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ISSN 2421-0730 NUMERO 1 GIUGNO 2019 STEFANO ZOCCALI La giurisprudenza sovranazionale e l’applicazione dei c.d. “criteri Engel”: un’analisi storica sull’evoluzione della qualificazione della norma penale fra Corte Edu e Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia di “ne bis in idem” ABSTRACT – The “ne bis in idem” principle has in recent years been the subject of numerous national and supra-national decisions. The use of the so-called double track sanctioning system, that is the convergence of both criminal and administrative sanctions on a single fact, has caused numerous problems of compatibility between our system and the fundamental rights enshrined in the ECHR and the Nice Charter. The paper analyzes the case-law of the European High Courts and, based on them, wants to offer a series of possible legislative ideas and to try to outline the possible future prospects on the subjects. KEYWORDS – European Court of Human Rights, Court of Justice of the European Union, Engel criteria

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ISSN 2421-0730

NUMERO 1 – GIUGNO 2019

STEFANO ZOCCALI

La giurisprudenza sovranazionale e l’applicazione dei c.d. “criteri Engel”: un’analisi storica

sull’evoluzione della qualificazione della norma penale fra Corte Edu e Corte di Giustizia

dell’Unione europea in materia di “ne bis in idem”

ABSTRACT – The “ne bis in idem” principle has in recent years

been the subject of numerous national and supra-national decisions. The

use of the so-called double track sanctioning system, that is the

convergence of both criminal and administrative sanctions on a single fact,

has caused numerous problems of compatibility between our system and

the fundamental rights enshrined in the ECHR and the Nice Charter. The

paper analyzes the case-law of the European High Courts and, based on

them, wants to offer a series of possible legislative ideas and to try to

outline the possible future prospects on the subjects.

KEYWORDS – European Court of Human Rights, Court of Justice

of the European Union, Engel criteria

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STEFANO ZOCCALI∗

La giurisprudenza sovranazionale e l’applicazione dei c.d. “criteri Engel”: un’analisi storica sull’evoluzione della

qualificazione della norma penale fra Corte Edu e Corte di

Giustizia dell’Unione europea in materia di “ne bis in idem” ∗∗

SOMMARIO: 1. La sentenza Engel e altri contro Paesi Bassi quale linea guida ai fini

della qualificazione della materia penale – 2. I criteri Engel nella giurisprudenza della

Corte Edu – 3. La sentenza Aklagaren c. Hans Akerberg Fransson della Corte di

Giustizia dell’Unione Europea – 4. Dal revirement della Corte Edu (sentenza A e B

contro Norvegia del 2016) alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del

20 marzo 2018 – 5. Prospettive future

1. La sentenza Engel e altri contro i Paesi Bassi quale linea guida ai fini della qualificazione della materia penale

Il problema della qualificazione della norma e della sanzione

all’interno della materia penale ha portato negli anni la giurisprudenza

sovranazionale a supplire alla necessità di garantire uniformità

all’applicazione delle garanzie negli stati europei. In particolare, la Corte

Edu, al fine di garantire il rispetto degli articoli 6 e 7 della Convenzione

europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza Engel e altri contro i Paesi

                                                                                                                         ∗ Dottorando di Ricerca in “Teoria del diritto e Ordine giuridico ed economico europeo”,

presso l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro.

∗∗ Contributo sottoposto a valutazione anonima.

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Bassi del 1976, ha formulato i seguenti tre criteri, affinati nel tempo1, che

debbono essere applicati dal giudice così da verificare se un procedimento

abbia ad oggetto accuse in materia penale:

a) per prima cosa, è necessario soffermarsi sulla qualificazione data

dal sistema giuridico dello stato convenuto all’illecito contestato.

Quest’indicazione acquisisce, comunque, valore formale e relativo,

considerato che la Corte deve sempre supervisionare sulla correttezza di

tale qualificazione sulla base di ulteriori fattori indicativi del carattere

penale sull’accusa;

b) in secondo luogo, occorre considerare la natura sostanziale

dell’illecito commesso. Il giudice dovrà, quindi, capire se vi sia in presenza

di una condotta che viola una norma posta a protezione del funzionamento

di una specifica formazione sociale o se, invece, la norma stessa sia stata

preposta alla tutela erga omnes di beni giuridici della collettività, anche

alla luce del denominatore comune delle rispettive legislazioni dei vari

stati contraenti;

c) infine, bisogna considerare il grado di severità della pena che rischia

la persona interessata, poiché in una società di diritto appartengono alla

sfera penale le privazioni della libertà personale suscettibili di essere

imposte quali punizioni, eccezion fatta per quelle la cui natura, durata o

modalità di esecuzione non possono causare un apprezzabile danno.

La questione, come accennato, trae origine dalla celebre sentenza del

1976 della Corte Edu e, al fine di comprenderne la portata acquisita negli

anni, appare opportuno in questa sede riassumerne l’iter attraverso il

quale i giudici di Strasburgo arrivarono alla storica decisione finale2. I

                                                                                                                         1 Per una dettagliata e specifica ricostruzione dei rapporti tra le garanzie CEDU e il diritto

penale interno si veda: E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e diritto

penale, Giappichelli, Torino, 2006; F. VIGANÒ, Diritto penale sostanziale e Convenzione

europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 84 ss.

2 Precedentemente era stato attribuito alla qualificazione giuridica interna rilievo

decisivo. Come testimoniato da: V. Commissione, X. c. Repubblica federale tedesca, 14

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ricorrenti all’epoca dell’introduzione del ricorso davanti alla Commissione

prestavano il servizio militare obbligatorio ed erano stati destinatari di

diverse sanzioni e misure disciplinari per infrazione alla disciplina

militare. Gli stessi sostenevano fosse stato violato l’articolo 6 della CEDU3,

poiché i procedimenti intentati a loro carico non concernevano né

controversie su diritti e doveri di carattere civile né accuse penali. La

Corte, allora, esaminò l’eventuale appartenenza alla materia penale delle

sanzioni ai sensi della disposizione menzionata, nonostante secondo la

legislazione dello Stato olandese le stesse fossero disciplinari e volte a

reprimere le infrazioni contestate ai ricorrenti (obiettivo analogo allo

scopo generale del diritto penale).

I giudici di Strasburgo, in primo luogo, affrontarono il problema

dell’applicabilità dell’articolo 6, interrogandosi sull’esistenza di accuse

penali e di contestazioni relative a diritti di carattere civile.

Sul primo punto è bene sottolineare come ogni Stato contraente operi

una distinzione, all’interno dei singoli ordinamenti giuridici e, seppur sotto

forme differenti tra loro, fra i c.d. procedimenti penali e i c.d. procedimenti

disciplinari. I primi offrono in genere sui secondi dei vantaggi sostanziali

in particolare con riferimento alle condanne irrogate, le quali risultano

meno gravi implicando conseguenze molto più limitate e non comparendo

nel casellario giudiziario. Tuttavia, le istanze penali sono generalmente

assortite da maggiori garanzie.

A questo punto, parse necessario alla Corte Edu domandarsi se la

soluzione che era stata accolta dai giudici olandesi fosse decisiva o meno

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             dicembre 1970; De Wilde, Oomse Versyp c. Belgio, 18 giugno 1971, che escludeva la

natura penale dell'infrazione in quanto non costituente reato nella legislazione nazionale

3 Per un’analisi dettagliata delle disposizioni e dell’applicazione dell’articolo 6, J.E.S.

FAWCETT, The application of the european convention of human rights, Oxford, 1987, 126

ss, cfr., inoltre, J.C. SOYER e M. DE SALVIA, “Article 6”, in L.E. PETTITI, E. DECAUX e P.H.

IMBERT, La Convention européenne des droits de l’Homme, commentaire article par article, Paris, 1995, 239 ss.

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riguardo alla Convenzione. Infatti, il problema si poneva in un caso in cui

l’azione o l’omissione costituiva secondo il diritto interno dello Stato

convenuto un illecito misto, così da far sorgere una possibilità di opzione o

di cumulo tra procedimenti di natura penale e procedimenti disciplinari. I

giudici di Strasburgo non hanno condiviso a pieno nessuna delle tesi

sostenute dalle parti sulla c.d. autonomia della nozione di accusa penale e,

richiamando la sentenza Neumeister contro Austria del 19684, hanno

messo in rilievo come fosse già stato statuito che il termine accusa debba

essere inteso secondo il significato riconducibile dal testo della

Convenzione. Nel caso di specie, invece, non è parso necessario focalizzarsi

tanto sul concetto di accusa penale, quanto su quello di materia penale5,

che non richiede esattamente la medesima risposta.

