Tesi di Laurea - Richard Benecchi.pdf
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ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI
“FRANCO VITTADINI” PAVIA
DIPLOMA ACCADEMICO DI II LIVELLO BIENNIO INTERPRETATIVO
REALIZZAZIONI DI BRANI MUSICALI TRATTATI DAL
LIBRO PRIMO DI VILLANELLE A 1. 2. E 3. VOCI DI ANDREA FALCONIERI
Tesi di Laurea di: Richard Benecchi
Relatore: Prof. Massimo Lonardi
Anno Accademico 2012/2013
Indice
Introduzione ……………………………...……………………………….…..………...1
Definizione del termine Villanella ……………………………………….……...…..….3
L’origine delle villanelle ……………………………………………………...……...…5
La Villanella nel seicento ………………………...…………………………..………..13
Andrea Falconieri – Cenni biografici ………………………………………….………17
Il Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri ……………………………….....….29
La realizzazione estemporanea del Basso Continuo ………………………..…...….….35
L'alfabeto per la chitarra "alla spagnuola" …………………………………..…………37
Esempi di realizzazione tiorbistica ………………………………………………….…45
Trascrizione in notazione moderna di alcune villanelle dal
Libro Primo di Villanelle a 1. 2.e 3. voci di Andrea Falconieri
con la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba ……………..……..49
Fonti e Bibliografia …..…………………………………………………………..…….63
Illustrazioni
Frontespizio e indice
Canzoni Villanesche alla Napoletana, Velardiniello (attribuito),
Napoli, Giovanni de Colonia, 1537……………………………...…………………...6
Frontespizio
Libro Primo di Villanelle a 1. 2.e 3. voci, Andrea Falconieri,
Roma, Battist Robletti, 1616……………………………………...……………...…29
J’ay le rebours di Pierre Certon
Second Livre de Guiterre, Vari compositori, Paris, Adrian Le Roy, 1556…....37 – 38
Tabella dell’alfabeto per la chitarra spagniuola - Nuova Inventione d’Intavolatura
per sonare li balletti Sopra la Chitarra Spagniuola, Girolamo Montesardo,
Firenze, Christofano Marescotti, 1606………………………...………………...….39
Tabelle dell’alfabeto e vari regole per suonare sopra la parte del basso
Varii Caprici per la Ghittara Spagunola,
Francesco Corbetta, Milano, 1643………………………………………….....43 – 44
Cor mio non languire
Il primo libro de madrigali a cinque voci, Salomone Rossi, Venezia, 1600……….45
Come Lasciar
Libro terzo di villanelle a 1. 2. & 3. voci,
Giovanni Girolamo Kapsperger, Roma, 1619………………………………......….46
Occhi vaghi occhi lucenti
Le Stravaganze d'amore a una, due et tre voci,
Flamminio Corradi, Venezia, 1616………………………………………......47 – 48
1
Introduzione
Dovendo illustrare le ragioni per le quali ho scelto come argomento della presente
tesi le villanelle di Andrea Falconieri, devo confessare che l'interesse per questa materia
è scaturito sia da ragioni personali che da interessi professionali. Nato negli Stati Uniti,
ma essendo discendente di una famiglia italiana in origine – specificamente della zona
di Parma – ho sempre avuto una naturale curiosità verso la storia del luogo d’origine dei
miei antenati, che negli anni ha preso varie forme tra cui la ricerca personale delle radici
familiari.
Quando il servizio nella Marina Militare degli Stati Uniti mi ha portato a Napoli nel
1987, ho avuto l’opportunità di imparare la lingua italiana e conoscere la gente dalla
zona. In questo periodo, ho incontrato Maria Caruso, violinista di Pozzuoli. Iniziammo
subito una collaborazione musicale, e alcuni anni dopo siamo diventati marito e moglie.
Durante questo soggiorno in Italia ho acquisito un forte interesse per la storia e la
filologia della musica antica Napoletana.
Dopo esserci trasferiti e aver vissuto per dieci anni negli Stati Uniti dove entrambi
abbiamo continuato gli studi musicali, siamo approdati di nuovo in Italia, questa volta
nella zona di Parma. Nell’anno 2000, ho avuto la possibilità di realizzare il desiderio di
trovare le mie radici, studiando la storia di Parma da vicino, e incontrando alcuni dei
miei parenti della parte della famiglia che non era emigrata negli Stati Uniti.
Essendo liutista, ho maturato una forte interesse per i liutisti che furono attivi alla
corte dei Farnese a Parma. Fra questi Andrea Falconieri ha catturato la mia attenzione
in modo particolare. Nato e istruito a Napoli, compositore di villanelle (una forma
musicale per la quale avevo acquisito un gusto particolare durante il tempo trascorso a
Napoli) essendo in oltre uno degli migliori liutisti attivi a Parma, ma anche una specie
di peregrino nel mondo (una cosa con cui posso identificarmi), mi è sembrato naturale
scegliere la figura di Andrea Falconieri come oggetto di studio.
2
Per ragioni professionali, desideravo inoltre approfondire la prassi del basso
continuo. Ho il piacere di collaborare con mia moglie Maria, che oltre a suonare
violino, è laureata in canto e suona anche la viola da gamba. Siamo attivi musicalmente
nella zona di Parma e in altre città, spesso in duetto o con il nostro ensemble “Silentia
Lunae”, collaborando con numerosi altri musicisti. Il mio ruolo come liutista/tiorbista
richiede la conoscenza del basso continuo.
La tesi tratta dei seguenti argomenti:
- Definizione del termine Villanella.
- Origine del genere e il suo sviluppo nel XVII secolo.
- Cenni biografici sulla vita di Andrea Falconieri.
- Descrizione del Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri.
- Discorso sulla realizzazione estemporanea del Basso Continuo partendo dal
trattato di Agostino Agazzari.
- Note sulla storia e uso del sistema alfabetico per la chitarra “alla spagnuola”.
- Esempi di alcuni di brani dal Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri, con
la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba.
3
Definizione del termine Villanella
Il dizionario Harvard Concise Dictionary of Music definisce così la parola
Villanella:
Un tipo di musica vocale seicentesca che ebbe origine a Napoli e che, sia in testo e musica,
rappresenta un netto contrasto con le ricerche del madrigale contemporanea. Un dispositivo
parodistico della Villanella è il suo uso frequente di quinte parallele “proibite”.1
La parola Villanella ha origine dalla parola italiana villano (uomo di campagna) che
deriva dal Latino medioevale villanus. Il nome definisce una canzone profana del
cinquecento, solitamente per tre voci o con accompagnamento strumentale (solitamente
il liuto). La villanella, anche conosciuta come canzone villanesca, comparve
inizialmente a Napoli, e quindi molto spesso è anche chiamata Villanella alla
Napoletana. La villanella era strettamente imparentata ad altre forme leggere di musica
vocale, come la mascherata, la moresca, la greghesca, la villota, e la giustiniana. La
villanella, dalla sua comparsa nel 1537 divenne subito popolare, e già verso la metà del
secolo, fu una delle più celebri forme di canzone in Italia.
I testi di queste composizioni sono solitamente rustici, comici o satirici, e talvolta
fanno la parodia di testi e musica di madrigali ben conosciuti. Lo schema delle rime
delle strofe nelle prime forme Napoletane sono normalmente AA B CC. La villanella
era frequentemente scritta in forma accordale con ritmi chiari e semplici. Alcune regole
di composizione erano volutamente ignorate: i movimenti proibiti delle voci in quinte
parallele erano comuni nelle villanelle.
Però non tutti i musicisti di quel tempo approvavano questo stile. Thomas Morley,
nella sua opera A plaine and easie introduction to practicall musicke (1597) dà la sua
schietta opinione della villanella nei seguenti termini:
L’ultimo grado di gravità (se ne hanno affatto) è dato alle Villanelle o canzoni di
campagna, che sono fatte solo per amore della canzonetta e sono impostate in modo da
1 Don Michael Randel, Villanella, in Harvard Concise Dictionary of Music, Cambridge,
Massachusetts – London, England, The Belknap Press of Harvard University Press, pp. 541-542.
4
esprimere la natura di questo genere. Il compositore (nonostante sia eccellente) non esiterà
a scrivere molti accordi perfetti in successione, perché così facendo non troverà nulla di
colpevole, (considerandolo appropriato allo stile) nel creare una musica popolaresca per
una soggetto popolaresco e, anche se molte volte la canzoncina è abbastanza elegante, dato
che porta il nome di Villanella il compositore si prenderà quelle libertà che sono
giustificabili in una composizione buona per l’aratro ed il carro.2
Ma nonostante le critiche di Morley, la Villanella diventò così popolare e diffusa che
si espanse praticamente in tutta Europa. Questo genere di composizione fu adottato da
tantissimi compositori inclusi alcuni di altissima reputazione e fama, e continuò ad
essere usato e sviluppato in altre forme, mantenendo la sua popolarità fino al 1700 circa.
2 Thomas Morley, A plaine and easie introduction to practicall musicke, London, Peter Short, 1597,
pp. 205-206. Testo originale in inglese: “The last degree of gravity (if they have any at all) is given to the
Villanelle or country songs, which are made only for the ditty's sake for, so they be aptly set to express
the nature of the ditty, the composer (though he were never so excellent) will not stick to take many
perfect chords of one kind together, for in this kind they think it no fault (as being a kind of keeping
decorum) to make a clownish music to a clownish matter, and though many times the ditty be fine
enough, yet because it carrieth that name Villanella they take those disallowances, as being good enough
for plough and cart.”
5
L’origine delle villanelle
In Italia le composizioni strofiche erano molte diffuse, basti pensare al repertorio
frottolistico di corte. Il nome Frottola definiva una composizione musicale a quattro
voci, con eventuali inserti di musica e di poesia popolare (nio), era molto diffusa verso
la fine del quattrocento, e fiorì soprattutto a Mantova nell’ambito della corte d’Este.
