Supplemento al numero odierno de IL RESTO DEL CARLINO e ... · bambini, adolescenti e web al centro...

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Supplemento al numero odierno de IL RESTO DEL CARLINO e GIORNALE DI SICILIA

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Sommario

Siamo tutti genitori di “digital natives”Marcello Lanari

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Editoriale

Lavorare con la scuolaStrategie di intervento comune fra pediatri e insegnanti

I Disturbi Specifici di ApprendimentoRiconoscerli per affrontarliGiulia Rosignolo, Maria Emiliani

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La vitamina DUn’importante alleata per la salutedei bambini e degli adolescentiGiuseppe Ragnatela

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Investire in saluteSpazio dedicato allo stile di vita

Febbre nel bambino: quando utilizzarel’antipiretico e quali farmaci impiegareLaura Serra

Vaccinare gli adolescentiDiritto & dovere socialeSilvano Bertelloni, Salvatore Chiavetta,

Giampaolo De Luca, Chiara Azzari

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Codice rossoRiflessioni e suggerimenti sui comportamenti a rischio

La depressione nella neo-mammaClaudio Mencacci

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Le pagine RosaGrand’angolo sulla salute della mamma e del bambino

Bambini e ragazzi con la Fibrosi CisticaUna vita davantiGraziella Borgo

Appuntamento con l’InfluenzaFabrizio Pregliasco

Campi ElettroMagnetici: impariamo a conoscerliAngela Pasinato

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Conoscere per prevenireSpunti di educazione e innovazione sanitaria

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La bussolaSupporto per interpretare sintomi e disagi

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DIRETTORE SCIENTIFICOMarcello Lanari

DIRETTORE RESPONSABILEFranca Golisano

COMITATO DI REDAZIONERino Agostiniani

Luca Bernardo

Giovanni Corsello

Tiziano Dall’Osso

Valeria Fasolato

Bianca Lattanzi

Marina Picca

Piercarlo Salari

Michele Salata

Maria Grazia Sapia

Laura Serra

Paola Sogno Valin

Maria Grazia Zanelli

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stampa, peraltro sempre possibili.

“Conoscere per Crescere” è un

periodico distribuito gratuitamente

alle famiglie italiane.

Autorizzazione Tribunale Bologna

n° 7835 del 10.03.08.

Finito di stampare nel mese di

Novembre 2011.

Tiratura di questo numero 260.000 copie.

Si ringrazia per il contributo la

Vecchi e nuovi mediaElisabetta Scala

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Spazio FONAGSCollaborazione tra FONAGS e SIP a favore dell’educazione alla salute

Editoriale2

Digital native” (da Wikipedia): espressione che

viene applicata ad una persona che è nata e cresciuta con le tecnologie digitali come il

computer, internet, telefoni cellulari e MP3… La de-finizione è di Marc Prensky, saggista e studioso di tec-niche di comunicazione e di apprendimento, che di-stingue poi i “nativi digitali” dagli “immigrati digita-li”, in base ad un criterio sostanzialmente generazio-nale. Per i “nativi” il digitale è la norma, poiché lo vi-vono sin dalla nascita. Al contrario, gli “immigrati”hanno dovuto adottare le nuove tecnologie in età suc-cessive, adattandosi talvolta con scetticismo e spessocon fatica ad abitare la rete.Secondo i dati di una recente inchiesta svolta in To-scana, già nelle scuole medie il 97% degli studentiha un cellulare e alle superiori lo ha praticamente il100%. Assistiamo all’esplosione di You Tube e So-cial Network: un ragazzino su tre ha un account suFacebook o MySpace, ben prima di aver compiuto i14 anni utili per accedervi in maniera legale. E’ del17 Ottobre 2011 il rapporto finale di “EU Kids Onli-ne”, progetto di ricerca europeo al quale partecipaanche l’Italia, finalizzato a ricostruire ed analizzarele pratiche d’uso di internet e le esperienze sul pianodelle opportunità e dei rischi online da parte dei mi-nori e dei loro genitori, che indica che l’età del pri-mo utilizzo si sta rapidamente abbassando e che cre-sce l’accesso da cellulari, smartphone ed altri dispo-sitivi mobili, senza dunque alcuna possibile supervi-sione da parte di un adulto. Sempre secondo questafonte infatti, più dell’80% dei genitori di ragazzi chehanno avuto messaggi violenti o offensivi online,non ne sono a conoscenza.Alla luce di questi, come di altri numerosissimi dati,sociologi, pedagogisti, genitori, insegnanti, pediatri e“stakeholder” a vario titolo, dibattono sugli aspetti chetutto ciò comporta per i nostri ragazzi in termini di op-portunità e rischi. Da “immigrati digitali” la tentazio-ne forte è di aver un atteggiamento di diffidenza, sco-tomizzando i potenziali rischi quali la dipendenza, iltempo sottratto allo studio o alla normale attività mo-toria, la penalizzazione dei rapporti interumani “rea-li”, l’accesso a siti dannosi quali quelli pro anoressia,pro suicidio, pornografici, l’adescamento in rete... Inrealtà, pur essendo questi rischi veri, il mondo digitale,

se correttamente vissuto, offre opportunità di scambio,conoscenza, informazione, inimmaginabili fino a qual-che anno fa e delle quali i giovani non possono non be-neficiare. E’ con questi mezzi che sentono musica, leg-gono, giocano, sperimentano, talvolta (troppo poco!)studiano. Avere un blog personale o molti amici in unsocial network permette loro di sentirsi parte di una co-munità e di rivestire un primo ruolo sociale.Un recente studio condotto da una prestigiosa univer-sità londinese ha addirittura evidenziato che alcunearee del cervello, implicate nella percezione degli sti-moli sociali e delle emozioni, crescono in modo pro-porzionale al numero di amicizie e contatti raggiuntiattraverso i social network.Bisogna dunque evitare il diffondersi di ansie e assillimorali che rischiano di limitare le opportunità onlineattraverso interventi restrittivi indiscriminati, bensìcreare le condizioni in famiglia, nella scuola, sul lavo-ro per abbattere il gap generazionale che un così diffe-rente utilizzo del digitale crea tra noi e i nostri giova-ni, sostenendone con ogni mezzo un utilizzo positivo.

Siamo tutti genitori di

“digital natives”

La SIP lancia gli StatiGenerali della Pediatria:bambini, adolescenti e webal centro dell’iniziativa

Roma, 21 ottobre 2011.

Al via per la prima volta gli Stati Generali della

Pediatria: 19 tavole rotonde che si svolgeranno in

contemporanea in altrettante regioni italiane

il 19 novembre, in occasione della Giornata mon-

diale del bambino e dell’adolescente. A lanciare

l’iniziativa è la Società Italiana di Pediatria (SIP), da

sempre attenta ai temi non solo di salute, ma an-

che sociali, dell’infanzia e dell’adolescenza.

Un evento inedito attraverso il quale la SIP, forte dei

suoi oltre 9 mila iscritti, intende coinvolgere genito-

ri, giornalisti, magistrati, istituzioni, insegnanti, forze

dell’ordine, in sostanza tutta la società civile, su uno

dei temi più discussi: come promuovere, tra i bam-

bini e gli adolescenti, un uso più consapevole del

web che valorizzi le opportunità e minimizzi i rischi.

A cura di Marcello Lanari

Pediatria e Neonatologia, Imola (Bo)

Società Italiana di Pediatria

Spazio FONAGS 3

Nel vasto panorama dei vecchie nuovi media manca ad oggiun’adeguata attenzione al ri-

spetto della sensibilità del minore:televisione, internet, telefonia mobi-le, videogiochi, cinema possiedonosistemi di autoregolamentazione chesi rivelano spesso inadeguati, sia alivello di misure sanzionatorie, sianell’ottica di sviluppare un’offerta diqualità e adeguate modalità di frui-zione da parte dei bambini. Occorre-rebbe, pertanto, un intervento norma-tivo che disciplini in maniera esausti-va e omogenea il settore globale deimedia. Alla base della tutela del bam-bino e dell’adolescente in quanto fru-itore dei media tradizionali e dellenuove tecnologie dev’esserci il con-cetto di “biblioteca di casa”: la possi-bilità, cioè, di creare una white list,un pacchetto di fonti sicure, adatte aiminori e liberamente consultabile,che risponda alle esigenze della loroetà, tutelandoli allo stesso tempodalle insidie, da immagini e situazio-ni inadatte e spesso pericolose perun loro sano sviluppo, soprattuttoper quanto concerne l’utilizzo deimedia di difficile controllo, come adesempio la tv satellitare e internet.È di fondamentale importanza, quin-di, aiutare i genitori a superare il gaptecnologico che spesse volte li vedeun passo indietro rispetto ai propri fi-gli. L’investimento di risorse per ini-ziative volte al sostegno della genito-rialità “tecnologica” deve essere unobiettivo del nostro Paese e dell’Europa.Un’importante iniziativa del Moige -movimento genitori proprio nell’am-

bito dei media è la pubblicazionedel volume “Un anno di Zapping”,che nasce dal costante impegno del-l’Osservatorio Media del Moige neltutelare i minori da una televisionespesso poco attenta al rispetto deidiritti e della sensibilità dei suoipiccoli spettatori. Il libro, edito dal-le Edizioni Magi è giunto quest’an-no alla sua quarta edizione, ha ana-lizzato oltre 100 programmi andatiin onda in fascia protetta sui canaligeneralisti, digitali e satellitari: se-gnalati dai genitori utenti - attraver-so il numero verde 800.93.70.70 eil form di segnalazione online sulsito www.genitori.it - o selezionaticome must del palinsesto televisivoe considerati, quindi, degni di notaper l’influenza dei modelli offerti oper il valore del prodotto stesso; iprogrammi sono stati esaminati nonsoltanto da un punto vista tecnico,ma anche psicologico, dei contenutie dei messaggi trasmessi. Invariatala simbologia della classificazione:dal bidoncino per il trash alla stelli-na per la qualità, dal pollice versoindicante un programma solo peradulti al pollice alzato per quelliadatti a tutti, passando anche attra-verso l’indicazione di idoneità perle varie fasce d’età. Il simbolo dellaConchiglia Moige rappresentasempre il riconoscimento più alto,assegnato a quei programmi cheriescono a esprimere successo,qualità e valori positivi, offrendoun momento di intrattenimento va-lido per tutta la famiglia. L’impor-tante novità di questa edizione èstata la scelta di dedicare una se-zione apposta ai cartoni animatispesso erroneamente consideratitutti adatti ai minori, trasmessi sutre dei canali tematici più seguitidai bambini.

News

*MOIGE è membro del Forum Nazionale Genitori della Scuola FONAGS.

