Storytelling- "La comunicazione è una bella cosa"

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Transcript of Storytelling- "La comunicazione è una bella cosa"

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1.1 ............................................................................................................. 5

1.2 ’ ’ ..................................................................................................................................... 6

1.3 ...................................................................................................................... 6

1.4 ................................................................................................................................................ 7

1.5 .................................................................................................................................... 9

2 – 12

2.1 ............................................................................................................. 12

2.3 : ........................................................................................................ 14

2.4 : ......................................................................................................... 15

3 - 18

3.1 - ............................................................................................................................ 19

3.2 - “ ” ................................................................................................................ 19

3.2.1 – ..........................................................................................................................................19

3.2.2 - ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..19

3.2.3 – ...........................................................................................................................................21

4 - 23

4.1 ................................................................................................................................ 24

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4.2 ............................................................................................................................................... 25

5 - 28

5.1 ........................................................................................................................................ 28

5.2 ........................................................................................................................... 29

5.3 ............................................................................................................................. 32

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In termini generici la metodologia dello

storytelling consiste nell'uso di procedure

narrative al fine di promuovere valori ed

idee. Lo storytelling è una metodologia

che usa la narrazione come mezzo per

inquadrare gli eventi della realtà e

spiegarli secondo una logica di senso.

L’atto del narrare, nello storytelling, si

ritrova nell’esperienza umana e si può

rappresentare in varie forme (individuali o

collettive) che connettono pensiero e

cultura. Soprattutto le emozioni

dell’uomo, attraverso la narrazione,

trovano il mezzo più efficace di

espressione. Il pensiero narrativo possiede

una molteplicità di significati, ma questi

necessitano di essere tradotti, affinché si

possano costruire una o più forme di

comunicazione che siano rielaborate dai

soggetti secondo i termini della

narrazione. Il discorso narrativo permette

di rendere comprensibile, comunicabile e

ricordabile il vissuto.

Il raccontare permette una sorta di

“collegamento” dalla duplice funzione: da

un lato diretto all’interiorità, nei termini di

una narrazione in funzione riflessiva,

dall’altro lato rivolto al contesto in cui si è

immersi.

Lo storytelling è un'arte e uno strumento

per ritrarre eventi reali o fittizi attraverso

parole, immagini, suoni. È uno strumento

naturale attraverso il quale può avvenire

una forma di comunicazione efficace:

coinvolge contenuti, emozioni,

intenzionalità e contesti. La storia

raccontata ha una connotazione emotiva

perché coinvolge le persone ed è, inoltre,

attività collaborativa perché implica

l’esistenza di un narratore e di un

ascoltatore.

Utilizzare il concetto di storytelling con

precisione è però molto complesso. Il

termine in sé è infatti molto difficile da

definire univocamente data la sua

applicabilità agli ambiti più disparati,

inoltre, il suo essere intraducibile in

italiano rende il processo di

comprensione molto elaborato.

Per queste motivazioni, nel primo

capitolo, accanto alla definizione e alla

comprensione del concetto di storytelling

ci occupiamo di tutti quegli aspetti che

meglio ci permettono di definire un

quadro di riferimento.

Nel secondo capitolo abbiamo studiato

come con i nuovi media è possibile

sviluppare una nuova forma di narrazione

attraverso i concetti di transmedialità e

narrazione crossmediale, focalizzando

successivamente le nostre analisi sul

mondo del mobile e dei social network.

Nel terzo capitolo abbiamo ritenuto

opportuno concentrarci sul tema del

personal storytelling come metodo

efficace per narrare il proprio Io online. In

particolare, abbiamo analizzato tutti gli

aspetti utili alla creazione di relazioni

intorno a noi, fondamentali perché la

storia su noi stessi appaia più

coinvolgente e interessante.

Nel quarto capitolo è stato analizzato

come lo storytelling possa diventare un

ottimo strumento al servizio della politica,

al fine di mobilitare le emozioni degli

elettori e coinvolgerli in una relazione

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durevole.

Nel quinto capitolo, il nostro lavoro si è

concentrato sullo storytelling applicato al

turismo, analizzando come hotel,

destinazioni e luoghi si prestino

naturalmente alla narrazione di una storia

capace di stimolare nel viaggiatore il

desiderio di visitare i luoghi raccontati,

creando immedesimazione.

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1-

1.1

Parlare di storytelling è come parlare di

scienze della narrazione applicate agli

ambiti più disparati, dal marketing alla

comunicazione, dal consumo alle risorse

umane fino alla politica e alla medicina.

Il tema principale, che rientra nel nostro

interesse conoscitivo, è come utilizzare le

scienze della narrazione, che noi

definiamo storytelling, nel marketing e

nella comunicazione.

In primis per narrare nell’ambito del

marketing e della comunicazione ci sono

alcuni aspetti fondamentali da tenere in

considerazione:

1. Transmedialità delle piattaforme.

Oggi non esiste più un solo

medium, inteso come strumento

cartaceo o digitale, ma è più

appropriato parlare di habitat

mediatici dove convivono tutti gli

stakeholder. La cross-medialità è

intesa anche come compresenza di

piattaforme online e offline.

2. Posizionamento esistenziale. Per

fare storytelling bisogna avere il

coraggio di posizionarsi in modo

esistenziale. Con ciò si intende

l’azione volta ad attirare, con un

linguaggio emotivo, il pubblico,

assumendo una posizione

esistenziale che abbia un punto di

vista forte ed indichi una strategia

da seguire.

3. Pianificazione strategica. Pianificare

in modo strategico ha il principale

scopo di ordinare in modo logico e

strumentale tutti gli elementi chiave

della comunicazione, ovvero i

media, i contenuti ed i pubblici.

4. Naturalezza. La narrazione deve

apparire naturale, spontanea,

empatica e anche poetica, ma alle

spalle vi deve essere una forte

struttura ingegneristica pianificata.

Nel business, la realtà dimostra che parlare

di un oggetto o di un servizio attraverso

un racconto divulgato su più piattaforme

mediatiche, in un tempo prestabilito e

secondo una strategia, funziona. Fare

storytelling è, però, di più. È narrare di un

oggetto fisico o virtuale, di un marchio, di

un’istituzione o di una persona, creandone

una storia apparentemente reale e

naturale, divulgandola su più media e

seguendo una precisa strategia di base.

6

1.2 ’ ’

Come già sottolineato,

definire il termine

storytelling è molto

complesso. Più facile è,

però, dire cosa non è

fare storytelling.

Storytelling non è

autobiografismo, ovvero

non è semplicemente

raccontare una storia,

non è neanche caricare

sporadicamente qualche

foto sui social media o

raccontare su pagine

Web o blog aneddoti o

semplici racconti.

Storytelling è un termine

intraducibile in italiano e per

comprenderlo bisogna partire dalla

distinzione terminologica tra storia,

racconto e narrazione.

Lo storytelling è il metodo per progettare,

governare le identità e le relazioni

attraverso le tecniche del racconto allo

scopo di produrre valore economico,

sociale, politico o esistenziale.

Storytelling non significa, quindi,

raccontare storie. Non esiste una

locuzione italiana che traduca al meglio

questo concetto.

Potremmo tradurlo con “parlare o dire

attraverso un racconto”. Non significa

dunque semplicemente raccontare storie,

ma costruire racconti o comunicare

attraverso i racconti stessi. La storia è una

cronologia, il racconto invece è una

rappresentazione. Fare storytelling

significa creare rappresentazioni testuali,

visive, percettive, scegliendo gli strumenti

adatti ai diversi pubblici.

1.3.

Per fare storytelling, ma anche per leggere

la realtà che viene costruita attraverso lo

storytelling, è necessario avere quattro

abilità o competenze, definite, nel dibattito

sulla disciplina, storytelling skills.

Lo storytelling è quindi un processo che

implica la lettura dei pubblici, la

costruzione di contenuti mirati per quei

pubblici, la costruzione di immaginari visivi

, in inglese history, è l’insieme dei fatti, delle

cronologie o delle cronache di eventi collocati nello

spazio e nel tempo.

in inglese story, è la

rappresentazione testuale, visiva, olfattiva o sonora

attraverso cui viene raffigurata una cronologia, un

fatto o un dato a seconda degli obiettivi strategici, delle

contingenze e del pubblico.

è il processo. Il modo in cui vengono messi

insieme dati oggettivi e modi di esporli in uno spazio-

tempo mediatico prestabilito. La realtà costituita dai

fatti e dal modo in cui vengono raccontati. Il processo

narrativo è ciò che mi permette di creare ed esprimere

la realtà stessa.

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significativi e la definizione, a

priori, dei presentati nel tempo

prestabilito e nei limiti del

budget. Lo storyteller non

definisce e organizza l’identità e

le relazioni, ma costruisce gli

habitat o eco-sistemi narrativi

allineando i diversi canali a

disposizione.

