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1 Anno 6, Numero 1 Febbraio 2011 Sulla Riforma della scuola Lei non vede Lei non sente Lei non parla …Lei decide!

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Anno 6, Numero 1 Febbraio 2011

Sulla

Riforma

della

scuola

Lei

non vede

Lei

non sente

Lei

non parla

…Lei

decide!

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Un rin-

La satura lanx era un “piatto ricolmo” farcito (satur) di varie primizie che gli antichi Romani solevano offrire agli dei, in particolare a Cerere, nell’ambito di festività religiose dedicate al raccolto agricolo. Sazietà, poesia, danza e canto erano gli ingredienti dello spettacolo che nasceva da questa festa ri-tuale: una successione di numeri di vario genere (brevi sketch, canzoni, giochi, scenette) … una sorta di varietà ante litteram. Il nostro giornale vuole essere, come la satura lanx, un “piatto” ricco di riflessioni, risonanze, proposte, confronti su argomenti interessanti e utili, ma anche divertenti e piacevo-li, come in un festoso incontro di tutti coloro che operano nella nostra scuola. E’ lo spazio in cui potersi esprimere, lo specchio in cui vedersi riflessi, il piatto nel quale posare il proprio frutto.

Redazione

La scuola nel tempo di Flavia Vittorini 5 F

pag. 4

Due illustri ex alunni intervista di Leda Camerini 2 B

pag. 6,7

Buongiorno ragazzi di Martina Cipollari ex alunna L’onda di Elisa Bianchini ex alunna

pag. 8,9

Normali o anormali? Di Luca Marinangeli 5 B

pag. 10

Concorso letterario Cristina Lucarelli La vignetta del prof. Fondi

pag. 11 pag. 9

Fumetto di Giorgio D’Orazi 5 E

pag. 12,13 pag. 11

Ma i ritardi degli autobus…? di Flavia Vittorini 4 F Il collezionismo di Andrea De Fusco 1 D

pag. 12 pag. 12

Artista di strada di Irene Scialanca 4 B

pag. 13

Una canzone, una poesia di Andrea Kosta, 2 E

pag. 14

Olimpiadi della matematica di Matteo Fraschetti 1 B

pag. 15

Digito ergo sum di Luca Marinangeli 4 B Quiz di Antonio Loquercio 4 B

pag. 15 pag. 16

SOMMARIO

P E R C H É Q U E S T O N O M E ?

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Direttore: Adele Materazzo Professori: Massimo Chiodi, Letizia Pompa, Piero Silva Alunni: Segretaria Giorgia Scarcella 4F Redattori Anselmi Ilaria Campari Sabrini Camerini Leda Vittorini Flavia Scarcella Giorgia Natali Lorenzo Fraschetti Matteo Piaggio Vasallo Franco Vincenzo Verduchi Valentina Casagrande Simona Bianchini Giulia Bacci Federico Aucone Alessandro Strapoella Sofia Pellegrini Gemma Orsi Michela Saraceni Flavia Calderoni Dario D'Orazi Giorgio Finocchi Lorenzo D'Antonangelo Yulia Loquercio Antonio Scialanca Irene Marinangeli Luca

Ex alunni Martina Cipollari, Elisa Bianchini

Foto

Lettera del direttore

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L A S C U O L A N E L T E M P O

L’educazione ha sempre avuto come scopo ultimo la formazione complessiva dell’individuo, obiettivo presentato in forme diverse a seconda dell’ epoca ma rimasto immutato nel tempo. L’educazione a Roma era di carattere elitario e il suo fine era di formare perfectus civis et orator, infatti, l’istruzione romana poneva sempre l’accento sulla capacità di utilizzare al meglio la parola, strumento insostituibile per il successo pubblico e politico. L’e-ducazione arcaica romana aveva le sue fondamenta nei principi conservatori del mos maiorum e nell’imi-tazione del maestro. Prima della loro conquista del mondo greco, i Romani erano un popolo di contadini che attraverso l’istruzione intendevano formare uomini laboriosi e soldati leali verso la patria, come insegnava Catone il Censore che rimarrà sempre in una posizione fermamente antiellenica. Questo tipo di educazione poneva il bambino prima nelle mani della famiglia e in seguito sotto il controllo diretto del padre, dotato di totale potestas. Dopo una prima istruzione di base, si alternavano periodi di studi a periodi di tirocinio fino ad arrivare al passag-gio dalla toga praetexta, tipica degli adolescenti, a quella virilis, tipica dei cittadini adulti, una sorta del nostro esame di maturità. Naturalmente questa formazione finora descritta era di carattere elitario, i plebei avevano solo la possibili-tà di una minima alfabetizzazione di base. Dopo la scuola dell’obbligo, infatti, chi avesse voluto prose-guire gli studi avrebbe dovuto avere alle spalle un’in-gente copertura economica che gli garantisse il suo percorso futuro. Non trovate qualche somiglianza con i tempi nostri? Io sì! In Italia quanti la possiedo-

no? Le università costano sempre di più e gli studenti veri sono sempre di meno. Tornando alla Roma antica, un graduale migliora-mento dell’istruzione nell’Urbe si ebbe con l’adozio-ne del sistema educativo greco. Si trattava di un sistema che trovava in Omero il primo riferimento educativo. Nei suoi poemi, essen-ziali per l’educazione, troviamo la figura dell’eroe, proposto come modello da seguire per la formazione di militari e aristocratici esemplari. Dopo il tramonto delle poleis greche, in cui l’educa-zione era di carattere o politico o militare, l’insegna-mento iniziò a diffondersi fino ad assumere un carat-tere collettivo. Dalla Grecia affluirono a Roma nume-rosissimi schiavi spesso utilizzati come precettori dei giovani aristocratici che ricevevano, così, un insegna-mento bilingue, in greco e in latino. Ulteriore lascito della cultura greca fu la differenzia-zione del cursus studiorum in tre livelli, guidati da tre figure di educatori: il litterator, corrispondente all’in-segnante dell’attuale educazione primaria, il gram-

maticus, insegnante del livello medio ed infine il rethor, docente della scuola superiore. Si trattava di un’educazione veramente lunga ed estenuante, poi ci lamentiamo noi…... Ancor più inconcepibile era l’utilizzo da parte dei maestri di aspre punizioni, spesso corporali, che avrebbero dovuto spronare gli studenti a migliorare, anche se in realtà i risultati erano del tutto opposti. Molto frequente era l’uso della ferula, una sorta di frustino, mezzo che in realtà è stato abbandonato da pochi decenni nelle scuole. Per raffinare poi le competenze apprese durante

