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PACE FATTA TRA FRANCESCO D’ASSISI E FRANCESCO DI PAOLA “Amate la pace perché è meglio di qualsiasi tesoro” Non cè che dire: Padre Francesco Celestino, custode di Calabria dei Frati Minori Conventuali e parroco di San Biagio, è attualmente il maggior animatore della vita religiosa e cultural-popolare della città. Con una semplice idea: Il Cammino di Francesco, Panfrancesco (così lo chiama in modo affettuoso ed all’uso ortodosso la signora Konotovska, ucraina che assiste mia suocera) ha, insieme alle cinque associazioni della città, non solo nobilitato l’antica abitudine diffusa nel popolo amanteano “ci jamu a San Pranciscu?” , ma ha stabilito la fine di una guerra storica tra i Minori di Francesco d’Assisi ed i Minimi di Francesco di Paola. Il distico, presente nell’attestato che sarà rilasciato a ciascun partecipante alla fine del Pellegrinaggio (la sinistra preferirebbe chiamarlo Marcia!) e tratto dalle « Lettere » di San Francesco da Paola (Lett. del 1486) : “Amate la Pace perché è meglio di qualsiasi tesoro”, è la dimostrazione dell’intento. Sembra infatti che risponda al vero l’aneddoto che si racconta, secondo il quale San Francesco di Paola, venuto ad Amantea con l’intenzione di fondare un convento nelle nostra città, come aveva fatto in tante altre località della Calabria, fosse stato osteggiato a tal punto dai vari rami dell’ordine dei frati minori francescani allora qui presenti, che sulla strada di ritorno a Paola, precisamente ad Acquicella, abbia “’mpacchiat’i zùacculi ‘nterra pè scuotular ‘a pùrbara da Mantìa”. Ancora più grave l’episodio-ammonimento ai camminatori riferito dal Dott. Mario De Munno (anche lui affezionato alla sua Mantiella e che segue con costanza le vicende della nostra città dall’estero: Catanzaro!): “Non dimenticate che gli amanteoti presero a sassate il questuante

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PACE FATTA TRA FRANCESCO D’ASSISI E FRANCESCO DI PAOLA “Amate la pace perché è meglio di qualsiasi tesoro”

Non cè che dire: Padre Francesco Celestino, custode di Calabria dei Frati Minori Conventuali e parroco di San Biagio, è attualmente il maggior animatore della vita religiosa e cultural-popolare della città. Con una semplice idea: Il Cammino di Francesco, Panfrancesco (così lo chiama in modo affettuoso ed all’uso ortodosso la signora Konotovska, ucraina che assiste mia suocera) ha, insieme alle cinque associazioni della città, non solo nobilitato l’antica abitudine diffusa nel popolo amanteano “ci jamu a San Pranciscu?” , ma ha stabilito la fine di una guerra storica tra i Minori di Francesco d’Assisi ed i Minimi di Francesco di Paola. Il distico, presente nell’attestato che sarà rilasciato a ciascun partecipante alla fine del Pellegrinaggio (la sinistra preferirebbe chiamarlo Marcia!) e tratto dalle « Lettere » di San Francesco da Paola (Lett. del 1486) : “Amate la Pace perché è meglio di qualsiasi tesoro”, è la dimostrazione dell’intento.

Sembra infatti che risponda al vero l’aneddoto che si racconta, secondo il quale San Francesco di Paola, venuto ad Amantea con l’intenzione di fondare un convento nelle nostra città, come aveva fatto in tante altre località della Calabria, fosse stato osteggiato a tal punto dai vari rami dell’ordine dei frati minori francescani allora qui presenti, che sulla strada di ritorno a Paola, precisamente ad Acquicella, abbia “’mpacchiat’i zùacculi ‘nterra pè scuotular ‘a pùrbara da Mantìa”. Ancora più grave l’episodio-ammonimento ai camminatori riferito dal Dott. Mario De Munno (anche lui affezionato alla sua Mantiella e che segue con costanza le vicende della nostra città dall’estero: Catanzaro!): “Non dimenticate che gli amanteoti presero a sassate il questuante

