Sull%27edilizia sociale_20.10.2016

19
APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE Un seminario di lavoro promosso dall’Assessorato alla Casa del Comune di Milano e dalla Divisione Casa di MM. Trascrizione degli interventi 20 ottobre 2016 - Quartiere Umanitaria Via Solari 40, Milano

Transcript of Sull%27edilizia sociale_20.10.2016

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

APPUNTI E SCENARI

SULL’EDILIZIA SOCIALE Un seminario di lavoro promosso dall’Assessorato alla Casa del Comune di Milano e dalla Divisione Casa di MM.

Trascrizione degli interventi

20 ottobre 2016 - Quartiere Umanitaria Via Solari 40, Milano

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

3

[ RELAZIONI INTRODUTTIVE ]

GABRIELE RABAIOTTI

Comune di Milano

Questa giornata è nata ragionando insieme a

MM in relazione al fatto che sono passati ormai

quasi 2 anni da quando il Comune ha deciso di

sganciare la gestione del patrimonio pubblico

comunale da Aler e affidarlo ad MM, e in questa

scelta, di cui non conosco appieno le ragioni che

l’hanno prodotta, mi sono trovato di fronte un

nuovo interlocutore. Ho subito spinto

sull’acceleratore per verificare se ci poteva essere

uno spazio di azione e di progetto oltre alla

gestione ordinaria del patrimonio strettamente

intesa. Questione peraltro già complessa. Io, che

sono sempre un po’ insoddisfatto, ho provato a

spingere su questo tema nel tentativo di andare

un po’ più avanti.

Penso che sia finito il tempo del disegno di nuove

teorie sull’edilizia sociale o sull’housing sociale. I

nostri governi nel bene e nel male hanno definito

le coordinate del quadro di riferimento che, pur

lasciando molte incertezze, ha nei fatti sancito la

chiusura del capitolo dell’Edilizia Residenziale

Pubblica (ERP). Sarà difficile vedere nei prossimi

anni nuove case popolari, quel tempo secondo

me è finito ed è servito ad aprire una stagione

nuova, fare alcune operazioni interessanti di

prova del nuovo schema. E credo sia finito anche

il “secondo tempo”, quello delle sperimentazioni

ampiamente realizzate in gran parte del Paese.

Questa fase innovativa ha permesso a molti

soggetti (anche a quelli pubblici) di introdurre

qualche elemento di sperimentazione, qualche

azione dimostrativa sui temi dell’edilizia sociale

cioè della casa intesa come servizio alla

popolazione. Abbiamo preso le misure, inserito

nuove considerazioni e ragionato sulla

praticabilità dei nuovi interventi.

Ora c’è un terzo tempo che bisogna capire se ci

interessa giocare ed è quello di ridefinire gli

assetti delle politiche in azione e cioè partire

dalla considerazione delle ricadute concrete di

quanto si è fatto in questi anni, riconoscendo i

limiti ma anche le grandi potenzialità che

abbiamo inserito, verificando se dal basso, dalle

città, nella prova dei fatti, è possibile raccogliere

delle indicazioni da riconsegnare al nostro

Governo.

Il secondo tema è che abbiamo attraversato

questo campo di prova, enfatizzando ciascuno

per suo conto specificità e caratteristiche proprie

di ogni attore, e rivendicando un posto al sole del

territorio dell’housing sociale, in questo

rendendosi presenti e riconoscibili. Dobbiamo

capire se queste identità, ferme restando

differenze di ruolo e di competenze, possono

lavorare insieme mettendo in chiaro le sfide e gli

obiettivi comuni. Prima fra tutti l’idea che la casa

è un servizio all’abitare, alla città, alla società,

solo a carte condizioni, che lo sforzo del sistema

abitativo oggi (e il nostro sforzo nella costruzione

del sistema) deve essere orientato alla nuova

domanda abitativa che ha caratteristiche nuove e

diverse (mobilità, stabilizzazione progressiva e

non necessaria, forte dinamismo). Spetta a noi

trovare strumenti e dispositivi che ci permettano

di rafforzare complessivamente le politiche per la

casa in questo Paese, intese come servizi di

interesse generale, senza più confusioni e

ambiguità.

I temi su cui lavorare sono tanti, legati alla

costruzione della casa come servizio, alla

gestione dei servizi abitativi oltre che dei servizi

di gestione del patrimonio, alla definizione di

criteri di accesso e di uscita, al rafforzamento dei

percorsi per la mobilità. Sono nodi tecnici e

operativi che abbiamo ormai messo a fuoco, sui

quali sarebbe bene fornire degli elementi di

informazione in più ai nostri legislatori (Regioni,

Governo). Porre fine all’insistenza sullo schema

teorico e della sperimentazione, e tornare a

rafforzare oggi lo schema del gioco per le

politiche sono gli obiettivi che dichiariamo in

partenza e sui quali vorremmo capire se c’è

adesione.

1. Il primo tema è l’affitto come nuovo servizio

nei sistemi di welfare territoriale. Si è sviluppata

la consapevolezza che se non riusciamo ad

introdurre il tema della mobilità attraverso il

rafforzamento dell’offerta in affitto abbiamo

perso questa partita. Il campo va liberato da un

equivoco: la proprietà convenzionata non è un

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

4

servizio di quel tipo; ha svolto un compito

importante negli anni passati, è stata

un’operazione meritevole, ma i pochi aiuti

pubblici destinati all’ERS non possono rivolgersi

anche alla proprietà, pur convenzionata.

Finirebbero tutti lì. La necessità principale oggi,

nelle città e nelle aree metropolitane, è più

affitto, non solo dal punto di vista quantitativo

ma anche qualitativo e ciò vuol dire diversificare

le opzioni, i canoni e i percorsi. La locazione

pubblica (vissuta come una proprietà di fatto)

non ha contribuito a dare dinamismo al mercato,

che è diventato un mercato immobile di

immobili. Questa rigidità è divenuta carattere

anche sociale, al punto che oggi ci confrontiamo

con una società rigida, resistente e paralizzata.

Avere più affitto significa incontrare le nuove

domande abitative dinamiche, anche

temporanee, progressive, precarie. Dunque, è un

richiamo questo che mira a mettere un campo

una campagna di sensibilizzazione sull’affitto.

2. Il secondo tema è il regime giuridico

amministrativo straordinario. Ad alcune tipologie

di locazione, che da tempo sono oggettivamente

disciplinate (canone sociale, canone concordato,

canone convenzionato, etc), occorre dare dignità

politica e praticabilità operativa, innanzitutto

facendole rientrare all’interno di un regime

giuridico, amministrativo e quindi fiscale che,

riconoscendo l’utilità pubblica della locazione

accessibile, risulti agevolato. E se non bastano le

agevolazioni timidamente introdotte, più

agevolato. Bisogna trovare sponda da parte del

Governo, delle amministrazioni regionali e locali

includendo nel ragionamento anche la sfera e i

dispositivi urbanistici. Se l’edilizia sociale, e cioè

l’edilizia in locazione ai canoni sopradetti, viene

considerata un servizio di interesse economico

generale (così nel CM 22 aprile 2008) non può

essere trattata alla stregua dell’edilizia

residenziale ordinaria. Se riconosciamo che

l’edilizia residenziale sociale è un servizio

pubblico dobbiamo riconsiderare il tema degli

oneri, del contributo sul costo di costruzione,

della fiscalità locale e centrale, della

compatibilità sulle destinazioni d’uso nei processi

di trasformazione, fino ad interrogarci sulla

possibilità di considerare l’ERS standard

urbanistico che può essere realizzato a scomputo

oneri dall’operatore privato. Anche il

regolamento edilizio potrebbe introdurre una

voce a regime straordinario per l’ERS che,

semplificando e allargando la maglia del

possibile, dia maggiore flessibilità e spazio di

manovra sul nuovo ma specialmente sulla

riconversione del patrimonio esistente (limiti

minimi per l’abitabilità, caratteristiche delle

prestazioni energetiche, tema degli impianti). Al

momento è più rigido il comparto pubblico e

sociale che quello privato, e la disciplina

regionale ci consegna una griglia di riferimento

più vincolante (si pensi alla questione degli

abbinamenti alloggio/famiglia).

3. Il terzo tema è il sistema dei servizi abitativi. La

legge regionale 16/2016 ha l’obiettivo chiaro di

generare mobilità nel mercato immobiliare.

