentale importanza per la crescita economica dell’isola. Prima di tale Act,
82
infatti, il Giappone offriva un tradizionale programma di assicurazione del
commercio e degli investimenti che nonostante fosse parte di una più ampia
politica di promozione delle esportazioni, era ancora insufficiente a garantire un
supporto di un certo rilievo per le imprese nipponiche. Nel 2001 venne quindi
creata una facility ufficiale (la NEXI per l’appunto) predisposta a supportare le
imprese Giapponesi nei loro processi di export ed internazionalizzazione
assicurando i crediti ed investimenti diretti all’estero, assumendo di conseguenza i
rischi commerciali e politici che non potevano essere accettati dalle istituzioni
private. Nell’ambito della sua operatività, la NEXI offre:
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond.
3.1.6 Export credit agency Francese: COFACE
La Compagnia Francese per l’Assicurazione del Commercio con l’Estero
(COFACE), è la export credit agency francese controllata al 100% dal governo
francese dal 1946 al 1994, anno in cui fu totalmente privatizzata per essere poi
acquisita dal gruppo bancario Natixis nel 2006. Da Luglio 2014 è ufficialmente
quotata alla borsa Euronext di Parigi. La COFACE, similmente alla Euler Hermes
opera mediante una fitta rete di uffici in oltre 98 Paesi facendo leva su una
struttura organizzativa che riunisce sia branch che strategic partner e che la rende
la più grande rete di assicuratori di export credit al mondo. Tra gli strumenti
offerti dalla ECA francese vogliamo ricordare:
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond.
83
3.1.7 Export credit agency Olandese: ATRADIUS
Le origini di questa ECA, risalgono all’Olanda del 1925. Fu la prima compagnia
di assicurazione dei crediti nel mondo e fu costituita al fine di migliorare gli
scambi commerciali delle imprese olandesi. Fu solo nel 1932 che la compagnia si
accordò con lo stato olandese fornendo così strumenti di credito all’esportazione.
Atradius venne ufficialmente ad esistenza nel 2003 a seguito della fusione tra il
gruppo tedesco di assicurazione di crediti Gerling-Konzern Speziale
Kreditversichering (GKS) e la società olandese di assicurazione di crediti
Nederlandsche Credietverzekering Maatschappij (NCM). Attualmente, nonostante
operi a tutti gli effetti come export credit agency ufficiale olandese, l’azionista di
maggioranza risulta essere il Gruppo Crèdito y Cauciòn (Grupo CyC) che detiene
circa il 74% delle azioni. Gli strumenti offerti dall’ECA olandese, riguardano
principalmente:
• Export credit di breve termine;
• Export credit di medio-lungo termine;
• Assicurazione sugli investimenti all’estero;
• Garanzie e bond.
Alla fine del 2013 la Atradius ha fatturato oltre il miliardo di Euro, confermandosi
ai primi posti delle export credit agency più importanti al mondo insieme alla
Euler Hermes e la Coface.
84
3.2 Benchmark
Come già menzionato nei paragrafi precedenti, il ruolo delle ECAs è stato
fondamentale nella ripresa dei commerci internazionali, che subirono pesanti
decrementi durante il periodo delle Guerre Mondiali. Le export credit agencies
rappresentano dei “facilitatori” del commercio internazionale, soprattutto per
transazioni che riguardano beni o servizi di elevato valore alle quali corrisponde
un certo livello di rischio. La possibilità per l’impresa di vedere ridotta l’alea
collegata ai pagamenti delle vendite, dei progetti o degli investimenti effettuati
all’estero, rappresenta sicuramente una fonte di fiducia per gli operatori che può
solo rafforzare il livello globale di transazioni internazionali. Con l’Unione di
Berna, oltretutto, si è costituito un gruppo coordinato a livello internazionale di
export credit agencies, il cui ruolo è quello di facilitare la cooperazione
internazionale andando a configurare delle linee guida di sviluppo che possono
essere seguite da tutte le ECAs; tutto ciò crea di conseguenza un solido network in
cui le agenzie possano confrontarsi e migliorare attraverso lo scambio di
informazioni e di know-how.
Proprio per questo motivo si è assistito nell’ultimo decennio ad un progressivo
incremento della capacità operativa e ad una trasformazione sostanziale dei
business model di queste agenzie. Pertanto si è resa necessaria un’analisi più
approfondita volta a cogliere le differenze ed i gap che ancora sussistono. Come
dimostrato anche dai programmi di training di alcune ECA più avanzate, (tra cui
anche la export credit agency italiana SACE) l’obiettivo della cooperazione non
riguarderebbe solo il mero scambio di informazioni ma punterebbe bensì alla
formazione delle ECA (in particolar modo quelle dei Paesi emergenti) in maniera
tale da creare un vero e proprio environment dove poter far sviluppare le ECAs
meno avanzate e raggiungere i più elevati livelli di efficienza raggiunti da quelle
più evolute.
Si è voluto pertanto procedere ad una comparazione tra le maggiori ECAs al
mondo inserendo in questa analisi anche la SACE cercando di individuare
85
eventuali elementi di scostamento tra le varie agenzie, costruendo così uno
schema di benchmark tra le varie export credit agencies.
Il primo dato da analizzare è quello relativo al volume di ogni ECA presa in
considerazione; la Figura 26 pone a confronto le diverse export credit agencies, in
un intervallo di tempo che va dal 2007 al 2012. Mancano in tabella i dati relativi
alla Sinosure cinese (che nel 2012 vantava circa 273 miliardi di Euro di volume di
affari) ed alla Nexi giapponese (che sempre nel 2012 sviluppava circa 75 miliardi
di Euro)
Figura 26 : Volume (in miliardi di Euro) delle principali ECAs fonte: British Exporters Association
La Figura 27 restituisce i valori esatti del volume delle ECAs considerate in
questa analisi (i valori riportati nella tabella sono relativi a valute diverse).
Figura 27 : Volumi di affari delle ECAs considerate fonte: British Exporters Association
86
Tenuto in debito conto quindi la dimensione relativa delle varie società, nella
Figura 28 si è posto l’accento sulle differenze in termini di assetti proprietari,
raggruppando le export credit agencies oggetto dell’analisi, in tre diverse
categorie, quelle a pieno controllo pubblico (Agenzie Governative), quelle
considerate Compagnie Private, ed infine quelle considerate sempre Compagnie
Private, con lo Stato come unico azionista.
Figura 28 : Assetti proprietari di ECAs fonte: elaborazione personale su dati dei website delle singole ECA
E’ da considerare che già a partire dai primi anni del XX secolo, le ECAs hanno
cominciato il loro lavoro di supporto alle esportazione dei Paesi avanzati, con un
trend costantemente in crescita (se si esclude naturalmente il periodo delle due
guerre mondiali). Esse erano nate come dei programmi di sostegno alle
esportazioni divenendo poi delle vere e proprie agenzie che operavano per conto
dello stato. La rapida espansione del commercio internazionale in questi ultimi
decenni ha generato un duplice effetto che ha influenzato le strutture delle export
87
credit agencies. Questo duplice effetto è relativo al declino della rilevanza del
sostegno pubblico ed all’ampliamento degli ambiti operativi.
