Salute al piacere! 14 incontri in tutta Italia per un ... · Ufficio Stampa Slow Food Italia...

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Ufficio Stampa Slow Food Italia Alessandro Cesca, 0172 419 653 – [email protected] Via della Mendicità Istruita 14, 12042 Bra (Cn) Salute al piacere! 14 incontri in tutta Italia per un’alimentazione sana e piacevole Salute al piacere è la campagna di educazione alimentare che per la prima volta vede collaborare l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e Slow Food Italia. Con una serie di incontri le associazioni intendono approfondire temi legati a diabete e obesità, fornendo consigli utili per convivere con queste situazioni e prevenirle il più possibile, promuovendo uno stile di vita e un’alimentazione piacevoli, salutari e attenti all’ambiente. Partendo da Milano, l’iniziativa prevede 14 appuntamenti in tutta la penisola, da Palermo a Trieste, da Napoli a Bologna, in un viaggio che si concluderà a Torino al Salone Internazionale del Gusto e Terra Madre, dal 25 al 29 ottobre. A chiudere le serate un buffet dal menù sano e gustoso, presentato durante il dibattito. Adulti e bambini, Nord e Sud del mondo: ormai diabete e obesità non sono presenti esclusivamente nei Paesi ricchi, ma affliggono tutte le categorie sociali e fasce sempre più ampie della popolazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove sono in forte crescita. Tra le cause, l’assunzione di modelli alimentari sbagliati e uno stile di vita sedentario hanno senza dubbio una forte influenza sullo sviluppo di patologie metaboliche e cardiovascolari. Al termine degli incontri viene distribuita una copia della guida di Slow Food Editore Salute al piacere! Benessere con gusto per noi e per il pianeta, il nuovo volume della collana Mangiamoli Giusti. Curata dal dottor Andrea Pezzana, direttore SoSD Dietetica e Nutrizione Clinica all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e responsabile Area Salute di Slow Food Italia, con questa pubblicazione si intende riscoprire il ruolo del cibo come elemento di piacere e salute. Con una grafica leggera, la guida dà utili consigli senza demonizzare il cibo e sottolinea l’importanza di adottare una dieta varia e completa. Salute al piacere esorta a recuperare il giusto tempo da dedicare all’acquisto e alla preparazione dei pasti, presentando i principi nutritivi degli alimenti, le loro funzioni e le indicazioni per scegliere cibi buoni, puliti e giusti. La pubblicazione e il calendario completo degli incontri sono disponibili sul sito www.slowfood.it Il progetto è realizzato con il contributo non condizionato di Boehringer Ingelheim e Fondazione Lilly.

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Ufficio Stampa Slow Food Italia

Alessandro Cesca, 0172 419 653 – [email protected] Via della Mendicità Istruita 14, 12042 Bra (Cn)

Salute al piacere!

14 incontri in tutta Italia per un’alimentazione sana e piacevole

Salute al piacere è la campagna di educazione alimentare che per la prima volta vede collaborare l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e Slow Food Italia. Con una serie di incontri le associazioni intendono approfondire temi legati a diabete e obesità, fornendo consigli utili per convivere con queste situazioni e prevenirle il più possibile, promuovendo uno stile di vita e un’alimentazione piacevoli, salutari e attenti all’ambiente. Partendo da Milano, l’iniziativa prevede 14 appuntamenti in tutta la penisola, da Palermo a Trieste, da Napoli a Bologna, in un viaggio che si concluderà a Torino al Salone Internazionale del Gusto e Terra Madre, dal 25 al 29 ottobre. A chiudere le serate un buffet dal menù sano e gustoso, presentato durante il dibattito. Adulti e bambini, Nord e Sud del mondo: ormai diabete e obesità non sono presenti esclusivamente nei Paesi ricchi, ma affliggono tutte le categorie sociali e fasce sempre più ampie della popolazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove sono in forte crescita. Tra le cause, l’assunzione di modelli alimentari sbagliati e uno stile di vita sedentario hanno senza dubbio una forte influenza sullo sviluppo di patologie metaboliche e cardiovascolari. Al termine degli incontri viene distribuita una copia della guida di Slow Food Editore Salute al piacere! Benessere con gusto per noi e per il pianeta, il nuovo volume della collana Mangiamoli Giusti. Curata dal dottor Andrea Pezzana, direttore SoSD Dietetica e Nutrizione Clinica all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e responsabile Area Salute di Slow Food Italia, con questa pubblicazione si intende riscoprire il ruolo del cibo come elemento di piacere e salute. Con una grafica leggera, la guida dà utili consigli senza demonizzare il cibo e sottolinea l’importanza di adottare una dieta varia e completa. Salute al piacere esorta a recuperare il giusto tempo da dedicare all’acquisto e alla preparazione dei pasti, presentando i principi nutritivi degli alimenti, le loro funzioni e le indicazioni per scegliere cibi buoni, puliti e giusti. La pubblicazione e il calendario completo degli incontri sono disponibili sul sito www.slowfood.it Il progetto è realizzato con il contributo non condizionato di Boehringer Ingelheim e Fondazione Lilly.  

 