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Franceso. Era proibito chiedere l'elemosina nella città di Amantea. State accorti che S.Francesco ha buona memoria”. Forse questa memoria di Francesco è stata trasmessa alle nuove generazioni di Paola, considerando la rivalità a livello calcistico fra le due comunità del basso tirreno cosentino. Per quanto riguarda la presenza dei frati minori di Francesco d’Assisi ad Amantea è storicamente ed architettonicamente provata. Due secoli dopo la morte del santo paolano nel 1703, i rami dei frati minori presenti ad Amantea, come si evince dalla stampa del Pacichelli, erano: i Conventuali (ritornati in città nel 1995 dopo un’assenza di 134 anni), nell’antica chiesa di S. Francesco d’Assisi, contrassegnati con la lettera C (in alto a sinistra), gli Zoccolanti, nella chiesa di San Bernardino, con la lettera E (a destra), ed infine i Cappuccini, nell’attuale omonima chiesa, con la lettera F (in basso a destra). Gli Zoccolanti erano i frati di San Bernardino (Frati Osservanti). Il curioso nome era stato loro attribuito nel 1386, quando alcuni frati, stabilitisi nella zona boscosa di Brugliano, in Umbria, avevano ottenuto il permesso di calzare zoccoli di legno, per difendersi in qualche modo dai serpenti che infestavano la zona. Dagli Osservanti e da altre riforme sono originati gli attuali Frati Minori, che mantengono il sigillo OFM. Incisione originale d'epoca all'acquaforte presa da Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici Province, curato da Giovan Battista Pacichelli, edizione 1703

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Gli Zoccolanti nel Chiostro di San Bernardino

Invero sicuramente la pace era poi stata stabilita se, nel 1516, tre anni prima che Francesco fosse proclamato Santo da Papa Leone X (al quale aveva predetto l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino), i Frati Minimi avevano costruito ad Amantea un convento vicino alla porta di Catocastro. Oggi del convento non rimane che il suolo, trasformato in giardino di proprietà della famiglia Mileti, che il muro di contenimento proprio nella curva del “Girun’i catucastru”, di fronte a quel piccolo sacrario lì posto.

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Francesco di Paola, vissuto tre secoli dopo il poverello di Assisi, volle chiamare i suoi figli 'Minimi', cioè gli ultimi, perché da ultimi fossero di testimonianza e di servizio alla Chiesa per la costruzione del Regno di Cristo.

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Agli inizi del movimento eremitico sorto a Paola non c'era alcuna regola scritta: Francesco era la Regola Vivente. E a dare più consistenza e maggiore espressività alla sua proposta penitenziale, legata alle «istituzione degli antichi padri», prescrisse ai frati l'astinenza quaresimale con voto.

Esistevano punti fermi nella vita che si conduceva a Paola, come risulta nella lettera inviata a papa Sisto IV scritta dall'arcivescovo della diocesi di Cosenza mons. Pirro Caracciolo che li riassumeva così: vita solitaria, preghiera comunitaria ad ore determinate, lavoro manuale, povertà e mendicità, austerità varie, stretto regime quaresimale, per cui non mangiano carne e derivati, come il latte, uova, formaggi e ogni genere di latticini, condivisione caritatevole con i poveri. Il suo programma di vita e la sua tipica «sequela Christi» ruotano attorno al «fate frutti degni di penitenza». Il 26 febbraio 1493, dopo un intenso scambio epistolare tra Francesco e i pontefici Sisto IV, Innocenzo VIII e Alessandro VI, appoggiato da altre lettere scritte dal re di Francia, Alessandro VI approvò la redazione della «Regola e vita dei frati dell'Ordine dei Minimi poveri eremiti di fra' Francesco di Paola», una regola in tredici capitoli, basata su quella francescana ma con forti elementi benedettini e agostiniani. Era la prima approvazione alla quale seguirono altre tre redazioni e un codice disciplinare, chiamato Correttorio. Tutti regolarmente approvati dalla Santa Sede. Ai tre voti comuni a tutti i religiosi (povertà, obbedienza, castità), Francesco aggiunse quello solenne di vita quaresimale perfetta e perpetua, che imponeva la totale astinenza dalla carne e dai suoi derivati (latte, uova, formaggio) salvo che in caso di malattia.