Marco Cara e Bartolomeo Tromboncino furono i due compositori più rappresentativi di
questo genere. Altre forme parzialmente ispirate al genere popolare erano la Villota, lo
Strombotto e la Villanesca.
Le prime notizie riguardo alla Villotta risalgono al 1486. Fu una forma di
composizione musicale di ispirazione popolaresca, talvolta in dialetto locale, a tre o
quattro voci con ritmi di danza che ebbe origine nel nord d’Italia, in area veneta.
Esisteva un tipo di villotta elegante, elaborata a quattro voci per le classi colte, e, una
villotta più dichiaratamente popolare cantata e ballata da un solista e da un insieme
vocale. La struttura della villotta moderna è composta da quattro versi di undici sillabe
seguiti da un ritornello. Il nome Villotte è ancora usato oggi per le canzoni popolari del
Friuli.
Lo Strambotto solitamente aveva la forma AB AB AB CC oppure AB AB AB AB. I
musicologi Monti e Einstein svilupparono la teoria secondo la quale la canzone
villanesca è derivata dallo strambotto. Questa teoria è basata sulla somiglianza delle
forme poetiche, in quanto la canzone villanesca o villanella era semplicemente un
strambotto allargato con l’aggiunta di un ritornello dopo ogni distico, creando una tipica
forma di ABCD ABCD ABCD EECD.
La parola Villanesca fu usata inizialmente per descrivere diverse forme di poesia
dialettale. Fra i sonnet di Marsilio de Carrar e Francesco Vannozzo nel tardo XIV°
secolo, si trovano poesie in dialetto intitolate “Villanesco”, e, nel quattrocento,
tradizioni e costumi rurali furono imitati e rappresentati in vari forme letterarie, molte
delle quali furono messe in musica. Da questa pratica sarebbe nata la Villanesca come
forma musicale.
6
Anche se non ci sono esempi di Canzone Villanesca alla Napoletana anteriori al
1537, questo non significa che il genere, diventato subito popolare, sia stato creato da
un solo compositore. E’ più probabile che la collezione contenesse trascrizioni di brani
che facevano parte di una tradizione lirica preesistente.
Le Canzoni Villanesche alla Napoletana furono stampate a Napoli da Giovanni de
Colonia nel 1537. La raccolta, attribuita da alcuni studiosi a Velardiniello, anche
conosciuto come Belardiniello, reca sulla copertina l’immagine di tre donne che
zappano la terra. L’antologia, in piccolo formato, contiene i seguenti quindici brani:
Madonna, tu mi fai
Madonna, tu sei intrata
Fatti li fatti tuoi
Fra quante donne
Chi cerca de vedere
Voglia mi venerdì
Deh quando ti veggio
Boccucia de no persico
Dove nascesti
Che sia malditta
Tu sai che
Va figlia bella
Ianni de l’uorto
Voi cognosciete
O vecchia tu che guardi
Probabilmente la composizione più famosa e primitiva della collezione è Voccuccia
de no pierzeco apreturo (Boccuccia come un fiore di pesco che sta per schiudere),
ricordata dai poeti Napoletani Basile, Sgruttendio, Galiani, e anche resa popolare nei
nostri giorni attraverso la ricerca di Roberto De Simone, e le registrazioni della Nuova
Compagnia di Canto Popolare.
7
Voccuccia de no pierzeco apreturo,
mussillo de na fica lattarola,
s'io t'aggio sola
dinto de quist'uorto,
nce pozza restà muorto
si tutte sse cerase non te furo…
(Boccuccia di pesca matura, musetto di fico lattiginoso, se ti incontrerò da sola nell'orto,
possa io morire se non riuscirò a rubarti queste ciliegie.)
L’aggettivo villanesco (dal villano) nel senso stretto significa rustico o rude, ma in
questo nuovo contesto indica che i poeti-musicisti napoletani sono stati influenzati dalla
musica e dalla poesia tradizionale.
Questa pubblicazione fu la prima di una lunga serie di libri che diffusero questa
nuovo genere di canto in tutta l’Italia e oltre i suoi confini. In seguito, molte raccolte di
villanelle furono stampate a Venezia. Verso la metà del XVI secolo, la villanella
divenne una delle forme musicali più popolari in Italia.
Il primo compositore di villanelle di cui conosciamo l’identità è il Napoletano
Giovanni Domenico da Nola (c. 1510-1520 – May 1592). Questo autore nacque nella
città di Nola, vicino a Napoli, nella pianura fra Monte Vesuvio e le Appennini. Insegnò
canto alle donne dell’ospedale della chiesa e anche ai diaconi al seminario. Era poeta e
compositore e fu stato membro fondatore dell’Accademia dei Sereni in 1546-1547. Fu
nominato maestro di cappella alla SS Annunziata a Napoli in 1563, dove svolse le sue
funzioni per 29 anni, fino alla morte.
La prima pubblicazione di Da Nola “Canzoni villanesche” (1541), consisteva in due
libri, contenenti 31 villanesche e 11 mascherate. Questi libri erano molto stimati dai
colleghi, e elaborazioni dei suoi brani sono stati fatte da Orlando di Lasso, Hubert
Waelrant, Adrian Willaert, Baldassare Donato, Perissone Cambio, ed Antonio
Scandello.
8
Nel 1545 Da Nola pubblicò un libro di madrigali. Dei 29 lavori inclusi nel libro, 22
utilizzano poesie di Petrarca. Più tardi pubblicò un secondo libro di madrigali per
cinque voci. Altri due libri sono perduti. Da Nola diede il suo contributo a varie
antologie con alcuni madrigali.
Le pubblicazioni di Da Nola includano:
Canzoni villanesche (Venezia, 1541) – una copia sola sopravive in una biblioteca
polacca
Madrigali (Venezia, 1545, 4 voci)
Liber primus motectorum (Venezia, 1549, 5 voci) - incompleto
Il secondo libro de madrigali (Roma, 1564, 5 voci) - incompleto
Il primo libro delle villanelle alla napolitana (Venezia, 1567, 3 e 4 voci)
Cantiones vulgo motecta appellatae (Venezia, 1575, 6 voci) - perso
Il quarto libro di madrigali (5 e 6 voci) - perso
5 napolitane, tre intavolate per liuto
15 madrigali pubblicati o trascritto altrove
Il secondo compositore di villanelle di cui conosciamo l’identità è Giovan Tomaso di
Maio (c. 1490 – c. 1550). Nato a Napoli c. 1490, fu organista alla Santa Casa dell'
Annunziata di Napoli dal 1540 fino ad almeno il 1548, e probabilmente servì anche in
qualità di maestro di cappella. La sua posizione all'Annunziata e le sue pubblicazioni a
stampa indicano che Maio fu uno dei i più importanti musicisti presenti a Napoli
durante il periodo di transizione fra la dinastia Aragonese e l’inizio del epoca vicereale.
Le sue prime composizioni sono stati pubblicate nel 1519 nella collezione I fioretti di
frottole barzellette capitoli strambotti e sonetti, Libro secondo, stampato a Napoli da
Ioanne Antonio de Caneto. La pubblicazione contiene opere di Giovan Tomaso di
Maio, Marco Cara, Bartolomeo Tromboncino e Carpentras (anche conosciuto come
Elzéar Genet o Eliziari Geneti). Maio è il solo compositore Napoletano presente in
9
questo antologia, al quale sono attribuiti novi brani: uno strambotto, un'oda, cinque
frottole, di cui una su testo spagnolo, e due intonazioni petrarchesche.
Con il suo libro Canzon villanesche di Giovan Thomaso Di Maio, Musico
napoletano. Nuovamente stampate et corrette. Libro primo (Stampato a Venezia, da
Antonio Gardane nel 1546), Maio diede un importante contributo alla formazione del
genere della villanella. Il libro contiene trenta villanesche, ed e quindi un lavoro più
ampio rispetto alle altre pubblicazioni di canzoni napoletane di quel tempo, e fa pensare
che questa pubblicazione costituisse una collezione di brani scritti nell’ambito di tempo
reale più ampio. Il libro contiene i seguenti titoli:
O frezze bionde anci
Passan madonna
Io solo com'al vent'
Sì troppo bella
Tutte le vecchie son maleciose
O Dio che fusse penta
Madonna quanto più stracci mi fai
S'io son d'ogn'altr'amante
Madonna io non haggio
Ho vist'una marotta
Dal giorno ch'io ti vidd'
Quanto so più de voi donna
Li toi bell'occhi relucenti
Madonna non è più lo temp'antico a quell'usanza
Pietà del tuo fidel
Perché n'ascolti
Madonna agli occhi mei
Io partenai li frutt'
Donna ch'avanzi ogn'altra
Nodi fo tanta coppia
Che giov'o donna
10
Non mano muzz'ando a furare
Donna saccio ca poi
Megli'è parare
Ahimè hai me la fortuna
Fronte serena
Donna bella gentil
Sta vita quand'è allegra
O tiempo buon'è ch'io
Da tuoi begli occhi
Dopo il 1548 non si trovano più notizie del Maio, quindi il luogo e la data di morte
sono ignoti.
Più tardi, anche compositori che non provenivano da Napoli, ma da altre parti d’Italia
e d’Europa, cominciarono a scrivere Villanelle. Alcuni dei migliori esempi erano scritti
di compositori di madrigali come Adrian Willaert, Luca Marenzio, Giovanni Tommaso
Cimello, Adriano Banchieri, Orlando di Lasso, Eva Dell'Acqua ed altri. Orlando di
Lasso, che soggiornò a Napoli verso il 1550, fu il più noto e prolifico autore di
villanelle.
Atre importanti raccolte di villanelle del periodo includono:
Donato Baldassare
Il Primo Libro Di Canzone Villanesche alla Napolitana A quatro Voci Nouamente
Ristampate. Aggiontoui anchora alcune Villote di Perissone a quatro Con la Canzon
della Gallina. A Quatro Voc., 1558.