questo lungo percorso, l’istruzione era spesso coro-nata, per i più fortunati, da un viaggio in Grecia, simile ai nostri progetti Erasmus. Con Giulio Cesare e poi con Vespasiano l’ambiente scolastico iniziò una rapida salita, ma dopo ogni salita c’è sempre una discesa. Come succede anche oggi, a Roma stava venendo meno la tanto ambita e celebrata libertà politica considerata da Tacito come la principale causa di decadenza delle scuole di retorica. L’unico tipo di oratoria permesso dalle istituzioni era quello a carat-tere celebrativo. Al tempo degli imperatori della dinastia dei Flavi , si parlava già di studi comportamentali dei bambini e della prassi, chiamata ante litteram “pedagogica” con Quintiliano, indagini che si pensava fossero state introdotti da Freud, Dewey e Piaget agli inizi del XX sec. Mai sottovalutare gli antichi! Parallelamente alla caduta dell’impero romano d’oc-cidente per la discesa dei Barbari si avviò anche il processo di decadenza delle scuole pubbliche che furono sostituite in toto dalle scuole di ispirazione cristiana, le episcopali e le presbiterali. La figura del maestro era assimilata al chierico, l’oriz-zonte di studi si restringeva esponenzialmente. Mille sono le differenze con i tempi di oggi, ma altret-tante sono le analogie. Stiamo avanzando o regredendo a passo di gambero rispetto al nostro passato? A voi l’ardua sentenza.

La scuola per Quintiliano era qualcosa di indi-spensabile, necessaria per la costruzione del futuro dei suoi allievi. La figura del maestro si riveste di diversi ruoli contemporaneamente: padre, maestro, compa-gno fidato. L’insegnante deve sostituire fin dalla tenera età la figura del padre nei confronti del suo allievo. Essendo la più autorevole guida dei suoi studenti, lui stesso non deve avere vizi e ha il compito di parlare il più possibile di cose buo-ne e oneste. Il maestro non deve essere né troppo generoso né troppo austero nelle valuta-zioni e soprattutto non deve torturare i ragazzi durante le interrogazioni. Essendo l’architetto del loro domani, il maestro deve nutrire una profonda fiducia nelle possibilità dei ragazzi e trasmettere loro questo messaggio. Anche lo studente però ha, oltre ai diritti, i suoi doveri. Il “giovane virgulto” deve subito acco-gliere gli studi come ottime pietanze per le men-ti, così da goderne fin dal primo assaggio. L’alun-no deve interpretare le critiche in maniera co-struttiva, accettandole, e gioire di fronte alle lodi; inoltre, via la timidezza: il discepolo non deve temere di parlare di fronte i suoi compagni e sostenere una sua tesi, perché la scuola altro non è che una società in miniatura: prima si impara a interagire con essa, prima si diventa grandi.

Io, te, loro tutte le mattine ci svegliamo e, spesso, svo-

gliatamente entriamo in quell’ edificio che forse ritenia-

mo troppo scontato. In realtà, l’istruzione che noi oggi

riceviamo ha alle sue spalle una storia davvero lunga e

D a i R o m a n i i n p o i . . . di Flavia Vittorini 5 F

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Buongiorno, buongiorno a tutti. Avete forse avuto un brusco risveglio?… Chissà qualcuno forse starà ancora dormendo… Sarà colpa della bambagia che in questi anni ci ha cullato e coccolato se vediamo ancora oggi la realtà appannata, se non riusciamo a distinguere ancora i lineamenti ben marcati di quello che in realtà è un incubo. C’è chi la vede in maniera più o meno tragica, chi non si pone minimamente il problema, ma il parere della stragrande maggioranza degli studenti è questo: uno dei presupposti di base di una democrazia moderna, il diritto allo studio e all’istruzione è minacciato da una classe politica corrotta e corruttibile. Ma d'altronde l’Italia è anche questo, togliamo fondi dove dovremmo aumentarli e continuiamo a sperpe-rare, alcuni continuano a essere frodati e altri a vive-re di rendita. In Italia è questa la legge: chi è più furbo, chi ha più possibilità può andare avanti e che gli altri si arrangino come meglio possono. Ma gli studenti protestano Io mi trovo ogni giorno a vivere e a respirare l’aria di uno dei centri propulsori della protesta, protesta che non bada al colore politico, che accomuna ricchi e poveri, che passa dai letterati ai matematici, dai giuri-sti ai fisici agli ingegneri. “La Sapienza” è anche que-

sto, è girare per le facoltà e vedere persone che corro-no da un’aula a un’altra per seguire le lezioni e nel contempo organizzano manifestazioni, preparano striscioni, lottano in nome di un futuro migliore, sacri-ficando tempo ed energie. Ma qual è il motivo che ha reso così tesa l’aria di que-sto dicembre 2010? La riforma Gelmini: -tagli alla ricerca, -tagli alle borse di studio, accorpamenti di facoltà, -più fondi alle università private Forse io la vedo in maniera troppo netta … può anche essere, ma in tutta onestà non vedo sfumature: la riforma in tre punti mira a fare in modo che il sapere resti nelle mani di pochi eletti, quei pochi eletti, in parole molto spicciole, che, indipendentemente dalle capacità intellettive possedute se lo possono permet-tere. Si tagliano le gambe a tutti gli studenti che non avranno la possibilità di accedere ai corsi senza una borsa di studio e si impedisce loro di vivere serena-mente quella che, a parer mio, è una delle esperienze più belle e costruttive se vissuta nella giusta maniera e con il giusto entusiasmo. Le manifestazioni hanno attraversato l’intera nazione con picchi di scenograficità più o meno alta. Molti anche i momenti discutibili: i partecipanti della mani-festazione di Roma hanno messo a soqquadro la capi-tale tanto che le reazioni successive alla manifestazio-

ne del 14 sono state denigratorie nei confronti degli studenti definiti facinorosi o assimilati ai giovani dei centri sociali … bé io a quella manifestazione c’ero ed ero con molte altre brave persone come me, persone normali che ogni mattina fanno ore di viaggio per andare all’università, o di persone che hanno lasciato la loro casa, vivono lontano dalle loro famiglie che fanno sacrifici ogni giorno per aiutarli a realizzare i loro sogni. Loro, noi, eravamo lì non per distruggere ma per costruire! Costruire per noi e per le generazioni suc-cessive un futuro migliore, per provarci almeno… e non è per colpa di pochi ignoranti maleducati che si può fare di una cosa buona una cosa di cui vergognar-si, non è screditando chi fa notare il problema che ad esso si trova una soluzione. Non pretendo di portare voi tutti ad amare ed apprez-zare visceralmente lo studio, perché nemmeno un anno fa sui banchi del liceo c’ero anch’io e so benissi-mo che questo sarebbe chiedere troppo; vi chiedo solo di riflettere sul fatto che un diritto come quello allo studio, che dovrebbe essere basilare e dato per scontato in una società civile moderna e democratica