1.4.

Fare storytelling vuol dire

sfruttare la narrazione, una delle

pratiche più antiche ed efficaci

della buona comunicazione. Ma

vuol dire anche informare ed

emozionare il pubblico senza

annoiare. Secondo Luisa Carrada

le storie sono << le uniche che

dalla notte dei tempi sanno unire

informazioni, conoscenza,

saggezza, emozioni, cura di sé e

degli altri (…) Ci sono state civiltà

che hanno ignorato la ruota, ma

nessuna che non abbia

conosciuto le storie>> (Il mestiere

di scrivere, 2008).

Non è semplice: ci sono dei punti

da rispettare. ABC Copywriting

ha creato un’infografica con gli

ingredienti necessari per creare e

raccontare una grande storia.

Fiducia – Le persone che

ascoltano la storia hanno fiducia

nel narratore? Hanno fiducia in

te? Conoscono il tuo brand?

Questo aspetto è fondamentale

Le quattro competenze narrative, ciascuna corrispondente ad un profilo professionale,

sono:

1. . La prima figura professionale necessaria è lo stratega del racconto. È colui che decide

perché raccontare ed è in grado di leggere il pubblico a cui raccontare, perché per ciascun individuo, la storia più importante è la propria.

Lo storytelling non è autobiografismo: in ciascun racconto non si parla di sé agli altri, ma

si parla degli altri affinché questi ultimi si rispecchino in esso. Lo strategic storyteller è un

professionista evoluto in grado di leggere i pubblici attraverso la psicologia copionale ed è in grado di capire la storia di vita degli altri, allo

scopo di raccontare al meglio la propria.

2. La seconda competenza è lo script-writing narrativo, che non consiste nella

semplice abilità di scrivere o di scrivere in modo creativo, ma implica lo scrivere in modo

narrativo creando mondi di senso e di destino.

3. . Il visual storyteller è colui che è capace di creare immaginari visivi. L’aspetto cruciale di

questa competenza, una volta letto il pubblico e dopo la definizione dei contenuti, sta nel come

mostrare al pubblico, in termini visivi, determinati contenuti e nel definire

l’immaginario dei contenuti stessi. In sintesi il visual storytelling entra in gioco nel momento

in cui occorre definire l’immaginario di una campagna pubblicitaria o comunicativa in cui le

immagini in senso lato (dalle foto sui social media, alle inquadrature di un video)

trasferiscono messaggi coerenti col racconto individuale, collettivo o dell’azienda stessa.

4. Il media narrative designer è colui che

orchestra e disegna l’habitat mediatico ove avrà luogo il racconto (dalla carta stampata, al web, alla televisione o alla radio e nei diversi contesti

on e offline). Il tutto nei limiti stabiliti da elementi fondamentali quali il budget e il tempo

a disposizione

.

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per garantire la buona riuscita della

propria azione di storytelling.

Emozioni – Le storie hanno bisogno di

uno sviluppo che tocchi le emozioni.

Grandi narrazioni si basano su grandi

emozioni, si possono usare conflitti,

soluzioni, tensioni, misteri e rivelazioni.

Relazione – Il pubblico deve

identificarsi nel racconto. Questo

passaggio permetterà di creare un

rapporto speciale: identificarsi con il

personaggio di una storia vuol dire

lasciarsi trasportare nella narrazione.

Semplicità – Una storia semplice è una

storia forte. È necessario togliere tutto

ciò che non serve alla narrazione,

eliminare gli eventi meno importanti,

unire personaggi minori in uno, ridurre

al minimo menzioni ad altri luoghi.

Personale – Il destinatario vuole dare

un significato personale alla storia. È

consigliabile indicare la struttura e

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suggerire dei riferimenti, ma lasciando

sempre spazio alle persone per

applicare una propria morale della

favola.

Immersione – A volte il pubblico si

immerge completamente in una storia,

vive le esperienze raccontate in prima

persona e diventa il personaggio

principale.

Familiare –

L’audience valuta

nuove storie

confrontandole con

quelle che già

conosce. Storie

diverse possono

condividere una

struttura collaudata,

uno sviluppo

riconoscibile e facile

da inquadrare.

1.5.

Tra il 1930 e il 1940 lo

storytelling incontra,

nella radio prima e

nella televisione

dopo, il marketing e la

comunicazione. In

quegli anni, in

America, i primi “Mad

men” strutturano, nei

brevi passaggi

pubblicitari, piccole

storie (generalmente

a puntate). Tali storie

raccontano qualcosa di un brand, al di là

delle semplici caratteristiche tecniche, in

modo da creare nel pubblico curiosità,

aspettative, suspense e una forte

fidelizzazione. Il caso più emblematico di

questo genere di storytelling è

rappresentato dalle “Soap Opera”.

L’Italia arriva con ritardo ai livelli americani,

anche a causa degli effetti devastanti della

Secondo Andrea Fontana (2011) sette sono i principi

chiave dello storytelling:

1. . Una narrazione penetra nelle storie di

vita dei suoi lettori e ne determina nuovi percorsi;

2. ’. Una narrazione oggi è trans-mediale:

entra ed esce da più canali comunicativi;

3. . Una storia genera sempre un

mondo. Il prodotto mediale è uno spazio che

talvolta entra in relazione con la vita quotidiana;

4. ’ Il mondo della narrazione diventa parte

integrante del mondo reale e dalla storia si

estraggono linee di sviluppo della nostra identità;

5. ’ I racconti oggi si aprono, si chiudono e si

riaprono. Non solo i pezzi di storia sono dispersi su

diversi segmenti all’interno dello stesso medium ma

si diffondono in media diversi;

6. ’ Le narrazioni (politiche, organizzative,

di consumo) sono sempre più soggettive. Si

affidano al punto di vista di un personaggio/autore

del racconto, questo genera maggior

identificazione;

7. Una narrazione genera una performance

di attivazione in termini culturali, è un cultural

activator: una attività che dà alla comunità

qualcosa da fare.

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Seconda Guerra mondiale prima, e della

crisi petrolifera poi, e vede l’apice dello

storytelling a metà degli anni settanta, con

la diffusione massiccia nelle case

dell’apparecchio televisivo e con il

consacrarsi del Carosello (1957-1977),

contenitore di storie e non solo di

pubblicità.

Con la fine degli anni novanta nulla, alla

radio, in televisione, sul Web, dura più di

un battito di ciglia. Le canzoni e lo

storytelling vengono sostituite da claim,

immagini accattivanti e dai banner, poiché

ora è la quantità che conta, perché il

numero di persone che possono essere

raggiunte in pochi istanti è assolutamente

inimmaginabile.

Sono la New Age e il Web 2.0 che salvano

lo storytelling e la comunicazione di

qualità riportando, grazie anche alla

massiccia diffusione della banda larga e

dei Social Network, i ritmi ed i modi ad un

livello sostenibile, esaltando nuovamente i

contenuti e le cosiddette storie a puntate.

La quantità concede il giusto spazio alla

qualità e la struttura

stessa della

comunicazione si

modifica.

In televisione, alla

radio, sui siti di video

sharing, lo storytelling

a puntate si diffonde

in modo virale, poiché

il brand non è più il

soggetto della

comunicazione, ma

solo il punto a cui la

storia stessa deve

giungere per

comunicare il

messaggio giusto. Così si diffondono le

storie fantastiche, imprevedibili, articolate,

nella maggior parte dei casi intrise di

effetti speciali, in grado di catturare il

pubblico semplicemente con la trama.

L’applicazione dello storytelling al

corporate rispecchia tutti gli elementi fin

qui trattati.

Lo Storytelling Management è una

disciplina ampia e articolata che,

basandosi sui principi della narrazione

applicata all'impresa, genera un vasto

assortimento di strumenti cartacei, digitali

e relazionali che possono essere applicati a

diverse aree o funzioni aziendali, come per

esempio i principi strategici, il brand

management, la comunicazione integrata,

l’advertising, la formazione e il product

design.

Andrea Fontana ci spiega più nello

In conclusione, le fasi e i passaggi chiave sono:

1) Analizzare e coinvolgere i pubblici e gli interlocutori

perché la storia che conta è quella degli altri;

2) Utilizzare tutte le tecniche riconducibili alla disciplina del

biographical intelligence che legge la storia di vita dei

lettori;

3) Produrre la sceneggiatura (core-story) da applicare

all’oggetto o alla comunicazione;

4) Capire e creare la comunicazione integrata e gli habitat

mediatici più adeguati per raggiungere gli obiettivi

prefissati.

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specifico quali sono le principali sfide oggi

a questa applicazione:

- Necessità di un management

preparato e che crede nello

storytelling, nelle sue tecniche e nei

suoi risultati.

