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La fertirrigazione delle specie arboree da

frutto

Giovambattista Sorrenti, Maurizio Quartieri e Massimo Tagliavini

Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna. Viale Giuseppe Fanin, 46 – 40127 Bologna

Riassunto

La gestione sostenibile delle produzioni frutticole presuppone una sempre

maggiore attenzione alle risorse interne al frutteto e dovrebbe comportare una

riduzione degli inputs esterni. Nel caso dei fertilizzanti, le riduzioni nelle dosi,

ormai auspicate da molti ambienti della Società o rese necessarie dai Disciplinari

di Produzione, potrebbero causare, se non compensate da un miglioramento

dell’efficienza d’uso dei concimi, sensibili riduzioni nelle rese. La fertirrigazione, se

correttamente gestita, rappresenta in molte situazioni colturali la soluzione tecnica

per far coincidere le quantità distribuite con quelle realmente necessarie per

l’albero. Tale tecnica è divenuta oramai una componente integrante nella

moderna frutticoltura, per molteplici vantaggi rispetto alla concimazione

tradizionale: distribuzione uniforme delle unità fertilizzanti nel volume di suolo in

cui vi è un'elevata concentrazione di radici assorbenti; frazionamento delle

somministrazioni in modo da assecondare le esigenze nutrizionali della pianta,

riduzione consistente dell’impiego di nutrienti, ecc. Inoltre, se applicata già nei

primi anni d'impianto stimola positivamente l'attività vegetativa delle piante ed

induce la formazione di un elevato numero di gemme a frutto, anticipando l‘entrata

in produzione.

Introduzione

L’adozione di efficienti tecniche di distribuzione di fertilizzanti costituisce un

aspetto pratico di elevata importanza nella gestione sostenibile della

fertilizzazione. In pratica, bisognerebbe tendere a realizzare condizioni operative

in cui tutto il fertilizzante viene assorbito e pertanto non si realizzano perdite

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nell’ambiente. Dal punto di vista agronomico, appare chiaro che il corretto

abbinamento delle tecniche di concimazione e di irrigazione rende possibile

raggiungere gli obiettivi sopra citati. E' per queste ragioni che nei frutteti che

dispongono di irrigazione localizzata si è diffusa la fertirrigazione, divenuta oramai

una componente integrante nella moderna frutticoltura. Si tratta di una tecnica

diversa dalla concimazione "tradizionale", che prevede la distribuzione dei

fertilizzanti (generalmente in forma granulare) sulla superficie del terreno, la cui

efficacia è strettamente legata al verificarsi di alcune condizioni essenziali: prima

di tutto è necessario che il fertilizzante, una volta somministrato, raggiunga

velocemente la zona di suolo occupata dagli apparati radicali degli alberi. Perché

questo avvenga, è indispensabile che il concime presenti un'elevata solubilità in

acqua e che si verifichino piogge o irrigazioni in misura tale da veicolarlo verso le

radici assorbenti. Se si manifestano invece condizioni climatiche siccitose (tipiche

dell’ambiente mediterraneo ma non solo) e non si dispone di impianto irriguo, i

fertilizzanti rimangono localizzati in superficie dove subiscono trasformazioni e/o

perdite che li rendono meno disponibili per essere assorbiti dalle radici

(retrogradazione del fosforo, fissazione del potassio, volatilizzazione dell’azoto,

ecc.). Un’altra condizione necessaria per rendere efficace la concimazione

"tradizionale" è che l'umidità del terreno sia tale da mantenere i nutrienti nella fase

liquida, condizione che nei mesi estivi non sempre si realizza; ne consegue che

l'assorbimento dei nutrienti da parte degli alberi è fortemente legato alle variazioni

di umidità del terreno.