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Il diabete, l’epidemia che non spaventa Il diabete è una patologia del metabolismo la cui principale espressione (iperglicemia) deriva dalla alterata utilizzazione del glucosio causata dall’assenza di insulina (diabete tipo 1) o dalla scarsa attività dell’insulina prodotta dal nostro corpo (diabete tipo 2). Il diabete tipo 2, anche chiamato malattia della globalizzazione, sta diventando un problema di grande impatto sociale ed economico, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla di epidemia: gli ultimi dati dell’International Diabetes Federation (IDF)1 ci dicono che nel mondo i diabetici sono 366 milioni, destinati a diventare 552 entro il 2030. Di questi l’80% abita in Paesi a basso e medio reddito e ha un’età compresa tra i 40 e i 59 anni, ma ora la patologia si sta diffondendo sempre di più anche tra bambini e adolescenti. Il rischio di diabete tipo 2 è in larga parte determinato da obesità, dieta scorretta, sedentarietà, ereditarietà o appartenenza a un determinato gruppo etnico. L’evoluzione del diabete è lenta e priva di sintomi e questo fa sì che spesso la patologia sia presente ma non diagnosticata. Si calcola infatti siano 183 milioni le persone che non sanno di esserne affette. Contrariamente a quanto avviene con il diabete tipo 1, molte persone con il diabete tipo 2 non hanno bisogno della terapia con insulina ma di altri farmaci, abbinati a una dieta sana e a una regolare attività fisica. Il diabete è una patologia troppo spesso sottovalutata, nonostante i dati siano molto allarmanti: ogni dieci secondi, infatti, qualcuno nel mondo muore a causa del diabete e nello stesso lasso di tempo due persone sviluppano la malattia. Nonostante non sia menzionata dalle Nazioni Unite tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, il diabete è la prima malattia non infettiva a essere stata oggetto di una risoluzione dell’ONU, mettendola così alla stregua di tubercolosi, malaria e Aids, patologie cioè che minacciano seriamente la salute della popolazione mondiale ma che possono essere prevenute. Analizzando il quadro mondiale, emerge che le nazioni con il maggior numero di diabetici sono Cina e India, dove nel 2011 si sono registrati rispettivamente oltre 90 e 61 milioni di casi, cioè il 7 e il 5,2% della popolazione. Si tratta di quei Paesi in cui l’abbandono di stili di vita tradizionali e una forte migrazione verso le città hanno causato un drastico aumento della patologia, anche se percentualmente la popolazione più colpita è quella statunitense, che registra un 8% (23,7 milioni). L’incremento maggiore nei prossimi anni sarà nei Paesi più poveri; ad esempio in Africa si prevede che nel 2025 i casi aumenteranno dell’80%. Questi dati si riferiscono sia al diabete tipo 1 che tipo 2, considerando però che il primo incide in modo irrisorio sulle percentuali. Sono tuttavia numeri da ritenere prudenziali in quanto in molti Paesi non esiste un monitoraggio capillare della popolazione che permetta indagini più precise. E la situazione in Italia? Secondo i dati dell’IDF al momento ci sono circa 3,6 milioni di persone malate di diabete tipo 2, ossia il 6% della popolazione, mentre si calcola siano un milione quelle con diabete non diagnosticato. La prevenzione della malattia è in parte possibile attraverso strategie volte all’assunzione di stili di vita adeguati: secondo gli studi effettuati intervenire su alimentazione e attività fisica ha mostrato una riduzione del rischio di diabete del 50%, mentre da sola un’attività fisica moderata ma regolare ha portato a una riduzione di circa il 30%.

                                                        

1 http://www.idf.org/diabetesatlas 

 

 

«L’AMD investe da tempo sulla prevenzione del diabete» spiega Luca Monge, responsabile della SSD Diabetologia – Centro per la cura del Piede Diabetico dall’AO CTO di Torino. «Lo testimonia anche una fertile alleanza avviata da tempo con Slow Food Italia che, attraverso una riflessione su alimentazione e comportamenti salutari, vuole valorizzare l’importanza del piacere legato al cibo, troppo spesso negato da approcci nutrizionali punitivi. Il progetto si è concretizzato con l’iniziativa www.diabetenograzie.it, dedicata interamente alla prevenzione». Quando il diabete è già presente, controllare il metabolismo e correggere i fattori di rischio sin dalla diagnosi sono sicuramente le armi migliori. Adottando comportamenti corretti e adeguate terapie mediche le persone affette da diabete possono condurre una vita normale e ridurre l’insorgenza di eventuali complicazioni. L’Italia è stata la prima a dotarsi di una legge, la 115 del 1987, che, con l’atto di intesa Stato-Regioni del 1991 ha organizzato l’assistenza medica, prevedendo l’istituzione di servizi di diabetologia su tutto il territorio nazionale. A livello internazionale l’OMS afferma a chiare lettere nelle Linee-guida per lo sviluppo di un programma nazionale per il diabete mellito l’importanza dell’intervento di governi e amministrazioni per assicurare la prevenzione e la cura della patologia diabetica, permettendo la creazione di programmi sanitari specializzati e coordinati2. Dal punto di vista economico il diabete ha un notevole impatto sulle spese sanitarie nazionali, che potrebbe essere ridotto se la patologia fosse diagnosticata e trattata adeguatamente sin dalle primissime fasi. Questo ne permetterebbe una migliore gestione con la prevenzione delle costose e invalidanti complicanze croniche quali retinopatia, piede diabetico e declino della funzione renale, una delle cause determinanti nello sviluppo degli eventi cardiovascolari nei pazienti. «L’AMD sostiene numerosi progetti volti a migliorare il controllo della glicemia e creare una memoria metabolica positiva, che garantisca una migliore gestione della malattia riducendo e ritardando la comparsa delle complicanze croniche», conclude Luca Monge. Diabete e obesità sono patologie strettamente correlate, se consideriamo che l’obesità è responsabile dell’80% dei casi di diabete tipo 2. La European Association for the Study of Diabetes (EASD) ha riconosciuto la prevenzione e il trattamento dell’obesità come il più importante problema di salute pubblica nel mondo. Solo negli Stati Uniti, ad esempio, la prevalenza di obesità infantile è raddoppiata negli ultimi venti anni e attualmente un bambino su quattro è sovrappeso o obeso. Anche in Europa sono in aumento le persone sovrappeso e l’Italia detiene purtroppo il primato per il tasso di obesità infantile3. La sfida è ora affrontare il problema del diabete a livello globale, smantellando gli stili di vita comunemente chiamati obesogenici, caratterizzati cioè da una diminuzione drastica dell’attività fisica e un aumento del consumo di cibi ipercalorici. Per far ciò sono comunque necessarie politiche e azioni coordinate a tutti i livelli.

                                                        

2 Guidelines for the development of a National programme for diabetes mellitus, World Health Organisation, Division of Noncommunicable Diseases and Health Technology, Geneva, 1991 3 LobsteinT, Frelut ML. Prevalence of overweight among children in Europe, 2003.

 

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Il diabete: malattia della globalizzazione?