L’onda

Buongiorno, ragazzi, ora sono universitaria di Martina Cipollari Ex alunna del Meucci Studentessa della facoltà di lettere, Università La Sapienza

C’ero anch’io

di Valentina Verduchi 3 E

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Pensavate che dopo aver conseguito il famigerato diploma di maturità e dopo aver scelto, con non poche difficoltà, la vostra università, vi si sarebbero spalanca-te di fronte le porte di un percorso di studi libero, autonomo e avreste ottenuto la gratificazione di scegliere da soli i vostri esami? Diciamocelo, non sarà proprio così.

Il perché? Semplice! Le riforme e i decreti, che si sono succeduti negli ultimi dieci anni, hanno avuto come minimo comun denomi-natore quello di razionalizzare le risorse e aumentare la produttività, premiando i cosidetti meritevoli. Men-tre sappiamo che il merito e l’eccellenza sono un fatto collettivo, mai individuale. Il vantaggio per gli studenti dovrebbe essere quello di rendergli più agevole il passaggio al mondo del lavoro. Questo susseguirsi di cambiamenti, invece, ha portato all’aziendalizzazione del nostro sistema universitario. In altri termini, allo sfruttamento dello studente all’in-terno delle aziende attraverso tirocinii e stage non retribuiti, nonché ad anni di apprendistati mai pagati e poco gratificanti.

È ovvio che chi prenderà le decisioni all’interno dell’ac-cademia favorirà dinamiche individualistiche e mecca-nismi di competizione, invece di promuovere iniziative basate sulla cooperazione e sulla produzione colletti-va, naturale tendenza di tutti coloro che l’università la vivono quotidianamente. Basti pensare che le classi dei corsi somigliano sempre più a quelle dei licei dai quali siete appena usciti, con

interrogazioni durante tutto il corso, con controlli della vostra presenza durante le lezioni e, oltretutto, i pro-fessori, la maggior parte delle volte, mantengono un programma d’esame rigido dove, guarda caso, le loro pubblicazioni devono essere necessariamente compra-te! Tutto questo a discapito della possibilità di sceglie-re un proprio percorso di studi libero, indipendente e creativo che dia più spazio ai vostri desideri di cono-scenza e che, di conseguenza, possa aiutarvi ad avere una maggiore realizzazione personale ed una forma-zione critica nei confronti del mondo. È questa l’università, fatta di corruzione, iperlicealizza-ta e gerontocratica che vi aspettavate e che volete ora? Non credo. A partire dal movimento dell’onda del 2008, fino ad oggi, abbiamo cercato di costruire la nostra università! L’Onda non ce la fa a immaginarsi come una genera-zione sconfitta ancora prima di cominciare, è stanca delle ipoteche che vengono firmate sopra la sua testa. Quest’Onda è fatta di studenti, che vogliono trovare un senso in quello che fanno,di ex studenti che pensa-no che c’era un’alternativa al loro presente di ramma-rico, di cervelli in fuga, di intelligenze non misurabili. L’Onda siamo noi, un corpo collettivo, animato da saperi socializzati, desideri condivisi, con la gioia che ci contraddistingue e le decisioni che sappiamo prendere. Noi non accettiamo il prestito d’onore, un debito, per darsi una formazione, un debito per poter iniziare a fare altri debiti, semmai riuscirà a trovare un lavoro. Scompare la figura del ricercato-re a tempo indeterminato, viene assunto come precario per massimo sei anni, poi o assunto in ruolo o, pazienza, cacciato e sostituito con un altro precario, pagato un terzo. Non accettiamo che i privati entrino all’università, perché quello che distingue il pubblico dal privato è la molteplicità dei saperi, dei punti di vista, delle opinioni e, que-sto, è quello che rende i laureati dell’università pubblica i primi in classifica. Ci siamo stancati delle agevolazioni per i meritevoli, perché sappiamo che il merito e l’eccellenza sono un fatto collettivo, mai individuale. Nessun merito è diventato tale senza il sostegno di tanti, senza la possibilità di sbagliare, di cambiare strada, di fare un passo indietro. Il sapere compone la vita e la vita è caotica, è fatta di alti e bassi. La vita non vuole sbarramenti, fra medie e liceo, fra liceo e università, fra università e ricerca. Poi pos-siamo parlare di valutazione, giusto, ma attenzione, la valutazione fa riferimento agli interessi e gli interessi non sono mai neutri. È necessaria l’indipendenza della ricerca e del sapere, indipendenza dei percorsi auto formativi, libertà nella scelta dei piani di studio, l’uni-versità è un laboratorio critico e il sapere non si logora. Qualificare l’università significa richiedere fondi, ripen-sare la didattica, promuovere ricerca indipendente. L’onda dentro la crisi c’è da un pezzo, c’è nata , nella crisi delle camere in affitto, pagate in contanti senza

contratto, dei lavoretti tre euro e 50 l’ora, pagati in nero, delle lezioni private per gli esami di ammissione, dei manuali che il professore vuole vedere all’esame, perché così può controllare i suoi diritti d’autore. A partire dal movimento dell’onda del 2008, fino ad oggi, abbiamo cercato di costruire la nostra università!