Vari compositori
Il primo libro di villanelle alla Napolitana novamente stampate. A tre voci (una
collezione di canzoni alla napoletana compilata da Adrian Le Roy e Robert Ballard),
1565.
11
Vari compositori
Canzon Napolitane a tre voci, di L'Arpa, Cesaro Todino, Joan Dominico da Nola
(una collezione di canzoni alla napolitana compilata da Niccolò Roiccerandet), 1566.
Giovanni Leonardo Primavera e Giovanna Leonoardo di l’arpa
Il primo libro de canzone napolitane a tre voci, di Jo. Leonardo Primavera. Con
alcune Napolitane di Jo. Leonardo di l’arpa, novamente da lui composte & dato in
luce, 1566.
Orlando de Lasso
Dixhuitieme livre de chansons à quatre et cinq parties, par Orlande de Lassus (una
collezione di chansons Francesi, villanelle italiane, e un motet latino, a quattro e
cinque voci), 1567.
Francesco Mazzoni et altri
Il primo libro delle canzoni alla Napolitana, a tre voci, con due a quattro, di Don
Francesco Mazzoni Abruzzese. Collezione di canzoni alla napolitana. 1569.
Vincenzo Bell’haver
Il primo libro delle justiniane a tre voci, die diversi eccellentissimi musici, 1570.
Vari compositori
Il primo libro della raccolta di Napolitane à tre voci, di diversi eccellentissimi
musici, 1570.
Gioan Leonardo Primavera
Il secondo libro de canzone Napolitane a tre voci, di Gioan Leonardo Primavera,
1570.
Il terzo libro delle villotte alla Napolitana a tre voci, di Gioan Leonardo Primavera,
1570.
12
Girolamo Scotto and Giovanni Bassano
Corona, il secondo libro delle canzoni alla Napolitana à tre voci, di Girolamo
Scotto, 1571.
Corona, il terzo libro delle canzoni alla Napolitana a tre voci, di Girolamo Scotto,
1571.
Giacomo de Gorzanis.
Il secondo libro delle Napolitane à tre voci, di Giacomo Gorzanis, 1571.
Giuseppe Policretto e altri
Il primo libro delle Napolitane à tre voci, Giosef Policretto, & altri eccellentissimi
musici, con una canzone alla Ferrarese del medesimo à quattro voci, 1571.
Pomponio Nenna
Quattro villanelle alla napolitana a tre voci che si trovano in due volumi di villanelle
‘de diversi musici di Bari’, 1574.
Luca Marenzio
Il Primo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1584.
Il Secondo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1585.
Il Terzo Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1585.
Il Quarto Libro delle Villanelle a Tre Voci, 1587.
Il Quinto Libro delle Villanelle a Tre Voci con una a quattro, 1587.
13
La Villanella nel seicento
La Villanella ebbe un’espansione molto vasta durante il cinquecento, cominciando
dalle umili radici a Napoli e diffondendosi in seguito in tutta Italia e anche oltre le Alpi
in paesi come la Francia e la Germania. Essendo coltivata in tante altre regioni dove il
dialetto napoletano non era compreso la Villanella dovette esser adattata ad altri idiomi
per mantenere la sua popolarità. Verso la fine del cinquecento i compositori di
villanelle cominciarono ad usare testi non più scritti nei dialetti del sud d’Italia, ma nel
linguaggio italiano letterario di carattere madrigalesco.
La Villanella iniziò a mutare non soltanto nello stile dei testi, ma anche nel
linguaggio musicale, diventando più complessa. Molti dei compositori di villanelle
scrissero anche mottetti e madrigali, e usarono talvolta le stesse tecniche di
composizioni. Nel tardo cinquecento le villanelle di Luca Marenzio presentano tutte
queste caratteristici, e talvolta sembrarono quasi dei ‘mini-madrigali”. La Villanella fu
assimilata anche ad altre forme come il Balletto e la Canzonetta.
Giovanni Gastoldi, che scrisse anche madrigali, fu il primo ad applicare il nome
Balletti ad alcune sue composizioni vocali. Il Balletto conservò certi aspetti della
Villanella – fu una composizione vocale leggera, utilizzò l’imitazione canonica, e fu
caratterizzato da ritmi facilmente danzabili. I testi dei balletti erano strofici, spesso con
un ritornello che finisce con il testo “Fa-la-la.” Normalmente il balletto ebbe tre o
quattro voci, che in alcuni casi potevano essere estese fino a otto. Questo genere
musicale univa canto, strumenti e danza, come indicato nel libro di Gastoldi: Balletti a
cinque voci, Con li suoi Versi per cantare, sonare, & ballare, con una Mascherata de
cacciatori a Sei voci, & un concerto de Pastori a Otto, In Venetia Appresso Ricciardo
Amadino. MDXCIIII.
La Canzonetta fu la forma di musica profana più popolare durante questo periodo in
Italia e Inghilterra e anche in Germania. La forma poetica era strofica, e seguiva spesso
la forma AABCC. La Canzonetta è di carattere leggero, con una struttura chiara da
quattro a sei voci, ed è caratterizzata da ritmi danzanti, con linee melodiche che talvolta
14
dipingono in musica parole come "fuga" o "fuoco". Questa genere di composizione fa
anche molto uso di semplici tecniche imitative. Claudio Monteverdi, Luca Marenzio,
ed altri compositori celebri hanno scritto opere eccellenti in questo stile, ma Orazio
Vecchi è considerato il più eccezionale compositore di canzonette. Anche il
compositore inglese Thomas Morley ed il tedesco Hans Leo Hassler furono importanti
come autori di canzonette nelle loro lingue native.
Alcune importanti raccolte di villanelle pubblicate nel seicento:
Ruggiero Giovanelli
Il Primo Libro delle Villanelle et Arie alla Napolitana a tre voci, Venezia, 1600.
Giovanni Domenico Montèlla
Primo libro de villanelle a tre et a quattro voci, con alcuni area, dopo 1602.
Secondo libro de villanelle et arie, 1604.
Terzo libro di villanelle a quattro et arie a due voci, 1605.
Quarto libro di villanelle a quattro voci, 1606.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro primo di villanelle a 1. 2. et 3. voci accomodate per qualsivoglia strumento
con l'intavolatura del chitarone et alfabeto per la chitarra spagnola, 1610.
Francesco Palumbi
Libro di villanelle Spagnuole et Italiane et Sonate spagnuole, c. 1615.
Andrea Falconieri
Il Primo Libro di Villanelle a 1. 2. e 3. voci con l’alfabeto per la chitarra spagnola,
1616.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro terzo di villanelle a 1. 2. & 3. voci accomodate per qual si voglia stromento
con l'intavolatura del chitarone et alfabeto per la chitarra spagnola, 1619
15
Giovanni Battista Robletti (editore)
Vezzosetti fiori di varii eccellenti autori, cioè, madrigali, ottave, dialoghi, arie, et
villanelle, a una, e due voci. Da cantarsi con il cembalo, tiorba, chitarra spagnola,
&c., 1622.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro quarto di villanelle a una e più voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola, 1623.
Casalotti, Giovanni
Villanelle di più sorte con l'intavolatura per Sonare, et cantare sù la chitarra alla
spagnola, c. 1623.
Pietro Millioni
Prima scielta di villanelle accommodate con l'intavolatura per cantare sopra la
chitarra spagnola, 1627.
Diacinta Fedele
Scelta di villanelle napolitane bellissime con alcune ottave siciliane nove, con le sue
intavolature di quitarra alla spagniola, 1628.
Pietro Paolo Sabbatini
Opera ottava (villanelle per 1-3 voci), 1628.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro quinto di villanelle a una, due, tre et quattro voci con l'alfabeto per la chitarra
spagnola, 1630.
Pietro Paolo Sabbatini
Il terzo (de villanelle a una, due, e tre voci), 1631.
Pietro Paolo Sabbatini
16
Il quarto de villanelle a una, due, e tre voci, 1631.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro sesto di villanelle a una, due, tre e quattro voci con l'alfabeto per la chitarra
spagnola, 1632.
Giovanni Girolamo Kapsperger
Libro settimo di villanelle a una, e più voci con l'alfabeto per la chitarra spagnola,
1640.
StefanoPesori
Lo scrigno armonico [op. 2]. . . ove si rinchiudono vaghissime danze, & ariette al
modo italiano, spagnolo, e francese; per suonare in concerto con basso, violino,
manacordo, & altri instrumenti: et molte vaghissime villanelle, con l'intavolatura
della chitarra spagnola, c. 1648.
Pietro Paolo Sabbatini
Prima scelta di villanelle a una voce delli dieci libri . . . da cantare sopra a
qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chitarra spagnola, 1650.
Pietro Paolo Sabbatini
Prima scelta di villanelle a una voce delli dieci libri . . . da cantare sopra a
qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chitarra spagnola . . . di nuovo
ristampate, e corrette, 1652.
Pietro Paolo Sabbatini
Prima scelta di villanelle a due voci . . . da sonarsi in qualsivoglia instromento, con
le lettere accommodate alla chittara spagnola, 1652.
Pietro Paolo Sabbatini
Seconda scelta di villanelle a una voce delli dieci libri ... da cantare sopra a
qualsivoglia instrumento, con l'alfabeto della chittara spagnola, 1652.
17
Andrea Falconieri – Cenni biografici
Andrea Falconieri (conosciuto anche come Falconiero) nacque a Napoli nel 1585.