Un altro aspetto tipico della concimazione “tradizionale” riguarda le quantità

apportate e la loro distribuzione nel corso della stagione. In funzione del nutriente

da apportare, si interviene in genere nel corso della stagione con un singolo

apporto (es. nel caso della concimazione con fosforo e potassio) o al massimo

con 2-3 interventi (es. azoto). In ogni caso, tali apporti possono prevedere

quantitativi piuttosto elevati di nutrienti. Quindi, in seguito ad una concimazione di

tipo "tradizionale", la presenza di nutrienti a contatto con le radici può aumentare

fortemente in misura anche molto rapida. Per alcuni elementi come l’azoto, si

verifica un rapido assorbimento radicale che induce un'eccessiva attività

vegetativa la quale, aumenta le richieste degli altri nutrienti da parte dell'albero. Ad

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un’elevata disponibilità iniziale di elementi (es. in primavera) possono quindi fare

seguito fasi caratterizzate da fenomeni di carenza. Un’eccessiva disponibilità di

potassio in soluzione può indurre fenomeni di antagonismo che influenzano

negativamente la serbevolezza dei frutti (es. incremento del rapporto K/Ca) e la

comparsa di fisiopatie da conservazione (es. butteratura amara del melo). Inoltre,

per motivi di organizzazione aziendale, attraverso la concimazione "tradizionale"

non sempre si eseguono interventi coincidenti con le fasi di maggiore richiesta

dell'elemento da parte dell'albero. Nei terreni sciolti e meno fertili dell’Emilia

Romagna sono stati riscontrati spesso in passato sintomi di carenza di azoto nel

pesco durante il periodo estivo, a distanza di 50-60 giorni dalla concimazione

azotata. Dal punto di vista delle esigenze nutrizionali dell'albero è errato

considerare che un determinato elemento minerale debba essere disponibile solo

in alcune fasi fenologiche, mentre è auspicabile che i nutrienti siano sempre

disponibili, anche se in basse quantità, nella soluzione del terreno.

Criteri applicativi della fertirrigazione nelle colture arboree da frutto

La fertirrigazione, ovvero la somministrazione degli elementi minerali attraverso

l'acqua irrigua, presenta molteplici vantaggi rispetto alla concimazione

"tradizionale" (Xiloyannis e Celano, 1999). Occorre innanzi tutto precisare che

l’apporto dei nutrienti in fertirrigazione può essere effettuato attraverso piccole

modifiche dell’impianto di microirrigazione (a goccia o a microgetto), dal costo

limitato, anche se sono ora disponibili sistemi automatizzati in cui le modalità di

distribuzione dei fertilizzanti (dosi, durata e frequenza degli interventi,

concentrazione dei sali, conducibilità della soluzione e suo pH) sono gestite da

una centralina computerizzata. Attraverso questa tecnica, è possibile eseguire

un'uniforme distribuzione delle unità fertilizzanti nel volume di suolo in cui vi è

un'elevata concentrazione di radici assorbenti. Il condizionamento indotto

dall'irrigazione localizzata sulla distribuzione degli apparati radicali, non solo è

evidente negli ambienti siccitosi ma è stato osservato anche nelle condizioni

pedoclimatiche del Nord Italia. Studi condotti in Emilia Romagna hanno, infatti,

evidenziato che alberi di pesco e di albicocco (Govi et al., 1996) irrigati a goccia

fin dalla loro fase di allevamento, presentano apparati radicali localizzati

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prevalentemente nella zona del filare mantenuta umettata attraverso l'irrigazione

localizzata. Al contrario, alberi condotti in coltura asciutta, sviluppano le radici più

in profondità e più lateralmente, interessando in pratica anche una parte

dell'interfilare. Tali evidenze sperimentali suggeriscono come la fertirrigazione

rappresenta una scelta tecnica particolarmente adatta agli impianti ad elevata

densità di piantagione, realizzati con alberi innestati su portinnesti nanizzanti.

Mediante la fertirrigazione è possibile effettuare ripetute somministrazioni

di nutrienti in modo da assecondare le esigenze nutrizionali della pianta, le quali

variano nel corso della stagione vegetativa in funzione delle fasi fenologiche, della

disponibilità di elementi nel terreno e dell’andamento climatico. In questo modo è

quindi possibile operare con piccole dosi e ridurre l'impatto ambientale della

concimazione. Quest’aspetto è particolarmente sentito per l'azoto che, data

l'elevata solubilità dei suoi sali, può subire in misura rilevante il dilavamento da

parte delle acque piovane e di irrigazione. Nel pesco è stato dimostrato che è

possibile ridurre l’impiego di nutrienti rispetto alla concimazione tradizionale e

gestire la concimazione azotata in suoli di media fertilità con 70-80 kg N/ha. La

fertirrigazione è inoltre un mezzo particolarmente efficace per aumentare la

disponibilità a livello radicale di quei nutrienti (es. fosforo e potassio) dotati di

scarsa mobilità lungo il profilo, soprattutto nei suoli di tessitura fine. Una razionale

applicazione della fertirrigazione comporta anche indubbi benefici sull’entrata in

produzione, consentendo di controllare l’attività vegetativa della pianta, evitando il

ricorso a regolatori di crescita.