L’affitto deve essere la modalità attraverso la

quale “muovere gli immobili”. Per fare questo ci

servono degli strumenti che abbiano questa

capacità, penso alle agenzie e alle strutture di

servizio che aiutino l’intermediazione e che

contengano i rischi della locazione, che deve

essere più coraggiosamente sostenuta.

Concludendo, vorrei richiamare l’attenzione sul

fatto che la domanda di locazione ha carattere

fortemente ed esclusivamente urbano. Nasce

solo nei contesti attrattivi e ad alta densità

abitativa. Non esiste questa domanda oltre alla

cintura delle grandi città e al di fuori dei grandi

centri urbani e dei capoluoghi. Le risorse, che

siano comunitarie, statali o regionali, devono

essere orientate di conseguenza verso le città. La

nuova domanda di casa propone istanze di

natura temporanea ed inizialmente instabile,

visto che parliamo soprattutto di giovani, di

studenti, migranti, di persone che si spostano per

lavori sempre più spesso transitori. È questo il

futuro della questione abitativa. Dobbiamo

identificare l’affitto, la sua crescita quantitativa e

la sua maggior articolazione qualitativa

(diversificazione dei canoni), come linea da

sostenere ed essere in questo più coraggiosi e

radicali.

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

5

CORRADO BINA

Divisione Casa MM

Partendo dal paradigma che si intenda la casa

pubblica come servizio pubblico, il sistema

dell’ERP è da “sbloccare” ed è evidente dai

numeri. Guardando ai dati del Rapporto ANCE

2015 e paragonando i vari tipi di patrimoni

immobiliare, ad esempio il patrimonio delle case

di proprietà del Nord Italia, emerge che ci sono

circa 15 milioni di case di proprietà intestate a

persone fisiche nel Nord Italia e ci sono 250 mila

compravendite, questo vuol dire che c’è un turn

over del 5,6%. Ci siamo rivolti al patrimonio che

gestiamo, fatto di circa 26 mila case locate. La

cessazione di questi contratti è di circa 500

all’anno, 2,9%. La dinamica di quello che

dovrebbe essere un patrimonio fatto di locazioni

temporanee che vanno a soddisfare un bisogno

in realtà si muove con una dinamica che è quella

della casa di proprietà. Lo dicono tutti gli

indicatori.

Restringendo il campo su Milano, scopriremmo

che è quasi più dinamico il mercato delle case di

proprietà che il mercato dell’ERP. Questo ha

delle conseguenze. Ci sono estreme tutele per

chi sta dentro il sistema, anche senza requisiti e a

volte senza titolo, mentre sta fuori ha estrema

difficoltà ad accedervi. Ci si occupa di soddisfare i

bisogni di chi è dentro ma meno di quelli che

dovrebbero entrare. Questo ha conseguenze sul

nostro lavoro di gestori e dell’amministrazione: il

nostro impegno e le risorse vanno a tutelare chi è

dentro, con o senza requisiti, e molto meno i

nostri sforzi vanno al di fuori, verso chi esprime

realmente il bisogno abitativo. Questo poi porta

ad una distorsione di quelle che sono le altre

forme di alloggiamento sociale, come l’housing

sociale, perché il sistema smette di funzionare

come dovrebbe fare effettivamente.

Le cause sono prima di tutto i requisiti di

permanenza all’interno del sistema. Il legislatore

deve munirsi degli strumenti per far sì che se non

ci sono i requisiti non deve esserci nemmeno più

servizio. Tenendo conto che la permanenza

dentro le nostre case è di circa 35 anni, siamo

davvero molto lontani da una locazione

temporanea per far fronte ad un bisogno

temporaneo. La nuova legge regionale di cui

attendiamo i regolamenti va in questa direzione,

anche sui subentri. Si sono create delle “stirpi” di

residenti nelle case popolari perché non si

sviluppa un generico diritto alla casa ma a quella

determinata casa, se il reddito è sotto una certa

soglia. È un circolo vizioso, rischia di bloccare in

maniera attiva l’ascensore sociale.

Vogliamo dare più dinamismo, vogliamo dare un

messaggio al legislatore, al Governo. Un sistema

più dinamico è più costoso, apparentemente.

Oggi abbiamo 500 contratti chiusi all’anno, a

causa di decesso o di trasferimento dell’inquilino,

e domani se ne avessimo 1500 è chiaro che i costi

aumenterebbero: dovremmo ristrutturare non

più 500 appartamenti ma 1500, seguendo il

regolamento edilizio attuale e con certi costi.

Una proposta da portare sul tavolo dei decisori

politici deve riguardare l’applicazione dei

regolamenti edilizi. Fatti salvi tutti i necessari

requisiti di sicurezza, occorre chiedersi se sia

veramente necessario intervenire per adeguare

gli standard distributivi e geometrici di una casa

costruita, ad esempio, 60 anni fa a quelli attuali,

con tutti i relativi costi collegati. Questa è una

leva su cui il legislatore, anche locale, può

influire.

Inoltre - ed anche più importante - per quanto

riguarda i costi indotti da un sistema più

dinamico, esiste un secondo tema: bisogna

pensare all’ERP come un servizio pubblico di

interesse generale. Come dimostrano tutti gli

studi condotti da alcuni Paesi europei, è molto

più alto il costo sociale di tenere fuori dall’ERP chi

ne ha bisogno (situazione tipica di un sistema

statico) che invece investire in ERP (innescando

virtuosamente la dinamicità del sistema). E

questo è il messaggio forte da dare al Governo: i

soldi investiti in ERP non sono a fondo perduto,

ma sono un investimento fruttuoso che evita ben

più alti e salati costi di assistenza a fasce deboli

della popolazione.

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

6

[ CONTRIBUTI DEI PARTECIPANTI ]

ALESSANDRO MAGGIONI

Federabitazione - Confcooperative

Premettendo una piena condivisione con quanto

illustrato in apertura dall’assessore Rabaiotti,

occorre sottolineare che – in questo momento

storico - a Milano il mercato della proprietà pare

essere meno in crisi, finanche – quando il prezzo

è basso e la qualità buona – anche in aree non

propriamente centrali. In ogni caso la posizione

di Federabitazione è che non ha più senso avere

incentivi per l’acquisto della prima casa:

l’acquisto deve essere espressione di un bisogno

e della capacità del mercato, che ha fatto i conti e

fa i conti con una crisi sistemica e strutturale, di

dare le giuste risposte. Quelle (poche) risorse

pubbliche che ancora ci sono è bene che vadano

solo sulle differenti forme di affitto, comunque

permanente.

La fiscalità è una delle voci che incidono

maggiormente non solo sull’operatore ma anche

– e soprattutto -sull’utente finale; una misura su

tutte è l’IVA al 10% anche per tutte le forme di

affitto convenzionale. La nostra proposta è stata

quella di chiedere una riduzione dell’IVA per i

canoni convenzionati, concordati, sociali

portandola se non al livello del godimento delle

cooperative indivise – che è al 4% - almeno al 5%.

L’idea dell’assessore Rabaiotti di fare diventare

Milano anche un laboratorio di proposizione forte

su una nuova politica per l’affitto è utile anche

per porre questo tema con forza. Siamo convinti,

infatti, che il ruolo dei Comuni è importantissimo

per una spinta propositiva per progetti

complessi, che poi si integrino e facciano sistema

con le altre istituzioni di ogni livello. A Milano, a

mio avviso, ad esempio non si può fare a meno

non solo del Comune e delle realtà ad esso

connesso, ma anche di Regione e Aler. Per stare

agli esempi, modelli di partenariato

pubblico/privato con un forte accento sulla

garanzia dell’interesse pubblico, come quello di

Stadera, possono essere replicati, a condizione

che ci sia una forte e condivisa volontà politica e

delle risorse pubbliche nella misura atta a far

attivare una leva finanziaria privata su

patrimonio pubblico, che deve restare pubblico.

Operazioni socio-imprenditoriali simili, con una

forte impronta di spinta progettuale da parte del

Comune, con una rete strutturata di soggetti che

si mettano assieme, perdendo un po’ di identità

singola e lavorando su un’identità collettiva,

potrebbero far sì che si rigenerino dei quartieri

pubblici che restino pubblici e allo stesso tempo

si attivino anche delle risorse private importanti.