A cura di Elisabetta Scala

Responsabile Osservatorio Media MOIGE,

Movimento Italiano Genitori - Onlus*

Spazio FONAGS

Bambini e farmaci:occhio alle pilloleingoiate per gioco

Sono preoccupanti i dati sull’in-gestione errata di farmaci. In parti-colare l’allarme riguarda i bimbi aldi sotto dei 5 anni che troppospesso ingoiano pillole per giococome fossero caramelle, con il ri-schio di morire. Anche in Italia,come negli Stati Uniti, a rischiaredi più sono i bambini in età pre-scolare (7 casi su 10).Secondo i dati del Centro antivele-ni di Milano, struttura a cui per-viene circa il 60% delle richiestedi consulenza nazionale, le cate-gorie di medicinali più spesso as-sociate ai casi di intossicazione in-volontaria sono gli analgesici/anti-infiammatori (13%), gli psicofar-maci (10%), gli antistaminici(8%), gli ormoni (7%), gli antibio-tici (6%), il fluoro (3%) e gli anti-settici (3%)

Il fumo: vietatissimo sec’è un bambino

Divieto di fumare in case priva-te dove risiedono bambini. Lo haproposto il Codacons nel Conve-gno organizzato all’Istituto Supe-riore di Sanità in occasione dellaGiornata mondiale contro il tabac-co. Carlo Rienzi, presidente delCodacons, ha lanciato l’allarmesul “fumo di terza mano”: chi abi-ta in una casa di un fumatore o neusa l’automobile, assorbe una so-stanza cancerogena che nasce dal-la nicotina, la quale reagisce conl’acido nitroso presente sulle su-perfici delle stanze o delle auto-vetture, sostanza denominata “to-bacco-specific nitrosamine”.“I soggetti più a rischio - ha spie-gato Rienzi - sono i bambini, per-ché quanto più un individuo è vici-no al pavimento e alle superficibasse, tanto più aumenta il suocontatto con questa sostanza”

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La bussola 5La bussola4

La febbre è molto frequente

nei bambini e, nella grandemaggioranza dei casi, è

l’espressione della risposta difen-siva dell’organismo, prevalente-mente nei con-fronti di infe-zioni virali obatteriche. Lasede suggeritaper la misura-zione della tem-peratura corpo-rea, anche nelneonato, è quel-la ascellare, uti-lizzando un ter-mometro elet-tronico. La feb-bre non è unamalattia e se ilbambino la“tollera bene”può non esserenecessario uti-lizzare farmaciper abbassarla(antipiretici).Sulla base dellerecenti indica-zioni della So-cietà Italiana diPediatria (SIP)infatti, i farma-ci antipireticidovrebbero essere impiegati nelbambino solo quando alla febbre siassoci un quadro di malessere ge-nerale o dolore localizzato, manell’uso comune viene spesso uti-lizzato l’antipiretico quando la

temperatura corporea supera i38,5°C. Paracetamolo e ibuprofenesono gli unici antipiretici racco-mandati in età pediatrica dalla SIP.

Il paracetamolo è il farmaco uti-lizzato da più tempo ed è sicura-mente quello di elezione nellagestione della febbre. Possiedeinfatti un ottimo effetto antipire-tico, oltre che mostrare una buo-

na attività antidolorifica. L’Agen-zia Italiana del Farmaco indica ilparacetamolo come il farmacoanalgesico antipiretico di primascelta. Costituisce il medicinale

A cura di Laura Serra

Dipartimento di Pediatria, Imola

da utilizzare in prima battuta neldolore lieve (mal di testa, doloreaddominale, trauma, dolore dacrescita, otalgia); non possiedeattività antiinfiammatoria e, pro-prio per questo, può essere as-sunto anche a stomaco vuoto inquanto non gastrolesivo. Ne esi-stono diverse formulazioni (goc-ce, sciroppo, compresse orosolu-bili, bustine, supposte…), in di-

versi dosaggi.La somministra-zione di parace-tamolo per viaorale è preferi-bile in quantol’assorbimentoè più costanteed è possibileprecisare me-glio il dosaggio.La via rettale èda valutare inpresenza di vo-mito o di altrecondizioni cheimpedisconol’impiego delfarmaco per viaorale. Occorreprestare atten-zione ai dosaggiindicati e allemodalità disomministrazio-ne, per non in-correre in situa-zioni di sovra-dosaggio chepotrebberocomportare

complicanze.L’ibuprofene appartiene alla cate-goria dei FANS, cioè dei farmaciantiinfiammatori non steroidei(non cortisonici). Rappresenta

Febbre nel bambino:

quando utilizzare l’antipiretico

e quali farmaci impiegare

� In caso di febbre e dolore di tipo non infiammato-rio (trauma, dolore addominale, dolore da cresci-ta, emicrania) è raccomandato l’uso del parace-tamolo.

� L’utilizzo dell’antipiretico deve essere condiviso conil pediatra curante.

� La dose dell’antipiretico deve essere calcolata inbase al peso e si devono utilizzare gli appositi do-satori acclusi alla confezione.

� L’ibuprofene resta una valida scelta nel caso didolore con componente infiammatoria (otite, la-ringite, faringite).

� L’uso combinato o alternato di ibuprofene e para-cetamolo non è raccomandato per un possibile au-mento degli effetti collaterali.

� L’ibuprofene non è raccomandato in bambini convaricella o in stato di disidratazione.

� L’efficacia dei FANS nell’abbreviare la durata dellasintomatologia in corso di infezioni delle vie respi-ratorie non è documentata, pertanto il loro impie-go, non privo di possibili effetti collaterali non è, inquesti casi consigliato.

una valida alternativa al parace-tamolo, con profilo di sicurezzasovrapponibile, laddove sia ri-chiesta una azione antiinfiamma-toria (otiti, faringiti, laringiti).La formulazione in età pediatricaè lo sciroppo. Negli ultimi anni,si è verificato un aumento nel-l’utilizzo dell’ibuprofene comeantipiretico e presumibilmente inrapporto a tale incremento, si èdocumentato un aumento del nu-mero di reazioni avverse a talefarmaco. Pur ribadendo che l’ibu-profene, tra i FANS, è il farmacocon il maggior profilo di sicurez-za in età pediatrica, sono statesegnalate, come riportato nelle“Raccomandazioni del WorkingGroup pediatrico dell’AgenziaItaliana del Farmaco”, reazioniavverse, comuni ad altri farmacidella stessa categoria, a caricodella cute (le più frequenti) e del-l’apparato gastrointestinale (tra lequali spiccano quelle emorragi-che); inoltre sono stati segnalati

alcuni casi di compromissione re-nale. In molti di questi casi l’uti-lizzo dell’ibuprofene in bambinidisidratati, o con vomito, o inap-petenti e quindi a stomaco vuoto(condizioni frequenti in caso difebbre) ha contribuito all’aggra-varsi di tali effetti collaterali.Nella febbre è dunque opportunoricorrere al paracetamolo comeprima scelta in quanto garantisceuna maggiore sicurezza in queibambini che durante lo stato feb-brile sono spesso disidratati e astomaco vuoto e nei quali potreb-be essere dannosa la somministra-zione di ibuprofene.L’utilizzo dell’antipiretico deveessere condiviso con il pediatracurante; il dosaggio deve esserecalcolato in base al peso del bam-bino e non all’età, per evitare ilsovradosaggio del farmaco; deveessere somministrato utilizzandogli specifici dosatori acclusi allaconfezione, evitando l’uso di cuc-chiaini da caffè/thè o da tavola.

�Nel contattare il Pediatrainformarlo in merito a:età, peso e condizioni ge-nerali del bambino, sinto-mi che accompagnanola febbre, durata di que-sti, eventuali condizionipatologiche di base, as-sunzione di farmaci.

�Nel rilevare la temperatu-ra corporea utilizzare pre-feribilmente la sede ascel-lare con termometro elet-tronico.

�Non coprire eccessiva-mente il bambino febbri-le, specie quando la feb-bre incrementa. L’uso dispugnature con liquidi tie-pidi, bagno, applicazionedi borse del ghiaccio èconsigliato solo in caso ditemperatura rettale ugua-le o superiore a 41,6°C.

�Non sforzare il bambino adassumere cibo, ma favori-re l’assunzione di liquidi fre-schi e un po’ zuccherati.

�Paracetamolo ed ibupro-fene sono gli unici antipi-retici raccomandati inetà pediatrica: attenersialle dosi di antipireticoconsigliate dal Pediatra eutilizzare esclusivamentegli specifici dosatori ac-clusi alla confezione.

�La somministrazione diparacetamolo per viaorale è preferibile. La viarettale è da valutare soloin presenza di vomito o dialtre condizioni che impe-discano l’impiego di far-maci per via orale.

RicorRicorRicorRicorRicorda!da!da!da!da!RicorRicorRicorRicorRicorda!da!da!da!da!

La bussola

Codice rosso 7Codice rosso6

Alcune note introduttive Le vaccinazioni, oltre che stru-

mento di protezione individualenei confronti di gravi malattie in-fettive, rappresentano un irrinun-ciabile mezzo di prevenzione dellasalute collettiva. Tuttavia, nono-stante una pianificazione più chedecennale delle campagne vaccina-li (Decreto Ministeriale 7 aprile1999 - Piano Nazionale Vaccini)non si ha ancora una “immunità digregge” tale da consentire l’eradi-cazione di alcune malattie infettiveprevenibili con tale strumento. Sista inoltre assistendo allo sposta-mento di alcune patologie tipichedell’infanzia verso l’età adolescen-ziale o giovane adulta. In effetti,gli adolescenti sono oggi una realecategoria a rischio per quanto ri-guarda le vaccinazioni. A tale ri-guardo devono far riflettere i risul-tati dell’Indagine di Coperturavaccinale Nazionale 2008 (studioICONA), svolta contemporanea-mente in 17 Regioni e nella Pro-vincia autonoma di Trento su oltre3.800 adolescenti nel 16° anno dietà, di cui circa il 95% con ambe-due i genitori di nazionalità italia-na. Sebbene il ciclo primario divaccinazione per poliomelite, dif-terite, tetano, virus dell’epatirte B

A cura di Silvano Bertelloni,Presidente Società Italiana Medicinadell’Adolescenza (SIMA), PisaSalvatore Chiavetta, PalermoGiampaolo De Luca, CosenzaChiara Azzari, Firenze

Vaccinare gli

diritto & dovere sociale(HBV) sia risultato completato daoltre il 96%, dall’indagine è emer-so che molti ragazzi non hanno ef-fettuato o completato i cicli di ri-chiamo. Recentemente (2011), unasituazione analoga è stata rilevatain altri Paesi europei. Una causaimportante per il mancato comple-tamento dei cicli vaccinali è risul-tata, la carenza di serie informa-zioni nelle famiglie.Poiché gli adolescenti rappresenta-no una fascia di popolazione adelevata mobilità, questi rilievi indi-cano che, oltre ad essere inadegua-ta a offrire una protezione di popo-lazione, tale situazione espone aduna maggiore possibilità di diffu-sione di malattie prevenibili ad al-tri giovani con la stessa situazionedi immunizzazione o bambini pic-coli non ancora vaccinati.Al di là di queste considerazioniepidemiologiche, che impongonouna maggiore attenzione da partedi genitori e medici all’età adole-scenziale/giovane adulta in ambitodi vaccinazioni, l’adolescente può:

• non contemplare, nel suo stile divita, la parola “prevenzione”, vi-vendo come se il suo domani nondipendesse dall’oggi. Infatti, puressendo consapevole dei rischi as-sociati alle malattie infettive e del-le possibilità di prevenzione con levaccinazioni, spesso il rischio è ilsuo “compagno d’avventura”;

• avere timore - a fronte della quo-tidiana “spavalderia”- di unasemplice iniezione, specialmentese non serve a “curare” nel pre-sente, ma ad evitare una futuraipotetica malattia;

• avere scarse conoscenze sui be-nefici di salute associati allevaccinazioni, in particolare peralcune, che lo vedono diretta-mente coinvolto, come quellacontro il meningococco C e ilpapilloma virus (HPV), mentrepuò aver ricevuto ampie ma fal-se informazioni, ad esempio at-traverso tam-tam in internet, supresunti gravi effetti collateralidelle vaccinazioni.

Inoltre, la transizione dal pediatraal medico di medicina generale puòdeterminare una mancata sensibi-lizzazione su alcune vaccinazioni,soprattutto se non obbligatorie.

Tre mosse cardine per assi-curare la salute vaccinalenell’adolescente

• Controllare il calendario vacci-nale per verificare che alcunevaccinazioni non siano state “di-menticate”.

• Rivedere quali richiami sononecessari per “rinfrescare” lamemoria di una “vecchia” vacci-nazione.