Il ricorso alla fertirrigazione richiede anche una maggiore professionalità da

parte del frutticoltore; infatti, se mal utilizzata, i benefici legati alla tecnica stessa

possono essere vanificati. Relativamente ai fertilizzanti da utilizzare, il mercato

mette oggi a disposizione formulati in forma solida o liquida, concimi semplici o

binari (es. fosfato-monoammonico, fosfato-monopotassico, urea-fosfato, nitrato di

calcio, nitrato di magnesio, nitrato di potassio) o concimi complessi, che apportano

i diversi elementi minerali in proporzioni variabili. Nella scelta del tipo di formulato

è utile considerare non solo il costo dell'unità fertilizzante ma anche la strategia

che si prevede di applicare attraverso il programma di fertirrigazione (es. l'apporto

congiunto di taluni elementi in alcune fasi). In primo luogo è bene ricordare la

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necessità di utilizzare concimi con un alto grado di purezza ed un’elevata solubilità

(Tab. 1). La scelta del fertilizzante deve avvenire considerando anche la sua

composizione. Per alcune colture come la vite ed il pesco sono, infatti,

sconsigliate somministrazioni di potassio proveniente da cloruro. Nella vite è stato,

infatti, dimostrato, come apporti di K da cloruro sono meno efficienti rispetto

all'impiego di solfato di potassio, per quanto riguarda la produzione, la pezzatura

degli acini e del loro contenuto in zuccheri (Rühl, 2000). Per l’actinidia, invece, è

anche indicato il cloruro di potassio, in quanto è una specie molto esigente nei

riguardi del cloro (Buwalda e Smith, 1991).

Fra i fertilizzanti, in genere si sconsiglia l’uso di solfati perché possono

reagire con il calcio (soprattutto in presenza di acque molto dure), formando gesso

che precipitando può provocare l’occlusione dei gocciolatori. Tale inconveniente si

verifica anche in presenza di fosfati e carbonati ed acque ricche di microelementi

(es. ferro e zinco). Fenomeni di precipitazione dei sali possono verificarsi in

presenza di valori elevati di pH, specie per il calcio e il magnesio. Per mantenere il

pH su valori compresi fra 6 e 7 si possono impiegare concimi a reazione acida

(es. azoto in forma ammoniacale, urea-fosfato) oppure si pratica l’acidificazione

mediante acidi inorganici che però appaiono pericolosi da maneggiare (es. acido

nitrico, fosforico, solforico) della soluzione prima della sua immissione nella linea

irrigua. Nei terreni con elevato potere tampone (es. suoli argilloso-calcarei),

tuttavia, l’acidificazione della soluzione fertilizzante non sembra abbassare il pH

del suolo. La distribuzione localizzata dei nutrienti in fertirrigazione può causare un

aumento della salinità della soluzione del terreno. La conducibilità elettrica

(espressa in dS/cm) della soluzione fertilizzante dipende dalle dosi e dal tipo di

concime ed è importante non superare il rapporto 1:500 tra concime e acqua nella

soluzione finale, per non superare valori di 2 dS/cm. Nei frutteti che applicano la

tecnica della fertirrigazione già da molti anni è buona norma eseguire alcune

misure di conducibilità del terreno interessato dall’irrigazione, che non deve

superare il valore di 4 da/cm. Un ultimo aspetto riguarda la gestione dell’acqua, in

particolare la quantità d’acqua somministrata tra due successive fertirrigazioni.

Infatti, così come sono da evitare carenze idriche (che provocano inoltre aumenti

della salinità della soluzione del terreno), bisogna considerare che eccessive

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restituzioni idriche causano un allontanamento dalla sfera radicale del concime

precedentemente distribuito, vanificando l’effetto della fertirrrigazione.

