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SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO

- C’è una domanda fondamentale da porsi, affrontando questi problemi: “Le

risorse del nostro pianeta sono sufficienti per fornire a tutti gli uomini una vita

dignitosa?”

- Una possibile risposta può essere questa: poiché sulla Terra esistono centinaia

di milioni di persone che soffrono la fame, sono analfabeti, non hanno

un’abitazione decente, non dispongono di cure mediche, bisogna concludere

che gli uomini sono troppi, che le risorse del pianeta sono insufficienti.

- Questa risposta è però inadeguata e superficiale, perché non tiene conto del

fatto che probabilmente molti uomini hanno troppo poco, perché altri

hanno troppo.

Va rilevato che i Paesi poveri sono compresi per lo più nell’Emisfero Meridionale, gli

Stati ricchi sono quasi tutti collocati nell’Emisfero Settentrionale.

- NORD vuol dire oggi area ricca del Mondo

- SUD vuol dire area povera del Mondo

- I Paesi del Sud forniscono materie prime (petrolio, ferro, fosfati, rame, cotone,

caffè, tè, legname ecc.) al Nord, che in cambio vende loro prodotti finiti e

tecnologicamente avanzati (macchinari, veicoli, prodotti chimici, medicinali,

armamenti ecc.).

- Uno dei problemi maggiori del nostro tempo è proprio quello di stabilire un

rapporto equo, ossia giusto, tra Nord e Sud del Mondo.

- Infatti il Nord non paga adeguatamente i beni provenienti dai Paesi del Sud, che

sono tutti debitori di somme ingenti nei confronti di quelli del Nord.

UN EQUILIBRIO ANCORA LONTANO

Un elemento di tensione a livello mondiale è dato dai grandi squilibri a livello

economico e di condizioni di vita ancora esistenti tra nazioni ricche e povere.

Negli ultimi decenni la “forbice”, cioè le differenze, tra Stati ricchi e Stati poveri è

aumentata.

I Paesi più sviluppati, pur avendo solo il 15% della popolazione, consumano

l’80% delle risorse della Terra. Significa che 85% della popolazione, cioè 5

miliardi di persone vivono con il restante 20% delle risorse.

Per capire come si vive nel mondo è stato studiato un indice particolare, l’Indice di

Sviluppo Umano (ISU), che permette di confrontare la vita nei vari Paesi. E’ un

numero che varia da 0 (sviluppo nullo) a 1 (sviluppo massimo).

I Paesi dove si vive meglio sono quelli del Nordamerica e dell’Europa, il Giappone,

l’Australia e la Nuova Zelanda. Le aree più povere sono in Africa, a sud del Sahara.

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L’ISU considera tre parametri:

- La speranza di vita alla nascita (tasso di mortalità infantile, numero di

abitanti per medico..). Se si vive a lungo, è sicuramente un segno di buona

salute e disponibilità di servizi.

- Il livello culturale: tasso di alfabetizzazione e percentuale di iscritti ai diversi

livelli di scuole.

- La disponibilità economica, calcolata sul PIL (prodotto interno lordo)

individuale, che misura il reddito medio disponibile.

Altri indici, che concorrono alla definizione dell’ISU, riguardano la diffusione di

acqua potabile, la diffusione dei quotidiani, il numero delle scuole elementari e

professionali.

Altri indici mettono in evidenza i casi di AIDS, o quelli di malaria o di altre

malattie.

Altre statistiche forniscono dati sulla disoccupazione, sui consumi di energia, sulle

spese militari.

Altre ancora rilevano la produzione e il consumo di cibo, o la quantità di calorie

consumate pro capite.

Un’altra serie di dati si riferisce alle libertà fondamentali, all’esistenza di libere

istituzioni, al funzionamento della giustizia, alla condizione femminile ecc.

Riassumendo, possiamo dire che il sottosviluppo è una condizione nella quale regna

la povertà, il cibo è scarso e la malnutrizione colpisce buona parte della popolazione;

la situazione igienico-sanitaria è molto precaria; l’analfabetismo è assai diffuso;

scarso è il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo; la condizione delle donne

decisamente peggiore di quella degli uomini.