MATTEO BUSNELLI

Legacoop Lombardia

Legacoop Abitanti ha una storia ultra centenaria

in Lombardia. Il modello lombardo è molto

specifico: a differenza di altri territori, accanto

alla cooperazione a proprietà divisa (che assegna

alloggi in proprietà ai soci), si è molto sviluppata

la proprietà indivisa che prevede l’assegnazione

degli alloggi in godimento (oggi parliamo di circa

18mila alloggi in Lombardia). La cooperazione di

abitazione è stata storicamente anche

costruttrice di comunità e di coesione sociale nei

quartieri. Ancora oggi alcune zone di Milano

(pensiamo a Niguarda o Rogoredo) hanno una

grande identità cooperativa. Storicamente, nei

territori, insieme alla cooperazione di abitazione

nascevano i circoli cooperativi, si sviluppava la

cooperazione di consumo e negli anni più recenti

si sono strette forti relazioni con la cooperazione

sociale. L’evoluzione di identità della

cooperazione di abitanti in Lombardia è anche

significata dal nome: partiamo come cooperative

edificatrici, costruendo poi sempre meno e

gestendo sempre più il patrimonio esistente

siamo diventate cooperative di abitazioni. Oggi ci

definiamo cooperative di abitanti proprio perché

si cerca di dare risposta ai bisogni degli abitanti

non solo in termini di casa.

Alcune delle difficoltà e delle contraddizioni che

sono emerse nel dibattito riguardano anche il

nostro settore, come ad esempio la permanenza

ultratrentennale negli alloggi e la scarsa mobilità.

Anche noi ci stiamo interrogando su questioni

quali “l’affitto come nuovo servizio” e a tal fine si

sono avviate nuove sperimentazioni nell’ambito

della locazione transitoria.

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

7

In merito al tema proposto relativo agli aspetti

giuridici e fiscali si segnala che è iniziato il

percorso che porterà alla nascita dell’Alleanza

delle Cooperative e che vedrà confluire in un

unico soggetto tre centrali cooperative

(Legacoop, Confcooperative e AGCI). Una delle

iniziative già condivise tra le Centrali, nel settore

delle abitazioni, riguarda l’elaborazione di

proposte di legge da portare all’attenzione del

Parlamento e che vanno anche nella direzione di

agevolare, sotto il profilo fiscale, la locazione

verso i nostri soci.

In merito al tema dei servizi abitativi, e con

specifico riferimento alla legge regionale

16/2016, la cooperazione è uno dei soggetti con

cui chi si sta occupando di redigere il

regolamento per l’accreditamento regionale ai

sensi dell’art. 4 della legge, ha interloquito in

queste settimane. Consideriamo molto

interessante l’apertura di Regione Lombardia a

soggetti privati per la gestione di patrimonio

abitativo pubblico. Le riflessioni che al riguardo

dobbiamo fare come cooperazione devono però

prestare attenzione a due livelli. Il primo è quello

che le nostre attività siano sempre coerenti con

quella che è la missione della cooperazione di

abitanti e con il ruolo che la stessa può giocare

nell’ambito delle rinnovate politiche abitative. In

questi ultimi anni, ad esempio, siamo stati già

chiamati a rispondere a sollecitazioni in merito

ad un possibile nostro ruolo come soggetti

gestore di interventi di altri, in particolare dei

fondi: alcune iniziative vedono già le nostre

cooperative attori in questo ambito (a Milano ad

esempio con la gestione degli interventi di Via

Cenni e di Figino realizzati da Investire SGR).

Ancora di più può essere interessante

approfondire il tema della gestione del

patrimonio pubblico: ad oggi ci sono già delle

sperimentazioni, ancora limitate, da parte di

alcune cooperative di abitanti (Dar Casa tra le

cooperative aderenti a Lega Coop). Stiamo

provando anche a livello nazionale a mappare le

esperienze avviate, ma al momento risultano

poco significative.

Il secondo tema su cui riflettere parte dalla

considerazione che le cooperative sono imprese

ed hanno la necessità di garantire sostenibilità

economica e finanziaria alle iniziative che si

intraprendono. Riferendomi nello specifico alla

legge regionale è molto interessante che, nelle

gare per la scelta dei possibili soggetti accreditati

nella gestione del patrimonio pubblico, costituirà

titolo preferenziale la messa a disposizione di

alloggi. Ciò rappresenta una buona possibilità di

integrazione tra soggetti privati, in particolare le

cooperative, e gli enti locali. Ritengo però che si

debbano approfondire modalità e criteri che

consentano di rendere questa opzione

sostenibile e vantaggiosa per tutti i soggetti

coinvolti.

VIRGINIA GIERI

Comune di Bologna

La prima osservazione è che sono molto in

sintonia con quello che è stato detto rispetto al

sostegno per l’affitto, credo dobbiamo osservare

la realtà per quella che è, capire che i tempi sono

cambiati e non necessariamente la crisi è la causa

di questo, ma anche una modalità di vivere un po’

diversa rispetto agli anni 90 ovvero la corsa

all’abitazione di proprietà. Si era convinti che in

qualche maniera le magnifiche sorti progressive

ci avrebbero portato tutti ad essere possessori di

abitazioni. Oggi cominciamo a vedere che c’è

una crescita della richiesta della locazione. Lo

vediamo già da qualche anno, ad esempio a

Bologna spendiamo molto bene i fondi per

l’affitto nazionali per il sostegno alla locazione.

Nel 2015 abbiamo dato contributi a quasi mille

famiglie, abbiamo implementato il fondo

nazionale con un fondo regionale e uno

comunale proprio perché abbiamo individuato

questo come modello e modalità per impedire

che delle famiglie precipitino sulle situazioni di

disagio perché come sapete l’applicazione del

fondo a canone ISEE è identico a quello per

l’accesso all’ERP.

Abbiamo anche avuto qualche problema con i

nostri sindacati perché negli anni passati

avevamo distribuito a pioggia il contributo, in

realtà negli ultimi due abbiamo deciso di dare dei

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

8

sostegni significativi. Su questo abbiamo puntato

molto.

Per certi versi penso che il tema casa sia

assimilabile a come noi affrontiamo il tema del

welfare tutto, nel senso che è chiaro chi è dentro

e chi è fuori, c’è una cesura molto forte tra gli

inclusi e gli esclusi. Le amministrazioni, per

modalità di lavoro, abitudine, per facilità di

relazione con chi è già dentro il circuito, spesso si

dimenticano di quelli che sono fuori. Adesso

qualche migliaia di persone in lista di attesa è

silenziosa, non vengono mai ai nostri sportelli,

non hanno più strumenti di mediazione con la

nostra amministrazione. Mentre abbiamo un

pressante impegno da parte degli assegnatari e

anche le amministrazioni non si rassegnano alla

modalità consuetudinaria e all’idea che la casa sia

per sempre e che anche quella invece è a tempo.

Noi stiamo applicando una nuova delibera

regionale che sta creando nella nostra comunità

un certo disagio perché dice cose abbastanza

ovvie: la casa è a tempo, la casa popolare deve

essere un beneficio che temporaneamente deve

essere dato alle famiglie che ne hanno bisogno e

quindi stiamo lavorando sulle decadenze, su

criteri di accesso diversi e non è per niente

semplice.

I nostri sono numeri importanti, si tratta di nuclei

di italiani, di anziani, che magari negli anni hanno

avuto la possibilità di accumulare un certo

risparmio per l’affitto molto più basso del resto. Il

clima sociale è delicato: tutti pensano sempre

agli ultimi, agli esclusi della lista del circuito ERP,

però quando poi si mettono in campo degli

strumenti di innovazione per valutare con equità,

trasparenza e con criteri chiari chi ha diritto ad

avere quell’alloggio, si toccano sul vivo situazioni

non semplici e bisogna essere molto convinti nel

creare un sistema che possa essere mobile.

L’ingegneria sociale e la mediazione sociale che

devono essere attivate nei nostri comparti oggi

sono centrali soprattutto con i nuovi arrivi, con la

necessità di spalancare le nostre case e le nostre

città. Città accoglienti con modi di vita, di

leggere il mondo e di abitare diversi e

generazioni diverse.