La restituzione dei principali nutrienti mediante fertirrigazione

La formulazione di un corretto piano di restituzione degli elementi della fertilità

mediante fertirrigazione nelle colture arboree da frutto (Tab. 2), presuppone la

conoscenza delle esigenze nutrizionali degli alberi (Tab. 3), della dinamica delle

asportazioni e delle caratteristiche fisico-chimiche del terreno (Tagliavini e

Marangoni, 2002). L'assorbimento dei diversi elementi minerali, avviene in

momenti differenti, in base alle esigenze dei vari organi della pianta, germogli e

frutti in particolare, secondo una cinetica tipica delle diverse colture. Di seguito si

riportano i principali aspetti da considerare nella distribuzione dei singoli nutrienti

in fertirrigazione.

Azoto

L’azoto (N) è l’elemento principale per la nutrizione dei fruttiferi sia in fase di

allevamento sia in piena produzione; la sua gestione richiede attenzione perché

da un lato esso influenza il comportamento vegetativo e produttivo degli alberi

nonché la qualità dei frutti, dall’altro, la sua dinamica nel suolo lo rende

suscettibile ad allontanarsi dall’ecosistema arboreo e a inquinare altri ecosistemi.

Nella fase di allevamento degli alberi questo elemento contribuisce, insieme ad

un’adeguata disponibilità idrica, ad una rapida formazione dello scheletro

dell’albero e pertanto induce una più precoce entrata in produzione. Nella fase di

produzione, la nutrizione azotata va gestita con grande attenzione. Da un lato non

deve essere stimolato un elevato assorbimento di azoto che determina un

eccessivo sviluppo vegetativo e spesso uno scadimento della qualità dei frutti,

maggiore suscettibilità a patogeni e problemi di lignificazione dei germogli

invernali. Dall’altro vanno evitate situazioni di insufficiente disponibilità di azoto,

che inducono uno scarso rinnovo vegetativo, (rami misti più deboli ed in minore

numero), che si ripercuote sulla produzione di frutti e sulla loro pezzatura.

L’assorbimento di azoto da parte delle colture arboree varia in funzione di molte

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variabili, tra cui il carico produttivo, il portinnesto e la fertilità del suolo. Rufat e

DeJong (2001) hanno dimostrato che alberi adulti di pesco assorbono, tra la

ripresa vegetativa ed il termine dell’estate, quantità di azoto variabili tra 50 e 130

kg/ha, in funzione del livello di concimazione azotata nel terreno (Tab. 4). Stime

condotte su alberi di melo estirpati dopo 6 anni (Tagliavini, c. p. 2004) indicano un

assorbimento totale di circa 60 kg di N/(ha*anno).

La conoscenza della cinetica di assorbimento è fondamentale per una

corretta gestione della fertirrigazione. Per l’azoto esistono numerose informazione

ottenute grazie a studi in cui è stato utilizzato l’isotopo 15

N. Ad esempio, varietà di

pesco a media epoca di maturazione sono caratterizzate da un assorbimento di

azoto molto ridotto durante il periodo compreso tra germogliamento e fioritura

(appena il 10% dell'azoto asportato globalmente nel corso dell'anno), da una

crescente richiesta dell’elemento a partire dall'allegagione e fino alla raccolta dei

frutti (circa il 60-65%), che cala nella fase che segue la raccolta fino alla caduta

delle foglie (25-30% dell'azoto totale) (Soing e Mandrin, 1993). Prove sperimentali

condotte su pesco (Tab. 5) hanno dimostrato che è possibile ridurre di un terzo

l’impiego di azoto se si adotta la fertirrigazione, senza effetti negativi (Zavalloni et

al., 2000; Amadei, 2002). Su melo (Gerin, 2001; Simoni, 2001) una riduzione del

50 % della dose di azoto in fertirrigazione è risultata eccessiva in “Mondial Gala”

ma non in “Fuji”.

Nelle principali specie decidue da frutto dei climi temperati, il metabolismo

azotato tra la ripresa vegetativa e la fioritura-allegagione è quasi totalmente

sostenuto da azoto proveniente dalle riserve accumulate negli organi perenni

(Millard 1995; Neilsen et al., 1997, Tagliavini et al., 1999). In assenza di particolari

situazioni di carenza di azoto nell’albero, sarà quindi opportuno intervenire con

apporti azotati limitati in questa fase; la distribuzione di azoto in fertirrigazione può

aumentare successivamente ma non essere mai eccessiva nel periodo in cui i

germogli rappresentano il sink principale. Con l’avvicinarci della fase di

maturazione dei frutti è in genere buona norma ridurre gli apporti di azoto per non

peggiorare la qualità degli stessi; dopo la raccolta è possibile prolungare gli

apporti di azoto per un periodo più o meno lungo (in funzione dell’epoca di

raccolta), ma riducendo sensibilmente le dosi, al fine di fornire gli elementi nutritivi

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necessari alla pianta per la ricostituzione delle riserve senza creare problemi di

inquinamento delle falde.