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“Tutti i frati di quest'Ordine si asterranno completamente dai cibi di grasso e nel regime quaresimale faranno frutti degni di penitenza si da evitare completamente le carni e quanto da esse proviene. Pertanto a tutti e a ciascuno di essi è assolutamente e incontestabilmente proibito di cibarsi, dentro e fuori convento, di Carni, di grasso, di uova, di burro, di formaggio e di qualsiasi specie di latticini e di tutti i loro composti e derivati, salvo le seguenti eccezioni” San Francesco di Paola, il santo della carità, fondatore dell’ordine dei minimi, ha ben meritato il posto d’onore che gli è stato assegnato lungo la navata mediana della Basilica di San Pietro in Vaticano, al termine di tutti i fondatori di Ordini religiosi e di fronte alla statua bronzea di San Pietro opera di Arnolfo di Cambio.

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San Francesco di Paola (Giovanni Battista Maini 1732) Basilica di San Pietro in Vaticano

Negli stati preunitari, l’importanza di San Francesco di Paola era conclamata al Sud. In particolare, il 6 settembre 1738, su richiesta del monarca Carlo VII di Borbone e di alcuni vescovi siciliani, era stato, dal papa Clemente XII, proclamato Patrono principale del Regno delle Due Sicilie, che comprendeva sette delle attuali regioni. A quell’epoca San Francesco d’Assisi, oggi patrono d’Italia, non riceveva i medesimi onori (la povera Umbria era inserita nel piccolo Stato della Chiesa). E che voto sciolse, nel 1815 il re Ferdinando I delle Due Sicilie, costruendo a Piazza del Plebiscito in suo onore ed in ringraziamento per aver riacquistato il regno dopo la bufera napoleonica, la Basilica Reale di San Francesco di Paola, tra le più caratteristiche e celebri chiese di Napoli e la più importante chiesa italiana del periodo neoclassico

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Fra tutti i pellegrinaggi che il cristiano amanteano moderno compie lungo le strade del mondo, quello del neo-battezzato “Cammino di Francesco” è sicuramente fra i più antichi del nostro territorio. Sicuramente già dalla fine del ‘400 il popolo di Amantea, si recava in visita a Francesco ed alla sua piccola comunità, per portare ai frati, quando loro stessi non venivano a mendicare nelle nostre contrade, qualche povero dono alimentare. Il pellegrinaggio è poi proseguito nei secoli successivi utilizzando il tracciato della vecchia strada per Salerno poi divenuta statale n° 18. Penoso era a quei tempi il ritorno, che si doveva fare di nuovo a piedi (ma la gente allora nel corso della vita percorreva migliaia di chilometri!). Con l’avvento della ferrovia (fine ‘800) e fino agli anni ‘60 epoca della costruzione della nuova SS 18, il pellegrinaggio avveniva spesso lungo il rilevato ferroviario, che perlomeno abbreviava il percorso e soprattutto consentiva il ritorno in treno. Oggi si preferisce utilizzare la pericolosissima superstrada, che offre parecchi vantaggi, dai punti di ristoro degli esercizi pubblici alle toilettes in essi presenti. Che io ricordi, da San Pietro in Amantea (ma non so se accadeva anche da Amantea) si faceva un pellegrinaggio a piedi al Santuario della Madonna della Catena, che sorge in bellissima posizione dominante Cosenza, nella frazione Laurignano di Dipingano.