• Effettuare le vaccinazioni chedevono essere effettuate per laprima volta in età adolescenziale.

Controllare il calendariovaccinale per verificare chealcune vaccinazioni nonsiano state “dimenticate”

L’adolescente e i suoi genitori do-vrebbero far controllare il librettodelle vaccinazioni al pediatra (o almedico di medicina generale) perverificare l’eventuale omissione dialcune dosi di vaccino che posso-no compromettere l’efficacia dellacopertura vaccinale nel tempo. Aquesto proposito, i genitori devo-no sapere che anche se non è statorispettato l’intervallo tra le dosi,non è necessario riprendere il ci-clo dall’inizio, ma è sufficientecompletarlo.Per quanto riguarda difterite-teta-no-pertosse e poliomelite, si deveverificare che - oltre alle tre dosieffettuate nel primo anno di vita -sia stato eseguito un richiamo a 5-6 anni. Successivamente sono pre-

adolescenti

Nel mondo, ogni anno, sonotre milioni le vite salvate daivaccini, lo testimoniano le ci-fre fornite dall’ONU: un tra-guardo eccezionale, ma sipotrebbero ottenere risultatiancora migliori, prevenendol’85% del le mor t i causateogni anno dal batterio della

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Perchévaccinare?

pertosse, dal virus del morbil-lo e dal batterio Haemophi-lus influentiae, per i quali esi-stono da anni vaccini effica-ci e sicuri.Il problema, avver te la se-zione europea dell’Organiz-zazione Mondiale della Sa-n i tà (OMS) , non r iguardasolo i Paesi in via di svilup-po: “in ogni Paese d’Europaci sono gruppi che non ven-gono vaccinati e rimango-no suscet t ib i l i a malat t ieprevenibili”.

visti richiami ogni 10 anni. Anchein caso non sia stato rispettato ilcalendario vaccinale per l’epatiteB, non è necessario ricominciare ilciclo dall’inizio. E’ molto impor-tante ricordare che la trasmissionedel virus HBV può avvenire inmolti modi: attraverso i rapportisessuali, tatuaggi e piercing, prati-che svolte frequentemente dal-l’adolescente con noncuranza deirischi. L’epatite B può poi portarealla cirrosi e anche al cancro delfegato, per cui il vaccino può esse-re considerato il primo vaccinocontro un cancro.Per la vaccinazione morbillo-paro-tite-rosolia, sono previste 2 dosi dasomministrare entro i 5-6 anni. Senon fossero state eseguite, dovreb-bero essere fatte alla prima occasio-ne. La rosolia è una malattia lieve,ma durante la gravidanza può deter-minare gravi conseguenze per ilfeto, come cecità, sordità, malattiedel cuore e altre malformazioni.Tutte le donne devono quindi essereassolutamente protette, ma è fonda-mentale che anche i maschi sianovaccinati per evitare che non siano,un giorno, causa di contagio. Lavaccinazione su larga scala ha in ef-fetti drasticamente ridotto l’inci-denza della sindrome da rosoliacongenita, risultando economica-mente vantaggiosa anche nei Paesinon industrializzati (OMS, 2011).Una parola particolare merita lavaccinazione per la varicella, ma-lattia virale che solo raramente puòdeterminare gravi complicazioni,che, tuttavia, si verificano conmaggior frequenza nell’adolescen-te e nell’adulto rispetto al bambi-no. Le due dosi di vaccino previsteconferiscono una elevata protezio-ne. Per questo motivo è importantevaccinare gli adolescenti che nonhanno avuto la varicella o nonsono stati già vaccinati da bambini,per evitare ad un giovane adulto irischi delle complicanze della vari-cella (polmonite, alterazioni neuro-logiche).Si deve infine verificare se è statapraticata la vaccinazione per lameningite da meningococco C.Questo vaccino viene oggi propo-sto ai bambini nel primo o nel se-condo anno di vita, perché i bam-bini più a rischio per meningitesono quelli fino a 5 anni di età.

Codice rosso8

luppa nelle donne che non hannocontratto l’infezione. Il vaccinocontro l’HPV protegge nei confron-ti di due sierotipi (16 e 18) a mag-gior rischio di progressione verso ilcancro. In Italia, la vaccinazioneanti-HPV viene proposta gratuita-mente alle ragazze di 12 anni conun ciclo che prevede 3 sedute (tem-po 0, dopo 2 mesi dalla prima dosee dopo 6 mesi dalla seconda). A se-conda delle Regioni vengono utiliz-zati un vaccino bivalente o unoquadrivalente, entrambi con ugualeefficacia protettiva nei confronti deltumore.In adolescenza, i minori comincia-no a viaggiare sempre più autono-mamente. Si potrà valutare pertan-to la necessità di offrire quei vac-cini che si offrono ai viaggiatori eche variano a seconda della metadel viaggio: ad esempio, epatite A,tifo, febbre gialla. In alcuni Paesidel mondo, inoltre, è presente lameningite dovuta a meningococchidi gruppo diverso da B e da C,presenti in Italia. Per questo moti-vo può essere necessario, nel casodi soggiorno in quei Paesi, ancheuna vaccinazione tetravalente anti-meningococco (A, C, W, Y135).Prima di ogni viaggio, dunque,l’adolescente dovrebbe recarsi alServizio Vaccinazioni per il viag-giatore per ricevere le necessarieinformazioni, in modo che ci siaun tempo idoneo per eseguireeventuali vaccinazioni perchéqueste attivino una rispostaimmunitaria.

Ricorda che… In adolescenza, si deve dunque

fare un corretto check-up, perché iragazzi arrivino alla maggiore etàcon tutte le protezioni necessarieper affrontare la vita adulta senzaproblemi per gravi malattie infetti-ve facilmente prevenibili.

2Tuttavia gli adolescenti rappresen-tano l’altra fascia di popolazione amaggior rischio, in quanto sonogli individui che più amano starein “gruppo”, esigenza che nasceproprio dalla necessità espressadagli adolescenti di sperimentarenuove forme di aggregazione al difuori dalla famiglia. E le occasioniper stare insieme anche se non ci siconosce non mancano di certo: ladiscoteca, per esempio, ove poterscambiare conoscenze, amiciziebicchieri e ……baci!E’ quindi molto importante chevengano vaccinati i ragazzi chenon l’hanno ancora ricevuta. InItalia, come in Europa, i tipi di me-nigococco che più frequentementecausano meningite sono il C e il B,ma per il momento, esiste in Euro-pa solo il vaccino per il tipo C. Sideve inoltre tenere presente che laproposta del nuovo calendario vac-cinale prevede che i bambini vac-cinati tra il 13°-15° mese di vita ri-cevano tra il 12° e il 15° anno divita una nuova dose di vaccino perassicurare un’adeguata protezione.

Rivedere quali sono i richia-mi necessari per “rinfresca-re” nell’organismo la me-moria di una vaccinazione

Alcune vaccinazioni richiedono unrichiamo in età adolescenziale permantenere la loro efficacia neltempo, tra queste ricordiamo, pri-mo tra tutti, il richiamo per la per-tosse. La protezione contro la per-tosse non dura tutta la vita sia neibambini vaccinati che in quelli chehanno avuto la malattia. Per questodopo circa 10-15 anni dalla malat-tia o dal vaccino, ci si può amma-lare di nuovo, anche se con formenon molto gravi. La pertosse puòessere invece gravissima nei bam-bini piccoli, sotto l’anno di vita,nei quali può essere addiritturamortale o lasciare danni permanen-ti. Un adolescente malato, quindi,non è in pericolo per se stesso, madiffondendo con la tosse il germedella pertosse, può essere un gravepericolo per fratellini o altri bam-bini piccoli. Quindi ogni 10 anni,insieme al richiamo di difterite etetano, si dovrebbe fare anche il ri-chiamo della pertosse ed è impor-tante che l’adolescente sia consa-pevole del ruolo sociale di questorichiamo.

Effettuare le vaccinazioniche devono essere fatteper la prima volta in etàadolescenziale

Alcune vaccinazioni vanno effettua-te per la prima volta in adolescenza.Il primo tra tutti è il vaccino controil papilloma virus (HPV), cioè unvirus che si trasmette con i rapportisessuali i quali molto spesso inizia-no proprio in questa fascia di età.L’HPV è estremamente diffuso e al-cuni ceppi sono associati al tumoredel collo dell’utero, che non si svi-

3

� Verificare che il calendario vaccinale nell’infanzia sia statocompletato

� Proporre il richiamo per anti-pertosse, anti-difterite e tetano

� Proporre i vaccini anti-varicella e meningococco C

� Promuovere attivamente la vaccinazione anti-HPV

� Valutare la necessità di vaccini specifici

Aspetti cardine per le

vaccinazioni nell’adolescente

8

LA SALUTE DI MANO IN MANOLA SALUTE DI MANO IN MANOLA SALUTE DI MANO IN MANOLA SALUTE DI MANO IN MANOLA SALUTE DI MANO IN MANO

La “IV Giornata mondiale per la pulizia delle mani” indetta dall’ONU edall’Unicef, celebrata lo scorso 15 ottobre, è stata l’occasione idealeper dare vita alla prima premiazione del concorso della Società Italia-

na di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) “La salute di mano in mano”che ha coinvolto attivamente 10.000 bambini delle scuole primarie delleprovince di Napoli e Caserta e i loro insegnanti. Una vera festa di colori, canzoni, sorrisi e urla di gioia nel riconoscere ipropri disegni nelle immagini proiettate nella scuola “Saverio Solimene”di Sparanise (CE), che ha ospitato la manifestazione ed ha accolto gioio-samente 650 bambini con i loro insegnanti e una folta rappresentanza digenitori, per premiare le scuole che si sono distinte. Gli elaborati delleclassi sono stati raccolti in un libro pubblicato da Editeam, che testimonial’impegno e la serietà con cui i bambini e gli insegnanti hanno lavorato edocumenta l’efficacia con cui il messaggio di salute pubblica sia stato as-similato dai bambini che ne saranno testimoni anche nelle loro case.

Ma i lavori proseguono e, mentre le scuole della provincia di Milanosono al lavoro, altre scuole si sono candidate perchè anche il buon esem-pio è “contagioso” ma, in questo caso, procura.... SALUTE!

Premiate le Scuole Primarie della Campania

che si sono distinte nel Concorso SIPPS

SONO APERTE LE ISCRIZIONI DELLE SCUOLE PRIMARIE CHE

VORRANNO PARTECIPARE AL CONCORSO DEL 2012

La salute di mano in mano

Un Concorso per le Scuole primarie, indetto dalla

Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

(SIPPS) in collaborazione con l’Associazione Ita-

liana Genitori A.Ge.

Obiettivi del Concorso

Coinvolgere attivamente le scuole primarie alla

“Giornata Mondiale per la Pulizia delle mani” del 2012.

Promuovere l’igiene delle mani nella scuola e nella famiglia.

Sensibilizzare i bambini alla prevenzione delle malattie attraverso

il corretto stile di vita.

Se vuoi dare una mano alla salute, arruola la tua scuola.Invia una mail a: [email protected]

Oggetto: Concorso “La salute di mano in mano”.

