Tenebre bianche. Immaginari coloniali fin de siècle

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Luca Acquarelli Matteo Baraldi Maria Chiara Gnocchi Vincenzo Russo TENEBRE BIANCHE IMMAGINARI COLONIALI FIN DE SIÈCLE DIABASIS DIABASIS Acquarelli Baraldi Gnocchi Russo TENEBRE BIANCHE 10 Luca Acquarelli si occupa di analisi dell’immagine e di traduzione fra regimi semiotici diversi, nonché di studi sul colonialismo. Dottorando in Visual Studies all’Uni- versità di Siena con una tesi sull’iconografia del fasci- smo imperiale italiano. Matteo Baraldi si occupa principalmente di cultura au- straliana e di letteratura per l’infanzia, con particolare ri- guardo al mondo coloniale dell’Ottocento britannico. Maria Chiara Gnocchi è dottore di ricerca in letterature francofone presso l’Università di Bologna e l’Université Libre de Bruxelles. Vincenzo Russo è assegnista di ricerca presso il Diparti- mento di Lingue e Letterature Straniere Moderne dell’U- niversità di Bologna e docente di Letteratura e Lingua Portoghese all’Università di Milano. Agli occhi di un’Europa già ampiamente coloniale, il cuore dell’Africa si mostra come vuoto – a blank space, scrive Con- rad in Heart of Darkness – : un posto ancora da prendere, pri- vo di riferimenti, un vuoto da riempire. Poi, in meno di una generazione, la cartina geografica si riempie di “fiumi e la- ghi e nomi”. È l’occasione, per le potenze imperiali del vec- chio continente (quelle antiche come quelle più recenti) per dispiegare i propri mezzi (scienza, cultura) e ridurre quel vuo- to in un “pieno di nomi”, in un catalogo, in un archivio. Ma, anche riuscendo a rendere il mistero del “cuore di tenebra” qualcosa di “dicibile”, la modernità occidentale non può ri- durne tutta la residualità trasgressiva e resistente, una resi- dualità pericolosa per la ragione ma quanto mai fertile per l’immaginazione e la creazione artistica. Entro i limiti temporali di quella che Hobsbawm ha chiama- to l’età degli imperi (1875-1914), gli autori prendono in esa- me gli immaginari coloniali di alcuni paesi europei (Inghil- terra, Francia, Belgio, Portogallo) così come emergono dalle molteplici rappresentazioni letterarie e fotografiche prodot- te all’epoca. Lo studio si concentra su un preciso luogo ge- neratore di immagini: il cuore di tenebra, ossia l’Africa cen- trale e equatoriale, con un’attenzione particolare per il baci- no del fiume Congo. Alla base, una convinzione, derivata dalla lezione di Edward Said: il potere di narrare è cruciale per la cultura e per l’im- perialismo, e costituisce uno dei principali legami tra l’una e l’altro. L’immaginario coloniale si forgia, non solo sulle ideologie e sull’azione politica ufficiale, sulla storiografia, sull’economia, sulla geografia, sui nuovi saperi codificati dalla modernità (l’antropologia, l’etnografia, la sociologia) ma ricade più o meno coscientemente nelle opere d’arte, nelle rappresentazioni, riarticolandone i miti, le figure, i cli- ché. Una modernità culturale e scientifica che determina una continua ridefinizione delle figure di colono e di colonizza- to, dove l’identità del Sé europeo passa inevitabilmente at- traverso la macchina di produzione delle alterità. 18,00 PASSAGES La volta del cielo Come Joseph Conrad lascia intravedere nel suo capolavoro, è proprio al- la fine del XIX secolo che il Cuore di tenebra africano insinua le sue in- quietanti rifrazioni sulla cultura imperiale delle nazioni europee. Il pro- getto che gli immaginari coloniali di Francia, Belgio, Inghilterra e Por- togallo contribuiscono a stratificare nella cultura europea non è altro che il tentativo di legittimare l’Impero con l’Idea. I quattro saggi raccol- ti in queste Tenebre Bianche provano a decostruire i potenti dispositi- vi mitografici, concentrandosi sulle rappresentazioni letterarie e foto- grafiche, che le nazioni d’Europa piegano alla propria causa imperiale. Cop acquarelli:Cop Passages 23-04-2008 16:17 Pagina 1

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Questo libro analizza, sull'esperienza coloniale europea, le creazioni letterarie e fotografiche scaturite dal «cuore di tenebra» dell'Africa coloniale subsahariana. Da una parte un'Europa che ricerca la sua ultima avventura coloniale, dall'altra gli altri mondi che, come fantasia o conoscenza, si proiettano sullo spazio dei saperi della metropoli. Razionalizzare l'altrove africano sarà il compito dei vari esploratori e viaggiatori, poi dei funzionari coloniali, infine degli scrittori. Questa analisi mette in luce come l'uomo occidentale sia arrivato a interrogarsi sull'intrico della propria coscienza, della propria modernità, della propria civiltà. Per la prima volta il mondo occidentale è invaso da milioni di "specchi guardanti" che attraverso la fotografia vanno a popolare la vita quotidiana dei cittadini europei. Emerge così come la letteratura e la fotografia siano componenti fondanti la cultura imperiale e lo stesso impero.