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, infatti, garantisce agli

Stati la facoltà di istituire o mantenere una distinzione tra diritto penale e

diritto disciplinare, fissandone i contenuti in presenza di alcune specifiche

condizioni. Tale possibilità è riconosciuta al fine di garantire

l’adempimento della funzione di tutori dell’interesse pubblico degli Stati

contraenti. Essi sono liberi di elevare al grado di illecito penale un’azione o

un’omissione non costituente un esercizio normale di un singolo diritto

garantito. Quest’ultimo aspetto emerge, secondo l’interpretazione operata

                                                                                                                         4 Sulla sentenza richiamata: C. SANNA, La durata ragionevole dei processi nel dialogo tra

giudici italiani ed europei, a 85, all’interno della Collana del Centro di Studi sulla

Giustizia della Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, Giuffrè

Editore, 2008. 5 Ai fini di una definizione del concetto di “materia penale” si rimanda a: V. MANES, La

lunga marcia della Convenzione europea ed i “nuovi” vincoli per l’ordinamento (e per il

giudice) penale interno, in La Convenzione europea dei diritti dell’uomo

nell’ordinamento penale italiano, a cura di V. MANES e G. ZAGREBELSKY, in Quaderni di

diritto penale comparato, internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè Editore, 2011, 38-

40.

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dai giudici di Strasburgo, dall’articolo 7 della CEDU, con l’applicazione

degli articoli 6 e 7 che è sottratta al controllo della Corte6.

La scelta opposta, al contrario, è sottoposta a norme ben più

restrittive. Infatti, ai singoli Stati non è permesso qualificare a proprio

piacimento quale disciplinare e non penale un determinato illecito.

Qualora così non fosse, l’effetto delle norme fondamentali degli articoli 6 e

7 sarebbe subordinato solo ed esclusivamente alla loro volontà sovrana.

Inoltre, una così ampia libertà rischierebbe di comportare dei risultati

incompatibili con l’oggetto e con gli scopi perseguiti dalla Convenzione. Di

conseguenza, il compito della Corte Edu7, in tema di qualificazione e alla

luce della sentenza Engel, consiste nell’esercitare la competenza a

controllare (tanto sotto il profilo dell’articolo 6, quanto in considerazione

degli articoli 17 e 18 della CEDU) che la materia disciplinare non invada

indebitamente la materia penale.

La Corte, nel caso in esame, operò una valutazione attraverso la quale

verificare se l’accusa in questione, a cui i Paesi Bassi attribuivano natura

disciplinare, rientrasse nella materia penale. A questo punto, fu la natura

stessa dell’illecito a fungere da elemento di valutazione della massima

rilevanza. Assodato che il singolo Stato potesse utilizzare contro i militari,

                                                                                                                         6 U. VILLANI, Tutela dei diritti fondamentali nel ‘dialogo’ tra corti europee e giudici

nazionali, in Diritti fondamentali e Cittadinanza dell’Unione Europea (a cura di L.

MOCCIA), Franco Angeli, Milano, 2010, 115 ss., e, con il titolo La cooperazione tra i

giudici nazionali, la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti

dell’uomo, in La cooperazione fra Corti in Europa nel tutela dei diritti dell’uomo (a cura

di M. FRAGOLA), Editoriale Scientifica, Napoli, 2012, 1 ss.; U. VILLANI, Sull’efficacia della

Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano dopo il Trattato di

Lisbona, in Scritti in onore di Claudio Zanghì (a cura di L. PANELLA, E. SPATAFORA),

Giappichelli, Torino, 2011, vol. II, Diritti umani, 661 ss.

7 F. VIGANÒ, Il nullum crimen conteso: legalità “costituzionale” vs legalità

“convenzionale”, articolo pubblicato in Il rapporto problematico tra giurisprudenza e

legalità, atti del convegno su “Giurisprudenza legalità e diritto penale” svoltosi presso

l’Università degli Studi di Bologna il 5 novembre 2015 (a cura di S.TORDINI CAGLI), Bup

Editore, Bologna, 2017 9-39 e in Diritto Penale Contemporaneo, il 5 aprile 2017.

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a cui erano contestate le azioni e le omissioni contrarie alle norme

giuridiche regolatrici del funzionamento delle forze armate, il diritto

disciplinare (e non quello penale), la Corte Edu prese così in

considerazione il grado della severità della sanzione attribuita agli stessi.

2. I criteri Engel nella giurisprudenza della Corte Edu

I criteri Engel sono, alla luce di quanto affermato finora, definiti quali

alternativi e non cumulativi8. Sostanzialmente, affinché l’accusa possa

essere considerata di appartenenza alla materia penale, ai sensi

dell’articolo 6 della CEDU, è sufficiente che il reato sia di natura penale

rispetto alla Convenzione oppure che abbia causato all’interessato

l’attribuzione di una sanzione che per natura e per gravità rientri in linea

generale nell’ambito della materia penale9.

Tale orientamento negli anni ha assunto una rilevanza sempre più

dominante e prevalente all’interno della giurisprudenza sovranazionale. La

ragione sostanzialistica del proliferare di sentenze della Corte Edu a

sostegno di questa tesi poggia sempre sul grado di severità dell’impianto

sanzionatorio, che ha portato a parlare di quantificazione del “tono di afflittività della sanzione”. Infatti, l’alternatività dei criteri ermeneutici

enucleati dalla Corte EDU non vieta l’adozione di un approccio unitario

qualora l’analisi separata di ognuno di essi non consenta di giungere ad

                                                                                                                         8 Anche se alle volte possono essere utilizzati anche cumulativamente: A. VILLANI, Ne bis

in idem: uno scontro-confronto (senza fine?) tra giurisprudenza CEDU e nazionale,

articolo scientifico pubblicato su Cammino diritto, rivista di informazione giuridica,

3/2017.

9 Sulla progressiva estensione dell’ambito della “materia penale” e dello statuto penale

convenzionale delle garanzie conseguente all’applicazione dei criteri Engel: M. MANCINI,

La “materia penale” negli orientamenti della Corte EDU e della Corte costituzionale, con

particolare riguardo alle misure limitative dell’elettorato passivo, in federalismi.it,

Focus Human Rights, 1/2018.

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una definizione chiara in merito alla sussistenza di un’accusa in materia

penale10.

Fra i casi più spinosi e più noti degli ultimi anni in tema di

qualificazione della sanzione trattati dalla Corte di Strasburgo, particolare

rilevanza ha assunto la sentenza Grande Stevens e altri c. Italia del 201411.

All’origine della causa vi furono cinque ricorsi proposti da tre cittadini

italiani (il celebre legale della famiglia Agnelli Franzo Grande Stevens, il

dirigente d’azienda Gianluigi Gabetti e l’amministratore delegato dell’Exor

s.p.a. Virgilio Marrone) e da due società (la Exor S.p.a. e la Giovanni

Agnelli & C. S.a.s.), che adirono la Corte il 27 marzo 2010 in virtù

dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo

e delle libertà fondamentali. Da parte dei ricorrenti veniva lamentata: a) la

violazione del principio del ne bis in idem per irrogazione di una seconda

                                                                                                                         10 Sul punto le sentenze: “Jussila c. Finlandia, n. 73053/01, §§ 30 e 31, CEDU 2006-XIII,

e “Zaickevs c. Lettonia”, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-IX.

11 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e contrasto agli abusi di mercato: una sfida per il legislatore

e i giudici italiani. Riflessioni de lege lata e ferenda sull’impatto della sentenza Grande

Stevens nell’ordinamento italiano. articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo,

all’interno del 1/2016; G.M. FLICK, Reati fiscali, principio di legalità e ne

bis in idem: variazioni italiane su un tema europeo, articolo pubblicato su Diritto Penale

Contemporaneo il 14 settembre 2014; G.M. FLICK – V. NAPOLEONI, Cumulo tra sanzioni

penali e amministrative: doppio binario o binario morto? in Rivista dell’Associazione

Italiana Costituzionalisti e su Rivista delle Società 2014, 5; M. VENTORUZZO, Abusi di

mercato, sanzioni Consob e diritti umani. Il caso Grande Stevens e altri c. Italia, in

Rivista delle società, 2014, 693 e ss.; G. ABBADESSA, Il caso Fiat-Ifil alla Corte europea

dei diritti dell’uomo. Nozione di “pena” e contenuti del principio “ne bis in idem”, in

Giurisprudenza Commerciale, 2014, 4, Giuffrè, parte II, 546; A. LANZAFAME, Il ne bis in

idem vale anche per le sanzioni amministrative di natura afflittiva: la Corte di

Strasburgo conferma l’approccio sostanzialistico e traccia la strada per il superamento

del “doppio binario”, articolo pubblicato in federalismi.it, 20 giugno 2014, fascicolo

2/2014.