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Miracolosa effigie della Madonna della Catena

Cartina geo-topografica dei Santuari mariani della Calabria

(il Santuario della Madonna della Catena è quello rappresentato in alto a destra)

Dunque al più antico e conosciuto Cammino di Santiago ed al gia esistente Cammino di San Francesco d’Assisi viene ad aggiungersi il neonato Cammino di Francesco di Paola, nuova opportunità di pellegrinaggio, nello splendido scenario naturale del tirreno cosentino, che germoglia sotto l’egida di due grandissimi santi come Francesco d’Assisi e Francesco di Paola per ravvivare la fiamma di “quell’amore che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso XXXIII,145), che ogni uomo quasi inconsapevolmente porta in sè.

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Così come in Umbria, percorrere la Via di San Francesco da diritto ad un attestato di partecipazione, il Testimonium Viae Francisci, qui il pellegrino lungo la Via di Francesco di Paola riceverà un Diploma di Partecipazione, che sarà custodito gelosamente da ciascun partecipante, perché il primo che si spera sia di una lunga serie.Questa magnifica idea del Cammino di Francesco sarà certamente in futuro sponsorizzata dall’Assessorato al Turismo di Amantea, che, previo un Gemellaggio con Assisi, potrà trasformarla in un’importante occasione di promozione turistica del territorio, in coincidenza della festività nazionale del 1° maggio e relativi ponti di vacanze.

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Non è neppure un caso che questa magnifica idea nasca nella nobile terra di Amantea, che tanta devozione ha riservato a San Rocco, santo che più d’ogni altro incarna la figura del Pellegrino di Dio. Egli infatti indossatone l’abito, impugnato il bordone e, lasciate le ricchezze ai poveri, intraprese il percorso dei romei, per raggiungere la Città Eterna, al fine di pregare sulla tomba del principe degli apostoli.

San Rocco, Pellegrino di Dio (Acquarello di Werner Bauer) moderna pellegrina

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E che dire di Francesco di Paola che, nel febbraio del 1483, lasciò la Calabria per portarsi a Napoli, poi a Roma e definitivamente in Francia da cui non sarebbe più ritornato. Frate Francesco salutò la Sua Calabria dalle alture di Morano ai piedi del Pollino. Cosa ha provato in quel momento? (La risposta la lasciamo al nostro caro Franco Danese che si strugge per la sua Mantiella). Il viaggio, la partenza, l'abbandono suscitano in ognuno di noi profonde emozioni, sofferenza, dolore. Chi lascia la propria terra, la conserva nel cuore e nella memoria. Il sentimento della nostalgia e l'idea del ritorno aiutano a sperare e la speranza sostiene il forte.

Il pellegrinaggio antico, (quello per intenderci fatto da San Rocco, San Francesco d’Assisi e San Francesco di Paola), comprendeva al suo interno un significato che senza dubbio abbracciava in maniera più comprensiva tutto quell’universo di sensazioni (gioia, spirito pastorale, impulso alla conversione e, perché no, sofferenza) che ne facevano parte. Al contrario chi è il pellegrino moderno? Cosa lo spinge ad intraprendere il suo cammino? Stiamo parlando di un fenomeno, quello del pellegrinaggio, che negli ultimi decenni sembrava aver subito una seria battuta d’arresto ma che ora sembra tornato fortemente in auge. Per rispondere alla domanda, potremmo definire pellegrino colui che avverte forte il desiderio di accostarsi alla sfera del divino. Una voglia di spirituale che non può essere raggiunta stando comodi sul divano di casa, ma che deve necessariamente arrivare a compimento al termine di un viaggio, più o meno lungo, comprendente lunghi momenti di contemplazione e raccoglimento. Il pellegrinaggio, dunque, può agevolmente rappresentare la metafora dell’Uomo che intraprende lo scomodo cammino (soprattutto all’interno di una società edonistica) verso una dimensione intangibile ma chiaramente avvertita. Aspetto molto importante dell’universo del pellegrino, poi, è quello della condivisione: tornato a casa, infatti, il pellegrino può condividere con gli altri le proprie esperienze, anche nel tentativo di instillare nelle coscienze che si dimostreranno sensibili all’argomento, quella stessa voglia e quello stesso spirito di intraprendenza. Questa sorta di piccola evangelizzazione è infatti