Nel primo caso, per effetto dell’aumento delle transazioni internazionali, il
declino sia della presenza che del supporto statale ha generato casi diffusi di
privatizzazione e di cambiamento nell’assetto proprietario delle agenzie. Come
esempi di questo fenomeno, è possibile citare i casi della Euler Hermes
(Germania), COFACE (Francia) ed Atradius (Olanda). Queste ECA sono state
progressivamente privatizzate pur mantenendo nella maggior parte dei casi, la
parte pubblica, una quota minoritaria. Queste export credit agencies però operano
ancora come ECA ufficiali, andando a costituire il campione analizzato che
rientrerebbe nella categoria di “Compagnie private operanti come Agenzie di
Stato”. Queste si caratterizzerebbero, dunque, per essere agenzie di assicurazione
private, aventi scopo di lucro, ma operative però in segmenti non-marketable
(ovvero in cui il settore privato non può o non vuole operare) facendo gli interessi
della nazione di appartenenza. Nella maggior parte dei casi queste agenzie private
godono della copertura dello stato, che si configura come prestatore di ultima
istanza. Diversi dubbi sorgono sul perché una compagnia di natura privata (dove il
controllo da parte dello stato è minoritario o assente), debba usufruire di una tale
copertura da parte delle istituzioni pubbliche. Il razionale alla base, molto
probabilmente riguarderebbe l’interesse della nazione a supportare al massimo
delle sue potenzialità, le imprese domestiche rendendo quindi accettabile tale
trade-off.
Nel secondo caso, l’altra forma generata dal fenomeno dell’incremento delle
transazioni internazionali, riguarderebbe la cd. “forma mista”. In tale circostanza
la export credit agency avrebbe la forma di una società per azioni ma con il
controllo totale da parte dello stato. La SACE, ad esempio, rientrerebbe in questa
categoria operando come società di stampo privato ma con lo Stato Italiano come
maggiore azionista. La differenza sostanziale tra questa tipologia di agenzie e
quelle descritte in precedenza può essere ravvisata nella ricerca del profitto.
Mentre le prime (COFACE, Euler Hermes, Atradius) operano soprattutto per
conto degli azionisti (essendo altresì quotate in borsa), le export credit agencies
che rientrano nella forma “mista” dovrebbero in teoria garantire solo un «adeguato
88
ritorno al capitale pubblico» (Bartolo 2011). Anche se sottile, la differenza può
essere facilmente colta descrivendo il ruolo di quelle ECAs che invece operano
come agenzie governative con mandato al supporto dell’interesse nazionale come
l’EXIM Bank USA, la NEXI, l’UKEF ecc. Le agenzie governative dovrebbero
operare con la logica del breakeven, garantendo quindi i servizi e gli strumenti per
supportare le imprese domestiche senza però perseguire unicamente i profitti.
Quelle descritte rappresentano quindi le tre possibili strutture che attualmente
caratterizzano il settore del credito all’esportazione. Un altro importante effetto
che l’aumento degli scambi commerciali ha generato riguarda l’aumento
dell’operatività delle export credit agencies. In effetti l’incremento delle
transazioni internazionali non sarebbe l’unico driver del cambiamento; bisogna
considerare anche il ruolo che ha avuto il fenomeno della globalizzazione, con la
delocalizzazione produttiva e la creazione delle global value chains. Questo
ulteriore fenomeno ha creato la necessità di ampliare la gamma di strumenti a
disposizione della export credit agency facendo aumentare di conseguenza
l’operatività di quest’ultima.
Figura 29 : Strumenti Offerti fonte: elaborazione personale su dati British Exporters Association
89
Nella figura 29 sono stati elencati i principali strumenti offerti dalle ECAs ed
effettuata una comparazione dei servizi offerti, in particolare: Export Credit,
Protezione degli investimenti all’estero, Bond e Garanzie, Factoring, Project
Finance e Working Capital Guarantees.
Le aree tradizionali di attività, riguardavano l’offerta del credito all’esportazione e
della protezione degli investimenti all’estero; ma come descritto in precedenza
l’incremento delle transazioni e il diffuso fenomeno della delocalizzazione
produttiva ha permesso il proliferare di nuovi strumenti aumentando di
conseguenza le aree di intervento delle ECAs. Questo incremento delle attività
ha, in ultima analisi, modificato il ruolo tradizionale delle export credit agencies.
In effetti se in passato esse si trovavano ad operare con strumenti assicurativi non
in competizione con il settore privato (a causa del basso risk appetite di
quest’ultimo) ora ampliando la gamma di strumenti, in alcuni casi le ECAs si
trovano a competere anche con le società private. Questa condizione ha quindi
imposto alle export credit agencies un riordino della loro struttura organizzativa
per un maggiore contenimento dei costi permettendo loro di essere più efficienti e
competitive sul mercato.
Una prima differenza osservabile, è rappresentata dall’assenza di servizi legati al
factoring per quelle ECA classificate come Agenzie Governative. Il razionale è
molto probabilmente legato alla stessa natura di queste ECAs. Si è notato infatti
che le export credit agencies operanti come Agenzie Governative e quindi come
longa manus dei governi, non entrano quasi mai in competizione con il settore
privato. Questo evidentemente ha portato alla decisione di evitare quei servizi in
cui il settore privato è fortemente presente come, per l’appunto, il factoring.
Nella stessa tabella, si nota come la EXIM Bank americana, non offra servizi di
protezione degli investimenti all’estero. Questo è dovuto molto probabilmente ad
una diversa suddivisione dei compiti assegnati dal governo USA alle varie
agenzie con l’incarico di supporto agli IDE dato alla Overseas Private Investment
Corporation (OPIC), l’ente governativo designato a promuovere e a proteggere gli
investimenti statunitensi all’estero.
Un ultimo elemento di analisi riguarda il rilascio di garanzie per l’ottenimento di
working capital. Quest’ultimo, è la risorsa che l’impresa utilizza per finanziare le
90
operazioni di routine. Nel caso di beni e/o servizi esportati così come nell’ambito
di commesse all’estero, il working capital assume una rilevanza strategica. In
questo caso le export credit agencies si porrebbero come soggetto garante nei
confronti della banca emittente, tale da rendere quest’ultima maggiormente
propensa a rilasciare un prestito, con un tasso di interesse più vantaggioso per
effetto della garanzia dell’ECA (normalmente in possesso di un standing
creditizio più elevato rispetto a quello dell’impresa). Possiamo infine affermare
che sono poche le export credit agencies in grado di offrire questo prodotto. Circa
la metà delle ECAs prese in analisi, infatti non erogano tale tipologia di servizio.
Figura 30 : Canali di Distribuzione fonte: elaborazione personale su dati dei website delle singole ECA
A completamento di questa analisi comparativa tra le varie export credit agencies,
si riporta in figura 30 i canali di distribuzione che ogni agenzia adotta per la sua
presenza sui mercati. Come è logico, tutte le agenzie hanno una presenza più o
meno fitta mediante un network di sedi sul territorio nazionale. Per quanto
riguarda la presenza all’estero, non tutte le ECAs prese in analisi sono dotate di
rappresentanze estere. Spicca per questa mancanza in modo particolare la
SINOSURE, la EXIM Bank USA che sono tra le più grandi ECAs in termini di
91
volume di affari che non sono dotate di molte rappresentanze all’estero come ci si
sarebbe aspettato da questi “giganti”. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e
tecnologie digitali hanno rivoluzionato anche il modo di fare business di alcune
delle ECAs prese in analisi che offrono l’erogazione di diversi servizi assicurativi
direttamente su piattaforme digitali. Come ci si aspettava, le società più presenti
nell’offrire questo genere di servizi, sono quelle a carattere privato, che
evidentemente sono mosse da una maggiore propensione all’efficienza ed
efficacia rispetto alle agenzie governative.
3.2 Conclusioni
In questo capitolo è stata realizzata una descrizione delle ECAs nel mondo,
selezionando quelle più importanti e descrivendone le loro principali
caratteristiche. E’ stato quindi effettuato un benchmark per compararne la
grandezza, la struttura proprietaria, i prodotti offerti e la loro presenza
commerciale. Da questa analisi risulta come queste società abbiano ormai
raggiunto un livello abbastanza omogeneo, con alcune differenze che molto
probabilmente dipendono dalla loro struttura manageriale/operativa e dalle
politiche dei governi dei Paesi nei quali operano. In un mondo reso sempre più
globale ed interconnesso, del resto era logico aspettarsi che i servizi offerti dalle
varie export credit agencies, dovessero equivalersi, come anche concordato tra le
varie nazioni nei diversi trattati internazionali (Consensus e l’Accordo in materia
di sussidi e misure protettive). E’ interessante notare come alcune ECAs,
strutturate come agenzie governative, continuino a tenersi lontane da alcuni
prodotti, tipicamente offerti dal settore privato, mentre le ECAs con assetto
proprietario a carattere privato propongono attivamente questi servizi.