- Avere il tempo per lavorare e costruire

la strategia nel modo adeguato.

- Problema culturale specifico dell’Italia

dove manca una cultura verticale dei

processi, in particolare nell’ambito

comunicativo e di marketing.

- Assenza di un pensiero sistemico

complessivo, L’organizzazione è un

sistema complesso che solo visto nel

suo insieme permette la presa di

decisioni sensate.

La comunicazione classica non crea

tensioni e finisce bene, quella narrativa

deve creare una forte tensione

problematica e non necessariamente

finisce bene, deve contenere del conflitto.

Gli obiettivi dello storytelling che lo

distinguono da una comunicazione

classica sono:

1. Motivare il pubblico

2. Ingaggiare il pubblico

3. Empatizzare il pubblico, rispecchiare le

sue emozioni autobiografiche profonde e

creare un destino condiviso.

12

2 –

2.1.

Raccontare è diventato un gesto naturale

al giorno d’oggi: ognuno è capace di

narrare una storia, soprattutto quella che

nasce in un modo o nell’altro

dall’esperienza quotidiana.

Ed è proprio lo Storytelling ad essere al

centro dell’attenzione nello sviluppo delle

nuove strategie di marketing e in generale

di comunicazione: oggi più che mai è

diventato chiaro come “raccontare” sia

diverso, oltre che più efficace, dal semplice

“dire”. Anche quando l’oggetto delle

narrazioni non sono più soltanto storie,

ma brand, prodotti o nuove tendenze.

Il passaggio dal “marketing emozionale”,

quello delle pubblicità per vendere un

prodotto, al “marketing del racconto”, è

stato un passaggio necessario in questo

periodo in cui i consumatori non credono

più alle belle parole o ai bei video per

sponsorizzare un brand, ma vogliono

storie concrete, racconti di esperienze

reali, con contenuti importanti e

approfondimenti personali.

In questo senso sono l’esperienza e

l’interattività gli strumenti più utilizzati per

ottenere la più alta partecipazione del

pubblico. L’utilizzo di schemi narrativi ha

un ruolo importante nell’influenzare il

comportamento dei consumatori e nel

migliorare il rapporto con i brand.

La narrazione sta cambiando sempre più

velocemente: sono moltissime le forme

inedite di racconto che le nuove

tecnologie permettono, moltiplicando le

possibilità per i creativi che pongono al

centro della propria strategia lo

storytelling.

2.2 ’

È proprio con l’avvento dei nuovi media

che oggi si parla di concetti come

transmedialità e narrazione crossmediale.

La narrazione crossmediale è quel

procedimento attraverso cui una

storia viene raccontata con mezzi

di comunicazione differenti, sia nel

senso che la stessa vicenda viene

esposta più volte, nelle varie forme

<< La distanza più breve tra

due persone è sempre una

storia!>>

(Max Giovagnoli)

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corrispondenti ai diversi media, sia

nel senso che essa si sviluppa lungo

un percorso che prevede una serie

di passaggi, paralleli

all’avanzamento della trama, da un

medium ad un altro. A ben vedere,

non è qualcosa di radicalmente

diverso da quanto avveniva già

nella Grecia antica, quando gli

stessi miti venivano narrati, in forma

diversa, nell’epica, nella lirica, nel

dramma; ma certo si tratta anche di

qualcosa di nuovo, che sta dando

origine, come è naturale, ad una

terminologia anch’essa in gran

parte inedita.

Uno strumento importante per

comprendere meglio tali termini e le

differenze che essi implicano è fornito

dalla classica e ben nota distinzione

(Teoria della letteratura, 1925), tra fabula e

intreccio: semplificando, si può affermare

che la fabula è la sequenza degli eventi

disposti in ordine logico e cronologico,

mentre l’intreccio è il modo in cui il

narratore li dispone nel raccontarli.

Ora, nel momento in cui si torna a narrare

una storia già esposta altrove, nell’ambito

però di un diverso medium, si hanno le

seguenti possibilità:

1. stessa fabula e stesso intreccio: è il

classico “remake” in cui si mira ad

una riproduzione il più possibile

esatta.

2. stessa fabula ma intreccio diverso: è

probabilmente il caso più

frequente, in questo caso sarà

opportuno parlare di “retelling”,

con riferimento al fatto che la stessa

storia viene narrata di nuovo, ma in

modo diverso;

3. diversa fabula e diverso intreccio: è

il caso forse più interessante tra le

tre potenziali combinazioni; sarà

opportuno ricorrere alla categoria

del “reimagining”, il quale prevede

che una storia sia non soltanto

raccontata, ma anche immaginata

in modo differente.

Dunque ci sono multiple e stimolanti

interpretazioni che vengono offerte con

l’utilizzo dei nuovi media.

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Transmedia Storytelling: è una

forma di comunicazione che,

muovendosi attraverso diversi tipi di

media, contribuisce ad ogni

passaggio con nuove e distinte

informazioni all'esperienza

dell'utente. Usando diversi formati

di media, si contribuisce a creare

dei "punti di entrata" attraverso i

quali l'utente può immergersi

completamente nella narrazione.

L'obiettivo di questa immersione è

di decentralizzare il rapporto tra

autore ed utente.

Vi sono due fattori prominenti che

guidano la crescita della comunicazione

transmediale:

Il primo è la proliferazione dei nuovi

media come i video games, internet

e le piattaforme mobili con le loro

applicazioni.

Il secondo è l'incentivo economico

per i creatori di media che

abbassano i costi di produzione

condividendo gli assets.

La comunicazione transmediale spesso usa

il principio della ipersocialità attraverso

pratiche di creazione delle storie anche da

parte di persone che non hanno

direttamente a che fare con la produzione

principale.

La narrazione e l’esperienza cui sono

chiamate le diverse audience, sono al

contrario trasversali; altrimenti non

avrebbe senso coinvolgere mezzi e

piattaforme così diversi, simultaneamente.

Un esempio di comunicazione

transmediale è la serie Tv Monster Caffè.

Il Monster Caffè di Roma come location,

ritrovo e “covo cool” di un gruppetto

strampalato di amici amanti dei motori e

del bon vivre. Sette personaggi con sette

modi diversi d’intendere la velocità,

l’energia e la manutenzione degli affetti e

dei rapporti di oggi. Maniaci e easy rider,

narcisi o amanti del lusso in tempi di crisi

affrontano ironicamente la “singletudine”

e i problemi avventurosi della quotidianità

incontrandosi per qualche minuto nel

locale appena inaugurato da uno di loro,

Igor. Monster caffè è una serie

transmediale con due registri: comico e

melò. 12 episodi da 15 minuti in tv

integrati da 12 pillole tematiche e da un

puzzle game nel web ai quali si

aggiungono contenuti extra per gli

smartphone e concorsi a premi sui social

network.

2.3 :

Se parliamo di narrazione e mobile, non

possiamo assolutamente non descrivere la

nuova idea del sito www.ilmiolibro.it, il

quale raggruppa la più grande writing

15

community italiana, dove è possibile

realizzare il sogno di veder la propria storia

pubblicata grazie al sistema di self

publishing.

Il nuovo sito è ottimizzato per smartphone

e tablet e su di esso vengono pubblicate

storie soprattutto brevi. Gli elaborati sono

ovviamente proposti da tutti gli autori che

potranno così vedere le proprie opere lette

dagli utenti del sito.

Un formato short per una lettura veloce,

da sfruttare in momenti dove riprendere il

filo narrativo di un romanzo o di un saggio

lungo sarebbe troppo complesso. Dunque

la chiave per la realizzazione di questo

progetto è stata l’idea di aver realizzato un

sito espressamente per esser letto in

“movimento” con i contenuti ottimizzati

per i diversi device, rivalutando la

narrazione breve.

Iscrivendosi gratuitamente, si può

stampare il libro a tempo di record, creare

ebook e, se si vuole, si potrà costruire la

propria pagina pubblica di autore con la

biografia personale, i propri libri e progetti.

Dopo averlo creato, si potrà pubblicare il

proprio libro sul sito www.ilmiolibro.it e

guadagnare per ogni copia venduta,

seguendo il report delle vendite sul sito e

vedendosi accreditati i compensi a tempo

record. Addirittura si potrà vendere il

proprio libro anche nel circuito laFeltrinelli.

Il sito mette, inoltre, a disposizione i

migliori strumenti per favorire il

networking e avere maggiore visibilità per

vendere il proprio libro.

Tutti possiamo essere storyteller, basta

essere sinceri ed emozionare con i propri

racconti.

2.4 :

L’essere umano è intrinsecamente legato

alle storie e ai racconti, fin da bambino.