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sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale; b) la

lesione del diritto al rispetto dei loro beni; c) la mancata equità,

indipendenza e imparzialità del tribunale presso cui avevano avuto luogo i

procedimenti giudiziari. Il 15 gennaio 2013, i ricorsi furono dichiarati

parzialmente irricevibili e le doglianze relative all’articolo 6 della

Convenzione, oltre che agli articoli 1 del Protocollo n. 1 e 4 del Protocollo n.

7 sono state comunicate al Governo. Fu deciso, inoltre, che la Camera si

sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito.

A conclusione del procedimento la Corte Edu ha affermato che, alla

luce del criterio della qualificazione giuridica formale dell’illecito, le

manipolazioni di mercato ascritte ai ricorrenti dinanzi alla CONSOB non

costituiscono un illecito di natura penale nel diritto italiano12. Esse, infatti,

sono punite attraverso l’irrogazione di una sanzione qualificata come

amministrativa dall’articolo 187 ter punto 1 del Decreto legislativo n. 58

del 1998. Il governo italiano si difendeva, facendo esplicito riferimento

anche a tale argomento formale, rifacendosi all’eccezione che era stata

sollevata preliminarmente dinanzi alla Corte Edu e relativa alla riserva

posta all’Italia al momento della ratifica del Protocollo n. 7 della

Convenzione europea (avvenuta attraverso la Legge n. 98 del 1980), con la

quale lo Stato aveva precisato come l’articolo 4 del Protocollo andasse

applicato unicamente alle infrazioni, alle procedure e alle decisioni che

fossero qualificate come penali dalla legge italiana. Tuttavia, la Corte Edu,

nel caso in esame, non ha considerato valida la riserva, ritenuta generica13,

nei confronti delle categorie giuridiche invocate rispetto al richiamo alle

norme interne coinvolte. Conseguentemente, la stessa Corte di Strasburgo

ha affermato preliminarmente che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 risulta del

tutto applicabile all’Italia. È stato, in tal modo, ribadito come il criterio

                                                                                                                         12 F. VIGANÒ, Ne bis in idem: la sentenza Grande Stevens è ora definitiva, nota pubblicata

su Diritto Penale Contemporaneo, l’8 luglio 2014.

13 Corte Edu, Seconda Sezione, 4 marzo 2014, sentenza Grande Stevens c. Italia, ric. n.

18640, 18647, 18668 e 18698/2010.

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della qualificazione formale non debba ritenersi decisivo ai fini

dell’applicabilità del profilo penale dell’articolo 6 della CEDU, poiché le

indicazioni che fornisce hanno un valore relativo.

Tra i precedenti citati a sostegno della decisione della Corte, sono

menzionate le sentenze Menarini Diagnostic s.r.l. contro Italia del 201114

e, soprattutto, Özturk contro Germania del 198415. In particolare,

quest’ultima ha assunto rilevanza fondamentale fungendo da punto di

riferimento in merito alla verifica della sussistenza del c.d. “secondo criterio Engel” sulla natura dell’infrazione16. Tale indagine si fonda, infatti,

su numerosi fattori, quali:

a) l’accertamento della funzione repressiva-dissuasiva della norma;

b) il raffronto con la qualificazione attribuita agli analoghi

procedimenti o sanzioni negli altri Stati membri del Consiglio d’Europa;

c) l’accertamento della provenienza dell’azione (la quale deve essere

stata posta in essere da una pubblica autorità in virtù dei poteri legalmente

riconosciuti), la verifica della portata della norma e, quindi, della sua

generalità.

Tornando al caso Grande Stevens, appare opportuno evidenziare

come, in ragione dell’elevato importo delle pene afflitte e di quelle

comminabili ai ricorrenti, la Corte Edu abbia ritenuto che quelle inflitte

dalla CONSOB ai ricorrenti rientrino, alla luce della loro severità,                                                                                                                          14 Sulla sentenza Menarini Diagnostic s.r.l. contro Italia: S. ZIRULLA, La tutela del giudice

amministrativo avverso le sanzioni “penali” dell’AGCM è conforme ai principi dell’equo

processo sanciti dalla Convenzione Edu, nota pubblicata su Diritto Penale

Contemporaneo, il 28 novembre 2011.

15 Sulla sentenza Özturk contro Germania e sulla continuità della stessa rispetto alla

sentenza Engel e altri contro Paesi Bassi: S. VALVO, Il ne bis in idem tra diritto interno e

giurisprudenza europea, articolo pubblicato su Rivista dell’Osservatorio Permanente

della Giurisprudenza Tributaria, aprile 2017, 1/2017; M. MARINUCCI - E. DOLCINI - G.L.

GATTA, Manuale di diritto penale – Parte Generale, Settima edizione, Giuffrè Editore,

Milano, 2018, 194-195.

16 L. MASERA, La nozione costituzionale di materia penale, G. Giappichelli Editore, 2018,

Torino, 57-79.

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all’interno dell’ambito della materia penale, specificando come il “carattere

penale” di un procedimento sia subordinato al grado di gravità della

sanzione di cui è a priori passibile la persona interessata (tenendo conto

dei criteri fissati da Engel e altri contro Paesi Bassi) e non alla gravità

della sanzione alla fine in concreto inflitta. La Corte ha ritenuto le sanzioni

inflitte ai ricorrenti di “innegabile severità” comportando agli interessi

conseguenze patrimoniali importanti e sanzioni accessorie molto serie17

(tra le quali le ragioni addotte dalla Corte per qualificare come “penali” le

sanzioni inflitte nel procedimento amministrativo).

3. La sentenza Aklagaren c. Hans Akerberg Fransson della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

A sostegno delle motivazioni addotte dalla Corte Edu nel caso Grande

Stevens, la stessa riconosce particolare importanza alla sentenza

Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson del 2013 emessa dalla Corte di

Giustizia dell’Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto18.

In quest’ultima pronuncia, secondo l’interpretazione offerta dai giudici di

Strasburgo, i loro omologhi di Lussemburgo hanno precisato come un

singolo Stato possa imporre una doppia sanzione, fiscale e penale, per i

                                                                                                                         17 F. D’ALESSANDRO, Regolatori del mercato, enforcement e sistema penale, G.

Giappichelli Editore, 2014, Torino, 222-223.

18 Sulla sentenza richiamata: S. MANACORDA, Dalle carte dei diritti a un diritto penale à la

carte. Note a margine delle sentenze Fransson e Melloni della Corte di Giustizia. articolo

pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, all’interno del 3/2013; D. VOZZA, I confini

applicativi del principio del ne bis in idem interno in materia penale: un recente

contributo della Corte di Giustizia dell’Unione europea, articolo pubblicato su Diritto

Penale Contemporaneo, all’interno del 3/2013; A. D’AMATO, La tutela degli interessi

finanziari tra competenze dell’Unione e obblighi degli Stati membri, Cacucci Editore,

Bari, 2018, 38-49; R. ADAM - A. TIZZANO, Manuale di diritto dell’Unione europea, G.

Giappichelli Editore, seconda edizione, 2017.

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medesimi fatti solo a condizione che la prima irrogata non abbia natura

penale. Veniva, infatti, chiesto alla Corte di Giustizia se un procedimento

penale dovesse essere ritenuto ammissibile in presenza di una sanzione

fiscale già applicata e se ciò fosse conforme a quanto disposto dagli articoli

4 Protocollo n. 7 della CEDU e 50 della Carta di Nizza. A tal proposito,

quest’ultima riconosce per la prima volta l’applicazione dei c.d. criteri Engel19, già applicati, come riportato in precedenza, dalla giurisprudenza

costante della Corte Edu. Infatti, il principio del ne bis in idem non osta

all’applicazione da parte di un singolo Stato membro della duplice

combinazione di sanzioni per le stesse violazioni, purché sia riconosciuta la

natura penale dell’illecito e la conformità all’articolo 50 della Carta di

Nizza, allo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea.