Da giovane studiò liuto e chitarrone con il maestro Jean de Macque, il più prestigioso
compositore a Napoli. Più tardi il giovane Falconieri si trasferì a Parma, dove fu sotto
la protezione del Duca Ranuccio I Farnese a Parma il quale gli fece studiare musica,
forse con Santino Garsi virtuoso liutista della corte. Falconieri frequentò la cappella
musicale del duca, ma non poté essere assunto stabilmente per la presenza di un’altro
liutista di corte di nome Galeazzo Cacciardino. Nel frattempo, Falconieri ebbe
l’incarico di curatore dei liuti e fu spesso in viaggio per procurare corde per i liuti della
corte, ma senza percepire uno stipendio regolare. E’ probabile che durante questo
periodo Falconieri approfittasse dei suoi viaggi per cercare nuovi contatti nella speranza
di trovare impiego più stabile, come si potrebbe dedurre da una lettera di 1609 da
Francesco Belfiore al marchese Enzo Bentivoglio, che parla di un «giovane Parmegiano
... di honoratissimi costumi di bella presenza, e virtuoso di liuto, e di chitarra spagnola,
e di natura rimessa più tosto vivace…»3
Galeazzo Cacciardino morì in marzo di 1606, ma Falconieri dovette comunque
aspettare altri quattro anni prima di ricevere la bramata posizione di liutista di corte dei
Farnese. Finalmente, dal dicembre di 1610, cominciò a ricevere in stipendio regolare di
sei scudi al mese. Ma poi nel 1614, per ragioni sconosciute, Falconieri, dopo aver
ricevuto il suo stipendio di novembre, scompare all’improvviso da Parma.
Nell’Archivio di Stato a Parma, nei Ruoli de’ Provigionati, vicino alla data 1614 è
scritto “Se ne è fuggito via senza dir niente”.
Da questo punto Falconieri cominciò una vita piuttosto raminga spostandosi di luogo
in luogo, e servendo diversi padroni per i prossimi venticinque anni. Secondo Prota-
Giurleo, la sua prima tappa fu Modena, dove presumibilmente sposò una donna
parmigiana.
3 Dinko Fabris, Andrea Falconieri Napoletano un Liutista-Compositore del Seicento, Roma, Edizioni
Torre D’Orfeo, 1987, pp. 22.
18
Poco dopo, forse verso la meta del 1615, si trasferì a Firenze, con la speranza di
trovare un incarico stabile, ma inizialmente ebbe poco successo. Sempre alla ricerca
d’impiego fisso, o almeno di un finanziatore per il suo primo libro, Falconieri inviò
alcune musiche a Ferdinando Gonzaga, che sarebbe divenuto il futuro Duca di Mantova,
insieme ad una lettera datata12 dicembre 1615, in cui scriveva, tra le altre cose, di avere
anche una collezione di musica pronta da mandare in stampa. Comunque, i suoi sforzi
per ricevere un incarico da Ferdinando Gonzaga risultarono vani, ma nella primavera
del 1616, fu finalmente assunto dal nuovo eletto ventenne Cardinale Carlo de’Medici.
Nel maggio del 1616 Falconieri pubblicò a Roma Il Primo Libro di Villanelle,
dedicandolo al cardinale (datato 21 maggio 1616). Nella sua prefazione chiamò il
lavoro "primo parto del mio debole ingegno". Falconieri non rimase molto tempo al
servizio del Cardinale de’Medici, il quale da parte sua non ebbe un grande interesse per
la musica. Ma a quel punto Falconieri, con il suo libro di recente pubblicazione,
possedeva credenziali più solide e presto trovò lavoro presso Don Antonio Medici,
figlio naturale del granduca Francesco Medici. Don Antonio fu un grande mecenate e
prese particolare diletto nelle rappresentazioni musicali e teatrali, sostenendo le arti e
impiegando molti artisti.
I musicisti di corte, quando non furono occupati con le proprie mansioni musicali,
servirono frequentemente come messaggeri. Nell’agosto del 1618 Don Antonio mandò
Falconieri presso l’imperatore d’Austria per riscuotere alcuni tributi dalle terre che gli
erano state lasciate da suo padre, il Gran Duca Francesco. Questo contatto fu molto
proficuo per Falconieri, come si vedrà.
Da questo periodo della sua vita (dalla metà del 1616 alla prima parte del 1619)
sembra che siano esistiti, ma mancano o sono andati persi, almeno altri tre libri di
musica della produzione di Falconieri, e ciò si deduce sulla base della numerazione dei
suoi libri. Sfortunatamente, di questi volumi non abbiamo nessuna notizia. Il
successivo libro di Falconieri giunto fino a noi è stato il Quinto Libro delle Musiche,
stampato a Firenze nel 1619 presso Pignoni. Benché Falconieri fosse ancora al servizio
di Don Antonio Medici, questo libro non fu dedicato a lui. Le probabili ragioni di
questo fatto potrebbero essere le seguenti: o le usanze della corte di Firenze vietavano
19
una simile dedica, oppure la nascita illegittima di Don Antonio rendeva sconveniente
questa cosa. Invece, il Quinto libro fu dedicato “Al Molto Illustre Signore il Sig.
Niccolò Berardi”, che potrebbe essere riferito al maestro di camera di Don Antonio
Medici che si chiamava “Belardi”. Questa dedica potrebbe essere stata il modo scelto
da Falconieri per dare comunque riconoscimento al suo mecenate senza violare
l’etichetta ducale.
Verso la metà del 1619, Falconieri si trasferì a Venezia, come dimostra il luogo di
stampa dei suoi successivi libri. Alla fine di giugno del 1619 il nostro autore aveva
completato anche un’altra collezione: il Libro Sexto di Arie, stampata da Bartolomeo
Magni, che porta una dedica del 30 giugno al Signor Odoardo Mannini, un altro
mecenate al quale Falconieri mirava come potenziale sostenitore. Questa volta, il
compositore fece stampare nel libro anche un alfabeto per la chitarra spagnola, come
aveva fatto per Il Primo Libro di Villanelle in modo da favorire una più ampia
diffusione del libro, dato che le istruzioni sulla pratica dell’alfabeto chiarivano ai meno
esperti molte questioni sull’esecuzione, rendendo di fatto più appetibile il volume.
Un altro libro attribuito a Falconieri contiene Mottetti a 2-4 voci. Il volume, che si
trova elencato in un catalogo editoriale del 1676, non è datato ma potrebbe appartenere
a questo periodo. Forse servì addirittura come ‘banco di lavoro’ per la più complessa
opera intitolata Sacrae Modulationes (la prima opera di musica sacra di Falconieri della
quale conosciamo una data sicura).
Frutto della sua fortunata visita all’imperatore d’Austria di alcuni anni prima, il libro
Sacrae Modulationes fu stampato a Venezia da Bartolomeo Magni, pubblicato nel
settembre del 1619, e dedicato appunto all’“Invictissimo Ferdinando Austriaco
Ungheria e & Boemia Regi Augustissimo Archiduci Austriae & c.” Sembra che
Falconieri sperasse di essere assunto alla corte d’Austria, ma alla fine l’incarico al quale
ambiva andò a un musicista di Venezia di nome Priuli. Sfortunatamente la sola parte
delle Sacrae modulationes giunta fino a noi è la parte del tenore secondo (Sextus),
mentre le altre risultano mancanti.
20
Sempre nel 1619, Falconieri pubblicò Il Primo Libro di Madrigali a cinque voci, et
con due Madrigali a diece nel fine. Anche quest’opera andò in stampa a Venezia presso
Bartholomeo Magni e fu dedicata al Conte Alessandro Bentivogli, un altro nobile
fiorentino. Sappiamo dell’esistenza di questo libro soltanto attraverso un vecchio
catalogo editoriale, ma sfortunatamente, l’ultima copia (incompleta) è scomparsa. La
pubblicazione è un'altra testimonianza all’intensa produzione musicale durante questo
periodo della vita di Falconieri.
Mettendo in ordine i libri pubblicati da Falconieri durante questa prima parte della
sua carriera, considerando che la musica contenuta nei libri Il Primo Libro di Villanelle,
Quinto Libro delle Musiche, e il Libro Sexto di Arie è costituita da brani pressoché dello
stesso genere, e cioè Villanelle alla Napoletana da una a tre voci, possiamo ipotizzare il
seguente ordine di pubblicazione:
Il Primo Libro di Villanelle – Roma – 21 maggio 1616
(Secondo Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? – 1617-1618? – perso)
(Terzo Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? – 1617-1618? – perso)
(Quarto Libro di Villanelle/Musiche/Arie – Firenze? –1617-1618? – perso)
Quinto Libro delle Musiche – Firenze – 1619
Libro Sexto di Arie – Venezia – 30 giugno 1619
Mottetti a 2-4 voci – Venezia?– tardo 1619?
Sacrae Modulationes– Venezia – settembre 1619
Il Primo Libro di Madrigali – Venezia – (fine?)1619
Falconieri si trattenne a Venezia probabilmente fino alla fine del 1619 o all’inizio del
1620. Tornato a Firenze forse rimase in servizio, ma in modo meno ufficiale, presso il
suo precedente padrone Don Antonio Medici oppure trovò impiego, forse allo stesso
tempo, in casa Bentivoglio.
Poco prima del luglio 1621 Falconieri partì per recarsi in Spagna. Questo è
documentato da una seria di lettere di Paolo Emilio Boiardi al cardinale Alessandro
d’Este. Il Boiardi fu inviato a Firenze dal Cardinale d’Este per informarsi presso la
21
moglie di Falconieri se avesse dei libri di musica del marito. Boiardi apprese che
Falconieri era effettivamente partito per la Spagna in missione per Don Antonio Medici,
e che nel corso di questo viaggio sarebbe passato anche in Francia dalla Regina Madre.
Dopo di questo non abbiamo nessuna notizia dell’attività di Falconieri per i successivi
sette anni. Una lettera del 1647, scritta al Duca di Modena per richiedere una
raccomandazione per il posto di maestro della real cappella a Napoli, conferma altresì
che Falconieri si fermò in Spagna per sette anni.
Sicuramente per rimanere in Spagna tanto tempo Falconiere dovette avere un
appoggio stabile. E’ stato ipotizzato dal musicologo Dinko Fabris un possibile rapporto
di servizio con il conte di Lemos, che fu viceré di Napoli fino al 1616, rientrò in Spagna
nel 1622, e poi morì nello stesso anno. La moglie del conte e la sua famiglia si erano
trovati bene a Napoli e ne avevano bei ricordi. Un rapporto di amicizia con Falconieri e
un possibile sostegno economico sarebbero anche plausibili.