Ecco perché per un brand è importante

diventare a sua volta storyteller.

Il contenuto del marketing è radicalmente

cambiato: se prima il prodotto era al

centro dell’attenzione, successivamente i

bisogni del cliente sono diventati più

importanti; oggi tocca alle aziende far

muovere i consumatori nella direzione

giusta, raccontandogli, con esperienze

uniche ed emozionali, il perché

dovrebbero scegliere un determinato

brand.

Con lo sviluppo dei social media, lo

storytelling è diventato sempre più virale;

bisogna fare attenzione a non prendere i

social come l’ennesimo canale di

comunicazione tradizionale, ma utilizzarli

come dei canali di conversazione.

Di seguito elenchiamo perciò i 4 aspetti

fondamentali per uno storytelling di

successo sui media:

1. Autenticità: bisogna essere sinceri

nel racconto;

2. Semplicità non è necessario

raccontare il dettaglio che serve a

poco;

3. Universalità: il racconto deve valere

ed essere uguale per tutti;

4. Emozione: la story deve suscitare

emozioni nel cliente.

Quindi il vantaggio dello storytelling sui

social è il fatto di poter sfruttare diverse

piattaforme, ma la difficoltà sta appunto

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nel raccontare in maniera precisa con gli

strumenti che si hanno a disposizione.

Per poter fare storytelling sui social è

necessario:

Raccontare qualcosa sulla nascita

del brand: tutte le grandi fiabe

iniziano con “C’era una volta”.

Mostrare storie quotidiane, di

persone reali: e il “vissero felici e

contenti”? Bisogna mostrare cos’è

successo alla vita dell’azienda,

com’è lavorarci, cosa si fa.

Condividere valori: le grandi cause

spesso fanno parte dei valori

aziendali. Che sia la battaglia contro

lo spreco di risorse naturali, la difesa

degli animali o dell’ambiente, il

consumatore vuole saperlo.

Integrare contenuti provenienti

dagli utenti: quando si dice

all’amico “Non sai cosa mi è

successo ieri sera” è più interessante

se questo propone a sua volta un

racconto. Condividere le storie degli

utenti è importante.

Soffermandoci ed analizzando le singole

piattaforme social, noteremo come

ognuna si differenzia per diversi motivi;

per questo è importante selezionare bene

il proprio social network di riferimento nel

quale costruire la propria story.

FACEBOOK: è possibile

completare la timeline con

contenuti storici, e aggiungere

informazioni nell’apposita sezione

evidenziando i valori aziendali, le

attività di rilievo e i dettagli.

TWITTER: si noti come lo storytelling

sia sempre più importante. In

passato un aggiornamento, con lo

scopo di migliorare la possibilità di

narrazione, aveva creato scalpore

perché rendeva questo social molto

simile a Facebook (più spazio alle

immagini). Inoltre anche in questo

caso avere una bio di impatto è

sempre una carta vincente ed un

buon biglietto da visita.

INSTAGRAM: è possibile

condividere immagini d’effetto o,

come ha fatto Starbucks, creare un

video che racconta una storia.

“How we met”, l’incontro di due

persone in un bar, sembra quasi

l’inizio di un romanzo. Instagram è il

principale social per visual

storytelling; per farlo in maniera

corretta è consigliato dagli esperti

del settore mantenere un profilo

curato e attivo. Il 2016 sarà un

anno nel quale si dovrà prestare

molta attenzione ad Instagram per

quanto riguarda il digital

advertising.

YOUTUBE: fantastico strumento di

promozione e storytelling

emozionale, è fondamentale capire

e conoscere le potenzialità offerte

<<Lo storytelling è l’arte di dare

forma e significato a

un’informazione che altrimenti

sarebbe noiosa>>.

(Christian Salmon)

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da questo strumento ma, come tutti

gli strumenti, bisogna anche

definire una strategia di marketing

adeguata per lo sviluppo dello

storytelling.

Per essere un buon marketer è importante

essere un buon narratore: bisogna

raccontare storie che si diffondano, creare

prodotti rimarchevoli, vivere e far vivere il

racconto, emozionando. Il tutto per

sviluppare un rapporto continuativo con i

consumatori, sfruttando questa

opportunità per migliorare e veicolare la

value proposition del brand e delle

communities di riferimento.

In un mondo complesso come quello della

rete, in cui le storie fluiscono di continuo,

intercettare il filo narrativo sul quale

viaggia questa necessità diventa cruciale

per sintonizzarsi sulla stessa frequenza, in

termini sia di codice che di contesto.

Questo ci rimanda ad una delle regole

fondamentali dello storytelling : per farsi

ascoltare e far prevalere il proprio

racconto è necessario, in primis, aprirsi

all’ascolto e al dialogo.

Il digital storytelling è umile, partecipativo,

emozionante. Umile perché per

raccontare una buona storia è necessario

mettersi nei panni dell’ascoltatore e questo

è un atto di umiltà. Non esiste una storia

che si racconta solo per se stessa. Il valore

di una storia sta nella sua capacità di

coinvolgere e far partecipare gli altri.

Emozionante perché una buona storia è di

per sé un modo per trasmettere emozioni.

18

3 –

Lo storytelling ha lo scopo di raccontare

storie che rendono protagonista un

prodotto o un servizio e lo mostrano

attraente e innovativo. Ma cosa accade se i

protagonisti di una storia siamo noi?

Lo storytelling come strumento di Personal

Branding fa in modo che chi legge possa

capire cosa c’è dietro ciascun nome.

Valorizzarsi e comunicare il proprio valore,

farsi un nome, farsi stimare, crea un asset

che può essere utile per continuare ad

essere rilevanti nel mercato del lavoro.

Luigi Centenaro, fondatore del

PersonalBrandingCanvas.com pone due

domande:

“Quante persone conosciamo che sono

brave in ciò che fanno, ma non sanno

vendersi?

Quante persone conosciamo, invece, che

sono meno brave di noi eppure hanno più

successo?”

Fare storytelling di sé significa giocare a

carte scoperte, andando oltre ciò che

viene scritto sul curriculum vitae. Il

racconto può partire dalla presentazione

di un personaggio che vive una certa

situazione di equilibrio, scopre di, o è

spinto a cambiare, affronta varie prove ed

in seguito, riesce a tornare in una

situazione di nuovo equilibrio trovando la

strada per raggiungere ciò che vuole.

Per esempio, Steve Jobs ha lasciato il

segno nel mondo digitale, egli sapeva

quanto erano importanti la

comunicazione, le interazioni e le relazioni

con gli utenti.

Le sue presentazioni avevano tutti gli

elementi di un grande film: eroi e cattivi,

immagini sorprendenti, un cast di

sostegno e come un regista

cinematografico, creava uno storyboard

della trama.

Trovava un’unica frase descrittiva per

posizionare ogni prodotto. Una frase

molto lunga che avrebbe poi riempito di

dettagli durante il corso della

presentazione, perché gli ascoltatori

hanno bisogno di vedere l’intero quadro

prima dei dettagli.

Quasi tutte le presentazioni di Jobs erano

divise in tre parti poiché il pubblico riesce a

mantenere solo tre o quattro punti nella

memoria a breve termine.

Il suo discorso alla Statford University è un

esempio lampante di personal storytelling,

in linea con gli elementi più importanti

citati precedentemente.

Raccontarsi è un passaggio ulteriore da

fare quando si pensa di aver finalmente

C’è un acronimo per spiegare in sei

punti come dovrebbe essere un

storia:

“ ” ovvero Simple,

Unexpected, Concrete, Credibility,

Emotion, Stories.

19

unito i famosi puntini di Steve Jobs, ma la

scelta dei fatti porta con sé un’operazione

di sintesi, poiché non bisogna dilungarsi

con un romanzo, ma con un racconto

breve, ben scritto e davvero

rappresentativo.

E’ necessario avere chiaro da dove si viene

per mostrare dove si vuol andare e

focalizzarsi sui propri punti di forza. Noi

non siamo solo i posti in cui abbiamo

lavorato e studiato ma siamo la storia che

abbiamo vissuto da protagonisti.

3.1 -

L’uomo ha sempre avvertito la necessità di

esprimere la propria identità ed essere

accettato dal gruppo di riferimento

attraverso le azioni che compie e i beni

che acquista.

Il mondo digitale offre a chiunque la

possibilità di comunicare un prodotto o

sevizio, ma anche di mostrare se stessi e

ciò che fa parte del proprio mondo.

In questo modo si possono trasformare le

proprie esperienze in un valore collettivo,

come spiega Francesca Sanzo, nella sua

opera “Narrarsi Online. Come fare

Personal Storytelling” (2014).

Grazie alle piattaforme social siamo passati

dall’essere meri consumatori a produttori

di contenuti, è questo che ci rende attivi e

storytellers.