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Luca Acquarelli Matteo BaraldiMaria Chiara Gnocchi Vincenzo Russo

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Luca Acquarelli si occupa di analisi dell’immagine e ditraduzione fra regimi semiotici diversi, nonché di studisul colonialismo. Dottorando in Visual Studies all’Uni-versità di Siena con una tesi sull’iconografia del fasci-smo imperiale italiano.

Matteo Baraldi si occupa principalmente di cultura au-straliana e di letteratura per l’infanzia, con particolare ri-guardo al mondo coloniale dell’Ottocento britannico.

Maria Chiara Gnocchi è dottore di ricerca in letteraturefrancofone presso l’Università di Bologna e l’UniversitéLibre de Bruxelles.

Vincenzo Russo è assegnista di ricerca presso il Diparti-mento di Lingue e Letterature Straniere Moderne dell’U-niversità di Bologna e docente di Letteratura e LinguaPortoghese all’Università di Milano.

Agli occhi di un’Europa già ampiamente coloniale, il cuoredell’Africa si mostra come vuoto – a blank space, scrive Con-rad in Heart of Darkness – : un posto ancora da prendere, pri-vo di riferimenti, un vuoto da riempire. Poi, in meno di unagenerazione, la cartina geografica si riempie di “fiumi e la-ghi e nomi”. È l’occasione, per le potenze imperiali del vec-chio continente (quelle antiche come quelle più recenti) perdispiegare i propri mezzi (scienza, cultura) e ridurre quel vuo-to in un “pieno di nomi”, in un catalogo, in un archivio. Ma,anche riuscendo a rendere il mistero del “cuore di tenebra”qualcosa di “dicibile”, la modernità occidentale non può ri-durne tutta la residualità trasgressiva e resistente, una resi-dualità pericolosa per la ragione ma quanto mai fertile perl’immaginazione e la creazione artistica. Entro i limiti temporali di quella che Hobsbawm ha chiama-to l’età degli imperi (1875-1914), gli autori prendono in esa-me gli immaginari coloniali di alcuni paesi europei (Inghil-terra, Francia, Belgio, Portogallo) così come emergono dallemolteplici rappresentazioni letterarie e fotografiche prodot-te all’epoca. Lo studio si concentra su un preciso luogo ge-neratore di immagini: il cuore di tenebra, ossia l’Africa cen-trale e equatoriale, con un’attenzione particolare per il baci-no del fiume Congo. Alla base, una convinzione, derivata dalla lezione di EdwardSaid: il potere di narrare è cruciale per la cultura e per l’im-perialismo, e costituisce uno dei principali legami tra l’unae l’altro. L’immaginario coloniale si forgia, non solo sulleideologie e sull’azione politica ufficiale, sulla storiografia,sull’economia, sulla geografia, sui nuovi saperi codificatidalla modernità (l’antropologia, l’etnografia, la sociologia)ma ricade più o meno coscientemente nelle opere d’arte,nelle rappresentazioni, riarticolandone i miti, le figure, i cli-ché. Una modernità culturale e scientifica che determina unacontinua ridefinizione delle figure di colono e di colonizza-to, dove l’identità del Sé europeo passa inevitabilmente at-traverso la macchina di produzione delle alterità.

€ 18,00

PASSAGESL a v o l t a d e l c i e l o

Come Joseph Conrad lascia intravedere nel suo capolavoro, è proprio al-la fine del XIX secolo che il Cuore di tenebra africano insinua le sue in-quietanti rifrazioni sulla cultura imperiale delle nazioni europee. Il pro-getto che gli immaginari coloniali di Francia, Belgio, Inghilterra e Por-togallo contribuiscono a stratificare nella cultura europea non è altroche il tentativo di legittimare l’Impero con l’Idea. I quattro saggi raccol-ti in queste Tenebre Bianche provano a decostruire i potenti dispositi-vi mitografici, concentrandosi sulle rappresentazioni letterarie e foto-grafiche, che le nazioni d’Europa piegano alla propria causa imperiale.

