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Uno Sguardo sul Sottosviluppo

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Il Ruolo del Terzo Settore nella Cooperazione Internazionale allo Sviluppo

di

Giovanni Cerulli

MASTER PVS - IUAV

Venezia, 20 Gennaio 2004

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PRIMA DOBBIAMO CHIEDERCI

COSA E’ IL SOTTOSVILUPPO

A R R E TR A TE Z Z A(L eg g e d e llo svil. n a tu ra le )

R isp os ta :E C O N O M IA D I M E R C A TO

P O V E R TA ' E N D E M IC A

R isp os ta :A S S IS TE N Z A

D IS TR O F IA eD IP E N D E N Z A E C O N .

R isp os ta :S V IL U P P O U M A N O S O S TE N IB IL E

V i son o d ive rs i ap p rocc i:a lte rn a tivi:

IL S O TTO S V IL U P P O E '

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CLASSIFICAZIONE OCSE

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NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI:

• IL 20 % PIU’ POVERO HA IL 3,6 % DELLA RICCHEZZA

• IL 20 % PIU’ RICCO HA IL 34 % DELLA RICCHEZZA

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A LIVELLO MONDIALE:

• IL 20 % PIU’ POVERO HA IL 1,4 % DELLA RICCHEZZA

• IL 20 % PIU’ RICCO HA IL 82,7 % DELLA RICCHEZZA

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La Cooperazione Internazionale allo

Sviluppo

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COOPERAZIONE ALLO COOPERAZIONE ALLO SVILUPPOSVILUPPO

• COSA E’ ?

• A COSA SERVE ?

• PERCHE’ DOBBIAMO IMPEGNARVI RISORSE ?

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A COSA SERVE LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE ?

PERCHE’ IMPEGNARVI RISORSE ?

• DOVERE MORALE VERSO I “DANNATI DELLA TERRA”

• PACIFICAZIONE E STABILIZZAZIONE DEL PIANETA

• GOVERNABILITA’ DEI FLUSSI MIGRATORI

• SALVAGUARDIA GLOBALE DELL’AMBIENTE E DELLE RISORSE NON RINNOVABILI

• RELAZIONI POLITICHE E STRATEGICHE

• SCAMBIO COMMERCIALE E ALLARGAMENTO DEL MERCATO GLOBALE

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Evoluzione Storica della Cooperazione

Cooperazione Centralizzata(anni ’60 -’70 – metà 80’ )

MACRO-COOPERAZIONE (Cooperazione Economica e Finanziaria, Grandi Infrastrutture, ecc.)

Cooperazione Decentralizzata(fine ’80 –’90 – oltre )

MICRO-COOPERAZIONE (Enti locali, ONG, Volontariato, Sindacati, Immigrati, PMI,

Cooperative, ecc.)

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Centralismo

1. Incapacità di raggiungere fascemarginali e lontane della società

(bisogni insoddisfatti)2. Scarsa partecipazione dei

soggetti locali (bassa attivazione del

capitale sociale locale)3. Difetto di coordinamento (alti

costi gestionali, interessi politici, scarso rispetto delle specificità locali, corruzione ed altre inefficienze pubbliche)

Assistenzialismo

1. Stile di cooperazione “Top-Down” con scarsa formazione tecnica dei soggetti locali

2. Passività dei beneficiari 3. Dipendenza politico-culturale

Limiti della Cooperazione Centralizzata

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Pregi della Cooperazione Decentrata

1. Maggiore rispetto dei bisogni eterogenei dei beneficiari e loro coinvolgimento nei programmi di sviluppo (stile “bottom-up”)

2. Attivazione delle reti locali (capitale sociale)

3. Innovazione gestionale e riduzione dei costi di coordinamento dell’attività economica

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RUOLO DELLA COOPERAZIONE RUOLO DELLA COOPERAZIONE DECENTRATADECENTRATA

• NON E’ NON E’ SOSTITUTIVASOSTITUTIVA

di quella dei due soggetti tradizionali (Governo e Org. Internaz.; ONG)

• E’ AGGIUNTIVAE’ AGGIUNTIVA svolgendo un ruolo altrimenti mancante, coinvolgendo soggetti altrimenti esclusi e apportando ulteriori risorse