Il diabete era poco frequente fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando è letteralmente esploso. Le prime rilevazioni mediche e scientifiche localizzavano questa patologia principalmente in Occidente nei Paesi ricchi. Con il perfezionarsi delle indagini, si è avuta la certezza della sua rilevanza anche nel Terzo mondo. È un luogo comune, infatti, considerare che solo malnutrizione e malattie infettive siano i maggiori problemi sanitari delle zone più povere del mondo. Già negli anni Sessanta alcuni epidemiologi scoprirono che i membri della tribù dei Pima, un gruppo etnico di nativi americani in parte residenti in Messico e in parte negli Stati Uniti, registravano tassi di diabete molto diversi tra loro. Escluso il fattore genetico, si capì come la grande differenza fosse determinata dalle influenze ambientali sul patrimonio genetico comune: i membri della tribù residenti in Messico avevano mantenuto alimentazione e abitudini più vicine a quelle tradizionali, mentre gli altri avevano adottato stile di vita sedentario e cibo ipercalorico. Successivamente gli studi di numerosi esperti, come quelli condotti da Paul Zimmet, ricercatore e primo direttore dell’International Diabetes Institute (IDI), hanno rivelato come questa tendenza fosse diffusa in realtà in molte altre etnie, che, registrando bassi livelli di malattia nei loro Paesi d’origine, sviluppavano alti tassi di diabete una volta trasferitesi in Paesi occidentali o in zone urbane. Secondo quanto sostiene Zimmet, alla base di questo fenomeno ci sarebbe il genotipo parsimonioso, cioè un insieme di geni che per migliaia di anni ha favorito la sopravvivenza degli esseri umani in determinate condizioni e che si è trovato a scontrarsi con lo stile di vita della seconda metà del XX secolo. I geni inespressi nelle condizioni di vita tradizionali divengono esplosivi al loro rapido mutare, in quanto più fragili di fronte ai cambiamenti. Il genotipo risparmiatore, quindi, tratterebbe l’abbondanza come qualcosa di cui approfittare, non tenendo conto del fatto che sia sproporzionata all’attuale sistema di vita in cui vige una ridotta attività fisica. Fino a quando gli stili di vita non si sono degradati portando abitudini sedentarie e facile accesso a cibo fast e ipercalorico, il genotipo ha mantenuto la sua funzione. Oggi però il vantaggio evolutivo è andato perso ed essere parsimoniosi procura diabete e obesità, la cosiddetta diabesità, che si manifesta in età sempre più precoce. Questo problema tocca tutto il mondo ma sono le popolazioni più povere e le classi sociali più basse quelle più a rischio, proprio perché non in grado di adottare stili di vita più sani. Come provato da alcuni esperimenti scientifici, le alterazioni metaboliche diminuirebbero se si ritornasse alle abitudini tradizionali, riducendo così il rischio di sviluppare condizioni di sovrappeso e patologie come il diabete. L’aumento delle calorie assorbite ogni giorno può essere causato da un modello distributivo in cui il cibo è accessibile in ogni momento e in cui le porzioni degli alimenti preconfezionati sono sempre maggiori. Zimmet, definendo patologico il nostro attuale stile di vita, afferma che il diabete non sarebbe una malattia ma il sintomo di un problema legato principalmente alle nostre abitudini. Oggi sappiamo che il diabete tipo 2 può essere prevenuto adottando una dieta sana, aumentando l’attività fisica e promuovendo abitudini di vita più corrette. È proprio sulla prevenzione che deve essere posto l’accento, iniziando già nell’infanzia, per invertire un destino che tale non è, soprattutto quando si parla delle generazioni più giovani.  

 

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Da malattia del benessere a epidemia: i numeri dell’obesità

Con 1,9 miliardi di persone in sovrappeso, l’obesità insieme al diabete è diventata una vera e propria emergenza, tanto da essere definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’epidemia del XXI secolo. Dal 1980, secondo il Worldwatch Institute (WWI), in tutto il mondo il fenomeno è più che raddoppiato, registrando un aumento del 25% nel solo periodo 2002-2010. Una crescita preoccupante che coinvolge anche i Paesi a basso e medio reddito specialmente negli insediamenti urbani. In India è in sovrappeso il 19% degli adulti, con un incremento del 14% rispetto al 2002. In Messico la percentuale è aumentata di 8 punti e in Brasile di 7. Tra i Paesi industrializzati il primo posto spetta, senza stupore, agli Stati Uniti, dove il 78,6% della popolazione adulta è in sovrappeso. Il primato assoluto va però a Micronesia e Polinesia, in cui è obeso l’88% della popolazione sopra i 15 anni. Complessivamente, secondo i dati resi noti nel 2011 dall’Imperial College di Londra e dall’Università di Harvard, 297 milioni di donne e 205 milioni di uomini sono obesi, mentre la FAO sottolinea che sono circa 850 milioni le persone cronicamente sottoalimentate e non in grado di accedere a un’alimentazione sufficiente a soddisfare i propri bisogni energetici di base. Un paradosso che illustra in maniera eloquente le storture del nostro tempo. Negli ultimi dieci anni, nei diversi stati europei l’obesità ha registrato una crescita preoccupante con tassi dal 10 al 40%, con incidenza maggiore nell’area orientale. Le proiezioni mostrano una situazione affatto omogenea con l’incidenza maggiore in Gran Bretagna, Malta, Lettonia ed Estonia, mentre registrano una crescita più moderata Romania, Italia, Bulgaria e Francia. Secondo le rilevazioni dell’OMS, tra gli adulti che vivono in Europa sovrappeso e obesità sono responsabili dell’80% dei casi di diabete tipo 2, del 35% dei casi di malattie ischemiche del cuore e del 55% di malattie ipertensive. A questi si aggiungono i pesanti costi economici e sociali: 2-8% dei costi sanitari e 10-13% dei decessi. Inoltre, influenzano pesantemente anche lo sviluppo economico e sociale perché comportano, oltre a quelli imputabili alle cure mediche, costi indiretti dovuti alla perdita di vite umane, di produttività e di guadagni correlati, cui si aggiungono spese difficili da calcolare quali quelle conseguenti al minor rendimento scolastico, alla discriminazione lavorativa e ai problemi psicosociali. Ma è l’obesità infantile a destare maggiore preoccupazione: secondo l’OMS nel 2010 erano quasi 43 milioni i bambini con meno di 5 anni a essere in sovrappeso (contro i 20 milioni del 2005) e di questi quasi 35 milioni vivevano in Paesi in via di sviluppo. La gravità della diffusione dell’obesità infantile sta nel fatto che bambini obesi molto probabilmente diventeranno adulti obesi, aumentando i fattori di rischio di patologie croniche.