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P a s s a g e s

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L a v o l t a d e l c i e l o

Progetto di Massimo Quaini ed Eugenio Turri

Direzione Massimo Quaini

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Il volume è stato realizzato grazie al contributo della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna

In copertinaCartolina dalla serie «116 cartes postales du Congo français, 1907»

Société de Géographie, BNF, Paris

Progetto grafico e copertinaBosioAssociati, Savigliano (CN)

ISBN 978 88 8103 541 0

© 2008 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

[email protected] www.diabasis.it

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Luca AcquarelliMatteo Baraldi

Maria Chiara GnocchiVincenzo Russo

Tenebre biancheImmaginari coloniali fin de siècle

D I A B A S I S

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Prefazione, Roberto Vecchi

Introduzione

Cultura e immaginario coloniale nel Portogallo finesecolare,Vincenzo Russo

Un gioco da ragazzi. Africa e Impero nella letteratura ingleseper l’infanzia dell’Ottocento, Matteo Baraldi

Attraverso il continente nero su bianco. Testi d’oltremare belgi e francesi, Maria Chiara Gnocchi

La fotografia e il colonialismo.Visioni sul Congo, Luca Acquarelli

Bibliografia

Indice delle immagini

Tenebre biancheImmaginari coloniali fin de siècle

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PrefazioneOrrori illuminati

Se le ricerche sono chiamate a creare oggetti nuovi che prima non c’erano, ilprogetto del quale qui si dà conto riproducendone gli esiti inventa di fatto unnuovo territorio che forse merita di essere ulteriormente esplorato e percorso.Esso comunque non nasce dal nulla. Si definisce all’interno della programma-zione scientifica di un centro di ricerca del Dipartimento di Lingue e Letteratu-re Straniere Moderne, il Centro Studi sulle Letterature Omeoglotte dei Paesi Ex-tra Europei (nella vulgata, il Centro Studi Postcoloniali) che, grazie al decisivopatrocinio della Scuola Superiore di Studi Umanistici sempre dell’Ateneo bolo-gnese, riesce ad allestire una équipe di giovani ricercatori di ambito dottorale epostdottorale che, per oltre un biennio, si interroga sulla possibilità di definireuna morfologia della esperienza coloniale europea intorno a quella che Hobs-bawm definisce l’Età degli imperi. Una ricerca che rivela subito la sua natura po-sitivamente bifida o interstiziale, ponendosi “tra” una Europa che ricerca la suaultima avventura coloniale, e gli altri mondi che come fantasia o conoscenza siproiettano sullo spazio dei saperi della metropoli. Irriducibili, insomma, in undiscorso monografico, limitato unicamente ai colonialismi da un lato o alle Eu-rope, piccole o egemoniche che esse siano, dall’altro.

Come tutti i libri, anche questo ne ha dentro di sé molti altri. Già muovendodalla introduzione, ma con una vasta disseminazione in tutti i quattro robusti ca-pitoli che scandiscono diverse storie imperiali – dagli imperialismi in un certosenso normativi inglese e francese a quelli problematicamente subalterni come lapiccola patria Portogallo o anche all’interessantissimo caso del Congo belga – siafferra un fitto reticolato di rimandi che tessono per ogni contributo saggisticouna specie di membrana sensibile comune. In effetti, la ricerca di gruppo nascedalla lettura di due opere che finiscono con l’essere un vero e proprio collanteconcettuale dei saggi. La prima opera generatrice è indubbiamente, come si evi-denzia in molteplici occasioni, a partire anche dallo stesso titolo del progetto,Heart of Darkness di Joseph Conrad, recuperato in una chiave non soltanto dinarrativa dell’impero, ma come un portentoso dispositivo critico che consente disondare aspetti profondi e interdetti della coscienza coloniale europea al varcodel secolo. La seconda opera che peraltro si connette strettamente col romanzoconradiano è una monografia fondatrice che dischiude nuovi sguardi sulle vi-cende dell’impero, ovvero quel Culture and Imperalism di Edward W. Said che