Raccontare se stessi online riesce a farci

conoscere sia come persone che come

professionisti, tutto dipende dal target a

cui vogliamo rivolgere la comunicazione.

Ma anche se tutto ciò può sembrare facile,

la quantità di mezzi tecnologici che

abbiamo a disposizione rende difficile tale

attività. Infatti, bisogna curare la

comunicazione per non cadere nel banale

e per compiere un buon lavoro ed

ottenere un ottimo risultato è necessario

generare empatia, essere coerenti

nell’elaborazione dei contenuti ma

soprattutto coinvolgenti. In questo modo il

target a cui è rivolta la comunicazione può

riconoscersi nel racconto; si sviluppa così

un processo di co-creazione della storia

con un arricchimento sia del lettore che

del narratore.

Grazie all’avvento del digitale e alla

moltiplicazione dei mezzi di

comunicazione le distanze tra le persone

vengono meno e le connessioni si

moltiplicano. Ma dobbiamo saper gestire

le conversazioni che ci riguardano,

proteggere la nostra privacy, tutelare la

narrazione che ruota attorno a noi e

contribuire a ciò che immettiamo online

per non accrescere solo il rumore di fondo,

ma per incrementare i diversi punti di vista

e condividere sapere, informazioni e

conoscenza.

3.2 - “

Proponiamo qui di seguito alcuni esempi

di Personal Storytelling, individuando i

migliori esponenti di questa tecnica sulle

tre piattaforme più usate in questi anni.

3.2.1 -

Uno dei migliori travel blogger del 2015.

Instagram non è solo immagini, testo e

20

hashtag sono fondamentali per descrivere

e coinvolgere i followers. Il contenuto

deve incuriosire e mai annoiare.

Essere innovativi, creativi, differenziarsi

dagli altri risulterà utile per mostrare le

proprie potenzialità, ma soprattutto

emozionare.

Caspar Diederik (@storytravelers) descrive

se stesso come uno “storytelling artist”.

Fotografa tutto, dai paesaggi alle persone.

I suoi scatti sono intensi, luminosi,

affascinanti e creativi. Riescono a catturare

l'emozione e il movimento in modo da

ottenere sempre una sensazione reale per

quello che sta succedendo sulla scena.

3.2.2 -

In campo religioso: Papa Francesco

(@Pontifex).

Lo storytelling è un mezzo per comunicare

i propri valori e far sì che essi siano

condivisi dalle e fra le persone. Può essere

ritenuto l’arte di toccare le corde del

cuore, creando mondi possibili e

condivisibili. Ed è proprio ciò che fa Papa

Francesco: crea e condivide un mondo

possibile “attraverso una narrazione, che

non va intesa semplicemente come un

racconto, ma come la descrizione di un

mondo i cui protagonisti sono le persone

stesse comprese nella narrazione.”

(Ballardini, 2014)

Papa Francesco mette in atto una strategia

di comunicazione responsabile. Il suo stile

comunicativo cambia radicalmente

rispetto al passato e si nota il

cambiamento del rapporto tra fedeli e

Chiesa.

Le ragioni del suo successo sono dovute

alla maggior empatia, alla conoscenza

delle reti sociali e alla coerenza tra fatti e

parole, ma soprattutto all’autenticità.

La comunicazione è più emotiva, più

vicina al vissuto comune e c’è maggior

comprensione da parte delle persone.

Bergoglio è ormai un leader carismatico,

come lo definiscono molti, che ha

compreso il potere dei social media e l’ha

utilizzato per parlare ai diversi popoli,

facendosi capire con la stessa forza e

mostrandosi coerente. Infatti fin dall’inizio

è sempre stato intenzionato a utilizzare un

linguaggio ad hoc per ogni contesto, ma

rimanendo fedele alla sua narrazione

originaria.

21

3.2.3 –

L’ironia e la semplicità di Gianni Morandi.

Ciro Marandola in un suo articolo parla

della strategia comunicativa sui social di

Gianni Morandi, come un caso di

“marketing perfetto”.

La pagina è “spontanea, naturale, positiva

senza essere stucchevole”, come la

definisce Francesca Sanzo.

L’utilizzo della pagina Facebook del

famoso cantante è annoverata tra le best

practice degli ultimi anni.

Il “ragazzo eterno” ha iniziato a pubblicare

quotidianamente autoscatti (come li

chiamerebbe lui), dove si fa riprendere nei

vari momenti della giornata. Tutto però

sempre accompagnato da un elemento

importantissimo: le domande ai fan. Un

esempio su tutti, la domanda a tutti i fan di

scegliere la lista delle canzoni più

rappresentative della sua carriera.

Le domande, il filo diretto con i fan, i

momenti quotidiani in casa con un modo

semplice e schietto di comunicare, tutti

fattori che rendono una strategia di

comunicazione vincente, dove Morandi è

il testimonial di se stesso.

Sfogliare il suo diario dà quel senso di

calore e serenità che il suo pubblico di

Facebook vuole. Riesce a rendere

divertente ogni azione, ogni parola e

riesce a far placare anche chi è sempre

pronto con insulti e provocazioni. In

questo modo si crea viralità e interazione.

Con la sua strategia di personal

storytelling riesce a ritrovare le generazioni

passate e conquistare quelle attuali.

L’utilizzo dello storytelling è quindi un

ottimo modo per autodefinirsi, per

comprendere i propri obiettivi e il modo in

cui vogliamo essere riconosciuti dagli altri.

Chiunque deve essere in grado di gestire il

22

proprio racconto e aggiungere

continuamente ottimi contenuti sul

proprio profilo online, ricordando di

utilizzare empatia, coerenza, autenticità

per coinvolgere e sorprendere.

Avere molta pazienza, cura e attenzione al

nostro storytelling personale sarà il giusto

investimento di tempo che comporterà la

nascita e lo sviluppo di un lavoro che

porterà soddisfazioni a noi stessi per

quello che avremo creato e ottenuto con

“S U C C E S” (Simple, Unexpected,

Concrete, Credibility, Emotion, Stories).

23

4 –

La capacità di strutturare una visione

politica non con argomenti razionali ma

raccontando storie è divenuta una delle

chiavi di conquista del potere in una

società ultramediatica e percorsa da flussi

continui di dicerie, di notizie false e

manipolazioni.

Il successo di un candidato in politica è in

parte determinato dalla capacità di riuscire

a instaurare una relazione con l’elettore. In

questo senso, la creazione di una

narrazione può essere usata per mobilitare

le emozioni attraverso dei racconti

condivisi e far sì che il cittadino si senta

coinvolto in una relazione durevole ed

emozionale.

In tutte le epoche storiche i leader politici,

quando non hanno basato il loro potere

esclusivamente sulla forza, hanno fondato

il loro successo sulla capacità di

persuasione e di connessione con il cuore

e la mente dei cittadini. Gli stessi dittatori o

regnanti hanno dovuto costruire delle

narrazioni e dei miti in grado di

legittimare e rafforzare il loro ruolo.

Attraverso l’uso dello storytelling le

campagne pubblicitarie diventano

sequenze narrative, i consumatori

l’audience, i loghi vengono sostituiti da

personaggi. Allo stesso modo non solo le

campagne elettorali, ma anche l’intera

attività politica diventa una storia, ogni

singola iniziativa, ogni singola parola, ogni

singola immagine sono brani di una trama

coerente, comprensibile e “vendibile”.

Attraverso le storie il politico comunica la

propria identità, i propri valori, la propria

visione del futuro in modo convincente,

inoltre la narrazione permette di mettere

ordine, controllare e motivare gli eventi

umani dando loro un senso e portando al

“con-senso”.

Lo storytelling può quindi essere definito

come un processo attraverso il quale un

candidato e il suo staff possono analizzare,

sviluppare e controllare la narrazione (di

sé o degli avversari) allineando ogni

singolo racconto al personaggio e agli

obiettivi politici preposti. Il tutto volto alla

creazione condivisa di un mondo

simbolico in cui l’elettore può credere,

identificarsi e sentirsi parte attiva. Per i

seguenti motivi l’applicazione dello

storytelling alla narrazione di un

personaggio politico diventa visione

strategica e ogni attacco, ogni ostacolo,

ogni problema, devono diventare

rapidamente parte integrante della storia.

A partire dagli anni Cinquanta del secolo

scorso la politica si è progressivamente

adeguata alle logiche televisive, non a

caso lo strumento dominante nella

“Prima compriamo le storie

dei candidati

e poi votiamo le loro

ideologie.”

C. Salmon, Storytelling

2008

24

maggior parte delle democrazie è tuttora

lo spot televisivo che ben si adatta a

tecniche di comunicazione e marketing

basate sulla costruzione di storie, di

narrazioni che, come in ogni storia

efficace, hanno per protagonisti un eroe e

uno o più «cattivi».