L’Onda si è mossa in difesa del pubblico e ha dimostra-to che questo è l’unico modo per smascherare la falsa alternativa tra Stato e Mercato, e di far emergere il comune come condizione di esistenza della vita socia-le. Le assemblee universitarie di questo autunno sono iniziate all’insegna della praticità; ai dibattiti sulle questioni relative all’autoriforma si sono immediata-mente sostituite quelle sui modi, i tempi e le forme attraverso cui riportare la propria voce sulla scena pubblica. Abbiamo detto-Dobbiamo vincere, e se que-sto non sarà possibile, non dovremo avere il rimorso di non aver combattuto-, è questo il leit motiv che ha attraversato le assemblee in tutta Italia. Il libro è la nostra arma, il sapere sociale accumulato e quello a venire, non sono solo testimonianza di un’esi-stenza sociale ma espressione di forza, intelligente e ostinata, del punto di rottura. Questa è stata l’inclina-zione delle giornate di piazza, non solo a Roma, ma in Europa. I cortei, i blocchi, le occupazioni che si sono succedute, pur non preordinate, hanno espresso la volontà di rompere il quadro per aprire un nuovo spazio di possibilità. Questi mesi hanno permesso la comprensione del caso Fiat, in cui i patti sociali proposti non sono neanche

patti, ma imposizioni di una forza ricattatoria e la corruzione non è segno di malcostume ma la forma di governo propria di un capitale divenuto parassitario. il tentativo, messo in campo da più parti, di ridurre il movimento ad un fatto emergenziale, di ordine pubbli-co, è stato del tutto spiazzato e respinto, infatti il mo-vimento, come emerge proprio nella continuità tra la giornata del 14 e quella del 22, è un rapporto tra la capacità di esercitare rottura e quella di presentarsi come forza costruttiva. È un clamoroso errore di lettura politica isolare la giornata del 14 dicembre da tutto ciò che l’ha precedu-ta, o peggio, tentare di separare la molteplicità delle pratiche, attraverso cui il movimento si è espresso in quest’autunno. Non c’è discontinuità tra i flash mob, il

L’onda siamo noi

di Elisa Bianchini Ex alunna del Meucci

Studentessa della facoltà di Filosofia, Università La Sapienza

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Come è cambiato il Meucci Intervista doppia a due illustri ex alunni a cura di Leda Camerini 2 B e della Redazione di Satura lanx

Siamo quasi giunti al termine dell’anno scolastico e abbiamo l’onore ed il piacere di intervistare la profes-soressa Paola Ricci, vicepreside della nostra scuola. - Professoressa, il Meucci è un Liceo rinomato, all’a-vanguardia ed in forte espansione, cosa ci dice in meri-to alla sua organizzazione e gestione? Come ho avuto modo di ripete-re in diverse occasioni, ad e-sempio durante l’orientamento, ci sono molti fattori che costi-tuiscono punti di forza del Meucci. Abbiamo avuto tanti riconosci-menti che sono l’elemento cul-minante di un buon lavoro svol-to dai docenti e dagli insegnati, molto motivati nei confronti della didattica curriculare ma anche verso le attività extrasco-lastiche. I corsi pomeridiani inseriti nell’offerta formativa sono monito-rati durante tutto l’anno da una procedura di controllo della qualità certificata, e danno la possibilità a tutti gli studenti di arricchire le loro competenze. Gli alunni possono seguire cor-si di informatica al fine del conseguimento della patente eu-ropea del computer, possono conseguire attestati Delf e Pet, c’è la possibilità di partecipare a stage e a diverse attività sportive pomeridiane aperte a tutti e spesso chi le frequenta ha la possibilità di cimentarsi in competizioni, ad esempio le Olimpiadi della matematica e della chimica, con altre scuole o con le altre classi. Anche le attività accessorie, insomma, vengono svolte con molto impegno e fanno del Meucci un Liceo che si distingue dalla massa. - Le generazioni cambiano e si evolvono, qual è il suo giudizio sulle nuove leve rispetto ai veterani, agli stu-denti di qualche anno fa? Ritengo che le nuove generazioni siano molto più veloci nell’-apprendimento e nell’uso delle tecnologie, ma nello stesso tempo trovo che i ragazzi siano meno motivati per quello che riguarda la gestione della scuola, le problematiche del nostro

Paese. - Cosa pensa dell’attuale riforma della scuola e come dovrebbe essere per lei la scuola ideale? La riforma era partita con dei buoni presupposti. Ritengo giu-sta la valorizzazione delle materie di indirizzo per ogni tipo di scuola. Strada facendo, però, la riforma ha preso una piega che non condivido affatto: la bozza presentata attualmente prevede cambiamenti di molti programmi scolastici che non tengono minimamente conto delle esigenze scolastiche, né tantome-no, delle competenze degli insegnanti. Per quanto riguarda ad esempio la mia disciplina, le scienze, si tratta soltanto di un elenco di argomenti stilato in maniera disordinata ed incoerente. La mia scuola ideale? Dovrebbe puntare al raggiungimento delle competenze e non solo delle conoscenze per portare i ragazzi che escono da un qualunque istituto a saper fare del-le cose che non hanno mai fatto, capitalizzando competenze pregresse. Invece oggi gli studenti spesso hanno tante cono-scenze che, però, non risultano utili nella pratica. - Perché ha scelto il lavoro di docente? Non l’ho scelto, mi è capitato. Mi sono laureata in Geologia e pensavo di fare la geologa, non volevo seguire le orme di mia madre, che era insegnante. Dopo la laurea ho lavorato per un periodo all’Università ma contemporaneamente accettavo di fare delle supplenze nei Licei. Il caso volle che di lì a poco si tenesse il concorso a cattedre per la scuola superiore: vinsi la cattedra al Liceo Scientifico Meucci di Ronciglione e la accettai. Come potete ben notare, sono ancora qui! - Ha bei ricordi della sua vita da studentessa? Sì, ho dei bellissimi ricordi scolastici. Mi tengo ancora oggi in contatto con alcuni miei professori, una professoressa è an-che mia vicina di casa. Anche dei miei vecchi compagni di scuola ho ricordi molto belli; noi eravamo molto politicizzati, se ripenso a questo noto una netta differenza con i giovani di oggi, come erano diverse le nostre assemblee, nessuno di noi si sognava di viverle come “l’occasione” per perdere un giorno di scuola o addirittura di assentarsi: ci si preparava in

La mia scuola ideale? Dovrebbe puntare al raggiungimento delle competenze e non solo delle conoscenze