Le successive notizie che abbiamo di Falconieri si trovano in una lettera del 1628
scritta da Andrea Cioli, balì di Firenze, ad Orazio Linati in cui Cioli spiega lai sua
intenzione di scrivere ad Andrea Falconieri dicendogli di venire insieme con i Cardinali
Lodovisi ed Aldobrandini quando questi sarebbero partiti da Roma per le feste di nozze
di Odoardo Farnese e Margherita Medici. Da questa lettera, (e dal confronto con la
lettera scritta al duca di Modena di 1647 menzionata sopra), comprendiamo che
Falconieri sarebbe tornato in Italia probabilmente nel 1627, che nel 1628 si trovasse a
Roma, non da molto tempo, ma abbastanza per stabilire un rapporto con alcuni prelati di
alto rango nel Vaticano. Possiamo anche dedurre che si sapeva a Firenze che Falconieri
era tornato in Italia e che si trovava a Roma, e anche (dal fatto che abbia ricevuto un
invito alle celebrazioni) che godeva ancora di una buona reputazione presso la famiglia
Medici.
Falconieri accettò l’invito a Firenze e, insieme al cantante e cavaliere Loreto Vittori
fece una eccellente impressione sul pubblico durante le serate in casa di Andrea Cioli.
In seguito i due musici parteciparono anche a La Flora, una rappresentazione di Marco
da Gagliano. Le celebrazioni delle nozze di Odoardo Farnese e Margherita Medici
22
furono grandiose. Per l’occasione furono ingaggiati non soltanto Falconieri e Vittori,
ma anche tutti i musicisti e cantori di corte, i liutisti Lorenzino e Pompeo da Modena, e
Girolamo Frescobaldi. Le festività ebbero luogo non soltanto a Firenze, ma in seguito
anche a Parma dove si inaugurò il nuovo Teatro Farnese con uno spettacolo allestito da
Enzo Bentivoglio, su musiche di Claudio Monteverdi, che diresse l’orchestra, e testi di
Claudio Achillini. Durante queste celebrazioni Falconieri ebbe l’opportunità di
incontrare quasi tutti i maggiori musicisti italiani del suo tempo.
Per le festività che celebravano l’unione di due delle più importanti famiglie in Italia,
fu necessario coinvolgere tutti i migliori musicisti dell’epoca. Falconieri colse
l’opportunità e offrì i suoi servizi. Ma anche se il Duca Ranuccio I era già morto da un
anno, sembra che il nuovo duca Odoardo, ancora in fasce al tempo della fuga di
Falconieri nel 1614, avesse in seguito sentito parlare dell’offesa recata a suo padre
tempo addietro dal giovane napoletano, e fosse riluttante nell’accettare l’offerta di
Falconieri. A questo punto il contatto con il Cardinale Ippolito Aldobrandini si rivelò
utilissimo per Falconieri, perché il cardinale era il fratello di Margherita Aldobrandini
(moglie di Ranuccio I Farnese), e quindi lo zio di Odoardo Farnese. Sembra molto
probabile che Falconieri fosse riuscito a fare un’impressione molto positiva sul
cardinale in modo che il prelato usasse la sua influenza di zio sul giovane duca,
persuadendolo a riassumere Falconieri come liutista di corte. Anche l’abilità di
Falconieri come tiorbista avrebbe potuto giocare a suo favore. Dopo la fuga di
Falconieri nel 1614, la corte di Parma era rimasto come liutista soltanto Orazio Bassani,
ma questi morì l’anno seguente. Nel 1619 Donino Garsi, figlio di Santino, fu assunto
come liutista, ma il suo stile di composizione seguiva quello del suo padre, secondo i
canoni del tardo rinascimento. Il nuovo stile monodico si stava diffondendo ovunque in
Italia, ma fino a quel momento il chitarrone non aveva fatto ancora una grande entrata
nella corte di Parma, e anche questo fatto agiva in favore di Falconieri, che fu
ufficialmente riassunto come musicista di corte dopo la chiusura delle festività il 20
aprile 1629.
Durante gli anni seguenti Falconieri fu occupato non soltanto con il servizio alla
corte, ma anche coinvolto frequentemente in esecuzioni straordinarie nelle varie chiese
23
della città durante le feste più solenni dell’anno. Il suo nome compare regolarmente
nelle liste di pagamento nelle chiese, e il musicista risulta spesso uno dei meglio pagati.
Falconieri continuò in questo servizio fino al 1635, e dopo questa data non ci sono più
tracce di lui a Parma. A questo punto sembra che si spegnesse la tradizione d’avere un
liutista di corte a Parma, anche se spesso tiorbisti furono ancora usati nelle chiese per le
feste più importanti fino al XVIII secolo. Anche se la posizione di liutista di corte non
c’era più, la memoria di Falconieri a Parma continuò. La sua bravura alla tiorba gli
aveva guadagnato una reputazione così grande che Rolando Pico, nel suo Appendice di
varii soggetti parmigiani (1642) commentò che Andrea Falconieri «non hebbe in Parma
né forse altrove, pari, si che con la dolce maniera, che cominciò ad usare, e che è molto
più gradita da moderni, superò secondo l’opinione de’ molti, di gran’lunga Santino…»4
Sempre nell’Appendice del 1642, Pico menzionò che Falconieri si spostò con la
famiglia prima a Modena, e poi a Genova. I seguenti eventi indicano che il suo arrivo a
Genova avvenne probabilmente verso la fine di 1635 o l’inizio di 1636.
In questa città Falconieri trovò impegno al Collegio di Santa Brigida in qualità di
insegnante di musica, e spesso doveva entrare nei monasteri per fare lezione alle
giovane monache. Frequentemente queste ragazze provenivano da alti ranghi della
società, e per convenzione sociale erano costrette a entrare in convento senza una vera
vocazione. Per alleviare la loro noia, spesso i genitori delle ragazze mandavano
insegnanti di musica nei monasteri, e non era insolito che un giovane pretendente
inviasse un brano musicale tramite un musicista per esprimere i propri sentimenti ad una
delle recluse. Questo dava occasione a scandali, che pare venissero resi noti alle
autorità ecclesiastiche per mezzo di anonime lettere di Denuntiae, da parte di
informatori nei monasteri.
Falconieri si trovò implicato in alcuni di questi “scandali”. In una Denuntiae del 24
giugno 1636 troviamo scritto:
Il poco rispetto che si porta a’ nostro Sig.re Dio et a’ questo nostro monast.o di S.ta Brigida
ci ha risoluto fare sapere alle SS.rie Ser.m equalmente tutto il giorno alle nostre grate si fa
musica e li musici sono, Falconieri, Gio: M.a Costa, e Gio: And.a Ghirardi; il Ghirardi
4 Fabris, Andrea Falconieri, p. 14.
24
viene solo come anco il Falconierie che ci è stato ancora hoggi e ci viene quasi tutto lo
giorno, di più alla notte vengono a cantare in strada sotto le terrazze del nostro monast.o,5
E in un altro del 7 luglio 1636 leggiamo: «il signor Andrea Falconieri dilettò tutta la
sera monache e Convertiti al suono del suo liuto e col canto dopo che tutto lo giorno
passato aveva a insegnar loro canto di gorga e di arpone.»6
Falconieri non frequentava soltanto il monastero di Santa Brigida. Spesso si trovava
anche a San Tommaso, e anche lì non mancarono le denuncie.
A 12 aprile a San Tomaso era il Prete Alarame nel parlatorio. d.o giorno in d.o luogo era
falconero sonatore da liuto.
[17 maggio a S. Tommaso] d.o giorno in d.o luogo era falconeri.
[6 giugno a S. Tommaso] d.o giorno in d.o luogo era falconeri sonator di liuto.7
Forse seccato dalle ripetute ammonizioni da parte del clero, oppure attirato da
proposte di lavoro più remunerative, (o forse da entrambe le cose), nella prima parte di
settembre 1637 Falconieri lasciò Genova. Non abbiamo documentazione di questa parte
della sua vita, ma probabilmente tornò a Modena, dove sembra che avesse lasciato la
moglie e i figli cerca due anni prima. Nel 1639 si trasferì a Napoli tornando alla sua
città natale dove fu assunto alla cappella reale come “musico di tiorba e arciliuto”.
Negli anni che seguirono ci fu un risveglio artistico a Napoli a causa della politica
del viceré Medina, e questo probabilmente offrì a Falconieri molte opportunità di
dimostrare la sua fama di virtuoso. Nel 1640 il liutista ebbe l’opportunità di partecipare
ad una ‘festa a ballo’ intitolata Il Giudicio di Paride per il matrimonio di Placido e
Isabella De Sangro al palazzo reale. Più tardi, nel 1642, quando la sua posizione nella
cappella reale fu più consolidata, Falconieri tornò brevemente a Modena per traslocare
con tutta la famiglia definitivamente a Napoli.
5 Fabris, Andrea Falconieri, p. 48.
6 Fabris, Andrea Falconieri, p. 51.
7 Fabris, Andrea Falconieri, p. 51.
25
Alcuni anni dopo scoppiò la rivolta di Masaniello nell’estate di 1647, seguita da
repressioni da parte del governo. Proprio nel mezzo di questa crisi il maestro della real
cappella Giovan Maria Trabaci morì, e il 15 gennaio del 1548 Falconieri fu chiamato
per prendere la posizione “a favore di Don Giovanni d’Austria”, figlio naturale del Re
Filippo VI di Spagna. Ricevendo lettere di raccomandazione dalle varie persone
influenti che aveva servito nel passato, i suoi desideri finalmente si avverarono con
l’assunzione alla posizione di maestro della real cappella, come indicato più tardi
nell’annotazione di registro del 28 febbraio 1652: «Ad Andrea Falconiero è assegnata
la piazza di Maestro della R. Cappella dal 15 gennaio 1648 che gli dispacciò il mandato
con il soldo, lucri, emolumenti, che teneva il suo predecessore.»8
La rivoluzione di Masaniello forzava la popolazione di Napoli di scegliere fra le due
fazioni. Naturalmente, Falconieri, come la maggior parte dei musicisti desiderava
mantenere il proprio posto di lavoro e prese la parte degli spagnoli. Una decisione
pericolosa che ad alcuni costò la vita per mano dei ribelli di Masaniello.