GIORDANA FERRI

Fondazione Housing Sociale

Siamo finalmente usciti dalla fase ideologica in

cui ognuno ha lavorato per sé, per consolidare il

proprio modello anche a costo di estremizzare le

proprie scelte; oggi entriamo in una fase di

sistema nella quale dobbiamo sforzarci di

condividere risultati e criticità per poter fare un

passo avanti. Mi vengono in mente due cose

importanti che andrebbero considerate in questa

visione di sistema: il principio della mixitè - un

concetto molto usato nel recente passato ma che

ultimamente è andato in disuso - e l’Agenzia per

la Casa.

Se domani avessimo a disposizione le risorse

economiche necessarie per realizzare dell’edilizia

residenziale pubblica, in realtà non sapremmo

veramente cosa fare, a parte dare risposta ad un

bisogno abitativo evidente a tutti. Non ci siamo

mai domandati, negli ultimi anni, come vogliamo

realizzare nuovi interventi di edilizia sociale;

sappiamo tutti che non vogliamo più costruire

dei ghetti, che nei quartieri popolari molte cose

non funzionano, ma non abbiamo ancora

sufficientemente riflettuto per individuare su

quali elementi si potrebbe lavorare. In questi

ultimi anni abbiamo però sperimentato, sia nel

pubblico che nel privato, nuove tipologie di

offerta abitative che possiamo osservare come

casi studio e da queste trarre suggerimenti.

Alcune Regioni (ad esempio Emilia Romagna e

Lombardia) stanno facendo sforzi

importantissimi per aggiornare la normativa che

regola l’edilizia residenziale pubblica

introducendo elementi anche molto innovativi

che andranno ad incidere profondamente

sull’idea del bene pubblico e della sua

disponibilità. Questo processo di cambiamento

attivato dalle Regioni e da molte istituzioni va

accompagnato e pensato all’interno di una

pianificazione a lungo termine che consenta di

governare e portare a compimento il processo di

trasformazione; soprattutto, va supportato da

una visione ampia che possa sostenere gli

elementi sfidanti che stanno emergendo.

Dovremmo iniziare a provare nuove formule

abitative sui quartieri esistenti, sui quali si può

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

9

agire con una ristrutturazione sociale, magari

introducendo sia il mix sociale e funzionale sia

delle percentuali di residenze non pubbliche. A

Milano, il mix è stato sperimentato in molti casi,

pubblici e privati, e ha dato dei buoni risultati;

andrebbe perciò analizzato meglio per verificare

se può effettivamente diventare un modo per

rendere migliore l’abitabilità dei quartieri,

popolari e non. Per gli interventi di housing

sociale promossi dal FIA iniziamo ad avere un

track record rilevante di casi ove oltre alla

locazione a canoni calmierati viene offerta una

percentuale di edilizia residenziale pubblica non

concentrata ma distribuita in tutti gli immobili.

Oltre al mix sociale è importante domandarsi se

introdurre anche il mix d’offerta abitativa.

Attualmente non abbiamo strumenti adeguati

per rispondere a bisogni abitativi che sono ormai

radicalmente cambiati. Attivare anche un’offerta

di alloggi molto piccoli e con degli spazi condivisi

potrebbe dare risposta ad una fascia ulteriore di

popolazione che non accede né all’edilizia

pubblica né all’housing sociale. Dobbiamo aprirci

molto di più, dobbiamo pensare a formule

abitative che sul nostro territorio magari non

esistono ancora, dobbiamo capire esattamente

quali sono i bisogni. Anche la durata dei contratti

va resa più articolata, oggi abbiamo solo due

modalità molto rigide entrambe, dobbiamo

pensare come rispondere al bisogno anche con

proposte locative dinamiche e articolate nel

tempo.

L’Agenzia per la Casa è strettamente legata alla

possibilità di ampliare l’offerta se interpretata

come un Centro di valutazione e di collocazione

di tutte le domande che riguardano la locazione,

senza fare distinzioni in entrata tra canone

sociale, housing sociale, moderato ecc. La

risposta al bisogno abitativo può essere data

sulla base delle disponibilità immobiliari ma

anche delle potenzialità di chi fa la domanda, il

quale per esempio può attraversare un momento

di disagio che se adeguatamente accompagnato

potrebbe migliorare nel tempo: pensiamo ad una

coppia giovane che è indigente per contingenza e

che ha molte probabilità di migliorare la propria

condizione nel tempo.

Il mix e l’Agenzia per la casa sono solo due degli

elementi sui quali si potrebbe lavorare per

iniziare a costruire insieme delle risposte.

Fondazione Housing Sociale è pronta a lavorare

con tutti e soprattutto a condividere gli strumenti

che ha prodotto. La nostra Fondazione ha la

missione di diffondere l’housing sociale; i nostri

interventi sono stati dei laboratori attraverso i

quali abbiamo costruito gli strumenti che ora

possiamo condividere. Per esempio, il progetto

sociale che abbiamo strutturato, che va nella

direzione della cooperazione e della cittadinanza

attiva, è a disposizione di tutti. Abbiamo creato

dei tutorial, dei toolkit che aiutano gli inquilini a

gestire gli spazi comuni e a progettare

rapidamente dei servizi collaborativi che poi

gestiranno in autonomia. È arrivato forse il

momento di fare sintesi e di capire come si vuole

procedere perché ci stiamo muovendo verso il

cambiamento, che è inevitabile e già in atto,

senza un quadro di insieme e senza una

pianificazione a lungo termine.

Un’ultima considerazione, tutta da approfondire,

riguarda le compensazioni da riconoscere al

privato quando realizza degli alloggi sociali.

Bisogna capire quali condizioni possono

stimolare il privato, che non sono solo di tipo

economico ma per esempio possono essere di

durata: per quanto tempo il bene deve rimanere

a disposizione? Di way out: Cosa succede allo

scadere dell’accordo? Eccetera.

La regolamentazione del rapporto con il privato è

cruciale, oggi è molto più conveniente la

monetizzazione solo perché il percorso

alternativo è ancora poco articolato ed incerto.

GUIDO BARDELLI

Compagnia delle Opere

Possiamo affermare che il social housing è un

settore che a differenza di altre situazioni nel

nostro paese, non ha una immediata esigenza di

una regolamentazione normativa. Non vi è

dubbio che alcuni interventi in materia fiscale e di

regolamentazione della tipologia di contratti che

regolano l’uso degli appartamenti di edilizia

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

10

residenziale sociale potrebbero agevolare lo

sviluppo di questo istituto ma il d.m. 22 aprile

2008 , e, in particolare, la definizione in esso

contenuta di alloggio sociale di derivazione

comunitaria, consente alle regioni ed ai comuni

secondo le rispettive competenze di

regolamentare ed agevolare interventi

urbanistici per realizzare nuovi alloggi ERS. In

particolare in regione Lombardia e nel comune di

Milano la l.r 16\2016 e la deliberazione del

consiglio comunale 42\2010 hanno introdotto

diversi istituti estremamente innovativi come la

nozione di ERS in affitto come servizio e

l’equiparazione tra pubblico e privato nella

possibilità di realizzare e gestire alloggi in affitto

a canoni convenzionati. Anche il PGT di Milano

ha contribuito a sviluppare questo settore

prevedendo agevolazioni urbanistiche quali la

non computabilità della slp per gli alloggi in

locazione convenzionata. Occorre comunque una

ulteriore riflessione sulla particolare natura di

servizio che caratterizza l’ERS per evitare una

attrazione dello stesso istituto in una sfera

rigidamente pubblicistica che comporterebbe ad

esempio l’applicazione del codice dei contratti

pubblici nelle procedure di alienazione del

patrimonio pubblico per la costruzione di alloggi

in social housing con conseguenti rigidità

procedurali. Il ché naturalmente non significa

rinunciare in questo caso a procedure di

trasparenza semplificate ma ugualmente efficaci.

Occorre infine affrontare il problema dell’ERS in

sede di città metropolitana coordinando le

regolamentazioni e le prassi dei diversi comuni

per consentire agli operatori di muoversi in un

territorio più ampio della città di Milano con

normative tra loro omogenee.

SANDRO ANTONIAZZI

Fondazione San Carlo

Per quanto attiene al settore casa, la Fondazione

San Carlo gestisce sul territorio provinciale circa

200 alloggi, di cui 150 a Milano, prevalentemente

di proprietà Aler o comunali. La nostra missione

è sociale, rivolta ad aiutare persone socialmente

disagiate, che hanno pertanto bisogno di

sostegno e di accompagnamento. Purtroppo

l’ingente massa di persone e famiglie, che non

trova risposta nei bandi delle case popolari e che

non è in grado di accedere al mercato, si scarica

anche su di noi, in cerca di una soluzione

comunque.