Tuttavia, è bene sottolineare come non vi sia da rilevare solamente tale

conclusione comune tra le due corti, ma, allo stesso tempo, sorgano alcuni

problemi di natura ermeneutica che portano a conclusioni in parte

differenti fra le stesse. Se da una parte, nel caso Grande Stevens, la Corte

Edu afferma l’inconciliabilità in astratto con il ne bis in idem del sistema di

doppia sanzione previsto dal Decreto legislativo n. 58 del 1995 (articoli 185

e 187 ter); dall’altra, in Åklagaren c. Åkerberg Fransson, la Corte di

Giustizia ammette, invece, la combinazione di sanzioni fiscali e penali, con

obbligo di verifica in concreto da parte del giudice della natura di doppia

sanzione penale delle stesse nel rispetto: tanto dei criteri frutto della

giurisprudenza sovranazionale, quanto delle normative di matrice

convenzionale. La divergenza tra le due corti20, però, può essere definita

solamente apparente, in quanto, nel primo caso, la Convenzione europea

                                                                                                                         19 come delineati nella sentenza Bonda (Corte di Giustizia Europea, nella sentenza Grande

Sezione, 5 giugno 2012, C-489/10, Bonda) che fa esplicito riferimento ai ricordati criteri

Engel elaborati dalla Corte di Strasburgo.

20 Per un raffronto fra la sentenza della Corte Edu e quella della Corte di Giustizia

dell’Unione europea: G. DE AMICIS, Ne bis in idem e “doppio binario” sanzionatorio:

prime riflessioni sugli effetti della sentenza “Grande Stevens” nell’ordinamento italiano,

articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, all’interno del 3-4/2014.

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STEFANO ZOCCALI

   

151  

dei diritti dell’uomo osterebbe all’applicazione di misure di doppia

sanzione (amministrativa e penale) non estendendo la sfera applicativa del

ne bis in idem in via generale, ma soltanto per tutti quei casi in cui dalla

giurisdizione amministrativa si passasse a quella penale, tenendo conto

della specifica afflittività della sanzione; nel secondo caso, invece, la Corte

di Giustizia impone al giudice l’obbligo di verificare che le sanzioni non

rivelino in concreto una doppia sanzione penale (ammettendo la

combinazione di più sanzioni fiscali amministrative e penali) applicando

criteri parzialmente analoghi (poiché in parte ulteriori) rispetto a quelli

fissati dalla giurisprudenza costante della Corte Edu.

Il passaggio che accomuna pacificamente le due corti è rappresentato

dal fatto che ambedue adoperano (e per la Corte di Lussemburgo si tratta

di una novità rilevante) i c.d. criteri Engel ai fini della qualificazione

penale o amministrativa di una sanzione. Di conseguenza la divergenza

sussistente in relazione alle decisioni in materia di ne bis in idem, assume

minore rilevanza e va ad inserirsi in un ambito derivante dai motivi

sollevati per il ricorso o, in alternativa, per il rinvio pregiudiziale.

Si può, quindi, concludere affermando che, mentre la Corte Edu ha

inteso ampliare l’ambito applicativo di tale principio generale; la Corte di

Giustizia, mantenendo un atteggiamento più cauto e conservatore rispetto

a quello tenuto dagli ordinamenti interni in tema di valutazione, ha,

invece, operato una distinzione con riferimento alla necessità di valutare il

cumulo tra sanzioni penali e tributarie (purché quest’ultime siano di

natura penale) applicabili per il medesimo fatto. L’obiettivo è stato, quindi,

quello di bilanciare il divieto di uno stesso giudizio con l’esigenza di

adeguate misure residuali.

Nella sentenza Åklagaren c. Åkerberg Fransson viene esposta un’altra

affermazione di particolare rilevanza in relazione all’ancora mancata

adesione dell’Unione europea alla CEDU. Infatti, non essendo quest’ultima

un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico

dell’Unione, il diritto unitario non può disciplinare i rapporti tra la

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 n. 1/2019

  152  

Convenzione e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e neanche

determinare le conseguenze che il giudice interno deve cogliere qualora si

sia in presenza di un conflitto tra i diritti riconosciuti dalla stessa e una

norma di diritto nazionale. È stata così demandata ai singoli Stati membri

la regolamentazione, in completa autonomia, dei rapporti fra la

Convenzione e il diritto interno, salvo una successiva adesione dell’Unione

alla CEDU21.

Anche la Corte Costituzionale italiana precedentemente aveva

manifestato, con la sentenza n. 80 del 2011, un orientamento simile22, non

riconoscendo il potere in capo al giudice di non applicare le norme interne

che fossero in contrasto con la Convenzione, nonostante i diritti

fondamentali riconosciuti dalla CEDU siano qualificati come principi

generali propri del diritto dell’Unione europea tanto dall’articolo 6 del

TUE, quanto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione

europea.

In definitiva, la soluzione offerta dalla sentenza Åklagaren c. Åkerberg Fransson riesce a superare la difficoltà in questione richiamando

la differenza di valenza che hanno tra loro la CEDU e la Carta di Nizza (la

quale è, invece, fonte del diritto dell’Unione). La Corte di Lussemburgo

sostiene, infatti, la sussistenza dell’obbligo per il giudice interno di

garantire l’applicazione delle norme contenute nella Carta dei diritti

fondamentali, prevalenti su quelle nazionali, qualora sia rilevato un

contrasto tra le due differenti fonti normative, senza che sia necessario

richiederne la rimozione tramite procedimento costituzionale.

                                                                                                                         21 Sulla vexata quaestio dell’adesione dell’Unione europea alla CEDU: A.F. MASIERO,

L’adesione dell’Unione europea alla CEDU. Profili penali. Parte prima: prospettive sul

futuro sistema dei diritti fondamentali in Europa, Diritto Penale Contemporaneo, 7-

8/2017.

22 R. CONTI, La scala reale della Corte costituzionale sul ruolo della CEDU

nell’ordinamento interno, Il Corriere giuridico, 9/2011.

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STEFANO ZOCCALI

   

153  

4. Dal revirement della Corte Edu (sentenza A e B contro Norvegia del 2016) alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 20 marzo 2018

La scelta normativa per il divieto di “bis in idem”, come si è visto, è

condivisa ormai anche a livello sovranazionale e, di conseguenza,

l’attenzione (tanto della dottrina, quanto della giurisprudenza) è ricaduta

soprattutto: a) sulla nozione di “materia penale”; b) su quella di “idem factum”23. In entrambi i casi occorre rilevare una forte incidenza

sull’estensione dell’operatività del principio stesso.

L’evoluzione giurisprudenziale, sia interna che sovranazionale, ha

mostrato una tendenza all’espansione della garanzia del divieto di “bis in idem”. Tuttavia, recentemente la Corte EDU, con la sentenza A e B contro Norvegia del 15 novembre 2016, n. 24130/11, sembrerebbe virare verso

una battuta d’arresto rispetto alla continua espansione dell’ambito di

                                                                                                                         23 Sulla nozione di “idem factum” la giurisprudenza europea, influenzando recentemente

quella costituzionale italiana (sentenza n. 200 del 2016 sul caso Eternit), ha messo in

risalto negli anni come il confronto utile a sciogliere la questione relativa all’identità del

fatto debba essere sempre svolto avuto riguardo alle condotte in concreto realizzate e non

già paragonando le fattispecie astratte (cfr. Grande Camera della Corte Edu Zolotoukhine

c. Russia del 10 febbraio 2009 che si riferisce a “fatti identici o sostanzialmente uguali”;

la stessa sentenza Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014, che parla di identità del

“comportamento” e quelle Nykanen c. Finlandia del 20 maggio 2014 e Lucky c. Svezia

del 27 novembre 2014, nelle quali l’idem factum si definisce come “un insieme di

circostanze fattuali concrete che riguardano lo stesso imputato e che sono

inestricabilmente avvinte nel tempo e nello spazio.”). Per una più dettagliata analisi della

nozione in questione e alla luce della sentenza n. 200 del 2016 della Corte Costituzionale

si richiamano: D. PULITANÒ, La Corte costituzionale sul ne bis in idem, in Cassazione

Penale, 1/2017, 70; P. FERRUA, La sentenza costituzionale sul caso Eternit: il ne bis in

idem tra diritto vivente e diritto vigente, in Cassazione Penale, 1/2017, 78; E. PEZZI, I due

volti del ne bis in idem alla luce delle influenze europee, in Archivio Penale, 2/2018 –

maggio-agosto 2018, 377-399.