La ribellione durò fino all’aprile del 1648, quando il popolo, vedendo che Masaniello
era entrato in trattative con il Viceré, e sentendo voce che il loro capo ed eroe era stato
corrotto (voci diffuse dal governo), e pensando di esser stati traditi dal loro capo, lo
ammazzarono, ponendo fine alla loro ribellione.
Pochi giorni dopo la fine della ribellione, arrivò notizia dalla Spagna che Don
Giovanni d’Austria, figlio del re di Spagna, era stato nominato Viceré di Napoli, con il
conte d’Oñate come assistente. Insieme con membri della corte e musicisti della reale
cappella di Napoli, incluso probabilmente Falconieri, Don Giovanni partì per la Spagna,
dove fu onorato e riconosciuto per il valore che dimostrò nel reprimere la ribellione di
Masaniello. Seguirono giorni di grande festa a Madrid durante i quali avvennero
manifestazioni musicali della cappella reale di Madrid, che molto probabile includeva
membri della real cappella di Napoli, incluso Falconieri.
8 Fabris, Andrea Falconieri, p. 59.
26
Più tardi, però, il giovane Don Giovanni rinunciò, lasciando il titolo a Oñate e
provocando a Napoli una destabilizzazione economica, che sfociò poi in altre
repressioni politiche. La situazione divenne cosi aggrovigliata che Oñate cercò di
riconquistare la sua reputazione presso il popolo, organizzando una serie di spettacoli
che includeva la rappresentazione Il trionfo di Partenope liberata, proposto in onore del
matrimonio del re di Spagna Filippo Quarto, ma in realtà ciò avvenne sopratutto per
lodare il viceré per la vittoria del governo con Masaniello e i ribelli. A Oñate è
attribuito anche il merito di aver introdotto a Napoli la commedia in musica, che da
1650 occupò le scene sempre più spesso.
Nello stesso anno Falconieri pubblicò il suo ultimo libro di musica, intitolato Il
Primo Libro di Canzone, Sinfonie, Fantasie, Capricci, Brandi, Correnti, Gagliarde,
Alemane, Volte per Violini, e Viole, overo altro Stromento a uno, due, e tre con il Basso
Continuo. Di Andrea Falconiero, Maestro della Real Cappella di Napoli. La dedica a
Don Giovanni d’Austria mostra la completa fedeltà e la devozione da parte di Falconieri
al suo viceré, e ci fornisce anche l’indicazione che probabilmente Falconieri fu il suo
insegnante di musica al durante il soggiorno in Spagna.
Falconieri continuò a prestare servizio come maestro di cappella a Napoli
occupandosi non soltanto con musica strumentale, ma anche di musica liturgica. Esiste
un manoscritto che contiene musica sacra scritta da vari compositori membri della real
cappella, inclusi Falconieri, Francesco Ansalone a Giovanni Romano, che venne
regolarmente eseguita alla corte del viceré.
Nello stesso periodo, partendo dal 1650, il genere opera in musica cominciò a
diventare popolare anche a Napoli, e se in quei primi anni le produzioni furono
importate da Venezia, non occorse molto tempo prima che opere di autori napoletani
cominciassero a comparire in teatro. In queste manifestazioni i musicisti che formavano
l’orchestra erano forniti dalla corte, probabilmente sotto la direzione di Falconieri.
Nel 1656 un’epidemia della peste scoppiò a Napoli e uccise oltre due terzi della
popolazione: 250.000 persone in pochi mesi. Molti musici dalla congregazione
27
musicale della chiesa di San Giorgio, e una ventina della real cappella morirono. Il
registro della Scrivania di Razione indica la morte di Andrea Falconieri in data 29 luglio
1656. La sua eredità andò alla figlia Margherita, la sola sopravissuta della sua famiglia.
28
29
Il Libro Primo di Villanelle di Andrea Falconieri
30
Nel 1616, Andrea Falconieri pubblicò il suo Libro Primo di Villanelle a 1. 2. & 3.
voci con l’alfabeto per la chitarra spagna d’Andrea Falconieri Naplitano, stampato a
Roma da Giovanni Battista Robletti. I brani della collezione sono dedicati
all’Illustrissimo ed Reverendissimo Signor Cardinale de Medici.
Pacifica Artuso, nel Dizionario Biografico degli Italiani, scrive del libro di
Falconieri in questi termini:
Il libro primo di villanelle a 1. 2. et 3 voci. Con l'alfabeto per la chitarra spagnola […] si
colloca nell'ultima fase di sviluppo di questa forma vocale fiorita parallelamente al
madrigale; nelle villanelle del Falconieri permane il tipico carattere popolaresco e danzante,
al quale l'autore sovrappone però il suo tratto di raffinato melodista, non esente da
"madrigalismi" in funzione espressiva che impreziosiscono la serenità melodica di alcune
composizioni.9
Le dimensioni del libro sono: 35 cm x 22.5cm. Il volume consta di 48 pagine.
L’indice si trova sull’ultima pagina, che non è numerata. La musica è stata stampata
usando caratteri mobili. Segue l’elenco dei brani contenuti nel libro come si trovano
raggruppati nell’indice. Affianco è indicato l’organico per cui ogni brano è scritto:
A una voce
Caraè la Rosa e vaga (T)
Vezzosettte, e care (S)
O Ben sparsi sospiri (S)
Occhietti amati (S)
Bella fanciulla (T)
Begl’occhi luccenti (T)
O Bellissimi Capelli (T)
Dolci sospiri (S)
Armilla ingrata (B)
9 Pacifica Artuso, Falconieri (Falconiero), Andrea, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume
44, 1994.
http://www. treccani. it/enciclopedia/andrea-falconieri_(Dizionario-Biografico)/
L’ultimo accesso 2014-02-16.
31
Pastorella ove t’ascondi (T)
O quando il labro ti bacio (T)
Rimirate (T)
Nudo Archiero (T)
Segui segui dolente core (S)
Filli Vezzosa (B)
Non più d’Amore (T)
Se ben rose celesti (T)
A due voci
Nova fortuna (T, T)
O Vezzosetta dalla chioma d’oro (T, B)
Spiega spiega la vela Nocchiero (S, B)
O che bell’alba bianca e vermiglia (T, B)
Vanne felice (S, B)
Vie più beata mia ventura (S, B)
Soccorso ahime ben mio (S, B)
E vivere e morire (S, S, T)
Quielbaccio che mi date (T, T)
Ardo d’Amore, e piango (T, T)
O fronte serena (S, B)
A tre voci
Voi sete bella, ma sete crudele (S, S, B)
Occhirubelli (S, S, T)
Aurevaghe (S, S, B)
Folti boschetti (T, T, B)
Notiamo che il brano‘E vivere e morire’ è per due soprani e tenore, nonostante si
trovi nell’elenco dei brani per due voci. Si tratta probabilmente di un errore di stampa.
32
I brani per una o due voci presentano una pentagramma per ogni parte vocale, più un
altro pentagramma (in chiave di basso) per il basso continuo. I brani a tre voci hanno
un pentagramma per ogni voce, con le figure per il basso continuo sul pentagramma per
la voce più grave. I brani‘E vivere e morire’, e ‘Occhi rubelli’ hanno il basso continuo
scritto in chiave di tenore. La numerazione data per il basso continuo è molto scarsa,
per la maggiore parte costituente da alcuni diesis, e alcuni semplici numeri come 4 – 3,
e 6. Ogni brano ha anche l’alfabeto per la chitarra spagnola, quasi sempre in lettere
minuscole.
Dopo i pentagrammi di quasi ogni brano si trovano le altre strofe da cantare sulla
stessa musica. Le pagine sono ornate da vari disegni artistici e ghirigori. A pagina 25
troviamo un diagramma intitolato ‘INTAVOLATURA Per la Chitarra Spagnola’.
Sembra che le righe orizzontali e verticali del diagramma siano state stampate sulla
carta insieme con il resto della musica del libro, ma le lettere dell’alfabeto ed i numeri
dell’intavolatura italiana sembrano scritti a mano dopo la stampa, data l’inconsistenza
della calligrafia, e anche il fatto che l’inchiostro utilizzato presenta sbavature, e non
appare nitido come nel resto del libro ed è anche penetrato attraverso la carta, sicché si
può vedere anche sulla pagina 26, rendendo una parte del brano che si trova su quella
pagina difficile a leggere.
I testi dei brani parlano di amore, del desiderio per una ragazza che non si riesce a
conquistare, di donne che giocano con i sentimenti dell’amante, degli occhi o dei capelli
della ragazza amata, delle angosce d’amore, e altri argomenti simili. Come capitava
spesso con le collezioni di musica vocale del periodo, anche il Libro Primo di Villanelle
di Falconieri diventò una fonte di testi per altri musicisti. La tabella nella pagina
seguente elenca i testi musicati da Falconieri nel suo Libro Primo di Villanelle e
l’utilizzo degli stessi da parte di altri compositori.10
10
Cory Michael Gavito, The Alfabeto Song In Print, 1610 – Ca. 1665: Neapolitan Roots, Roman
Codification, and “Il Gusto Popolare”, Ann Arbor, Michigan, p. 114.
http://books.google.it/books?id=lwHm74gJ6dAC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary
_r&cad=0#v=onepage&q&f=false.
L’ultimo accesso 2014-02-16.