In impianti giovani con meno riserve azotate, gli apporti possono anticipare

la fioritura in modo da assicurare un buon rifornimento di N nella soluzione del

terreno ed indurre un’ottimale ripresa vegetativa. In prove condotte in Nord

America (Neilsen et al., 1994) è stato dimostrato un effetto positivo della

somministrazione nei primi anni dopo l’impianto di fosfato mono-ammonico in

fertirrigazione sull’entrata in produzione del melo.

La superiorità della distribuzione di azoto in fertirrigazione rispetto alle distribuzioni

di concimi granulari sulla superficie del suolo dipende dal tipo di suolo, dalla

frequenza degli interventi. In suoli dotati di buona fertilità, ad esempio, la

distribuzione di azoto in fertirrigazione con turni giornalieri, non ha migliorato il suo

assorbimento e le “performance” di alberi di melo rispetto all’apporto della stessa

dose mediante concimi granulari sul suolo in tre interventi per anno (Malaguti et

al., 2002). I benefici dell’apporto di azoto in fertirrigazione sono in alcuni casi più

marcati su alberi giovani, probabilmente in quanto l’apparato radicale è ancora

poco sviluppato ed in tal modo si riesce a concentrare l’azoto necessario nel

volume di suolo esplorato dalle radici (Rombolà et al., 2000). In prove su agrumi

della cv. “Valencia” (Duenhas et al., 2002), è stata dimostrata la superiorità della

fertirrigazione con azoto rispetto al sistema tradizionale di concimazione. Non è

possibile fornire indicazioni univoche sul numero di interventi di fertirrigazione in

cui è opportuno suddividere le quantità di azoto annualmente richiesta dalle

colture arboree da frutto, in quanto essa dipenderà dal tipo di coltura e soprattutto

dal tipo di suolo. Diverse indicazioni sperimentali comunque suggeriscono che

nella maggior parte dei suoli (ad eccezione di quelli sabbiosi) non sia necessario

intervenire con apporti troppo ravvicinati. Ad esempio Syvertsen e Jifon (2001)

non hanno riscontrato differenze sostanziali tra alberi di arancio sottoposti a un

numero di interventi di fertirrigazione tra 12 e 80 per anno.

Gli apporti di azoto in fertirrigazione possono venir razionalmente guidati da

un monitoraggio della concentrazione di azoto nitrico nella soluzione del suolo

estratta mediante lisimetri a suzione (Fig. 1), che è oggi possibile effettuare

direttamente in campo.

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Gli altri macroelementi

Il potassio (K) è l’elemento maggiormente contenuto in molti tipi di frutta fresca

(Tab. 6), per cui le asportazioni di K aumentano all’aumentare delle rese

produttive. In un meleto adulto della cv. Mondial Gala (su M9) sono state stimate

asportazioni totali di circa 80-100 kg K/ha per anno, di cui circa un 50% allocato

nei frutti. Il potassio gioca un ruolo importante negli scambi gassosi della foglia e

nella traslocazione di zuccheri ed acidi organici. E’ stato dimostrato sia su

mandorlo (Basile et al., 2003) sia su vite (Poni et al., 2003) che la fotosintesi netta

aumenta all’aumentare della concentrazione fogliare di K. Le dotazioni del terreno

in potassio sono assai variabili e vanno tenute in debita considerazione sia per la

concimazione pre-impianto, che per decidere le modalità della concimazione

ordinaria. La concimazione potassica con concimi granulari distribuiti in superficie,

se applicata in terreni mediamente dotati di K genera raramente effetti positivi, in

gran parte a causa della difficoltà con cui il K raggiunge lo strato di terreno

esplorato dalle radici. La restituzione del potassio mediante fertirrigazione è al

contrario altamente efficiente in quanto migliora la disponibilità di tale elemento

nella soluzione del suolo sia direttamente al di sotto dell’ala gocciolante sia

lateralmente (Gerin, 2002).