L’inquinamento delle

nostre città

Delle quattro città più inquinated’Europa, tre sono italiane. Lo affer-ma l’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS), che ha collocato alprimo posto la città bulgara di Plo-vdiv, seguita da Torino, Brescia eMilano. Ultimamente, sembra averprevalso la rassegnazione sia dal latodei cittadini sia da quello degli am-ministratori locali, come se la fami-gerata concentrazione di particolatofine e biossido di azoto fosse un ine-vitabile prodotto dello sviluppoeconomico. Milano ha adottato, alpari di altre città europee, una tassaper le automobili che entrano nelcentro della città, il cosiddetto Eco-pass. Tale intervento ha abbassato illivello medio di concentrazione dipolveri sottili del 17-18%, con evi-denti e significative ricadute per lasalute pubblica. Studi recenti dimo-strano che l’applicazione dell’Eco-pass ha prodotto una variazione posi-tiva del benessere sociale, in alcunicasi addirittura superiore a quella ge-nerata dalla tassa sulla congestionelondinese. Ma è necessario fare dipiù, per esempio incentivando l’ac-quisto di mezzi ecologici e disincen-tivando quello di auto più inquinantie rottamando quelle più vecchie

L’inquinamento uccide

La notizia è allarmante ed è diffu-sa dall’OMS che per la prima voltaha raccolto dati sull’inquinamentoatmosferico di 1.100 città di 91 Pae-si, misurando la presenza di particel-le fini (PM10) di dimensioni pari oinferiori a 10 micrometri. Le parti-celle PM10 - spiega l’OMS - posso-no penetrare nei polmoni, entrarenella circolazione del sangue e pro-vocare cardiopatie, tumori ai polmo-ni, casi d’asma e infezioni delle vierespiratorie inferiori. E sono più di2 milioni di persone al mondo cheogni anno muoiono a causa dell’ina-lazione di PM10 attraverso l’aria,prevalentemente nelle zone urbane.Almeno il 50% di queste morti po-trebbero essere evitate se i valoridelle Linee Guida dell’OMS fosserorispettati, ma in media solo pochecittà hanno valori conformi alle rac-comandazioni ed il numero di deces-si riferibili all’inquinamento atmo-sferico in città è in aumento

News

Luciano Pinto, responsabile scientifico del progetto, incontra i bambini

Lavorare con la scuola 13Lavorare con la scuola12

Quanto è diffusa la malattia? La fibrosi cistica (FC) è la più

diffusa fra le malattie genetichegravi con cui un bambino può na-scere. Nel mondo ne sono colpitecirca 100.000 persone. Grazie aiprogressi della ricerca e delle curei bambini che nascono oggi conquesta malattia hanno un’aspettati-va media di vita di 40 anni e oltre,mentre non superavano l’infanziacinquant’anni fa, quando la malat-tia fu scoperta e si cominciò a cu-rarla. In Italia sono diagnosticaticirca 200 nuovi casi l’anno: ognisettimana nascono circa 4 nuovimalati. L’incidenza della malattia èprobabilmente simile in tutte le re-gioni d’Italia ed è di un neonatomalato ogni 2.500-3.000 nati.

Qual è la causa? Si puòprevenire?

La causa della malattia è geneti-ca: un gene difettoso (gene CFTRmutato, scoperto nel 1989) vienetrasmesso sia dal padre che dallamadre, che ne sono portatori sani.La coppia fatta di due portatorisani ha ad ogni gravidanza il 25%di probabilità di avere un figliomalato, il 75% di probabilità chenon abbia la FC (50% di probabili-tà che sia portatore sano come i

genitori, 25% di probabilità chenon sia nemmeno portatore). Persapere se si è portatori oggi è di-sponibile un test genetico, basatosu di un prelievo di sangue e ana-lisi del DNA: la coppia può farloquando pensa ad avere figli (fasepreconcezionale), ed è molto in-dicato che lo faccia se c’è uncaso di fibrosi cistica fra i paren-ti, perchè allora c’è un rischioaumentato di essere portatori. Mail test può essere chiesto ancheda una qualsiasi coppia che vuolediminuire il rischio di malattiegenetiche nel nascituro. Se en-trambi risultano portatori sani,possono sapere entro il primo tri-mestre di gravidanza, attraversovillocentesi e analisi del DNA, senel feto c’è la malattia (diagnosiprenatale precoce). Studi recentistarebbero ad indicare una certadiminuzione dell’incidenza dellamalattia nelle aree in cui il testper il portatore è stato offertoalla popolazione generale.

Come si manifesta? I sintomi sono soprattutto a ca-

rico dell’apparato respiratorio egastrointestinale: tosse, infezionirespiratorie che si ripetono, mal-digestione e diarrea, difficoltà acrescere in peso e in altezza. An-che altri organi possono essere in-teressati, seppure in misura moltovariabile da caso a caso e a secon-da dell’età: oltre al pancreas eso-crino quello endocrino (diabete),

A cura di Dr. Graziella Borgo,

Responsabile comunicazione scientifica

Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica

il fegato (malattia epatica, calco-losi biliare), l’intestino (possibili-tà di occlusioni intestinali: allanascita l’occlusione prende ilnome di ileo da meconio), l’appa-rato riproduttivo (ostruzione emancato sviluppo dei dotti defe-renti nei maschi).

Come si diagnostica? In quasi tutta Italia oggi la mag-

gior parte delle diagnosi è fatta en-tro le prime settimane di vita per-ché nei neonati viene eseguito iltest di screening per la malattia(consiste nel dosaggio dell’enzimatripsina su goccia di sangue). Se nonè diagnosticata attraverso scree-ning, la FC è diagnosticata in baseai sintomi che determina e questopuò avvenire nell’infanzia, oppureanche nell’adolescenza e in etàadulta (circa 10% dei casi, soprat-tutto forme lievi). La diagnosi sibasa sul “test del sudore” (il sudo-re del malato possiede concentra-zione elevata di sodio e cloro), sul-la valutazione clinica e sull’analisidel DNA (con ricerca delle muta-zioni del gene CFTR). E’ moltoimportante sapere che esistono for-me diverse di FC, da lievi a gravi,in relazione al fatto che il geneCFTR può essere mutato a causa dimolte diverse mutazioni (“severe”o “lievi”, se ne conoscono oltre1.600). In particolare può esserediverso l’interessamento polmona-re, che è quello che condiziona ladurata della vita del malato.

Conoscere per prevenire 13

Bambini e ragazzicon la Fibrosi CisticaUna vita davanti

Come si cura? Si cura con l’aerosolterapia

fluidificante e la fisioterapia re-spiratoria, da fare ogni giorno;con gli enzimi pancreatici adogni pasto; con gli antibiotici perle infezioni respiratorie (per boc-ca, per via aerosolica ed endove-nosa). E frequenti sono anche icontrolli ambulatoriali e i ricove-ri presso il Centro specializzatodi riferimento: ne esiste uno perogni regione, in base ad una leg-ge nazionale promulgata nel1993 (548/93). Sono cure moltoimpegnative, però stanno trasfor-mando quella che era una voltauna malattia “pediatrica” (conesito drammatico a breve scaden-za) in una malattia cronica del-l’età adulta, che permette qualitàdi vita relativamente discreta.Anche l’insufficienza respirato-ria, a cui portano le ripetute infe-zioni polmonari, oggi si affrontacon una serie di presidi che per-mettono al malato di mantenere,entro una certa misura, le sua at-tività quotidiane; e quando di-venta resistente al trattamento, viè la possibilità di ricorrere al tra-pianto di polmone, che fa guada-gnare anni preziosi di vita, anchese non rappresenta il rimedio de-finitivo.

La ricerca di una cura risolutiva In tutto il mondo la ricerca

scientifica si sta intensamente oc-cupando della fibrosi cistica: dal-la scoperta del gene c’è stato unimpulso che ha aperto orizzontinuovi. Si è inizialmente pensatoalla terapia genica, ipotizzandodi poter inserire nelle cellule delmalato una copia del gene norma-le; ma oggi sembra più percorri-bile la via di farmaci che “cor-reggono” la mutazione genetica.Queste ricerche sono arrivate peralcune molecole già alla fase disperimentazione nei malati e fi-nora hanno mostrato risultatiestremamente promettenti. Inquesto senso la fibrosi cistica sipone come modello di malattiache può offrire percorsi e ricadu-te di ricerca utili anche per altremalattie genetiche.

Malattia che c’è ma nonsi vede: qualche consigliopratico

l bambini e gli adolescenti conFC non hanno particolari caratte-ristiche fisiche che li rendano ri-conoscibili: per questo non sem-pre la realtà della malattia vienecomunicata a quanti stanno lorointorno. Il sintomo che può rive-lare la malattia è la tosse (che èper lo più catarrale, a riposo osotto sforzo, durante il gioco, ilriso); è importante sapere chenon è contagiosa, perché i batteriresponsabili di infezioni per ilmalato FC sono innocui per glialtri; inoltre va incoraggiata lapartecipazione del bambino/ra-gazzo alle attività sportive, aigiochi e iniziative all’aria aperta.

Queste attività esercitano il buonfunzionamento del polmone; e sestimolano la tosse, questa diventaun efficace meccanismo di dre-naggio delle secrezioni. All’asiloo alle elementari il personale sco-lastico o altre persone di fiduciapossono aiutare il bambino nell’as-sunzione degli enzimi pancrea-tici, avendo ricevuto adeguate in-formazioni dai genitori.Un sostegno diverso, di naturapiù delicata, può essere richiestoin momenti particolari dell’ado-lescenza, quando, oltre ai pro-blemi di tutti gli adolescenti, ilragazzo può andare incontro aduna “sindrome da rifiuto dellamalattia”, con contestazione ditutte le terapie, atteggiamentiribelli e comportamenti a ri-schio. Superata l’adolescenza,nella maggior parte dei casil’aderenza al programma di curediventa più attenta e consapevo-le. Oggi i dati epidemiologici adisposizione indicano che quasila metà dei malati FC italiani hapiù di 18 anni; e nella maggiorparte dei casi sono persone chehanno un titolo di studio, un la-voro, spesso una relazione af-fettiva stabile, talvolta dei figli.Significa che per i bambini e iragazzi con la fibrosi cistica èpossibile guardare al futuro confiducia. La ricerca darà ancorabuoni frutti.

Promuove e finanzia la ricerca scienti-

fica sulla malattia, per accrescere

durata e qualità di vita dei malati e ar-

rivare al traguardo di un rimedio radi-

cale. E’ stata fondata a Verona nel 1997

dal prof. Gianni Mastella (Direttore

Scientifico), assieme a Vittoriano Fa-

ganelli (Presidente) e Matteo Marzotto

(Vicepresidente). Dal 2002 al 2011 ha

raccolto e investito nella ricerca scien-

tifica quasi 11 milioni di euro. Ha sele-

zionato e finanziato 192 progetti di ri-

cerca, realizzati da una rete di oltre 400

ricercatori, operanti in oltre 140 labo-

ratori distribuiti su tutto il territorio na-

zionale. I principali risultati ottenuti sono

gli avanzamenti nel campo di una pos-

sibile terapia farmacologica del difet-

to di base, e la scoperta di molecole

naturali con azione antiinfiammatoria.

Per altre notizie:

www.fibrosicisticaricerca.it

il sito curato dalla Fondazione, con

pagine generali di informazione sul-

la malattia e sezioni dedicate ai ma-

lati e ai loro familiari, a medici e ri-

cercatori e operatori sanitari, e a tutti

i volontari.

La Fondazione

per la Ricerca

sulla Fibrosi

Cistica-Onlus

Matteo Marzotto

Cofondatore,

Vicepresidente e

testimonial della

Fondazione

per la Ricerca

sulla Fibrosi Cistica

Conoscere per prevenire12

Investire in salute 15Investire in salute14

Perchè raccomandare unaprofilassi con vitamina D

E’ noto datempo che lavitamina Dsvolge unruolo fonda-mentale nelmetabolismo delcalcio e del fosfo-ro e quindi nel proces-so di mineralizzazione ossea.Un grave stato di deficienza vi-taminica nel bambino può causa-re il rachitismo, malattia caratte-rizzata da una ridotta mineraliz-zazione della cartilagine di ac-crescimento. Il rachitismo è tipi-co dell’età evolutiva e si presen-ta con maggiore frequenza neiprimi due anni di vita.Recenti studi evidenziano chela vitamina D svolge ulterioriimportanti funzioni come lamodulazione della rispostaimmunitaria e la regolazionedella crescita cellulare e hannoprospettato che un adeguato sta-to vitaminico possa svolgere unruolo importante nella preven-zione di patologie tumorali e au-toimmuni.