33
Testo Concordante Fonte Concordante
Armilla ingrata Olivieri (Rome, 1620)
Robletti, ed. (Rome, 1621a)
Aure vaghe, aure gioconde Kapsberger, (Rome, 1619a)
Rontani (Rome, 1620)
Vitali (Rome, 1620)
E vivere, e morire Stefani, ed. (Venice, 1618/21/23/26)
Filli vezzosa Stefani, ed. (Venice, 1620/22)
O fronte serena Kapsberger, (Rome, 1619)
Occhi rubelli del regno d’Amore Manzolo (Venice, 1623)
Severi (Rome, 1626)
Occhietti amati Vitali (Rome, 1620)
Millioni (Rome, 1627)
Pastorella ove t’ascondi Crivellati (Rome, 1628)
Soccorso ahimè ben mio Manzolo (Venice, 1623)
Spiega, spiega la vela nocchiero Kapsberger (Rome, 1619b)
Vezzosette e care Kapsberger (Rome, 1619a)
D’altra parte i testi usati di Falconieri nel suo Libro Primo di Villanelle, compaiono
anche in libri stampati alcuni anni prima. In un codicetto di Floriano Picco intitolato
Nuova scelta di Sonate per la Chitarra spagnola, pubblicato a Napoli in 1608, con un
ristampa a Roma in 1609, si trova la villanella Occhietti Amati. In questa pubblicazione
di Pico si trova soltanto il testo della canzone con l’alfabeto per la chitarra. La tonalità
di Occhietti Amati è la stessa del brano che compare nel libro di Falconieri, ma molti
degli accordi non corrispondono, o cadono su diverse parole o sillabe. Questo fa
sospettare che la melodia sottointesa nel libro di Pico probabilmente non è quella stessa
che si trova nel libro di Falconieri. In questo caso, sembra che Falconieri abbia usato un
testo che già conosceva da giovane nella sua città origine di Napoli, oppure abbia
trovato il testo nella pubblicazione di Pico (o un'altra fonte), e ha deciso di scriverne la
sua propria versione.
34
35
La realizzazione estemporanea del Basso Continuo
Nel suo libro Del Sonare Sopra’l Basso Con Tutti Li Stromenti E Dell’Uso Loro Nel
Conserto, Agostino Agazzari spiega che gli strumenti si dividono in due gruppi e
possono essere usati in modi diversi secondo le loro caratteristiche. Alcuni strumenti
sono usati come fondamento, altri come ornamento. Gli strumenti di fondamento come
l’organo e il clavicembalo guidano e sostengono eseguendo prevalentemente l’armonie.
Quando le composizioni sono formate da meno voci si possono usare il liuto, la tiorba,
l’arpa, e simili strumenti. Fra gli strumenti d’ornamento, che «Scherzando, e
contrapontegiando, rendono più aggradevole, e sonora l’armonia»11
, Agazzari elenca il
liuto, la tiorba, l’arpa, il lirone, la cetra, la spinetta, la chitarrina, il violino, la pandora,
ecc. Sembra che a Agazzari non amasse molto gli strumenti a fiato che, secondo lui,
non si uniscono bene agli strumenti a corde, perché la variabilità del fiato umano fa sì
che l’intonazione non sia sempre accurata. Nonostante ciò, Agazzari aggiunge che gli
strumenti a fiattopossono essere utilizzati nell’ambito di grandi organici a patto che
siano suonati bene.
Riguardo alla realizzazione dell’armonia, Agazzari scrive che se il compositore ha
scritto i numeri, non resta che seguirli. Ma se il compositore non ha scritto la
numerazione, non c’è una regola fissa, e il musicista e libero di mettere quello che gli
pare giusto – 5 o 6, maggiore o minore, ma tendendo sempre conto del testo,
seguendone l’umore, e ricordando che l’armonia è sempre sottoposte alle parole.
Agazzari poi spiega un altro modo per scegliere le armonie giuste, che consiste
nell’analizzare le vari voci presente nel brano, e scrivere l’intervallo (indicando con
delle diesis o bemolle eventuali variazioni dalle note rispetto alla tonalità) sopra le note
del basso.
Il suo consiglio a riguardo l’accompagnamento è che quando ci sono molte voci
(cantanti o strumentali), bisogna produrre un suono pieno, raddoppiando i registri , ma
quando ci sono poche voci o solisti, si possono suonare accordi con meno voci.
11Agostino Agazzari, Del Sonare Sopra ‘l Basso Con Tutti Li Stromenti E dell’Uso Loro Nel
Conserto, Siena, Domenico Falchini, 1604, p. 9.
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Agazzari consiglia anche di stare nel registro grave dello strumento, e evitare le note
acute siccome i soprani e falsettisti occupano quel registro. Dice anche che non si deve
interferire con le diminuzioni dei cantanti, perche ciò offusca «la bontà di detta voce, o
passaggio, che il buon cantante ci fa sopra.»12
12
Agazzari, Del Sonare Sopra ‘l Basso, p. 6.
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L'alfabeto per la chitarra "alla spagnuola"
Fonti francesi, come i libri di Adrien Le Roy mostrano che la chitarra a 4 ordini fu
usata per accompagnare le chanson. Queste composizioni, originalmente scritte per
quattro voci, furono pubblicate da Le Roy per il soprano solo con le altre tre voci
intavolate per la chitarra, in modo uguale a quello con cui si accompagnava lo stesso
genere di brani con il liuto. Dato che le tre parti erano di estensione limitata, la
mancanza di bassi sulla chitarra non presentava grandi problemi, ove necessario la parte
del basso era modificata in modo da adattarsi al registro della chitarra.
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La villanella comparve a Napoli nella prima metà del sedicesimo secolo. Si trattava
di musica a tre o quattro parti, stampate in libri separati. Vari strumenti erano anche
usati per accompagnare le voci – liuto, colascione, percussione per brani con ritmi di
danza, probabilmente anche flauti per raddoppiare o sostituire parti vocali. La chitarra,
che aveva acquistato un quinto ordine verso la fine del 500, ed era conosciuta come
“Chitarra Spagnola”, è veniva aggiunta al gruppo di strumenti adatti
all’accompagnamento delle villanelle.
Un manoscritto importante da questo periodo (c.1585-1600), ora conservato nella
biblioteca del’Università di Bologna (I-Bu MS zyy/IV), contiene la prima voce (canto)
di quaranta canzoni strofiche del tipo villanella o canzonetta. I brani di questo
manoscritto hanno molte concordanze con altre fonti, e contengono anche composizioni
di autori celebri.
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Questo manoscritto è il primo documento di cui abbiamo notizia che contiene esempi
del sistema di notazione per chitarra conosciuto come alfabeto, nel quale gli accordi
sono rappresentati da lettere o simboli. Questi simboli erano in genere posti sopra il
pentagramma sul quale è scritta la melodia, e indicano i cambi di armonia.
L’alfabeto è comparso a stampa per la prima volta in Nuova inventione
d’intavolatura per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola senza numeri e note;
per mezzo della quale da se stesso ogn'uno senza Maestro potrà imparare, di Girolamo
Montesardo, stampato in Firenze in 1606. Segue una copia della tabella dell’alfabeto
incluso nel suo libro. Solitamente, nelle stampe di musica per chitarra, una tabella di
questo tipo sarebbe stata inclusa all’inizio o alla fine del libro.
Nel suo libro Montesardo spiega il motivo per cui ha inventato questo nuovo sistema:
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Se ben la principale mia professione è di comporre Madrigali et altre gravi
Compositioni; nulladimeno per compiacer alle volte all’allegra, e nobile
gioventù, bisogna trasformarmi, et obedire alle loro honeste voglie; e perche
molti Signori, e Gentil’huomini, con li quali hò praticato tutto il tempo di
mia vita, hanno sempre desiderato di saper sonare la Chitarra Spagniola, è
stato necessario, per compiacerli, di farci un studio particolare; e perche
anco non solamente hanno desiderato saper sonare quest’istrumento: mà mi
hanno pregato caldamente, ch’io inventassi una Regula facile per impararlo
di sonare, con tempo, e con misure; senza aiuto, né di Note, né di Numeri; e
perche l’impari ogn’uno à toccare il predetto istrumento, hò voluto dar in
luce questa nuova invenzione di Regola facilissima, la quale de se ogn’uno,
studiandola senza aiuto di Maestro potrà sonarlo con le Regole, ch’io
v’insegnarò, delle quali potrà esser capace presto, chi desidera questa
nobile, e vaga virtù.13
Quindi l’alfabeto per la Chitarra Spagnuola non è altro che il modo più semplice per
rappresentare le armonie, senza dover badare al contrappunto. Questo sistema è stato
inventato per i dilettanti in modo che possono suonare la chitarra senza dover imparare a
leggere la musica. Solitamente, il sistema dell’alfabeto poteva rappresentare abbastanza
bene l’armonia di un brano musicale, ma con molte semplificazioni. Per esempio, se un
accordo allo stato fondamentale cambia nel primo rivolto, il simbolo del’alfabeto
rimane lo stesso. Anche i ritardi 4-3 e 7-6 sono ignorati, e per accordi difficili come la
7a
diminuita o la 5a
diminuita, viene spesso utilizzato un accoro più o meno simile
causando incompatibilità fra la chitarra che suona dall’alfabeto e un liuto o tiorba che
realizzano correttamente il basso continuo.
Un motivo di questa semplificazione del’armonia alfabeto sta anche nel’accordatura
dello strumento. La chitarra spagnola fu accordata Mi, Si, Sol, Re, La (in modo simile
alle prime 5 corde della chitarra moderna). Però, dovuto al fatto che in quel periodo le
corde disponibile erano soltanto di budello puro, e le corde coperte di metallo non
13
Girolamo Montesardo, Nuova Inventione d’Intavolatura per sonare li balletti Sopra la
Chitarra Spagniuola, Firenze, Christofano Marescotti, 1606, p. 5.