Classe

Diploma

Professione

Stato civile

Hobby

foto foto

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- Quale consiglio darebbe, per la scelta della facoltà uni-versitaria ad uno studente che sta per diplomarsi? Il consiglio che posso dare è scegliere secondo il proprio gusto personale e le proprie inclinazioni se c’è la possibilità di farlo. Certo per scegliere una buona facoltà bisogna pur dare uno sguardo alle possibilità di lavoro che una laurea può offrirci, per esempio facoltà come ingegneria, chimica e le lauree para-mediche danno maggiori possibilità di trovare lavoro, perché proiettano in ambiti professionali che necessitano di molto per-sonale. -Pensa che ci sia ancora un muro tra insegnanti e alun-ni? No, mi sembra che gli insegnanti siano oggi molto aperti alle esigenze degli studenti, quello che a volte può essere percepito come un muro è invece solo fermezza, una sana affermazione delle regole, delle quali i giovani hanno oggi molto bisogno per ritrovare dei sicuri punti di riferimento. -Ritiene che all’interno dell’istituto vi sia una disparità di opportunità e di trattamento tra gli alunni delle diverse sedi-sezioni? Io non credo che ci sia disparità; c’è una differenza tra le per-sone, una differenza di metodi di insegnamento tra un docente e l’altro: gli insegnanti sono esseri umani e non macchine. In alcune sezioni, forse perché vi sono professori che da tanti anni lavorano fianco a fianco, si è creata una sorta di sinergia ri-guardo ai metodi, quindi c’è più rigore nella consegna dei compiti, nelle valutazioni, nella giustificazione dei ritardi, delle uscite e delle assenze. In altre sezioni, sia per l’alter-narsi dei docenti, sia per la nor-male diversità che caratterizza ogni essere umano magari si può notare un’impostazione diversa che denota una maggiore dispo-nibilità. Ma al di là di queste minime dif-ferenze la scuola resta una e sul piano formativo le differenze non ci sono.

-Perché alcuni studenti la temono? Non posso rispondere con sicurezza a questa domanda, biso-gnerebbe chiederlo a loro. Posso fare delle ipotesi: forse per-ché sono molto precisa ed esigente e cerco di far rispettare sempre le regole fino in fondo; forse questa fermezza disorien-ta gli studenti e mi fa apparire molto dura, più di quanto io sia realmente. Ma non sono così tremenda! -Molti studenti non hanno ancora capito per quale moti-vo non è possibile venire a scuola con i pantaloni a ¾ Allora lo spiego. La scuola è un’istituzione che oltre a fornire nozioni deve dare anche insegnamenti di vita e deve insegnare il rispetto degli altri attraverso il rispetto delle convenzioni della convivenza civile. Tutti staremmo più comodi con un abbigliamento per così dire “da spiaggia” ma spesso comodità non fa rima con rispetto. Ma ogni ambiente richiede un abbigliamento adeguato: non entre-reste mai in una chiesa con le spalle scoperte o la minigonna! Questa insofferenza rispetto alle regole basilari come questa dimostra proprio che la scuola non è più percepita nella giusta maniera dagli studenti.

- Ora approfitteremo delle sue conoscenze specifiche in campo geologico per ricevere qualche informazione in merito allo straordinario evento dell’eruzione del vulca-no islandese Eyjafjallajokull. Ci spiega la portata di que-sta eruzione? L’Islanda è una parte di dorsale e quindi una delle zone certa-mente più attive dell’intero pianeta, era quindi prevedibile un’-eruzione. Come ho già spiegato ai miei alunni del 5 B, il proble-ma fondamentale è stato causato dal ghiacciaio che era sopra le bocche del vulcano ch,e sciogliendosi per mezzo del calore della lava, ha provocato una grandissima evaporazione. I va-pori hanno portato in aria le polveri che hanno creato una sorta di scudo alle radiazioni solari. Nello stesso tempo la fuoriuscita di anidride carbonica è andata ad alimentare l’effetto serra. Ci troviamo quindi di fronte a due fenomeni contrastanti: le polveri schermano le radiazioni solari e generano abbassamento di temperatura e i gas serra invece la incrementano. I due fattori si combineranno e nei prossimi mesi vedremo quali saranno le conseguenze delle’eruzione. Crede nella teoria della fine del mondo nel 2012? No non ci credo; credo, però, che probabilmente vi sarà un allineamento di tutti i pianeti, fenomeno certamente affasci-nante ed interessante ma che non causerà nessun effetto cata-strofico. E ora le rivolgiamo qualche domanda personale. –Il suo peggior difetto? Difetti ne ho tanti, primo tra tutti la pignoleria, la voglia di or-ganizzare sempre molte cose in maniera estremamente precisa tanto che le persone con cui ho a che fare talvolta non riescono a tenere i miei ritmi. -La materia che ha odiato di più da alunna? Senza dubbio la filosofia! Non ho mai apprezzato particolarmente neppure la storia. -Film preferiti? Non amo i film violenti. Tra i registi apprezzo Muccino, Torna-tore, Salvatores e tra gli attori Pier Francesco Favino che è stato anche un mio alunno in passato. -Che musica ascolta? Ascolto senza problemi tutti i tipi di musica, non ho un genere musicale preferito. Non mi piacciono le canzoni troppo scatenate, comunque.

“Tutti staremmo più comodi con un abbiglia-mento per così dire “da

spiaggia” ma spesso comodità non fa rima

con rispetto.”