Qualche considerazione finale sulla SACE, che riveste un ruolo primario nel
supportare l’export italiano: questa società opera in più di 128 Paesi nel mondo,
ed offre tipologie e qualità di servizi equivalenti a quelli delle altre ECAs. Però, a
differenza di altre agenzie europee, la SACE non ha posto il necessario supporto
alle attività di export delle PMI, nonostante queste ultime siano fortemente diffuse
sul territorio italiano e a causa della loro dimensione siano state maggiormente
92
danneggiate dalla crisi economica degli ultimi anni50. E’ stato rilevato che la
percezione, soprattutto al Centro ed al Sud, delle PMI che intendevano espandere
la loro attività all’estero, sia stata di grande difficoltà nel procedere a contratti
operativi con la SACE. Probabilmente le complessità burocratiche, unite alle
difficoltà per certe PMI di preparare od ottenere tutta la documentazione richiesta,
ha portato ad un disinteresse reciproco tra queste piccole aziende e la SACE. Alla
fine del 2012, probabilmente per colmare questo gap ed offrire sia condizioni più
vantaggiose che procedure più snelle, l’agenzia italiana ha fatto partire un
programma denominato “PMI-No Stop”, nel quale si delineano offerte
particolarmente studiate per supportare ed agevolare l’internazionalizzazione delle
PMI italiane. Ad esempio, sono stati proposti sconti sui premi assicurativi per il
Political Risk Insurance, per il Factoring, nessuna spesa per l’istruttoria ed accessi
diretti al portale SACE per la gestione della pratica. Si è voluto pertanto creare un
environment più agevole nel quale far muovere le PMI italiane. E’ infatti da tenere
presente che in un quadro macroeconomico mondiale caratterizzato sempre più
dalla crescita dei Paesi emergenti e dal lento declino di quelli tradizionalmente
indicati come “industrializzati”, per l’Italia, espandere le proprie quote di mercato
all’estero è un must per l’uscita dalla crisi. Il ruolo della SACE assume pertanto
un importanza sempre più strategica per favorire questa impostazione.
50 http://ec.europa.eu/enterprise/policies/sme/facts-figures-analysis/performance-review/files/countries-sheets/2013/italy_it.pdf
93
Capitolo 4: Case Study - “Export Banca”
Nei processi di internazionalizzazione, i servizi di sostegno sono prevalentemente
erogati da operatori privati ma, come vedremo in questo capitolo, anche
l’intervento pubblico può rappresentare una componente importante. Nell’operare
all’estero, le imprese hanno la necessità di superare molte barriere (in primis
quelle relative all’informazione) che sorgono sia a causa delle difformità
riscontrabili a livello normativo e burocratico che dalle inevitabili differenze
culturali. Altresì, a prescindere dalla forma scelta di internazionalizzazione
(investimenti greenfield, brownfield, creazioni di reti commerciali, export, ecc.) le
imprese investono in queste attività ingenti risorse finanziarie il cui reperimento
rappresenta un’ulteriore barriera che può rallentare, ed in alcuni casi fermare
completamente, la crescita all’estero delle società. Il razionale alla base
dell’intervento pubblico risiede proprio nel sostenere le imprese nazionali a
superare tali barriere andando così a creare un sistema parallelo ed, in alcuni casi,
integrato a quello privato. Il sistema generato dal settore pubblico, che consiste in
tutto l’insieme di organizzazioni, norme, politiche che una determinata nazione
può mettere a disposizione delle aziende, varia da paese a paese. Nel caso
specifico dell’Italia, la struttura organizzativa creata per supportare il “Sistema
Paese” è molto articolata e complessa, con l’assenza di una visione unitaria di
tutto il settore dedicato al supporto all’export e all’internazionalizzazione, anche
se in passato sono stati effettuati più volte interventi legislativi volti alla
riorganizzazione degli enti coinvolti.
94
Figura 31 : Struttura del “Sistema Italia” fonte: Banca d’Italia
Dalla Figura 32, è possibile osservare la struttura pubblica attualmente impegnata
nel supporto all’export. Al vertice sono posti i Ministero degli Affari Esteri
(MAE), il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) quali principali
responsabili delle politiche strategiche e dell’indirizzo degli “enti operativi”.
Questi due Ministeri, assieme ad altri soggetti politici (Presidente del consiglio,
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, Ministero
dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Turismo, etc.) rappresentano i
vertici decisionali del “Sistema Italia”. La fase operativa invece è gestita da una
serie di enti, ciascuno specializzato in una serie di attività:
• Cassa Depositi e Prestiti (CDP) – è una società per azioni
controllata dal MEF. Gestisce parte del risparmio nazionale (il
c.d. risparmio postale51) impiegando i fondi così raccolti in
operazioni di investimento della Pubblica Amministrazione,
del settore privato per operazioni che siano di “rilevante
interesse nazionale”. Oltretutto può utilizzare le risorse per
acquisire direttamente o indirettamente (attraverso fondi di
investimento come il Fondo Strategico Italiano) quote di
partecipazione di società come l’ENI, TERNA, SNAM e
SIMEST. Possiede il 100% delle azioni di SACE.
• Servizi Assicurativi per il Commercio con l’Estero
(SACE)52 – export credit agency italiana, si occupa di export
credit, assicurazioni dei crediti, emissioni di garanzie
finanziarie, factoring etc.
• Istituto per il Commercio con l’Estero (ICE) – rappresenta
l’agenzia per la promozione all’estero delle aziende italiane e
dei loro prodotti. Opera con particolare attenzione alle PMI
italiane.
• Società Italiana per le Imprese all’Estero (SIMEST)53 – si
occupa di assistere le imprese attraverso: acquisizione di
51 Rappresentati dai libretti postali e buoni fruttiferi52 Per una trattazione più ampia si rimanda al paragrafo 1.1.2 53 Per una trattazione più ampia si rimanda al paragrafo 2.7
95
partecipazioni azionarie nelle società costituite all’estero o
controllate da aziende italiane consentendo altresì a queste
ultime l’accesso alle agevolazioni (contributi sugli interessi)
per il finanziamento delle quote di partecipazione.
Nell’ambito di questa complessa organizzazione, è stato recentemente creato il
cosiddetto Sistema “Export Banca”, un nuovo strumento finanziario a
disposizione delle imprese italiane nato da un accordo tra Cassa Depositi e Prestiti
e SACE. Mediante l’utilizzo di questo strumento, le società che intendono
espandersi all’estero possono beneficiare di facilitazioni per ciò che concerne
l’accesso al credito ed ottenere al contempo migliori condizioni contrattuali
(specialmente in termini di tassi applicati) riducendo conseguentemente il costo
del funding. Nei prossimi paragrafi verrà più attentamente descritto il sistema
“Export Banca” evidenziandone gli impatti che quest’ultimo ha avuto ed avrà
sullo prospettive di sviluppo internazionale delle imprese Italiane.
4.1 L’importanza del supporto bancario per lo sviluppo dell’export e dei
processi di internazionalizzazione
In una economia globale, l’export rappresenta una importante fonte di crescita per
le imprese, soprattutto per quelle di piccole dimensioni. Nonostante lo scenario
economico italiano sia in questo periodo caratterizzato da una forte stagnazione, le
imprese più dinamiche hanno dimostrato di performare al di sopra della
aspettative grazie all’internazionalizzazione delle loro vendite. Come detto in
precedenza, le imprese nei loro processi di internazionalizzazione, devono
investire risorse monetarie principalmente per:
• Identificare i mercati di sbocco più idonei;
• Analizzare la regolamentazione del paese target;
• Analizzare ed applicare i cambiamenti necessari al fine di adeguare il
prodotto/servizio alle caratteristiche locali.