L’accumulo di potassio nel frutto segue un andamento di tipo lineare (es.

melo e actinidia) o di tipo esponenziale (es. pesco) (Tagliavini et al., 2000), per cui

le asportazioni si mantengono elevate o tendono ad aumentare nel corso della

fase di maturazione. Il K ha una forte mobilità all’interno dell’albero e viene

traslocato dalle foglie ai frutti durante la loro fase di maturazione; negli impianti

molto produttivi, se non è possibile mantenere un’adeguata disponibilità di K nel

suolo o se le radici non assorbono K con ritmi adeguati, si possono manifestare

temporanee carenze di K nelle foglie.

La fertirrigazione con potassio dovrebbe proseguire fino alla raccolta dei

frutti e nelle annate di elevata carica produttiva o nei suoli meno dotati di K, a

condizione che non vi siano problemi di lisciviazione per questo elemento, può

continuare in parte anche nel periodo di post-raccolta per “ricaricare” le argille

(Tagliavini et al., 1996) per l’annata successiva.

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Le asportazioni del fosforo (P) da parte dei frutteti sono spesso inferiori a

una decina di chilogrammi per ettaro e spesso una buona concimazione di fondo è

sufficiente ad evitare stati di carenza nel periodo successivo. Nonostante questo, è

stato dimostrato su diverse specie da frutto che una concimazione localizzata con

P anche in suoli apparentemente ben dotati di P (~15 ppm P Olsen) comporta un

evidente vantaggio in termini di rapida risposta vegetativa e precoce entrata in

produzione (Neilsen et al., 94). L’effetto del P, particolarmente marcato quando la

temperatura del suolo è bassa, si traduce in un aumento della proliferazione delle

radici e conseguentemente della parte aerea (Tagliavini et al., 1991 e 1993).

Queste informazioni suggeriscono che la distribuzione del P in fertirrigazione

dovrebbe avvenire soprattutto alla ripresa vegetativa ed in corrispondenza con le

prime fasi fenologiche (Tab. 2). Gli apporti di tale elemento potranno poi essere

ridotti ma mantenuti durante il resto del ciclo vegeto-produttivo dell’albero. I risultati

di alcuni studi condotti in America settentrionale su melo, indicano che la

fertirrigazione migliora la mobilità del P, grazie ad un miglioramento del flusso di

massa verso l’apparato radicale. (Neilsen, 1999).

Le asportazioni totali di magnesio (Mg) da parte delle colture da frutto

superano in genere quelle del P ma sono inferiori a quelle di N, K e Ca. Dati

preliminari di un nostro studio indicano che, nei primi 6 anni dall’impianto, le

asportazioni medie di Mg nel melo erano di 15-20 kg/ha*anno. La carenza di Mg è

frequente nel melo (soprattutto su “Golden Delicious”) e si manifesta con filloptosi

marcata già in estate. Esistono scarse informazioni sull’efficacia dell’apporto di

magnesio in fertirrigazione, anche se sono validi i presupposti teorici per una sua

efficiente distribuzione.

Sebbene il calcio (Ca) sia probabilmente l’elemento minerale maggiormente

asportato da molti alberi da frutto, esso tende a concentrarsi nelle foglie, che

ritornano al suolo e negli organi permanenti. L’efficacia della somministrazione di

calcio in fertirrigazione, dipende dal tipo di suolo nel quale si opera. Essa, infatti, è

stata dimostrata solo in suoli con bassa disponibilità di Ca scambiabile e con pH

inferiore a 6,5, mentre nei suoli con pH più elevato (> 6,5) ed in particolar modo in

quelli calcarei, gli apporti di Ca al suolo anche tramite fertirrigazione raramente

inducono dei benefici (Scudellari et al., 1998). Nella pratica, comunque, a volte si

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suggerisce la distribuzione di azoto in forma di nitrato di calcio con lo scopo di

aumentare la concentrazione del Ca a livello radicale nelle prime 4-6 settimane

dalla fioritura del melo e il suo conseguente assorbimento e traslocazione ai frutti

Microelementi

L’applicazione dei microelementi attraverso l’irrigazione non è una pratica

molto diffusa, poiché le principali micro-carenze vengono efficacemente curate

attraverso le irrorazioni alla chioma (concimazione fogliare). La distribuzione di

microelementi in fertirrigazione va stabilita attentamente, poiché si può facilmente

passare da una condizione di carenza a quella di tossicità; è il caso del boro che

può accumularsi nella zona umettata ed indurre fenomeni di tossicità nell’albero.