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Fumetto di Giorgio D’Orazi 5 E

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Poesia vincitrice scorso an-

no

Il 7 febbraio 2011, presso la banca di credito coopera-tivo di Ronciglione, si è svolto il convegno “La Costitu-zione: conoscerla per amarla” organizzato da nostro Dirigente scolastico, prof. Pasquale Picone e dall’As-sociazione Lions club del Lazio. Dalle riflessioni dei relatori, in particolare del giudice Raffaello Sestini, ho scoperto che l’esigenza di uguaglianza e di libertà che sento io, che mi spinge a pormi tanti interrogativi sul concetto di libertà, più di sessanta anni fa animava i Padri Costituenti, coloro che hanno partecipato alla stesura dei principi fondamentali della Repubblica. Avevano le stesse esigenze che sento oggi io, cioè mettere per iscritto quanto sia importante la libertà dell'uomo in uno stato democratico. Da qualche tempo rifletto sul questo concetto, ovvia-mente non basterebbe un libro per parlarne e nean-che per ottenerne un'idea univoca, soprattutto osser-vando certe situazioni che sembrano violare gli arti-coli della Costituzione. In particolare l'articolo 3 della Carta costituzionale rispecchia questa necessità e puntualizza alcuni diritti

fondamentali: la dignità sociale che riassume seppure superficialmente lo spirito della comunità, ossia del convivere pacificamente con il proprio prossimo, senza violare il diritto di ogni cittadino; l'uguaglianza degli individui di fronte alla legge, con l'enumerazione di tutti gli elementi che potrebbero causare differen-ze se ci trovassimo a vivere in uno stato autoritario. Ma oggi assistiamo con maggiore frequenza a grandi errori giuridici dovuti al fatto che spesso il "sentire comune" o la posizione sociale di alcune persone diventano più importanti del principio che sta alla base della pacifica vita della comunità. Il nostro stato è tutore dei valori sociali del paese ed ha il compito di difendere i più deboli da tutti gli ostacoli che potreb-bero impedire o limitare il normale svolgimento delle nostre attività nella società. La conseguenza di questo principio consiste nel dovere della repubblica di forni-re aiuto e garanzia per una vita sociale libera da im-pedimenti che potrebbero diventare vere e proprie barriere. Quello che si vuole sostenere è che non viviamo in uno stato dove la giustizia e l'imparzialità vincono sempre, dove le minoranze vengono sempre

ascoltate e tutelate, dove il più debole non è sempre perdente. Molte frasi del giudice Sestini mi sono rimaste in testa: “l’Italia è una barca sulla quale siamo tutti noi e dobbiamo cooperare per non affondare”, orientandoci con “la bussola che è rappresentata dalla costituzione”, “la costituzione è anche il nostro documento di identità” che si basa sulla memoria storica, perché “chi non ha memoria non ha futuro”. “Capire cosa si vuol fare nel futuro è l migliore inve-stimento”. Per uscire fuor di metafora concluderei dicendo che alla fine ho capito una cosa importan-te: “se non si conoscono le cose non si è liberi”.

Siamo tutti sulla stessa barca… la Costituzione è la nostra bussola

Giorgia Scarcella 5F

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CONCORSO LETTERARIO 2011

Cristina Lucarelli Cristina Lucarelli Cristina Lucarelli Cristina Lucarelli

Tempus tantum no-strum est Sol- tanto il tem-po è nostro Tem- pus tantum no-strum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Sol-tanto il tempo è nostro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è no-stro Tempus tantum nostrum est Soltanto il tempo è nostro Tempus tan-tum nostrum est Soltanto il tempo è no-stro Tempus tantum nostrum est Sol-tanto il tempo è nostro Tem-pus tantum nostrum est Soltanto il tempo è no-stro Tempus tantum no-strum est Soltanto il tempo è no-stro Tempus tantum no-

Art. 1 - Il premio è articolato in due sezioni: Prosa e Poesia. Art. 2 - Al premio sono ammessi i lavori in poesia e in prosa di tutti gli studenti del Liceo Scientifico Meucci, sul tema: “Tempus tantum nostrum est” Solo il tempo è davvero nostro (Seneca) Art. 3 - Una sezione speciale del premio è riservata agli alunni delle terze medie dei comuni limitrofi. Art. 4 - Le iscrizioni dovranno essere comu-nicate entro il 1 marzo 2011 alla redazione del giornalino Satura Lanx. All’atto dell’iscri-zione si riceverà una scheda da riconse-gnare unitamente ai lavori. Art. 5 - I lavori dovranno essere presentati entro il 30 aprile 2010 alla redazione del giornalino, in una busta chiusa all’interno della quale deve essere consegnata la sche-da compilata con nome, cognome, classe e sezione dell'autore. I lavori non saranno restituiti. Art. 4 – Premi. Agli autori dei lavori migliori la scuola assegnerà dei premi in denaro, offerti dai genitori di Cristina Lucarelli. I testi premiati saranno pubblicati nel sito internet della scuola. La premiazione avrà luogo durante lo spettacolo alla fine dell’An-no scolastico.

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Un rapper impegnato

CapaRezza, pseudonimo di Michele Salvemini, è un noto cantautore e rapper pugliese. Ha iniziato la sua carriera sotto il nome di Mikimix, partecipando per due volte al festival di Sanremo, ma con scarso suc-cesso. Si è poi fatto crescere i capelli e il pizzetto prendendo l’attuale nome di CapaRezza e realizzando nel 1999 tre demo intitolati Zappa, Ricomincio da Capa e Con CapaRezza… nella monnezza. Nel 2000 è uscito il suo primo album, conosciuto anche come CapaRezza?!, nel quale alcuni brani sono ripresi dai tre demo. Il vero successo arriva però con il secondo album Verità supposte, nel quale il rapper critica apertamente la società italiana, e dal quale è estratto il singolo Fuori dal tunnel. Nel 2006 esce il terzo album, Habemus Capa, nel quale il cantante finge di morire per rinascere nell’ultimo brano in uno stile “papale”. L’ultimo album, Le dimensioni del mio caos, è uscito nel 2008 contemporaneamente al libro Saghe mentali, i cui contenuti sono interamente collegati ai quattro album dell’artista. L’ultimo al-bum è definito da CapaRezza un fonoromanzo poiché è anche la co-lonna sonora dell’ultimo racconto contenuto nel suo libro. Molti pensano che il rap sia un genere minore o disimpegnato, ma nelle sue canzoni CapaRezza tratta temi importanti, affronta e stig-matizza le grandi ingiustizie sociali e inneggia alla legalità e alla li-bertà: qualche parola forte o l’aspetto dissacratorio delle sue moven-ze non rovinano certo il succo dei suoi messaggi. In Le dimensioni del mio caos si racconta la storia di Ilaria che dal 1968 si ritrova nel 2008 a causa di un varco spaziotemporale aperto dallo stesso CapaRezza spaccando la sua chitarra. Nei brani successi-vi il cantautore si innamora di Ilaria che però da giovane rivoluziona-ria cambia carattere e inizia a seguire tutte le mode del momento per poi sposarsi con il leader del “partito dell’uomo qualcuno”, il quale fa costruire uno spazioso porto assolutamente inutile per guadagnare voti alle elezioni. Contemporaneamente CapaRezza, dopo essere usci-to di prigione, nella quale era entrato perché portava le tasche, cono-sce un muratore, Luigi Delle Bicocche. Quest’ultimo, definito eroe dei nostri tempi, apre un secondo varco spaziotemporale che riporta il mondo alla preistoria, dove si può vedere il bonobo, una scimmia che sembra molto più evoluta dell’uomo. Tratti da questo album sono molto conosciuti i brani Vieni a ballare in Puglia, che denuncia le mor-ti sul lavoro e altri problemi pugliesi, e Eroe (Storia di Luigi delle Bi-cocche).