41
sarebbero state inventate che al 1659, era quindi difficile (se non impossibile) trovare
bordoni che producessero un bel suono basso. Il diametro delle corde avrebbe dovuto
esser molto grande, e la loro tensione molto bassa, il che avrebbe prodottolo sbattimento
delle corde fra loro. Inoltre, una corda grande ad una tensione bassa non produce
armonici molto brillanti, ma da un suono piuttosto morto.
Quindi per evitare questo problema dei bassi, spesso il 4° e 5° ordine erano
semplicemente accordati un ottava più alta, come indicato in Figura 1. Altrimenti, è
possibile di affiancare una corda grossa a un'altra più sottile, accordata all’ottava più
alta per rinforzare il primo armonico della corda più bassa. Questo fu spesso fatto sul 4°
ordine e anche sulla 5°, come si vede in Figure 2 e 3.
Figura1
Figura 2
Figura 3
Nelle disposizioni delle corde indicate in Figure 1 e 2 lo strumento presenta
un’accordatura rientrante. Questa accordatura fa sì che talvolta un accordo suonato
42
secondo la tabella dell’alfabeto non si presenti nella posizione fondamentale, ma in una
posizione di rivolto, con la terza, la quinta, o addirittura la settima nella voce più grave.
Per questa ragione Agazzari mette la chitarra nella categoria di strumenti con
“armonia imperfetta”. La chitarra può suonare le armonie, sicuramente, ma non è adatta
per suonare le armonie e contemporaneamente seguire perfettamente la linea del basso,
se non spesso trasponendo o saltando d’ottava. Tuttavia ciò non significa che la chitarra
non possa aggiungere interessanti toni di colore e anche molto movimento ritmico per
rendere il brano più interessante. Anzi, una chitarra che apporta colore e ritmo, insieme
ad una tiorba che realizza la parte del basso con le armonie, costituisce un ottimo
accompagnamento per le villanelle.
Anche se la realizzazione ideale dell’accompagnamento delle villanelle sarebbe
quella fatta con uno strumento di fondamento come il liuto o la tiorba, (o forse il
clavicembalo o la spinetta), unito a una chitarra, ed eventualmente una viola bassa,
un’esecuzione effettuata da un cantante che accompagna se stesso con la chitarra
sicuramente era una cosa molto comune. Basta pensare ai nostri ragazzi oggi che
portano la chitarra quando vanno in spiaggia o in campagna, oppure il giovanotto
napoletano che fa la serenata sotto il balcone della sua amata. Anche se questi
realizzazioni non erano cose da sala da concerto, servivano comunque a scopo di
divertimento, amore, ecc. – e se la chitarra non seguiva esattamente la linea del basso,
che importava?
Francesco Corbetta, per consentire una realizzazione del basso più accurata possibile,
nel suo libro Varii Capricii per la Ghittara Spagnuola (1643) incluse, oltre a una tabella
dell’alfabeto simile a quelle pubblicate in altri libri di chitarra dello stesso periodo, altre
cinque tabelle che indicavano come armonizzare in un modo corretto vari bassi
ascendenti, discendenti, e cromatici. Nelle tabelle si possono trovare molte soluzioni
per realizzare delle armonie insolite con accordi e forme che non si trovano nelle tipiche
tabelle dell’alfabeto.
43
44
45
Esempi di realizzazione tiorbistica
Oltre alle istruzioni di Agazzari su come accompagnare un brano utilizzando un
basso continuo numerato, abbiamo altri libri del periodo barocco che danno esempi
concreti in intavolatura sul modo in cui i musicisti/compositori realizzavano
l'accompagnamento tiorbistico per le proprie composizioni. Salomone Rossi, nel suo
libro Il primo libro de madrigali a cinque voci...con alcuni di detti madrigali per cantar
nel chittarrone, con la sua intavolatura posta nel soprano, ci permette di capire come
un compositore/performer accompagnasse i brani vocali (in questo caso madrigali) col
chitarrone.
Esaminando il modo in cui Rossi realizza il basso continuo, notiamo che vengono
usati molti accordi pieni, spesso con quattro, cinque e a volte anche sei voci, il che
indicherebbe un largo arpeggio. Rossi fa anche frequente uso dei bordoni, scendendo
fino al’11°bordone. Gli accordi sono quelli più frequentemente usati: triadi maggiori e
minori, terze e seste, e ritardi.
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Un altro compositore di musica per voce e tiorba fu il famoso Giovanni Girolamo
Kapsberger. Questo autore ha lasciato quattro libri di villanelle a 1, 2, e 3 Voci, due dei
quali (il primo libro nel 1610 e il terzo libro nel 1619) contengono la realizzazione del
basso continuo di Kapsberger scritta in intavolatura italiana dalla sua mano.
Notiamo che Kapsberger normalmente utilizza accordi composti da tre note,
riducendoli di tanto in tanto a due note nei passaggi veloci. I momenti più drammatici,
soprattutto nei recitativi, sono accompagnati con accordi composti da quattro a sei note,
soprattutto nelle cadenze. Le armonie sono più ardite, sviando dalla tonalità di impianto
in un modo più sorprendente che si sente dagli altri compositori del suo tempo.
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In fine abbiamo un libro di Flamminio Corradi da Fermo, pubblicato in 1616 e
intitolato Le Stravaganze d'amore a una, due et tre voci con la intavolatura del
chitarrone et della chitarra alla spagnola.
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Corradi ha la tendenza ad essere più conservatore rispetto a Kapsberger,
frequentemente utilizza pochi accordi (a tre o quattro voci) in una battuta all’inizio di
una frase musicale, seguiti da successioni in note più rapide in occasione delle cadenze.
Notiamo anche che Corradi non fa molto uso dei bordoni, scendendo al 10° solo un paio
di volte durante il brano.
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Trascrizione in notazione moderna di alcune villanelle dal
Libro Primo di Villanelle a 1. 2. e 3. voci di Andrea Falconieri
con la realizzazione del basso continuo intavolata per la tiorba
In questa sezione si trovano le trascrizione in notazione moderna con le realizzazione
per tiorba in intavolatura per cinque brani presi dal Libro Primo di Villanelle per 1. 2. e
3. voci di Andrea Falconieri. L’intavolatura è stata fatta cercando di seguire i precetti
indicati nel trattato di Agazzari, cercando di mantenere un ritmo vivace e in stile col
carattere del testo. Sono stati aggiunti anche piccoli abbellimenti per assecondare la
linea melodica senza togliere l’attenzione dell’ascoltatore dalla voce del cantante.
Le villanelle realizzate sono:
Vezzosette, e care
Occhietti amati
Dolci sospiri
Segui segui dolente core
O ben sparsi sospiri
50
51
52
Vezzosette, e care
Vezzosette, e care pupillette ardenti
Chi v’ha fatto avare de bei rai lucenti
S’io rimiro i vostri sguardi
Scorgo sol fulmini, e dardi,
Scorgo sol faville, e dardi,
Né veder so più quel riso
Che rendea si vago il viso:
Vezzosette, e care pupillette ardenti
Chi v’ha fatto avare de bei rai lucenti,
Chi v’ha fatto avare dei bei rai lucenti.
Chi v’ha fatto oscure pupillette belle
Che serene, e pure rassembravi stelle
Chi m’ha tolto i dolci rai
Dillo Amor se tu lo sai
Dillo e sia quel che si sia
O disprezzo o gelosia:
Vezzosette …...
Non più sdegno sete rimirar vi voglio,
Ne più superbette soffrir tanto orgoglio,
Che veder s’io non v’offesi
Vostri rai di sdegno accesi
Pupillette, è in giusto duolo
O ridete, ò io prendo il volo.
Vezzosette …...
53
54
Occhietti amati
Occhietti amati che m’incendete
Per che spietati omai più siete
Splendin’ sereni
Di gioia pieni
Vostri splendori
Fiamme dei cori.
Bocca vermiglia ch’ai per confini
O meraviglia, Perle e Rubini
Quando ridente
Quando clemente
Dirai ben’ mio
Io’ardo anch’io?
Credi mio core ch’ogn’hor’più forte
Fian’ mè l’ardore sino alla morte
Ne sia chi tenti
Far’ meno ardenti
I miei sospiri
I miei martiri.
S’io non languisco per’ te mia gioia
S’io non patisco io tosto moia
Ma s’io t’honoro
O mio tesoro
Cangia in pietade
Tua feritade.
55
56
Dolci sospiri
Dolci sospiri dolci martiri
Dolce gridate mercè pietate
Ohime gridate forte ch’io son’vicin’a morte.
Due vaghe stelle del sol più belle
Scoccan mortali saette, e strali
E per gioch’e diletto fatt’ han’segn’il mio petto.
Ferito insieme con dolce speme
Tenet’in vita l’alma ferita
Ben può vostra virtute recar’piagh’e salute.
Deh luci vaghe delle mie piaghe
S’el’mio tormento vostro contento
Ferite, fin’ch’io moro per saettarm’ogn’hora.
E tu mio core specchio d’Amore
Attendi ardito guerrier’ invito
Ne fuggir’ colpo mai ch’escha da dolci rai.
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58
59
Segui segui dolente core
Segui, Segui dolente core
Gli occhi fonti del vivo ardore,
Stelle chiare stelle lucenti
A mirarsi fulmini ardenti,
e se à rai tanto sereni
Forza è pur ch’io pianga e peni,
Vò penare cor mio per ben’amare.
Fugga fugga si come il vento
Questa vaga del mio tormento,
Come cieca non mai rimiri
L’altro peso de miei martiri,
Ch’io per me non mai pentito
Del dolor quasi infinito,
Vò penare cor mio per ben’amare.
60
61
62
63
O ben sparsi sospiri
O ben sparsi sospiri, sospiri,
sospiri tiepidi, e lievi,
fiato de la mia vite,
aure d’Amore.
Del folto de martiri,
per vie spedi te e brevi
Voi sol’ trahete a dolce porto il core.
Per voi s’alza a tutt’ore,
Zeffiri lusinghieri,
fu l’ali de pensieri,
dal’abisso del’ duolo,
Verso l’amato Ciel’
l’anima a volo.
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