Un adeguato apporto di vitami-na D sin dai primi giorni di vitaè considerato importante per lapromozione della salute delbambino e dell’adolescente.

Fonti di vitamina D:il ruolo dell’esposizione al solee il ruolo della alimentazione

Nell’uomo circa il 90% della vi-tamina D deriva dalla sintesi a li-vello cutaneo dopo esposizionealla luce del sole e meno del 10%

di vitamina D deriva da fonti ali-mentari.

La sintesi cutanea è in-fluenzata da vari fattori:

• tempo di esposi-zione

• pigmentazionedella cute

• massa corporea• latitudine• altitudine

• stagione dell’anno• ora del giorno• inquinamento atmosferico• percentuale di cute esposta• tipo di vestiario e uso di filtri

solari.

Non è possibile definire per cia-scun soggetto la durata dell’esposi-zione solare in grado di mantenereuno stato vitaminico sufficiente.Ricordiamo inoltre che molte isti-tuzioni sollecitano una limitazionedella esposizione al sole per timo-re di neoplasie cutanee e la autore-vole American Accademy of Pedia-trics (AAP) ha raccomandato dinon esporre direttamente alla lucesolare i lattanti al di sotto dei seimesi e ha suggerito l’uso di abitiprotettivi e creme solari per i bam-bini più grandi.

La vitamina D è presente come in-grediente naturale in quantità signifi-cative, solo in alcuni alimenti (pesci

A cura di Giuseppe Ragnatela

Pediatra di Famiglia, Barletta - SICuPP

grassi, alcuni olii di pesce, fegato e grassodi mammiferi acquatici, tuorlo d’uovo). Al-cuni alimenti sono supplementati con vita-mina D (cereali, latte) e rappresentano per-tanto una ulteriore fonte dietetica.

La supplementazione convitamina D

La American Accademy of Pediatrics(AAP) raccomanda un apporto giornalierodi 400 UI di vitamina D per tutti i neona-ti, i bambini e gli adolescenti sani. Lasupplementazione con 400 UI/die deveessere iniziata sin dai primi giorni di vitaed è raccomandata per tutta l’età evoluti-va in caso di apporto nutrizionale nonadeguato. Recenti indagini epidemiologi-che registrano tra gli adolescenti un’altaprevalenza di deficienza di vitamina D:ricordiamo che un ottimale stato vitamini-co D e un adeguato apporto di calcio in-fluenzano positivamente il processo di ac-quisizione della massa ossea durante l’etàevolutiva.La supplementazione con 400 UI/die divitamina D è raccomandata per:

• ogni lattante alimentato con latte mater-no esclusivamente oppure parzialmentefino a quando non assuma almeno 400UI di vitamina D con latte formulato;

• ogni lattante alimentato esclusivamentecon latte formulato sino a quando nonassuma almeno 400 UI di vitamina Dcon latte formulato;

• tutti i bambini e gli adolescenti che nonassumono con la dieta un adeguato ap-porto giornaliero di vitamina D.

Nei latti formulati, presenti sul mercatoitaliano, il contenuto di vitamina D è va-riabile.

Per bambini con patologie particolari(pazienti con malassorbimento cronicodei grassi e pazienti in terapia con far-maci antiepilettici) l’apporto giornalierodi 400 UI può essere insufficiente: perquesti pazienti sono raccomandate dosipiù elevate di vitamina D.Segnaliamo che sono a rischio di deficienzadi vitamina D anche i bambini e gli adole-scenti con pelle scura e i bambini e gli ado-lescenti con ridotta esposizione solare.Pertanto il pediatra, alla luce delle piùrecenti raccomandazioni, valuterà perciascun bambino e ragazzo, la necessi-tà di una adeguata supplementazionecon vitamina D.

Laun’importante alleata per la salutedei bambini e degli adolescenti

Investire in salute14

Lavorare con la scuola 17Lavorare con la scuola16

In prima elementare ogni bambino viene esposto per la prima volta ad un insegnamento formale. Fino ad allora, infatti, le sue acquisizioni sono

avvenute per semplice esposizione all’input: nessu-no insegna ad un bambino a camminare e neppure aparlare; quindi, se non vengono riscontrati particolariproblemi, il bambino arriva alle elementari pensandoche acquisire competenze sia un fenomeno assoluta-mente “naturale”. Per la prima volta, invece, si trova adover “imparare” qualche cosa, ed in particolare a:“leggere, scrivere e fare di conto”.Per apprendere il “linguaggio scritto” un bambinodeve capire che le parole possono essere “fatte a pezzi”e che questi pezzi (sillabe o fonemi) devono essere fatticorrispondere a dei disegni (grafemi). Deve inoltre im-parare che queste corrispondenze vanno memorizzateed attivate molto velocemente per poter accedere allaparola, perchè se vengono pronunciate una alla volta emolto lentamente è difficile capire che le sillabe“ta”...“vo”... “lo” (e soprattutto i fonemi “t”...“a”...“v”...“o”...“l”... “o”) corrispondono alla parola “tavolo”.Per apprendere il “sistema dei numeri e del calcolo” ilbambino si trova a dover imparare che “contare” nonè solo una filastrocca, ma che ad ogni elemento pro-nunciato deve corrispondere un’ entità e che l’ultimonumero espresso rappresenta tutte le quantità prece-denti.... poi che scrivere i numeri è molto complicatoperché 64 è 60+4, ma 60 è 6x10 ecc.Proprio perché nascono in questo contesto digrande impegno, le difficoltà specifiche di ap-prendimento sono disturbi dello sviluppo che, senon individuati precocemente, costringono unbambino a vivere una serie di insuccessi che pos-sono influire negativamente su tutta la sua carrie-ra di studente.Spesso, infatti, i risultati insoddisfacenti in am-bito scolastico vengono attribuiti allo scarsoimpegno, al disinteresse verso le varie attività,alla distrazione e così questi alunni, oltre a so-stenere il peso della propria inabilità, se ne sen-tono anche responsabili e colpevoli. L’insucces-so prolungato genera scarsa autostima; dallamancanza di fiducia nelle proprie possibilità,scaturisce un disagio psicologico che, neltempo, può strutturarsi e dare origine ad unaelevata demotivazione all’apprendimento e a ma-nifestazioni emotivo-affettive particolari, quali laforte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamentiistrionici di disturbo alla classe ed in alcuni casi,la depressione.

Riconoscerli per affrontarli Cosa sono i D.S.A.?

La categoria dei Disturbi Evolutivi Specifici diApprendimento viene convenzionalmente identifi-cata con l’acronimo D.S.A e comprende le difficol-tà nell’apprendimento della lettura e/o della scrit-tura e/o del calcolo, che si manifestano a partiredai primi anni di frequenza dei bambini alle scuoleelementari.L’incidenza di questi disturbi è molto variabile, inItalia si stima che il valore medio di prevalenza siattesti fra il 2,5 ed il 3,5% della popolazione inetà evolutiva.Alla base dei D.S.A vengono ipotizzate delle di-sfunzioni neurobiologiche che interferirebbero conil normale processo di acquisizione di lettura,scrittura e calcolo; tali fattori non sono però anco-ra stati identificati con certezza e le influenze am-bientali rappresentate dalla scuola, dall’ambientefamiliare e dal contesto sociale si intrecciano conessi, contribuendo a determinare il fenotipo del di-sturbo con la sua maggiore o minore espressività epotenzialità di disadattamento.I bambini con D.S.A. sono bambini svegli, senzaapparenti problemi intellettivi e/o relazionali, eproprio per questo le loro difficoltà ad imparareappaiono incomprensibili. La principale caratteri-stica di questi disturbi è, infatti, la “SPECIFICI-TA’”, tanto che uno dei criteri per la diagnosi è la“DISCREPANZA” fra le abilità nel dominio inte-ressato (lettura, scrittura, conoscenze numeriche ecalcolo) e l’intelligenza globale.A volte, però, i disturbi di apprendimento si posso-no presentare in comorbilità fra di loro (cioè di-slessia con associate disgrafia, disortografia e di-scalculia) ed anche con altri disturbi neuropsicolo-gici (come l’ADHD: disturbo dell’Attenzione conIperattività) e psicopatologici (Ansia, Depressionee Disturbi della Condotta).

Esiste la possibilità di individuare preco-cemente i D.S.A.?

La diagnosi precoce è importante soprattutto perpoter effettuare un intervento che, pur non essendorisolutivo del problema, potrà alleviarne le ricadu-te sul piano della carriera scolastica e dello svilup-po psicologico. L’individuazione di un disturbo diapprendimento non è però possibile prima dell’in-gresso a scuola, proprio perché non si conosconoancora degli indici clinici che possano dirci converosimile sicurezza se un bambino svilupperà omeno un D.S.A. prima che questi venga esposto al-l’insegnamento del linguaggio scritto ed all’ap-prendimento del sistema dei numeri e del calcolo.La diagnosi di dislessia, disgrafia e disortografia

I Disturbi Specifici di ApprendimentoA cura di Giulia Rosignolo, Psicologa, Imola

Maria Emiliani, Neuropsichiatra Infantile UONPIA AUSL Imola

Come si manifestano i D.S.A?

Sulla base del deficit funzionale vengono comunemente di-

stinte le seguenti condizioni cliniche:

� DISLESSIA, cioè un disturbo nella correttezza e nella rapi-

dità di lettura; solitamente questi bambini imparano a leg-

gere piuttosto tardi e compiono molti errori nella lettura

ad alta voce che quindi risulta esitante, stentata e, soprat-

tutto, lenta.

� DISORTOGRAFIA, cioè un disturbo nel rispetto dell’orto-

grafia nel corso della scrittura; solitamente questi bambi-

ni compiono, sia nel dettato che nell’auto-dettato, errori

relativi ai suoni, con omissioni, inversioni, sostituzioni od er-

rori che riguardano le regole dell’ortografia italiana (uso

“dell’h”, apostrofi…).

� DISGRAFIA, cioè un disturbo nella grafia intesa come abi-

lità grafo-motoria.

� DISCALCULIA, cioè un disturbo nella capacità di com-

prendere i numeri e di operare su di essi.

Lavorare con la scuola18

non può essere formu-lata prima della finedella seconda elemen-tare ed una diagnosi didiscalculia prima dellafine della terza ele-mentare. Prima di que-sti termini, infatti,sono troppo vaste ledifferenze individualifra i bambini ed il pro-cesso di apprendimen-to non può dirsi stabi-lizzato. Sono noti, co-munque, alcuni fattori di rischiodi cui tener conto: il sesso ma-schile, una familiarità per D.S.A.,un disturbo di acquisizione dellinguaggio che perduri all’ingres-so della prima elementare. Oltre aciò è indubbio che, nel corso delprimo anno di scuola elementare,sia possibile individuare bambiniche faticano di più ad apprendere,che sono in ritardo e che quindipotrebbero strutturareun D.S.A.; proprio perquesto sarebbero utili,a partire dalla primaelementare, progetti discreening e di preven-zione ed indicazioni supossibili metodi alter-nativi di prima alfabe-tizzazione.

Quali interventipossibili?