Condividiamo pertanto le proposte politiche

avanzate dall’ Assessore Rabaiotti volte a

rendere più fluida e più coerente l’attribuzione

delle case popolari, collegandole all’effettivo

bisogno. Riteniamo però che la difficoltà

ineludibile da superare sia costituita dalla

possibilità di rendere accessibile il mercato

privato almeno alle famiglie con un reddito certo

medio-basso. Nessuna famiglia è disponibile a

uscire dalle case popolari (e altrettanto dagli

alloggi da noi gestiti) senza la possibilità di

trovare sul mercato privato un appartamento

accessibile a prezzi modici (ipotizzabile attorno

alle 500/600 € mensili).

Appare pertanto importante avviare una

campagna politica di informazione e di

intervento che convinca gli operatori del settore

ad applicare il canone concordato che, nell’ultima

versione, si presenta economicamente

interessante. In altre parole non si può risolvere il

problema delle case popolari senza una radicale

innovazione del settore privato.

Per quanto riguarda la dimensione sociale la

nostra Fondazione conosce si può dire

personalmente i propri inquilini anche perché

generalmente pagano il canone in contanti, ciò

che ci permette di avere informazioni dirette

sulla loro situazione di lavoro e sui loro problemi.

A livello locale, grazie alla collaborazione della

Caritas e della San Vincenzo, interveniamo in

diversi casi. Per situazioni di bisogno più gravi, di

disagi conclamati, affidiamo la gestione degli

appartamenti a comunità e cooperative,

specificatamente dedicate. Naturalmente il

nostro lavoro “sociale”, per quanto significativo,

si rivolge ai singoli e alle famiglie. Ciò che manca

è piuttosto un impegno collettivo di rete,

affinché il lavoro possa unirsi a quello di altri e si

possa così esprimere insieme una presenza più

efficace e più visibile.

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

11

Un ragionamento sul “sociale” delle case popolari

sarebbe quanto mai opportuno, perché sempre

di più ci troviamo di fronte non a casi di grave

disabilità ed esclusione, ma ad una diffusa

presenza di situazioni di fragilità e di

vulnerabilità, che nell’insieme coprono una vasta

area della popolazione abitativa.

EMANUELA FRACASSI

Comune di Genova

Condivido pienamente l’opportunità di una

riflessione sul tema delle politiche della casa ed

un rilancio a livello nazionale dell’affitto sociale.

Un lavoro in questo senso era stato avviato nella

Commissione Politiche abitative dell’Anci

nazionale. Un successivo ampliamento dei

compiti della commissione ha fatto perdere

questa focalizzazione che andrebbe recuperata.

Esiste nei Comuni un problema di

frammentazione intorno al tema casa. A

cominciare da noi assessori, che uniamo questa

delega a deleghe diverse, chi al sociale, chi al

patrimonio, chi ai lavori pubblici. Questa

frammentazione si ripercuote all’interno del

Comune, dove spesso intorno al tema casa

operano settori tecnici diversi.

Ma una ulteriore ricchezza di questa giornata è

che ci siano al tavolo soggetti tradizionali e

nuovi, pubblici e privati. E possiamo davvero far

forza comune. MM, con le sue competenze

ingegneristiche, potrebbe aiutarci a disegnare le

procedure di tutta la filiera, dalla gestione

dell’emergenza abitativa all’affitto moderato, in

modo da poter far emergere per ogni azione le

migliori pratiche che abbiamo sviluppato, di tipo

gestionale, fiscale, sociale e urbanistico. Questa

analisi potrebbe diventare la base per sviluppare

un piano nazionale, che riesca a tenere conto

delle differenze territoriali che non si possono

non considerare. A Genova per esempio il 50%

dei contratti di locazione è a canone concordato,

con valori spesso equivalenti ai canoni di

mercato. Serve una politica nazionale che tenga

conto delle specificità territoriali.

Un caposaldo di cui non possiamo dimenticarci:

le politica energetiche, perché i nostri affittuari

ERP pagano poco di affitto, ma tantissimo di

spese.

Facendo eco alla metafora dell’Assessore di

Milano che ha parlato della necessità di entrare

attivamente nel terzo tempo delle politiche

abitative, mi pare opportuno sottolineare che

anche la legge 80, pur mettendo in circolo delle

risorse, appartiene ancora al secondo tempo

delle sperimentazioni e dei finanziamenti

occasionali. Non possiamo inseguire il singolo

bando o finanziamento, ma tutte le risorse

dovrebbero andare a comporre un quadro

unitario.

DAVIDE FULGINI

Divisione Casa di MM

Abbiamo aperto 4 sedi territoriali e abbiamo il

compito di gestire le persone che si presentano

agli sportelli per lo più per problemi

amministrativi o tecnici. A noi piacerebbe

costruire un rapporto con l’utenza che sia quello

di un gestore e non di un esattore. Oggi siamo

identificati dalla nostra utenza con il pagamento

del canone. La strada che abbiamo intrapreso

con iniziative che anche lo stesso Assessore

Rabaiotti ha promosso è quella di provare a fare

“ingegneria sociale” (intesa come elaborazione di

nuovi modi di vivere la socialità nei nostri

quartieri), creando un ambiente nelle case

popolari che superi la radicata opinione e

percezione di “brutto”. Parallelamente all’attività

del puro gestore, abbiamo organizzato rassegne

come ad esempio “La Citta che sale”, portando

degli eventi che di solito non vengono fatti nei

quartieri di edilizia residenziale pubblica ma in

zone più centrali: la serata di tango in via

Borsieri, un concerto di fisarmonica in via Ovada.

Bello è stato vedere i volti compiaciuti e divertiti

di chi abita lì, perché non erano abituati ad

iniziative di questo genere; alcuni si affacciavano

direttamente dai balconi. Questo avvicinamento

vuole coinvolgere anche i giovani. Per esempio

uno degli ospiti degli incontri organizzati con la

Fondazione Gaber è stato J-Ax, uno dei rapper di

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

12

riferimento degli ultimi 15 anni. E poi il progetto

Pop-Factor, una sorta di X-Factor con delle band

che nascono nei quartieri delle case popolari.

La qualità della socialità sta diventando un

aspetto paritetico rispetto alla manutenzione

delle strutture dove le persone vivono, anche

perché le culture si mescolano e dunque bisogna

necessariamente confrontarsi.

MM è una società di ingegneria e si occupa di

trasporti, di acqua e di casa. Di fatto, noi

potremmo prendere un quartiere e ristrutturarlo

da zero, perché quello che serve ce l’abbiamo. Ed

è una visione che ci porremo per il futuro, al di là

di fare manutenzione ordinaria del singolo

alloggio, naturalmente in collaborazione con

l’Amministrazione Comunale.

LUISA INGARAMO

Compagnia San Paolo

La Compagnia di San Paolo è impegnata sul

tema del disagio abitativo attraverso le azioni

promosse da un programma dedicato al tema, il

“Programma Housing”, che nel 2016 giunge al

10° anno di attività.

Il Programma Housing (PH), nato per rispondere

con progetti innovativi alla domanda abitativa di

chi si trova in una situazione temporanea di

vulnerabilità sociale ed economica, si è posto, tra

i suoi principali obiettivi, quello di contribuire alla

definizione di una nuova cultura dell’abitare

sociale.

L’attività del PH, ad oggi, si avvale anche

dell’esperienza maturata attraverso il sostegno

economico, tecnico e sociale ad oltre 100

iniziative di Social Housing promosse da enti

terzi nel territorio locale. Tali iniziative, che sono

costantemente monitorate dal PH e rese

maggiormente visibili anche attraverso un

database georiferito (disponibile sul sito del PH

www.programmahousing.org), rappresentano

un ricco patrimonio di sperimentazioni aventi

caratteristiche, target e impatti differenti e si

rivolgono a comunità di diverse dimensioni (dal

comune di poche migliaia di abitanti alla città

metropolitana).