 

 

Anche in Italia la situazione non è delle migliori. Secondo le rilevazioni ISTAT, nel 2009 l’obesità ha interessato l’11,1% dei maschi e il 9,2% delle femmine. Percentuali che triplicano fra le persone che hanno conseguito al massimo la licenza elementare e che registrano tassi maggiori nelle classi sociali più svantaggiate (12% contro l’8% delle famiglie più abbienti). L’obesità riflette e si accompagna dunque alle disuguaglianze. Uno studio dello scorso settembre condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa conferma i dati ISTAT di due anni fa: gli obesi in età adulta rappresentano il 10% della popolazione, poco meno di 5 milioni di persone, per un costo sociale annuo di 8,3 miliardi. Il dato più preoccupante riguarda ancora i più piccoli: il 34% dei bambini in età scolare – e dunque circa 1 milione – è obeso o in sovrappeso (rispettivamente l’11,1% e il 22,9%). Dal punto di vista territoriale, si riscontra una marcata disomogeneità: in Valle d’Aosta si è registrata una percentuale di bimbi obesi o in sovrappeso del 23%, mentre in Campania le percentuali salgono fino a 49 punti. Rispetto al resto d’Europa, stando alla Commissione europea IDEFICS (Identificazione e prevenzione di effetti dietetici e stile di via indotti in giovani e bambini) l’Italia registra il primato di sovrappeso e di obesità nella fascia tra i 6 e i 9 anni, con una crescita del 2,5% ogni 5 anni. Alcuni dati illustrano chiaramente che l’informazione e i consigli su come migliorare stili di vita e abitudini alimentari sono fondamentali per combattere il problema. Un monitoraggio nazionale avviato nel 2008 (Okkio alla Salute) ha attestato infatti che: «il 9% dei bambini non fa colazione, il 30% la fa in maniera non adeguata, circa il 50% consuma bevande zuccherate e/o gassate nell’arco della giornata e 1 bambino su 4 non mangia quotidianamente frutta e/o verdura. Inoltre, quasi 1 bambino su 2 ha la televisione in camera e 1 bambino su 5 pratica sport per non più di un’ora a settimana». Va ricordato che le abitudini alimentari e gli stili di vita acquisiti nell’infanzia si mantengono tendenzialmente per tutta la vita. La famiglia e la scuola hanno perciò un ruolo determinante nel condizionare le scelte alimentari future. Le strategie per contrastare questa epidemia dovrebbero incoraggiare abitudini alimentari corrette attraverso la riduzione di grassi e zuccheri, incentivare le persone a mangiare più frutta e verdura oltre che mirare a un aumento dell’attività fisica. E inoltre, attivare misure per moderare marketing e pubblicità quando degenerano in manipolazione e potenziare l’educazione alimentare promuovendo il modello italiano basato su dieta mediterranea, legame con il territorio, ricchezza fondata sulla biodiversità, rivolgendosi non solo alle scuole ma a tutti gli esercizi pubblici cui oggi è delegata la cultura del cibo. Provvedimenti quanto mai urgenti, come sottolinea anche il Ministero della Salute nei suoi Quaderni pubblicati la scorsa estate: «È evidente che in assenza di iniziative volte alla prevenzione e all’ottimizzazione dell’assistenza per le persone con obesità e diabete, le risorse disponibili in termini sia umani sia economici potrebbero, presto, non essere più sufficienti a garantire cure adeguate».  

 

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L’obesità: agire sugli stili di vita per contrastare un’emergenza globale

Se si guarda da vicino l’ormai radicale cambiamento nelle abitudini alimentari, ciò che maggiormente colpisce l’attenzione è la progressiva riduzione del tempo dedicato all’acquisto, alla preparazione del cibo e alla cultura alimentare: siamo consumatori poco consapevoli e passivi di fronte alle suggestioni della comunicazione commerciale. Di conseguenza si prediligono prodotti a elevata densità calorica, ricchi di zuccheri e grassi poco salutari a scapito di cibi più completi, non raffinati e che, sebbene richiedano maggior tempo e cura nell’acquisto e nella preparazione, ci restituiscono un sicuro guadagno in salute e benessere. La globalizzazione dei consumi ha portato al costante allontanamento dagli stili alimentari originari, basati sul ricco bagaglio di sapienze e di esperienze che da sempre ha contraddistinto la nostra cultura alimentare. Tra i cambiamenti degli stili di vita alcuni paiono influenzare sensibilmente la preoccupante crescita della popolazione obesa o in sovrappeso, e in particolare: - destrutturazione della preparazione dei pasti, con il consumo di alimenti ready to cook e ready to eat (facili e veloci da preparare e da consumare); - destrutturazione della giornata alimentare, con la frantumazione del tradizionale ritmo dei pasti e moltiplicando le occasioni di consumo istantaneo e sregolato di alimenti reperibili in ogni ora del giorno, spesso di inadeguata qualità nutrizionale e a forte impatto ambientale; - iperconsumo passivo di cibi altamente energetici e di bevande zuccherate che non risponde a una reale necessità dell’organismo, ma obbedisce all’offerta continua di alimenti e bevande sulla spinta della pubblicità che promuove alimenti calorici, ricchi di grassi, sale e zucchero e di bevande gassate; - diffusione dei pasti fuori casa, un fenomeno in forte crescita: + 2,5% annuo nel periodo 1997-2004 secondo il Ministero dello Sviluppo Economico; una tendenza confermata dalla ricerca elaborata dal Centro studi FIPE-Confcommercio nel 2011 che registra un +13,6% negli ultimi dieci anni. Un cambiamento, quest’ultimo, che vede delegato alle aziende (pubbliche e private) il compito di scegliere qualità, abbinamenti e porzionature dei cibi di tutti i giorni, accentuando nei fruitori una inevitabile passività rispetto ai modelli di consumo e agli stili alimentari. E a tutto ciò va aggiunto il notevole aumento del consumo di alcolici e super alcolici fuori pasto, la maggiore sedentarietà e l’insufficiente attenzione data all’attività fisica soprattutto in età scolare. Il risultato è che un italiano su due ha problemi di peso e di conseguenza contrastare l’obesità diventa una priorità del nostro tempo, non solo da un punto di vista sanitario ma anche culturale e comportamentale. Ricordiamo che l’obesità riduce le aspettative di vita ed è causa dell’80% dei casi di diabete tipo 2: «Nelle donne cinque punti di crescita dell’Indice di massa corporea sono associati a un aumento del 60% del rischio di tumore uterino, e inoltre il peso eccessivo fa crescere il rischio di tumore della cistifellea. Per gli uomini il rischio maggiore riguarda invece il tumore del colon» spiega la dottoressa Maria Luisa Amerio, Direttore SOC Dietetica e Nutrizione Clinica all’ospedale Cardinal Massaia di Asti.