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  154  

applicazione del “ne bis in idem” operata in via interpretativa24. Infatti, il

rigoroso orientamento della Corte EDU, che precludeva sostanzialmente di

perseguire una politica sanzionatoria di doppio binario (penale e

amministrativo) negli Stati contraenti della Convenzione europea dei

diritti dell’uomo, ha subito scatenato enormi resistenze da parte degli

esecutivi e dei giudici di molti Stati europei25, come pacificamente

ammesso dalla stessa Corte di Strasburgo, la quale è di fatto tornata sui

suoi passi ridimensionando fortemente il livello di tutela riconosciuto a

livello convenzionale alla garanzia del “ne bis in idem”.

La decisione, pur non ribaltando la giurisprudenza consolidata

riguardo alla nozione di materia penale e di “idem factum”, sembra

utilizzare un nuovo metro di valutazione volto a verificare l’eventuale

sussistenza di una violazione del divieto di doppio giudizio

nell’ordinamento interno di uno Stato membro, nel caso di doppio binario

sanzionatorio. È stato ritenuto, nell’ipotesi in cui ad una sanzione

amministrativa definitiva si affianchi un procedimento penale avente ad

oggetto il medesimo fatto, nei confronti della stessa persona, che i due

procedimenti sanzionatori possano coesistere qualora sussista tra loro

“una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta.” La

Corte Edu individua, in tal modo, anche un’ulteriore strada da percorrere,

fondata su valutazioni di carattere processuale e procedimentale, così da

                                                                                                                         24 A. LONGO - F.M. DI STEFANO, La storia infinita del ne bis in idem e del doppio binario

sanzionatorio, articolo pubblicato su Federalismi, rivista di diritto pubblico italiano,

comparato, europeo il 28 giugno 2017; G. CALAFIORE, La sentenza A e B c. Norvegia della

Corte di Strasburgo ridimensiona la portata del ne bis in idem, articolo pubblicato su

European papers, a journal on law and integration, il 18 aprile 2017, 2/2017, 243-250.

25 Sulla problematica: N. MADIA, Il ne bis in idem convenzionale comunitario alle prese

con la litispendenza. Spunti per una soluzione dell'arcano nel paradigmatico ambito

degli abusi di mercato, Diritto Penale Contemporaneo, il 9 giugno 2015.

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STEFANO ZOCCALI

   

155  

valutare la sussistenza del nesso temporale e del nesso sostanziale26. Nello

specifico, sotto il profilo temporale si ammette sia la condizione parallela

sia quella non contemporanea dei due procedimenti sullo stesso fatto, a

condizione che il soggetto sottoposto al doppio binario sanzionatorio non

subisca un pregiudizio sproporzionato derivante da un perdurante stato di

incertezza processuale; sotto il profilo sostanziale, invece, i giudici europei

individuano una serie di indicatori sintomatici della connessione richiesta

per evitare il “bis in idem”.

In sintesi, i giudici di Strasburgo richiamano nella sentenza citata:

a) la diversa finalità dei procedimenti;

b) la prevedibilità della duplicazione di procedimenti e sanzioni da

parte dell’autore della condotta;

c) la “conduzione integrata” dei procedimenti (per evitare, o

comunque limitare, la duplicazione nella raccolta e nella valutazione delle

prove);

d) la considerazione nel secondo procedimento dell’entità della

sanzione inflitta nel primo (al fine di rispettare l’esigenza di una

proporzionalità complessiva della pena).

La sentenza A e B contro Norvegia ha rappresentato, ancor più di

recente, il punto di riferimento essenziale per la Corte di giustizia,

pronunciatasi nel marzo 2018 con tre diverse sentenze sull’interpretazione

della garanzia di “ne bis in idem” contenuta nell’articolo 50 della Carta di

Nizza. Le tre pronunce in questione (Menci C-524/15; Garlsson Real Estate e a. C-537/16; Di Puma C-596/16 e Zecca 597/16, quest’ultime

riunite dalla Corte di Lussemburgo) condividono tra loro quasi totalmente

                                                                                                                         26 Subito recepita dalla giurisprudenza di legittimità interna anche se, per lo meno

inizialmente, solo in parte. Sul punto: A.F. TRIPODI, Ne bis in idem e sanzioni tributarie:

La Corte di Cassazione “sfronda” il test della sufficiently close connection in substance

and time, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, 3/2018.

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  156  

la struttura argomentativa27, differenziandosi solamente riguardo

all’applicazione dei principi di diritto elaborati ai singoli casi in esame28.

Occorre premettere come la Corte di Giustizia confermi l’approccio,

già manifestato in Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, che richiamava

ai c.d. criteri Engel della Corte Edu, pur senza citarli esplicitamente in

nessuna delle tre pronunce e senza richiamare la giurisprudenza della

stessa (nonostante fosse già indirizzata alla qualificazione di sanzioni

identiche quali penali). L’elemento di novità, rispetto alla pronuncia del

2013, è rappresentato dal fatto che i giudici di Lussemburgo, pur lasciando

la valutazione finale nelle mani del giudice interno, operano una

valutazione di ognuno dei tre criteri ad ogni singolo caso concreto e

qualificano le singole sanzioni amministrative come sanzioni

sostanzialmente penali.

Andando per ordine, la sentenza Menci (C-524/15) trae origine da un

rinvio pregiudiziale del Tribunale di Bergamo29 riguardo la questione del

doppio binario in materia di reati tributari. Infatti, all’imputato, sottoposto

a procedimento penale per il delitto di cui all’articolo 10 bis, decreto

legislativo n. 74 del 2000, era stata inflitta una sanzione pecuniaria

relativa al medesimo importo IVA non pagato, qualificata come

                                                                                                                         27 L. ROCCATAGLIATA, La Corte di Giustizia UE deposita tre sentenze in tema di doppio

binario sanzionatorio. L’approdo definitivo del Giudice europeo?, in Giurisprudenza

Penale Web, 2018, 3.

28 N. RECCHIA, Note minime sulle tre recenti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione

europea in tema di ne bis in idem, articolo pubblicato sulla rivista Eurojus, il 22 marzo

2018; A. GALLUCCIO, La Grande Sezione della Corte di giustizia si pronuncia sulle attese

questioni pregiudiziali in materia di bis in idem, articolo pubblicato su Diritto Penale

Contemporaneo, 3/2018; F. CONSULICH - C. GENONI, L’insostenibile leggerezza del ne

bis in idem. Le sorti del divieto di doppio giudizio e doppia punizione, tra diritto

eurounitario e convenzionale, articolo pubblicato su Giurisprudenza penale web,

4/2018. 29 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e omesso versamento dell’IVA: la parola alla Corte di

Giustizia, nota pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo, il 28 settembre 2015.

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STEFANO ZOCCALI

   

157  

amministrativa ma sostanzialmente penale, all’esito del procedimento

tributario (ex articolo 13, decreto legislativo n. 471 del 1997)30.

La causa Garlsson Real Estate e a. (C-537/16) è originata, invece, da

un rinvio pregiudiziale della sezione tributaria della Corte di Cassazione

civile31, in merito alla complicata compatibilità tra l’illecito qualificato

come amministrativo (ma anche in questo caso in sostanza penale) di cui

all’articolo 187 ter del decreto legislativo n. 58 del 1998 e il delitto di

manipolazione di mercato di cui all’articolo 185 dello stesso decreto. Nel

caso di specie i ricorrenti si erano opposti a un provvedimento

sanzionatorio emesso contro di loro dalla CONSOB, dopo che il

procedimento penale si era concluso già in precedenza con una sentenza di

patteggiamento.

Infine, le cause Di Puma (C-596/16) e Zecca (C-597/16), riunite come

predetto dalla Corte di Giustizia, traevano origine da due rinvii

pregiudiziali provenienti dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione

civile32 inerenti procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative,

ritenute però di natura penale, inflitte dalla CONSOB, anche in questo caso

ex articolo 187 ter del decreto legislativo 58 del 1998, nonostante una

sentenza penale definitiva avesse assolto gli imputati per i medesimi fatti

dall’imputazione per il delitto di cui all’articolo 184 del medesimo decreto

(abuso di informazioni privilegiate).