Un buon percorso didiagnosi è la base perdefinire ed impostareun adeguato progettodi intervento. Una cor-retta diagnosi dovreb-

be, infatti, indagare i punti di for-za oltre che quelli di debolezzanel profilo del bambino permet-tendo quindi di impostare un in-tervento che cerchi di recuperareil più possibile la funzione ol’abilità deficitaria, compensando,attraverso strumenti alternativi,ciò che non è recuperabile e favo-rendo quindi l’autonomia persona-le. Una diagnosi che assume la

forma di una “segna-lazione per D.S.A.” eche quindi contieneanche il profilo cogni-tivo, neuropsicologicoe psico-affettivo delbambino/ragazzo conD.S.A. è, d’altra par-te, la condizione perpoter accedere ai di-ritti derivanti dallanuova Legge su talemateria.L’8 ottobre 2010 è

stata, infatti, promulgata la Legge170/10 “Nuove norme in mate-ria di disturbi specifici di ap-prendimento in ambito scolasti-co” che, fra l’altro, all’articolo 5,stabilisce per gli alunni con dia-gnosi di D.S.A, il diritto ad unamaggiore flessibilità didattica at-traverso l’utilizzo di mezzi com-pensativi, ovvero di mezzi di ap-prendimento alternativi utili al

fine di bypassare ladifficoltà specificaincontrata dai bambi-ni/ragazzi con D.S.A,evitando loro di per-dere l’essenziale deicontenuti didatticicurricolari e di mezzidispensativi, cioèl’esonero da alcuneprestazioni particolar-mente penalizzantiper i bambini/ragazziaffetti da disturbispecifici di apprendi-mento (vedi anche ilDecreto Ministerialen. 5669 del 12 luglio2011 e le Linee Guidaallegate allo stesso).

• Strumenti compensativi: usodella calcolatrice, tavole pitago-riche, formulari per le regole dimatematica e di geometria, tec-nologie informatiche (programmiper la costruzione di mappe con-cettuali per le diverse materiecurricolari, programmi di video-scrittura con correttore ortografi-co, sintesi vocale..).

• Strumenti dispensativi: esonerodal copiare dalla lavagna, scrivere

Fattori di rischio per

lo sviluppo dei D.S.A.

� Sesso maschile : la dislessia è più frequente nei

maschi che nelle femmine.

� “Familiarità” per D.S.A. (cioè qualcuno in fami-

glia che abbia già sofferto dello stesso disturbo).

� Fisturbo di acquisizione del linguaggio che per-

duri all’ingresso della prima elementare, anche

se non più del 50% circa dei disturbi di linguag-

gio persistenti sviluppano successivamente un di-

sturbo di apprendimento del linguaggio scritto.

sotto dettatura, dal leggere ad altavoce, dallo studio delle tabelline.

• Diritto a tempi più lunghi per leverifiche.

• Valutazione centrata più sui con-tenuti che non sulla correttezzaortografica.

• Valutazione della lingua stra-niera effettuata più sull’oraleche non sullo scritto (Legge 170del 10 ottobre 2010 e Decreton. 5669 del 12 luglio 2011).

Il bambino con D.S.A e la scuola

Per saperne di più

Riferimenti legislativi recenti in tema di D.S.A.

� Legge 8 ottobre 2010 , n. 170 “Nuove Norme

in materia di disturbi specifici di apprendimen-

to in ambito scolastico”.

� Decreto n. 5669 del 12 Luglio 2011.

� Linee Guida per il diritto allo studio degli alun-

ni e degli studenti con disturbi specifici di ap-

prendimento allegate al Decreto n. 5669 del

12 luglio 2011.

� Consensus Conference sui Disturbi Specifici di

Apprendimento, Ministero della Salute, Istituto

superiore di Sanità Dic. 2010.

Essere dislessici non è una ver-

gogna come non lo è essere

mancini, daltonici o albini. Ben

lungi dall’essere un’etichetta

infamante, la dislessia è sem-

plicemente una caratteristica

individuale e come tale, per

essa può valere ciò che scris-

se A. Adler nel 1929:

“Ciò che l’individuo porta con

sé alla nascita non conta: ciò

che conta è l’uso che egli fa

di ciò che possiede”.

Conoscere per prevenire 21Conoscere per prevenire20

appuntam ento con

l’Influenza

Cos’è l’influenza e cosa la distingue dal comuneraffreddore?

Da un punto di vista clinico, l’influenza fa parte del gruppodelle infezioni respiratorie acute o IRA che rappresentano unadelle maggiori cause di morbosità nel mondo, mentre dal pun-to di vista del singolo paziente è stato stimato che, in media,si verifica un’incidenza per persona di circa 2,5 episodi al-l’anno. L’elenco delle IRA, in genere, è composto dalle se-guenti affezioni: raffreddore, faringite, laringite, tracheite, in-fluenza, bronchite e polmonite. Si tratta di problemi che ven-gono considerati, con l’esclusione della polmonite, di scarsa onulla pericolosità, ma che secondo l’OMS sono responsabilidel 13% delle cause di morte nei pazienti con più di 55 anni.E’ difficile identificare l’influenza rispetto alle altre sindromisimil-influenzali, ma le caratteristiche tipiche sono: comparsadi febbre alta, malessere dovuto alla stessa febbre (mal di te-sta e dolori muscolari), lacrimazione oculare associata a con-giuntivite (circa 10% dei casi totali), tosse, raffreddore e maldi gola. In alcuni casi i bambini possono presentare torpore esonnolenza (nel 50% dei bimbi sotto i 4 anni e nel 10% deibimbi tra i 5 e i 14 anni) o sintomi gastrointestinali (quali nau-sea e vomito), presenti nel 40% dei casi.

Come si può prevenire il contagio? I bambini sono spesso i più colpiti dall’influenza perché

hanno meno attenzione alle comuni precauzioni igienicheutili a prevenire il contagio, e vivono a stretto contatto in co-munità, come nelle scuole.Il contagio influenzale avviene attraverso le vie aeree, conle particelle di saliva espulse con tosse e starnuti da chi sitrova vicino a noi, ma anche attraverso le superfici su cui ivirus possono sopravvivere alcune ore.Per contrastare l’infezione occorre lavarsi di frequente lemani con acqua corrente e sapone oppure mantenerle igie-nizzate con gel a base alcolica ed evitare di portare le mania occhi, naso e bocca, dove le mucose sono più vulnerabili.Utili abitudini sono: lavarsi le mani prima dei pasti, nonscambiarsi bevande e cibi già assaggiati da altri o portarsialla bocca penne e matite.

A cura di Fabrizio PregliascoDipartimento di Sanità Pubblica, Università di Milano Come si cura l’influenza nei bambini?

Nell’influenza normalmente si curano i sintomi, alle-viando i disturbi tipici nell’attesa che la malattia si risol-va spontaneamente.E’ importante il riposo, così come l’ammorbidimento dellatosse con l’uso di mucolitici (ma non nei più piccini) esuffumigi, e il tentativo di calmarla, soprattutto nelle orenotturne, con l’uso di sedativi della tosse. Per abbassarela febbre si fa normalmente uso di antifebbrili come ilparacetamolo e si cerca di non vestire troppo il bam-bino e di farlo bere.

Gli antibiotici non sono normalmente prescritti in casodi influenza, se non quando la malattia sembra complicarsi,i sintomi sono particolarmente acuti o il bambino ha unastoria di infezioni ricorrenti complicate. Le complicazioniinfluenzali sono spesso rappresentate da una sovrainfezio-ne batterica che sfrutta l’indebolimento generale per svi-lupparsi: si tratta, quindi, di broncopolmoniti, otiti e sinu-siti. Fra le possibili complicazioni legate ai farmaci, emer-ge la rara sindrome di Reye, causata da una interferenza frail virus influenzale e l’aspirina, che per questo non vienepiù utilizzata in questi casi.Non è utile cercare di forzare i tempi del rientro a scuoladei bambini e occorre adeguare la dieta allo scarso appeti-to, riducendo i cibi industriali e incrementando il consumodi frutta e verdura.

Quale decorso ha normalmente l’influenza? Normalmente l’influenza nei bambini ha un decorso

benigno, ovvero privo di complicanze.Le complicanze che possono presentarsi sono l’aggra-vamento di preesistenti patologie croniche cardiorespi-ratorie o immunologiche, oppure, e sono i casi più fre-quenti, otiti e polmoniti di origine batterica. Il tasso diospedalizzazione risulta, perciò, molto elevato, addirit-tura il 20% nei bambini al di sotto dei 12 mesi, anchein assenza di malattie croniche.Nel mondo scientifico si ritiene quindi consigliabile lavaccinazione anti-influenzale dopo i 6 mesi a tutti ibambini con patologie croniche: cardiopatie, diabete,malattie renali, malattie dell’apparato respiratorio.

QUALI BAMBINI VACCINARE CONTRO

L’INFLUENZA?

La campagna di vaccinazione stagionale, promos-

sa ed economicamente sostenuta dal nostro Ser-

vizio Sanitario Nazionale è rivolta principalmente

ai soggetti classificati e individuati a rischio di com-

plicanze severe e a volte letali, nel caso contrag-

gano l’influenza; l’offerta gratuita attiva è rivolta

anche alle persone non a rischio, che svolgono at-

tività di particolare valenza sociale quali gli ope-

ratori sanitari.

La Commissione Intersocietaria Vaccini della Socie-

tà Italiana di Pediatria ritiene la vaccinazione antin-

fluenzale fondamentale per i bambini affetti da:

� cardiopatia

� fibrosi cistica o altre bronco pneumopatie cro-

niche

� insufficienza renale o epatica

� malassorbimento intestinale

� diabete e altre malattie metaboliche

� immunodeficienza congenita o acquisita.

In questi casi oltre alla vaccinazione del paziente

è opportuno effettuare la vaccinazione anche agli

adulti conviventi. La stessa Commissione definisce

la vaccinazione influenzale “utile ed efficace” an-

che nei bambini sani di età superiore ai 6 mesi, in

particolare se frequentano asili o altre comunità

scolastiche.

E’ importante sottolineare l’utilità della vaccinazio-

ne anche nei conviventi di bambini di età inferiore

a 6 mesi. La protezione indotta dal vaccino co-

mincia due settimane dopo l’inoculazione e per-

dura per un periodo di sei-otto mesi, poi tende a

declinare. Per tale motivo, e perché possono cam-

biare i ceppi in circolazione, è necessario sotto-

porsi a vaccinazione antinfluenzale all’inizio di ogni

nuova stagione influenzale.

Una sola dose di vaccino antinfluenzale è sufficien-

te per i soggetti di tutte le età, con esclusione del-

l’età infantile. Infatti, per i bambini al di sotto dei 9

anni di età, mai vaccinati in precedenza, si rac-

comandano due dosi di vaccino antinfluenzale sta-

gionale, da somministrare a distanza di almeno

quattro settimane.

CONTROINDICAZIONI ALLA

VACCINAZIONE ANTI-INFLUENZALE

� Lattanti al di sotto dei sei mesi (per mancanza

di studi clinici controllati che dimostrino l’in-

nocuità del vaccino in tale fascia d’età).

� Soggetti che abbiano manifestato una reazio-

ne allergica grave (anafilassi) dopo la sommi-

nistrazione di una precedente dose o una rea-

zione allergica grave (anafilassi) ad un com-

ponente del vaccino.

� Sindrome di Guillain-Barrè (radicolo-polinevri-

te acuta) insorta entro 6 settimane dalla som-

ministrazione di una precedente dose di vac-

cino antinfluenzale.