CapaRezza di Matteo Fraschetti 2 B

Eroe (Storia Di Luigi Delle Bicocche) "Questa che vado a raccontarvi è la vera storia di Luigi delle Bicoc-che, Eroe contemporaneo a cui noi tutti dobbiamo la nostra libertà" Piacere, Luigi delle Bicocche Sotto il sole faccio il muratore e mi spacco le nocche. Da giovane il mio mito era l'atto-re Dennis Hopper Che in Easy Rider girava il mon-do a bordo di un chopper Invece io passo la notte in un bar karaoke, Se vuoi mi trovi lì, tentato dal videopoker Ma il conto langue e quella mac-china vuole il mio sangue ... un soggetto perfetto per Bram Stroker Tu che ne sai della vita degli operai Io stringo sulle spese e goodbye macellai Non ho salvadanai, da sceicco del Dubai E mi verrebbe da devolvere l'otto per mille a SNAI Io sono il pane per gli usurai ma li respingo Non faccio l' Al Pacino, non mi faccio di pacinko Non gratto, non vinco, non trin-co, nelle sale bingo, Man mano mi convinco, che io Sono un eroe, perché lotto tutte le ore. Sono un eroe perché combatto per la pensione Sono un eroe perché proteggo I miei cari dalle mani dei sicari dei cravattari Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere. Sono un eroe straor-dinario tutte le sere Sono un eroe e te lo faccio vede-

re. Ti mostrerò cosa so fare col mio super potere Stipendio dimezzato o vengo licenziato A qualunque età io sono già fuori mercato ... fossi un ex SS novantatreenne lavorerei nello studio del mio avvocato Invece torno a casa distrutto la sera, bocca impastata Come calcestruzzo in una beto-niera Io sono al verde vado in bianco ed il mio conto è in rosso Quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera Su, vai, a vedere nella galera, quanti precari, sono passati a malaffari Quando t'affami, ti fai, nemici vari, se non ti chiami Savoia, scorda I domiciliari Finisci nelle mani di strozzini, ti cibi, di ciò che trovi se ti ostini a frugare cestini ... ne' l'Uomo ragno ne' Rocky, ne' Rambo ne affini Farebbero ciò che faccio per i miei bambini, io sono un eroe. RIT. Per far denaro ci sono più modi, potrei darmi alle frodi E fottermi I soldi dei morti come un banchiere a Lodi C'è chi ha mollato il conservato-rio per Montecitorio Lì I pianisti sono più pagati di Adrien Brody Io vado avanti e mi si offusca la mente Sto per impazzire come dentro un call center Vivo nella camera 237 ma non farò la mia famiglia a fette perché sono un eroe. RIT.

Il protagonista del brano è Luigi Delle Bicocche, il quale lavora come muratore e viene considerato da Caparezza un eroe dei nostri giorni, perché riesce a resistere a tutte le tentazioni come giocare d’azzardo, affidarsi nelle mani degli strozzini o comportarsi in modo illegale. Nonostante tutti i problemi causati dal suo lavoro riesce ad andare a-vanti e tirare su una famiglia. Eroe fa parte dell’album Le dimensioni del mio Caos ed è stato pubblicato il 28 marzo 2010 per poi far parte anche della colonna sonora del film Fuga dal call center.

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Un rapper impegnato Società

Anoressia: uno specchio deformante. Ilaria Anselmi 3 E Sfilano sul tappeto rosso famose modelle, con tac-chi stratosferici, gambe lunghissime, e corpi invidia-bili. Ma è questa la vera bellezza? Una taglia 38 portata da ragazze alte 1,80 cm? Secondo la società, sì. La bellezza fisica, se così si vuol chiamare, è diventata quasi l’unica parte o comunque la parte fondamentale per sfondare nel mondo della televisione o dello spettacolo. Una società basata sulle apparenze, diventate pres-soché un’ossessione, l’unico metro di giudizio. E’ anche vero che non c’è nulla di moralmente sbagliato nell’esprimere un parere su come una persona, si presenta, poiché è una reazione natura-le, inevitabile: il nostro cervello è programmato per raccogliere, conservare, incasellare tutti i dati che ricava dalla realtà palpabile. Ma come sono cambiati i metri di giudizio dalla metà del secolo scorso? Se andiamo a ripescare le vecchie pubblicità, notia-mo donne completamente diverse da quelle che il mondo dello spettacolo ci propina oggi. Un altro tipo completamente diverso di bellezza, sensualità, femminilità. Donne formose, con quel filo di pancia, che non guastava mai. Ora invece vediamo soltanto corpi asessuati, ragaz-

ze scheletriche, che per pranzo mangiano una foglia di insalata. Se questo non avesse conseguenze, la situazio-ne sarebbe forse anche più accettabile. Ma purtroppo non è così.

Non solo la magrezza di queste ragazze che voglio-no trovare lavoro nel campo della moda sfocia la maggior parte delle volte nell’anoressia, ma le ragazze che le prendono come esempio, si trovano a voler imitare altre ragazze che sono quasi schele-triche. Ed anche loro entrano in questo vortice che è il nostro pensiero, e il pensiero di un’intera comunità: per essere bella, devi essere magra. Non c’è via di scampo. C’è chi questo problema lo risolve rifiu-tandosi di mangiare, invece c’è chi odia a tal punto il proprio corpo che si ingozza di cibo per poi rigettarlo. Donne formose, con quel filo di pancia, che non guastava mai. Ora invece vediamo soltanto corpi asessuati, ragaz-ze scheletriche, che per pranzo mangiano una foglia di insalata. Se questo non avesse conseguenze, la situazione sarebbe forse anche più accettabile. Ma purtroppo non è così. Non solo la magrezza di queste ragazze che voglio-no trovare lavoro nel campo della moda sfocia la maggior parte delle volte nell’anoressia, ma le ragazze che le prendono come esempio, si trovano a voler imitare altre ragazze che sono quasi schele-triche. Ed anche loro entrano in questo vortice che è il nostro pensiero, e il pensiero di un’intera comunità: per essere bella, devi essere magra. Non c’è via di scampo.