LE CAUSE DEL SOTTOSVILUPPO

Il sottosviluppo è un fenomeno complesso. Le cause del sottosviluppo sono

INTERNE ed ESTERNE.

Tra le cause interne del sottosviluppo si possono elencare le seguenti:

1) Le guerre e le lotte tribali: le guerre infatti sono sempre state causa di carestie.

2) L’instabilità politica: ciò rende impossibile una programmazione economica a

medio e lungo termine e scoraggia gli investimenti.

3) La presenza di latifondi (v. America Latina), perché i grandi proprietari terrieri

non utilizzano e non sfruttano adeguatamente i loro estesissimi possedimenti.

4) L’eccessivo frazionamento delle proprietà contadine, ciò non permette un

reddito sufficiente (v. India, Bangladesh, Egitto ecc.).

5) La corruzione, gli sprechi, il parassitismo, realtà presenti ovunque, nei Paesi

sviluppati ed in quelli sottosviluppati.

6) Le periodiche calamità naturali (siccità, inondazioni, invasioni di insetti ecc.)

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7) La mentalità contadina chiusa alle innovazioni. In alcune zone la tradizione è

legge fondamentale e le novità, concimi chimici, mezzi meccanici ecc. sono

considerate con grande sospetto.

8) La mancanza di infrastrutture (strade, ferrovie, canali ecc) che impedisce di

valorizzare regioni agricole di per sé fertili.

Tra le cause esterne del sottosviluppo elenchiamo:

1) Il colonialismo, la cui dominazione si manifestò in vari modi:

- con il cosiddetto “commercio di rapina”: oro, avorio, diamanti, schiavi ecc.

contro armi, bevande alcoliche, perline ecc.

- con l’imposizione di coltivazioni agricole, come cotone, caffè, tè, canna da

zucchero ecc. per rifornire le potenze coloniali. A queste piantagioni furono

riservate le terre migliori fatte lavorare da indigeni mal retribuiti.

- con lo sfruttamento delle risorse minerarie, usando manodopera locale mal

pagata.

- Con l’imposizione del potere politico e culturale; le decisioni venivano prese

dalla “madrepatria” e la civiltà tradizionale veniva spesso spazzata via.

- Con l’imposizione di confini spesso innaturali, senza che si tenesse conto delle

popolazioni che abitavano i vari territori.

2) Moltissime colonie, pur raggiungendo l’indipendenza politica e diventando

Stati sovrani, sono rimaste economicamente dipendenti dai Paesi ricchi. La

loro economia ha continuato ad essere dominata da potenze economico-

finanziarie straniere (v. multinazionali).

Tutto questo prende il nome di neocolonialismo. Lo sfruttamento continua,

anche se con metodi diversi d quelli di un tempo.

3) Un altro fattore di importanza fondamentale nel mantenere situazioni di

sottosviluppo è lo scambio ineguale. I Paesi industrializzati impongono prezzi

molto alti ai prodotti finiti destinati ai Paesi sottosviluppati, mentre acquistano

le materie prime a prezzi bassi. I soggetti economicamente più deboli, cioè i

Paesi più poveri, devono accettare le condizioni di acquisto imposte da quelli

più forti, anche perché costretti a vendere i loro prodotti.

Una conseguenza molto negativa dello scambio ineguale è il forte indebitamento

dei Paesi poveri. Esso soffoca le loro fragili economie.

Vendere a prezzi bassi ed acquistare a prezzi alti non permette ai Paesi poveri di

accumulare capitali, anzi li costringe a chiedere prestiti per realizzare le opere

necessarie allo sviluppo economico.

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IL DEBITO ESTERO

L’ONU punta ad affrontare globalmente il grave problema del debito estero

contratto dai Paesi poveri con misure attuate a livello internazionale, per far sì che

queste nazioni possano avviarsi sulla strada dello sviluppo.

Da più parti si chiede che il debito estero dei Paesi poveri venga del tutto

cancellato: nel 2005 il G8 ha stabilito l’azzeramento del debito per i 18 Paesi più

poveri del mondo. Sono però molti di più gli Stati sull’orlo del collasso a causa

dei debiti.