96
L’entità di tali costi sommersi per l’acquisizione delle informazioni ed i costi da
sostenere per il set up54 delle operazioni generano un forte bisogno di liquidità che
nella maggior parte dei casi rappresenta il primo ostacolo da superare
specialmente per le PMI.
Purtroppo, il sistema bancario italiano, nonostante gli interventi della BCE e dei
relativi tagli sul tasso di policy (attualmente pari allo 0,05%) è ancora restio ad
erogare finanziamenti alle imprese. Questa affermazione vale soprattutto se si
considera la maggiore entità della flessione sull’erogazione dei prestiti alle PMI
rispetto alle imprese medio-grandi (rispettivamente -6% e -5,2% a fine 201255). A
tal proposito, possono essere fatte due considerazioni. La prima riguarda
l’aumento della rischiosità delle imprese debitrici: a causa della sfavorevole
congiuntura Italiana, le imprese risultano essere decisamente più rischiose che in
passato provocando così un effetto negativo sull’erogazione dei prestiti. Il gap
individuato tra la flessione dei prestiti tra PMI e medio-grandi imprese è dovuto al
miglior standing creditizio di queste ultime. La seconda considerazione da fare
riguarda la maggior propensione degli intermediari finanziari ad allocare le
proprie risorse in attività differenti da quelle del prestito. Attualmente le banche
italiane sono più propense ad acquistare titoli di stato che erogare finanziamenti
alle imprese a causa del maggior rendimento dei primi e la maggiore rischiosità
dei secondi.
4.2 Il ruolo di CDP all’interno del “polo finanziario per
l’internazionalizzazione”
Attraverso il sistema “Export Banca”, nata dalla convenzione tra SACE e CDP, il
“Sistema Italia” si è dotato di un nuovo strumento di finanziamento dell’export
riuscendo così a portare la qualità dei sistemi a supporto
dell’internazionalizzazione delle imprese ad un livello più elevato e potendo così
competere con programmi di supporto più avanzati come quello tedesco o
francese. La creazione di “Export Banca” consente il finanziamento delle
54 Si pensi ai costi da sostenere per stabilire un nuovo impianto produttivo così come i costi relativi all’apertura di uffici commerciali ecc.55 Dati forniti da una ricerca Abi in merito alla relazione tra banche e imprese
97
operazioni di internazionalizzazione e di esportazione effettuate da imprese
italiane non coperte dai circuiti bancari convenzionali, a costi competitivi
superando di conseguenza molti degli ostacoli relativi al finanziamento delle
imprese.
La creazione di un vero e proprio “polo finanziario” per l’internazionalizzazione
(CDP, SACE e SIMEST) ha permesso di ampliare le possibilità di intervento a
supporto delle proprie imprese domestiche.
Come è stato descritto nei precedenti paragrafi, queste tre società rientrano nel cd.
“Sistema Italia” ovvero la struttura destinata al supporto delle politiche di export
nazionali.
L’operatività congiunta di questi tre attori, permette un’azione sinergica completa:
• SACE, attraverso le emissioni di apposite garanzie e assicurazioni
permette all’impresa di reperire più facilmente fonti di finanziamento per
effetto del minor profilo di rischio ottenuto;
• SIMEST, attraverso il contributo agli interessi sui finanziamenti, permette
alle imprese di ridurre i costi legati all’ erogazione dei fondi per il
progetto;
• CDP, attraverso l’uso delle risorse finanziarie generate dalla raccolta del
risparmio postale, è in grado di poter offrire i fondi necessari alle imprese
per i loro progetti internazionali sostituendo di fatto il sistema bancario
quando quest’ultimo è impossibilitato ad effettuare l’operazione.
Si potrebbe dunque rappresentare CDP come un vero e proprio strumento di
industrial policy il cui compito è quello di favorire l’accesso ai mercati, limitando
le barriere descritte nei precedenti paragrafi e supportare quindi le esportazioni
delle imprese.
Negli ultimi tempi CDP ha avuto un ruolo importante nel supportare le imprese
italiane e dare sostegno all’economia mediante un ampliamento delle proprie
mansioni che non riguardano esclusivamente il ruolo di sovvenzionatore di Enti
locali. Con l’introduzione di nuovi tools nel settore privato, CDP si è posta
l’obiettivo di eliminare, dove possibile, alcune fragilità del tessuto produttivo in
98
Italia fortemente contraddistinto da piccole imprese, con basso livello di
capitalizzazione, scarsa tendenza all’innovazione e all’internazionalizzazione.
Per questo ultimo punto, abbiamo avuto modo di specificare quali possano essere
le modalità con cui si può dare sostegno all’internazionalizzazione delle imprese56.
Si potranno alternativamente utilizzare i diversi strumenti finanziari a
disposizione (Export Credit, Garanzie, etc.) oppure intervenire in maniera diretta
sui fattori che rendono l’internazionalizzazione maggiormente complessa. La
capacità competitiva a livello internazionale potrà essere sorretta da interventi
studiati ad hoc che favoriscano la crescita delle dimensioni di un’impresa e della
sua patrimonializzazione. CDP ha per questo motivo creato due fondi: il Fondo
Italiano d’Investimento (FII) ed il Fondo Strategico Italiano (FSI), con la
possibilità di intervento diretto nel capitale sociale delle imprese creando così un
migliore ambiente per la crescita dimensionale e l’espansione all’estero. Il FII si
occuperebbe di rafforzare la patrimonializzazione delle imprese di medie e piccole
dimensioni attraverso l’utilizzo di 1,4 miliardi di euro. Il secondo fondo, il FSI
andrebbe invece a rivolgersi alle medio-grandi imprese operanti in settori reputati
di interesse strategico per il paese con l’obiettivo di rafforzare la loro posizione
competitiva e favorire la crescita attraverso l’utilizzo di un capitale sottoscritto di
4,4 miliardi di euro.
In maniera parallela, CDP ha altresì consolidato il sistema “Export Banca”
(portando il plafond a disposizione da 4 a 6 miliardi di Euro) proprio per la
necessità di sostenere le esportazioni italiane in un periodo in cui il credit crunch
rende ancora problematico il reperimento di fondi per le imprese. Il
coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti ha un valore strategico soprattutto per
ciò che concerne la possibilità di utilizzare risorse monetarie completamente
garantite dallo Stato italiano ed ottenute mediante la raccolta postale57. In
conclusione è possibile affermare che, con l’acquisto di SACE e SIMEST e la loro
sinergica collaborazione, si è reso il sistema a supporto delle imprese molto più
solido ed articolato, tanto da poterlo definire un vero e proprio “polo finanziario
per l’internazionalizzazione”.
56 Per una più ampia trattazione delle modalità e degli strumenti si veda il capitolo 257 La raccolta postale del risparmio (libretti e buoni fruttiferi) rappresenta la primaria fonte di raccolta di CDP. La raccolta postale è garantita dallo Stato Italiano e permette a CDP di utilizzare le risorse a disposizione per sostenere la crescita economica del paese.
99
4.3 Aspetti normativi e tecnici del sistema “Export Banca”
La necessità di superare la fase di contrazione del commercio internazionale che si
è avuto nel periodo successivo allo scoppio della crisi finanziaria, ha condotto i
policy-maker all’ideazione di un sistema integrato che potesse supportare
maggiormente i processi di internazionalizzazione migliorando le condizioni
dell’export credit e calmierando i tassi.
4.3.1 Normativa “Export Banca”
Il framework legislativo con cui è stato istituito il sistema “Export Banca” si basa
su due principali decreti emanati nel 2009 con il Decreto Legge 1° luglio 2009 n.