La soluzione non è certo mettere tutti a dieta o evitare il ristorante, quanto piuttosto stimolare una maggiore riflessione sull’alimentazione quotidiana, sull’effetto dei diversi alimenti sulla salute, sulle relazioni con l’ambiente e sulle modalità di produzione, puntando su un modello alimentare italiano basato sulla dieta mediterranea e sui forti legami con il territorio. Spesso invece ci si rifugia nel cibo medicalizzato, con integratori e sostitutivi del pasto che senza una corretta cultura alimentare o la necessaria supervisione medica finiscono per essere controproducenti e peggiorare il problema. Si ribadisce il ruolo centrale della prevenzione ma, come sottolinea il presidente della Fondazione ADI, dottor Giuseppe Fatati nel numero 4-2011 dell’ADI Magazine, bisogna tener presente che: «Finora gli interventi di prevenzione si sono dimostrati inefficaci anche nel nostro Paese perché basati sul paradigma della responsabilità personale. Un modello centrale nel pensiero anglosassone (ogni successo è legato alla motivazione e al duro lavoro, per cui ogni insuccesso è esclusivamente un fallimento personale) che sta prendendo piede anche in Italia. Gli esperti sono concordi sul fatto che l’obesità è una condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori genetici, psicologici e ambientali: questa spiegazione, valida per il singolo individuo, distrae se ragioniamo in termini di popolazione. La genetica e la debolezza psicologica non possono spiegare da sole l’incidenza di obesità osservata negli ultimi anni; è un’epidemia globale e per essere gestita in modo adeguato è necessario concentrarsi anche e soprattutto sugli stili di vita che lo sviluppo industriale ha creato». Si potrebbe partire dal rivoluzionare la ristorazione pubblica e le sue offerte, in modo da influenzare le abitudini alimentari, nonché da un monitoraggio maggiore della distribuzione e produzione industriale, considerato anche che tra il 1978 e il 2009 (dati Brownell and Frieden, 2009) i prezzi di verdura e frutta fresche hanno subito un forte aumento, soprattutto se paragonato alla quasi stabilità del costo di zuccheri, dolci e bevande gassate. Come sottolinea la dottoressa Amerio: «È fondamentale ribadire che la crescita dell’obesità è un problema di salute globale: l’aumento di peso nelle popolazioni è predittore di un aumento del carico di patologie e in particolare cardiovasculopatie, diabete e tumori. È tempo di agire, la lotta per la sua prevenzione è un impegno che deve coinvolgere tutte le istituzioni. La sfida più grande per poter prevenire e ridurre il sovrappeso e/o l’obesità è quella di favorire il cambiamento dello stile di vita delle persone sviluppando politiche di intervento che prendano in considerazione vari aspetti tra i quali: facile accesso al cibo, un’industria sempre più rivolta a massimizzare i propri profitti promuovendo prodotti ricchi in grassi e zuccheri particolarmente economici e l’uso indiscriminato del computer che obbligano a uno stile di vita sedentario».  

 

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Uno stile di vita sano e gustoso è possibile Sfatiamo il mito secondo cui gusto e benessere non possono coesistere: il piacere del cibo può essere un buon alleato della salute. Da questo principio parte la nuova pubblicazione di Slow Food Editore Salute al piacere! Benessere con gusto per noi e per il pianeta, che analizza il nostro stile di vita, presenta le caratteristiche dei vari alimenti e fornisce preziose indicazioni per leggere le etichette. Il tempo dedicato all’acquisto, alla trasformazione e al consumo di cibo di qualità costituisce un investimento in piacere immediato e in salute futura, soprattutto se pensiamo ai problemi legati a sovrappeso e obesità che favoriscono patologie come il diabete e le malattie cardiovascolari. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla infatti di diabesità per indicare la stretta correlazione tra le due malattie.

In cosa consiste uno stile di vita “sano”? «Semplice: prestare molta attenzione a cosa e come mangiamo e a quanta attività fisica pratichiamo» spiega Andrea Pezzana, direttore SoSD Dietetica e Nutrizione Clinica all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, responsabile Area Salute di Slow Food Italia e curatore della pubblicazione. I cibi non raffinati industrialmente, ricchi in fibre e con un moderato apporto calorico allontanano da sovrappeso e diabete. «L’importanza della dieta mediterranea non è però così scontata: poco più della metà degli italiani segue una dieta bilanciata», spiega Pezzana che precisa: «Purtroppo è sempre più frequente il ricorso a cibo medicalizzato per combattere a posteriori diabete e obesità. Gli alimenti fortificati in vitamine, antiossidanti e fibre non sono da considerare una panacea». È infatti preferibile scegliere quei cibi già presenti in natura, che apportano le sostanze di cui il nostro corpo ha bisogno senza ricorrere a trasformazioni industriali. Da non dimenticare, inoltre, i costi energetici e ambientali necessari per produrre questi alimenti e l’elevatissimo prezzo dei prodotti finiti.

«Soprattutto in un momento in cui il Nord del mondo sembra aver perso il valore del cibo, trasformandolo in pura commodity, è fondamentale che organizzazioni come Slow Food ribadiscano i loro principi e l’importanza di scegliere con cura gli alimenti, prediligendo quelli locali e di stagione» aggiunge Pezzana. La situazione si complica se guardiamo ai Paesi in via di sviluppo, dove accanto a chi soffre di malnutrizione c’è chi sviluppa patologie quali diabete o ha problemi di sovrappeso. Tralasciando i cibi pronti e ipercalorici, «è sbagliato però credere che chi è affetto da queste patologie sia costretto a una dieta rigorosa e senza sapore» conclude Pezzana. E proprio a questo proposito abbiamo interpellato due grandi chef: Massimo Bottura e Vittorio Fusari.

Da sempre vicino a Slow Food, Bottura segue in cucina molti principi della filosofia slow. Oggi è probabilmente lo chef italiano che raccoglie i maggiori plausi dalla critica ed è considerato uno tra i migliori al mondo. Dalla sua Osteria Francescana di Modena ci ricorda l’importanza dell’educazione: «È fondamentale educare a un’alimentazione sana sin dall’infanzia. Lo vedo con i miei figli, meglio dar loro come spuntino un pezzo di Parmigiano Reggiano con una fetta di pera piuttosto delle solite merendine, e spingerli a fare attività fisica invece di stare davanti alla televisione. La cucina del futuro è sana e buona, due caratteristiche che sembrano scontate ma in realtà non lo sono. All’Osteria stiamo lavorando molto sulla concentrazione dei sapori e sulla dilatazione dei tempi di cottura per eliminare i grassi in eccesso senza perdere né i valori nutritivi degli alimenti né il loro gusto, che anzi ne risulta accentuato».