Parallelamente a questa area di lavoro, inerente i

“Contributi a Progetti Esterni”, il PH negli anni ha

sviluppato la propria offerta sia nell’area

“Sperimentazioni” (che ricomprende co-

abitazioni solidali e Residenze Temporanee) sia

attraverso il supporto alle attività del Fondo

Immobiliare Etico FASP-Fondo per l’Abitare

Sostenibile in Piemonte, nell’ambito dei FIA.

L’ampio ventaglio di sperimentazioni di Social

Housing coordinate e supportate dal PH ha

permesso di mettere in luce, oltre alle

opportunità da cogliere sul territorio, alcune

criticità che sconta oggi il settore del SH nel

nostro Paese. Tra queste sono emerse,

soprattutto nel montaggio delle due iniziative

“Luoghi Comuni di Porta Palazzo e San Salvario”

a Torino, il tema della rigidità normativa e

burocratica. Per citare uno dei tanti impasse

affrontati, laddove i contratti di locazione

richiedono di rispondere ad una domanda

abitativa decisamente flessibile, inferiore alla

mensilità, non è stato possibile applicare la

Legge 431/98 “Disciplina delle locazioni e del

rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”. Il

problema di non poter applicare contratti di

locazione “abitativa” ha infatti richiesto, come

escamotage condiviso con la Regione Piemonte,

l’interpretazione della locazione ai fini ricettivi

(CAV – Case e Appartamenti Vacanze), fermo

restando che le strutture “Luoghi Comuni” sono

di fatto residenziali.

In sintesi, il valore aggiunto del Programma

Housing della Compagnia di San Paolo è

incentrato sulla capacità di offrire diversi scenari

in risposta a bisogni molteplici dal punto di vista

della domanda e dell’offerta, sposando la

necessità di coprire il gap tra le soluzioni ERP ed

ERS. Posizionandosi in questa dimensione

sfumata quanto “la fascia grigia” a cui si rivolge, il

Programma, attraverso le sue sperimentazioni,

ha dovuto necessariamente avviare un confronto

costruttivo con gli enti pubblici locali, definendo

un campo di operatività oggi riconosciuto nelle

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

13

sue componenti di innovazione e risultati sul

territorio.

LUCA DONDI

Nomisma

Milano si conferma avanguardia per quanto

riguarda visione e strategia. Dal punto di vista

milanese è legittimo affermare che in tema di

housing sociale il tempo della sperimentazione è

finito, occorre tenere presente che in alcune

realtà come Roma e Bologna su questo fronte

non si è fatto pressoché nulla e occorre capirne i

motivi.

Questa è una fase in cui il mercato restituisce

segnali di ripresa, testimoniati da un aumento

delle compravendite, alimentati da un ritorno di

interesse della domanda, che in molti casi

rimane, tuttavia, solo virtuale in quanto non

bancabile. Una parte di domanda potenziale è

fuori dal circuito della proprietà per mancanza di

risorse per accendere un mutuo ed essere

credibile alla prova di sostenibilità della rata.

Nonostante l’italica propensione alla proprietà, si

rileva, specie in questa fase, l’incapacità di

disporre delle risorse per affrontare questo

passaggio. Da tale quadro scaturisce, oltre ad

una domanda di locazione figlia della condizione

di particolare fragilità e precarietà delle famiglie,

una domanda che risulta da una scelta che

sarebbe proprietaria ma che tale non può essere.

Per affrontare uno scenario variegato, occorrono

soluzioni modulari, che non possono prescindere

da un contributo del settore privato, perché in

questi anni abbiamo imparato a riconoscere che

l’ERP è del tutto insufficiente rispetto a quelle

che sono le esigenze e per questo va quindi

salvaguardato. Il social housing non è, tuttavia, a

prova di crisi, essendosi compresso lo spazio di

marginalità, a causa della contrazione dei valori

di mercato. Per essere competitivi bisogna,

infatti, collocarsi ad un livello intermedio tra i

canoni ERP e i canoni di mercato, in modo da

garantire un’offerta che sia di sollievo alla

domanda ma che, allo stesso tempo, consenta un

minimo ritorno dell’investimento.

Se nella realtà milanese e, più in generale, nel

Nord-Ovest il processo di costruzione può dirsi al

passo con i tempi, avendo molte imprese fatto

uno sforzo di innovazione tale da consentire il

raggiungimento di valori di uscita coerenti con la

fase di mercato, altrove non è così. Permane, in

genere, un problema dell’industria delle

costruzioni a stare al passo con le esigenze del

mercato, che scaturisce dalla salvaguardia di

processi edilizi obsoleti e inefficienti al punto da

rendere di fatto impossibile l’ottenimento di

un’offerta a canoni e prezzi adeguati rispetto alle

possibilità di assorbimento. A questo si aggiunge

un passaggio strategico non banale del principale

investitore (CDP SGR) nel comparto degli ultimi

anni: lo spostamento dell’obiettivo dal social

housing allo smart housing. Questa modifica,

apparentemente solo terminologica, appare la

logica conseguenza delle difficoltà incontrate

dalle iniziative social di garantire al contempo

sostenibilità e redditività etica minima.

Se il principale operatore del mercato modifica

anche solo parzialmente la propria logica di

investimento, si apre immediatamente un

problema di reperimento di risorse per colmare il

gap, con le amministrazioni pubbliche chiamate

a fare un ulteriore sforzo di incentivazione e

intervento mediante le esigue risorse disponibili.

E’ possibile immaginare il ricorso ad una più

massiccia azione sulla leva della fiscalità, ma non

solo. Dovendo coniugare l’offerta social con

l’esigenza di riqualificazione immobiliare e

urbana, è venuto il momento di sciogliere il nodo

che nel nostro Paese preclude qualsiasi

possibilità di recupero dell’esistente, vale a dire il

valore del patrimonio immobiliare dismesso.

Quanto vale quello che dobbiamo riqualificare,

specie se l’obiettivo è quello di dare risposta ad

un’esigenza di tipo social? Occorre trovare il

coraggio e l’onestà per ammettere che molte

volte non vale nulla. Per alimentare questo

processo, in una logica di co-investimento, non si

può prescindere dal deprimere quel valore

talvolta fino ad annullarlo. L’uscita da una logica

di salvaguardia degli equilibri di breve periodo

non può non essere tra gli obiettivi di

un’amministrazione lungimirante. Il processo di

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

14

definizione strategica passa dalla dolorosa presa

d’atto che da quel patrimonio che si pensava

riserva di valore cui attingere per finanziare

servizi di welfare potrà, nella migliore delle

ipotesi, scaturire l’innesco per garantire future

prestazioni sociali (a fronte di immediate

correzioni patrimoniali).

Si impone di allargare il novero degli

interlocutori, individuando equity partners che

possano alimentare il processo. Occorre

esplorare la praticabilità di iniziative di

crowdfunding attraverso strumenti con obiettivi

di ritorno in termini di prestazione sociale e di

investimento diversi da altre veicoli finanziari.

Un altro aspetto cruciale è l’efficiente utilizzo

delle poche risorse disponibili. Si tratta di un

tema che rimanda a concetti di transitorietà della

condizione di disagio e di accompagnamento

sociale. E’ necessario garantire la possibilità di

uscita tempestiva dall’ERP, individuando

soluzioni che prevedano costi commisurati alle

reali possibilità. Un intervento tardivo dopo

decenni di permanenza, specie se coinvolge

persone anziane, non fa che alimentare

contrapposizioni e allarme sociale. In tale quadro

assume un ruolo centrale il gestore sociale: una

figura che si prende cura, accompagna,

contribuisce all’emancipazione da un supporto

che deve essere possibilmente transitorio.

Ribadendo la piena disponibilità alla

collaborazione e alla condivisione dell’esperienza

maturata in questi anni nell’assistenza allo

sviluppo di operazioni e nel monitoraggio del

mercato, credo che si debba partire dall’analisi

degli interventi di successo che la realtà milanese

ha saputo esprimere, individuandone le

determinanti e monitorandone le prestazioni. La

sfida è quella di dimostrare che anche interventi

incentrati sulla locazione a lungo termine

possono garantire rendimenti accettabili per

investitori privati con spiccata sensibilità sociale.

Così facendo si trasformano le buone pratiche in

“misura”, rendendole attrattive anche per

soggetti diversi da CDP che, al di là del focus

principale, si spera voglia comunque continuare a

garantire il proprio imprescindibile contributo al

settore dell’housing.