78 e nel 2010 con il Decreto Economia e Finanze 22 gennaio 2010, che
autorizzano la Cassa Depositi e Prestiti ad erogare a condizioni di mercato ed in
presenza di apposita garanzia SACE a copertura del 100% dell’importo, a favore
di banche italiane e succursali di banche estere operanti in Italia, risorse monetarie
per effettuare operazioni di finanziamento a sostegno dell’internazionalizzazione
delle imprese.
Nell’art.1 del d.m. MEF 22/2010 comma 2 e 3 vengono altresì individuate:
• Il livello massimo del margine, comprendente le eventuali commissioni
che la banca può sommare al costo della provvista fornita da CDP;
• La possibilità da parte di CDP di surrogare le banche, fornendo in via
diretta le risorse monetarie per le Operazioni di Finanziamento.
Il sistema “Export Banca” venne poi ufficializzato il 6 Aprile 2011 con la firma
congiunta di CDP e SACE della convenzione che prevede oltre l’apporto di
risorse finanziarie di CDP e la garanzie SACE, il coinvolgimento di alcune
banche individuate dalla Associazione Bancaria Italiana (ABI).
100
Figura 32: Banche aderenti al sistema “Export Banca” fonte:ABI
Le banche aderenti alla convenzione rappresentano il pool di istituti privati che
erogano i fondi per operazioni finanziabili di valore inferiore ai 25 milioni di
Euro.
4.3.2 Operazioni Finanziabili, condizioni di erogazione e modalità operative di
“Export Banca”
Non tutte le operazioni di export o di internazionalizzazione possono beneficiare
del plafond messo a disposizione nell’ambito di questo sistema. Infatti all’interno
della convenzione sottoscritta da CDP e SACE, vengono definite le cosiddette
“Operazioni Finanziabili”, che rappresentano le tipologie di operazioni che
possono servirsi della convenzione “Export Banca”. Esse sono rappresentate da:
• Esportazioni di forniture di beni o servizi da parte di imprese italiane o
estere controllate secondo lo schema del credito acquirente;
• Processi di internazionalizzazione posti in essere da imprese italiane;
• Processi di internazionalizzazione di interesse strategico per l’economia
italiana.
101
Inoltre esistono diverse condizioni sine qua non legate all’erogazione del
finanziamento, che hanno ad oggetto:
• Garanzia SACE: obbligo del 100% di copertura del finanziamento
mediante apposita garanzia emessa da SACE;
• Valuta: il finanziamento può essere erogato obbligatoriamente in Euro
oppure in altre valute forti come ad esempio il USD o GBP58;
• Ricorso al sistema bancario: il finanziamento nell’ambito dello schema
“Export Banca” potrà essere erogato esclusivamente se è stata data prova
che il sistema bancario non abbia voluto o potuto stanziare i fondi richiesti
per l’Operazione Finanziabile.
Una volta verificate le condizioni di applicabilità e la copertura dei requisiti
richiesti dalla convenzione, le imprese potranno beneficiare dei finanziamenti.
Esistono diversi modi con cui CDP può erogare i fondi richiesti dalle imprese:
come stabilito dal d.m. MEF 22/2010, Cassa Depositi e Prestiti potrà:
• Per importi richiesti uguali o superiori a 25 milioni di €: sostituire le
banche e porsi come direct lender attraverso la cd. Operatività Diretta;
• Per importi richiesti inferiori a 25 milioni di €: erogare provvista alle
banche attraverso la cd. Operatività Indiretta.
In quest’ultimo caso, CDP potrà fornire alle banche aderenti, attraverso dei
contratti di provvista, le risorse necessarie a finanziare le Operazioni Finanziabili
fino ad un ammontare massimo dell’80% del valore di queste ultime.
Tale modalità però prevede che:
58 La possibilità di erogare il finanziamento in valute diverse dall’Euro è stata prevista nel 2013 nell’ambito del rinnovo della convenzione “Export Banca”; per una descrizione più dettagliata si veda: https://www.abi.it/Pagine/news/Nuova-Convenzione-Export-Banca-tra-Gruppo-CDP-e-ABI.aspx
102
• Le banche aderenti cedano a titolo di garanzia i crediti generati dai
finanziamenti erogati in favore dei debitori finali;
• Rilascio di garanzia sul 100% dell’importo da parte di SACE in favore
della banca aderente così da coprire integralmente i rischi di mancato
rimborso di capitale degli interessi da parte del debitore finale, il rischio di
inadempimento della banca aderente o dell’assoggettamento di
quest’ultima a procedure concorsuali;
• Il margine applicabile dalla banca aderente sui finanziamenti delle
Operazioni Finanziabili non potrà in nessun caso superare il limite
massimo di 50 punti base per annum59.
E’ stato possibile anche individuare un contratto “standard” di provvista le cui
caratteristiche principali sono state qui brevemente riportate:
Valuta EuroRegime di Interesse Tasso VariabileDurata del contratto Compresa tra 5 e 20 anniProfilo di rimborso del capitale Ammortamento: quota capitale costanteFigura 33: Caratteristiche contratto standard di provvista fonte: elaborazione personale su dati forniti dal website di CDP
Invece, nel caso di Operatività Diretta, ovvero in presenza di Operazioni
Finanziabili per importi che superino o siano uguali a 25 milioni di Euro, CDP
potrà porsi come direct lender sostituendosi completamente o parzialmente alle
banche aderenti ed erogando direttamente ai debitori finali i fondi a disposizione.
Questa modalità prevede altresì:
59 Dal calcolo del margine sono incluse le eventuali commissioni, ma sono esclusi i costi relativi ad eventuali servizi di consulenza e di copertura dal rischio di cambio e di tasso.
103
• Il rilascio di una garanzia SACE, in favore di CDP, a copertura totale del
rischio di credito del debitore finale, relativo alla mancata restituzione
delle quote di capitale e dei relativi interessi;
• Il rilascio di un mandato a SACE per lo svolgimento di compiti quali
svolgimento di tutte le attività relativi alla fase istruttoria circa il merito
creditizio del debitore finale, verifica che le operazioni rientrino tra quelle
finanziabili individuate dalla norma di riferimento e gestione
amministrativa dell’operazione.
Le caratteristiche tecniche del contratto di finanziamento, in riferimento
all’Operatività Diretta, saranno analoghe a quelle del modello standard dei
contratti di provvista precedentemente descritti.
Altresì CDP partecipa al finanziamento delle Operazioni Finanziabili mediante
l’utilizzo del tasso fisso. Condizione sine qua non è l’utilizzo di un tasso fisso che
in nessun caso dovrà risultare minore al Commercial Interest Reference Rate
(CIRR) così come stabilito nel “Consensus”.
4.3.3 Gli elementi di successo del sistema “Export Banca” e le possibili
alternative
Mediante il sistema “Export Banca”, come abbiamo già affermato, si è andato a
colmare un vuoto in termini di strumenti a supporto dell’internazionalizzazione di
impresa. Questa tipologia di erogazione del credito è già presente in altre nazioni
come Germania, Francia e Stati Uniti. La possibilità per un’impresa di ottenere
tale tipologia di finanziamento rappresenta indubbi vantaggi in termini di
maggiore possibilità di investimento e crescita, fattori indiscutibili di successo e
che sono alla base della stessa sopravvivenza dell’impresa.
Già dai primi anni della crisi finanziaria cominciata nel 2007, si era avvertita la
necessità di rendere disponibili alle aziende fonti di finanziamento alternative che
consentissero di superare il credit crunch manifestatosi. Il sistema “Export Banca”
104
in effetti, soddisfa questa necessità offrendo liquidità al sistema dell’export credit
secondo le modalità descritte nei precedenti paragrafi.