� Una malattia acuta di media o grave entità,

con o senza febbre, costituisce una controin-

dicazione temporanea alla vaccinazione, che

va rimandata a guarigione avvenuta.Conoscere per prevenireConoscere per prevenire

MISURE DI IGIENE E PROTEZIONE

INDIVIDUALE PER RIDURRE LA DIFFUSIONE

DELL’INFLUENZA

La trasmissione interumana del virus dell’influenza

si può verificare per via aerea attraverso le goccio-

line di saliva e muco emesse da chi tossisce o star-

nutisce, ma anche attraverso il contatto con mani

contaminate dalle secrezioni respiratorie. Per que-

sto una buona igiene delle mani e il contenimento

delle secrezioni respiratorie può giocare un ruolo

importante nel limitare la diffusione dell’influenza.

Per ridurre la trasmissione del virus dell’influenza si

raccomanda:

1. Lavaggio frequente delle mani (in assenza di ac-

qua, utilizzare gel alcolici).

2. Coprire bocca e naso quan-

do si starnutisce o tossisce,

gettare via i fazzoletti e

lavarsi le mani.

3. Isolamento vo-

lontario a

casa delle

p e r s o n e

con ma-

lattie re-

s p i r a t o r i e

febbrili specie in

fase iniziale.

4. Uso di mascherine

da par te delle

persone con sin-

tomatologia in-

fluenzale, in parti-

colare, quando si tro-

vano in ambienti sani-

tari (ospedali).

IL VACCINO ANTINFLUENZALE 2011-2012

La vaccinazione antinfluenzale rappresenta un mez-

zo efficace e sicuro per prevenire la malattia e le

sue complicanze. In presenza di una buona corrispon-

denza fra la composizione del vaccino e i virus in-

fluenzali circolanti, l’efficacia stimata, in adulti sani,

varia dal 70 al 90%. Nei bambini e ragazzi fino a 16

anni è stimata un’efficacia pari al 60-70%. La com-

posizione del vaccino si basa sulle informazioni sui

ceppi virali circolanti raccolti dal Global Influenza

Surveillance Network dell’Organizzazione Mondiale

della Sanità (OMS), che si avvale della collaborazio-

ne dei National Influenza Centres (NIC) presenti in 83

Paesi. Per l’Italia il NIC è presso l’Istituto Superiore di

Sanità, che coordina 18 Laboratori Regionali. Dai dati

raccolti da tale newtwork dell’OMS risulta che il virus

pandemico A/H1N1v ha essenzialmente co-circolato

con i virus A/H3N2 e B essendo più o meno predomi-

nante nei diversi Paesi dell’emisfero settentrionale.

Pertanto per la stagione 2011-12, l’OMS ha indicato

che la composizione del vaccino per l’emisfero set-

tentrionale sia la seguente:

� antigene analogo al ceppo A/California/7/2009

(H1N1);

� antigene analogo al ceppo A/Perth/16/2009

(H3N2);

� antigene analogo al ceppo B/Brisbane/60/2008.

L.S.

(A cura di L. Serra)

Le pagine Rosa 25Le pagine Rosa24

La depressione è una malattia

molto diffusa che, nel corsodell’esistenza, colpisce al-

meno una volta,una persona sucinque. Si trattadi un’alterazio-ne dell’umore,caratterizzata datristezza di di-versa gravità,senso di solitu-dine, mancanzadi speranza,contrarietà,sensi di colpae dubbi di ognigenere. Il post-partum èun’epoca meri-tevole di atten-zione in quantoparticolarmen-te soggetta allosviluppo disintomi depres-sivi, che pos-sono non solocompromettereil benesseredella donna,ma anche losviluppo delsuo bambino.Eppure viene spontaneo chieder-si perché un momento di gioia,come quello di una nuova nasci-

ta, possa favorire la comparsa didisturbi depressivi. In realtà,sempre più spesso si parla oggidi disturbi depressivi in gravi-danza e nel post-partum e didonne sempre più fragili che fa-ticano ad affrontare la loro ma-ternità. Alcune donne in questoperiodo della loro vita, infatti,

incontrano dif-ficoltà ad ac-cettare il pro-prio stato difutura madre,provano senti-menti contra-stanti di felici-tà ma anche dipaura e di pre-occupazioneper ciò che leattende. Que-ste reazionisono in realtàcondivise damolte donne,ma non vengo-no espressenel timore disentirsi diver-se o giudicateinadeguate.Tali sentimentidi inadegua-tezza e disisti-ma possonogià celare unasintomatologiadepressivache, se ade-

guatamente riconosciuta e cura-ta, non rischierà di evolversi inun quadro di maggiore gravità.

A cura di Claudio Mencacci

Centro Depressione Donna,

Ospedale Fatebenefratelli, Milano

Il duplice volto

Le forme più comuni di de-pressione post-partum sono due:il “maternity blues” e la de-pressione puerperale. Il “mater-nity blues” è la più comune. Lasua frequenza è particolarmenteelevata e nelle diverse casistichedal 25 all’85% di tutte le donneche hanno partorito prova unacerta instabilità emotiva nelleprime due settimane dopo il par-to. Si manifesta con facilità alpianto, che ne costituisce il sinto-mo centrale, labilità emotiva, an-sia, irritabilità, cefalea, calo diforze, stanchezza, diminuzionedella capacità di concentrazione,fino ad un leg-gero stato con-fusionale. Ilquadro clinico sievidenzia gene-ralmente nei pri-mi 3-4 giornidopo il parto eha una durata dicirca una setti-mana, entro laquale si risolvespontaneamente.In alcune donneil “maternityblues” continua,diventa più gravecompromettendole capacità dellamadre di pren-dersi cura di sé edel proprio bam-bino. La depres-sione puerperaletende, invece, acomparire, gene-ralmente, nelle3-4 settimane successive al parto.

Alla ricerca delle possibilicause

Un ruolo importante nel favorirela depressione post-partum haavuto il cambiamento della fami-glia di oggi rispetto al passato,così come il fatto che molte don-ne, quando tornano a casa, siscontrano con una realtà differenteda quella proposta dalla società,che vede nell’essere mamma sologioia e piacere.Sono poi donne, e coppie a volte,senza il concreto appoggio delle

La depressionenella neo-mamma

famiglie d’origine, per motivi dilavoro o per scelte coniugali, chesi trovano sole a gestire un carico dilavoro ed emotivo molto grande.Per non parlare poi di altri fattoristressanti e di eventi quali il mal-trattamento in famiglia e a voltela violenza (abusi, molestie), chegravano fortemente sul carico didisabilità femminile. Va ricorda-to, inoltre, che tendenzialmentele donne hanno un rischio moltopiù alto di ansia e depressionedurante tutto l’arco della vita.

Il ruolo della famiglia

Il partner e i familiari dovreb-bero accom-pagnare ladonna in tut-ta la prepa-razione allagravidanza,partecipandoquando pos-sibile ai cor-si di accom-pagnamentoalla nascita.In ogni casoè indispensa-bile che siacoinvolto esensibilizza-to alla pre-venzione an-che il medi-co di medici-na generale.I familiariquando os-servanoun’eccessivaemotività o

una seria difficoltà della donna aprendersi cura di sé e del pro-prio bambino, dovrebbero ac-compagnarla dal medico e aiu-tarla ad esprimere la propria sof-ferenza. Fondamentale è prestareaiuto fisico e mantenere un at-teggiamento di supporto e maigiudicante o critico. Si può cosìevitare il progredire di una con-dizione che può determinareconseguenze impegnative, nonsolo per la salute psichica dellaneomamma, ma anche per laqualità della relazione e del pro-cesso di attaccamento con il pro-prio bambino.

� Ne soffre il 70-80% delle

puerpere.

� Si manifesta nei primi gior-

ni dopo il parto: massima

incidenza nella prima set-

timana.

� Risoluzione spontanea e

completa entro 2-4 setti-

mane.

� E’ caratterizzata da: faci-

lità al pianto, labilità emo-

tiva, malinconia, ansia,

affaticamento, difficoltà

di concentrazione, inson-

nia, cefalea, tr istezza,

sensazione di solitudine.

� Generalmente non ha con-

seguenze negative sulla

madre e sul rapporto ma-

dre-neonato.

� Richiede solo sostegno

“empatico”.

� Pregressi episodi depressivi.

� Conflittualità intra-familiari.

� Carico di lavoro eccessivo.

� Scarso supporto dal partner

nella gestione familiare.

� Isolamento sociale, soli-

tudine.

� Pregressi maltrattamenti,

abusi, molestie.

� Malattie gravi o lutti in gra-

vidanza.

� Problemi clinici del neonato.

Maternity Blues

Principali fattori di

rischio per lo sviluppo

della depressione

post-partum

� Ne soffre il 10-12% delle puerpere.

� Si manifesta prevalentemente nel

primo trimestre dopo il parto, in ge-

nere entro il primo mese, raramen-

te dopo 6-12 mesi.

� E’ caratterizzata dalla presenza

quotidiana, per almeno 2 settima-

ne, di alterazioni del tono del-

l’umore ( irrequietezza o depressio-

ne) associati a 5 o più dei seguenti

sintomi: tristezza, perdita di inte-

resse e piacere per quello che si

fa, disturbi del sonno, rallentamen-

to psicomotorio, affaticamento,

eccesso di senso di colpa e di au-

tosvalutazione, sensazione di ina-

deguatezza per il nuovo ruolo di

madre, pensieri di morte, riduzio-

ne della memoria e della capaci-

tà di concentrazione, ansia, au-

mento significativo o perdita di

peso significativa.

� Persiste per alcuni mesi se non trat-

tata.

� Richiede, solitamente, un inter-

vento psicosociale integrato.

Depressione puerperale

nella neo-mamma

Le pagine Rosa26

Come affrontare ladepressione

Le figureterapeutichedeputate alladiagnosi ealla cura didisturbi psi-chiatrici nellagravidanza enel puerperio,sono il medi-co specialistain psichiatriacoadiuvatodallo psicolo-go clinico. Lefigure profes-sionali in am-bito sanitariosono, duranteil periodo del-la gravidanza,i medici spe-cialisti inostetricia eginecologia enel post-par-tum, i medicispecialisti inneonatologiae pediatria. Aloro si affian-cano figureprofessionalia stretto con-tatto con le gestanti e puerperequali le ostetriche e le puericul-trici. La depressione post-partumrichiede un approccio personaliz-zato, nel quale la scelta di even-tuali farmaci deve essere oppor-tunamente valutata dal medico(in considerazione del rapportorischio-costo/beneficio, se si pen-sa per esempio al fatto che lamaggior parte dei principi attivipassano nel latte materno) e nonrappresenta in ogni caso l’unicastrategia. E’ opportuno segnalareun particolare grasso polinsaturoomega-3, denominato con la siglaDHA (acido docosaesaenoico),che, oltre ad essere consigliatoquale supplementazione nel corsodella gravidanza, svolge ancheun’azione favorevole a livello ce-rebrale. Alcuni dati scientificisuggeriscono una correlazionetra basso apporto dietetico diDHA e maggior frequenza didepressione post-partum.

Il DHA, di cui è ricco l’olio dipesce, è infatti un componente

della membra-na delle cellu-le, in particola-re di quellenervose. Lesue indicazio-ni di impiegosono tra le piùvariegate, inconsiderazionedel suo effettoprotettivo peril cuore e ivasi sanguigni,ma riveste par-ticolare rile-vanza sia nellaneo-mamma,che ne ha ele-vato bisognosin dal mo-mento del con-cepimento finoal completa-mento dell’al-lattamento alseno, sia nelbambino (inparticolarenella vita in-tra-uterina enei primi dueanni, quandosi completa la

formazione dei tessuti nervosi).

La prevenzione

La prevenzione deve svilupparsiattraverso:

• Incontri di sensibilizzazione alladepressione in gravidanza epuerperio rivolti ai colleghi gine-cologi, alle ostetriche, ai pediatridi famiglia, alle infermiere pe-diatriche ed agli operatori deiconsultori familiari.