Oggi, la diffusione dei social media apre

nuovi scenari per la comunicazione

politica dando la possibilità di avviare una

comunicazione bidirezionale. Il candidato

non può più solo limitarsi ad esprimere le

proprie idee ma deve fare i conti con il

popolo della rete non restio ad utilizzare

gli strumenti a sua disposizione per

manifestare le proprie idee, il suo

consenso e soprattutto il suo dissenso. I

contenuti prodotti dagli utenti del web al

di fuori delle campagne ufficiali dovranno

essere utilizzati dal candidato a proprio

favore facendoli diventare parte

integrante della storia altamente

segmentata che la campagna elettorale

produce e servendosene come spunto al

fine di modificare in tempo reale la storia.

La Rete, inoltre, offre il vantaggio di

rivedere un video o un discorso, di

rileggerlo, di commentarlo, di condividerlo

contribuendo alla sua diffusione.

4.1

Un candidato deve saper connettere i temi

d’interesse dei pubblici alla propria storia

biografica, al profilo di identità che

costituisce il cuore della sua identità

politica.

Una narrazione di successo è composta

nella sua formulazione essenziale da tre

fasi:

- spiegare agli elettori che cosa non va

con il paese e che cosa non ha

funzionato con il governo precedente;

illustrare il rimedio e una visione di

come sarà il paese una volta che la

situazione negativa sarà risolta;

- chiarire perché un candidato, e solo

quel candidato, è in grado di riportare

il paese in una situazione positiva.

Nelle varie fasi le storie diffuse dal

candidato diventano parte integrante del

suo profilo di identità. Quest’ultimo è

costituito dall’unione dei tratti negativi e

positivi, presi dalla sfera personale,

professionale e strettamente politica,

questi aspetti caratterizzano il candidato e

sono funzionali a definire come vuole

essere percepito dai suoi vari pubblici.

Affinché le storie divengano delle vere e

proprie strategie di cui il politico può

servirsi è necessario che seguano delle

precise linee narrative, che facciano in

modo che il politico ricopra un ruolo ben

preciso.

Le linee narrative che possono essere

utilizzate sono diverse: cura, fondazione,

valore, trasformazione, performatività,

salvezza, gioco. Ognuna di queste si può

combinare e deve contemplare delle

figure archetipiche che il politico

impersonifica: ad esempio l’eroe di guerra,

l’uomo d’affari, il politico di professione.

I social media sono uno strumento

essenziale per la comunicazione politica

basata sullo storytelling. Le pagine social

costituiscono un biglietto da visita

fondamentale per il personal branding di

una figura politica

Per avere successo è basilare non

trascurare la trasparenza, la coerenza e

l’efficacia sul lungo termine, ricordando

che tutto quello che viene divulgato

25

online ha una risonanza che non si

esaurisce con la fine di una campagna

elettorale.

L’efficacia della strategia di comunicazione

non può prescindere da un processo

strutturato di content curation, che vede

nell’attenzione agli elementi di storytelling

un aspetto nodale per muoversi mettendo

in primo piano la qualità tecnica. Questo

significa che è fondamentale evitare errori

come l’abbandono delle pagine sulle

piattaforme presidiate e la pubblicazione

di post marcatamente promozionali.

La buona gestione dei social media parte

dalla cura della biografia, facendo in modo

di portare l’attenzione dell’utente su

elementi immediatamente identificabili. È

importante dare spazio a contenuti

incentrati sulle storie di chi è parte della

community poiché servirà ad arricchire lo

storytelling della campagna politica.

Anche la newsletter può essere

considerata come un canale fondamentale

per integrare elementi di storytelling,

l’utente stesso, attraverso l’iscrizione,

chiede di entrare a far parte del circuito di

comunicazione e di ricevere contenuti

interessanti.

Il visual storytelling risulta utile per

aumentare la fidelizzazione del target,

soprattutto in momenti caratterizzati da

un forte valore emozionale. I contenuti

video rappresentano un canale primario

per integrare lo storytelling e renderlo un

elemento utile alla fidelizzazione

dell’utenza. L’ottimizzazione della video

gallery ufficiale costituisce un aspetto

fondamentale per l’efficacia della

comunicazione politica, a tale scopo essa

va costantemente aggiornata

raccontando personalmente le

caratteristiche del proprio percorso e

aprendosi a processi di storytelling

collaborativo.

Per fare in modo che un processo di

storytelling risulti funzionale è utile

ragionare anche in ottica di viralizzazione

dei contenuti. È importante curare la call

to action, puntando a un livello di

engagement in grado di dare visibilità a

messaggi fondamentali per la campagna e

puntando su dei contenuti emozionali.

4.2

Le campagne elettorali statunitensi sono

delle vere e proprie battaglie fra storie.

Guardando alle più recenti tornate

elettorali, nel 2004 vediamo contrapporsi il

repubblicano George W. Bush e il

democratico John Kerry. Bush ha

raccontato la storia del leader forte, sicuro

e infallibile, mentre Kerry ha cercato di

vincere con l’intelletto, promettendo aria

pura, scuole migliori e più assistenza

sanitaria. A supporto della rielezione di

Bush venne realizzato uno spot intitolato

«Ashley», che narrava l’incontro del

presidente con Ashley, ragazzina di 16

anni che

aveva perso

la madre

l’11

settembre,

con il chiaro

intento di

suscitare

emozioni

negli

spettatori. Il

presidente,

figura

26

centrale del racconto, non diceva nulla,

non esponeva un’idea e non presentava

un programma, era presente solo

attraverso le testimonianze che

riportavano le sue grandi gesta e i suoi

discorsi.

Lo spot rientrava nello schema delle favole

e dei racconti mitologici usato dai

repubblicani, spingendo gli americani a

scegliere tra buoni e cattivi, usando

personaggi nuovi che attualizzavano parti

dell’eterna rappresentazione della sfida del

bene contro il male, come la minaccia, la

vendetta e la salvezza.

La campagna presidenziale successiva vide

sfidarsi l’eroe di guerra John McCain e

Barack Obama, giovane senatore di colore

ed emblema di una nuova America.

Vinse il secondo e, più che mai, i due

candidati passarono una parte sostanziale

della campagna a creare una linea

narrativa che andava dalla loro storia

personale alle esperienze che li avevano

resi adatti a essere validi presidenti.

La campagna di Obama è stata la prima

nella quale i social media hanno svolto un

ruolo rilevante e non a caso l’enfasi della

comunicazione è stata posta sul «noi»,

sulla capacità della persone di

rappresentare il cambiamento. Nel corso

di quasi due anni di corsa verso la Casa

Bianca, lo staff di Obama ha inserito oltre

duemila video sul canale YouTube del

candidato e il giorno delle elezioni un

quarto degli elettori di Obama era

collegato in qualche modo al candidato

attraverso social network e strumenti di

network marketing.

Obama nella sua corsa alla presidenza ha

fatto continuo riferimento ad elementi

biografici per rafforzare la sua narrazione

e per spiegare come le sue esperienze di

vita precedenti lo avessero preparato ad

essere presidente e a fronteggiare crisi e

situazioni impreviste. A fronte dell’accusa

di scarsa esperienza politica

contrapponeva, da un lato la sua

esperienza come community organizer a

Chicago, dall’altro una retorica del

«nuovo», della necessità di nuove pratiche

e nuove strade che lo accomunavano a

Kennedy, spegnendo le argomentazioni di

chi lo accusava di essere troppo acerbo, a

partire dalla linea narrativa di Hillary

Clinton che puntava sul tema del

cambiamento che parte dall’esperienza.

La sfida tra storie, pur essendo tipica delle

campagne statunitensi, ha ormai

contagiato le altre democrazie occidentali

compreso il nostro paese.

Berlusconi ha costruito la sua narrazione

iniziale sulla figura dell’uomo d’affari di

successo che può cambiare le cose,

apportando innovazione nella politica, e

salvare l’Italia dal pericolo di una vittoria

dei comunisti, che, in tale narrazione,

impersonificano il male. Per giustificare la

promessa di un milione di nuovi posti di

lavoro utilizzò un racconto basato sul fare,

sui risultati e sulle migliaia di posti di lavoro

creati dalle sue aziende.

Nel 2001, a ridosso delle elezioni,

Berlusconi inviò a tutti gli italiani una

pubblicazione di centoventicinque pagine

a colori su carta patinata, con testi brevi e

27

grandi foto dal titolo Una storia italiana.