Gli elementi di successo di tale sistema possono essere schematizzati come segue:
• Facilitare l’accesso al credito: come più volte ripetuto, il razionale alla
base di tale sistema è quello di creare un sistema parallelo a quello
tradizionale, permettendo così alle imprese le cui operazioni non sono state
finanziate dal settore privato di poter ottenere le risorse necessarie per
operare;
• Collaborare e non competere con il sistema bancario: come previsto
dalla stessa normativa, una delle condizioni irrinunciabili per l’erogazione
del prestito è la mancata accettazione della richiesta di finanziamento per
l’operazione da parte del sistema bancario;
• Calmierare i tassi: l’applicazione sul prezzo finale al debitore di un
massimo di 50 basis point oltre il costo sostenuto dalla banca per la
provvista permette di conoscere in anticipo il costo massimo del
finanziamento;
• Condizioni di mercato: il finanziamento è erogato a condizioni di
mercato, ovviamente questo si traduce in una minimizzazione delle
potenziali distorsioni alla concorrenza in quanto le condizioni offerte
riflettono quelle che sarebbero state proposte da soggetti privati sulla
medesima operazione;
• Mitigazione dei rischi: attraverso l’emissione della garanzia SACE per il
100% dell’importo finanziato, le banche non soffriranno pertanto di
problematiche relative all’accantonamento di risorse finanziarie come
stabilito dagli accordi di Basilea 3 potendo così utilizzare le risorse
disponibili per altre operazioni.
In conclusione, il sistema “Export Banca” rappresenta sicuramente una valida
alternativa al funding tradizionale che rimane comunque la principale fonte di
finanziamento per le imprese. Se l’operazione non dovesse essere approvata, non
beneficiando quindi del finanziamento nell’ambito di “Export Banca”, l’impresa
105
non avrebbe altra scelta (escludendo la rinuncia all’operazione) che ricorrere al
mercato, finanziandosi con strumenti quali, ad esempio, le obbligazioni. Questa
scelta però non è alla portata di tutti, in special modo le PMI, che nella maggior
parte dei casi non possiedono né la struttura né le capacità per affrontare questo
genere di operazioni. Per superare questa barriera, con i Decreti Sviluppo (art. 32,
d.l. 83/2012, convertito in legge 134/2012; art. 36, d.l. 179/2012, convertito in
legge 221/2012) e proseguito appunto fino alla conversione del Decreto
Destinazione Italia (art. 12, d.l. 145/2013, convertito in legge n. 9 del 21 febbraio
2014) il governo Italiano ha dato la possibilità alle PMI, con meno di 250
dipendenti e fatturato inferiore a 50 milioni di Euro e non quotate in Borsa
(rimanendo escluse da questa possibilità operative le cosiddette microimprese60) di
emettere, a particolari condizioni, tipi di obbligazioni denominati Minibond.
I Minibond rappresentano titoli di credito che un’azienda emette al fine di ricevere
risorse monetarie da utilizzare per i propri progetti di crescita. Questi
rappresentano uno strumento con il quale è possibile diversificare il funding
attraverso il collocamento di tali titoli presso investitori privati. Un ulteriore
vantaggio di questo strumento è dato dai minori costi relativi alla loro emissioni,
permettendo dunque una maggiore accessibilità alle piccole e medie imprese. La
Figura 34 mostra i costi ipotetici di un emissione da parte di un’impresa con
fatturato pari a 30 milioni di Euro, prestito obbligazionario con valore nominale di
5 milioni di Euro ad un tasso pari al 5,5% fisso a scadenza quinquennale.
Figura 34 : Costi emissioni Minibond in ipotesi restrittive fonte: Financial Innovations
60 Per microimpresa si intende un azienda con un numero di dipendenti inferiore a 10 ed il cui fatturato o totale di bilancio annuo non superi i 2 milioni di euro.
106
Dalla loro introduzione, tale tipologia di strumento ha avuto un crescente
successo tra le imprese, arrivando a raccogliere in meno di tre timestri quasi 500
milioni di €61.
Figura 35 : Volume trimestrale emissione Minibond (valore in milioni di Euro)fonte: elaborazione Epic su dati BorsaItalia
Nonostante il livello di emissione sia ancora basso, il livello di emissioni è
aumentato notevolmente nell’ultimo trimestre del 2014 (come è possibile
osservare dalla Figura 35), per questo è possibile concludere che nei prossimi anni
questo strumento innovativo potrebbe diventare tool di uso comune.
Per concludere è possibile affermare come questi strumenti rappresentino una
valida fonte di auto finanziamento, consentendo alle imprese, di trovare
un’ulteriore alternativa al reperimento dei fondi necessari a finanziare le proprie
operazioni di internazionalizzazione.
61 Il sole 24 ore, “La riscossa dei mini-bond” (29 Settembre 2014)
107
4.4 Un caso pratico: il finanziamento al gruppo Maccaferri
Nell’ottobre del 2013 il gruppo Maccaferri ha ottenuto, nell’ambito del
sistema “Export Banca”, un finanziamento di circa 36 milioni di Euro per lo
sviluppo delle attività internazionali del gruppo industriale italiano. La
Maccaferri ha una lunga tradizione nel panorama industriale italiano: ha oltre
un secolo di operatività, con attività ben diversificate ed una presenza
internazionale di rilievo. Il gruppo fornisce prodotti, servizi e tecnologia a
mercati presenti in tutto il mondo, con una presenza focalizzata in varie aree di
business che spaziano dal settore ambientale a quello energetico a quello
alimentare e biotecnologico.
Nel 2012 la Maccaferri ha presentato un fatturato consolidato di circa 1.366
milioni di Euro, dei quali più della metà realizzati all’estero, con circa 4.700
dipendenti dislocati in 53 stabilimenti industriali, di cui 18 in Italia, 9 in
Europa, 4 in Nord America, 10 in Centro e Sud America, 1 in Africa, 11 in
Asia. Il finanziamento ottenuto riguarda lo sviluppo di alcune attività estere
del Gruppo, detenute tramite la holding SECI Spa e relative ai settori
dell’ingegneria ambientale, dell’energia e dell’agroindustria. Nell’ambito del
finanziamento, una linea di credito da 25 milioni di euro è erogata da CDP con
garanzia SACE al 100%, mentre i restanti 11 milioni di euro sono forniti da
BNL Gruppo BNP Paribas, per un importo totale di 36 milioni di Euro.
L’operazione è nata per supportare il Gruppo Industriale Maccaferri nel piano di
investimenti industriali all’estero delle proprie controllate, in particolare:
• Nell’ ampliamento degli stabilimenti delle Officine Maccaferri (ingegneria
ambientale) in Cina, Bolivia, Perù, Brasile, Russia, Turchia ed India;
• Nello sviluppo da parte di Seci Energia e sue controllate delle iniziative
estere nel settore delle fonti rinnovabili, in particolare dei comparti idroelettrico
e fotovoltaico;
• Nell’ ampliamento delle fonti di approvvigionamento estere nel settore
agroindustriale, attraverso lo sviluppo di integrazioni verticali per quanto
concerne lo zucchero (Eridania) e il tabacco (Manifatture Sigaro Toscano).
108
Lo schema seguito da questa operazione ricalca le modalità operative definite:
la maggior parte del finanziamento (25 milioni di Euro) è stata erogata dalla
CDP, che ha agito quindi come direct lender, mentre la rimanenza è stata
versata dalla BNL, banca aderente all’iniziativa, tutto coperto da garanzia
SACE. Il tasso concordato è di tipo variabile, con una restituzione del prestito
variabile tra 5 e 20 anni.
109
Capitolo 5: Conclusioni
Nel corso di questo elaborato sono stati presi in esame i vari aspetti caratteristici
di una credit export agency. E’ da rilevare che le differenze riscontrate sono tutte
attribuibili alle diverse politiche adottate dal paese di origine dell’ECA, ma che la
base comune, quella di favorire, attraverso strumenti di supporto economico-
finanziario, l’export delle imprese nazionali (in ogni caso nell’ambito di
normative e regole internazionali), sia rigorosamente valido per tutte. Abbiamo
esaminato e descritto le varie operazioni che possono essere realizzate da queste
agenzie, con particolare riferimento al panorama italiano, nel quale è protagonista
la SACE. L’ Italia è uno dei grandi player nel commercio mondiale, con un ruolo
di grande potenza manifatturiera, oggi in palese difficoltà a causa della crescente
competizione di altri Paesi e di una propria crisi interna causata probabilmente sia
da politiche nazionali poco lungimiranti e da scelte strategiche di molte aziende
non adeguate alle condizioni di mercato.