Il caso più frequente di distribuzione di microelementi mediante

fertirrigazione riguarda il ferro (Fe). La clorosi ferrica riveste un’importanza

fondamentale in diverse specie arboree scarsamente abili nell’assorbire ed

utilizzare il ferro (es. pesco, actinidia, pero, agrumi) (Tagliavini e Rombolà, 2001),

coltivate in suoli alcalini e calcarei. Comunemente, le strategie per il controllo di

tale fisiopatia sono rappresentate dall’applicazione al suolo (mediante pali iniettori)

o alla chioma, di chelati di ferro sintetici, anche se ora sono disponibili strategie di

prevenzione e controllo maggiormente ecocompatibili. Tramite la fertirrigazione è

possibile distribuire il ferro necessario per la coltura (spesso come Fe-EDDHA o

Fe-EDDHMA o Fe-EDDHSA) in ripetute applicazioni di piccola entità, riducendo

pertanto, il rischio di lisciviazione, sempre che vi sia un’attenta gestione dell’acqua

d’irrigazione (Banuls et al., 2003). L’aumento dell’efficacia del Fe distribuito in

fertirrigazione consente di ridurne le quantità apportate.

Conclusioni

La gestione sostenibile delle produzioni frutticole presuppone una sempre

maggiore attenzione alle risorse interne al frutteto e dovrebbe comportare una

riduzione degli inputs esterni. Nel caso dei fertilizzanti, le riduzioni nelle dosi,

ormai auspicate da molti ambienti della Società o rese necessarie dai Disciplinari

di Produzione, potrebbero causare, se non compensate da un miglioramento

dell’efficienza d’uso dei concimi, sensibili riduzioni nelle rese. In tal caso, se si

realizzassero condizioni di sostenibilità ecologica, verrebbero meno i presupposti

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per una sostenibilità economica e sociale. La fertirrigazione, se correttamente

gestita, rappresenta in molte situazioni colturali la soluzione tecnica per far

coincidere le quantità distribuite con quelle realmente necessarie per l’albero. Dei

diversi aspetti legati a questa pratica, riteniamo che meritino in futuro grande

attenzione la gestione delle quantità di acqua in microirrigazione, che non deve

causare dilavamento del concime precedentemente apportato, e l’adozione di

efficaci tecniche di monitoraggio della disponibilità dei nutrienti in soluzione. Sono

necessari studi di monitoraggio delle perdite di nutrienti nell’ambiente quando

viene adottata la migliore pratica agricola disponibile, per essere in grado di

certificare che i prodotti frutticoli sono ottenuti con il minimo impatto ambientale.

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Tabella 1. Solubilità (kg/m3) di alcuni fertilizzanti in funzione della temperatura dell’acqua

(Ba r Yo se f , 1 9 9 1 ).

Fertilizzante Temperatura (°C)

0-5 20-25

Fosfato mono-ammonico 227 282

Fosfato bi-ammonico 429 575

Nitrato ammonico 1183 1950

Nitrato di calcio 1020 3410

Solfato di ammonio 706 760

Urea 780 1193

Cloruro di potassio 280 347

Nitrato di potassio 133 316

Solfato di potassio 69 110

Fosfato mono-calcico - 18

Acido fosforico - 5480

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Tabella 2. Esempio di piano di concimazione mediante fertirrigazione per il melo (3000 alberi/ha)

(Scud e l l a r i e T agl i av in i , 1 9 9 8 )

SETTIMANE DALLA

PIENA FIORITURA

N

(g/albero)

P

(g/albero)

K

(g/albero)

Mg

(g/albero)

- 1 0,5 0,8 0 0

0 0,5 0,8 0 0

1 0,5 0,4 0 0

2 0,5 0,4 0 0

3 1,0 0,4 0 0

4 1,0 0,4 0,5 0

5 1,5 0,2 1,0 0,5

6 1,5 0,2 1,0 0,5

7 1,9 0,2 1,0 0,5

8 1,9 0,2 1,0 0,5

9 1,9 0,2 1,0 0,5

10 1,9 0,2 1,0 0,5

11 1,0 0,2 2,0 0

12 1,0 0,2 2,0 0

13 1,0 0,2 2,0 0

14 1,0 0,2 2,0 0

15 0,5 0,1 2,5 0

16 0,5 0,1 2,5 0

17 0,5 0,1 2,5 0

18 0,5 0,1 2,5 0

TOTALE (g/albero) 20,6 5,6 24,5 3,0

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Tabel la 3 . Asportaz ioni medie annue (kg/ha) dei macroelement i per alcune specie

frut t icole (Cobianchi , 1995 ) .