Chef del ristorante Dispensa pani e vini di Torbiato (Bs), anche Vittorio Fusari non nasconde l’influenza del buono, pulito e giusto nelle sue proposte, tanto che le sollecitazioni che giungono da Slow Food hanno sempre fatto parte del suo percorso professionale. Le ricette che ci propone in questa occasione: «sono sane ma anche divertenti e adattabili alle stagioni» spiega Fusari. «Ho anche voluto inserire qualche chicca: il sale marino artigianale di Cervia, Presidio Slow Food, nonché la mozzarella di bufala, ottimo formaggio. E non può mancare l'olio extravergine per assimilare le vitamine liposolubili in un’armonia di gusto e godimento, con tanta salute!»

Quindi, la ricetta ideale contiene un sano stile di vita condito di attività fisica, una dieta mediterranea con il corretto apporto calorico, attenzione alle etichette e un giusto tempo da dedicare all’acquisto e alla preparazione del cibo, per un benessere nostro e del pianeta.

«Una buona alimentazione, però, inizia nel momento in cui facciamo la spesa» conclude Pezzana. «Programmiamo meglio gli acquisti sulla base del nostro reale fabbisogno, rifornendoci da produttori di qualità e comprando spesso e poco, in modo da avere a disposizione sempre materie prime fresche ed evitare gli sprechi».

Ecco due ricette provenienti direttamente dalla cucina di Vittorio Fusari:

Coregone “pane e sale” Ingredienti per 4 persone: 480 gr. di filetti di coregone (conosciuto anche come lavarello. In Italia è presente soprattutto nei laghi prealpini, ma diffuso anche in quelli vulcanici laziali) 200 gr. di verdure miste (carote, zucchine, fagiolini, peperoni, sedano, pomodoro, finocchio, piselli freschi, punte d’asparagi) 50 gr. di pane bianco a cubetti 50 gr. di mozzarella di bufala a cubetti 50 gr. di crema di peperoni sbucciati a crudo 10 gr. di olio aromatizzato al peperoncino 10 gr. di capperi di Salina e di polvere di capperi di Pantelleria

per l’acqua di mare 200 gr. di acqua 150 gr. di foglie di basilico 6 gr. di sale marino artigianale di Cervia

Preparazione: Lasciare per una notte in infusione il basilico in acqua e sale. Tagliare le verdure a piccoli cubetti dopo averle mondate e lavate. Stufarle secondo il tempo di cottura di ognuna e unirle in una terrina. Bagnare il pane con l’acqua di mare e aggiungerlo alle verdure insieme alla mozzarella. A questo punto, disporre il coppa pasta in un piatto e riempirlo con il composto di verdure, pane e mozzarella in modo da dare forma alla preparazione. Condire con un filo d’olio piccante. I filetti di coregone devono essere cotti in padella solo dalla parte della pelle per pochi minuti. Una volta pronti, adagiarli sul letto di verdure e accompagnare con un filo di crema di peperoni. Per finire, spolverare il piatto con una polvere ottenuta da capperi essiccati e polverizzati.

Verdure al vapore Salfiore di Romagna Ingredienti per 4 persone: Verdure di stagione (broccoletti, cavolfiore, carciofi, spinaci, patate, carote zucchine, zucca finocchi, porri…) 100 gr. di lamponi 140 gr. di aceto balsamico 80 gr. di olio extravergine d’oliva 30 gr. di sale marino artigianale di Cervia ½ bicchiere di succo d’arancia

Preparazione: Pulire accuratamente le verdure porzionandole e cuocere a vapore mantenendole croccanti. Coprire il fondo del piatto con le verdure in foglie e mettere al centro le verdure in pezzi in modo che possano essere avvolte dalle altre. Preparare la vinaigrette frullando lamponi, succo di arancia, aceto balsamico e olio. Aggiungere l’acqua in cui è stato in infusione il basilico tutta la notte (vedere la ricetta precedente). Condire con la vinaigrette.

http://www.fondazioneadi.com

La Fondazione non ha fine di lucro, è apolitica e non confessionale. Essa ha per scopo la valorizzazione della dietetica e nutrizione clinica e delle figure professionali interessate a tale materia. Tale scopo è realizzato attraverso il costante aggiornamento e perfezionamento tecnico-scientifico e culturale, l'individuazione di specializzazioni all'interno della professione, la formazione, la promozione e l'attuazione di ogni iniziativa diretta allo studio ed approfondimento, a livello scientifico e tecnico-applicativo, delle materie che costituiscono attualmente, o che potranno costituire in futuro, oggetto della professione di quanti operano nel settore della dietetica e nutrizione clinica, nonché delle materie complementari o comunque attinenti alla stessa.

In particolare la fondazione svolge:

1. La promozione della ricerca scientifica di particolare interesse sociale nel campo della dietetica e nutrizione clinica;

2. La promozione della ricerca scientifica clinica e di base nell'ambito della dietetica e nutrizione clinica e delle patologie correlate;

3. L’attività volta alla formazione degli operatori sanitari per accrescerne la professionalità al fine di migliorare la qualità della cura e della vita di soggetti con malattie su base disnutrizionale e loro complicanze.

La Fondazione cura, sia direttamente che attraverso terzi qualificati, anche allo scopo di contenere e razionalizzare la spesa pubblica sanitaria, lo svolgimento di iniziative volte a:

• raccogliere fondi per la suddetta ricerca • disegnare ed attuare programmi di ricerca in tema di epidemiologia, prevenzione, clinica, terapia,

economia sanitaria, problematiche sociali, modelli gestionali e quanto altro venga considerato rilevante nell'ambito delle patologie correlate alla dietetica ed alla nutrizione clinica

• disegnare ed attuare programmi di ricerca di base • diffondere i risultati di tali programmi attraverso iniziative convegnistiche, editoriali e divulgative,

sia in ambito socio-sanitario che nella popolazione generale • attuare, in collaborazione con gli organi a ciò preposti dall'Associazione fondatrice e dalle altre

associazioni dell'area, programmi di formazione professionale delle categorie sanitarie interessate • finanziare premi, borse di studio e programmi di ricerca finalizzati agli scopi di cui sopra.