NICOLA MARTINELLI

Comune di Mantova

Mantova è una piccola realtà, ci sono 2mila

alloggi dell’Aler e circa 500 del Comune di

Mantova. Le problematiche però sono le

medesime, anche se in misura ridotta. Abbiamo

riportato tutti i servizi all’interno del Comune,

creato un polo unico del settore casa in maniera

tale che si potesse interagire ed intervenire a

risolvere i problemi in tempo reale; stiamo

cercando di recuperare alloggi.

Ci stiamo aprendo al sociale, ci stiamo

occupando di politiche abitative, attraverso

operazioni welfare con le Università, le

associazioni e gli abitanti.

Ritengo importante il problema della mobilità

perché l’ERP, nella percezione degli inquilini, è un

servizio “per sempre”: non si può rispondere al

mercato. Uscire da questo gap oggi è

fondamentale, bisogna far capire agli inquilini

che non è più così: l’ERP è un servizio che si può

anche perdere. Le risorse europee, regionali,

statali non vanno destinate solo alle grandi città.

Mantova ha 47mila abitanti, ma il numero di

nuclei familiari in graduatoria sono fra i 600 e gli

800 e non sono pochi. A prescindere dalle

dimensioni della città, le risorse vanno dove c’è

bisogno. Tenete presente anche di queste città.

SERGIO D’AGOSTINI

Cooperativa Dar Casa

Vorrei fare un plauso al Comune e in particolare

all’assessorato per l’impegno che sta

dimostrando nel rendere concreto l’obiettivo:

“non un alloggio vuoto e inutilizzato nel

patrimonio pubblico comunale al termine dei 5

anni”, che la stampa ha definito l’ossessione di

Sala e che è entrato ai primi posti nel suo

programma. Questo obiettivo mi sembra

determinante e i primi atti e provvedimenti

mostrano che lo si vuole perseguire veramente.

La priorità al recupero dello stock pubblico è da

tempo anche la mia ossessione assieme a quella

di accompagnarlo con un impegno importante

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

15

nel recupero dello sfitto privato attraverso un

potenziamento delle Agenzie per l’Affitto.

Un obiettivo anche quantitativo, rilevante ma

credibile, può risultare infatti decisivo, e

sufficiente, per coprire la gran parte del

fabbisogno arretrato di alloggi sociali nello stock

pubblico se accompagnato da una mobilità

abitativa virtuosa interna ed esterna, che punti a

eliminare i privilegi e gli abusi e che coinvolga

anche gli alloggi privati a canone concordato,

moderato e financo libero in un processo di

mobilità che dovrebbe proporsi tendenzialmente

il pieno impiego dello stock esistente.

Ed è importante aver ribadito l’assoluta priorità

del recupero dello sfitto nelle politiche abitative

non solo per evidenti motivi di risparmio di suolo

ma anche perché i tempi di attuazione di

programmi complessi di nuova costruzione, che

prevedano quote di alloggi sociali, sono nel

nostro Paese talmente lunghi da renderli

inefficaci. Si pensi ai Contratti di Quartiere o ai

tre bandi Abitare a Milano. Il recupero completo

del patrimonio pubblico comunale è invece un

obiettivo perseguibile nell’arco di un mandato ed

è di efficacia molteplice. E incomparabilmente

maggiore.

Ma è chiaro che quello che interessa più oggi è

parlare di qualità: del recupero edilizio, del

recupero urbanistico, dei servizi, della coesione

sociale che si riesce a realizzare nei quartieri. E su

questo terreno la collaborazione del privato

sociale può avere un ruolo importante. Dar Casa

ha sviluppato a Milano una azione sussidiaria nel

recupero e nella gestione del patrimonio

pubblico che riguarda ad oggi più di 200 alloggi

con diverse forme e modalità. La prima,

quantitativamente maggioritaria, è stata il

recupero dei cosiddetti alloggi fuori Erp,

prevalentemente sotto-soglia, in diversi quartieri

della città, di proprietà di Aler o del Comune di

Milano. Attraverso la partecipazione a bandi,

abbiamo ottenuto in affitto ad un canone basso

per 12-16 anni alloggi sparsi e sfitti da tempo, con

l’obbligo di ristrutturarli e affittarli a soggetti

appartenenti a fasce deboli. Una variante di

questa forma è rappresentante dalle Quattro

Corti di Stadera dove Dar Casa è intervenuta,

ormai più di 10 anni fa, per ristrutturare una delle

corti insieme alla Cooperativa La Famiglia, per la

seconda, e ad Aler stessa per le altre due, per un

totale di 200 alloggi ristrutturati. Con un

contratto di comodato della durata di 25 anni,

parzialmente oneroso per le cooperative, che

devono rigirare ad Aler una percentuale del

monte affitti a partire dal sesto anno.

L’intervento era previsto però all’interno di un

Piano di Recupero del Comune di Milano e

riguardava una porzione unitaria del quartiere

interamente libera e su cui Aler era intervenuta

anni prima con alcuni rifacimenti. È evidente la

maggiore relazionalità e qualità, rispetto ai

sotto-soglia sparsi, di un intervento pianificato

che prevedeva: una diversificazione sociale

attraverso l’inserimento di famiglie a canone

concordato, il recupero di aree verdi e a servizi, e

altri interventi nel quartiere fra cui uno

studentato e una residenza per anziani. In questo

contesto, le due cooperative hanno potuto

sviluppare iniziative culturali, di svago e

socializzazione per i propri soci ma anche aperti

al quartiere, quindi con un risultato moltiplicato.

Concludo dicendo che indicazioni trarne per il

recupero dei 2-3mila alloggi sfitti in gestione MM

o anche per i 300 sfitti nei condomini misti che

sono oggi all’attenzione del Comune. In entrambi

i casi si tratta di alloggi sparsi, con il limite

dunque di scarsa razionalità del recupero edilizio

e che mal si prestano all’attivazione di azioni di

socializzazione e coesione. Credo quindi che,

nella programmazione e nella progettazione

degli interventi, sia importante contrastare

queste difficoltà, cercando di accorpare il più

possibile gli interventi operando per lotti non

troppo grandi e accompagnare l’intervento

edilizio fin dall’inizio con il progetto sociale. Non

si può non pensare insieme il recupero edilizio e il

recupero sociale.

MAURIZIO TRABUIO

Fondazione La Casa

È la prima volta che sento un epitaffio da vivente,

che dice basta sperimentazione. Io sono

rappresentante di una sperimentazione sono

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

16

felice di sentire basta alla sperimentazione.

Bisogna fare un passo in avanti. Vengo da una

Regione che ha in discussione un progetto di

legge sulla revisione dell’Erp dove l’80%

dell’articolato si riferisce a come deve essere

composta la nuova ATER regionale. L’altro 20%

della legge è dedicato ad un tentativo di

introdurre un tetto al numero di anni in cui

permanere, portandolo ad un 4+4. C’è un luogo

in Italia in grado di dare ancora delle linee guida

sull’edilizia sociale? Se c’è un laboratorio come

questo che introduce delle direttive da Roma utili

a cambiare le cose anche localmente, questo è il

momento in cui ne abbiamo bisogno.

Riconoscimento del ruolo e del servizio. Come

defunti sperimentatori, abbiamo bisogno che

venga definito il ruolo che ci resta di terzo settore

abitativo: non siamo cooperativa di abitanti,

siamo cooperativa sociale in parte nel momento

della gestione, siamo fondazione nel momento

patrimoniale perché paghiamo il 27% sul reddito

da locazione e l’iva perché non siamo un

soggetto commerciale. Se ci diciamo però qual è

il ruolo che possiamo avere nel prestare servizi

abitativi o di coesione sociale, dobbiamo definire

il servizio e chiederci qual è il luogo in cui viene

verificata l’efficacia di questo servizio e quindi chi

sono i soggetti che lo possono esercitare e poi

quelli si adegueranno per capire quali sono i

vantaggi e gli svantaggi della scelta del veicolo

giuridico o societario. Noi dobbiamo fare leva

sulla generosità dei privati per pareggiare il

bilancio della fondazione, che ci aiuta a coprire i

buchi delle morosità, sulla quale pago le tasse

come se avessi incassato.