                                                                                                                         30 Per un’analisi approfondita della sentenza Menci: P.I. D’ANDREA, Ne bis in idem e

repressione delle omissioni dei versamenti IVA: le indicazioni della Corte di Giustizia UE

per i Giudici nazionali. Nota a CGUE, 20 marzo 2018, C-524-/15, in Rivista AIC,

Osservatorio costituzionale, 2/2018, 20 maggio 2018.

31 F. VIGANÒ, A Never Ending Story? Alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la

questione della compatibilità tra ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio in

materia, questa volta, di abusi di mercato, nota pubblicata su Diritto Penale

Contemporaneo, il 17 ottobre 2016.

32 F. VIGANÒ, Ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio: nuovo rinvio pregiudiziale

della Cassazione in materia di abuso di informazioni privilegiate, nota pubblicata su

Diritto Penale Contemporaneo, il 28 novembre 2016.

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  158  

La Corte di Giustizia conferma, nelle tre sentenze e in continuità con la

sua giurisprudenza precedente33, come, affinché sia possibile integrare il

ne bis in idem, occorra che il soggetto a carico del quale siano rivolti i due

procedimenti sostanzialmente penali sia lo stesso e che tali procedimenti

abbiano ad oggetto il medesimo fatto inteso in senso storico-naturalistico,

come identità dei fatti materiali. Inoltre, gli stessi giudici hanno

specificato, facendo emergere in questo caso un elemento innovativo

rispetto alla loro stessa giurisprudenza consolidata, come la previsione di

un elemento costitutivo aggiuntivo non sia sufficiente a mettere in

discussione l’identità dei fatti materiali contestati.

Di conseguenza, è possibile constatare come la Corte Edu e la Corte di

Giustizia divergano, a questo punto, tra loro nelle argomentazioni

adottate, pur pervenendo a conclusioni complessivamente coincidenti.

Volendo focalizzarsi su tale differenziazione nello sviluppo argomentativo

posto a sostegno delle singole argomentazioni di ognuna delle corti, appare

opportuno rammentare che secondo quanto affermato in A e B contro Norvegia, affinché si possa ritenere integrato il divieto di bis in idem,

occorre verificare che non si tratti di procedimenti in stretta connessione

temporale tra loro, elemento, quest’ultimo, negativo della garanzia in

esame, con la conseguenza diretta che la stessa non possa essere

considerata integrata. Si impedirebbe, in tal modo, la possibile ipotesi di

violazione del divieto da parte del singolo Stato34. Secondo l’impostazione

                                                                                                                         33 Si veda, a tal proposito, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella

causa C-365/05, Krajienbrink e sulla stessa: C.M. PAOLUCCI, Cooperazione giudiziaria e

di polizia in materia penale, UTET Giuridica, 2011, 746 e ss.; J.P. PIERINI, La corruzione

passiva del pubblico ufficiale straniero: repressione nell’ambito del contrasto alla

criminalità organizzata, G. Giappichelli Editore, 2016, 61. 34 C. FATTA, Il nuovo volto del ne bis in idem nella giurisprudenza della Grande Camera e

la compatibilità con il doppio binario sanzionatorio in materia tributaria, Nota a Corte

Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), Grande Camera, 15 novembre 2016, A. e B.

contro Norvegia, ric. n. 24130/11 e 29758/11, articolo pubblicato su Giurisprudenza

penale, 1/2017.

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STEFANO ZOCCALI

   

159  

adottata dai giudici della Corte di Giustizia, invece, verificati i presupposti

citati, la garanzia del ne bis in idem sarebbe integrata ed esprimerebbe,

tuttavia, dogmaticamente non una regola ma un principio da bilanciare

secondo quanto disposto dall’articolo 52 della Carta dei diritti

fondamentali35. Essi recuperano, quindi, i criteri che la Corte di Strasburgo

utilizza per escludere l’integrazione del ne bis in idem e li adoperano per

giustificare la limitazione del principio stesso. Rivolgendo l’attenzione sui

vari criteri che la Corte di Giustizia riprende dalla Corte Edu, occorre

menzionare la possibilità che il doppio binario sanzionatorio penale-

amministrativo sia chiaramente previsto dalla legge. Infatti, qualora così

non fosse si violerebbe il principio di legalità sostanziale e processuale.

In secondo luogo, appare necessario che i procedimenti e le sanzioni

abbiano di mira scopi complementari nel comune perseguimento di un

interesse generale di importanza tale da legittimare la scelta del doppio

binario sanzionatorio, rimettendo anche in questo caso nelle mani del

giudice del rinvio la verifica del criterio in questione.

Inoltre, l’ordinamento deve garantire un coordinamento tra i

procedimenti che limiti a quanto siano strettamente necessari gli oneri a

carico del sottoposto a doppio procedimento e, infine, deve altresì

garantire che la severità di tutte le sanzioni inflitte sia proporzionata alla

gravità dei fatti connessi.

In tal modo, appare mutuata la garanzia del ne bis in idem, sorta in

ambito processuale come forma di garanzia posta a tutela dell’arbitraria

proliferazione dei procedimenti, in un’ulteriore garanzia, quella della

proporzione sanzionatoria, di cui all’articolo 49 comma 3 della Carta di

Nizza, volta a riconoscere in ambito sostanziale la proporzione del carico

sanzionatorio, generata dalla somma di due sanzioni, rispetto ai fatti

                                                                                                                         35 Sul tema del bilanciamento dei principi ai sensi dell’articolo 52 della Carta di diritti

fondamentali: M. DANIELE, La triangolazione delle garanzie processuali fra diritto

dell’Unione europea, CEDU e sistemi nazionali, Diritto Penale Contemporaneo, 4/2016,

6-7.

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  160  

commessi. Sostanzialmente, anche la Corte di Giustizia, pur rinviando in

ultimo al giudice interno, abbandona ed esclude qualunque possibilità di

mettere in discussione i sistemi sanzionatori a doppio binario, per i quali

non può essere applicato il ne bis in idem.

Rispetto alla Corte Edu, tuttavia, nei casi Garlsson e Di Puma, i giudici

di Lussemburgo affrontano due nuovi profili, affermando posizioni

innovative. Nel primo caso, pur demandando la questione al giudice

interno, è stato osservato che la condanna definitiva penale porta a

ritenere quale sproporzionato il proseguimento di un procedimento

amministrativo sanzionatorio, il quale implicherebbe il mancato rispetto

della proporzione delle sanzioni tra il cumulo delle stesse e i fatti

riconosciuti quali commessi dal destinatario da parte del giudice penale36.

In Di Puma, invece, si è affrontato il problema della permanente

sussistenza di un procedimento amministrativo a seguito di assoluzione in

sede penale e, anche in questo caso, la Corte di Giustizia ha ritenuto

sproporzionato il proseguimento del procedimento in questione37.

Tali due argomenti affrontati permettono l’applicazione automatica del

principio del ne bis in idem in questi casi specifici ed evidenti di cumulo di

due binari sanzionatori, permettendo di porre rimedio a prassi

giurisprudenziali interne di esplicita sproporzione38.

5. Prospettive future Le tre sentenze del marzo 2018 consentono di operare alcune

                                                                                                                         36 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, C-537/16, Garlsson Real Estate

e a. 37 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, C-596/16, Di Puma.

38 Sulla diretta applicabilità dell’articolo 50 della Carta di Nizza: E. BINDI - A. PISANESCHI,

La Corte di Giustizia: il doppio binario nei reati di market abuse è illegittimo e l’art. 50

della Carta europea dei diritti fondamentali è norma direttamente applicabile, articolo

pubblicato in Rivista AIC, Osservatorio costituzionale, 2/2018.

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STEFANO ZOCCALI

   

161  

riflessioni sui possibili scenari futuri. Tuttavia, se lette soprattutto alla luce

del revirement di A e B contro Norvegia del 2016 (recentemente

confermato anche dalla sentenza Bjarni Armansson contro Islanda del

201939), appare evidente come i giudici della Corte di Giustizia non

abbiano voluto osare, favorendo la definitiva eliminazione di alcuni dubbi

di natura applicativa, complice anche la minore attenzione prestata al

criterio del nesso temporale. D’altro canto, da accogliere positivamente è il

comune allineamento di entrambe le corti sul principio di proporzione

delle sanzioni emesse.