Specie N P K Ca Mg

Act inidia 130-140 15-20 100-120 200-235 10-12

Melo 90-100 10-20 115-150 120-135 18-21

Pero 70-90 5-10 65-85 135-140 12-15

Pesco 90-150 10-20 100-125 110-130 21-24

Cil iegio 90-100 10-20 85-100 90-95 15-18

Agrume 100-180 25-40 90-110 - -

Vi te 60-100 10-15 65-85 40-90 9-15

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Tabel la 4 . Contenuto azotato (kg N/ha) nei divers i organi di alberi di pesco

concimat i e non (Rufat e DeJong, 2001 ) .

Organo

ALBERI CONCIMATI ALBERI NONCONCIMATI

Inverno Fine estate Inverno Fine estate

Frut t i 0 46,4 0 22,7

Germogli 0 15,9 0 4,5

Fogl ie 0 91,2 0 32,9

Branche 3,8 3,8 2,9 2,7

Tronco 22,0 20,3 21,6 19,1

Radici 46,4 25,0 30,7 19,4

Frut t i di radat i 0 1 ,9 0 3 ,3

TOTALE 72,2 204,5 55,2 104,6

Assorbimento1 132,3 kg N/ha 49,4 kg N/ha

1 Il valore relat ivo al l ’assorbimento è dato dal la differenza fra i l contenuto

totale a f ine estate e quel lo in inverno.

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Tabel la 5 . Carat ter is t iche qual i -quant i tat ive del la produzione del la cv. “Caldesi 2000” ( Zaval loni et al . , 2000).

Tesi Produzione

(kg/albero) Peso medio

(g/frut to)

RSR

(°Brix) Durezza

(kg)

Colore

H

Sovracolore

(%)

Control lo

(non concimato)

31 120 b 10 4,8 16,4 ab 71,8 a

Tradiz ionale

(dose intera NPK)

31,4 125 ab 9,8 5,1 17,8 a 62,7 b

Fert i rr igazione

(dose intera NPK)

31,7 131 a 9 ,9 4 ,8 15,1 b 77,2 a

Fert i rr igazione

(dose r idot ta NPK)

30,7 130 a 10,2 4,8 15,7 b 75,6 a

Signif icat ivi tà ns * ns ns * *

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Tabel la 6 . Quant i tà di nutr ient i asportat e dai frut t i del le principal i col ture frut t icole (Tagliavini et al., 2000).

Specie Azoto Fosforo Potassio Calcio Magnesio Ferro Manganese Zinco Fonte

kg/t g/t

Actinidia 1,30-1,80 0,23 1,90-2,60 0,16-0,51 0,10 2,00-12,00 0,70-23,00 0,80-3,20 Smith et al., 1988;

Pailly, 1992

Albicocco 0,87 0,19 2,96 0,14 0,08 5,40 0,79 2,60 USDA, 1963

Castagno 4,60 0,93 5,18 0,27 0,32 10,10 9,52 5,20 USDA, 1963

Ciliegio 2,00-2,35 0,18-0,20 1,48-1,70 0,11-0,16 0,10-0,16 5,63-10,77 0,70-0,97 1,83-2,04 Huguet, 1980

Melo 0,50-0,60 0,07-0,13 1,40 0,07 0,05-0,07 1,80 0,45 0,40 IFA, 1992; USDA,

1963

Pecan 14,6 1,28 3,92 0,36 1,28 0,02 0,045 0,055 USDA, 1963

Pero 0,65-0,80 0,05-0,13 1,30-1,60 0,11 0,10-0,12 2,50 0,76 1,20 IFA, 1992; USDA,

1963

Pesco 0,90-1,00 0,25 2,00 0,05 0,10 1,10 0,47 1,40 Marangoni e

Rombolà, 1994;

USDA, 1963 Susino 0,49 0,10 1,72 0,04 0,07 1,00 0,49 1,00 USDA, 1963

Vite 1,30-1,90 0,30 2,20-2,80 0,14 0,20-0,30 2,90 7,18 0,40 Löhnertz, 1991

USDA, 1963

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