• Progetti di formazione sulla de-pressione in gravidanza e puerpe-rio che coinvolgano le suddettefigure sanitarie attraverso incontriformativi e corsi specifici per lacorretta diagnosi e trattamento.

• Corsi pre-parto per sensibilizza-re le donne in gravidanza e ipartner delle stesse al riconosci-mento di eventuali sintomi pre-coci di una patologia affettiva odi ansia nel post-partum.

Il riconoscimento

della depressione

post-partum

� La depressione post-par-

tum è una condizione più

frequente di quanto si

creda.

� E’ fondamentale il suo

riconoscimento precoce

in quanto se non curata

tempestivamente questa

forma depressiva può

dare luogo a conseguen-

ze negative anche sul

bambino.

� La recente istituzione di

Centri specializzati ha

consentito un notevole

miglioramento e soprat-

tutto la personalizzazione

dell’assistenza alla neo-

mamma.

Le pagine Rosa26

News

Il parto cesareo aumenta la probabi-lità di depressione post-partum. Lo af-ferma uno studio della National Yang-Ming University di Taiwan, pubblicatodalla rivista Birth, su oltre 10milamamme. I ricercatori hanno esaminatole cartelle cliniche delle pazienti del-l’ospedale, trovando che per le neo-mamme che hanno scelto il parto natu-rale il rischio di depressione è inferioredi un terzo. Anche all’interno del grup-po che ha invece effettuato l’interven-to, la depressione aumenta del 48% seil cesareo è stato programmato, e noneffettuato per motivi di emergenza.Una spiegazione secondo i ricercatoripotrebbe risiedere nel maggior temponecessario a recuperare fisicamentedopo l’intervento, e forse nel senso diinadeguatezza delle mamme quando èil chirurgo a far nascere il bimbo

Parto cesareo aumenta

probabilità di depressione

Latte materno online

Latte materno online: è questa lanuova tendenza che spinge molte don-ne a mettere a disposizione il propriolatte in rete e a scambiarlo con donnemeno fortunate, soprattutto tramite Fa-cebook. La moda, nata in America, èapprodata anche in Europa, sebbene inItalia non abbia riscosso grande suc-cesso. La preoccupazione, in effetti, ètanta per i rischi di trasmissione diagenti infettivi, responsabili di menin-giti, rosolia, epatiti e HIV. Questo ilmotivo che ha spinto l’Agenzia fran-cese di sicurezza sanitaria (Afssaps) alanciare, nei giorni scorsi, un’allerta ea ricordare l’esistenza di Centri auto-rizzati che effettuano gli opportunicontrolli di sicurezza

Svezzamento precoce da

evitare

Privare troppo presto il bambinodel latte materno per introdurre i cibisolidi è un errore ed è controprodu-cente. Lo afferma un’indagine austra-liana coordinata dall’economista JulieSmith, che ha valutato l’impatto dellosvezzamento precoce sulla salute pub-blica dell’ultimo mezzo secolo: talepratica comporterebbe nei bambini unaumento fino al 30% delle probabilitàdi malattie croniche, come il diabete.Attualmente sarebbero a rischio i35-45enni perchè negli anni 60 lastragrande maggioranza delle madrismetteva di allattare i propri piccoliprima dei sei mesi

Conoscere per prevenire 27

V iviamo immersi nei campi

elettromagnetici (CEM). Se cento anni fa la fonte prin-

cipale di produzione, e sostanzial-mente la sola, era il sole, ora ab-biamo una moltitudine di fonti chehanno aumentato moltissimo la no-stra esposizione, creando timoreper la salute umana.

Cosa sono le OndeElettromagnetiche?

Quando particelle atomichecome elettroni, neutroni, protoni oparticelle alfa si propagano nellospazio, emettono energia, definitaelettromagnetica, secondo una va-sta gamma di lunghezze d’onda ofrequenze. I campi elettromagneti-ci che interessano in questo ambitosono quelli a frequenza estrema-mente bassa (ELF) e quelli delleradiofrequenze.Per quanto concerne i rischi sullasalute, questi CEM possono esse-re divisi in tre grandi gruppi.

1.Campi elettromagnetici statici.Sono quelli generati dalle ap-parecchiature per RMN (Riso-nanza Magnetica Nucleare) o inpiccola parte da eventi naturaliad esempio durante i tempora-li. Per questo gruppo non sonostati evidenziati effetti dannosiper la salute.

A cura di Angela Pasinato

Pediatra di Famiglia, Vicenza - SICuPP

Cautele nell’ambiente domestico

• Posizionare le radiosveglie col-legate alla rete di utilizzo del-l’elettricità ad almeno un metrodi distanza dal corpo.

• Guardare il televisore ad almenodue metri di distanza dalloschermo del video.

• Mantenere una distanza di si-curezza di circa un metro dallelampade alogene dotate di tra-sformatore, poiché tali disposi-tivi per illuminazione, a diffe-renza delle lampade fluore-scenti, emettono intensi campimagnetici.

• Utilizzare il personal computer(PC) a debole emissione di ra-diazione elettromagnetica.

• Usare il babyphone, un radiotra-smettitore che consente di ascol-tare a distanza ciò che avvienenella camera di un bambino sen-za essere presenti, posizionan-dolo ad almeno 50 cm di distan-za dalla testa del bambino.

• Evitare di dormire sotto unatermocoperta in funzione: sel’uso è proprio necessario, sideve prima riscaldare il letto,quindi spegnere l’elettrodome-stico e poi coricarsi.

• Evitare di stazionare a lungodavanti a forni a microonde infunzione; tale regola va seguitascrupolosamente soprattuttodai bambini o da donne in gra-vidanza.

• Evitare che i bambini soggiorni-no per lunghi periodi in prossi-mità di elettrodomestici in fun-zione come forni elettrici, a mi-croonde, ferri da stiro, lavastovi-glie, lavatrici, frullatori, radio-

Conoscere per prevenire

2.Campi elettromagnetici afrequenza estremamentebassa (ELF fino a 300Hz).La maggior parte deriva daidispositivi elettrici presentiall’interno delle abitazioni(circuiti elettrici dell’illumi-nazione, funzionamento deglielettrodomestici).

3.Campi elettromagnetici a ra-dio frequenza (da 10MHz a300GHz). Dall’esterno sonoforniti da emittenti radio, emit-tenti TV e stazioni base dellatelefonia mobile. Quelle pro-venienti dall’interno sono for-nite da basi fisse per cordless,telefono cellulare, televisione,forni a microonde e dispositiviwireless, e operano tutte conbasso potere. Questo gruppo diCEM è importante perchècomprende i CEM prodottidalla telefonia mobile; attual-mente nel mondo, più di 4,6miliardi di persone usano il te-lefono cellulare e il 98% deinostri ragazzi lo utilizza.

Allo stato attuale per i CEM delGruppo 2 e 3 vengono suggeritemisure di precauzione perchépotrebbero essere pericolosi perla salute e favorire l’insorgenzadi forme tumorali.

Consigli per l’uso

Ecco alcune semplici precauzio-ni, per ridurre l’esposizione ai

campi durante l’utilizzodelle apparecchiature

elettriche.

I Campi ElettroMagnetici:

impariamo a conoscerli

I Campi ElettroMagnetici:

impariamo a conoscerli

27

Conoscere per prevenire28

registratori, così come da qualun-que cavo elettrico collegato a elet-trodomestici in funzione.

• Non usare l’asciugacapelli(phon) frequentemente; durantel’impiego cercare di mantenerloalla maggiore distanza possibiledalla testa (almeno 20-30 cm),oppure fissarlo al muro e usareun tubo allungabile.

Cautele all’aria aperta

• Evitare di avvicinarsi, sostare,toccare e arrampicarsi sui soste-gni di elettrodotti e trasmettitoriradiotelevisivi.

• Evitare di passeggiare, nelle areein cui sono presenti elettrodotti etrasmettitori radiotelevisivi.

Cautele con il telefono cellulare

• L’utilizzo di un auricolare nel-l’impiego del telefono cellulareconsente di ridurre l’esposizio-ne della testa di almeno dieci-mila volte.

• Quando il telefono cellulare èin funzione, si devono evitarelunghe conversazioni ed alter-nare l’orecchio di ascolto sultelefono.

• Telefonare quando c’è pienocampo in modo da rendere mini-ma la potenza delle emissionisull’orecchio

• All’interno degli edifici il cel-lulare aumenta la sua potenzadi emissione: nei luoghi chiusi,per quanto possibile, usare larete telefonica fissa (non ilcordless).

• Non tenere il cellulare acceso inprossimità del capo durante leore di riposo.

News

RICORDAA scuola il cellulare èVIETATOIn auto, per legge,bisogna usare solo il

VIVA VOCE

Roma, 14 ottobre 2011. Luce il più possibile naturale, diretta e bendistribuita per evitare non solo disturbi alla vista, ma anche riflessinegativi sul comportamento; sulle pareti colori tenui come salmone,giallo e arancio pallido per aumentare la concentrazione e ridurrel’ansia. E ancora, vernici bio, comfort termico e purezza dell’aria,garantita da impianti di areazione e filtraggio, per prevenire allergiee patologie respiratorie in continuo aumento tra i bambini. Sono soloalcune delle indicazioni contenute nelle Linee Guida stilate dalla So-cietà Italiana di Pediatria per realizzare scuole a “misura di bambi-no”. Il documento, intitolato “La Scuola che vogliamo”, è stato rea-lizzato su richiesta della Regione Abruzzo, che lo ha adottato, nel-l’ambito del Piano Straordinario per la messa in sicurezza degli edi-fici scolastici, molti dei quali colpiti dal sisma del 2009. Il Protocollod’Intesa con la Regione Abruzzo è stato siglato il 12 ottobre a Palaz-zo Chigi dal Presidente della SIP Alberto G. Ugazio e dal Presidentedella Regione Abuzzo Gianni Chiodi alla presenza del Sottosegreta-rio alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, e del Ministro del-l’Istruzione Maria Stella Gelmini.

Le Linee Guida sono state redatte integrando la normativa esistentecon i più recenti studi scientifici che hanno messo in luce l’impattoprodotto dalle sollecitazioni ambientali - luce, colori, rumori, qualitàdell’aria, ecc. - non solo sulla salute, ma anche sul benessere psicologi-co. Studi questi, di cui gran parte dell’edilizia scolastica non tiene an-cora conto, considerato che il 54% degli edifici è stato costruito tra il1900 e il 1965 e che spesso si tratta di edifici nati con altre finalità.

“Il nostro documento rappresenta, quindi, uno strumento aggiornato,con indicazioni operative per le istituzioni e i tecnici che programmanointerventi di costruzione, ristrutturazione e manutenzione delle scuo-le”, spiega il Presidente SIP, Alberto G. Ugazio. “La buona qualità del-l’ambiente - aggiunge Ugazio - è fondamentale per i bambini, visto chetrascorrono a scuola da 4 a 8 ore al giorno per almeno 10 anni. Allalunga un ambiente inadeguato può causare problemi di salute, mal ditesta, stress, irritabilità, oltre che difficoltà di concentrazione, quindiscarso rendimento scolastico e difficoltà relazionali”. “I bambini sonopiù sensibili all’effetto degli inquinanti rispetto agli adulti”, aggiungeMaria Grazia Sapia, Responsabile SIP per l’Ambiente, sottolineandola primaria importanza della qualità dell’aria. “Devono essere adegua-tamente valutate e limitate le fonti indoor (come materiali didattici, dicostruzione e di arredo, detergenti e altre sostanze chimiche comemuffe e pollini) e outdoor cioè gli inquinanti esterni che finiscono perconcentrarsi negli ambienti confinanti”

A cura di Cinthia Caruso

Responsabile Comunicazione e Ufficio Stampa SIP

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