Inoltre, un ulteriore aspetto messo in rilievo dalla giurisprudenza dei

giudici di Lussemburgo e da segnalare con altrettanto favore è

rappresentato dall’esplicito riconoscimento quale garanzia fondamentale

del singolo individuo del divieto di bis in idem. Appare forte l’esigenza di

sottrarre lo stesso all’insicurezza causata dall’instabilità della propria

posizione giuridica negli ordinamenti interni40, nel pieno rispetto dei

principi di prevedibilità e di certezza del diritto. A tal proposito, la portata

della garanzia non può che dover tenere conto anche del compito di

impedire anche la possibile semplice sottoposizione ad un ulteriore

procedimento penale.41

                                                                                                                         39 Sulla sentenza Bjarni Armansson c. Islanda del 16 aprile 2019 della Corte Edu e sui i

suoi profili di continuità con A e B c. Norvegia del 2016 e Jóhannesson c. Islanda del

2017 si segnala: A. GALLUCCIO, Non solo proporzione della pena: la Corte Edu ancora sul

bis in idem, nota a sentenza pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo, il 7 maggio

2019. 40 M. MERSINI, Applicazione ed evoluzione del principio del ne bis in idem: il revirement

della Corte EDU e della Corte di Giustizia nelle cause Menci (C-524/15), Garlsson Real

Estate e a. (C-537/16) e Di Puma e Zecca (C-596/16 e C-597/16), Rivista della

Regolazione dei mercati, 1/2018.

41 Non limitandosi ad evitare il rischio dell’applicazione di sanzioni per un fatto in ordine

al quale sia intervenuta una già definitiva pronuncia di proscioglimento. Sul punto: P.

TROISI, La nozione giurisprudenziale di litispendenza penale, in Diritto penale e

processo, 6/2006, 719-732.

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  162  

A conclusione di questa ricostruzione storica in materia di

qualificazione della sanzione penale, è necessario soffermarsi, però, anche

su una pronuncia, di poco antecedente alle tre dei giudici di Lussemburgo,

della Corte costituzionale italiana, che consente di cogliere alcune possibili

ripercussioni nell’ordinamento giuridico interno alla luce della

giurisprudenza sovranazionale presa in esame. Infatti, i giudici della

Consulta con la sentenza n. 43 del 201842 hanno restituito gli atti al giudice

a quo ai fini di una nuova valutazione sulla rilevanza della questione di

legittimità costituzionale dell’articolo 649 del Codice di procedura penale,

nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di

giudizio, nei confronti di un imputato al quale era già stata irrogata una

sanzione in via definitiva, di carattere sostanzialmente penale ai sensi della

CEDU, all’interno di un procedimento amministrativo.

Tale scelta è stata operata per effetto di quanto affermato dalla Corte

Edu in A e B contro Norvegia43, successiva cronologicamente all’ordinanza

di remissione emessa dal giudice di primo grado nel caso richiamato, la

quale ha provocato un mutamento di significato della normativa

interposta.

La Corte costituzionale italiana, riconoscendo per prima cosa il

carattere penale delle sanzioni tributarie e allineandosi ai criteri

affermatisi nella giurisprudenza sovranazionale a seguito di Engel e altri contro Paesi Bassi, ha voluto successivamente soffermarsi sulla superata

inderogabilità del ne bis in idem convenzionale conseguente alla

                                                                                                                         42 A. GALLUCCIO, Ne bis in idem e reati tributari: la Consulta restituisce gli atti al giudice

a quo perché tenga conto del mutamento giurisprudenziale intervenuto con la sentenza

A. e B. c. Norvegia, Diritto Penale Contemporaneo, 3/2018.

43 B. NASCIMBENE, Ne bis in idem, diritto internazionale e diritto europeo, Diritto Penale

Contemporaneo, 2 maggio 2018, Il contributo riproduce, con modifiche e integrazioni,

il testo della relazione svolta al convegno "Il principio del ne bis in idem tra diritto

interno, diritto dell'Unione europea e Convenzione europea dei diritti dell'uomo", tenutosi a Roma, presso la Corte di cassazione, 4-6 ottobre 2017.

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STEFANO ZOCCALI

   

163  

definizione del primo procedimento. Viene riconosciuta, infatti, la facoltà

di coordinare nel tempo e nell’oggetto i due procedimenti per idem factum, facendo sì che gli stessi possano essere ritenuti preordinati nella

sostanza a un’unica sanzione proporzionata e prevedibile, considerata

l’entità della pena complessivamente irrogata. Il ne bis in idem

convenzionale ricade, quindi, nella discrezionalità del giudice in

riferimento al nesso temporale che congiunge i due procedimenti.

Nonostante ciò, in assenza dell’adeguato nesso materiale e temporale

dovuto all’iter procedimentale e a lacune o ostacoli legislativi44, non può

essere comunque esclusa in via assoluta la probabile futura applicazione

giurisprudenziale, infatti già rinvenuta45, anche nell’ambito dei reati

tributari, del divieto convenzionale di bis in idem. La Corte di Giustizia ha,

quindi, riconosciuto una possibile limitazione del principio con lo scopo di

operare una forma di tutela dei mercati e degli interessi finanziari

dell’Unione europea, individuando i criteri e gli indici che il giudice deve

adoperare per individuare il confine da non oltrepassare con la limitazione

stessa: a) nella salvaguardia dei medesimi settori; b) nella previsione del

doppio binario sanzionatorio tramite l’utilizzo di regole chiare e precise; c)

nel coordinamento fra i due procedimenti; d) nel rispetto del principio di

proporzionalità della pena46.

                                                                                                                         44 Come sostenuto anche in: S. MANACORDA, Equazioni complesse: il ne bis in idem

“ancipite” sul “doppio binario” per gli abusi di mercato al vaglio della giurisprudenza,

nota pubblicata su Diritto penale e processo, 4/2017, 515-522; F. MUCCIARELLI, La nuova

disciplina eurocomunitaria del market abuse: tra obblighi di criminalizzazione e ne bis

in idem, Diritto Penale Contemporaneo, 4/2015. 45 Come testimoniato dalla sentenza della Corte di Giustizia Jóhannesson e a. c. Islanda

del 18 maggio 2017, sulla quale: F. VIGANÒ, Una nuova sentenza di Strasburgo su ne bis

in idem e reati tributari, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo,

all’interno del 5/2017; M.F. CUCCHIARA, Ne bis in idem: la Corte EDU torna sui criteri

elaborati dalla Grande Camera, articolo pubblicato su Giurisprudenza Penale Web,

2017, 5.

46 Cfr. Menci (C-524/15); Garlsson Real Estate e a. (537/16); Di Puma (C-596/16) e

Zecca (C-597/16).

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  164  

Ricostruito il complesso dibattito giurisprudenziale sovranazionale in

materia, è, infine, possibile trarre delle brevi considerazioni che possano

tentare di delineare gli scenari futuri e individuare alcuni possibili

strumenti risolutivi dei dubbi interpretativi e applicativi.

Sarebbe auspicabile all’interno dei singoli ordinamenti nazionali, in

particolare in quello italiano, un intervento del legislatore finalizzato alla

recezione normativa degli indici fissati dalla giurisprudenza, che

consentirebbe un’attuazione concreta e meno difficoltosa dei principi in

questione, oltre che una semplificazione del procedimento di valutazione

di legittimità costituzionale interna.

In verità, di recente il legislatore nazionale è intervenuto con il decreto

legislativo 107 del 10 agosto 201847, il cui articolo 4 introduce all’articolo

187 terdecies del TUF la garanzia di un coordinamento delle sanzioni

pecuniarie applicate in materia dalla CONSOB e dal giudice. Tuttavia,

come riconosciuto da una recentissima sentenza della Corte di

Cassazione48, l’articolo 187 terdecies del TUF pare inadeguato a fungere da

strumento riequilibratore del cumulo sanzionatorio derivante dal doppio

binario, in quanto è rivolto solamente alle pene di natura pecuniaria,

escludendo la pena della reclusione e le pene accessorie interdittive49.

La Corte di Cassazione, con lo scopo di giustificare, alla stregua delle

considerazioni dei Giudici di Lussemburgo, l’ammissione del cumulo di                                                                                                                          47 Sull’intervento del legislatore volto ad adeguare la normativa nazionale al regolamento

(UE) n 596/2014: F. MUCCIARELLI, Gli abusi di mercato riformati e le persistenti criticità

di una tormentata disciplina. Osservazioni a prima lettura sul decreto legislativo 10

agosto 2018, n. 107, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo il 10 ottobre

2018; L. ROCCATAGLIATA, La riforma del diritto sanzionatorio per illeciti finanziari.