E’ comunque un dato di fatto che le aziende italiane che si sono mosse sui mercati
internazionali, sia per stabilire proprie unità produttive o solo per esportare i
propri prodotti, si siano dimostrate quelle maggiormente in grado di resistere alla
crisi economica che ha attanagliato il nostro Paese in questi ultimi anni. Investire
od essere operativi su più mercati dovrebbe in qualche modo coprire i rischi legati
all’andamento di un singolo mercato, rendendo le società diversificate
geograficamente e produttivamente meno soggette a variabilità del fatturato legate
all’andamento della domanda o di altri fattori macroeconomici e beneficiando, in
ultima analisi, della diversificazione geografica.
5.1 La crisi e le difficoltà delle PMI italiane ed il ruolo della SACE
Le PMI Italiane, spina dorsale del sistema produttivo nazionale, sono in questi
ultimi anni in grande difficoltà, data la loro dimensione, a causa di molte
ragioni tra cui:
110
• Aumento del carico di oneri finanziari richiesti dal sistema creditizio;
il reperimento di risorse economiche necessarie alla gestione operativa
dell’azienda è di fatto in molti casi la principale preoccupazione di
molti imprenditori;
• La mancanza di una sensibilità riguardante l’assunzione in azienda in
risorse umane e competenze che possano permettere un salto in avanti
nelle performance aziendali, probabilmente dovuta alle difficoltà
economiche;
• La poco diffusa internazionalizzazione delle proprie attività che collega
naturalmente a doppio filo il risultato economico aziendale alla crisi del
mercato italiano.
In Italia le grandi imprese (con un numero di dipendenti superiore alle 250 unità)
rappresentano solo lo 0,1% del totale delle imprese62, con le PMI in Italia,
producono quasi il 60% del PIL, procurando occupazione a poco più del
60% dei lavoratori e sono quindi un pilastro fondamentale dell’economia
nazionale. Questo settore ha subito maggiormente l’impatto della crisi
proprio a causa delle sue limitate dimensioni e capacità, fattori che invece in
passato avevano caratterizzato fattori di crescita, pur se in altri contesti
macroeconomici. Si ricorda il famoso motto “piccolo è bello” con cui veniva
definito il sistema delle PMI in Italia.
Le difficoltà economiche dell’Italia, unita ad una intrinseca debolezza dovuta ad
un sistema statale non efficiente, si sono ripercosse su tutto il suo sistema
produttivo, ma con maggiori contraccolpi per i player più piccoli, cioè le PMI
(composte al 94% da microimprese). Ad oggi, l’accesso al credito è il maggiore
problema che deve affrontare un imprenditore. Al contrario, nazioni che non
hanno subito questa limitazione di credito, come ad esempio le PMI tedesche, non
hanno grossi problemi nelle loro performance, e possono pensare a conquistare
nuovi mercati e nuovi clienti, con nuovi investimenti sia in attrezzature che in
risorse umane specializzate ed adeguate al ruolo che si richiede.
62 KPMG “Italy works : idee e strumenti per la crescita”, 2012
111
Il ruolo della SACE riveste quindi un importanza ancora più marcata rispetto al
ruolo di una semplice ECA, potendo con le sue garanzie “alleviare” in qualche
maniera il carico di garanzie richieste dal sistema bancarie alle aziende
esportatrici. E’ però di fondamentale importanza che le condizioni di accesso ai
servizi SACE siano profondamente sburocratizzati, con procedure snelle e
soprattutto chiare e senza complicazioni. In uno studio pubblicato dalla Banca
d’Italia63 si fa riferimento ad un sistema statale a supporto dell’export complesso e
con difficoltà di coordinamento, spesso conducenti a sovrapposizioni fra i vari
enti. Emblematica risulta la frase «Ne consegue che il Sistema paese, pur
assorbendo ingenti risorse umane e finanziarie, anche in confronto con i
principali partner europei, sconta un ritardo nella capacità di favorire
l’insediamento e l’espansione sui mercati esteri delle imprese italiane» (F.V.
Caffarelli, G.Veronese, 2013). E’ quindi auspicabile che il governo italiano
prenda le opportune misure per rendere più “semplice” il percorso che una PMI
deve intraprendere per cercare di espandere le proprie attività all’estero. Una tale
semplificazione, oltre a dare una strategia unitaria e non frammentata di azione,
molto probabilmente permetterebbe l’accesso a mercati esteri per una grande
quantità di aziende in questo momento relegate al mercato nazionale, consentendo
loro di assicurarsi prospettive commerciali sicuramente più ampie.
5.2 Un possibile scenario di aggregazione delle ECAs europee
Ogni ECA è legata alle politiche commerciali del proprio paese ed alle sue
vicissitudini economiche e sociali. Si sono identificati abbastanza chiaramente in
questi ultimi anni dei trend di sviluppo di paesi dotati di enormi potenziali
(materie prime, capacità tecnico-scientifiche, capacità produttive) tra cui si
collocano le economie emergenti del pianeta (i paesi dell’area BRICS) ed alcune
nazioni avanzate (USA, Germania, Giappone). Si riscontra d’altro canto un
ristagno economico, se non un declino, di alcune altre nazioni, perlopiù
appartenenti all’ Unione Europea (Italia, Francia, UK, Spagna etc.). L’UE, nella
sua totalità, esporta beni per un valore pari a circa un terzo del suo GDP; nel 2011
il dato sull’ export si attesta a circa 4.400 miliardi di Euro64. Assistiamo quindi per 63 Banca D’Italia, “Il Sistema paese a supporto dell’internazionalizzazione” (Settembre 2013)64 European Banking Federation “Funding Conditions in export credit markets” (Maggio 2013)
112
questa area ad una situazione a due velocità: da un lato, i paesi che continuano ad
utilizzare gli schemi dell’export finance per primeggiare nella competizione
internazionale, sempre più ardua. Dall’altro, tutti i paesi che sono stati fortemente
colpiti dal peggioramento delle loro economie a seguito di fenomeni recessivi e da
paventate crisi del loro debito sovrano, che sono in difficoltà nell’ottenere
finanziamenti per grandi volumi commerciali, anche con il supporto delle loro
ECAs. Queste difficoltà si traducono generalmente in una richiesta di tassi
d’interesse maggiori. Ciò comporta che banche di determinate nazioni europee, in
alcuni settori industriali, siano attualmente impossibilitate ad offrire gli stessi
termini offerti dalle loro controparti in altri paesi. Nel frattempo, la competizione
internazionale nel mercato dell’export credit è diventata sempre più forte, sulla
scia delle forti spinte che governi di nazioni extra UE stanno dando ai rispettivi
export, visto quale mezzo per stimolare la crescita economica e l’occupazione. Per
esempio, nel caso USA, gli esportatori di quella nazione stanno beneficiando di
maggiori volumi di autorizzazioni da parte della loro ECA, la Exim Bank, che
hanno raggiunto il valore record, mai raggiunto in precedenza, di circa 35,8
miliardi di USD durante l’anno 2012. Queste considerazioni, da sole potrebbero
indicare la strada per una maggiore crescita dell’area europea con l’auspicio della
creazione di una singola “ECA” a livello continentale, che prenda il posto delle
varie agenzie nazionali. L’Unione Europea ha un singolo mercato per gli Stati
membri, è il più grande blocco commerciale nel mondo e da sola pesa per più del
16% delle esportazioni mondiali. Purtroppo gli Stati membri sono un gruppo
molto eterogeneo di nazioni che differiscono in grandezza, risorse, basi
industriali, beni esportati e servizi. Per tale motivi, gli Stati hanno politiche
commerciali e necessità differenti pur tuttavia l’Unione Europea ha una
competenza esclusiva nell’area della politica commerciale comune e ciò include la
discipline dell’export credit nei confronti di organizzazioni internazionali. La
fornitura delle assicurazioni e delle garanzie per l’export credit è naturalmente una
competenza dei singoli Stati dato che non esiste un prodotto “europeo”,
nonostante sia in vigore una normativa che prevede la certificazione CE per tutti i
prodotti fabbricati in Europa. Però quando si devono stabilire le regole e le
discipline applicabili a livello mondiale, alle assicurazioni ed all’emissione delle
113
garanzie per l’export credit la competenza e/o il coordinamento è delle autorità
europee e per tanto la UE negozia con le altre nazioni come un’unica entità. La
creazione di un'unica ECA europea partirebbe quindi da posizioni già attualmente
esistenti. I principali vantaggi che questa nuova ECA porterebbe sarebbero quelli
di:
• Rappresentare il più grande blocco commerciale al mondo;
• Offrire a tutte le aziende europee le stesse condizioni economiche;
• Poter negoziare, a livello politico, con nazioni emergenti, per la
realizzazione di progetti “paese”, in grado di influenzare positivamente le
economie di quelle aree – si pensi ad esempio al proposto progetto
“Desertec” nel campo delle energie rinnovabili ed all’influenza che questo
ciclopico progetto potrebbe avere su tutti i paesi nordafricani. Le ricadute
di quest’opera sarebbero state ripartite tra le varie aziende europee
operanti nei settori interessati.