Gli organi della Fondazione sono:

Consiglio di Amministrazione Consiglieri: Presidente: Giuseppe Fatati Anna Rita Sabbatini, Enrico Bertoli Segretario: Maria Luisa Amerio Tesoriere: Letizia Ferrara

Collegio dei Revisori: Presidente: Claudio Miglio, Consiglieri: Eva Mirri, Mauro Pumo .

Il Consiglio dei Garanti: Presidente: Lucio Lucchin, Consiglieri: Antonio Caretto, Eugenio Del Toma, Maria Antonia Fusco; Massimo Vincenzi

AMD – Associazione Medici Diabetologi

L’Associazione Medici Diabetologi è stata costituta nel 1974. Con oltre 2000 iscritti è la maggiore

associazione scientifica della diabetologia italiana. Affiliata alla IDF - International Diabetes

Federation, AMD promuove la diffusione sul territorio di strutture idonee alla prevenzione, diagnosi

e cura del diabete mellito; si occupa della qualificazione professionale e dell’aggiornamento

culturale del personale sanitario operante in tali strutture; si adopera perché la diabetologia e la

figura del medico diabetologo acquisiscano e mantengano la loro autonomia dal punto di vista

didattico e clinico e costituiscano il principale punto di riferimento nella cura del paziente diabetico.

L’AMD promuove la ricerca in campo diabetologico, clinico e terapeutico e collabora con le altre

istituzioni che hanno finalità e interessi comuni.

L’Associazione Medici Diabetologi è nata come associazione dei medici che dedicano la propria

attività professionale alla cura del diabete e ad essa fa capo la rete italiana dei servizi di

diabetologia: un’organizzazione storicamente radicata nel Servizio Sanitario Nazionale, che

riunisce più di 650 strutture dedicate, la cui peculiarità è la gestione in team multi-professionale, il

modello vincente di cura per una patologia cronica come il diabete.

L’Associazione Medici Diabetologi elabora gli “ANNALI AMD”, una raccolta periodica di dati per il

monitoraggio dell’assistenza diabetologica sul territorio, che raccoglie e confronta 46 indicatori di

qualità dell’assistenza in Italia, alla cui costruzione partecipano 251 Servizi di diabetologia. Gli

ANNALI sono stati recentemente presi a modello dall’International Diabetes Federation (IDF), che

ha deciso di includere nelle proprie linee guida una serie di indicatori mutuati direttamente dal

rapporto AMD.

L’Associazione Medici Diabetologi ha dato vita, negli anni, a progetti che hanno realizzato prodotti

di qualità per la diabetologia in Italia. Da oggi lavora a una progettualità nuova che riunisca,

valorizzi e coordini le diverse competenze presenti nella realtà assistenziale italiana, dall’ospedale

al territorio, e faccia compiere un salto di qualità alla diabetologia italiana: il Progetto SUBITO!. Il

progetto SUBITO! si pone un obiettivo culturale oltre che clinico: migliorare il compenso metabolico

della persona con diabete, cioè riportare i valori della glicemia alla normalità e mantenerli

costantemente sotto controllo, sin dall’esordio della malattia o comunque alla sua diagnosi, al fine

di ridurre il peso delle complicanze cardiovascolari nei successivi 5 anni.

Slow Food è un’associazione internazionale no-profit che conta 100000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi, 1300 Condotte - le sedi locali - e una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità. Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l’interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Slow Food sostiene che il cibo deve essere buono, pulito e giusto, tre aggettivi che ne definiscono in modo elementare le caratteristiche. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito, ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione. Slow Food propone di coniugare il piacere e la rivendicazione del diritto al cibo con un nuovo senso di responsabilità: un’attitudine identificata con il termine eco-gastronomia, capace di unire il rispetto e lo studio della cultura enogastronomica al sostegno a chi nel mondo si adopera per difendere la biodiversità agroalimentare. Sostiene un nuovo modello di agricoltura, meno intensivo e più pulito, fondato sul sapere e sul savoir faire delle comunità locali, il solo capace di offrire prospettive di sviluppo anche alle regioni più povere del pianeta. Slow Food pone al centro della sua attività l’educazione alimentare e del gusto di adulti e bambini, coinvolgendo scienziati, esperti dell’agroalimentare, chef e produttori. Partecipa all’educazione dei più piccoli attraverso attività nelle scuole e progetti come l’Orto in Condotta (oggi oltre 420 scuole – tra infanzia, primarie e secondarie – coltivano il proprio orto coinvolgendo circa 35000 alunni). Questo perché tutti noi con le nostre scelte alimentari possiamo cambiare le modalità di produzione del cibo. Slow Food definisce co-produttore il consumatore consapevole e informato per sottolineare il suo ruolo attivo come parte integrante del processo di produzione del cibo. Coerentemente con il concetto di eco-gastronomia che l’associazione promuove e che abbraccia la complessità del mondo del cibo, Slow Food ha lanciato importanti campagne di educazione e sensibilizzazione sul consumo consapevole, come ad esempio quella sul Latte crudo, ItaliaEuropa - Liberi da Ogm, Mangiamoli giusti, Salute al piacere. In Italia e all’estero, Slow Food organizza numerosi eventi per far conoscere la filosofia e i progetti dell’associazione: il Salone del Gusto e Terra Madre sono senza dubbio le due vetrine più importanti che, per l’edizione 2012, si fonderanno in un unico evento con l’obiettivo di costruire il più grande meeting mondiale dedicato al cibo discutendo i temi cruciali riguardanti la sua produzione e il suo consumo. L’appuntamento è a Torino, presso il Lingotto Fiere e Oval dal 25 al 29 ottobre. Press Office Slow Food Via della Mendicità Istruita, 14 - 12042 Bra (Cn) – Italia [email protected] +39 0172 419615/ 45/ 53 /66

Il Gruppo Boehringer Ingelheim, con sede ad Ingelheim am Rhein, vicino a Francoforte, è tra le

prime 20 aziende farmaceutiche al mondo con un fatturato netto nel 2010 di 12,6 miliardi di euro.

La società è presente a livello globale con 145 affiliate ed oltre 42.000 collaboratori.

Fin dall’anno della sua fondazione, il 1885, Boehringer Ingelheim, azienda di proprietà della

famiglia Boehringer, si dedica alla ricerca, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di

prodotti con un alto valore terapeutico per la medicina umana e veterinaria.