• Consiste nel concordare accordi-quadro tra i due territori partner (patti inter-territoriali) in cui tutti i soggetti dei due territori sono chiamati a progettare e realizzare gli interventi in sinergia tra loro

• Ciascuno di essi così costituisce una tessera armonica di un mosaico

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CAMPI D’AZIONE DELLA COOPERAZIONE DECENTRATACAMPI D’AZIONE DELLA COOPERAZIONE DECENTRATA

INTERVENTI DI EMERGENZA

FORMAZIONE

BUON GOVERNO

• Sostegno politiche di decentramento;

•Rafforzamento istituzionale;

• Capacità di amministrazione del territorio;• Pianificazione del territorio;•Formazione politico-amministrativa.

PUBBLICI SERVIZI

• Sanità;• Educazione;• Acqua e energia;• Trasporti;• Ambiente;• Manutenzione e gestione;• Formazione tecnica e gestionale.

SVILUPPO ECONOMICO

• Imprese sociali;

• PMI e cooperat.

• Credito;

• Pesca e agrozootecnia;

• Commercio;

• Formaz. profess. e manageriale.

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LE ONG ONG NELLA COOPERAZIONE COOPERAZIONE DECENTRATADECENTRATA

R ea lizzare P rog e tt iau ton om i con con trib u tid e i d o n o rs trad iz ion a lie d e lla R e ion e o E .L .

C o llab ora re con R eg ion e /E La p rog e tta re e rea liz zare

il p rog ram m a d i coop eraz .in s iem e ag li a ltri sog g e tt i

L e O N G son o ch iam atea svo lg ere d u e ru o li

d is t in t i e con tem p oran e i

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AREE DI INTERVENTO DELLE ONG

Mediterraneo PECO Altri PVS

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AREE PRIORITARIE DI INTERVENTO

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Come è regolamentata la Cooperazione Internazionale in

Italia?

Decreto Legge n. 49/87

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LEGGE n.49/87 SULLA COOPERAZIONELEGGE n.49/87 SULLA COOPERAZIONE

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Cos’è una ONG?

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Definizione di ONG

1. Definizione Legale (Italia)Associazione o Fondazione che svolge attività di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni del terzo mondo senza perseguire finalità di lucro (Dlg 49/87 e DL Onlus 46/97)

1. Definizione Strutturale/Operativa A. Formale

B. Privata

C. Auto-governante

D. Con vincolo di non-distribuzione degli utili

E. Con presenza di volontari

(F. Carattere inter-nazionale)

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Sussidi e vantaggi fiscali per le ONG (legge 49/87)

1. Le ONG possono ricevere contributi pubblici per un valore non superiore al 70% del costo del programma

2. Ai fini fiscali sono trattate come attività non-commerciali

3. I contributi da parte di persone fisiche o giuridiche sono deducibili per un max del 2% del loro reddito

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La funzione delle ONG

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Perché esistono le ONG ?

1. Efficienza allocativa

1.1 Teoria del fallimento del governo (Weisbrod, 1975)

1.2 Teoria del fallimento del mercato (Hansmann, 1980)

2. Efficienza produttiva

2.1 Teoria multi-stakeholders

3. Funzione re-distributiva

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Il livello di offerta statale (quantità e qualità) di cooperazione nasce da un “processo di decisione burocratica” che soddisfa le preferenze dell’individuo mediano. Se la popolazione di una data regione presenta (1) preferenze fortemente eterogenee e/o (2) una distribuzione del reddito molto concentrata vi sarà un gran numero di individui “insoddisfatti”

Inefficienza allocativa statale

Fallimento del Governo

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Quando il bene prodotto ha i connotati di “trust good” l’impresa for-profit, che persegue il max profitto, può generare una “crisi di fiducia” nei donors (famiglie, imprese e stato) tale da ridurne la contribuzione ed impedire la fornitura del bene.

Le popolazioni locali che avrebbero potuto godere del beneficio dei contributi dei donors vedono razionata l’offerta for-profit

Fallimento del Mercato

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Il recupero dell’efficienza allocativa avviene tramite le ONG. Come?