• Con una maggiore quantità di risorse disponibili, il volume di
assicurazioni per l’export sarebbe maggiore di quanto attualmente
cumulativamente realizzato dalle singole ECAs europee, favorendo di fatto
le economie di tutti gli Stati membri e l’occupazione globale europea.
Di contro ci sarebbero le opposizioni degli Stati che in questo momento sono più
favoriti dallo status quo, in primis le economie nordeuropee, e la evidente
difficoltà nel rendere omogenei aziende, mentalità ed abitudini commerciali
diverse.
5.3 Il futuro delle ECAs
Il futuro delle ECAs è strettamente legato all’andamento del commercio mondiale,
all’andamento dell’economia del paese a cui la singola ECA è legata ed alle
politiche governative nazionali di supporto all’export. Le ECAs continueranno nel
114
loro mandato di fornire assicurazioni sul rischio di credito e sul rischio politico, di
assicurare garanzie e in taluni casi fornire finanziamenti diretti. Come già
riportato in altri capitoli di questa tesi, l’utilizzo di strumenti normalmente offerti
dalle export credit agencies è strettamente legato al ciclo economico; difatti in fasi
di boom (per dirlo alla Minsky) economico, gli operatori tendono ad essere più
propensi ad accettare il rischio, con conseguenti ricadute negative sul volume di
affari delle ECAs. Pensare comunque alla loro dismissione nel breve-medio
periodo non appare realistico, in base alle seguenti motivazioni:
• L’accordo denominato Basilea III impone al sistema bancario delle
riserve valutarie a fronte dell’ammontare di rischio sostenuto nei
vari comparti operativi. Dunque, minori risorse sono disponibili in
tutto il sistema, ed a maggior ragione per l’export credit, che
favorisce quindi l’azione delle ECAs con le loro garanzie, influenti
alla riduzione dei risk weighted assets (RWA) e corrispondente
riduzione del capitale da inserire a riserva a fini prudenziali.
• Dopo lo scoppio della crisi economica dovuta alla bolla dei mutui
sub-prime, gli operatori finanziari sono meno propensi ad assumere
rischi, lasciando anche qui spazio all’attività delle ECAs di
supporto alla mitigazione dei rischi.
• Il commercio mondiale sembra destinato a crescere in volume nei
prossimi anni, sia per le politiche di liberalizzazione adottate quasi
globalmente sia per lo sviluppo delle comunicazioni e delle
tecnologie informatiche: il volume degli scambi commerciali
internazionali è pari oggi a circa 15 volte i livelli del 1950.
• La crescente competizione internazionale rende le imprese
operanti su mercati esteri sempre più disposte ad accettare rischi
maggiori, pur di acquisire commesse. Questo rende l’operato delle
ECAs sempre più necessario.
Il ruolo futuro delle ECAs è quindi assicurato, purché si mantenga fermo
l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile, economicamente bilanciato e che,
115
prendendo esempio dall’ Exim Bank statunitense, il loro operato sia d’impatto
zero sui contribuenti per le agenzie statali e che operi in un’ottica di
riempimento dei vuoti lasciati dal settore privato in modo da non creare
fenomeni di distorsione della concorrenza.
Le ECAs devono comunque mantenere un approccio flessibile al mercato ed alle
sue esigenze, e non dimenticare mai la loro missione, quella di essere uno
strumento, per molti versi estremamente sensibile, per stimolare l’abilità di una
nazione a competere internazionalmente.
116
Indice figure
Figura 1 : Vecchio e nuovo paradigma della competizione.............................................9
Figura 2 : Variazioni % annuali del PIL mondiale per area geo-economica ...................23
Figura 3 : I primi 20 esportatori mondiali di merci.......................................................24
Figura 4 : Esportazioni di merci per area geografica ....................................................25
Figura 5 : IDE in entrata per aree geo-economiche......................................................25
Figura 6 : Variazioni annuali del PIL Italiano.................................................................26
Figura 7 : Competitività e quote di mercato delle esportazioni Italiane fonte: ICE su dati Banca d’Italia, Eurostat, OMC......................................................................................27
Figura 8 : Flussi IDE in entrata verso i principali Paesi destinatari ...............................27
Figura 9 : Flussi IDE in uscita dai principali Paesi .........................................................28
Figura 10 : I Paesi a maggiore crescita (in giallo) secondo E&Y.....................................29
Figura 11 : Quote di mercato dell' Italia per aree geografiche .....................................30
Figura 12 : Internazionalizzazione commerciale/produttiva delle imprese Italiane .....30
Figura 13 : Sostegno pubblico all’internazionalizzazione delle imprese Italiane...........31
Figura 14 : Schema del credito acquirente...................................................................43
Figura 15 : Classificazione del rischio paese .............................................................46
Figura 16 : Country Risk Category ................................................................................47
Figura 17 : Buyer risk category/ Country risk category ................................................47
Figura 18 : Product Quality/ Country Risk Category ....................................................48
Figura 19 : Percentuale del coefficiente di copertura...................................................48
Figura 20 : Assicurazione del credito............................................................................60
Figura 21 : Percentuale di perdite registrate sui crediti per settore (EUROPA).............66
Figura 22 : Effetto delle perdite sui crediti ..................................................................67
Figura 23 : Esempi di strumenti di finanza agevolata per l’internazionalizzazione in Italia fonte: SIMEST.....................................................................................................71
Figura 24 : Quote di mercato europee 2006 delle principali ECAs ..............76
Figura 25: Importi assicurati da SINOSURE dal 2002 al 2010 .......................................78
Figura 26 : Volume (in miliardi di Euro) delle principali ECAs ............................86
Figura 27 : Volumi di affari delle ECAs considerate...............................................86
Figura 28 : Assetti proprietari di ECAs ........................................................................87
Figura 29 : Strumenti Offerti .......................................................................................89
Figura 30 : Canali di Distribuzione ............................................................................91
117
Figura 31 : Struttura del “Sistema Italia” .....................................................................94
Figura 32: Banche aderenti al sistema “Export Banca” ..............................................101
Figura 33: Caratteristiche contratto standard di provvista ........................................103
Figura 34 : Costi emissioni Minibond in ipotesi restrittive..........................................106
Figura 35 : Volume trimestrale emissione Minibond (valore in milioni di Euro).........107
118
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