Come elemento centrale della propria cultura, Boehringer Ingelheim si impegna ad agire in modo

socialmente responsabile. Coinvolgimento in progetti sociali, attenzione ai propri collaboratori e

alle loro famiglie, pari opportunità per coloro che lavorano nell’azienda costituiscono le fondamenta

di ogni attività.

Boehringer Ingelheim è un’azienda guidata dalla ricerca con oltre 7.000 collaboratori dedicati alle

attività di Ricerca & Sviluppo nel mondo. Nel corso del 2010, il 24% (pari a 2,306 milioni di euro)

del fatturato netto del maggior segmento di business, Prescription Medicines, è stato investito in

R&S contro malattie ad alto impatto clinico e sociale nelle aree respiratoria, cardio-metabolica,

neurologica, immunologica ed infettivologica.

Boehringer Ingelheim ha attualmente in corso a livello mondiale il lancio di un innovativo

anticoagulante orale, indicato per la prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale.

Ha inoltre molecole ad un avanzato stadio di sviluppo clinico nelle aree del diabete di tipo II,

dell’oncologia e dell’epatite C.

Il Gruppo italiano, presente dal 1972, opera nel settore farmaceutico biotecnologico e biologico

(Boehringer Ingelheim Italia SpA), in quello della ricerca chimica di nuove molecole (BI Research

Italy srl) e in quello della produzione chimica (Bidachem SpA).

Le attività commerciali di Boehringer Ingelheim Italia SpA sono organizzate in tre divisioni: la

Divisione Farmaci da Prescrizione ed Ospedalieri, la Divisione CHC (Consumer Health Care), che

si occupa della commercializzazione dei prodotti di automedicazione e per il benessere, e la

Divisione Veterinaria, con prodotti destinati alla salvaguardia della salute e cura degli animali da

affezione e da reddito.

Il Gruppo Italia conta oltre 1000 collaboratori ed un fatturato netto di 553,7 milioni di euro nel

2010.

Boehringer Ingelheim Italia è tra le prime 10 aziende nel settore del farmaco da prescrizione.

L’attività si sviluppa nelle sedi di Milano, Reggello (Fi) e Fornovo San Giovanni (Bg), dove ha

sede la Bidachem S.p.A., l’azienda chimica del Gruppo Boehringer Ingelheim Italia e dove, con un

investimento di oltre 60 milioni di euro, è stato inaugurato nel 2009 un nuovo impianto di

produzione.

Presso la sede di Milano, opera BI Research Italia, cuore della ricerca di Boehringer Ingelheim in

Italia. BI Research Italia è impegnata a livello internazionale nella ricerca pre-clinica, con

particolare interesse verso le aree terapeutiche afferenti al Sistema Nervoso Centrale, all'Area

Respiratoria ed a quella Cardio-metabolica.

Sintetizzare nuove molecole per la realizzazione di nuovi farmaci, preparare le molecole più

interessanti in quantità più elevate, queste sono le principali attività di BI Research Italia

(BIRIT) che lavora in stretto rapporto con il centro ricerche di Biberach, nella Germania

meridionale. E' in quest'ultimo che, sulle molecole selezionate in Italia, vengono effettuati studi

biologici relativi alle aree terapeutiche di interesse e, successivamente, selezionate quelle "più

interessanti" per lo sviluppo.

Contatti Marina Guffanti – Comunicazione Boehringer Ingelheim Italia Via Lorenzini n.8 - 20139 Milano Tel. 025355.453 e-mail:[email protected] www.boehringer-ingelheim.it

Fondazione Eli Lilly per la Ricerca Medica O.N.L.U.S.Via Thailandia, 27/A – Int.400144 Roma

Tel. +39 06 591 3023 – Fax +39 06 591 3015

La Fondazione Lilly

La Fondazione Lilly, con sede a Roma, è un organismo senza scopo di lucro che vuolecontribuire allo sviluppo tramite strumenti, iniziative e tecnologie che migliorino la ricercamedica e sistema salute, dando un incentivo all’innalzamento del livello socio sanitario nelnostro Paese.

Nell’ambito del perseguimento di finalità di solidarietà sociale, svolge attività di ricerca e distudio per una sempre più efficace relazione tra la domanda di salute dei cittadini e laqualità dell’offerta del Servizio Sanitario Nazionale, nonché attività di aggiornamento deglioperatori socio sanitari.

I nostri progettiNel campo della ricerca La Fondazione Lilly sta implementando la quarta edizione delprogetto “La ricerca in Italia: un’idea per il futuro”, attraverso il quale ogni anno vienefinanziato con una somma di 360.000 Euro un progetto di ricerca di alto profilo nel campodelle scienze per la vita. Abbiamo finanziato nel 2009 un progetto di ricerca nell’areaendocrino-metabolica, nel 2010 un progetto in area immuno-oncologica e nel 2011 nell’areadelle neuroscienze.

Per quanto riguarda le iniziative a carattere sociale, la Fondazione Lilly ha sostenuto neglianni diverse edizioni del Summit dei Premi Nobel per la Pace in virtù del fatto che ilSegretariato Permanente dei Premi Nobel per la Pace ha identificato nella Fondazione unreferente etico. La Fondazione Lilly è inoltre socio sostenitore, sin dalla sua nascita, delprogetto “Fondazione Città della Pace dei Bambini Basilicata” grazie al quale è statopossibile trasformare un deposito di scorie in uno spazio che educa alla pace e ospitabambini e famiglie provenienti da nazioni colpite da conflitti armati.

Nell’ambito della politica sanitaria, la Fondazione Lilly ha collaborato con l’IstitutoSant’Anna di Pisa ed il Laboratorio MeS ad un progetto sulla “Valutazione delleperformance in Sanità”. Lo studio ha permesso di identificare gli indicatori per valutare leprestazioni sanitarie, al fine di essere sempre più “vicini” alla domanda di salute da parte deicittadini e migliorare il rapporto tra spesa sanitaria e qualità della terapia.

Infine, la Fondazione Lilly in partnership con Cittadinanzattiva ha dato vita ad un progettovolto a riflettere sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Pubblico, in particolare sulle sfideche dovrà affrontare nel futuro.

Sede Legale : Via Thailandia, 27/int. 4 – 00144 Roma; Tel. 06.5913023 – Fax 06.5913015 Partita IVA 00855881009 – Codice Fiscale 80089650016

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