C’è chi questo problema lo risolve rifiutandosi di mangiare, invece c’è chi odia a tal punto il proprio corpo che si ingozza di cibo per poi rigettarlo. Sicuramente queste ragazze che comunque si fanno influenzare così facilmente, hanno di solito un pas-sato difficile, non si sentono apprezzate, non hanno un buon rapporto con la loro sessualità. Il manifesto italiano di autoregolazione contro

l’anoressia prese posizione contro le modelle troppo magre minorenni. Uscì nel 2007, ma dopo quattro anni la situazione non sembra essersi risolta. Quindi la colpa non va data solo ed esclusivamente agli esempi che la società dà a noi giovani: sono anche i familiari che devono aiutare i ragazzi ad amare se stessi, stimarsi, amare il pro-prio corpo.

Certo, la nuova società non si può dire che spinga i giovani a guardarsi dentro, ad analizzare i loro pro-blemi, non insegna ad affrontare il domani guardan-dolo da un’altra prospettiva. L’esempio più rappresentativo e recente è quello di Isabelle Caro, la modella anoressica che combatteva questa malattia e fu portavoce di una propaganda di sensibilizzazione per i giovani: è morta di polmo-nite, seguita poco dopo dalla madre, suicida. La dobbiamo ricordare, però, soprattutto come colei che ha voluto urlare al mondo le terribili conse-guenze di questa malattia ,che non colpisce solo il corpo, ma anche l’anima. Altera la percezione di se stessi, cambia total-mente la propria visio-ne del mondo. Per guarire si consiglia-no psichiatri, nutrizioni-sti, terapie di famiglia…ma forse tutto gira

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in Satura lanx on line

Il conto alla rovescia è partito già da tempo e l'ansia pre-esame sta invadendo pian piano gli animi di tutti noi maturandi! Ed a fianco di questa maledetta ansia già qualcuno ha comin-ciato a “covare” qualche pensiero sul suo futu-ro da diplomato. Per quanto mi riguarda, io sono stato chiamato in causa a fare riflessioni sull'argomento già dalla scorsa estate. Che cosa vuol dire? Ora ve lo spiego. Era all'incirca la fine dello scorso anno scolasti-co quando mi giunge una mail da un mittente alquanto inaspettato: la Scuola Normale Supe-riore di Pisa. Ebbene sì! Ero stato selezionato per un corso di orientamento universitario, a cui poi ho parte-cipato nella passata estate. Conoscendo il pre-stigio di una scuola come la Normale, ero parti-colarmente entusiasta e galvanizzato dall’op-portunità che mi si presentava. Oltre alla curio-sità e all'attesa per l'evento, però, c'era sempre quella domanda che mi martellava nella mente, e ha continuato a farlo fino a quando non è iniziato il corso. Mi chiedevo: "Chi incontrerò?". Il timore di conoscere già la risposta era forte, e presto si rivelò fondato quando ho incontrato per la prima volta i miei compagni d'avventura. Erano proprio loro, ed erano tantissimi; il profi-lo base era all'incirca lo stesso per tutti: capelli al di fuori di ogni rigore logico, occhiali da vista, e look "rigorosamente" non alla moda. Ero finito nel regno dei Nerd!

Erano loro i tanto famigerati cervelloni dalle doti intellettive fuori dal comune. Queste prime impressioni a caldo, da quanto avete potuto capire, non sono state del tutto positive. Mi stavo scoraggiando all'idea di poter ambire ad una scuola del calibro della Normale, visto e considerato che le persone più indicate sembravano essere decisamente fuori dal "normale". Il paradosso nasceva spontaneo: gente a-normale alla Normale! Fortunatamente non mi sono mai sentito fuori luogo, perché c'erano molti altri ragazzi come me con cui ho potuto condividere questa espe-rienza veramente unica; d'altro canto ho potu-to avvicinarmi e conoscere meglio molti aspetti della gioventù odierna: uno di questi aspetti è proprio il modo dei "cervelloni". Devo ammettere che, da parte mia, almeno all'inizio, c'erano solo pregiudizi nei confronti di questi ragazzi, e stare a contatto con loro per una settimana mi ha fatto ricredere su molte cose. Il fatto che ci sia qualche "pazzoide" e che abbiano un quoziente intellettivo superiore alla norma credo sia un dato ormai appurato: risol-vere il cubo di Rubik alla velocità della luce era il loro passatempo più insulso. Ma il fatto di più fascino e interesse è stato scoprire che sono molto più "normali" di quanto sembrino. Sono ragazzi simpatici, molto alla mano, e con gusti e passioni del tutto tipici di un adolescente. Forse il loro problema è la difficoltà che accusano

nell'integrarsi con gli altri ragazzi, che non prendono sul serio la scuola come la prendono loro; sono spesso sopraffatti dai pregiudizi altrui e tendono a chiudersi nel loro mondo fatto di numeri e libri. Beh, è ovvio che al corso non potesse ripetersi la stessa situazione: erano moltissimi, ed hanno avuto l'occasione di incontrarsi e conoscersi; erano perfettamente integrati tra loro e stava-no bene! Alla fine credo che anche l'avvicinamento a questa nuova realtà dell'universo giovanile abbia contribuito ad arricchire questa mia esperienza. Ora non mi resta che studiare per l'esame, e fare poi tesoro degli input che questo corso di orientamento universitario mi ha inviato. Colgo quindi l'occasione per fare un "in bocca al lupo" a tutti i maturandi.....e che Dio ce la mandi buona!

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Gli articoli pubblicati in questo numero sono visibili anche all’in-terno di Satura lanx on line. Ab-biamo deciso di assegnare i tre premi offerti dai nostri sponsor ai tre commenti più interessanti che giungeranno attraverso il giornale on line nei prossimi giorni fino alla prossima pubbli-cazione cartacea.

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Normale o anormale?

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