Narrava la vicenda personale e

professionale del candidato alla

presidenza del Consiglio, collegando le

sue doti di imprenditore e il suo successo

privato alla capacità di fare il bene del

paese. Si trattò di un rilancio della

narrazione che lo aveva portato al

successo nel 1994, la storia

dell’imprenditore che trasforma in oro

tutto quello che tocca: la realizzazione di

Milano 2, la creazione di un colosso della

televisione come Mediaset, il salvataggio

del Milan dall’orlo del fallimento e la sua

trasformazione nel club più titolato al

mondo. Ampio spazio veniva dedicato allo

stile e all’abbigliamento del leader di Forza

Italia, alla famiglia e agli amici.

Il premier Matteo Renzi entra nella scena

politica italiana come il rottamatore,

Sindaco pragmatico, spregiudicato

comunicatore pop, boy scout militante,

icona di una generazione lasciata ai

margini dell’agenda del Paese per

decenni. In perfetta consonanza con

quanto prescritto dai manuali di

storytelling applicato alla politica, la sua

storia personale ha coinciso con il suo

programma, ruotando attorno ad un

obiettivo: cambiare verso al Paese, nel

tentativo di incrociare la diffusa domanda

di cambiamento proveniente da ampi

settori della società e di rianimare il Partito

democratico, reduce da anni di diatribe

interne e sconfitte.

La strategia è stata ricalibrata in ottica

governativa, passando a comunicare la

fiducia. Comunicare un’Italia in fase di

risalita, grazie alla battaglia per il

cambiamento condotta senza reticenze,

alle riforme incardinate e, nonostante i

veti, i passi falsi, le retromarce, le

polemiche in parlamento e nel Paese,

trasformate in leggi dello Stato.

Spesso la narrativa ottimistica di Renzi

viene accusata di essere una bieca

manipolazione, edulcorazione della realtà

asservita a meri fini propagandistici.

Critica legittima, ma piaccia o meno nella

democrazia del pubblico, governare

significa anche servirsi di escamotage

tecnici propri dello storytelling per

strutturare attese, orientare umori,

influenzare percezioni e creare senso

condiviso.

28

5 -

5.1

Lo storytelling è un potente strumento di

comunicazione per la promozione di

servizi turistici: al contrario della

comunicazione istituzionale non è

imparziale e impersonale ma si basa

sull’empatia e sulla suggestione. Hotel,

destinazioni e luoghi si prestano

naturalmente alla narrazione evocativa di

una storia capace di stimolare nel

viaggiatore il desiderio di visitare i luoghi

raccontati, creando immedesimazione.

Secondo il neurologo Donald Caln, “le

ragioni ci fanno arrivare alle conclusioni, le

emozioni ad agire”: lo storytelling, allora,

funziona perché si allontana dalla

comunicazione tradizionale, costruendo

una narrazione capace di coinvolgere

emotivamente il destinatario, creando

vicinanza e spingendo all’azione.

Le regole da seguire per uno storytelling

efficace nel turismo sono tre: provocare

per catturare l’attenzione dei destinatari;

raccontare, utilizzando lo stile di una storia

che deve avere un significato per la

destinazione e per il mercato cui si rivolge;

infine sorprendere, veicolando messaggi

chiari e trasmettendo emozioni forti.

Secondo Alessandra Farabegoli, scrittrice

esperta di digital marketing, lo storytelling

nel turismo ha efficacia solamente se viene

usato per raccontare un prodotto di

comprovata buona qualità: “Lo storytelling

non è una bacchetta magica, e funziona

solo se applicato su una solida base fatta

di prodotti che rispondono alle esigenze di

base dei turisti: pulizia, sicurezza, buon

rapporto qualità/prezzo. A parità di queste

condizioni, è il fattore umano che conta”.

Se la base da cui partire è buona, lo

storytelling può aiutare ad aumentare il

business delle aziende del settore turistico

facendo leva sulle diverse fasi della

customer journey:

Awareness: la creazione di un

racconto evocativo intorno a un

servizio turistico rende possibile

aumentare la notorietà del brand e,

di conseguenza, arrivare a quei

potenziali clienti che ancora non

erano a conoscenza del servizio

Considerazione e decisione: la

storia narrata aiuta le persone a

sintonizzarsi sulla stessa lunghezza

d’onda del mittente, attraendo

maggiormente il tipo di cliente più

compatibile per il brand

Post-vendita: la condivisione di

un’esperienza prolunga la relazione

e il ricordo, fidelizzando i clienti

occasionali e dando vita al

passaparola.

Web e social media sono ottimi spazi per

promuovere servizi turistici tramite lo

storytelling, dando vita al passaparola con

29

lo scopo di aumentare la visibilità del

brand, creare engagement, distinguersi

dalle strategie di web marketing messe in

atto dai competitor e stimolare i

viaggiatori a continuare il racconto con le

proprie testimonianze, prolungando il

piacere del viaggio. Quando applicato al

digitale e all’ambito turistico, inoltre, lo

storytelling dà vita a una nuova tipologia

di comunicazione in cui il racconto viene

costruito su diverse piattaforme e con vari

linguaggi (testi, foto e video), la trama

della narrazione si spoglia delle finzioni,

allontanandosi dallo spot pubblicitario e

diventa un racconto autentico ed

emozionale. Questo sapore di autenticità è

dato anche dal fatto che i protagonisti

spesso non sono personaggi di fantasia

ma veri testimoni di un’esperienza vissuta,

che danno vita ad una conversazione

continua, che si arricchisce grazie al

contributo di chi vuole partecipare,

diventando una narrazione a più voci.

5.2

La narrazione di un servizio turistico può

essere declinata in tre modalità:

la storia narrata in prima persona

da chi ospita: ricordi, autobiografia,

tradizioni famigliari;

le storie vissute o ambientate nei

luoghi in cui si ospita: romanzi,

leggende, canzoni, film, episodi

storici;

le storie narrate dai visitatori stessi:

stimolate, raccolte e incorniciate nel

modo migliore.

La narrazione in prima persona rende

possibile la valorizzazione dell’unicità, dei

caratteri che distinguono un’attività dai

suoi competitor e che le conferiscono

un’identità precisa. Si tratta di una

tipologia di storytelling in grado di

valorizzare le piccole strutture, dai

boutique hotel agli agriturismi a carattere

familiare, rendendo possibile uscire dalla

concorrenza basata sul prezzo e inserire la

struttura in una cornice narrativa che

esalta l’incontro.

Un esempio di storytelling declinato in

prima persona è quello dell’Hotel Tirolo,

situato a Sestola (MO), sull’appennino

tosco-emiliano. L’hotel è stato fondato nel

1952 dalla famiglia Burchi, che, ad oggi,

gestisce la struttura: lo storytelling

dell’Hotel Tirolo punta proprio sulla

continuità della gestione familiare e sui

cambiamenti apportati.

Nel sito dell’hotel, la famiglia Burchi ha

deciso di mettere in grande evidenza le

origini e i rinnovamenti della struttura,

raccontando una storia che continua da

60 anni e che si rinnova per stare al passo

con i tempi.

La seconda tipologia di storytelling è

ideale per valorizzare una destinazione,

calando gli ascoltatori nei luoghi della

storia. L’obiettivo è stimolare la fantasia e

accendere il desiderio di percorrere in

prima persona gli itinerari raccontati.

Questa tipologia di storytelling è stata

messa in atto dall’Ente Nazionale Tunisino

per il Turismo con la campagna “Liberi di

30

Viverla a Pieno”, lanciata in Italia per la

prima volta nel 2013, con una

pianificazione media che ha visto l’incrocio

dei maggiori network televisivi nazionali,

digitali e satellitari, stampa cartacea, web e

SEM. La campagna è stata declinata

attraverso diverse soggettività che

sottolineano come una vacanza in Tunisia

renda possibile unire diverse esperienze in

una sola giornata: mare, benessere, golf e

relax.

La destinazione viene quindi raccontata

attraverso visual creativi ed evocativi che

mostrano diversi contesti in un solo

paesaggio. La vacanza in Tunisia viene

narrata come un’esperienza multiforme in

grado di incontrare gli interessi di diversi

tipi di turista e sfatare il preconcetto che la

destinazione sia solo per coloro che

vogliono rilassarsi in un villaggio turistico.

Il terzo tipo di storytelling rappresenta il

desiderio del turista di prolungare il

viaggio effettuato: la struttura o la

destinazione turistica stimolano la nascita

di narrazioni intorno al luogo, per esempio

con servizi di alto livello o paesaggi

incantevoli, per poi raccogliere le

testimonianze e rappresentarle nel modo

migliore. Con la condivisione della propria

esperienza positiva su siti web di viaggi e

social network, i turisti diventano così

testimonial volontari dei luoghi visitati, con

lo scopo di generare un desiderio di

emulazione negli altri viaggiatori.