Guida ragionata al D. lgs. 107/2018, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 11.

48 Sentenza n. 45829 del 2018 della Corte di Cassazione, sulla quale: F. MUCCIARELLI,

Illecito penale, illecito amministrativo e ne bis in idem: la Corte di Cassazione e i criteri

di stretta connessione e di proporzionalità, nota pubblicata su Diritto Penale

Contemporaneo, il 17 ottobre 2018.

49 Non soddisfacendo le esigenze manifestate dalla Corte di Giustizia in Garlsson Real

Estate e a. del 2018.

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165  

sanzioni penali a fronte di norme interne che garantiscano che la severità

delle due sanzioni inflitte non risulti eccessiva rispetto alla gravità del

fatto, ha individuato un riferimento normativo nell’articolo 133 del Codice

penale, il quale impone al giudice di commisurare la pena alla gravità del

fatto commesso. Quest’ultimo avrà il compito di verificare l’adeguatezza

delle sanzioni complessivamente irrogate, tenendo conto della fattispecie

oggetto del giudizio in concreto. Di conseguenza, la Corte di Cassazione

ammette il doppio binario previsto dagli articoli 185 e 187 ter del TUF,

qualora la sanzione penale e quella amministrativa siano rispettose del

principio di proporzionalità a seguito dell’accertamento e, quindi, non

contrastanti con il ne bis in idem. In tema di abusi di mercato, in

particolare, ai sensi del TUF, la stessa Corte di legittimità potrà valutare la

proporzionalità del cumulo sanzionatorio in applicazione dell’articolo 620,

comma 1, lettera l), del Codice di procedura penale, sempre che non sia

necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto e nel rispetto dei

criteri fissati ed elencati dall’articolo 133 del Codice penale50.

Tuttavia, nemmeno la norma in questione sembra idonea ad eliminare

i dubbi interpretativi, più volte manifestatisi in passato, a causa

dell’ampiezza e della vaghezza dei parametri menzionati al suo interno.

Pertanto, considerato che i dubbi interpretativi sopravvivono alla recente

                                                                                                                         50 I criteri fissati dall’articolo 133 del Codice penale portano, qualora si sia in presenza di

manipolazioni di mercato, ad un allargamento delle valutazioni che devono essere estese

al trattamento sanzionatorio (comprensivo di entrambe le sanzioni) e ricadere sul fatto

commesso negli aspetti propri di entrambi gli illeciti. Il giudice penale nel caso di

incompatibilità del trattamento sanzionatorio complessivo con il principio del ne bis in

idem dovrà disapplicare (in forma totale o parziale) le norme interne secondo i criteri

fissati dalla recentissima sentenza n. 49869 del 2018 della Corte di Cassazione, per la

quale si rimanda a: L. ROCCATAGLIATA, La proporzionalità del trattamento sanzionatorio

complessivamente irrogato per abusi di mercato: disapplicazione in toto vs

disapplicazione in mitius della normativa interna, articolo pubblicato su Giurisprudenza

Penale Web, 2018, 11; E. FUSCO - G. BAGGIO, Recenti pronunce in materia di market

abuse. Qualche punto fermo in una materia ancora in attesa di un moderno assetto

normativo, Diritto Penale Contemporaneo, 1/2019.

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giurisprudenza di legittimità, non può che essere ribadita la necessità di un

ulteriore intervento legislativo, che sia idoneo, questa volta in via

definitiva, a recepire le soluzioni proposte dalla giurisprudenza

sovranazionale, frutto del lungo percorso protrattosi negli anni, con

l’obiettivo di uniformare la disciplina a livello unitario51. A tal proposito,

non parrebbe possibile, però, formulare una disciplina che garantisca una

copertura legislativa al cumulo di sanzioni e procedimenti che preveda una

forma di armonizzazione compatibile con il principio del ne bis in idem,

poiché non potrebbe mai essere rispettosa dei criteri stabiliti dalla Corte di

Giustizia.

Si potrebbe invece, operare un intervento integrato che abbia

l’obiettivo di mettere ordine al doppio binario sanzionatorio e prevenga la

duplicazione dei procedimenti e delle sanzioni, secondo la prospettiva

tracciata dai giudici di Lussemburgo e sulla scia di quanto era già stato

evidenziato dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza n. 102 del

2016. Occorre, infatti, constatare come il problema, alla luce della

normativa vigente, continui a rivestire il giudice di eccessivamente ampi

spazi di discrezionalità interpretativa, con un oggettivo rischio di lesione

dei principi fondamentali di libertà e di uguaglianza. Appare condivisibile

il revirement derivante da A e B contro Norvegia e “rafforzato” da Bjarni Armannsson c. Islanda, con la trasformazione del divieto di bis in idem da

meccanismo automatico a meccanismo rimesso ad una valutazione del

giudice. D’altro canto, lo stesso ha bisogno di linee guida interne

maggiormente precise che possano coadiuvarlo nell’operazione

                                                                                                                         51 I conflitti tra le pronunce sovranazionali e le normative interne persistono, infatti,

anche in altri ordinamenti. Sul “caso francese” e sul nuovo modello punitivo introdotto

nell’ordinamento transalpino si segnala: M. SCOLETTA, Il ne bis in idem “preso sul serio”:

la Corte Edu sulla illegittimità del doppio binario francese in materia di abusi di

mercato (e i possibili riflessi nell’ordinamento italiano), nota alla sentenza Nodet c.

Francia del 6 giugno 2019 della Corte Edu pubblicata su Diritto Penale Contemporaneo il

17 giugno 2019.

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interpretativa di coordinamento tra le garanzie derivanti dagli articoli 50 e

52 della Carta di Nizza e dall’articolo 4, Protocollo n. 7 della CEDU52. Tuttavia, accanto ad un intervento del legislatore nazionale sulla

disciplina processuale italiana, è preliminarmente necessario riordinare i

meccanismi sanzionatori basandone i rapporti sul rispetto del principio di

specialità, dando così forza alla sussidiarietà dell’intervento penale.

In tal senso, un intervento legislativo sostenuto da più parti53 potrebbe

essere quello di recuperare la “vecchia” regola dell’alternatività54 dei due

tipi di sanzione, in attuazione della delega fissata dalla legge n. 23 del

2014, la quale demandava al Governo l’applicazione di sole sanzioni

amministrative per tutte quelle fattispecie di minore gravità, facendo

ricadere all’interno della competenza del giudice penale soltanto quelle,

invece, di particolare gravità. Così facendo si limiterebbe, tra l’altro, la

quota eccessiva di casi in cui matura il termine di prescrizione per molti

processi aventi ad oggetto le fattispecie in questione.

Soltanto successivamente si potrà estendere la portata del ne bis in idem agli ambiti in cui si è legislativamente previsto il doppio binario

sanzionatorio. Fino ad allora, in assenza di un intervento normativo

interno efficace e idoneo a non esporre alla lesione delle garanzie euro-

unitarie, non sarà possibile garantire un’interpretazione certa all’ambito di

                                                                                                                         52 Sull’articolo 4, Protocollo n. 7 CEDU si segnala la recentissima guida pubblicata dalla

Corte europea dei diritti dell’uomo il 30 aprile 2019: “Guide on Article 4 of Protocol no. 7

to the European Convention on Human Rights. Right not to be tried or punished twice”.

53 Come ad esempio da: F. GALLO, Il ne bis in idem in campo tributario: un esempio per

riflettere sul “ruolo” delle Alte Corti e sugli effetti delle loro pronunzie, articolo

pubblicato su Rassegna Tributaria, ETI Wolters Kluwer Italia Professionale, 915 e ss.,

all’interno del 4 del 2017; P. RUSSO, Il principio di specialità ed il divieto del ne bis in

idem alla luce del diritto comunitario, Rivista di Diritto Tributario, 1/2016. 54 Tra l’altro, la scelta di passare da un modello di “doppio binario cumulativo” ad un

modello di “doppio binario alternativo” è stata la soluzione adottata, ad esempio, in

Francia per superare il contrasto sorto in precedenza tra il cumulo punitivo e il principio

di necessità e ultima ratio della sanzione penale. Sul punto: M. SCOLETTA, op. cit., 25.

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operatività del principio in questione nel rispetto delle pronunce

sovranazionali e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.