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non è anch’esso solo una delle più robuste analisi dell’esperienza storica del-l’imperialismo, anche in raccordo con un altro testo liminare della tradizione de-gli studi postcoloniali come il foucaultiano Orientalism dello stesso Said. Con-centrando il suo fuoco critico su alcuni imperialismi normativi, nella fattispeciequelli di Inghilterra, Francia e USA, in realtà il critico mette a punto un eccel-lente strumento concettuale che consente, come invita a fare nelle premesse del-l’opera, di indagare anche altri imperialismi che in modo più o meno diretto con-fermano l’esistenza di un modello culturale dell’impero, disseminato in diversicontesti. Ma è nel nesso più fertile dell’opera di Said – non a caso ispirato proprioa Conrad – che i saggi qui riuniti fissano i loro presupposti di indagine, ovveroche l’impero esiste anche e soprattutto in combinazione con l’idea di avere unimpero, dunque il vincolo con le rappresentazioni nel campo culturale non è so-lo consistente ma assolutamente decisivo. L’immaginazione dell’impero dunquesvolge una funzione cruciale ed è per questo che la letteratura – così come la fo-tografia, come molto bene si evince dalle pagine che seguono – è una compo-nente fondante, in piena crisi mimetica, non solo la cultura imperiale ma lo stes-so impero sul piano fattuale: factum e fictum insomma si alleano nella modernaversione della idea imperiale e della sua esecuzione storica.

La dimensione moderna di questo processo risulta affatto palese: l’imperia-lismo che coincide con l’apogeo del moderno e l’affermazione della tecnica nonha alcunché di arcaico o primordiale anche nelle forme più selvagge e primarie disfruttamento ed accumulazione. Esso esemplifica assai bene quella caratteristi-ca di modernizzazione su larga scala del razzismo, a partire da una cesura bio-politica, introdotta progettualmente nei diversi contesti dell’impero, che Fou-cault individua nelle pagine conclusive di Il faut défendre la société, contribuen-do così a definire una delle forme biopolitiche fondamentali della nostra con-temporaneità in cui si coagulano nuovi inquietanti meccanismi di sovranità.

Non sorprende allora che in alcune delle pagine illuminanti la crisi sulla si-curezza che viviamo in epoca contemporanea, una filosofa sensibile e acuta co-me Adriana Cavarero trovi proprio in Heart of Darkness il punto di fuga possibileche fa da appendice al suo ultimo libro, Orrorismo ovvero della violenza sull’i-nerme in cui, in chiave neologica, si fissa la categoria coniata sull’orrore e il ter-rorismo, come emblema della violenza distruttiva contro lo stesso statuto onto-logico dell’umano. La traccia di questo processo che lacera il nostro tempo nonè forse già tutto presente nel grido sussurrato con cui Kurtz spira (“The horror!The horror!”) che, anche nella sua ossimoricità tonica, di sussurro che prelude alvento impetuoso, rivela il volto oscuro, solo eufemizzabile, di una modernità nonaffatto remota ma tutta dentro lo spirito distruttivo del secolo degli estremi?

Anche qui forse non è fuori luogo ricordare come un celebre capitolo di Le ori-gini del totalitarismo di Hannah Arendt, “Razza e burocrazia”, prenda le mosseproprio dal testo conradiano che mette in scena un mondo popolato da moderniuomini, “vuoti fino nel profondo”, messi al bando dalle metropoli, ma che nello

Roberto Vecchi8

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spazio coloniale rivelano la vera portata moderna del risentimento che li colmava.In questo senso, e questo libro mi pare contribuisca in modo eccellente a con-

fermarlo, diventa un pleonasmo parlare di barbarie coloniale in tutte le sue de-clinazioni non solo linguistiche qui contemplate, anglofone, francofone, lusofo-ne. Se vogliamo davvero guardare negli occhi il mostro, possiamo cogliere comequanto potrebbe apparire come eccentrico o degenerato, in realtà si iscriva inuna razionalità palmare che è alle origini dell’orrore materializzato e dissimula-to nelle catastrofi immani come quella dell’Europa degli imperi. Del resto, anchesolo ricordando pensieri forti nella tradizione critica postcoloniale, come adesempio quello di Partha Chatterjee, nazionalismi e colonialismi, pur riconfigu-rati nella temperie romantica, attingono alla stagione dei Lumi radici e valori,tanto da fare riconoscere in processi di superamento dell’esperienza colonialeun ritorno dello spettro nazionale secondo i presupposti della matrice europea.Sono dunque anche gli orrori degli imperi orrori senz’altro illuminati, come quel-li di una razionalità che non risparmia, nelle sue versioni anche a noi prossime, laviolenza più brutale sia pure nelle sue forme e nei suoi alibi immunitari dell’or-ganizzazione sociale moderna.

Molto insomma si chiarisce grazie alle Tenebre bianche qui raccolte. Per ilCentro che ha progettato e poi seguito l’intreccio dei percorsi di studio – che sisviluppano, come si nota subito, in un contrappunto costante tra particolarizza-zione contestuale e generalizzazione dell’esperienza europea dell’impero che ri-flette la collegialità con cui la ricerca è stata condotta – si tratta di un’ulterioreprova di come programmi con un forte grado di interdisciplinarità, scaturiti daconfronti aperti, appassionati, al di là dei ruoli, possono produrre esiti impor-tanti e inattesi, almeno rispetto alle ipotesi di partenza.