1. Ipotesi comportamentale: le ONG sono istituzioni che “massimizzano l’obiettivo sociale sotto il vincolo della sopravvivenza economica”

2. Struttura istituzionale: le ONG non hanno proprietari che possono venderla per incassarne il valore capitale, presentano un “vincolo di non-distribuzione degli utili” che tutela i donors e i beneficiari da comportamenti opportunistici convincendoli che ogni eventuale surplus di gestione sarà utilizzato per (1) aumentare la quantità prodotta e/o (2) aumentarne la qualità

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Schema dei “trust goods”

FinanziatoriStato

FamiglieImprese

ONG1. VND

2. Mission Sociale3. Assenza di Proprietari

BeneficiariPopolazioni PVS

Asimmetria informativa

DEF: beni in cui i chi paga per la prestazione “non corrisponde” a chi ne beneficia

Incapacità di misurare quantità e qualità della prestazione

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Teoria dell’offerta:

ammesso che ci sia una domanda di prestazioni ONG, chi è disposto ad investire in una impresa che non distribuisce profitto? E partendo da questo, ci sono, nelle ONG, elementi che incentivano al raggiungimento dell’efficienza produttiva oltre che allocativa?

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ONG come struttura multi-stakeholder

Piu’ che una black box produttiva una ONG è una rete di soggetti (stakeholders) portatori di diversi interessi.

Volontari

Enti pubblici e organizzazioni sovra-nazionali

Dipendenti

ManagersSoci

Popolazioni beneficiarie

Società civile

ONG

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L’efficienza produttiva di una ONG, quindi, risulta dalla capacità di minimizzare i costi di agenzia connessi alle relazioni della ONG con tutti gli stakeholders, tanto “interni” quanto “esterni”, dato l’obiettivo socio-economico che ne è alla base” (Borzaga, 2003).

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1. Motivazioni altruistiche, idealistiche e religiose

2. Marketing Sociale

3. Managerialità

4. Concorrenza tra ONG (“gare” piuttosto che “affidamenti”)

5. Buon sistema informativo e trasparente rendicontazione dell’attività

6. Finanziamento misto ed equidistribuito

7. Piccole-medie dimensioni

8. Capacità relazionali

Elementi che spingono all’efficienza produttiva di una ONG

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La funzione re-distributiva delle ONG

L’efficienza allocativa e quella produttiva “non bastano” a giustificare l’esistenza dell’attività delle ONG. Esse hanno soprattutto una funzione redistributiva (ritenuta “utile dalla collettività”) consentendo a larghe fasce della popolazione che esprimono una domanda non pagante di beni e servizi di accedere al loro consumo. Esse consolidano la costruzione du un sistema “universalistico” di accesso a beni primari quali l’alimentazione, formazione, sanità, assistenza sociale, cultura. Questa funzione è strettamente collegata alla mission sociale.

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L’ONG, quindi, rappresenta un “disegno istituzionale” capace di garantire un equilibrato mix tra equità (criteri universalistici) ed efficienza (allocativa e produttiva), tenuto conto delle preferenze sociali che supportano la loro nascita e affermazione

Equilibrio equità-efficienza “scelto” dalla collettività

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W

Equità

Efficienza

E

Determinazione dell’equilibrio (E) sul trade-off equità-efficienza (T) in base alle preferenze della collettività (W)

T

Mercato

Stato

ONG

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Alcuni dati

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Fondi destinati alla cooperazione sul PIL

PAESI G7 1999

Canada 0.28

Francia 0.38

Germania 0.26

Giappone 0.35

Italia 0.15

U.K. 0.23

Stati Uniti 0.10

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Nel 1999 in Italia le erogazioni complessive dell’Italia a fini di cooperazione Internazionale sono state pari a 1.806 milioni di dollari, mentre le contribuzioni alle ONG sono state pari a circa 65 miliardi di vecchie lire pari a circa il 2%

Fonte: Andreaus, 2003

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Attività delle ONG italiane (1999)

PAESI G7 1999 (%)

Formazione 35

Sanità 17

Agroalimentare 15

Commercio e Artig. 4

Industria 1,5

Altro 27

Fonte: Andreaus, 2003