Sull’allocazione delle risorse, mi piacerebbe

aprire un ragionamento: bisogna ancora allocare

quelle poche risorse residue sull’offerta o sulla

domanda di casa sociale? Secondo me le risorse

devono andare nella differenziazione e

nell’articolazione dell’offerta (le case per

l’emergenza abitativa, per chi è in assistenza

cronica, per chi ha possibilità di miglioramento)

che non può passare indenne da una revisione

totale dell’impianto normativo sulla locazione.

Non può esserci un unico modo di affittare la

casa. Per sfrattare devo usare le stesse procedure

per tutti i casi. Non ci sarà nessun investitore che

porterà denaro se non c’è chiarezza.

SARA TRAVAGLINI

Cooperativa Dar Casa

Condivido assolutamente l’assunto di partenza:

la casa in locazione come servizio. È stato un

passaggio legislativo e politico fondamentale per

chi opera nel mondo dell’housing sociale, ma è

ancora lontano da chi vive le case dell’ERP. È una

rivoluzione culturale che dobbiamo costruire,

tenendo conto di due temi fondamentali. Da un

lato la dimensione ideale e simbolica dell’abitare:

la casa per le famiglie rappresenta un elemento

di stabilità affettivo molto forte, c’è un legame

che non è da sottovalutare, soprattutto se a

fianco della rivendicazione del fatto che la casa

deve essere data a chi ne ha bisogno,

accompagniamo anche una richiesta di

attivazione, di cura, di partecipazione, di presa in

carico, di responsabilità di questi abitanti.

Facciamo vivere loro una contraddizione nella

relazione, ma anche una tensione proficua.

Dall’altro lato, c’è il tema della mobilità: c’è un

20% di assegnatari ERP che non hanno più diritto

a stare nelle case popolari. Ma il restante 80%

probabilmente non cambierà mai la propria

condizione. Siamo in un Paese in cui non c’è

mobilità sociale, anzi. Noi operatori dal nostro

piccolo osservatorio abbiamo visto una mobilità

verso il basso, con persone che prima stavano sul

mercato con più o meno fatica, o che stavano

nelle case dell’ERS, peggiorare di gran lunga la

loro situazione e non avere nessuna accesso ad

un’offerta più sostenibile. La mobilità ipotizzata

nel senso dell’uscita dalle case ERP, questa

fluidità interna fra i mercati, dovrebbe avvenire in

entrambe le direzioni attraverso strumenti e

dispositivi innovativi. Non soltanto attraverso un

cambio fisico ma anche attraverso il sostegno

diretto alla famiglia o al gestore.

Sul tema della gestione integrata, le tre funzioni

sono le tre facce della stessa medaglia. Il

rapporto con l’abitante è fatto di tutti gli

elementi che riguardano la gestione, dalla

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

17

bollettazione, al contratto, agli interventi tecnici

sull’alloggio, alla costruzione della relazione.

La figura del gestore è quindi molto complessa e

deve tenere insieme diverse funzioni relative

all’abitare. Bisogna capire che è una relazione

molto costosa, e deve essere sostenuta

nell’ottica dell’investimento. Se non la può

pagare l’assegnatario, è necessario trovare delle

modalità per sostenerla. Sicuramente un

maggior raccordo tra le politiche e gli strumenti,

a partire dai settori casa e servizi sociali, può

essere un primo tentativo di mettere in piedi

delle risposte multidimensionali che vanno a

facilitare la gestione integrata.

[ CONCLUSIONI ]

CORRADO BINA

Divisione Casa di MM

Le voci sono state plurime, portatori di interessi

diversi, ma con molte consonanze. Tra i punti su

cui abbiamo insistito ci sono l’affitto, le politiche

di sostegno, la mobilità, la dinamicità che occorre

iniettare in questo sistema. Poi ci siamo

soffermati sul servizio, più che il semplice

contratto di locazione, e quindi le tematiche alle

tipologie contrattuali a quella che è una forma di

servizio e con questo il tema della fiscalità a vari

livelli e per ultimo il tema di filiera, di gestione

integrata, il ruolo del pubblico, del privato e delle

Istituzioni.

GABRIELE RABAIOTTI

Comune di Milano

Intanto ringrazio tutti i partecipanti, ringrazio

MM, che si è resa disponibile a questo tipo di

passaggio, che non è scontato dal punto di vista

politico e delle politiche. Voglio sgomberare il

campo da alcuni possibili fraintendimenti.

L’enfasi che pongo sulla vicenda della mobilità,

che ha a che fare anche con il tema dell’uscita

dalle case popolari, viene fatta ad una sola

condizione. Possiamo parlare di questo se esiste

una soluzione percorribile in uscita. La mobilità

si ha solo a questa condizione, altrimenti è solo

una dichiarazione. Credo che esista la volontà di

mettere in campo un’offerta intermedia, terza,

tra il canone sociale e il canone di mercato.

Questo comparto è quello che ci spetta costruire

insieme.

È per questo che dico che la decadenza è un

problema di abusivismo verso l’alto, di gente che

ha “esagerato nell’uso” ponendosi titolare di un

servizio quando questo requisito era saltato.

Parliamo di decadenza se siamo in grado di

costruire un’offerta alternativa percorribile al di

fuori dell’edilizia popolare. E mi rivolgo a chi se

ne sta occupando in maniera “industriale”, e ha in

mano le leve per muovere patrimonio

immobiliare (nuovo ed esistente) verso la

locazione a canoni praticabili da chi è chiamato

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

18

ad uscire dall’ERP avendo qualche risorsa di

troppo. La casa è un servizio se ci sono delle

condizioni; l’affitto è la prima. Il resto (la

proprietà, nelle sue declinazioni) deve esistere

ma non lo chiamerei servizio abitativo. Dopo

questo interessante seminario, vorremmo

costruire un secondo passaggio di laboratori e di

approfondimenti tematici nei quartieri di Milano,

in modo che possiamo conoscere qualche

situazione urbana vera, stando nelle città,

accanto ai portatori della domanda.

Vi riassumo le quattro grandi aree di lavoro che

abbiamo identificato: (i) progettare e costruire

case in affitto; (ii) fiscalità, regimi giuridici-

amministrativi e forme contrattuali; (iii) modelli

di gestione integrata; (iv) modelli di sviluppo

urbano, nel passaggio dalla casa al quartiere.

Sono ipotesi sulle quali ci piacerebbe ancora

confrontarci. L’obiettivo è di verificare se

vogliamo mettere in campo una rete nazionale

per l’affitto, un raggruppamento eterogeneo di

operatori qualificati che ha come denominatore

comune il credere nei contenuti di questa

operazione (siamo tutte persone che lavorano in

questo campo). Questa richiesta di

interlocuzione nasce da chi ha preso le misure

con questo tema. Mi piacerebbe che lavorassimo

per raccogliere delle idee e lanciare una sfida per

il futuro. Il tema della casa in affitto deve

diventare il nostro campo di battaglia e la sfida

che vogliamo portare avanti insieme, pur nei

diversi ruoli. Si tratta di credere in un metodo di

lavoro che considera la progettazione delle

politiche e l’attuazione delle stesse come un

percorso che può e deve essere alimentato dal

livello locale, dalle città e dai territori. Sarebbe un

bel segnale che dai territori e dalle

sperimentazioni locali nasca questa richiesta e

che arrivi all’interlocutore ovvero al Governo, alle

Regioni e alle forme di rappresentanza.

Possiamo mettere insieme idee ed esperienze e

verificare se riusciamo a portare dei

miglioramenti nelle politiche per la casa del

nostro Paese.

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

19

[ REALTÀ PARTECIPANTI ]

ASM | Casa Spa | Cassa Depositi e Prestiti - Investire SGR | Compagnia delle Opere | Compagnia di San

Paolo | Comune di Bergamo | Comune di Bologna | Comune di Cinisello | Comune di Como | Comune di

Crema | Comune di Genova | Comune di Mantova | Comune di Milano | Comune di Monza |

Confcooperative | Darcasa | Federcasa Lombardia | Fondazione Cariplo | Fondazione Casa Amica Bergamo |

Fondazione Housing Sociale | Fondazione la Casa | Fondazione La Casa | Fondazione Oltre | Fondazione

San Carlo | Istituto Nazionale di Urbanistica | Lega Coop | Nomisma

[ CONTATTI ]

[email protected]

[email protected]

APPUNTI E SCENARI SULL’EDILIZIA SOCIALE 20 ottobre 2016

20