Un motivo in più per proseguire nell’impegno del Centro, impresso nella suastoria e nella sua stessa struttura, di essere un luogo di dialoghi e di saperi metic-ci e sempre aperti.

Roberto VecchiCoordinatore scientifico del Centro Studi sulle Letterature

Omeoglotte dei Paesi Extra Europeidell’Università di Bologna

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Luca Acquarelli, laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università diBologna con una tesi sul documento fotografico come fonte storica, si occupa dianalisi dell’immagine e di traduzione fra regimi semiotici diversi, nonché di studisul colonialismo. Sta per concludere il dottorato in Visual Studies all’Università diSiena con una tesi sull’iconografia del fascismo imperiale italiano. Collabora allarivista scientifica «Carte Semiotiche» e scrive per alcuni periodici italiani.

Matteo Baraldi si è occupato principalmente di cultura australiana e di lettera-tura per l’infanzia con particolare riguardo al mondo coloniale dell’Ottocentobritannico. È autore di un testo divulgativo sulla storia recente dell’Australia,L’ultima terra. La cultura australiana contemporanea (Carocci, Roma 2002) e di unvolume dedicato al tema dell’enfant sauvage dal titolo I bambini perduti. Il mitodel ragazzo selvaggio da Kipling a Malouf (Quodlibet, Macerata 2007).

Maria Chiara Gnocchi è dottore di ricerca in letterature francofone (Universitàdi Bologna, Université Libre de Bruxelles) e collabora attualmente con l'ateneobolognese. Le sue ricerche e le sue pubblicazioni portano sulle letterature di lin-gua francese, europee ed extra-europee, sulla sociologia della letteratura e sullastoria dell'editoria francese. Ha pubblicato nel 2007, a Bruxelles, un volume sul-la storia della casa editrice parigina Rieder.

Vincenzo Russo, laureato in Lettere Moderne e addottoratosi in Iberistica pres-so l’Università di Bologna, è attualmente assegnista di ricerca presso il Diparti-mento di Lingue e Letterature Straniere Moderne della stessa università e do-cente a contratto di Letteratura e Lingua Portoghese all’Università di Milano. Hacurato l’edizione italiana delle opere di vari autori portoghesi: José Luís Peixoto,Fernando Pessoa, Eduardo Lourenço, António Ramos Rosa. Per Diabasis è co-responsabile con Roberto Vecchi del progetto editoriale Estrema Europa Occi-dente (EEO) sui classici del pensiero portoghese.

Gli autori

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Passages

AA.VV., Le Americhe annunciate. I viaggiatori liguri precolombiani, a cura di Ilaria Caraci

Giuseppe Caraci, Segni e colori degli spazi medievali. Italiani e catalani nella prima cartografia nautica medievale

Carmen Radulet, Vasco Da Gama e la prima circumnavigazione dell'Africa. 1497-1499

Luigi Cavalli, Più neri di prima. Colonizzazione e schiavitù in Congo nel diario di viaggio di un italiano, a cura di Francesco Surdich

André Thevet, Le singolarità della Francia antartica

Vanni Blengino, Il vallo della Patagonia

Amanda Salvioni, L’Invenzione di un Medioevo americano. L’immaginazione storica e il passato coloniale in America Latina

Massimo Quaini, La mongolfiera di Humboldt

AA.VV., Paesaggio: pratiche, linguaggi, mondi, cura di Angelo Turco

Eugenio Turri, Viaggio a Samarcanda

Gioachino Chiarini, I cieli del mito. Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio

Luisa Rossi, L’altra mappa. Esploratrici, viaggiatrici, geografe (sec. XVI-XIX)

Luisa Rossi e Davide Papotti, Alla fine del viaggio

Dire la guerra, fare la guerra, a cura di Jeanne Clegg e Angelo Turco

Roberta Cevasco, Memoria verde

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Penetrante indagine

di un gruppo di giovani studiosi

sotto il segno di Conrad e Said

sulle rappresentazioni culturali

del colonialismo

decisive e necessarie

per fondare l’esistenza

dell’impero sull’idea

di un impero

questo libro viene stampato

nel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprint

delle cartiere Fedrigoni

dalla tipografia SAGI

di Reggio Emilia

per conto di Diabasis

nell’aprile

dell’anno

duemila

otto

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