DAL SOTTOSVILUPPO SI PUO’ USCIRE?

Per uscire dal sottosviluppo è necessario eliminare le cause, sia interne che

esterne.

Bisogna innanzi tutto abolire il neocolonialismo e stabilire delle regole perché lo

scambio non sia più ineguale.

Il commercio mondiale deve essere organizzato in modo da consentire ai

lavoratori e ai contadini dei Paesi poveri una equa remunerazione. Deve essere

superata la sproporzione attuale nella valutazione dei beni venduti e di quelli

acquistati. In questo modo anche l’indebitamento si ridurrebbe ed i Paesi poveri

potrebbero avere più risorse da investire nello sviluppo.

Tutto questo, però, anche se essenziale, non basta. Occorre che siano eliminate

anche tutte le altre cause. In altri termini è necessario:

- distribuire le risorse del Pianeta in modo più equo fra tutti i suoi abitanti;

- aumentare le risorse, senza danneggiare l’ambiente;

- ridurre o eliminare gli sprechi.

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

Appare significativa l’esperienza del commercio equo e solidale, non tanto per i

suoi risultati quantitativi, ma per il fatto di mantenere viva una concezione alternativa

del commercio, che alimenti una speranza e la convinzione che esistono altre regole

per concepire lo scambio economico e quindi i supporti politici ed umani tra i popoli.

Di fronte alla realtà dell’ineguaglianza dei rapporti commerciali tra Nord e Sud del

mondo, una delle alternative praticabili è quella di creare dei rapporti commerciali e

culturali paritari con i produttori, artigiani e contadini del Sud del mondo, per

assicurare loro continuità e fr comprendere al consumatore europeo quanta parte del

suo benessere sia fondata sullo sfruttamento dei tre quarti dell’umanità.

In Africa, Asia e America Latina gruppi di produttori si sono da tempo organizzati

nel tentativo di sfuggire alle regole inique del commercio internazionale.

Il commercio equo e solidale è un contributo concreto alle aspirazioni di tali

produttori organizzati com’unitariamente, che lottano per ottenere canali di diffusione

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alternativi per i loro prodotti, evitando il ricorso ad intermediari o grossisti locali;

ottenendo dei prezzi più giusti, definiti da loro stessi; costruendo un rapporto

continuativo e diretto con i loro partner e con i consumatori in Europa.

I criteri concreti su cui è basato il commercio equo e solidale sono:

a) il prezzo

b) i contatti diretti e continui

c) il prefinanziamento

d) l’informazione

e) la ricerca e lo sviluppo

a) Il prezzo. Ai produttori viene garantito un prezzo che loro stessi

decidono anno per anno, basandosi sul costo delle materie prime, sul

costo del lavoro locale e sulla retribuzione dignitosa e regolare per ogni

singolo produttore.

b) I contatti diretti e continui. I rapporti con i produttori avvengono senza

intermediazione. Gli ordini vengono effettuati direttamente. I contatti

sono continui e duraturi, per consentire l’attuazione dei programmi di

autosviluppo previsti dai gruppi con cui si è in contatto.

c) Il prefinanziamento. Il prefinanziamento è forse la caratteristica più

importante del commercio equo e solidale, in quanto consente loro di

liberarsi dallo sfruttamento finanziario degli intermediari e degli

speculatori locali. All’atto della conferma dell’ordine inviato, viene

anticipato circa metà del valore complessivo dell’ordine. Nella maggior

parte dei casi, i gruppi infatti non dispongono di quel capitale di partenza

che consentirebbe loro di acquistare la materia prima per la produzione.

d) L’informazione. La pratica del commercio equo e solidale implica, oltre

che il modo particolare di intendere il commercio, anche la diffusione di

materiale informativo specifico riguardante i prodotti, i produttori, il loro

modo di vivere e di lavorare.

e) La ricerca e lo sviluppo. Il commercio equo e solidale si concentra

anche sulla ricerca di nuovi gruppi con cui entrare in contatto, offre una

consulenza per lo sviluppo di nuovi prodotti ed una strategia comune di

marketing elaborata insieme ai gruppi di produttori.