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alla base della continuazione di quelle millenarie tradizioni che caratterizzano il fenomeno. Chi decide autonomamente di diventare un pellegrino, non diventa tale solo per una determinata occasione ma, ecco che torna la dimensione spirituale, diventa pellegrino per sempre: è infatti impossibile per chiunque abbandonare le consapevolezze e le riflessioni che lo hanno portato ad intraprendere un particolare percorso di crescita. Pellegrino per sempre, dunque, nel senso che chi lo è davvero conserverà per tutta la vita, con la stessa intensità e la stessa profonda convinzione, il desiderio di scoprire nuove emozioni, di continuare ad innalzarsi spiritualmente verso dimensioni mai sperimentate: si diventa pellegrini nel momento stesso in cui si decide di farlo, quindi ben prima di iniziare il viaggio, e poi la vita stessa diventa una continua ricerca di simili sensazioni.

Francesco di Paola partì da Paterno Calabro, dove aveva fondato una comunità, all’età di 67 anni, il 2 febbraio 1483. ed attraverso il tracciato dell’antica Via Popilia ed il Vallo di Diano si fermò prima a Polla, poi nell'abbazia di Santa Maria La Nova di Campagna e a Salerno. Passò per Napoli dove fu accolto da una grande folla acclamante e dallo stesso re Ferdinando I° d’Aragona. A Roma incontrò diverse volte il Papa Sisto IV che gli affidò diversi incarichi da svolgere in Francia. Si imbarcò quindi a Civitavecchia per la Francia, dove accettò di andare per obbedienza al papa che, per rinsaldare i fragili rapporti con la grande potenza dell’epoca, obbligò Francesco a

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recarsi alla corte del Re Luigi XI° gravemente ammalato. Al suo arrivo presso la corte, nel Castello di Plessis-les-Tours, il re si inginocchiò al suo venerabile cospetto. Egli non lo guarì dal male ma l'azione di Francesco portò ad un miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Papato. Francesco visse in Francia circa venticinque anni e seppe farsi apprezzare dal popolo semplice come dai dotti della Sorbona. Il re Carlo VIII, successore di Luigi XI, stimò molto il santo paolano e contribuì alla fondazione di due monasteri dell'Ordine dei Minimi, uno a Plessis-les-Tours ed uno sul Pincio a Roma. Nel 1498, alla morte di Carlo VIII, ascese al trono Luigi XII che, per quanto Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse. Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in Francia a Plessis-les-Tours il 2 aprile 1507. Approssimandosi la sua fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla carità vicendevole e al mantenimento dell'austerità nella regola. Provvide alla nomina del vicario generale ed infine, dopo avere ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni mentre rendeva l’anima Dio.

Saint François de Paule dans son cercueil

Claude Mellan – Musée des Beaux-Arts - Nancy

Giunti a Paola i pellegrini in ginocchio baceranno il vetro di protezione di alcuni resti mortali di Francesco (cinque frammenti ossei scampati al rogo, cui fu sottoposto dagli Ugonotti, il corpo di Francesco che risultava intatto a 55 anni dalla morte). Queste Reliquie vennero trasportate a Paola negli anni trenta e da allora sono custodite gelosamente nella Cappella del Santo.

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Interno della Chiesa di Notre-Dame-la-Riche a Tours, dove si conservano parte delle ossa di San Francesco di Paola

Cappella laterale-nord della Chiesa di Notre-Dame-la-Riche (L’urna di destra contiene le reliquie di San Francesco)

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Le ossa di San Francesco a Tours sono confezionate all’interno di fiocchi e e strass come si vedono nelle foto.

Amantea 1 maggio 2012

Dante Perri