L’Hotel Salus Terme di Viterbo fornisce un

esempio di utilizzo ideale di questa

tipologia di storytelling su internet. La

struttura lascia che i gli ospiti condividano

su Instagram le testimonianze visuali

dell’esperienza vissuta in hotel e dei servizi

offerti, come le terme, la sauna, i

trattamenti rigeneranti, le cura

dell’arredamento e i piatti preparati nel

ristorante dell’hotel, per poi ripostarle sulla

propria pagina e condividerle con tutti i

follower.

31

È possibile mescolare le tre tipologie di

storytelling, dando vita ad un racconto

che metta in primo piano le qualità

distintive della struttura turistica, che

stimoli la fantasia del destinatario con una

cornice paesaggistica spettacolare e che

venga raccontata da testimonial

conosciuti. Un esempio di questa

commistione è rappresentato dallo

storytelling del Soneva Fushi, resort di

lusso alle Maldive. La filosofia a cui si ispira

il resort, a cui si fa sempre riferimento in

ogni tipo di comunicazione, è la filosofia

Slow Life, promotrice di un modo di vivere

sano, legato al benessere e al relax,

lontano dalla frenesia della vita

quotidiana. All’arrivo gli ospiti vengono

invitati a togliersi le scarpe e riporle in un

sacco di juta sul quale è stampata la scritta

“No news, no shoes”, quindi vengono

accompagnati dal maggiordomo

personale in una delle ville del resort, tutte

ispirate al romanzo di Robinson Crusoe e

arredate con materiali naturali. Il Soneva

Fushi è, infatti, il primo ecoluxury resort

delle Maldive: il tema dell’ecosostenibilità è

molto caro ai proprietari, Sonu ed Eva

Shivdasani, i primi ambassador del resort,

che sono spesso presenti sull’isola e

amano intrattenersi con i loro clienti.

Inoltre, il Soneva Fushi ricicla circa l’80%

dei rifiuti di vetro prodotti nella sua

struttura e ha creato un orto dove

vengono raccolte le erbe utilizzate per

cucinare piatti prelibati nei ristoranti del

resort. L’esperienza dell’ospitalità al

Soneva Fushi viene sublimata da un

servizio di altissimo livello, in grado di

soddisfare qualunque desiderio dei clienti,

a partire dalla scelta delle fragranze e della

musica in camera, fino ad arrivare alla

possibilità di cenare e pernottare su una

lingua di sabbia in mezzo all’oceano.

Sull’isola sono presenti un cinema open-air

e un osservatorio astronomico per

osservare le stelle, dando così agli ospiti la

possibilità di vivere una vacanza piena di

stimoli, divertimento ed esperienze uniche.

Testimonial del Soneva Fushi non solo solo

gli ospiti, che lasciano spesso pareri

entusiasti sui social network e sui portali di

recensioni online, ma anche personaggi

pubblici di fama internazionale che il

resort invita per incontrare gli ospiti: alcuni

dei tanti nomi sono quelli dell’astronauta

Buzz Aldrin, l’attrice Naomie Harris e lo

chef Carlo Cracco. In questo modo il

Soneva Fushi spinge in duplice direzione

le conversazioni intorno al resort: da una

parte i personaggi famosi, che diventano

influencer, daranno vita al passaparola

con gli amici e con il pubblico, attraverso

interviste e nella vita privata; per quanto

riguarda gli ospiti, viene loro fornito

32

un’ulteriore motivo per dare il via ad un

word-of-mouth entusiasta, online ed

offline.

5.3

I viaggi sono racconti che si sognano, si

vivono, si raccontano e condividono,

spingendo gli ascoltatori a identificarsi con

il narratore per entrare nella magia della

storia narrata, desiderando di diventare a

loro volta protagonisti di storie simili.

Creando coinvolgimento, identificazione e

spinta all’azione, lo storytelling è un

eccellente strumento per il marketing

digitale turistico, sia quando nasce

spontaneamente, come nel caso degli

User Generated Content, sia quando si

tratta di una strategia di marketing

studiata dalle destinazioni turistiche per la

propria promozione.

Ci sono sei consigli per uno storytelling

efficace nell’ambito turistico:

1. Identificare i punti di forza della

destinazione. Si tratta di ricerche

che l’operatore deve svolgere

offline, concentrandosi

sull’esperienza offerta, individuando

contenuti di valore e identificativi.

In questa fase è necessario anche

individuare e coinvolgere i

“cantastorie” locali, come artigiani,

produttori di prodotti tipici o

personaggi legati al territorio.

2. Individuare l’incipit della storia. Si

tratta della fase in cui si ispira e

incuriosisce il destinatario, uscendo

dagli stereotipi per raccontare

qualcosa di nuovo e speciale. Non è

il momento per fornire informazioni

ma suggestioni e sapori, per calare

il viaggiatore nell’atmosfera della

storia narrata.

3. Creare un hub. Lo storytelling è un

racconto corale e multi-piattaforma,

perciò presenta un alto rischio di

dispersione delle varie parti del

racconto. È necessario creare un

“centro” che raccolga le storie

condivise online (blog, social

network, recensioni ecc.) e le

articoli in un unico racconto, per

esempio una pagina Facebook di

destinazione o un blog.

4. Identificare le piattaforme. Dopo

aver pensato all’hub, l’operatore

deve analizzare le piattaforme di

Social Media come Facebook,

Twitter, Instagram, YouTube,

Pinterest. L’obiettivo è quello di

capire su quali piattaforme sono più

attivi i suoi interlocutori, quali

contenuti preferiscono e creare un

piano editoriale efficace.

5. Stimolare la creazione di User

Generated Content. I contenuti

generati dagli utenti sono molto

importanti perché rappresentano

l’esperienza diretta del viaggiatore,

percepita dagli altri utenti come

una testimonianza credibile ed

affidabile. Il fatto che l’utente abbia

investito parte del suo tempo nella

creazione di un contenuto

riguardante la destinazione ha

come risultato un accrescimento

del valore percepito negli altri

utenti. Si tratta quindi di contenuti

con grande efficacia comunicativa.

Gli UGC rendono vivo il racconto e

33

consentono di identificare i punti di

forza del territorio e le possibili

problematiche.

6. Essere costanti. Il racconto deve

essere curato quotidianamente e le

conversazioni non devono mai

spegnersi, per non perdere il lavoro

effettuato e le relazioni costruite.

Dopo aver ideato e lanciato la campagna

basata sullo storytelling, è necessario tirare

le conclusioni e valutarne l’efficacia. Un

modo per misurare la revenue dello

storytelling nel turismo è quello di

monitorare le conversazioni online, sia in

termini di volume sia di sentiment,

confrontandole con quelle pre-campagna.

È necessario, inoltre, individuare il risultato

che si vuole raggiungere, chiedendosi a

cosa si attribuisce più valore: l’accensione

del desiderio e quindi le cause del primo

incontro, i gesti che hanno contribuito alla

relazione oppure la spinta che ha

generato la decisione finale d’acquisto del

servizio. A seconda dell’importanza che si

attribuisce a questi valori cambia il valore

attribuito allo storytelling, che ha un ruolo

più importante nella fase dell’ispirazione

iniziale e dell’aumento della visibilità,

mentre ha meno potere nel momento del

confronto tra i servizi, una fase in cui vince

la razionalità e si soppesano informazioni.

34

L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di esplorare le tecniche e le dinamiche dello storytelling. Negli ultimi anni è diventato una vera e propria arte e ha avuto particolare successo sotto forma di digital storytelling, ovvero la creazione e la gestione di storie attraverso il web, i social network, il sito e tutti i canali che fanno riferimento al brand o al prodotto.

E’ evidente come grazie allo storytelling non sia più in alcun modo necessario inventare qualcosa di nuovo, basta semplicemente prendere un oggetto che già esiste e trovare un modo per raccontarlo. Solo in questo modo l’oggetto o il prodotto si trasformano nel simbolo della storia raccontata. Una storia è la narrazione di eventi reali o immaginari con personaggi che interagiscono tra di loro creando una trama. In base all’obiettivo prefissato, una storia può avere un termine definito oppure può lasciare spazio a diverse interpretazioni o conclusioni.

La morale quindi non è che tutti devono fare storytelling, sempre e comunque. Ogni contesto ed ogni pubblico presentano caratteristiche diverse e queste richiedono una strategia di racconto adeguata. Non tutti gli Storyholder sono pronti a seguire tipologie di narrazioni fortemente immersive, complesse, interattive, partecipative e frammentate. Per fare storytelling è importante essere consapevoli di quello che si offre al pubblico: un’esperienza di lettura diversa, quella più adatta ai suoi bisogni e alle sue inclinazioni, gestendo contemporaneamente diversi livelli di

racconto in una narrazione unica ed emozionante.

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