8/8/2019 Sul lavoro | di Paola Meneganti

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SUL LAVORO

di Paola Meneganti

Da molto tempo lavoro e da molto tempo mi occupo di sindacato.Ho fatto molti lavori, disparati per qualit, fatica, impegno fisico edintellettuale; ho fatto sindacato sempre come delegata, il cosiddetto quadrodi base Termine che fa un po ridere, ma il sindacalese, si sa, cos... Il miosindacato la CGIL.Ci tengo a tenere insieme questi due aspetti perch, saltando anni esituazioni, rammento una cosa che scrissi insieme ad alcune compagne:Lazione politica della libert femminile. Erano gli anni in cui noifemministe entrate nel mondo del lavoro cercavamo l una possibile pratica di

libert e di relazione tra donne in una situazione concreta, fortementeancorata alla realt dei rapporti di forza e di produzione (che fosse di beni odi servizi).Il sindacato ufficiale trasecolava: parole come la soggettivit nel lavoroderivavano dai testi e dalle parole degli anni 70, tracimavano e passavanosopra ai direttivi, alle riunioni con il tavolo di presidenza, etcImpossibilitate a fraterni saluti, scrivemmo un giorno al segretario dellacategoria: roba da far rizzare i capelli ai funzionari tutti dun pezzo La soggettivit nel lavoro: ecco il tema che mi ha sempre affascinato. Il lavoro

come affermazione di s, della propria creativit, del proprio desiderio distare nel mondo, ma anche come espropriazione, tempo di vita alienato. Illavoro tra libert e necessit. Liberarsi dalla necessit del lavoro. Lascoperta che cera bisogno del pane, ma anche delle rose. Il giovane Marx, conle coppie di termini su cui aveva lavorato, oggettivazione e autoaffermazione,libert e necessit, individuo e specie; i testi di Alfred Sohn-Rethel, di AgnesHeller Il pensiero e la pratica femminista mi fecero capire limportanza delladimensione del desiderio, e il fatto che desiderare di lavorare con agio avevauna potenzialit sinceramente eversiva. Eversiva e sovversiva dei codici,della burocrazia dei ruoli, della fissit dei tempi. A cominciare dal rapporto direlazione, anche tra due, che nella concretezza del lavoro poteva giocarsi.La pratica sindacale mi ha insegnato moltissimo sulla questione dellarappresentanza. Il teatro di maschere a cui oggi ridotta la politicaistituzionale sconta una gravissima crisi di rappresentanza, una crisi dellademocrazia (inevitabile in un corpo vivo), che la pratica femminista avevaannunciato ed agito, e che si esprime anche nei luoghi di lavoro. La risposta

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M a t e r a l i d i s t u d i o e r i f l e s s i o n e i n o c c a s i o n e d e l l i n c o n t r o

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possibile, ancora una volta, sta nella pratica della relazione, nellorizzontalite non nella verticalit, nella rete e non nel triangolo divino.Del mondo del lavoro e della pratica sindacale di base oggi salvo questorichiamo costante alla concretezza: la concretezza dei rapporti di produzione,

dei tempi di lavoro, dei corpi e dei volti che nel lavoro tutti i giorni incontri.La concretezza per cui dobbiamo ripensare il nesso profondo tra famiglia elavoro, i tempi, le relazioni aziendali, le rappresentanze e le negoziazionisindacali.Faccio un esempio. Entri in una Camera del Lavoro e trovi, spesso, ritiimbalsamati, brontosauri, codici vetusti, congressi in cui si parla dicommissione elettorale, commissione verifica poteri, quote, maggioranza eminoranza ecc. Poi vai ad una delle tante manifestazioni, ed ecco i colori, ledifferenze, le varie voci, la musica, i sorrisi e la rabbia, le generazioni vicine. I

volti, i corpi, le parole che ci dicono il quotidiano ed il progetto, la tensione ela speranza. I brontosauri spariscono: lespressione della soggettivit cheprevale. linveramento dato dallesperienza, dal corpo a corpo con la realt.E pu anche capitare, per fortuna, per fortuna! di vedere Susanna Camussosegretaria generale della CGIL che si scatena a ballare sulle note di Bellaciao dei Modena Ognuna parla di quello che conosce, io credo, e io parlo della mia storia dilavoratrice, con un lavoro, anche se spesso duro, per stabile e garantito: sonostata stagionale solo a ventanni, per poco tempo, durante luniversit. Ne hoperfetta consapevolezza.La condizione precaria devastante. Non solo per il futuro delle singole e deisingoli, ma proprio per le relazioni interpersonali, per la solitudine a cuiconsegna i soggetti, per la guerra guerreggiata lun contro laltro armati a cuispesso li sottopone. Per il senso di frustrazione, per lassenza di unadimensione collettiva, dellagire insieme.Mi viene rimproverato di essere, a volte, un po dura su queste cose, perchdico che capisco questa condizione, in quanto, al di l della conoscenza

intellettuale, la vivono persone a cui voglio bene; ma rivolgo anche loro uncostante appello ad assumersi una quota di responsabilit individuale e alottare costruendo percorsi collettivi uso queste parole antiche. Utilizzandogli spazi possibili, le crepe, le situazioni di minor tensione, che pure esistono.Provando ad agire libert per quel che si pu, quando si pu, reclamandoalleanze e sostegno concreto, non solo solidariet a parole.Voglio chiudere questa breve riflessione con alcune splendide parole di IdaDominijanni, riferite alla libert: [] urgente la necessit di riconquistarla aquel significato eminentemente politico, non individualistico, non contabile,

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non proprietario, mai garantito e sempre da rimettere al mondo che HannahArendt magistralmente le attribuiva.Paola Meneganti

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